File creato da Costanza Marsella e Giorgio Sforza ... · File creato da Costanza Marsella e Giorgio...
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File creato da Costanza Marsella e Giorgio Sforza
FARMACOLOGIA
Il FARMACO o PRINCIPIO ATTIVO viene definito come sostanza in grado di indurre variazioni funzionali
nell’organismo. Il farmaco diventa medicamento quando a giuste dosi determina variazioni:
• Profilattiche;
• Terapeutiche
• Diagnostiche (es. radiofarmaci).
L’Aifa (agenzia italiana del farmaco) definisce il farmaco come una sostanza o un’associazione di sostanze
impiegata per curare o prevenire le malattie. È composto da un elemento, il principio attivo, da cui dipende
l’azione curativa vera e propria, e da uno o più “materiali” privi di ogni capacità terapeutica chiamati
eccipienti che possono avere la funzione di proteggere il principio attivo da altre sostanze chimiche,
facilitarne l’assorbimento da parte dell’organismo, oppure mascherare eventuali odori o sapori sgradevoli del
farmaco stesso.
L’eccipiente dunque è una forma di protezione. Il farmaco può diventare tossico o veleno quando causa
variazioni letali per l’organismo per:
• Elevate dosi
• Particolari condizioni fisiopatologiche in cui si trova il paziente.
Il farmaco può essere definito attraverso:
• Nome chimico
• Nome generico
• Nome ufficiale
• Nome commerciale
Noi dobbiamo conoscere il principio attivo, il nome commerciale non è utile, o meglio, è utile conoscere il
nome commerciale, ma dobbiamo sapere qual è il principio attivo anche in relazione al fatto che il medico, in
virtù della Legge 7 agosto 2012 n. 135 deve prescrivere il nome del principio attivo. Non deve
prescrivere il nome brandizzato bensì il principio attivo e medicinali equivalenti.
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Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo
episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, indica
nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la denominazione del principio attivo contenuto nel
farmaco oppure la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo
accompagnato dalla denominazione di quest’ultimo” …
Il medico sul foglietto rosa del SSN prescrive il nome brandizzato, ma deve per legge scrivere il nome
del generico e solo il generico sarà rimborsato dal SSN. Questi generici non hanno più un nome
commerciale, ma un nome di principio attivo.
I farmaci generici sono uguali ai farmaci brandizzati? Le case farmaceutiche comprano il brevetto del
principio attivo, ma non il brevetto degli eccipienti. La casa farmaceutica deve quindi veicolare il
principio attivo attraverso gli eccipienti. Questi ultimi non solo proteggono il farmaco da sapori e odori
sgradevoli ma ne modificano l’assorbimento e allora, cosa importantissima, il farmaco generico deve
avere la stessa composizione in termini quantitativi dell’originale (detto medicinale di
riferimento), stessa forma farmaceutica e via di somministrazione .
Qui vediamo ad esempio l’atenololo, che è un beta bloccante:
Gli eccipienti invece sono diversi e siccome sono diversi vi deve essere una bioequivalenza tra i due
farmaci. Due farmaci sono bioequivalenti quando con la stessa dose i loro profili di concentrazione nel
sangue rispetto al tempo sono così simili che è improbabile possano produrre differenze rilevanti negli
effetti di efficacia e sicurezza.
In realtà nella pratica clinica di tutti i giorni ci sono soggetti per cui il generico non fa effetto e q uesto
secondo me perché questi studi di bioequivalenza non riescono ad eliminare le differenze. Vi faccio un
esempio. Per molti farmaci ci si riesce – ed è vero per la maggior parte dei farmaci – mentre per molti
altri non è possibile.
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Il farmaco entra nell’organismo attraverso la somministrazione, passa nel nostro organismo e c’è poi
un’eliminazione del farmaco, ma cosa succede quando il farmaco arriva nel nostro organismo? Da una
parte dobbiamo pensare a come il corpo agisce sul farmaco, e questo processo si chiama
farmacocinetica, ma dall’altra parte c’è anche come il farmaco agisce sul nostro corpo, sulle funzioni
del nostro corpo come fa per esempio nel ridurre la temperatura corporea la tachipirina e questa
branca della farmacologia si chiama farmacodinamica.
Naturalmente il farmaco una volta somministrato deve entrare nella circolazione sistemica. Il passaggio
dalla dose somministrata al farmaco che entra nel circolo sanguigno viene definito assorbimento.
L’assorbimento del farmaco è il passaggio dal sito di somministrazione alla circolazione
sistemica. Il farmaco, una volta che si trova nella circolazione sistemica, circola negli organi e si deve
distribuire nei tessuti. Dopo l’assorbimento e il passaggio tramite il plasma, il farmaco viene
distribuito. Quando il farmaco che è nel sangue arriva in un organo specifico come fegato, reni,
intestino, polmoni viene metabolizzato, ovvero modificato. Metabolismo vuol dire cambiamento di
qualcosa. E poi viene eliminato. Questa fase viene definita metabolismo ed eliminazione.
Le quattro fasi della farmacocinetica sono:
1. Assorbimento
2. Distribuzione
3. Metabolismo
4. Eliminazione
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Il farmaco oltre a fare tutto ciò arriva dove deve arrivare, ad esempio all’ipotalamo e fa ridurre la
temperatura, arriva al sito d’azione, ma in questa fase parliamo di farmacocinetica mentre quando
parliamo dell’effetto farmacologico del farmaco che dà una risposta clinica sia di tossicità che di
efficacia, quest’altra parte la definiamo farmacodinamica.
La farmacocinetica è l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo, biotrasformazione e
l’eliminazione.
Iniziamo a vedere che questi quattro processi si svolgono in un certo periodo di tempo e questi
processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione controllano:
1. La Velocità di inizio dell’azione di un farmaco
2. L’Intensità del suo effetto
3. La Durata del suo effetto
Facciamo un esempio. Se io prendo un farmaco per via orale dovrà passare dallo stomaco, sarà
assorbito dall’intestino, entrare nella circolazione sistemica. Se lo riverso direttamente nel sangue avrò
saltato la fase di assorbimento nell’intestino dunque la via endovenosa è più rapida della via orale .
Questi processi farmacocinetici danno importanti indicazioni su intensità e durata.
Le vie di somministrazioni sono:
• Enterali: orale e rettale
• Parenterali: tutte le vie tranne l’orale e la rettale.
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Più
specificatamente
possiamo
distinguere le vie
di
somministrazione
naturali cioè
quelle che
sfruttano gli
accessi naturali
del corpo e quelle
artificiali.
L’assorbimento è
il processo per
mezzo del quale
un farmaco passa
dal sito di
somministrazione
al plasma.
All’interno del
plasma vi è il 90-
95% di acqua. Il
farmaco viaggia
quindi nel plasma.
Qui vediamo
diversi siti di
somministrazione, vedete le fasi di assorbimento, distribuzione e metabolismo.
Supponiamo io stia facendo la
intravenosa. Il farmaco va direttamente
nel plasma e, in seguito, a distribuirsi. Il
farmaco che è nel plasma, come
vedete, è in equilibrio con tutti i tessuti.
È in equilibrio con i reni, dove poi può
essere eliminato, con il fegato, dove
poi è metabolizzato cioè modificato e
poi dal fegato può andare ai reni. È in
equilibrio con l’intestino, la pelle, il
muscolo, il cervello. Quando lo do per
via orale passa dallo stomaco
all’intestino e, dall’intestino, attraverso
il sistema portale al fegato in cui
avviene un’ampia modificazione del
farmaco e dal fegato può arrivare ai
reni ed essere eliminato. Tanto ce n’è nel plasma, tanto nel fegato; si riduce nel plasma, si riduce nel fegato, è
sempre questione di equilibrio.
Il farmaco può essere dunque eliminato certamente attraverso urine e feci, attraverso la saliva e il latte -
alcuni trattamenti farmacologici non possono essere fatti durante l’allattamento- e l’aria espirata.
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Come fa il plasma a passare all’interno della cellula? Le tappe della farmacocinetica sono regolate da tutti i
meccanismi dei passaggi di membrana. Questa è la nostra membrana plasmatica, che è un doppio strato
fosfolipidico, con le teste idrofiliche che sono all’interno e all’esterno del doppio strato e le code idrofobiche.
E poi vi sono tutte le varie proteine di membrana. I farmaci possono passare le membrane attraverso
diffusione passiva, diffusione facilitata e trasporto attivo. Naturalmente se abbiamo un farmaco che ha
un valore, un peso molecolare superiore a 100 dalton, è difficile che possa diffondere mediante diffusione
passiva ed allora bisogna pensare che molti di questi farmaci debbano essere trasportati. Per diffondere
attraverso la cellula questo farmaco deve avere un certo grado di idrofilia che è sufficiente a tenerlo in
soluzione nei liquidi acquosi, negli interstizi, e, al contempo, un certo grado di lipofilia in modo che
possa attraversare la membrana cellulare. I farmaci in generale sono acidi e basi deboli e quindi
naturalmente possiamo trovarli, a seconda del PH del nostro organismo, o in una forma ionizzata, dissociata
e quindi idrosolubile o in una forma non ionizzata, liposolubile.
Il pH dell’ambiente è fondamentale, ma lo è anche il pK della molecola cioè il pH alla quale la molecola si
trova in forma dissociata al 50%. Un farmaco modifica la sua penetrabilità in relazione al pH che trova e qui
accenno subito ad una cosa che può esservi utile clinicamente: se ho un farmaco liposolubile, a un certo
punto sarà difficile eliminarlo con le urine. Come faccio a fare in modo che quel farmaco liposolubile che si
trova in forma non ionizzata possa essere eliminato? Posso modificare il pH delle urine e rendere le urine ad
esempio nel caso di un farmaco lipofilo acido, alcalinizzare le urine. E allora cambiando il pH il farmaco può
essere eliminato. Possiamo quindi modificare l’assorbimento o l’eliminazione di un farmaco modificando il
pH in cui si trova.
Tenendo presente che le membrane cellulari sono formate da un doppio strato lipidico, solo il farmaco
indissociato sarà in grado di passare all’interno della cellula. Solo la quota di farmaco liposolubile è in grado
di passare all’interno della cellula.
Portiamo ora la nostra attenzione su questa diapositiva.
Consideriamo la somministrazione orale. A livello dello
stomaco il farmaco viene leggermente assorbito. Viene
assorbito molto a livello dell’intestino per via dell’amplissima
rete capillare che porta alla vena porta la quale entra a livello
del fegato. Con una somministrazione orale il farmaco viene
assorbito a livello dell’intestino e arriva al fegato in cui
succedono una serie di cose importanti che vedremo,
fuoriesce, va in vena epatica e in vena cava da cui si rende
disponibile alla circolazione sistemica.
La maggior parte del farmaco somministrato per via rettale
entra direttamente in vena cava attraverso il ritorno venoso
rettale e in piccola parte nell’intestino.
Se faccio una somministrazione sublinguale invece c’è
direttamente l’ingresso in vena cava attraverso il ritorno
venoso dalla cavità buccale.
I farmaci assorbiti a livello intestinale, arrivati al fegato, il
farmaco viene catturato e quindi solo una parte del farmaco
che noi abbiamo introdotto arriva in vena porta. Se qui ho
somministrato 100mg entrano più o meno 80mg poiché non
riusciamo ad assorbire tutto il farmaco, 80mg entrano nel fegato e quando entrano nel fegato ne fuoriescono
20mg poiché c’è un fenomeno chiamato effetto di primo passaggio epatico.
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I farmaci assorbiti a livello intestinale, passano attraverso il fegato, l’organo principale di metabolizzazione,
prima di poter giungere alla circolazione sistemica. Nel passaggio intestinale e soprattutto in quello epatico
una quota variabile del farmaco viene catturata e si può ridurre in modo significativo la quota di farmaco che
passerà alla vena cava (si riduce la quota BIODISPONIBILE).
La biodisponibilità del farmaco è la percentuale della dose somministrata che effettivamente entra
nella circolazione sistemica.
Questa percentuale della dose somministrata che
entra effettivamente nella circolazione sistemica
vi entra in una forma chimica immodificata
metabolicamente attiva.
Cosa ci dice questo concetto di biodisponibilità?
Se la via di somministrazione scelta è valida o no,
in confronto all’endovenosa che ha una
biodisponibilità del 100%. Alcuni farmaci non
possono essere somministrati per via orale poiché
hanno una biodisponibilità molto bassa.
In questa diapositiva vedete cosa succede
nell’assorbimento orale.
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I fattori che determinano l’assorbimento dei farmaci dall’intestino sono:
• Dissoluzione
• Proprietà fisico-chimiche del farmaco
• Eccipienti
• Formulazioni speciali (a rilascio prolungato, orali rivestite ecc)
• pH (stomaco ed intestino tenue)
• Velocità di svuotamento gastrico
• Cibo
• Motilità intestinale
• Interazioni tra farmaci nel lume intestinale
• Passaggio attraverso la parete intestinale
Alcuni farmaci ad esempio non possono essere assunti a stomaco pieno o con particolari cibi.
L'aumento del pH può accelerare lo svuotamento gastrico a digiuno
• Per ridurre gli effetti dell’acidità e gli effetti di alcuni cibi, i farmaci dovrebbero idealmente essere
somministrati 1 ora prima o 2 ore dopo i pasti
• L'esercizio fisico può rallentare lo svuotamento gastrico
• La posizione coricata sul fianco sinistro rallenta lo svuotamento gastrico
Le diverse vie di somministrazione hanno ovviamente sia vantaggi che svantaggi.
Si tratta di una via di somministrazione molto più sicura dell’endovenosa poiché se ci sono degli effetti
collaterali sicuramente siamo un po’ più tranquilli. Se aumento il pH dello stomaco, si può accelerare lo
svuotamento gastrico a digiuno.
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La via sublinguale è molto impiegata per farmaci per patologie venose come la nitroglicerina. Entra
direttamente in vena cava. La via sublinguale conserva tuttavia un’incertezza del dosaggio per via di
situazioni di irritazioni della cavità buccale sicché non è detto che sia assorbito nella stessa maniera tra un
paziente e l’altro. La via rettale è utilissima in pediatria e per pazienti che hanno alterazioni gastroenteriche,
ma il problema è che l’assorbimento è abbastanza erratico. Immaginate ad esempio le emorroidi, o delle
ragadi: a quel livello non sappiamo più se il dosaggio sia corretto o meno. La via inalatoria ha un
assorbimento rapidissimo, vi sono numerosi anestetici somministrati in tale modo, utili anche in caso di
emergenza. D’altra parte, ha lo svantaggio di richiedere un applicatore e nebulizzatore ed è irritante.
La via endovenosa conserva un grosso vantaggio: per le terapie d’urgenza, soprattutto somministrate in bolo,
è immediato. L’effetto è in infusione totalmente modulabile, il dosaggio è certo, possiamo somministrare
anche grandi volumi per lunghi periodi. Gli svantaggi sono da tenere sempre in considerazione. Ad esempio,
per quanto concerne i chemioterapici vi è il problema della tossicità da stravaso.
Ci sono farmaci, i cosiddetti farmaci depot, che somministriamo e che poi vengono rilasciati nel tempo ,
ma con la via intramuscolare non posso somministrare grandi volumi, al massimo 5ml. Nella via
sottocutanea abbiamo una rapidità di assorbimento maggiore della via orale e possiamo rilasciarvi
preparati a rilascio controllato. La via transdermica è utile per farmaci particolarmente liposolubili e
molto utilizzata per tutte le somministrazioni occlusive cioè somministriamo attraverso un massaggio
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del farmaco sulla cute e poi facciamo un bendaggio. In tal modo si accelera l’assorbimento. In tal modo
tuttavia l’assorbimento sistemico è ritardato e vi può essere una sensibilizzazione cutanea. La
raccomandazione è di spostare il sito di tanto in tanto. Vi si somministrano analgesici importanti, come
ad esempio gli oppioidi, somministrati con cerotti sostituiti in genere ogni 72h e si tende a spostare la
zona di applicazione per evitare la sensibilizzazione cutanea.
Abbiamo parlato dell’assorbimento , ma abbiamo detto che il farmaco entra a livello del plasma. Il
farmaco è libero o si lega a qualcosa? Si lega a delle proteine plasmatiche e il legame alle proteine
plasmatiche varia in una percentuale diversa a seconda dei farmaci. Se il farmaco è basico è legato
alla glicoproteina acida alfa uno , mentre invece se sono farmaci acidi vengono legati
dall’albumina. Quindi assorbimento, passaggio a livello del plasma, quando arriva nel plasma si lega a
delle proteine. Poi dal plasma deve fuoriuscire ed andare a distribuirsi. Se è legato come fa? Solo la
parte libera è in grado di attraversare gli endoteli dei capillari sanguigni ed arrivare ai tessuti. Solo il
farmaco libero passa l’endotelio e quindi può distribuirsi, arrivare ai siti di azione.
Le proteine plasmatiche rappresentano un serbatoio.
Minore è il legame del farmaco alle proteine
plasmatiche, maggiore sarà la quantità
disponibile per l'effetto, ma anche per la sua
eliminazione. Maggiore è il legame, minore la
quantità di volta in volta disponibile per
l'effetto e per l'eliminazione; quindi una più
lunga durata dell'effetto.
L’ipoalbunimia (epatopatia, sindrome
nefrosica, ecc.) altera la farmacocinetica dei
farmaci che sono altamente legati alle proteine
plasmatiche, con potenziali rischi tossici .
Di ciascun farmaco abbiamo una scheda
tecnica. Tenete a mente due siti importanti in
cui visualizzare la scheda tecnica: la banca dati
AIFA in cui possiamo scrivere o il nome
commerciale o il nome del principio attivo ed
abbiamo anche informazioni sulla cinetica e la
dinamica. Il legame alle proteine è importante
conoscerlo poiché ci dà un’informazione
importantissima sulla durata dell’effetto del
farmaco.
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Seconda lezione
Distribuzione
Una volta che il farmaco è passato dal plasma all’endotelio e dunque entrato nella circolazione
sistemica andrà a distribuirsi ai tessuti ed agli organi. Per capire come si distribuisce questo farmaco e
dove si distribuisce dobbiamo affrontare il concetto di volume di distribuzione cioè in che volume si
distribuisce questo farmaco. È importante conoscere questo valore per capire se è un farmaco che resta
confinato a livello del plasma o esce dal plasma entra nei tessuti , ma resta negli interstizi oppure se un
farmaco è così tanto lipofilico da attraversare il doppio strato fosfolipid ico ed entrare a livello
intracellulare.
Volume di distribuzione
Anzitutto lo standard di riferimento è un uomo adulto di 70kg con un buon rapporto tra massa
muscolare e massa magra.
In tal caso il soggetto in questione ha 42 litri di liquidi distribuiti in tal modo:
• 4 litri nel plasma;
• 10 litri nel liquido interstiziale o extracellulare;
• 28 litri volume intracellulare (citosol).
Si considera questo modello di un buon equilibrio tra massa magra e massa grassa, 70 kg di peso, ed i
farmaci vengono testati in base a questo modello. Il nostro farmaco, che si distribuirà in questo
compartimento, si distribuirà in maniera diversa se ho ad esempio un pannicolo adiposo maggiore. Se
il farmaco è lipofilico si accumulerà nell’adipe, ad esempio. Se abbiamo dinanzi un soggetto obeso, la
distribuzione cambierà così come se abbiamo dinanzi un soggetto estremamente magro , ma in linea di
massima questo è il nostro termine di paragone.
La distribuzione del farmaco cambierà a seconda delle sue caratteristiche. Anzitutto il volume del
plasma, il volume extracellulare ed il volume intracellulare sono 42 l e in generale possiamo dire che
14l corrispondano alla somma del compartimento extracellulare e plasmatico. Se un farmaco ha un
volume di distribuzione di 14 litri, ciò vorrà dire che resterà tra plasma e liquido extracellulare . Se un
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farmaco ha un volume di distribuzione 42l, si è andato a piazzare ovunque. Farmaci molto liposolubili
entrano nelle cellule e quindi si andranno a distribuire nel liquido intracellulare. I farmaci ionizzati che
non hanno una lipofilia, restano a livello del fluido extracellulare e quindi avranno un volume di
distribuzione intorno ai 10 l. I farmaci molto legati alle proteine plasmatiche oppure quelli con un alto
peso molecolare che non riescono a passare l’endotelio - come l’eparina - avranno un volume di
distribuzione plasmatica di 4l.
Quando il farmaco si è distribuito, la quantità di farmaco SOMMINISTRATA si sarà SUDDIVISA tra il
PLASMA e i compartimenti EXTRAPLASMATICI (cioè volume intracellulare e volume extracellulare).
Il volume di distribuzione del farmaco è un valore apparente (si parla quindi di volume di
distribuzione apparente, VDA) poiché naturalmente noi abbiamo considerato il corpo come suddiviso
in quattro compartimenti, ma la realtà è diversa. Viene chiamato apparente anche perché vi sono
farmaci che, se seguiamo la formula che vedremo tra poco, hanno un volume di distribuzione superiore
a 42 litri. Ora spiegheremo com’è possibile che accada questo. Lo chiamiamo dunque volume di
distribuzione apparente poiché non vi è sempre una corrispondenza con questa massima quantità di
liquidi di 42l.
Il volume di distribuzione apparente esprime il volume in cui si è distribuito un farmaco e ci
informa sulla capacità di diffusione e penetrazione dei farmaci nei vari organi e tessuti
dell’organismo. Si dice “apparente” in quanto non sempre corrisponde al reale volume di liquidi
presente nell’organismo.
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Come si calcola?
Dopo aver dato una certa quantità di farmaco ad un paziente, si fa un prelievo e si valuta la
concentrazione plasmatica del farmaco, ad un tempo più o meno 0. Il rapporto tra la quantità di
sostanza somministrata e la concentrazione plasmatica del farmaco dosata dopo l’assunzione, mi darà
il volume apparente di distribuzione. Facciamo un esempio: somministriamo 28mg di un farmaco
qualsiasi. Facciamo un prelievo, la concentrazione plasmatica è di 2mg/l. Il volume apparente sarà 14l
che ci dice che il farmaco è distribuito nel plasma e nel compartimento extracellulare quindi ha basso
volume di distribuzione, non è largamente diffuso.
Altra informazione importante che ci tiriamo fuori: se avessi somministrato 30mg, verrebbe 15 che non
è 14 ma ci fa inquadrare più o meno dove sta. L’eparina si dà per rendere più fluido il sangue quindi è
bene che non penetri. Se infatti valuto il volume apparente dell’eparina, espresso come litri/chilo avrò
che (altra cosa, quando leggiamo la scheda tecnica del farmaco troviamo il dato espresso in litri/chilo.
Per avere un’idea dobbiamo moltiplicare il valore per 70, il nostro modello di riferimento) avremo 3.5
litri.
Il Depakin è un farmaco che utilizziamo come antiepilettico ed anche nel disturbo bipolare. In tal caso il
farmaco rimane nel compartimento extracellulare. Se consideriamo il Fenobarbital (un barbiturico),
deve penetrare all’interno del sistema nervoso centrale e, per espletare un’azione di questo tipo, è
inevitabile che sia diffusamente distribuito a penetrare le cellule.
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Esistono farmaci che hanno VAD> 42 litri? La risposta è sì . Un valore così alto indica che il farmaco
si concentra in un tessuto che funge da deposito. Se ad esempio ho un farmaco lipofilo ed un paziente
obeso, questo farmaco è tendenzialmente ancorato dal tessuto adiposo che ci fa da attrattore. Siccome
quando viene distribuito viene attratto dal tessuto adiposo, scompare dal plasma quindi al
denominatore avrò un valore molto piccolo, ed un rapporto con al denominatore un numero molto
piccolo darà un valore molto grande. Abbiamo dunque valori di distribuzione così elevati perché nel
plasma ne resta molto poco di farmaco. Un valore superiore ai 42 litri ci dice quindi che il farmaco si
concentra in un tessuto che funge da deposito.
Esempio: Clorpromazina (Largactil) = 21 litri/kg x 70 kg = 1470 litri (si tratta di un sedativo per pazienti
in agitazione psicomotoria)
Questo è importante saperlo soprattutto quando si accumula: il nostro tessuto ad esempio adiposo che
lo ha accumulato, lo cederà gradualmente per equilibrio di massa. Una cosa che viene ad essere molto
concentrata da una parte e poco concentrata dall’altra dovrà, per il principio di massa, riequilibrarsi.
Questo tessuto adiposo che concentra questo farmaco piano piano lo cede e quindi dobbiamo
aspettarci che un grande volume apparente di distribuzione significa che questo farmaco rimarrà molto
più tempo in circolo.
La DISTRIBUZIONE DI UN FARMACO DIPENDE IN GRAN PARTE DA:
• liposolubilità
• flusso ematico locale: ci sono organi ad elevato flusso ematico (SNC, cuore, fegato che
rapidamente vengono attraversati dal flusso sanguigno e organi a lento flusso ematico come
muscoli, pelle, tessuto adiposo dove il flusso ematico è molto scarso)
• legame alle proteine plasmatiche
• struttura dei capillari: la permeabilità capillare passa da situazioni come i sinusoidi epatici, la
milza ed il midollo osseo dove la penetrazione è totale a situazioni dove la permeabilità
capillare è ridotta per via della conformazione, come nel caso della barriera emato-encefalica.
• barriera emato-encefalica
Se un farmaco deve passare la barriera emato-encefalica deve avere delle caratteristiche particolari
poiché viene immediatamente bloccato: una serie di fattori possono influenzare la distribuzione di un
farmaco.
Condizioni che influiscono sul grado di distribuzione di un farmaco
• Età
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Neonato: l'elevata percentuale di acqua corporea (75-80%) e la bassa percentuale di tessuto adiposo
possono influenzare la distribuzione di certi farmaci. Inoltre, la quantità e la capacità legante
dell'albumina neonatale è minore rispetto all'adulto e la quota libera di alcuni farmaci, quali penicilline,
fenitoina, fenobarbitale, può essere aumentata.
Anziano: L’acqua corporea totale diminuisce, mentre la percentuale di tessuto adiposo aumenta.
Nell'anziano è spesso presente una riduzione dei livelli di albumina ed un aumento dell'α1-
glicoproteina acida. Il paziente ha un affaticamento della funzione epatica.
• Malattie epatiche croniche (ipoalbuminemia)
• Insufficienza renale (ipoalbuminemia)
Esiste una relazione tra la concentrazione plasmatica di un farmaco e il volume apparente di
distribuzione? Tanto più è grande la concentrazione plasmatica di un farmaco, tanto più è piccolo il
suo volume apparente. Tanto più è grande il volume apparente di distribuzione, tanto più è piccola la
sua concentrazione plasmatica. Quando c’è un’alta concentrazione plasmatica per un piccolo volume
apparente di distribuzione non possiamo che ricondurre ciò a farmaci idrosolubili o di grandi
dimensioni che rimangono nel compartimento plasmatico. All’estremo opposto ci sarà una bassa
concentrazione plasmatica poiché sono farmaci liposolubili che andranno a depositarsi.
Metabolismo
Lo xenobiota viene metabolizzato per poterlo eliminare. Il metabolismo del farmaco è dovuto al fatto
che c’è una reazione del nostro organismo che tende a modificare il farmaco per poterlo eliminare. Il
metabolismo dei farmaci avviene principalmente nel fegato. Altri organi di metabolizzazione sono:
• Reni
• Muscoli
• Polmoni
• Intestino
La maggior parte dei farmaci sono metabolizzati a livello epatico ed è questa la ragione per cui un
soggetto affetto da epatopatie ha problemi nell’eliminazione dei farmaci poiché non riesce a
modificarli per poi renderli eliminabili. Vediamo di capire come fa a modificarli. Anzitutto il
metabolismo epatico è l’espressione difensiva dell’organismo verso l’invasione di sostanze estranee.
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Ha lo scopo di TRASFORMARE i FARMACI LIPOSOLUBILI in MOLECOLE IDROSOLUBILI e quindi
FACILMENTE ELIMINABILI. O se il farmaco è già sufficientemente idrosolubile lo rende maggiormente
idrosolubile per eliminarlo. Il metabolismo epatico, in conclusione, prende la molecola del farmaco cui
è esposto, “riconosce” la sua liposolubilità e tanto più è liposubile tanto più lo modificherà per renderlo
idrosolubile poiché deve essere eliminato
attraverso le urine.
Il farmaco lipofilo se non venisse metabolizzato
dal fegato, arrivato al livello del rene, proprio
perché lungo il nefrone ed il lume del nefrone
abbiamo urina, un farmaco lipofilo viene
riassorbito e non viene mai eliminato. Il fegato
deve modificarlo, portarlo a divenire un
metabolita idrofilo che poi diviene facilmente
eliminabile.
Il metabolismo di un farmaco a livello epatico
consta sostanzialmente di due fasi:
1. Aggiunta o smascheramento di
gruppi –OH, -NH2, -SH che rendono il composto
più polare.
Questi sono gruppi idrofilici, hanno ioni idrogeno che possono liberare. Se alla molecola aggiungo o
tolgo qualcosa e smaschero gruppi polari, idrofilici, ho già fatto un’operazione importante.
2. Questo non è sufficiente poiché per molti farmaci nonostante l’aggiunta o smascheramento
di gruppi idrofilici, non basta. In questa fase il farmaco viene coniugato ad una molecola
grande polare che, in generale, è l’acido glucoronico. Si dice infatti che il farmaco è
andato incontro alla fase due di glucuronazione. Il farmaco può legare anche altre
sostanze come l’acetato, la glicina, il glutatione. Molecole grandi che lo rendono idrofilo e
facilmente eliminabile.
Il metabolismo di un farmaco che avviene prevalentemente a livello epatico consta quindi di due fas i,
una prima fase che richieda l’aggiunta di qualcosa o lo smascheramento di qualcosa per rendere il
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farmaco idrosolubile. Spesse volte non è sufficiente, dobbiamo entrare in fase due in cui l’aggiunta
dell’acido glucuronico lo rende eliminabile. Di seguito vediamo l’esempio dell’aspirina.
In fase 1 viene tolto il gruppo metilico e smascherato un gruppo idrossilico molto polare , ma non
ancora sufficiente. In fase due l’aspirina viene glucuronata.
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Il farmaco come abbiamo detto deve diventare idrofilo per essere eliminato. Posso avere un farmaco
che è già sufficientemente idrofilo e dunque va direttamente in fase due o un’altra situazione: un
farmaco che in fase 1 porta alla formazione di un metabolita con attività modificata. Supponiamo che
sia un farmaco che abbassa la febbre. Si forma un'altra molecola che continua a mantenere le proprietà
di ridurre la febbre. Questo viene coniugato con l’acido glucoronico ed eliminato. In fase 1 si può
formare un metabolita che continua a non avere attività terapeutiche. Anche questo può essere
coniugato ed eliminato.
L’attività metabolica del fegato può quindi portare alla formazione di:
• Metaboliti inattivi che non hanno più le caratteristiche terapeutiche del farmaco di partenza;
• Metaboliti ancora ATTIVI dotati di spettro farmacologico simile a quello del composto
d’origine. Questo succede ad esempio con le benzodiazepine.
• Metaboliti ATTIVI (profarmaci). I profarmaci finché non arrivano a livello del fegato, dove
vengono attivati nella trasformazione, non hanno alcun effetto terapeutico.
• Metaboliti TOSSICI. Pensiamo ad
esempio al metabolismo del paracetamolo.
Se somministriamo la tachipirina a dosi
terapeutiche fino a 3mg al giorno, viene
coniugato con acido glucuronico (60%) o per
solfatazione (35%) ed eliminato per via renale.
Una piccolissima percentuale viene ossidato
dal sistema P450 a formare un intermedio
altamente reattivo (il parabenzochinone) che,
a dosi terapeutiche reagisce con i gruppi
sulfidrilici del glutatione. Essendo legato al
glutatione non ci danneggia. Il glutatione non
permette al metabolita di esser dannoso. Se il
paracetamolo viene somministrato a dosi
troppo alte il metabolita tossico, dopo aver
saturato tutto il glutatione disponibile, si lega
alle proteine e causa epatotossicità.
Un antidoto importante è l’N-acetilcisteina,
un precursore del glutatione, che se
somministrata entro 8 ore dall’overdose può
essere risolutiva nel salvare la vita del
paziente.
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Profarmaci
Sono composti che necessitano di una trasformazione metabolica (Fase I) per diventare attivi . Ad
esempio, il cortisone di per sé è inattivo, solo dopo l’attivazione a livello epatico diventa idrocortisone
e può agire. La zidovudina, la ZT, farmaco che si usa nel trattamento dell’AIDS, è di per sé inattiva, deve
diventare zidovudina trifosfato. Alcuni di questi farmaci sono definiti profarmaci laddove devono essere
attivati dall’attività epatica.
Chi sono gli operatori di questo processo? Degli enzimi microsomiali epatici che appartengono alla
famiglia del CITOCROMO
P450.
Qui vediamo l’importanza di
ciascuna classe di citocromi
nella loro capacità di
metabolizzare i farmaci. Il
CYP3A4 metabolizza la
maggior parte dei farmaci.
Il sistema citocromo P450
(CYP450) è:
• Formato da enzimi di 400-
500 aminoacidi, contenenti un
gruppo eme (ematina).
21
• Nomenclatura:
– CY = citocromo
– P = pigmento
– 450 = picco di assorbimento dei raggi UV a 450 nm.
Queste informazioni sono importanti per determinare le interazioni dei farmaci in politerapia. Come si
fa ad esser sicuri che questi farmaci tutti insieme non abbiano interazioni? Se ho un farmaco
metabolizzato dal 3A4 e lo assumo, e prendo un altro farmaco metabolizzato dallo stesso citocromo,
cosa succede? Ci deve essere un concetto di possibile interazione tra due farmaci e questo è alla base
del meccanismo delle interazioni.
Il CYP 3A4 metabolizza la maggior parte dei farmaci assieme a 2D6 e 2C9. Non tutti hanno la stessa
importanza ovviamente.
Per parlare del rischio di interazioni dobbiamo introdurre un altro,
concetto, quello di induzione farmaco metabolica. Se somministro
un farmaco metabolizzato da questi enzimi epatici devo anche
sapere che normalmente la sintesi di questi enzimi e la loro attività,
cambiano in relazione al farmaco che stanno metabolizzando. In altre
parole, se io somministro ripetutamente alcuni farmaci, alcuni
pesticidi, sostanze chimiche di origine industriale come l’etanolo,
idrocarburi aromatici, o i barbiturici, gli enzimi aumentano di
numero. Aumenterà quindi il metabolismo e la concentrazione del
farmaco si ridurrà: alcune sostanze (carne bruciata, fumo di sigaretta
che contengono idrocarburi aromatici) possono portare ad
aumentare gli enzimi. Il farmaco che viene metabolizzato da quegli
enzimi non avrà più la stessa concentrazione nel corpo, sarà ridotta e perderà di efficacia. L’induzione
farmaco metabolica si traduce in una accelerazione del metabolismo ed in una riduzione dell’azione
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farmacologica non solo della sostanza induttrice ma anche delle sostanze introdotte
contemporaneamente.
ESEMPI DI INDUZIONE FARMACO-METABOLICA
• Il FENOBARBITAL aumenta il metabolismo del WARFARIN, riducendo la sua azione
anticoagulante. Il dosaggio del warfarin deve essere aumentato per compensare il fenomeno,
ma se il fenobarbital viene sospeso la dose di warfarin deve essere ridotta per evitare una
tossicità potenzialmente pericolosa.
• Il fenobarbital accelera anche il metabolismo di altri farmaci come per esempio gli ormoni
steroidei
Noi utilizziamo gli anticoagulanti in quadri ischemici, di ictus, quando dobbiamo rendere fluido il
sangue però voi saprete che l’utilizzo degli anticoagulanti è molto delicato: rischiamo un paziente
troppo scoagulato e quindi emorragia, d’altra parte se il dosaggio è troppo basso, rischiamo trombosi.
23
Si può avere sia la riduzione dell’effetto del farmaco induttore, sia interazione con altri farmaci. Questo
porta ad una mancanza di effetto. Il fenomeno della induzione ci porta ad una riduzione dell’effetto .
Immaginate la gravità della situazione nel caso dell’effetto inverso , ovvero non di induzione farmaco
metabolica, ma inibizione farmaco metabolica: il farmaco inibisce il citocromo, ne riduce il
numero e quindi si rischia che il farmaco si accumuli, non venga eliminato e quindi si rischia la
tossicità.
Pompelmi, arance amare, mapi possono determinare variazioni anche importanti delle concentrazioni
nel sangue di numerosi farmaci. I componenti del succo di pompelmo e di altri agrumi sono infatti in
grado di INIBIRE l'attività di un importante sistema enzimatico (citocromo CYP3A4) coinvolto nel
metabolismo di molti farmaci correntemente prescritti.
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I componenti del succo di pompelmo, ma anche di altri agrumi sono in grado di inibire l’attività del
3A4.
Esistono delle differenze genetiche nella metabolizzazione del farmaco, ma anche di razza (esempio dei
cinesi che non reggono la birra). Anche le condizioni di epatopatia possono modificare il metabolismo
del farmaco, la dieta, la malnutrizione, l’alcool. Anche il momento del giorno è fondamentale. L’azione
di un farmaco somministrato la mattina può essere differente se viene somministrato la sera. Ciò è
dovuto ai livelli di cortisolo che alla mattina sono molti alti e di sera molto bassi. Questo pertiene la
cronofarmacologia.
ELIMINAZIONE
• L'eliminazione di un farmaco avviene per escrezione del farmaco immodificato o dei suoi
metaboliti ottenuti per biotrasformazione.
• Le principali vie di escrezione delle sostanze endogene ed esogene sono la via renale e la via
epatica (biliare).
• Vie secondarie di eliminazione possono essere: polmonare, intestinale, cutanea, salivare,
lacrimale, mammaria.
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La via principale di eliminazione è quella renale e in seconda battuta quella epatica, anche detta biliare.
Esistono anche vie secondarie di eliminazione, come ad esempio quella polmonare (aria espirata).
Sappiate però che la renale è quella maggiormente sfruttata. Per parlare dell’eliminazione dei farmaci
per via renale vi ricordo che:
Lungo il nefrone
vengono riassorbiti Sali,
acqua, glucosio, tutto
ciò che serve
all’organismo. Quando i
farmaci arrivano a livello
del glomerulo, vengono
ad essere filtrati. La
filtrazione glomerulare è
il processo attraverso il
quale tutti i farmaci
vengono filtrati. A livello
del glomerulo vengono
filtrati perché la
maggior parte dei
farmaci ha un peso
molecolare molto
inferiore al limite di
filtrazione e quindi il
farmaco passa ed entra nel lume tubulare per essere eliminato. Intorno c’è la rete capillare. Il sangue
con le proteine plasmatiche che legano il farmaco passa a livello della fitta rete di sangue che avvolge
la capsula di Bowman e la parte libera del farmaco entra nel glomerulo e viene filtrato . Le proteine
ovviamente non vengono filtrate. Tutti i farmaci vengono filtrati. Quelli che non sono stati filtrati, alcuni
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farmaci, possono lasciare il
glomerulo, si portano a livello
del tubulo prossimale e vengono
attivamente secreti. Esistono dei
processi, in presenza di carrier,
che li portano dentro per poter
essere eliminato. Ci sono carrier
per farmaci acidi e carrier per
farmaci acidi. È importante
saperlo poiché se metto insieme
due farmaci entrambi secreti
attivamente, rischio la
competizione.
Sapere che un farmaco è eliminato per secrezione attiva, ci deve far accendere una lampadina. Se è in
politerapia con un farmaco secreto attivamente c’è il rischio di interazione.
Quando il processo di escrezione arriva a livello del tubulo distale e del dotto collettore, il farmaco, se
non è sufficientemente idrofilico, viene riassorbito .
I processi di escrezione possono essere contrastati da meccanismi di RIASSORBIMENTO. Infatti: Nei
tubuli contorti prossimale e distale viene riassorbito il 99% del filtrato glomerulare
• I farmaci liposolubili e non ionizzati vengono riassorbiti
passivamente
• Glucosio, aminoacidi ed altri composti essenziali sono
riassorbiti attivamente (da sistemi di trasporto altamente specifici)
Il processo di riassorbimento è influenzato dal PH urinario
Es: il fenobarbital è acido, se cambio il pH alcalinizzando le
urine, il farmaco acido in urine alcalinizzate viene eliminato.
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Es: intossicazione da anfetamina. Essendo un farmaco basico l’acidificazione delle urine può
aumentarne l’eliminazione.
L’acidificazione possiamo farla mediante il cloruro di
ammonio, acido ascorbico e l’alcalinizzazione con la
somministrazione di bicarbonato di sodio .
Cosa viene escreto?
• Farmaci carichi o fortemente idrofili sono escreti
• Farmaci lipofili non metabolizzati sono riassorbiti e
ritornano in circolo
• Farmaci lipofili verranno metabolizzati dal fegato in
composti più idrofili. La velocità del metabolismo
influirà sulla velocità di eliminazione renale.
Se vogliamo accelerare l’eliminazione dobbiamo modificare
il pH delle urine che deve essere fatta in relazione alla
natura del farmaco.
28
EMIVITA dei FARMACI (t 1/2; TEMPO DI DIMEZZAMENTO)
Termine che si riferisce alla ELIMINAZIONE e può essere DEFINITO come TEMPO NECESSARIO a
RIDURRE del 50% la CONCENTRAZIONE PLASMATICA di un FARMACO (che significa praticamente:
tempo necessario a ridurre del 50% la quantità di farmaco presente nell’organismo). Questo parametro
rende conto del tempo di permanenza del farmaco nel corpo.
L'emivita è un parametro che dipende sia dal volume di
distribuzione che dalla eliminazione.
Il valore di EMIVITA esprime l‘EFFICENZA dei PROCESSI di
ELIMINAZIONE nei confronti di un dato farmaco. Esso è
INDIPENDENTE dalla CONCENTRAZIONE del farmaco
ed unicamente DIPENDENTE dallo STATO FUNZIONALE
DEGLI ORGANI (in particolare rene e fegato) e dei
sistemi del paziente preposti all'eliminazione del
farmaco stesso. Ogni farmaco è caratterizzato da un
valore di EMIVITA che può variare da pochi minuti a
diverse settimane.
• Farmaci con EMIVITA BREVE saranno ELIMINATI
RAPIDAMENTE;
• Farmaci con EMIVITA LUNGA ELIMINATI
LENTAMENTE.
• Quei farmaci che hanno un grande VAD hanno
anche un'emivita lunga, in quanto il farmaco che viene
eliminato viene continuamente rimpiazzato da quello accumulato nei depositi.
• Alterazioni patologiche degli organi di eliminazione porteranno ad un
aumento dell'emivita di un farmaco e quindi a un prolungamento dei
suoi effetti (benefici o tossici).
Se io do un farmaco per via orale, secondo voi come facciamo a sapere dopo
quanto tempo questo farmaco comincia a fare effetto? Cominciamo a introdurre
il concetto di stato stazionario. Se somministro un farmaco, esso sale di
concentrazione e dopo un certo tempo si dimezza, la concentrazione diventa il
50%, Se al tempo di dimezzamento somministro un’altra dose, arrivo ad un
punto tale dove il farmaco che io ho somministrato rispetto a quello eliminato
pareggiano.
Quando si attua un TRATTAMENTO CRONICO, l’andamento dei livelli plasmatici
del farmaco, costituito dalla somma degli andamenti delle singole dosi, cresce in
modo esponenziale sino a raggiungere uno STATO di EQUILIBRIO che è
definito STEADY STATE. Lo stato stazionario è il punto nel quale la
percentuale di farmaco che viene somministrato è uguale a quello che viene
eliminato.
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La seconda somministrazione si aggiunge ai 5mg presenti prima, quindi abbiamo 15mg. Alla terza
somministrazione, questi 15mg verranno per metà eliminati quindi diventano 7.5mg, ci aggiungiamo
10mg e diventano 17.5mg. Faccio un’altra somministrazione ed arrivo a 18.7 mg. A partire dalla prima
somministrazione piano piano questo valore si differenzia poco tant’è vero che se faccio una quinta
somministrazione il valore non è tanto diverso dalla quarta somministrazione: intorno alle quattro
cinque emivite, io raggiungo lo stato stazionario. Lo stato stazionario viene quindi raggiungo in 4 -5
emivite.
Nello stato stazionario cominciamo a
vedere gli effetti. Vedere l’emivita e sapere
che lo stato stazionario è raggiunto in 4-5
emivite, ci aiuta a capire quando farà
effetto così come quando mi rendo conto
che un farmaco fa male, mi devo chiedere
dopo quanto tempo (tempo di
dimezzamento, moltiplicato per 4-5
emivite) saprò quando sarà lavato via.
In verità sono necessarie 10 emivite per
eliminare il 99.9% del farmaco ma già con
4-5 emivite questa frazione che resta in
circolo è insignificante e non ha effetto.
Ci sono situazioni in cui devo accelerare
l’arrivo dello stato stazionario come ad
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esempio le urgenze. In questo caso si fa la dose carico: si somministra una dose iniziale molto elevata
seguita da dosi di mantenimento più basso. In questo modo raggiungo subito lo stato stazionario.
Con l’assorbimento c’è il passaggio dal sito di somministrazione al sangue e a mano a mano che il
farmaco viene assorbito arriva al suo picco massimo plasmatico. Man mano che viene distribuito la
concentrazione del farmaco nel plasma si riduce e quando viene eliminato non lo troveremo più.
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La concentrazione del farmaco nel sangue rispetto al tempo cambia moltissimo se io faccio una
intravenosa, una intramuscolare una sottocutanea o una somministrazione orale. Seguendo la dinamica
con la intravenosa abbiamo subito il picco, entra subito in circolo, ma molto rapidamente viene
eliminato. Con un farmaco somministrato per via intramuscolare immediatamente il picco ematico è più
basso ed ha un effetto diverso rispetto alla intravenosa. Quello che vi voglio mostrare è quello che
succede con la terapia orale: è vero che un trattamento per via orale non arriverà mai al picco di
concentrazione plasmatica della intravenosa e della intramuscolare ma è vero anche che resta più
tempo ed è questo il motivo per cui la maggior parte dei farmaci viene somministrata per via
orale: riusciamo ad avere infatti in questo modo un’azione che si mantiene per più tempo .
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Farmacologia 10/01/2018
Farmacodinamica: come fa il farmaco ad agire sul nostro organismo? Attraverso quali meccanismi
si può avere una riduzione della temperatura corporea? Un’infezione può essere ridotta? Il farmaco
riduce la sintomatologia?
La farmacodinamica ci spiega attraverso quali meccanismi un farmaco funziona e quindi cosa fa il
farmaco sul nostro organismo.
Per capire la farmacodinamica dobbiamo considerare che i meccanismi attraverso i quali i farmaci
possono agire possono essere diversi. Sostanzialmente ci può essere una stimolazione della
funzione dell’organismo. Per esempio possiamo considerare l’effetto della digitale (è un farmaco
che aumenta la contrattilità cardiaca e quindi stimola la contrazione del cuore) attraverso il
meccanismo attraverso il quale la digitale o la lipossina può aumentare la contrattilità del
miocardio. Ci può essere anche la depressione della funzione, pensiamo a come gli anestetici
agiscono perché deprimo tutte le funzioni del SNC.
Può esserci poi la sostituzione di una funzione mancante o carente, pensate al paziente diabetico
in cui abbiamo bisogno di somministrare insulina perché manca di quei meccanismi di regolazione
della glicemia oppure l’eliminazione di agenti infettivi, pensate agli antimicrobici, agli antifungini,
antivirali o anche semplicemente gli antitumorali che inducono l’eliminazione delle cellule tumorali.
La farmacodinamica agisce attraverso questi meccanismi, ma per capirlo meglio dobbiamo capire
dove va a legarsi il farmaco.
Il farmaco per poter agire deve potersi legare a qualcosa perché poi la funzione biologica si
modifichi. E si modifica poiché si lega al recettore. Il termine recettore si riferisce in generale ad
una molecola proteica che è localizzata a livello della superficie o all’interno della cellula e
lega in modo molto specifico un ligando. Il ligando può essere un ligando endogeno, che è già
nel nostro organismo, oppure esogeno, e dunque il farmaco.
Quale potremmo considerare come ligando endogeno? Ad esempio, le beta endorfine. Queste
ultime sono molecole che si attivano in tante situazioni, ma per esempio sono le molecole
antidolorifiche per eccellenza. La morfina, un farmaco oppioide molto utilizzato, analgesico
maggiore agisce perché va a legarsi a dei recettori che normalmente sono legati dal ligando
endogeno ad esempio le endorfine. Pensate alla storiella del soldato in guerra che attraverso lo
stress che prova se viene colpito da una pallottola non prova alcun dolore. Ciò è dovuto al fatto
che, nel corso di uno stato di stress, si liberano endorfine che sono i nostri analgesici oppioidi
naturali ed il nostro ligando endogeno.
Un altro esempio di ligando endogeno: l’anandamide , la cannabis si lega a dei recettori per gli
endocannabinoidi, il cb1 ed il cb2, ma abbiamo un ligando endogeno che ci fa star bene come la
cannabis? L’ anandamide . È assolutamente inutile prendersi la cannabis perché basterebbe star
bene. La ilarità, la contentezza si può stimolare in molti modi. Abbiamo un ligando endogeno,
basta stimolarlo. Un ligando endogeno è l’adrenalina: ci batte forte il cuore perché quando siamo
innamorati e vediamo un bell’uomo ci batte il cuore perché viene rilasciata adrenalina che va a
legarsi ai recettori presenti nel cuore ed induce aumento della frequenza cardiaca.
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Poi esistono tutti quei farmaci che sono esogeni, molecole portate dal fuori, che agiscono
mimando l’azione del ligando endogeno. Nel caso specifico la cannabis, con il suo contenuto di
tetraidrocannabinolo, agisce legandosi agli stessi recettori dove si lega l’anandamide quindi
benessere, rilassatezza, aumento della fame.
Dove sono questi recettori? Sulla superficie della cellula, all’interno della cellula, ma
indipendentemente da dove sono posizionati dobbiamo considerare che il recettore, in questo
caso un recettore non occupato dal ligando endogeno o esogeno, nel momento in cui arriva il
ligando esogeno, ma la stessa cosa sarebbe l’endogeno, si va a legare a questa proteina ed
abbiamo la risposta biologica. Il farmaco si deve legare al recettore, una volta legato c’è il
riconoscimento, il legame, ed abbiamo l’effetto farmacologico.
Questi recettori vengono definiti in questo modo: di superficie, intracellulari e qui possiamo
vedere le classi principali dei recettori del nostro organismo. E allora abbiamo recettori che sono
canali ionici che modificano il flusso degli ioni e quindi ad esempio il potenziale di membrana: un
esempio tipico è il recettore per l’acetilcolina oppure abbiamo esempi di recettori come gli alfa e
beta adrenergici che sono recettori accoppiati a delle proteine G. Una volta che il farmaco si
lega al recettore abbiamo una fosforilazione di questa proteina e gli effetti intracellulari. O abbiamo
recettori legati a degli enzimi, pensare al recettore per l’insulina. Ogni volta che il farmaco si lega,
abbiamo la fosforilazione di una proteina del recettore e quindi l’effetto intracellulare che nel caso
specifico è la riduzione della glicemia. Pensate ai glucocorticoidi, ai corticosteroidi, cortisolo,
cortisone, sono questi ormoni steroidi in cui i recettori sono intracitosolici ed una volta che il
farmaco si è legato abbiamo non soltanto la fosforilazione di proteine, ma una modifica
dell’espressione genica.
Possiamo classificare quindi i nostri recettori in:
• Canali ionici;
• Enzimi
• Recettori di membrana accoppiati a proteine G
• Recettori intracellulari
Quando noi parliamo di sostanze esogene, quindi ligandi esogeni e quindi farmaci, dobbiamo
chiederci: quando ho un farmaco che mima l’azione farmacologica del ligando endogeno come lo
devo definire? Se questo è il ligando endogeno è l’agonista cioè il ligando esogeno deve avere
un’affinità per il recettore molto simile al ligando endogeno, ritornando all’ l’anandamide, deve
essere molto simile il tetraidrocannabinolo per legarsi a questi recettori. Quindi ligando endogeno
anandamide, agonista è invece il tetraidrocannabinolo perché poi si abbia una risposta
farmacologica. Ma esiste la possibilità che ci sia un farmaco che si lega a questo recettore come
ligando endogeno, ma anziché dare una risposta farmacologica la blocca? Si, questo farmaco si
chiama antagonista recettoriale. Vedete in questo schemino è particolarmente affine, la chiave
entra nella porta perfettamente, ma blocca la risposta biologica. Anziché avere un’azione abbiamo
un blocco dell’azione. Pensate ad una intossicazione da morfina. Come facciamo noi, in un
paziente che ha avuto un sovraddosaggio da morfina, ad antagonizzare questo effetto della
morfina? Esiste un antagonista o un antidoto antagonista detto in altri termini? Si, questo farmaco
si chiama Naloxone. Sono farmaci antagonisti cioè si legano a ridosso della morfina e non
permettono di legarsi ed avere una risposta farmacologica.
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Gli agonisti e gli antagonisti sono le classi di farmaci che voi vedrete e dovete sempre chiedervi: il
farmaco è agonista, cioè mi dà una risposta biologica o è un antagonista cioè mi blocca la risposta
biologica? Pensate ai beta bloccanti, forse li avete sentiti nominare. Sono farmaci che vanno a
bloccare il recettore beta
per le catecolammine però
in questo caso mentre
l’adrenalina si lega e
aumenta la frequenza
cardiaca, se do un beta
bloccante quindi un
antagonista del recettore, io
riduco la frequenza cardiaca.
Ecco l’importanza di
conoscere se il farmaco è
agonista o antagonista. E
nell’ambito dei farmaci
agonisti dobbiamo
suddividere in quelli che
vengono chiamati agonisti
totali in cui quando danno
una riposta la riposta è massima, totale, vanno ad occupare tutti i recettori presenti e la risposta è
di agonismo pieno. Esistono farmaci detti agonisti parziali in cui l’occupazione del recettore è
completa, ma la risposta è minore. In questo caso si parla di agonismo parziale.
I farmaci agonisti parziali sono in genere dei farmaci che hanno e danno molti meno effetti
collaterali degli agonisti pieni o agonisti totali.
In questa slide vedete cosa succede in assenza del farmaco. Il composto naturale, endogeno, si
lega al sito del recettore ed abbiamo l’attività cellulare normale. Se do un farmaco ad azione
agonista questo composto naturale che potrebbe legarsi al suo sito recettoriale, è impedito dal
farmaco poiché è presente il farmaco agonista che ha in genere un’affinità molto più elevata per il
suo sito recettore. Il che vuol dire che è come se mettesse la chiave nella toppa. Ci sono chiavi che
entrano lisce lisce senza impedimenti e situazioni in cui la chiave entra con maggiore difficoltà.
L’esempio è per dirvi che il farmaco agonista è come la chiave che entra e molto facilmente apre:
compete per il sito recettoriale con il composto naturale ed una volta che il farmaco si è legato, in
questo caso, abbiamo un’attività cellulare potenziata. E se io invece metto l’antagonista, c’è un
cappelletto, un tappo che deve bloccare la risposta. Questo è il composto naturale che dovrebbe
legarsi al suo sito recettoriale, è inibito dall’antagonista e quindi abbiamo l’attività cellulare inibita.
Ci sono anche delle situazioni in cui il recettore non c’entra nulla. Per esempio l’acqua ossigenata
non ha recettori per poter svolgere le sue funzioni ossidanti. Il bicarbonato di sodio non ha
recettori, modifica l’equilibrio acido base. Oppure i lassativi, per esempio quelli che vengono
normalmente utilizzati, i lassativi salinici non hanno bisogno di un recettore, modificano l’osmosi a
livello dell’intestino ed abbiamo una facilità dell’evacuazione. I farmaci che non esplicano la loro
azione mediante un recettore agiscono a concentrazioni molto più alte di quelli legati da
recettori: per avere un’azione legata al recettore basta pochissimo farmaco.
35
Come intendiamo quando un farmaco è efficace e potente? Sapere che un farmaco è più potente o
meno efficace di un altro, dovete comprendere cosa significa.
Qui io ho sulle ascisse la concentrazione del farmaco e sulle ordinate la percentuale dell’effetto
massimo. Se io ho 100% dell’effetto massimo, significa che il farmaco è efficace al 100%.
[Gli antagonisti non sono parziali o totali, gli agonisti poi, è una sottile distinzione, possono essere
distinti in competitivi e non competitivi. Ci sono agonisti che hanno un’affinità minore per il
recettore che competono con l’agonista e dei farmaci antagonisti come questo che sono non
competitivi cioè vanno qui, tappano e non si muove più, ma sono sottigliezze specifiche che io vi
evito. Nella vostra testa deve rimanere che l’antagonismo è un antagonismo che blocca la
risposta indipendentemente da
questa sottigliezza].
Ritorniamo alla slide. Se guardo
tout cour queste due curve, la
risposta è: l’efficacia di questo
farmaco intesa come effetto
massimo - l’efficacia è l’effetto
massimo che posso avere - è
uguale o no nei due farmaci? Alla
dose finale hanno lo stesso effetto
massimo? Si sono farmaci che
hanno la stessa efficacia. Se lo
traduco in logaritmo del farmaco
cambia la curva e vedete meglio
che sono esattamente uguali,
hanno lo stesso effetto massimo,
36
hanno la stessa efficacia. Sono diversi nella potenza perché c’è un valore che si chiama Ec50 cioè
concentrazione efficace al 50%. La questione è: per poter paragonare due farmaci a quale
concentrazione del farmaco io ho la metà dell’effetto massimo? Se ho un farmaco che ne basta
pochissimo per avere il 50% dell’effetto massimo, questo farmaco sarà molto più potente di un
altro che ha bisogno di una concentrazione più elevata. Lo vedete meglio qui: perché troviamo il
50% nel tratto rettilineo. Quando si fa il logaritmo si riesce ad avere una maggiore precisione di
misurazione e si vedrà che l’Ec50 del farmaco A, la concentrazione del farmaco A che serve per
avere il 50% dell’effetto massimo è minore del farmaco B quindi è più potente del farmaco B.
Adesso possiamo generalizzare questo concetto. In genere diciamo “è più potente” per dire che fa
più effetto, ma non è il termine corretto. Il termine corretto è più efficace. Quando invece parlo di
potenza parlo di quantità. Posso avere un farmaco che a dosi diverse ha la stessa efficacia, con
potenze diverse, ma ha la stessa efficacia.
E qui lo vedete ancora meglio: farmaco A, B, C. Il farmaco C ha minore efficacia perché l’effetto
massimo non lo raggiunge come A e B ed ha una potenza minore. Quindi in questo caso lo si vede
molto bene. Questo è espresso in termini di concentrazione del farmaco cioè possiamo misurare la
cosa direttamente biologicamente in vitro. Facciamo una coltura di cellule, aggiungiamo questo
farmaco. La concentrazione che io prima ancora di portare il farmaco in clinica faccio degli
esperimenti, prendo il tessuto, ed aggiungo il farmaco. Quando io lo porto in clinica non parlo più
di concentrazione, ma parlo di dose. Ed infatti io posso fare una curva di dose risposta o dose
effetto e l’effetto può essere terapeutico o tossico.
Vediamo questa curva dose
risposta.
Ho preso in considerazione
due diverse classi di farmaci
antidolorifici. Da una parte
abbiamo i FANS, farmaci
antinfiammatori non steroidei
come aspirina ed ipobrufene
e dall’altra un farmaco
analgesico maggiore come
morfina, eroina, fentanyl. E
allora guardate bene, sollievo
dal dolore, chi tra questi
farmaci ha una potenza
maggiore? Il fentanyl, poi
37
eroina e poi morfina. Hanno tutti quanti l’efficacia di sollevare dal dolore? Si, sono tutti quanti
efficaci allo stesso modo, ma con dosaggi diversi. Il FANS ha un’efficacia di sollievo dal dolore, è
meno potente e meno efficace infatti si chiamano analgesici minori. Questo è l’effetto terapeutico e
l’effetto tossico? Lo possiamo mettere in evidenza e quanto è importante capirlo? Molto. La
morfina dimostra sostanzialmente due casi. A un certo punto io do la morfina a questo giovane e
aumento sempre più la dose, finché la dose è così elevata che entra in uno stato di sopore
profondo ed aumentando ancora la dose può morire per depressione respiratoria. Io costruiscono
quindi due curve, uno dell’effetto terapeuticamente utile ed efficace della morfina ed uno delle
concentrazioni della dose di morfina che può diventare tossica. La distanza tra queste due curve ci
dice quale farmaco è maneggevole. Se voi sbagliate un farmaco che ha un indice terapeutico
basso, rischiamo che il paziente muoia. Se il farmaco ha un indice terapeutico alto, poco succede.
L’indice terapeutico è un rapporto tra la dose letale LD nel 50% dei pazienti - quantità di dose
di farmaco che fa morire il 50% dei pazienti - sulla efficacia al 50% cioè sulla dose efficace
nel 50% dei casi. Il rapporto ci dà l’indice terapeutico.
E qui vedete che i farmaci che hanno un indice terapeutico alto hanno una grande finestra
terapeutica: se sbagliate poco succede, ma ci sono i casi in cui l’indice terapeutico è molto ristretto
e quindi sono farmaci poco maneggevoli per esempio il litio o il varfarin, un anticoagulante,
bisogna dosarlo attentamente perché basta una piccola variazione di dosaggio o rischiamo un
rischio tossico.
Con indice terapeutico basso la dose tossica e la dose efficace sono molto vicine. E per finire la
parte della farmacodinamica, vi devo raccontare un concetto importante in farmacologia che è la
tolleranza.
Questo è un farmaco sull’asse
delle ascisse abbiamo la dose e
di nuovo l’effetto relativo sulle
ordinate. Quello che osservo è
che all’aumentare della dose, io
aumento l’effetto. Alcuni
farmaci all’aumentare della
dose mostrano una riduzione
dell’effetto. Questo fenomeno
è la tolleranza. La tolleranza
farmacologica è quindi la perdita
di risposta dopo
somministrazione ripetuta del
farmaco. Esiste una tolleranza
38
cronica che compare in giorni o settimane o una tolleranza acuta, definita anche tachifilassi, per
esempio quella dovuta all’anfetamina. La somministrazione ripetuta di anfetamina nell’arco di
minuti o ore porta ad una diminuzione progressiva dell’effetto. L’esempio classico di tolleranza
cronica è proprio degli oppioidi quegli analgesici così importanti e fondamentali quindi morfina,
fentanyl eroina e come mai il paziente che li assume cronicamente ha bisogno di aumentare il
dosaggio? Per poter ottenere l’effetto antidolorifico ha bisogno di alzare il dosaggio. Questa è la
tolleranza, molti farmaci inducono tolleranza. La sensibilizzazione o tolleranza inversa è quello che
succede esattamente al contrario: esempio della cocaina, all’aumentare della risposta, con la
ripetizione della stessa dose di farmaco, io aumento l’effetto relativo.
Reazioni avverse
Se io ho un farmaco che serve per curare una qualche patologia devo aspettarmi anche una serie di
quelli che voi immagino chiamate effetti collaterali. Si parla di effetti avversi, reazioni avverse, effetti
collaterali. Sono tutte corrette queste terminologie? Vediamo insieme.
Vi devo raccontare della Talidomide che nel 1950 veniva usata per ansia e nausea nel primo
trimestre di gravidanza. Tante donne iniziano ad assumerla perché ci fu una campagna
pubblicitaria mostruosa, diventa un farmaco da banco. I bambini nati dopo l’uso di questa sostanza
ebbero focomelia ed amelia (mancanza di arti) ed il ginecologo australiano Mc Bride nel 1961
incomincia a dire attraverso una pubblicazione sulla rivista Lancet, guardate che la talidomide
induce anomalie congenite. La prima segnalazione è la lettera nel 1961 e viene ritirata dal
commercio. Questa è una reazione avversa da farmaco.
Se alcuni pazienti mostrano segni o sintomi non desiderati durante la terapia farmacologica questi
vengono chiamati eventi avversi da farmaco. Quando si dimostra che questi segni derivano proprio
esattamente da quel farmaco, si chiama reazione avversa da farmaco. La talidomide è una
reazione avversa da farmaci. Quella che voi dovete sapere anche compilare sulla scheda qualora un
paziente manifesti una reazione avversa che può anche essere fatale che è assolutamente diversa
dall’effetto collaterale.
C’è una definizione di reazione avversa: una è quella storica:
Quella del 1972 diceva: reazione, nociva e non intenzionale, ad un farmaco impiegato alle dosi
normalmente somministrate all'uomo (quindi secondo prescrizione) a scopi profilattici, diagnostici o
terapeutici o per ripristinarne, correggerne o modificarne le funzioni fisiologiche. Non include
sovraddosaggio, abuso di farmaco o errore terapeutico. La reazione avversa non deve essere per
sovradosaggio, abuso o errore, ma deve essere una reazione nociva in questo senso. Nella nuova
definizione del 2012 viene definita come “Effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un
medicinale” Adesso include le reazioni derivanti da errore terapeutico, abuso, misuso, uso
off label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Si è allargata tantissimo la definizione.
L’errore terapeutico è, devo dare 100 ed ho dato 200, un abuso, il paziente ha preso una dose più
elevata. Il misuso indica situazioni in cui la medicina è usato intenzionalmente e in modo
inappropriato non in accordo con le indicazioni, si sbaglia come lo si somministra. Il termine off
label è quello per cui il farmaco è stato registrato come ansiolitico e io lo sto dando per la
neuropatia, un classico esempio il lanoxin è un antidepressivo e io lo somministro come
39
antidolorifico per il dolore neuropatico. Il farmaco è registrato per una cosa ma io lo uso per un
alto. E gli esempi di farmaci off label sono tanti.
L’errore terapeutico si riferisce a situazioni non intenzionali e quindi la intenzionalità o non
intenzionalità per distinguerlo dal misuso. Quindi qui era intenzionalità mentre con l’errore
terapeutico è non intenzionale. Ritornando a bomba, nella nuova definizione è un effetto nocivo e
non voluto conseguente all’uso di un medicinale” Adesso include le reazioni derivanti da errore
terapeutico, abuso, misuso, uso off label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Quest’ultima
è quella per cui sto in sala operatoria, sto usando non so, un anestetico volatile, un gas volatile ed
io vengo esposta ed ho una reazione avversa.
Pensate a quanto è importante la
stima delle reazioni avverse.
La percentuale di reazione avverse
aumenta con l’età perché l’anziano
ha un metabolismo epatico molto
rallentato ed hanno una riduzione
della funzionalità renale quindi in
sostanza sia epatopatia che
insufficienza renale sono ragioni
principali dell’aumento della
concentrazione del farmaco nel
nostro organismo e quindi
l’aumento della possibilità di avere
reazioni avverse. In questa fotografia, è l’unico studio ancora valido in merito, il maggior numero di
effetto avverso si ha con l’uso di FANS.
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La digoxina serve per aumentare la contrattilità cardiaca. Sappiate quanto sono pericolosi i FANS
che invece vengono venduti così nel banco senza prescrizione medica.
Guardate quanti
provvedimenti sono stati
presi per le reazioni
avverse. Nel 70 si
evidenzia che i
contraccettivi orali
possono avere
tromboembolie in
pazienti specifici.
Il Rofecoxib è un COX2
inibitore utilizzato molto
per l’artrite ha dato
evento avversi
cardiovascolari
importanti e nel 2004 è
ritirato.
Una volta che voi fate la
41
segnalazione, questa segnalazione arriva al ministero e le segnalazioni che si accumulano
diventano un problema per cui poi ci deve essere un provvedimento.
La necrolisi epidermica è una potente reazione cutanea, la agranulocitosi è a livello del midollo
osseo. Tante reazioni avverse possono creare tante patologie. L’insufficienza renale può esservi
soprattutto in pazienti predisposti. Come possiamo classificare queste ADR? In base al meccanismo
quindi in:
Effetti collaterali
• Effetti tossici
• Reazioni immuno-mediate
• Farmacoallergia o Ipersensibilità
• Reazioni farmacogenetiche
• idiosincrasia
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• Pseudoallergia o Anafilattoide
• Farmacodipendenza
• Teratogenesi (embrio/feto tossicità)
Gli effetti collaterali sono effetti non intenzionali che insorgono alle dosi abituali e che sono
connessi alle proprietà del farmaco. La morfina ad esempio induce stipsi quindi quell’effetto
collaterale è parte integrante di quella morfina stessa, non è un effetto che non mi aspetto, me lo
aspetto. Se do la digitale io so che dando questo farmaco io avrò nausea quindi è un effetto
collaterale legato alla molecola. Se io do i diuretici portano ad ipopotassiemia legata al fatto che
i diuretici insieme all’eliminazione di sodio ed acqua eliminano potassio. Gli antibiotici alterano la
flora intestinale quindi avrò diarrea. Un effetto collaterale è un effetto che io mi attendo, lo so. Se
do le benzodiazepine (lexotan, valium etc, sono nomi commerciali, clorazepam, alprazolam,
cominciate a ragionare in termini di principi attivi) sono quei farmaci ansiolitici e se io do
l’ansiolitico dopo un po’ avrò sedazione e sonnolenza. La sedazione fa parte dell’effetto
collaterale che mi attendo. Sono reazioni da preventivare poiché inscindibile dall’azione primaria
del farmaco.
Gli effetti tossici sono espressione della tossicità del farmaco e compaiono a dosi
sovraterapeutiche
• Alcalosi respiratoria da aspirina
• Danno epatico da paracetamolo
• Aritmie da digitale
Possono verificarsi anche a dosi terapeutiche in particolari pazienti o in determinate condizioni
cliniche ossia per esempio, l’effetto tossico di un farmaco alla dose terapeutica normale lo possono
avere con un paziente con insufficienza renale. Il farmaco non viene eliminato, rimane in circolo
ed ho un effetto tossico.
Farmacoallergie o ipersensibilità: tanti farmaci si comportano da apteni e combinandosi con
proteine o elementi cellulari costituire veri antigeni. Ciò induce la produzione di anticorpi
• La manifestazione allergica NON è dose dipendente
• Non si verifica mai alla prima esposizione
• Necessita della sensibilizzazione
Con la farmacoallergia la manifestazione allergica non è dose dipendente, non ce l’ho
all’aumentare della dose, non solo, non si verifica mai alla prima esposizione. Se faccio una
penicillina ed il paziente è allergico, la reazione allergica la ho alla seconda somministrazione
perché la prima somministrazione ha fatto creare gli antigeni, o la reazione anticorpale al momento
della seconda somministrazione ho l’effetto avverso, non è dose dipendente.
Esempi di farmaci che creano reazioni avverse.
43
Il tiopentale è un
barbiturico. Le reazioni
possono essere epatiche,
tutti i FANS possono dare
reazioni epatiche. Gli ace
inibitori, farmaci per la
riduzione della pressione
arteriosa. La Clorpromazina
è un antipsicotico usato
nella schizofrenia.
Idiosincrasia: è una
reazione farmacogenetica.
• Fenomeno
geneticamente determinato
dovuto alla presenza di
enzimi alterati o dalla loro
assenza, che modificando il farmaco possono portare ad intermedi tossici e dannosi
• Incidenza bassa (1-2%)
• A differenza delle allergie, può insorgere fin dalla prima somministrazione, e la gravità è
dose-dipendente.
• Es: Apnea protratta da succinilcolina in quegli individui in cui la succinilcolin-esterasi (o
pseudocolinesterasi) è alterata; anemia emolitica da sulfamidici in pazienti carenti
dell’enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi.
Posso avere un’anemia emolitica da sulfamidici in pazienti carenti di glucosio 6 fosfato
deidrogenasi. Geneticamente mancano dell’enzima, e il farmaco non può essere metabolizzato.
Pseudoallergie, ovvero REAZIONI ANAFILATTOIDI
• A differenza delle farmacoallergie non dipendono dal sistema immunitario
• Esposizione a farmaci che rilasciano istamina
• Manifestazioni anafilattoidi: asma, orticaria, angioedema, anafilassi
• Fenomeno dose-dipendente
• Farmaci:
• ES: Morfina, mezzi di contrasto iodati, propofol, ketamina…sono farmaci che possono dare
reazioni anafilattoidi che non dipende dal sistema immunitario, ma semplicemente perché
viene rilasciata istamina. Questi alimenti e questi farmaci portano al rilascio di istamina e
quindi ho asma, orticaria, angioedema.
• Alimenti: Pesce, pomodori, uova, fragole, cioccolata, crostacei, salumi, cavoli, formaggi
stagionati, frutti esotici, semi
Farmacodipendenza
Desiderio compulsivo di assumere un farmaco. Alla sospensione si può manifestare una
sindrome di astinenza caratteristica del farmaco causante dipendenza. Si accompagna a tolleranza,
cioè la necessità di aumentare la dose per ottenere l'effetto ricercato.
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Dipendenza da:
• Oppioidi
• Benzodiazepine
• Amfetamine
Teratogenesi
Capacità di un farmaco, somministrato a una gestante, di provocare malformazioni (sia
macroscopiche sia funzionali) nel nascituro Il tipo di malformazione dipende dal periodo di
esposizione.
• Ipoplasia nasale da warfarin
• Malformazioni ossee da tetracicline
• Ipotensione fetale da enalapril
• Malformazioni dell'orecchio interno da aminoglicosidi. Sono antibiotici, come gentalin,
gentamicina.
Per finire, questa è la scheda che voi dovete conoscere, che la scheda clinica di segnalazione di
sospetta reazione avversa.
Vedete, c’è la voce indicare se la reazione osservata deriva da interazione, abuso, etc quindi dovete
conoscere questi termini.
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LEZIONE DEL 17 GENNAIO INSERITA A PAGINA 81, ALLA FINE
Farmacologia del 24-01-2018
Il dolore è distinto in un dolore acuto, cronico e oncologico
Esiste anche un dolore neuropatico che è un dolore misto, ovvero un dolore sia nocicettivo
sia non nocicettivo, ma ci sarebbe troppo da spenderci.
Quest’ultimo è comunque uno dei dolori più difficili da trattare.
Il dolore è trattato con farmaci analgesici, se è di media intensità si utilizzano gli oppiacei
come la morfina.
Se invece è un dolore lieve si utilizzano i FANS, farmaci antiinfiammatori non steroidei
Proprio per distinguerli da quelli steroidei come il cortisone.
Secondo l’OMS abbiamo diversi modi per esprimere l’intensità del dolore.
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Il dolore viene riferito con una intensità da 1 a 10, se il paziente riferisce fino a 4 è un
dolore lieve di primo grado, da 5 a 6 è moderato, da 7 a 10 è grave.
A seconda dei tre scalini come dobbiamo intervenire?
Al primo grado i FANS che possono essere utilizzati o meno insieme a farmaci adiuvanti,
farmaci di altro tipo che non fanno altro che avere un’azione di potenziamento degli
analgesici
Al secondo gradino troviamo gli oppioidi deboli che non sono potenti come la morfina,
che possono essere utilizzati insieme a fans e adiuvanti.
Al terzo grado, dolore severo, si utilizzano oppioidi forti, come la morfina, l’eroina, il
Fentanyl che possono essere utilizzati insieme a adiuvanti e non oppioidi.
Il termine adiuvante indica farmaci non specificatamente analgesici, ma che ne potenziano
l’azione riducendo il dolore.
Farmaci come il cortisonico, gli antidepressivi, gli anticonvulsivanti, anestetici locali,
sistemici, farmaci neurolitici, benzodiazepine, neurolettici, bifosfonati, antiinfettivi e
antispastici.
Per ogni grado di intensità di dolore:
1° gradino non oppioidi: ASA (aspirina), gli altri FANS, anche l’aspirina è un FANS, ma qui è
messo come farmaco a sé. Paracetamolo anch’esso FANS, chetoprofene, ibuprofene.
2° scalino, oppioidi deboli: codeina, buprenorfina, tramadolo (contramal)
3° scalino oppioidi forti: morfina, metadone, fentanyl
Gli oppioidi, oppiacei, queste parole le usiamo indistintamente, ma in realtà l’oppiaceo è
quello per cui è stato estratto dall’oppio, dal papavero sorniferum, e si fa riferimento
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all’oppio quindi da cui sono stati estratti una serie di principi attivi come vedete in questa
slide (noscapina, codeina, papaverina, tebaina)
Dall’oppio oltre a questi alcaloidi che si possono estrarre, si estraggono circa 20 principi
attivi e dal punto di vista chimico li
dividiamo in benzilisochinolonici e
fenantrenici.
Se ci sta uno stato di dolore il nostro
organismo reagisce rilasciando delle
sostanze endogene, e la sostanza
endogena che noi rilasciamo sono le
betaendorfine, o endorfine in generale.
La nostra endorfina ha delle proprietà
funzionali e farmacologiche simili a
quelle della morfina.
Dove va a legarsi la nostra betamorfina
o la morfina? Deve legarsi a dei
recettori.
(slide oppioidi maggiormente in uso)
Gli oppioidi agiscono perché si legano a dei recettori per gli oppioidi:
µ (mi), δ (delta) e κ (kappa), dove stanno? Diffusi in tutto l’organismo, ma principalmente
nel sistema nervoso centrale, riducono il dolore andandosi a legare li, ma la seconda
localizzazione è nel tratto gastrointestinale.
Gli oppioidi causano stipsi.
La tolleranza è quel fenomeno che per ottenere quel determinato effetto dobbiamo
aumentare la dose.
La tolleranza agli oppioidi si sviluppa molto velocemente, 12-24 ore.
Non è detto che tutti i soggetti la sviluppino così rapidamente, ma in linea di massima
dopo un po’ bisogna cambiare tra un’oppioide e l’altro per mantenere alta la funzionalità
antidolorifica
L’altra problematica è la dipendenza psicologica e fisica, tanto è vero che se li
interrompiamo bruscamente il paziente va in astinenza con sintomatologia tipo
sudorazione, irrequietezza, ansia.
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Un paziente in overdose ha una miosi, ristringimento di pupilla.
Se il paziente è in astinenza midriasi, allargamento pupilla.
Questa astinenza va trattata, gli effetti collaterali sono fondamentalmente questi:
la depressione respiratoria, è la problematica su cui i medici hanno sempre tanta
resistenza a somministrare oppioidi, perché effettivamente aumentando il dosaggio, in
alcuni soggetti che hanno problematiche respiratorie, è l’effetto collaterale più temuto che
può portare anche alla morte, i pazienti muoiono per depressione respiratoria.
Altro effetto collaterale è la stipsi, ma anche il prurito, una pseudo allergia per cui si ha il
rilascio di istamina che crea il prurito, la morfina è uno di quei farmaci che può indurre
prurito.
Molte volte c’è anche una vasodilatazione, rossore sulla parte alta del tronco, collo.
Nausea, disporia, vomito, immunosoppressione, diminuzione libido, impotenza,
diminuzione diuresi, ipotensione ortostatica.
Oltre ad essere la morfina utilizzata per il trattamento del dolore è utilizzata anche per
l’IMA e nell’edema polmonare acuto, noi sfruttiamo l’azione analgesica, ma soprattutto la
usiamo per l’effetto ansiolitico, poiché induce venodilatazione e riduzione del carico
cardiaco.
La codeina è utilizzata per l’effetto antitussivo.
In caso di diarrea acuta si usa loperamide (limodium) che non passa la barriera
ematoencefalica.
A dosi terapeutiche la depressione respiratoria non si ha.
In anestesia sono utilizzati gli oppioidi, principalmente in preanestesia per l’analgesia.
Il Fentanyl viene invece utilizzato proprio come anestesia per le operazioni chirurgiche.
Le crisi di astinenza sono trattate con il metadone, poiché ha un lungo emivita (20-30
ore) mentre la morfina ne ha 2-3, il metadone induce una crisi di astinenza molto inferiore.
Se abbiamo un sovradosaggio da oppioidi che ci serve?
Se un soggetto ne ha abusato ed è arrivato al pronto soccorso con crisi respiratoria cosa
diamo?
Un antagonista, il naloxone (narcan) o naltrexone, bloccano l’azione degli oppioidi
quindi risolvono il coma e la depressione respiratoria.
Il narcan viene appunto utilizzato per via endovenosa nell’intossicazione acuta da oppioidi,
emivita 1 ora circa.
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Il naltrexone è dato per via orale ed ha un’emivita di 10-14 ore, non è utilizzato nelle
emergenze, ma nella disintossicazione nei pazienti che abusano di oppioidi
Slide tabella 23.5
Serve per far vedere che se do la morfina per via orale sono 15 mg per 3-4 ore
Se la do per via parenterale sono 5 mg
Perché?
Perché la morfina va incontro ad un primo passaggio epatico molto importante quando la
si prende per via orale e quindi la biodisponibilità si riduce, la biodisponibilità è un
parametro che ci dice la percentuale di farmaco che entra nella circolazione sistemica dopo
aver passato intestino e fegato.
Per la morfina è del 30%, se vogliamo avere un’azione importante dobbiamo aumentarne
la dose.
51
I FANS
Sono tutti farmaci che conosciamo molto
bene.
Sappiamo che questi farmaci si chiamano
fans, farmaci antiinfiammatori non
steroidei.
Antinfiammatorio significa che sul
principio del dolore ci agisce
un’infiammazione, quindi togliendo
questa, si riduce il dolore.
Togliendo l’infiammazione sfruttiamo
l’analgesia da infiammazione, agiscono
come antipiretici (tachipirina), e da
antiaggregante (aspirinetta) per evitare
sviluppo di trombi.
(slide) Nomi di fans
Come agiscono?
52
Il principio su cui agiscono è che devono ridurre uno stato infiammatorio, a partire dalla
nostra membrana che circonda tutte le cellule, se arrivano degli stimoli di qualunque tipo,
fisici (ci buchiamo), un qualsiasi insulto, viene tradotto a livello della membrana
fosfolipidica con il rilascio di fosfolipasi A che trasforma i fosfolipidi in acido arachidonico,
che rilasciato, viene trasformato in prostanoidi dall’enzima COX ciclossigenasi.
Cosa sono questi prostanoidi?
Il tromboxano (TXA2): aggregazione piastrinica
Prostoglandina e2 (PGE2): vasodilatazione aumento soglia dolore, aumenta temperatura
corporea, citoprotezione gastrica.
Prostaglandina f2alfa (PGF2α): che è quella che controlla la motilità uterina
La prostaglandina I2 (PGI2) che ha un’azione antiaggregante piastrinico, induce
vasodilatazione, importante per il flusso renale e la filtrazione glomerulare e citoprotezione
gastrica.
Se ho dopo un insulto, febbre, virus ecc ho il rilascio di acido arachidonico abbiamo la
risposta infiammatoria con questo ciclo.
I fans bloccano il COX
L’effetto antiinfiammatorio ….
L’effetto analgesico è dovuto
all’inibizione di PGE2
Antipiretico è dovuto all’inibizione
della PGE2 a livello ipotalamico.
Esistono 2 enzimi in realtà:
COX1 e COX2.
La differenza è che l’enzima COX1 è
costitutiva, abbiamo detto che la
PGE2 a livello dello stomaco produce
il muco, quindi gastro-protettiva, l’attivazione a livello dello stomaco della COX1 è
fondamentale, quindi è espressa in tutte le cellule: nei vasi, nello stomaco, nel rene.
Controlla fisiologicamente tutte quelle prostaglandine che controllano la secrezione di
acido e muco, l’aggregazione piastrinica.
La COX2 è un enzima che non c’è, viene indotto dallo stato infiammatorio, viene
sintetizzato questo enzima che interviene soltanto in questo stato infiammatorio.
53
Quale sarebbe il FANS ideale? Quello che inibisce solo la COX2 cosicché la COX1 è
salvaguardata.
In realtà di tutti quei FANS, la differenza sta, ad esempio tra l’ipobrufene e il diclodenac,
ciascuno di essi è o un po’ più
COX1 o più COX2.
Tanto più un farmaco blocca la
COX1 più si hanno effetti
collaterali.
Quindi son stati fatti farmaci che
agiscono sulla COX2.
Gli effetti collaterali sono:
le ulcere a livello
gastrointestinale riducendo il
muco.
A livello delle piastrine abbiamo l’effetto di inibizione dell’aggregazione.
A livello renale si ha una ridotta escrezione di sodio, ritenzione di liquidi,
abbassamento flusso renale.
A livello uterino: blocchiamo la contrattilità uterina e ritardiamo il travaglio.
I FANS non si utilizzano prima del parto, ma ciò non è dovuto al fatto che ci possa essere
un effetto tossico sul feto, ma al ritardo del travaglio.
L’altro effetto collaterale è l’ipersensibilità con l’aspirina, orticaria, ipertensione e
anafilattoidi.
Con l’acido acetilsalicilico rischiamo la sindrome di Reye, è una sindrome che può
essere anche fatale e si osserva quando c’è un virus e diamo l’aspirina, si sviluppa la
sindrome.
Sino ai 16 anni di vita con la febbre non va data l’aspirina, ma sempre paracetamolo.
L’altro effetto collaterale è il salicilismo, una azione dovuta a questo sale dell’aspirina
che con alti dosaggi porta tinnito (rumore a livello dell’orecchio), vertigini, nausea.
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Usiamo il paracetamolo perché ha minori effetti gastro-lesivi, debole effetto
antiinfiammatorio, ma forte analgesico e antipiretico.
Il paracetamolo è un farmaco ad azione analgesica, antipiretica, poco antiinfiammatoria
rispetto a tutti gli altri FANS ed è meglio tollerato a livello gastrico.
Farmaci che inibiscono la COX2: (slide )
Rofecoxib, ritirato successivamente per
incidenza di eventi cardiovascolari, dopo
uno studio di 3 anni che lo aveva messo in
evidenza, il motivo è lungo da spiegare, ma
tutti i FANS ad alto dosaggio possono
indurre degli eventi cardiovascolari,
certamente i COX2 specifici pur essendo 0
gastrolesivi, hanno la problematica di
indurre un elevato rischio di incidenti
cardiovascolari.
Abbiamo però ancora in commercio l’Etoricoxib, il Celecoxib e il Parecoxib.
Quando li usiamo?
Quando serve una forte azione antiinfiammatoria.
Nell’osteoartrosi, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, in tutti i casi di infiammazione
associati all’artrite gottosa acuta.
Nel caso in cui abbiamo bisogno di un potere antiinfiammatorio molto importante
dobbiamo usare i farmaci salva vita, corticosteroidi.
Farmaci antiinfiammatori steroidei.
Il cortisone è uno steroide e come tutti gli steroidi hanno i loro recettori non sulla
superficie cellulare, ma intracellulare.
Oggi i cortisonici possiamo considerarli i farmaci più potenti dal punto di vista
antiinfiammatorio e vanno pensati come farmaci fortissimi per la loro azione
immunosoppressiva.
Il cortisolo, da dove nasce tutto, è endogeno, rilasciato dalle ghiandole surrenali.
L’importanza di questa ghiandola lo dobbiamo a due pionieri, Thomas Addison e Harvey
William Cushing.
Addison ha detto che se si hanno le ghiandole surrenali che non rilasciano cortisolo si
riscontra un’insufficienza che vi porta alla malattia di Addison.
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Dall’altra parte Cushing ha dimostrato che l’ipersecrezione di corticoidi porta alla sindrome
di Cushing.
Perché è così importante?
Per il metabolismo glicidico ed elettrolitico.
Quando noi andiamo ad analizzare il tutto, dobbiamo sapere che la secrezione del
cortisolo avviene perché tutta una serie di stimoli fisici e psichici portano al rilascio da
parte dell’ipotalamo a stimolare un ormone che stimola l’adenoipofisi a rilasciare ACTH che
stimola la corteccia del surrene a produrre cortisolo ed altri ormoni.
Una volta rilasciato, il cortisolo inibisce il sistema immunitario, la produzione di citochine
infiammatorie, le quali stimolano sempre il rilascio di cortisolo.
Cosa succede?
Che una volta che il cortisolo è uscito insieme all’aldosterone, che è un ormone che regola
l’equilibrio idrico e salino, allora il principale glucocorticoide è il cortisolo, il
mineralcorticoide è l’aldosterone, entrambi si legano ad uno specifico recettore.
I glucocorticoidi regolano la biosintesi e il metabolismo dei carboidrati dei lipidi e delle
proteine, si legano ai recettori GR, ma lega anche gli MR (legati dall’aldosterone).
In questo caso influenzano il bilancio idrico degli elettroliti.
I mineralcorticoidi regolano il ricambio idrico e salino perché trattengono acqua e sodio ed
eliminano potassio.
La mattina appena svegli il cortisolo aumenta, quindi si è più energici, attivi, perché la
giornata inizia e serve per controllare l’energia dell’organismo.
Tutti i farmaci antiinfiammatori steroidei sono stati sviluppati dopo la conoscenza del
cortisolo, ma ha anche la funzione mineralcorticoidea che porta alla ritenzione idrica.
Allora sono stati fatti dei farmaci che amplifichino l’azione antiinfiammatoria e riducono
l’attività mineralcorticoidea.
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Idrocortisone
(flebocortid)
Prednisone
(deltacortene)
Metilprednisolone
(urbason)
Betametason (bentelan)
Desametasone
(decadron)
Possiamo vedere quanti
di questi farmaci
possono essere usati sia
per via orale sia per via
parenterale.
Effetti metabolici, su
carboidrati, proteine
stimolano la gluconeogenesi e la glicogeno-sintesi epatica, quindi ci danno energia,
diminuiscono l’utilizzo del glucosio da parte dei tessuti, aumento quindi glicemia
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Il meccanismo
d’azione di questi
farmaci come
antiinfiammatori è
questo:
tutti i glucocorticoidi
hanno un certo
tempo di latenza,
che è dovuto al fatto
che loro agiscono a
livello genico, sono intracellulari, si legano al recettore MR entrano all’interno della cellula,
si legano ad una zona del DNA che si chiama GNE(?) O attivano la produzione di proteine
antiinfiammatorie, o riducono la proteina pro-infiammatoria.
Possono essere dati per tante vie di somministrazione
Indicazioni terapeutiche (Slide sotto, tabella 2)
Se io do cronicamente questi farmaci, mimo un Cushing, gli effetti che si sviluppano sono
come quelli che vedeva lo studioso, ovvero le ghiandole surrenali che producono troppo
cortisolo.
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Euforia, gobba di bufalo, ipertensione, assottigliamento pelle, osteoporosi, scarsa
cicatrizzazione, ecchimosi, grasso addominale aumentato,
faccia tonda, cataratta ecc
Slide effetti collaterali (sotto)
Bisogna stare attenti all’iperglicemia e l’ipertensione
Quali controindicazioni?
Possono indurre ulcera, anche se non è mai stato stabilito fino in fondo, è buona norma
utilizzare protettori gastrici.
Attenzione ad utilizzare glucocorticoidi con alcool fans, antidiabetici ecc Fare molta
attenzione anche che se usiamo i glucocorticoidi per molto tempo, riduciamo la secrezione
naturale delle nostre ghiandole surrenali per un meccanismo di feedback, quindi non si
può sospendere la terapia improvvisamente, ma in modo graduale in generale necessari 2-
3 mesi per il ripristino della funzione a livello ipofisario, ma fino a 9 mesi per tornare alla
normalità.
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Farmaci che agiscono a livello dell’apparato digerente
L’ulcera a livello duodenale si sviluppa fondamentalmente perché a livello dello stomaco
abbiamo un equilibrio tra fattori aggressivi, pepsina acido cloridrico, dall’altra i fattori
difensivi (muco), ma anche la formazione di bicarbonato, il tutto bilanciato.
Quando i fattori aggressivi
diventano prevalenti si
sviluppa l’ulcera, e
naturalmente l’ulcera era
considerata dovuta ad altre
cose, come l’uso di FANS,
inibizione di
prostaglandine, o tumore
di Zollinger Ellison.
Ma oggi sappiamo che è
dovuta all’Helicobacter
Pylori (ulcera)
Cosa sono questi farmaci e
come funzionano?
Cellula dello stomaco,
una pompa protonica
tira fuori l’idrogeno
contro gradiente di
concentrazione e
porta dentro lo ione
potassio.
I farmaci che agiscono
bloccando questa
pompa, capostipite di
questa classe è
l’omeprazolo,
ma la secrezione di
acido cloridrico non è
60
controllata solo dalla
pompa protonica, infatti per
attivare quest’ultima,
bisogna passare tutta una
serie di vie e di recettori.
Farmaci come antiulcera
sono anche quelli che
bloccano i recettori, come
la Ranitidina che blocca il
recettore H2, o la
Pirenzepina che blocca il
recettore dell’acetilcolina.
Effetti collaterali della Cimetidina, ma non si usa più perché induce impotenza.
La Ranitidina è ancora molto utilizzata, anche se induce cefalea, vertigini insonnia ecc
L’omeprazolo, non è solo l’antra
VANNO RICORDATI TUTTI E GLI EFFETTI COLLATERALI (diarrea, nausea, dolori
addominali, cefalea a volte) inibizione di CYP450
61
Eradicazione dell’helicobacter pilori
Schema tipico:
Esistono poi protettori della mucosa gastrica, il sucralfato o Sali di bismuto
Creano uno strato sopra le lesioni della mucosa gastrica e in genere sono farmaci molto
ben tollerati perché agiscono localmente, ma quello che si osserva di più è la stipsi.
Il Maalox è un antiacido per eccellenza, idrossido di alluminio dà stipsi, idrossido di
magnesio dà diarrea, messi insieme danno il maalox.
Vomito è una risposta finale ad una serie di stimolazioni che possono venire dallo stomaco, dal
dolore, dal cervello, da alcuni farmaci citotossici che agiscono a livello della CTZ, zona
chemorecettrice del vomito, possono venire dal movimento che agisce a livello del cervelletto…
una volta che si attiva porta alla sudorazione, pallore, nausea, e vomito.
Come possiamo agire e quanto sono importanti i farmaci antiemetici?
Recettori coinvolti?
Acetilcolina, istamina, serotonina, dopamina
Se io ho un vomito dovuto al mar di moto posso usare la scopolamina, il certtoo di Transcop, o la
Xamamina (dimedridinato)
62
Per quanto riguarda il vomito dovuto alle vertigini si usa il farganesse, prometazina, e il torecan
63
Se ho un vomito da chemioterapia antitumorale posso utilizzare un antidopaminergico come la proclorperazina (stemetil), o il plasil (metoclopramide) Che può essere usato da solo o in associazione. Il plasil è un antidopaminergico che induce sonnolenza, ma anche sindromi parchinsoniane
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Farmaci che agiscono sul sistema nervoso autonomo
Oggi affrontiamo i farmaci che agiscono sul SNA, quindi fondamentalmente farmaci che vengono
utilizzati nelle emergenze, lezione propedeutica alla successiva, su i farmaci utilizzati per trattare
l’ipertensione.
Sapete che il SNA è una parte del sistema nervoso periferico, che si divide in autonomo e
somatico.
Quello autonomo si divide in parasimpatico e simpatico, oltre a controllare i movimenti
involontari.
Quello parasimpatico controlla i comportamenti legati allo stato di riposo e rilassamento, mentre
quello simpatico ci permette di stare attenti, attivi, definito attacco e fuga.
Oggi ci interessiamo di questi due, simpatico e parasimpatico.
Quando noi pensiamo al simpatico pensiamo al cavernicolo che deve lottare, fuggire, avere paura e
quindi deve avere tutta una serie di funzioni atte per questi comportamenti.
Quindi occhi con una dilatazione pupillare per vedere meglio, il cuore che aumenta di frequenza, di
contrazione.
È anche importante che i bronchi si dilatino per affrontare l’aumento del flusso di ossigeno, quindi
è inutile che il tratto gastroenterico aumenti la peristalsi, cosa che invece ci serve a riposo, col
parasimpatico.
Non ci serve vedere, quindi miosi, non ci serve broncodilatazione e nemmeno un cuore che batte a
mille, quindi riduzione frequenza cardiaca.
Anche a livello vescicale col simpatico abbiamo ritenzione, mentre col parasimpatico viceversa.
Il SNA, detto sistema nervoso involontario, viscerale, cosa fa di importante?
Ha una serie di importanti funzioni fisiologiche che abbiamo visto.
Se andiamo a vedere quelle che sono le innervazioni di questo sistema, ci accorgiamo che ci sono
delle innervazioni parasimpatiche (riposo, digestione) e innervazioni simpatiche.
Vedrete anche che ci sono delle innervazioni dal tronco encefalico che vanno attraverso delle vie
pre-gangliari che vanno ad innervare gangli nervosi.
Come nel tratto sacrale andranno ad innervare il tratto inferiore gastrointestinale, la vescica ecc
Poi abbiamo una catena paravertebrale di gangli che partono dalla zona toracica del midollo che si
proiettano su tutte le altre strutture (cuore polmoni ecc)
Come è fatta quindi l’anatomia?
SNC -> ganglio -> da cui partono
neuroni post gangliari -> che rilascia
il neurotrasmettitore che arriva al
bersaglio, però c’è una differenza tra
simpatico e parasimpatico nella
trasmissione:
nel simpatico il primo
neurotrasmettitore è quello
gangliare, l’acetilcolina, che si lega
al recettore nicotinico N, e per il
simpatico il neurotrasmettitore che
arriva dal ganglio all’organo è la
noradrenalina, che trova il suo
recettore adrenergico per poi
arrivare all’organo effettore.
71
La via parasimpatica sempre ha l’acetilcolina come trasmettitore gangliare, recettore comunque
nicotinico, ma l’altro neurotrasmettitore non è la noradrenalina, ma sempre l’acetilcolina.
Nel caso dell’innervazione senza ganglio abbiamo che il neurotrasmettitore è l’adrenalina.
Tutti questi sono neurotrasmettitori.
Il sistema nervoso simpatico ha come neurotrasmettitori due-tre: noradrenalina, adrenalina,
dopamina.
Il parasimpatico invece ha come recettore sull’organo effettore, quindi non pre-gangliare, ha il
recettore M (muscarinico)
Scopriamo i farmaci del sistema adrenergico
Slide che fa vedere il sistema adrenergico di tipo alfa e beta e vediamo che il precursore della
noradrenalina e
adrenalina per quello
che riguarda la
midollare del surrene, il
precursore è la
tirosina che viene
modificata in dopa e
poi dopamina. Questa
a sua volta viene
trasformata in
noradrenalina, arriva
l’impulso nervoso, fa
aprire i canali del
calcio, entra e la
vescicola dove sta la
noradrenalina si apre e
viene rilasciata in
quella che viene
chiamato spazio
sinaptico.
Questa quindi deve
andarsi a legare a dei recettori, alfa e beta
Una volta che si è legata, e può legarsi anche al recettore presinaptico bloccando l’uscita di altra
noradrenalina.
Ma quando si lega ai recettori abbiamo la risposta cellulare
Poi il segnale si spegne e viene ri-captata all’interno della sinapsi la noradrenalina
72
Cosa fanno? Dove stanno?
Se andiamo a vedere i recettori alfa 1 stanno a
livello post-sinaptico, cosa fa? Regola la
vasocostrizione, la contrazione del sistema
vascolare e se è attivato, induce quindi
vasocostrizione, se i vasi si costringono aumenta
la PA. Aumento resistenza periferica.
L’alfa 2 è presinaptico e cosa fa? Spegne il
segnale, quindi una volta che la noradrenalina si è legata, inibisce nuova liberazione della stessa-
Il beta 1 si trova a livello del cuore e cosa fa? Aumenta la forza di contrazione del cuore, effetto
inotropo positivo, e aumenta la frequenza cardiaca, definito effetto cronotropo positivo, perché
aumenta la frequenza, cronotropo negativo se avesse ridotto la frequenza. Aumento della
liberazione di renina, che è il precursore dell’angiotensina, l’angiotensina II è il più importante
fattore vasocostrittore che abbiamo.
Il beta 2 ha varie funzioni, la stimolazione a livello delle arterie fa proprio l’effetto inverso dell’alfa
1, perché provoca vasodilatazione, a livello dei bronchi rilasciamento bronchiale, utero
rilasciamento uterino, e regola la glicemia.
O possiamo stimolare il sistema adrenergico, quindi aumentare la forza di contrazione, la
frequenza, la pressione e usiamo quindi farmaci simpatico mimetici, perché mimano gli effetti del
SNS, oppure abbiamo antagonisti che bloccano la trasmissione simpatica.
Gli agonisti:
Adrenalina
Noradrenalina
Dopamina
Dobutamina
Sono tutti farmaci che usiamo clinicamente, sono tutti farmaci che si utilizzano perché vanno a
stimolare i recettori alfa e beta.
73
Quando usiamo questi agonisti?
Sempre nello shock, di tutti i tipi,
anafilattico, cardiogeno. In tutte quelle
condizioni in cui abbiamo bisogno di
stimolare l’organismo e il sistema
cardiovascolare.
Quando si ha un sanguinamento
superficiale in chirurgia, siccome
l’adrenalina è vasocostrittrice.
Nella congestione nasale.
Per una forte ipotensione.
Nell’asma bronchiale, perché è broncodilatatore, usato per OS nelle crisi asmatiche ad esempio.
Nelle reazioni allergiche.
Nell’arresto cardiaco e aritmie.
Adrenalina si usa?
L’adrenalina in
particolare cosa fa?
Vasocostringe arterie e
vene, aumento frequenza
e contrazione cardiaca,
inotropo positivo e
cronotropo positivo,
porta ad aumento di PA
Broncodilatazione e
aumento
concentrazione
glucosio, agisce sui
recettori beta
Somministrazione?
Per via orale
Via intramuscolo, assorbimento rapido (IM)
Via sottocutanea, assorbimento più lento (SC)
Via endovenosa (EV) solo in emergenza e molto diluita, somministrata lentamente rischio
emorragia cerebrale
Soluzioni compatibili (SLIDE)
Emivita molto breve: 2,5 minuti
Negli impieghi terapeutici di emergenza, quindi somministrazione endovenosa.
Quando facciamo la rianimazione cardiopolmonare, nelle reazioni anafilattiche.
Non va somministrata con arresto cardiaco da insufficienza del cuore, quindi un cuore
scompensato non si somministra adrenalina.
Usata per il trattamento sincope dovuta ad un blocco cardiaco.
Se c’è arresto cardiaco dopo anestesia generale.
Per broncospasmo acuto, quando non c’è disponibilità di agonisti selettivi (solbutamolo)
74
Slide controindicazioni->
No ischemia miocardica,
no ictus ipertensione, no
in tachiaritmie, no in
situazioni in cui la nostra
tiroide è stata colpita da
tossicosi.
No nei diabetici e nei
portatori di malattie
epatiche.
No in un paziente trattato
con beta-bloccanti.
Quando si usa la noradrenalina?
È molto diversa dall’adrenalina?
Per una piccola cosa, in parte si.
L’adrenalina lega i beta 2 in modo
importante, che sono quelli che mediano
la vasodilatazione.
Nel bilancio si vede che la noradrenalina,
siccome sui beta 2 ha una minore
vasodilatazione, ci sarebbe una minore
componente vasodilatatrice quindi un
maggiore aumento pressorio tra l’utilizzo di una o l’altra.
La noradrenalina aumenta pressione
Negli stati di shock con severa ipotensione
Per infusione EV, inizio d’azione immediata
Emivita: 1-2 minuti
Dopamina è un precursore della
noradrenalina.
Viene utilizzata solo nello shock
cardiogeno, agisce direttamente anche
attraverso il rilascio di noradrenalina,
dove la sinapsi è simpatica.
Se la uso a basse dosi porta soltanto un
aumento del flusso renale.
Se la uso a dosi cliniche, stimola i beta 1,
quindi effetto inotropo positivo,
aumento contrazione e frequenza.
Se invece si usa a dosi elevate, non solo
agisce sui D2 e beta 1, ma anche sugli
alfa 1 e quindi induce vasocostrizione.
75
Quindi ha un’azione importante perché agisce sul flusso renale, sulla contrazione e la
vasocostrizione.
Si utilizza nello shock cardiogeno.
La dobutamina, nello scompenso cardiaco perché c’è proprio un problema di contrattilità e nello
shock.
Essendo molto attiva sui Beta 1
rispetto ai beta 2 e gli alfa, abbiamo
aumento contrazione cardiaca, in
via EV.
Effetti collaterali? (Slide ->)
Sul sistema parasimpatico, quello
che utilizza l’acetilcolina, sistema
colinergico.
Possiamo avere farmaci che
attivano questo sistema?
Si, ma su cosa agiscono?
Aumenta la motilità del tono nel
sistema gastrointestinale, aumento
peristalsi, aumento secrezioni
salivari.
A livello urinario contrazione vescica, rilasciamento sfintere.
A livello del cuore diminuisce la frequenza e la diminuzione della conduzione AV grazie al nervo
VAGO.
Ha come recettore il recettore nicotinico, ma ci interessa cosa succede negli organi effettori e non
c’è il recettore nicotinico, ma muscarinico e l’acetilcolina è il suo neurotrasmettitore
L’acetilcolina si forma dalla
colina, ecc
Esistono farmaci
parasimpaticomimetici e
anche gli antagonisti che
bloccano la trasmissione
parasimpatica.
Per i mimetici, che
mimano l’acetilcolina
abbiamo due cose, il
betanecolo che viene
impiegato solo per
ipotonia gastrointestinale
della vescica.
E la pilocarpina che viene
utilizzata nel glaucoma,
perché abbiamo bisogno
della miosi.
76
Effetti collaterali (slide ->)
Quello che ci serve nelle
urgenze sono i simpaticolitici,
quelli che bloccano gli effetti
del sistema parasimpatico, vanno a competere con i recettori dell’acetilcolina, quindi bloccano i
recettori muscarinici
Il farmaco in questione è l’atropina, che
fa diverse cose:
Inibisce le risposte vagali nel cuore, quindi
aumenta la contrazione
Deprime le secrezioni salivari, secchezza
delle fauci, dilata i bronchi
Quando si usa?
Bradicardia sinusale importante, ho
bisogno di aumentare il tono simpatico e
ridurre il parasimpatico
Blocco atrioventricolare di secondo grado
Effetti avversi dell’atropina (slide)
Altri anti-muscarinici
77
L’Ipertensione
La pre-ipertensione è quella situazione in cui abbiamo valori di massima sistolica tra 120 e 139 e
minima tra 80 e 89, non dovremmo trattare il paziente con i farmaci, ma stimolarlo a mettere
poco sale, poco alcool, aumentare l’attività fisica, ridurre il peso corporeo e non fumare.
Invece con pressioni più alte, come nello stadio uno, di massima 140 -159, minima 90-99.
Nello stadio due pressione superiore a 160 su 100 e nelle crisi ipertensive con pressioni superiori a
180 e minime superiori ai 110, dobbiamo intervenire con i farmaci.
La pressione arteriosa è direttamente proporzionale alla gittata cardiaca e alle resistenze
periferiche, quindi nell’ipertensione
aumentano entrambe.
La pressione arteriosa è regolata
fondamentalmente dal
SNSimpatico, dal sistema Renina-
Angiotensina-Aldosterone
stimolato appunto dal simpatico.
Altra cosa importante ritenzione
renale di sodio, aumento volume
fluidi, aumento precarico
Allora usiamo gli antiipertensivi, che
fanno? Riducono la pressione
sanguigna perché riducono la
gittata cardiaca e le resistenze
cardiache.
Dove andiamo ad agire?
Con i nostri betabloccanti
che agiscono a livello del
cuore e a livello delle arterie
renali, con gli ACE inibitori
che inibiscono l’angiotensina
II, con i diuretici, con gli ARBs,
i calcio antagonisti che
agiscono molto a livello
vascolare delle arterie, del
letto vascolare.
Questi sono i più utilizzati:
i betabloccanti portano ad
una azione cronotropo
negativa, riduzione frequenza
cardiaca, ma anche hanno
un’azione inotropa negativa,
riduzione forza contrazione, e
poi creano vasodilatazione periferica, riducono resistenze vascolari e quindi la PA.
Gli ACE inibitori bloccano l’enzima della conversione dell’angiotensina.
I calcio antagonisti vasodilatano quindi riducono la pressione arteriosa.
I diuretici stimolano la secrezione di acqua e di elettroliti a livello renale, aumento diuresi
78
I beta bloccanti
Classe di farmaci molto
complessa, dal punto di vista
infermieristico vi serve sapere
quali sono gli effetti collaterali,
utilizzati: il bisoprololo,
atenololo, metoprololo, il
propranololo.
Bloccano i beta 1 e beta2,
antagonizzano gli effetti
dell’adrenalina e della
noradrenalina.
Effetti collaterali, bradicardia,
diminuzione libido, quindi
impotenza.
Possono portare incubi,
insonnia, depressione,
attenzione nei soggetti asmatici perché portano broncocostrizione.
I soggetti asmatici sarebbe bene non trattarli con i beta bloccanti, eventualmente ci sono alcuni
bloccanti che sono meno broncocostrittori
Esiste la sindrome da sospensione Beta bloccanti, quindi non vanno mai interrotti bruscamente,
perché può portare infarti, angina, quindi bisogna ridurre il dosaggio piano piano, dimezzato ogni
2-3 giorni, la sospensione non deve avvenire prima di 3 riduzioni consecutive
SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE
La renina converte
l’angiotensinogeno in
angiotensina I, dopo di che
interviene l’enzima ACE, che
converte l’angiotensina I in
angiotensina II.
Che cosa fa quest’ultima?
Va a stimolare l’attività
simpatica, porta un
riassorbimento tubulare di
sodio e cloro, agisce
all’interno della corticale del
surrene, quindi secrezione
aldosterone.
Agisce a livello dei vasi, quindi vasocostrizione.
Stimola la neuroipofisi alla secrezione di ADH.
Tutto ciò porta ad aumentare la pressione, una volta che è aumentata ci deve essere una risposta
a feedback negativo che interrompe la produzione di renina.
Questo si attiva ogni volta che abbiamo bisogno di alzare la pressione.
79
Ma la pressione, l’ipertensione è dovuta a mille cause, sicuramente la renina è fondamentale nella
regolazione.
Se io vado a bloccare l’angiotensina II che va a produrre tutti quegli effetti che aumentano la
pressione, ho trovato un farmaco straordinario, e questo è l’ace inibitore, l’angiotensina I non viene
più trasformata.
Il captopril, lisinopril, triatec, ramipril, enalapril.
Questi sono i farmaci ace inibitori
tanto prescritti.
Conseguente all’ipertensione
abbiamo un rimodello del cuore, e
gli ACE inibitori riducono anche
questa fibrosi cardiaca.
Tutti hanno una lunga durata
d’azione, quindi singola dose
giornaliera, la maggior parte sono
pro-farmaci.
Alta biodisponibilità in generale,
alcuni presentano interazioni col
cibo quindi da prendere lontano
dai pasti.
Eliminati per via renale
Ace inibitori sono oggi la prima scelta nell’insufficienza renale, indicati per diabetici e
dislipidemie, importanti nello scompenso cardiaco congestizio, insufficienza cardiaca
congestizia, importanti perché si possono dare anche dopo aver avuto infarto del miocardio e sono
farmaci che possono essere dati nell’insufficienza renale cronica, rallentano la progressione verso
l’emodialisi.
Effetti collaterali:
tosse secca persistente, aumento della bradichinina a livello polmonare
Ipotensione
Iper-potassiemia
Reazioni allergiche cutanee
Angioedema
DIURETICI
Sono utilizzati nell’ipertensione e nell’edema perché aumentano il volume delle urine e riducono
il riassorbimento di sodio nel tubulo renale.
Quest’ultimo costituito da un
tubo prossimale, ansa di Henle
ecc, ciascuno dei diversi diuretici
agisce in tratti diversi del nefrone.
Prendiamo in considerazione i
diuretici tiazidici e diuretici
dell’ansa.
Abbiamo anche i risparmiatori di
potassio come amiloride e
spironolattone usati in
associazione ad altri diuretici
perché fanno risparmiare
80
l’eliminazione di potassio.
Quando li utilizziamo? (SLIDE->)
Abbiamo diuretici osmotici
nell’edema cerebrale
E inibitori dell’anidrasi carbonica
I più utilizzati sono i diuretici
dell’ansa, il più utilizzato
flurosemide, lasix
Effetti collaterali
Ipopotassemia, astenia, crampi,
aritmie, associare risparmiatori di
potassio.
Iperuricemia (gotta)
Ipovolemia e ipotensione
Perdita di calcio e magnesio
Ototossicità e reazioni allergiche
I diuretici tiazidici sono molto
meno efficaci rispetto ai
diuretici dell’ansa, ma sono
spesso trovati in associazione, e
agiscono a livello del tubulo
distale bloccando il cotrasporto
sodio-cloro.
Riduco ritenzione sodio e
acqua, riduco volume
sanguigno e quindi la gittata
cardiaca, diminuzione quindi
pressione.
Principale impiego per la
ipertensione, utilizzato anche
nell’edema di piccolo conto.
Effetti collaterali
Ipopotassemia
Iperuricemia
Ipercalcemia
Iperglicemia
Ipotensione
Impotenza sessuale
Reazioni allergiche
Infine arriviamo a parlare dei calcio
antagonisti.
Che fanno?
81
Vanno ad agire a livello vascolare e siccome sappiamo che a livello della muscolatura liscia
abbiamo il calcio che ha l’importante compito di bloccare la contrazione, ma questi canali del calcio
sono anche a livello del cuore.
Quindi cosa fanno i calcio antagonisti? Inducono una vasodilatazione arteriosa, hanno un’azione
inotropa negativa, riducono anche la velocità di conduzione, effetto batmotropo negativo.
Classe di farmaci ancora più utilizzata dagli anziani.
Diidropiridine
Le benzotiazepine (diltiazem)
Fenialchilamine (che sono attive a livello cardiaco verapanil)
Vecchi farmaci (nifedipina, adalat,
nifedicor)
La seconda generazione meno
effetti collaterali e durata più lunga.
Il diltiazem è molto utilizzato
nell’ipertensione e nella terapia
dell’angina.
Effetti collaterali
Cefale, vertigini, senso di
affaticamento, stipsi, eruzioni
cutanee, ipotensione
(diidripiridine, perché agisce più a
livello vascolare) edemi malleolari,
crampi muscolari, cardiopalmo
per diidropiridine a corta durata
d’azione
Blocco AV, e bradicardia con l’uso di diltiazem e verapamil.
Aggravamento reflusso gastro-esofageo.
82
LEZIONE DEL 17 GENNAIO
ANTIBIOTICI
Antibatterici. Si tratta di una classe di farmaci che agiscono su infezioni causate dai
batteri. Si dividono in due classi:
• Antibiotici: molecole di origine naturale non a caso ci ricordiamo di Fleming, che
ha scoperto la penicillina dal relativo fungo.
• Chemioterapici Il termine chemioterapico riguarda invece un composto di sintesi.
Tutti gli antibatterici sono, in linea di massima, farmaci con un alto indice terapeutico,
perché vanno a colpire bersagli che sono molto diversi da quelli del nostro organismo,
quindi diversi dagli eucarioti.
L'antibiotico per agire deve entrare nella cellula batterica per raggiungere il sito d'azione,
per eliminarlo o ridurne l'attività (la riproduzione). Si deve legare fisicamente al
bersaglio (legame recettoriale), inibire il processo a cui quel bersaglio è legato e
soprattutto l'antibiotico non deve modificarsi all'interno della cellula batterica, ogni
modifica può fargli perdere di efficacia.
Facciamo una breve classificazione dei batteri.
1. Gram positivi, la cui parete cellulare assorbe un particolare colorante o anche
resiste alla decolorazione con l'alcol.
2. Gram negativi, che hanno una parete cellulare (all'interno, perché fuori abbiamo
una membrana) che invece non assorbe quel particolare colorante o vengono
decolorati dall'alcol.
3. Aerobi, che hanno bisogno dell'ossigeno per sopravvivere.
4. Anaerobi, che non hanno bisogno dell'ossigeno.
Gli antibiotici possono essere:
• Batteriostatici. Usiamo "batteriostatico" quando parliamo di un agente che permette
un blocco della duplicazione batterica, quindi questi non riescono più a crescere e
svilupparsi.
• Battericidi, in cui c'è un'azione del farmaco che uccide il batterio.
Come stabiliamo se un
antibiotico è batteriostatico o
battericida?
È abbastanza facile, intanto,
in questo grafico vedete
bene il numero di batteri
sull'asse delle ordinate e il
83
tempo su quello delle ascisse. Se non usassi mai un antibiotico il numero dei batteri
continuerebbe a crescere all’infinito.
Nel momento in cui inserisco un farmaco antibatterico come
il cloramfenicolo, che è un batteriostatico, viene bloccata la
replicazione batterica. Se inserisco invece un battericida
come la penicillina, i batteri muoiono.
Nel caso del battericida, nel momento in cui lo mettiamo in
una capsula Petri, vediamo proprio i batteri che spariscono,
vengono uccisi. Nel caso del batteriostatico se c'erano 6
batteri 6 rimangono, non si moltiplicano più.
Possiamo vedere bene questo processo svolgendo un test di
sensibilità.
Si parte da una provetta dove abbiamo l'organismo da
coltivare, lo mettiamo poi nella capsula di Petri.
Successivamente prendiamo dei dischi di carta, ognuno con
un antibiotico sopra, e li inseriamo nella capsula. Se dopo un
po' c'è stata un'azione di inibizione della crescita allora il
micro organismo è sensibile al relativo farmaco. Se sotto la
carta c'è ancora crescita batterica allora questo è invece
resistente al farmaco.
Il concetto di resistenza è molto importante, ci dice se un
batterio è resistente all'attività di un antibiotico.
Questa resistenza può essere naturale o acquisita.
Naturale: ci sono situazioni in cui alcuni farmaci non riescono a penetrare il sistema
nervoso centrale (se pensiamo ad infezioni come le meningiti), perché c'è la barriera
emato-encefalica che non li fa passare, questa è una resistenza naturale.
Però, esiste il grande problema dell'antibiotico resistenza, cioè quando l'uso degli
antibiotici porta ad una selezione di batteri che sono diventati resistenti all'antibiotico
utilizzato. Questo lo fanno grazie a meccanismi in cui si comunicano tra di loro questa
resistenza, per motivi genetici ovviamente.
L'uso spropositato di antibiotici ad ampio spettro (cioè quelli che non distinguono tra
Gram positivi e negativi) ha portato allo sviluppo delle resistenze. É un fenomeno
allarmante nel mondo (specie negli ospedali), tanti ceppi di batteri, come ad esempio lo
Staphylococcus aureus, sono diventati resistenti quasi a qualunque tipo di antibiotico.
Quindi è un allarme mondiale, l'OMS ha stabilito da diversi anni che gli antibiotici vadano
utilizzati con attenzione. Solo con infezioni già stabilite e non a sproposito.
• Un grosso fattore di rischio è anche rappresentato dall'uso che si fa degli antibiotici
in zootecnia: gli animali vengono nutriti con diversi antibiotici, i batteri sviluppano
delle resistenze che poi finiscono anche per coinvolgere l'uomo, anche solo quando
84
non cuociamo la carne.
• Dosaggi sub-optimali: a volte se dobbiamo usare 1gr di antibiotico al giorno e ne
usiamo solo 500 mg.
• Profilassi antibiotica inopportuna, cioè il momento in cui si decide di assumere un
antibiotico quando assolutamente non necessario, è il caso di alcuni viaggiatori che
quando vanno in certe aree del mondo si fanno una profilassi antibiotica per evitare
di prendere qualcosa. Tutti questi fattori hanno portato allo sviluppo di resistenze.
Lo spettro di attività di un antibiotico può essere ristretto o ampio.
• Ristretto: efficace solo contro pochi micro-organismi, pochi batteri.
• Ampio: utile in un'ampia varietà di infezioni. Chi di voi non conosce l'Augmentin?
(quello che usano pure i dentisti) è un farmaco a largo spettro, molto utilizzato.
Classico caso in cui si ha la febbre da 3 giorni, ci si inizia a sentir male e allora si
decide di usare un farmaco ad ampio spettro come quello.
Molti antibiotici, come ad esempio le penicilline, hanno un elevato indice terapeutico,
perché agiscono direttamente sul batterio, oltre che un basso potenziale tossico.
Altri farmaci, come il cloramfenicolo hanno un alto potenziale tossico e possono essere
utilizzati solo quando il beneficio supera il rischio.
A livello di reazioni avverse possono svilupparsi delle tossicità gastrointestinali, cosa ci
prendiamo insieme all'antibiotico? I probiotici, l'enterogermina, perché è facilissimo
andare incontro a delle diarree. Posso rischiare anche conseguenze più importanti, come
danni renali e neurotossicità.
Quando i farmaci antibiotici possono essere utilizzati in profilassi?
• Viaggiatori che vanno in aree con dei patogeni endemici, siamo sicuri che
conoscendo il patogeno è bene fare una profilassi.
• Pazienti che devono eseguire un intervento di chirurgia cosiddetta “sporca”
(gastrointestinale, genito-urinario), prima di essere sottoposti all'intervento si fa un
largo uso di profilassi.
• Lo stesso vale per pazienti con malattie valvolari cardiache riconosciute,
sostituzioni valvolari, estrazioni dentali, in questi casi si fa una profilassi.
In queste slide sono riassunte le varie classi di antibiotici e il loro meccanismo di azione
(come fanno ad uccidere i batteri o inibirne la duplicazione?) Questi sono i meccanismi
d'azione che andrebbero studiati nella branca della farmacologia che si chiama
farmacodinamica.
85
Questo è un batterio,
questa è la parete
cellulare, all'interno
vediamo le principali
cose: c'è un DNA, c'è un
mRNA, ci sono i
ribosomi che sono
importantissimi per la
sintesi delle proteine,
come anche le purine e
le pirimidine per la
sintesi del DNA.
• Tutti i farmaci che
inibiscono la sintesi
della parete batterica si
chiamano beta-
lattamine e le capostipiti delle beta-lattamine sono le penicilline.
• Poi abbiamo farmaci che bloccano la riproduzione del DNA (e a valle poi delle
proteine essenziali per la sopravvivenza del batterio) che sono i fluorochinoloni,
per mettervi già qualche nome in testa, conoscete sicuramente il Ciproxin
(ciprofloxacina è il principio attivo), che appartiene alla classe dei fluorichinolonici.
• Abbiamo poi il metronidazolo, che non affronteremo perché si tratta di un
antibiotico di nicchia (serve per la Giardia ad esempio) e funziona creando un
danno al DNA.
• Abbiamo inibitori dell'RNA come la rifampicina (anche questa utilizzati in
condizioni particolari).
• Mentre molto utilizzati sono quelli che inibiscono la sintesi proteica (legandosi alla
sub-unita 50S del ribosoma) e questi sono il cloramfenicolo e i macrolidi (come lo
Zitromax, azitromicina). Abbiamo poi i farmaci che agiscono inibendo la sintesi
proteica legandosi alla sub-unita 30S del ribosoma, che sono le tetracicline e gli
amminoglicosidi (come il Gentalyn, gentamicina).
• Ci sono poi farmaci i sulfamidici, che hanno un'azione anti-metabolita, vanno a
ridurre la produzione di purine e pirimidine e di conseguenza la sintesi del DNA,
insieme al Trimetropim.
Iniziamo con le penicilline (beta-lattamine), sono battericidi.
Distinguiamo le penicilline naturali (benzilpenicillina o penicillina G) che può essere
somministrata per via intramuscolare o endovenosa, inibisce la sintesi della parete
batterica, non può essere somministrata per OS, perché verrebbe distrutta dall'acidità
gastrica. Per ovviare a questo problema è stata prodotta una penicillina di sintesi
(penicillina V o fenossipenicillina) che può essere somministrata solo per OS.
86
Queste penicilline possono anche essere disponibili in formulazione retard, che
comportano un rilascio graduale e costante nell'arco della giornata. Hanno un'azione se
abbiamo un problema a livello del sistema nervoso centrale (meningite ad esempio), solo
se c'è uno stato di infiammazione, perché in quel caso si apre la barriera emato-encefalica e
possono passare a livello del cervello.
Qui vedete gli usi terapeutici delle penicilline G e V, e dobbiamo porre attenzione al fatto
che la maggior parte di queste penicilline hanno un'azione più marcata verso i Gram + e
sono invece inattive verso tutti quei batteri (come lo Stafilococco Aureo) che sono grandi
produttori di beta-lattamasi o penicillasi. Questi batteri producono questi enzimi che
degradano l'antibiotico, quindi, quando do l'antibiotico questo viene degradato da questi
enzimi, che sono prodotti perlopiù da batteri Gram + come lo Stafilococco Aureo.
Vedete che il grosso dell'attività è verso Cocchi Gram + (Streptococco), Spirochete, Cocchi
Gram – (alcuni), Bacilli Gram + (alcuni). Le penicilline che sono resistenti a questi enzimi si
chiamano oxacillina e flucloxacillina, e sono due antibiotici studiati specificamente per
cercare di agire su quei batteri che producono questi enzimi che degradano l'antibiotico
stesso.
Questi due hanno un ristretto uso sullo Stafilococco Aureo, che è il ceppo maggiormente
ritrovato negli ospedali. Visto che
questi agiscono prevalentemente
sui Gram +, ci si è chiesti se fosse
possibile realizzare dei farmaci
anche attivi verso i Gram -.
In effetti gli studiosi hanno messo
a punto due farmaci, ampicillina
e amoxicillina (aminopenicilline),
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che hanno uno spettro d'azione ampio che li rende attivi sia su Gram + che Gram -.
Entrambe sono sensibili agli enzimi beta-lattamasi o penicillasi, quindi verrebbero
distrutti da questi ultimi, a meno di non associare il Sulbactam all'ampicillina e l'acido
clavulanico all'amoxicillina. In questo modo abbiamo l'Augmentin (amoxicillina + acido
clavulanico) e gli inibitori degli enzimi di penicillasi, permettono alle penicilline di non
essere distrutte da questi batteri che producono molto enzima.
Usiamo le aminopenicilline un po' ovunque, l'Augmentin viene usato per infezioni del
tratto urinario, alte vie respiratorie, meningite nei bambini, salmonella.
Altre penicilline vengono usate specificamente per farmaci contro lo Pseudomonas, come
la Piperacillina in combinazione con il tazobactam (altro inibitore della penicillasi) o la
ticarcillina associata all'acido clavulanico. Oltre allo Pseudomonas funzionano molto
bene contro i Gram -.
Tra le principali complicanze delle penicilline ci sono l'ipersensibilità (farmaco allergia che
porta, nell'ordine a:
• Eruzioni maculopapulari
• Orticaria
• Febbre
• Broncospasmo
• Malattia da Siero
• Dermatite Esfoliativa
• Sindrome di Stevens-Johnson
• Shock anafilattico
Come tutti gli antibiotici, si avranno anche disturbi gastrointestinali.
Sempre appartenenti alla classe delle beta-lattamine (farmaci che inibiscono la sintesi della
parete batterica), troviamo le cefalosporine.
Queste, rispetto alle penicilline, sono più resistenti alle beta-lattamasi, e queste le possiamo
distinguere in quattro generazioni:
I GENERAZIONE
• Buona attività vs GRAM+ ; Modesta attività vs GRAM –
II GENERAZIONE
• Buona attività vs GRAM+ ;
• Maggiore attività vs GRAM– rispetto alla I generazione.
III GENERAZIONE.
• Molto minore attività vs GRAM+ ;
• Eccellente attività vs GRAM– rispetto alle prime due generazioni
IV GENERAZIONE.
• Spettro di azione più ampio rispetto alla III gener. e maggiore stabilità all’idrolisi da
parte delle ß-lattamasi (o penicillasi).
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Tutte le cefalosporine, eccetto Cefixima, Cefaclor, Cefalexina che sono bene assorbite per
via orale, devono essere somministrate per via parenterale (ad esempio il ceftriaxone,
Rocefin).
Effetti collaterali sono simili a quelli delle penicilline, anche se hanno meno reazioni di
ipersensibilità.
Disturbi gastrointestinali, diarrea e nausea per somministrazioni os.
Gli amminoglicosidi sono invece inibitori della sintesi proteica e agiscono bloccando la
sub-unita 30S del ribosoma. Tra i più importanti troviamo:
• Amikacina
• Gentamicina (Gentalyn)
• Neomicina (in associazione con il Bimixin)
• netilmicina
• tobramicina
• paromomicina.
Questi farmaci, ad eccezione della paromomicina e del Bimixin, devono essere tutti dati
per via endovenosa o intramuscolare, perché quando arrivano a livello dello stomaco,
hanno una bassa biodisponibilità orale e non avrebbero azione.
Sono farmaci normalmente ospedalieri, non si usano in casa. La loro attività principale è
sui Gram – (poca sui Gram +). Gli effetti collaterali sono molto seri, quindi si usano solo
quando le cefalosporine di III generazione o i fluorichinoloni non sono efficaci.
In particolare (e sono da ricordare aveste mai un paziente ricoverato sotto
amminoglicosidi):
• Ototossicità: sono farmaci che portano alla sordità, si concentrano nell'endolinfa a
livello dell'orecchio.
• Nefrotossicità: quindi farmaci che si concentrano molto bene nel rene, creando
danni irreversibili.
• Paralisi: se usati prima di un'anestesia con un bloccante neuromuscolare
• Eruzioni cutanee.
Li utilizziamo soprattutto per Gram – e per ciascuno di questi ci sono delle specificità.
L'amikacina funziona bene con lo Pseudomonas aeruginosa, mentre la gentamicina è
molto importante quando ci sono malattie da enterococchi e in generale su tutti i Gram -,
oltre che in soluzioni oculari per le congiuntiviti.
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La neomicina è un farmaco per os,
che viene usato per la
decontaminazione dell'intestino
prima di una chirurgia intestinale,
netilmicina e kanamicina per
trattare escherichia coli, proteus e
klebsiella e la tobramicina può
essere anche utilizzata per aerosol
per sopprimere l'azione dello
Pseudomonas aeruginosa nelle
fibrosi cistiche.
Passiamo alle tetracicline.
Queste, pur agendo sempre sul ribosoma 30S, sono dei batteriostatici che stiamo usando
sempre meno.
Sono farmaci ad ampio spettro d'azione, colpiscono sia i Gram + che i Gram -, a differenza
di quanto fanno le penicilline e gli amminoglicosidi.
Sono fantastici perché agiscono a tutto campo, ma quando negli anni 60 sono entrate in
uso, abbiamo iniziato ad usarle talmente tanto in varie patologie, si è sviluppata una certa
resistenza.
Visto che però rimangono farmaci molto importanti, oggi ne abbiamo limitato l'uso per
alcuni particolari tipi di infezione:
• Clamidia
• Polmoniti da micoplasma
• Malattia di Lyme (infezione da spirocheta)
• Colera
• Febbre delle montagne rocciose (rickettsia).
I farmaci sono la doxiciclina, minociclina (Minocin) e la tetraciclina.
Non vanno assunti mai insieme a latticini, idrossido di alluminio, calcio e magnesio, sali di
ferro e di zinco, perché sono tutte sostanze chelanti, che prendono la tetraciclina e ne
inibiscono l'azione.
Niente antibiotico dopo pranzo insieme alla mozzarella di bufala.
Portano disturbi gastro-intestinali di ogni tipo, superinfenzioni (diarrea),
fotosensibilizzazione (mai esporsi al sole quando si è sotto tetracicline, si svilupperebbe
di sicuro un eritema solare), tossicità epatica, tossicità vestibolare (vertigini) soprattutto
con la minociclina.
Particolare attenzione va fatta per le tetracicline scadute, che possono diventare
nefrotossiche.
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Cloramfenicolo, va ad agire sulla sub-unita 50S dei ribosomi, ha un'azione batteriostatica
a basso dosaggio e battericida ad alto dosaggio.
Ampio spettro d'azione, eccellente penetrazione nel cervello, infatti si usa per meningiti,
ascessi cerebrali, tifo e febbre delle montagne rocciose.
Essendo però molto tossico non è un farmaco di prima scelta, lo utilizziamo come
antisettico ginecologico o come disinfettante chirurgico (Chemicetina), o per via topica
nelle congiuntiviti batteriche (in questo caso non ha tossicità).
Gli effetti collaterali sono:
• Mielodepressione, generale alterazione del sistema emopoietico.
• Anemia, anche aplastica fatale.
• Leucopenia e trombocitopenia (reversibili).
• Se usato nei neonati possiamo avere la "Sindrome del bambino grigio", che ha una
mortalità del 40%, il bambino assume una colorazione cinerea, è ipotermico, vomita
e ha diarrea.
Veniamo ai macrolidi, citavamo prima lo Zitromax (azitromicina). Qualcuno conosce anche il
Klacid o il Macladin (entrambi claritromicina), mentre meno conosceranno l'eritromicina
(Eritrocina).
I macrolidi sono batteriostatici, e l'eritromicina ha uno spettro di attività molto simile alla
penicillina G, più ristretto verso i Gram +, mentre tutti gli altri lavorano anche con i Gram -.
Come il cloramfenicolo si legano alla sub-unità 50S e ci sono, rispetto ad altri farmaci, che agiscono
su Gram + e -, hanno delle reazioni di ipersensibilità ridotte.
Gli effetti collaterali sono i seguenti:
Per l'eritromicina (Gram +), è un antibiotico sicuro.
• Nausea e diarrea
• Dolore epigastrico grave (specialmente nei bambini e giovani)
• Febbre, eosinofilia ed eruzioni cutanee
• Epatite colestatica (il più preoccupante)
• Transitoria alterazione della funzione uditiva (ad alti dosaggi)
Claritromicina e Azitromicina sono anche farmaci ben sopportati e in genere danno
problemi solo di tipo gastro-intestinale.
Il problema più grande dei macrolidi è che vanno ad interferire con il metabolismo epatico
mediato dal citocromo P450. Va fatta attenzione ad usarli insieme a farmaci come:
• Antistaminici
• Contraccettivi
• Corticosteroidi (cortisone)
• Benzodiazepine (ansiolitici)
• Acido Valproico (antiepilettici)
• Carbamazepina (antiepilettici)
• Warfarin (anticoagulante)
• Inibitori delle monoaminossidasi (antidepressivi)
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• Statine (farmaci contro il colesterolo).
L'azitromicina viene molto usata nella terapia di eradicazione di un batterio che si chiama
Helicobacter Pylori, quel batterio che causa la maggior parte delle ulcere gastriche.
Per eradicarlo, oltre a farmaci specifici va usato anche un antibiotico che è la claritromicina
insieme all'amoxicillina.
I sulfamidici, che sono anti-metaboliti. Vanno ad inibire la produzione di gruppi metilici
(a partire dall'acido tetraidrofolico) che portano alla formazione di purine e pirimidine
(che costruiscono il DNA). Sono battericidi e il più importante è il sulfametoxazolo, usato
in combinazione con il trimetoprim (Bactrim), insieme si chiamano cotrimoxazolo.
L'azione combinata dei due farmaci è molto più efficace dell'uso di uno solo dei due e
abbassa di molto la carica batterica.
Le resistenze ai sulfamidici sono più rare quando li usiamo in combinazione
(cotrimoxazolo).
Si usano per infezioni respiratorie (Haemophilus influenzae), in infezioni gastro-intestinali
in senso molto vario, in infezioni di prostata (prostatiti) e vie urinarie (dove sono molto
efficaci, specie considerando che la prostata è un distretto in cui è difficile penetrare).
Gli effetti collaterali sono soprattutto a livello emopoietico, anche se sono rare abbiamo
l'anemia emolitica acuta, la agranulocitosi, l'anemia aplastica (granulocitopenia,
trombocitopenia) specie in pazienti con deficit dei folati.
Disturbi del tratto urinario (perché c'è una maggiore concentrazione in questi distretti)
Reazioni di ipersensibilità: da eritemi a Stevens-Johnson.
Spesso presente febbre e senso di malessere.
A livello epatico può dare problemi gravi: che notiamo per cefalea, nausea, vomito e ittero
nei neonati.
Come tutti gli antibiotici abbiamo anche disordini gastro-intestinali: vomito, diarrea, coliti,
dolori addominali.
Passiamo ai chinolonici, cioè la famiglia dei fluorichinoloni, il cui capostipite è la
ciprofloxacina, o Ciproxin. Si è partititi dall'acido nalidixico, a questo è stato aggiunto poi
un fluoro.
Abbiamo anche anti-settici urinari come la nitrofurantoina (Furadantin). Concentriamoci
su questa classe perché è molto utilizzata sia a domicilio che in ospedale.
La ciprofloxacina è la più utilizzata, è un battericida che viene dato sia per os, che per
endovena.
Sono farmaci che negli ultimi anni hanno iniziato a manifestare casi di resistenza. Bloccano
la replicazione del DNA e hanno un ampio spettro d'azione (sia Gram + che -).
La cosa interessante è che oltre a funzionare bene sul tratto respiratorio, funzionano anche
per le infezioni del tratto urinario, prostatiti compresi e anche per infezioni intestinali
(coliti ulcerose, Morbo di Crohn), penetrano anche bene ossa ed articolazioni e funzionano
bene in malattie a trasmissione sessuale.
A livello di controindicazioni:
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Si è visto che inducono tossicità della cartilagine e sono controindicati in gravidanza e
allattamento, bambini sotto gli 8 anni e pazienti sofferenti di tendinite. La classica azione
di tossicità sulle cartilagini (per uso di Ciproxin) è in pazienti che hanno fatto
chemioterapia e hanno indebolito le cartilagini (molti chemioterapici sono dannosi in tal
senso), si è arrivati anche a casi in cui il successivo uso di ciprofloxacina ha portato a
rottura del tendine d'Achille.
Portano anche a cefalea e vertigini, allucinazioni negli anziani e attacchi epilettici in chi è
predisposto.
Nausea, vomito, diarrea e secchezza delle fauci, vertigini, cefalea.
Rari sono gli effetti immunologici di depressione del midollo osseo.
Più frequenti eruzioni cutanee e fotosensibilizzazione: bisogna evitare l'esposizione diretta
al sole (esattamente come capita per il fluorichinoloni).
Interagiscono poi con gli antiacidi come il Maalox, il sucralfato, ferro, zinco e calcio che è
meglio non usare insieme.
Per finire, un antisettico classico delle vie urinarie, che è il Furadantin (il principio attivo è
la nitrofurantoina). È un batteriostatico (battericida all'alzarsi delle dosi), che si concentra
principalmente a livello dei tubuli renali e funziona bene solo nelle infezioni urinarie.
Il paziente in genere non vuole usarlo una seconda volta perché porta a nausea, vomito e
diarrea, ma anche reazioni di ipersensibilità, ittero colestatico, epatiti, disturbi neurologici
occasionali e fibrosi polmonare e interstiziale (in trattamenti prolungati).
Entriamo a parlare di quel mondo che affascina un po' tutti. Chi di noi non ha sofferto di
ansia o ha avuto periodi della vita in cui è andato oltre alla tristezza, sconfinando della
depressione?
Nessuno di voi, sono sicura, avrà sofferto di schizofrenia (malattia psichiatrica con
componenti importanti di distacco dal mondo esterno).
La depressione invece è qualcosa legato ad un sentire profondamente quali possono essere
le problematiche della vita, mentre la schizofrenia è proprio un distacco.
Oggi affrontiamo una classe di farmaci che si chiamano benzodiazepine, che sono
principalmente utilizzati per l'ansia e per dormire un po' di più (ipnotici).
Prima di parlare di questo, dobbiamo però affrontare il fatto che questo farmaco passa nel
cervello (perché agisce a livello di sistema nervoso centrale). Il nostro comportamento è
fatto (schematizzando al massimo) di neurotrasmettitori che ci portano a muoversi,
eccitare e sviluppare un potenziale di azione che porta ad un comportamento e
neurotrasmettitori che inibiscono queste azioni eccitatorie.
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C'è una sorta di bilanciamento
tra eccitazione e inibizione.
Questo è schematicamente un
neurone pre-sinaptico, questo
uno post-sinaptico, quando
arriva il potenziale d'azione
viene rilasciato il
neurotrasmettitore, che va a
legarsi ad alcuni recettori nel
post-sinaptico e a quel punto
abbiamo l'azione. Questo
bilanciamento tra
neurotrasmettitori eccitatori e
inibitori bisogna capirlo in
termini di nomi. Il più importante neurotrasmettitore eccitatorio è il glutammato, ma
abbiamo anche l'aspartato, l'acetilcolina, le catecolamine (come la dopamina, la
noradrenalina e l'adrenalina), la serotonina e l'istamina. I più importanti a livello inibitorio
sono il GABA (o acido γ-amminobutirrico) e la glicina.
Allora, se io sono in uno stato di tranquillità ho un giusto bilanciamento tra sistema
eccitatorio e sistema inibitorio. In certe situazioni ho però ansia o insonnia. C'è qualcosa
che si sbilancia a livello del nostro organismo. O è salita l'attività eccitatoria (ansia,
insonnia) o si è abbassata l'attività inibitoria, comunque c'è uno sbilanciamento.
In questi casi usiamo una serie di farmaci che si chiamano benzodiazepine, che non
vengono solo utilizzate per ansia ed insonnia ma anche per:
• Sedazione.
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• Amnesia anterograda, ovvero un'amnesia che riguarda ciò che mi sta succedendo
nel momento presente. Sapete che le benzodiazepine come il Valium (diazepam)
possono essere utilizzate prima di una gastroscopia, ma perché? Non solo per
rilassare la muscolatura (visto che sono mio-rilassanti), ma soprattutto per l'azione
di amnesia anterograda, così facendo subito dopo la gastroscopia non abbiamo
questo cattivo ricordo di cosa è successo. Viene quindi a mancare la memoria di
cosa sta succedendo. Ciò è importante anche per quei pazienti che si recano per fare
la chemioterapia e quando entrano dentro il reparto sentono quegli odori, vedono
quella situazione e iniziano già a manifestare la nausea prima ancora di assumere il
chemioterapico. In quel caso potremmo ridurgli la nausea dandogli delle
benzodiazepine, al fine di fargli perdere il ricordo di quel primo momento.
• Azione anti-convulsivante, ad esempio, per trattare un bambino con crisi febbrili
(epilessia o convulsioni da febbre) dovremmo tenere in casa delle supposte di
Valium.
• Possono essere date come pre-anestetico operatorio e in certi casi direttamente
come anestetico (Ipnovel, cui principio attivo è il midazolam).
Pensiamo un attimo all'ansia, è un fatto estremamente normale e naturale, è normale che
voi veniate con l'ansia all'esame di farmacologia. Però l'ansia diventa qualche volta
patologica, è normale perché è qualcosa legata alla preparazione di un'azione, il tuo fisico
è proiettato verso l'azione, quasi come in uno stato di ansia da prestazione.
Diventa patologica quando si perde l'oggetto dell'ansia. Se ce l'ho, ma senza un oggetto
specifico che me la fa venire, allora c'è una componente patologica. Se esco di casa e mia
madre (86 anni lei e sulla soglia dei 60 io) mi dice "stai attenta ad attraversare la strada",
questo è un esempio di ansia ingiustificata, specie se non c'è nessuno per strada, non ci
sono pazzi in giro. È un'ansia senza oggetto.
Se sotto casa mia ci fosse una tangenziale, dove le macchine passano continuamente a 200
all'ora e lei mi dicesse "fai attenzione ad attraversare la strada" allora sarebbe un'ansia
giustificata.
L'ansia, qualcuno di voi lo saprà, ha dei sintomi fisici (somatici): tensione motoria,
ipervigilanza, tremori, tachicardia, palpitazioni, iperventilazione, disturbi
gastrointestinali.
Può avere poi dei sintomi psichici, che sono: senso di paura, attacchi di panico, crisi di
angoscia.
L'ansia è spesso associata alla depressione (disturbo distimico), agli attacchi di panico,
agorafobia e altre fobie, disturbi ossessivi-compulsivi, disturbi alimentari (anoressia e
bulimia) e della personalità.
In questi casi usiamo le benzodiazepine, però facciamo attenzione, voglio subito
premettere: nessuna patologia qui descritta, nessuna patologia psichiatrica ha
un'alterazione organica. È tutto psichico. Quella eccitazione di cui dicevamo prima
(aumento trasmissione eccitatoria o diminuzione della neurotrasmissione inibitoria), non è
la causa dell'ansia, ma è l'ansia (per tutti i motivi da cui è scatenata) che porta a delle
alterazioni organiche. La cura non è quella farmacologica (che è importantissima perché ci
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ferma i sintomi gravi), ma la cura è una e una sola: la psicoterapia.
Le malattie psichiatriche, secondo le linee guida internazionali, non si curano con i farmaci
(che sono sintomatologici) ma con la relazione umana, con psichiatri che fanno gli
psicoterapeuti.
Entriamo nella farmacologica, qui intanto vedete al volo altri disturbi del disturbo d'ansia
generalizzato: tachicardia, sudorazione, tremori, diarrea, urgenza urinaria, nausea,
vertigini, insonnia, iperattività.
Come facciamo a cercare di calmare l'ansia, a ridurre l'insonnia, lo stato di eccitazione
legato all'ansia o potenziare lo stato debole dell'inibizione?
Dove agiscono le benzodiazepine?
Potenziano il sistema di inibizione, rappresentato dal neurotrasmettitore GABA, questo va
a legarsi ad un recettore che si chiama GABA A, legato ad un canale ionico (collegato ad
uno ione cloro) e nel momento in cui la benzodiazepina si lega al suo recettore sul canale
GABA A del cloro, potenzia l'affinità del GABA per il suo recettore. Quindi entra più
cloro, e quando andrete a rivedervi il potenziale d'azione, saprete che se entra molto cloro
la membrana invece che depolarizzarsi si iperpolarizza e quindi si blocca la
neurotrasmissione. Quindi, in sostanza, le benzodiazepine potenziano il sistema inibitorio
aumentando l'affinità del neurotrasmettitore GABA per il suo recettore, iperpolarizzando
quindi la membrana e inducendo inibizione neurotrasmettitoriale.
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Un po' di esempi di benzodiazepine.
• A lunga durata d'azione (da uno a tre giorni): Clordiazepossido (Librium),
Diazepam (Valium), Clonazepam (Rivotril)
• A durata intermedia (10-20 ore): Alprazolam (Xanax), Lorazepam (Tavor),
Bromazepam (Lexotan), Flunitrazepam (Roipnol).
• A breve durata (3-8 ore): Triazolam (Halcion), Midazolam (Ipnovel), usato
(intramuscolo) per pre-medicazione prima degli interventi chirurgici oppure
endovena per le piccole operazioni o nel pre-intervento di piccole operazioni, come
gastroscopie, cistoscopie, broncoscopie, sedazione in terapia intensiva, induzione
dell'anestesia generale, mantenimento dell'anestesia.
Quindi, tra tutte le benzodiazepine, il midazolam è l'unica veramente ipnotica.
Per le azioni anti-convulsivanti il clonazepam (Rivotril) e il diazepam (rettale nei bambini),
per azione pre-anestetica e anestetica si usano il diazepam (Valium), lorazepam (Tavor),
midazolam (Ipnovel).
Per azione ipnotica, dipende dal tipo di insonnia, se quella da addormentamento o quella
da risveglio precoce. Per la seconda usiamo diazepam e lorazepam, visto che hanno una
durata d'azione intermedia lunga e presi prima di andare a dormire devono durarci tutta
la notte, per la prima invece ci serve una benzodiazepina che funzioni subito e che non
duri molto (visto che non soffro di insonnia da risveglio precoce) quindi il triazolam.
Se vogliamo un'azione mio-rilassante (non ci scordiamo che sono farmaci usati nelle
spasticità di persone affette da SLA, sclerosi multipla) si usa il diazepam, soprattutto nelle
acuzie (se c'è una grave contrazione. Negli attacchi di panico invece è molto usato
l'alprazolam (Xanax).
Vedete qui una diapositiva che fa un po' paura, vedete l'elenco delle varie benzodiazepine
con la loro emivita (il tempo di dimezzamento), ossia il tempo necessario a ridurre del
50% la concentrazione plasmatica del farmaco. Se dico che un farmaco ha un'emivita di 6
ore (come l'alprazolam), vorrà dire che in 6 ore la concentrazione si sarà dimezzata. Tanto
più lunga è l'emivita, tanto più lunga è la durata. Qui in questa diapositiva vedete tutti i
nomi delle benzodiazepine disponibili, però, una volta che ne ho presa una per os, prima
di entrare in circolo deve passare per il fegato, che la metabolizza, la deve trasformare in
un farmaco più idrofilo (per facilitarne l'eliminazione). Il fegato quindi crea dei metaboliti,
che possono essere inattivi (senza attività terapeutica) o attivi (con attività terapeutica), in
questi la molecola è stata trasformata e se il farmaco di partenza aveva una funzione,
questa viene mantenuta nel metabolita. Qui sono segnalati i t1/2 del farmaco, l'elenco dei
principali metaboliti attivi, il t1/2 del metabolita e la durata complessiva dell'effetto (visto
che ci sono 2 t1/2), che dev'essere lungo o corto. Per farvi capire quanto è importante il
metabolismo dei farmaci, guardate che stranezza (comune a quasi tutte le
benzodiazepine): la maggior parte di queste (ad esempio il flurazepam, Dalmadorm) ha
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un'emivita di 2/3 ore (quindi molto breve), passa per il fegato, si forma un metabolita
attivo che si chiama desalchilflurazepam che invece ha un'emivita di 40-100 ore. Quindi,
abbiamo una benzodiazepina di partenza con una breve emivita, ma che ha un
metabolita attivo dall'emivita molto lunga, una combinazione che porta ad una durata
complessiva dell'effetto del farmaco molto lunga. Il metabolismo epatico delle
benzodiazepine è molto importante (più di altri farmaci), perché spesso si formano
metaboliti attivi con un'emivita più lunga del composto di origine.
Per vostra curiosità, quando saprete che sarà uscita una nuova benzodiazepina, potrebbe
interessarvi sapere come si comporta il metabolita (se attivo), per sapere se il farmaco ha
una durata lunga o meno.
Il metabolismo epatico dipende dall'età (negli anziani è rallentato), eventuali epatopatie e
contemporanea somministrazione di altri farmaci. Se ci troviamo di fronte ad uno di questi
casi (anziano, persona con epatopatia ecc), è meglio dare una benzodiazepina che non
venga metabolizzata nella fase I. Il metabolismo dei farmaci si divide fondamentalmente
in fase I (dove si formano i metaboliti attivi e il farmaco viene reso più idrofilo) e fase II
(dove viene reso ancora più idrofilo, andando a coniugare con un'altra molecola che in
genere è l'acido glucuronico.
Quindi, ricapitolando, se anziani, persone con epatopatia o insieme ad altri farmaci, è
meglio usare benzodiazepine che non fanno fase I e vanno direttamente in fase II. In
questo senso quindi si usa il lorazepam (Tavor).
Gli effetti collaterali sono: sonnolenza (che è normale che ci sia), senso di affaticamento,
debolezza muscolare, vertigini (evidente a dosaggi elevati) e l'amnesia anterograda.
In caso di sovra-dosaggio: tremori, eruzioni cutanee, nausea, ipotensione, vertigini,
ritenzione urinaria, confusione, stipsi e diplopia. Se la sera ne prendo una perché non
riesco a dormire, al mattino rischio di avere cefalea, sensazione di malessere generale e
confusione. Mi sveglio rincoglionita, dovrebbe entrare in terminologia medica, esprime
perfettamente il concetto.
Vi potrebbe capitare in reparto un paziente in stato di agitazione, ansia o che deve fare
un'endoscopia a cui hanno dato una benzodiazepina, potreste vederlo che inizia a
piangere come un pazzo, o gli prende una forte euforia, agitazione, allucinazioni,
ostinazioni, parla e straparla, insomma, ci sono effetti paradosso. La maggior parte di
questi si osservano all'assunzione del Valium (diazepam).
Per la loro tossicità importante sono assolutamente contro-indicate in gravidanza, se mi
ritrovassi in intossicazione acuta da benzodiazepine avrei: profonda sedazione, sonno,
astenia muscolare dose/dipendente, ipotensione ortostatica, ipotermia, stato confusionale,
turbe del linguaggio.
Perché dovrei avere un'intossicazione? Tentativo di suicidio. Cosa potremmo fare per
risolverlo? Tenendo conto di cosa ci siamo detti la scorsa settimana in merito alla farmaco
dinamica?
Dare un antagonista. Per le benzodiazepine questo antagonista è il flumazenil (Anexate),
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viene somministrato per endovena, ma non è privo di effetti collaterali, se ne usiamo
troppo può portare ad agitazione.
Il flumazenil viene usato per l'interruzione dell'anestesia generale indotta e mantenuta con
benzodiazepine in pazienti ospedalizzati e ambulatoriali; annullamento della sedazione
benzodiazepinica in brevi procedure diagnostiche e terapeutiche in pazienti ospedalizzati
e ambulatoriali; neutralizzazione delle reazioni paradosse dovute alle benzodiazepine.
Quali sono le interazioni pericolose?
• Benzodiazepine e alcol. Sono una miscela micidiale, ed è quella maggiormente
utilizzata per i tentativi di suicidio. Se mi prendo due dita di vino ho una lieve
compromissione delle attività psicomotorie, ma se la quantità di alcol è alta allora
può sopraggiungere un'importante depressione respiratoria.
• Altro cocktail tremendo è quello composto da benzodiazepine e barbiturici (come
il fenobarbital o Gardenale), che sono anti-epilettici che una volta venivano usati
come ipnotici. Questo cocktail porta anche a depressione respiratoria.
• Se insieme alle benzodiazepine mettiamo antistaminici, antidepressivi,
neurolettici (anti-psicotici), analgesici oppioidi, anestetici, barbiturici ed etanolo
aumentiamo di molto la depressione del sistema nervoso centrale.
Ci sono poi due altri problemi: la tolleranza e la dipendenza.
Abbiamo parlato della tolleranza, dicendo che è quell'effetto che ad un certo punto si
perde e devo aumentare il dosaggio per ottenere lo stesso effetto di prima, ma la tolleranza
è anche uno degli effetti indotti dai farmaci, ad esempio: le benzodiazepine inducono
tolleranza rispetto all'effetto anti-convulsivante, se abbiamo un soggetto che sta
assumendo benzodiazepina per l'epilessia, gli do 10mg, per il concetto di tolleranza dopo
un po' di tempo dovrò aumentare la dose.
Per l'azione anti-convulsivante e quella ipnotica dobbiamo aumentare il dosaggio dopo
un po' di tempo, per l'effetto ansiolitico invece non succede quasi per niente, se mia madre
assume da anni il Tavor (lorazepam), perché ha l'ansia che io attraversi la strada e ne
prende 1mg la sera per tutte le sere, questo 1mg rimarrà tale per decenni, è sufficiente a
tenere a bada l'ansia e non è soggetto a tolleranza.
La dipendenza dalle benzodiazepine è sia fisica che psichica, se interrompo all'improvviso
rischio una sindrome da astinenza molto importante: stato di ansia, irritabilità, insonnia,
cefalea, nausea.
Ricordatevi una cosa fondamentale: mai interrompere di botto l'uso di benzodiazepine se
le stiamo assumendo da tanto tempo, il rischio di andare incontro ad una sindrome da
astinenza è elevatissimo.
Due suggerimenti: se il paziente sta assumendo una benzodiazepina a breve durata
d'azione allora passiamo ad una a lunga durata d'azione, perché tutte le molecole a breve
durata sono più rischiose in termini di astinenza. Il secondo suggerimento è passare ad
una formulazione a gocce, perché in questo modo, molto gradualmente, di settimana in
settimana (oppure ogni due), possiamo scendere ogni volta di una goccia fino ad annullare
del tutto il farmaco. I medici sanno che ci sono dei protocolli specifici da seguire se si
devono interrompere le benzodiazepine.
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Quando parliamo di depressione, questa la dobbiamo considerare come una psicosi
affettiva, lo accennavo prima, a differenza della schizofrenia (dove c'è freddezza,
anaffettività), le psicosi affettive sono depressione, la mania e il disturbo bipolare
(alternanza tra fase maniaca e fase depressiva).
Seguitemi nell'esempio: disturbi storicamente considerati come patologie del tono
dell’umore. Tono alto, tono basso, grazie agli antidepressivi alziamo il tono dell'umore. Il
concetto che è importante capiate è che non curano. Non cambia la qualità del pensiero,
porta su il tono dell'umore. Come una radio, se ne hai una di cattiva qualità, puoi alzare il
tono, ma rimane una radio che non funziona.
I farmaci anti-depressivi sono utilissimi, visto che ci sono forme depressive veramente
gravi (non quelle che passano con gli amici o la fidanzata, che non sono nemmeno
depressioni, ma problemi della vita), parliamo di quelle che ti impediscono di alzarti dal
letto e di fare qualsiasi cosa.
Anche qui, abbiamo sintomi psichici, come senso diffuso di melanconia e rallentamento
psicomotorio, aspetto infelice e triste, idee tristi, tetre e morbose, senso di colpa e peccato,
difficoltà a concentrarsi, linguaggio rallentato, pensieri suicidi.
Non mancano però anche sintomi somatici come insonnia, disinteresse sessuale, rifiuto del
cibo (anoressia) e stipsi ostinata.
Esistono depressioni secondarie, come in pazienti affetti da Parkinson, problemi endocrini,
internistici o iatrogeni.
La mania non è trattata con gli antidepressivi (si usano gli anti-maniacali) però la metto
qui per dirvi che ha una serie di manifestazioni opposte alla depressione. La strategia
farmacologica per curare questi sintomi è aumentare la concentrazione di tre
neurotrasmettitori (noradrenalina, serotonina e dopamina) a livello di sistema nervoso
centrale. La cosa incredibile è che non siamo ancora riusciti a trovare un farmaco ad azione
immediata. Le benzodiazepine hanno il loro effetto ansiolitico già dopo un'ora, mentre per
gli anti-depressivi capita di dover aspettare due o tre settimane per avere i primi effetti,
che sono un periodo troppo lungo per quei pazienti che stanno tanto male. Ad oggi le
strategie farmacologiche puntano nella direzione di trovare dei farmaci dall'effetto
immediato (oltre ad aumentare il livello dei neurotrasmettitori).
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Vediamo l'immagine, questa è la sinapsi, pre-sinapsi, post-sinapsi, recettori. Arriva
l'impulso, questi che vedete sono i nostri neurotrasmettitori rilasciati nella sinapsi, che si
vanno a legare al recettore e da lì si ha la trasmissione dell'impulso.
Supponiamo che questa sia noradrenalina o serotonina, una volta che questa è stata
rilasciata che fa?
Viene ri-captata, viene riportata dentro, perché nulla si spreca nel nostro organismo. In
merito alla depressione, vi avranno sicuramente detto (in maniera molto semplice e mi
vergogno di semplificare così una patologia grave) che se sei depresso è perché ti manca la
serotonina. È un'immagine che può funzionare, anche se la situazione è molto più
complessa, la strategia quindi è cercare di aumentare i neurotrasmettitori. Come facciamo
ad ottenere quel risultato con i farmaci? Come facciamo ad impedire che la serotonina
venga ri-captata? Chi è che la ri-capta?
Vedete questo tondino? È un recettore (non per davvero), ma è un ricaptatore, acchiappa il
farmaco e lo riporta dentro, come in un trasportatore. Quindi, gli anti-depressivi bloccano
questo trasportatore e così facendo i neurorecettori rimangono in circolo.
Quali sono i farmaci utilizzati?
I tri-ciclici (che sono i primi ad essere messi in evidenza): l'imipramina (Tofranil),
l'amitriptilina (Laroxil), la nortriptilina (Noritren), la clomipramina (Anafranil), qualcuno
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l'avrete sentito nominare.
Troviamo due principali classi di effetti collaterali: effetti anti-colinergici ed effetti cardiovascolari.
Gli effetti anti-colinergici (legati ad una riduzione dell'azione dell'acetilcolina) sono: secchezza
delle fauci, annebbiamento della visione, stipsi, ritenzione urinaria e glaucoma. Sono poi farmaci
che hanno effetti cardiotossici pericolosi (infatti vengono usati spesso in tentativi di suicidio) come:
tachicardia, ipotensione e aritmie cardiache. Anche sedazione, confusione, disturbi sessuali, nausea,
vomito, agranulocitosi (seppur raramente), problemi mestruali (rari ma gravi), rash cutanei e
aumento del peso corporeo.
Essendo gli anti-depressivi triciclici uno dei farmaci più usati nei tentativi di suicidio, il
paziente intossicato aspirante suicida ha tutta una serie di sintomi tipici dell'intossicazione
atropinica (o intossicazione da acetilcolina). Allora, siccome questi farmaci sono tanto
tossici e pericolosi, dare in mano un farmaco così ad un paziente depresso (che già ha
tendenze suicide) non è una cosa facile. Quando nei primi anni 80 è uscito il primo
farmaco antidepressivo (che non aveva questi gravi effetti collaterali), che molti di voi
conoscono, cioè il Prozac, chiamato anche la pillola della felicità (una cosa da pazzi ma
tant'è). Il Prozac o fluoxetina, capostipite della classe dei farmaci, è un inibitore selettivo
solo della ricaptazione della serotonina. Mentre i triciclici inibiscono la ri-captazione di
serotonina, noradrenalina e dopamina (sono a largo spettro), il Prozac agisce solo sulla
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prima. Ha meno effetti collaterali (non ti ci suicidi) e quindi sono farmaci di prima scelta
per il trattamento della depressione, fermo restando che ci vanno sempre tra le due e le
quattro settimane prima che facciano effetto.
Molti pazienti poi non vogliono prenderli perché portano a tanti problemi sessuali, perdita
della libido, eiaculazione precoce. Oltre a questi portano a diversi problemi gastrici,
soprattutto la nausea. Però sono effetti che vanno incontro a tolleranza, quindi comunque
dopo un po' quella nausea non l'avrai più. Oltre alla fluoxetina, sono importanti anche: la
fluvoxamina, la paroxetina (Sereupin), la sertralina (Serad, Zoloft), il citalopram
(Elopram, Seropram) e l'escitalopram (Cipralex, Entact).
Con gli anti-depressivi inibitori selettivi della ri-captazione della serotonina non bisogna
mai usare farmaci che aumentino troppo la serotonina, perché potremmo scatenare una
sindrome serotoninergica, che è una brutta sindrome che include: irrequietezza, mioclonie,
sudorazione, convulsioni tonico-cloniche e coma.
I farmaci anti-psicotici vengono utilizzati nel trattamento della schizofrenia , ma anche per
il delirio, nelle demenze con effetti psicotici, nella mania (insieme ad altri farmaci che
stabilizzano l'umore) e nella depressione "sporca", talmente grave con spunti psicotici.
Gli anti-psicotici neurolettici ("che tengono a freno") hanno effetti potenzialmente anti-
emetici (anti-vomito), anti-staminici, potenzialmente analgesici, possono essere utilizzati
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per le allucinazioni alcoliche, per la sindrome di Tourette, per la Corea di Huntington, per
il singhiozzo ostinato. Quali sono i sintomi della schizofrenia?
• Sintomatologia positiva (che si manifesta e non dovrebbe essere presente): perdita
di contatto con la realtà, idee persecutorie, idee false, idee di grandezza,
allucinazioni, comportamento bizzarro.
• Sintomatologia negativa (caratteristiche che dovrebbero essere presenti ma non ci
sono): inespressività facciale, voce monotono, mancanza di piaceri, apatia,
riduzione delle parole e del contenuto.
Con il tempo la schizofrenia può peggiorare e possono comparire anche disturbi cognitivi,
come: problemi di attenzione e concentrazione, problemi di apprendimento e memoria,
problemi nei comportamenti esecutivi.
Qual è il fulcro della sintomatologia? Non la causa, ma la manifestazione della patologia.
In una iperattività del sistema dopaminergico, quindi la strategia sarà ridurre la
dopamina.
Diamo quindi farmaci antagonisti del recettore della dopamina. Questi però non agiscono
solo sulla dopamina (che è il principale), ma anche su serotonina, acetilcolina, istamina e
noradrenalina.
Dobbiamo distinguere tra i farmaci più tipici, che agiscono principalmente sui sintomi
positivi, la cui capostipite è la clorpromazina (Largactil). Altro importante farmaco è
l'aloperidolo (Serenase o Aldol). Questi li vedrete sicuramente molto utilizzati. La
clorpromazina ha una forte azione sedativa, è la prima camicia di forza che abbiamo a
disposizione, se arriva un paziente in DEA con agitazione psicomotoria e spacca tutto,
possiamo agire con un farmaco che abbia un'azione sedativa e faccia crollare il paziente. Se
invece il paziente arriva calmo calmo e ti dice che si chiama Sergio Mattarella, allora
dobbiamo agire con un antipsicotico come l'aloperidolo. La clorpromazina è più indicata
per l'azione psicomotoria, l'aloperidolo più per le allucinazioni (ha anche una buona
azione con il singhiozzo irrefrenabile, contro nausea e vomito gravi e per il trattamento
della sindrome da astinenza da alcol), anche se è vero che come medici abbiamo a
disposizione farmaci più specifici.
Gli effetti collaterali, dovuti al sovradosaggio sono: il rischio di mimare il Parkinson (ho il
Parkinson? Manca la dopamina), se blocco i recettori dopaminergici osservo il
parkinsonismo e discinesie varie, oltre ad un aumento della prolattina, sedazione,
sonnolenza, ipotensione posturale e a volte il prolungamento del QT
nell'elettrocardiogramma. Perché osservo sonnolenza?
Perché abbiamo detto che oltre ad agire sui recettori dopaminergici agisce anche sugli
istaminergici e sui noradrenergici, per questo poi arriva l'ipotensione posturale.
Ci sono anche farmaci anti-psicotici atipici, questi agiscono anche sulla sintomatologia
negativa.
Tra questi il più importante è la clozapina, ma abbiamo anche l'olanzepina, il risperidone,
la quatiepina e l'aripiprazolo.
Hanno tutti gli effetti collaterali degli anti-psicotici tipici, ma senza parkinsonismo o
disturbi motori (effetti extrapiramidali). Possono però portare a sindrome metabolica,
quindi obesità, riduzione HDL-Colesterolo, aumento trigliceridi, ipertensione,
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iperglicemia e resistenza all'insulina.