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FARE PACE CON LA MATEMATICA
Manuale di sopravvivenza per una serena convivenza
(Digressioni di un inguaribile innamorato)
Bruno Spechenhauser
… il solito inizio
https://www.youtube.com/watch?v=2EzcZIwyicw
https://www.youtube.com/watch?v=oI6Oi9EZuNI
La differenza fra noi e gli allievi affidati alle nostre cure sta solo in ciò, che noi
abbiamo percorso un più lungo tratto della parabola della vita. Se gli allievi non
capiscono, il torto è dell'insegnante che non sa spiegare. Né vale addossare la
responsabilità alle scuole inferiori. Dobbiamo prendere gli allievi come sono, e
richiamare ciò che essi hanno dimenticato, o studiato sotto altra nomenclatura.
Se l'insegnante tormenta i suoi alunni, e invece di cattivarsi il loro amore, eccita
odio contro sé e la scienza che insegna, non solo il suo insegnamento sarà
negativo, ma il dover convivere con tanti piccoli nemici sarà per lui un continuo
tormento.
Giochi di aritmetica e problemi interessanti, 1925.
Giuseppe Peano
D’Amore B., Elementi di didattica della matematica, Pitagora Editrice, Bologna, 1999.
D’Amore B., Speranza F., La matematica e la sua storia, Franco Angeli, Milano, 1995.
Fandiño Pinilla M.I., Le frazioni, aspetti concettuali e didattici, Pitagora Editrice, Bologna, 2005.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Studenti di Liceo Scientifico, in occasione dell’esame di Maturità (anno 1996) hanno espresso sulla Matematica opinioni del tipo che segue.
- Per entrare nel linguaggio matematico è obbligatorio mettere da parte la creatività che non serve. La matematica… non lascia il minimo spazio alla fantasia e all'inventiva.
- La matematica non è creazione, è qualcosa che si basa su formule ben precise senza le quali non si può arrivare alla soluzione dei quesiti.
- La matematica ha un’importanza scientifica molto ridotta perché è soltanto calcolo numerico: non è importante per la formazione umana e può essere facilmente sostituita dal computer
Ancora oggi è abbastanza condivisa damolti insegnanti la convinzione che nonesiste un problema della didattica dellamatematica; l’insegnante deve farenull’altro che ripetere i teoremi, e glistudenti apprenderli (D’Amore, 1999)
• La ricerca matematica ha mostrato una tendenza verso l’eccessiva specializzazione e
l’astrazione esagerata, e le applicazioni e i rapporti con altri campi sono stati in passato talvolta
trascurati. Tali condizioni, tuttavia, non giustificano affatto una politica di trinceramento; al contrario,
la reazione opposta può e deve sorgere proprio da parte di coloro che sono consapevoli del valore della disciplina intellettuale.
• Gli insegnanti, gli studenti e il pubblico colto non si devono rassegnare, non sono certo la manipolazione di formule e nemmeno l’astrattezza, ugualmente meccanizzante, di alcuni orientamenti didattici attuali tendenti a isolare completamente la matematica dalla realtà, che possono far comprendere “che cosa sia la matematica”. È importante che ognuno possa apprezzare le motivazioni intuitive con cui vengono introdotte le varie teorie, l’eleganza e la profondità dei ragionamenti, e persino arrivare a godere della bellezza dei risultati ottenuti quasi fossero frutto della propria creatività.
• Il delicato passaggio da una matematica così interpretata a scelte didattiche non può che essere favorito da strumenti che suggeriscono riflessioni critiche sulla matematica e sulla sua didattica della matematica non intesa come “ricetta” ma come “esperienze” frutto di una precedente seria ricerca.
Sui “metodi” per insegnare la matematica
Il triangolo della didattica
Il sistema didattico può essere rappresentato dal “famoso” triangolo della didattica, uno schema che
include tutta la complessità sistemica del processo di insegnamento-apprendimento
insegnante allievo
sapere
Il triangolo della didattica è uno schema sintetico in cui si evidenziano tre elementi determinanti della vita
d’aula: l’insegnante, l’allievo e il sapere matematico. I lati del triangolo rappresentano le relazioni fra gli
elementi che entrano in contatto tra loro, talvolta fisicamente, talvolta metaforicamente, nel momento
dell’azione didattica
Il triangolo della didattica
• Occorre sviluppare un’adeguata riflessione attorno al termine “sapere” che si trova ben al di
fuori del rapporto diretto insegnante-allievo: esso costituisce il sapere accademico (savoir
savant) già definito e strutturato dalla ricerca matematica ma inutilizzabile, in generale, per una
didattica efficace.
• È indispensabile un’operazione di adattamento e di trasformazione del sapere in oggetto di
insegnamento funzionale al luogo, agli allievi e agli scopi didattici. Questa operazione di
adattamento della conoscenza matematica per trasformarla in conoscenza per essere
insegnata, chiamata TRASPOSIZIONE DIDATTICA, è necessaria ad ogni livello scolastico e
non, come si potrebbe pensare, solo a livello di scuola primaria o secondaria di primo grado.
• La trasposizione didattica non deve essere interpretata come una semplificazione del sapere
bensì come una rielaborazione, una reinvenzione che l’insegnante attua tenendo conto del
contesto, delle situazioni iniziali e degli obiettivi perseguiti senza trascurare l’ambiente socio-
culturale in cui si trova ad agire. Per questo motivo non ha senso un utilizzo sistematico della
trasposizione didattica già presente nei libri di testo adottati, in quanto tale adattamento
potrebbe non essere ottimale per la situazione nella quale l’insegnante è chiamato a svolgere la propria funzione.
• Circolano ancora, e non solo nel nostro Paese, tanti“metodi per insegnare la matematica”;
• Ciascuno promette miracoli o, per lo meno, successisicuri clamorosi.
• In genere, tutti sono eccellenti, perché pensati da insegnanti attivi e disponibili, critici e pazienti.
Ma, attenzione, non bisogna mai crederci troppo!
Sui “metodi” per insegnare la matematica
• Intanto perché un metodo che va bene per una parte dellaclasse, andrà certamente male per un’altra parte; è un concettoimplicito nel senso stesso di “metodo”;
• Poi perché il vero problema della didattica della matematica,non è “che cosa e come” insegnare, ma far sì che ogni allievo,pur nelle sue specifiche disponibilità ed attitudini, laapprenda;
• da questo punto di vista, i metodi dovrebbero tutti studiare diper sé stessi se ed in che contesti funzionano, in questadirezione.
Sui “metodi” per insegnare la matematica
• La storia ci ha insegnato che “metodi” che sembravano totalmentevincenti, assoluti, perfetti per l’insegnamento, erano invece pocopiù che “bufale” per l’apprendimento
• La vera scelta, la vera trasposizione didattica, la vera ingegneriadidattica sono quelle che fa in aula il docente, guardando allavoro i propri allievi;
• Sarà allora, anno per anno, tema per tema, il SUO metodo conQUEGLI allievi, affinché ciascuno impari con efficacia e conpiacere la matematica, nel rispetto della singola persona.
Sui “metodi” per insegnare la matematica
• L’insieme delle interazioni e dei comportamenti che si stabiliscono tra allievo ed insegnante è costituito da vari
momenti che contraddistinguono l’attività d’aula quotidiana. Una delle idee più feconde per spiegare che cosa
succede in aula durante le ore di Matematica è quella di contratto didattico, concepita da Gay Brousseau
(1978).
• Si tratta di un accordo quasi sempre implicito, ma, a volte, anche esplicito, tra discente e docente, creata dalla
consuetudine, dall’abitudine e dal costume che spesso condiziona il comportamento dell’allievo mettendone in
gioco l’intelligenza, le capacità critiche e di logica. L’allievo, dunque, non costruisce la propria conoscenza,
ignora la propria intuizione, e si comporta sulla base delle attese che reputa che l’insegnante abbia nei suoi
confronti, facendo in modo che le sue risposte coincidano il più possibile con le richieste dell’insegnante. Nello
studio delle frazioni ciò è particolarmente evidente e frequente: lo studente rinuncia a ragionare e agisce
contrattualmente, come dimostrano gli esempi seguenti:
Il contratto didattico
Il contratto didattico
L’apparente assurdità delle due precedenti espressioni, fino a poco tempo fa, inspiegabili o legate al
disinteresse e all’ignoranza, acquisisce una propria logica in base al contratto didattico.
• La “somma” di frazioni (i) non è proposta dallo studente all’insegnante perché lo studente la ritiene
vera, ma perché ha l’aspetto di qualche cosa che all’insegnante potrebbe anche andare bene. Ha
una forma accettabile … .
• La “semplificazione” (ii) risponde a competenze precedenti, per esempio acquisite nella sottrazione,
in base alle quali quando “non resta niente” vuol dire che il numero corretto da porre è 0.
Il contratto didattico non è qualcosa di fisso, immutabile, precostituito ma è in continua
evoluzione in simbiosi con le situazioni che si creano nell’ambiente didattico.
Oggi si è più attenti alla comunicazione della disciplina, perché si è coscienti che parlare di didattica della
matematica significa considerare la terna sapere-allievo-insegnante con le sue relazioni.
Le domande che bisogna porsi, se si vuole programmare un qualsiasi intervento didattico, per esempio di
recupero, possono essere:
Ci sono elementi intrinseci di difficoltà nell’argomento? Quali sono?
Perché un ragazzo ha difficoltà?
Quale insegnamento favorisce, o meno, l’insorgere di tali difficoltà?
Ostacoli
Oggi si riconosce che i ragionamenti quotidiani sono approssimati e imprecisi. L’affermazione del concetto di ostacolo
epistemologico nella storia della didattica ha avuto una lunga gestazione e la sua storia è intrecciata con quella dello studio e
dell'analisi degli errori. Oggi alla luce delle conoscenze date dallo studio della epistemologia (riflessione sulla disciplina),
neurofisiologia (apprendimento su basi fisiologiche), semiologia (scienza delle comunicazioni) e ricerca in didattica
(epistemologia sperimentale) si può affermare che ogni conoscenza si può acquisire solo quando si prende coscienza
del suo ruolo nella organizzazione del sapere. Infatti per affrontare una problematica riguardante i fenomeni di
insegnamento-apprendimento, oggi si cerca di conoscere la storia di quella problematica, analizzare i tentativi precedenti e
capire perché questi sono stati inadeguati, in breve, si organizza un approccio storico-epistemologico al fine di avere un
pensiero “storico”, nel senso di capire l’evolversi del problema nei suoi vari significati, nelle sue varie formulazioni, nelle sue
varie applicazioni.
Oggi la neurofisiologia dà un’interpretazione dell’apprendimento su basi fisiologiche: la questione “errori” viene affrontata in
maniera più completa ed organica e grazie allo studio sulla plasticità del cervello possiamo ipotizzare terapie per il superamento
di errori-ostacoli. La plasticità cerebrale realizza modifiche durature del nostro sistema nervoso trasformando i nostri
comportamenti, i nostri ricordi, la nostra capacità di imparare. Il cervello si può modificare strutturalmente
semplicemente leggendo un libro, ascoltando una musica, conversando con gli amici.
Ostacoli
CONSIDERAZIONI DIDATTICHE SULLE FRAZIONI
Dei molti possibili temi su cui puntare, quello delle frazioni e dei numeri razionali sembra essere quello che segna, matematicamente
parlando, meglio di altri il confine tra l’aritmetica del calcolo della vita quotidiana e quel calcolo che non può
essere imparato al di fuori del contesto dato da una comprensione di primo livello della matematica in quanto
scienza. A far di conto per pagare un caffè o anche per gestire più complicate compravendite ci si può arrivare e di fatto ci si arriva, anche
senza un’istruzione scolastica. La matematica del mercato c’era ben prima dell’istituzione della scuola ed anche dopo la sua istituzione.
Molte generazioni di contadini, artigiani e piccoli commercianti l’hanno imparata pur senza frequentare le aule scolastiche e rimanendo
analfabeti tanto sul leggere che sullo scrivere.
Ma le frazioni e il calcolo con i numeri razionali, no. Per questi occorre un progetto educativo e didattico, occorre un “maestro” e
occorre entrare in situazioni-problema che non fanno parte della quotidianità o almeno che non vanno oltre il dividere equamente una torta,
intuire che cosa significhi aver percorso la metà o un quarto di un cammino, che cosa significa tre quarti d’ora, mezzo litro e poco oltre, cioè
per quelle che sono frazioni di un’unità di grandezza. Il livello a cui danno accesso le frazioni non è di immediata spendibilità, ma è quello di
un operare senza il riscontro mentale di elementi concreti, fatto che invece si può mantenere a lungo nei calcoli con i numeri naturali.
CONSIDERAZIONI DIDATTICHE SULLE FRAZIONI
A tale riguardo osserviamo che con l’approccio ai numeri razionali e alle frazioni suggerita in molti libri di testo si
evidenzia molto spesso una forte divaricazione tra il piano dell’operatività con la notazione frazionaria e
il piano dei significati. I risultati conseguiti con gli alunni mostrano che la didattica corrente non è in grado di
costruire una base di esperienze e di significati appropriati nell’uso della notazione frazionaria. Vi è mancanza di stabilità
nella conoscenza costruita; nei casi migliori gli alunni imparano ad usare correttamente regole di calcolo ma
mostrano difficoltà nell’assegnare significati alle azioni compiute o nel dare loro giustificazioni accettabili.
Notiamo che la didattica corrente si basa principalmente su un approccio normativo e prescrittivo: «Se vuoi sommare
due frazioni con lo stesso numeratore allora fai così»;
«Se invece le due frazioni hanno denominatore diverso allora prima devi …».
Si tratta dello stesso approccio che caratterizzerà in seguito anche l’insegnamento dell’algebra, cioè di un approccio
principalmente basato sull’insegnamento e il consolidamento di tecniche operative.
CONSIDERAZIONI DIDATTICHE SULLE FRAZIONI
E’ noto che la conoscenza matematica è basata su una dialettica produttiva tra teoria e pratica. Il quadro operazionale-strutturale
elaborato dalla Sfard (Sfard, 1991) mette ben in evidenza la natura di questa dialettica. In base a questo quadro un oggetto matematico può essere
interpretato sia in modo operazionale che in modo strutturale. E’ interpretato operazionalmente quando esso è visto come processo da essere eseguito,
mentre è interpretato strutturalmente quando è visto come un oggetto dotato di determinate proprietà che lo caratterizzano strutturalmente in relazione ad
altri oggetti.
Quando si usa una tecnica per ordinare frazioni o per eseguire un calcolo tra frazioni possiamo essere interessati al risultato pratico, se l’attenzione viene
concentrata sugli aspetti operazionali e procedurali che portano al risultato cercato. La stessa tecnica può anche essere considerata in una prospettiva
teorica, se si considerano gli aspetti che la caratterizzano strutturalmente o che la giustificano sul piano teorico.
Una tecnica matematica costituisce quindi un elemento chiave della dialettica tra teoria e pratica in matematica. In generale una tecnica è un modo di
risolvere un compito e ogni tecnica si compone di ragionamenti e di operazioni di tipo “meccanico” ed “automatico”. Le tecniche possono
essere percepite e valutate in termini di valore pragmatico, cioè focalizzando l’attenzione sul loro potenziale produttivo in relazione al compito
all’efficienza, ai costi. Le tecniche sono anche caratterizzate da un valore epistemico, poiché esse contribuiscono alla comprensione degli
oggetti matematici che esse coinvolgono e possono essere fonte di domande nell’ambito dell’attività matematica che possono portare alla
costruzione di significati che vanno al di là di quelli coinvolti nella soluzione del compito specifico in cui esse sono impiegate (Artigue, 2001).
CONSIDERAZIONI DIDATTICHE SULLE FRAZIONI
Molto spesso nell’approccio tradizionale ai numeri razionali e alle frazioni l’attenzione viene focalizzata sullo
sviluppo di tecniche operative con le frazioni senza però offrire agli alunni la possibilità di cogliere il
valore funzionale di tali tecniche in contesti reali e senza sviluppare la capacità di giustificarle in base
a significati ben fondati sul piano concettuale e teorico. In questi casi l’attenzione si concentra sull’acquisizione
degli aspetti operazionali della tecnica, al meglio mettendo in risalto alcuni elementi che contribuiscono a
caratterizzare il suo valore pragmatico, attraverso alcune applicazioni pratiche. In generale si trascura di
affrontare problematiche di tipo strutturale relative alla tecnica che si vuole insegnare, limitando quindi la
possibilità di cogliere il suo valore epistemico. Varie sono le cause che determinano un approccio didattico di
questo tipo: il peso della tradizione didattica orientata storicamente allo sviluppo di competenze operative di
calcolo, mancanza di strumenti per favorire la riflessione sugli aspetti strutturali della tecnica, carenza di
proposte didattiche innovative, maggiore difficoltà nella gestione in classe di una pratica didattica orientata alla
giustificazione e all’inquadramento teorico delle tecniche impiegate…
ESEMPI DI APPROCCI DIDATTICI DISCUTIBILI
• Numeri periodici e loro trasformazione in frazioni
• Problemi di «frammentazione» dei segmenti (primo tipo, secondo tipo ecc.)
VARI MODI DI INTENDERE IL CONCETTO DI FRAZIONE
Come già evidenziato, le difficoltà epistemologiche, dovute principalmente ai molti significati di cui il concetto di frazione è suscettibile, lo rendono problematico agli allievi ma anche agli stessi insegnanti. Per cui, spesso, nella scuola l’intervento didattico sulle frazioni, risulta circoscritto, stentato, lacunoso, privo di una valida motivazione e di un linguaggio adatto. In generale, si tende a privilegiare l’accezione di frazione come relazione parte-tutto, utilizzando operazioni di taglio, di coloritura, di piegatura di fogli, che non sono sufficienti a far comprendere agli allievi il pieno significato di queste esperienze e facilitare quindi un loro successivo passaggio all’astrazione.
Dunque,
“la scelta di accanirsi a tutti i costi a voler dare una sola “definizione” di frazione, definizione che poi non regge, che non ce la fa a sostenere il peso delle nuove situazioni” (Fandiño Pinilla, 2005) costituisce un ostacolo alla costruzione di nuove conoscenze. L’insegnante dovrebbe premettere che l’accezione di frazione come parte-tutto non è l’unica e che ci sarà bisogno di modificarla alla luce di nuove problematiche.
L’ACCEZIONE DELLA FRAZIONE COME PARTE-TUTTO NEL
PASSAGGIO DAL CONTINUO AL DISCRETO
Generalmente nei libri di testo la frazione viene introdotta suddividendo una qualunque grandezza (numero, segmento, angolo, oggetto materiale, ecc.)
considerata come unità, in parti uguali. Ciascuna di queste parti viene chiamata unità frazionaria. Se di queste unità frazionarie se ne prendono alcune, allora
la parte presa dell’unità-tutto si chiama frazione.
Di rado si pone l’attenzione sul tipo di grandezza, continua o discreta, valutata come unità. Come emerge dal testo “Le frazioni, aspetti concettuali e didattici” di
M.I. Fandiño Pinilla, è fondamentale distinguere tra frazione di una unità continua e frazione di una unità discreta. Mentre nel primo caso ha sempre
senso parlare di frazioni proprie, non si può dire altrettanto nel secondo caso. Infatti, teoricamente, non sorgono problemi nel suddividere una torta in 6 parti
uguali, risulta invece impossibile dare senso concreto alla sesta parte di 10 persone.
Inoltre, sia nel caso continuo che in quello discreto, perdono di significato tutte le frazioni
improprie e le frazioni apparenti diverse dall’unità
In tal caso, la definizione “se ne prendono alcune”, risulta difficilmente intuitiva: com’è possibile dividere un’unità in 4
parti e prenderne 5? Peraltro, prendere i cinque quarti di una cosa presuppone di averne a disposizione due esemplari,
gli undici quarti tre esemplari, ecc; l’idea di “parte” si allarga a quella di numero di parti ottenute a partire da una
grandezza-unità: così cinque quarti d’ora sono un’ora e un quarto della successiva, cioè un’ora e un quarto, ecc. Ciò può
causare confusione nei ragazzi in quanto a volte l’unità è una e a volte è più di una.
L’ACCEZIONE DELLA FRAZIONE COME PARTE-TUTTO NEL
PASSAGGIO DAL CONTINUO AL DISCRETO
Un’altra incongruenza è legata al termine “uguale” il cui significato risulta diverso a seconda dei casi studiati:
• Nel caso discreto, volendo prendere i 7/8 di 24 persone si dovrebbero dividere le 24 persone in 8 parti uguali. Questa uguaglianza non
si riferisce ad alcuna caratteristica fisica delle persone (altezza, peso, ecc.) ma al numero. È evidente che in questo caso, la richiesta
che le parti siano uguali è del tutto superflua ed insensata.
• Nel caso continuo, volendo trovare i 2/3 di un rettangolo si dovrebbe dividere il rettangolo in 3 parti uguali; a questo proposito, la
maggior parte dei libri di testo propone esercizi e rappresentazioni grafiche che portano i ragazzi ad identificare il termine uguale con
quello di congruente o sovrapponibile.
Quella considerata non è un’interpretazione errata del termine uguale, ma sicuramente limitativa e capace di pregiudicare assai presto la
formazione noetica della frazione escludendo, ad esempio, suddivisioni del rettangolo in parti equiestese ma non congruenti:
Dunque,
“… l’aggettivo “uguali” andrebbe usato in modo problematico e sempre interpretato: a volte vuol
dire “ugualmente numerosi”, a volte vuol dire “equiestesi”, ecc”. (Fandiño Pinilla, 2005)
ALTRE DIFFICOLTÀ
Di rado si pone l’allievo di fronte alla difficoltà di passare da una frazione all’unità che l’ha generata. Questi
problemi, detti anche problemi inversi, costituiscono una parte essenziale per l’apprendimento delle frazioni.
Ad esempio, dati i 3/4 di una unità, trovare l’unità di partenza:
L’esercizio è cognitivamente costruttivo sia perché lo studente può suddividere il trapezio in tre parti a piacere,
il che è molto significativo, sia perché lo studente deve dividere il trapezio in tante parti quante ne esprime il
numeratore, il che rompe una misconcezione facilmente insinuatasi nella mente come modello parassita:
bisogna sempre moltiplicare per il numeratore e dividere per il denominatore.
ALTRE DIFFICOLTÀ – Situazioni reali
Lo studente, immedesimandosi nella situazione reale proposta, tenderà a cavillare su di essa come farebbe in
pizzeria o alla festa di compleanno di un amico.
La pizza o la torta, anche se accuratamente tagliate a metà, non presentano due parti
scambiabili senza problemi: ciò dipende da fattori casuali quali la distribuzione degli ingredienti.
L’insegnante dovrebbe mettere in guardia gli studenti del fatto che i modelli concreti vengono forniti con l’intento di
aiutare l’immaginazione, ma che dovranno poi ragionare in maniera astratta, staccandosi dalla circostanza reale:
immaginare cioè la pizza come la superficie di un cerchio, la torta come il volume di un cilindro, il campo da calcio o
la tavoletta di cioccolato come la superficie di un rettangolo, l’anguria come il volume di una sfera, ecc.
Secondo la definizione classica della probabilità, la probabilità di un evento è il rapporto fra il numero dei casi favorevoli e quello dei
casi possibili (presupponendo questi ultimi tutti ugualmente possibili). Calcoliamo la probabilità che, nel lancio di un dado non truccato, sirealizzi il seguente evento:
E = “Esce un numero pari”.
Osserviamo che, nel lancio di un dado, i casi possibili, ossia i fatti che possono accadere, sono rappresentati dai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6,
ciascuno dei quali figura su una faccia del dado.
Sapendo, inoltre, che il dado non è truccato, non ci sono ragioni per pensare che un numero esca più facilmente di un altro, cosicché si
attribuisce la stessa fiducia al realizzarsi di ciascuno dei predetti casi possibili. Ciò premesso, la misura della probabilità dell’evento E èrappresentata dal seguente numero: 1/2
.
Dunque la frazione esprime una misura, il grado di soddisfacibilità dell’evento, un limite per scommettere.
La frazione in probabilità
Molta letteratura internazionale ha mostrato la grande difficoltà concettuale che gli studenti hanno
nell’eseguire le operazione tra frazioni, in particolare l’addizione e la sottrazione. Accade spesso che gli
allievi cerchino di trovare per l’addizione una regola analoga a quella della moltiplicazione tanto facile e
naturale, proponendo la seguente soluzione:
.
Attraverso un lungo e faticoso cammino l’insegnante arriva a spiegare qual è la metodologia da seguire per
effettuare la somma tra frazioni, sottolineando perentoriamente l’assoluta scorrettezza
della soluzione proposta sopra. Il più delle volte viene però trascurato un caso molto particolare, quello
rappresentato dalle frazioni nei punteggi.
La frazione nei punteggi
La frazione nei punteggi
Supponiamo, ad esempio, che due arcieri, Guido e Franca, giochino tre manche e abbiano entrambi a
disposizione, per colpire un bersaglio, 6 frecce nella prima manche, 4 frecce nella seconda 8 nella terza.
Guido fa 3 centri nella prima manche, 2 nella seconda e 4 nella terza, mentre Franca fa 2 centri nella
prima manche, 1 nella seconda e 6 nella terza. Riassumendo sia Guido che Franca hanno fatto 9 centri
su un totale di 18. Esprimendo mediante le frazioni ciò che è accaduto si ha:
Come si può dedurre dalle tabelle, accade qualcosa di singolare: per ottenere il totale dei
centri di Guido e Franca si addizionano le frazioni proprio nel modo precedentemente definito
come scorretto, cioè sommando tra loro i tre numeratori e i tre denominatori.
“ Le frazioni nei punteggi sono un oggetto matematico che ha peculiarità proprie, intuitive ma assai
poco vicine alla definizione che era stata data all’inizio”. (Fandiño Pinilla, 2005)
E si potrebbe continuare per ore …
La frazione come quoziente
La frazione come rapporto
La frazione come operatore
La frazione come numero razionale
La frazione come punto di una retta orientata
La frazione come misura
La frazione come percentuale
La frazione nel linguaggio quotidiano
Fandiño Pinilla M.I., Le frazioni, aspetti concettuali e didattici, Pitagora Editrice, Bologna, 2005.
Quale futuro: DUE PROPOSTE
RICERCA DIDATTICA
Individuazione di nodi concettuali critici che determinano problemi nella didattica quotidiana
CONDIVISIONE DI UNITÀ DI APPRENDIMENTO CON GEOGEBRA
Preparazione di u.a. da condividere e modificare on-line