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Consumi MAGGIO 2015 38 Il cibo sembra al centro del sistema mediatico e comunicazionale. E, con l’avvio dell’Expo, è abbastanza normale, ma non è l’unico motivo. Ecco le ragioni di questo fenomeno in crescita Anna Zinola P ROVATE ad ac- cendere la televi- sione: a qualsiasi ora del giorno, e della notte, vedrete qualcuno ai fornel- li. Aprite un giornale e troverete le pagine dedicate alle ricette oppure un articolo incentrato sullo chef del momento. Navigate sul web: pas- sando da un link all’al- tro finirete sul sito di un food blogger, di una community di foodies (sono oltre 415mila gli italiani che dichiarano di partecipare regolar- mente a community online centrate sul cibo) o di una scuola di cuci- na. Visitate un social network: troverete mol- teplici immagini di pie- tanze più o meno elabo- rate e di tavole imbandite. Il cibo è, da qualche tempo, al centro del si- stema mediatico e comunicaziona- le: gli chef sono più celebri delle rockstar, i ristoranti sono mete di pellegrinaggio e chi non sa cucinare è tagliato fuori da molte conversa- zioni. Come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera, «abbiamo FOODMANIA

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Consumi

maggio 201538

Il cibo sembra al centro del sistema mediatico e comunicazionale. E, con l’avvio dell’Expo, è abbastanza normale, ma non è l’unico motivo. Ecco le ragioni di questo fenomeno in crescita

Anna Zinola

ProvAte ad ac-

cendere la televi-

sione: a qualsiasi

ora del giorno, e

della notte, vedrete

qualcuno ai fornel-

li. Aprite un giornale e troverete le

pagine dedicate alle ricette oppure

un articolo incentrato

sullo chef del momento.

Navigate sul web: pas-

sando da un link all’al-

tro finirete sul sito di un

food blogger, di una

community di foodies

(sono oltre 415mila gli

italiani che dichiarano

di partecipare regolar-

mente a community

online centrate sul cibo)

o di una scuola di cuci-

na. visitate un social

network: troverete mol-

teplici immagini di pie-

tanze più o meno elabo-

rate e di tavole imbandite. Il cibo è,

da qualche tempo, al centro del si-

stema mediatico e comunicaziona-

le: gli chef sono più celebri delle

rockstar, i ristoranti sono mete di

pellegrinaggio e chi non sa cucinare

è tagliato fuori da molte conversa-

zioni. Come ha scritto Aldo Grasso

sul Corriere della Sera, «abbiamo

foodmania

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39maggio 2015

Quali sono le ragioni di questo fe-

nomeno? Sicuramente la situazione

complessiva di incertezza (non solo

economica ma anche sociale e cul-

turale) gioca la sua parte. È naturale

che, in un clima dominato dalla pre-

carietà, i consu-

matori si affidi-

no (si rifugino?)

negli aspetti più

concreti, e per

questo affidabi-

li, dell’esisten-

za. e cosa vi è di

più concreto

della prepara-

zione di un ali-

mento? Gesti,

relativamente

semplici, come

la scelta degli

ingredienti o la

cottura, sono

estremamente concreti e consento-

no di arrivare a un risultato tangibi-

le, che si può vedere, toccare, annu-

sare, assaporare.

L’ho fatto con le mie maniC’è poi un tema di creatività. Seb-

bene molti chef di professione pos-

sano storcere il naso dinanzi alle

sperimentazioni domestiche, cuci-

nare è oggi, per molti, uno spazio di

espressione della propria persona-

lità. Preparare un sugo per la pasta,

magari introducendo un ingre-

diente nuovo o modificando il pro-

cedimento di cottura, oppure deco-

rare una torta, diventa così un mo-

do per raccontare qualcosa di sé,

per esprimere se stessi. e per sentir-

si gratificati. Come tutte le attività

basate sul fai da te, la cucina offre,

infatti, il valore aggiunto di poter

dire “questo l’ho fatto io, con le mie

mani”. Un plusvalore che bilancia

le eventuali imperfezioni: certo, la

torta non è bella come quella che

avrei potuto acquistare dal pastic-

C’è un tema di creatività. Sebbene molti chef di professione storcano il naso dinanzi alle sperimentazioni domestiche, cucinare è oggi, per molti, uno spazio di espressione della propria personalità

smesso di considerare il cibo un

semplice strumento di nutrimento

per elevarlo (o degradarlo) a un og-

getto di intrattenimento pop che

può declinarsi in infinite forme, ma

anche per trasformarlo in metafora

di modi d’intendere la vita».

cere, ma questa è la mia torta e, per

questo, è diversa da tutte. Un’inda-

gine realizzata da Astraricerche su

un campione rappresentativo della

popolazione parla chiaro: al 57%

degli intervistati piace provare

nuove ricette mentre il 24% dichia-

ra di sperimentare accostamenti e

metodi di preparazione nuovi, di-

versi dal comune (come la cottura a

vapore o il wok).

Foodporn: cibo da mangiare con gli occhiQuesto aspetto del fenomeno è par-

ticolarmente evidente sui social net-

work, dove le fotografie di ricette

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Consumi

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elementi di consonanza inaspetta-

ti. Lo dimostra il blog taste of

runway, nel quale le ultime ten-

denze delle collezioni dei designer

sono accostate a spunti creativi da

utilizzare in cucina: l’abito rosa

shocking di Gucci viene associato

al risotto alla barbabietola, l’outfit

di Alexander Mc Queen a uno spe-

ziato risotto al curry e la creazione,

ovviamente rossa, di valentino a

una millefoglie di formaggio e po-

modorini.

10 paradigmi di approCCio aLimentareSi intitola Nuovi modelli di consumo alimentare il libro di Anna Zinola (Tecniche Nuove). Il testo analizza la nostra relazione con il cibo: il modo in cui lo scegliamo, lo prepariamo, lo assaporiamo, lo offriamo, lo guardiamo, lo condividiamo. In particolare, evidenzia 10 nuovi paradigmi di approccio all’alimentazione:

costituiscono ormai un vero e pro-

prio genere, ribattezzato Foodporn.

Qualche esempio: su Flickr il grup-

po dedicato al cibo conta oltre 40

mila membri e 600 mila immagini

caricate. Si va dalle foto di costo-

lette di maiale posate sulla brace

incandescente ai pancake irrorati

di sciroppo d’acero, dalla pizza

alla torta di mele. Su Pinterest i

board fotografici dedicati al cibo

generano il 50% in più di condivi-

sioni rispetto a quelli sulla moda o

lo stile, mentre Instagram, dove si

susseguono immagini di alimenti

dolci e salati, è stato ribattezzato

Foodstagram.

dalla moda alla cucinaSenza dimenticare i blog: da quelli

più tradizionali, come GialloZaffe-

rano, a quelli dedicati all’universo

veg, sino ai blog che uniscono mo-

da e cucina. Avete capito bene: il

cibo e gli abiti. Due mondi appa-

rentemente in antitesi, che rivelano

La strana coppia: si affermano nuovi, inso-liti, abbinamenti organolettici: le patatine al cioccolato, il gelato all’alga spirulina, il cioc-colato con il sale…

La ricetta del design: l’estetizzazione dei piat-ti si consolida non solo nel fuori casa ma anche in ambito domestico (come mostra il successo dei prodotti e degli strumenti per il cake design).

Senza: si allarga e diversifica l’offerta dei prodotti connotati dall’assenza di un ingre-diente: senza il glutine, il latte, le uova.

L’ora del tè (e non solo): sia a tavola sia nel fuori pasto si diffondono nuove bevande alco-liche (la birra artigianale, il sidro) e non (il tè).

Le cattedrali del gusto: i nuovi luoghi della spesa, dove si va per acquistare, mangiare, guardare, imparare. Da Eataly a Eat’s, passan-do per il Mercato di Mezzo.

A tema: al ristorante o in pasticceria il menu propone un solo piatto (l’hamburger, le pol-pette, i macaron) declinato in innumerevoli versioni.

Indovina chi viene a cena: questa sera si mangia a casa. E si cucina per gli amici, ma anche per sconosciuti incontrati grazie alle piattaforme di social eating.

Spirito verde: le declinazioni del mangiare sano si moltiplicano: bio, veg, green, km zero, raw…

Save the food: non sprecare… in casa (rici-clando gli avanzi, pianificando la spesa) e fuori casa (basta chiedere la doggy bag).

L’avanzata dell’etnico: emergono nuove cu-cine (come quella vietnamita o peruviana) men-tre l’etnico di “lungo corso” (la cucina cinese o il kebab) assumono una veste gourmet.

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41maggio 2015

La crisi economica e il boom del fai da teUn altro elemento fondamentale,

che ha senza dubbio favorito il bo-

om della cucina, è la crisi economi-

ca. La contrazione del potere di

spesa delle famiglie ha incentivato

un ritorno alla preparazione dome-

stica dei piatti. Perché spendere 10

euro (almeno) per mangiare una

pizza fuori quando, con una cifra

decisamente inferiore, posso pre-

parare a casa la pizza che preferi-

sco? Perché acquistare le lasagne

già pronte quando, con un po’ di

tempo e pazienza, posso farle io?

La crisi ha dunque fatto riscoprire

il piacere della tavola a casa (da

soli, in famiglia, con gli amici) ma

anche in ufficio. Secondo il Censis,

sono infatti ben 7,7 milioni gli ita-

liani che ricorrono alla “schiscetta”

(ovvero il cibo portato da casa) e, di

questi, quasi 4 milioni lo fa regolar-

mente. In tal modo risparmiano

(chi ha i buoni pasto li utilizza per

la spesa, nei supermercati che li

accettano), variano il menu (sottra-

endosi alla scelta obbligata tra pa-

nino e piatto scaldato proposti nel

bar sotto l’ufficio) e, nel contempo,

si nutrono in maniera un po’ più

equilibrata (o almeno ci provano).

nuovi stili alimentariIl perdurare della crisi ha inoltre

sostenuto lo sviluppo di nuovi stili

alimentari. È il caso, per esempio,

della cucina basata su materie pri-

me povere, meno costose: la scara-

mella di bovino al posto del filetto,

le ali e le frattaglie al posto del pet-

to di pollo, i fagioli e le lenticchie al

posto della carne e così via. Si pone

nello stesso filone la tendenza a

recuperare gli avanzi, evitando che

vadano sprecati tra i rifiuti. Così la

pasta avanzata diventa la base per

un timballo, mentre il riso della

sera precedente si trasforma nella

farcitura degli arancini. Il pane raf-

fermo, un classico tra gli avanzi

della tavola, si frulla nel mixer e

diventa pan grattato oppure, una

volta lasciato in ammollo nel latte,

viene utilizzato come ingrediente

per le polpette. Un esempio concre-

to arriva dai dati sul cenone di Ca-

podanno 2014, i cui avanzi sono

stati riutilizzati per i pranzi e le

cene post-feste. In questo modo, tra

cibo e bevande, sono stati salvati

dalla spazzatura 200 milioni di eu-

ro (fonte: Coldiretti). Un aiuto per

ridurre gli sprechi arriva, inaspet-

tatamente, dalla tecnologia grazie

alle piattaforme online, come

MyFoody. Il meccanismo è sempli-

ce: le imprese della produzione,

distribuzione e ristorazione “cari-

cano” sul sistema la propria offerta

(prodotti in scadenza, difettati o in

eccesso purché, ovviamente, quali-

tativamente perfetti) e l’utente, una

volta collegatosi, visualizza i pro-

dotti disponibili nella propria area.

Un sistema win win, vantaggioso

per entrambe le parti coinvolte: le

aziende aumentano le percentuali

di vendita e riducono la quantità di

rifiuto da smaltire mentre i consu-

matori risparmiano.

La crisi si sente ma gli sprechi continuanotuttavia, nonostante le strategie

messe in atto, la quota di alimenti

che finisce nella spazzatura è anco-

ra enorme. Secondo Coldiretti, è

pari al 30% degli alimenti acquista-

ti, per un totale di 4mila tonnellate

di prodotti al giorno. I motivi per

cui il cibo finisce nella pattumiera

sono tanti. C’è chi compera confe-

zioni troppo grandi, chi riempie il

La contrazione del potere di spesa delle famiglie ha incentivato un ritorno alla preparazione domestica dei piatti

frigo perché ha sempre paura di

non avere in casa cibo a sufficienza

e chi, attratto da sconti e offerte,

acquista prodotti che finisce per

non consumare. Ma ci sono anche

gli sperimentatori che mettono nel

carrello i prodotti nuovi o dai sapo-

ri insoliti (salvo, poi, cestinarli poi-

ché non corrispondono al loro gu-

sto) e le famiglie destrutturate: si fa

la spesa per tutti, ma poi uno si

ferma a cena fuori, l’altro fa l’ape-

ritivo, il terzo arriva tardi, non fa in

tempo a cucinare e ordina la pizza.

risultato: la spesa finisce nel casso-

netto. Fra i cibi gettati i posti di

onore spettano, ovviamente, ai fre-

schissimi, come la frutta, la verdu-

ra e i formaggi.