FORSE UNA PROPOSTA PER IL COLLASSO EDUCATIVO … · contrastare l’iniquità del sistema educativo...

24
1 FORSE UNA PROPOSTA PER IL COLLASSO EDUCATIVO DELLA SCUOLA? A proposito delle ipotesi Invalsi sulla valutazione esterna Giuliana Sandrone 1. L’urgenza di un sistema di accountability La diagnosi è tranchant: il nostro Paese è in declino economico e sociale perché manca dei valori della meritocrazia e il nostro sistema perpetua un gap tra ricchi e poveri pari a quello degli Stati Uniti, ma senza neanche lontanamente avvicinarsi alla mobilità sociale americana. Il “familismo amorale” che permea la società italiana e le sue istituzioni, scuola compresa, ha bloccato e blocca la formazione di una classe dirigente d’eccellenza che riesca a trovare soluzioni efficaci per fermare la corsa verso il precipizio. E’ la tesi che R. Abravanel sostiene nel suo libro Meritocrazia. Quattro proposte per valorizzare il talento e rendere il nostro Paese più ricco e più giusto (Garzanti, Milano 2008), nel quale dedica attenzione particolare al sistema educativo che dovrebbe rappresentare il meccanismo più adatto per occuparsi della ridistribuzione del potere e del privilegio alla fine di ogni generazione attraverso un vero e proprio reintegro delle eccellenze opportunamente individuate e favorite proprio dall’istituzione educativa. Questo il fine della scuola, secondo il noto manager, per realizzare il quale si deve insistere sull’impegno e sulla responsabilità personale e sulla valorizzazione del merito personale. Come? Abravanel indica, tra le altre, due proposte da giocare proprio all’interno del sistema educativo: la prima rimanda all’attivazione di un test nazionale standard per gli studenti che entrano all’Università 1 al fine di selezionare i migliori e avviarli a percorsi di eccellenza, la seconda prevede l’organizzazione di procedure di valutazione sistematiche, rigorose e pubbliche sul funzionamento delle scuole da parte di un organismo tecnico ad esse esterno. 1 L’autore cita l’esperienza dell’Università di Harvard, che nel 1933 introduce il Sat (Scholastic aptitude test) per selezionare le matricole, come strada maestra per contrastare l’iniquità del sistema educativo italiano; perché dimentica alcune significative esperienze italiane (cfr la Normale o la Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, il cui motto è programmatico: L'eccellenza come disciplina!) che pure esistono ma non sono state “risolutive” per il nostro sitema?

Transcript of FORSE UNA PROPOSTA PER IL COLLASSO EDUCATIVO … · contrastare l’iniquità del sistema educativo...

1

FORSE UNA PROPOSTA PER IL COLLASSO EDUCATIVODELLA SCUOLA?

A proposito delle ipotesi Invalsi sulla valutazione esterna

Giuliana Sandrone

1. L’urgenza di un sistema di accountability

La diagnosi è tranchant: il nostro Paese è in declino economico esociale perché manca dei valori della meritocrazia e il nostro sistemaperpetua un gap tra ricchi e poveri pari a quello degli Stati Uniti, masenza neanche lontanamente avvicinarsi alla mobilità socialeamericana. Il “familismo amorale” che permea la società italiana e lesue istituzioni, scuola compresa, ha bloccato e blocca la formazionedi una classe dirigente d’eccellenza che riesca a trovare soluzioniefficaci per fermare la corsa verso il precipizio. E’ la tesi che R.Abravanel sostiene nel suo libro Meritocrazia. Quattro proposte pervalorizzare il talento e rendere il nostro Paese più ricco e più giusto(Garzanti, Milano 2008), nel quale dedica attenzione particolare alsistema educativo che dovrebbe rappresentare il meccanismo piùadatto per occuparsi della ridistribuzione del potere e del privilegioalla fine di ogni generazione attraverso un vero e proprio reintegrodelle eccellenze opportunamente individuate e favorite propriodall’istituzione educativa. Questo il fine della scuola, secondo il notomanager, per realizzare il quale si deve insistere sull’impegno esulla responsabilità personale e sulla valorizzazione del meritopersonale. Come? Abravanel indica, tra le altre, due proposte dagiocare proprio all’interno del sistema educativo: la prima rimandaall’attivazione di un test nazionale standard per gli studenti cheentrano all’Università1 al fine di selezionare i migliori e avviarli apercorsi di eccellenza, la seconda prevede l’organizzazione diprocedure di valutazione sistematiche, rigorose e pubbliche sulfunzionamento delle scuole da parte di un organismo tecnico ad esseesterno.

1L’autore cita l’esperienza dell’Università di Harvard, che nel 1933 introduce il Sat

(Scholastic aptitude test) per selezionare le matricole, come strada maestra percontrastare l’iniquità del sistema educativo italiano; perché dimentica alcunesignificative esperienze italiane (cfr la Normale o la Scuola Superiore di StudiUniversitari e Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, il cui motto è programmatico:L'eccellenza come disciplina!) che pure esistono ma non sono state “risolutive” peril nostro sitema?

2

Classico esempio, assai frequente in questi anni2, di una lettura tuttaeconomicistica della scuola (a partire dal fine che le si attribuisce!), illibro di R. Abravanel offre l’occasione per sottolineare come ormaida più parti e, in particolare dal mondo economico e sociale, nonesista più ombra di dubbio sull’urgenza di definire un sistema divalutazione della scuola italiana e sulla necessità che questodispositivo non sia dipendente da chi si occupa di organizzare ilsistema stesso.Ma sono le proposte di Abravanel, che pure partono da una letturainconfutabile della realtà educativa italiana, la risposta adeguata alproblema di immobilismo e di dequalificazione della scuola italiana?Di certo non sono una novità e lo sanno bene tutti coloro che si sonooccupati di politiche scolastiche negli ultimi dieci anni poiché, anchesenza volerlo, hanno dovuto necessariamente confrontarsi con lanuova realtà che è venuta a determinarsi, sia pur tra mille incertezzee contraddizioni, nel campo dell’ educazione formale: da una partela dichiarata autonomia propria di ciascuna istituzione scolastica,dall’altra la sempre più pressante esigenza di tenuta del sistemaeducativo nazionale; da un lato l’agire idiografico di chiquotidianamente entra in relazione educativa con il singolo allievo(bambino o giovane che sia), i singoli allievi con tutte le specificità ele diversità personali e contestuali geometricamente moltiplicate,dall’altro la preoccupazione e il dovere costituzionale di garantire atutti le medesime opportunità e di far emergere con equità i meriti diciascuno. Per questo, da qualche anno, sia pur con alterne vicendecome vedremo, si continua a ragionare sull’ istituzione di un sistemadi valutazione nazionale esterno alle scuole attraverso il quale sipossano conciliare le due logiche evidenziate che a prima vistaappaiono assai distanti, se non, addirittura, oppositive.

Certamente l’esperienza di molti Paesi europei proprio su questotema è di fondamentale importanza3 e conferma l’esigenza di farprocedere la progressione dell’autonomia delle scuole di pari passo

2Esiste tutto un ricco filone di opinionisti che, sistematicamente, dalle pagine dei

quotidiani tuona nei confronti della necessità di strappare di mano la scuola aipedagogisti, quelli che per mestiere dovrebbero occuparsene, e affidarla a espertidi altri settori (disciplinaristi, economisti, statistici, …) che avrebbero il dono dirisolvere loro tutti i problemi della scuola, con le loro tecniche economico-matematiche.3

Cfr. Associazione TreeLLLe Seminario n 10 Ottobre 2008, Sistemi europei divalutazione della scuola a confronto, Tipografia Araldica 2008.

3

con la definizione di un sistema di valutazione che metta in relazionele scelte effettuate e i risultati ottenuti.E’ significativo il riferimento, sovente richiamato nei dibattiti sullaquestione, all’esperienza della Gran Bretagna: nel 1988, il governoconservatore guidato da Margaret Thatcher varò l’Education ReformAct, una riforma veramente rivoluzionaria rispetto alla tradizioneinglese: da un lato, infatti, introduceva, per la prima volta in questoPaese, un curricolo nazionale vincolante per le scuole pubbliche cheoperano nella fascia dell’istruzione obbligatoria ( 5-16 anni), dall’altroistituiva un sistema di valutazione, gestito da un organismo esternorispetto al Dipartimento che si occupa a livello centraledell’educazione e dell’impiego, al quale veniva affidato il compito diverificare sistematicamente, al termine di ciascuno dei quattro stadidi sviluppo degli apprendimenti (key stages individuati a 7, 11, 14 e16 anni) il livello di padronanza raggiunto dagli alunni rispetto alleconoscenze e alle abilità in Inglese, Matematica e Scienze; laverifica, realizzata attraverso prove oggettive standardizzate, venivasupportata da ulteriori prove d’ esame, previste alla fine della scuolaobbligatoria e volte a fornire la certificazione per le singole materie.Anche in questo caso il soggetto che preparava, correggeva evalutava le prove di certificazione era esterno alle scuole. E’interessante notare come il governo laburista, succeduto per unlungo periodo al ministro conservatore Thatcher, abbiano mantenutoe reso sistematico il modello di valutazione descritto, che rimanetuttora in vigore in quanto riconosciuto come strumento idoneo diaccountability, vale a dire di doverosa rendicontazione da parte di chiesercita un pubblico ufficio rispetto alle decisioni responsabilmenteassunte, ma anche strumento capace di rispondere a due principifondamentali nel sistema inglese, l’autonomia delle istituzioniscolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie4.

E’ evidente che nell’ attuale panorama italiano questi due principicostituitivi del sistema inglese appaiono certamente attuali,condivisibili e necessari ma ancora assai lontani dall’esserepienamente realizzati: non è compiutamente realizzata l’autonomiadelle scuole, troppo spesso intesa come semplice autonomiafunzionale, ma ancor meno è realizzata la libertà di scelta dellefamiglie, la quale, ancorché richiamata in tutta la normativa esistente,

4A questo proposito, occorre ricordare lo storico pluralismo decentrato del sistema

educativo inglese, rispetto al quale lo stesso l’Education Reform Act rappresentòun contenimento volto a dare una maggiore sintonia nazionale all’azione dellediverse istituzioni scolastiche.

4

troppo spesso si vede limitata da un impianto fortemente statalistache anche nel processo della parificazione degli istituti non statali hapercorso e mantiene una strada di stretta uniformità al modellocentralistico5.Non di meno, nel nostro Paese, la strada dell’autonomia scolasticarisulta ormai aperta e da percorrere nel modo più rapido possibile,anche e soprattutto attraverso un sistema di valutazione esterno, sesi vuole evitare in tempo utile la preoccupante deriva di un sistemaeducativo nazionale che, come già si notava in apertura, purfornendo risultati scarsi e paurosamente disomogenei6, impegnarisorse economiche esagerate e non ulteriormente sostenibili, nongarantisce alcuna reale, efficace ed equa promozione sociale, nonmanifesta capacità di innovazione e rinnovamento tali da fornire allenuove generazioni strumenti e, soprattutto, formazione personaleutile per fronteggiare scenari professionali, sociali, economici,culturali completamente nuovi.Per questi motivi, ormai unanimemente condivisi, sembra essereormai chiaro perché sia necessario un sistema di valutazione esternoe per chi sia utile questa operazione: certamente è utile ai decisoripolitici, giacché governare in modo efficace un sistema educativocome il nostro necessita imprescindibilmente di un feed-backpreciso ed attendibile che possa indirizzare verso vie d’uscita efficacidalle secche dell’immobilismo e della crisi economica, sociale evaloriale che lacera il nostro Paese; un sistema di valutazioneesterno è utile agli stessi professionisti dell’educazione formale,giacché risulta incongruente chiedere a livello locale di decidere conautonoma responsabilità in campo educativo formale senza fornirecoordinate di riferimento credibili e giustificabili rispetto ai vincolinazionali esistenti; ma un sistema di valutazione esterno è utilesoprattutto ai giovani e alle loro famiglie, giacché se l’educazioneformale della persona umana è un bene imprescindibile occorrepoterlo esercitare con libertà e quindi a ragion veduta,adeguatamente informati circa l’intenzionalità educativa, le risorse e irisultati che le diverse istituzioni scolastiche mettono in campo perrealizzare il loro fine istituzionale.Forse, però, l’aspetto che più necessita di ulteriore riflessioneriguarda il che cosa valutare rispetto ad un sistema di valutazioneesterno: in questo senso, A. Oliva, nel citato Seminario dell’ottobre

5G. Bertagna, Autonomia: storia, bilancio e rilancio di un'idea, La Scuola Editrice

20086

Cfr. sito www.invalsi.it

5

20087, propone di riservare la valutazione esterna a quattro precisiambiti: il sistema nel suo complesso, le singole scuole, gliapprendimenti degli studenti, il personale scolastico.Pur riconoscendo l’intreccio sostanziale dei quattro ambiti, intendoqui riservare attenzione particolare al terzo, gli apprendimenti deglistudenti, in quanto punto strategico per invertire la rotta attuale delnostro sistema educativo in cui la valutazione interna degliapprendimenti degli studenti appare e, soprattutto, vienequotidianamente vissuta come antitetica ad una esterna, a volteaddirittura appare slegata tanto dal sistema normativo generale,quanto dal sistema organizzativo locale e dalla professionalitàdocente messa in campo.

Partire da un oggetto di valutazione preciso, gli apprendimenti deglistudenti, comporta immediatamente la necessità di entrare nel meritoattraverso alcune domande:

1. in che cosa consistono gli apprendimenti degli studenti? Lapiù recente letteratura pedagogica, anche sulla scorta dellaricerca psicologica ed epistemologica, ci mostra sial’evoluzione del concetto stesso di apprendimento, che darisultato di conoscenza prodotto dall’azione esterna alsoggetto è ora inteso come processo di costruzione personalee contestuale di competenza personale, sia l’esistenza dilegami imprescindibili tra la libera e consapevole adesione dichi apprende e la responsabile intenzionalità educativa di chieduca istruendo all’interno di un sistema formale; un’altrettanto ricca letteratura ci mostra i diversi elementi checompongono l’apprendimento, elementi non sovrapponibili,né assimilabili8, anche semplicemente a partire dall’intrecciotra concetti molto utilizzati e poco condivisi, in quanto asignificato, come conoscenze, abilità, capacità e competenze.Proprio per tutto questo, allora, la vera domanda diventa:quando si vogliono valutare, da un punto di vista esterno, gliapprendimenti degli studenti, a quali di questi concetti ci siriferisce?

2. Fatta tutta la chiarezza possibile in ordine ad un lessicopedagogico condiviso, quali aspetti dell’apprendimento degli

7Associazione TreeLLLe Seminario n 10 Ottobre 2008, Sistemi europei di

valutazione …, op. cit., pag. 168

La lezione di G. Bateson, in Verso un’ ecologia della mente (1973), trad.it,Adelphi 1976, appare fondamentale rispetto ai diversi livelli di apprendimentorealizzabili dall’uomo.

6

allievi possono essere oggetto di una valutazione esternanazionale, censuaria? E’ ipotizzabile e realizzabile unavalutazione esterna per tutti e quattro questi concetti o,piuttosto, occorre distinguere tra di loro e scegliere quellipassibili di un trattamento statistico e censuario? Quali aspettisi sottraggono a questa valutazione e perché? La scelta di unsignificato piuttosto che un altro può addirittura rendere vano iltentativo di organizzare una valutazione censuaria degliapprendimenti o, quanto meno, può richiedere strategie bendiverse tra di loro: si pensi, ad esempio, al reiterato usointrodotto dal 1999 in poi nella scuola secondaria di II gradodel termine competenza come sinonimo di abilità, usoattualmente sconfessato non solo dalla più recente letteraturafrancofona9 ma anche dalla più recente normativa europea10 .Se ci si riferisce alle abilità, infatti, può essere corretto ed utileelaborare standard nazionali da fornire sia alle singole scuolein funzione auto valutativa, sia ai decisori politici pergovernare il sistema, sia agli studenti e alle famiglie peresercitare concretamente la loro libertà di scelta educativa.Ma se il termine competenza assume,con la più recenteletteratura pedagogica e sociale il significato di agirepersonale e contestuale di fronte ad un problema comeimmaginare di organizzare una valutazione nazionale chefornisca uno standard medio?

3. Quali sono gli strumenti di valutazione più idonei per unavalutazione esterna di uno/più aspetti dell’apprendimentodegli studenti? Sappiamo bene che l’attribuzione di un certosignificato ai diversi aspetti dell’apprendimento indirizza quasinecessariamente verso l’utilizzo di questo o quello strumentodi valutazione tanto che, per esempio, siamo ormai tutticonsapevoli che utilizzare il concetto di capacità così come loutilizza A. Sen11 (capabilities) comporta atteggiamenti precisirispetto alla loro misurabilità, ben diversi da quelli che

9Si rimanda a tutte le più recenti pubblicazioni di alcuni fra i più significativi studiosi

di lingua francese, quali P. Jonnahert, P. Perrenoud, G. Le Boterf, M. Crahay, B.Rey, X. Rogiers.10

Si veda sia il progetto DeSeCo dell’OCSE, sia la Raccomandazione delParlamento Europeo e del Consiglio del 18.12.2006 relativa a Competenze chiaveper l’apprendimento permanente.11

A.Sen, Commodities and Capabilities, North Holland, Amsterdam,1985.

7

possono derivare da un utilizzo classico, strettamentearistotelico del concetto di capacità12 (dunamis).

Domande non nuove a cui, come si diceva sono già state risposte inquesti ultimi otto anni, risposte che sarebbe imprudente tentare diazzerare o “dimenticare”, ma utile e costruttivo conoscere evalorizzare.

2. Lo status questionis

Il ministro Gelmini con le direttive annuale e triennale emanate nelsettembre 2008 si mostra decisa a dare un’accelerata alla definizionedi un sistema di valutazione nazionale che prevede le seguenti areedi intervento:

1. Valutazione di sistema2. Valutazione delle scuole3. Valutazione (rilevazione) degli apprendimenti degli studenti4. Valutazione del personale della scuola5. Diffusione della cultura della valutazione

In questo senso i professori D. Cecchi, A. Ichino, G. Vittadini hannopresentato all’INVALSI, che l’ha fatta propria, una proposta su Unsistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione dellescuole: finalità e aspetti metodologici, con la quale incrociano le areedi intervento 2 e 3, partendo dal presupposto che “la valutazionedelle scuole debba fondarsi principalmente su una misurazionedell’apprendimento degli studenti che tenga conto delle condizioni dipartenza e di contesto in cui gli studenti vivono e le scuole operano(valutazione definita tecnicamente come misurazione del “valoreaggiunto” delle conoscenze)13”. Gli stessi autori auspicano che laloro proposta venga “esaminata con animo aperto e costruttivo datutte le forze politiche e sociali del paese, affinché, qualora accettata,diventi patrimonio di tutti, ovviamente migliorabile nel tempo, ma nonsoggetto al rischio di essere stravolto ad ogni cambio di governo,così come i ponti sono costruiti al servizio della collettività con le

12E. Berti, Alle radici del concetto di capacità: la dunamis di Aristotele, Nuova

Secondaria, 15 marzo 2008, pag 24.13

Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole:finalità e aspetti metodologici, pag 3, consultabile in www.invalsi.it.

8

tecnologie più avanzate del momento, non per essere abbattuti adogni elezione14”.Proprio sulla scorta di questa recente sollecitazione, appare, dunque,interessante compiere un’analisi dettagliata delle lineeprecedentemente tracciate dal dettato normativo sulla questionedella valutazione del sistema educativo nazionale attraversol’operato dei ministri che hanno, fin qui, affrontato il problema:Moratti, Fioroni ed ora la proposta Cecchi, Ichino, Vittadini perGelmini, e vedere quali contributi porti quest’ultima nella prospettivadi conciliare l’ autonomia delle scuole e la tenuta del sistemaeducativo nazionale.

Ci accingiamo a questo compito non senza aver prima esplicitato ilprincipale riferimento/vincolo che occorre aver ben presentenell’affrontare qualsivoglia aspetto del sistema educativo nazionale,la finalità costituzionale oltre che legislativa della scuola, sulla qualeormai, almeno formalmente e verbalmente, tutti sembranoconvergere: “favorire la crescita e la valorizzazione della personaumana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze edell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nelquadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con ilprincipio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo iprincipi sanciti dalla Costituzione15”. La natura e la funzione dellascuola servono, dunque, a “far crescere al massimo possibile ognipersona, per render migliore la competenza di ciascuno nel pensare,nel sentire, nel fare, nel muoversi, nel gustare, nel relazionarsi con glialtri, nel chiedere e nel dare rispetto, nel cooperare, nel costruire, nelfare il bene e nell’evitare il male, nel concretizzare i valori dellalibertà, della giustizia e dell’eguaglianza, nel porsi le domande sulsenso della propria e dell’altrui vita nel mondo16”. Il fine della scuolaè, dunque, indiscutibilmente fissato nella centralità di ogni personaumana che la frequenta e per la realizzazione di tale fine la scuolastessa è chiamata a confrontarsi con la vita che la circonda, con ibisogni espressi dalla comunità locale, nazionale ed internazionale,con le istanze culturali, sociali, economiche, …, senza peraltro maidimenticare che tutti questi mezzi mai si possono sostituire al fineche le è stato assegnato.

14Ibidem, pag 2

15L 53/03 art 1, co. 1

16G. Bertagna, Pensiero manuale. La scommessa di un sistema educativo di

istruzione e di formazione di pari dignità, Rubbettino 2006, pag 6.

9

Non dovrebbero, dunque, esistere dubbi intorno alla necessità diutilizzare sempre nei confronti del sistema educativo formale,qualunque sia l’aspetto che si analizza, uno sguardo pedagogico,giacché la scuola è chiamata ad istruire alla scienza e/o allaprofessione in una prospettiva sempre educativa, per cui lapersona è sempre il fine dell’azione che in essa si realizza ed èproprio l’ investimento sulla «persona umana» come fine, sullacrescita e sulla valorizzazione di ciascuna di esse, nessuna esclusa,che la scuola, qualunque caratteristica essa abbia, si accredita comeistituzione educativa degna di rispetto e di prestigio civile, sociale eculturale, capace di affrontare e dare risposte ai tanti problemi che lesi pongono senza mai tradire il proprio preciso mandato istituzionale.Sguardo pedagogico, dunque, sempre, anche quando si affrontal’urgente problema della definizione di un sistema di valutazioneesterno che, a partire dalla valutazione degli apprendimenti deglistudenti, tenga sotto controllo tutti gli altri ambiti di cui si èprecedentemente parlato. Se è vero questo, allora, la domandad’obbligo è la seguente: quali caratteristiche pedagogiche devonoessere sottese a questo costruendo sistema di valutazione esternoaffinché la scuola nel suo complesso, ma anche nel suo specificosituazionale non tradisca la propria finalità? E ancora: può unparadigma pedagogico interagire positivamente con tutte leconnessioni di tipo sociologico, economico, statistico, …, che unsistema di valutazione esterno deve considerare senza ad essesottrarsi, né, tanto meno, piegarsi?Cerchiamo, dunque, di dare una risposta a questi interrogativiattraverso l’analisi dei processi messi in moto in questi ultimi anni aproposito della necessità di un sistema che garantisca accountabilyall’istituzione scuola non solo a livello locale, ma anche nazionale;abbracciamo una prospettiva strettamente cronologica perché, comesempre, il senso delle varie scelte operate si ricostruiscevichianamente soprattutto attraverso una prospettiva storica, cherende ragione delle scelte contingenti anche laddove esse appaianopericolosamente difformi rispetto alla finalità costituzionale delsistema educativo nazionale.

Esaminiamo, dunque, dapprima il percorso attuato nel quinquennio2001-2006 dal ministro Moratti, a cui segue l’esame del biennio delministro Fioroni, per arrivare in ultimo alle proposte attualmente incampo con il ministro Gelmini. La domanda di fondo, occorreripeterlo, è la seguente: quale/i dei sistemi di valutazione esterna

10

organizzato o progettato fino ad ora soddisfa in modo congruo, valea dire educativo, la finalità istituzionale della scuola?

3. Il sistema di valutazione esterna ex L 53/03 (legge MORATTI)

L’art. 3 della Legge 53/03 definisce un sistema di valutazione che siarticola in tre processi strettamente integrati tra di loro: la valutazioneinterna, la valutazione esterna e l’esame di Stato. Analizziamorapidamente il primo e il terzo per concentrarci, poi, sul secondo cheattiene direttamente al tema di cui ci stiamo occupando.Il c 1 punto a del citato articolo affida ai docenti delle istituzioni diistruzione e di formazione frequentate la valutazione interna costituitadalla periodica e annuale valutazione degli apprendimenti e delcomportamento degli studenti, e dalla certificazione dellecompetenze personali da essi sviluppate; agli stessi docenti èaffidata la valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio alperiodo successivo. Nel rispetto dell’autonomia sancita dal Dpr275/99 e dall’art 117 del nuovo Titolo V della Costituzione, la normaprevede, dunque, che i docenti valutino quantitativamente equalitativamente che cosa e quanto ciascun allievo ha acquisito intermini di conoscenze ed abilità rispetto ai percorsi disciplinari einterdisciplinari attivati, il comportamento agito nel corso delle attivitàeducative e le competenze personali maturate e testimoniate inprecise situazioni di compito sulle quali gli stessi docenti sonochiamati ad esprimere precisa certificazione.L’esame di Stato, siamo al co 1 punto c del medesimo articolo,conclusivo sia del primo che del secondo ciclo “si svolge su proveorganizzate dalle commissioni d’esame e su prove predisposte egestite dall’Istituto Nazionale per la valutazione del sistema diistruzione (INVALSI), sulla base degli obiettivi specifici diapprendimento del corso e in relazione alle discipline diinsegnamento dell’ultimo anno”; si tratta, evidentemente di un esamecostruito in parte a livello locale, laddove l’autonomia di ciascunaistituzione scolastica diventa responsabile delle scelte realizzate, inparte a livello nazionale, essendo proprio il livello nazionale relativoalle conoscenze e alle abilità disciplinari, espresso attraverso unostandard statisticamente definito, il naturale contrappeso per latenuta dell’intero sistema educativo17.

17Per un’analisi più dettagliata delle procedure previste per le prove d’esame

elaborate dall’INVALSI rimandiamo a G. Bertagna, Valutare tutti, valutareciascuno. Una proposta pedagogica, La Scuola 2004, pag. 162

11

Veniamo ora alla valutazione esterna del sistema così come previstadal punto c, comma 1 dell’art 3 della legge 53/03: “… ai fini delprogressivo miglioramento e dell'armonizzazione della qualità delsistema di istruzione e di formazione, l'Istituto nazionale per lavalutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche esistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualitàcomplessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche eformative”. Dunque, anche la valutazione di sistema esterna èaffidata all’INVALSI (che proprio per questo scopo vederideterminate le funzioni e la struttura proprie) con due oggettiprecisi di indagine: da una lato le conoscenze e abilità (gliapprendimenti) acquisite in determinati periodi dagli studenti,dall’altro la qualità complessiva del sistema scuola. Il dettatonormativo della legge 53/03 ex art.3 viene successivamente regolatodal DLgs 286/04, mentre lo stesso INVALSI avvia sperimentalmentei Progetti Pilota 2002, 2003 e 2004 sulla verifica periodica delleconoscenze e delle abilità disciplinari fino ad arrivare nell’a.s. 2004-5 alla somministrazione universale e obbligatoria, nel Primo ciclo,delle prove relative agli apprendimenti e del primo questionario sulFunzionamento delle prestazioni delle istituzioni scolastiche(FunPreIS), volto a realizzare la valutazione riguardante gli aspettiistituzionali, organizzativi e strutturali del sistema educativo nazionaledi istruzione e di formazione.E’ intenzione del decisore politico che a sistema “sia la valutazionedi sistema sia quella degli apprendimenti sono condotte all'inizio deibienni didattici per segnalare ai docenti e alle scuole la funzionesoprattutto diagnostica, formativa e formante che le caratterizza. Sefossero svolte alla fine dei bienni didattici, infatti, potrebbero farnascere l'equivoco di considerarle strumenti (pretenziosi) per lavalutazione sommativa degli allievi, e tramite loro dei docenti e dellascuola18”.

Su quali presupposti pedagogici, oltre che normativi, si fondaval’operato del ministro Moratti? A prescindere dalle inevitabilidistorsioni che si verificano quando si procede dal piano teorico alpiano operativo, quale prospettiva abbracciava l’azione intrapresarispetto alla costruzione di un sistema di valutazione nazionale

18Ibidem, pag. 159

12

esterno19? Questi che seguono potrebbero essere, in sintesi, i puntifondamentali.

L’oggetto della valutazione degli apprendimenti. In base alla legge53/03, in coerenza con il nuovo Titolo V della Costituzione, lo Statodetta le norme generali del sistema educativo, le Indicazioninazionali, che devono essere utilizzate con responsabile autonomiadalle singole istituzioni scolastiche ai fini del raggiungimento dellemete comuni esplicitate proprio in quanto norma generale; lo stessoStato deve, però, anche operare affinché siano “assicurate a tuttipari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di svilupparele capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità,generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le sceltepersonali, adeguate all'inserimento nella vita20”. Si tratta, dunque, didare a tutti le medesime opportunità educative e didattiche, anchecompensative, che permettano di dare più e meglio a chi ha meno.Ottimo proposito, ma come concretizzarlo? Se i docenti sonochiamati a definire, in autonomia, percorsi educativi volti asviluppare le capacità personali di ciascuno e trasformarle incompetenze, utilizzando le conoscenze e le abilità disciplinari dettatea livello nazionale nelle Indicazioni nazionali, chi garantisce che lescuole e i docenti non facciano, invece, ciò che vogliono, magariappiattendosi verso livelli bassi, incuranti delle potenzialità personali,utilizzando solo parzialmente le conoscenze e le abilità disciplinaridate, di fatto privando i ragazzi di quanto li potrebbe, invece,stimolare ed arricchire? La risposta che la legge 53/03 dà èchiarissima: “In un sistema educativo nazionale di istruzione e diformazione fondato sull'autonomia degli enti territoriali e delleistituzioni scolastiche, è senza dubbio prerogativa esclusiva deidocenti definire, nell'ambito delle unità di apprendimento che vanno acostituire i Piani di studio personalizzati, gli standard diapprendimento accettabili per ogni loro studente e, in base ad essi,procedere alla valutazione periodica, annuale e biennale (art. 3,comma 1, punto a della legge delega). Non per nulla, del resto, lacompilazione del Portfolio delle competenze personali è affidata allaresponsabilità del docente tutor e degli altri docenti dell'équipepedagogica di ogni gruppo classe, sebbene si debbano sentire lefamiglie e gli allievi. È, tuttavia, compito dell'Invalsi (art. 3 co.1,punto b della legge delega), «effettuare verifiche periodiche e

19Utilizziamo a tal fine l’analisi proposta da G. Bertagna, nel già citato volume

Valutare tutti, valutare ciascuno. Una proposta pedagogica, La Scuola 200420

L 53/03 art 2, co 1 p a

13

sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti» in tutte lescuole del Paese, all'inizio di ogni biennio didattico al fine diidentificare a livello centrale standard di apprendimento relativi agliobiettivi specifici prescritti nelle Indicazioni nazionali.Dunque, sia i docenti nella valutazione interna, sia l’INVALSI inquella esterna hanno un oggetto ben preciso di lavoro, leconoscenze e le abilità disciplinari dettate come vincolo dalle normegenerali.La valutazione esterna degli apprendimenti, in ultimo, non può averealcuna presa sulle competenze personali, che restano e resterannofuori dal suo raggio, prettamente indirizzato al nomotetico, algenerale, non all'idiografico e al personale. La valutazione e lacertificazione delle competenze personali, a differenza delleconoscenze e delle abilità disciplinari, necessitano di strumentiqualitativi, ermeneutici e narrativi che solo la valutazione interna degliapprendimenti può fare, utilizzando gli accertamenti relativi alleconoscenze e abilità disciplinari in modo esclusivamentestrumentale. Detto altrimenti: “ciò che per la scuola è il mezzo, per lavalutazione esterna degli apprendimenti è il fine; e ciò che è il fineper la scuola risulta fuori portata per la valutazione esterna degliapprendimenti21”.

La necessità di definire standard. Oltre all’oggetto di valutazione, sia idocenti sia l’ INVALSI hanno in comune il compito di elaborarestandard relativi proprio alle conoscenze e alle abilità disciplinari cheutilizzano, ma sono chiamati a farlo con funzioni strutturalmentediverse tra di loro: gli standard che i docenti stabiliscono a livello disingola istituzione scolastica, infatti, vengono dalla definizione diobiettivi formativi ritenuti adatti e significativi per gli allievi in quellaprecisa situazione, mentre gli standard definiti a livello nazionalevengono elaborati statisticamente in base ai risultati delle provesomministrate tenendo conto di determinate procedure22. E’evidente, però, che sarebbe, “bizzarro che l'INVALSI procedesse aquesto suo adempimento in maniera astratta e aprioristica, ovveroprescindendo dagli obiettivi formativi e dai relativi standard diapprendimento di fatto stabiliti dalle scuole e dai docenti nel Paese.Si dovrà, dunque, prevedere una sistematica interlocuzione trascuole e tecnici INVALSI affinché gli standard di apprendimentorichiesti a livello nazionale siano costruiti conoscendo quelli formulati

21G. Bertagna, Valutare tutti …, op.cit., pag 166

22Ibidem, pag 161 e seg.

14

a livello locale e individuando in essi le opportune graduatorie. Se,infatti, fossero così alti da risultare velleitari, oppure fossero cosìappiattiti verso il basso da scambiare l'accettabile per il peggiorischierebbero di essere inutilizzabili per qualsiasi comparazione e,soprattutto, di venir meno alla loro dovuta funzione di controllo e distimolo del sistema ai fini dell'attuazione del principio costituzionaledi equità23”.

La connessione educativa tra i due tipi di valutazione. E’ importante,dunque, evidenziare ciò che accomuna la valutazione esterna edquella interna degli apprendimenti, l'accertamento delle conoscenzee abilità e dei relativi livelli e standard di prestazione, ma occorreanche evidenziare con precisione la differenza che intercorre tra diesse: “per la valutazione esterna degli apprendimenti, infatti, leconoscenze e le abilità stabilite nelle Indicazioni nazionali sono ildato primario, mentre per le scuole la misurazione di tali conoscenzee abilità, è un dato secondario e strumentale poiché sono chiamate amettere in campo quelle conoscenze e abilità che sono funzionali aprodurre una data competenza. Può succedere, pertanto, cheall'interno di scuole diverse ci siano accentuazioni diverse quanto alpeso da assegnare a certe conoscenze e abilità. La valutazioneesterna degli apprendimenti, quindi, potrà aiutare la valutazioneinterna di essi ed approfondire sempre più l'accountability dellescuole a questo riguardo, senza per questo pretendere né di esaurireil problema della valutazione, né di poter contare, ai finidell'identificazione della qualità educativa, più della valutazioneinterna24”.Si garantisce, in questo modo, un circolo virtuoso tra valutazioneinterna ed esterna, in cui l’una è di servizio all’altra senza correre ilpericolo, tragico da un punto di vista educativo, di assoggettare laprima alla seconda. Si tratta di un pericolo grave, che poterbbeindurre i docenti a lavorare non in vista del vero fine educativo dellascuola, ma in vista del superamento positivo da parte dell’allievodelle prove esterne elaborate dall’INVALSI; per contrastarlo occorrenon solo favorire ed incentivare un regolare e sistematico processodi formazione in servizio per dirigenti scolastici e docenti, ma anchemettere a punto l’ipotesi di una valutazione campionaria degliapprendimenti che preveda, accanto alle prove universali “ancheprove più complesse (questionari risposta aperta, saggi brevi, prove

23Ibidem, pag 121

24Ibidem, pag 165

15

scritte ecc.) che, però, non riguardino tutta la popolazione scolastica,ma un campione di essa, scelto ogni anno secondo criteri dirotazione che possono portare nell’arco di un certo periodo di anni acoprire le scuole dell’intero territorio e, insieme, a sperimentare laricchezza degli strumenti di indagine resi disponibili dalla ricercascientifica. Più il campione sarà ristretto e più si potrannocomplessificare le metodologie di rilevamento, di indagine e,soprattutto, di correzione. Ciò permette un carotaggio sempre moltosignificativo, che può aiutare la messa a punto della valutazione disistema, delle prove multiple degli esami di stato, della valutazionedegli apprendimenti interna e di quella universale esterna (soprattuttoper il reciproco assestamento degli standard nazionali riferiti agliObiettivi specifici di apprendimento e degli standard locali riferiti agliobiettivi formativi delle diverse unità di apprendimento). Inoltre, unalettura integrata di tutti gli elementi desunti dalla valutazione interna edesterna sulle istituzioni coinvolte nel campione permetteun’ottimizzazione delle diverse procedure adottate dalle due tipologiedi valutazione25” .

Tiriamo le somme sulla questione posta in apertura: sono congruentile norme elaborate ex art. 3 della L53/03 a proposito di un sistema divalutazione esterna degli apprendimenti degli allievi con il fineeducativo proprio del nostro sistema nazionale di istruzione eformazione? E’ garantita, almeno a livello teorico, la possibilità checiascun allievo, ovunque si trovi a frequentare la scuola sul territorionazionale, riceva quanto è meglio al fine di garantirgli “pariopportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare lecapacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generalie specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali,adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro,anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea26”?E’ garantita, allo stesso, la possibilità che si realizzino interventiperequativi adeguati, monitorati e rendicontati, laddove lo Stato abbiaverificato, attraverso il divario tra le rilevazioni effettuate e glistandard elaborati dal sistema di valutazione nazionale, l’esistenzadi carenze strutturali e professionali tali da impedire o rendereprecaria la realizzazione del fine educativo della scuola?La risposta è evidentemente positiva e l’azione messa in campo,ancorché perfettibile, ci sembra meritare una doverosa attenzione.

25Ibidem, pag 164

26L 53/03 art 2, co. 1 p. a

16

In realtà su tutto quanto realizzato dall’INVALSI, su indicazioneministeriale negli anni 2002-2006, si sono versati fiumi di inchiostro,spesso avvelenato da un pregiudizio ideologico che portava arifiutare in blocco e a prescindere tutto ciò che veniva dallacompagine politica allora al governo. Ciò è accaduto, spesso, anchea costo di negare, come nel caso specifico qui considerato, sia unbisogno strutturale inaggirabile per qualunque sistema educativonazionale che voglia equilibrare elementi di autonomia locale conesigenze di tenuta nazionale, sia una fondamentale congruenza tra ilfine educativo della sistema scuola e le azioni progettate eparzialmente realizzate in quegli anni. Rallentamenti e inevitabiliritardi che oggi vengono sottolineati hanno responsabilità preciseche occorre conoscere non tanto per giudicare, quanto per nonripetere errori, superficialità pedagogiche e dilazioni operative che ilnostro sistema educativo non può più sopportare.

4. Il Quaderno bianco di Fioroni: un ripensamento tardivo

Coerente con l’impegno preso con le forze sindacali e politiche chenel cambio di governo della primavera del 2006 avevano visto lapossibilità di azzerare gli osteggiati cambiamenti introdotti nellalegislatura precedente, il ministro Fioroni pubblica il 25 agosto 2006la direttiva n. 649 che modifica alcuni obiettivi propri dell’INVALSI e,soprattutto, elimina per le scuole l’obbligo della somministrazione diprove standardizzate. Ma è soprattutto con l’inusuale c 612, art 1della finanziaria 2007 che, con due azioni del preannunciato“cacciavite”, il ministro Fioroni smantella il sistema di valutazioneesterno organizzato nella legislatura precedente:

1. la valutazione esterna delle istituzioni scolastiche riguardasolo quelle statali ed anche per queste è facoltativa ecampionaria,

2. gli organi del governo dell’INVALSI sono ricondotti allacompetenza del MIUR, con l’esclusione del Ministero delLavoro e della Conferenza Stato-Regioni, giàprecedentemente coinvolti con il DLgs 286/04 del MinistroMoratti.

Fin qui pare un copione già noto: si riporta il governo e l’eventualevalutazione del sistema educativo nazionale nel rassicurante solcodel tradizionale ministerialismo e si ottiene la pax sindacale con losvuotamento o l’azzeramento dei passaggi più significativi della

17

legge di riforma elaborata nel quinquennio precedente (si pensi allavicenda dell’ eliminazione del docente tutor e del Portfolio dellecompetenze personali come strumento di valutazione nel primociclo, al blocco della riforma del sistema liceale, alla riappropriazionestatale del sistema di istruzione e formazione professionale, al bloccodel dlgs 227/05 sulla formazione iniziale dei docenti, …); a questopunto, però, la novità inaspettata si ha con la pubblicazione delQuaderno bianco sulla scuola, preparato da un gruppointerministeriale di esperti amministrativi dei ministeri dell’Economia edella Pubblica Istruzione e presentato da Fioroni nel settembre 2007;forse anche a causa della totale assenza dei pedagogisti che hannoispirato le scelte del Ministro nel corso dei mesi precedenti, ilQuaderno bianco sulla scuola si configura come un documentoneanche troppo implicitamente critico sulle recenti scelte effettuateall’interno del sistema scolastico, soprattutto in ragione di argomentiriconducibili alla necessità di controllo della spesa e diriorganizzazione del sistema educativo. In questo senso, si possonoleggere le critiche alle scelte effettuate sulla valutazione esterna e lariproposizione sia della valutazione censuaria sugli apprendimentidegli studenti, sia della precedente autonomia dell’INVALSI: “…Altempo stesso, viene in luce l’altro requisito indispensabile perintraprendere un sentiero stabile di miglioramento della qualità dellascuola: la costruzione di un sistema di valutazione nazionale,incentrato sull’INVALSI. Si propone di avviare, a un tempo, unarilevazione nazionale, annuale, di alto livello tecnico, diffusamentecondivisa, dei livelli di apprendimento degli studenti e dei loroprogressi e, assieme, un programma permanente di supporto allescuole per l’analisi e l’utilizzo della valutazione e per l’elaborazione didiagnosi valutative di scuola. L’Italia arriva in ritardo a questa svolta,ma può avvalersi dell’insegnamento, dei successi e anche degliinsuccessi di altri paesi …27”.Forse sarebbe stato più semplice non distruggere ma migliorare ciòche già, proprio nel nostro Paese era stato fatto!Inutile chiederci, a questo punto, quale rapporto di coerenza siaintercorso, a proposito del problema della valutazione esterna delsistema educativo nazionale, tra le scelte del ministro Fioroni e lafinalità istituzionale della scuola: pare evidente, infatti, che ogniqualvolta si tenta di allontanare il governo della scuola dalla pluralitàdi soggetti che la sussidiarietà costituzionale ha sancito essere

27Quaderno bianco sulla scuola consultabile sul sito www.istruzione.it

18

corresponsabili dell’educazione formale per riportarla ad unaprospettiva interna ed autoreferenziale, ci si allontanapericolosamente dalla centralità della persona che non equivale maiesclusivamente alla centralità della singola istituzione scolastica.

La caduta anticipata del governo Prodi e il successivo cambio dimaggioranza nella primavera 2008 lasciano apertissima la questionedel sistema di valutazione esterna a cui, come dicevamo, stalavorando il ministro Gelmini anche con l’apporto della propostaChecchi-Ichino-Vittadini che viene di seguito presentata come terzopassaggio rispetto al problema posto. Anche in questo caso,all’analisi seguirà la domanda: quale paradigma educativo sottosta aquesta proposta? E’ lo stesso paradigma educativo a cui rimanda lalegge 53/03 e, prima ancora, la Costituzione italiana?

6. Misurare il “valore aggiunto”. L’orientamento Gelmini

Così esordisce la proposta Checchi-Ichino-Vittadini a proposito dellanecessità di istituire un sistema di valutazione nazionale esterno:“Nelle pagine che seguono affrontiamo il terzo di questi problemi (lanecessità di maggior trasferimento di autonomia decisionale aisingoli istituti scolastici, in tema di offerta formativa, di gestione dellerisorse umane e di amministrazione finanziaria ndr.), proponendo unsistema di valutazione delle singole istituzioni scolastiche chesviluppi e adatti alle esigenze del nostro Paese il meglio offerto inquesto campo dalle esperienze internazionali, in molti casi piùavanzate delle nostre. In linea con queste esperienze, proponiamouna valutazione delle scuole effettuata da personale esterno edindipendente e focalizzata su una misurazione dei livelli diapprendimento che tenga conto delle condizioni di contesto in cui glistudenti vivono e le scuole operano28”.Spiace notare come gli estensori di questa proposta, si ponganonella condizione di “partire da zero”, con l’unica possibilità diguardare all’esperienza internazionale, come se in Italia nulla fosseaccaduto in questo senso e come se la loro stessa perorazione, piùsopra riportata, affinché si costruisca in modo condiviso ciò che è alservizio della collettività, valesse solo ex post e non per quanto è

28Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole:

finalità e aspetti metodologici, consultabile sul sito www.invalsi.it, pag 2.

19

stato elaborato ex ante. Ma questo rammarico non ci impedisceun’analisi attenta e serena della proposta stessa.“Una scuola funziona bene quando gli studenti apprendono in modosoddisfacente rispetto a un insieme di criteri condivisi” dicono gliautori; vero, se i criteri condivisi a cui si fa riferimento sono gli stessi,più volte ripresi, che esprimono la finalità del sistema educativo. Ilprimo pilastro della proposta è, dunque, la predisposizione di “unsistema standardizzato di valutazione degli apprendimenti, checonsenta di integrare la valutazione formativa quotidianamenteeffettuata dagli insegnanti nelle loro classi con un punto di riferimentoesterno capace di garantire la comparabilità trasversale dei risultaticonseguiti e conseguibili”. Torna qui ciò che precedentementeavevamo presentato come circolo virtuoso tra valutazione interna edesterna e non possiamo non condividere.Subito dopo, però, troviamo un’ affermazione, a dir poco,sconcertante: “Nelle pagine che seguono (…) usiamo genericamenteil termine “apprendimento”, senza entrare nel merito dei contenuti damisurare (ad esempio le conoscenze, le abilità o le competenze deglistudenti), lasciando agli esperti in questo campo di indicare lesoluzioni più adatte a questo fine29”. Sia pur rapidamente, abbiamopiù sopra cercato di far emergere, attraverso l’esperienza dellanormativa che discende dalla L53/03 , come sia impossibile oggiparlare di “apprendimento” in generale e come tutta la recenteletteratura pedagogica insista sulla necessità di definire conprecisione l’oggetto di valutazione quando si voglia studiarne glistrumenti più adatti per realizzarla. E, poi: chi sarebbero gli espertiche, separatamente dai “tecnici” evidentemente, devono indicare lesoluzioni più adatte per misurare nello specifico questi diversi aspettidell’apprendimento? Non converrebbe definire fin da subito ciò che èmisurabile e ciò che non lo è e come? O si parte, forse, dall’implicitoche tutto ciò che riguarda l’apprendimento è di per sé misurabile equindi passibile di un trattamento statistico nazionale? La distinzionepresente anche a livello normativo tra conoscenze e competenze,per esempio, non insinua alcun dubbio rispetto alla differenzastrutturale tra i due concetti così ampiamente analizzati e discussi incampo non solo pedagogico, ma fin anche economico e sociale?

Ci conferma in questa opinione il passaggio successivo in cui sievidenzia la necessità di “partire subito con le valutazionistandardizzate per gli studenti”, affermazione che non solo non aiuta

29Ibidem, pag 3

20

a fare chiarezza sul problema dell’oggetto della valutazionestandardizzata ma addirittura tace sulla necessità che talevalutazione standardizzata (qualora fosse realizzata sull’unicoaspetto dell’apprendimento che la consente) abbia come finel’elaborazione di uno standard nazionale da restituire alle singolescuole, unitamente ai risultati specifici di ciascuna di esse, perfavorire lo sviluppo di quella fondamentale cultura della valutazionee dell’auto-valutazione a cui giustamente gli estensori deldocumento Checchi-Ichino-Vittadini fanno più volte riferimento. Piùavanti, del resto, viene detto con estrema chiarezza che “nel lungoperiodo, i risultati delle misurazioni dovranno essere utilizzati percostruire un sistema di incentivi che guidi le scuole ad organizzarsiper migliorare l’apprendimento dei loro studenti. (…)Tre condizionidovranno essere soddisfatte prima che la valutazione possaeventualmente essere collegata a premi e penalizzazioni per lescuole:a) gli obiettivi dovranno essere chiaramente definiti e annunciatipreventivamente;b) gli obiettivi dovranno essere il più possibile sotto il controllo dicoloro che devono essere incentivati;c) coloro che dovranno essere incentivati dovranno avere il tempo egli strumenti ragionevolmente sufficienti per il raggiungimento degliobiettivi”.Qualcuno osa sperare che, qualora andasse in porto simile proposta,si potrebbe ancora affermare che il fine istituzionale della scuola è lacrescita della persona umana, lo sviluppo delle sue capacità e laloro trasformazione in competenze personali attraverso l’utilizzo delleconoscenze e delle abilità fornire dalle norme generali? Non è piùimmediato pensare che le scuole si trasformerebbero in corsi dipreparazione al superamento dei test nazionali da cui verrebbero adipendere gli incentivi ai docenti e alle scuole stesse30? E’ cosìlontana l’idea di scuole che, in autonomia, scelgono i propri allievi in

30Si veda in questo senso il punto C.5) Utilizzo della valutazione per incentivare i

singoli insegnanti nel lungo periodo nel testo della proposta stessa: viene qui detto,senza reticenze che è “ ….in linea di principio possibile abbinare ogni singoloinsegnante alla performance degli studenti ai quali ha insegnato nel periodo diriferimento (…). Analogamente è in linea di principio possibile identificare ilcontributo alla formazione individuale di dirigenti scolastici, direttori regionali,assessori regionali all’istruzione, fino al Ministro. È quindi teoricamente possibiledisegnare un sistema di incentivazione che premi i singoli operatori della scuola infunzione del conseguimento di obiettivi relativi agli studenti con i quali essi sianoentrati direttamente in contatto”.

21

modo da accaparrarsi quelli migliori che garantirebbero le miglioriperfomance nei test nazionali? Tutte le considerazioni sull’equitàeducativa che garantisce un tale, ipotetico scenario sono superflueanche perché molto esplicitamente gli estensori dichiarano la loroteoria di riferimento: si tratta della teoria economica della gestionedelle risorse umane, già paracadutata sul sistema educativo unadecina di anni fa con l’ambizione di governare la scuola attraverso ilproject management, la certificazione di qualità, il tempo e lerelazioni educative organizzate attraverso la programmazionetemporale (PERT) e quella reticolare (GANTT), le azioni educativeorganizzate in base alla Work Beakdown Structure (WBS), vale adire la scomposizione tayloristica del lavoro necessario in livellisempre più dettagliati fino ad individuarne le parti elementari, sia intermini di quantità fisiche che di responsabilità, ecc…Davvero qualcuno pensa ancora che questa sia la strada giusta perridare slancio al nostro sistema educativo formale? Se davvero lacertificazione di qualità, per fare un esempio quasi banale, fosse unindicatore di buon funzionamento di una scuola perché i risultati diapprendimento dei nostri quindicenni sono così inadeguati nelleprove nazionali ed internazionali, quando sappiamo bene che nonesiste più alcun Istituto di Istruzione Secondaria (specie se IstitutoTecnico o Professionale) che non abbia organizzato al propriointerno un sistema di certificazione di qualità con tanto di controlloesterno, responsabile interno, ecc.? Davvero le categorieeconomiche sono così impunemente trasferibili nel mondo educativoformale?

Altro passaggio della proposta Checchi-Ichino-Vittadini: il rapportoprove standardizzate-esame di stato al termine del terzo anno dellascuola secondaria di I grado e del quinto anno della scuolasecondaria di II grado. Dopo aver analizzato le possibilità che leprove standardizzate ipotizzate per queste classi si debbano essereinserite in questi esami o somministrate a parte, gli estensori optanoper quest’ultima soluzione ma temendo che la separazione offra ilrischio che le prove siano sostenute con poco impegno daglistudenti, propongono che i risultati di questa prova siano rilevanti aifini stessi della ammissione all’esame di stato e,contemporaneamente, contribuiscano alla dote di crediti di partenzacon cui lo studente si presenta all’esame di stato. Se non difetta lanostra comprensione si tratterebbe di condizionare la decisione deidocenti circa l’ ammissione, per esempio, all’esame della terza mediain base ai risultati di una prova standardizzata decisa e valutata a

22

livello nazionale; come dire, i docenti e le scuole godono della pienaautonomia organizzativa, didattica, di sperimentazione, sviluppo ericerca (DPR 275/99), sono riconosciuti dalla Costituzione soggettiautonomi nel governo del sistema educativo nazionale ( art 117 dellaCostituzione), sono responsabili della valutazione interna degliapprendimenti (art. 3 L 53/03) ma … non proprio! Per decideredell’ammissione agli esami finali del primo e del secondo ciclo deiloro ragazzi occorre che si pongano sotto tutela di un gruppo diesperti che, a livello centrale, pensano, valutano e giudicano in lorovece31! Tutto ciò al fine dichiarato di favorire la transizione verso “unamaggiore autonomia delle singole scuole come modelloorganizzativo del proprio sistema educativo”.Lo sconcerto che consegue a queste riflessioni sul primo pilastroindividuato dal documento Checchi-Ichino-Vittadini, non ci impedisce,peraltro, di evidenziare come condivisibile una delle altre strategieindividuate, la costituzione di un' anagrafe scolastica di tutti glistudenti e gli insegnanti. Gli autori del documento sottolineano comein Italia manchi questo importante strumento ma, anche in questocaso, non tengono conto di proposte precedenti anche ampiamenteargomentate32, strettamente connesse al Dlgs 286/04 costitutivodell’INVALSI nel quale si prevedono

uno stretto coordinamento tra l’Invalsi e altri soggettiinteressati al governo e alla gestione del sistema educativo alfine di evitare ripetizioni nelle richieste alle scuole

la restituzioni capillare dei dati raccolti la creazione di una banca dati statistica sull’allocazione delle

risorse la creazione di indicatori di “valore aggiunto” al fine di mettere

in relazione la valutazione conseguita dallo studente in uncerto grado di scuola e quella conseguita nei livelli precedenti.

Proprio quest’ultimo punto, la questione del “valore aggiunto”, vienerilanciata come nuova nel panorama italiano dal documento Checchi-

31Significativi, in questo senso i punti C.1) e C.2) della proposta dedicati

rispettivamente alle modalità di preparazione delle prove standardizzate per lamisurazione dell’apprendimento degli studenti e alle loro modalità disomministrazione, ivi compreso il dettaglio relativo alla costituzione di un vero eproprio albo di somministratori il cui costo è calcolato in termini puntuali nell’Appendice 1. Stima dei costi del Servizio nazionale di valutazione, stilato a curadell’INVALSI che, evidentemente, ha già lavorato su questo Documento fino adelaborarne un’ipotesi di spesa.32

G. Bertagna, Valutare tutti …, op. cit., pag 159-160

23

Ichino-Vittadini secondo i quali “affinché i risultati delle prove dianoinformazioni utili per la valutazione delle scuole, è necessario che ilpunteggio ottenuto dallo studente (costruito partendo dal numero dirisposte corrette ponderato per la difficoltà delle domande) siaopportunamente affiancato da dati elaborati statisticamente al fineseparare:- ciò che nella performance dello studente può essere attribuitospecificamente alla sua scuola e ai suoi insegnanti,- ciò che nella performance dello studente può essere attribuito alcontesto socioeconomico e familiare in cui lo studente ha vissuto,- e ciò che invece può essere attribuito allo studente stesso33”Gli autori del documento proseguono manifestando un illuministicoottimismo nei confronti della possibilità di calcolare a livello statisticoquesto “valore aggiunto” relativo alle performance di un allievo, apartire evidentemente da dati generali, che mai, neanchelontanamente tengono in considerazione che le vicende formative diuno studente non necessariamente si sommano aritmeticamentesecondo logiche compositive di tipo tayloristico: questo pezzo è daattribuirsi alla scuola, questo al livello di istruzione dei genitori,questo ai viaggi all’estero, questo alla navigazione in rete, e via diquesto passo, per sommatorie semplicistiche che nulla hanno a chevedere con la complessità delle azioni umane?Certamente si può procedere, a livello generale e nomotetico, inquesto senso ma, a parte le perplessità che emergono dagli stessiesperti in ordine ad un siffatto utilizzo34, quale “valore aggiunto”reale, personale, significativo può venire da uno strumento che trattale azioni umane coinvolte nei processi educativi alla stregua deicosiddetti “pacchetti lavoro” (work packages) della pianificazionemanageriale in campo economico? Cui prodest un siffatto,costosissimo calcolo operato a livello nazionale e, soprattutto, quale“valore aggiunto” da un punto di vista educativo presenta?E per rispondere alla domanda da cui siamo partiti: è questa lastrada che un sistema nazionale di valutazione deve percorrere persorreggere il difficile compito di ogni singola scuola, di ogni singolodocente sulla strada della responsabili autonomia che risponde ad unpreciso criterio di sviluppo della persona umana?Siamo certi che abbracciare la strategia dell’applicazione automaticaalla realtà umana un modello statistico inoppugnabile da un punto di

33Un sistema di misurazione degli apprendimenti…, cit., pag 8

34Si veda in questo senso l’intervento di A. Martini L’accountability nella scuola,

consultabile sul sito www.fondazioneagnelli.it

24

vista teorico risponda alle imprescindibili esigenze educative delsistema educativo? Non ci insegna nulla lo spaventoso baratro che siaperto davanti all’economia mondiale dopo anni di baldanzosoutilizzo di modelli finanziari perfetti sulla carta, deflagranti se calatinella realtà e quindi incontrollabili nei loro esiti?