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Fondazioni, uno scatto per liberare la filantropia Forti del Protocollo siglato col Tesoro, gli enti filantropici nati dagli istituti creditizi si apprestano a vivere una nuova primavera. Dal 2000 stanziati 20 miliardi a beneficio delle comunità locali. Finanziati quasi 23mila progetti l'anno, dal Welfare alla cultura
EUGENIO FATICANTE
Da una riforma all'altra, passando lungo un quarto di secolo, le 88 Fondazioni di origine bancaria fanno il ta
gliando e si apprestano a vivere una nuova, lunga primavera. A volte messe sotto attacco, a metà di questa decade del Duemila le Fondazioni assumono un carattere "smart", con patrimoni più diversificati e governan-ce e gestioni più moderne. Temi che saranno analizzati nella "due giorni" del XXIII congresso nazionale dell'Acri (l'associazione nazionale delle Fondazioni), in programma domani e venerdì 19 a Lucca. Per 25 anni, dopo essersi scisse dalle banche preesistenti - secondo lo spirito della "legge Amato" del 1990 che, sull'onda delle privatizzazioni, volle distinguere fra l'attività creditizia e quella filantropica -, le Fondazioni hanno sorretto le banche nazionali attraverso i marosi della peggiore crisi economica dal Dopoguerra, oltre a favorire (e non frenare, come sostengono alcuni) le aggregazioni fra istituti. Il Mario Draghi oggi a capo della Bce riconobbe, nel suo ex ruolo di governatore di Bankitalia, che le Fondazioni - da lui ripetutamente e-sortate a partecipare ai vari aumenti di capitale (cosa che hanno fatto per 7,5 miliardi dal 2008 al 2013) - sono state «un'ancora di salvezza per il sistema bancario italiano». Esaurita questa fase storica, oggi questi organismi tornano alla loro originaria natura di soggetti non profit, privati e autonomi, per valorizzarne ancor più il
ruolo filantropico. Fondamentale in un'epoca di tagli e ridimensionamenti per quello Stato sociale costruito nei decenni passati, ma stremato dalla recessione. Non un'evoluzione, ma una conferma per questi enti passati dallo stato di "Frankenstein a principe azzurro" (così le definirono, in un saggio di qualche anno fa, Paolo Messa e Fabio Corsico). Mediamente le Fondazioni distribuiscono ogni anno quasi un miliardo di euro sul territorio, a beneficio delle comunità locali. Dal 2000 - anno di entrata in vigore della "legge Ciampi" - al 2014, le Fondazioni hanno erogato risorse per complessivi 18,4 miliardi di euro (8,3 nel solo periodo 2008-2014) e accantonato ulteriori risorse per l'attività erogativa futura per circa 2 miliardi, per un totale di 20,4 miliardi. Per il secondo anno consecutivo, nel 2014 il Welfare in senso lato si è
confermato come il principale campo d'intervento, con circa 325 milioni. Questa loro funzione verrà esaltata ora dal nuovo quadro legislativo scaturito dal Protocollo d'intesa (ora in via di recepimento nei rispettivi Statuti) firmato il 22 aprile scorso al Tesoro dal ministro Padoan e da Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri. Proprio Guzzetti, che anche in questa occasione si è confermato sapiente tessitore di rapporti, ha sottolineato di recente che «è necessario» che il ruolo di azionisti stabili delle banche sia svolto d'ora in poi da «altri investitori nazionali o esteri», mentre per le Fondazioni - al di là di quelli che si sono confermati casi isolati (Siena e Genova) -«la prospettiva non potrà essere che quella del paziente investitore istituzionale di medio-lungo termine, attento a remunerazione ed equilibrio patrimoniale». Ne è stata fatta di strada, dai tempi in cui la politica decideva direttamente le nomine dei vertici delle casse di risparmio. La vecchia "foresta pietrificata" è diventata un fiorire di alberi che portano frutti. E che ora riceveranno nuova linfa dalla mega-transizione innescata dall'ultimo protocollo. Sono meno della metà le istituzioni interessate, quelle con oltre un terzo dell'attivo investito in banche e che dovranno scendere sotto tale quota entro 3-5 anni. Molto, comunque, è stato già fatto: dai dati di fine 2014, sono 12 gli enti rimasti con una quota oltre il 50% nelle rispettive banche conferitane, mentre ben 26 hanno ceduto ogni partecipazione. Questo nuovo processo comporterà che fra oggi e il 2018 saranno messi in vendita titoli per diversi miliardi di euro. Somme che saranno forse reinvestite in parte anche in imprese che operano nei territori di riferimento delle Fondazioni. Intanto su questi si riversa già la gran parte
delle erogazioni filantropiche: nel 2014 i progetti finanziati sono stati 22.805 (per un finanziamento medio di poco meno di 40mila euro a testa). Al loro interno spicca, nell'ambito culturale, il progetto "Fun-der35": 2,65 milioni stanziati quest'anno per un bando che seleziona le migliori imprese non profit del settore costituite da chi ha meno di 35 anni. Tantissimi poi i restauri: nella stessa Lucca, il Complesso conventuale di S. Francesco che ospita il congresso è stato acquistato e sistemato dalla locale Fondazione; solo per fare alcuni esempi, anche Cariverona ha stanziato 14 milioni per il re-
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stauro dell'Arena, così come a Modena l'ex ospedale S. Agostino è stato trasformato in una sorta di locale "Beaubourg". Non meno significative sono le iniziative nell'hou-sing sociale (attiva soprattutto la Cariplo) e quelle sviluppate assieme alle Caritas: alcune particolarmente originali, come gli "Empori della Solidarietà", ovvero mercati dove persone non abbienti possono trovare gratis prodotti di prima necessità (finora ce ne sono a Foligno, Parma e La Spezia). Una "potenza" erogatoria non scalfita, anzi valorizzata dall'altra grande svolta operata dalle Fondazioni, quella che le portò nel 2003 a entrare nella Cassa depositi e prestiti che lo Stato trasformava in Spa (la cui evoluzione, peraltro, è al centro proprio in questi giorni di chiarimenti con il governo): oggi sono 64 quelle ancora presenti, col 18,4% del capitale. È anche grazie a scelte come questa (dai dividendi Cdp nel 2014 sono arrivati 159 milioni) se, a livello di sistema, il loro patrimonio netto non ha conosciuto crisi: se nel 2000 era di 35,4 miliardi, l'anno scorso è arrivato a quota 41,2 miliardi, nonostante le perdite di valore subite dai titoli bancari e l'incidenza del carico fiscale. Sì, perché le Fondazioni sono ottimi contribuenti, con un volume di tasse pagate schizzato nel 2014 a 423,7 milioni (oltre il quadruplo rispetto al 2011). Sullo sfondo resta poi il rebus da sciogliere delle quote di Bankitalia: le banche che le detengono devono vendere quelle eccedenti il 3%, che forse potrebbero essere d'interesse anche per le Fondazioni, pur non essendo queste ultime troppo allettate da u-no "strumento" che renderebbe loro di meno rispetto alle performance degli investimenti in gestioni esterne (le più lusinghiere delle quali fruttano anche più dell'8%). Scelte da compiere tenendo presente però
un punto cardinale: chi chiede limiti per questi enti non riconosce che, senza di essi, tantissime iniziative meritorie non sarebbero più finanziate. E per il Paese sarebbe solo un danno in più.
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OLTRE LA CRISI
Patrimonio salvaguardato Nonostante la crisi economico-finanziaria che ha investito il Paese ormai da circa sette anni, il patrimonio contabile delle Fondazioni di origine bancaria dal 2000, anno di entrata in operatività della legge Ciampi, a oggi ha comunque avuto un tasso di crescita medio annuo dell' 1,1%. Nello stesso periodo 2000-2014, le Fondazioni hanno erogato risorse per complessivi 18,4 miliardi di euro (8,3 nel solo periodo 2008-2014) e accantonato ulteriori risorse per l'attività e-rogativa futura per circa 2 miliardi di euro, per un totale di 20,4 miliardi. Hanno, quindi, assolto agli obblighi di salvaguardare il patrimonio e generare una redditività in grado di sostenere l'attività istituzionale, compatibilmente con l'andamento dei mercati finanziari. Nel 2014, in particolare, il rendimento medio del patrimonio è cresciuto di 1,9 punti percentuali, arrivando nel 2014 al 5,5%.Aveva avuto una flessione fra il 2008 e il 201 I, per ricominciare a crescere nel 2012 e consolidarsi al 3,6% nel 201 3, mostrando andamenti in linea con una prudente gestione in una fase economica ancora molto critica e a fronte di patrimoni che in alcuni casi hanno fortemente risentito della svalutazione delle partecipazioni nella banche conferitarie.
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Guzzetti: la nostra scommessa è il Welfare di Comunità MARCO GIRARDO
Intervistato recentemente da Avvenire, il premio Nobel per l'Economia (2001) Joseph Stiglitz ha suggerito senza troppi giri di parole:
"Tenetevi stretto il vostro Welfare. Correggetelo dove serve, ma tenetevelo stretto". Presidente Giuseppe Guzzetti, concorda? Se per Welfare intendiamo la capacità di dare risposte concrete alle categorie svantaggiate, non posso che concordare con Stiglitz. Il problema dello Stato sociale italiano sono però le risorse. Che mancano. E per di più anche quelle che ci sarebbero - e che da sole comunque non bastano -sono mal utilizzate. Negli anni della crisi molto Welfare è stato scaricato sul Terzo settore. Che per primo, facendo anche di necessità virtù, ha provato a rispondere ai nuovi bisogni. Che ruolo hanno avuto e hanno tuttora le Fondazioni di origine bancaria in questa particolare situazione? In certi casi il confine tra sussidiarietà e supplenza diventa effettivamente molto sottile. Una sfida importante è quella dell'integrazione degli attori e dei finanziamenti. E le Fondazioni stanno sulla frontiera dei bisogni sociali. La riflessione dell'Acri, una riflessione maturata in questi anni,
ruota intorno a una domanda: come possiamo dare una risposta ai nuovi bisogni determinati ad esempio da una popolazione anziana crescente per l'allungamento della vita media? La risposta che proponiamo è il Welfare di Comunità. Un apposito gruppo di lavoro - coordinato dal presidente della Fondazione di Ascoli Piceno, Vincenzo Marini Marini - ha completato un ampio approfondimento e alcune Fondazioni hanno già iniziato una sperimentazione. L'idea di fondo è quella del territorio. La parola chiave, invece, è proprio "comunità". Come si declina il Welfare di Comunità? Il Welfare di Comunità fa leva sul concetto di appartenenza. Appartenenza a un determinato quartiere, a un determinato Comune. Appartenenza, cioè, al luogo in cui si vive. Per coinvolgere attori istituzionali, pubblici privati, il mondo del Non pro-fit, i volontari e i cittadini, e trovare insieme soluzioni a casi concreti: quella casa di riposo che non ha fondi, quell'ambulanza che manca, quell'idea di impresa sociale. Insomma: l'obiettivo è coordinarsi per essere più concreti? In un certo senso è così. Oggi risultano spesso dispersi anche gli interventi che chiamiamo di "secondo Welfare" : dal welfare aziendale al neo-mutualismo, sino alla filantropia e al Terzo settore. L'obiettivo è proprio quello di avere un piano di risposte coordinato. Che integri e ordini, ad e-sempio, gli interventi di un'area che coinvolge 20 Comuni. Soggetti pubblici che magari agiscono in ottica di welfare sussidiario, ma da soli non ce la fanno. Come lavorano gli Enti che hanno già avviato sperimentazioni nel campo del Welfare di Comunità? Lavoriamo con i bandi. Chiediamo ai territori, al
le comunità, agli enti pubblici, alle tante aziende che stanno predisponendo piani di welfare di
Il presidente dell'Acri: in certi casi il confine tra sussidiarietà e supplenza diventa molto sottile Una sfida importante è quella dell'integrazione ai attori e finanziamenti trovare risposte comuni. Dietro c'è quest'idea: siamo ricchissimi di capitale umano, in Italia. Di volontari e di generosità. Possiamo mobilitare i cittadini verso risposte comuni? E non partiamo da zero, per di più. Il Terzo settore già si muove. E si potrebbero magari trovare anche quelle risorse pubbliche che gestite in modo centralizzato si perdono e disperdono finendo per non rispondere ai bisogni veri e nuovi della società. Perché coinvolgere anche le imprese? Perché il welfare aziendale non è più una prerogativa di pochi grandi gruppi illuminati. Si sta diffondendo anche nella media e addirittura nella piccola azienda. Che si mette in rete. È dunque un fattore nuovo e importante da armonizzare. Come far sentire i cittadini protagonisti in un percorso di Welfare comunitario? Siamo un popolo generoso, dicevamo. Lo si vede nelle raccolte fondi per le grandi calamità in ogni angolo del mondo: si raccolgono milioni. Dobbiamo saperla convogliare, tale generosità, anche verso i problemi più vicini. Quella della comunità di appartenenza, appunto, della porta accanto, dello stesso pianerottolo. Con la Fondazione Cariplo abbiamo destinato a questo tipo di progetti 10 milioni nel 2014, 10 nel 2015
e 10 nel 2016. Complessivamente, sono state raccolte più di 80 idee e sono in corso 7 sperimentazioni in Lombardia. Il dibattito è importante perché contribuisce a stimolare la partecipazione. E i cittadini devi coinvolgerli nel momento in cui si elabora, certo, ma anche dare loro la possibilità di partecipare alla verifica. Ci deve essere la possibilità di far vedere che i progetti si realizzano, di toccare con mano i risultati. Solo così la semplice generosità si trasforma in vera solidarietà di comunità. Il protocollo d'intesa libererà nuove risorse per la società civile? Il protocollo è l'applicazione della legge Ciampi. Tuttora attuale! La Legge stabiliva il principio della diversificazione degli investimenti per garantire la solidità e la trasparenza delle erogazioni. Ora abbiamo definito i criteri. Che sono stringenti: devi diversificare i rischi, non ti puoi indebitare, devi utilizzare il denaro per erogare sul territorio, vera funzione delle Fondazioni. Non più di un terzo delle risorse in un singolo investimento, niente speculazione - cioè niente derivati, se non in alcuni casi e sempre per copertura, mai per guadagnare - non ti devi indebitare più del 10% e comunque solo temporaneamente. Tutto finalizzato a far gestire correttamente le risorse: patrimonio e investimenti. Per fare, sem-
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pre di più, buone cose nel sociale, nella ricerca scientifica, nell'ambiente e per l'arte e la cultura.
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L'intervento
La questione cruciale è come essere «generativi» e capaci di moltiplicare le risorse disponibili
LEONARDO BECCHETTI
Una riflessione sullo stato dell'arte del Welfare in Italia alla luce delle esperienze messe in campo a opera delle Fondazioni di origine bancaria rappresenta
un contributo prezioso al progresso delle conoscenze e delle pratiche in questo settore così delicato e decisivo per il benessere del Paese. In uno dei passi cruciali, il documento dell'Acrile Fondazioni e il Welfare. Analisi, prospettive e modelli di intervento ricorda che «A fronte di una spesa pubblica per assistenza sociale stimata in oltre 60 miliardi di euro annui, gli interventi delle Fondazioni nel settore ammontano a circa 300 milioni di euro». La questione fondamentale per le Fondazioni nell'attuale contesto storico dunque è come riuscire ad avere il massimo impatto possibile ed essere "generativi", ovvero mettere in piedi con quelle limitate risorse processi moltiplicativi e iniziative in grado di camminare sulle proprie gambe negli anni a venire realizzando interventi di qualità e centrando gli obiettivi di benessere che ci si propone di raggiungere. Per poter rispondere a questa domanda il documento parte dall'analisi dei limiti del sistema tradizionale di Welfare. La critica all'approccio meramente risarcitorio del Welfare appare ben fondata. Meccanismi basati unicamente su trasferimenti monetari ai bisognosi vanno incontro a un doppio problema. In primis ci sono i ben noti rischi di manipolazione da parte dei potenziali beneficiari circa le condizioni che determinano l'accesso al sussidio ma, più in profondità, il problema diventa quello di un meccanismo che non produce miglioramento della qualità della vita dei beneficiari stessi perché non "dignifica". È forse possibile completare allora questa analisi del documento affermando che una soluzione ottima ai due problemi è quella di puntare decisamente, ove possibile, all'attivazione dei bisognosi proponendo una prestazione che attribuisca loro un ruolo attivo, conferendo dignità e subordinando eventualmente al suo svolgimento un possibile trasferimento monetario. Una volta completata l'analisi dei limiti e dell'improponibilità del vecchio modello di Welfare, il documento individua alcune linee guida fondamentali ai fini della qualità dell'intervento. I principi che vengono sottolineati più spesso sono quelli della "cost-effectiveness" e del ruolo catalizzatore che le Fondazioni possono realizzare per costruire reti di attori sul territorio in grado di sviluppare e portare avanti le iniziative dopo il primo stimolo in cui la Fondazione gioca un ruolo diretto di protagonista. Capire a fondo che siamo persone, ovvero nessi di relazioni e non solo "individua sostanza razionale", vuol dire dunque valorizzare al massimo quella vita di relazioni che ga
rantisce al contempo senso e soddisfazione di vita e fertilità dell'agire economico e sociale. Tutto questo è ancora più importante ed evidente in quanto molti dei settori del Welfare nei quali le Fondazioni operano riguardano servizi alla persona dove la qualità delle relazioni tra fornitore e utente del servizio è elemento fondamentale di qualità. Ispirandosi a questo principio di valore aggiunto e di ricchezza prodotta dalla relazione, l'azione delle Fondazioni sembra sempre di più fare riferimento al concetto di rete con l'obiettivo esplicito di promuovere massa critica a livello territoriale attraverso coalizioni di attori in grado di promuovere quella creazione di capitale sociale che è la linfa fondamentale per l'attivazione e il successo dei processi avviati. Nonché della loro capacità di avere vita propria autonoma dopo l'iniziale impulso creativo delle Fondazioni stesse, capacità che è caratteristica essenziale del concetto stesso di generatività alla Erikson (in cui tappe fondamentali sono il generare, l'accompagnare, il far crescere e il lasciar andare).
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Molto importante, e più volte sottolineato nel documento, in questo sforzo di attivazione delle reti di at tor i locali, anche il processo con il quale si attivano interventi.Anche da questo punto di vista è ormai acclarato che la partecipazione e il coinvolgimento di tu t t i gli attor i locali è un requisito fondamentale per il buon funzionamento di un'iniziativa. L'altro r i fer imento fondamentale che le Fondazioni devono avere a mente quando decidono come operare e in che modo essere più generative è quello del traguardo di benessere o ben-vivere verso cui indirizzare gli sforzi. Da questo punto di vista esse possono tener conto del ruolo di leadership che il nostro Paese è riuscito a ritagliarsi da questo punto di vista attraverso la costruzione della mappa del Bes (il Benessere Equo e Sostenibile). Al di là di questi due nodi cruciali del principio della relazione e della definizione del valore, il f i lo condut tore del documento Acr i si t rova in alcune parole chiave - sussidiarietà, sostenibilità, responsabilizzazione, dignificazione, generatività, rete - che sintetizzano bene l'evoluzione della riflessione sulle iniziative sostenute ed avviate.
Leonardo Becchetti Professore ordinario di Economia Politica Facoltà di Economia Università di Roma
Tor Vergata
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Accoglienza ai profughi e clima sfide per chi dona
ANDREA D I TUR]
La filantropia, per fortuna, non è mai passata di moda. Ma in un'era di risorse pubbliche sempre più scarse è chiamata a compiere una salto di qualità. Cioè a mettere in
campo tutte le energie di cui dispone per diventare protagonista di sperimentazioni e proposte di cambiamento che siano da guida alla società in un'ottica di bene comune. Il tema è stato al centro della 26ma Conferenza e Assemblea generale di Efc-European Foundalion Centre, l'associazione delle fondazioni e degli enti filantropici di tutta Europa, e non solo, che si è svolta a maggio a Milano. Cogliendo l'occasione della contemporaneità con Expo 2015, e della grande rilevanza che per il mondo della filantropia rivestono le tematiche al cuore dell'esposizione universale, Fondazione Cariplo e alcune delle altre maggiori fondazioni italiane (Compagnia di San Paolo, E-nel Cuore Onlus, Fondazione Bracco, Fondazione Cr Cuneo, Fondazione Crt, Fondazione Cr Padova e Rovigo, Fondazione Cr Venezia, Fondazione Umanamente e Uni-credit Foundation) hanno organizzato e sostenuto l'evento. Provocando un'invasione di filantropi, circa un migliaio, giunti nel capoluogo lombardo per dibattere sul presente e il futuro della filantropia. Nelle decine di incontri programmati nella tre giorni di Milano sono emersi una quantità di spunti interessanti, fra cui alcuni si possono ritenere particolarmente indicativi della strada che si sta seguendo un po' in tutto il mondo per dare forma a una filantropia moderna. Il che, in sintesi estrema, significa soprattutto due cose: una scelta molto precisa di priorità d'azione; e una definizione di modelli e metodologie attraverso cui operare per essere sempre più efficienti ed efficaci.
Per essere davvero incisiva, la filantropia è chiamata a fare delle scelte, anche difficili ma indispensabili. Focalizzando la sua azione su determinati ambiti. Uno è senza dubbio l'a-groalimentare, specie dal punto di vista della ricerca e sperimentazione di soluzioni che possano permettere di garanti-
I nuovi fronti per i benefattori sono la ricerca nel campo agroalimentare, il contrasto al climate change e l'attenzioni ai migranti. Il tema al centro della 26ma Conferenza e Assemblea generale di Efc-European Foundation Centre che si è svolta a maggio a Milano
re l'accesso al cibo a fasce sempre più ampie di popolazione mondiale, tema su cui spesso ha preso posizione lo stesso Papa Francesco. In questo senso è da sottolineare il ruolo che può giocare la Global alliance for the future of food (Gaff), l'alleanza fra venti fondazioni filantropiche internazionali, per la promozione di sistemi agroalimentari sostenibili. A cui le fondazioni Gaff destinano ogni anno oltre 650 milioni di dollari, soprattutto su progetti di ricerca. Altro tema di crescente importanza è il contrasto al cambiamento climatico, su cui alcuni enti già si stanno spendendo fortemente. Significativa al riguardo l espressione utilizzata da Ellen Dorsey, direttore del Wallace Global Fund, secondo cui «siamo la prima generazione ad avere la consapevolezza della crisi ambientale e l'ultima ancora in tempo a evitarla». C'è poi il tema dell'accoglienza dei profughi, che da emer
genziale sta diventando strutturale ed è particolarmente sentito in Paesi come l'Italia. Conportavoci Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo, le fondazioni europee si sono impegnate in una nuova un'iniziativa: da settembre attiveranno una task force ciré prenderà in carico i minori non accompagnati che sbarcano in Italia (quasi 8mila solo nel 2014). Anche facendo leva sulla piattaforma Epim-European Pro-gramme for integration and Migration, con cui da dieci anni molte fondazioni europee già collaborano sull'accoglienza e l'inclusione dei migranti. Ecco, la collaborazione: sul fronte delle modalità con cui operare, la sfida principale è agire in modo sempre più coordinato fra fondazioni ma anche, come ha affermato il direttore generale di Efc, Gerry Salole, cer
care una "collaborazione tra Stato, mercato e filantropia, affiancando l'esperienza e le risorse dei policy-maker e delle a-ziende". L'altro terreno su cui la filantropia deve confrontarsi è la valutazione dell'impatto sociale della propria attività, lavorando a una condivisione di metodologie e metriche il cui fine ultimo è la migliore allocazione delle risorse disponibili. La costruzione di un futuro più sostenibile per tutti passa anche da qui.
Le fondazioni europee fanno rete con Dafne Si chiama Dafne e sta per Donors and Foundations Networks in Europe: è la rete continentale delle reti nazionali delle fondazioni e degli enti f i lantropici. All' interno della rete Dafne sono rappresentati 23 Paesi europei. Per l'Italia ne fanno parte Acri (Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio spa) e Assifero (Associazione Italiana Fondazioni ed Enti di Erogazione). Complessivamente, attraverso le reti nazionali, aderiscono a Dafne oltre 7mila
fondazioni ed enti f i lantropici. Ma secondo i più recenti dati elaborati da Dafne e Efc-European Foundation Centre, si stima che nel Vecchio continente operino qualcosa come 129mila "public benefit foundations", fondazioni per il bene comune che insieme hanno una capacità erogativa superiore ai 53 miliardi di euro l'anno. A contarne il maggior numero è la Germania (oltre 19mila), che ha anche il primato per capacità erogativa (17 miliardi di euro) davanti all'Italia (10 miliardi). Il nostro paese è invece il primo in termini di asset (90 miliardi di
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euro) davanti all'Olanda (80 miliardi).
LA TASSAZIONE
Gli Enti? Ottimi contribuenti Non c'è che dire, le Fondazioni sono ottimi contribuenti per lo Stato e per gli Enti locali. Il carico fiscale - per le imposte dirette, sui proventi percepiti, e indirette, come Ires, Irap e I-mu, corrisposte nel 2014 - è stato pari a 423,7 milioni di euro. Guardando agli ultimi anni, si nota come la tassazione sulle Fondazioni di origine bancaria è continuata a crescere nel tempo, con questa progressione: 100 milioni di euro nel 201 I, 170 nel 2012 e nel 2013,per passare ai 423,7 del 2014. E il risultato dell'effetto combinato dell'aumento degli oneri sui rendimenti derivanti dagli investimenti finanziari - passati dal 12,5% al 20% nel 2012 e poi al 26% nel luglio 2014 - e l'ulteriore aggravio sulle rendite finanziarie determinato dalla legge di Stabilità 2015, che ha ridotto la quota di esenzione
sui dividendi percepiti dal 95% al 22,26% (quota rimasta invece al 95% per i soggetti privati profit, le cui risorse, a differenza di quanto avviene per le Fondazioni, non vengono riversate a favore della collettività).A fine 2014 il patrimonio immobiliare delle Fondazioni di origine bancaria era pari a 1,6 miliardi di euro e rappresentava il 3,4% dell'attivo, di cui una minima parte era destinata alle finalità indicate dall' art. 7, comma I, lett. i), del d.lgs. n. 504/92, che prevede l'esenzione dall'imposta per gli immobili degli enti non commerciali "destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222". Su tali immobili le Fondazioni di origine bancaria hanno pagato un'imposta di 5 milioni di euro.
IL PATRIMONIO
L'inversione di tendenza» Welfare record I dati di sintesi relativi al bilancio di sistema delle Fondazioni di origine bancaria per l'esercizio 2014, anticipati dall'Acri in occasione del XXIII Congresso Nazione, registrano un significativo miglioramento sull'anno precedente e segnano finalmente un'inversione di tendenza rispetto agli ultimi esercizi. In particolare, il valore del patrimonio netto è salito per la prima volta a partire dal 201 I ed è passato dai 40,854 miliardi del 2013 ai 41,243 del 2014, con un incremento dell' I %. I proventi totali sono aumentati a 2,271 miliardi, +52,6% rispetto al dato 2013, che segnava 1,488 miliardi. Nel 2014 l'avanzo di gestione è stato di 1,662 miliardi contro 1,099 miliardi del 2013 (+51,2%). Le erogazioni deliberate sono cresciute dagli 884,9 milioni di euro del 2013 ai 91 1,9 milioni del 2014 (+3,1%). Di queste risorse il 29,9% (272,8 milioni) è andato al settore Arte, at
tività e beni culturali; il 14,4% a Volontariato, filantropia e beneficenza (131,7 milioni,di cui 45 milioni destinati ai Centri di servizio per il volontariato, in base alla legge 266/91); il 13,6% (123,6 milioni) all'Assistenza sociale; il 13,3% (120,9 milioni) al settore Educazione, istruzione e formazione; il 12,5% (I 14,4 milioni) a Ricerca e sviluppo; il 7,6% (68,9 milioni) alla Salute pubblica; il 5% (45,4 milioni) allo Sviluppo locale; il 2% (18,4 milioni) alla Protezione e qualità ambientale; lo 0,9% (8,1 milioni) a Sport e ricreazione; il restante 0,9% va ai settori: Famiglia e valori connessi; Religione e sviluppo spirituale; Diritti civili, prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica.Anche nel 2014, per il secondo esercizio consecutivo, sommando i settori Volontariato, filantropia e benefìcenza.Assistenza sociale e Salute pubblica, cioè quei settori direttamente riconducibili al campo dei servizi alla persona, il Welfare si conferma di fatto come il principale ambito di intervento delle Fondazioni di origine bancaria, con circa 325 milioni di euro.
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Le erogazioni 2014
Prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica
Importo
milioni di Settori euro
Arte, attività e beni culturali 272,8
Volontariato, filantropia e beneficenza 131,7
Prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica
TOTALE
0,3 0
100 ice.ntimE.tri
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L'alleanza con il Terzo settore per rilanciare il Sud LUCA MAZZA
Settecento iniziative sostenute in nove anni, tra cui la nascita delle prime cinque fondazioni di comunità meri
dionali (nel centro storico e nel rione sanità a Napoli, a Salerno, a Messina e nella Val di Noto). Circa 200mila cittadini coinvolti, con particolare attenzione ai giovani. Le attività portate avanti sono le più svariate: dai corsi per favorire l'integrazione degli immigrati, ai bandi per "attrarre" i migliori cervelli al Sud, dalla costruzione di asili nido e scuole per i bambini fino ai progetti per educare le comunità al rispetto dell'ambiente, dall'assistenza ai disabili all'aiuto ai detenuti. Questo - e molto altro - è Fondazione con il Sud, soggetto privato nato nel 2006 dall'alleanza tra le Fondazioni di origine bancaria e il mondo del Terzo settore e del volontariato per promuovere l'infrastruttu-razione sociale del Mezzogiorno. Con la sua opera quotidiana si propone di potenziare le strutture immateriali per lo sviluppo sociale, civile ed economico del Meridione. Si concentra in particolare in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, attuando forme di collaborazione e di sinergia con le diverse e-spressioni delle realtà locali, in un contesto di sussidiarietà e di responsabilità sociale. La Fondazione non interviene direttamente sui bisogni immediati, ma stimola le energie del territorio a produrre rispo
ste alle esigenze della popolazione. Come? Promuovendo la crescita delle reti di solidarietà, sostenendo idee e progetti esemplari capaci di favorire lo sviluppo di comunità attive, coese e solidali, di organizzazioni della società civile pluralistiche e partecipate, in grado di esprimere bisogni e proposte condivisi. Per comprendere che cosa fa concretamente la Fondazione, basta prendere ad esempio solo alcuni progetti messi in campo negli ultimi mesi per l'inserimento sociale e lavorativo degli immigrati: corsi di formazione per assistente
famigliare in Sicilia e Calabria, una fabbrica del riuso per la trasformazione e il riutilizzo dei rifiuti a Catania, un ristorante di cucina mediterraneo-asiatico-africana a Lecce e l'attivazione di unità di strada e di un "banco" di distribuzione di farmaci che non necessitano di prescrizione medica in Calabria. Tutte le attività della Fondazione con il Sud vengono sostenute in maniera significativa dalle Fondazioni di origine bancaria, che ogni anno le erogano circa 20 milioni di euro. Dal 2006 al 2014 le hanno dato complessivamente 209 milioni per svolgere le sue opere. Il patrimonio con cui si costituì nel 2006 è di circa 315 milioni di euro, di cui 210 versati dalle Fondazioni di origine bancaria e i restanti 105 provenienti da risorse extra che esse avevano destinato ai fondi speciali per il volontariato.
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La cronistoria» Dall'impulso decisivo della Banca d'Italia la nascita
e la crescita delle Fondazioni con la loro azione sociale e filantropica ANGELO D E MATITA
Ancora negli anni Ottanta del secolo scorso le Fondazioni co
stituivano un tutt'uno con le aziende bancarie allora nella forma di casse di risparmio e di istituti di credito di diritto pubblico. Con il passare del tempo ci si accorse, però, che la via prospettata dalla Banca d'Italia, con un "libro bianco" per rispondere ai problemi della patrimonializzazione di questi intermediari - criticamente definita come u-na "rivoluzione silenziosa" - non era praticabile per u-na serie di ragioni, a cominciare dagli ostacoli che avrebbero potuto essere frapposti sul terreno giuridico. E, allora, si cominciò a riflettere sull'ipotesi di u-na riforma pervia legislativa della banca pubblica. Centro propulsore fu la Banca d'Italia. Sopravvenuta la seconda direttiva comunitaria che qualificava quella bancaria come attività di impresa, si superava, così, la visione della banca come soggetto riconducibile al comparto pubblico e diventava fondamentale che, per la migliore tutela del risparmio e per una efficace selezione del merito di credito, si affermassero condotte ispirate alla competitività e alla parità concorrenziale, superando differenziazioni sul piano della configurazione giuridica. Con la riforma della banca pubblica del 1990
(la legge Amato-Carli-Bankitalia) e la successiva adozione del Testo Unico bancario nel 1993, si opera la scissione, negli intermediari sopra richiamati, tra Fondazioni e banca in forma di spa. Le spa staranno, quindi, sul mercato in una condizione di parità con altre aziende di credito e le Fondazioni, che perseguiranno gli scopi sociali che costituivano la loro storica ragion d'es
sere, ne deterranno la proprietà che progressivamente collocheranno sul mercato stesso. Inizia, così, una fase nuova che renderà possibile la più rilevante riorganizzazione e ristrutturazione bancaria dopo quella degli anni trenta del Novecento, con oltre trecento operazioni di aggregazione e di consolidamento. Ciò avviene su impulso dell'Istituto di Via Nazionale, mentre al vertice vi è il governatore Antonio Fazio. Il sistema bancario, anche per la grave crisi della lira del 1992, è in grande difficoltà; la stampa estera parla di settore "in agonia". Ma la Vigilanza, con il concorso dei banchieri più avveduti, delle parti sociali e delle Fondazioni le quali svolgono un ruolo fondamentale per la stabilità, riesce a risollevarlo e a rilanciarlo. Con la "legge Ciampi" verso la fine degli anni novanta, l'ordinamento delle Fondazioni, definibili di origine bancaria, ottiene una sistematizzazione organica, con riferimento ai settori istituzionali di intervento e all'ammontare delle partecipazioni bancarie detenibili. Un equilibrio andrà raggiunto tra l'operatività nei suddetti settori, sociali, assistenziali, culturali, e le interessenze nel campo del credito. Agli inizi degli anni 2000, nel secondo governo Berlusconi, l'allora ministro dell'economia tenta una revisione della governance degli enti in questione promuovendo una innovazione legislativa che prevede l'ingresso di esponenti degli enti territoriali in oltre l'80 per cento delle cariche previste negli organi deliberativi. In effetti, si trattava di una normativa che contrastava frontalmente con l'autonomia delle Fondazioni per piegare, in ultima istanza, l'autonomia delle banche. Diventava un
caso-simbolo di deteriori intrecci tra politica, Fondazioni e intermediari. L'esito di questa lucida, ma illegittima normativa non poteva non essere quello che poi si registrò: la secca bocciatura da parte della Corte costituzionale che definì, conclusivamente, le Fondazioni quali «enti privati di utilità sociale». Negli anni successivi, anche per il circoscritto malgoverno di alcuni enti della specie, si aprì un dibattito su autonomia, responsabilità, finalità delle Fondazioni. segue nella pagina a fianco
segue dalla pagina precedente
Nonostante l'efficacia dell'attività di questi enti in una fase di declino dello Stato sociale, nella quale continuava altresì la necessità di preservare la stabilità del sistema bancario, furono sollevate tesi strampalate che avrebbero voluto sottrarre immediatamente ad essi le partecipazioni bancarie o addirittura trasferire allo Stato l'intero loro patrimonio (al dicembre 2013, oltre 40 miliardi) per fronteggiare così i problemi del debito pubblico, trascurando completamente che si sarebbe trattato di una evidente illegittimità: in sostanza, sarebbe stata una e-spropriazione vera e propria senza nemmeno equo indennizzo per un'operazione i cui effetti, alla fine, sarebbero stati disastrosi. Alla base di idee di questo tipo stava, e purtroppo sta in alcune aree, una visione contraria al ruolo dei corpi intermedi e che non considera il carattere fondamentale, costituzionale, del principio di sussidiarietà. Tuttavia, con il passare degli anni, l'esigenza di una riflessione sull'evoluzione delle Fondazioni appariva chiara. La intelligenza dell'Associazione di categoria (l'Acri) e del suo presidente Giuseppe Guzzetti, in particolare, si è dimostrata nel non opporsi a quest'opera naturale necessità di manutenzione evolutiva, anzi
nel prenderne la testa, prima con la Carta delle Fondazioni, poi con il recente Protocollo con il Tesoro. Con la prima si introducevano norme condivise per rafforzare l'autonomia di tali enti nei confronti della politica e sulle incompatibilità; già con questo strumento di autoregolamentazione si intendeva prevenire le porte girevoli tra politica, Fondazioni e banche: insomma, l'autonomia delle prime per l'autonomia delle seconde. Ma il processo avviato, spiazzando critici prevenuti e obiezioni pregiudiziali, ha avuto il suo culmine, come accennato, nell'autoriforma sancita con il predetto Protocollo che ha compiutamente disciplinato incompatibilità, conflitti di interessi, introducendo un più pregnante obbligo di diversificazione degli investimenti con limitazioni per quelli in partecipazioni bancarie, vincoli all'operatività in attività particolare, quali i derivati, divieto di indebitamento come quello che ha rappresentato, per alcune fondazioni che
hanno evidenziato diffusi casi di "malagestio" (Montepa-schi, Carige), una delle cause delle enormi difficoltà nelle quali si sono trovate, dopo essersi indebitate per mantenere la percentuale di controllo delle banche partecipate. Il Protocollo è stato un successo perché ha premiato l'au-toriforma. Ora le norme, dopo l'adesione pressoché unanime della categoria, dovranno essere recepite negli statuti delle singole Fondazioni sotto il controllo del Tesoro che è titolare della Vigilanza su di esse. Non si tratta, dunque, di una debole rivisitazione discrezionale, come apparirebbe da alcune valutazioni della Commissione europea. Al contrario, le norme varate sono vincolanti ed efficaci. Costituiscono lo sviluppo applicativo della legge
Ciampi. Chiudono sostanzialmente una querelle che durava da anni. Ora le oltre 80 Fondazioni potranno meno concorrere alla salvaguardia della stabilità del sistema
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bancario - e si porrà un problema di chi subentrerà nelle quote di proprietà che, coerentemente con i tempi e gli obblighi della diversificazione, saranno dismesse - ma si dedicheranno ancor più al sostegno dei settori istituzionali. Significativa è l'apertura, promossa da Guzzetti, al Wel-fare comunitario ovvero alle i-niziative da tempo in atto nello housing sociale. Le Fondazioni, in tal modo, confermano di essere la spina dorsale, a livello territoriale, di una forma evoluta di filantropia, come dimostra la loro lunga storia. Vedremo il Protocollo all'opera, quando sarà
pienamente operativo. Da ultimo, proprio in questi giorni si è posto il problema della "missione" della Cassa depositi e prestiti, in relazione alla partecipazione delle fondazioni al suo capitale. Un tema particolarmente delicato, sia per il ruolo istituzionale di Cdp sia per il significato della presenza delle fondazioni. Nel complesso, si deve osservare comunque sin da ora che con l'autoriforma di questi Enti si dovrebbe aprire la riflessione su quell'insieme di soggetti o-peranti a livello territoriale nel Terzo settore, nel volontariato, nell'utilità sociale che, as
sieme alle Fondazioni, possono costituire una rete che e-salti il principio di sussidiarietà e rivaluti i corpi intermedi, fondamentali anche per rispondere alle difficoltà dell'economia.
GIOVANI
Il progetto Funder35 Funder 35 è un progetto promosso dalla Commissione per leAttività e i Beni culturali dell'Acri a sostegno dell'impresa culturale giovanile, giunto alla sua quarta edizione. Grazie al contributo di 18 Fondazioni (I milione di euro ogni anno fino al 2014; 2,65 milioni di euro nel 2015), si concretizza in un bando che seleziona le migliori imprese non profit, il cui organo di amministrazione sia costituito in maggioranza da membri di età inferiore ai 35 anni, attive nel campo della produzione artistica e creativa e dei servizi di supporto alla valorizzazione, tutela, protezione e circolazione dei beni culturali. L'obiettivo è concedere un contributo economico e formativo a quelle imprese che intendono sviluppare progetti di miglioramento tanto in campo progettuale che gestionale. Le principali tematiche sostenute sono, infatti, l'avviamento professionale di artisti neo-diplomati e di nuovi talenti, il miglioramento organizzativo delle imprese artistiche finalizzato a una loro gestione sostenibile nel tempo, l'avvicinamento del pubblico giovane alla cultura, la promozione di eventi teatrali dedicati ai giovanissimi. Oltre al finanziamento, le imprese selezionate possono accedere a periodi di formazione e di orientamento.
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«Il Terzo settore e gli Enti? L'uno la gamba dell'altro»
LUCA MAZZA
Si iamo l'uno la gamba del-. l'altro». Pietro Barbieri, 'portavoce del Forum na
zionale del Terzo settore, definisce così il rapporto che lega il mondo da lui rappresentato a quello delle Fondazioni di origine bancaria. «Queste ultime realtà si impegnano soprattutto nel sostenere le attività di quattro macro settori: ambiente, arte e cultura, ricerca scientifica e servizi alla persona - ricorda Barbieri - . Senza dimenticare, i-noltre, le risorse messe a disposizione per il volontariato e destinate ai Centri di servizio. In questo modo viene aiutato l'associazionismo. E in particolare i soggetti più piccoli, che rappresentano una ric-
L'allarme di Pietro Barbieri, portavoce del Forum nazionale: «Anche se fortunatamente finora non è accaduto, è possibile che l'aumento della pressione fiscale abbia come conseguenza il calo delle erogazioni percepite dalle organizzazioni non profit»
chezza per il nostro Paese». Come si potrà evolvere questa partnership in futuro? Le Fondazioni continueranno a svolgere un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Terzo settore. Sarebbe opportuno allargare la collaborazione esistente, pensando magari a una sinergia più forte per quanto riguarda le erogazioni delle Fondazioni. Crediamo, inoltre, che la riforma del Terzo settore, at
tualmente in discussione nella prima commissione del Senato, possa agevolare il rafforzamento di questo legame. Il Terzo settore come guarda, invece, all'autoriforma delle Fondazioni? Mi sembra che questo processo stia andando nella direzione giusta e sulla scia di quanto chiede la gente: trasparenza e una governance ampliata. Non teme che la progressiva crescita della tassazione sulle Fondazioni avvenuta negli ultimi anni possa avere ripercussioni negative anche su di voi? Sì, il pericolo esiste. Non a caso, assieme a tante altre organizzazioni del Non profit, ci siamo schierati pubblicamente a fianco delle Fondazioni quando si è sviluppata la discussione sulla legge di Stabilità. Consapevoli del dibattito che c'è attorno a questo tema, abbiamo voluto però dare un segnale forte. Perché, anche se fortunatamente finora non è accaduto, è possibile che l'aumento della pressione fiscale abbia come conseguenza la diminuzione delle erogazioni percepite dalle organizzazioni del Terzo settore. È ovvio, quindi, che su questo fronte ci sia un po' di preoccupazione. Che ruolo dovrebbero giocare le Fondazioni nella costruzione del nuovo Welfare? La soluzione non può essere sostituiva. Le risorse delle Fondazioni, cioè, non dovranno assolutamente
rimpiazzare quelle pubbliche, che sono - e devono restare - fondamentali. Basti pensare che, accumulando tutte le erogazioni delle Fondazioni, non si raggiunge neanche uno dei fondi delle politiche sociali che abbiamo in Italia. Quindi?
Più che finanziare interventi specifici - comunque importanti (specie in alcuni casi) -, le Fondazioni potrebbero giocare un ruolo determinante, semmai, per costruire un sistema di governo del Welfare. Con la creazione di meccanismi che sappiano mettere insieme tutte le risorse che si muovono attorno al Welfare. Penso anzitutto alle politiche sociali, sanitarie ed educative. Prendiamo, per esempio, la questione immigrazione. Non c'è solo l'accoglienza, perché quest'ultima va collegata all'integrazione e al lavoro. Troppo spesso non si riesce a fare rete, mentre servirebbe organizzare strutture in grado di favorire l'incontro tra pubblico, privato, Non profit e forme di Welfare a-ziendale (che esistono soprattutto nel Centro-Nord). Questo quadro produrrebbe an
che un risparmio per lo Stato? Sì, perché porterebbe a una semplificazione e a un coordinamento sempre più necessari. Si eviterebbe, dunque, un costo che ora c'è. E si avrebbero così maggiori risorse da destinare al Welfare. Attraverso la Fondazione con il Sud è stata svolta un'opera
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importante nel Mezzogiorno, ovvero nell'area del Paese più colpita dalla crisi... È una delle esperienze più straordinarie che abbiamo costruito di comune accordo. Quanto sta facendo sul territorio Fondazione con il Sud è ciò che serve all'Italia (e al Meridione in primis). In questi anni sono partiti tantissimi progetti per favorire la coesione sociale, il rispetto dei diritti, la promozione di una cultura della legalità e le azioni di volontariato. La via per lo sviluppo del Sud passa da due elementi: la costruzione della sua infrastrutturazione sociale e il risveglio della società civile.
COOPERAZIONE
Dopo Senegal e Uganda il progetto Burkina Faso Con il 2015 è entrato nel secondo anno di attività il progetto Fondazioni for Africa Burkina Faso, intervento promosso dalle Fondazioni di origine bancaria associate al-TAcri per garantire la sicurezza alimentare e il d ir i t to al cibo a 60mila persone in uno dei Paesi più poveri al mondo, al 183° posto su 187 secondo i dati 2013 del Rapporto Nazioni Unite sull'Indice di Sviluppo Umano. Il sostegno all'agricoltura, la formazione di 350 organizzazioni contadine, l'accesso al credito, la promozione di un'educazione alimentare adeguata e della conoscenza del valore della biodiversità, la valorizzazione del ruolo delle donne e il coinvolgimento di 27 associazioni di migranti
burkinabè in Italia sono le azioni intraprese dalle Fondazioni per intervenire sulle cause della povertà e promuovere in 7 regioni del Paese uno sviluppo endogeno e sostenibile. Il piano triennale Acr i per il Burkina Faso, partito nel 2014 con un budget di 4,57 milioni di euro, è stato progettato sulla scorta della positiva esperienza sviluppata con l'iniziativa Fondazioni4Africa, rivolta negli anni scorsi al Senegal e all'Uganda, che ha prodot to un modello d'intervento capace di generare un impatto significativo nell'area.AI progetto collabora una pluralità di at tor i : oltre alla Commissione per la Cooperazione Internazionale dell 'Acri, ci sono il Centro Studi di Politica Internazionale, quattro Ong (Lvia, Cisv, AcraCcs, Mani Tese) e la Fondazione Slow Food per la biodiversità. www.fondazioniforafrica.org
RICERCA
Da Ager la spinta a innovare per I alimentare italiano L'Italia ha posizioni di leadership che meritano di essere consolidate e rafforzate e la capacità di innovazione è imprescindibile per perseguire un tale risultato. Da questi presupposti è nato nel 2008Ager -Agroalimentare e Ricerca, un progetto patrocinato dall'Acri e sottoscritto da un gruppo di Fondazioni di o-rigine bancaria che con 27 min di euro hanno finanziato ben 16 progetti. Quattro i comparti che ne hanno beneficiato: ortofrutticolo, in particolare melo, pero, frutta e verdura pronte per il consumo; cereali, per grano duro e
riso; vitivinicolo, dalla coltivazione all'enologia; zootecnico, finalizzato alla filiera del suino. I positivi risultati raggiunti hanno permesso di definire un nuovo accordo di partenariato che nel 2015 mette a disposizione altri 7 min di euro per finanziare quattro settori diversi dai precedenti e ritenuti ugualmente strategici per l'agroalimentare italiano: acquacoltura, olivo ed olio, prodotti caseari ed agricoltura di montagna. I primi bandi (per acquacoltura e olivo ed olio) verranno presentati ad EXPO giovedì 16 luglio al Teatro della Terra presso il Parco della biodiversità. L'uscita degli altri bandi è prevista per l'autunno 2015. Info www.progettoager.it
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«Arte&Cultura, una missione sul territorio»
Annelisa Faustinelli, responsabile Raccolta fondi Enti e Fondazioni del FAI:
ANDREA D I TURI
La cultura è uno degli ambiti in cui da sempre Fondazioni di origine bancaria ed enti filan
tropici intervengono, contribuendo a preservare e valorizzare le bellezze naturali e artistico-culturali. Di cui l'Italia abbonda in modo particolare. Fondazione Cariplo, per esempio, anche nel 2014 ha sostenuto quasi 500 progetti culturali con oltre 49 milioni di euro. Nel complesso, negli ultimi dieci anni, le Fondazioni di origine bancaria in Italia hanno erogato a favore di arte e cultura 4 miliardi di euro. Ma dal punto di vista di chi lavora in ambito culturale, come sono visti i rapporti con le fondazioni di origine bancaria? «Sono sempre stati estremamente positivi fin da quando si sono costituite, specie con quelle legate a territori come Lombardia e Piemonte dove il Fai aveva i suoi primi beni più importanti», dice Annelisa Faustinelli, responsabile Raccolta fondi Enti e Fondazioni del Fai-Fondo Ambiente Italiano, riferendosi in particolare a realtà come Fondazione Cariplo in Lombardia, a Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt in Piemonte. In quali ambiti si concentra
«Le Fondazione hanno il merito di rendersi conto che anche il settore privato, non solo il pubblico,
l'intervento delle Fondazioni nella cultura? C'è stata sempre grande coincidenza tra la missione del Fai e le attività istituzionali in cui le Fondazioni per statuto sono impegnate: nell'arte, le attività culturali, la tutela e valorizzazione del patrimonio storico-artistico. Ciò ha fatto sì che venissero impiegate risorse consistenti, per interventi importanti sui beni. Man mano che l'attività del Fai si strutturava ed e-spandeva - oggi il Fai ha 120 delegazioni sul territorio, ndr - con la presenza di beni anche in altre Regioni, si è allargata la rete delle fondazioni di origine bancaria con cui entravamo in rapporto: cito, solo per fare alcuni esempi, la Fondazione Cariverona, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, più indietro nel tempo la Fondazione Banco di Sicilia e più di recente la Fondazione Banca Nazionale delle Comunicazioni.
Cosa caratterizza il rapporto delle Fondazioni con i beni culturali e gli operatori del settore? Le Fondazione h a n n o il merito di rendersi conto che anche il settore privato, non solo il pubblico, è proprietario di beni culturali di eccellenza. Che dunque vanno tutelati. Per cui sono più disposte ad entrare in relazione con soggetti come il Fai o comunque con enti privati che gestiscono beni culturali. La condizione indispensabile è che i beni siano frui-
e proprietario di beni culturali di eccellenza Che dunque vanno tutelati»
bili al pubblico. Negli ultimi dieci anni, poi, c'è stata un'evoluzione importante. In quale direzione? L'obiettivo delle fondazioni di o-rigine bancaria è diventato soprat
tutto quello di ricevere dei piani di gestione del bene che fossero economicamente sostenibili: progetti con un impatto sul territorio, una solidità economica, un ritorno occupazionale. Ci viene richiesto di portare risultati, in modo concreto e trasparente. Si è progressivamen
te abbandonata la logica secondo cui si cercava di accontentare un po' tutte le richieste. E la crisi quanto ha impattato? Negli ultimi cinque anni c'è stata una redistribuzione fra i vari settori delle risorse erogate. E la cultura ha visto ridursi le risorse ricevute, andate a settori come i servizi alla persona, alle attività sociali in generale, per fronteggiare situazioni a volte drammatiche, e alla ricerca. Tengo a dire che il Fai ha appoggiato a fine 2014 la campagna delle Fondazioni contro l'aumento della tassazione dei redditi finanziari - poi avvenuto, ndr - , che si stima possa produrre una ridu-
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zione di quasi 190 milioni di euro nei finanziamenti: una cifra che si sente. Cosa vede o auspica per il prossimo futuro? L'intenzione nostra, ma anche delle fondazioni bancarie, è che
gli interventi e gli obiettivi siano sempre più condivisi col territorio. Creando occasioni d'incontro che favoriscano la collaborazione fra enti e soggetti diversi: le Fondazioni possono essere un attore propositivo molto impor
tante sui territori, stimolando la creazione di sistemi e partenaria-ti in campo culturale ed evitando il rischio di dispersione. Il mio auspicio è che il loro ruolo in questo senso, sempre più da Terzo settore, possa aumentare.
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