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1 File creato da Costanza Marsella e Giorgio Sforza FARMACOLOGIA Il FARMACO o PRINCIPIO ATTIVO viene definito come sostanza in grado di indurre variazioni funzionali nell’organismo. Il farmaco diventa medicamento quando a giuste dosi determina variazioni: Profilattiche; Terapeutiche Diagnostiche (es. radiofarmaci). L’Aifa (agenzia italiana del farmaco) definisce il farmaco come una sostanza o un’associazione di sostanze impiegata per curare o prevenire le malattie. È composto da un elemento, il principio attivo, da cui dipende l’azione curativa vera e propria, e da uno o più “materiali” privi di ogni capacità terapeutica chiamati eccipienti che possono avere la funzione di proteggere il principio attivo da altre sostanze chimiche, facilitarne l’assorbimento da parte dell’organismo, oppure mascherare eventuali odori o sapori sgradevoli del farmaco stesso. L’eccipiente dunque è una forma di protezione. Il farmaco può diventare tossico o veleno quando causa variazioni letali per l’organismo per: Elevate dosi Particolari condizioni fisiopatologiche in cui si trova il paziente. Il farmaco può essere definito attraverso: Nome chimico Nome generico Nome ufficiale Nome commerciale Noi dobbiamo conoscere il principio attivo, il nome commerciale non è utile, o meglio, è utile conoscere il nome commerciale, ma dobbiamo sapere qual è il principio attivo anche in relazione al fatto che il medico, in virtù della Legge 7 agosto 2012 n. 135 deve prescrivere il nome del principio attivo. Non deve prescrivere il nome brandizzato bensì il principio attivo e medicinali equivalenti.

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FARMACOLOGIA

Il FARMACO o PRINCIPIO ATTIVO viene definito come sostanza in grado di indurre variazioni funzionali

nell’organismo. Il farmaco diventa medicamento quando a giuste dosi determina variazioni:

• Profilattiche;

• Terapeutiche

• Diagnostiche (es. radiofarmaci).

L’Aifa (agenzia italiana del farmaco) definisce il farmaco come una sostanza o un’associazione di sostanze

impiegata per curare o prevenire le malattie. È composto da un elemento, il principio attivo, da cui dipende

l’azione curativa vera e propria, e da uno o più “materiali” privi di ogni capacità terapeutica chiamati

eccipienti che possono avere la funzione di proteggere il principio attivo da altre sostanze chimiche,

facilitarne l’assorbimento da parte dell’organismo, oppure mascherare eventuali odori o sapori sgradevoli del

farmaco stesso.

L’eccipiente dunque è una forma di protezione. Il farmaco può diventare tossico o veleno quando causa

variazioni letali per l’organismo per:

• Elevate dosi

• Particolari condizioni fisiopatologiche in cui si trova il paziente.

Il farmaco può essere definito attraverso:

• Nome chimico

• Nome generico

• Nome ufficiale

• Nome commerciale

Noi dobbiamo conoscere il principio attivo, il nome commerciale non è utile, o meglio, è utile conoscere il

nome commerciale, ma dobbiamo sapere qual è il principio attivo anche in relazione al fatto che il medico, in

virtù della Legge 7 agosto 2012 n. 135 deve prescrivere il nome del principio attivo. Non deve

prescrivere il nome brandizzato bensì il principio attivo e medicinali equivalenti.

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Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo

episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, indica

nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la denominazione del principio attivo contenuto nel

farmaco oppure la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo

accompagnato dalla denominazione di quest’ultimo” …

Il medico sul foglietto rosa del SSN prescrive il nome brandizzato, ma deve per legge scrivere il nome

del generico e solo il generico sarà rimborsato dal SSN. Questi generici non hanno più un nome

commerciale, ma un nome di principio attivo.

I farmaci generici sono uguali ai farmaci brandizzati? Le case farmaceutiche comprano il brevetto del

principio attivo, ma non il brevetto degli eccipienti. La casa farmaceutica deve quindi veicolare il

principio attivo attraverso gli eccipienti. Questi ultimi non solo proteggono il farmaco da sapori e odori

sgradevoli ma ne modificano l’assorbimento e allora, cosa importantissima, il farmaco generico deve

avere la stessa composizione in termini quantitativi dell’originale (detto medicinale di

riferimento), stessa forma farmaceutica e via di somministrazione .

Qui vediamo ad esempio l’atenololo, che è un beta bloccante:

Gli eccipienti invece sono diversi e siccome sono diversi vi deve essere una bioequivalenza tra i due

farmaci. Due farmaci sono bioequivalenti quando con la stessa dose i loro profili di concentrazione nel

sangue rispetto al tempo sono così simili che è improbabile possano produrre differenze rilevanti negli

effetti di efficacia e sicurezza.

In realtà nella pratica clinica di tutti i giorni ci sono soggetti per cui il generico non fa effetto e q uesto

secondo me perché questi studi di bioequivalenza non riescono ad eliminare le differenze. Vi faccio un

esempio. Per molti farmaci ci si riesce – ed è vero per la maggior parte dei farmaci – mentre per molti

altri non è possibile.

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Il farmaco entra nell’organismo attraverso la somministrazione, passa nel nostro organismo e c’è poi

un’eliminazione del farmaco, ma cosa succede quando il farmaco arriva nel nostro organismo? Da una

parte dobbiamo pensare a come il corpo agisce sul farmaco, e questo processo si chiama

farmacocinetica, ma dall’altra parte c’è anche come il farmaco agisce sul nostro corpo, sulle funzioni

del nostro corpo come fa per esempio nel ridurre la temperatura corporea la tachipirina e questa

branca della farmacologia si chiama farmacodinamica.

Naturalmente il farmaco una volta somministrato deve entrare nella circolazione sistemica. Il passaggio

dalla dose somministrata al farmaco che entra nel circolo sanguigno viene definito assorbimento.

L’assorbimento del farmaco è il passaggio dal sito di somministrazione alla circolazione

sistemica. Il farmaco, una volta che si trova nella circolazione sistemica, circola negli organi e si deve

distribuire nei tessuti. Dopo l’assorbimento e il passaggio tramite il plasma, il farmaco viene

distribuito. Quando il farmaco che è nel sangue arriva in un organo specifico come fegato, reni,

intestino, polmoni viene metabolizzato, ovvero modificato. Metabolismo vuol dire cambiamento di

qualcosa. E poi viene eliminato. Questa fase viene definita metabolismo ed eliminazione.

Le quattro fasi della farmacocinetica sono:

1. Assorbimento

2. Distribuzione

3. Metabolismo

4. Eliminazione

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Il farmaco oltre a fare tutto ciò arriva dove deve arrivare, ad esempio all’ipotalamo e fa ridurre la

temperatura, arriva al sito d’azione, ma in questa fase parliamo di farmacocinetica mentre quando

parliamo dell’effetto farmacologico del farmaco che dà una risposta clinica sia di tossicità che di

efficacia, quest’altra parte la definiamo farmacodinamica.

La farmacocinetica è l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo, biotrasformazione e

l’eliminazione.

Iniziamo a vedere che questi quattro processi si svolgono in un certo periodo di tempo e questi

processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione controllano:

1. La Velocità di inizio dell’azione di un farmaco

2. L’Intensità del suo effetto

3. La Durata del suo effetto

Facciamo un esempio. Se io prendo un farmaco per via orale dovrà passare dallo stomaco, sarà

assorbito dall’intestino, entrare nella circolazione sistemica. Se lo riverso direttamente nel sangue avrò

saltato la fase di assorbimento nell’intestino dunque la via endovenosa è più rapida della via orale .

Questi processi farmacocinetici danno importanti indicazioni su intensità e durata.

Le vie di somministrazioni sono:

• Enterali: orale e rettale

• Parenterali: tutte le vie tranne l’orale e la rettale.

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Più

specificatamente

possiamo

distinguere le vie

di

somministrazione

naturali cioè

quelle che

sfruttano gli

accessi naturali

del corpo e quelle

artificiali.

L’assorbimento è

il processo per

mezzo del quale

un farmaco passa

dal sito di

somministrazione

al plasma.

All’interno del

plasma vi è il 90-

95% di acqua. Il

farmaco viaggia

quindi nel plasma.

Qui vediamo

diversi siti di

somministrazione, vedete le fasi di assorbimento, distribuzione e metabolismo.

Supponiamo io stia facendo la

intravenosa. Il farmaco va direttamente

nel plasma e, in seguito, a distribuirsi. Il

farmaco che è nel plasma, come

vedete, è in equilibrio con tutti i tessuti.

È in equilibrio con i reni, dove poi può

essere eliminato, con il fegato, dove

poi è metabolizzato cioè modificato e

poi dal fegato può andare ai reni. È in

equilibrio con l’intestino, la pelle, il

muscolo, il cervello. Quando lo do per

via orale passa dallo stomaco

all’intestino e, dall’intestino, attraverso

il sistema portale al fegato in cui

avviene un’ampia modificazione del

farmaco e dal fegato può arrivare ai

reni ed essere eliminato. Tanto ce n’è nel plasma, tanto nel fegato; si riduce nel plasma, si riduce nel fegato, è

sempre questione di equilibrio.

Il farmaco può essere dunque eliminato certamente attraverso urine e feci, attraverso la saliva e il latte -

alcuni trattamenti farmacologici non possono essere fatti durante l’allattamento- e l’aria espirata.

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Come fa il plasma a passare all’interno della cellula? Le tappe della farmacocinetica sono regolate da tutti i

meccanismi dei passaggi di membrana. Questa è la nostra membrana plasmatica, che è un doppio strato

fosfolipidico, con le teste idrofiliche che sono all’interno e all’esterno del doppio strato e le code idrofobiche.

E poi vi sono tutte le varie proteine di membrana. I farmaci possono passare le membrane attraverso

diffusione passiva, diffusione facilitata e trasporto attivo. Naturalmente se abbiamo un farmaco che ha

un valore, un peso molecolare superiore a 100 dalton, è difficile che possa diffondere mediante diffusione

passiva ed allora bisogna pensare che molti di questi farmaci debbano essere trasportati. Per diffondere

attraverso la cellula questo farmaco deve avere un certo grado di idrofilia che è sufficiente a tenerlo in

soluzione nei liquidi acquosi, negli interstizi, e, al contempo, un certo grado di lipofilia in modo che

possa attraversare la membrana cellulare. I farmaci in generale sono acidi e basi deboli e quindi

naturalmente possiamo trovarli, a seconda del PH del nostro organismo, o in una forma ionizzata, dissociata

e quindi idrosolubile o in una forma non ionizzata, liposolubile.

Il pH dell’ambiente è fondamentale, ma lo è anche il pK della molecola cioè il pH alla quale la molecola si

trova in forma dissociata al 50%. Un farmaco modifica la sua penetrabilità in relazione al pH che trova e qui

accenno subito ad una cosa che può esservi utile clinicamente: se ho un farmaco liposolubile, a un certo

punto sarà difficile eliminarlo con le urine. Come faccio a fare in modo che quel farmaco liposolubile che si

trova in forma non ionizzata possa essere eliminato? Posso modificare il pH delle urine e rendere le urine ad

esempio nel caso di un farmaco lipofilo acido, alcalinizzare le urine. E allora cambiando il pH il farmaco può

essere eliminato. Possiamo quindi modificare l’assorbimento o l’eliminazione di un farmaco modificando il

pH in cui si trova.

Tenendo presente che le membrane cellulari sono formate da un doppio strato lipidico, solo il farmaco

indissociato sarà in grado di passare all’interno della cellula. Solo la quota di farmaco liposolubile è in grado

di passare all’interno della cellula.

Portiamo ora la nostra attenzione su questa diapositiva.

Consideriamo la somministrazione orale. A livello dello

stomaco il farmaco viene leggermente assorbito. Viene

assorbito molto a livello dell’intestino per via dell’amplissima

rete capillare che porta alla vena porta la quale entra a livello

del fegato. Con una somministrazione orale il farmaco viene

assorbito a livello dell’intestino e arriva al fegato in cui

succedono una serie di cose importanti che vedremo,

fuoriesce, va in vena epatica e in vena cava da cui si rende

disponibile alla circolazione sistemica.

La maggior parte del farmaco somministrato per via rettale

entra direttamente in vena cava attraverso il ritorno venoso

rettale e in piccola parte nell’intestino.

Se faccio una somministrazione sublinguale invece c’è

direttamente l’ingresso in vena cava attraverso il ritorno

venoso dalla cavità buccale.

I farmaci assorbiti a livello intestinale, arrivati al fegato, il

farmaco viene catturato e quindi solo una parte del farmaco

che noi abbiamo introdotto arriva in vena porta. Se qui ho

somministrato 100mg entrano più o meno 80mg poiché non

riusciamo ad assorbire tutto il farmaco, 80mg entrano nel fegato e quando entrano nel fegato ne fuoriescono

20mg poiché c’è un fenomeno chiamato effetto di primo passaggio epatico.

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I farmaci assorbiti a livello intestinale, passano attraverso il fegato, l’organo principale di metabolizzazione,

prima di poter giungere alla circolazione sistemica. Nel passaggio intestinale e soprattutto in quello epatico

una quota variabile del farmaco viene catturata e si può ridurre in modo significativo la quota di farmaco che

passerà alla vena cava (si riduce la quota BIODISPONIBILE).

La biodisponibilità del farmaco è la percentuale della dose somministrata che effettivamente entra

nella circolazione sistemica.

Questa percentuale della dose somministrata che

entra effettivamente nella circolazione sistemica

vi entra in una forma chimica immodificata

metabolicamente attiva.

Cosa ci dice questo concetto di biodisponibilità?

Se la via di somministrazione scelta è valida o no,

in confronto all’endovenosa che ha una

biodisponibilità del 100%. Alcuni farmaci non

possono essere somministrati per via orale poiché

hanno una biodisponibilità molto bassa.

In questa diapositiva vedete cosa succede

nell’assorbimento orale.

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I fattori che determinano l’assorbimento dei farmaci dall’intestino sono:

• Dissoluzione

• Proprietà fisico-chimiche del farmaco

• Eccipienti

• Formulazioni speciali (a rilascio prolungato, orali rivestite ecc)

• pH (stomaco ed intestino tenue)

• Velocità di svuotamento gastrico

• Cibo

• Motilità intestinale

• Interazioni tra farmaci nel lume intestinale

• Passaggio attraverso la parete intestinale

Alcuni farmaci ad esempio non possono essere assunti a stomaco pieno o con particolari cibi.

L'aumento del pH può accelerare lo svuotamento gastrico a digiuno

• Per ridurre gli effetti dell’acidità e gli effetti di alcuni cibi, i farmaci dovrebbero idealmente essere

somministrati 1 ora prima o 2 ore dopo i pasti

• L'esercizio fisico può rallentare lo svuotamento gastrico

• La posizione coricata sul fianco sinistro rallenta lo svuotamento gastrico

Le diverse vie di somministrazione hanno ovviamente sia vantaggi che svantaggi.

Si tratta di una via di somministrazione molto più sicura dell’endovenosa poiché se ci sono degli effetti

collaterali sicuramente siamo un po’ più tranquilli. Se aumento il pH dello stomaco, si può accelerare lo

svuotamento gastrico a digiuno.

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La via sublinguale è molto impiegata per farmaci per patologie venose come la nitroglicerina. Entra

direttamente in vena cava. La via sublinguale conserva tuttavia un’incertezza del dosaggio per via di

situazioni di irritazioni della cavità buccale sicché non è detto che sia assorbito nella stessa maniera tra un

paziente e l’altro. La via rettale è utilissima in pediatria e per pazienti che hanno alterazioni gastroenteriche,

ma il problema è che l’assorbimento è abbastanza erratico. Immaginate ad esempio le emorroidi, o delle

ragadi: a quel livello non sappiamo più se il dosaggio sia corretto o meno. La via inalatoria ha un

assorbimento rapidissimo, vi sono numerosi anestetici somministrati in tale modo, utili anche in caso di

emergenza. D’altra parte, ha lo svantaggio di richiedere un applicatore e nebulizzatore ed è irritante.

La via endovenosa conserva un grosso vantaggio: per le terapie d’urgenza, soprattutto somministrate in bolo,

è immediato. L’effetto è in infusione totalmente modulabile, il dosaggio è certo, possiamo somministrare

anche grandi volumi per lunghi periodi. Gli svantaggi sono da tenere sempre in considerazione. Ad esempio,

per quanto concerne i chemioterapici vi è il problema della tossicità da stravaso.

Ci sono farmaci, i cosiddetti farmaci depot, che somministriamo e che poi vengono rilasciati nel tempo ,

ma con la via intramuscolare non posso somministrare grandi volumi, al massimo 5ml. Nella via

sottocutanea abbiamo una rapidità di assorbimento maggiore della via orale e possiamo rilasciarvi

preparati a rilascio controllato. La via transdermica è utile per farmaci particolarmente liposolubili e

molto utilizzata per tutte le somministrazioni occlusive cioè somministriamo attraverso un massaggio

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del farmaco sulla cute e poi facciamo un bendaggio. In tal modo si accelera l’assorbimento. In tal modo

tuttavia l’assorbimento sistemico è ritardato e vi può essere una sensibilizzazione cutanea. La

raccomandazione è di spostare il sito di tanto in tanto. Vi si somministrano analgesici importanti, come

ad esempio gli oppioidi, somministrati con cerotti sostituiti in genere ogni 72h e si tende a spostare la

zona di applicazione per evitare la sensibilizzazione cutanea.

Abbiamo parlato dell’assorbimento , ma abbiamo detto che il farmaco entra a livello del plasma. Il

farmaco è libero o si lega a qualcosa? Si lega a delle proteine plasmatiche e il legame alle proteine

plasmatiche varia in una percentuale diversa a seconda dei farmaci. Se il farmaco è basico è legato

alla glicoproteina acida alfa uno , mentre invece se sono farmaci acidi vengono legati

dall’albumina. Quindi assorbimento, passaggio a livello del plasma, quando arriva nel plasma si lega a

delle proteine. Poi dal plasma deve fuoriuscire ed andare a distribuirsi. Se è legato come fa? Solo la

parte libera è in grado di attraversare gli endoteli dei capillari sanguigni ed arrivare ai tessuti. Solo il

farmaco libero passa l’endotelio e quindi può distribuirsi, arrivare ai siti di azione.

Le proteine plasmatiche rappresentano un serbatoio.

Minore è il legame del farmaco alle proteine

plasmatiche, maggiore sarà la quantità

disponibile per l'effetto, ma anche per la sua

eliminazione. Maggiore è il legame, minore la

quantità di volta in volta disponibile per

l'effetto e per l'eliminazione; quindi una più

lunga durata dell'effetto.

L’ipoalbunimia (epatopatia, sindrome

nefrosica, ecc.) altera la farmacocinetica dei

farmaci che sono altamente legati alle proteine

plasmatiche, con potenziali rischi tossici .

Di ciascun farmaco abbiamo una scheda

tecnica. Tenete a mente due siti importanti in

cui visualizzare la scheda tecnica: la banca dati

AIFA in cui possiamo scrivere o il nome

commerciale o il nome del principio attivo ed

abbiamo anche informazioni sulla cinetica e la

dinamica. Il legame alle proteine è importante

conoscerlo poiché ci dà un’informazione

importantissima sulla durata dell’effetto del

farmaco.

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Seconda lezione

Distribuzione

Una volta che il farmaco è passato dal plasma all’endotelio e dunque entrato nella circolazione

sistemica andrà a distribuirsi ai tessuti ed agli organi. Per capire come si distribuisce questo farmaco e

dove si distribuisce dobbiamo affrontare il concetto di volume di distribuzione cioè in che volume si

distribuisce questo farmaco. È importante conoscere questo valore per capire se è un farmaco che resta

confinato a livello del plasma o esce dal plasma entra nei tessuti , ma resta negli interstizi oppure se un

farmaco è così tanto lipofilico da attraversare il doppio strato fosfolipid ico ed entrare a livello

intracellulare.

Volume di distribuzione

Anzitutto lo standard di riferimento è un uomo adulto di 70kg con un buon rapporto tra massa

muscolare e massa magra.

In tal caso il soggetto in questione ha 42 litri di liquidi distribuiti in tal modo:

• 4 litri nel plasma;

• 10 litri nel liquido interstiziale o extracellulare;

• 28 litri volume intracellulare (citosol).

Si considera questo modello di un buon equilibrio tra massa magra e massa grassa, 70 kg di peso, ed i

farmaci vengono testati in base a questo modello. Il nostro farmaco, che si distribuirà in questo

compartimento, si distribuirà in maniera diversa se ho ad esempio un pannicolo adiposo maggiore. Se

il farmaco è lipofilico si accumulerà nell’adipe, ad esempio. Se abbiamo dinanzi un soggetto obeso, la

distribuzione cambierà così come se abbiamo dinanzi un soggetto estremamente magro , ma in linea di

massima questo è il nostro termine di paragone.

La distribuzione del farmaco cambierà a seconda delle sue caratteristiche. Anzitutto il volume del

plasma, il volume extracellulare ed il volume intracellulare sono 42 l e in generale possiamo dire che

14l corrispondano alla somma del compartimento extracellulare e plasmatico. Se un farmaco ha un

volume di distribuzione di 14 litri, ciò vorrà dire che resterà tra plasma e liquido extracellulare . Se un

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farmaco ha un volume di distribuzione 42l, si è andato a piazzare ovunque. Farmaci molto liposolubili

entrano nelle cellule e quindi si andranno a distribuire nel liquido intracellulare. I farmaci ionizzati che

non hanno una lipofilia, restano a livello del fluido extracellulare e quindi avranno un volume di

distribuzione intorno ai 10 l. I farmaci molto legati alle proteine plasmatiche oppure quelli con un alto

peso molecolare che non riescono a passare l’endotelio - come l’eparina - avranno un volume di

distribuzione plasmatica di 4l.

Quando il farmaco si è distribuito, la quantità di farmaco SOMMINISTRATA si sarà SUDDIVISA tra il

PLASMA e i compartimenti EXTRAPLASMATICI (cioè volume intracellulare e volume extracellulare).

Il volume di distribuzione del farmaco è un valore apparente (si parla quindi di volume di

distribuzione apparente, VDA) poiché naturalmente noi abbiamo considerato il corpo come suddiviso

in quattro compartimenti, ma la realtà è diversa. Viene chiamato apparente anche perché vi sono

farmaci che, se seguiamo la formula che vedremo tra poco, hanno un volume di distribuzione superiore

a 42 litri. Ora spiegheremo com’è possibile che accada questo. Lo chiamiamo dunque volume di

distribuzione apparente poiché non vi è sempre una corrispondenza con questa massima quantità di

liquidi di 42l.

Il volume di distribuzione apparente esprime il volume in cui si è distribuito un farmaco e ci

informa sulla capacità di diffusione e penetrazione dei farmaci nei vari organi e tessuti

dell’organismo. Si dice “apparente” in quanto non sempre corrisponde al reale volume di liquidi

presente nell’organismo.

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Come si calcola?

Dopo aver dato una certa quantità di farmaco ad un paziente, si fa un prelievo e si valuta la

concentrazione plasmatica del farmaco, ad un tempo più o meno 0. Il rapporto tra la quantità di

sostanza somministrata e la concentrazione plasmatica del farmaco dosata dopo l’assunzione, mi darà

il volume apparente di distribuzione. Facciamo un esempio: somministriamo 28mg di un farmaco

qualsiasi. Facciamo un prelievo, la concentrazione plasmatica è di 2mg/l. Il volume apparente sarà 14l

che ci dice che il farmaco è distribuito nel plasma e nel compartimento extracellulare quindi ha basso

volume di distribuzione, non è largamente diffuso.

Altra informazione importante che ci tiriamo fuori: se avessi somministrato 30mg, verrebbe 15 che non

è 14 ma ci fa inquadrare più o meno dove sta. L’eparina si dà per rendere più fluido il sangue quindi è

bene che non penetri. Se infatti valuto il volume apparente dell’eparina, espresso come litri/chilo avrò

che (altra cosa, quando leggiamo la scheda tecnica del farmaco troviamo il dato espresso in litri/chilo.

Per avere un’idea dobbiamo moltiplicare il valore per 70, il nostro modello di riferimento) avremo 3.5

litri.

Il Depakin è un farmaco che utilizziamo come antiepilettico ed anche nel disturbo bipolare. In tal caso il

farmaco rimane nel compartimento extracellulare. Se consideriamo il Fenobarbital (un barbiturico),

deve penetrare all’interno del sistema nervoso centrale e, per espletare un’azione di questo tipo, è

inevitabile che sia diffusamente distribuito a penetrare le cellule.

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Esistono farmaci che hanno VAD> 42 litri? La risposta è sì . Un valore così alto indica che il farmaco

si concentra in un tessuto che funge da deposito. Se ad esempio ho un farmaco lipofilo ed un paziente

obeso, questo farmaco è tendenzialmente ancorato dal tessuto adiposo che ci fa da attrattore. Siccome

quando viene distribuito viene attratto dal tessuto adiposo, scompare dal plasma quindi al

denominatore avrò un valore molto piccolo, ed un rapporto con al denominatore un numero molto

piccolo darà un valore molto grande. Abbiamo dunque valori di distribuzione così elevati perché nel

plasma ne resta molto poco di farmaco. Un valore superiore ai 42 litri ci dice quindi che il farmaco si

concentra in un tessuto che funge da deposito.

Esempio: Clorpromazina (Largactil) = 21 litri/kg x 70 kg = 1470 litri (si tratta di un sedativo per pazienti

in agitazione psicomotoria)

Questo è importante saperlo soprattutto quando si accumula: il nostro tessuto ad esempio adiposo che

lo ha accumulato, lo cederà gradualmente per equilibrio di massa. Una cosa che viene ad essere molto

concentrata da una parte e poco concentrata dall’altra dovrà, per il principio di massa, riequilibrarsi.

Questo tessuto adiposo che concentra questo farmaco piano piano lo cede e quindi dobbiamo

aspettarci che un grande volume apparente di distribuzione significa che questo farmaco rimarrà molto

più tempo in circolo.

La DISTRIBUZIONE DI UN FARMACO DIPENDE IN GRAN PARTE DA:

• liposolubilità

• flusso ematico locale: ci sono organi ad elevato flusso ematico (SNC, cuore, fegato che

rapidamente vengono attraversati dal flusso sanguigno e organi a lento flusso ematico come

muscoli, pelle, tessuto adiposo dove il flusso ematico è molto scarso)

• legame alle proteine plasmatiche

• struttura dei capillari: la permeabilità capillare passa da situazioni come i sinusoidi epatici, la

milza ed il midollo osseo dove la penetrazione è totale a situazioni dove la permeabilità

capillare è ridotta per via della conformazione, come nel caso della barriera emato-encefalica.

• barriera emato-encefalica

Se un farmaco deve passare la barriera emato-encefalica deve avere delle caratteristiche particolari

poiché viene immediatamente bloccato: una serie di fattori possono influenzare la distribuzione di un

farmaco.

Condizioni che influiscono sul grado di distribuzione di un farmaco

• Età

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Neonato: l'elevata percentuale di acqua corporea (75-80%) e la bassa percentuale di tessuto adiposo

possono influenzare la distribuzione di certi farmaci. Inoltre, la quantità e la capacità legante

dell'albumina neonatale è minore rispetto all'adulto e la quota libera di alcuni farmaci, quali penicilline,

fenitoina, fenobarbitale, può essere aumentata.

Anziano: L’acqua corporea totale diminuisce, mentre la percentuale di tessuto adiposo aumenta.

Nell'anziano è spesso presente una riduzione dei livelli di albumina ed un aumento dell'α1-

glicoproteina acida. Il paziente ha un affaticamento della funzione epatica.

• Malattie epatiche croniche (ipoalbuminemia)

• Insufficienza renale (ipoalbuminemia)

Esiste una relazione tra la concentrazione plasmatica di un farmaco e il volume apparente di

distribuzione? Tanto più è grande la concentrazione plasmatica di un farmaco, tanto più è piccolo il

suo volume apparente. Tanto più è grande il volume apparente di distribuzione, tanto più è piccola la

sua concentrazione plasmatica. Quando c’è un’alta concentrazione plasmatica per un piccolo volume

apparente di distribuzione non possiamo che ricondurre ciò a farmaci idrosolubili o di grandi

dimensioni che rimangono nel compartimento plasmatico. All’estremo opposto ci sarà una bassa

concentrazione plasmatica poiché sono farmaci liposolubili che andranno a depositarsi.

Metabolismo

Lo xenobiota viene metabolizzato per poterlo eliminare. Il metabolismo del farmaco è dovuto al fatto

che c’è una reazione del nostro organismo che tende a modificare il farmaco per poterlo eliminare. Il

metabolismo dei farmaci avviene principalmente nel fegato. Altri organi di metabolizzazione sono:

• Reni

• Muscoli

• Polmoni

• Intestino

La maggior parte dei farmaci sono metabolizzati a livello epatico ed è questa la ragione per cui un

soggetto affetto da epatopatie ha problemi nell’eliminazione dei farmaci poiché non riesce a

modificarli per poi renderli eliminabili. Vediamo di capire come fa a modificarli. Anzitutto il

metabolismo epatico è l’espressione difensiva dell’organismo verso l’invasione di sostanze estranee.

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Ha lo scopo di TRASFORMARE i FARMACI LIPOSOLUBILI in MOLECOLE IDROSOLUBILI e quindi

FACILMENTE ELIMINABILI. O se il farmaco è già sufficientemente idrosolubile lo rende maggiormente

idrosolubile per eliminarlo. Il metabolismo epatico, in conclusione, prende la molecola del farmaco cui

è esposto, “riconosce” la sua liposolubilità e tanto più è liposubile tanto più lo modificherà per renderlo

idrosolubile poiché deve essere eliminato

attraverso le urine.

Il farmaco lipofilo se non venisse metabolizzato

dal fegato, arrivato al livello del rene, proprio

perché lungo il nefrone ed il lume del nefrone

abbiamo urina, un farmaco lipofilo viene

riassorbito e non viene mai eliminato. Il fegato

deve modificarlo, portarlo a divenire un

metabolita idrofilo che poi diviene facilmente

eliminabile.

Il metabolismo di un farmaco a livello epatico

consta sostanzialmente di due fasi:

1. Aggiunta o smascheramento di

gruppi –OH, -NH2, -SH che rendono il composto

più polare.

Questi sono gruppi idrofilici, hanno ioni idrogeno che possono liberare. Se alla molecola aggiungo o

tolgo qualcosa e smaschero gruppi polari, idrofilici, ho già fatto un’operazione importante.

2. Questo non è sufficiente poiché per molti farmaci nonostante l’aggiunta o smascheramento

di gruppi idrofilici, non basta. In questa fase il farmaco viene coniugato ad una molecola

grande polare che, in generale, è l’acido glucoronico. Si dice infatti che il farmaco è

andato incontro alla fase due di glucuronazione. Il farmaco può legare anche altre

sostanze come l’acetato, la glicina, il glutatione. Molecole grandi che lo rendono idrofilo e

facilmente eliminabile.

Il metabolismo di un farmaco che avviene prevalentemente a livello epatico consta quindi di due fas i,

una prima fase che richieda l’aggiunta di qualcosa o lo smascheramento di qualcosa per rendere il

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farmaco idrosolubile. Spesse volte non è sufficiente, dobbiamo entrare in fase due in cui l’aggiunta

dell’acido glucuronico lo rende eliminabile. Di seguito vediamo l’esempio dell’aspirina.

In fase 1 viene tolto il gruppo metilico e smascherato un gruppo idrossilico molto polare , ma non

ancora sufficiente. In fase due l’aspirina viene glucuronata.

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Il farmaco come abbiamo detto deve diventare idrofilo per essere eliminato. Posso avere un farmaco

che è già sufficientemente idrofilo e dunque va direttamente in fase due o un’altra situazione: un

farmaco che in fase 1 porta alla formazione di un metabolita con attività modificata. Supponiamo che

sia un farmaco che abbassa la febbre. Si forma un'altra molecola che continua a mantenere le proprietà

di ridurre la febbre. Questo viene coniugato con l’acido glucoronico ed eliminato. In fase 1 si può

formare un metabolita che continua a non avere attività terapeutiche. Anche questo può essere

coniugato ed eliminato.

L’attività metabolica del fegato può quindi portare alla formazione di:

• Metaboliti inattivi che non hanno più le caratteristiche terapeutiche del farmaco di partenza;

• Metaboliti ancora ATTIVI dotati di spettro farmacologico simile a quello del composto

d’origine. Questo succede ad esempio con le benzodiazepine.

• Metaboliti ATTIVI (profarmaci). I profarmaci finché non arrivano a livello del fegato, dove

vengono attivati nella trasformazione, non hanno alcun effetto terapeutico.

• Metaboliti TOSSICI. Pensiamo ad

esempio al metabolismo del paracetamolo.

Se somministriamo la tachipirina a dosi

terapeutiche fino a 3mg al giorno, viene

coniugato con acido glucuronico (60%) o per

solfatazione (35%) ed eliminato per via renale.

Una piccolissima percentuale viene ossidato

dal sistema P450 a formare un intermedio

altamente reattivo (il parabenzochinone) che,

a dosi terapeutiche reagisce con i gruppi

sulfidrilici del glutatione. Essendo legato al

glutatione non ci danneggia. Il glutatione non

permette al metabolita di esser dannoso. Se il

paracetamolo viene somministrato a dosi

troppo alte il metabolita tossico, dopo aver

saturato tutto il glutatione disponibile, si lega

alle proteine e causa epatotossicità.

Un antidoto importante è l’N-acetilcisteina,

un precursore del glutatione, che se

somministrata entro 8 ore dall’overdose può

essere risolutiva nel salvare la vita del

paziente.

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Profarmaci

Sono composti che necessitano di una trasformazione metabolica (Fase I) per diventare attivi . Ad

esempio, il cortisone di per sé è inattivo, solo dopo l’attivazione a livello epatico diventa idrocortisone

e può agire. La zidovudina, la ZT, farmaco che si usa nel trattamento dell’AIDS, è di per sé inattiva, deve

diventare zidovudina trifosfato. Alcuni di questi farmaci sono definiti profarmaci laddove devono essere

attivati dall’attività epatica.

Chi sono gli operatori di questo processo? Degli enzimi microsomiali epatici che appartengono alla

famiglia del CITOCROMO

P450.

Qui vediamo l’importanza di

ciascuna classe di citocromi

nella loro capacità di

metabolizzare i farmaci. Il

CYP3A4 metabolizza la

maggior parte dei farmaci.

Il sistema citocromo P450

(CYP450) è:

• Formato da enzimi di 400-

500 aminoacidi, contenenti un

gruppo eme (ematina).

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• Nomenclatura:

– CY = citocromo

– P = pigmento

– 450 = picco di assorbimento dei raggi UV a 450 nm.

Queste informazioni sono importanti per determinare le interazioni dei farmaci in politerapia. Come si

fa ad esser sicuri che questi farmaci tutti insieme non abbiano interazioni? Se ho un farmaco

metabolizzato dal 3A4 e lo assumo, e prendo un altro farmaco metabolizzato dallo stesso citocromo,

cosa succede? Ci deve essere un concetto di possibile interazione tra due farmaci e questo è alla base

del meccanismo delle interazioni.

Il CYP 3A4 metabolizza la maggior parte dei farmaci assieme a 2D6 e 2C9. Non tutti hanno la stessa

importanza ovviamente.

Per parlare del rischio di interazioni dobbiamo introdurre un altro,

concetto, quello di induzione farmaco metabolica. Se somministro

un farmaco metabolizzato da questi enzimi epatici devo anche

sapere che normalmente la sintesi di questi enzimi e la loro attività,

cambiano in relazione al farmaco che stanno metabolizzando. In altre

parole, se io somministro ripetutamente alcuni farmaci, alcuni

pesticidi, sostanze chimiche di origine industriale come l’etanolo,

idrocarburi aromatici, o i barbiturici, gli enzimi aumentano di

numero. Aumenterà quindi il metabolismo e la concentrazione del

farmaco si ridurrà: alcune sostanze (carne bruciata, fumo di sigaretta

che contengono idrocarburi aromatici) possono portare ad

aumentare gli enzimi. Il farmaco che viene metabolizzato da quegli

enzimi non avrà più la stessa concentrazione nel corpo, sarà ridotta e perderà di efficacia. L’induzione

farmaco metabolica si traduce in una accelerazione del metabolismo ed in una riduzione dell’azione

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farmacologica non solo della sostanza induttrice ma anche delle sostanze introdotte

contemporaneamente.

ESEMPI DI INDUZIONE FARMACO-METABOLICA

• Il FENOBARBITAL aumenta il metabolismo del WARFARIN, riducendo la sua azione

anticoagulante. Il dosaggio del warfarin deve essere aumentato per compensare il fenomeno,

ma se il fenobarbital viene sospeso la dose di warfarin deve essere ridotta per evitare una

tossicità potenzialmente pericolosa.

• Il fenobarbital accelera anche il metabolismo di altri farmaci come per esempio gli ormoni

steroidei

Noi utilizziamo gli anticoagulanti in quadri ischemici, di ictus, quando dobbiamo rendere fluido il

sangue però voi saprete che l’utilizzo degli anticoagulanti è molto delicato: rischiamo un paziente

troppo scoagulato e quindi emorragia, d’altra parte se il dosaggio è troppo basso, rischiamo trombosi.

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Si può avere sia la riduzione dell’effetto del farmaco induttore, sia interazione con altri farmaci. Questo

porta ad una mancanza di effetto. Il fenomeno della induzione ci porta ad una riduzione dell’effetto .

Immaginate la gravità della situazione nel caso dell’effetto inverso , ovvero non di induzione farmaco

metabolica, ma inibizione farmaco metabolica: il farmaco inibisce il citocromo, ne riduce il

numero e quindi si rischia che il farmaco si accumuli, non venga eliminato e quindi si rischia la

tossicità.

Pompelmi, arance amare, mapi possono determinare variazioni anche importanti delle concentrazioni

nel sangue di numerosi farmaci. I componenti del succo di pompelmo e di altri agrumi sono infatti in

grado di INIBIRE l'attività di un importante sistema enzimatico (citocromo CYP3A4) coinvolto nel

metabolismo di molti farmaci correntemente prescritti.

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I componenti del succo di pompelmo, ma anche di altri agrumi sono in grado di inibire l’attività del

3A4.

Esistono delle differenze genetiche nella metabolizzazione del farmaco, ma anche di razza (esempio dei

cinesi che non reggono la birra). Anche le condizioni di epatopatia possono modificare il metabolismo

del farmaco, la dieta, la malnutrizione, l’alcool. Anche il momento del giorno è fondamentale. L’azione

di un farmaco somministrato la mattina può essere differente se viene somministrato la sera. Ciò è

dovuto ai livelli di cortisolo che alla mattina sono molti alti e di sera molto bassi. Questo pertiene la

cronofarmacologia.

ELIMINAZIONE

• L'eliminazione di un farmaco avviene per escrezione del farmaco immodificato o dei suoi

metaboliti ottenuti per biotrasformazione.

• Le principali vie di escrezione delle sostanze endogene ed esogene sono la via renale e la via

epatica (biliare).

• Vie secondarie di eliminazione possono essere: polmonare, intestinale, cutanea, salivare,

lacrimale, mammaria.

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La via principale di eliminazione è quella renale e in seconda battuta quella epatica, anche detta biliare.

Esistono anche vie secondarie di eliminazione, come ad esempio quella polmonare (aria espirata).

Sappiate però che la renale è quella maggiormente sfruttata. Per parlare dell’eliminazione dei farmaci

per via renale vi ricordo che:

Lungo il nefrone

vengono riassorbiti Sali,

acqua, glucosio, tutto

ciò che serve

all’organismo. Quando i

farmaci arrivano a livello

del glomerulo, vengono

ad essere filtrati. La

filtrazione glomerulare è

il processo attraverso il

quale tutti i farmaci

vengono filtrati. A livello

del glomerulo vengono

filtrati perché la

maggior parte dei

farmaci ha un peso

molecolare molto

inferiore al limite di

filtrazione e quindi il

farmaco passa ed entra nel lume tubulare per essere eliminato. Intorno c’è la rete capillare. Il sangue

con le proteine plasmatiche che legano il farmaco passa a livello della fitta rete di sangue che avvolge

la capsula di Bowman e la parte libera del farmaco entra nel glomerulo e viene filtrato . Le proteine

ovviamente non vengono filtrate. Tutti i farmaci vengono filtrati. Quelli che non sono stati filtrati, alcuni

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farmaci, possono lasciare il

glomerulo, si portano a livello

del tubulo prossimale e vengono

attivamente secreti. Esistono dei

processi, in presenza di carrier,

che li portano dentro per poter

essere eliminato. Ci sono carrier

per farmaci acidi e carrier per

farmaci acidi. È importante

saperlo poiché se metto insieme

due farmaci entrambi secreti

attivamente, rischio la

competizione.

Sapere che un farmaco è eliminato per secrezione attiva, ci deve far accendere una lampadina. Se è in

politerapia con un farmaco secreto attivamente c’è il rischio di interazione.

Quando il processo di escrezione arriva a livello del tubulo distale e del dotto collettore, il farmaco, se

non è sufficientemente idrofilico, viene riassorbito .

I processi di escrezione possono essere contrastati da meccanismi di RIASSORBIMENTO. Infatti: Nei

tubuli contorti prossimale e distale viene riassorbito il 99% del filtrato glomerulare

• I farmaci liposolubili e non ionizzati vengono riassorbiti

passivamente

• Glucosio, aminoacidi ed altri composti essenziali sono

riassorbiti attivamente (da sistemi di trasporto altamente specifici)

Il processo di riassorbimento è influenzato dal PH urinario

Es: il fenobarbital è acido, se cambio il pH alcalinizzando le

urine, il farmaco acido in urine alcalinizzate viene eliminato.

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Es: intossicazione da anfetamina. Essendo un farmaco basico l’acidificazione delle urine può

aumentarne l’eliminazione.

L’acidificazione possiamo farla mediante il cloruro di

ammonio, acido ascorbico e l’alcalinizzazione con la

somministrazione di bicarbonato di sodio .

Cosa viene escreto?

• Farmaci carichi o fortemente idrofili sono escreti

• Farmaci lipofili non metabolizzati sono riassorbiti e

ritornano in circolo

• Farmaci lipofili verranno metabolizzati dal fegato in

composti più idrofili. La velocità del metabolismo

influirà sulla velocità di eliminazione renale.

Se vogliamo accelerare l’eliminazione dobbiamo modificare

il pH delle urine che deve essere fatta in relazione alla

natura del farmaco.

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EMIVITA dei FARMACI (t 1/2; TEMPO DI DIMEZZAMENTO)

Termine che si riferisce alla ELIMINAZIONE e può essere DEFINITO come TEMPO NECESSARIO a

RIDURRE del 50% la CONCENTRAZIONE PLASMATICA di un FARMACO (che significa praticamente:

tempo necessario a ridurre del 50% la quantità di farmaco presente nell’organismo). Questo parametro

rende conto del tempo di permanenza del farmaco nel corpo.

L'emivita è un parametro che dipende sia dal volume di

distribuzione che dalla eliminazione.

Il valore di EMIVITA esprime l‘EFFICENZA dei PROCESSI di

ELIMINAZIONE nei confronti di un dato farmaco. Esso è

INDIPENDENTE dalla CONCENTRAZIONE del farmaco

ed unicamente DIPENDENTE dallo STATO FUNZIONALE

DEGLI ORGANI (in particolare rene e fegato) e dei

sistemi del paziente preposti all'eliminazione del

farmaco stesso. Ogni farmaco è caratterizzato da un

valore di EMIVITA che può variare da pochi minuti a

diverse settimane.

• Farmaci con EMIVITA BREVE saranno ELIMINATI

RAPIDAMENTE;

• Farmaci con EMIVITA LUNGA ELIMINATI

LENTAMENTE.

• Quei farmaci che hanno un grande VAD hanno

anche un'emivita lunga, in quanto il farmaco che viene

eliminato viene continuamente rimpiazzato da quello accumulato nei depositi.

• Alterazioni patologiche degli organi di eliminazione porteranno ad un

aumento dell'emivita di un farmaco e quindi a un prolungamento dei

suoi effetti (benefici o tossici).

Se io do un farmaco per via orale, secondo voi come facciamo a sapere dopo

quanto tempo questo farmaco comincia a fare effetto? Cominciamo a introdurre

il concetto di stato stazionario. Se somministro un farmaco, esso sale di

concentrazione e dopo un certo tempo si dimezza, la concentrazione diventa il

50%, Se al tempo di dimezzamento somministro un’altra dose, arrivo ad un

punto tale dove il farmaco che io ho somministrato rispetto a quello eliminato

pareggiano.

Quando si attua un TRATTAMENTO CRONICO, l’andamento dei livelli plasmatici

del farmaco, costituito dalla somma degli andamenti delle singole dosi, cresce in

modo esponenziale sino a raggiungere uno STATO di EQUILIBRIO che è

definito STEADY STATE. Lo stato stazionario è il punto nel quale la

percentuale di farmaco che viene somministrato è uguale a quello che viene

eliminato.

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La seconda somministrazione si aggiunge ai 5mg presenti prima, quindi abbiamo 15mg. Alla terza

somministrazione, questi 15mg verranno per metà eliminati quindi diventano 7.5mg, ci aggiungiamo

10mg e diventano 17.5mg. Faccio un’altra somministrazione ed arrivo a 18.7 mg. A partire dalla prima

somministrazione piano piano questo valore si differenzia poco tant’è vero che se faccio una quinta

somministrazione il valore non è tanto diverso dalla quarta somministrazione: intorno alle quattro

cinque emivite, io raggiungo lo stato stazionario. Lo stato stazionario viene quindi raggiungo in 4 -5

emivite.

Nello stato stazionario cominciamo a

vedere gli effetti. Vedere l’emivita e sapere

che lo stato stazionario è raggiunto in 4-5

emivite, ci aiuta a capire quando farà

effetto così come quando mi rendo conto

che un farmaco fa male, mi devo chiedere

dopo quanto tempo (tempo di

dimezzamento, moltiplicato per 4-5

emivite) saprò quando sarà lavato via.

In verità sono necessarie 10 emivite per

eliminare il 99.9% del farmaco ma già con

4-5 emivite questa frazione che resta in

circolo è insignificante e non ha effetto.

Ci sono situazioni in cui devo accelerare

l’arrivo dello stato stazionario come ad

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esempio le urgenze. In questo caso si fa la dose carico: si somministra una dose iniziale molto elevata

seguita da dosi di mantenimento più basso. In questo modo raggiungo subito lo stato stazionario.

Con l’assorbimento c’è il passaggio dal sito di somministrazione al sangue e a mano a mano che il

farmaco viene assorbito arriva al suo picco massimo plasmatico. Man mano che viene distribuito la

concentrazione del farmaco nel plasma si riduce e quando viene eliminato non lo troveremo più.

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La concentrazione del farmaco nel sangue rispetto al tempo cambia moltissimo se io faccio una

intravenosa, una intramuscolare una sottocutanea o una somministrazione orale. Seguendo la dinamica

con la intravenosa abbiamo subito il picco, entra subito in circolo, ma molto rapidamente viene

eliminato. Con un farmaco somministrato per via intramuscolare immediatamente il picco ematico è più

basso ed ha un effetto diverso rispetto alla intravenosa. Quello che vi voglio mostrare è quello che

succede con la terapia orale: è vero che un trattamento per via orale non arriverà mai al picco di

concentrazione plasmatica della intravenosa e della intramuscolare ma è vero anche che resta più

tempo ed è questo il motivo per cui la maggior parte dei farmaci viene somministrata per via

orale: riusciamo ad avere infatti in questo modo un’azione che si mantiene per più tempo .

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Farmacologia 10/01/2018

Farmacodinamica: come fa il farmaco ad agire sul nostro organismo? Attraverso quali meccanismi

si può avere una riduzione della temperatura corporea? Un’infezione può essere ridotta? Il farmaco

riduce la sintomatologia?

La farmacodinamica ci spiega attraverso quali meccanismi un farmaco funziona e quindi cosa fa il

farmaco sul nostro organismo.

Per capire la farmacodinamica dobbiamo considerare che i meccanismi attraverso i quali i farmaci

possono agire possono essere diversi. Sostanzialmente ci può essere una stimolazione della

funzione dell’organismo. Per esempio possiamo considerare l’effetto della digitale (è un farmaco

che aumenta la contrattilità cardiaca e quindi stimola la contrazione del cuore) attraverso il

meccanismo attraverso il quale la digitale o la lipossina può aumentare la contrattilità del

miocardio. Ci può essere anche la depressione della funzione, pensiamo a come gli anestetici

agiscono perché deprimo tutte le funzioni del SNC.

Può esserci poi la sostituzione di una funzione mancante o carente, pensate al paziente diabetico

in cui abbiamo bisogno di somministrare insulina perché manca di quei meccanismi di regolazione

della glicemia oppure l’eliminazione di agenti infettivi, pensate agli antimicrobici, agli antifungini,

antivirali o anche semplicemente gli antitumorali che inducono l’eliminazione delle cellule tumorali.

La farmacodinamica agisce attraverso questi meccanismi, ma per capirlo meglio dobbiamo capire

dove va a legarsi il farmaco.

Il farmaco per poter agire deve potersi legare a qualcosa perché poi la funzione biologica si

modifichi. E si modifica poiché si lega al recettore. Il termine recettore si riferisce in generale ad

una molecola proteica che è localizzata a livello della superficie o all’interno della cellula e

lega in modo molto specifico un ligando. Il ligando può essere un ligando endogeno, che è già

nel nostro organismo, oppure esogeno, e dunque il farmaco.

Quale potremmo considerare come ligando endogeno? Ad esempio, le beta endorfine. Queste

ultime sono molecole che si attivano in tante situazioni, ma per esempio sono le molecole

antidolorifiche per eccellenza. La morfina, un farmaco oppioide molto utilizzato, analgesico

maggiore agisce perché va a legarsi a dei recettori che normalmente sono legati dal ligando

endogeno ad esempio le endorfine. Pensate alla storiella del soldato in guerra che attraverso lo

stress che prova se viene colpito da una pallottola non prova alcun dolore. Ciò è dovuto al fatto

che, nel corso di uno stato di stress, si liberano endorfine che sono i nostri analgesici oppioidi

naturali ed il nostro ligando endogeno.

Un altro esempio di ligando endogeno: l’anandamide , la cannabis si lega a dei recettori per gli

endocannabinoidi, il cb1 ed il cb2, ma abbiamo un ligando endogeno che ci fa star bene come la

cannabis? L’ anandamide . È assolutamente inutile prendersi la cannabis perché basterebbe star

bene. La ilarità, la contentezza si può stimolare in molti modi. Abbiamo un ligando endogeno,

basta stimolarlo. Un ligando endogeno è l’adrenalina: ci batte forte il cuore perché quando siamo

innamorati e vediamo un bell’uomo ci batte il cuore perché viene rilasciata adrenalina che va a

legarsi ai recettori presenti nel cuore ed induce aumento della frequenza cardiaca.

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Poi esistono tutti quei farmaci che sono esogeni, molecole portate dal fuori, che agiscono

mimando l’azione del ligando endogeno. Nel caso specifico la cannabis, con il suo contenuto di

tetraidrocannabinolo, agisce legandosi agli stessi recettori dove si lega l’anandamide quindi

benessere, rilassatezza, aumento della fame.

Dove sono questi recettori? Sulla superficie della cellula, all’interno della cellula, ma

indipendentemente da dove sono posizionati dobbiamo considerare che il recettore, in questo

caso un recettore non occupato dal ligando endogeno o esogeno, nel momento in cui arriva il

ligando esogeno, ma la stessa cosa sarebbe l’endogeno, si va a legare a questa proteina ed

abbiamo la risposta biologica. Il farmaco si deve legare al recettore, una volta legato c’è il

riconoscimento, il legame, ed abbiamo l’effetto farmacologico.

Questi recettori vengono definiti in questo modo: di superficie, intracellulari e qui possiamo

vedere le classi principali dei recettori del nostro organismo. E allora abbiamo recettori che sono

canali ionici che modificano il flusso degli ioni e quindi ad esempio il potenziale di membrana: un

esempio tipico è il recettore per l’acetilcolina oppure abbiamo esempi di recettori come gli alfa e

beta adrenergici che sono recettori accoppiati a delle proteine G. Una volta che il farmaco si

lega al recettore abbiamo una fosforilazione di questa proteina e gli effetti intracellulari. O abbiamo

recettori legati a degli enzimi, pensare al recettore per l’insulina. Ogni volta che il farmaco si lega,

abbiamo la fosforilazione di una proteina del recettore e quindi l’effetto intracellulare che nel caso

specifico è la riduzione della glicemia. Pensate ai glucocorticoidi, ai corticosteroidi, cortisolo,

cortisone, sono questi ormoni steroidi in cui i recettori sono intracitosolici ed una volta che il

farmaco si è legato abbiamo non soltanto la fosforilazione di proteine, ma una modifica

dell’espressione genica.

Possiamo classificare quindi i nostri recettori in:

• Canali ionici;

• Enzimi

• Recettori di membrana accoppiati a proteine G

• Recettori intracellulari

Quando noi parliamo di sostanze esogene, quindi ligandi esogeni e quindi farmaci, dobbiamo

chiederci: quando ho un farmaco che mima l’azione farmacologica del ligando endogeno come lo

devo definire? Se questo è il ligando endogeno è l’agonista cioè il ligando esogeno deve avere

un’affinità per il recettore molto simile al ligando endogeno, ritornando all’ l’anandamide, deve

essere molto simile il tetraidrocannabinolo per legarsi a questi recettori. Quindi ligando endogeno

anandamide, agonista è invece il tetraidrocannabinolo perché poi si abbia una risposta

farmacologica. Ma esiste la possibilità che ci sia un farmaco che si lega a questo recettore come

ligando endogeno, ma anziché dare una risposta farmacologica la blocca? Si, questo farmaco si

chiama antagonista recettoriale. Vedete in questo schemino è particolarmente affine, la chiave

entra nella porta perfettamente, ma blocca la risposta biologica. Anziché avere un’azione abbiamo

un blocco dell’azione. Pensate ad una intossicazione da morfina. Come facciamo noi, in un

paziente che ha avuto un sovraddosaggio da morfina, ad antagonizzare questo effetto della

morfina? Esiste un antagonista o un antidoto antagonista detto in altri termini? Si, questo farmaco

si chiama Naloxone. Sono farmaci antagonisti cioè si legano a ridosso della morfina e non

permettono di legarsi ed avere una risposta farmacologica.

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Gli agonisti e gli antagonisti sono le classi di farmaci che voi vedrete e dovete sempre chiedervi: il

farmaco è agonista, cioè mi dà una risposta biologica o è un antagonista cioè mi blocca la risposta

biologica? Pensate ai beta bloccanti, forse li avete sentiti nominare. Sono farmaci che vanno a

bloccare il recettore beta

per le catecolammine però

in questo caso mentre

l’adrenalina si lega e

aumenta la frequenza

cardiaca, se do un beta

bloccante quindi un

antagonista del recettore, io

riduco la frequenza cardiaca.

Ecco l’importanza di

conoscere se il farmaco è

agonista o antagonista. E

nell’ambito dei farmaci

agonisti dobbiamo

suddividere in quelli che

vengono chiamati agonisti

totali in cui quando danno

una riposta la riposta è massima, totale, vanno ad occupare tutti i recettori presenti e la risposta è

di agonismo pieno. Esistono farmaci detti agonisti parziali in cui l’occupazione del recettore è

completa, ma la risposta è minore. In questo caso si parla di agonismo parziale.

I farmaci agonisti parziali sono in genere dei farmaci che hanno e danno molti meno effetti

collaterali degli agonisti pieni o agonisti totali.

In questa slide vedete cosa succede in assenza del farmaco. Il composto naturale, endogeno, si

lega al sito del recettore ed abbiamo l’attività cellulare normale. Se do un farmaco ad azione

agonista questo composto naturale che potrebbe legarsi al suo sito recettoriale, è impedito dal

farmaco poiché è presente il farmaco agonista che ha in genere un’affinità molto più elevata per il

suo sito recettore. Il che vuol dire che è come se mettesse la chiave nella toppa. Ci sono chiavi che

entrano lisce lisce senza impedimenti e situazioni in cui la chiave entra con maggiore difficoltà.

L’esempio è per dirvi che il farmaco agonista è come la chiave che entra e molto facilmente apre:

compete per il sito recettoriale con il composto naturale ed una volta che il farmaco si è legato, in

questo caso, abbiamo un’attività cellulare potenziata. E se io invece metto l’antagonista, c’è un

cappelletto, un tappo che deve bloccare la risposta. Questo è il composto naturale che dovrebbe

legarsi al suo sito recettoriale, è inibito dall’antagonista e quindi abbiamo l’attività cellulare inibita.

Ci sono anche delle situazioni in cui il recettore non c’entra nulla. Per esempio l’acqua ossigenata

non ha recettori per poter svolgere le sue funzioni ossidanti. Il bicarbonato di sodio non ha

recettori, modifica l’equilibrio acido base. Oppure i lassativi, per esempio quelli che vengono

normalmente utilizzati, i lassativi salinici non hanno bisogno di un recettore, modificano l’osmosi a

livello dell’intestino ed abbiamo una facilità dell’evacuazione. I farmaci che non esplicano la loro

azione mediante un recettore agiscono a concentrazioni molto più alte di quelli legati da

recettori: per avere un’azione legata al recettore basta pochissimo farmaco.

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Come intendiamo quando un farmaco è efficace e potente? Sapere che un farmaco è più potente o

meno efficace di un altro, dovete comprendere cosa significa.

Qui io ho sulle ascisse la concentrazione del farmaco e sulle ordinate la percentuale dell’effetto

massimo. Se io ho 100% dell’effetto massimo, significa che il farmaco è efficace al 100%.

[Gli antagonisti non sono parziali o totali, gli agonisti poi, è una sottile distinzione, possono essere

distinti in competitivi e non competitivi. Ci sono agonisti che hanno un’affinità minore per il

recettore che competono con l’agonista e dei farmaci antagonisti come questo che sono non

competitivi cioè vanno qui, tappano e non si muove più, ma sono sottigliezze specifiche che io vi

evito. Nella vostra testa deve rimanere che l’antagonismo è un antagonismo che blocca la

risposta indipendentemente da

questa sottigliezza].

Ritorniamo alla slide. Se guardo

tout cour queste due curve, la

risposta è: l’efficacia di questo

farmaco intesa come effetto

massimo - l’efficacia è l’effetto

massimo che posso avere - è

uguale o no nei due farmaci? Alla

dose finale hanno lo stesso effetto

massimo? Si sono farmaci che

hanno la stessa efficacia. Se lo

traduco in logaritmo del farmaco

cambia la curva e vedete meglio

che sono esattamente uguali,

hanno lo stesso effetto massimo,

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hanno la stessa efficacia. Sono diversi nella potenza perché c’è un valore che si chiama Ec50 cioè

concentrazione efficace al 50%. La questione è: per poter paragonare due farmaci a quale

concentrazione del farmaco io ho la metà dell’effetto massimo? Se ho un farmaco che ne basta

pochissimo per avere il 50% dell’effetto massimo, questo farmaco sarà molto più potente di un

altro che ha bisogno di una concentrazione più elevata. Lo vedete meglio qui: perché troviamo il

50% nel tratto rettilineo. Quando si fa il logaritmo si riesce ad avere una maggiore precisione di

misurazione e si vedrà che l’Ec50 del farmaco A, la concentrazione del farmaco A che serve per

avere il 50% dell’effetto massimo è minore del farmaco B quindi è più potente del farmaco B.

Adesso possiamo generalizzare questo concetto. In genere diciamo “è più potente” per dire che fa

più effetto, ma non è il termine corretto. Il termine corretto è più efficace. Quando invece parlo di

potenza parlo di quantità. Posso avere un farmaco che a dosi diverse ha la stessa efficacia, con

potenze diverse, ma ha la stessa efficacia.

E qui lo vedete ancora meglio: farmaco A, B, C. Il farmaco C ha minore efficacia perché l’effetto

massimo non lo raggiunge come A e B ed ha una potenza minore. Quindi in questo caso lo si vede

molto bene. Questo è espresso in termini di concentrazione del farmaco cioè possiamo misurare la

cosa direttamente biologicamente in vitro. Facciamo una coltura di cellule, aggiungiamo questo

farmaco. La concentrazione che io prima ancora di portare il farmaco in clinica faccio degli

esperimenti, prendo il tessuto, ed aggiungo il farmaco. Quando io lo porto in clinica non parlo più

di concentrazione, ma parlo di dose. Ed infatti io posso fare una curva di dose risposta o dose

effetto e l’effetto può essere terapeutico o tossico.

Vediamo questa curva dose

risposta.

Ho preso in considerazione

due diverse classi di farmaci

antidolorifici. Da una parte

abbiamo i FANS, farmaci

antinfiammatori non steroidei

come aspirina ed ipobrufene

e dall’altra un farmaco

analgesico maggiore come

morfina, eroina, fentanyl. E

allora guardate bene, sollievo

dal dolore, chi tra questi

farmaci ha una potenza

maggiore? Il fentanyl, poi

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eroina e poi morfina. Hanno tutti quanti l’efficacia di sollevare dal dolore? Si, sono tutti quanti

efficaci allo stesso modo, ma con dosaggi diversi. Il FANS ha un’efficacia di sollievo dal dolore, è

meno potente e meno efficace infatti si chiamano analgesici minori. Questo è l’effetto terapeutico e

l’effetto tossico? Lo possiamo mettere in evidenza e quanto è importante capirlo? Molto. La

morfina dimostra sostanzialmente due casi. A un certo punto io do la morfina a questo giovane e

aumento sempre più la dose, finché la dose è così elevata che entra in uno stato di sopore

profondo ed aumentando ancora la dose può morire per depressione respiratoria. Io costruiscono

quindi due curve, uno dell’effetto terapeuticamente utile ed efficace della morfina ed uno delle

concentrazioni della dose di morfina che può diventare tossica. La distanza tra queste due curve ci

dice quale farmaco è maneggevole. Se voi sbagliate un farmaco che ha un indice terapeutico

basso, rischiamo che il paziente muoia. Se il farmaco ha un indice terapeutico alto, poco succede.

L’indice terapeutico è un rapporto tra la dose letale LD nel 50% dei pazienti - quantità di dose

di farmaco che fa morire il 50% dei pazienti - sulla efficacia al 50% cioè sulla dose efficace

nel 50% dei casi. Il rapporto ci dà l’indice terapeutico.

E qui vedete che i farmaci che hanno un indice terapeutico alto hanno una grande finestra

terapeutica: se sbagliate poco succede, ma ci sono i casi in cui l’indice terapeutico è molto ristretto

e quindi sono farmaci poco maneggevoli per esempio il litio o il varfarin, un anticoagulante,

bisogna dosarlo attentamente perché basta una piccola variazione di dosaggio o rischiamo un

rischio tossico.

Con indice terapeutico basso la dose tossica e la dose efficace sono molto vicine. E per finire la

parte della farmacodinamica, vi devo raccontare un concetto importante in farmacologia che è la

tolleranza.

Questo è un farmaco sull’asse

delle ascisse abbiamo la dose e

di nuovo l’effetto relativo sulle

ordinate. Quello che osservo è

che all’aumentare della dose, io

aumento l’effetto. Alcuni

farmaci all’aumentare della

dose mostrano una riduzione

dell’effetto. Questo fenomeno

è la tolleranza. La tolleranza

farmacologica è quindi la perdita

di risposta dopo

somministrazione ripetuta del

farmaco. Esiste una tolleranza

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cronica che compare in giorni o settimane o una tolleranza acuta, definita anche tachifilassi, per

esempio quella dovuta all’anfetamina. La somministrazione ripetuta di anfetamina nell’arco di

minuti o ore porta ad una diminuzione progressiva dell’effetto. L’esempio classico di tolleranza

cronica è proprio degli oppioidi quegli analgesici così importanti e fondamentali quindi morfina,

fentanyl eroina e come mai il paziente che li assume cronicamente ha bisogno di aumentare il

dosaggio? Per poter ottenere l’effetto antidolorifico ha bisogno di alzare il dosaggio. Questa è la

tolleranza, molti farmaci inducono tolleranza. La sensibilizzazione o tolleranza inversa è quello che

succede esattamente al contrario: esempio della cocaina, all’aumentare della risposta, con la

ripetizione della stessa dose di farmaco, io aumento l’effetto relativo.

Reazioni avverse

Se io ho un farmaco che serve per curare una qualche patologia devo aspettarmi anche una serie di

quelli che voi immagino chiamate effetti collaterali. Si parla di effetti avversi, reazioni avverse, effetti

collaterali. Sono tutte corrette queste terminologie? Vediamo insieme.

Vi devo raccontare della Talidomide che nel 1950 veniva usata per ansia e nausea nel primo

trimestre di gravidanza. Tante donne iniziano ad assumerla perché ci fu una campagna

pubblicitaria mostruosa, diventa un farmaco da banco. I bambini nati dopo l’uso di questa sostanza

ebbero focomelia ed amelia (mancanza di arti) ed il ginecologo australiano Mc Bride nel 1961

incomincia a dire attraverso una pubblicazione sulla rivista Lancet, guardate che la talidomide

induce anomalie congenite. La prima segnalazione è la lettera nel 1961 e viene ritirata dal

commercio. Questa è una reazione avversa da farmaco.

Se alcuni pazienti mostrano segni o sintomi non desiderati durante la terapia farmacologica questi

vengono chiamati eventi avversi da farmaco. Quando si dimostra che questi segni derivano proprio

esattamente da quel farmaco, si chiama reazione avversa da farmaco. La talidomide è una

reazione avversa da farmaci. Quella che voi dovete sapere anche compilare sulla scheda qualora un

paziente manifesti una reazione avversa che può anche essere fatale che è assolutamente diversa

dall’effetto collaterale.

C’è una definizione di reazione avversa: una è quella storica:

Quella del 1972 diceva: reazione, nociva e non intenzionale, ad un farmaco impiegato alle dosi

normalmente somministrate all'uomo (quindi secondo prescrizione) a scopi profilattici, diagnostici o

terapeutici o per ripristinarne, correggerne o modificarne le funzioni fisiologiche. Non include

sovraddosaggio, abuso di farmaco o errore terapeutico. La reazione avversa non deve essere per

sovradosaggio, abuso o errore, ma deve essere una reazione nociva in questo senso. Nella nuova

definizione del 2012 viene definita come “Effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un

medicinale” Adesso include le reazioni derivanti da errore terapeutico, abuso, misuso, uso

off label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Si è allargata tantissimo la definizione.

L’errore terapeutico è, devo dare 100 ed ho dato 200, un abuso, il paziente ha preso una dose più

elevata. Il misuso indica situazioni in cui la medicina è usato intenzionalmente e in modo

inappropriato non in accordo con le indicazioni, si sbaglia come lo si somministra. Il termine off

label è quello per cui il farmaco è stato registrato come ansiolitico e io lo sto dando per la

neuropatia, un classico esempio il lanoxin è un antidepressivo e io lo somministro come

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antidolorifico per il dolore neuropatico. Il farmaco è registrato per una cosa ma io lo uso per un

alto. E gli esempi di farmaci off label sono tanti.

L’errore terapeutico si riferisce a situazioni non intenzionali e quindi la intenzionalità o non

intenzionalità per distinguerlo dal misuso. Quindi qui era intenzionalità mentre con l’errore

terapeutico è non intenzionale. Ritornando a bomba, nella nuova definizione è un effetto nocivo e

non voluto conseguente all’uso di un medicinale” Adesso include le reazioni derivanti da errore

terapeutico, abuso, misuso, uso off label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Quest’ultima

è quella per cui sto in sala operatoria, sto usando non so, un anestetico volatile, un gas volatile ed

io vengo esposta ed ho una reazione avversa.

Pensate a quanto è importante la

stima delle reazioni avverse.

La percentuale di reazione avverse

aumenta con l’età perché l’anziano

ha un metabolismo epatico molto

rallentato ed hanno una riduzione

della funzionalità renale quindi in

sostanza sia epatopatia che

insufficienza renale sono ragioni

principali dell’aumento della

concentrazione del farmaco nel

nostro organismo e quindi

l’aumento della possibilità di avere

reazioni avverse. In questa fotografia, è l’unico studio ancora valido in merito, il maggior numero di

effetto avverso si ha con l’uso di FANS.

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La digoxina serve per aumentare la contrattilità cardiaca. Sappiate quanto sono pericolosi i FANS

che invece vengono venduti così nel banco senza prescrizione medica.

Guardate quanti

provvedimenti sono stati

presi per le reazioni

avverse. Nel 70 si

evidenzia che i

contraccettivi orali

possono avere

tromboembolie in

pazienti specifici.

Il Rofecoxib è un COX2

inibitore utilizzato molto

per l’artrite ha dato

evento avversi

cardiovascolari

importanti e nel 2004 è

ritirato.

Una volta che voi fate la

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segnalazione, questa segnalazione arriva al ministero e le segnalazioni che si accumulano

diventano un problema per cui poi ci deve essere un provvedimento.

La necrolisi epidermica è una potente reazione cutanea, la agranulocitosi è a livello del midollo

osseo. Tante reazioni avverse possono creare tante patologie. L’insufficienza renale può esservi

soprattutto in pazienti predisposti. Come possiamo classificare queste ADR? In base al meccanismo

quindi in:

Effetti collaterali

• Effetti tossici

• Reazioni immuno-mediate

• Farmacoallergia o Ipersensibilità

• Reazioni farmacogenetiche

• idiosincrasia

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• Pseudoallergia o Anafilattoide

• Farmacodipendenza

• Teratogenesi (embrio/feto tossicità)

Gli effetti collaterali sono effetti non intenzionali che insorgono alle dosi abituali e che sono

connessi alle proprietà del farmaco. La morfina ad esempio induce stipsi quindi quell’effetto

collaterale è parte integrante di quella morfina stessa, non è un effetto che non mi aspetto, me lo

aspetto. Se do la digitale io so che dando questo farmaco io avrò nausea quindi è un effetto

collaterale legato alla molecola. Se io do i diuretici portano ad ipopotassiemia legata al fatto che

i diuretici insieme all’eliminazione di sodio ed acqua eliminano potassio. Gli antibiotici alterano la

flora intestinale quindi avrò diarrea. Un effetto collaterale è un effetto che io mi attendo, lo so. Se

do le benzodiazepine (lexotan, valium etc, sono nomi commerciali, clorazepam, alprazolam,

cominciate a ragionare in termini di principi attivi) sono quei farmaci ansiolitici e se io do

l’ansiolitico dopo un po’ avrò sedazione e sonnolenza. La sedazione fa parte dell’effetto

collaterale che mi attendo. Sono reazioni da preventivare poiché inscindibile dall’azione primaria

del farmaco.

Gli effetti tossici sono espressione della tossicità del farmaco e compaiono a dosi

sovraterapeutiche

• Alcalosi respiratoria da aspirina

• Danno epatico da paracetamolo

• Aritmie da digitale

Possono verificarsi anche a dosi terapeutiche in particolari pazienti o in determinate condizioni

cliniche ossia per esempio, l’effetto tossico di un farmaco alla dose terapeutica normale lo possono

avere con un paziente con insufficienza renale. Il farmaco non viene eliminato, rimane in circolo

ed ho un effetto tossico.

Farmacoallergie o ipersensibilità: tanti farmaci si comportano da apteni e combinandosi con

proteine o elementi cellulari costituire veri antigeni. Ciò induce la produzione di anticorpi

• La manifestazione allergica NON è dose dipendente

• Non si verifica mai alla prima esposizione

• Necessita della sensibilizzazione

Con la farmacoallergia la manifestazione allergica non è dose dipendente, non ce l’ho

all’aumentare della dose, non solo, non si verifica mai alla prima esposizione. Se faccio una

penicillina ed il paziente è allergico, la reazione allergica la ho alla seconda somministrazione

perché la prima somministrazione ha fatto creare gli antigeni, o la reazione anticorpale al momento

della seconda somministrazione ho l’effetto avverso, non è dose dipendente.

Esempi di farmaci che creano reazioni avverse.

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Il tiopentale è un

barbiturico. Le reazioni

possono essere epatiche,

tutti i FANS possono dare

reazioni epatiche. Gli ace

inibitori, farmaci per la

riduzione della pressione

arteriosa. La Clorpromazina

è un antipsicotico usato

nella schizofrenia.

Idiosincrasia: è una

reazione farmacogenetica.

• Fenomeno

geneticamente determinato

dovuto alla presenza di

enzimi alterati o dalla loro

assenza, che modificando il farmaco possono portare ad intermedi tossici e dannosi

• Incidenza bassa (1-2%)

• A differenza delle allergie, può insorgere fin dalla prima somministrazione, e la gravità è

dose-dipendente.

• Es: Apnea protratta da succinilcolina in quegli individui in cui la succinilcolin-esterasi (o

pseudocolinesterasi) è alterata; anemia emolitica da sulfamidici in pazienti carenti

dell’enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi.

Posso avere un’anemia emolitica da sulfamidici in pazienti carenti di glucosio 6 fosfato

deidrogenasi. Geneticamente mancano dell’enzima, e il farmaco non può essere metabolizzato.

Pseudoallergie, ovvero REAZIONI ANAFILATTOIDI

• A differenza delle farmacoallergie non dipendono dal sistema immunitario

• Esposizione a farmaci che rilasciano istamina

• Manifestazioni anafilattoidi: asma, orticaria, angioedema, anafilassi

• Fenomeno dose-dipendente

• Farmaci:

• ES: Morfina, mezzi di contrasto iodati, propofol, ketamina…sono farmaci che possono dare

reazioni anafilattoidi che non dipende dal sistema immunitario, ma semplicemente perché

viene rilasciata istamina. Questi alimenti e questi farmaci portano al rilascio di istamina e

quindi ho asma, orticaria, angioedema.

• Alimenti: Pesce, pomodori, uova, fragole, cioccolata, crostacei, salumi, cavoli, formaggi

stagionati, frutti esotici, semi

Farmacodipendenza

Desiderio compulsivo di assumere un farmaco. Alla sospensione si può manifestare una

sindrome di astinenza caratteristica del farmaco causante dipendenza. Si accompagna a tolleranza,

cioè la necessità di aumentare la dose per ottenere l'effetto ricercato.

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Dipendenza da:

• Oppioidi

• Benzodiazepine

• Amfetamine

Teratogenesi

Capacità di un farmaco, somministrato a una gestante, di provocare malformazioni (sia

macroscopiche sia funzionali) nel nascituro Il tipo di malformazione dipende dal periodo di

esposizione.

• Ipoplasia nasale da warfarin

• Malformazioni ossee da tetracicline

• Ipotensione fetale da enalapril

• Malformazioni dell'orecchio interno da aminoglicosidi. Sono antibiotici, come gentalin,

gentamicina.

Per finire, questa è la scheda che voi dovete conoscere, che la scheda clinica di segnalazione di

sospetta reazione avversa.

Vedete, c’è la voce indicare se la reazione osservata deriva da interazione, abuso, etc quindi dovete

conoscere questi termini.

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LEZIONE DEL 17 GENNAIO INSERITA A PAGINA 81, ALLA FINE

Farmacologia del 24-01-2018

Il dolore è distinto in un dolore acuto, cronico e oncologico

Esiste anche un dolore neuropatico che è un dolore misto, ovvero un dolore sia nocicettivo

sia non nocicettivo, ma ci sarebbe troppo da spenderci.

Quest’ultimo è comunque uno dei dolori più difficili da trattare.

Il dolore è trattato con farmaci analgesici, se è di media intensità si utilizzano gli oppiacei

come la morfina.

Se invece è un dolore lieve si utilizzano i FANS, farmaci antiinfiammatori non steroidei

Proprio per distinguerli da quelli steroidei come il cortisone.

Secondo l’OMS abbiamo diversi modi per esprimere l’intensità del dolore.

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Il dolore viene riferito con una intensità da 1 a 10, se il paziente riferisce fino a 4 è un

dolore lieve di primo grado, da 5 a 6 è moderato, da 7 a 10 è grave.

A seconda dei tre scalini come dobbiamo intervenire?

Al primo grado i FANS che possono essere utilizzati o meno insieme a farmaci adiuvanti,

farmaci di altro tipo che non fanno altro che avere un’azione di potenziamento degli

analgesici

Al secondo gradino troviamo gli oppioidi deboli che non sono potenti come la morfina,

che possono essere utilizzati insieme a fans e adiuvanti.

Al terzo grado, dolore severo, si utilizzano oppioidi forti, come la morfina, l’eroina, il

Fentanyl che possono essere utilizzati insieme a adiuvanti e non oppioidi.

Il termine adiuvante indica farmaci non specificatamente analgesici, ma che ne potenziano

l’azione riducendo il dolore.

Farmaci come il cortisonico, gli antidepressivi, gli anticonvulsivanti, anestetici locali,

sistemici, farmaci neurolitici, benzodiazepine, neurolettici, bifosfonati, antiinfettivi e

antispastici.

Per ogni grado di intensità di dolore:

1° gradino non oppioidi: ASA (aspirina), gli altri FANS, anche l’aspirina è un FANS, ma qui è

messo come farmaco a sé. Paracetamolo anch’esso FANS, chetoprofene, ibuprofene.

2° scalino, oppioidi deboli: codeina, buprenorfina, tramadolo (contramal)

3° scalino oppioidi forti: morfina, metadone, fentanyl

Gli oppioidi, oppiacei, queste parole le usiamo indistintamente, ma in realtà l’oppiaceo è

quello per cui è stato estratto dall’oppio, dal papavero sorniferum, e si fa riferimento

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all’oppio quindi da cui sono stati estratti una serie di principi attivi come vedete in questa

slide (noscapina, codeina, papaverina, tebaina)

Dall’oppio oltre a questi alcaloidi che si possono estrarre, si estraggono circa 20 principi

attivi e dal punto di vista chimico li

dividiamo in benzilisochinolonici e

fenantrenici.

Se ci sta uno stato di dolore il nostro

organismo reagisce rilasciando delle

sostanze endogene, e la sostanza

endogena che noi rilasciamo sono le

betaendorfine, o endorfine in generale.

La nostra endorfina ha delle proprietà

funzionali e farmacologiche simili a

quelle della morfina.

Dove va a legarsi la nostra betamorfina

o la morfina? Deve legarsi a dei

recettori.

(slide oppioidi maggiormente in uso)

Gli oppioidi agiscono perché si legano a dei recettori per gli oppioidi:

µ (mi), δ (delta) e κ (kappa), dove stanno? Diffusi in tutto l’organismo, ma principalmente

nel sistema nervoso centrale, riducono il dolore andandosi a legare li, ma la seconda

localizzazione è nel tratto gastrointestinale.

Gli oppioidi causano stipsi.

La tolleranza è quel fenomeno che per ottenere quel determinato effetto dobbiamo

aumentare la dose.

La tolleranza agli oppioidi si sviluppa molto velocemente, 12-24 ore.

Non è detto che tutti i soggetti la sviluppino così rapidamente, ma in linea di massima

dopo un po’ bisogna cambiare tra un’oppioide e l’altro per mantenere alta la funzionalità

antidolorifica

L’altra problematica è la dipendenza psicologica e fisica, tanto è vero che se li

interrompiamo bruscamente il paziente va in astinenza con sintomatologia tipo

sudorazione, irrequietezza, ansia.

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Un paziente in overdose ha una miosi, ristringimento di pupilla.

Se il paziente è in astinenza midriasi, allargamento pupilla.

Questa astinenza va trattata, gli effetti collaterali sono fondamentalmente questi:

la depressione respiratoria, è la problematica su cui i medici hanno sempre tanta

resistenza a somministrare oppioidi, perché effettivamente aumentando il dosaggio, in

alcuni soggetti che hanno problematiche respiratorie, è l’effetto collaterale più temuto che

può portare anche alla morte, i pazienti muoiono per depressione respiratoria.

Altro effetto collaterale è la stipsi, ma anche il prurito, una pseudo allergia per cui si ha il

rilascio di istamina che crea il prurito, la morfina è uno di quei farmaci che può indurre

prurito.

Molte volte c’è anche una vasodilatazione, rossore sulla parte alta del tronco, collo.

Nausea, disporia, vomito, immunosoppressione, diminuzione libido, impotenza,

diminuzione diuresi, ipotensione ortostatica.

Oltre ad essere la morfina utilizzata per il trattamento del dolore è utilizzata anche per

l’IMA e nell’edema polmonare acuto, noi sfruttiamo l’azione analgesica, ma soprattutto la

usiamo per l’effetto ansiolitico, poiché induce venodilatazione e riduzione del carico

cardiaco.

La codeina è utilizzata per l’effetto antitussivo.

In caso di diarrea acuta si usa loperamide (limodium) che non passa la barriera

ematoencefalica.

A dosi terapeutiche la depressione respiratoria non si ha.

In anestesia sono utilizzati gli oppioidi, principalmente in preanestesia per l’analgesia.

Il Fentanyl viene invece utilizzato proprio come anestesia per le operazioni chirurgiche.

Le crisi di astinenza sono trattate con il metadone, poiché ha un lungo emivita (20-30

ore) mentre la morfina ne ha 2-3, il metadone induce una crisi di astinenza molto inferiore.

Se abbiamo un sovradosaggio da oppioidi che ci serve?

Se un soggetto ne ha abusato ed è arrivato al pronto soccorso con crisi respiratoria cosa

diamo?

Un antagonista, il naloxone (narcan) o naltrexone, bloccano l’azione degli oppioidi

quindi risolvono il coma e la depressione respiratoria.

Il narcan viene appunto utilizzato per via endovenosa nell’intossicazione acuta da oppioidi,

emivita 1 ora circa.

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Il naltrexone è dato per via orale ed ha un’emivita di 10-14 ore, non è utilizzato nelle

emergenze, ma nella disintossicazione nei pazienti che abusano di oppioidi

Slide tabella 23.5

Serve per far vedere che se do la morfina per via orale sono 15 mg per 3-4 ore

Se la do per via parenterale sono 5 mg

Perché?

Perché la morfina va incontro ad un primo passaggio epatico molto importante quando la

si prende per via orale e quindi la biodisponibilità si riduce, la biodisponibilità è un

parametro che ci dice la percentuale di farmaco che entra nella circolazione sistemica dopo

aver passato intestino e fegato.

Per la morfina è del 30%, se vogliamo avere un’azione importante dobbiamo aumentarne

la dose.

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I FANS

Sono tutti farmaci che conosciamo molto

bene.

Sappiamo che questi farmaci si chiamano

fans, farmaci antiinfiammatori non

steroidei.

Antinfiammatorio significa che sul

principio del dolore ci agisce

un’infiammazione, quindi togliendo

questa, si riduce il dolore.

Togliendo l’infiammazione sfruttiamo

l’analgesia da infiammazione, agiscono

come antipiretici (tachipirina), e da

antiaggregante (aspirinetta) per evitare

sviluppo di trombi.

(slide) Nomi di fans

Come agiscono?

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Il principio su cui agiscono è che devono ridurre uno stato infiammatorio, a partire dalla

nostra membrana che circonda tutte le cellule, se arrivano degli stimoli di qualunque tipo,

fisici (ci buchiamo), un qualsiasi insulto, viene tradotto a livello della membrana

fosfolipidica con il rilascio di fosfolipasi A che trasforma i fosfolipidi in acido arachidonico,

che rilasciato, viene trasformato in prostanoidi dall’enzima COX ciclossigenasi.

Cosa sono questi prostanoidi?

Il tromboxano (TXA2): aggregazione piastrinica

Prostoglandina e2 (PGE2): vasodilatazione aumento soglia dolore, aumenta temperatura

corporea, citoprotezione gastrica.

Prostaglandina f2alfa (PGF2α): che è quella che controlla la motilità uterina

La prostaglandina I2 (PGI2) che ha un’azione antiaggregante piastrinico, induce

vasodilatazione, importante per il flusso renale e la filtrazione glomerulare e citoprotezione

gastrica.

Se ho dopo un insulto, febbre, virus ecc ho il rilascio di acido arachidonico abbiamo la

risposta infiammatoria con questo ciclo.

I fans bloccano il COX

L’effetto antiinfiammatorio ….

L’effetto analgesico è dovuto

all’inibizione di PGE2

Antipiretico è dovuto all’inibizione

della PGE2 a livello ipotalamico.

Esistono 2 enzimi in realtà:

COX1 e COX2.

La differenza è che l’enzima COX1 è

costitutiva, abbiamo detto che la

PGE2 a livello dello stomaco produce

il muco, quindi gastro-protettiva, l’attivazione a livello dello stomaco della COX1 è

fondamentale, quindi è espressa in tutte le cellule: nei vasi, nello stomaco, nel rene.

Controlla fisiologicamente tutte quelle prostaglandine che controllano la secrezione di

acido e muco, l’aggregazione piastrinica.

La COX2 è un enzima che non c’è, viene indotto dallo stato infiammatorio, viene

sintetizzato questo enzima che interviene soltanto in questo stato infiammatorio.

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Quale sarebbe il FANS ideale? Quello che inibisce solo la COX2 cosicché la COX1 è

salvaguardata.

In realtà di tutti quei FANS, la differenza sta, ad esempio tra l’ipobrufene e il diclodenac,

ciascuno di essi è o un po’ più

COX1 o più COX2.

Tanto più un farmaco blocca la

COX1 più si hanno effetti

collaterali.

Quindi son stati fatti farmaci che

agiscono sulla COX2.

Gli effetti collaterali sono:

le ulcere a livello

gastrointestinale riducendo il

muco.

A livello delle piastrine abbiamo l’effetto di inibizione dell’aggregazione.

A livello renale si ha una ridotta escrezione di sodio, ritenzione di liquidi,

abbassamento flusso renale.

A livello uterino: blocchiamo la contrattilità uterina e ritardiamo il travaglio.

I FANS non si utilizzano prima del parto, ma ciò non è dovuto al fatto che ci possa essere

un effetto tossico sul feto, ma al ritardo del travaglio.

L’altro effetto collaterale è l’ipersensibilità con l’aspirina, orticaria, ipertensione e

anafilattoidi.

Con l’acido acetilsalicilico rischiamo la sindrome di Reye, è una sindrome che può

essere anche fatale e si osserva quando c’è un virus e diamo l’aspirina, si sviluppa la

sindrome.

Sino ai 16 anni di vita con la febbre non va data l’aspirina, ma sempre paracetamolo.

L’altro effetto collaterale è il salicilismo, una azione dovuta a questo sale dell’aspirina

che con alti dosaggi porta tinnito (rumore a livello dell’orecchio), vertigini, nausea.

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Usiamo il paracetamolo perché ha minori effetti gastro-lesivi, debole effetto

antiinfiammatorio, ma forte analgesico e antipiretico.

Il paracetamolo è un farmaco ad azione analgesica, antipiretica, poco antiinfiammatoria

rispetto a tutti gli altri FANS ed è meglio tollerato a livello gastrico.

Farmaci che inibiscono la COX2: (slide )

Rofecoxib, ritirato successivamente per

incidenza di eventi cardiovascolari, dopo

uno studio di 3 anni che lo aveva messo in

evidenza, il motivo è lungo da spiegare, ma

tutti i FANS ad alto dosaggio possono

indurre degli eventi cardiovascolari,

certamente i COX2 specifici pur essendo 0

gastrolesivi, hanno la problematica di

indurre un elevato rischio di incidenti

cardiovascolari.

Abbiamo però ancora in commercio l’Etoricoxib, il Celecoxib e il Parecoxib.

Quando li usiamo?

Quando serve una forte azione antiinfiammatoria.

Nell’osteoartrosi, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, in tutti i casi di infiammazione

associati all’artrite gottosa acuta.

Nel caso in cui abbiamo bisogno di un potere antiinfiammatorio molto importante

dobbiamo usare i farmaci salva vita, corticosteroidi.

Farmaci antiinfiammatori steroidei.

Il cortisone è uno steroide e come tutti gli steroidi hanno i loro recettori non sulla

superficie cellulare, ma intracellulare.

Oggi i cortisonici possiamo considerarli i farmaci più potenti dal punto di vista

antiinfiammatorio e vanno pensati come farmaci fortissimi per la loro azione

immunosoppressiva.

Il cortisolo, da dove nasce tutto, è endogeno, rilasciato dalle ghiandole surrenali.

L’importanza di questa ghiandola lo dobbiamo a due pionieri, Thomas Addison e Harvey

William Cushing.

Addison ha detto che se si hanno le ghiandole surrenali che non rilasciano cortisolo si

riscontra un’insufficienza che vi porta alla malattia di Addison.

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Dall’altra parte Cushing ha dimostrato che l’ipersecrezione di corticoidi porta alla sindrome

di Cushing.

Perché è così importante?

Per il metabolismo glicidico ed elettrolitico.

Quando noi andiamo ad analizzare il tutto, dobbiamo sapere che la secrezione del

cortisolo avviene perché tutta una serie di stimoli fisici e psichici portano al rilascio da

parte dell’ipotalamo a stimolare un ormone che stimola l’adenoipofisi a rilasciare ACTH che

stimola la corteccia del surrene a produrre cortisolo ed altri ormoni.

Una volta rilasciato, il cortisolo inibisce il sistema immunitario, la produzione di citochine

infiammatorie, le quali stimolano sempre il rilascio di cortisolo.

Cosa succede?

Che una volta che il cortisolo è uscito insieme all’aldosterone, che è un ormone che regola

l’equilibrio idrico e salino, allora il principale glucocorticoide è il cortisolo, il

mineralcorticoide è l’aldosterone, entrambi si legano ad uno specifico recettore.

I glucocorticoidi regolano la biosintesi e il metabolismo dei carboidrati dei lipidi e delle

proteine, si legano ai recettori GR, ma lega anche gli MR (legati dall’aldosterone).

In questo caso influenzano il bilancio idrico degli elettroliti.

I mineralcorticoidi regolano il ricambio idrico e salino perché trattengono acqua e sodio ed

eliminano potassio.

La mattina appena svegli il cortisolo aumenta, quindi si è più energici, attivi, perché la

giornata inizia e serve per controllare l’energia dell’organismo.

Tutti i farmaci antiinfiammatori steroidei sono stati sviluppati dopo la conoscenza del

cortisolo, ma ha anche la funzione mineralcorticoidea che porta alla ritenzione idrica.

Allora sono stati fatti dei farmaci che amplifichino l’azione antiinfiammatoria e riducono

l’attività mineralcorticoidea.

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Idrocortisone

(flebocortid)

Prednisone

(deltacortene)

Metilprednisolone

(urbason)

Betametason (bentelan)

Desametasone

(decadron)

Possiamo vedere quanti

di questi farmaci

possono essere usati sia

per via orale sia per via

parenterale.

Effetti metabolici, su

carboidrati, proteine

stimolano la gluconeogenesi e la glicogeno-sintesi epatica, quindi ci danno energia,

diminuiscono l’utilizzo del glucosio da parte dei tessuti, aumento quindi glicemia

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Il meccanismo

d’azione di questi

farmaci come

antiinfiammatori è

questo:

tutti i glucocorticoidi

hanno un certo

tempo di latenza,

che è dovuto al fatto

che loro agiscono a

livello genico, sono intracellulari, si legano al recettore MR entrano all’interno della cellula,

si legano ad una zona del DNA che si chiama GNE(?) O attivano la produzione di proteine

antiinfiammatorie, o riducono la proteina pro-infiammatoria.

Possono essere dati per tante vie di somministrazione

Indicazioni terapeutiche (Slide sotto, tabella 2)

Se io do cronicamente questi farmaci, mimo un Cushing, gli effetti che si sviluppano sono

come quelli che vedeva lo studioso, ovvero le ghiandole surrenali che producono troppo

cortisolo.

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Euforia, gobba di bufalo, ipertensione, assottigliamento pelle, osteoporosi, scarsa

cicatrizzazione, ecchimosi, grasso addominale aumentato,

faccia tonda, cataratta ecc

Slide effetti collaterali (sotto)

Bisogna stare attenti all’iperglicemia e l’ipertensione

Quali controindicazioni?

Possono indurre ulcera, anche se non è mai stato stabilito fino in fondo, è buona norma

utilizzare protettori gastrici.

Attenzione ad utilizzare glucocorticoidi con alcool fans, antidiabetici ecc Fare molta

attenzione anche che se usiamo i glucocorticoidi per molto tempo, riduciamo la secrezione

naturale delle nostre ghiandole surrenali per un meccanismo di feedback, quindi non si

può sospendere la terapia improvvisamente, ma in modo graduale in generale necessari 2-

3 mesi per il ripristino della funzione a livello ipofisario, ma fino a 9 mesi per tornare alla

normalità.

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Farmaci che agiscono a livello dell’apparato digerente

L’ulcera a livello duodenale si sviluppa fondamentalmente perché a livello dello stomaco

abbiamo un equilibrio tra fattori aggressivi, pepsina acido cloridrico, dall’altra i fattori

difensivi (muco), ma anche la formazione di bicarbonato, il tutto bilanciato.

Quando i fattori aggressivi

diventano prevalenti si

sviluppa l’ulcera, e

naturalmente l’ulcera era

considerata dovuta ad altre

cose, come l’uso di FANS,

inibizione di

prostaglandine, o tumore

di Zollinger Ellison.

Ma oggi sappiamo che è

dovuta all’Helicobacter

Pylori (ulcera)

Cosa sono questi farmaci e

come funzionano?

Cellula dello stomaco,

una pompa protonica

tira fuori l’idrogeno

contro gradiente di

concentrazione e

porta dentro lo ione

potassio.

I farmaci che agiscono

bloccando questa

pompa, capostipite di

questa classe è

l’omeprazolo,

ma la secrezione di

acido cloridrico non è

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controllata solo dalla

pompa protonica, infatti per

attivare quest’ultima,

bisogna passare tutta una

serie di vie e di recettori.

Farmaci come antiulcera

sono anche quelli che

bloccano i recettori, come

la Ranitidina che blocca il

recettore H2, o la

Pirenzepina che blocca il

recettore dell’acetilcolina.

Effetti collaterali della Cimetidina, ma non si usa più perché induce impotenza.

La Ranitidina è ancora molto utilizzata, anche se induce cefalea, vertigini insonnia ecc

L’omeprazolo, non è solo l’antra

VANNO RICORDATI TUTTI E GLI EFFETTI COLLATERALI (diarrea, nausea, dolori

addominali, cefalea a volte) inibizione di CYP450

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Eradicazione dell’helicobacter pilori

Schema tipico:

Esistono poi protettori della mucosa gastrica, il sucralfato o Sali di bismuto

Creano uno strato sopra le lesioni della mucosa gastrica e in genere sono farmaci molto

ben tollerati perché agiscono localmente, ma quello che si osserva di più è la stipsi.

Il Maalox è un antiacido per eccellenza, idrossido di alluminio dà stipsi, idrossido di

magnesio dà diarrea, messi insieme danno il maalox.

Vomito è una risposta finale ad una serie di stimolazioni che possono venire dallo stomaco, dal

dolore, dal cervello, da alcuni farmaci citotossici che agiscono a livello della CTZ, zona

chemorecettrice del vomito, possono venire dal movimento che agisce a livello del cervelletto…

una volta che si attiva porta alla sudorazione, pallore, nausea, e vomito.

Come possiamo agire e quanto sono importanti i farmaci antiemetici?

Recettori coinvolti?

Acetilcolina, istamina, serotonina, dopamina

Se io ho un vomito dovuto al mar di moto posso usare la scopolamina, il certtoo di Transcop, o la

Xamamina (dimedridinato)

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Per quanto riguarda il vomito dovuto alle vertigini si usa il farganesse, prometazina, e il torecan

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Se ho un vomito da chemioterapia antitumorale posso utilizzare un antidopaminergico come la proclorperazina (stemetil), o il plasil (metoclopramide) Che può essere usato da solo o in associazione. Il plasil è un antidopaminergico che induce sonnolenza, ma anche sindromi parchinsoniane

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Farmaci che agiscono sul sistema nervoso autonomo

Oggi affrontiamo i farmaci che agiscono sul SNA, quindi fondamentalmente farmaci che vengono

utilizzati nelle emergenze, lezione propedeutica alla successiva, su i farmaci utilizzati per trattare

l’ipertensione.

Sapete che il SNA è una parte del sistema nervoso periferico, che si divide in autonomo e

somatico.

Quello autonomo si divide in parasimpatico e simpatico, oltre a controllare i movimenti

involontari.

Quello parasimpatico controlla i comportamenti legati allo stato di riposo e rilassamento, mentre

quello simpatico ci permette di stare attenti, attivi, definito attacco e fuga.

Oggi ci interessiamo di questi due, simpatico e parasimpatico.

Quando noi pensiamo al simpatico pensiamo al cavernicolo che deve lottare, fuggire, avere paura e

quindi deve avere tutta una serie di funzioni atte per questi comportamenti.

Quindi occhi con una dilatazione pupillare per vedere meglio, il cuore che aumenta di frequenza, di

contrazione.

È anche importante che i bronchi si dilatino per affrontare l’aumento del flusso di ossigeno, quindi

è inutile che il tratto gastroenterico aumenti la peristalsi, cosa che invece ci serve a riposo, col

parasimpatico.

Non ci serve vedere, quindi miosi, non ci serve broncodilatazione e nemmeno un cuore che batte a

mille, quindi riduzione frequenza cardiaca.

Anche a livello vescicale col simpatico abbiamo ritenzione, mentre col parasimpatico viceversa.

Il SNA, detto sistema nervoso involontario, viscerale, cosa fa di importante?

Ha una serie di importanti funzioni fisiologiche che abbiamo visto.

Se andiamo a vedere quelle che sono le innervazioni di questo sistema, ci accorgiamo che ci sono

delle innervazioni parasimpatiche (riposo, digestione) e innervazioni simpatiche.

Vedrete anche che ci sono delle innervazioni dal tronco encefalico che vanno attraverso delle vie

pre-gangliari che vanno ad innervare gangli nervosi.

Come nel tratto sacrale andranno ad innervare il tratto inferiore gastrointestinale, la vescica ecc

Poi abbiamo una catena paravertebrale di gangli che partono dalla zona toracica del midollo che si

proiettano su tutte le altre strutture (cuore polmoni ecc)

Come è fatta quindi l’anatomia?

SNC -> ganglio -> da cui partono

neuroni post gangliari -> che rilascia

il neurotrasmettitore che arriva al

bersaglio, però c’è una differenza tra

simpatico e parasimpatico nella

trasmissione:

nel simpatico il primo

neurotrasmettitore è quello

gangliare, l’acetilcolina, che si lega

al recettore nicotinico N, e per il

simpatico il neurotrasmettitore che

arriva dal ganglio all’organo è la

noradrenalina, che trova il suo

recettore adrenergico per poi

arrivare all’organo effettore.

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La via parasimpatica sempre ha l’acetilcolina come trasmettitore gangliare, recettore comunque

nicotinico, ma l’altro neurotrasmettitore non è la noradrenalina, ma sempre l’acetilcolina.

Nel caso dell’innervazione senza ganglio abbiamo che il neurotrasmettitore è l’adrenalina.

Tutti questi sono neurotrasmettitori.

Il sistema nervoso simpatico ha come neurotrasmettitori due-tre: noradrenalina, adrenalina,

dopamina.

Il parasimpatico invece ha come recettore sull’organo effettore, quindi non pre-gangliare, ha il

recettore M (muscarinico)

Scopriamo i farmaci del sistema adrenergico

Slide che fa vedere il sistema adrenergico di tipo alfa e beta e vediamo che il precursore della

noradrenalina e

adrenalina per quello

che riguarda la

midollare del surrene, il

precursore è la

tirosina che viene

modificata in dopa e

poi dopamina. Questa

a sua volta viene

trasformata in

noradrenalina, arriva

l’impulso nervoso, fa

aprire i canali del

calcio, entra e la

vescicola dove sta la

noradrenalina si apre e

viene rilasciata in

quella che viene

chiamato spazio

sinaptico.

Questa quindi deve

andarsi a legare a dei recettori, alfa e beta

Una volta che si è legata, e può legarsi anche al recettore presinaptico bloccando l’uscita di altra

noradrenalina.

Ma quando si lega ai recettori abbiamo la risposta cellulare

Poi il segnale si spegne e viene ri-captata all’interno della sinapsi la noradrenalina

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Cosa fanno? Dove stanno?

Se andiamo a vedere i recettori alfa 1 stanno a

livello post-sinaptico, cosa fa? Regola la

vasocostrizione, la contrazione del sistema

vascolare e se è attivato, induce quindi

vasocostrizione, se i vasi si costringono aumenta

la PA. Aumento resistenza periferica.

L’alfa 2 è presinaptico e cosa fa? Spegne il

segnale, quindi una volta che la noradrenalina si è legata, inibisce nuova liberazione della stessa-

Il beta 1 si trova a livello del cuore e cosa fa? Aumenta la forza di contrazione del cuore, effetto

inotropo positivo, e aumenta la frequenza cardiaca, definito effetto cronotropo positivo, perché

aumenta la frequenza, cronotropo negativo se avesse ridotto la frequenza. Aumento della

liberazione di renina, che è il precursore dell’angiotensina, l’angiotensina II è il più importante

fattore vasocostrittore che abbiamo.

Il beta 2 ha varie funzioni, la stimolazione a livello delle arterie fa proprio l’effetto inverso dell’alfa

1, perché provoca vasodilatazione, a livello dei bronchi rilasciamento bronchiale, utero

rilasciamento uterino, e regola la glicemia.

O possiamo stimolare il sistema adrenergico, quindi aumentare la forza di contrazione, la

frequenza, la pressione e usiamo quindi farmaci simpatico mimetici, perché mimano gli effetti del

SNS, oppure abbiamo antagonisti che bloccano la trasmissione simpatica.

Gli agonisti:

Adrenalina

Noradrenalina

Dopamina

Dobutamina

Sono tutti farmaci che usiamo clinicamente, sono tutti farmaci che si utilizzano perché vanno a

stimolare i recettori alfa e beta.

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Quando usiamo questi agonisti?

Sempre nello shock, di tutti i tipi,

anafilattico, cardiogeno. In tutte quelle

condizioni in cui abbiamo bisogno di

stimolare l’organismo e il sistema

cardiovascolare.

Quando si ha un sanguinamento

superficiale in chirurgia, siccome

l’adrenalina è vasocostrittrice.

Nella congestione nasale.

Per una forte ipotensione.

Nell’asma bronchiale, perché è broncodilatatore, usato per OS nelle crisi asmatiche ad esempio.

Nelle reazioni allergiche.

Nell’arresto cardiaco e aritmie.

Adrenalina si usa?

L’adrenalina in

particolare cosa fa?

Vasocostringe arterie e

vene, aumento frequenza

e contrazione cardiaca,

inotropo positivo e

cronotropo positivo,

porta ad aumento di PA

Broncodilatazione e

aumento

concentrazione

glucosio, agisce sui

recettori beta

Somministrazione?

Per via orale

Via intramuscolo, assorbimento rapido (IM)

Via sottocutanea, assorbimento più lento (SC)

Via endovenosa (EV) solo in emergenza e molto diluita, somministrata lentamente rischio

emorragia cerebrale

Soluzioni compatibili (SLIDE)

Emivita molto breve: 2,5 minuti

Negli impieghi terapeutici di emergenza, quindi somministrazione endovenosa.

Quando facciamo la rianimazione cardiopolmonare, nelle reazioni anafilattiche.

Non va somministrata con arresto cardiaco da insufficienza del cuore, quindi un cuore

scompensato non si somministra adrenalina.

Usata per il trattamento sincope dovuta ad un blocco cardiaco.

Se c’è arresto cardiaco dopo anestesia generale.

Per broncospasmo acuto, quando non c’è disponibilità di agonisti selettivi (solbutamolo)

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Slide controindicazioni->

No ischemia miocardica,

no ictus ipertensione, no

in tachiaritmie, no in

situazioni in cui la nostra

tiroide è stata colpita da

tossicosi.

No nei diabetici e nei

portatori di malattie

epatiche.

No in un paziente trattato

con beta-bloccanti.

Quando si usa la noradrenalina?

È molto diversa dall’adrenalina?

Per una piccola cosa, in parte si.

L’adrenalina lega i beta 2 in modo

importante, che sono quelli che mediano

la vasodilatazione.

Nel bilancio si vede che la noradrenalina,

siccome sui beta 2 ha una minore

vasodilatazione, ci sarebbe una minore

componente vasodilatatrice quindi un

maggiore aumento pressorio tra l’utilizzo di una o l’altra.

La noradrenalina aumenta pressione

Negli stati di shock con severa ipotensione

Per infusione EV, inizio d’azione immediata

Emivita: 1-2 minuti

Dopamina è un precursore della

noradrenalina.

Viene utilizzata solo nello shock

cardiogeno, agisce direttamente anche

attraverso il rilascio di noradrenalina,

dove la sinapsi è simpatica.

Se la uso a basse dosi porta soltanto un

aumento del flusso renale.

Se la uso a dosi cliniche, stimola i beta 1,

quindi effetto inotropo positivo,

aumento contrazione e frequenza.

Se invece si usa a dosi elevate, non solo

agisce sui D2 e beta 1, ma anche sugli

alfa 1 e quindi induce vasocostrizione.

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Quindi ha un’azione importante perché agisce sul flusso renale, sulla contrazione e la

vasocostrizione.

Si utilizza nello shock cardiogeno.

La dobutamina, nello scompenso cardiaco perché c’è proprio un problema di contrattilità e nello

shock.

Essendo molto attiva sui Beta 1

rispetto ai beta 2 e gli alfa, abbiamo

aumento contrazione cardiaca, in

via EV.

Effetti collaterali? (Slide ->)

Sul sistema parasimpatico, quello

che utilizza l’acetilcolina, sistema

colinergico.

Possiamo avere farmaci che

attivano questo sistema?

Si, ma su cosa agiscono?

Aumenta la motilità del tono nel

sistema gastrointestinale, aumento

peristalsi, aumento secrezioni

salivari.

A livello urinario contrazione vescica, rilasciamento sfintere.

A livello del cuore diminuisce la frequenza e la diminuzione della conduzione AV grazie al nervo

VAGO.

Ha come recettore il recettore nicotinico, ma ci interessa cosa succede negli organi effettori e non

c’è il recettore nicotinico, ma muscarinico e l’acetilcolina è il suo neurotrasmettitore

L’acetilcolina si forma dalla

colina, ecc

Esistono farmaci

parasimpaticomimetici e

anche gli antagonisti che

bloccano la trasmissione

parasimpatica.

Per i mimetici, che

mimano l’acetilcolina

abbiamo due cose, il

betanecolo che viene

impiegato solo per

ipotonia gastrointestinale

della vescica.

E la pilocarpina che viene

utilizzata nel glaucoma,

perché abbiamo bisogno

della miosi.

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Effetti collaterali (slide ->)

Quello che ci serve nelle

urgenze sono i simpaticolitici,

quelli che bloccano gli effetti

del sistema parasimpatico, vanno a competere con i recettori dell’acetilcolina, quindi bloccano i

recettori muscarinici

Il farmaco in questione è l’atropina, che

fa diverse cose:

Inibisce le risposte vagali nel cuore, quindi

aumenta la contrazione

Deprime le secrezioni salivari, secchezza

delle fauci, dilata i bronchi

Quando si usa?

Bradicardia sinusale importante, ho

bisogno di aumentare il tono simpatico e

ridurre il parasimpatico

Blocco atrioventricolare di secondo grado

Effetti avversi dell’atropina (slide)

Altri anti-muscarinici

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L’Ipertensione

La pre-ipertensione è quella situazione in cui abbiamo valori di massima sistolica tra 120 e 139 e

minima tra 80 e 89, non dovremmo trattare il paziente con i farmaci, ma stimolarlo a mettere

poco sale, poco alcool, aumentare l’attività fisica, ridurre il peso corporeo e non fumare.

Invece con pressioni più alte, come nello stadio uno, di massima 140 -159, minima 90-99.

Nello stadio due pressione superiore a 160 su 100 e nelle crisi ipertensive con pressioni superiori a

180 e minime superiori ai 110, dobbiamo intervenire con i farmaci.

La pressione arteriosa è direttamente proporzionale alla gittata cardiaca e alle resistenze

periferiche, quindi nell’ipertensione

aumentano entrambe.

La pressione arteriosa è regolata

fondamentalmente dal

SNSimpatico, dal sistema Renina-

Angiotensina-Aldosterone

stimolato appunto dal simpatico.

Altra cosa importante ritenzione

renale di sodio, aumento volume

fluidi, aumento precarico

Allora usiamo gli antiipertensivi, che

fanno? Riducono la pressione

sanguigna perché riducono la

gittata cardiaca e le resistenze

cardiache.

Dove andiamo ad agire?

Con i nostri betabloccanti

che agiscono a livello del

cuore e a livello delle arterie

renali, con gli ACE inibitori

che inibiscono l’angiotensina

II, con i diuretici, con gli ARBs,

i calcio antagonisti che

agiscono molto a livello

vascolare delle arterie, del

letto vascolare.

Questi sono i più utilizzati:

i betabloccanti portano ad

una azione cronotropo

negativa, riduzione frequenza

cardiaca, ma anche hanno

un’azione inotropa negativa,

riduzione forza contrazione, e

poi creano vasodilatazione periferica, riducono resistenze vascolari e quindi la PA.

Gli ACE inibitori bloccano l’enzima della conversione dell’angiotensina.

I calcio antagonisti vasodilatano quindi riducono la pressione arteriosa.

I diuretici stimolano la secrezione di acqua e di elettroliti a livello renale, aumento diuresi

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I beta bloccanti

Classe di farmaci molto

complessa, dal punto di vista

infermieristico vi serve sapere

quali sono gli effetti collaterali,

utilizzati: il bisoprololo,

atenololo, metoprololo, il

propranololo.

Bloccano i beta 1 e beta2,

antagonizzano gli effetti

dell’adrenalina e della

noradrenalina.

Effetti collaterali, bradicardia,

diminuzione libido, quindi

impotenza.

Possono portare incubi,

insonnia, depressione,

attenzione nei soggetti asmatici perché portano broncocostrizione.

I soggetti asmatici sarebbe bene non trattarli con i beta bloccanti, eventualmente ci sono alcuni

bloccanti che sono meno broncocostrittori

Esiste la sindrome da sospensione Beta bloccanti, quindi non vanno mai interrotti bruscamente,

perché può portare infarti, angina, quindi bisogna ridurre il dosaggio piano piano, dimezzato ogni

2-3 giorni, la sospensione non deve avvenire prima di 3 riduzioni consecutive

SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE

La renina converte

l’angiotensinogeno in

angiotensina I, dopo di che

interviene l’enzima ACE, che

converte l’angiotensina I in

angiotensina II.

Che cosa fa quest’ultima?

Va a stimolare l’attività

simpatica, porta un

riassorbimento tubulare di

sodio e cloro, agisce

all’interno della corticale del

surrene, quindi secrezione

aldosterone.

Agisce a livello dei vasi, quindi vasocostrizione.

Stimola la neuroipofisi alla secrezione di ADH.

Tutto ciò porta ad aumentare la pressione, una volta che è aumentata ci deve essere una risposta

a feedback negativo che interrompe la produzione di renina.

Questo si attiva ogni volta che abbiamo bisogno di alzare la pressione.

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Ma la pressione, l’ipertensione è dovuta a mille cause, sicuramente la renina è fondamentale nella

regolazione.

Se io vado a bloccare l’angiotensina II che va a produrre tutti quegli effetti che aumentano la

pressione, ho trovato un farmaco straordinario, e questo è l’ace inibitore, l’angiotensina I non viene

più trasformata.

Il captopril, lisinopril, triatec, ramipril, enalapril.

Questi sono i farmaci ace inibitori

tanto prescritti.

Conseguente all’ipertensione

abbiamo un rimodello del cuore, e

gli ACE inibitori riducono anche

questa fibrosi cardiaca.

Tutti hanno una lunga durata

d’azione, quindi singola dose

giornaliera, la maggior parte sono

pro-farmaci.

Alta biodisponibilità in generale,

alcuni presentano interazioni col

cibo quindi da prendere lontano

dai pasti.

Eliminati per via renale

Ace inibitori sono oggi la prima scelta nell’insufficienza renale, indicati per diabetici e

dislipidemie, importanti nello scompenso cardiaco congestizio, insufficienza cardiaca

congestizia, importanti perché si possono dare anche dopo aver avuto infarto del miocardio e sono

farmaci che possono essere dati nell’insufficienza renale cronica, rallentano la progressione verso

l’emodialisi.

Effetti collaterali:

tosse secca persistente, aumento della bradichinina a livello polmonare

Ipotensione

Iper-potassiemia

Reazioni allergiche cutanee

Angioedema

DIURETICI

Sono utilizzati nell’ipertensione e nell’edema perché aumentano il volume delle urine e riducono

il riassorbimento di sodio nel tubulo renale.

Quest’ultimo costituito da un

tubo prossimale, ansa di Henle

ecc, ciascuno dei diversi diuretici

agisce in tratti diversi del nefrone.

Prendiamo in considerazione i

diuretici tiazidici e diuretici

dell’ansa.

Abbiamo anche i risparmiatori di

potassio come amiloride e

spironolattone usati in

associazione ad altri diuretici

perché fanno risparmiare

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l’eliminazione di potassio.

Quando li utilizziamo? (SLIDE->)

Abbiamo diuretici osmotici

nell’edema cerebrale

E inibitori dell’anidrasi carbonica

I più utilizzati sono i diuretici

dell’ansa, il più utilizzato

flurosemide, lasix

Effetti collaterali

Ipopotassemia, astenia, crampi,

aritmie, associare risparmiatori di

potassio.

Iperuricemia (gotta)

Ipovolemia e ipotensione

Perdita di calcio e magnesio

Ototossicità e reazioni allergiche

I diuretici tiazidici sono molto

meno efficaci rispetto ai

diuretici dell’ansa, ma sono

spesso trovati in associazione, e

agiscono a livello del tubulo

distale bloccando il cotrasporto

sodio-cloro.

Riduco ritenzione sodio e

acqua, riduco volume

sanguigno e quindi la gittata

cardiaca, diminuzione quindi

pressione.

Principale impiego per la

ipertensione, utilizzato anche

nell’edema di piccolo conto.

Effetti collaterali

Ipopotassemia

Iperuricemia

Ipercalcemia

Iperglicemia

Ipotensione

Impotenza sessuale

Reazioni allergiche

Infine arriviamo a parlare dei calcio

antagonisti.

Che fanno?

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Vanno ad agire a livello vascolare e siccome sappiamo che a livello della muscolatura liscia

abbiamo il calcio che ha l’importante compito di bloccare la contrazione, ma questi canali del calcio

sono anche a livello del cuore.

Quindi cosa fanno i calcio antagonisti? Inducono una vasodilatazione arteriosa, hanno un’azione

inotropa negativa, riducono anche la velocità di conduzione, effetto batmotropo negativo.

Classe di farmaci ancora più utilizzata dagli anziani.

Diidropiridine

Le benzotiazepine (diltiazem)

Fenialchilamine (che sono attive a livello cardiaco verapanil)

Vecchi farmaci (nifedipina, adalat,

nifedicor)

La seconda generazione meno

effetti collaterali e durata più lunga.

Il diltiazem è molto utilizzato

nell’ipertensione e nella terapia

dell’angina.

Effetti collaterali

Cefale, vertigini, senso di

affaticamento, stipsi, eruzioni

cutanee, ipotensione

(diidripiridine, perché agisce più a

livello vascolare) edemi malleolari,

crampi muscolari, cardiopalmo

per diidropiridine a corta durata

d’azione

Blocco AV, e bradicardia con l’uso di diltiazem e verapamil.

Aggravamento reflusso gastro-esofageo.

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LEZIONE DEL 17 GENNAIO

ANTIBIOTICI

Antibatterici. Si tratta di una classe di farmaci che agiscono su infezioni causate dai

batteri. Si dividono in due classi:

• Antibiotici: molecole di origine naturale non a caso ci ricordiamo di Fleming, che

ha scoperto la penicillina dal relativo fungo.

• Chemioterapici Il termine chemioterapico riguarda invece un composto di sintesi.

Tutti gli antibatterici sono, in linea di massima, farmaci con un alto indice terapeutico,

perché vanno a colpire bersagli che sono molto diversi da quelli del nostro organismo,

quindi diversi dagli eucarioti.

L'antibiotico per agire deve entrare nella cellula batterica per raggiungere il sito d'azione,

per eliminarlo o ridurne l'attività (la riproduzione). Si deve legare fisicamente al

bersaglio (legame recettoriale), inibire il processo a cui quel bersaglio è legato e

soprattutto l'antibiotico non deve modificarsi all'interno della cellula batterica, ogni

modifica può fargli perdere di efficacia.

Facciamo una breve classificazione dei batteri.

1. Gram positivi, la cui parete cellulare assorbe un particolare colorante o anche

resiste alla decolorazione con l'alcol.

2. Gram negativi, che hanno una parete cellulare (all'interno, perché fuori abbiamo

una membrana) che invece non assorbe quel particolare colorante o vengono

decolorati dall'alcol.

3. Aerobi, che hanno bisogno dell'ossigeno per sopravvivere.

4. Anaerobi, che non hanno bisogno dell'ossigeno.

Gli antibiotici possono essere:

• Batteriostatici. Usiamo "batteriostatico" quando parliamo di un agente che permette

un blocco della duplicazione batterica, quindi questi non riescono più a crescere e

svilupparsi.

• Battericidi, in cui c'è un'azione del farmaco che uccide il batterio.

Come stabiliamo se un

antibiotico è batteriostatico o

battericida?

È abbastanza facile, intanto,

in questo grafico vedete

bene il numero di batteri

sull'asse delle ordinate e il

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tempo su quello delle ascisse. Se non usassi mai un antibiotico il numero dei batteri

continuerebbe a crescere all’infinito.

Nel momento in cui inserisco un farmaco antibatterico come

il cloramfenicolo, che è un batteriostatico, viene bloccata la

replicazione batterica. Se inserisco invece un battericida

come la penicillina, i batteri muoiono.

Nel caso del battericida, nel momento in cui lo mettiamo in

una capsula Petri, vediamo proprio i batteri che spariscono,

vengono uccisi. Nel caso del batteriostatico se c'erano 6

batteri 6 rimangono, non si moltiplicano più.

Possiamo vedere bene questo processo svolgendo un test di

sensibilità.

Si parte da una provetta dove abbiamo l'organismo da

coltivare, lo mettiamo poi nella capsula di Petri.

Successivamente prendiamo dei dischi di carta, ognuno con

un antibiotico sopra, e li inseriamo nella capsula. Se dopo un

po' c'è stata un'azione di inibizione della crescita allora il

micro organismo è sensibile al relativo farmaco. Se sotto la

carta c'è ancora crescita batterica allora questo è invece

resistente al farmaco.

Il concetto di resistenza è molto importante, ci dice se un

batterio è resistente all'attività di un antibiotico.

Questa resistenza può essere naturale o acquisita.

Naturale: ci sono situazioni in cui alcuni farmaci non riescono a penetrare il sistema

nervoso centrale (se pensiamo ad infezioni come le meningiti), perché c'è la barriera

emato-encefalica che non li fa passare, questa è una resistenza naturale.

Però, esiste il grande problema dell'antibiotico resistenza, cioè quando l'uso degli

antibiotici porta ad una selezione di batteri che sono diventati resistenti all'antibiotico

utilizzato. Questo lo fanno grazie a meccanismi in cui si comunicano tra di loro questa

resistenza, per motivi genetici ovviamente.

L'uso spropositato di antibiotici ad ampio spettro (cioè quelli che non distinguono tra

Gram positivi e negativi) ha portato allo sviluppo delle resistenze. É un fenomeno

allarmante nel mondo (specie negli ospedali), tanti ceppi di batteri, come ad esempio lo

Staphylococcus aureus, sono diventati resistenti quasi a qualunque tipo di antibiotico.

Quindi è un allarme mondiale, l'OMS ha stabilito da diversi anni che gli antibiotici vadano

utilizzati con attenzione. Solo con infezioni già stabilite e non a sproposito.

• Un grosso fattore di rischio è anche rappresentato dall'uso che si fa degli antibiotici

in zootecnia: gli animali vengono nutriti con diversi antibiotici, i batteri sviluppano

delle resistenze che poi finiscono anche per coinvolgere l'uomo, anche solo quando

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non cuociamo la carne.

• Dosaggi sub-optimali: a volte se dobbiamo usare 1gr di antibiotico al giorno e ne

usiamo solo 500 mg.

• Profilassi antibiotica inopportuna, cioè il momento in cui si decide di assumere un

antibiotico quando assolutamente non necessario, è il caso di alcuni viaggiatori che

quando vanno in certe aree del mondo si fanno una profilassi antibiotica per evitare

di prendere qualcosa. Tutti questi fattori hanno portato allo sviluppo di resistenze.

Lo spettro di attività di un antibiotico può essere ristretto o ampio.

• Ristretto: efficace solo contro pochi micro-organismi, pochi batteri.

• Ampio: utile in un'ampia varietà di infezioni. Chi di voi non conosce l'Augmentin?

(quello che usano pure i dentisti) è un farmaco a largo spettro, molto utilizzato.

Classico caso in cui si ha la febbre da 3 giorni, ci si inizia a sentir male e allora si

decide di usare un farmaco ad ampio spettro come quello.

Molti antibiotici, come ad esempio le penicilline, hanno un elevato indice terapeutico,

perché agiscono direttamente sul batterio, oltre che un basso potenziale tossico.

Altri farmaci, come il cloramfenicolo hanno un alto potenziale tossico e possono essere

utilizzati solo quando il beneficio supera il rischio.

A livello di reazioni avverse possono svilupparsi delle tossicità gastrointestinali, cosa ci

prendiamo insieme all'antibiotico? I probiotici, l'enterogermina, perché è facilissimo

andare incontro a delle diarree. Posso rischiare anche conseguenze più importanti, come

danni renali e neurotossicità.

Quando i farmaci antibiotici possono essere utilizzati in profilassi?

• Viaggiatori che vanno in aree con dei patogeni endemici, siamo sicuri che

conoscendo il patogeno è bene fare una profilassi.

• Pazienti che devono eseguire un intervento di chirurgia cosiddetta “sporca”

(gastrointestinale, genito-urinario), prima di essere sottoposti all'intervento si fa un

largo uso di profilassi.

• Lo stesso vale per pazienti con malattie valvolari cardiache riconosciute,

sostituzioni valvolari, estrazioni dentali, in questi casi si fa una profilassi.

In queste slide sono riassunte le varie classi di antibiotici e il loro meccanismo di azione

(come fanno ad uccidere i batteri o inibirne la duplicazione?) Questi sono i meccanismi

d'azione che andrebbero studiati nella branca della farmacologia che si chiama

farmacodinamica.

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Questo è un batterio,

questa è la parete

cellulare, all'interno

vediamo le principali

cose: c'è un DNA, c'è un

mRNA, ci sono i

ribosomi che sono

importantissimi per la

sintesi delle proteine,

come anche le purine e

le pirimidine per la

sintesi del DNA.

• Tutti i farmaci che

inibiscono la sintesi

della parete batterica si

chiamano beta-

lattamine e le capostipiti delle beta-lattamine sono le penicilline.

• Poi abbiamo farmaci che bloccano la riproduzione del DNA (e a valle poi delle

proteine essenziali per la sopravvivenza del batterio) che sono i fluorochinoloni,

per mettervi già qualche nome in testa, conoscete sicuramente il Ciproxin

(ciprofloxacina è il principio attivo), che appartiene alla classe dei fluorichinolonici.

• Abbiamo poi il metronidazolo, che non affronteremo perché si tratta di un

antibiotico di nicchia (serve per la Giardia ad esempio) e funziona creando un

danno al DNA.

• Abbiamo inibitori dell'RNA come la rifampicina (anche questa utilizzati in

condizioni particolari).

• Mentre molto utilizzati sono quelli che inibiscono la sintesi proteica (legandosi alla

sub-unita 50S del ribosoma) e questi sono il cloramfenicolo e i macrolidi (come lo

Zitromax, azitromicina). Abbiamo poi i farmaci che agiscono inibendo la sintesi

proteica legandosi alla sub-unita 30S del ribosoma, che sono le tetracicline e gli

amminoglicosidi (come il Gentalyn, gentamicina).

• Ci sono poi farmaci i sulfamidici, che hanno un'azione anti-metabolita, vanno a

ridurre la produzione di purine e pirimidine e di conseguenza la sintesi del DNA,

insieme al Trimetropim.

Iniziamo con le penicilline (beta-lattamine), sono battericidi.

Distinguiamo le penicilline naturali (benzilpenicillina o penicillina G) che può essere

somministrata per via intramuscolare o endovenosa, inibisce la sintesi della parete

batterica, non può essere somministrata per OS, perché verrebbe distrutta dall'acidità

gastrica. Per ovviare a questo problema è stata prodotta una penicillina di sintesi

(penicillina V o fenossipenicillina) che può essere somministrata solo per OS.

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Queste penicilline possono anche essere disponibili in formulazione retard, che

comportano un rilascio graduale e costante nell'arco della giornata. Hanno un'azione se

abbiamo un problema a livello del sistema nervoso centrale (meningite ad esempio), solo

se c'è uno stato di infiammazione, perché in quel caso si apre la barriera emato-encefalica e

possono passare a livello del cervello.

Qui vedete gli usi terapeutici delle penicilline G e V, e dobbiamo porre attenzione al fatto

che la maggior parte di queste penicilline hanno un'azione più marcata verso i Gram + e

sono invece inattive verso tutti quei batteri (come lo Stafilococco Aureo) che sono grandi

produttori di beta-lattamasi o penicillasi. Questi batteri producono questi enzimi che

degradano l'antibiotico, quindi, quando do l'antibiotico questo viene degradato da questi

enzimi, che sono prodotti perlopiù da batteri Gram + come lo Stafilococco Aureo.

Vedete che il grosso dell'attività è verso Cocchi Gram + (Streptococco), Spirochete, Cocchi

Gram – (alcuni), Bacilli Gram + (alcuni). Le penicilline che sono resistenti a questi enzimi si

chiamano oxacillina e flucloxacillina, e sono due antibiotici studiati specificamente per

cercare di agire su quei batteri che producono questi enzimi che degradano l'antibiotico

stesso.

Questi due hanno un ristretto uso sullo Stafilococco Aureo, che è il ceppo maggiormente

ritrovato negli ospedali. Visto che

questi agiscono prevalentemente

sui Gram +, ci si è chiesti se fosse

possibile realizzare dei farmaci

anche attivi verso i Gram -.

In effetti gli studiosi hanno messo

a punto due farmaci, ampicillina

e amoxicillina (aminopenicilline),

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che hanno uno spettro d'azione ampio che li rende attivi sia su Gram + che Gram -.

Entrambe sono sensibili agli enzimi beta-lattamasi o penicillasi, quindi verrebbero

distrutti da questi ultimi, a meno di non associare il Sulbactam all'ampicillina e l'acido

clavulanico all'amoxicillina. In questo modo abbiamo l'Augmentin (amoxicillina + acido

clavulanico) e gli inibitori degli enzimi di penicillasi, permettono alle penicilline di non

essere distrutte da questi batteri che producono molto enzima.

Usiamo le aminopenicilline un po' ovunque, l'Augmentin viene usato per infezioni del

tratto urinario, alte vie respiratorie, meningite nei bambini, salmonella.

Altre penicilline vengono usate specificamente per farmaci contro lo Pseudomonas, come

la Piperacillina in combinazione con il tazobactam (altro inibitore della penicillasi) o la

ticarcillina associata all'acido clavulanico. Oltre allo Pseudomonas funzionano molto

bene contro i Gram -.

Tra le principali complicanze delle penicilline ci sono l'ipersensibilità (farmaco allergia che

porta, nell'ordine a:

• Eruzioni maculopapulari

• Orticaria

• Febbre

• Broncospasmo

• Malattia da Siero

• Dermatite Esfoliativa

• Sindrome di Stevens-Johnson

• Shock anafilattico

Come tutti gli antibiotici, si avranno anche disturbi gastrointestinali.

Sempre appartenenti alla classe delle beta-lattamine (farmaci che inibiscono la sintesi della

parete batterica), troviamo le cefalosporine.

Queste, rispetto alle penicilline, sono più resistenti alle beta-lattamasi, e queste le possiamo

distinguere in quattro generazioni:

I GENERAZIONE

• Buona attività vs GRAM+ ; Modesta attività vs GRAM –

II GENERAZIONE

• Buona attività vs GRAM+ ;

• Maggiore attività vs GRAM– rispetto alla I generazione.

III GENERAZIONE.

• Molto minore attività vs GRAM+ ;

• Eccellente attività vs GRAM– rispetto alle prime due generazioni

IV GENERAZIONE.

• Spettro di azione più ampio rispetto alla III gener. e maggiore stabilità all’idrolisi da

parte delle ß-lattamasi (o penicillasi).

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Tutte le cefalosporine, eccetto Cefixima, Cefaclor, Cefalexina che sono bene assorbite per

via orale, devono essere somministrate per via parenterale (ad esempio il ceftriaxone,

Rocefin).

Effetti collaterali sono simili a quelli delle penicilline, anche se hanno meno reazioni di

ipersensibilità.

Disturbi gastrointestinali, diarrea e nausea per somministrazioni os.

Gli amminoglicosidi sono invece inibitori della sintesi proteica e agiscono bloccando la

sub-unita 30S del ribosoma. Tra i più importanti troviamo:

• Amikacina

• Gentamicina (Gentalyn)

• Neomicina (in associazione con il Bimixin)

• netilmicina

• tobramicina

• paromomicina.

Questi farmaci, ad eccezione della paromomicina e del Bimixin, devono essere tutti dati

per via endovenosa o intramuscolare, perché quando arrivano a livello dello stomaco,

hanno una bassa biodisponibilità orale e non avrebbero azione.

Sono farmaci normalmente ospedalieri, non si usano in casa. La loro attività principale è

sui Gram – (poca sui Gram +). Gli effetti collaterali sono molto seri, quindi si usano solo

quando le cefalosporine di III generazione o i fluorichinoloni non sono efficaci.

In particolare (e sono da ricordare aveste mai un paziente ricoverato sotto

amminoglicosidi):

• Ototossicità: sono farmaci che portano alla sordità, si concentrano nell'endolinfa a

livello dell'orecchio.

• Nefrotossicità: quindi farmaci che si concentrano molto bene nel rene, creando

danni irreversibili.

• Paralisi: se usati prima di un'anestesia con un bloccante neuromuscolare

• Eruzioni cutanee.

Li utilizziamo soprattutto per Gram – e per ciascuno di questi ci sono delle specificità.

L'amikacina funziona bene con lo Pseudomonas aeruginosa, mentre la gentamicina è

molto importante quando ci sono malattie da enterococchi e in generale su tutti i Gram -,

oltre che in soluzioni oculari per le congiuntiviti.

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La neomicina è un farmaco per os,

che viene usato per la

decontaminazione dell'intestino

prima di una chirurgia intestinale,

netilmicina e kanamicina per

trattare escherichia coli, proteus e

klebsiella e la tobramicina può

essere anche utilizzata per aerosol

per sopprimere l'azione dello

Pseudomonas aeruginosa nelle

fibrosi cistiche.

Passiamo alle tetracicline.

Queste, pur agendo sempre sul ribosoma 30S, sono dei batteriostatici che stiamo usando

sempre meno.

Sono farmaci ad ampio spettro d'azione, colpiscono sia i Gram + che i Gram -, a differenza

di quanto fanno le penicilline e gli amminoglicosidi.

Sono fantastici perché agiscono a tutto campo, ma quando negli anni 60 sono entrate in

uso, abbiamo iniziato ad usarle talmente tanto in varie patologie, si è sviluppata una certa

resistenza.

Visto che però rimangono farmaci molto importanti, oggi ne abbiamo limitato l'uso per

alcuni particolari tipi di infezione:

• Clamidia

• Polmoniti da micoplasma

• Malattia di Lyme (infezione da spirocheta)

• Colera

• Febbre delle montagne rocciose (rickettsia).

I farmaci sono la doxiciclina, minociclina (Minocin) e la tetraciclina.

Non vanno assunti mai insieme a latticini, idrossido di alluminio, calcio e magnesio, sali di

ferro e di zinco, perché sono tutte sostanze chelanti, che prendono la tetraciclina e ne

inibiscono l'azione.

Niente antibiotico dopo pranzo insieme alla mozzarella di bufala.

Portano disturbi gastro-intestinali di ogni tipo, superinfenzioni (diarrea),

fotosensibilizzazione (mai esporsi al sole quando si è sotto tetracicline, si svilupperebbe

di sicuro un eritema solare), tossicità epatica, tossicità vestibolare (vertigini) soprattutto

con la minociclina.

Particolare attenzione va fatta per le tetracicline scadute, che possono diventare

nefrotossiche.

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Cloramfenicolo, va ad agire sulla sub-unita 50S dei ribosomi, ha un'azione batteriostatica

a basso dosaggio e battericida ad alto dosaggio.

Ampio spettro d'azione, eccellente penetrazione nel cervello, infatti si usa per meningiti,

ascessi cerebrali, tifo e febbre delle montagne rocciose.

Essendo però molto tossico non è un farmaco di prima scelta, lo utilizziamo come

antisettico ginecologico o come disinfettante chirurgico (Chemicetina), o per via topica

nelle congiuntiviti batteriche (in questo caso non ha tossicità).

Gli effetti collaterali sono:

• Mielodepressione, generale alterazione del sistema emopoietico.

• Anemia, anche aplastica fatale.

• Leucopenia e trombocitopenia (reversibili).

• Se usato nei neonati possiamo avere la "Sindrome del bambino grigio", che ha una

mortalità del 40%, il bambino assume una colorazione cinerea, è ipotermico, vomita

e ha diarrea.

Veniamo ai macrolidi, citavamo prima lo Zitromax (azitromicina). Qualcuno conosce anche il

Klacid o il Macladin (entrambi claritromicina), mentre meno conosceranno l'eritromicina

(Eritrocina).

I macrolidi sono batteriostatici, e l'eritromicina ha uno spettro di attività molto simile alla

penicillina G, più ristretto verso i Gram +, mentre tutti gli altri lavorano anche con i Gram -.

Come il cloramfenicolo si legano alla sub-unità 50S e ci sono, rispetto ad altri farmaci, che agiscono

su Gram + e -, hanno delle reazioni di ipersensibilità ridotte.

Gli effetti collaterali sono i seguenti:

Per l'eritromicina (Gram +), è un antibiotico sicuro.

• Nausea e diarrea

• Dolore epigastrico grave (specialmente nei bambini e giovani)

• Febbre, eosinofilia ed eruzioni cutanee

• Epatite colestatica (il più preoccupante)

• Transitoria alterazione della funzione uditiva (ad alti dosaggi)

Claritromicina e Azitromicina sono anche farmaci ben sopportati e in genere danno

problemi solo di tipo gastro-intestinale.

Il problema più grande dei macrolidi è che vanno ad interferire con il metabolismo epatico

mediato dal citocromo P450. Va fatta attenzione ad usarli insieme a farmaci come:

• Antistaminici

• Contraccettivi

• Corticosteroidi (cortisone)

• Benzodiazepine (ansiolitici)

• Acido Valproico (antiepilettici)

• Carbamazepina (antiepilettici)

• Warfarin (anticoagulante)

• Inibitori delle monoaminossidasi (antidepressivi)

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• Statine (farmaci contro il colesterolo).

L'azitromicina viene molto usata nella terapia di eradicazione di un batterio che si chiama

Helicobacter Pylori, quel batterio che causa la maggior parte delle ulcere gastriche.

Per eradicarlo, oltre a farmaci specifici va usato anche un antibiotico che è la claritromicina

insieme all'amoxicillina.

I sulfamidici, che sono anti-metaboliti. Vanno ad inibire la produzione di gruppi metilici

(a partire dall'acido tetraidrofolico) che portano alla formazione di purine e pirimidine

(che costruiscono il DNA). Sono battericidi e il più importante è il sulfametoxazolo, usato

in combinazione con il trimetoprim (Bactrim), insieme si chiamano cotrimoxazolo.

L'azione combinata dei due farmaci è molto più efficace dell'uso di uno solo dei due e

abbassa di molto la carica batterica.

Le resistenze ai sulfamidici sono più rare quando li usiamo in combinazione

(cotrimoxazolo).

Si usano per infezioni respiratorie (Haemophilus influenzae), in infezioni gastro-intestinali

in senso molto vario, in infezioni di prostata (prostatiti) e vie urinarie (dove sono molto

efficaci, specie considerando che la prostata è un distretto in cui è difficile penetrare).

Gli effetti collaterali sono soprattutto a livello emopoietico, anche se sono rare abbiamo

l'anemia emolitica acuta, la agranulocitosi, l'anemia aplastica (granulocitopenia,

trombocitopenia) specie in pazienti con deficit dei folati.

Disturbi del tratto urinario (perché c'è una maggiore concentrazione in questi distretti)

Reazioni di ipersensibilità: da eritemi a Stevens-Johnson.

Spesso presente febbre e senso di malessere.

A livello epatico può dare problemi gravi: che notiamo per cefalea, nausea, vomito e ittero

nei neonati.

Come tutti gli antibiotici abbiamo anche disordini gastro-intestinali: vomito, diarrea, coliti,

dolori addominali.

Passiamo ai chinolonici, cioè la famiglia dei fluorichinoloni, il cui capostipite è la

ciprofloxacina, o Ciproxin. Si è partititi dall'acido nalidixico, a questo è stato aggiunto poi

un fluoro.

Abbiamo anche anti-settici urinari come la nitrofurantoina (Furadantin). Concentriamoci

su questa classe perché è molto utilizzata sia a domicilio che in ospedale.

La ciprofloxacina è la più utilizzata, è un battericida che viene dato sia per os, che per

endovena.

Sono farmaci che negli ultimi anni hanno iniziato a manifestare casi di resistenza. Bloccano

la replicazione del DNA e hanno un ampio spettro d'azione (sia Gram + che -).

La cosa interessante è che oltre a funzionare bene sul tratto respiratorio, funzionano anche

per le infezioni del tratto urinario, prostatiti compresi e anche per infezioni intestinali

(coliti ulcerose, Morbo di Crohn), penetrano anche bene ossa ed articolazioni e funzionano

bene in malattie a trasmissione sessuale.

A livello di controindicazioni:

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Si è visto che inducono tossicità della cartilagine e sono controindicati in gravidanza e

allattamento, bambini sotto gli 8 anni e pazienti sofferenti di tendinite. La classica azione

di tossicità sulle cartilagini (per uso di Ciproxin) è in pazienti che hanno fatto

chemioterapia e hanno indebolito le cartilagini (molti chemioterapici sono dannosi in tal

senso), si è arrivati anche a casi in cui il successivo uso di ciprofloxacina ha portato a

rottura del tendine d'Achille.

Portano anche a cefalea e vertigini, allucinazioni negli anziani e attacchi epilettici in chi è

predisposto.

Nausea, vomito, diarrea e secchezza delle fauci, vertigini, cefalea.

Rari sono gli effetti immunologici di depressione del midollo osseo.

Più frequenti eruzioni cutanee e fotosensibilizzazione: bisogna evitare l'esposizione diretta

al sole (esattamente come capita per il fluorichinoloni).

Interagiscono poi con gli antiacidi come il Maalox, il sucralfato, ferro, zinco e calcio che è

meglio non usare insieme.

Per finire, un antisettico classico delle vie urinarie, che è il Furadantin (il principio attivo è

la nitrofurantoina). È un batteriostatico (battericida all'alzarsi delle dosi), che si concentra

principalmente a livello dei tubuli renali e funziona bene solo nelle infezioni urinarie.

Il paziente in genere non vuole usarlo una seconda volta perché porta a nausea, vomito e

diarrea, ma anche reazioni di ipersensibilità, ittero colestatico, epatiti, disturbi neurologici

occasionali e fibrosi polmonare e interstiziale (in trattamenti prolungati).

Entriamo a parlare di quel mondo che affascina un po' tutti. Chi di noi non ha sofferto di

ansia o ha avuto periodi della vita in cui è andato oltre alla tristezza, sconfinando della

depressione?

Nessuno di voi, sono sicura, avrà sofferto di schizofrenia (malattia psichiatrica con

componenti importanti di distacco dal mondo esterno).

La depressione invece è qualcosa legato ad un sentire profondamente quali possono essere

le problematiche della vita, mentre la schizofrenia è proprio un distacco.

Oggi affrontiamo una classe di farmaci che si chiamano benzodiazepine, che sono

principalmente utilizzati per l'ansia e per dormire un po' di più (ipnotici).

Prima di parlare di questo, dobbiamo però affrontare il fatto che questo farmaco passa nel

cervello (perché agisce a livello di sistema nervoso centrale). Il nostro comportamento è

fatto (schematizzando al massimo) di neurotrasmettitori che ci portano a muoversi,

eccitare e sviluppare un potenziale di azione che porta ad un comportamento e

neurotrasmettitori che inibiscono queste azioni eccitatorie.

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C'è una sorta di bilanciamento

tra eccitazione e inibizione.

Questo è schematicamente un

neurone pre-sinaptico, questo

uno post-sinaptico, quando

arriva il potenziale d'azione

viene rilasciato il

neurotrasmettitore, che va a

legarsi ad alcuni recettori nel

post-sinaptico e a quel punto

abbiamo l'azione. Questo

bilanciamento tra

neurotrasmettitori eccitatori e

inibitori bisogna capirlo in

termini di nomi. Il più importante neurotrasmettitore eccitatorio è il glutammato, ma

abbiamo anche l'aspartato, l'acetilcolina, le catecolamine (come la dopamina, la

noradrenalina e l'adrenalina), la serotonina e l'istamina. I più importanti a livello inibitorio

sono il GABA (o acido γ-amminobutirrico) e la glicina.

Allora, se io sono in uno stato di tranquillità ho un giusto bilanciamento tra sistema

eccitatorio e sistema inibitorio. In certe situazioni ho però ansia o insonnia. C'è qualcosa

che si sbilancia a livello del nostro organismo. O è salita l'attività eccitatoria (ansia,

insonnia) o si è abbassata l'attività inibitoria, comunque c'è uno sbilanciamento.

In questi casi usiamo una serie di farmaci che si chiamano benzodiazepine, che non

vengono solo utilizzate per ansia ed insonnia ma anche per:

• Sedazione.

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• Amnesia anterograda, ovvero un'amnesia che riguarda ciò che mi sta succedendo

nel momento presente. Sapete che le benzodiazepine come il Valium (diazepam)

possono essere utilizzate prima di una gastroscopia, ma perché? Non solo per

rilassare la muscolatura (visto che sono mio-rilassanti), ma soprattutto per l'azione

di amnesia anterograda, così facendo subito dopo la gastroscopia non abbiamo

questo cattivo ricordo di cosa è successo. Viene quindi a mancare la memoria di

cosa sta succedendo. Ciò è importante anche per quei pazienti che si recano per fare

la chemioterapia e quando entrano dentro il reparto sentono quegli odori, vedono

quella situazione e iniziano già a manifestare la nausea prima ancora di assumere il

chemioterapico. In quel caso potremmo ridurgli la nausea dandogli delle

benzodiazepine, al fine di fargli perdere il ricordo di quel primo momento.

• Azione anti-convulsivante, ad esempio, per trattare un bambino con crisi febbrili

(epilessia o convulsioni da febbre) dovremmo tenere in casa delle supposte di

Valium.

• Possono essere date come pre-anestetico operatorio e in certi casi direttamente

come anestetico (Ipnovel, cui principio attivo è il midazolam).

Pensiamo un attimo all'ansia, è un fatto estremamente normale e naturale, è normale che

voi veniate con l'ansia all'esame di farmacologia. Però l'ansia diventa qualche volta

patologica, è normale perché è qualcosa legata alla preparazione di un'azione, il tuo fisico

è proiettato verso l'azione, quasi come in uno stato di ansia da prestazione.

Diventa patologica quando si perde l'oggetto dell'ansia. Se ce l'ho, ma senza un oggetto

specifico che me la fa venire, allora c'è una componente patologica. Se esco di casa e mia

madre (86 anni lei e sulla soglia dei 60 io) mi dice "stai attenta ad attraversare la strada",

questo è un esempio di ansia ingiustificata, specie se non c'è nessuno per strada, non ci

sono pazzi in giro. È un'ansia senza oggetto.

Se sotto casa mia ci fosse una tangenziale, dove le macchine passano continuamente a 200

all'ora e lei mi dicesse "fai attenzione ad attraversare la strada" allora sarebbe un'ansia

giustificata.

L'ansia, qualcuno di voi lo saprà, ha dei sintomi fisici (somatici): tensione motoria,

ipervigilanza, tremori, tachicardia, palpitazioni, iperventilazione, disturbi

gastrointestinali.

Può avere poi dei sintomi psichici, che sono: senso di paura, attacchi di panico, crisi di

angoscia.

L'ansia è spesso associata alla depressione (disturbo distimico), agli attacchi di panico,

agorafobia e altre fobie, disturbi ossessivi-compulsivi, disturbi alimentari (anoressia e

bulimia) e della personalità.

In questi casi usiamo le benzodiazepine, però facciamo attenzione, voglio subito

premettere: nessuna patologia qui descritta, nessuna patologia psichiatrica ha

un'alterazione organica. È tutto psichico. Quella eccitazione di cui dicevamo prima

(aumento trasmissione eccitatoria o diminuzione della neurotrasmissione inibitoria), non è

la causa dell'ansia, ma è l'ansia (per tutti i motivi da cui è scatenata) che porta a delle

alterazioni organiche. La cura non è quella farmacologica (che è importantissima perché ci

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ferma i sintomi gravi), ma la cura è una e una sola: la psicoterapia.

Le malattie psichiatriche, secondo le linee guida internazionali, non si curano con i farmaci

(che sono sintomatologici) ma con la relazione umana, con psichiatri che fanno gli

psicoterapeuti.

Entriamo nella farmacologica, qui intanto vedete al volo altri disturbi del disturbo d'ansia

generalizzato: tachicardia, sudorazione, tremori, diarrea, urgenza urinaria, nausea,

vertigini, insonnia, iperattività.

Come facciamo a cercare di calmare l'ansia, a ridurre l'insonnia, lo stato di eccitazione

legato all'ansia o potenziare lo stato debole dell'inibizione?

Dove agiscono le benzodiazepine?

Potenziano il sistema di inibizione, rappresentato dal neurotrasmettitore GABA, questo va

a legarsi ad un recettore che si chiama GABA A, legato ad un canale ionico (collegato ad

uno ione cloro) e nel momento in cui la benzodiazepina si lega al suo recettore sul canale

GABA A del cloro, potenzia l'affinità del GABA per il suo recettore. Quindi entra più

cloro, e quando andrete a rivedervi il potenziale d'azione, saprete che se entra molto cloro

la membrana invece che depolarizzarsi si iperpolarizza e quindi si blocca la

neurotrasmissione. Quindi, in sostanza, le benzodiazepine potenziano il sistema inibitorio

aumentando l'affinità del neurotrasmettitore GABA per il suo recettore, iperpolarizzando

quindi la membrana e inducendo inibizione neurotrasmettitoriale.

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Un po' di esempi di benzodiazepine.

• A lunga durata d'azione (da uno a tre giorni): Clordiazepossido (Librium),

Diazepam (Valium), Clonazepam (Rivotril)

• A durata intermedia (10-20 ore): Alprazolam (Xanax), Lorazepam (Tavor),

Bromazepam (Lexotan), Flunitrazepam (Roipnol).

• A breve durata (3-8 ore): Triazolam (Halcion), Midazolam (Ipnovel), usato

(intramuscolo) per pre-medicazione prima degli interventi chirurgici oppure

endovena per le piccole operazioni o nel pre-intervento di piccole operazioni, come

gastroscopie, cistoscopie, broncoscopie, sedazione in terapia intensiva, induzione

dell'anestesia generale, mantenimento dell'anestesia.

Quindi, tra tutte le benzodiazepine, il midazolam è l'unica veramente ipnotica.

Per le azioni anti-convulsivanti il clonazepam (Rivotril) e il diazepam (rettale nei bambini),

per azione pre-anestetica e anestetica si usano il diazepam (Valium), lorazepam (Tavor),

midazolam (Ipnovel).

Per azione ipnotica, dipende dal tipo di insonnia, se quella da addormentamento o quella

da risveglio precoce. Per la seconda usiamo diazepam e lorazepam, visto che hanno una

durata d'azione intermedia lunga e presi prima di andare a dormire devono durarci tutta

la notte, per la prima invece ci serve una benzodiazepina che funzioni subito e che non

duri molto (visto che non soffro di insonnia da risveglio precoce) quindi il triazolam.

Se vogliamo un'azione mio-rilassante (non ci scordiamo che sono farmaci usati nelle

spasticità di persone affette da SLA, sclerosi multipla) si usa il diazepam, soprattutto nelle

acuzie (se c'è una grave contrazione. Negli attacchi di panico invece è molto usato

l'alprazolam (Xanax).

Vedete qui una diapositiva che fa un po' paura, vedete l'elenco delle varie benzodiazepine

con la loro emivita (il tempo di dimezzamento), ossia il tempo necessario a ridurre del

50% la concentrazione plasmatica del farmaco. Se dico che un farmaco ha un'emivita di 6

ore (come l'alprazolam), vorrà dire che in 6 ore la concentrazione si sarà dimezzata. Tanto

più lunga è l'emivita, tanto più lunga è la durata. Qui in questa diapositiva vedete tutti i

nomi delle benzodiazepine disponibili, però, una volta che ne ho presa una per os, prima

di entrare in circolo deve passare per il fegato, che la metabolizza, la deve trasformare in

un farmaco più idrofilo (per facilitarne l'eliminazione). Il fegato quindi crea dei metaboliti,

che possono essere inattivi (senza attività terapeutica) o attivi (con attività terapeutica), in

questi la molecola è stata trasformata e se il farmaco di partenza aveva una funzione,

questa viene mantenuta nel metabolita. Qui sono segnalati i t1/2 del farmaco, l'elenco dei

principali metaboliti attivi, il t1/2 del metabolita e la durata complessiva dell'effetto (visto

che ci sono 2 t1/2), che dev'essere lungo o corto. Per farvi capire quanto è importante il

metabolismo dei farmaci, guardate che stranezza (comune a quasi tutte le

benzodiazepine): la maggior parte di queste (ad esempio il flurazepam, Dalmadorm) ha

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un'emivita di 2/3 ore (quindi molto breve), passa per il fegato, si forma un metabolita

attivo che si chiama desalchilflurazepam che invece ha un'emivita di 40-100 ore. Quindi,

abbiamo una benzodiazepina di partenza con una breve emivita, ma che ha un

metabolita attivo dall'emivita molto lunga, una combinazione che porta ad una durata

complessiva dell'effetto del farmaco molto lunga. Il metabolismo epatico delle

benzodiazepine è molto importante (più di altri farmaci), perché spesso si formano

metaboliti attivi con un'emivita più lunga del composto di origine.

Per vostra curiosità, quando saprete che sarà uscita una nuova benzodiazepina, potrebbe

interessarvi sapere come si comporta il metabolita (se attivo), per sapere se il farmaco ha

una durata lunga o meno.

Il metabolismo epatico dipende dall'età (negli anziani è rallentato), eventuali epatopatie e

contemporanea somministrazione di altri farmaci. Se ci troviamo di fronte ad uno di questi

casi (anziano, persona con epatopatia ecc), è meglio dare una benzodiazepina che non

venga metabolizzata nella fase I. Il metabolismo dei farmaci si divide fondamentalmente

in fase I (dove si formano i metaboliti attivi e il farmaco viene reso più idrofilo) e fase II

(dove viene reso ancora più idrofilo, andando a coniugare con un'altra molecola che in

genere è l'acido glucuronico.

Quindi, ricapitolando, se anziani, persone con epatopatia o insieme ad altri farmaci, è

meglio usare benzodiazepine che non fanno fase I e vanno direttamente in fase II. In

questo senso quindi si usa il lorazepam (Tavor).

Gli effetti collaterali sono: sonnolenza (che è normale che ci sia), senso di affaticamento,

debolezza muscolare, vertigini (evidente a dosaggi elevati) e l'amnesia anterograda.

In caso di sovra-dosaggio: tremori, eruzioni cutanee, nausea, ipotensione, vertigini,

ritenzione urinaria, confusione, stipsi e diplopia. Se la sera ne prendo una perché non

riesco a dormire, al mattino rischio di avere cefalea, sensazione di malessere generale e

confusione. Mi sveglio rincoglionita, dovrebbe entrare in terminologia medica, esprime

perfettamente il concetto.

Vi potrebbe capitare in reparto un paziente in stato di agitazione, ansia o che deve fare

un'endoscopia a cui hanno dato una benzodiazepina, potreste vederlo che inizia a

piangere come un pazzo, o gli prende una forte euforia, agitazione, allucinazioni,

ostinazioni, parla e straparla, insomma, ci sono effetti paradosso. La maggior parte di

questi si osservano all'assunzione del Valium (diazepam).

Per la loro tossicità importante sono assolutamente contro-indicate in gravidanza, se mi

ritrovassi in intossicazione acuta da benzodiazepine avrei: profonda sedazione, sonno,

astenia muscolare dose/dipendente, ipotensione ortostatica, ipotermia, stato confusionale,

turbe del linguaggio.

Perché dovrei avere un'intossicazione? Tentativo di suicidio. Cosa potremmo fare per

risolverlo? Tenendo conto di cosa ci siamo detti la scorsa settimana in merito alla farmaco

dinamica?

Dare un antagonista. Per le benzodiazepine questo antagonista è il flumazenil (Anexate),

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viene somministrato per endovena, ma non è privo di effetti collaterali, se ne usiamo

troppo può portare ad agitazione.

Il flumazenil viene usato per l'interruzione dell'anestesia generale indotta e mantenuta con

benzodiazepine in pazienti ospedalizzati e ambulatoriali; annullamento della sedazione

benzodiazepinica in brevi procedure diagnostiche e terapeutiche in pazienti ospedalizzati

e ambulatoriali; neutralizzazione delle reazioni paradosse dovute alle benzodiazepine.

Quali sono le interazioni pericolose?

• Benzodiazepine e alcol. Sono una miscela micidiale, ed è quella maggiormente

utilizzata per i tentativi di suicidio. Se mi prendo due dita di vino ho una lieve

compromissione delle attività psicomotorie, ma se la quantità di alcol è alta allora

può sopraggiungere un'importante depressione respiratoria.

• Altro cocktail tremendo è quello composto da benzodiazepine e barbiturici (come

il fenobarbital o Gardenale), che sono anti-epilettici che una volta venivano usati

come ipnotici. Questo cocktail porta anche a depressione respiratoria.

• Se insieme alle benzodiazepine mettiamo antistaminici, antidepressivi,

neurolettici (anti-psicotici), analgesici oppioidi, anestetici, barbiturici ed etanolo

aumentiamo di molto la depressione del sistema nervoso centrale.

Ci sono poi due altri problemi: la tolleranza e la dipendenza.

Abbiamo parlato della tolleranza, dicendo che è quell'effetto che ad un certo punto si

perde e devo aumentare il dosaggio per ottenere lo stesso effetto di prima, ma la tolleranza

è anche uno degli effetti indotti dai farmaci, ad esempio: le benzodiazepine inducono

tolleranza rispetto all'effetto anti-convulsivante, se abbiamo un soggetto che sta

assumendo benzodiazepina per l'epilessia, gli do 10mg, per il concetto di tolleranza dopo

un po' di tempo dovrò aumentare la dose.

Per l'azione anti-convulsivante e quella ipnotica dobbiamo aumentare il dosaggio dopo

un po' di tempo, per l'effetto ansiolitico invece non succede quasi per niente, se mia madre

assume da anni il Tavor (lorazepam), perché ha l'ansia che io attraversi la strada e ne

prende 1mg la sera per tutte le sere, questo 1mg rimarrà tale per decenni, è sufficiente a

tenere a bada l'ansia e non è soggetto a tolleranza.

La dipendenza dalle benzodiazepine è sia fisica che psichica, se interrompo all'improvviso

rischio una sindrome da astinenza molto importante: stato di ansia, irritabilità, insonnia,

cefalea, nausea.

Ricordatevi una cosa fondamentale: mai interrompere di botto l'uso di benzodiazepine se

le stiamo assumendo da tanto tempo, il rischio di andare incontro ad una sindrome da

astinenza è elevatissimo.

Due suggerimenti: se il paziente sta assumendo una benzodiazepina a breve durata

d'azione allora passiamo ad una a lunga durata d'azione, perché tutte le molecole a breve

durata sono più rischiose in termini di astinenza. Il secondo suggerimento è passare ad

una formulazione a gocce, perché in questo modo, molto gradualmente, di settimana in

settimana (oppure ogni due), possiamo scendere ogni volta di una goccia fino ad annullare

del tutto il farmaco. I medici sanno che ci sono dei protocolli specifici da seguire se si

devono interrompere le benzodiazepine.

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Quando parliamo di depressione, questa la dobbiamo considerare come una psicosi

affettiva, lo accennavo prima, a differenza della schizofrenia (dove c'è freddezza,

anaffettività), le psicosi affettive sono depressione, la mania e il disturbo bipolare

(alternanza tra fase maniaca e fase depressiva).

Seguitemi nell'esempio: disturbi storicamente considerati come patologie del tono

dell’umore. Tono alto, tono basso, grazie agli antidepressivi alziamo il tono dell'umore. Il

concetto che è importante capiate è che non curano. Non cambia la qualità del pensiero,

porta su il tono dell'umore. Come una radio, se ne hai una di cattiva qualità, puoi alzare il

tono, ma rimane una radio che non funziona.

I farmaci anti-depressivi sono utilissimi, visto che ci sono forme depressive veramente

gravi (non quelle che passano con gli amici o la fidanzata, che non sono nemmeno

depressioni, ma problemi della vita), parliamo di quelle che ti impediscono di alzarti dal

letto e di fare qualsiasi cosa.

Anche qui, abbiamo sintomi psichici, come senso diffuso di melanconia e rallentamento

psicomotorio, aspetto infelice e triste, idee tristi, tetre e morbose, senso di colpa e peccato,

difficoltà a concentrarsi, linguaggio rallentato, pensieri suicidi.

Non mancano però anche sintomi somatici come insonnia, disinteresse sessuale, rifiuto del

cibo (anoressia) e stipsi ostinata.

Esistono depressioni secondarie, come in pazienti affetti da Parkinson, problemi endocrini,

internistici o iatrogeni.

La mania non è trattata con gli antidepressivi (si usano gli anti-maniacali) però la metto

qui per dirvi che ha una serie di manifestazioni opposte alla depressione. La strategia

farmacologica per curare questi sintomi è aumentare la concentrazione di tre

neurotrasmettitori (noradrenalina, serotonina e dopamina) a livello di sistema nervoso

centrale. La cosa incredibile è che non siamo ancora riusciti a trovare un farmaco ad azione

immediata. Le benzodiazepine hanno il loro effetto ansiolitico già dopo un'ora, mentre per

gli anti-depressivi capita di dover aspettare due o tre settimane per avere i primi effetti,

che sono un periodo troppo lungo per quei pazienti che stanno tanto male. Ad oggi le

strategie farmacologiche puntano nella direzione di trovare dei farmaci dall'effetto

immediato (oltre ad aumentare il livello dei neurotrasmettitori).

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Vediamo l'immagine, questa è la sinapsi, pre-sinapsi, post-sinapsi, recettori. Arriva

l'impulso, questi che vedete sono i nostri neurotrasmettitori rilasciati nella sinapsi, che si

vanno a legare al recettore e da lì si ha la trasmissione dell'impulso.

Supponiamo che questa sia noradrenalina o serotonina, una volta che questa è stata

rilasciata che fa?

Viene ri-captata, viene riportata dentro, perché nulla si spreca nel nostro organismo. In

merito alla depressione, vi avranno sicuramente detto (in maniera molto semplice e mi

vergogno di semplificare così una patologia grave) che se sei depresso è perché ti manca la

serotonina. È un'immagine che può funzionare, anche se la situazione è molto più

complessa, la strategia quindi è cercare di aumentare i neurotrasmettitori. Come facciamo

ad ottenere quel risultato con i farmaci? Come facciamo ad impedire che la serotonina

venga ri-captata? Chi è che la ri-capta?

Vedete questo tondino? È un recettore (non per davvero), ma è un ricaptatore, acchiappa il

farmaco e lo riporta dentro, come in un trasportatore. Quindi, gli anti-depressivi bloccano

questo trasportatore e così facendo i neurorecettori rimangono in circolo.

Quali sono i farmaci utilizzati?

I tri-ciclici (che sono i primi ad essere messi in evidenza): l'imipramina (Tofranil),

l'amitriptilina (Laroxil), la nortriptilina (Noritren), la clomipramina (Anafranil), qualcuno

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l'avrete sentito nominare.

Troviamo due principali classi di effetti collaterali: effetti anti-colinergici ed effetti cardiovascolari.

Gli effetti anti-colinergici (legati ad una riduzione dell'azione dell'acetilcolina) sono: secchezza

delle fauci, annebbiamento della visione, stipsi, ritenzione urinaria e glaucoma. Sono poi farmaci

che hanno effetti cardiotossici pericolosi (infatti vengono usati spesso in tentativi di suicidio) come:

tachicardia, ipotensione e aritmie cardiache. Anche sedazione, confusione, disturbi sessuali, nausea,

vomito, agranulocitosi (seppur raramente), problemi mestruali (rari ma gravi), rash cutanei e

aumento del peso corporeo.

Essendo gli anti-depressivi triciclici uno dei farmaci più usati nei tentativi di suicidio, il

paziente intossicato aspirante suicida ha tutta una serie di sintomi tipici dell'intossicazione

atropinica (o intossicazione da acetilcolina). Allora, siccome questi farmaci sono tanto

tossici e pericolosi, dare in mano un farmaco così ad un paziente depresso (che già ha

tendenze suicide) non è una cosa facile. Quando nei primi anni 80 è uscito il primo

farmaco antidepressivo (che non aveva questi gravi effetti collaterali), che molti di voi

conoscono, cioè il Prozac, chiamato anche la pillola della felicità (una cosa da pazzi ma

tant'è). Il Prozac o fluoxetina, capostipite della classe dei farmaci, è un inibitore selettivo

solo della ricaptazione della serotonina. Mentre i triciclici inibiscono la ri-captazione di

serotonina, noradrenalina e dopamina (sono a largo spettro), il Prozac agisce solo sulla

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prima. Ha meno effetti collaterali (non ti ci suicidi) e quindi sono farmaci di prima scelta

per il trattamento della depressione, fermo restando che ci vanno sempre tra le due e le

quattro settimane prima che facciano effetto.

Molti pazienti poi non vogliono prenderli perché portano a tanti problemi sessuali, perdita

della libido, eiaculazione precoce. Oltre a questi portano a diversi problemi gastrici,

soprattutto la nausea. Però sono effetti che vanno incontro a tolleranza, quindi comunque

dopo un po' quella nausea non l'avrai più. Oltre alla fluoxetina, sono importanti anche: la

fluvoxamina, la paroxetina (Sereupin), la sertralina (Serad, Zoloft), il citalopram

(Elopram, Seropram) e l'escitalopram (Cipralex, Entact).

Con gli anti-depressivi inibitori selettivi della ri-captazione della serotonina non bisogna

mai usare farmaci che aumentino troppo la serotonina, perché potremmo scatenare una

sindrome serotoninergica, che è una brutta sindrome che include: irrequietezza, mioclonie,

sudorazione, convulsioni tonico-cloniche e coma.

I farmaci anti-psicotici vengono utilizzati nel trattamento della schizofrenia , ma anche per

il delirio, nelle demenze con effetti psicotici, nella mania (insieme ad altri farmaci che

stabilizzano l'umore) e nella depressione "sporca", talmente grave con spunti psicotici.

Gli anti-psicotici neurolettici ("che tengono a freno") hanno effetti potenzialmente anti-

emetici (anti-vomito), anti-staminici, potenzialmente analgesici, possono essere utilizzati

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per le allucinazioni alcoliche, per la sindrome di Tourette, per la Corea di Huntington, per

il singhiozzo ostinato. Quali sono i sintomi della schizofrenia?

• Sintomatologia positiva (che si manifesta e non dovrebbe essere presente): perdita

di contatto con la realtà, idee persecutorie, idee false, idee di grandezza,

allucinazioni, comportamento bizzarro.

• Sintomatologia negativa (caratteristiche che dovrebbero essere presenti ma non ci

sono): inespressività facciale, voce monotono, mancanza di piaceri, apatia,

riduzione delle parole e del contenuto.

Con il tempo la schizofrenia può peggiorare e possono comparire anche disturbi cognitivi,

come: problemi di attenzione e concentrazione, problemi di apprendimento e memoria,

problemi nei comportamenti esecutivi.

Qual è il fulcro della sintomatologia? Non la causa, ma la manifestazione della patologia.

In una iperattività del sistema dopaminergico, quindi la strategia sarà ridurre la

dopamina.

Diamo quindi farmaci antagonisti del recettore della dopamina. Questi però non agiscono

solo sulla dopamina (che è il principale), ma anche su serotonina, acetilcolina, istamina e

noradrenalina.

Dobbiamo distinguere tra i farmaci più tipici, che agiscono principalmente sui sintomi

positivi, la cui capostipite è la clorpromazina (Largactil). Altro importante farmaco è

l'aloperidolo (Serenase o Aldol). Questi li vedrete sicuramente molto utilizzati. La

clorpromazina ha una forte azione sedativa, è la prima camicia di forza che abbiamo a

disposizione, se arriva un paziente in DEA con agitazione psicomotoria e spacca tutto,

possiamo agire con un farmaco che abbia un'azione sedativa e faccia crollare il paziente. Se

invece il paziente arriva calmo calmo e ti dice che si chiama Sergio Mattarella, allora

dobbiamo agire con un antipsicotico come l'aloperidolo. La clorpromazina è più indicata

per l'azione psicomotoria, l'aloperidolo più per le allucinazioni (ha anche una buona

azione con il singhiozzo irrefrenabile, contro nausea e vomito gravi e per il trattamento

della sindrome da astinenza da alcol), anche se è vero che come medici abbiamo a

disposizione farmaci più specifici.

Gli effetti collaterali, dovuti al sovradosaggio sono: il rischio di mimare il Parkinson (ho il

Parkinson? Manca la dopamina), se blocco i recettori dopaminergici osservo il

parkinsonismo e discinesie varie, oltre ad un aumento della prolattina, sedazione,

sonnolenza, ipotensione posturale e a volte il prolungamento del QT

nell'elettrocardiogramma. Perché osservo sonnolenza?

Perché abbiamo detto che oltre ad agire sui recettori dopaminergici agisce anche sugli

istaminergici e sui noradrenergici, per questo poi arriva l'ipotensione posturale.

Ci sono anche farmaci anti-psicotici atipici, questi agiscono anche sulla sintomatologia

negativa.

Tra questi il più importante è la clozapina, ma abbiamo anche l'olanzepina, il risperidone,

la quatiepina e l'aripiprazolo.

Hanno tutti gli effetti collaterali degli anti-psicotici tipici, ma senza parkinsonismo o

disturbi motori (effetti extrapiramidali). Possono però portare a sindrome metabolica,

quindi obesità, riduzione HDL-Colesterolo, aumento trigliceridi, ipertensione,

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iperglicemia e resistenza all'insulina.