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ALLA CLASSE DI UNITA’ TECNOLOGICA:

STRUTTURA PORTANTE

CORRISPONDONO LE UNITA’ TECNOLOGICHE:

STRUTTURA DI FONDAZIONE

STRUTTURA DI ELEVAZIONE

STRUTTURA DI CONTENIMENTO

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“La struttura è l’insieme delle unità tecnologiche e degli elementi

tecnici appartenenti al sistema edilizio aventi funzione di sostenere i

carichi del sistema edilizio stesso e di collegare staticamente le sue

parti” (UNI 8290)

Nel campo delle costruzioni con il termine struttura si indica il

complesso di opere specificamente dedicate a sopportare i carichi

che gravano su di esse e necessarie per la stabilità dell’insieme.

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I carichi si dividono in statici e dinamici.

I carichi statici sono il peso proprio della struttura, i carichi permanenti

sulla struttura (pavimenti, manti di copertura, macchinari fissi, ecc..) ed

i carichi accidentali (o sovraccarichi), gravanti sulla struttura in modo

non permanente (persone, arredi, neve, vento, ecc.).

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I carichi si dividono in statici e dinamici.

I carichi dinamici sono forze di

cui può variare l’intensità, come

l’azione sismica, il vento, ecc..

I carichi possono essere

considerati concentrati se

agiscono su una superficie

piccola e possono essere

pensati come agenti in un punto

della struttura, oppure possono

essere considerati distribuiti se

la loro azione è distribuita su

una superficie sufficientemente

ampia.

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I carichi delle strutture sovrastanti (peso proprio dell’edificio + peso

persone e cose all’interno) si trasmettono al terreno attraverso la

superficie di contatto (fondazioni)

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STRUTTURE DI FONDAZIONE

La struttura di fondazione è l’insieme degli elementi tecnici che ha

la funzione di trasmettere i carichi permanenti ed i carichi accidentali

dell’edificio al terreno sottostante, che deve a sua volta essere in

grado di equilibrare tali carichi.

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Fondazioni dirette (continue o

discontinue)

La configurazione (tipologia, forma e dimensioni) delle fondazioni

sono, quindi, funzione della natura del terreno su cui insiste, dei

carichi e della struttura di elevazione.

Il corretto dimensionamento delle fondazioni evita il presentarsi di

cedimenti differenziali che si riflettono nelle strutture in elevazione.

Le strutture di fondazione possono distinguersi in:

Fondazioni indirette

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Le fondazioni dirette vengono adottate quando il terreno alla quota

di imposta desiderata presenta valori di portanza soddisfacenti per il

carico che si prevede debba essere trasmesso dalle strutture in

elevazione.

A seconda della tipologia di struttura di elevazione e del valore di

portanza del terreno si possono realizzare strutture di fondazione:

• Discontinue (a plinti)

• Continue (muratura, a travi rovesce e/o a platea)

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Le fondazioni dirette discontinue si applicano quando il terreno ha

valori di portanza omogenei. Esse vengono realizzate con elementi

tecnici puntuali (plinti).

Detti plinti hanno una sezione

maggiore di quella dell’elemento

puntuale della struttura in elevazione

che consente di trasmettere carichi

minori sul terreno.

Nelle zone sismiche questa tipologia

di fondazioni è consentita solo in

presenza di elementi rocciosi nei quali

incassarsi e mediante travi di

collegamento (travi pastoia) tra i

diversi plinti.

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Forma in pianta dei plinti

La forma in pianta è in genere quadrata o rettangolare e dipende

da quella del pilastro sovrastante. In presenza di soli carichi assiali si

fa coincidere il baricentro della sezione del pilastro con quella del

plinto.

Tipicamente il plinto è costituito da un blocco in calcestruzzo armato

a forma di parallelepipedo, a base solitamente quadrata o

rettangolare, che viene realizzato al di sotto di ciascun pilastro della

struttura, e centrato rispetto a questo, allo scopo di trasmettere il

carico derivante dalla stessa al terreno di fondazione con valori

ammissibili di tensioni sul sedime.

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In generale è opportuno che i plinti vengano realizzati a base

quadrata.

Nel caso in cui il carico trasmesso dal pilastro sia notevolmente

eccentrico o il pilastro notevolmente allungato si adotta la sezione

rettangolare.

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Forma in elevazione dei plinti

- Plinti tronco-piramidali

- Plinti parallelepipedi (a spessore uniforme o variabile)

La scelta tra le due forme deriva dalla maggiore rapidità e semplicità

esecutiva.

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Andamento delle linee isostatiche in un plinto

I carichi trasmessi dalle strutture sovrastanti si distribuiscono

all’interno del plinto secondo linee isostatiche che formano

idealmente un cono.

Pertanto la forma ideale del plinto è quella tronco-conica o

tronco –piramidale.

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- minore quantità di calcestruzzo impiegata

nelle zone dove i momenti flettenti sono

modesti.

Quando i costi della manodopera sono

elevati rispetto al costo del materiale risulta

economicamente più vantaggioso adoperare

plinti parallelepipedi.

Plinti tronco-piramidali di minore rapidità

nell’esecuzione delle carpenterie e dei getti

consentono:

- minore impiego di armature (essendo molto

ridotte le tensioni tangenziali, compensate

dalla maggiore quantità di calcestruzzo

impiegato in prossimità della verticale

sull’area di spiccato del pilastro).

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Plinto zoppo Plinto con trave di collegamento

Situazioni contingenti possono tuttavia richiedere plinti di forma

differente (ad esempio, il plinto zoppo per pilastri posti sul confine

della proprietà dove non è possibile centrare il plinto sotto il pilastro).

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Plinti parallelepipedi di grande rapidità

esecutiva nella formazione delle

carpenterie e nella esecuzione dei getti

ma con maggiore utilizzo di armature

per ovviare alle sollecitazioni di taglio

che vengono a verificarsi in prossimità

della verticale sull’area di spiccato del

pilastro.

Plinto a “gradoni” per un pilastro in

c.a.

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Dimensioni dei plinti

Usualmente, i plinti ordinari hanno un’altezza che varia tra 40 cm e

80 cm, e dimensioni in pianta di circa 1,00 m per lato.

L’altezza è legata fondamentalmente alle sollecitazioni di taglio o

punzonamento, mentre le dimensioni e la forma della base sono

correlate alla capacità portante del terreno ed ai carichi provenienti

dalla sovrastruttura.

Normalmente in corrispondenza dell'estradosso del plinto viene

realizzata una risega di non più di 5 cm che serve per l'appoggio in

piano delle casseforme del pilastro.

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Plinti si dividono in:

Plinti alti e rigidi quando l’angolo formato

dalla congiungente il profilo esterne

della sovrastruttura e la base del plinto è

minore di 35°, rispetto alla verticale,

ovvero, non inferiore a 55°, rispetto

all’orizzontale. In tal caso l’altezza del

plinto è maggiore di 1,5 volte la sua

sporgenza.

Plinti bassi e flessibili quando l’altezza

del plinto è minore di 1,5 volte la sua

sporgenza. In tal caso il plinto si

deforma comportandosi come una

mensola rovescia. Plinto a “gradoni” per un pilastro in

c.a.

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Armatura plinti alti

Il materiale di cui sono costituiti i plinti alti quindi ove il cono di

propagazione dei carichi trasmessi dalla struttura sovrastante rimane

entro un angolo, rispetto all’orizzontale, non inferiore a 55° risulta

sollecitato solo a sforzi di compressione, pertanto i plinti alti non

necessitano di alcuna armatura. Tuttavia è buona norma disporre

almeno una semplice griglia in corrispondenza della base maggiore.

I plinti alti possono essere

confezionati con cls di resistenza

inferiore a quello della struttura in

elevazione poiché l’altezza del

plinto è tale da rendere compatibili

la resistenza del cls non armato con

le sollecitazioni di flessione e taglio

che si generano per effetto delle

sporgenze del plinto rispetto al

pilastro.

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Armatura dei plinti

L'armatura dei plinti di fondazione è

costituita da ferri disposti sulla faccia

inferiore e nelle due direzioni, tali da

realizzare in ciascuna direzione

un'area metallica in grado di

assorbire con tassi ammissibili della

tensione di lavoro, gli sforzi di

trazione.

Per plinti alti nei quali il rapporto tra il

lato del pilastro e quello del plinto è ≥

0,3 è opportuno che l'armatura venga

distribuita all'incirca uniformemente

sulla lunghezza del plinto.

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Armatura plinti bassi

Se l’angolo è inferiore a 55° il materiale viene sollecitato a sforzi di

flessione e taglio.

I plinti bassi devono essere confezionati con cls di resistenza pari a

quello della struttura in elevazione e devono essere verificati a

flessione e taglio delle parti a sbalzo.

La rottura del plinto si può avere per:

- effetto delle sollecitazioni di taglio (collasso per punzonamento)

- effetto della flessione dovuta al momento delle coppie di forze agenti

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Armatura dei plinti bassi

L'armatura sulla faccia inferiore dei

plinti bassi (costituita da ferri disposti

e nelle due direzioni, tali da assorbire

gli sforzi di trazione) è opportuno

addensare l'armatura in

corrispondenza del pilastro.

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Armatura dei plinti bassi

Alcuni ferri sono piegati a 45° per assorbire le tensioni tangenziali;

Oltre a dette armature vanno posizionati due staffoni perimetrali

orizzontali usualmente dello stesso diametro delle armature.

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Altri ferri si dispongono nella

parte superiore, in caso di

modesta altezza del plinto,

poiché le sollecitazioni di

pressione che si generano nella

parte superiore sono talmente

elevate da richiedere

un’armatura metallica anche

nella zona compressa.

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Plinti nervati (quando la

superficie di contatto con il

terreno è molto estesa rispetto

alla sezione del pilastro, per

utilizzare minore quantità di

calcestruzzo)

Tipologie di fondazioni superficiali discontinue

Le nervature si comportano

come mensole rovesce che

irrigidiscono la piastra.

L’economia di materiale non

compensano in genere il costo

delle casseforme

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Fasi di realizzazione dei plinti

Al di sotto delle fondazioni viene realizzato uno strato di calcestruzzo

a basso contenuto di cemento detto magrone, di spessore variabile

tra 10 e 20 cm che serve a:

• avere un piano di posa delle fondazioni livellato

• evitare l’ossidazione dei ferri a causa del

contatto diretto col terreno

• limitare la permeazione di umidità di risalita

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Comunque le armature non vengono direttamente posate sul

calcestruzzo magro, ma sono tenute distanziate da questo mediante

distanziatori in calcestruzzo prefabbricato o in plastica, ciò perché

risultino avvolte bene dal calcestruzzo garantendo il giusto

copriferro.

Il plinto viene realizzato all'interno

di una cassaforma in legno o

talvolta metallica, dove viene

disposta l'armatura del plinto

stesso e i ferri di ripresa verticali

per il pilastro spesso sagomati a

molletta.

Posata l'armatura viene effettuato

il getto di calcestruzzo.

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Le fondazioni superficiali continue

Le fondazioni continue sono caratterizzate da una doppia

funzionalità:

• aumentare la superficie resistente sul terreno

• collegare le strutture di elevazione sovrastanti

Esse sono utilizzate sia con strutture portanti di elevazione

puntiformi (discontinue) sia con strutture di elevazione a pareti

portanti (continue).

Infatti, nel caso di terreni poco resistenti i plinti occuperebbero una

superficie tale da risultare molto ravvicinati fra loro.

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Le fondazioni a cordoli o a travi rovesce sono caratterizzate dall’essere

un vero e proprio allargamento della sezione trasversale terminale

della struttura.

I cordoli si utilizzano in presenza di murature portanti in elevazione

realizzate con materiali lapidei, hanno la funzione principale di ripartire

i carichi in maniera omogenea sul terreno, essendo trascurabili le

sollecitazioni a flessione ed essendo invece determinanti quelle di

compressione, reciproche tra fondazione e terreno.

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Le travi rovesce, siano esse unidirezionali che incrociate, sono

fondazioni solitamente adottate per edifici a struttura intelaiata in

calcestruzzo armato.

Esse ripartiscono sulla superficie di appoggio i carichi trasmessi dalle

strutture sovrastanti, e risultano caricate uniformemente dalla reazione

del terreno (dal basso verso l’alto). Da questo comportamento

“rovesciato” (uguale e contrario a quello delle travi dei telai in

elevazione) deriva l’appellativo di trave rovescia.

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Le armature sono disposte in maniera rovesciata rispetto a quella delle

travi in elevazione.

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Fondazioni con travi

rovesce in una sola

direzione

Travi rovesce a

larghezza variabile

Travi rovesce nelle

due direzioni (a

maglia chiusa)

Tipologie di fondazioni superficiali continue

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Rispetto alla portata delle travi di piano le travi rovesce devono

sopportare i carichi più elevati gravanti da tutto l’edificio, pertanto le

dimensioni in altezza di tali elementi tecnici sono piuttosto

ingombranti.

In funzione delle particolari sollecitazioni e delle eventuali

eccentricità dei pilastri o dei setti si possono avere conformazioni

della sezione semplicemente a parallelepipedo oppure a T

rovesciata, a L, o ancora a parallelepipedo con superficie superiore

inclinata verso l’esterno.

Similmente a quanto avviene per i plinti grande cura dovrà essere

adottata nella preparazione del livello fondale. E’ prassi che le travi

rovesce non poggino direttamente sul terreno ma su uno strato di

calcestruzzo a basso contenuto di cemento (150 Kg) detto magrone

di spessore di circa 20 cm.

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Fondazioni superficiali a platea

Se il terreno superficiale ha resistenza unitaria modesta rispetto al

carico trasmesso dalla costruzione, essendo quello resistente

eccessivamente profondo, o quando si devono realizzare strutture in

elevazione con carichi rilevanti, si adottano fondazioni:

- a platea

Tale tipo di fondazione è tra le preferite dai progettisti poiché:

- dà maggiori garanzie di omogeneità di comportamento delle

fondazioni tali da evitare cedimenti differenziali nelle strutture

- non necessita di eccessiva manodopera per le carpenterie

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La fondazione a platea può essere considerata uno sviluppo della

fondazione a travi rovesce, con in più la presenza di un solettone

inferiore a cui spesso si aggiungono nervature ortogonali secondarie

rispetto a quelle delle travi rovesce, per garantire un ulteriore

irrigidimento della struttura.

Le fondazioni a platea trasmettono il peso di tutto l’edificio al terreno

interessando una estesa superficie continua.

Le platee si realizzano in cls armato e possono paragonarsi a dei solai

rovesciati con travi principali, travi secondarie e solette caricate dalla

reazione del terreno che si suppone uniformemente ripartita.

Si distinguono due tipi di platee:

- Normale

- Scatolare

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La fondazione a platea normale è composta da:

- travi principali che si incontrano in corrispondenza della base dei

pilastri, ed hanno larghezza modesta ed altezza notevole (1/4-1/5

della luce). In genere le travi perimetrali hanno ali a sbalzo che si

estendono oltre il perimetro dell’edificio

- travi secondarie, anche queste strette ed alte, incastrate a quelle

principali e poco distanziate tra loro (1,70-2,00 m) per ridurre la luce

delle solette e limitarne quindi l’altezza. Esse possono essere

disposte ad incrocio o parallelamente.

- solette, incastrate alle travi principali e secondarie armate con ferri

unidirezionali o incrociati

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Fondazioni a

platea con

travi principali

a maglia

chiusa e travi

secondarie

incrociate (a)

e travi

secondarie

parallele (b)

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La fondazione a platea scatolare è composta da:

- nervature verticali incrociate di piccolo spessore e notevole altezza

con maglia costante di 60-80 cm collegate superiormente ed

inferiormente da solette continue

- soletta continua superiore

- soletta continua inferiore

Tale sistema risulta notevolmente rigido e leggero

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Fasi di costruzione di una fondazione a platea

Scavo Getto magrone Posizionamento armatura

Getto del Cls Platea completata e ferri di ripresa a vista

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Le fondazioni indirette si eseguono quando il terreno si trova ad una

profondità maggiore di 5-6 m rispetto al piano di campagna o quando il

carico sul terreno è elevato.

Tali fondazioni vengono realizzate attraverso la costruzione di pali, che

trasferiscono le sollecitazioni di compressione assiale tra superficie del

palo e superficie del terreno circostante secondo due diverse modalità:

- per carico puntuale, quando il palo

raggiunge lo strato di terreno

portante e vi trasferisce il proprio

carico

- per attrito radente, quando, a

causa dell’eccessiva profondità del

terreno resistente, il palo trasferisce

le forze attraverso l’attrito che si

verifica lungo tutta la sua superficie

laterale e il terreno circostante.

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I pali possono essere realizzati in opera o essere prefabbricati e la

loro capacità portante è data

- dal diametro del fusto, che può variare mediamente tra i 20 ed oltre

i 100 cm

- dal materiale costituente (legno, cls armato ed acciaio)

La loro lunghezza varia genere tra i 6 ed i 20 m, ma può raggiungere

anche lunghezze di 30 m e oltre.

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Pali in legno Pali in acciaio, sono i meno

usati in quanto a contatto

continuo con il terreno possono

subire fenomeni di ossidazione

e degrado

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Pali in calcestruzzo armato

I pali in calcestruzzo possono

essere non armati, realizzati

con calcestruzzo gettato in

opera (in tal caso di

inseriscono però, prima che

inizi l’indurimento, dei

monconi in acciaio per

collegare i pali con la

sovrastante fondazione)

oppure armati nel qual caso

l’armatura è costituita da una

gabbia formata con ferri

longitudinali e staffe

trasversali alla stessa maniera

di un pilastro.

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La realizzazione dei pali in calcestruzzo gettati in opera viene

adottata generalmente per fondazioni gravanti direttamente su uno

strato resistente.

Il palo gettato in opera ha un costo inferiore rispetto a quello

prefabbricato.

Ma richiede tempi più lunghi di realizzazione a causa delle fasi

lavorazione eseguite interamente in cantiere.

La realizzazione può avvenire per infissione con un maglio

meccanico per profondità fino a 20 m o mediante trivellazione per

profondità maggiori.

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Sistemi di costruzione dei pali trivellati

Trivellazione con sonda per asportazione del

terreno

Posizionamento armatura e getto del cls

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I pali gettati in opera per infissione sono sempre realizzati attraverso

tubi-forma.

In un caso la parte terminale del tubo è dotata di una “puntazza”

conica che agevola la fase di battitura: una volta raggiunta la

profondità di progetto la puntazza viene lasciata nel terreno e il

calcestruzzo viene gettato e costipato al fine di realizzare una

maggiore aderenza nel terreno circostante man mano che il tubo

viene estratto.

Palo con tubo-forma

e puntazza recuperabile

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Palo con puntazza perduta

Una seconda modalità prevede l’infissione del tubo attraverso un

pestello interno: una volta raggiunta la quota richiesta viene gettato il

calcestruzzo e viene realizzato un bulbo inferiore attraverso il

costipamento del materiale pompato oltre il tubo; successivamente

viene ultimato il getto contemporaneamente allo sfilaggio del tubo

stesso.

Pestello interno

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Fasi di costruzione dei pali gettati in opera

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Pali prefabbricati

Le fondazioni su pali prefabbricati in cls armato possono essere

realizzati attraverso l’infissione nel terreno. Essi possono funzionare

sia a carico puntuale che per attrito (pali sospesi).

Hanno solitamente una sezione circolare o quadrata ad angoli

smussati con una rastremazione verso il bordo inferiore per facilitare

il costipamento.

Essi possono raggiungere notevoli profondità (otre 30 m) mediante

l’uso di elementi successivamente sovrapposti e giuntati.

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I pali sono posizionati al di sotto di strutture di fondazione superficiali

quali:

• plinti

• travi rovesce

• platee

In ogni caso devono essere collegati da

strutture (cordoli o travi di collegamento) in

grado di ripartire uniformemente il carico

dell’edificio soprastante.

Ciascun plinto può essere collegato ad uno

o più pali. Mentre una trave rovescia

trasmette il carico sempre a più pali, collocati

lungo il suo sviluppo longitudinale, al fine di

evitare cedimenti localizzati.

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Disposizione dei pali sotto una

fondazione con plinti e travi di

collegamento

Disposizione dei pali sotto una

fondazione a travi rovesce

unidirezionali

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Per assicurare il corretto funzionamento delle fondazioni su pali

sospesi, questi devono essere distanziati tra loro di almeno 3 volte il

loro diametro.

Le linee di ugual pressione

del terreno generate da un

palo assumono la forma di

un bulbo rovesciato e

quando i pali sono troppo

ravvicinati tali forze di

compressione interferiscono

reciprocamente provocando

una diminuzione dell’attrito

col terreno, provocando il

rischio di trascinamento

reciproco verso il basso.

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STRUTTURE DI CONTENIMENTO

In relazione al loro principio statico di funzionamento le pareti di

contenimento possono classificarsi in:

- muri a gravità (con o senza contrafforti)

- muri a sbalzo

in pietrame a secco

in pietrame e malta

In mattoni

in clsin c.a.

in cls debolmente armato

in acciaio

in elementi prefabbricati in c.a.

Le strutture di contenimento costituiscono

l’insieme degli elementi tecnici aventi funzione

di sostenere i carichi derivanti dal terreno.

Le strutture di contenimento verticali sono

progettate per rispondere a sollecitazioni

prevalentemente orizzontali (spinta del terreno

e spinta delle acque).

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Muri di contenimento a gravità

Il muro a gravità si oppone alla spinta del terreno mediante il peso

proprio. Ciò si ottiene facendo in modo che la risultante della spinta

della terra e del peso proprio del muro abbia intensità e direzione tale

da mantenere l’equilibrio.

Quando la struttura verticale non è sottoposta a sforzi di trazione,

quindi, viene realizzata in muratura o in cls.

Carico del terreno risultante

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Muri di contenimento a sbalzo

Quando la struttura, invece, è sottoposta a trazione vengono impiegate

le soluzioni tecniche con calcestruzzo in opera o in elementi

prefabbricati in c.a. o in acciaio a palancola.

Vengono denominati a sbalzo

poiché sotto la spinta del

terreno tendono a inflettersi a

causa del ridotto spessore se

paragonato a quello di un muro

a gravità.

Il tipo più semplice di muro a

sbalzo può essere paragonato

ad una mensola posta in

verticale, incastrata al terreno.

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I muri a sbalzo, poiché presentano uno spessore modesto, necessitano

di una base di notevole larghezza per evitare possibili ribaltamenti.

L’allargamento della base si può effettuare sia a monte che a valle del

muro.

In tal modo si ottiene sempre una soluzione a vantaggio della stabilità,

in quanto si allontana il punto (A) intorno al quale per effetto della

spinta del terreno il muro potrebbe ribaltare.

Nel caso dei muri con base a monte il

terreno che grava su essa fornisce una

forza peso che genera un momento

stabilizzante all’eventuale ribaltamento

dovuto alla spinta del terreno.

Quando occorre sostenere un terreno

che non presenta caratteristiche tali da

potere effettuare scavi senza pericolo di

cedimenti si allarga la base a valle.

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Per necessità di carattere statico occorre cambiare schema costruttivo

e realizzare dei contrafforti (esterni o interni, assimilabili sempre a

mensole incastrate al terreno) ed a questi incastrare delle solette.

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Nel progettare un muro di sostegno bisogna sempre prevedere un

buon drenaggio a ridosso di esso. Esso si realizza disponendo del

pietrame di natura compatta per 30-50 cm di spessore e per tutta

l’altezza del muro, dopo avere adeguatamente impermeabilizzato il

paramento interno. L’acqua viene allontanata mediante il pietrame, dei

fori nel muro e una tubazione microforata posta alla base del drenaggio