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FILOSOFIA DELLA MENTE

Giacomo Romanoa. a. 2007/2008: II° Quarto, Modulo 2

Kinds of Minds II17/01/08

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• Il concetto di “intenzionalità” di Dennett deve essere distinto a) dall’”intenzionalità” filosofica (che risale a Brentano e ancor prima), e ha il significato di “capacità di riferimento”; b) dalla “intensionalità”, la modalità di corrispondenza tra un termine o predicato di un linguaggio e l’oggetto o insieme di oggetti a cui si riferisce (associata alla opacità referenziale)

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• L’atteggiamento intenzionale di Dennett (che si fonda sull’attribuzione di credenze e desideri, per quanto approssimativi) crea anche contesti intensionali tipicamente caratterizzati da opacità referenziale

• Ma è un errore considerare questa caratteristica associata dagli atteggiamenti intenzionali come un serio ostacolo alla possibilità di interpretare correttamente i sistemi intenzionali

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• L’errore è dovuto alla consuetudine degli esseri umani di descrivere l’oggetto delle loro attribuzioni intenzionali mediante il linguaggio, che assume come termine referenziale per la determinazione dei contenuti mentali le proposizioni

• Ma la sofisticazione delle descrizioni linguistiche non deve essere richiesta anche agli oggetti delle nostre attribuzioni!

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• Possiamo sostenere che la caratterizzazione dell’intenzionalità di Dennett sia esaustiva?

• Dobbiamo ricordare che, secondo questa caratterizzazione, l’intenzionalità non risulta mai una proprietà oggettivamente identificabile nelle entità che sono l’oggetto delle nostre attribuzioni

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• Sembrerebbe allora che la capacità di una entità di muoversi orientata verso un target non sia mai una caratteristica genuina e autonoma, ma sempre un fenomeno apparente e derivato

• Ma allora davvero non esistono entità dotate di una intrinseca e genuina intenzionalità?

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• Per Dennett le cose stanno proprio così: l’intenzionalità è tutta di un solo genere, non c’è alcuna differenza tra intenzionalità genuina e intenzionalità derivata

• Si può parlare di gradi di intenzionalità, per cui sicuramente entità particolarmente elementari differiscono da entità particolarmente complesse; ma qualitativamente è sempre la stessa!

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• E’ possibile attribuire intenzionalità anche alle prime entità che si sono riconosciute come dotate di un livello minimo di autonomia: le macromolecole in grado di nutrirsi e auto-replicarsi

• Il meccanismo per l’autonomia naturalmente non era consapevole: era stato selezionato semplicemente come quello più semplice ed economico (ma non necessariamente quello più efficace ed efficiente)

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• Le macromolecole si muovevano secondo una dinamica meccanica non consapevole

• Le ragioni che sono alla base del comportamento macromolecolare come di altre forme di vita elementari si individuano (come tali) solamente a posteriori

• Spesso perdiamo di vista il modello razionale in conformità del quale si evolvono forme di vita elementari per un problema di tempi (per esempio le piante)

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• Ma non è certo per una questione di velocità che si giunge all’attribuzione di una mente ad una qualche entità; del resto la velocità è sempre relativa

• Sicuramente una entità deve risultare sensibile alle condizioni circostanti; ma anche le macromolecole sono sensibili, e quindi la sensibilità non è indicativa della presenza di una mente

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• Se una entità oltre a risultare sensibile fosse anche senziente (cioè dotata di un livello minimo di coscienza) forse avrebbe le caratteristiche per essere identificata con una mente

• Ma il problema consiste nella caratterizzazione del sentire come diverso dalla semplice sensibilità

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• Si potrebbe ipotizzare che la differenza qualitativa tra sensibilità e sentire sia dovuta a differenti mezzi (materiali) di trasmissione dell’informazione

• Le prime forme di vita hanno sviluppato rudimentali sistemi di controllo per meglio coordinare la trasmissione di informazioni relative alla condizione dell’organismo (sistemi omeostatici)

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• Anche le prime forme di vita animale erano dotate di sistemi omeostatici, che in origine si servivano della circolazione sanguigna come mezzo di trasmissione dell’informazione rilevante

• Successivamente questo sistema di controllo fu integrato da un mezzo di trasmissione dell’informazione più rapido: il sistema nervoso

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• Il sistema nervoso è stato assimilato al sistema di trasmissione elettrica di informazione di cui si avvalgono i computer; ma questa analogia è fuorviante

• In primo luogo nel sistema nervoso la distinzione tra trasduttori (input) e effettori (output) [cfr. pp. 81-82] non è così netta come in un elaboratore elettronico

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• L’analogia con il computer suggerisce anche che se l’informazione è codificata dai trasduttori e trasmessa dagli effettori, allora ad un certo punto anche lo stato dell’informazione veicolata dagli effettori è a sua volta trasformato in un ulteriore mezzo: la coscienza, che sarebbe sintetizzata ad un livello centrale rispetto alla dimensione periferica in cui tutte le informazioni sono trattate. E’ implicita la convinzione che debba esservi una sorta di stazione di comando

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• Lo stesso meccanismo elettrochimico di trasmissione dell’informazione tra neuroni rappresenta una dimensione non definita nella distinzione tra mezzo e messaggio

• Questo meccanismo elettrochimico si è dovuto integrare in organismi di una certa complessità, il cui materiale era, a livello fenotipico, già ampiamente informato

• Ci sono dei limiti biologici alla possibilità di implementare la trasmissione dell’informazione, che devono fare i conti con strutture organiche

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• “La sola ragione per la quale le menti dipendono dalla composizione chimica dei loro meccanismi o dei loro mezzi, è che, affinché tali meccanismi funzionino, devono essere costruiti con materiali compatibili con gli organismi preesistenti da essi controllati – e questo in virtù di una realtà biostorica.” (p. 89)

• Questo impedisce una concezione strettamente funzionalistica del mentale: non si può fare a meno di tenere in considerazione il CORPO!

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• Il meccanismo di controllo interno di un organismo, funzionale alla sua omeostasi, si è esteso, diventando un meccanismo di monitoraggio dell’intero organismo nei confronti dell’esterno: la percezione

• Mediante una lentissima evoluzione, degli agenti interni si sono specializzati ad elaborare informazione proveniente dalle varie aree periferiche dell’organismo

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• Gli agenti interni preposti all’elaborazione dell’informazione (sia esterna che interna) sono da individuare nei costituenti elementari (cellule e molecole) degli organismi, regolati da un semplicissimo meccanismo di risposta ON/OFF agli stimoli. Questi agenti interni si organizzano in sistemi sempre più complessi e articolati mediante un insieme di processi evolutivi

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• L’ipotesi* di Dennett sulle modalità di organizzazione degli agenti interni via via sempre più complessi si chiama Torre della generazione e della verifica e si distingue in fasi caratterizzate da creature differenti:

1. Creature Darwiniane: generazione cieca di organismi per ricombinazione o mutazione genetica, di cui sopravvivono solamente i migliori. Dopo molti milioni di cicli alcuni organismi acquisiscono plasticità fenotipica (cfr. pp. 98-99)

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2. Creature Skinneriane: genesi di creature dotate di meccanismi di rinforzo che consentono di modellare il comportamento in base a segnali positivi o negativi

3. Creature Popperiane: nascono con la capacità di dirigere le mosse iniziali del loro comportamento, in modo da evitare le prime (e letali) spiacevoli conseguenze. Queste creature devono avere tanta informazione al loro interno da poter fare dei modelli dell’ambiente esterno

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• I meccanismi percettivi sono subordinati alla trasmissione dell’informazione dall’ ambiente esterno all’ambiente interno: anche di questa elaborazione sono responsabili agenti elementari ‘stupidi’, sebbene organizzati in forme molto complesse e funzionali

• Il corpo dell’organismo naturalmente è il mezzo più ovvio per l’informazione

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• Le Creature Popperiane dimostrano un elevato livello di complessità e organizzazione, dotate di percezione e capacità di far morire le ipotesi al loro posto; tuttavia non per questo sono in grado di provare dolore come di avvertire altri stati coscienti. Forse la differenza tra creature coscienti è graduale, come del resto la differenza tra menti di vario tipo

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4. Le Creature Gregoriane, infine, grazie alla loro organizzazione interna possono ricavare informazione dagli elementi dell’ ambiente esterno, risultanti da progetti

• E’ ovvio che queste creature dovranno avere una moltitudine di circuiti costituiti da agenti, organizzati e preposti a specifiche funzioni

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• Tuttavia la complessa organizzazione di una miriade di circuiti cognitivi non implica la capacità di “pensare pensieri specifici” (cfr. p. 125), né che un organismo abbia sviluppato una forma di autonomia

• L’autonomia dell’agente umano, oltre alla capacità di individuare e re-identificare altre entità che è propria anche di altre creature Popperiane, fa anche altro …

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• Tra gli strumenti che si reperiscono nell’ ambiente esterno, che richiedono e conferiscono intelligenza, uno è di eccezionale utilità agli esseri umani: il linguaggio

• Il linguaggio consente di definire nell’ambiente interno le mosse di un organismo a livelli straordinariamente dettagliati