Formazione, certificazione professionale e MOOCs · 2015-10-14 · N 206 - 2015 Assicurazioni...

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Rivista trimestrale di politica sociosanitaria Anno XXXVI Settembre 2015 206 Formazione, certificazione professionale e MOOCs Malpractice ed autoassicurazione Presentazione Opinioni, auspici (e citazioni) a proposito di didattica della medicina Dalle competenze ai saperi Il Comitato tecnico delle Regioni Il Dossier formativo Verso l’”oceano blu” della formazione sanitaria Il Dossier di gruppo nel sistema ECM in sanità La certificazione dei crediti ECM I Massive Open On-line Courses Dalla formazione in presenza al blended learning Consorzio Gestione delle Anagrafiche delle Professioni Sanitarie (Co.Ge.A.P.S.) Contributo originale Monografia

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Rivista trimestrale di politica sociosanitaria

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15206

Formazione, certificazione professionale e MOOCs

Malpractice ed autoassicurazione

Presentazione

Opinioni, auspici (e citazioni) a proposito di didattica della medicina

Dalle competenze ai saperi

Il Comitato tecnico delle Regioni

Il Dossier formativo

Verso l’”oceano blu” della formazione sanitaria

Il Dossier di gruppo nel sistema ECM in sanità

La certificazione dei crediti ECM

I Massive Open On-line Courses

Dalla formazione in presenza al blended learning

Consorzio Gestione delle Anagrafiche delle Professioni Sanitarie (Co.Ge.A.P.S.)

Contributo originale

Monografia

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Direttore ResponsabileMariella Crocellà

RedazioneAntonio AlfanoGianni Amunni

Carmen BombardieriAlessandro Bussotti

Gian Paolo DonzelliSilvia Falsini

Claudio GalantiCarlo Hanau

Gavino MacioccoPatrizia Mondini

Benedetta NovelliMariella Orsi

Daniela PapiniPaolo SartiLuigi Tonelli

Comitato Editoriale

Gian Franco Gensini, Preside Facoltà di Medicina e

Chirurgia, Università di Firenze

Mario Del Vecchio, Professore Associato Università di

Firenze, Docente SDA Bocconi

Antonio Panti, Presidente Ordine dei Medici

Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Firenze

Luigi Tucci, Direttore Laboratorio Regionale per la Formazione Sanitaria –

FORMAS

Redazione, DirezioneCorrispondenza e invio contributi:

Mariella [email protected]

http://www.formas.toscana.it

EdizionePacini Editore S.p.A.

Via Gherardesca 1, 56121 PisaTel. 050313011 - Fax 0503130300

[email protected]

Registrazione al Tribunale di Firenze n. 2582 del 17/05/1977

Questo numero è stato chiuso in redazione il 31 agosto 2015 Testata iscritta presso il Registro

pubblico degli Operatoridella Comunicazione

(Pacini Editore SpA iscrizionen. 6269 del 29/08/2001)

206 Rivista trimestrale di politica sociosanitaria fondata da L. GambassiniFORMAS - Laboratorio Regionale per la Formazione Sanitaria

Anno XXXVI – settembre 2015

Sommario649 Malpractice ed autoassicurazione M. Marchi

Monografia656 Presentazione S. Saccardi657 Opinioni, auspici (e citazioni) a proposito di didattica della medicina G. Trianni663 Dalle competenze ai saperi A. Iachino 666 Il Comitato tecnico delle Regioni R. Brenna 669 Il dossier formativo. I risultati della sperimentazione di Regione Toscana,

Co.Ge.A.P.S. Ordine dei Medici di Firenze S. Bovenga, S. Falsini 673 Verso l’”oceano blu” della formazione sanitaria S. Falsini, B. Novelli 677 Il Dossier di gruppo nel sistema ECM in sanità M. Barbo684 La certificazione dei crediti ECM A. Panti, V. Galeotti687 I Massive Open On-line Courses L. Tonelli 689 Dalla formazione in presenza al blended learning M. Vangelisti698 Consorzio Gestione delle Anagrafiche delle Professioni Sanitarie (Co.Ge.A.P.S.).

Verso la certificazione e valutazione dell’aggiornamento professionale Sergio Bovenga

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649Assicurazioni sanitarieN. 206 - 2015

AbstractPrendendo lo spunto dal Dossier dell’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) intitolato “Malpractice, il grande caos” (Luglio 2014) e dalle repliche/precisazioni che ne sono seguite emergono alcune considerazioni, in parte commenti a quanto riportato ed in parte spunti per ulteriori riflessioni.Nel Dossier si afferma che “quella dell’autoassicurazione non è stata una scelta pianificata dall’alto, costruita seguendo una metodologia di prevenzione e di gestione dei rischi condivisa a livello locale secondo linee guida approvate da qualche ministero. Si è trattato piuttosto di una risposta, in molti casi disordinata, all’emergenza causata dalla crescita dei premi assicurativi e, spesso, anche dalla mancanza di un assicuratore disposto a prendersi il rischio (che per molte compagnie è divenuta una certezza) di perdere soldi nella malasanità degli ospedali italiani”.

Malpractice ed autoassicurazione

Marco Marchi Prof. Ordinario di Statistica sanitaria, DISIA Università di Firenze

Presidente Commissione rischi sanitari del C.I.S.A. (Centro interuniversitario per gli studi attuariali e la gestione dei rischi)

L’indicatore principale fornito dall’Ania è quello del rap-porto “sinistri/premi” (“loss ratio”, ovvero quanto pagato per i sinistri rispetto a quanto incassato per i premi assicu-rativi)) per il quale vengono riportati dati clamorosi: “Per l’intero settore della R.C. medica al 31/12/2012 il rap-porto medio dei sinistri a premi per le varie generazioni dal 1994 al 2012 si attesta al 173%”!Attualmente, secondo l’Ania, la spiegazione delle macro-scopiche perdite sopra-evidenziate andrebbe ricercata nella “miscela esplosiva costituita da una dilatazione del concetto di malpractice da parte dei tribunali ed un in-cremento inarrestabile del valore dei risarcimenti, scarsa prevenzione o risk management da parte degli ospedali, incremento esponenziale delle liti e crescente attivismo di strutture di infortunistica e legali”.D’altro canto in un documento della Conferenza delle Re-gioni, illustrato in una audizione parlamentare del Gen-naio 2014, si prende decisamente posizione affermando

che l’assicurazione obbligatoria della responsabilità ci-vile medica non rappresenta “la panacea di tutti i mali” ed anche se così fosse “i costi sarebbero così elevati, e stante così le cose, pressoché insostenibili per professio-nisti e strutture, sempre ammesso che vi siano reperibili assicurazioni disponibili a contrarre, delle quali ci si pos-sa fidare (vale a dire solvibili ed affidabili)” da cui la via d’uscita, per le strutture sanitarie, è quella della “gestione diretta dei sinistri, perché ne impone l’analisi sistematica e stimola l’individuazione dei possibili correttivi”… alme-no per quanto attiene ai danni non catastrofali”.

Assicurazione ed autoassicurazione a confronto.I presupposti per procedere all’assicurazione di un evento sono:1. La rilevante entità del danno potenziale.2. La ridotta probabilità del suo verificarsi (nel periodo di

riferimento/osservazione).

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

210% 260% 296% 225% 180% 125% 150% 123% 151% 163% 153% 151% 122%

Tavola 1. Rapporto sinistri/premi (S/P) al 31/12/2012 per anno di protocollo del sinistro (dal 2000):

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L’orientamento espresso dalla Conferenza delle Regioni a favore della soluzione in auto-assicurazione sembrerebbe invece tradursi nella costituzione di Centri regionali per la gestione rischio clinico - GRC che dovrebbero, in primis come loro compito istituzionale, individuare le situazioni di rischio clinico (con le relative variabili causali) al fine di rimuoverle, utilizzando, correttamente un sistema infor-mativo ad hoc basato sulle:• segnalazioni di eventi avversi (EA);• segnalazioni di NM (near miss: eventi avversi poten-

ziali che hanno dato luogo a dei “quasi incidenti”).Attualmente però in Toscana (la Regione che ha fatto per certi versi da battistrada sul tema dell’autoassicurazione sanitaria) al GRC (vedi DGRT 1234/2011) fa capo (oltre al Sistema informativo S.I. integrato del rischio clinico) an-che il funzionamento ed il coordinamento gestionale del Comitato regionale valutazione sinistri (CRVS) che gesti-sce i sinistri di entità superiore a 500.000 euro nonché fa-vorisce modalità condivise di valutazione dei risarcimenti mediante una supervisione dell’attività svolta dai Comitati aziendali di gestione dei sinistri, con obiettivi non del tutto convergenti:1. Rimuovere le cause dei rischi (in particolare nelle situa-

zioni di “eccesso”) per un’azione di reale prevenzione primaria dei danni ai pazienti.

2. Gestire al meglio (tempestività, conciliazione, riduzio-ne del contenzioso, risparmio nei rimborsi, ecc.) le pratiche di risarcimento/indennizzo.

In Toscana, essendo i Comitati aziendali (ed in seconda battuta il Comitato regionale) per la gestione dei sinistri controparte diretta del paziente “danneggiato” l’utilizzo di informazioni “privilegiate” potrebbe costituire una sor-ta di nuova asimmetria informativa (vedi classica selezio-ne avversa dell’assicurato) sulla base delle quali decidere circa soluzioni conciliatorie o meno proprio in virtù di una conoscenza più approfondita rispetto alle “informazioni ufficiali” a disposizione della controparte ed in eventua-le contrasto con le informazioni derivanti dall’esperienza vissuta da parte del paziente.Non solo ma il “privilegio” garantito al flusso delle segna-lazioni di evento avverso (EA) rischia di scaricarsi in modo negativo sulla completezza ed attendibilità delle fonti infor-mative ufficiali ”di routine” (Cartella clinica, CeDAP e, in subordine, Scheda di dimissione ospedaliera) diventando una sorta di strumento improprio di difesa, per cui verrà detto esattamente cos’è successo solo al GRC che può così può attuare una difesa più efficace in sede di accertamen-to delle responsabilità (e di conseguenza ridurre l’entità de-gli indennizzi), configurando in tal modo quasi l’induzione

L’obiettivo di una compagnia di assicurazione è quello di gestire in modo efficiente le risorse ottenute dai premi rac-colti (che nel caso della sanità sembrano aver raggiunto un limite massimo e quindi non ulteriormente incremen-tabili) e ciò è perseguibile riducendo sia il numero di ri-sarcimenti (con aumento della % di “senza seguito”) sia contenendo al massimo gli importi per gli indennizzati.In questa logica si comprende quindi come le proposte suggerite/approvate da Ania non riguardino tanto il con-tenimento degli eventi avversi in generale ma mirino a ri-durre il numero e l’entità di quelli risarcibili, prevedendo:1. La riduzione dei tempi di prescrizione per le richieste

di risarcimento (dagli attuali 10 anni fino a 5-2 anni dal momento in cui se ne è acquisita conoscenza).

2. L’esclusione di responsabilità nel caso di aderenza a linee guida mediche validate a livello nazionale e ri-conosciute dai giudici (vedere in tal senso quanto pre-visto dal cosiddetto Decreto Balduzzi 2012, rimasto inapplicato in quanto non è stato seguito da norme interpretative in grado di fare ordine fra differenti pro-tocolli e codici professionali in vigore).

3. L’adozione di un tetto alla risarcibilità dei danni non patrimoniali (altro punto di non applicazione del De-creto Balduzzi 2012 che imponeva l’adozione delle medesime tabelle per il danno biologico previste per i sinistri di r.c.a., responsabilità civile auto).

4. L’opzione da evento avverso (evento inatteso correlato al processo assistenziale e che comporta un danno al paziente, non intenzionale e indesiderato) a evento sentinella (evento avverso di particolare gravità, po-tenzialmente indicativo di un serio malfunzionamento del sistema, che può comportare morte o grave danno al paziente e che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario).

5. Il ripristino del principio della cosiddetta responsabili-tà extracontrattuale (regola “aquileiana” del neminem laedere) in alternativa a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (n°599/1999) circa la natura contrat-tuale della relazione che lega un paziente ad una struttura sanitaria (su questo punto l’opposizione degli ordini degli avvocati è categorica e si affianca alla diffusa discrezionalità dei giudici nelle procedure di determinazione degli indennizzi nel rendere lunghe e farraginose tutte le relative pratiche).

6. Il mancato interesse per un efficace contrasto delle pratiche di “medicina difensiva” (sia positiva che ne-gativa) ove queste permettano di respingere/ridurre le richieste di indennizzo anche a costo di sprechi rile-vanti per il servizio sanitario.

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Qualche commento ai dati in “autoassicurazione”: punti di forza e di debolezza dell’esperienza toscana.(“Rapporto Ania. Alcuni chiarimenti sulla gestione dei si-nistri in Toscana”, a cura di T.Bellandi e R.Tartaglia del Centro regionale per la gestione del rischio clinico e si-curezza del paziente - GRC - Regione Toscana, risposta riportata da Quotidiano sanità del 2 Agosto 2014)Un punto saliente sembra essere quello della riduzione delle richieste di risarcimento (di cui si sottolinea la dimi-nuzione “nettamente maggiore tra il 2009 ed il 2013, anni in cui è stata introdotta la gestione diretta, rispetto a quella tra il 2006 ed il 2008”): alcune precisazioni sembrano doverose/essenziali per capire se la Regione Toscana si sia presa in carico i sinistri denunciati a partire dal 2010 anche se avvenuti in anni precedenti oppure questi siano stati rimandati al regime assicurativo in vigo-re al momento del loro accadimento.Si ricorda a questo proposito che sussistono due possibili regimi assicurativi:• Loss occurrence: sono coperti i sinistri che avvengono

quando la polizza è “attiva”;• Claims made: sono coperte le richieste di risarcimento

presentate durante il periodo di validità della polizza (possono essere relative a fatti pregressi).

I dati forniti dal GRC toscano per il periodo 2010-2012 indicano costi per 103 milioni di Euro (sinistri liquidati per 50 milioni – In altra sede si riportavano però risar-cimenti per 22,5 milioni all’anno per il biennio 2010-2011 – e 53 milioni di stima dei costi futuri per i sinistri da risarcire) a fronte di una stima triennale di 180 milio-ni di Euro per costi assicurativi potenziali (premi + fran-chigie), basata sull’entità estrapolata dei premi pagati negli anni precedenti.

Alcune osservazioni:1. Da dati Ania si ricava, in una situazione a regime, un

grossolano rapporto 1:3 fra PAID e RESERVE (inden-nizzi pagati annualmente a fronte di quanto messo a riserva) mentre per la Regione Toscana, trattandosi del periodo di avvio in cui si pagano i sinistri meno impe-gnativi economicamente, dovrebbero andare a riser-va risorse ben più consistenti per fronteggiare adegua-tamente, negli anni a venire, i casi più “rognosi” (in” cauda venenum”), considerando che, sempre su dati Ania, dopo 18 anni rimanevano 2,3% di “riservati” con oltre il 7% di importo!

2. I 180 milioni di Euro di premi comprendevano le impo-ste sui contratti assicurativi (al 22,25%) e l’intermedia-zione (brokeraggio, di solito fra il 5 ed il 10%) il cui

ad una sorta di doppia verità, nel contesto di procedure S.E.A (Single Event Audit) “informali”! Mancando una par-te “terza” nella contrapposizione fra utente (paziente) e fornitore del servizio /SSN il GRC, con la sua componente di gestione degli indennizzi, viene quasi ad assumere una doppia veste di controllato e controllore con in più anche la disponibilità di un canale informativo “riservato”.A livello regionale il Centro regionale Gestione rischio clinico (GRC) e Comitati (aziendali e regionale) per la gestione dei sinistri (GS) dovrebbero quindi avere ruo-li ben distinti anche per evitare le succitate commistioni “improprie” che potrebbero arrivare fino al punto di con-figurare una sorta innovativa di “azzardo morale” (Moral Hazard) nel senso che proprio la garanzia offerta da una maggiore tutela (acquisita con le informazioni privilegia-te di cui sopra) potrebbe indurre l’operatore sanitario ad una minore attenzione/cautela e la struttura ad un minore controllo delle situazioni di rischio. Il GRC dovrà, come suo obiettivo di efficacia, stabilire un nesso di causalità fra comportamenti/atti del personale sanitario e disponibilità/uso di attrezzature ed il verificar-si di un EA, identificando così i potenziali fattori di rischio al fine di rimuoverli (in questo senso l’analisi anche dei “near miss” assume un ruolo importante e complemen-tare) garantendo la riservatezza con una opportuna (e formalmente garantita!) attività di “audit”, “peer review”, ecc. In tale contesto il rilievo di responsabilità dovrà avve-nire sotto il profilo “solo operativo”, escludendo i risvolti economici, con l’unica finalità di permettere quella rimo-zione dei rischi di cui sopra e le informazioni disponibili e/o recuperabili dovranno essere utilizzate esclusivamen-te a questo scopo. Il GS invece dovrà invece, come suo obiettivo di efficien-za, cercare di “pagare il meno possibile” e quindi: 1. Verificare l’entità del danno.2. Accertare le responsabilità e/o colpe, sotto il profilo

“legale”. 3. Contrapporsi/patteggiare con la controparte.La possibilità che informazioni riservate, raccolte dal GRC per scopi di prevenzione primaria dei rischi, passino al GS per mascherare eventuali colpe e/o ridurre l’entità dei risarcimenti sussiste e va assolutamente contrastata, operando una separazione netta fra GRC e GS. Le informazioni riservate che dovessero emergere nell’am-bito della procedura di mediazione/conciliazione do-vrebbero essere invece considerate come utilizzabili ai fini della prevenzione/rimozione dei rischi (senza per ciò entrare in contrasto con quanto previsto agli art. 9 e 10 del Decreto legislativo 4/3/2010 n° 28).

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Punti di debolezza: a. creazione ex-novo di competenze, interne alle azien-

de sanitarie, in tema di loss adjuster (valutatori del danno), per cui occorrerebbero dati analitici sui costi e sulle reali capacità di svolgere a livello professionale tali compiti (in alternativa al ricorso a specialisti ester-ni);

b. sistema informativo integrato del rischio clinico (in-cludente anche il SRGS -Sistema regionale gestione sinistri) che viene, per certi versi, a contrapporsi al SIS (Sistema informativo sanitario) ufficiale (Scheda nosologica di dimissione ospedaliera, CeDAP; ecc.) e che dovrebbe confluire/armonizzarsi con il SIMES (Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità, facente capo ad Agenas), tuttora in fase di difficoltoso decollo;

Reintroduzione di elementi di possibile “sudditanza psico-logica” tipica del rapporto medico-paziente nella proce-dura di valutazione del dannoSistema un pò “naif” di valutazione probabilistica dei pa-gamenti ritardati, per le richieste già presentate, e dell’en-tità del loro risarcimento/indennizzo: la suddivisione in tre categorie di Probabili (circa il 16%), di Possibili (circa il 40%) e di Remoti (il restante 44%) in relazione al grado di realizzazione del pagamento con le relative aliquote di futuro indennizzo (dal 90 al 10%) appare decisamente inadeguato rispetto alla sofisticazione delle più aggiorna-te tecniche di previsione attuariale, che richiedono però specifiche competenze specialistiche che non risultano es-sere invece rappresentate in seno al Comitato scientifico del Centro GRCProcedura di messa a riserva delle cifre offerte e rifiutate, prevista esplicitamente dalla Delibera G.R.T. 1234/2011 (“Fase III – Definizione Sinistro: Se invece il danneggiato rigetta la liquidazione d’indennizzo formulata, l’U.O. Af-fari Generali/Legali iscrive la riserva (valutazione interna) per l’eventuale soccombenza nell’azione legale di risarci-mento”) che ove comportasse una sottostima sistematica delle passività (quanto rifiutato in prima istanza sarà ve-rosimilmente inferiore al definitivo!) potrebbe configurarsi forse come una fattispecie di falso in bilancioAttuale inadeguata stima delle ritardate denunce IBNR (Incurred But Not Reported), almeno in parte motivata dal fatto che solo una attenta analisi delle serie storiche (che qui non è ancora fattibile, data l’esiguità temporale della serie stessa) permetterebbe di arrivare a delle stime atten-dibili con i relativi intervalli probabilistici di confidenza: andrebbero comunque esplicitati i criteri di quantificazio-ne economica e le modalità della loro messa a riserva.

importo andrebbe correttamente sottratto.3. La differenza residua (quindi circa 30 milioni di

Euro) andrebbe rapportata alle spese (non valutate, o comunque mai rese note) sostenute, per i 3 anni in questione, per la gestione, in economia e/o con il supporto di consulenze specialistiche esterne, del sistema di valutazione dei sinistri e della loro liquida-zione articolato nelle 16 Aziende toscane ed a livello regionale.

Pur sussistendo una sostanziale scarsità di informazioni per procedere ad una valutazione più rigorosa e puntuale si possono evidenziare, in positivo ed in negativo, alcuni elementi.

Punti di forza:a. creazione di una rete di risk manager nelle 16 Azien-

de toscane con relativa sensibilizzazione sul tema dei rischi sanitari ed implementazione di Buone Pratiche per la sicurezza delle canagure

b. analisi ed approfondimento anche dei near miss (i co-siddetti “quasi incidenti”) oltre che degli eventi avver-si.

c. corsi di alta formazione «gestione del rischio nella pratica clinica e miglioramento continuo della qualità e sicurezza delle cure», con il Laboratorio manage-ment e sanità della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa (alla 6° edizione);

d. aumento delle conciliazioni* e della tempestività dei rimborsi (ed assenza di sequele penali);

e. riconduce il processo di liquidazione in un contesto sanitario (differenziandolo dal risarcimento danni per r.c.a., incendio od altro) con una rianalisi del proble-ma posto e l’eliminazione delle possibili componenti di reclamo, insoddisfazione, ecc.

f. risparmio sugli indennizzi/risarcimenti (come riduzio-ne dell’ammontare medio piuttosto che come aumento del numero dei respinti e/o senza seguito) **

* anche se non si può non rilevare la contraddizione “filosofica” fra l’adozione della mediazione, (meno Stato meglio è) contestualmente alla decisione di por-tare nell’ambito pubblico l’attività di assicurazione sa-nitaria, inoltre va sottolineato che non ci può essere conciliazione senza riconoscimento implicito di colpa e ciò potrebbe trovare l’opposizione del sanitario per un suo personale interesse al “buon nome”, a fini di carriera, ecc.

** tutto questo non risulta però, al momento, adeguata-mente documentato dai dati pubblicati.

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cantonamento e gestione di risorse senza trasferimento di rischio a soggetti terzi (autoritenzione totale) non sembra comunque sussistere la delimitazione (requisito assicurati-vo questo essenziale) del “patrimonio aggredibile” degli enti pubblici coinvolti (Aziende ospedaliere, Regione) che ne rimarrebbero quindi responsabili “in toto”.

Autoassicurazione ed equitàUno dei temi “caldi” dell’analisi epidemiologica sull’attivi-tà dei servizi sanitari è quello delle possibili disuguaglian-ze (di accesso ai servizi, di esito, ecc.) imputabili alle differenti condizioni socio-economiche, culturali, ecc., ma finora non è stato mai posto il problema di valutare le pos-sibili disuguaglianze derivanti dal verificarsi degli eventi avversi e dal loro risarcimento/indennizzo.Le variabili individuali che potrebbero differenziare la pro-babilità del verificarsi dell’evento avverso sono qui mirate alle caratteristiche di status socio-economico, al netto di quel-le imputabili ad altri aspetti (età, sesso, patologia, gravità ecc.) al fine di evidenziare differenze di rischio. Passando poi alle fasi successive della richiesta di indennizzo e del-la liquidazione (o meno!) dello stesso sarebbe interessante accertare se, in regime di assicurazione esterna, ci fossero elementi significativi di differenziazione in merito alle capa-cità di affrontare con successo un’azione risarcitoria.Rispetto al nuovo regime di autoassicurazione le poten-ziali disequità, specialmente legate alla fase di rivendica-zione del danno e dell’entità della sua liquidazione, sono aumentate o diminuite?Sicuramente quello che va evitato è che i risparmi (effettivi o potenziali) connessi ad un nuovo sistema assicurativo portino ad un aumento delle disuguaglianze stesse, sca-ricandosi cioè sulle spalle della componente più debole della società.

Autoassicurazioni e medicina difensivaLa medicina difensiva si verifica quando i medici ordi-nano test, procedure e visite, oppure evitano pazienti o procedure ad alto rischio, principalmente (ma non neces-sariamente) per ridurre la loro esposizione a un giudizio di responsabilità per malpractice. Quando i medici pre-scrivono extra test o procedure per ridurre la loro espo-sizione a un giudizio di responsabilità per malpractice, essi praticano una medicina difensiva positiva. Quando essi evitano certi pazienti o certe procedure essi prati-cano una medicina difensiva negativa. (OTA, Office of Technology Assessment, USA).È importante ricordare che a fronte di circa 2 miliardi di euro riportati come possibile entità complessiva dei costi

Verso un nuovo modello di autoassicurazioneIl Servizio sanitario pubblico deve indicare in modo chia-ro ed esplicito quali siano le priorità. Risparmiare soldi/contenere i costi o far aumentare la sicurezza dei pazienti (ridurre i rischi e limitare i danni) non sono inconciliabili ma possono contrapporsi ad esempio in fase di ridefini-zione dei flussi informativi (e rispettiva rilevanza): al li-mite, provocatoriamente, se si fosse capaci di ridurre gli indennizzi a “zero” non ci sarebbe forse più bisogno di intervenire sui rischi?Naturalmente esistono delle vie di mezzo, come in pas-sato la presenza di franchigia avrebbe dovuto indurre/stimolare il coinvolgimento diretto della struttura sanita-ria (e quindi indirettamente il suo interesse alla rimozione delle situazioni di rischio!) adesso potrebbe configurarsi un sistema misto di autoassicurazione per eventi avversi “medio/piccoli” riservando all’assicurazione esterna la copertura degli eventi “catastrofici” mediante l’introduzio-ne di modelli di gestione “self retention” che ottimizzino il rapporto fra le parti e valorizzino adeguatamente, in termini di premi assicurativi, i risultati ottenuti in tema di rimozione dei rischi (cosa questa che invece non è avve-nuta in passato!).Quello dell’autoassicurazione è davvero un mercato sui generis in quanto non sussistendo più un premio da far pagare quale sintesi del processo di analisi sui rischi, sui danni reali e su quelli reclamati quale significato nuovo assume il “fair price” (prezzo equo) a livello di operatore e/o di struttura operativa? Può costituire un indicatore sin-tetico di rischio “eccessivo” (score che quantifichi l’entità di rischio rimuovibile, standardizzato e confrontato con un benchmark) utilizzabile, per un giudizio di performan-ce, in sede di valutazione del personale e/o degli ammi-nistratori, una volta “sterilizzata” la fase di quantificazio-ne economica del danno. Rimane sempre il problema se tale quantificazione sia più utile per incentivare (premi ai “migliori”) o per disin-centivare (penalizzazioni ai “peggiori”) oppure sia più opportuno rovesciare la tendenza con una maggiore al-locazione di risorse/formazione concentrate proprio sui punti e/o operatori più critici!A livello regionale è invece di indubbio interesse arriva-re ad un ”fair price” globale (quale premio assicurativo si dovrebbe pagare per coprire i rischi dell’intero siste-ma sanitario regionale) e soprattutto stimare la massima perdita potenziale in condizioni estreme, fornendo alla Regione elementi conoscitivi indispensabili per un ade-guato accantonamento di risorse mediante la costituzione di specifiche riserve attuariali, anche se trattandosi di ac-

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• All’orientamento del legislatore di concentrare la re-sponsabilità civile dei casi di malpractice sulle strutture sanitarie limitando invece quella dei medici: perché si ridurrebbe la compagine dei soggetti verso cui in-dirizzare le pretese risarcitorie in caso di danno e si indurrebbero i medici ad una minore soglia di atten-zione, diligenza e perizia con evidente pericolo per i pazienti.

• A limitare l’esercizio della rivalsa nei confronti dei me-dici ai casi di dolo o colpa grave ciò che potrebbe fa-vorire ulteriormente il rischioso processo di derespon-sabilizzazione professionale del personale sanitario.

• A ridurre il termine prescrizionale da 10 a 5 anni per-ché costituirebbe una riduzione drastica degli spazi di tutela del cittadino.

• A disciplinare per iscritto il contratto tra medico e pa-ziente, perché secondo loro è sufficiente l’obbligo ge-nerale di protezione del professionista nei confronti del paziente sancito dalla magistratura.

La XII Commissione parlamentare - Affari sociali della Ca-mera dei Deputati, a sua volta, ha così sintetizzato, rece-pendole da varie proposte di legge, le richieste avanzate dagli operatori:1. Approvazione delle Tabelle ex art.138 (valorizzazio-

ne delle c.d. lesioni macro-permanenti, quelle superio-ri al 10% di percentuale di invalidità) con una quanti-ficazione del danno in linea con gli standard europei.

2. Riduzione a 5 anni dei termini di prescrizione per i danni da Medical malpractice

3. Istituzione di unità di risk management a livello regio-nale (e aziendale).

4. Istituzione di sedi di conciliazione obbligatoria.5. Definizione del perimetro della responsabilità civile e

della responsabilità penale degli operatori sanitari.

Prime considerazioni conclusiveÈ indubbia la rilevanza della problematica e la sua po-tenzialità “esplosiva” dato che finora si è assistito ad una netta insufficienza delle cautele messe in atto per arginare il fenomeno di cui sottolineiamo:• una sorta di confluenza di interessi divergenti per cui

le compagnie d’assicurazione non hanno più interesse a rimanere sul mercato (a fronte di perdite che maga-ri saranno anche “gonfiate” ma appaiono comunque rilevanti!) e le Regioni vogliono sostituirsi ad esse con l’intento da un lato di risparmiare, almeno nel breve termine, e dall’altro di ridurre i rischi e quindi di con-tenere i danni a medio-lungo termine;

• che sembra improprio che il SSN si debba occupare

riconducibili alla sfera assicurativa medica si contrappon-gono (come riportato in convegni, interviste ed indagini parlamentari) cifre indicative fra i 10 ed i 13 miliardi riferibili alla medicina “difensiva”.Ne viene come conseguenza che quando si valutano le implicazioni connesse ad una scelta in tema di assicura-zione medica (con particolare riferimento alla promozio-ne delle attività di risk management) occorre tener conto, massimamente, dei possibili e rilevanti riflessi che questa può avere nella riduzione di tali costi indiretti.Va anche aggiunto che in un’ottica più ampia di com-portamenti medici difensivi può ascriversi anche l’altera-zione delle informazioni riportate nella documentazione medica (anche di valore legale come la cartella clinica) al fine di nascondere l’effettuazione di manovre/inter-venti/procedure sconsigliati (se non addirittura proibiti!) che potrebbero costituire elementi negativi in un giudizio di responsabilità civile e/o penale. La “via di fuga” è rappresentata dalla possibilità di riportare solo successi-vamente (ad es. per i CeDAP l’obbligo di compilazione è entro 10 giorni dalla nascita) o addirittura alterare a posteriori l’informazione mentre sarebbe necessaria una registrazione in “tempo reale” e l’obbligo di consegna della documentazione medica del ricovero al momento/atto della dimissione del paziente: ciò fornirebbe una ben maggiore garanzia di qualità dei dati, anche come ele-mento di prova in sede giudiziale.

Il ruolo della magistratura, dell’avvocatura e della politicaSi assiste da un lato all’accumulo di cause civili, che contri-buiscono con 30000 liti ogni anno ad un contenzioso che ha raggiunto al 31/12/2010 oltre 3.800.000 casi pen-denti, e dall’altro ad un numero abbastanza rilevante (stima MARSH circa il 5% delle denunce di sinistro) di cause penali (spesso intentate come “apripista” rispetto alla causa civile) che solo nell’1% di casi conducono alla condanna.Con l’autoassicurazione si potrebbe aprire inoltre un nuovo terreno di scontro per le azioni di rivalsa (esclusa, per la colpa lieve ma non per il dolo e la colpa grave, dall’art.3 del Decreto Balduzzi): infatti se il sinistro veniva pagato dall’assicuratore non si configurava esplicitamen-te un danno erariale (non essendoci un esborso pubbli-co aggiuntivo), mentre in regime di autoassicurazione il risarcimento risulta in corrispondenza biunivoca con l’o-perato di un singolo o di una èquipe, causando quindi direttamente un danno economico all’Azienda. A loro volta gli avvocati, tramite il Consiglio nazionale forense, si dichiarano contrari:

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655N. 206 - 2015 Assicurazioni sanitarie

8/11/2012 n. 189.

Giardiello R, Tartaglia R, Borsari G. Percorsi di risoluzione alter-nativi al contenzioso giudiziale. Toscana Medica 2/12, 2012.

Marchi M, Acanfora L. Le statistiche sanitarie correnti: queste sconosciute!. Epidemiol Prev 2013;37;308-15.

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Tartaglia et al. Eventi avversi e conseguenze prevenibili: studio retrospettivo in cinque grandi ospedali italiani, Epidemiol Prev 2012:36;3-4.

Marchi & Acanfora su Epidemiologia e Prevenzione

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http://www.erroredelmedico.it/news-view.php?i=320

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=22946

NSIS_SSW.MSW_PROGR_SIMES_MTR

di temi di cui non ha le competenze e che le vada acquisendo dall’esterno oltre a riconvertire professio-nalità interne, che potrebbero essere invece utilizzate per ottimizzare il rapporto con assicuratori esterni;

• che alcuni punti chiave per la ridefinizione della pro-blematica sono in mano ad attori “terzi”:1. Potere legislativo per la ridefinizione della respon-

sabilità civile e della normativa sul rischio biologi-co, sulla durata della decadenza per il risarcimen-to, ecc.

2. Potere giudiziario per la definizione delle respon-sabilità e la determinazione dell’entità dei risarci-menti evitando la via stragiudiziale (vedi in propo-sito anche ruolo dell’avvocatura).

3. Mass-media per la sensibilizzazione dei pazienti che abbiano subito un evento avverso inducendoli a richiedere un risarcimento/indennizzo.

Occorre che le parti in causa (Conferenza Stato-Regioni, Ania, Agenas, Magistratura) mettano in piedi un tavolo di discussione/valutazione comune evitando che le varie realtà regionali (nelle loro peculiari diversità!) si muovano in ordine sparso, fino ad un “punto di non ritorno” con soluzioni contraddittorie e potenzialmente pericolose per le future finanze pubbliche!

Riferimenti bibliografici:

Ania. Malpractice, il grande caos, Dossier 2 Luglio 2014.

Bellandi T, Tartaglia R. Rapporto Ania. Alcuni chiarimenti sulla gestione dei sinistri in Toscana, Studi e Analisi-Quotidiano Sani-tà, 2 agosto 2014.

Decreto “Balduzzi” D.L. 158/2012, convertito in Legge

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656 Formazione, certificazione professionale e MOOCs N. 206 - 2015

MonografiaFormazione, certificazione professionale e MOOCsa cura di Silvia Falsini, Benedetta Novelli, Luigi Tonelli

Presentazione

Nell’attuale contesto dei sistemi pubblici parlare di formazione in termini di sviluppo, di nuove meto-dologie, di certificazione sullo stato di soddisfacimento del debito formativo e pensare alla formazione come uno degli strumento adeguato per affrontare le sfide del Sistema sanitario significa interpretare la formazione come investimento sulle risorse umane.Nelle strutture sanitarie il capitale umano è centrale per garantire al cittadino un livello di servizio efficiente ed efficace, quindi la formazione rappresenta uno dei motori essenziali per gestire il cambia-mento organizzativo e per valorizzare il livello delle competenze dei professionisti.Con questa idea abbiamo pensato ad un nuovo numero di Salute e territorio sulla formazione in sanità.In passato sono stati pubblicati tre numeri sulla formazione: nel 2008 “La formazione continua in me-dicina”, che ha fornito un panorama importante sullo stato di applicazione del sistema ECM in Italia, nel 2011 “La qualità della formazione “che ha focalizzato l’attenzione sull’attività della Commissione Nazionale Formazione Continua e delle sue sezioni arricchita da contributi regionali, nel 2013 “Sa-nità: investire in formazione” che rappresenta uno sviluppo sull’attività della Commissione Nazionale Formazione Continua insieme a esperienze formative di livello regionale di particolare rilievo.In questa monografia si è voluto invece offrire spunti di riflessione sulla formazione in sanità in termini di metodologie innovative-simulazione, FAD, MOOCs- di strumenti che possono essere di supporto al professionista e alle Aziende come il dossier formativo, e inerenti tematiche centrali per i professionisti sanitari, quali la valutazione dei curricula formativi e la loro certificazione.

Stefania SaccardiDiritto alla salute al welfare e all’integrazione socio-sanitaria

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657Formazione, certificazione professionale e MOOCsN. 206 - 2015

Gianluigi TrianniMedico Sanità pubblica, Modena

già Direttore sanitario AO Careggi, Firenze

AbstractL’autore, richiamatine preliminarmente i diritti costituzionali inerenti, illustra sinteticamente etimologia ed evoluzione storica della didattica della medicina sino all’attuale epoca di terza rivoluzione industriale e di globalizzazione. L’auspicio della diffusione dell’e-learning, di cui i MOOC sono parte, nella didattica della medicina è occasione per considerazioni sulla opportunità dell’incremento numerico e della modifica dello stato giuridico del personale universitario, sulla integrazione tra assistenza, didattica e ricerca e sui relativi impatti sull’organizzazione di Università e SSN.

Opinioni, auspici (e citazioni) a proposito di didattica

della medicina

termini che compongono la preposizione “didattica della medicina”, ed a cenni della rispettive evoluzioni storiche. Il termine «medicina» deriva dal latino “medicus”, medi-co, che a sua volta deriva da “medeor, mederi”, «rimedia-re», ma in senso più stretto «medicare» «risanare, curare, aver cura». Il medico era un uomo che aveva come sola risorsa quella di aver cura di altri uomini, ricevendone in cambio un obolo di riconoscenza. Senza lucrare, forniva egli stesso il medicamentum. Chiunque avesse avuto biso-gno del suo aiuto, poteva trovarlo, a ogni ora del giorno e della notte, nella taberna medica, una bottega a metà strada tra l´ambulatorio e il dispensario 1. Se nel corso dei secoli la medicina, il «risanare, curare, aver cura» da pratica è stata “promossa” a scienza, e il mestiere a “professione”, negli ultimi decenni quella medicina è esplosa in un “insieme di scienze” e quel mestiere in un “insieme di professioni” finalizzate alla tutela della salute.Questi ultimi decenni, infatti, sono stati quelli della terza rivoluzione industriale, quella dell’informatica, delle bio-tecnologie e dei nuovi (e nano) materiali, che iniziatasi “in sordina” nel secondo ‘900 post bellico si è svilup-pata “a valanga” nell’attuale inizio del terzo millennio, ed appare addirittura prossima alla sostituzione/ampli-ficazione da parte di una quarta rivoluzione industriale, caratterizzata dall’affermarsi di “sistemi ciber-fisici” nei

Chi esprime le opinioni, gli auspici (e le citazioni) che seguono non è esperto di didattica medica, della quale è invece semplice “utente indiretto” e “committente” in virtù dei diritti che la Costituzione riconosce a ciascun cit-tadino, potenziale paziente e interessato comunque alla salute del “prossimo sociale” come elemento costitutivo della sua propria salute. Più in specifico è un utente ed un committente “relativa-mente informato”, in virtù di un passato di igienista ospe-daliero che ha esercitato funzioni di direzione sanitaria e generale in ospedali universitari e non ed in aziende usl. In estrema sintesi potremmo definire i predetti diritti co-stituzionali come il diritto alla salute e, in via correlata e dipendente, alla qualità delle cure, che è funzione anche della qualità dei professionisti della salute, a sua volta correlata alla qualità della loro formazione universitaria e post universitaria e del loro aggiornamento.Non è questa la sede per progredire nella disamina di tali diritti ma è bene che tutti i “coinvolti” nella didattica medi-ca, pubblica ma anche non, si rammentino che agiscono sul terreno dei diritti costituzionali, vincoli ed opportunità su-premi (!), prima che su ogni altro terreno, a cominciare da quello del mercato, sbandierato come “moderno” in questi tempi di liberismo “costituzionalmente irresponsabile”. Al fine di richiamarne la “onnicomprensività” e la “per-vasività” non è forse inutile rifarsi all’etimologia dei due

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658 Formazione, certificazione professionale e MOOCs N. 206 - 2015

realtà da un insieme “disparato” di scienze, discipline e professioni, e sono espletabili, e da espletarsi, in un “setting assistenziale”, nonché di formazione e ricerca clinica, olonico-virtuale (virtualmente unico) che ingloba Ospedali, sempre meno “ospitali/alberghi” e sempre più centri di sofisticata tecnologia diagnostico-terapeutica e di riabilitazione, e “territorio”, l’insieme di poliambulatori polispecialistici decentrati e dei domicilii, comuni o per-sonali, dei pazienti, interconnessi da quei sistemi di ICT, tecnologia della comunicazione delle informazioni, che costituiscono il substrato materiale della e-health. Ma le nuove tecnologie della comunicazione e la corre-lata globalizzazione reale e potenziale del sapere scien-tifico, oltre a quelle dei capitali, della produzione e della distribuzione, comprese quelle di attrezzature sanitarie e farmaci, hanno già prodotto una globalizzazione an-che delle attività assistenziali. Già oggi esistono, infatti, reti globali su “patologie rare” che consentono di defini-re linee guida sulla base della messa in rete delle varie casistiche cliniche. Non c’è dubbio che la attuale “per-sonalizzazione” diagnostico terapeutica, nell’area delle patologie ad alta epidemiologia, possa consentire nel prossimo futuro reti diffuse mirate a specifiche caratteri-stiche del paziente. Didattica deriva dal greco “di-dach-è”, insegnamento. Dalla stessa radice sanscrita “dic” e della antica lingua dei parsi persiani “dakhsc”, che si rafforzano reciproca-mente e che entrambe hanno il senso di mostrare, de-rivano i termini greci “di-dasco”, insegnare, “di-dax-is”, lezione, e “deknnyo”, indico, ed i termini latini “doc-eo” insegno e “disco” apprendo. È nel tardo latino che in luogo di “doc-eo” si afferma il termine “insignare” composta  da  in- (intensivo) e da signare nel senso di “mostrare, spiegare”. “Anche se si tratta di una concezione che ancora perdu-ra e addirittura sembra risultare predominante, tuttavia si deve riconoscere che essa risulta infondata, in quanto l’apprendimento non viene più concepito come un pro-cesso passivo di colui che offre al docente la sua  tabu-la rasa  perché egli vi segni (incida) le conoscenze.  (a) … L’insegnante non è colui  che imprime le conoscenze nella mente dell’alunno, universalmente considerato non più passivo ma sempre attivo, ma è colui che crea le si-tuazioni di apprendimento, i contesti di apprendimento, le esperienze che gli alunni possono effettuare per risco-prire, reinventare, ricostruire i concetti“…” L’insegnare è ancora tradurre in “segni” (in-signare), ma con la preci-sazione che: a) i segni possono essere concreti (comuni e strutturati),

processi industriali, cioè dall’inserimento nei lavori svolti dagli esseri umani di macchine intelligenti e connesse a internet. Tra gli altri aspetti da sottolineare, e di cui prender atto, c’è il fatto che, ormai come in ogni ambito delle attività umane, anche in quello “medico” o “della tutela della salute” l’evolversi delle conoscenze e delle competenze ha raggiunto una tale dimensione quantitativa ed una tale complessità, peraltro in costante espansione (!), da non potere essere più espletate da singoli “dotti”, (e quindi neppure insegnate da singoli “docenti”!), ma da necessi-tare di una “pluralità di professionismi e di competenze”, quindi di soggetti “dotti” (e di “docenti”!). Anzi di più, nei fatti non solo si è passati da un “dotto” ad una “pluralità di professionismi e di competenze”, ma si è verificata una sorta di inversione di senso che potrebbe ri-chiamarsi alle differenze fra induzione e deduzione: men-tre la medicina sino ad oggi ha proceduto dal generale al particolare, vedi il formarsi delle specialità, la medicina che si sta affermando procede, e sempre più procederà, dal particolare al generale. Già oggi, più o meno con-sapevolmente, sono i cultori delle specifiche patologie e delle specifiche tecnologie diagnostico-terapeutiche, i “su-perspecialisti”, a dover/saper gestire, “in team”, per le specifiche competenze acquisite non altrimenti reperibili presso altri specialisti “generalisti”, i problemi e gli impat-ti clinici generali rispetto ai quali le scelte diagnostiche e terapeutiche della specifica patologia/tecnologia di loro pertinenza dovranno essere modulate. Si pensi al caso dei percorsi assistenziali diagnostico-terapeutici (diabete. BPCO, Ipertensione ecc) che sono in buona parte costruiti su quadri morbosi che coinvolgono diversi professionisti, di diverse discipline, di diversi setting assistenziali, e sono sul piano organizzativo la massima garanzia di efficacia da poter /dover fornire ai pazienti, per i quali sono inol-tre, insieme all’accesso alle cure, la principale richiesta inesaudita. E ciò vale anche per i pazienti pluripatologici e di età avanzata.Si è passati nei pochi decenni del ‘900 da una scienza “ed una tecnologia” della salute espletabile da un sin-golo medico-chirurgo, espressione usata ancor oggi ma non più corrispondente alla realtà, operante a domicilio ed in “ospitali” premoderni con l’aiuto di “addette/i agli infermi” senza specifica cultura che non derivasse dalla sola esperienza pratica, all’epoca in cui esse sono sta-te espletabili solo in grandi ospedali (ed in grandi po-liambulatori) caratterizzati dalla specializzazione di me-dici, infermieri e tecnici sanitari, all’epoca attuale nella quale la scienza e la tecnologia della salute costituite in

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apprendimento) si intende l’uso delle tecnologie multime-diali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendi-mento facilitando l’accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione (creazione di comunità virtuali di apprendimento). (CEC 2001). Si è passati dalla didattica “frontale” alla didattica a di-stanza. “Dopo i primi tanto entusiastici quanto acritici approcci al modello, sostanzialmente caratterizzato dall’accesso a contenuti multimediali ed ipertestuali via internet, con i primi fallimenti di tale semplicistico approccio ai problemi dell’apprendimento, si sono avviate riflessioni, ricerche e concettualizzazioni che hanno portato a nuove pratiche di usi didattici delle tecnologie, tutte caratterizzate dalla focalizzazione sull’apprendimento più che sulla tecnolo-gia e sull’utilizzo delle tecnologie non come sostitute di strumentazione analogica ma per quelle loro peculiari caratteristiche che possono migliorare l’apprendimento. Questo spostamento progressivo può essere letto come articolato in quattro tempi:• Il passato: e-learning o delivery mode• Il presente: Collaborative & Networked learning• Il futuro prossimo: Connected learning• Il futuro remoto: Immersive learning” 3 Nel senso risultante dalla combinazione tra le etimologie e le definizioni di cui sopra la didattica medica ovvero il processo di promozione dell’apprendimento delle scienze e delle tecnologie della salute opera come obbiettivo non solo delle Università ma anche delle aziende sanitarie, pubbliche e private, sia nei confronti dei professionisti che dei pazienti, e per lo stato ed il suo servizio sanitario na-zionale, anche per l’insieme dei suoi cittadini.È questo un contesto di docenza/apprendimento, al pari di quanto avviene nel resto del “mondo naturale e socia-le”, nel quale convivono forme passate e forme future, in un equilibrio che si sposta dal passato al futuro, talora in forma lineare e continua tal’altra in forma di rottura e di discontinuità.Considero forma passata di docenza, e di organizzazio-ne della docenza, la “lezione ex cathedra”. Sino agli ultimi decenni dello scorso secolo le lezioni “ex cathedra”, magistrali quelle dei grandi clinici (Giunchi, Coppo, Neri Serneri ecc) erano sostanzialmente l’unica forma di docenza ed erano adeguate a trasferire nozioni e metodologia clinica dell’epoca; oggi, agli albori del terzo millennio, permangono nei fatti, ma nei fatti sono finite. Considero forma nuova di docenza, e di organizzazione della docenza, la didattica tutoriale.

virtuali, iconici e simbolici; b) i segni debbono essere utilizzati, non tanto dagli in-

segnanti, quanto dagli alunni per scoprire, inventare, costruire i concetti (problem solving), auspicabilmente nella forma del lavoro di gruppo (cooperative lear-ning). Questo significato dell’insegnare vale per tutte le discipline … si articola in diversi momenti (motiva-zione, progettazione, ricerca, consolidamento, verifi-ca, recupero, approfondimento ed arricchimento) 2.

L’apprendimento, a sua volta, consiste nell’acquisizione o nella modifica di conoscenze, comportamenti, abilità, valori o preferenze e può riguardare la sintesi di diversi tipi di  informazione, si da acquisire nuove modalità di agire o reagire, per adattarsi ai cambiamenti dei contesti ambientali, compresi i contesti relazionali.Lasciando alla psicologia ciò che è della psicologia ed avvicinandosi ai temi della salute non può non osservarsi che l’apprendimento riguarda prevalentemente gli adulti e quindi la “tecnologia” di insegnamento da prediligere dovrebbe essere l’Andragogia, da “aner andros”, uomo, adulto, e “ago” condurre, insieme di tecniche di insegna-mento che già nel XIX secolo si iniziarono a formulare sulla base della considerazione che cambia con gli anni la curva dell’apprendimento e che esso negli adulti si con-figura come un processo di ricerca attiva più che come una ricezione passiva di contenuti.In relazione all’espressione “didattica della medicina” è banale, ma vincolante, l’osservazione che accanto ad una storia della medicina della sua scienza e delle sue tecnologie, tema che diamo per scontato sia presente a chi legge, esiste una storia della tecnologia della parola, cioè dei sistemi di comunicazione e delle relative tecno-logie e ciò anche in ambito didattico, potendosi quindi identificare una storia, ed una attuale precipitosa evolu-zione, delle tecnologie didattiche.Basti pensare al, tanto lento quanto di eccezionale impor-tanza, passaggio dalla “tradizione orale” del sapere agli albori delle civiltà alla trasmissione scritta data dall’incon-tro tra la parola e la scrittura e dall’evolversi di quest’ulti-ma dalla manualità alla stampa. Si pensi che nell’università medievale, la chirografia, oggi così largamente soppiantata dai “bit” prodotti da tastiere anche virtuali, induceva il docente ad esporre o a leggere ad alta voce un testo, in latino “lectio” da cui lezione, sì che i discenti potessero riprodurre sulle loro pergamene sotto dettatura, testi e concetti esposti dal docente.Quanta distanza dall’e-learning, reso possibile dalla pre-detta terza rivoluzione industriale e definito dalla Comuni-tà Europea “Per e-learning (o apprendimento online, o tele

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discente “adulto” (cfr. andragogia) possa acquisire “sa-pere” attraverso un’attività di elaborazione dei “saperi” “supervisionata” dal relatore, come “supervisionata” dal relatore è la esposizione di una sua propria tesi, che in qualche modo testimonia e forma il suo “saper fare”. Se a ciò si aggiunge che ormai per l’espansione e la com-plessità dei saperi non solo le grandi scoperte ma anche i semplice miglioramenti del bagaglio di conoscenze e competenze di ciascuno e delle equipes di studio e lavo-ro si fanno negli interstizi tra i settori del sapere nel loro intreccio e non all’interno dei blocchi disciplinari chiusi si coglie come in un modo di produzione e di uso del sapere che non può essere più autosufficiente, il sapere stesso dipende dalle interrelazioni con il prossimo, con gli altri “professionisti” e quindi dalla fondamentale ca-pacità di “saper essere”, di saper restare in relazione con il mondo.E ciò è ormai esperienza diretta di tutti i professionisti che operano per la salute.Nel giuramento di Ippocrate, l’attività assistenziale, l’atti-vità di ricerca e la didattica sono già integrate nella figu-ra del Maestro. Nel terzo millennio il Maestro è plurimo e globale ed è mediato da un tutor/teacher, anche e-.Ma la didattica “tutoriale” ha altre due dimensioni di attualità: una riguarda le disponibilità tecnologiche e l’altra l’insufficienza del corpo docente universitario e del suo attuale stato giuridico. Entrambe le dimensioni possono essere presentate qui solo in forma di auspicio e di esigenze.È del tutto evidente che ad un’attività clinica globalizzata basata sulla ICT, tecnologia della comunicazione delle informazioni, consegua, in integrazione tra assistenza, didattica e ricerca applicata, l’affermarsi di una didat-tica tutoriale che costruisca competenze per trasmettere nozioni e prassi cliniche con il supporto dell’ICT.Tutto questo vale sia per la formazione dei professionisti della salute, non certo solo i medici, ma anche per le at-tività di aggiornamento che accompagneranno per sem-pre l’attività dei professionisti ed anche per la gestione clinica degli stessi pazienti non più oggetto passivo del sapere e dell’agire medico ma soggetto attivo e compe-tente, “formando ed “informando” sulla prevenzione /profilassi/ terapia e rieducazione delle sue patologie. Ciò non si limita al semplice apprendimento ma si esten-de alla produzione del “materiale didattico” che pro-viene dalla sperimentazione clinica applicata quindi da quel processo di valutazione e controllo delle innova-zioni assistenziali che a sua volta produce innovazione clinica e materia didattica.

Il  termine tutor deriva dal latino  tutari, intensivo del ver-bo tuéri, che significa “proteggere, difendere, custodire”. In Inghilterra tutor è stato utilizzato a lungo anche come sinonimo di istitutore privato. Oggi si può definire, (Tren-tin - 2004) “il gestore di processi educativi, spesso di tipo collaborativo, basato sull’uso intensivo di tecnologie tele-matiche”.“L’e-tutor, in effetti, non è un semplice tutor, ma necessita di una preparazione in tutto simile a quella di un docen-te esperto della materia. In alcuni contesti, infatti, l’e-tu-tor costituisce il principale interlocutore per gli studenti e li assiste nel percorso formativo fornendo loro un suppor-to didattico oltre che disciplinare e gestendo le attività e le relazioni all’interno della community. Competenza e preparazione nella propria materia di insegnamen-to, capacità di relazionarsi con gli studenti, conoscen-za delle dinamiche di gruppo ed esperienza didattica sono, o dovrebbero essere, caratteristiche fondamentali di ogni docente, la cui formazione si perfeziona non solo attraverso lo studio teorico, ma anche grazie alle esperienze d’insegnamento in modo ricorsivo e conti-nuo… all’interno di un corso di specializzazione in un ambito disciplinare specifico e circoscritto le due figure (docente e tutor) potrebbero coincidere poiché il tutor/docente potrebbe possedere un’approfondita conoscen-za della materia d’insegnamento e, allo stesso tempo, le competenze psico-pedagogiche e tecniche necessarie allo svolgimento di attività online. Diversamente avviene invece in un corso multidisciplinare, quale ad esempio un corso di laurea, che presenta diversi insegnamenti in discipline differenti per le quali un solo tutor o docen-te non può fungere da esperto della materia. In questo caso, infatti, è necessario distinguere le funzioni per la-sciare ai docenti le competenze scientifiche e al tutor quelle relazionali e gestionali. Per quanto riguarda la supervisione e gestione di attività collaborative come fo-rum, web conferencing, project work di gruppo, ecc., il compito dovrebbe essere assegnato ai docenti stessi o ad altri esperti divisi almeno per macro-aree disciplinari, in modo da poter fornire sempre un feedback competen-te e puntuale su questioni scientifiche.” 4

Tale didattica “tutoriale” del presente e del futuro ha un antesignano, nel passato, nella redazione delle tesi di laurea nelle quali la funzione di “tutor” era/è assolta dal relatore. Nell’ambito di quella “relazione profonda” do-cente/discente, che comunque è condizione di efficacia di ogni attività di docenza e favorisce ogni attività di ap-prendimento, la redazione delle tesi di laurea esemplifi-ca come la didattica tutoriale abbia il vantaggio che il

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tegrata per “aggregati disciplinari e professionali”, per “aree logistiche e macro funzioni” e per “obbiettivi di sa-lute/mercato” rappresentata nella figura di seguito ma anche l’integrazione tra assistenza didattica e ricerca 6.Auspicio dello scrivente è anche che si prenda atto che gli insegnamenti e gli apprendimenti della scienza del-la salute sia nella dimensione universitaria che in quel-la dell’alta formazione professionale ormai si espletano anche, e saranno sempre più espletabili ed espletan-di, “fuori dalle mura dell’ospedale” e quindi anche le funzioni universitarie si espletino uscendo “dalle mura dei pochi ospedali universitari” per estendersi a tutti gli ambiti delle strutture ospedaliere e non del servizio sanitario nazionale. Altro che smantellamento e definanziamento di Università e SSN.In tale contesto la complessità della funzione tutoriale, con il tempo che la stessa richiede, comporta un totale disallineamento della funzione didattica da quella di dire-zione delle attività esistenziali e di direzione delle attività di ricerca! La funzione didattica, così estesa e comples-sa, porta con se l’esigenza di una funzione manageria-le dell’attività didattica, che dovrà essere coordinata e interagente con le funzioni manageriali dell’assistenza e della ricerca.

In questo senso vanno visti i MOOCs (Massive Open Onli-ne Courses), una delle forme di e-learning, necessariamen-te facilitati da una funzione di tutor necessaria sia nella prima formazione che nell’educazione professionale. Ed è la funzione di facilitatore “tutor” che porta alla secon-da dimensione su accennata circa l’inadeguatezza tanto numerica che giuridica del corpo docente universitario dedito alla scienza della salute, rimandando l’approfon-dimento del tema del rapporto tra società della conoscen-za globalizzata ed università al recentissimo “L’università nel XXI secolo” di M. A. Garito, ed alla appassionata prefazione di P. Prodi 5.Nell’attuale specifico dell’insegnamento universitario del-la medicina da un lato è evidente che la dialettica tu-toriale del presente e del futuro comporta un rapporto “teacher/tutor-discente” basato su piccoli numeri. Ne consegue la necessità di molti teacher/tutor. È chiaro che se si deve, come è opportuno, puntare alla qualità – ov-vero ad efficacia ed efficienza – della funzione teacher/tutor, occorre selezionare professionisti adeguatamente formati. Pertanto, per approdare all’attualità, un numero di docenti universitari di scienze della salute, incompara-bilmente superiore a quella attuale.Nelle organizzazioni sanitarie contemporanee è nei fatti operante già oggi l’organizzazione tridimensionale in-

Figura 1.

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Bibliografia e Sitologia1 G. Cosmacini, La lunga storia del medico. Editori Laterza 2011.

2 U. Tenuta, Insegnare ed apprendere. Rivista Digitale della Di-dattica http://www.rivistadidattica.com/

3 G. Marconato, La breve storia delle tecnologie digitali, in “Le tecnologie nella didattica”, Erikson, 2009.

4 C. Chioccia, E-tutor o e-teacher? Ricerca & Tecnologia n.5, 2002.

5 M.A. Garito, L’università nel XXI secolo, prefazione P. Prodi, McGrow-Hill Education, 2015.

6 G. Trianni, La progettazione organizzativa in Sanità. Salute e Territorio, Anno XXXVI, Fascicolo 204, 2015.

Tale attività manageriale neppure può essere sovrappo-sta e identificata, ma solo correlata e interagente con le funzioni di management assistenziale e di ricerca di base ed applicata, già oggi esuberanti per i veri ricercatori e assorbenti la loro energia intellettuale. Queste tre dimensioni “manageriali” vanno ovviamente plasmate su multiformi modelli organizzativi, non afferma-te in via burocratica. Per essere più espliciti, basta con il vincolo della direzio-ne delle unità operative (ex primariati) del Servizio sanita-rio nazionale collegato allo status di professore ordinario e con le speciose distinzioni tra docenti ordinari, docenti associati, e ricercatori dediti all’insegnamento. “La didattica della medicina” oggi chiede altro!

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Dalle competenze ai saperi

Achille IachinoDirettore Area pianificazione strategica, verifica e controlli attività sanitaria della Regione Lazio, già

Segretario della Commissione nazionale ECM

AbstractLo scritto si pone come obiettivo quello di mettere in evidenza la necessità di passare da un ECM delle “competenze” ad un ECM dei “saperi”. Prendendo le mosse dalla norma che ha introdotto l’obbligo di formazione continua per i professionisti sanitari, e dopo aver accennato ai diversi livelli di governance del sistema e alla complessità allo stesso sottesa, si passa ad esplicitare il concetto di cui sopra, vagliandone alcuni aspetti di dettaglio che dimostrano la correttezza dell’assunto di partenza.

giusta considerazione gli aspetti peculiari delle diverse realtà 4.Su questo terreno (fertile di spunti ma a volte aspro per contrapposizioni o incomprensioni) bisogna confrontarsi e, migliorando costantemente, agire d’intesa non solo per dettare regole di funzionamento ma anche per definire al meglio contenuti formativi qualificanti da offrire ai profes-sionisti sanitari e, di riflesso, agli utenti del sistema sanita-rio nazionale. È qui che si gioca la partita più importante per l’ECM, che mai come adesso ha bisogno di misurarsi (sfidarsi?) in maniera chiara con tutti gli attori istituzionali che vi operano.Temi importanti sono in attesa (alcuni da tanto tempo) di soluzioni coraggiose e lungimiranti 5, ma c’è un interro-gativo che su tutti merita la massima attenzione se si vuole

4 Non può che leggersi in tal senso il comma 3, dell’art. 16-ter del D.Lgs. 502/92 il quale, dopo che nei commi 1 e 2 ha delineato le attribuzioni della Commissione nazionale ECM, stabilisce: “Le regioni, prevedendo appropriate forme di partecipazione degli ordini e dei collegi professionali, provvedono alla programmazione e alla organizzazione dei programmi regionali per la formazione continua, concorrono alla individuazione degli obiettivi formativi di interesse nazionale (…), elaborano gli obiettivi formativi di specifico interesse regionale (…). Le regioni predispongono una relazione annuale sulle attività formative svolte, trasmessa alla Commissione nazionale, anche al fine di garantire il monitoraggio dello stato di attuazione dei programmi regionali di formazione continua”.

5 Solo per fare qualche esempio: conflitto d’interessi, sponsorizzazio-ni, sanzioni per gli inadempienti, eventi all’estero, ruolo degli Ordi-ni, dei Collegi e delle Associazioni professionali.

A più di quindici anni dall’entrata in vigore della norma che ha introdotto l’obbligo di formazione continua per tutti i professionisti sanitari 1, ci si trova a riflettere su un sistema che ha seguito e sviluppato varie direttrici, supe-rando ostacoli (formali e sostanziali) di non poco momen-to 2. Una realtà in continua e rapida evoluzione, fatta di uomini e istituzioni che, a vari livelli, hanno interagito per far crescere anzitutto la cultura della formazione continua intesa come volano per una reale crescita professionale tanto individuale quanto collettiva.Dal 1999 ad oggi la realtà operativa a cui la legislazione sull’ECM si rivolge è quasi completamente cambiata, così come profondamente mutato è l’assetto normativo che de-clina il riparto di competenze fra Stato e Regioni3. Eppure le regole in questione, già allora, avevano guardato nella giusta direzione, individuando nell’interscambio funzio-nale fra i diversi livelli di governo della formazione la strada da percorrere per trovare la necessaria sintesi fra principi che devono essere uniformi su tutto il territorio nazionale, e regole di dettaglio che sappiano tenere nella

1 Ci si riferisce all’art. 16-bis del D.Lgs. 502/92, introdotto dall’art. 14, D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229.

2 Per avere un’idea, ancorché parziale, della eterogeneità delle que-stioni che la Commissione e la Segreteria ECM hanno affrontato e affrontano, è sufficiente dare una rapida lettura agli avvisi e ai co-municati pubblicati sul sito web http://ape.agenas.it/Home.aspx

3 Valga come imprescindibile esempio la riforma costituzionale del 2001 (legge Costituzionale n. 3), che ha profondamente innovato il riparto di competenze fra Stato e Regioni.

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fessionisti hanno nei confronti dell’operato dei colleghi 7. Tale controllo presuppone certo le competenze, che ne sono anzi il fondamento, ma si esplica soprattutto con quel quid pluris che sono i saperi in quanto consentono al professionista di avere una visione complessiva che sia al contempo globale e di dettaglio. Nuove realtà sociali richiedono e hanno bisogno di nuovi professionisti sanitari. Compito di chi si occupa di forma-zione è anche quello di fare in modo che questi siano all’altezza. Le potenzialità per farlo non mancano, e a questo proposito, astraendoci per un attimo dal campo sanitario, non si può non segnalare in questa sede un dato oggettivo: in virtù di quanto previsto dal D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, un grandissimo numero di pro-fessionisti, a partire dal 2015 (con scadenze diverse a seconda della professione), saranno obbligati a seguire programmi di formazione continua 8. Architetti, assisten-ti sociali, agronomi, geologi, geometri, consulenti del lavoro, giornalisti e pubblicisti, solo per citarne alcuni, sono i professionisti che arrivano, quindici anni dopo le professioni sanitarie, a parlare di formazione continua obbligatoria. Perché questa (apparente) digressione? Per rappresentare, in maniera incontrovertibile, che chi si è occupato e si occupa di formazione in sanità è portatore di un know how che oggi come non mai va messo a frutto, anche rivendicando con orgoglio le scelte fatte che, lo si è visto, hanno precorso i tempi. Sono, quelli che precedono, argomenti di estremo rilie-vo che dovrebbero fare da filo conduttore all’agire della Commissione nazionale e delle Commissioni regionali ECM, chiamate ad uno sforzo di governance comune per tracciare delle linee guida semplici e chiare, modelli ope-rativi che diano alla formazione continua un ruolo trasver-sale rispetto alle competenze specialistiche. È questa la materia da plasmare insieme, il settore di go-verno del sistema che, posto accanto a quello amministra-tivo concernente talune regole fondamentali che devono

7 Vedi, ex multis, Cassazione Penale, sentenza 16 gennaio 2015, n. 2192; Cassazione Civile, Sentenza 23 maggio 2014, n. 11522; Cassazione Penale, Sentenza 5 febbraio 2014 n. 5684; Cassazio-ne Civile sentenza 4 giugno 2013 n. 14024; Cassazione penale, sentenza 11 luglio 2013, n. 29886.

8 Sono oltre un milione i professionisti che, a partire dal primo gen-naio 2014 devono fare formazione continua in virtù della riforma delle professioni avvenuta con il Dpr 137/2012. La norma riguarda quasi tutti gli iscritti a un Albo professionale, con esclusione degli avvocati, il cui aggiornamento è determinato dalla riforma forense, approvata sempre nel 2012.

arrivare a far sentire ancora di più l’ECM come un’esigen-za più che un obbligo: ai professionisti sanitari dobbiamo continuare a chiedere sempre maggiori “competenze”, o ci servono piuttosto i loro “saperi”?La differenza fra i due concetti è ragguardevole, e schiu-de prospettive profondamente diverse per il mondo della formazione continua. Essere competenti, agire in maniera competente, significa anzitutto essere in grado di risponde-re a situazioni complesse in modo adeguato, utilizzando con dovuta proprietà risorse personali e di tipo tecnico spe-cialistico. Significa, in definitiva, essere e agire da esperti. I saperi sono altro. I saperi aggiungono qualcosa alle conoscenze, potenziano le competenze tecniche, affina-no l’esperienza. Consentono di andare oltre il tecnicismo rendendo migliore il professionista. Al di là dell’appren-dimento delle competenze e della capacità di applicarle compiendo anche scelte discrezionali in maniera appro-priata, i saperi implicano consapevolezza (dei ruoli, delle potenzialità, dei limiti, del contesto, dei bisogni, ecc.). In altri termini, sapere qualcosa significa conoscerla ed esserne consapevoli. E quindi responsabili 6.Ecco allora che la formazione in generale, e quella con-tinua in special modo, richiedono nuove declinazioni operative e contenutistiche, indispensabili per il mante-nimento di un ruolo propulsivo rispetto al sistema delle professioni sanitarie e ai suoi innumerevoli corollari. Abbiamo invece di fronte un gran numero di professionisti sanitari e di formatori (provider ma non solo) che punta-no sul particolare, sugli aspetti specialistici della propria attività, smarrendo in tal modo l’immagine d’insieme del sistema in cui operano.Ciò si risolve in un errore strategico, che ha come effet-to un serrare i ranghi sterile e controproducente. Riferi-menti a suffragio di quanto sopra non mancano, e sono reperibili nell’esperienza quotidiana di tutti: si pensi, ad es., ai nuovi assetti organizzativi delle strutture sanitarie, alla sempre crescente consapevolezza (quantomeno no-zionistica) dei pazienti, all’evoluzione delle tecnologie, o all’ormai copiosa giurisprudenza che, occupandosi di responsabilità professionale, non manca di sottolineare la sussistenza di una sorta di controllo “diffuso” che i pro-

6 Anche se non è questa la sede per affrontare la questione (cui co-munque si farà cenno, cfr. nota 7), appare comunque opportuno se-gnalare, lasciando al lettore ogni eventuale approfondimento, che la dualità (non contrapposizione) fra competenze e saperi è argomento che sarà sempre più dibattuto in futuro. Tale affermazione si fonda, in particolare, sulle ultime pronunce giurisprudenziali in materia di responsabilità professionale connesse alle diverse interpretazioni dell’articolo 3 della legge 8 novembre 2012 n. 189 (la cosiddetta legge “Balduzzi”);

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cità di trasmissione di questi ultimi.Non va infatti dimenticato che quello delle professioni sanitarie è un mondo in continua evoluzione, fatto di cer-tezze messe quotidianamente alla prova, in cui si con-trappongono istanze a volte difficilmente conciliabili, un settore dove il fattore risorse umane (con tutto il carico di discrezionalità che ciò implica) è preponderante. Compi-to di chi si occupa istituzionalmente di formazione, sia a livello nazionale sia a livello regionale e provinciale, è dunque anche quello di offrire ai professionisti sanitari la possibilità di attingere continuamente, in una sorta di osmosi costante, alle conoscenze del singolo che si fanno saperi del sistema.Se riusciremo a collocarci in quest’ottica, portando i di-versi livelli di governo dell’ECM a fare fronte comune per la realizzazione di una governance che sappia guardare alla formazione non più come ad un insieme di mecca-nismi (più o meno raffinati) di trasmissione di nozioni ma come fonte rinnovabile di saperi, andremo verso un siste-ma che riconoscerà nella formazione continua il principa-le “bene culturale” delle professioni sanitarie.

essere uniformi su tutto il territorio 9, può trovare il punto di equilibrio fra l’assetto nazionale e quelli regionali e provinciali. Ed è appunto questo il terreno su cui far svi-luppare non solo le competenze ma anche e soprattutto i saperi dei professionisti sanitari.I benefici di quanto sopra sarebbero numerosi. Anzitutto, come detto, in termini di consapevolezza dei professioni-sti sanitari, con tutto quello che di proficuo ne può deriva-re. Un professionista più consapevole è un professionista migliore, più sicuro, meno portato a chiudersi nel perime-tro dell’esclusività e più desideroso di confrontarsi con i colleghi e con i pazienti, in altri termini, un professionista propenso a fare comunità.Ma essere maggiormente consapevoli determinerebbe, oltre che un innalzamento della qualità delle prestazio-ni degli operatori, anche una loro maggiore capacità di trasmettere quello che hanno imparato o, potremmo dire meglio, quello che “sanno”.Ecco un altro aspetto fondamentale, che è senza dubbio il più rilevante corollario del passaggio da una formazione delle competenze ad una formazione dei saperi: la capa-

9 Senza alcuna pretesa di completezza, si possono a tal proposito ci-tare questioni come i criteri di attribuzione dei crediti, i requisiti per diventare provider, le regole sul conflitto d’interessi, le disposizioni sulle violazioni e le sanzioni per i provider, i criteri di riconoscimen-to di eventi e crediti all’estero.

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Il Comitato tecnico delle RegioniRoberta BrennaCoordinatore Comitato tecnico delle Regioni, Coordinamento nazionale formazione continua

AbstractNel corso del 2014, insieme ai colleghi delle altre Regioni, siamo partiti da un’analisi dello stato dell’arte del sistema ECM che, dalla sua implementazione e con gli Accordi Stato-Regione del 2007, 2009 e 2012, comprese le diverse determine della Commissione nazionale, ha raggiunto un livello di produzione normativa ormai consolidato, completandosi anche degli organismi deputati alla programmazione e verifica dei requisiti dei provider (Commissione nazionale e Commissioni regionali) e alla qualità della formazione (Osservatorio nazionale e Osservatori regionali), per concentrarci sul confronto tra i sistemi regionali oggi esistenti e il sistema nazionale, provando ad individuare gli ambiti di miglioramento e sviluppo.

Le prime due considerazioni di ordine generale su cui ci siamo trovati tutti d’accordo prima di affrontare argomen-ti più specifici sono state: 1. La necessità di semplificare l’attuale apparato di di-

sposizioni, regolamenti e procedure che negli anni si sono succeduti e che hanno da un lato sicuramen-te consentito di fornire regole chiare e puntuali per l’attuazione del sistema ECM ma che adesso che il sistema è consolidato richiedono un ripensamento per-ché dall’esperienza sul campo è emerso che questa eccessiva proceduralizzazione fin nelle singole moda-lità operative si è dimostrata a volte troppo rigida e vincolante rischiando di spostare l’attenzione più su aspetti formali che sostanziali.

2. La necessità di arrivare all’armonizzazione dei sistemi regionali con il sistema nazionale ora che il patrimo-nio di conoscenze ed esperienze reciproco è sufficien-temente maturo per mettere a comune denominatore il relativo bagaglio informativo al fine di individuare gli obiettivi sostanziali e gli strumenti adeguati per raggiungerli di cui si vuole dotare il sistema ECM nel prossimo futuro, in un percorso sinergico di lavoro e di confronto tra gli enti accreditanti Regioni/Province autonome, rappresentate nel Comitato tecnico delle Regioni, e Commissione nazionale.

Tutti gli attori del sistema ECM secondo il proprio ruolo e responsabilità (Enti accreditanti, Commissioni, Osserva-tori, provider) nel proprio lavoro quotidiano non devono

Quando, dalla Regione in cui vivo e lavoro, la Lombar-dia, mi è stata proposta a febbraio 2014 la collaborazio-ne al coordinamento del Comitato tecnico delle Regioni insieme al dr. Alberto Zanobini, dirigente della Regione Toscana esperto di ECM, non sapevo ancora che mi si sa-rebbero aperte le porte di un mondo costituito da una rete di professionisti non solo qualificati e competenti, esperti di formazione e storici conoscitori del sistema ECM ma soprattutto – ciò che mi ha più colpito – professionisti motivati ed entusiasti oltre la media. Persone che non si limitano ad applicare norme ma credono nella formazio-ne come strumento concreto di sviluppo delle competenze dei singoli professionisti per migliorare l’appropriatezza e qualità dell’assistenza e la risposta ai bisogni di sa-lute dei pazienti e per questo obiettivo si interrogano e ricercano in modo costante strumenti e modalità anche innovativi che possano contribuire a far crescere il livello di qualità dell’intero sistema sanitario.

Per rendere questo lavoro di dibattito e confronto più cor-retto e completo, abbiamo ritenuto opportuno che agli incontri delle Regioni potessero partecipare anche i fun-zionari di Agenas e del Cogeaps per affrontare in modo approfondito e puntuale il confronto tra i sistemi regio-nali con quello nazionale e consentire quindi che l’indi-viduazione degli ambiti prioritari di intervento avvenisse in modo condiviso all’interno di un percorso comune e integrato.

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dell’evento e apprendimento del professionista e nello stesso tempo “certificabili” perché tradotti in una scala di attribuzione oggettiva e uniforme tanto quanto gli indica-tori puramente quantitativi. Come deve essere unico il sistema di individuazione e at-tribuzione dei crediti così tutti i crediti erogati ai professio-nisti devono poi risultare nel tracciato informatico unico nazionale curato dal Cogeaps e utilizzato dagli Ordini, Collegi e Associazioni professionali per la certificazione dei crediti. Anche qui l’obiettivo sostanziale condiviso è che i crediti erogati al professionista, riportati sull’attesta-to di partecipazione, corrispondano a quelli inseriti nel flusso informatico e certificati dagli organismi competen-ti, in un percorso circolare coerente. Aspetto secondario diventa quindi quello della tempistica di invio dei flussi e del responsabile dell’invio, sia ente accreditante o provi-der: l’importante è che i crediti siano trasmessi secondo il tracciato unico e siano corretti e completi ma potrà essere ogni ente accreditante a definire il titolare dell’invio al Cogeaps e i tempi dell’invio, entro parametri temporali stabiliti ma che possono anche avere un margine di flessi-bilità all’interno del triennio di certificazione. Certezza e completezza del dato è il nostro obiettivo, obiettivo importante non solo per la certificazione del sin-golo professionista che ha ripercussione sull’esercizio del-la sua professione, ma anche per tutti gli enti accreditanti che potranno disporre di una banca dati fondamentale e utilissima per la propria attività istituzionale di program-mazione dei fabbisogni delle professioni sanitarie, della verifica della distribuzione dell’offerta formativa per sin-gola professione sanitaria, dell’articolazione dell’offerta di servizi sul territorio.Lo sforzo è stato appunto quello di concentrarci sui re-quisiti sostanziali del sistema ECM e alleggerire i requi-siti puramente formali. Se il credito formativo non è solo espressione della quantità di formazione ma anche della sua qualità, lo stesso principio si applica atutta la filiera del sistema ECM, a partire dal provider. Quanto più il provider dimostra e rispetta requisiti di qualità, tanto più la formazione erogata avrà un livello qualitativo elevato in tutto il ciclo della formazione (rilevazione del fabbiso-gno, pianificazione, erogazione). Ci si è quindi confron-tati sull’attuale sistema di individuazione dei requisiti dei provider rispetto ad un suo possibile sviluppo. Oggi i re-quisiti per diventare provider si applicano a tutti i soggetti che vogliono entrare a far parte del sistema ECM senza nessuna distinzione se si tratta di soggetti pubblici o pri-vati, oppure soggetti erogatori di prestazioni sanitarie o soggetti non erogatori di prestazioni sanitarie. In realtà

mai perdere di vista l’obiettivo principale che è quello di rendere disponibili per ciascun professionista sanitario gli strumenti più appropriati per consentirgli di mantenere e migliorare nel tempo le proprie competenze di assistenza e cura di fronte a bisogni di salute dell’utenza che cam-biano nel tempo. Il numero di crediti che viene certificato da Ordini, Collegi e Associazioni professionali, atto fina-le del percorso formativo di ogni singolo professionista sanitario, ha proprio questo significato, che è sostanziale e non formale.Da questa considerazione si è individuato un primo am-bito di miglioramento che è stato oggetto di un approfon-dito e meticoloso lavoro di confronto tra i sistemi esistenti, sempre con l’obiettivo della semplificazione e armoniz-zazione: le modalità di individuazione e attribuzione dei crediti formativi. Il credito formativo è l’unità di misura della quantità, qua-lità e appropriatezza del percorso formativo che il pro-fessionista ha svolto e deve poter avere lo stesso peso e significato su tutto il territorio nazionale: per questo ha bisogno di criteri oggettivi per essere definito in modo preciso, inequivocabile e uniforme. L’assegnazione dei crediti deve essere uguale a parità di analoghi percor-si formativi per garantire parità di trattamento a ciascun professionista e per questo deve esistere un unico sistema seguito da tutti gli enti accreditanti.Partendo dall’attuale normativa nazionale sui crediti, che è poi stata importata informaticamente nella traccia unica nazionale a cura del CoGeAps “costringendo” i sistemi regionali esistenti a individuare le differenze e a valutarne il contenuto di sostanza in modo critico e costruttivo, si è progettato un sistema di attribuzione dei crediti in cui il credito continua ad essere individuato come avviene ora in relazione alla tipologia della metodologia forma-tiva (corso residenziale, formazione sul campo, FAD), al numero di ore e al numero dei partecipanti – elementi quantitativi di ordine generale – ma con la possibilità di incrementarne il valore in presenza di elementi di qualità, predefiniti e misurabili in modo oggettivo e uniforme da parte di tutti i provider nazionali e regionali, quali speci-fiche modalità di coinvolgimento dei partecipanti (interat-tività), determinate tipologie di valutazione dell’apprendi-mento, e percorsi formativi collegati ad obiettivi prioritari prefissati. Il miglioramento rispetto all’attuale sistema sarebbe la de-finizione di un credito formativo determinato non solo su indicatori quantitativi generali, quali appunto il numero di ore o deipartecipanti, ma riempito anche di elemen-ti qualitativi coerenti con il grado di qualità/complessità

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tempo la sostenibilità dei costi, variabile anche questa imprescindibile per i provider ECM. L’esperienza che le Regioni portano all’attenzione del sistema nazionale è la rivelazione della formazione sul campo quale modalità facilmente accessibile soprattutto nelle organizzazioni che erogano prestazioni sanitarie ove personale ormai esperto guida la formazione di professionisti neoinseriti, si confronta con propri pari o/e professionisti diversi della rete assistenziale su protocolli/procedure/ comportamen-ti per migliorare le proprie prestazioni, con il risultato di innalzare la qualità del sistema attraverso la valorizzare delle specifiche competenze – spesso di eccellenza – non solo all’interno della propria organizzazione ma anche tra più organizzazioni.La mappatura delle competenze dei professionisti all’in-terno dell’organizzazione offre lo spunto per inserire un altro strumento utile ad orientare gli obiettivi formativi che vedrà nel prossimo futuro un sicuro sviluppo. È il Dos-sier formativo di gruppo, lo strumento che consente di ricomporre gli interessi e bisogni formativi professionali dei singoli professionisti (Dossier individuale) con quelli dell’organizzazione di appartenenza, coniugando i re-ciproci bisogni formativi. Il Dossier formativo individuale e il Dossier formativo di gruppo devono trovare una strut-turazione integrata perché, per poter dare all’utenza la risposta più appropriata ai propri bisogni di salute non basta soddisfare i bisogni formativi individuati dal profes-sionista ma anche dall’organizzazione in cui è inserito e intercetta l’utenza.

Pensiamo che questo lavoro di confronto e di analisi approfondita dei sistemi esistenti, grazie al contributo dei singoli “anelli” di questa rete che è il sistema ECM che hanno portato competenza, esperienza e soprattut-to grande motivazione per l’evoluzione verso un sistema che possa rispondere in modo più rapido e sostanziale al progressivo cambiamento dei bisogni di salute, nella cui direzione si inseriscono le proposte riportate in questo testo, debba diventare una vera e propria modalità di lavoro strutturata e sinergica tra la Commissione nazio-nale ECM, il Comitato tecnico delle Regioni, Agenas e Cogeaps. In questo modo si potrà certamente arrivare a definire il sistema ECM migliore.

esistono differenze anche rilevanti, a partire dalla mission di un soggetto pubblico rispetto a un soggetto privato, tra la rilevazione del fabbisogno e la successiva piani-ficazione del piano formativo di un soggetto che eroga prestazioni sanitarie rispetto a un soggetto non erogato-re, il problema della valutazione dell’apprendimento a di-stanza di tempo e delle ricadute organizzative in soggetti che erogano prestazioni sanitarie rispetto a soggetti non erogatori.A queste considerazioni si aggiunge sempre quella prin-cipale: individuare i requisiti sostanziali e acquisire solo la documentazione utile a comprendere il livello di af-fidabilità e qualità del provider, quindi semplificare ma evidenziare le differenze per “conoscere” nella sostanza il provider affinché sia garantita una formazione non solo di qualità e appropriata rispetto ai fabbisogni ma anche che sia indipendente da interessi commerciali. Anche nel caso dell’individuazione dei requisiti dei provider c’è una grande necessità di confrontare le esperienze acquisite negli anni dai sistemi regionali e da quello nazionale per capire quali sono i requisiti fondamentali e come diffe-renziarli rispetto alla natura giuridica e professionale dei provider per andarne meglio a testare il grado di affi-dabilità e qualità per il sistema ECM. Le esperienze in tema di provider maturate dalle Regioni che annoverano la prevalenza di provider erogatori di prestazioni sani-tarie (Aziende sanitarie pubbliche e/o private accredita-te con il SSR) arricchiscono e completano il quadro dei provider prevalentemente non erogatori di prestazioni sanitarie, soggetti rispetto ai quali invece la Commissio-ne nazionale ha maturato una maggiore esperienza. È necessario pensare ad una suddivisione dei requisiti di accreditamento tra provider pubblici e provider privati e tra provider erogatori di prestazioni sanitarie e non ero-gatori, con particolare attenzione al conflitto di interesse e sponsorizzazione.In questo percorso di individuazione dei requisiti e dei criteri che possono contraddistinguere in modo più so-stanziale che formale i cardini del sistema ECM per ac-crescere la qualità dell’intero sistema si inserisce anche la ricerca di metodologie innovative di erogazione della formazione, in grado di garantire efficienza di processo ed efficacia della formazione mantenendo nello stesso

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Il dossier formativoI risultati della sperimentazione di Regione Toscana,

Co.Ge.A.P.S. Ordine dei Medici di Firenze

Sergio Bovenga1, Silvia Falsini21 Direttore Co.Ge.A.P.S.

2 PO Educazione Continua in Medicina, Regione Toscana

AbstractL’articolo descrive i risultati della sperimentazione del dossier formativo frutto di una convenzione fra Regione Toscana, CO.Ge.A.P.S., Ordine dei Medici di Firenze, Agenas. La sperimentazione ha permesso si affinare il sistema di scambio dei dati finalizzato ad avere anagrafi formative complete e allineate. Sono stati indagati 4 indici: la coerenza fra la formazione programmata e quella realizzata, la pertinenza della formazione realizzata rispetto al profilo professionale, la correttezza della formazione realizzata in termini di rispetto delle regole del sistema ECM e la soddisfazione del professionista per la formazione realizzata. Quest’ultimo indice ha permesso un rapporto diretto fra l’amministrazione regionale e il professionista che si è espresso in termini positivi in merito alla qualità della formazione erogata dal SST chiedendo per il triennio 2014-2016 una formazione specialistica ma anche di processo e di sistema.

fe ha potuto integrarsi con quella dell’Ordine di Firen-ze con particolare riferimento ai liberi professionisti. Il Co.Ge.A.P.S. invece, come noto, detiene la banca dati nazionale dei crediti formativi acquisiti dai professionisti ovunque sul territorio nazionale, oltre ad una serie di altre informazioni derivanti dallo scambio dati con gli Ordini professionali. Gli ottimi rapporti istituzionali tra i soggetti interessati e i tecnici che hanno sviluppato questo proget-to ha fatto il resto consentendo in tempi stretti di avere dei risultati importanti non solo per la sperimentazione del dossier formativo, ma anche ai fini di una conoscenza approfondita e completa della formazione ECM dei pro-fessionisti toscani.Considerazioni successive devono essere fatte sia sulla modalità di scambio dei dati, sia sui risultati che la speri-mentazione ha prodotto.Il sistema di trasmissione dei dati fra Regione Toscana e CO.Ge.A.P.S. si è affinato in maniera significativa dal pri-mo semestre della sperimentazione al secondo; per esem-pio la codifica dell’obiettivo formativo, che nella prima relazione era risultato inutilizzabile, adesso lo possiamo valutare corretto nel 90% dei casi, con solo il 2,8% di eventi formativi non codificati, così come la qualifica del professionista che passa dal 17,1% di partecipazioni non codificate al 2%.

Diceva Leonardo Da Vinci «Quelli che s’innamora di pra-tica senza scienza, son come il nocchiere ch’entra in por-to senza timone o senza bussola, che mai ha certezza dove si vada. Sempre la pratica deve essere edificata sopra la bona teoria».Questa premessa per ricordare due concetti, tanto ovvi quanto spesso ignorati: il primo è che la formazione, con-tinua nel tempo, è un pilastro importante di quel processo ben più complesso che porta alla acquisizione ed al man-tenimento delle abilità, delle capacità e delle competenze (la ‘teoria’ di Leonardo); il secondo concetto è una diretta prerogativa del primo: è necessaria una formazione di qua-lità (‘bona’), ovvero una formazione che sia coerente e per-tinente rispetto alla professione, disciplina ed attività profes-sionale esercitata, che sia efficace ma anche funzionale ed innovativa. Queste sono in sostanza le ragioni che hanno prodotto la partnership tra Regione Toscana, Ordine dei medici di Firenze e Co.Ge.A.P.S. al fine di analizzare alcu-ni aspetti inerenti la sperimentazione di un dossier formativo e che fossero poi utili, successivamente, per incrementare la qualità dei percorsi e dei progetti formativi lifelong.Ciò è stato reso possibile anzitutto perché vi erano i pre-supposti ‘tecnici’ per farlo garantendo una scambio di dati tra i vari soggetti. Infatti la Regione Toscana ha una anagrafe regionale dei propri dipendenti e tale anagra-

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alla docenza; mentre per quanto riguarda la tipologia di formazione accreditata, la formazione residenziale è sempre quella numericamente più rilevante. Interessante risulta la divisione fra partecipazioni ad eventi nazionali e regionali dei professionisti toscani poi-ché le prime, sebbene in diminuzione, sono un terzo delle partecipazioni totali nel triennio 2011-2013, la loro va-lorizzazione in termini di crediti rappresenta il 36% dei crediti acquisiti.Vediamo adesso i risultati dei quattro indici di sperimen-tazione che sono stati indagati su tutti i professionisti to-scani, dipendenti, convenzionati e liberi professionisti, tranne che per l’indice D, l’ultimo, che, come vedremo, è limitato ai medici dell’Ordine dei medici di Firenze.

Indice A sulla coerenza fra la formazione programmata e la formazione realizzata L’indice è stato indagato con strumenti diversi per il per-sonale dipendente e convenzionato e per i liberi profes-sionisti.Per i primi la formazione attesa è stata calcolata utiliz-zando i dati del sistema di accreditamento degli eventi formativi (FSR) e confrontandoli con i dati sulla formazio-ne realizzata (AFR). Emerge una coerenza molto alta fra il modello della formazione attesa del personale dipen-dente e convenzionato e la formazione realizzata; mo-dello che prevede una ripartizione sostanzialmente equa fra le tre aree del dossier formativo, come si può vedere dalla figura 1, con delle differenze talvolta significative a secondo dei profili professionali, come ad esempio il veterinario e il tecnico della prevenzione del lavoro che prediligono la formazione specialistica (rispettivamente l’80% e il 70% della formazione totale).Per i liberi professionisti è stato necessario procedere in maniera diversa perché non era disponibile un modello di formazione, perciò è stato disposto un questionario di-retto ad indagare, a partire dai tre obiettivi del dossier formativo, la formazione attesa.La tripartizione equa che abbiamo visto nel personale di-pendente e convenzionato viene confermata, sorprenden-temente, anche per i liberi professionisti.

L’indice B sulla pertinenza della formazione realizzata rispetto all’attività professionaleQuesto indice è calcolato solo sul personale dipendente e convenzionato e, come potevamo aspettarci, ci dice che i professionisti frequentano una formazione pertinente al proprio profilo professionale nel 99% dei casi. D’altra parte nelle Aziende sanitarie toscane esiste un sistema

Possiamo dire che abbiamo trovato un sistema di scambio dati che permette di avere sia in Regione Toscana che nel Co.Ge.A.P.S. anagrafi complete con dati controllati; si trat-ta quindi di un modello che sarebbe opportuno consolida-re e che potrebbe essere proposto anche per altre Regioni.

Vediamo ora nel dettaglio come si è svolta questa speri-mentazione.Gli indici di sperimentazione individuati dalla convenzio-ne sono 4: L’indice A sulla coerenza fra la formazione programmata e quella realizzata, l’indice B sulla perti-nenza della formazione realizzata rispetto all’attività pro-fessionale, l’indice C sulla correttezza della formazione realizzata in termini di rispetto delle regole del sistema ECM e l’indice D sulla soddisfazione del professionista per la formazione realizzata. Il lavoro è stato particolarmente interessante non solo per-ché ha fornito un panorama completo della formazione del SST: formazione programmata, realizzata, stato di acquisi-zione dei crediti, ma soprattutto perché ha fatto emergere, come vedremo dai risultati sull’ultimo indice, una volontà di partecipazione dei professionisti toscani alla costruzione del sistema della formazione continua in sanità. I dati sono aggregati tenendo come riferimento i tre obiet-tivi del dossier formativo individuati dall’Accordo Stato-Regioni 101 del 2012 sull’ECM: tecnico-professionale, di processo, di sistema; il periodo di riferimento è il triennio ECM 2011-2013.

Prima di analizzare le risultanze degli indici di sperimen-tazione, la valutazione dei flussi sulle partecipazione dei professionisti toscani ci permette qualche considerazione sulla tipologia di crediti acquisiti nel 2011-2013.Un primo dato positivo sul debito formativo dei profes-sionisti toscani è che, al di là della suddivisione fra le tre aree del dossier, esiste comunque una partecipazione diffusa alla formazione per tutti i profili professionali.La maggior parte delle partecipazioni danno un numero di crediti da 0 a 9 spiegabile in parte con una produ-zione di eventi formativi di breve durata, ad esempio gli eventi residenziali per MMG sono generalmente di 4/5 ore e coinvolgono molti partecipanti, ma soprattutto per-ché un terzo della formazione accreditata è formazione sul campo che, per sua natura, ha breve durata. Signi-ficative sono anche le partecipazioni da 10-19 crediti; gli eventi con più crediti sono riconducibili a corsi molto strutturati e con metodologie interattive.Come potevamo aspettarci la maggior parte delle parteci-pazioni sono imputabili alla discenza e una piccola parte

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tecipante sarà inferiore rispetto a quello che si ottiene se viene fatta all’operazione opposta.Altra valutazione importante è sul riporto dei crediti dal triennio precedente che contribuisce in maniera importan-te nel permettere al professionista di soddisfare l’obbligo formativo, soprattutto per coloro che hanno maturato fra 30 e 95 crediti, che sono la maggior parte dei professio-nisti, mentre sembra meno rilevante non solo per coloro che si avvicinano al pieno soddisfacimento del debito, ma anche per coloro che hanno maturato meno di 30 crediti.Detto questo, se applichiamo tutte le regole e il riporto dei crediti dal triennio precedente a scaglioni, la percen-tuale di professionisti che arrivano a soddisfare l’obbligo di 150 crediti è esigua (27% dei convenzionati, 10% dei dipendenti, il 12% dei liberi professionisti); lo scenario migliora applicando un riporto per tutti i professionisti fino a 45 crediti ed eliminando il vincolo dei crediti minimi e massimi per anno (stesso ordine 36%, 17%, 14%).

Indice D soddisfazione Risultati dell’indice di sperimentazione D sulla soddisfazio-ne della formazione da parte del professionista sono forse quelli più interessanti, poiché si è instaurato un rapporto diretto fra l’Ente accreditante e il singolo professionista.Per questo indice abbiamo ristretto il campo di indagine ai medici dell’Ordine dei medici di Firenze che hanno avuto l’opportunità, tramite la carta sanitaria elettronica, di consultare il proprio curriculum formativo e ai quali

consolidato di analisi del fabbisogno formativo e di pro-grammazione della formazione sulla base degli indirizzi aziendali, che garantisce al professionista coerenza e pertinenza della formazione realizzata.

Indice C di correttezzaIndicazioni molto interessanti per l’ECM ci arrivano dall’e-laborazione dell’indice C sulla correttezza della forma-zione realizzata in termini di rispetto delle regole del si-stema ECM; in questo senso le norme sono molto puntuali: il professionista non può maturare più di 75 crediti l’anno e non meno di 25, non può cumulare crediti per la docen-za oltre il 60% dell’obbligo, la formazione sponsorizzata non può essere più del 30%.La sperimentazione ha cercato di capire la capacità del professionista di assolvere il debito formativo, applican-do tutte le norme e prevedendo un riporto di crediti dal triennio precedente fino a 45 per tutti come era previsto dall’Accordo Stato-Regioni n.101 del 2012, o a scaglioni come specificato dalla determina della Commissione na-zionale formazione continua del 17/07/2013.La prima valutazione va fatta sulla modalità di applica-zione delle regole perché a secondo di quella che viene valutata prima si ottengono risultati diversi, ad esempio: il tetto del 60% delle docenze si applica prima o dopo ave-re considerato i crediti minimi e massimi? Se prima viene calcolato il limite crediti minimi/massimi e su questi il tetto del 60%, il debito formativo del professionista come par-

Figura 1. Formazione effettuata - Dipendenti.

100%

90%

80%

70%

60%

50%

40%

30%

20%

10%

0%

SistProcSpec

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non solo per la loro numerosità, 183 in tutto, ma anche per i contenuti; i medici hanno espresso suggerimenti sulle aree tematiche che vorrebbero sviluppare (28,4%), sulle metodologie formative (27,3%), sull’organizzazione del-la formazione (9,3%), su argomenti di tipo più generale volti al miglioramento della formazione del SST (20,2%), solo in rari casi (3,8%) troviamo valutazioni negative sul sistema ECM, mentre sono il 5,4% le note di apprezza-mento sul sistema della formazione continua in sanità.Complessivamente possiamo dire che l’indagine di que-sto indicatore ha evidenziato una volontà importante di partecipazione da parte dei professionisti al sistema ECM poiché non solo hanno risposto in tanti all’indagine, ma hanno elaborato delle proposte sui contenuti che ritengo-no opportuno sviluppare, sulle metodologiche più idonee a svilupparli, hanno avanzato proposte organizzative e sulla logistica della formazione. Questi suggerimenti pos-sono essere un ottimo materiale per indirizzare la forma-zione sanitaria del triennio 2014-2016, in modo tale che riesca non solo a soddisfare il debito formativo dei profes-sionisti, ma a creare una relazione sempre più stretta fra gli obiettivi formativi che il sistema sanitario regionale si pone per supportare i propri processi di trasformazione, il fabbisogno segnalato dai professionisti, le esigenze di professionalità espresse dagli utenti.

abbiamo chiesto di rispondere ad un’intervista, messa a disposizione online sia sul sito di Regione Toscana che su quello dell’Ordine dei medici di Firenze, tesa ad indaga-re la soddisfazione del professionista rispetto alla qualità della formazione erogata e il suo fabbisogno formativo per il triennio 2014-2016.Nonostante il questionario sia stato reso disponibile per un periodo di tempo molto limitato, stretti erano i tempi complessivi dell’indagine, hanno compilato il questionario 1035 professionisti, di cui il 47% dipendenti, 25% conven-zionati, 21% liberi professionisti (6% non qualificati).I medici hanno espresso un giudizio positivo rispetto alla soddisfazione delle attese sulla formazione già conclusa nel triennio 2011-2013, risultano infatti sovrapponibili le risposte alle domande sulla formazione attesa e sulla re-alizzata, con la solita equa tripartizione fra gli obiettivi delle tre aree del dossier. Un altro segnale positivo arriva dalla valutazione sulla qualità della formazione del trien-nio concluso, che ha fatto registrare giudizi positivi e molto positivi. In merito alla percezione della presenza di sponso-rizzazioni, gli eventi formativi SST registrano valori molto bassi, che crescono invece per la formazione extra SST.

Rilevante ai fini della programmazione della formazione nel triennio ECM è stata la domanda sul fabbisogno for-mativo 2014-2016. I professionisti hanno espresso una domanda di formazione, indipendentemente dalle tre aree, che va da “alto” a “molto alto” nel 40% dei casi (solo il 4,6% indica di non avere la minima necessità for-mativa), per quanto riguarda invece la suddivisione nelle aree del dossier è stata espressa una leggera preferenza per la formazione specialistica a fronte comunque di una richiesta importate di formazione di processo e di sistema (figura 2); probabilmente le trasformazioni del SST di que-sti anni, come ad esempio l’intensità di cura e il chronic care model, hanno generato nei professionisti una neces-sità di riflessione sul cotesto in cui si trovano ad operare.

Informazioni importanti si traggono anche dai commenti dei professionisti, nel questionario era presente uno spa-zio libero in cui era possibile scrivere dei suggerimenti,

Figura 2. Stima della Necessità Formativa 2014-2015 - Tutti i questionari.

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Verso l’“oceano blu” della formazione sanitaria

Silvia Falsini1, Benedetta Novelli21 Posizione organizzativa Educazione continua in medicina – Settore innovazione e risorse umane, Direzio-

ne generale diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana; 2 Funzionario Settore innovazione e risorse umane, Direzione generale diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana

AbstractLa domanda di salute in Italia mostra un trend in costante crescita sia in termini quali-quantitativi, sia di complessità assi-stenziale che comporta un ripensamento della sostenibilità del sistema dove la lotta alle inefficienze passa principalmente attraverso il miglioramento culturale dei professionisti che devono garantire qualità delle cure, economicità ed efficienze. Parimenti il nuovo Patto per la salute 2014-2016 , Accordo triennale che affronta i grandi temi della sanità, mira nell’ottica dell’appropriatezza a un generale efficientamento del Servizio sanitario nazionale e vede nel cittadino/paziente il fulcro per raffor-zarne la sostenibilità e pensare la sanità non come costo, ma come investimento economico e sociale da rafforzare e valorizzare.

gli infermieri (3,18) e per i medici (2,75). Rare inoltre le iniziative di medicina narrativa (2,20).Ne deriva un ruolo forte e strategico della formazione e degli strumenti per gestire le risorse umane al fine di ri-spondere agli attuali repentini cambiamenti organizzativi e far da leva motivazionale per la crescita professionale e del sistema. In tale direzione l’idea centrale del nostro contributo di potenziare, in continuità con quanto normato dal 2001, il sistema ECM e ridefinire i confini della formazione verso una strategia “oceano blu”2 che tracci un nuovo percorso e fare della formazione non soltanto adempimento nor-mativo e risposta efficace, efficiente per il conseguimento dei crediti ECM, ma posizionarla come leva strategica di innovazione, ricerca ed eccellenza coinvolgendo tutte le risorse umane in un’ottica allargata e partecipata con tutti i portatori di interesse. Passare quindi dall’“oceano rosso” all’“oceano blu”3. In questi anni infatti il sistema ECM ha visto una norma-

2 Cfr. Blue Ocean Strategy. How to create uncontested market space and make the competition irrelevant, Harvard Business School Publi-shing Corporation, 2015.

3 Se le aziende orientate all’“oceano rosso” seguono un approccio tradizionale, cercando di battere la concorrenza ricavandosi una posizione difendibile nell’ambito del settore dove operano, quelle orientate all’“oceano blu “seguono una logica strategica diversa: la value innovation ovvero l’innovazione di valore.

Il nuovo Patto per la salute ha previsto 13 aree di inter-vento per promuovere azioni orientate alla sostenibilità del sistema. La formazione viene vista sotto una nuova ottica, come processo trasversale e non come attività, diventa pertanto leva che pervade tutte le aree e in particolare, per l’u-manizzazione delle cure e la gestione e sviluppo delle risorse umane, è asset di area. Infatti, l’indagine svolta da AgeNaS (Agenzia naziona-le per i servizi sanitari regionali) con la collaborazione dell’Agenzia di valutazione civica di Cittadinanzattiva dal titolo “La valutazione della qualità delle strutture ospe-daliere secondo la prospettiva del cittadino” che ha vi-sto la partecipazione di 278 strutture, 286 associazioni, 594 cittadini su tutto il territorio nazionale, ha eviden-ziato, rispetto alla quarta area relativa alla qualità della relazione con il paziente-cittadino1, che le strutture sono carenti in merito all’attivazione di corsi di formazione sul-la comunicazione clinica e/o sulla relazione di aiuto per

Accordo siglato il 10 luglio 2014 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

1 L’indagine di AgeNaS del 2012 e conclusa nel 2014 ha indagato quattro aree: i processi aziendali e organizzativi orientati al rispetto e alla specificità della persona; l’accessibilità fisica, la vivibilità e il comfort dei luoghi di cura; l’accesso alle informazioni, la semplifi-cazione e la trasparenza; la qualità della relazione con il paziente-cittadino.

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È vero infatti che ormai tutti gli attori del sistema formativo hanno raggiunto un livello di maturità che permette di interpretare la formazione come una opportunità piuttosto che come un obbligo.Proprio in questo senso possiamo leggere i risultati della sperimentazione del Dossier formativo fatta da Regione Toscana, AgeNaS, Co.Ge.A.P.S. e Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Firenze precedentemente illustrata da Bovenga e Falsini, ma che in questo caso ci serve per sottolineare la risposta che i professionisti han-no dato quando è stato chiesto loro di valutare la forma-zione ECM realizzata nel triennio 2011-2013 e di espri-mersi sul fabbisogno formativo del periodo 2014-2016. Il primo dato fa riferimento all’elevato numero delle risposte (1035), nonostante i tempi ristretti entro i quali si chiede-va di rispondere al questionario messo a disposizione sul sito internet di Regione Toscana e dell’Ordine dei medici di Firenze e nonostante che non ci fosse nessun benefit in cambio della compilazione.Il secondo dato fa riferimento alla tipologia di risposte of-ferte dai professionisti che non si sono limitati a compilare un questionario ma hanno offerto suggerimenti preziosi su contenuti, metodologie, organizzazione della forma-zione, mostrando interesse e maturità nel concepire la formazione come una leva per lo sviluppo della propria professione.Questo è senz’altro un punto di partenza importante, che ci fa pensare alla possibilità di concentrarsi da una parte, sulla coerenza fra la formazione programmata e quella realizzata con la redazione di dossier individuali e di gruppo, dall’altra, sulla relazione fra formazione, sistema delle competenze e sistemi di valutazione delle perfor-mance del personale.Di fronte a questo rinnovato quadro esigenziale, il siste-ma formativo richiede un cambiamento, quello che noi proponiamo è uno spostamento verso l’“oceano blu”. La tabella sottostante sintetizza i principi per la formu-lazione e i rischi per la messa in pratica della strategia “oceano blu” correlati alle implicazioni inerenti la forma-zione nel passaggio a tale filosofia.Come indicato nella tabella sopra riportata i principi del-la strategia comportano implicazioni rilevanti per il pro-cesso formativo. Scegliere l’“oceano blu” significa pertanto ampliare i con-fini formativi verso lo sviluppo continuo del professionista anche in un’ottica di mobilità internazionale. Comporta, inoltre, un suo riposizionamento: non come mera acqui-sizione puntuale di crediti ECM, ma miglioramento delle competenze e certificazione del professionista.

zione molto puntuale e un’attenzione costante da parte del Ministero della Salute e delle Regioni che hanno svi-luppato sistemi di accreditamento, prima degli eventi for-mativi poi dei provider ECM, in modo che le strutture che offrono formazione rispondano a requisiti di qualità e di efficienza e siano in grado di produrre un’offerta formati-va che risponda sia alle esigenze di strutture complesse, come quelle sanitarie, sia a quelle di aggiornamento dei professionisti sanitari.D’altra parte gli stessi provider hanno sviluppato proces-si interni per la costruzione dell’offerta formativa, piani annuali e relazioni di attività che hanno sistematizzato e strutturato la formazione in base alle indicazioni delle norme nazionali.

Nei fatti e non solo nelle norme ormai il sistema ECM è diventato patrimonio comune in termini di dovere, ma anche di opportunità di aggiornamento dei professionisti e di crescita delle strutture formative.Se all’avvio era necessario creare un obbligo formativo in modo da garantire una formazione per tutti, obbligo che ha avuto l’innegabile vantaggio di tenere alta l’at-tenzione sulla formazione continua e di destinarvi risorse pubbliche anche in momenti di forte contenimento della spesa, oggi, in presenza di sistemi maturi, è prioritario concentrarsi sull’opportunità che la formazione offre alle direzioni come leva per la gestione delle trasformazio-ni organizzative e ai professionisti per costruire percorsi professionali supportati dalla formazione.Quanto sopra descritto esemplifica il passaggio dal rosso al blu, che non rappresenta solo un passaggio cromatico, ma di senso profondo in quanto sintesi di strategie con-trapposte. Attraverso la strategia “oceano blu” (Blue Ocean Strategy)4, i due autori W. Cham Kim e Renée Mauborgne richiama-no l’attenzione sull’importanza di individuare e di sfruttare nuovi spazi di mercato dove non vi è un sistema competiti-vo feroce e aggressivo (da “oceano rosso”), nonché trova-re nuove modalità competitive che spiazzino i competitor per periodi più o meno lunghi per creare valore.

4 Blue Ocean Strategy. How to Create Uncontested Market Space and Make the Competition Irrelevant, Harvard Business School Press, 2005, è un libro pubblicato nel 2005 e scritto da W. Chan Kim e Renée Mauborgne che rappresenta un’innovazione nella storia del management. Attraverso uno studio di centocinquanta mosse strate-giche, condotte in oltre trenta settori e su un arco di tempo che varca il secolo, Kim e Mauborgne sostengono che le aziende leader di domani dovranno il loro successo non alla sconfitta dei concorrenti, ma alla creazione di “oceani blu”, di spazi incontestati di mercato dove la crescita è garantita.

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che sarà valorizzato non solo all’interno di una struttura ma sul percorso del paziente con mobilità fra ospedale e territorio.È importante quindi sviluppare nuove interazioni inter-professionali con modelli e contenuti che forniscano al sistema competenze in grado di promuovere autonomia e responsabilità.La formazione deve pertanto offrire la possibilità di dia-logare sui problemi e sulle soluzioni, in modo che i pro-fessionisti coinvolti in specifici percorsi socio-assistenziali possano confrontarsi sul percorso del paziente nel territo-rio, in ospedale e verso altre strutture.

Ne deriva un’estensione della dimensione della domanda esistente che coinvolga tutti i portatori di interesse per far emergere la formazione come leva indispensabile per la creazione di valore e la valorizzazione del patrimonio intellettuale. Se poniamo al centro del nostro ragionamento il profes-sionista lo dobbiamo considerare nel suo complesso con le sue competenze, intese come l’insieme delle conoscen-ze, abilità e comportamenti, con le sue relazioni con i colleghi e con i cittadini/pazienti, con le sue aspirazioni e anche con il proprio desiderio di fare esperienze più o meno strutturate in realtà internazionali; professionista

Tabella1. Fonte: “Blue Ocean Strategy. How to create uncontested market space and make the competition irrele-vant”, Harvard Business School Publishing Corporation, 2015 - Riadattata da Falsini S.- Novelli B.

PRINCIPI PER LA FORMULAZIONE FATTORE DI RISCHIO ATTENUATO DA CIASCUN PRINCIPIO

IMPLICAZIONI PER LA FORMAZIONE

Ridefinire i confini del mercato

Rischi legati alla ricerca di nuove opportunità

Ampliare i confini della formazione nell’ottica dello sviluppo continuo della professione Mobilità internazionale del professionista

Porre il focus sul quadro complessivo, non sui numeri

Rischi legati alla pianificazione Non mera acquisizione quantitativa di crediti ECM, ma qualitativa, partecipata e condivisa con tutti i professionisti Miglioramento delle competenze e certificazione del professionista

Estendere la dimensione oltre la domanda esistente

Rischi legati alla dimensione della domanda

Coinvolgere nella formazione personale non ECM e tutti i portatori di interesse aziendali (Stakeholder Relationship Management)

Seguire la giusta sequenza strategica

Rischi legati al modello di business Far emergere la formazione come leva utile e indispensabile per motivazione, innovazione e valorizzazione patrimonio intellettuale

RISCHI PER LA MESSA IN PRATICA

FATTORE DI RISCHIO ATTENUATO DA CIASCUN PRINCIPIO

IMPLICAZIONI PER LA FORMAZIONE

Superare i principali ostacoli organizzativi

Rischi organizzativi Valorizzare e rafforzare gli attori della formazioneValorizzare la formazione sul campo Inserire la formazione nel sistema di Total Rewards

Integrare le modalità di attuazione nella strategia stessa

Rischi manageriali Creare sistema integrato tra formazione, risorse umane, valutazione e performance

Allineare proposizioni sul valore, sul profilo e sulle persone

Rischi di sostenibilità Garantire la sostenibilità economica e sociale del sistema formativo

Rinnovare gli “oceani blu “ Rischi di rinnovo Rinnovarsi e motivare i professionisti

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senso il D.lgs. 150/2009 individuava diversi strumenti di premialità fra cui la partecipazione a percorsi di alta for-mazione che spesso però sono rimasti sulla carta perché i successivi atti di contenimento della spesa non hanno permesso il loro sviluppo.Importante per nostra riflessione è tenere collegati il siste-ma della formazione, i sistemi di valutazione e quelli delle competenze al ciclo della programmazione.Nella programmazione, al momento dell’individuazione degli obiettivi aziendali, dovranno essere definiti anche gli obiettivi formativi di supporto alle scelte strategiche aziendali, e le risorse necessarie per raggiungere tali obiettivi. Dovrà essere fatta un’analisi delle competenze presenti in Azienda per valutare se sono consone al rag-giungimento dei risultati e nel caso ci sia un gap fra quel-le attese e quelle agite, sarà necessario programmare la formazione idonea. Il monitoraggio sul raggiungimento degli obiettivi ci dirà se è opportuno/necessario interveni-re sulla formazione per garantire il raggiungimento degli obiettivi aziendali, così come la valutazione finale ci dirà se ci sono criticità aggredibili o meno con la formazione.Nella costruzione di percorsi formativi strategici l’Azien-da può disporre di strumenti idonei per valutare l’impatto sull’utenza e/o sulla performance degli operatori della formazione che ha erogato.La valutazione di impatto assume una funzione importan-te per la programmazione della formazione in modo da finalizzare le risorse su quella formazione che produce impatto positivo in termini professionali/organizzativi/ relazionali/economici5.Verso l’“oceano blu” della formazione sanitaria rappre-senta quindi una filosofia nuova che pone realmente al centro i professionisti sanitari con la consapevolezza che il miglioramento in sanità, e le relative complessità e sofi-sticatezza del sistema, passa indissolubilmente dalla va-lorizzazione del patrimonio intellettuale, vero cuore del Servizio sanitario nazionale.Superare i confini tradizionali verso l’“oceano blu” signi-fica, nella formazione, orientare l’intero sistema per otte-nere un aumento significativo del valore creato per tutti gli attori.

5 A questo proposito la Regione Toscana ha ritenuto importante of-frire delle linee guida al sistema dei Provider ECM e con la DGR 599/2012 ha individuato tre livelli di valutazione di impatto forma-tivo: la performance degli operatori, l’impatto sull’utenza e i costi. I tre ambiti non sono escludenti tra loro in quanto nello stesso progetto formativo è possibile valutarne più di uno con i relativi indicatori.

In questo contesto la formazione deve essere intesa come lo strumento che coniuga le esigenze della programma-zione/organizzazione aziendale con il fabbisogno for-mativo del professionista in quanto i suoi bisogni sono il risultato di un’analisi delle competenze misurate sul ruolo e il profilo professionale in un contesto multiprofessionale e multidisciplinare.Per ottenere un miglioramento delle competenze in que-sto senso sarà opportuno strutturare un sistema ad hoc che permetta di conoscere le competenze previste per un determinato ruolo e profilo professionale e consenta alle strutture sanitarie di valutare la differenza fra quelle agite dal professionista e quelle attese in quel ruolo e da quel profilo. La formazione qui può giocare un ruolo fon-damentale come mezzo per colmare eventuali gap che possono emergere fra le competenze attese e quelle agite dal professionista.Le competenze da sviluppare sono quindi frutto dell’ana-lisi del fabbisogno sul singolo professionista e sul gruppo di lavoro e gli obiettivi formativi possono essere tecnici di specifico riferimento alla professione esercitata, di proces-so tesi a sviluppare competenze e conoscenze in segmen-ti di produzione e di sistema tesi a sviluppare competenze e conoscenze sui sistemi sanitari, quindi rivolti a tutti gli operatori.In questo senso esiste già lo strumento del Dossier forma-tivo che il professionista può compilare facendo un’ana-lisi del proprio fabbisogno formativo e ipotizzando una suddivisione della propria formazione nelle tre aree del Dossier formativo: tecnico professionali, di processo e di sistema.

Passando alla parte finale della tabella, relativamente ai rischi per la messa in pratica della strategia, si eviden-zia come la creazione di valore per la formazione sia determinata dal rafforzamento del sistema integrato tra formazione, risorse umane, valutazione e performance.Per quanto riguarda il sistema delle performance la for-mazione, in fondo al ciclo della performance, può colma-re eventuali criticità emerse dal processo di valutazione oppure può essere uno strumento premiante. In questo

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Il Dossier di gruppo nel sistema ECM in sanità

Marina Barbo Responsabile Funzione interaziendale unica formazione e valorizzazione del personale A.A.S. n. 4

Azienda Ospedaliero-universitaria Friuli Venezia Giulia

AbstractIl Dossier formativo di gruppo (DFG) è uno strumento, previsto dalla normativa ECM (Educazione continua in medicina), fortemente innovativo per la rilevazione, analisi e pianificazione dei fabbisogni formativi di un’azienda sanitaria o ospeda-liera. Il presupposto per la sua applicazione è nel considerare la formazione un processo importante per il professionista e una funzione strategica dell’Azienda. L’articolo descrive un progetto per la sperimentazione del Dossier formativo di gruppo nell’Azienda per i servizi sanitari n. 4 Medio Friuli(ASS4), oggi Azienda per l’Assistenza sanitaria Friuli centrale (AAS4). L’articolo descrive la sperimentazione del DFG avviata in ASS4 e la sua successiva adozione.

re l’attività professionale. Nell’Accordo Stato Regioni del 2007 il DF viene definito come lo «strumento di program-mazione e valutazione del percorso formativo del singolo operatore o del gruppo di cui fa parte (gruppo, equipe o network professionale). Il Dossier formativo non è un portfolio delle competenze, ma ne può essere considerato un precursore ed è comunque collegato al profilo profes-sionale e alla posizione organizzativa».

Il Dossier formativo di gruppo (DFG) contiene le esigenze formative e di sviluppo di un intero gruppo di lavoro, è un percorso organico, trasversale e rappresentativo delle di-verse professionalità, coerente in una dimensione di grup-po di lavoro, risponde a logiche di priorità strategica, di equità, di sostenibilità, di organicità, di trasparenza, di bilanciata distribuzione tra obiettivi tecnico-professionali, di processo e di sistema. Infine, deve permettere una va-lutazione annuale e triennale sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo formativo atteso.

Il caso aziendale L’ASS4 ha ritenuto di riconsiderare il sistema di rileva-zione e analisi dei bisogni formativi in coerenza con il modello del DFG e di definire un percorso collegato con gli obiettivi delle strutture, con le competenze attese e pos-sedute e coerente con le scelte strategiche aziendali. Le ragioni specifiche della scelta della direzione strategi-ca si fondano, da una lato, su alcune connotazioni spe-

Il Dossier formativo (DF) individuale è uno strumento di analisi dei bisogni formativi: può essere interpretato come un luogo fisico dove progettare un percorso di sviluppo professionale in grado di creare un legame tra i bisogni professionali dell’individuo, la mission del gruppo e le attese dell’organizzazione e delle professioni sanitarie, coniugando specifici bisogni formativi individuali con il contesto e il gruppo in cui si opera, gli obiettivi della strut-tura e gli interessi generali del sistema azienda. Il DF con-tiene la storia formativa del singolo ed è un supporto per il professionista nell’autovalutazione delle conoscenze e competenze acquisite durante il proprio percorso formati-vo. Il DF è uno strumento di pianificazione che consente di rispondere alle esigenze di programmazione e di valuta-zione aziendale in modo oggettivo e su obiettivi specifici e rappresenta un percorso per:a. realizzare una puntuale analisi del fabbisogno forma-

tivo;b. orientare efficacemente le scelte formative; c. valorizzare i singoli professionisti; d monitorare le attività formative stesse.Già il D.Lgs n. 502/92 ha definito l’importanza della formazione continua in medicina, segnando il passaggio da una formazione concepita come accessoria, episodi-ca, individuale e autodeterminata, a una concezione del-la formazione come elemento strategico per lo sviluppo della professionalità e della qualità del sistema di cure al cittadino, requisito ritenuto indispensabile per svolge-

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Azienda e formazione In questa prospettiva, dal 2011 l’ASS4 ha avviato un per-corso di co-costruzione del DFG, condividendo con diret-tori, posizioni organizzative, responsabili e coordinatori la consapevolezza di sistema, la chiarezza di posiziona-mento strategico dell’azienda e degli obiettivi aziendali, la definizione delle linee di priorità dei bisogni formativi in coerenza con alcuni livelli attesi. La direzione strategi-ca ha definito la necessità di riconsiderare l’investimento formativo in rapporto ad alcuni criteri di priorità sui temi del governo clinico, dell’accreditamento, dei percorsi dia-gnostico terapeutici assistenziali, del risk management e della qualità e alcuni investimenti specifici per:1. Mantenere e/o sviluppare competenze tecnico profes-

sionali specifiche dei diversi profili, équipe e strutture.2. Supportare la trasformazione e ridefinizione dei ruoli

professionali3. Sostenere alcuni processi ri-organizzativi.4. La “messa in contesto” rivolta in particolare ai ruoli

chiave gestionali. Preparare alcune persone al salto di ruolo, per sviluppare alcune professionalità specifiche, per sostenere alcune in-novazioni tecnologiche o di servizio.

Inquadramento metodologicoIl metodo di lavoro ha proposto la ri-definizione della mis-sion, mutuata dagli atti aziendali, sostenendo un percorso di condivisione e approfondimento interno alle strutture e la descrizione della vision intesa come opportunità di de-clinare obiettivi di valenza specifica, caratterizzanti e che contribuissero a definire il preciso posizionamento strate-gico delle strutture. La coerenza tra mission, obiettivi defi-niti e linee di attività dovrebbe essere rappresentata nella configurazione organizzativa-gestionale e operativa. Le linee di attività e gli obiettivi attesi dovrebbero definire le competenze necessarie. Quindi il terzo elemento di ana-lisi coniugato alla mission e agli obiettivi attesi è la com-petenza rispetto a quali sono le conoscenze possedute e quali sono le competenze attese da alimentare, da con-solidare, da sviluppare. Le competenze considerate sono state le competenze tecniche le competenze relazionali-comunicative, le competenze gestionali-organizzative, situazionali e di ruolo. Nel metodo di lavoro impostato, le competenze sono state individuate e collegate agli obiettivi definiti nel piano aziendale per ogni struttura. Le competenze definite sono state poi collegate a bisogni e tematiche formative.Il percorso del DFG si è svolto in una prima fase pro-pedeutica con un percorso di approfondimento e bench-

cifiche che caratterizzano un’azienda sanitaria, dall’altro sulle inevitabili trasformazioni legate al contesto generale e alla funzione di supporto che la formazione può assu-mere. Le valutazioni strategiche sono sintetizzabili in al-cuni fattori critici quali la necessaria reingegnerizzazione dell’organizzazione del lavoro in relazione alla diffusione di nuovi ambiti assistenziali, la ridefinizione di percorsi in una logica di snellimento e di maggior efficacia e appro-priatezza, la specializzazione delle linee gerarchiche tra governo clinico e governo delle piattaforme logistiche, la ridefinizione dei ruoli professionali e il tema delle skill mix nel sistema sanitario (Faletti et al. 2013), l’autonomia pro-fessionale nelle professioni sanitarie (De Pietro, 2003), la necessità di investire in competenze di ricerca, didattica e sviluppo, l’evidenza della lenta, graduale e inesorabi-le trasformazione del capitale umano dell’azienda (sia in relazione al numero e alla tipologia delle professioni che all’età degli operatori), la conseguente necessità di operare sui livelli motivazionali e sulla riqualificazione. Le risorse per la formazione sono e saranno sempre più limitate rispetto alla necessità di un’azienda professiona-le e quindi vanno allocate e programmate con sempre maggiore attenzione; la carenza di personale, il blocco del turnover, genera una crescente necessità di gestire il risk management delle competenze e di governare atti-vamente i percorsi di sviluppo professionale per ridurre la dipendenza organizzativa dal singolo professionista unico detentore della competenza distintiva. I processi di adattamento e/o riorganizzazione implica-no la presenza e miglioramento delle competence, le cui dimensioni core si articolano in motivazioni, conoscenze, abilità, attitudini, comportamenti e atteggiamenti che nel-la loro combinazione determinano la competenza (Spen-cer e Spencer, 1993). La competenza quindi si traduce in diverse dimensioni: cognitiva, tecnico-professionale, capacità di integrazione delle conoscenza, capacità di adattamento al contesto, abilità relazionali e comunicati-ve, attitudini mentali e comportamentali (habits of mind), dimensioni etiche, morali, psico-affettive, ma anche di-mensioni integrative, competenze di organizzazione e gestione dei servizi sanitari, competenze didattiche, di addestramento e affiancamento (training e tutoraggio) e capacità di valutazione professionale. Infine, l’integrazio-ne multi-professionale, multi-disciplinare tra diversi servizi e l’integrazione socio-sanitaria richiedono l’analisi e la pianificazione di percorsi in termini maggiormente inte-grati. La ricerca e lo sviluppo devono connotare il percor-so di formazione del singolo, delle équipe, dei servizi, dell’azienda come sistema.

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sviluppo delle competenze e delle conoscenze del singolo professionista e dell’équipe. Sulla base di un approccio che tenga conto della possibilità di rappresentare la mul-tidimensionalità e la specificità delle professioni sanitarie, si propone un sistema semplificato, ma che si ritiene esau-stivo, per classificare le competenze e le conseguenti at-tività formative a queste correlate, suddiviso in tre macro aree descritte nella tabella 1.Nella fase di sperimentazione sono state selezionate le categorie di professionisti maggiormente rappresentate in azienda e individuati i riferimenti normativi dei corrispetti-vi profili professionali. Dall’analisi dei profili professionali selezionati è emerso che, nonostante vi siano delle diver-sità, esistono delle competenze comuni a tutti i professio-nisti sanitari. Nelle competenze tecniche specialistiche si fa riferimento ai temi della prevenzione, cura (assistenza, riabilitazione), educazione sanitaria; nelle competenze di processo relazionali si individuano la comunicazione-ascolto, l’orientamento al paziente-utente, l’integrazione; nelle competenze di sistema organizzativo, gestionali, situazionali e di ruolo, ricorrono i temi della program-mazione clinico-assistenziale e riabilitativa, il governo clinico, l’orientamento agli esiti, la conoscenza del siste-ma organizzativo aziendale e la consapevolezza della responsabilità professionale.Dopo la prima fase di sperimentazione del progetto, nella sezione “competenze tecnico-specialistiche”, si è ritenuto opportuno concordare con i professionisti stessi una de-clinazione mirata della loro area di attività-competenze.

Le schede del DFGIl Dossier formativo di gruppo è composto da quattro schede che vengono compilate dal direttore-responsabile della struttura, dal responsabile professionale di struttura con il supporto del referente della formazione. Una prima parte è dedicata agli elementi di contesto del servizio con i nomi dei responsabili e il numero dei componenti della struttura suddivisi per ogni profilo. Il percorso costruito ha mappato la mission delle strutture aziendali, gli obiettivi, le competenze attese e possedu-te. Al fine di condividere la declinazione di mission e di vision delle diverse strutture, si è ripresa la declinazione delle stesse dall’Atto aziendale, cercando di radicarle nel-la realtà operativa e di collegarla agli obiettivi di Piano attuativo locale. La direzione sanitaria ha prodotto un ma-nifesto che ha rappresentato il presupposto concettuale teorico di riferimento introducendo definizioni quali “po-stura strategica”, “strategia operazionalizzata”, “mission statement”.

marking con diverse aziende sanitarie e ospedaliere di alcune Regioni (Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche e Friuli Venezia Giulia) al fine di condividere esperienze e dialettiche di confronto; in una fase sperimentale in azienda, coinvolgendo alcune strutture rappresentative delle diverse anime: un diparti-mento ospedaliero, un istituto di riabilitazione, un distretto sanitario per validare il progetto. La fase sperimentale si è articolata nei seguenti passaggi:1. Identificazione delle strutture e degli operatori, map-

patura dei professionisti coinvolti, in termini di profili e quantità per la validazione dello strumento.

2. Costruzione di un data base in formato elettronico. 3. Individuazione dei referenti locali del progetto in ogni

struttura selezionata avente la funzioni di garante del-la continuità delle azioni programmate nel percorso del progetto e di trait d’union.

4. Realizzazione di eventi dedicati per la formazione dei professionisti coinvolti: direttori e responsabili di strut-tura, di SOA, SOC, SOS, responsabili professionali, coordinatori e referenti di formazione.

5. Attivazione di un’agenda di incontri per il coinvolgi-mento e il supporto nelle strutture.

6. Distribuzione delle schede tramite caselle di posta elet-tronica aziendale.

7. Raccolta e analisi dei dati, comparando la mission-obiettivi-linee assistenziali descritti alle competenze e ai bisogni formativi espressi.

8. Mappatura del fabbisogno formativo.

L’evidenziazione dei bisogni formativi su competenze pre-definite, ha permesso di disegnare un quadro delle tema-tiche/obiettivi di percorsi formativi di gruppo da svilup-pare. Nella sperimentazione è stato possibile verificare ostacoli e difficoltà. Il confronto con i responsabili e refe-renti ha consentito di comprendere i livelli di conoscen-za trasversale rispetto ai parametri di riferimento indicati attivando circuiti di miglioramento della comunicazione, diffusione e consapevolezza di sistema.La restituzione alla direzione strategica ha definito, a esi-to della sperimentazione, l’ottimizzazione del DFG e la messa a regime.

La matrice delle macro competenzeDei diversi strumenti utilizzati si ritiene importante dedica-re un piccolo approfondimento alla matrice delle macro competenze. Le tre tipologie di obiettivi formativi indivi-duati dal “Nuovo sistema di formazione continua in medi-cina” (G.U. n. 288 del 11.12.2009) sono finalizzate allo

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3. Definizione del fabbisogno formativo dei gruppi di la-voro.

4. Raccolta e analisi dei dati provenienti dalle diverse SOA/SOC.

5. Individuazione chiave di lettura: confronto degli ele-menti di affinità e peculiarità in relazione agli specifici contesti operativi.

6. Individuazione delle linee formative: definizione delle linee formative approvate e validate dalla direzione strategica in coerenza con i bisogni espressi e con valutazione di priorità.

7. Definizione del piano formativo in relazione anche a criteri di equità e sostenibilità.

Per favorire la coniugazione degli obiettivi formativi con le categorie definite dalla Commissione nazionale per l’e-ducazione continua in medicina si è fornito l’elenco degli obiettivi suddivisi nelle tre aree di riferimento e una trac-cia comune di orientamento. (tabella 2).

Le fasi applicativeLa messa a sistema ha richiesto l’investimento in tutte le strutture e l’analisi dei dati emersi attraverso un percorso di seguito sintetizzato:1. Analisi dei contesti organizzativi aziendali in relazio-

ne alla mission, agli obiettivi di PAL e di negoziazione di budget.

2. Individuazione delle competenze specifiche possedute e attese.

Tabella 1. Matrice delle macro aree di competenza.

Competenze tecnico-specialistiche Attività formativa

Competenze medico-specialistiche e delle diverse professioni sanitarie (di cui ai decreti ministeriali) esercitate sia individualmente (come liberi professionisti) sia negli ambiti organizzativi previsti dalla normativa di settore, dai CCNNLL delle diverse aree contrattuali e dagli atti aziendali.

Competenze generali sanitarie clinico e assistenziali relative al proprio profilo professionale.

Rientrano in questa area le attività formative effettuate in accordo a linee guida stabilite dalle Società Scientifiche relative agli specifici ambiti professionali e in rapporto all’evoluzione tecnologica e scientifica.

Rientrano in questa area le attività formative relative al mantenimento/aggiornamento delle competenze cliniche e assistenziali di base del proprio “core” professionale.

Competenze di processo relazionali - comunicative Attività formativa

Competenze relative alla capacità di relazione, comunicazione e rapporti con i pazienti, con i familiari, con gli altri soggetti dell’organizzazione (colleghi e direzioni) con soggetti esterni (istituzioni), con i cittadini e con gruppi di lavoro.

Rientrano in questa area le attività formative relative al lavoro in equipe, alla ridefinizione di processi, protocolli e procedure di specifici segmenti, ai processi di integrazione e comunicazione interna ed esterna, alla comunicazione con i pazienti, con i familiari, con i care givers, con i MMG e PLS, con le reti del volontariato sociale, con gli ambiti socio-assistenziali, con enti diversi coinvolti nel percorsi di integrazione socio-sanitaria.

Competenze di sistema organizzativo, gestionali, situazionali e di ruolo

Attività formativa

Competenze relative alle modalità con cui le competenze tecnico professionali vengono applicate nel proprio contesto di lavoro. In questo ambito vanno ricomprese le competenze di governo clinico, appropriatezza, sicurezza, qualità, relative anche ad aspetti gestionali, relative al codice deontologico, alla conoscenza delle norme generali e del contesto organizzativo nel quale si opera.

Rientrano in questa area le attività formative/i relative alla declinazione del proprio agire professionale nei contesti operativi, relative alla gestione della sicurezza del paziente, all’appropriatezza, alla organizzazione e gestione dei contesti organizzativi e finalizzate alla qualità dei servizi e delle cure. Razionale allocazione delle risorse. Rientrano in questa area le attività formative relative al mantenimento e aggiornamento delle conoscenze in tema di qualità, sicurezza, management, deontologia, etica professionale, conoscenza della legislazione e del contesto.

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Tabella 2: Traccia delle competenze attese.

Competenze tecnico-specialistiche

Prevenzione Applicare programmi per la diagnosi precoce e la profilassi.Produrre materiale informativo teso alla prevenzione dei rischi per la salute. Rilevare fattori di rischio.

Cura/Assistenza/Riabilitazione/Vigilanza

Applicare il processo di cura.Applicare il processo di nursing

Educazione sanitaria Valutare il fabbisogno educativo della persona assistita e della famiglia.Pianificare modelli assistenziali orientati all’auto gestione e all’autocura.Definire un progetto educativo efficiente ed efficace.Educare le persone assistite e i familiari ad apprendere abilità di autocura e recupero funzionale.Utilizzare tecniche di counselling al fine di promuovere la salute.Verificare il progetto educativo.

Competenze di processo relazionali - comunicative

Orientamento al cliente/paziente/utentecolleghi/collaboratori/responsabili

Empatia: Capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d’animo di un’altra persona.Capacità di individuare e analizzare i bisogni, sollecita attenzione.Capacità di dare adeguata risposta al bisognoCapacità di costruire relazione operatore – paziente – famiglia per la compliance delle cureSolo per le funzioni gestionali:Capacità di indirizzare costantemente la propria e l'altrui attività al conseguimento di un soddisfacente livello di servizio al cliente (interno/esterno), coerentemente con gli standard e gli obiettivi organizzativi.

Comunicazione/ascolto

Comunicazione: la comunicazione per agevolare l’interlocutore. Capacità di osservare ed ascoltare, raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione contingente.Verifica della comprensione, sia a livello dei contenuti che della relazione, nell’interlocutore.Cura della logistica, facendo attenzione al contesto fisico-spaziale dell’ambiente.Curare la comunicazione per agevolare l’interlocutore e farlo sentire il più possibile a proprio agio.

Integrazione Superare la logica gerarchico-funzionale e concentrarsi sui processi assistenziali.Capacità di cooperare, di mettersi in discussione, di dare il giusto peso ai problemi e alle varie conflittualità. Collaborare con altre professionalità.Lavorare in équipe.

Competenze di sistema organizzativo, gestionali, situazionali e di ruolo

Programmazione clinico-assistenziale

Gestione della sicurezza del paziente, appropriatezza, organizzazione e gestione, qualità dei servizi e delle cure, allocazione delle risorse.

Orientamento ai risultati Capacità relativa alla valutazione della corrispondenza tra obiettivi da perseguire, risorse da utilizzare e centri di responsabilità da attivare, al fine di realizzare successivi miglioramenti.

Per i ruoli e le funzioni gestionali:Capacità di indirizzare costantemente la propria e l’altrui attività al conseguimento degli obiettivi organizzativi, influenzando attivamente gli eventi e fornendo un livello di prestazione coerente alla natura e all’importanza degli stessi.

Conoscenza del sistema organizzativo aziendale e di U.O.

Conoscenza dell’organizzazione aziendale, della struttura, dei ruoli e dei compiti degli operatori.Conoscenza dei regolamenti aziendali e di struttura.Conoscenza della mission della propria Struttura e relativi obiettivi.

Per responsabilità professionale

Capacità di rispondere agli altri e di rispondere di se stessi con affidabilità.Applicazione dei principi del codice deontologico.Utilizzo delle EBP.

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formativi come percorso legato agli elementi di com-petence professionale in relazione ai contesti operativi e agli obiettivi della struttura;

• percezione della formazione ancora come sommato-ria di attività e non come processo;

• delega dei professionisti ai soggetti sovra-ordinati, ai re-sponsabili delle strutture, alla formazione, all’Azienda dell’elaborazione di un percorso di sviluppo formativo;

• attenzione alla quantità piuttosto che alla qualità.• Gli aspetti di opportunità si riassumono nel:• introduzione di un processo di cultura organizzativa;• confronto con esperienze e realtà affini;• attenzione allo sviluppo e valorizzazione delle risorse

umane;• riflessione strutturata su obiettivi e linee clinico-assisten-

ziali;• definizione congiunta di competenza ed evidenza del-

la declinazione delle competenze attese;• maturazione di un livello più consapevole e diffuso

della coerenza tra ruolo gestionale e pianificazione strategica della formazione;

• informazione puntuale e trasparente dell’offerta forma-tiva aziendale.

Il percorso ha permesso di tracciare una mappa delle competenze attese in relazione agli obiettivi aziendali ge-nerali e specifici delle strutture, definendo le tematiche for-mative su cui investire. Per la dirigenza e per i ruoli gestio-nali dei profili sanitari ha rappresentato l’opportunità di costruire ed evolvere il senso di appartenenza all’azienda e il senso di essere “artefice” del cambiamento, compren-dendo l’importanza di prevedere una pianificazione con-sapevole della formazione dei propri collaboratori nella logica del lifelong learning (Alberici, 2001). Ha rappre-sentato un laboratorio di “apprendimento organizzativo” per costruire un ponte tra i valori aziendali condivisi, le identità personali e di gruppo, le idee come possibili pro-cessi di cambiamento e miglioramento e gli investimenti formativi necessari. Ha permesso di disegnare un percor-so che concilia il bisogno di crescita del singolo individuo professionista con il miglioramento della struttura-sistema di riferimento; ha favorito l’armonizzazione degli obiettivi formativi individuati e di alcuni comportamenti organiz-zativi gestionali. Ha contribuito a dare un senso e una coerenza di sistema a quello che si è e a quello che si fa. Ha favorito il confronto tra i professionisti individuando percorsi formativi in linea con gli obiettivi aziendali. Nella configurazione complessiva, rappresenta una map-pa delle traiettorie di formazione continua degli operatori legata all’evoluzione dell’organizzazione. Il percorso ha

Principali risultatiSono stati analizzati i dati dei diciassette DFG provenienti da dieci SOA, cinque Dipartimenti ospedalieri e un Coor-dinamento socio sanitario e Servizi dell’handicap. L’ela-borazione dei dati ha sostanzialmente seguito due criteri guida: 1. L’identificazione di tematiche ricorrenti che consentis-

sero un raggruppamento per aree congruenti rispetto a obiettivi formativi trasversali.

2. Il riconoscimento della specificità di alcune strutture in termini di competenze, setting, target di utenza, che definisce obiettivi formativi specifici e dedicati.

Il processo di analisi del materiale raccolto ha richiesto una lettura analitica delle competenze enunciate dalle singole strutture e delle diverse tematiche formative pro-poste, al fine di individuare: obiettivi formativi di interesse comune relativi a tematiche a largo spettro con declina-zioni specifiche per profilo o struttura; obiettivi formativi di affinità, in termini di bisogni comuni espressi; parole chiave che li identificassero e aggregassero.I dati assunti e aggregati con i criteri precedentemente descritti sono stati oggetto di valutazione con la direzione strategica. La valutazione si è attenuta a tre livelli: nel me-rito delle specifiche linee tematiche proposte; nel merito di una valutazione di sostenibilità ed equità di sistema per le diverse SOA/SOC; nel merito dell’impatto sul coin-volgimento dei diversi profili per struttura. La valutazione con il dettaglio numerico e di contenuto delle tematiche formative prescelte è stata oggetto di comunicazione ai responsabili di SOA/SOC, al fine di richiedere l’elabora-zione delle schede progetto di corso. Al termine del processo, la Direzione ha formalizzato il Piano della formazione triennale e il Comitato scientifico ha validato il Piano della formazione annuale.

Riflessioni conclusive Il percorso del DFG ha favorito il coinvolgimento e una maggior responsabilizzazione dei ruoli gestionali, ha permesso di prefigurare percorsi di sviluppo, favorendo l’attivazione di risorse professionali e di un processo di cambiamento culturale e gestionale. Ha rappresentato un cambiamento culturale e operativo, attivato sul tema dell’analisi dei bisogni formativi coinvolgendo anche altri livelli e dimensioni della pianificazione strategica. L’analisi dei punti di forza e punti di debolezza del per-corso ha messo in evidenza il “sentire” dei professionisti coinvolti. Gli aspetti di debolezza sono legati alla: • difficoltà iniziale a interpretare l’analisi dei bisogni

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costruito i presupposti metodologici condivisi misurando le potenzialità di uno strumento trasparente, diffuso, aperto a integrazioni e miglioramenti che permette comunque l’inte-grazione con eventuali obiettivi formativi emergenti modifi-cando traiettorie pensate e offerte. Il metodo e lo strumento hanno permesso di lasciare il vecchio modello autocentrato e spesso autoreferenziale per privilegiare l’analisi di con-testo, la competence attesa, posseduta e da sviluppare, la condivisione e la ricerca di obiettivi formativi integrati e coerenti con gli obiettivi operativi e di processo. Il nuovo modello introduce il concetto di formazione intesa come funzione che transita da “responsabilità versus responsabi-lizzazione”. Il professionista così come i gruppi di appar-tenenza non sono “fruitori passivi o proponenti di singoli eventi, ma diventano co-autori di un percorso di sviluppo”. L’altro forte elemento innovativo di meta livello introdotto dal metodo e vissuto nell’esperienza del percorso, è la capacità dirompente di rappresentare un forte significato motivazionale per un modello di governance della forma-zione maggiormente condiviso, consapevole, trasversale alle professioni e alle strutture. Ciò che è stato ri-conte-stualizzato è stata anche la dimensione motivazionale di crescita professionale coniugando il senso di appartenen-za e di identità professionale, culturale di riferimento di una professione, con la dimensione di appartenenza a un’azienda, a un sistema sanitario regionale e nazionale. Infine, ciò che si è sperimentato è la dimensione intrinseca del cambiamento culturale. Un’evoluzione culturale che il percorso del DFG può favorire e sostenere introducendo elementi di trasformazione. L’intero investimento richiede il diretto coinvolgimento della direzione strategica e dei ruoli gestionali. Il metodo e lo strumento di lavoro hanno implicato una nuova vision nella gestione della formazio-ne tesa alla difficile integrazione tra logiche di adempi-mento e soluzioni manageriali nel governo strategico dei professionisti, favorendo l’apprendimento e rappresen-tando il passaggio da una formazione sulle conoscenze a una formazione sulle competenze per lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse umane.

Bibliografia

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La certificazione dei crediti ECMAntonio Panti1, Valentina Galeotti2 1Vicepresidente del Consiglio sanitario Regione Toscana2Responsabile dei servizi informatici ed ECM dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Provincia di Firenze

Abstract“La formazione continua costituisce la nuova prospettiva strategica della formazione e l’affermazione del diritto del cittadino alla qualificazione e all’arricchimento della propria professionalità […].La possibilità di aggiornare e modificare conoscenze e abilità anche professionali deve essere agevolata dall’adozione di un sistema di crediti formativi, secondo la logica pro-posta dai più recenti orientamenti dell’Unione Europea. Il sistema di istruzione e di formazione, anche di livello universitario, va collocato in questa prospettiva e diviene la base su cui innestare proficuamente interventi di formazione continua e di educazione degli adulti” (Patto del Lavoro).

di un quadro europeo delle qualifiche (EQF), consenta un rapido progresso del riconoscimento delle qualifiche profes-sionali; la Direttiva stabilisce, inoltre, che “è importante che gli Stati membri non solo si assumano la responsabilità a livello nazionale, ma cooperino anche gli uni con gli altri e con la Commissione al fine di garantire che i professionisti, all’interno di tutta l’Unione, possano facilmente accedere a informazioni di facile approccio e multilingue nonché com-pletare agevolmente le procedure tramite i punti di contatto unici o le pertinenti autorità competenti”.L’intera procedura di richiesta della tessera è stabilita all’art. 4 ter e prevede di essere svolta online. Inoltre, entro una settimana dal ricevimento della domanda, l’au-torità dello Stato membro d’origine accusa ricevuta della domanda e informa il richiedente di eventuali documenti mancanti. Terminato l’iter al professionista viene rilasciato un certificato elettronico.Grazie allo sviluppo del mercato del libero scambio di beni e servizi, con l’incremento dei flussi migratori soprat-tutto in ambito europeo, negli ultimi anni si assiste sempre più ad un crescente interesse degli addetti ai lavori verso la certificazione dei percorsi formativi e delle competen-ze, unita alla volontà di creare un sistema integrato delle qualifiche, ad un riconoscimento delle competenze e alla spendibilità delle stesse.Prendendo in esame l’ambito sanitario e partendo dall’e-sempio del Regno Unito, dove la massiccia mancanza di

In Italia nel settembre 1996 la Presidenza del Consiglio dei Ministri siglava così il Patto del Lavoro e la necessità di abbracciare le nuove tendenze europee nell’ottica di giungere alla costituzione di un comune sistema di ricono-scimento e sviluppo delle qualifiche e delle competenze che caratterizzassero l’intero corso della vita professiona-le del cittadino europeo.In più circostanze (Convenzione di Lisbona 1997, Proces-so di Bologna 2000, Consiglio europeo di Lisbona 2000) gli Stati membri hanno manifestato la volontà di facilitare lo sviluppo di percorsi riconoscibili e validi in tutto l’ambi-to europeo contraddistinti da processi di riconoscimento caratterizzati da trasparenza, coerenza e affidabilità.L’ultimo atto di indirizzo politico adottato in ambito euro-peo conferma proprio questa tendenza. Si tratta dell’ap-provazione della Direttiva 2013/55/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, recante modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al ricono-scimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 e includente l’intimazione rivolta ai Paesi membri dell’obbligo di recepimento del nuovo te-sto entro il 18/01/2016. (Gazzetta ufficiale elettronica dell’Unione Europea s.d.)L’intento della Comunità Europea è di promuove la libera circolazione dei professionisti sollecitando l’adozione di una tessera professionale che, inserita in un sistema di in-formazione del mercato interno (IMI) e mirata all’attuazione

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il compito di gestire la banca dati dei crediti.Nel dicembre 2013 il Co.Ge.A.P.S. ha reso accessibile sul proprio portale l’anagrafe dei crediti registrati per ogni professionista sanitario dando l’opportunità agli Ordini, Collegi e Associazioni professionali di certificarne il pieno assolvimento degli obblighi formativi per il triennio 2011-2013, ossia il primo completato dopo la fase sperimentale.Successivamente sono emerse innumerevoli richieste dei sanitari volte a completare e/o integrare i dati al fine di ottenere la certificazione soprattutto per l’integrazione dei crediti conseguiti all’estero, per eventuali casi di esonero ed esenzione, tutoraggi, pubblicazioni scientifiche ed in-fine, per i soli liberi professionisti, i crediti derivanti da autoformazione.Le segnalazioni inviate al back office del Co.Ge.A.P.S. necessitano però di un lavoro molto accurato e approfon-dito soprattutto indirizzato alla verifica dell’ammissibilità di esoneri e/o esenzioni che, secondo la determina della Commissione nazionale ECM, consentono la riduzione dell’obbligo formativo individuale rispetto allo standard di 150 crediti per triennio. Innumerevoli richieste sono emerse specialmente nell’ambito delle revisione dell’elen-co ministeriale dei medici competenti.Con il Decreto legislativo 81/2008 e s.m.i., infatti, è sta-ta prevista il raggiungimento del pieno soddisfacimento dell’obbligo formativo per assumere l’incarico di medi-co competente come ulteriore condizione imprescindibi-le. All’art. 38 comma 3, infatti, è stabilito che “Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente è altre-sì necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, […] I crediti previsti dal program-ma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina “me-dicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro” pena la decadenza dei requisiti e quindi la cancellazione dall’elenco ministeriale appositamente istituito. (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali s.d.)I medici competenti sono stati i primi destinatari di una di-sposizione tesa a penalizzare i sanitari che non abbiano conseguito un adeguato aggiornamento professionale in una tematica rilevante e universalistica come quella della sicurezza sui luoghi di lavoro. Tale norma ha pertanto segnato uno spartiacque nel panorama della formazio-ne continua in medicina ma, paradossalmente, è passata quasi del tutto inosservata tra gli addetti ai lavori fino a marzo u.s. quando, nell’ambito della prima revisione dell’elenco ministeriale, sono stati cancellati più di 6000 medici su 10.000. Tra le maggiori cause di cancella-

medici ha portato ad un imponente reclutamento nei vari Paesi europei con alto tasso di disoccupazione, si può os-servare quanto la certificazione professionale sia divenuta elemento sostanziale per l’accesso alla professione. Sul sito del British Council si legge infatti: “Vuoi ottenere una pre-stigiosa qualifica professionale britannica? Ottenere una qualifica specialistica in grado di dimostrare la tua compe-tenza professionale può aiutarti a dimostrare a livello inter-nazionale la comprensione e la padronanza di competen-ze specifiche per il tuo settore”. Tanto è stato l’interesse da parte dei professionisti italiani che l’organismo ha aperto sedi per svolgere esami anche a Roma, Milano e Napoli.Il professionista quindi, sempre più frequentemente, ha avu-to necessità negli ultimi tempi di comprovare quello che è stato definito come il “quadro comune di formazione” os-sia l’insieme di conoscenze, abilità e competenze minime per svolgere l’attività e poter quindi accedere all’opportuni-tà di emigrare inseguendo le migliori condizioni di lavoro e le maggiori opportunità di crescita professionali.Se da un lato l’Italia è stata lungimirante prevedendo, già nel 1978 con la legge n. 833 del 23/12/1978 concer-nente il riordino del Sistema sanitario nazionale, all’art. 48, l’aggiornamento obbligatorio per i medici convenzio-nati, è soltanto nel 1999 con l’approvazione del Decreto Bindi, che integrava il Decreto legislativo 502/1992, che sono state definite organicamente le disposizioni specifi-che dedicate alla formazione continua.È stato dato quindi l’avvio dal 2002 alla fase sperimen-tale del Programma nazionale ECM che ha segnato una linea di confine netta nell’ambito dell’aggiornamento dei professionisti sanitari.Dal 1 gennaio 2008, con l’entrata in vigore della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, la gestione amministrativa del programma di ECM ed il supporto alla Commissione nazionale per la formazione continua, fino ad allora com-petenze del Ministero della Salute, furono trasferiti all’A-genzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas).In quest’ottica è stato istituito il Co.Ge.A.P.S., Consorzio gestione anagrafe professioni sanitarie, che è un organi-smo che riunisce le Federazioni nazionali degli Ordini e dei Collegi e le Associazioni dei professionisti coinvolti nel progetto di educazione continua in medicina. Il Co.Ge.A.P.S. nasce per essere lo strumento attuativo della Convenzione stipulata con il Ministero della Salute che prevede la realizzazione di un progetto sperimentale per la gestione e certificazione dei crediti formativi ECM, l’istituzione di una anagrafe degli professionisti sanitari e l’allestimento di un servizio tecnico permanente di aggior-namento dedicato ai rapporti con gli enti pubblici che ha

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zione del Dossier individuale e nella fattispecie dei liberi professionisti.È necessario rivedere, infatti, le normative inerenti la for-mazione in sanità alla luce anche dei turni di lavoro estre-mamente faticosi a cui sono soggetti i sanitari, delle ormai rare opportunità di assentarsi dal lavoro per partecipare a momenti formativi a causa del turn over bloccato, del-le risorse economiche sempre più scarseggianti messe a disposizione delle Aziende. Tant’è che al punto 3J della Determina è stato previsto che “ possano essere annotate da parte del professionista anche attività non ECM “.Occorre quindi riconoscere e valorizzare la formazione svolta in momenti strutturati ma anche con modalità non formali e informali come ad esempio davanti ad un caffè o in ascensore parlando con i colleghi d’équipe. Questo sarà il passo successivo.Il progredire della medicina, dell’informatica, della robo-tica propende verso la certificazione delle competenze, non solo delle conoscenze (ossia delle core competence) in modo da rendere le selezioni dei professionisti più spe-cifiche, più competitive e più adeguate avvantaggiando così la collettività.È richiesto da più parti che la certificazione professionale attesti “l’intero complesso di istruzione generale, istruzio-ne e formazione professionale, istruzione non formale e apprendimento informale intrapresi nel corso della vita che comporta un miglioramento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze, che può includere l’etica pro-fessionale” ossia l’apprendimento permanente.Proprio questa sarà la sfida del futuro nell’ambito della formazione rivolta ai medici.

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zione compare l’inosservanza dell’art. 38 del decreto 81/2008. (Medicocompetente.blogspot.it s.d.)Il ruolo degli Ordini, Collegi e Associazioni è andato, quindi, sempre più evolvendosi grazie anche agli impulsi europei che assegnano un ruolo fondamentale alla cer-tificazione professionale e si è esteso ulteriormente con l’Accordo Stato Regioni siglato il 01/08/2007, concer-nente il “Riordino del sistema di formazione continua in medicina”, dove si legge che si tratta di “soggetti del tutto legittimati ad esercitare una propria funzione di respon-sabilità e garanzia dei professionisti e delle attività svolte verso i cittadini”.Ulteriori norme successive hanno affidato a tali organismi un ruolo sempre più determinante di valutazione dei per-corsi formativi e di erogatori di formazione da rivolgere in via prevalente ai liberi professionisti e a quelle catego-rie e discipline che hanno una ridotta offerta formativa.Nella fattispecie proprio il decreto legge 138 del 13/08/2011, convertito in Legge n. 148 del 14/09/2011, stabilisce che “la violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione”.Nei numerosi disegni di legge presentati in Parlamento, finalizzati ad una riforma degli Ordini e Collegi profes-sionali, è stato proprio previsto l’inserimento delle norme prescrittive sopra citate.Per ottemperare a queste indicazioni l’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Firenze ha previsto un ap-posito bando di selezione assegnato a due sanitari che, sia per la loro esperienza nel campo della libera professione sia per l’esperienza nel campo della dipendenza e del con-venzionamento, hanno costituito un “team” di professionisti in grado di poter affrontare ogni eventuale casistica so-pravveniente e supportare ogni tipologia di professionista iscritto all’Ordine nell’ambito della formazione.Un primo passo avanti nell’evoluzione della tematica della formazione in ambito sanitario è stata l’attivazione della Determina della Commissione nazionale ECM sul Dossier formativo. (2014)Proprio l’Ordine dei medici di Firenze ha fatto parte, insieme alla Regione Toscana e al Co.Ge.A.P.S., di un progetto atto a definire gli elementi qualitativi utili alla co-struzione del Dossier formativo, ossia di quello strumento di programmazione e valutazione del percorso formativo del singolo operatore o del gruppo di cui fa parte (équi-peo network professionale).La sperimentazione conclusa nel maggio 2014 ha contri-buito a definire alcuni aspetti inerenti soprattutto la costru-

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I Massive Open On-line Courses

Luigi TonelliComponente Consiglio sanitario regionale

AbstractLe possibilità applicative dei MOOC, strutture di condivisione di soluzioni di gestione proposte direttamente dai partecipanti.Le criticità ancora da superare per un uso ottimale dei corsi.

è venuta sempre più diversificando per numero e varietà delle discipline insegnate.Le criticità cui si è accennato riguardano la mancata asse-gnazione di titoli spendibili nel mercato delle professioni, la lunga durata dei corsi e il tasso di abbandono elevato, con una media di solo il 10% di studenti che terminano il corso. Ma non per questo si è mai pensato ad un fallimen-to, perché gli studenti attratti sono sempre stati moltissimi, in numero crescente – oggi si stima un numero vicino a 5 milioni – e di provenienza molto varia. I MOOC non sembrano destinati ad avere nel futuro un ruolo di secondo piano, anche se è difficile oggi stimarne diffusione e crescita. Hanno solo subìto un rallentamento in conseguenza dell’emergere delle prime difficoltà nella sperimentazione, per poi ritornare, in tempi recenti, ad essere offerti in un numero crescente. Per avere un’idea della vastità di produzione di MOOC e della grande vi-vacità dell’intero sistema, è sufficiente la consultazione dell’“aggregatore” “MOOC list”  2, che riassume molta dell’offerta attuale e del prossimo futuro. Sono evidenti le possibilità d’uso dei MOOC per una formazione universitaria vasta e di elevata qualità, con accesso consentito anche a chi si trova in condizioni disa-giate. Analoghe considerazioni possono essere fatte per la formazione post-laurea, in particolare in considerazio-ne dei ridotti costi rispetto alle modalità tradizionali. Il compito di progettare e sperimentare in questi ambiti è ovviamente delle Università. I MOOC si presentano anche come utili ed economiche opportunità per la formazione nelle Aziende, di qualun-

2 https://www.mooc-list.com/contact-us

Un Massive Open Online Course (normalmente indicato con l’acronimo MOOC) è un corso online monotematico di livello universitario, che coniuga contenuti proposti e realizzati da docenti di prestigiose università e possibi-lità formative offerte dal mondo dell’IT - e-books, social media, video YouTube, forum virtuali ecc. Il pacchetto for-mativo è messo in rete gratuitamente ed è raggiungibile da qualunque angolo del mondo da tutti gli utenti che lo desiderano e che siano in possesso della tecnologia necessaria (nulla di speciale: un PC con accesso al Web).Nati nel 2011, i MOOC vennero subito salutati da gran-de entusiasmo e sembravano destinati a cambiare il fu-turo della didattica pre o post laurea, facendo ritenere inevitabile una radicale trasformazione dei modelli for-mativi. Coursera è stata la prima società attiva nel settore fondata da due professori di Stanford, seguita da Khan Academy, organizzazione privata in partnership con mol-te università, e poi da edX, gruppo fondata da Harvard, Berkeley e Mit, e poi via via molte da altre tra le più importanti. Non è stata però, o forse non è ancora, una vera “success story”. La produzione e la frequenza d’uso dei MOOC ha avuto un andamento tipo “Hype Cycle” 1 (Ciclo dell’e-sagerazione, IperCiclo): ad una prima fase di grande in-teresse suscitata dai primi applicativi con iniziali storie trionfalistiche, è seguita una fase di ripensamenti per la comparsa di numerose criticità. Il prodotto si è in segui-to evoluto con successivi adattamenti ed ora i MOOC si stanno rivolgendo ad un’utenza meglio definita e meglio stabilizzata. Parallelamente la tipologia dei corsi offerti si

1 https://en.wikipedia.org/wiki/Hype_cycle

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sere considerati strumento formativo supplementare negli studi che conducono alla laurea nelle professioni sanitarie e strumento principale per l’aggiornamento post-laurea e l’acquisizione dei crediti della formazione continua. Sono inoltre strumento adatto a migliorare la “Health Literacy” dei soggetti “laici”, termine con cui oggi si definisce il livello di competenza dei non professionisti per il mante-nimento della propria salute. Finalità quanto mai impor-tante soprattutto in un’epoca, come questa, in cui i “laici” sono inondati di informazioni sanitarie di qualità spesso discutibile. Di non minore importanza è l’acquisizione da parte di pazienti affetti da cronicità di competenze specifiche in merito alla propria condizione ed agli aspetti evolutivi della stessa e analogo discorso vale per i “caregiver”. Per i primi come per i secondi, una formazione MOOC adattata ai livelli conoscitivi e linguistici di partenza, ripe-tibile in toto o in parte un numero infinito di volte, di basso costo, è probabilmente la soluzione ad oggi ideale. In linea teorica, infine, ma il tema richiede approfondimenti progettuali, in futuro potrebbero esserci MOOC estesi a tutta la popolazione per finalità di “social marketing”, su argomenti sensibili come la contraccezione o l’uso di dro-ghe o il rischio di contagio.

que tipologia di Azienda si tratti. Qui i MOOC possono costituire uno strumento per la formazione e lo sviluppo del personale, usufruibile con la massima flessibilità di luoghi e di tempi. Nel caso di Aziende geograficamente fram-mentate, e quindi con scarse possibilità di interrelazione fra gli operatori, la formazione per MOOC può costituire un elemento favorente una crescita collettiva più uniforme. La possibilità di realizzare “Forum” di discussioni sugli spe-cifici argomento dei corsi è un ulteriore elemento di cono-scenza reciproca dei dipendenti e quindi di aggregazione. E gli stessi Forum possono anche aiutare a mettere in evi-denza talenti e capacità creative individuali che altrimenti richiederebbero maggior tempo per emergere. Le Aziende più “giovani”, inoltre, già ora non sottovalu-tano il “crowdsourcing”, modello di business in cui un’A-zienda ascolta le ipotesi progettuali e attuative formulate da gruppi di persone informate ma non organizzate in precedenza  3. In questo modello il MOOC non è solo uno strumento di e-learning ma una piattaforma di con-divisione di differenti soluzioni proposte dai partecipanti relativamente a problemi reali, ad esempio di strategia aziendale.Per quanto concerne l’ambito sanitario, del quale speci-ficamente si occupa questa Rivista, i MOOC possono es-

3 Un pò rifacendosi al motto di KH Blanchard “None is as smart as all of us”

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Dalla formazione in presenza al blended learning

Monia Vangelisti Responsabile processi formativi e formazione a distanza - FORMAS

AbstractIl Laboratorio regionale per la Formazione sanitaria-FORMAS è stato individuato come sede di sperimentazione di processi conoscitivi e formativi basati sulle tecnologie innovative ed è il punto di riferimento per lo sviluppo di strumenti e metodi per l’apprendimento a distanza. Il rafforzamento della rete formativa regionale, soprattutto tra FORMAS e Aziende ha consentito di attivare percorsi formativi da realizzare su scala regionale, sia in presenza che a distanza, in un’ottica di buon utilizzo delle risorse economiche. Tra le metodologie didattiche il blended learning ha dato ottimi risultati in termini di gradimento da parte dei destinatari. Il blen-ded learning (o apprendimento misto o apprendimento ibrido) utilizza un mix di diversi ambienti di apprendimento dato che combina il metodo tradizionale frontale in aula con attività mediata dal computer (e-learning). Il blended learning crea un approccio più integrato tra docenti e discenti soprattutto quando la combinazione presenza/distanza è supportata da una buona strategia comunicativa aziendale.

cambiamento regionali attraverso percorsi formativi multidisciplinari.

• Supportare la Regione Toscana e le Aziende sanitarie nella progettazione, sviluppo, erogazione e monito-raggio di progetti formativi di interesse strategico per il sistema sanitario regionale.

Particolare importanza hanno i percorsi formativi realiz-zati tramite formazione sul campo e in simulazione.

La D. G. R. T. n. 599 del 2012 ha stabilito che il FOR-MAS: – ha un ruolo centrale nello sviluppo di un’offerta coor-

dinata di percorsi formativi in FAD; – ha funzioni di coordinamento delle attività FAD già

presenti sul territorio e funzioni di laboratorio sui nuovi bisogni formativi.

I principali committenti del FORMAS sono la Regione To-scana che stabilisce con specifici atti quali sono i per-corsi formativi strategici da realizzare in FaD per tutte le Aziende sanitarie del SSR e le Aziende sanitarie stesse che possono proporre la realizzazione di attività formati-ve rispetto a bisogni formativi trasversali e condivisi con altre Aziende sanitarie e da erogare tramite la piattafor-ma del FORMAS. Le attività formative proposte devono essere strategiche per il sistema.

Il FORMAS Il Laboratorio regionale per la formazione sanitaria-FOR-MAS è stato istituito con Delibera della Giunta Regionale Toscana n. 538 del 2006 e con Delibera n. 1009 dello stesso anno ne sono stati definiti organismi e struttura. Il FORMAS, indirizzato e monitorato dalla Commissione regionale per la formazione sanitaria, ha supportato sin dalla sua istituzione la realizzazione di percorsi formativi di livello regionale in presenza e a distanza. Con la Delibera n. 599 del 2012 Il FORMAS è diventato il punto di riferimento per la realizzazione degli eventi formativi a supporto delle scelte strategiche del Piano sa-nitario. Sono stati attivati percorsi formativi da realizzare su scala regionale e quindi la collaborazione FORMAS-Aziende è divenuta la premessa indispensabile per realiz-zare percorsi condivisi i per un buon utilizzo delle risorse economiche. Gli obiettivi principali a seguito della riorganizzazione sono:• Il potenziamento e lo sviluppo dell’offerta formativa, in

presenza e in FAD, ad alta specializzazione, con un target regionale, nazionale e internazionale.

• L’innalzamento della qualità dei percorsi formativi in ambito sanitario.

• La capacità di supportare i percorsi di riforma e di

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690 Formazione, certificazione professionale e MOOCs N. 206 - 2015

Figura 1. Principali metodologie formative del FORMAS.

Figura 2. Caratteristiche della FaD.

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di community e che quindi colmi la distanza che c’è rispetto alla formazione in presenza.

3. Ripensare ai contenuti didattici: i learning object non sono diverse presentazione in powerpoint messe su una piattaforma che ovviamente traccia i movimenti dei discenti ma deve essere molto più accattivante ri-spetto alle presentazioni in aula dove il docente ha un ruolo di primo piano rispetto a quanto viene proietta-to. Sono riflessioni a prima vista basilari fondamentali per la qualità del prodotto erogato.

Per facilitare la realizzazione del percorso formativo è fondamentale una scheda di macroprogettazione da con-siderarsi preliminare alla progettazione di dettaglio. Que-sto perché permette intanto di crearsi una mappa concet-tuale su come il corso dovrà articolarsi: in e-learning o in blended learning? Prima in presenza e poi a distanza oppure le due metodologie potranno anche alternarsi? È fondamentale avere chiaro questa alternanza o interse-canza perché da questa dipende la progettazione di tutto il percorso formativo. L’e-learning sempre più deve essere considerata per le potenzialità che offre per integrare la formazione in pre-senza e il,blended learning (modalità integrata tra forma-zione in presenza e formazione a distanza) può essere un importante stimolo soprattutto in fase iniziale e per alcuni obiettivi formativi specifici per avvicinarsi alla formazione mediata dalle tecnologie informatiche.

Aree dedicate alla formazione a distanza sulla piattaforma del FORMASPer tutti i corsi FaD o misti le fasi fondamentali del pro-cesso sono:• Analisi preliminare di fattibilità• Macroprogettazione• Progettazione di dettaglio• Erogazione• ValutazioneQuando si decide di realizzare un corso in FaD è innan-zitutto necessario fare un’analisi preliminare di fattibilità ossia valutare se il corso proposto( solitamente si tratta di contenuti già utilizzati per i corsi in aula) può essere adattato alla metodologia blendend learning. È quindi prioritario:1. Individuare le motivazioni della scelta metodologica:

qual è il motivo che porta a sviluppare un corso in blended? Si ritiene che ci sia un valore aggiunto a combinare le due metodologie didattiche? È importan-te capire che il blended learning non è meno impe-gnativo dell’e-learning anzi comporta una maggiore sinergia tra docenti e destinatari.

2. Stabilire chi sono i destinatari: se il target è monopro-fessionale l’ambiente di apprendimento online sarà unico mentre se il target è eterogeneo va valutata l’op-portunità di una personalizzazione degli ambienti che consenta la creazione di gruppi di professionisti (me-dici, infermieri, altro personale) che dia la sensazione

Figura 3.

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zione che per questo tipo di formazione fosse importante mantenere un senso di appartenenza dei destinatari verso la propria Azienda e quindi oltre ai tre moduli, comuni a tutti i destinatari, è stato inserito un modulo personalizza-to per Azienda, utile per comprendere l’organizzazione della prevenzione e della sicurezza del proprio contesto lavorativo. Per la buona riuscita dei progetti sono stati fondamentali gli strumenti di supporto sia materiali che umani. È stata strutturata una guida operativa che ogni struttura di forma-zione e servizio prevenzione ha trasmesso ai destinatari insieme alla lettera di convocazione. Sono stati individua-ti per ogni Azienda almeno due tutor di supporto ai quali rivolgersi durante la fruizione. Ogni destinatario viene automaticamente inserito nel gruppo della propria Azien-da tramite un automatismo consentito dalla piattaforma al momento in cui vengono importati gli utenti. Ogni utente realizza immediatamente chi sono i tutor aziendali di rife-rimento e dispone di un tutoraggio di tipo tecnico gestito dal FORMAS.

Alla luce di questa prima esperienza possiamo dire che la creazione del gruppo di lavoro interaziendale ha rappre-sentato un valore aggiunto che ha permesso di confron-tarci e di individuare una strategia congiunta per approc-ciarsi ad una modalità formativa nuova che ha coinvolto migliaia di operatori di tutti i ruoli professionali. Dai questionari di valutazione della qualità percepita si è potuto rilevare che le difficoltà sono state maggiori nel corso di aggiornamento probabilmente perché l’età me-dia dei destinatari è superiore rispetto a quella del corso base rivolto prevalentemente ai neoassunti, agli stagisti e ai tirocinanti. Nel corso del 2015 FORMAS ha realizzato in collabo-razione con l’Università degli studi di Firenze la parte a distanza prevista nell’ambito del “Corso di perfeziona-mento sulla rete delle cure palliative. Formazione, cure ed assistenza alla persona, fino alla fine della vita”. Il Corso si svolge in coerenza con il disposto della Legge n. 38 del 15 marzo 2010, dell’Accordo Stato Regioni del 28 gen-naio 2015 e della DGR 199 del 17 marzo 2014 istitutiva della Rete delle cure palliative nella Regione Toscana. Si propone, quindi, di qualificare il personale della rete dei servizi dedicati, in un’ottica di formazione permanente e di valorizzazione delle competenze. Si è trattato di un corso in blended learning con una com-binazione presenza/FaD. Dato che i destinatari del percorso formativo sono pro-fessionisti appartenenti a ruoli diversi sono stati creati tre

Il blended learningL’utilizzo degli strumenti tecnologici e digitali per connet-tere docenti, professionisti e contenuti, superando le di-stanze geografiche, ha permesso di superare gli ostacoli spaziali e temporali che esistono nell’apprendimento e nell’insegnamento tradizionali. È molto diffuso il pregiudizio che un corso a distanza non potrà mai formare fino in fondo e che la presenza del docente, la comunicazione e l’interazione non possono essere garantiti tramite l’apprendimento a distanza ma questo è dovuto al fatto che spesso si parla di FaD ovvero formazione a distanza, apprendimento online, e-learning e blended learning in senso generale come se niente fos-se cambiato da quando se ne parla. Il blended learning può essere un importante stimolo per avvicinarsi alla formazione mediata dalle tecnologie in-formatiche in quanto si mantiene per una parte del pro-getto formativo “la sicurezza” che la formazione in pre-senza garantisce. La formazione in blended learning non va pensata come percorso in cui si sommano due modalità formative tout court (presenza e distanza) ma come processo formati-vo dove due diverse metodologie devono concorrere al raggiungimento dell’obiettivo formativo e mirare al più elevato livello di apprendimento. Per facilitare la realizzazione di percorsi in e-learning è stata strutturata una scheda di macroprogettazione pre-liminare alla progettazione stessa. Questo permette in primis di creare una mappa mentale rispetto all’articola-zione del corso, su quali argomenti trattare in presenza e quali invece erogare a distanza. I primi corsi realizzati dal FORMAS sono stati quelli rela-tivi all’ambito sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro soprattutto per rispondere agli obblighi formativi dettati dal decreto legislativo 81/08 e dall’accordo Stato Regio-ni del 22/12/2011. Il primo corso “Formazione generale per lavoratori in at-tuazione del D. Lgs. 81/08 e Accordo Stato Regioni del 22/12/2011” è stato un percorso pilota rispetto alla for-mazione in blended learning soprattutto perché c’era da disegnare un nuovo modello formativo per tutte le Azien-de. Per la progettazione del corso, rivolto principalmente ai neoassunti. Per questo tipo di formazione la normativa vigente prevede che possa essere utilizzata la formazione a distanza (4 ore nel caso specifico) ma che deve essere fatta la prova di apprendimento finale in aula. La scelta è stata dividere la formazione in due moduli. Il primo a distanza e il secondo in presenza. Durante la fase di progettazione è stata forte la convin-

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Suggerimenti per la realizzazione di formazione in blended learning

Introduzione e definizione del contesto• Descrivere a quali bisogni di conoscenze ed abilità

deve rispondere il corso e qual è lo scenario in cui si dovrà svolgere, compresi gli elementi di urgenza ed i tempi di realizzazione.

• Individuare i destinatari dell’intervento formativo• Descrivere la finalità generale del corso

ObiettiviDescrivere l’obiettivo generale del corso e gli obiettivi specifici. Per ogni obiettivo la modalità di verifica sarà utilizzata (test formativi, elaborati da consegnare, test sommativi, valutazione delle performance, valutazione della partecipazione).

Contenuti Descrivere i contenuti e la loro articolazione in moduli, lezioni ecc

Strategie formativeDescrivere come verranno presentati i contenu-ti (Courseware web, lezioni in aula, video, etc. ) Ipotizzare come parteciperanno attivamente i discen-ti (Interagendo con i materiali, partecipando a forum di discussione, consegnando elaborati al tutor, con domande e risposte in aula, con simulazioni. etc. ) Definire quali strumenti saranno utilizzati per la verifica (test in aula, test a risposta multipla online, valutazione del tutor e del docente, etc. )

Materiali didatticiElencare i materiali didattici che verranno consegnati in aula o scaricati dalla piattaforma

Project ManagementPreparare un piano dei tempi ed una lista delle principali scadenze di questo progetto.

BudgetPredisporre un piano dei costi previsti in base alle risorse a disposizione

Rischi e vincoliElencare i rischi e i vincoli del progetto in modo che an-

spazi distinti per ciascuna categoria differenziando an-che i materiali didattici per medici, infermieri e personale di supporto all’assistenza. Molto importante è stato adattare i materiali didattici con-segnati per renderli compatibili con l’erogazione tramite piattaforma e per rendere più comprensibili i contenuti ogni docente ha aggiunto l’audio alle propria presenta-zione. Il feedback positivo rispetto all’esperienza formativa ha fatto sì che anche l’Università di Siena ha chiesto di rea-lizzare lo stesso progetto anche per i propri professionisti. Altri due corsi sono stati progettati e realizzati in modalità blended learning dal FORMAS

• Alfabetizzazione digitale• Sviluppatore multimediale

Entrambi i corsi sono stati realizzati seguendo questa lo-gica: aula/distanza/aula. Il secondo corso della durata di venti ore complessive rispetto alle dodici del primo ha avuto due moduli di formazione a distanza. Entrambi i corsi sono stati pensati per coinvolgere sem-pre più le Aziende sanitarie e per trasferire conoscenze e competenze specifiche a supporto della formazione a distanza nel sistema e per agevolare i discenti durante l’apprendimento.

La formazione a distanza prevedeva oltre allo studio dei materiali didattici inseriti la progettazione di un progetto formativo da realizzarsi in modalità blended learning. Si tratta di una scheda con descrizione dei singoli step al fine di rendere più comprensibili le informazioni ri-chieste.

Figura 4.

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valutare se il corso proposto si adatta alla metodologia. È quindi prioritario: 1. Individuare le motivazioni della scelta metodologica:

qual è il motivo che porta a sviluppare un corso in blended? Si ritiene che ci sia un valore aggiunto a combinare le due metodologie didattiche? È importan-te capire che il blended learning non è meno impe-

che altri siano a conoscenza di qualunque elemento che possa condizionare i risultati dell’attività.

RiflessioniQuando si decide di realizzare un corso in blended learning è necessario fare un’analisi preliminare di fattibilità ossia

Metodologia didattica

TEMATICHE

Formazione in aula4 ore

Presentazione del percorso formativo La formazione a distanza per il Servizio sanitario regionaleLa piattaforma del FORMAS

Formazione a distanza: generazioni e terminologia Le piattaforme e-learningGli strumenti: comunicazione sincrona e asincronaTipologie didattiche dell’e-learningLe figure dell’e-learning

Il processo formativo in FaDGli strumenti (macroprogettazione, progettazione di dettaglio, erogazione, valutazione)Il ruolo del tutor aziendaleUtilizzo degli strumenti della piattaforma

Guida all’esercitazione

FaD4 ore

Esercitazione in piattaforma

Formazione in aula4 ore

Apertura e presentazione dei lavori a distanza

Il ruolo attivo del tutor nella formazione in fad: strumenti e attività

Il ruolo attivo del tutor nella formazione in fad: strumenti e attività

Compilazione online di qualità percepita e somministrazione del test finale ECM in presenza

CORSO ALFABETIZZAZIONE DIGITALE

Obiettivo Fornire gli strumenti e le conoscenze per la gestione e lo sviluppo dell’ e-learning

Obiettivi specifici Analisi e fattibilità corsi in FaDConoscere ed utilizzare le tipologie didattiche dell’e-learningGestire il percorso formativo: metodologie, strumenti e tutoraggioStrutturare materiali didattici per la fruizione dei corsi in FaD

Metodologia Lezioni frontali in aula multimedialeFormazione a distanza

Destinatari Referenti di formazione aziendale, animatori di formazione, personale di Aziende pubbliche e private che lavorano in ambito formativo

Posti disponibili Minimo 10 - massimo 20Durata complessiva: 12 ore Formazione in aula: 8 oreFormazione a distanza: 4 oreECM: è previsto il rilascio dei crediti ECM per il personale sanitario del SSR

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Aspetti tecnologici:• Qualità della immagine, audio, grafica • Qualità dell’interfaccia utente • Compatibilità standard di mercato • Monitoraggio dati di fruizione • Tecnologia e interattività.

Il principale vantaggio della formazione blended è che studenti e docenti possono sfruttare la flessibilità e la con-venienza di un corso online, pur mantenendo i vantaggi dell’esperienza in aula faccia a faccia. Tuttavia, perché l’esperienza di blended learning risulti realmente efficace, è necessario creare il miglior percorso formativo possibile. A tal fine può essere utile sintetizzare quali sono i fattori critici per il successo di questo tipo di attività formativa:• Focalizzarsi sugli obiettivi. Prima di sviluppare un corso

in modalità blended, è necessario definire quali sono i risultati di apprendimento previsti. Una volta che sono stati messi a fuoco gli obiettivi di apprendimento, è possibile analizzare gli strumenti e gli approcci miglio-ri per raggiungerli ed il mix più opportuno di forma-zione tradizionale e online. Tutto deve essere pensato per facilitare il trasferimento di conoscenze e compe-tenze e tale apprendimento deve poter essere misurato al termine del corso.

• Utilizzare contenuti e modalità didattiche coinvolgenti. Una volta definiti gli obiettivi e l’approccio didattico, è importante che i contenuti e le modalità didattiche risultino il più coinvolgenti possibile per favorire l’inte-resse, la concentrazione e l’apprendimento. In questo ambito è necessario garantire la consistenza tra con-tenuti online e la formazione svolta in aula perché non esistano sovrapposizioni e rischi di fraintendimento. I contenuti online devono essere qualcosa di più di una lezione in aula registrata o di una presentazione powerpoint scaricabile. Si può pensare, ad esempio, di introdurre alcuni elementi di gamification nella di-dattica.

• Creare occasioni di sperimentazione pratica. Ad esem-pio, i discenti possono guardare video online e svolge-re fasi di apprendimento a distanza per poi incontrarsi fisicamente in aula e discutere sui contenuti appres-si insieme con tutor o docenti o consulenti esperti in modo da condividere e consolidare le conoscenze chiave. Questi momenti possono anche essere l’occa-sione per una prima sperimentazione pratica di quan-to appreso.

• Favorire la comunicazione. È importante che tutti i sog-

gnativo dell’e-learning anzi comporta una maggiore sinergia tra docenti e patto didattico.

2. Stabilire chi sono i destinatari: se il target è monopro-fessionale l’ambiente di apprendimento online sarà unico mentre se il target è eterogeneo va valutata l’op-portunità di una personalizzazione degli ambienti che consenta la creazione di gruppi di professionisti (me-dici, infermieri, altro personale) che dà la sensazione di trovarsi tra colleghi e il venire meno dell’effetto di-stanza che c’è rispetto alla formazione in presenza.

3. Ripensare ai contenuti didattici: i learning object non sono presentazione in powerpoint inserite su una piat-taforma ma deve essere molto più accattivante rispetto alle presentazioni in aula dove il docente ha un ruo-lo di primo piano rispetto a quanto viene proiettato. Sono riflessioni fondamentali per la qualità del prodot-to erogato.

Il principale vantaggio della formazione blended è che studenti e docenti possono sfruttare la flessibilità e la con-venienza di un corso online, pur mantenendo i vantaggi dell’esperienza in aula faccia a faccia. Tuttavia, perché l’esperienza di blended learning risulti efficace, è necessario creare il miglior percorso formativo possibile.

La dimensione valutativa deve essere il punto di partenza e per questo dobbiamo tener conto dei seguenti aspet-ti che contribuiscono alla realizzazione di un progetto di qualità: – Metodologici – Contenutistici – Tecnologici – Organizzativi –

Aspetti metodologici:• Identificazione dei destinatari e dei prerequisiti • Definizione degli obiettivi • Durata • Comunicazione e media utilizzati • Valutazione. Aspetti contenutistici:• Correttezza del linguaggio e dei contenuti • Aggiornamento dei contenuti • Collegamento dei contenuti con l’ambito di riferimento • Organicità nella strutturazione dei contenuti • Sequenza logica • Contenuti coerenti con gli obiettivi dichiarati e con i

destinatari del corso.

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FORMAS affianca i referenti scientifici e i responsabili del progetto nella predisposizione del progetto formativo, con l’obiettivo di progettare interventi formativi efficaci in modalità e-learning o blended learning. Il servizio prevede un supporto nella valutazione delle strategie didattiche più efficaci per tipologia di obiettivi e di destinatari, accompagnando i responsabili dei con-tenuti alla stesura del progetto formativo di dettaglio, alla macroprogettazione dei contenuti fino ad arrivare alla realizzazione della sceneggiatura del corso (storyboard).

I corsi FaD e in blended learning del FORMASIl FORMAS sviluppa prodotti multimediali per la formazio-ne e l’informazione per il personale del Servizio sanitario regionale. I prodotti digitali sviluppati dal FORMAS sono rivolti sia a una didattica in autoformazione, sia a una didattica più improntata al collaborative learning, garantendo la realizzazione di tali tipologie di prodotti: - corsi in formato stand-alone- corsi in standard SCORM 1. 2, SCORM 2004- produzioni video- podcast audio

Erogazione Servizio di supporto tecnico (help desk) FORMAS garantisce un tutoraggio di tipo tecnico per tutta la durata del percorso formativo. Il servizio di help desk si occupa di suggerire soluzioni a eventuali problemi legati all’uso della piattaforma erogativa del FORMAS (Moodle) e garantisce un’assistenza costante, rispondendo entro 48 ore lavorative dalla richiesta, a docenti, tutor e studenti. Il servizio è disponibile al seguente indirizzo e-mail: infor-mazioni. fad@formas. toscana. it. Predisposizione di ambienti didattici collaborativi (com-munity, corsi in blendedlearning, corsi e-learning svilup-pati sfruttando le opportunità della piattaforma Moodle del Formas). Il personale FORMAS allestisce l’ambiente didattico su piattaforma Moodle sulla base del progetto formativo re-alizzato, mediante l’inserimento di attività e risorse della piattaforma Moodle del Formas. Emissione automatica del certificato ECM e compilazione online del questionario di gradimentoLa piattaforma Moodle del FORMAS, al superamento del test finale ECM, rilascia automaticamente il certificato che eroga i crediti formativi e consente la compilazione online del questionario di gradimento.

getti coinvolti nella formazione blended non si sentano isolati e possano comunicare tra loro per scambiarsi informazioni, dubbi e necessità di approfondimento. Può essere utile utilizzare chat e forum di supporto per aiutare docenti e discenti ad entrare in contatto tra loro in qualsiasi momento.

• Essere preparati alla complessità. Un programma di formazione blended richiede di far interagire persone e strumenti in modo coordinato ma al tempo stesso fa-vorendo la libertà dei singoli nell’accedere ai contenu-ti. Si tratta di un’attività che presenta una complessità elevata sia per quanto riguarda le tecnologie coinvolte che per quanto riguarda la varietà di comportamen-ti che può generare. Per evitare il caos è necessaria un’elevata pianificazione e modalità di coordinamen-to ferree. Non si tratta di costruire un meccanismo ad orologeria che può alla fine risultare troppo rigido, ma non si può nemmeno pensare di lasciare il tutto alla buona volontà dei singoli.

Il blended learning rappresenta una modalità formativa estremamente interessante soprattutto alla luce dell’espe-rienza maturata con i corsi rivolti agli operatori del Ser-vizio sanitario. Tra questi c’è un’eterogeneità rispetto alle conoscenze informatiche pur essendoci un elevato livello di scolarizzazione. La formazione in sanità è prevalente-mente effettuata in presenzaon che job. Gli ultimi anni un po’per le risorse economiche ridotte un po’perché spostare i lavoratori dalla sede lavorativa alle aule didattiche è sem-pre più difficoltoso, investire sulla formazione a distanza può essere strategico e funzionale per le Aziende sanitarie sia per offrire opportunità formative ai propri professionisti ,sia per superare le difficoltà organizzative (spostamenti, sostituzioni) che la formazione in presenza comporta. Se il cambiamento e l”avvicinamento a modalità meno tra-dizionali va visto con favore bisogna essere consapevoli che non è semplice e le critiche sono spesso in agguato. Il gap informatico tra professionisti con molti anni di espe-rienza e assunti negli ultimi dieci anni è evidente in più occorre tener conto che l’informatica non è materia di studio nei corsi di laurea (se non in quelli specifici). Te-niamo conto anche che la formazione in aula è il modo conosciuto da tutti per apprendere. I Servzi del FORMAS per la formazione a distanza o in blendedlearning

PROGETTAZIONEServizio di supporto alla progettazione di interventi for-mativi blended o interamente online

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ganizzazione o istituzione che eroga il corso e i bisogni di apprendimento dei partecipanti. Le scelte vanno fatte considerando anche il contesto di riferimento e le compe-tenze dei progettisti e gestori del corso. Nel futuro dell’e-learning vi è un aumento interesse nei MOOC (Massive Open Online Courses, corsi online mas-sivi aperti), nella gamification, nel mobile learning e nel social learning. Si parla anche di “wearable e-learning” e di personalizzazione dell’e-learning. Se la formazione in presenza resta la modalità formativa privilegiata dalla maggioranza dei destinatari, nel corso di questi ultimi tre anni molto lavoro è stato fatto per im-plementare le attività formative a distanza da mettere a disposizione degli operatori sanitari del Servizio sanita-rio regionale. Ci sono diversi elementi che rallentano una diffusione più ampia della metodologia formativa a partire dal livello di alfabetizzazione informatica, dalla quantità di tempo a disposizione, dalla difficoltà dei docenti “tradizionali” ad adattarsi a una modalità diversa e molte altre. I preconcetti sono tanti e diversi se visti dal docente, dallo studente e anche dalle Aziende. Errori/resistenze lato docente:• Le presentazioni fatte in aula vanno sicuramente bene

anche per la formazione a distanza• Le domande per il test di apprendimento le consegno

quando il corso sarà sviluppato• I contenuti devono essere gli stessi per tutti i destinatari• La verifica dell’apprendimento può essere fatto solo

con il test a risposta multipla. Errori/resistenze lato studente:• Mancanza di tempo da dedicare alla formazione a

distanza• Senza il docente non può esserci vera formazione• Scarso livello di alfabetizzazione informatica. • Errori/resistenze lato Azienda:• Mancanza di garanzie sull’identità dei fruitori dei cor-

si• Mancanza di garanzie sull’identità di chi effettua la

prova di apprendimento• Mancanza di regole per il riconoscimento delle attività

formative a distanza.

Tutti gli elementi sopra indicati sono legati spesso a pre-concetti. La formazione a distanza non può e non deve essere un sostituto della formazione tradizionale solo per risparmiare il costo delle docenze in aula e arrivare così a formare migliaia di operatori senza una tattica. Il risultato è raggiunto solo se si parte dalla base.

MonitoraggioServizio di produzione di reportisticaFORMAS monitora costantemente l’andamento dell’inter-vento formativo, inviando a cadenza concordata (settima-nale, mensile ecc. ) il report complessivo sugli accessi, completamenti e risultati di ciascun partecipante all’even-to formativo. FORMAS raccoglie ed elabora dati anche sull’emissio-ne dei certificati ECM e sul questionario di gradimento dell’intervento formativo.

PiattaformaLa piattaforma e-learning del Formas è gestita con il sof-tware open source Moodle, e traccia tutte le attività svolte dai partecipanti consentendo di scaricare la reportistica sui tempi di connessione, sui materiali fruiti e i risultati ottenuti nelle prove valutative effettuate dai partecipanti alla formazione. La piattaforma diventa quindi l’ambiente d’apprendimen-to in cui i discenti possono incontrarsi fra loro, incontrare i docenti in maniera sincrona o asincrona, usufruire dei contenuti che sono messi a disposizione. La tendenza a riprodurre le caratteristiche dell’aula può essere più o meno accentuata, a seconda del corso e della piattafor-ma di cui ci si avvale. La maggior parte degli studiosi propone almeno due modelli di e-learning, rifacendosi a teorie diverse dell’ap-prendimento: il modello comportamentista, che fornisce materiali autoistruzionali ed è usato in ambito addestrati-vo o per la formazione iniziale, ed il modello costruttivista, che porta ad acquisire conoscenze complesse e favorisce la collaborazione fra pari, con gruppi di apprendimento facilitati da un tutor. La differenza sostanziale fra i due modelli sta nell’intera-zione che passa dall’interazione con i contenuti all’inte-razione con i formatori e fra pari. Nel primo modello le modalità sono asincrone, mentre nel secondo modello si tende a fornire una certa sincronia. Ad ognuno di questi modelli corrisponde una piattaforma che, nel primo caso, permette solo l’erogazione dei contenuti in forma testua-le, mentre nel secondo promuove un livello di interazione notevole. Sebbene la storia dell’e-learning sia abbastanza breve, ci sono molti studi che esaminano le caratteristiche dei vari modelli e piattaforme nella pratica dell’insegnamen-to e ne valutano l’efficacia. Ma non è l’adozione di un modello specifico o di una specifica piattaforma per l’ap-prendimento in rete a garantire l’efficacia del processo. Le variabili da considerare sono le caratteristiche dell’or-

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Sergio BovengaPresidente Co.Ge.A.P.S.

AbstractIl (Co.Ge.A.P.S.) ha la sua mission nella valorizzazione e documentazione dei percorsi formativi dei professionisti della salute. In questi anni sono state riunite e standardizzate le anagrafiche degli Ordini, Collegi e Associazioni ma soprattutto è stata perseguita l’idea che fosse indispensabile omogeneizzare e rendere uniformi i processi tra i diversi sistemi di accredita-mento. G li Ordini, i Collegi e le Associazioni professionali sono in prima linea nel portare avanti l’importanza e la centralità della formazione attraverso il sistema ECM. Il sistema però, anche se ha fatto enormi passi in avanti, non appare ancora completo ed omogeneo su tutto il territorio nazionale e infatti permangono ambiti di ulteriore valorizzazione, nel campo della certificazione e valutazione dell’aggiornamento professionale. Non sono più i soli titoli abilitanti della professione gli unici elementi che devono essere acquisiti dagli Ordini e dalle realtà professionali,ma deve nascere tra l’Ordine e il Professionista un rapporto informativo costante nel tempo, mirato a documentare, valutare e certificare la qualità della formazione professio-nale. Il Co.Ge.A.P.S. avverte la responsabilità di fornire dati corretti, verificabili, aggiornati, con la m aggiore completezza possibile in modo da fornire alle Federazioni e agli Ordini, Collegi e Associazioni (e naturalmente ai singoli professionisti) un servizio puntuale e utile, di supporto alle funzioni di certificazione e di accreditamento di attività formative. Ma appare ormai imprescindibile la necessità che anche i professionisti (supportati dagli Ordini/Collegi/Associazioni) abbiano più ‘confidenza’ con le norme che regolano la formazione ECM e la relativa certificazione.

Consorzio Gestione delle Anagrafiche delle Professioni Sanitarie (Co.Ge.A.P.S.)Verso la certificazione e valutazione dell’aggiornamento professionale

‘abusivismo certificativo’ da parte di soggetti non aventi titolo per fregiarsene. Questo imponente impegno è stato possibile grazie al lavoro sinergico con il Ministero della Salute e la Com-missione nazionale ECM, con AgeNaS e con le Regioni oltre che, come è ovvio, con le professioni sanitarie che, nessuna esclusa, hanno dato vita e rendono realizzabili le attività del Consorzio. Sono state riunite e standardiz-zate le anagrafiche degli Ordini, Collegi e Associazioni (processo ancora in parte via di miglioramento che inclu-derà, a breve, un meccanismo automatico di aggiorna-mento delle anangrafiche quasi in tempo reale attraverso web service) ma soprattutto è stata perseguita l’idea che fosse indispensabile omogeneizzare e rendere uniformi i processi tra i diversi sistemi di accreditamento in quan-

Il Consorzio per la gestione delle anagrafiche delle pro-fessioni sanitarie (Co.Ge.A.P.S.) ha rappresentato una felice e lungimirante intuizione finalizzata alla valoriz-zazione ed alla documentazione dei percorsi formativi dei professionisti della salute. Il Co.Ge.A.P.S. in questi anni ha svolto un lungo e silenzioso lavoro di costruzio-ne, aggregazione e miglioramento dei dati e dei processi legati alla raccolta dei crediti formativi ECM (sia a livello nazionale che regionale) di tutti i professionisti sanitari italiani, afferenti alle 30 professioni sanitarie, ed al loro ‘accoppiamento’ con le anagrafiche detenute dalle ri-spettive organizzazioni professionali (Ordini, Collegi ed Associazioni). Da rilevare che l’abbinamento degli even-ti ECM al relativo professionista iscritto in anagrafica ci consente di escludere eventuali e potenziali fenomeni di

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Occorre anzitutto ricordare che gli Ordini, i Collegi e le Associazioni professionali sono in prima linea nel por-tare avanti l’importanza e la centralità della formazione attraverso il sistema ECM, sia promuovendo (anche come dovere deontologico) la cultura della formazione conti-nua, sia proponendo essi stessi eventi formativi per i pro-pri iscritti. L’Italia infatti è uno dei Paesi in cui l’obbligo della formazione continua non è limitato alla professione medica, ma esteso a tutte le professioni sanitarie, perché viene riconosciuta l’importanza della formazione per tutte le figure professionali che operano nel campo sanitario. Ciò detto bisogna rilevare che le differenze anche in ter-mini di risposte variano in funzione delle aspettative del quadro normativo che inquadra le diverse professioni. In generale i professionisti rispondono con interesse alla necessità di formazione, la cercano e molte volte se la pagano anche. Il sistema però, anche se ha fatto enormi passi in avanti, non appare ancora completo ed omoge-neo su tutto il territorio nazionale per quel che riguarda la diffusione dell’offerta formativa, soprattutto in alcune aree delle professioni sanitarie. Inoltre non sempre vi è una completa visione d’insieme e complementare tra le offerte formative del sistema nazionale e del sistema re-gionale.Appare ragionevole ritenere che permangono ambiti di ulteriore valorizzazione, nel campo della certificazione e valutazione dell’aggiornamento professionale, che gli Or-dini/Collegi/Associazioni possono perseguire anche per dare ulteriore impulso all’intero sistema. Il sistema ECM è piuttosto complesso e dotato di molteplici sfaccettature. Gli Ordini, i Collegi e le Associazioni professionali han-no più di un ruolo all’interno di questo sistema: hanno il ruolo prioritario di certificatori della formazione, ma sono anche organizzatori di corsi ECM e, per alcune tipologie di crediti individuali, svolgono persino la funzione di “enti accreditanti” per singole partecipazioni. Questo rende molto impegnativa la partecipazione di Ordini, Collegi ed Associazioni; in ogni caso tutti gli Enti coinvolti hanno profuso molte energie, collaborando tra di loro e con gli altri soggetti del sistema ECM ai quali il Co.Ge.A.P.S. assicura supporto strumentale. Il mondo ordinistico è in continua e rapida evoluzione. Gli Ordini/Collegi/Associazioni stanno maturando una relazione in parte differente nei confronti dei propri pro-fessionisti, costruendo un rapporto costante con essi fina-lizzato anche a seguire la vita professionale (dal punto di vista della formazione e dell’aggiornamento e, in ultima istanza, della qualità professionale) del professionista. Non sono più i soli titoli abilitanti della professione gli

to, ad un certo punto dell’ECM, il quadro delle modalità operative nei diversi sistemi di accreditamento regionale, ha introdotto delle differenziazioni nei processi che, in casi particolari, ha portato i sistemi regionali, per alcuni aspetti, a divergere dal sistema nazionale.  Nello svolgimento delle attività di raccolta delle parteci-pazioni la necessità di una uniformità dei dati è diventata col tempo un’esigenza fondamentale ed ormai imprescin-dibile. Infatti è stato concordato con AgeNaS un tracciato standard per l’invio dei report degli eventi formativi in formato XML, che permette la raccolta dei dati in manie-ra efficace e funzionale. Il Co.Ge.A.P.S. ha raccolto tutte le partecipazioni ECM disponibili in Italia dal 2002 ad oggi, al fine di renderle fruibili ad Ordini, Collegi e As-sociazioni (e da un paio di anni anche a ciascun profes-sionista) che alla fine di ogni triennio (il primo è stato il 2011 – 2013) certificano il percorso formativo seguito dai propri professionisti. Occorre anche ricordare che il Co.Ge.A.P.S. collabo-ra strettamente con l’AgeNaS, grazie ad una specifica convenzione, per sviluppare ed implementare il Dossier formativo individuale e di gruppo. L’implementazione del Dossier formativo dunque rappresenta un elemento fon-damentale nella progressione del sistema ECM nel suo cammino verso la certificazione della qualità della forma-zione (e forse in futuro anche delle competenze) che, pur trattandosi di un procedimento ancora in divenire, vede nella programmazione della formazione un importante passo avanti. D’altra parte il sistema ECM – Educazione continua in me-dicina – nasce come strumento finalizzato a mantenere, sviluppare e migliorare le conoscenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali degli operatori sanitari, con l’o-biettivo di assicurare efficacia, appropriatezza, sicurez-za ed efficienza all’assistenza prestata dal SSN a favore dei cittadini. Per tale ragione è stato reso obbligatorio un aggiornamento, continuo e costante, affinché tutti i pro-fessionisti della salute avessero la possibilità di migliorare le proprie conoscenze e abilità evitando fenomeni di ec-cessiva autoreferenzialità formativa successiva all’abilita-zione professionale. Banalizzando, l’aggiornamento e la formazione continua sono l’elemento naturale (il DNA!!) alla base delle professioni intellettuali, cui a pieno titolo afferiscono le professioni sanitarie.Esaurita questa sintetica panoramica introduttiva appare lecito domandarsi: come stanno rispondendo al sistema ECM oggi i diversi Ordini e Albi professionali? La sanità italiana risponde in modo compatto o con differenze sen-sibili tra le varie professioni?

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professionisti della sanità. Incrociare milioni di dati tra anagrafiche e partecipazioni ECM, oggi produce la reale fotografia del sistema ECM in Italia.Per raggiungere questi obiettivi il Consorzio opera nell’ambito del quadro normativo dell’ agosto 2011, che assegna agli Ordini, Collegi e Associazioni anche compi-ti di vigilanza in materia di formazione continua. Pertanto il Co.Ge.A.P.S. fornisce ad Ordini, Collegi ed Associazio-ni gli strumenti utili e necessari per svolgere tale compito. Il Consorzio è inoltre impegnato a dare attuazione alla Determina della CNFC del 13 luglio 2013 in modo da rendere fruibili ed effettivi gli istituti degli esoneri e delle esenzioni ed a caricare in banca dati tutta la formazione individuale (tutoraggi, formazione all’estero e autofor-mazione). Infine il Consorzio intende costruire un’ unica banca dati di tutti gli eventi ECM svolti in Italia, per poter finalmente fornire a tutti gli attori istituzionali un quadro esaustivo dell’offerta formativa ECM in Italia. L’ultima parte di questa sintetica panoramica sulla forma-zione ECM è dedicata ad alcune riflessioni quali possono scaturire dall’analisi dei primi dati sull’andamento della partecipazione agli eventi formativi nel triennio in corso (2014 - 2016).Il trend relativo alla partecipazione dei professionisti alla formazione ECM per questi primi 18 mesi del triennio in corso appare sovrapponibile all’analogo periodo del triennio precedente (2011 – 2013). Da notare che il 2013 è stato l’anno che ha visto in assoluto la parteci-pazione del maggior numero di professionisti alla forma-zione ECM (forse perché era l’anno che concludeva il primo triennio sottoposto a certificazione). In ogni caso il trend complessivo, pur col ‘record’ del 2013, vede un numero sempre maggiore di professionisti coinvolti nella formazione ECM. Anche se ovvio, è bene precisare che i dati del triennio in corso non sono ancora stabilizzati sia perché persistono alcuni ritardi nella trasmissione dei crediti (specie da parte degli enti accreditanti) sia per-ché, legittimamente, non sono ancora pervenuti tutti i cor-si FAD, alcuni dei quali di durata annuale e frequentati da numeri importanti di professionisti. A tale proposito è bene ricordare che alcuni sistemi regionali, nel corso de-gli anni, hanno ‘ceduto’ parte della formazione al sistema nazionale, soprattutto per il crescere dell’impiego di corsi FAD accreditati appunto a livello nazionale.Di seguito alcuni grafici che rappresentano quanto esposto.

unici elementi che devono essere acquisiti dagli Ordini e dalle realtà professionali, ma deve nascere tra l’Ordine e il professionista un rapporto informativo costante nel tem-po, mirato a documentare, valutare e certificare la qualità della formazione professionale. Per perseguire questo risultato è stato necessario anche rendere disponibili agli Ordini il flusso dei crediti di ogni singolo professionista assistendo, di fatto, al completa-mento di un percorso che inizia con la partecipazione ad eventi di carattere formativo (regionali, nazionali o anche all’estero) e si conclude, ciclicamente, con la certifi-cazione del percorso stesso. Il servizio può e deve essere migliorato attraverso la collaborazione di tutti gli attori, ma la via e lo schema del sistema ECM si stanno ormai consolidando. Naturalmente non sono mancate e non mancano alcune difficoltà in quanto, soprattutto all’inizio dell’esperienza ECM, il focus era concentrato maggior-mente (e comprensibilmente) sulla qualità (vera o presun-ta) dell’offerta formativa e non altrettanto sulla comple-tezza delle informazioni e dei dati trasmessi. Pertanto si sono verificate e continuano a verificarsi, in singoli casi, alcune incompletezze dei dati che, attraverso il lavoro di back office del Co.Ge.A.P.S. e la collaborazione degli Ordini, Collegi e Associazioni si cerca quotidianamente di superare. A tale proposito è opportuno ricordare che il Co.Ge.A.P.S. è nato come organismo di gestione, e quindi di riferimento, di tutto il sistema ECM. Oggi che il sistema ha imboccato il suo percorso defi-nitivo, il Co.Ge.A.P.S. sente sulle proprie spalle tutta la responsabilità di fornire dati corretti, verificabili, aggior-nati, con la maggiore completezza possibile. Quella in-somma di fornire alle Federazioni e agli Ordini, Collegi e Associazioni che formano il Consorzio (e naturalmente ai singoli professionisti) un servizio puntuale e utile, di sup-porto alle funzioni di certificazione e di accreditamento di attività formative. Il Co.Ge.A.P.S. in un certo senso non ha opzioni di scelta. L’unica opzione rimane la necessità di fornire validi elementi di servizio a Ordini, Collegi e Associazioni, affinché gli stessi possano rendere dispo-nibili tali informazioni ai professionisti, pur sapendo che una parte dei dati che sono stati forniti al Consorzio resta perfettibile.Non dimentichiamo però, anche se può apparire pleona-stico, che si tratta di un sistema – per quanto migliorabile – che eroga formazione ad oltre un milione e centomila

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(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)

(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)

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(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)

(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)

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di crediti consistente. Da ciò derivano due considerazioni. La prima, piuttosto ovvia, comporta la necessità che i professionisti (suppor-tati dagli Ordini/Collegi/Associazioni) abbiano più ‘con-fidenza’ con le norme che regolano la formazione ECM e la relativa certificazione. L’esperienza quotidiana ci sug-gerisce che qualche volta i professionisti non conoscono a sufficienza le suddette norme con tutte le conseguenze che ne derivano. La seconda riflessione, sulla quale non esprimo opinioni personali che in questo ruolo non mi competono, è da affidare all’Ente regolatore, ovvero alla Commissione nazionale formazione continua (che è com-posta da soggetti rappresentativi delle professioni, delle Regioni e del Ministero della Salute) cui spetta il compito, anche attraverso l’analisi dei dati, di comprendere i pro-cessi e le dinamiche della formazione ECM ed apportare se ritenuto opportuno (come peraltro già fatto in prece-denti occasioni) eventuali integrazioni e/o modifiche alle regole del sistema.La suddette norme sono state pensate ed introdotte dalla CNFC per orientare e ‘abituare’ i professionisti verso un aggiornamento lifelong quanto più possibile program-mato e costante nel tempo, coerente e pertinente con la propria professione e magari anche con la disciplina real-mente esercitata. Probabilmente la introduzione di alcuni elementi di flessibilità, quali una sorta di ‘recupero ope-roso’ di eventuali gap normativi, potrebbero consentire la certificazione anche a chi ha inizialmente ‘deviato’ dalla strada tracciata. Per quanto mi riguarda, da medico, posso solo auspicare che la formazione di ciascun professionista della salute sia sempre più vissuta ed orientata in funzione della reale crescita professionale e sempre meno sentita e praticata come un mero rispetto ‘normativo’ di regole (ECM) che, da sempre, rappresentano (e devono rimanere) lo stru-mento e non certamente l’obiettivo da raggiungere.

Infine una riflessione sulle implicazioni, a regole invaria-te, delle attuali norme che regolano la formazione ECM. È da rilevare che alcune norme che attualmente regolano le dinamiche formative relative all’acquisizione dei credi-ti, introdotte per questo triennio in un’ottica di migliora-mento qualitativo, si stanno dimostrando ‘paletti’ che, se non rispettati, non consentono la certificazione anche nel caso di una ‘quantità’ di formazione (e di crediti) nume-ricamente soddisfacente. È il caso, ad esempio, di quei professionisti che già nel primo anno dell’attuale triennio (ovvero nel 2014) non siano stati in grado di acquisire il numero minimo di crediti del proprio debito formativo individuale, che non avranno nessuna possibilità di sod-disfare il proprio obbligo formativo, per tutto il triennio. Infatti, tali professionisti non potranno avere la certifica-zione ECM indipendentemente dalla formazione effettua-ta nei successivi anni del triennio. Ricordo che la norma, in proposito, definisce validi ai fini della certificazione i crediti acquisiti entro un minimo ed un massimo per cia-scun anno del triennio. A mero titolo di esempio, un professionista con un debito formativo individuale di 120 crediti deve fare mediamen-te 40 crediti per ciascun anno, potendo discostarsene, in ciascun anno, per il 50% in più o in meno (nel caso in esame dunque minimo 20 e massimo 60 crediti). Se il nostro ipotetico professionista già il primo anno non acquisisse almeno 20 crediti ECM sarebbe, a regole vi-genti, matematicamente escluso dalla possibilità di certi-ficarsi, indipendentemente dal numero di crediti acquisiti in seguito nei due anni successivi del triennio (anche se in numero pari o superiore ai 120 crediti che rappresenta-vano il proprio obbligo formativo individuale).Ci sono ulteriori altre norme, non citate per brevità, che qualora non rispettate esporrebbero i professionisti al me-desimo problema, senza possibilità di recupero, ovvero la mancata certificazione pur in presenza di un numero