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Filologia n1ediolatina Studies in Medieval Latin Texts and their Transmission Rivista della Fondazione Ezio Franceschini XI 2004 FIRENZE EDIZIONI DEL GALLUZZO PER LA FONDAZIONE EZIO FRANCESCHINI 2004

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Filologia n1ediolatina Studies in Medieval Latin Texts and their Transmission

Rivista della Fondazione Ezio Franceschini

XI

2004

FIRENZE EDIZIONI DEL GALLUZZO

PER LA FONDAZIONE EZIO FRANCESCHINI 2004

FULVIO DELLE DONNE

UNA «COSTELLAZIONE» DI EPISTOLARI DEL XIII SECOLO:

TOMMASO DI CAPUA, PIER DELLA VIGNA,

NICOLA DA ROCCA

L'epistolografia latina costituisce, senza dubbio, uno degli ambiti di pro­

duzione letteraria che maggiormente caratterizza il XIII secolo. Forse si

tratta di una produzione che non riesce ad entusiasmare o ad appassionare

il lettore moderno, ma che sicuramente offre un privilegiato campo di in­

dagine per chi vuole analizzare i modelli applicativi dei più alti insegna­

menti retorici del tardo Medio Evo. I notai di cancelleria, ovvero i più pre­

parati letterati di quell'epoca, trovavano nelle raccolte epistolari le esempli­

ficazioni con le quali confrontarsi nel momento in cui dovevano elaborare

manifesti, circolari o privilegi ufficiali, ma anche lettere private con cui co­

municare notizie o semplicemente trascorrere il tempo libero, quando si fa­

cevano vincere dalla vanità di dimostrare la propria alta competenza reto­

rica. Tra gli epistolari di area italiana centro-meridionale, che ebbero mag­

giore incidenza sui dictatores del XIII secolo e su quelli successivi, sono par­

ticolarmente significativi proprio quelli di cui ora parleremo. Si tratta di

epistolari piuttosto eterogenei, dal momento che due, quelli di Tommaso di

Capua e di Pier della Vigna, sono prevalentemente organizzati in maniera

sistematica, mentre il terzo, quello di Nicola da Rocca, è costituito da let­

tere estravaganti, e quindi, a rigore, non dovrebbe neppure essere definito

«epistolario». Tuttavia, tutti e tre sono strettamente connessi tra loro, e for­

se proprio quello di Nicola da Rocca può costituire il trait d'union utile a

farci capire la genesi degli altri due.

144 FULVIO DELLE DONNE

Ma cominciamo a trattare più specificamente dell'epistolario di Tomma­

so di Capua, nato intorno al II85 e morto nell'agosto del 1239. La sua alta

preparazione retorica, probabilmente acquisita presso l'Università di Vicen­

za 1 , gli consentì non solo di svolgere una brillante carriera presso la can­

celleria papale, della quale fu vicecancelliere, ma anche di raggiungere gli

alti vertici della gerarchia ecclesiastica. Nel 1215, infatti, divenne arcivesco­

vo di Napoli; e un anno dopo fu elevato alla dignità cardinalizia: dapprima

quella di S. Maria in Via Lata e poi quella di S. Sabina2• Tommaso è autore

di diverse opere: formule penitenziari e, inni, sequenze e antifone3. Ma a in­

teressarci maggiormente, ora, sono quelle di dictamen, delle quali, in sostan­

za, è stata pubblicata solo l'Ars dictandi, edita da Emmy Heller4. Ancora in

gran parte inedita è la sua Summa dictaminis, ovvero il suo epistolario - sul

quale concentreremo l'attenzione- che è riportato in circa 30 mss. di rac­

colte non ordinate sistematicamente e in circa 6o mss. di raccolte compiu­

tamente organizzate, contenenti, in genere, 622 lettere, databili dal 1213 al

1268, che non possono essere tutte, evidentemente, attribuibili a Tommaso,

perché anche successive alla sua morte5. Dell'epistolario sono stati fatti di­

versi tentativi di pubblicazione, a partire da Simon Friedrich Hahn, che nel

1724 ne pubblicò i primi due libri e metà della prima lettera del terzo li­

bro6: il manoscritto da lui utilizzato, infatti, si fermava lì. Nel 1821 Joseph

Freiherr von Hormayr pubblicò 34 lettere, alcune integralmente, altre par-

r. Cfr. E. HELLER, Die Ars dictandi des Thomas von Capua, <<Sitzungsberichte der Heidel­

berger Akademie der Wissenschaften. Philos.-Hist. Klasse>> 1928/29, 4.Abh., p. 49. Sulla fon­dazione dell'Università di Vicenza, nata da una scissione da quella di Bologna, cfr. H. DENI­FLE, Die Entstehung der Universitiiten des Mittelalters bis 1400, Berlin 1885, pp. 298-299.

2. Sulla vita di Tomrnaso di Capua si veda H. M. SCHALLER, Studien zur Briifsammlung des Kardinal Thomas von Capua, <<Deutsches Archiv fiir Erforschung des Mittelalters>> 21 (1965),

pp. 371-394; N. KAMP, Kirche und Monarchie im staufischen Kiinigreich Sizilien, I, Miinchen

1973, pp. 315-317. 3· Per le edizioni e gli studi su tali opere cfr. SCHALLER, Studien cit., p. 372, note I e 2.

4. HELLER, Die Ars dictandi cit. s. Cfr. soprattutto SCHALLER, Studien cit., pp. 399-403.

6. S. E HAHN, Collectio Monumentorum, I, Brunsvigae 1724, pp. 279-385.

UNA «COSTELLAZIONE• DI EPISTOLARI DEL XIII SECOLO 145

zialmente7. Nel 1935 ne pubblicò 126 Emmy Heller8, che dopo Georg

Heinrich Pertz e Karl Hampe si assunse l'incarico di curare l'edizione del­

l'intero epistolario per i «Monumenta Germaniae Historica», che già nel

1820 avevano programmato di inserirlo nella propria collezione di testi9.

Attualmente, del lavoro di edizione - che presenta problemi di ardua solu­

zione, data la complessità della tradizione, che spesso si interseca con quel­

la dell'epistolario di Pier della Vigna 10 - si è fatto carico Hans Martin

Schaller.

Le raccolte sistematiche dell'epistolario di Tommaso di Capua, dopo

l' Ars dictaminis, presentano le lettere organizzate in dieci libri, nei quali sono

riunite in base all'argomento, generalmente annunciato nell' incipit. Il primo

libro raccoglie 75 epistole di contenuto essenzialmente politico, super invec­

tivis, increpatoriis, reprehensionibus et redargutionibus. Il secondo libro mette as­

sieme 129 lettere, nelle quali si comunicano notizie di ambito amichevole,

de ratiocinationibus, gaudiis, mutuis benevolentiis et certifìcationibus inter amicos. Il

terzo libro comprende 73 lettere, nelle quali si fanno richieste e si offrono

consigli, de inductionibus, suasionibus et consiliis dandis. Il quarto libro contie­

ne 29 lettere consolatorie. Il quinto libro raccoglie 28 o 29 pezzi de litteris testimonialibus, laudum preconiis et commendaticiis. Il sesto libro ne raccoglie 30

de excusationibus, responsionibus, petitionibus et querelis. Il settimo 137 de precibus

et recommendationibus. L'ottavo 6o de gratiarum actionibus. Il nono 43 de consti­

tutionibus, preceptis, commissionibus et gratiis Jaciendis ac dispensationibus. Infine,

il decimo libro contiene 21 lettere de inquisitionibus, de ordine iudiciario, pre­

bendis et electionibus.

Piuttosto simile a quella dell'epistolario di Tommaso di Capua risulta an­

che la struttura e l'organizzazione dell'epistolario di Pier della Vigna, il pro-

7·]. FREIHERR VON HORMAYR, Thomas a Capua Dictamina, «Archiv fiir Geographie, Hi­

storie, Staats- und Kriegskunst» 12 (1821), pp. 510-511, 513-516, 521-523, 527-530, 545-553,

557-560,585-588. 8. E. HELLER, Der kuriale Geschiiftsgang in den Briifen des Thomas v. Capua, «Archiv fiir Ur­

kundenforschung>> 13 (1935), pp. 256-318. Per l'edizione di altre lettere cfr. SCHALLER, Stu­dien cit., pp. 394-399.

9· Cfr. SCHALLER, Studien cit., pp. 394-395. IO. Ibidem, pp. 404-412 e passim.

146 FULVIO DELLE DONNE

tonotario e logoteta di Federico Il, reso immortale dal XIII canto dell'In­

ferno di Dante. Pier della Vigna, anch'egli capuano, nacque intorno al II90

e morì, in circostanze piuttosto misteriose, a San Miniato nella primavera

del 1249. La sua carriera si svolse, in sostanza, tutta presso la corte dell'im­

peratore, del quale, per diversi anni, diresse la cancelleria, assolvendo anche

a importantissimi incarichi legatizi n. L'epistolario di Pier della Vigna con­

tiene circa 550 tra manifesti, mandati, epistole e documenti di vario genere

risalenti al periodo che va dal II98 al 1264: molti di essi, dunque, sicura­

mente non possono essere usciti dalla penna del dictator capuano, che do­

vette entrare a far parte della cancelleria federiciana intorno al 1220 e -

come già detto- morì nel 1249. L'epistolario ci è tramandato da più di 150

codici: 120, circa, raccolgono il materiale in maniera sistematica e 30, circa,

lo raccolgono in maniera non sistematica. A questi sono poi da aggiungere

i circa 30 manoscritti, in forma di frammenti e florilegi che facevano parte

di raccolte ordinate, i circa 8o che riportano lettere singole spesso non

comprese nelle raccolte sistematiche, nonché i circa 50 che sono andati dis­

persi o distrutti in epoca moderna. Tutti questi testimoni possono dare un'i­

dea piuttosto precisa di quanto ampia sia stata la diffusione che i testi attri­

buiti al protonotario e logoteta imperiale ebbero nel tardo Medio Evo12•

Così come già riscontrato per le lettere di Tommaso di Capua, anche la

costituzione dell'epistolario di Pier della Vigna dovette essere determinata

soprattutto dall'esigenza di raccogliere modelli di lettere da utilizzare ogni

n. Sulla vita di Pier della Vigna cfr. soprattutto G. DE BLASIIS, Della vita e delle opere di

Pietro della Vigna, Napoli r86o; A. HUILLARD-BRÉHOLLES, Vie et coffespondance de Pierre de la

Vigne, Paris 1865. 12. Cfr. H. M. ScHALLER, Zur Entstehung der sogenannten Briifsammlung des Petrus de Vi­

nea, <<Deutsches Archiv fiir Erforschung des Mittelalters» 12 (1956), pp. II4-159 (rist. in ID.,

Stauferzeit, Hannover 1993, pp. 225-270); ID., L'epistolario di Pier della V!gna, in Politica e cul­

tura nell'Italia di Federico II, a cura di S. Gensini, Pisa 1986 (Centro di studi sulla civiltà del

tardo medioevo San Miniato, Collana di Studi e Ricerche 1), pp. 95-III (ristampato in te­

desco in ID., Stauferzeit cit., pp. 463-478). Sulla tradizione delle singole epistole cfr., ora, an­

che ID., Handschriftenverzeichnis zur Briifsammlung des Petrus de Vinea, Hannover 2002 (MGH,

HilfSrnittel r8).

UNA «COSTELLAZIONE• DI EPISTOLARI DEL XIII SECOLO 147

volta che se ne fosse presentata l'opportunità: anche per questo nelle rac­

colte sistematiche le epistole sono ordinate in libri in base all'argomento.

Secondo il tipo di raccolta più diffuso 13, il primo libro contiene i manifesti

imperiali relativi soprattutto al conflitto che vide Federico II contrapposto

ai pontefici; nel secondo libro sono raccolte epistole e mandati di ambito

bellico; nel terzo vi sono epistole di argomento politico inviate a regnanti

stranieri o a ufficiali e nobili del Regno; il quarto libro raccoglie - così

come quello di Tommaso di Capua -le consolationes; il quinto contiene epi­

stole e mandati di ambito amministrativo e fiscale; il sesto, infine, privilegi

ed esordi.

Dell'epistolario di Pier della Vigna sono state approntate diverse edizio­

ni a stampa. La prima apparve nel 1529 a Hagenau, in Alsazia, editore e

stampatore Johannes Setzer (Secerius): essa conteneva solo il primo libro

della raccolta con 33 lettere e portava il significativo titolo di Querimonia

Friderici Secundi imperatoris, qua se a Romano Pontifìce et Cardinalibus immerito

persecutum et imperi deiectum esse ostendit. A doctissimo viro domino Petro de Vi­

neis ... conscripta. La seconda, completa, vide la luce a Basilea nel 1566, edi­

tore Simon Schard (Schardius), stampatore Paul Queck (Paulus Quecus),

col titolo Epistolarum Petri de Vineis ... libri VI. Questa edizione, dopo essere

stata collazionata con altri manoscritti, fu ristampata nel 1609 ad Amberg,

nell'Alto Palatinato, editore Germanus Philaletes (forse Melchior Goldast),

stampatore Johannes Schonfeld; e ancora a Basilea nel 1740, editore Johann

Rudolflselin (Iselius) 14. Di diverse lettere, per lo più non tramandate dalle

raccolte sistematiche dell'epistolario, hanno, poi, fornito edizioni alcuni stu­

diosi ed eruditi, tra i quali conviene ricordare almeno Étienne Baluze rs, Ed­

mond Martène e Ursin Durand16, Jean-Louis-Alphonse Huillard-Bréhol-

13. Sulle diverse tipologie di redazione dell'epistolario di Pier della Vigna cfr. infra, pp.

152-153·

14. Di quest'ultima edizione è stata fatta nel 1991, a Hildesheim, una ristampa anastatica

curata ed introdotta da H. M. Schaller.

15. S. BALUZIUS, Miscel/aneorum /iber l, Parisiis 1678.

16. E. MARTÈNE - U. DURANO, Veterum scriptorum et monumentorum historicorum, dogmati­

corum, moralium amplissima collectio, II, Paris 1724.

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les17,Johann Friedrich B6hmer18 ed Eduard Winkelmann19. I «Monumen­ta Germaniae Historica», sin dalla loro fondazione, si assunsero il compito di pubblicare l'epistolario di Pier della Vigna20, e Georg Heinrich Pertz ed altri collaboratori di Karl vom Stein, il fondatore dei «Monumenta», pose­ro mano a questo lavoro21 ; si preferì, tuttavia, differirlo per dare la prece­denza alla pubblicazione di altre fonti. Un altro tentativo fu fatto, intorno al 1930, da Gerhart Ladner22. Negli ultimi decenni si è dedicato all'arduo compito Hans Martin Schaller, che - come abbiamo visto - si è occupato anche dell'epistolario di Tommaso di Capua; non a caso, dato che gli epi­stolari di quei due dictatores si presentano reciprocamente intrecciati: l' epi­stola II, 16 dell'epistolario di Pier della Vigna in realtà fu scritta da Tom­maso di Capua, e nelle raccolte non sistematiche le epistole dei due dictato­res si trovano mescolate tra loro.

E arriviamo, ora, al terzo epistolario, quello di Nicola da Rocca: un nome che evocherà il «chi era costui?» di manzoniana memoria, ma che non risulta del tutto ignoto a chi si occupa della storia e della letteratura dell'epoca di Federico II di Svevia. È stato talvolta considerato uno dei più importanti dictatores della cancelleria federiciana, e viene ricordato soprat­tutto come l'autore di un elogio in onore di Pier della Vigna, che - come si è supposto - diede forse ispirazione a Dante, quando descrisse colui che tenne «ambo le chiavi l del cor di Federigo». Tuttavia, sin da quando Al­phonse Huillard-Bréholles pubblicò, nel 1865, quell'elogio e qualche altra

17. J. L. A. HUILLARD-BRÉHOLLES, Historia diplomatica Friderici secundi, 6 parti in n voli., Paris 1852-r86r; ID., Vie et co"espondance cit.

18. J. F. BòHMER, Acta imperii selecta, lnnsbruck 1870. 19. E. WINKELMANN, Acta imperii inedita, 2 voli., lnnsbruck 188o-r885. 20. Cfr. <<Archiv der Geselischaft fiir altere deutsche Geschichtskunde>> r (r82o), p. ro8. 2!. Ne rimane traccia in G. H. PERTZ, Petrus de Vinea, Handschriften, «Archiv der Ge-

selishaft fiir alt. deutsche Geschichtskunde>> 5 (r824), pp. 396-407; ID., Bemerkungen iiber ein­zelne Handschriften und Urkunden, <<Archiv der Geselischaft fiir altere deutsche Geschichts­kunde>> 7 (1839), pp. 915-923.

22. G. LADNER, Formularbehelfe in der Kanzlei Kaiser Friedrichs II., <<Mitteilungen des ln­stituts fiir Òsterreichische Geschichtsforschung>> Erg.-Bd. 12 (1933), pp. 92-198.

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lettera di Nicola da Rocca2 3, pur se sono state tentate varie ricostruzioni

delle vicende della sua vita, hanno continuato a persistere incertezza e am­

biguità attorno alla sua figura. Il Nicola da Rocca notaio della corte impe­

riale e illustre dictator è stato generalmente confuso con il suo omonimo ni­

pote, anch'egli apprezzato retore, che, però, offrì i suoi servigi soprattutto a

rappresentanti della gerarchia ecclesiastica. Ma ricostruiamo brevemente la

vita del più anziano dei due Nicola.

Per quanto riguarda la sua attività professionale, la prima attestazione ce

lo mostra come «publicus notarius» al servizio di Riccardo Filangieri, lega­

to imperiale in Terra Santa dal 1231 al 1242. Successivamente, incontriamo

il nome di Nicola al servizio di Federico II di Svevia a partire dal settem­

bre del 1245: dapprima lavorò presso la cancelleria imperiale come registra­

tar, poi venne promosso a notaio grazie all'intervento di Pier della Vigna,

che ne apprezzò la competenza e l'inventiva retorica. Dopo la morte di Fe­

derico II, Nicola si allontanò dalla disciolta cancelleria imperiale, e dovette

passare al servizio di altri signori. Probabilmente, tra il luglio del 1252 e la

prima metà del 1253, lavorò presso la diocesi di Calvi (in provincia di Ca­

serta). Immediatamente dopo, però, tornò al servizio delle cancellerie dei

figli di Federico II, dapprima quella di Corrado, e poi quella di Manfredi.

Dopo la morte di Manfredi, avvenuta nella battaglia di Benevento del 26

febbraio 1266, Nicola cercò nuovi protettori, che trovò, probabilmente, nel­

l' arcivescovo di Salerno, Matteo de Porta, nel vescovo di Aquino, Pietro de

Sancto Helya, e nel cardinale Giordano di Terracina (di questo Giordano di

Terracina torneremo a parlare in seguito). Tuttavia, i legami con i rappre­

sentanti della dinastia sveva erano ancora molto forti e, quando Corradino,

nel 1268, scese in Italia per reimpossessarsi del regno avito, Nicola dovette

essere tra i suoi partigiani. Come è noto, l'impresa di Corradino ebbe un

esito tragico: il giovane sovrano venne decapitato il29 ottobre 1268, e i suoi

superstiti seguaci furono costretti a fuggire. Tra gli esuli probabilmente ci fu

anche Nicola: ma, a questo punto, le notizie si fanno molto incerte, perché

la sua sorte si confonde con quella del suo omonimo nipote. Nicola senior

23. HUILLARD-BRÉHOLLES, Vie et correspondance cit., pp. 289-291, 368-394.

FULVIO DELLE DONNE

potrebbe aver trascorso il suo esilio in una zona non troppo lontana dai

confini del Regno, oppure potrebbe anche aver seguito altri esuli, come

Pietro da Prezza ed Enrico di Isernia, che offrirono i loro servigi al mar­

gravio Federico di Meissen e a Ottocaro II di Boemia. Non è possibile sa­

pere se Nicola abbia mai più fatto ritorno in patria. Probabilmente morì

lontano dalla pace della tranquilla, anche se fredda Rocca Guglielma, tante

volte da lui nostalgicamente celebrata, e quasi sicuramente in un'epoca an­

teriore al 1280. Infatti ci è stata tramandata una lettera, in cui l'arcivescovo

di Napoli,Ayglerio Ayglerii (t 1281), raccomanda a un nobile del Regno la

cura degli eredi e dei beni di Nicola, affidati a lui e a suo fratello Bernardo

Ayglerii, abate di Montecassino24.

Ma passiamo ora a descrivere l'epistolario di Nicola da Rocca e le pro­

blematiche ad esso connesse. Innanzi tutto, l'epistolario non è costituito da

un corpus delineato e organizzato di lettere: ovvero, le lettere di Nicola da

Rocca non sono, generalmente, raccolte in una sezione particolare di un

manoscritto, ma sono mescolate a quelle di altri dictatores del XIII secolo,

provenienti soprattutto dall'Italia centro-meridionale. E, a dire il vero, non

in tutti i manoscritti le lettere trascritte sono attribuite a un ben determi­

nato autore, e, nel nostro caso concreto, a Nicola da Rocca. Ma procedia­

mo con ordine, e cominciamo a dare alcune coordinate. C'è un manoscrit­

to, che si trova a Parigi, Bibliothèque Nationale, lat. 8567, che riporta il

maggior numero di lettere dei due Nicola da Rocca, pur se inframmezza­

te a quelle di altri dictatores più o meno illustri, come Pier della Vigna, Ste­

fano di San Giorgio, Leonardo di Benevento, Giovanni di Capua, Berardo

di Napoli e altri ancora: questo manoscritto generalmente riporta il nome

dell'autore delle singole lettere. Ci sono poi altri manoscritti, io ne ho tro­

vati una trentina, in cui sono riportate singole lettere di Nicola da Rocca,

ma senza indicazione del nome dell'autore2 5: tra questi, un certo interesse

24. Per la ricostruzione della vita di Nicola da Rocca cfr. l'introduzione NICOLA DA RoccA, Epistolae, ed. F. Delle Donne, Firenze 2003 (Edizione nazionale dei testi mediolati­ni 9), pp. XII-XVIII.

25. Il ms. di Lipsia, Universitatsbibliothek 1268, alle cc. 84r-88r, contiene una sezione pre­ceduta dal titolo «incipiunt dictarnina magistri Nicolai de Rocca»; ma non tutte le lettere di questa sezione, solo 8, appartengono effettivamente a Nicola da Rocca.

UNA «COSTELLAZIONE» DI EPISTOLARI DEL XIII SECOLO 151

rivela il ms. 1482 della Bibliothèque Municipale di Troyes, che riporta an­

che lettere poco diffuse di Tommaso di Capua e di Pier della Vigna.

Insomma, le lettere dell'epistolario di Nicola da Rocca, così come quel­

le di gran parte degli epistolari medievali, e più in particolare quelli di Tom­

maso di Capua e di Pier della Vigna, presentano notevoli problemi di rico­

struzione della tradizione. Problemi connessi con il particolare statuto di

queste epistole, che vennero trascritte e raccolte essenzialmente al fine di

essere impiegate come modelli e, quindi, per essere parzialmente riutilizza­

te. Una prova evidente di questa prassi di «spoglio» è data dal fatto che spes­

so i nomi delle persone o delle località vengono omessi o vengono indica­

ti solo con le iniziali. Questa funzione ebbero certamente anche i più ampi

e organizzati epistolari di Pier della Vigna e di Tommaso di Capua, che -

come già detto - conservano nel loro corpus anche lettere che sicuramente

non furono scritte da loro, e, nel caso specifico, accolgono anche lettere di

Nicola da Rocca. Inoltre, questi epistolari dovettero avere anche una diffu­

sione piuttosto ampia, tanto che furono ricopiati in ambito universitario,

evidentemente a scopo didattico, rendendo molto probabili fenomeni di

contaminazione, non facilmente identificabili.

Ma veniamo ai rapporti che intercorrono tra l'epistolario di Nicola da

Rocca e quelli di Tommaso di Capua e di Pier della Vigna, e vediamo per­

ché - come proposto all'inizio - l'epistolario di Nicola da Rocca può rap­

presentare il trait d'union utile a comprendere la genesi degli altri due. Co­

minciamo col dire che tra le lettere di Nicola da Rocca ce ne sono alcune

(5, per la precisione) contenute anche nell'epistolario di Pier della Vigna, e

altre due contenute nell'epistolario di Tommaso di Capua26. Come si può

spiegare una simile situazione?

Per quanto riguarda la presenza delle lettere di Nicola da Rocca nell'e­

pistolario di Pier della Vigna, la soluzione del problema potrebbe presen­

tarsi relativamente semplice. I due dictatores erano amici e avevano lavorato

26. Sono le lettere, che, nella citata ed. dell'epistolario di Nicola da Rocca, sono ripor­tate ai nn. 4, 15, 26, 27,28 (corrispondenti alle IV 4, III 45, V 21, V 22 e V 4 dell'epistolario di Pier della Vigna), e ai nn. 50 e 138 (corrispondenti alle VII III e IX 34 dell'epistolario di Tommaso di Capua).

FULVIO DELLE DONNE

nello stesso ufficio imperiale. Per cui potrebbe essere giustificabile una con­

fusione di carte: ovvero, potrebbe essere plausibile l'ipotesi che alcune let­

tere di Nicola, magari alcune di quelle più interessanti dal punto di vista re­

torico, siano state attribuite al più illustre e noto collega di cancelleria. Ma

questo ci fa capire ancora una volta e con ulteriore sicurezza che non fu lo

stesso Pier della Vigna a mettere insieme le sue epistole e a organizzarle in

maniera sistematica, dal momento che non si sarebbe appropriato di lette­

re scritte da altri, esponendosi al rischio di vedersi accusato di furto o di

plagio. Quindi, quelle epistole dovettero essere raccolte da qualcun altro,

che non era più in grado di determinare il vero autore delle singole epi­

stole; o forse non era interessato a farlo.

La costituzione dell'epistolario di Pier della Vigna dovette essere deter­

minata soprattutto dall'esigenza di raccogliere modelli di lettere da utilizza­

re ogni volta che se ne fosse presentata l'occasione: anche per questo nelle

raccolte sistematiche le epistole sono ordinate in libri in base all'argomen­

to. Non possiamo definire, tuttavia, né quando né dove sia stato riunito e

redatto l'epistolario. I testi in esso contenuti presentano caratteristiche trop­

po varie per pensare che possano essere stati raccolti da destinatari, an­

ch'essi, del resto, troppo numerosi. Le lettere, quindi, dovevano essere già in­

serite in registri, oppure dovettero essere riunite da uno o più funzionari

della cancelleria sveva, che, forse, intendevano disporre di quel materiale per

uso personale. Tale raccolta, comunque, non dovette necessariamente esse­

re approntata nel Regno. Anzi, in base agli studi condotti da Hans-Martin

Schaller, l'ipotesi più probabile è proprio quella che il lavoro di redazione

e codificazione sistematica sia stato compiuto negli ultimi decenni del Due­

cento, ancora una volta presso la curia papale2 7, dove, però, non venne con­

dotto in maniera univoca e definitiva, dal momento che l'epistolario ci è

giunto secondo quattro tipologie di redazione ben distinte: la «grande in sei

libri», tramandata da 12 codici, che contiene un numero massimo di 477let­

tere; la «piccola in sei libri», che ha goduto della maggiore diffusione in

27. Cfr. ScHALLER, Zur Entstehung cit.,passim; ID., L'epistolario cit., pp. 103 ss.

UNA «COSTELLAZIONE» DI EPISTOLARI DEL XIII SECOLO 153

quanto tramandata da circa 95 codici e che riporta in genere 366 lettere; la «grande in cinque libri», tramandata da 7 codici, che accoglie in genere 279

lettere; la «piccola in cinque libri», tramandata da 3 codici, che riunisce in genere 133 lettere e che potrebbe essere un florilegio della tipologia reda­zionale precedente28 .

Le due lettere di Nicola da Rocca contenute nell'epistolario di Tomma­so di Capua, a questo punto, ci possono far capire meglio che cosa, proba­bilmente, accadde. Anche per quanto riguarda l'epistolario di Tommaso di Capua, l'organizzazione sistematica delle lettere in base all'argomento ci rende consapevoli che esse erano state raccolte mirando essenzialmente alla funzione pratica di fornire modelli da seguire o da imitare nello scrivere let­

tere di vario tipo, sia ufficiali sia private. Ma chi organizzò quell'epistolario? Sicuramente non lo stesso Tommaso di Capua, dal momento che - come già detto - ci sono lettere sicuramente non attribuibili a lui, perché ante­cedenti al suo ingresso nella cancelleria papale, o successive alla sua morte: tra quelle sicuramente databili, la più antica risale al 1213 (la IV 1, conte­nuta anche nell'epistolario di Pietro di Blois), la più recente al 1268 (la III

56, di papa Clemente IV). L'ipotesi più probabile è che le lettere siano sta­te raccolte nel luogo in cui Tommaso di Capua aveva svolto la sua attività retorica, ovvero presso la curia papale, dove probabilmente erano conserva­

te in fogli sciolti o in quaderni. E sicuramente ciò dovette avvenire in un periodo compreso tra la morte di Tommaso, avvenuta nell'agosto del 1239,

e il 1295, dal momento che, in quell'anno, ne troviamo un'attestazione nel testamento del cardinale Pietro Peregrosso2 9. Il lavoro di sistemazione do­vette senz' altro richiedere tempo e attenzione, quindi dovette forse essere svolto in un periodo in cui la cancelleria godeva di in un periodo di rela­

tivo riposo e di relativa tranquillità, ovvero in una fase di vacanza papale. La più probabile sembra quella successiva alla morte di Clemente lV, che andò

dal 29 novembre 1268 al primo settembre 1271. E a occuparsi più specifi­camente di quell'opera di raccolta, secondo l'ipotesi formulata da Emmy

28. Cfr. SCHALLER, Zur Entstehung cit., pp. 232-246.

29. Cfr. SCHALLER, Studien cit., p. 4II, nota 153.

I 54 FULVIO DELLE DONNE

Heller, dovette essere Giordano di Terracina, che fu vicecancelliere papale

dal 1257 al 1262, quando fu nominato cardinale diacono dei SS. Cosma e

Damiano, dignità che mantenne fino al 9 ottobre del 1269, data della sua

morte. A portare a Giordano di Terracina è non solo la sua attività di vice­

cancelliere, che sicuramente gli diede la possibilità di avere tra le mani i mo­

delli di Tommaso di Capua, ma anche il fatto che alcune lettere raccolte in

quell'epistolario sono sicuramente attribuibili a lui, oppure menzionano il

suo nome3°.

Ma vediamo più attentamente che cosa si ricava dalla più precisa analisi

di una delle due lettere di Nicola da Rocca contenuta anche nell'epistola­

rio di Tommaso di Capua. Si tratta di una lettera con cui Nicola da Rocca

si scusa con il vescovo di Aquino, Pietro de Sancto Helya, di non avergli fat­

to visita; gli trasmette i saluti del fratello Marino che si trova a Napoli e gli

raccomanda i nipoti31• La lettera è da datare al dicembre 1254, poco dopo

la morte di papa Innocenza IV, del quale Marino era cappellano. Proviamo

a mettere a confronto la redazione risalente alla tradizione che fa capo a Ni­

cola da Rocca (riportata al punto a) con quella che trasmette l'epistolario

di Tommaso di Capua (riportata al punto b).

30. Si tratta delle lettere del <1ordanus-Corpus», espressione con la quale Emmy Heller

identificava un gruppo di 27lettere riportate alle cc. r6ov-r62r del ms. Paris, BN, lat. n867;

queste lettere, in gran parte, dovettero essere scritte durante la vacanza papale del !268-

!27!. 31. La lettera è pubblicata come la n. 50 della ci t. ed. dell'epistolario di Nicola da

Rocca.

UNA •COSTELLAZIONE» DI EPISTOLARI DEL XIII SECOLO !55

a. Mss.: P, T [Epistole di Nicola da Rocca)

Verborum faleris abdicatis, desidie me fateor nota respersum, quod ve­stram hucusque distuli visitare presen­tiama personaliter. Receptab tamen, quam in me grata radicavit antiquitas, de vestra benignitate fiducia, credo quod constantem et placidum animum vestrum brevis temporis intervalla non minuant nec localia quevis prepedi­menta permutent. Ecce igitur ex par­te fratris mei de civitate Neapolisc, ubi ipsa diebus istis elementad com­mota sunt, vos affectuose salutoe. Duo nepotes mei, devoti vestri ad pedes ve­stre paternitatis accedunt, quos, si pla­cet, auctoritas vestra benigne recipiat, ad ordines clericales promoveat et ad sperate gratie limenf admittat.

a presentiam] personam T b recepta] re-tenta agg. sul rigo P c de civitate N ea-polis] ... T d elementa] clementia T e saluto] salutat T flimen]lu­men T

b. Mss.: Z, G, M, N [Epp. di Tommaso di Capua, VII 111]

Verborum faleris abdicatis, desidie me fateor nota respersum, quod ve­stram hucusque distuli personaliter vi­sitare personam. Retenta tamen, in qua in me grata nidificavir antiquitas, de vestra benignitate fiducia, credo quod constantem et placidum animum ve­strum brevis temporis intervalla non minuant nec localia quietis impedi­menta permittantb. Ecce igitur ubi ipsa diebus istis clementia commota sit, vosc affectuose salutat. Duo nepotes mei, devoti vestri ad paternitatis vestre pedesd accedunt, quos, si placet, aucto­ritas vestra benigne recipiat, ad ordines clericales promoveat et ad sperate glo­rie lumen admittat.

a in qua-nidifìcavit] scripsi; utraque gratia in quam me grata nidifìcavit G; in qua me grata nidifìcavit M; inquam gratia me nidi­fìcavit N; inquam gratia in me grata radica­vit Z b perrnittant] prornittant Z; perrnittent M, N c vos] om. G, M, N d paternitatis-pedes] paternitatis vestre pe­des benignitatis G; pedes vestre benignitatis M, N

Mss. a: P= Paris, Bibl. Nat., Lat. 8567, c. 92r; T= Troyes, Bibl. Mun., 1482, c. soc.

Mss. h: G = Paris, Bibl. Nat., lat. n867, c. 89r; M= Roma, Bibl. Vallicelliana, I 29, c. 102r; N= Napoli, Bibl. Naz., V E 3, c. 92r; Z = Wien, Nationalbibl., lat. 407, c. 76r. I mss. di questo gruppo servono solo a fornire una esemplificazione della tra­dizione dell'epistolario di Tommaso di Capua.

FULVIO DELLE DONNE

Dal confronto tra i mss. che riportano le lettere di Nicola da Rocca, in particolare il ms. siglato con la lettera P, e quelli che riportano le raccolte sistematicamente ordinate dell'epistolario di Tommaso di Capua si evince, in questi ultimi, una «prassi esemplificativa» di tipo fortemente attivo: in so­stanza le lettere vennero raccolte per fornire un modello di dictamen riuti­lizzabile. Nei mss. dell'epistolario di Tommaso di Capua- come evidenzia­to dalle parti in grassetto - vengono fatti sparire i riferimenti contingenti alla permanenza a Napoli del fratello di Nicola e alla morte di papa Inno­cenza IV: cosa che produce, come conseguenza, il successivo fraintendi­mento di parte della lettera, tanto che gli «elementa commota>> (rr. 12-13

del punto a), e quindi compartecipi al lutto per la morte del papa, si sono trasformati in una difficilmente comprensibile «clementia commota» (r. n del punto b). Da quanto visto, possiamo dedurre che la tradizione risalente alle epistole di Nicola da Rocca, e in particolare al manoscritto siglato come P, è senz'altro più corretta di quella che fa capo alla raccolta di Tom­maso di Capua. Anzi, possiamo aggiungere che, da un'analisi più ampia e approfondita dei manoscritti, sembra risultare che il ms. P rappresenti una copia di una raccolta, magari non definitiva, approntata da Nicola da Roc­ca o da qualcuno a lui molto vicino32. E proprio la natura di questo ma­noscritto ci può aiutare a capire qualcosa in più.

Innanzitutto, risulta evidente che un unico filo unisce le raccolte episto­lari di Nicola da Rocca a quelle di Tommaso di Capua e di Pier della Vi­gna. E il fatto che in entrambi questi epistolari siano confluite alcune let­tere di Nicola da Rocca, fa, forse, dell'epistolario di quest'ultimo la chiave utile a farci comprendere meglio come si formarono anche gli altri episto­lari. Ovvero, è probabile che comune sia stata la genesi di quei tre episto­lari: insomma, è plausibile che le lettere di quei tre dictatores, in un deter­minato momento, si siano trovate tutte nel medesimo luogo, magari tra le mani di una medesima persona. Ma quale fu questo luogo e quale fu que­sta persona? Proviamo a rispondere, tenendo presente proprio la probabile comune origine di tutti e tre gli epistolari. Ma prima dobbiamo cercare di

p. Su tale questione cfr. l'introduzione a NICOLA DA RoccA, Epistolae cit., pp. LXXX­

LXXXII.

UNA «COSTELLAZIONE• DI EPISTOLARI DEL XIII SECOLO 157

capire anche da chi e in quale modo vennero raccolte le lettere di Nicola

da Rocca: cosa non facile, perché quelle lettere non risultano essere orga­

nizzate sistematicamente. Tuttavia - come già detto - la maggior parte di

esse sono trasmesse da un unico manoscritto (il ms. di Parigi 8567, già si­

glato come P), che fornisce informazioni relative a situazioni e a nomi più

precise rispetto a quelle riportate da altri manoscritti. Insomma quel ma­

noscritto P sembra rifarsi a una tradizione che risale più direttamente agli

originali dell'autore, e sembra rappresentare la copia dello scartafaccio di

minute conservate da Nicola da Rocca o dai suoi eredi. E questo ci ha per­

messo di capire meglio anche i guasti intervenuti nel momento in cui al­

cune lettere di Nicola da Rocca sono state spostate verso altre tradizioni,

legandosi a quelle degli epistolari di altri autori, travalicando i limiti della

sfera privata del mittente o del destinatario. È difficile dire chi abbia gene­

rato tale spostamento di tradizione, compiendo l'operazione di raccolta de­

gli epistolari di Tommaso di Capua e di Pier della Vigna. In ogni caso, si è

già notato che le tradizioni di questi due epistolari spesso si intersecano e

si confondono. Quindi è plausibile pensare che quegli epistolari furono rac­

colti nello stesso luogo e forse anche dalla stessa persona: come già detto,

non è possibile pensare che siano state raccolte dai destinatari lettere tanto

varie e scritte nell'arco di molti decenni; e non possono essere state raccol­

te, ovviamente, nemmeno dal mittente, perché non avrebbe confuso le pro­

prie lettere con quelle scritte da altri. Molto probabilmente quel luogo do­

vette essere la curia papale: a questa conclusione erano arrivati, indipen­

dentemente, gli studiosi sia della tradizione dell'epistolario di Tommaso di

Capua, sia di quella dell'epistolario di Pier della Vigna. Tuttavia, i nomi dei

presumibili raccoglitori divergono: Emmy Heller, come si è detto, aveva

pensato a Giordano di Terracina per l'epistolario di Tommaso di Capua; e

Hans Martin Schaller aveva pensato proprio a Nicola da Rocca per l' epi­

stolario di Pier della Vigna. Emmy Heller era giunta a formulare quell'ipo­

tesi, perché nell'epistolario di Tommaso di Capua sono tramandate diverse

lettere di Giordano di Terracina33; Hans Martin Schaller aveva fatto il nome

33. Cfr. HELLER, Die Ars cit., pp. 7 s.; cfr. anche SCHALLER, Studien cit., pp. 407 ss.

FULVIO DELLE DONNE

di Nicola da Rocca, perché riteneva che quest'ultimo, dopo aver lavorato

presso la cancelleria sveva, negli anni successivi al 1266 avesse offerto i pro­

pri servigi presso la curia papale34_ La lettura delle lettere di Nicola da Roc­

ca, che ora sono state edite, ci impone, tuttavia, di correggere, almeno par­

zialmente, quell'ipotesi. Infatti, non fu Nicola da Rocca senior a lavorare

presso la curia papale, ma il suo omonimo nipote, che è attestato come cap­

pellano del cardinale Simone Paltinerio di Monselice e che dovette lavora­

re anche al servizio del cardinale Giordano di Terracina35. Insomma, po­

trebbe essere stato il nipote, Nicola da Rocca iunior, a portare presso la can­

celleria papale, gestita proprio da Giordano di Terracina, una copia delle let­

tere di Pier della Vigna magari già sommariamente raccolte, per proprio

uso personale, dallo zio: forse, Nicola da Rocca senior aveva una propria rac­

colta di dictamina da usare come modelli, in cui le proprie lettere erano

messe assieme a quelle dell'amico e «maestro» Pier della Vigna. Per di più,

nelle lettere ci sono frequenti attestazioni di rapporti tra Nicola senior e rap­

presentanti della gerarchia curiale, tra i quali spicca ancora una volta Gior­

dano di Terracina. Arrivati a questo punto, proviamo ad andare ancora più

avanti. Il cardinale Giordano di Terracina fu non solo un influente vicen­

cancelliere della curia pontificia, ma anche un apprezzato maestro di dicta­

men. E se, a quanto pare, fu il raccoglitore delle lettere di Tommaso di Ca­

pua, dimostrando quindi interesse per la conservazione dei coevi modelli

retorici, non risulta improbabile che sia stato sempre lui a raccogliere an­

che le lettere di Pier della Vigna, che magari gli erano state date da Nico­

la da Rocca senior o da suo nipote. Questo potrebbe aiutarci a spiegare non

solo la confusione tra le tradizioni degli epistolari di Pier della Vigna e di

Tommaso di Capua, ma anche il fatto che alcune lettere di Nicola da Roc­

ca siano confluite tanto nell'epistolario di Tommaso di Capua, quanto in

quello di Pier della Vigna. In ogni caso, il raccoglitore delle lettere di Tom­

maso di Capua e di Pier della Vigna non dovette riuscire a ultimare in ma-

34· Cfr. SCHALLER, Zur Entstehung cit., p. 258; Io., L'epistolario cit., pp. 103 ss.

35. Cfr. l'introduzione a NICOLA DA RoccA, Epistolae cit., pp. XIX-xx.

UNA «COSTELLAZIONE» DI EPISTOLARI DEL Xlii SECOLO I 59

niera definitiva il suo lavoro, dato che l'epistolario del primo presenta alcu­

ne lettere ripetute (la I, 41 e la II, 78 sono uguali rispettivamente alla III, 45

e alla VI, 5) e l'epistolario del secondo si offre in ben quattro raccolte si­

stematiche di tipo diverso. E questo potrebbe forse essere spiegato con la

morte del cardinale Giordano, avvenuta il 9 ottobre del 1269.

Dunque, un solo nodo sembra legare la genesi compositiva e la tradizio­

ne manoscritta di tre illustri dictatores; gli stessi dictatores che generalmente

sono considerati come appartenenti alla cosiddetta «scuola retorica capua­

na>>: una «scuola» retorica di cui farebbero parte anche Rinaldo da Capua,

Riccardo di San Germano, Pietro da Prezza, Giacomo da Capua, Taddeo da

Sessa, Terrisio di Atina, Enrico di Isernia, Berardo di Napoli, Goffredo da

Cosenza. Una scuola caratterizzata stilisticamente dal frequente uso delle

clausole metriche, dalle proposizioni ariosamente e ampiamente costruite,

dalla sfarzosità e dall'ampollosità espressiva. Forse non esistette mai un luo­

go istituzionalmente designato all'insegnamento e alla propagazione di

quella tradizione retorica, che tuttavia, dovette senz'altro essere trasmessa

innanzitutto attraverso i contatti epistolari diretti tra i dictatores, e poi attra­

verso l'assunzione di modelli epistolari esemplificativi.Almeno fino a quan­

do non furono canonizzate le raccolte sistematiche dei maestri di retorica

più illustri, come Tommaso di Capua e Pier della Vigna, i singoli impiega­

ti di cancelleria, infatti, si dovettero costruire le proprie collezioni di dieta­

mina o di formule. Collezioni che essi, da diligenti notai, compulsavano

stancamente e faticosamente per assolvere al ripetitivo lavoro d'ufficio. Ma

che, da creativi dictatores, studiavano con passione e con spirito emulativo,

quando ingaggiavano fantasiosi certami epistolari, per dare prova della pro­

pria raffinata inventiva retorica.