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A cura di
Angina Factory’s
www.anginafactorys.blogspot.com
www.anginafactorys.wix.com/home
In occasione della Rassegna
Letteraria di Vigevano 2013, Angina Factory's e l'associazione Arte il
Faro presenteranno dal 19 al 27 ottobre all’ interno del Fabbricone
dell’Informatore la mostra "Dall urbanistica utopistica all’archeologia industriale", che
guiderà il visitatore dalla nascita della città moderna dovuta ai primi
insediamenti industriali, fino alla morte della fabbrica, la nascita
dell'archeologia industriale e il caos conseguente. Durante
l’inaugurazione il 19 ottobre alle ore 17.30, avrà inizio la
realizzazione di un'opera collettiva dal titolo "Urban Attack” che si
protrarrà per tutta la durata della mostra. I visitatori potranno
interagire con gli artisti e contribuire alla creazione di una città ideale con una divertente
tecnica che traendo spunto dal collage si presenta come un analogico
"copia e incolla". Verrà inoltre
allestito un punto di lettura
permanente a cura del gruppo di studio “Amici di Giovanni Rota” e un
punto video a cura della Società Storica Vigevanese e
dell’associazione Officina delle Idee. In conclusione, il 27 ottobre
alle ore 21.00, Angina Factory’s Media Lab proporrà "Industrial
Utopia", una performance ispirata ai rumori e ai gesti della fabbrica.
Dall’
urbanistica
utopistica
all’archeologia
industriale ottobre 2013
Chiara Luise
Premesse. L’ideale. L’imperfetto.
L’urbanistica nasce come disciplina alla fine dell‘800, ma in realtà la razionalizzazione degli spazi risale all’epoca della
polis greca, quando Ippodamo idea la città a pianta ortogonale
divisa per aree funzionali, della quale abbiamo testimonianze
a Mileto e Pirene. Si dovrà aspettare il Barocco per ritrovare degli studi sulla
struttura urbana. La città infatti aveva perso importanza e
la si riscopre ora nella ricerca di una “città ideale”. La città conquista un ruolo decisivo rispetto alle arti in quanto
diventa il luogo in cui esse nascono, si evolvono e si
esprimono. L’unico esempio di centro cittadino non difensivo
razionalmente progettato e realizzato sul modello della “città ideale” quattrocentesca è quello di Vigevano.
Dalle prime città propriamente dette, che troviamo in
Mesopotamia in un periodo antecedente al 4000 a.C., trascorrono 5 millenni di “città preindustriale”.
La città era nata come centro di mercato, con la produzione
che avveniva al di fuori di essa.
Con la prima rivoluzione industriale la città diventa centro produttivo. I nuovi impianti industriali innescano
l’inurbamento e i processi migratori e saranno il motore dello
sviluppo urbano per oltre due secoli. Un cambiamento così drastico e repentino porta con sé
numerosissimi problemi e nuove sfide per far fronte al collasso
della città che sembrava inevitabile, non essendo presenti i
servizi e le strutture adatte per accogliere i nuovi abitanti. Nascono in questo periodo le prime utopie urbanistiche che a
differenza della teorizzazione della “città ideale” del ‘400
vogliono provare a risolvere problemi presenti e reali. Robert Owen alla fine del ‘700 tentò di condurre la sua fabbrica
di New Lanark in Inghilterra secondo dei principi ideali, che
si basavano sulla creazione di sicurezze per gli operai
all’interno della fabbrica, ma anche fuori. A New Lanark lavoravano oltre 2000 persone: un vero e proprio villaggio nato
per la fabbrica e che gravitava attorno alla fabbrica. Owen
oltre agli alloggi per i lavoratori fece aprire dei negozi cooperativi per garantire la buona qualità dei prodotti e i
prezzi contenuti, eliminò il lavoro minorile e creò la prima
scuola materna in Gran Bretagna.
Giada Carnevale Schianca.
Anatomia della non_volontà. Crespi d'Adda.
Simone Padovani. Lanificio Conte. Schio.
In Italia nel 1875 l’imprenditore liberale Cristoforo Crespi acquistò un terreno sull’Adda per realizzare quello che
sarebbe diventato un villaggio operaio moderno. Come Owen un
secolo prima i Crespi sostengono che la qualità della vita dei
dipendenti deve essere tutelata, anche per il benessere dell’azienda stessa. Con una serie di strategie che
coinvolgono urbanistica, sociologia, ma anche estetica, i
Crespi realizzano un villaggio a misura d’uomo, con villette per gli operai (inizialmente tutte uguali secondo i canoni
dell’isonomia greca), la scuola, l’ambulatorio, il teatro, il
dopolavoro, la chiesa e, non scontato per l’epoca, il lavatoio
con l’acqua calda, il tutto in un contesto ordinato e finemente decorato e , altrettanto non scontato, immerso nel verde.
Crespi all’inizio dell’800 importava il cotone dal Sud America
e dai paesi dell’est e le sue esportazioni superavano il 30% della produzione, quindi non bisogna collegare acriticamente
la globalizzazione come caratteristica della città
postindustriale e leggendo questi dati si capisce inoltre come
l’autarchia fu, se non determinante, una delle maggiori cause della vendita della fabbrica alle banche negli anni ’30.
L’opera di Crespi non seguiva un modello e non fu un modello,
ma in Italia altri due imprenditori, Rossi e Leumann, crearono situazioni analoghe a Schio e a Collegno.
La questione sociale e la condizione dei lavoratori fu un tema
dibattuto anche dagli architetti. Infatti il modello della
villetta inglese usato da Crespi per i suoi operai è la “casa salutare” presentata all’esposizione di architettura.
Nel 1898 viene pubblicato “To-morrow: a peaceful path to real
riform” di Howard, in cui viene teorizzata la “città giardino”. Nel 1904 gli architetti Unwin e Parker vincono il concorso per
la realizzazione della prima città giardino , concretizzando
le idee espresse da Howard. Influenzati dalle idee di Ruskin
e di Morris, padre dell’Arts and Crafts, utopisticamente vogliono riconciliare la città con la campagna, non riuscendo
a presentare una reale soluzione al caotico inurbamento che
si stava verificando e ai reali problemi della società. Nonostante le buone intenzioni degli esponenti del movimento,
le prime città realizzate, come Letchworth in UK e Hellerlau
in Germania, finiranno per essere il modello dei moderni quartieri residenziali esclusivi.
Marco Favazzi
Memorie. Il genio.
Manu Zuccarotta.
Leggendo Grazia Deledda. Amsterdam.
Nel 1902 Amsterdam approva la legge di riforma urbanistica,
diventando la prima città con una politica della casa estesa
a tutto il territorio. L’amministrazione cittadina decise di avvalersi non solo di architetti e ingegneri, ma anche di
medici, igienisti e avvocati per stendere il nuovo piano. Gli
architetti invece, riuniti nella Scuola di Amsterdam, risposero con una concezione visionaria in cui si voleva
garantire a tutti i cittadini una casa non solo decente, ma
anche curata dal punto di vista estetico.
La legge di Amsterdam domanda per la prima volta la responsabilità degli standard dell’edilizia sociale alle
municipalità.
Il migliore esempio di questa concezione è rappresentato dal quartiere di De Dageraad, realizzato nel 1918, in cui si vede
chiaramente la distanza abissale con i casermoni popolari
dello storicismo che non sempre riuscivano a garantire luce
e aria. Recita una targa: “Un sogno in mattoni - Niente è abbastanza bello per i lavoratori che hanno dovuto vivere tanto
a lungo senza bellezza - dice Michel De Clerk insieme a Piet
Kramer, architetti di questo sogno in mattoni. Ogni dettaglio è curato, dagli infissi al cornicione. Le curve sporgenti delle
facciate ricordano una nave, con mattoni rossi come onde nella
sua scia. Dall’acqua si arriva a sinistra e a destra, ai due
piazzali sul retro, dove il complesso mostra un profilo completamente diverso. Le parti che danno sulla strada da
questa parte sono costruite con facciate diverse che guardano
sulla piazzetta richiamando le classiche case a schiera”. In Italia nel 1903 Luigi Luzzatti propone e fa approvare una
legge sulle case popolari che recita “case sane e a buon
mercato”, ma che nella struttura totale risulta molto lontana
dal percorso olandese.
Matteo Suffritti.
Italian Soviet Block.
El Senor Vombato.
Untitled.
Negli anni ’30 la questione sociale della città industriale non è ancora risolta.
L’idea dell’architetto Alfred Messel che l’architettura abbia
un ruolo determinante all’interno del sistema sociale è ormai
opinione diffusa e i più grandi architetti dell’epoca raccolgono la sfida.
Frank lloyd Wright come molti di quell’epoca aveva letto
Ruskin, ma si discosta dall’idea di comunità che fino a quel momento aveva caratterizzato le utopie e propone con “Usonia”
tante villettine autosufficienti. Pubblica nel 1932 “The
disappearing city” contenente le idee che potrà mettere in
pratica nel 1935 a Broadcre City. Frank Lloyd Wright inventa così il modello dei suburbs moderni.
Nel 1935 Le Corbusier pubblica “La ville radieuse”, ma il suo
progetto per una città ideale risale al 1922, “Une ville contemporanie”, studiata e progettata per ospitare 3 milioni
di abitanti. Nella zona che Le Corbusier destina agli alloggi
si trova ancora in forma grezza l’”unitè d’abitation” che lo
rese celebre gli anni successivi. Una risposta immediata e concreta provarono invece a darla gli
architetti Ernst May, allievo di Unwin, e Margarete
Shutte-Lihotzky, che realizzarono un ottimo esempio di edilizia sociale creando la Nuova Francoforte.
Coinvolsero nel loro progetto alcuni graphic designer per
progettare un nuovo sistema di segnaletica neon e numerosi
architetti in modo da proporre soluzioni architettoniche diversificate e non ripetitive. Nella sua rivista mensiel “Das
Neue Frankfurt” May tratta di letteratura, arte, educazione,
film, teatro e radio, considerandoli alla base della cultura urbana. L’architetto Margarete Shutte-Lihotzky, che non aveva
mai cucinato, crea la moderna cucina monoblocco, progettata
per risparmiare spazio, ma soprattutto per far risparmiare
tempo alle donne, rendendo più agevole l’utilizzo della cucina. Oltre a fare installare una cucina monoblocco in ogni
appartamento, realizzò dei giardini di infanzia basati sul
metodo Montessori. Le idee e le realizzazioni di May e della Shutte-Lihotzky
influenzarono profondamente Catherine Krause Bauer Wurster,
che negli USA promosse il movimento degli “Housers” per un urbanistica sociale.
Alice Accardo. Combos. Centrale Elettrica 2.
Manu Zuccarotta.
Oh no!(giù le mani dalla mia città).
Michela Spezza. (frame) QT8 - L'infinito senza il tu.
L’esperienza di Owen e del paternalismo illuminato di Crespi, Rossi e Leumann comunque non andò persa e la si ritrova ad
esempio nell’opera di Adriano Olivetti, Ermenegildo Zegna,
Giovanni Borghi e recentemente in quella di Bruno Cucinelli.
Elemento fondamentale di questi filantropi è l’attenzione che pongono nei confronti della natura e della cultura. Bisogna
sottolineare l’impegno di Zegna nella tutela del territorio
con la piantumazione di 500000 tra conifere, rododendri e ortensie inaugurando nel 1938 la Panoramica Zegna.
Olivetti oltre a creare dei trend in architettura e design
chiamando Sottsass, Bellini, Vittoria.. dal 1946 pubblica la
rivista “Comunità” che fa trovare ai dipendenti nella vasta e variegata biblioteca aziendale, su cui firmano Silone,
Pavese, Montale..
Le prime abitazioni furono costruite nel 1926 per iniziativa del padre Camillo in una zona che prese il nome di Borgo
Olivetti. In seguito sorsero i quartieri di quartiere di via
Castellamonte, il quartiere di Canton Vesco a Ivrea seguiti
da La Sacca e il quartiere Bellavista. Le abitazioni erano date in affitto o a riscatto a condizioni decisamente vantaggiose
rispetto ai prezzi di mercato e i dipendenti potevano usufruire
dell’assistenza gratuita e del finanziamento agevolato per la costruzione o la ristrutturazione delle abitazioni.
In Italia la realizzazione di un quartiere ideale venne tentata
da Piero Bottoni nel 1945, che in occasione dell’ottava
edizione della Triennale di Architettura progettò e realizzo il QT8 di Milano, in risposta ai danni della guerra e in
opposizione alle case di ringhiera milanesi che l’architetto
riteneva buie e poco funzionali. La guerra infatti aveva distrutto numerosi edifici e Bottoni risolse lo smaltimento
delle macerie con la costruzione di una montagnetta
artificiale dedicata alla moglie Elsa Stella: l’ancora
visibile Monte Stella. Inserì nei suoi appartamenti alcune strategie per migliorare la qualità della vita delle famiglie,
come il vano passa-piatti e i letti a scomparsa.
Nel 1937 Bottoni presenta al Ciam di Parigi oltre 400 pagine di Piano della Valle d’Aosta, illustrato come “Urbanesimo di
montagna” e promosso dallo stesso Olivetti.
Giada Carnevale Schianca. Oliva. Ivrea.
Alice Accardo. In-visione. Armadilli.
Giada Carnevale Schianca.
Vuoto n°1.
L’utopia porta già nel nome il fatto che non sia riscontrabile nella
realtà e tutti quei percorsi così auspicabili, ma comunque
pragmaticamente perseguibili non si sono mai realizzati su larga scala. In Italia dal dopoguerra e con la selvaggia lottizzazione degli anni ’60,
si verifica la nascita di interi quartieri di anonimi casermoni abbandonati a loro stessi senza servizi o particolari spazi comuni, a
causa della mancanza di una legislazione urbanistica unitaria. Il boom economico di quel periodo che è caratterizzato dall’iniziativa privata mette fine alle esperienze comunitarie, e nonostante sia caratterizzato
dall’aumento dei salari e dell’ occupazione porta con sé numerose contraddizioni.
La parola “archeologia industriale” si trova per la prima volta in Inghilterra a metà degli anni ’50 in una pubblicazione di Michael Rix.
La fabbrica che aveva plasmato la città moderna qualche secolo prima e che solo qualche decennio prima era stata esaltata dai futuristi i quali
ad esempio indicarono nel loro manifesto del 1934 la fabbrica del Lingotto di Torino come la “prima invenzione costruttiva futurista”, passa
concettualmente alla storia e al passato. La città postindustriale e deindustrializzata ci arriva in eredità dagli
anni settanta, senza che si fosse risolto il conflitto della città industriale. La società industriale è stata superata non per le modifiche
introdotte nel sistema di produzione, ma nel modello di regolamentazione economica. Touraine inizia a parlare di postindustriale già nel ’69.
L’urbanesimo è comunque inarrestabile e nel 2007 per la prima volta nella storia la popolazione delle città supera quella della campagna. Il
superamento della città industriale dovrebbe portare alla terziarizzazione con la creazione di tecnopoli, centri di ricerca e
servizi, ma ad esempio la situazione dei ricercatori italiani e l’erosione del welfare fa sorgere alcuni dubbi.
Il tessuto urbano diventa anomalo. Dal 2007 l’indice della produzione industriale italiane ha perso 20 punti percentuali e intanto continuano
a crescere aree “ex”: ex Ansaldo, ex Pirelli, ex Falck, ex Ursus, ex Breda..
La distanza tra ricchi e poveri che nella città industriale si era progressivamente ridotta torna a crescere.
Crescono sì le occupazioni di tipo intellettuale ad alto reddito, ma iniziano ad ingrossarsi le fila di lavoratori che forniscono servizi non specializzati e che si spostano verso gli strati inferiori della
struttura sociale, come in un “dripping” diverso da quello ipotizzato da Milton Friedman, che ipotizzava invece un “dropping of money out of
a helicopter”. L’esigenza vera di pianificazione e riqualificazione rimane attuale e
come suggerisce il sociologo Jaques Donzelot c’è la necessità di fare città e fare società.
Michele Rinaldi. Untitled.
Angina Factory’s ringrazia L’Associazione Carlo Natale e Carlo Vella, Michele Linsalata,
Alberto Reghellin, Luigi Chiesa E tutte le realtà coinvolte nel percorso letterario Lucio Mastronardi:
Associazione Genti Lucane, Associazione il Faro, Gruppo di Studio Mastronardi, Cineclub Vigevano, Società Storica Vigevanese, Comitato
Soci Coop, Stellerranti, Il Mosaico, Associazione La Ruota, Ero forestiero, Creativamente, Compagnia LattOria, Officine Roncalli,
Tavola, Arte in Vigevano, Spazio B, Associazione La Barriera Onlus, Spazio Contarte, Società Fotografica Vigevanese, Officina delle Idee,
Atelier Artistico Belmontesi, Biblioteche Civiche di Vigevano, Istituto Gramsci Torino,Gruppo di Studio Amici di Giovanni Rota.