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www.deportati.it euro 2,50 Giornale a cura dell’Associazione nazionale ex deportati nei Campi nazisti e della Fondazione Memoria della Deportazione Nuova serie - anno XXX Numero 1-3 . Gennaio-Marzo 2014 Sped. in abb. post. art. 2 com. 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano IT TRIANGOLO ROSSO I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE Andrea Lorenzetti L’ex deportata: ragazze, ricordate che... Le notizie da pagina 48 Mirella Stanzione, deportata a Ravensbrück con la madre, ha incontrato a Reggio Emilia le centinaia di giovani che hanno poi partecipato (in mille e più) ai viaggi della memoria. Alle ragazze che l’hanno salutata con affetto ha spiegato che l’unico ricordo dal campo è stato il Triangolo rosso, il suo e quello di sua madre. Figura eminente del Socialismo catturato dai nazisti, deportato e morto a Mauthausen. ELLEKAPPA Triangolo Rosso, il vostro periodico, parla di memoria da trenta anni 1914 1918 100 anni fa lo scoppio della prima guerra mondiale ANNIVERSARIO Con un colpo di stato il via all’inutile strage

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www.deportati.iteuro 2,50

Giornale a cura dell’Associazione nazionaleex deportati nei Campi nazisti e della Fondazione Memoria della Deportazione

Nuova serie - anno XXXNumero 1-3 . Gennaio-Marzo 2014 Sped. in abb. post. art. 2 com. 20/clegge 662/96 - Filiale di Milano

ITTRIANGOLOROSSO

I GRANDIDELLADEPORTAZIONE

Andrea Lorenzetti

L’ex deportata: ragazze, ricordate che...

Le notizie

da pagina 48

Mirella Stanzione, deportata a Ravensbrück con la madre, ha incontrato a Reggio Emilia le centinaia di giovani che hanno poipartecipato (in mille e più) ai viaggi della memoria. Alle ragazze che l’hanno salutata con affetto ha spiegato che l’unico ricordo dal campo è stato il Triangolo rosso, il suo e quello di sua madre.

Figura eminente del Socialismocatturato dai nazisti,deportato e morto a Mauthausen.

ELLEKAPPA

Triangolo Rosso, il vostro periodico, parla di memoria da trenta anni

19141918

100 anni fa lo scoppio della prima guerra mondiale

ANNIVERSARIOCon un

colpodi stato

il viaall’inutile

strage

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ITTriangolo RossoPeriodico dell’Associazione nazionale ex deportati nei Campi nazisti e della Fondazione Memoria della Deportazione

e-mail: [email protected]

Una copia euro 2,50, abbonamento euro 10,00Inviare un vaglia a: Aned - via San Marco 49 - 20121 MilanoTelefono 02 76 00 64 49e-mail Aned nazionale: [email protected] Aned di Milano: [email protected]

Direttore Gianfranco MarisComitato di presidenza dell’AnedGianfranco Maris presidenteTiziana Valpiana vice presidenteDario Venegoni vice presidenteMarco Balestra tesoriereMiuccia Gigante segretario generale

Triangolo Rosso Comitato di redazioneGiorgio Banali, Angelo Ferranti, Franco Giannantoni, Ibio Paolucci (coordinatore), Pietro RamellaSegreteria di redazione Elena Gnagnetti

Gli organismi dellaFondazione Memoria della DeportazioneBiblioteca Archivio Pina e Aldo RavelliVia Dogana 3, 20123 Milano- Tel. 02 87 38 32 40Gianfranco Maris presidenteIonne Biffi vice presidenteElena Gnagnetti segreteria e bibliotecaMassimo Castoldi direttoreVanessa Matta archivio

Consiglio di amministrazione Gianfranco Maris presidenteMaria Chiara Acciarini, Ionne Biffi, Divo Capelli, Massimo Castoldi, Alessio Ducci,Guido Lorenzetti, Floriana Maris, Anna Steiner

Comitato storico scientificoGianfranco Maris presidenteAlfredo Canavero, Claudio Dellavalle,Brunello Mantelli, Gianni Perona

Comitato dei garanti Osvaldo Corazza, Raffaele Maruffi

Collaborazione editorialeFranco Malaguti, Isabella Cavasino [email protected]

Chiuso in redazione il 10 aprile 2014Stampato da Stamperia scrl - Parma

Grande festa, sabato 22 marzo 2014 nel-la casa di riposo Segesta di Vado Ligure,in provincia di Savona, per il 103° com-pleanno di Giobatta Dagnino, nato aGenova il 22 marzo del 1911, decanodegli ex deportati italiani.Per il suo conpleanno Dagnino ha rice-vuto la visita di una delegazione dellasezione Aned di Savona e Imperia, gui-data dalla presidente Maria Bolla (con il festeggiato nellaß foto).Al caro compagno Giobatta gli auguri degli ex deportati e di tutta l'Aned

QUESTO NUMERONOTIZIEPag. 3 Ordine del giorno sul Memoriale di Auschwitz.Pag. 4 Il Consiglio Nazionale dell’Aned. Pag. 6 Le giornate della memoria a Foligno e in Umbria.Pag. 7 Un giorno passammo sui sentieri partigiani... e ci scoprimmo com-

mossi per un piatto di mirtilli.Pag. 8 Il viaggio delle voci presenti.

di Angela Cannizzare e Eugenio Iafrate

I GRANDI DELLA DEPORTAZIONEPag. 10 Andrea Lorenzetti promotore dell’Avanti! clandestino. Figura eminen-

te del Socialismo catturato dai nazisti, deportato e morto a Mauthausen.di Guido Lorenzetti

ANNIVERSARIOPag. 20 Grande Guerra -1914-1918. Con un colpo di stato il via all’inutile strage.

di Ibio PaolucciPag. 24 La grande guerra sullo schermo ...vibrante evocazione dei soldati che, nelle

trincee, patirono e morirono. di Sauro Borelli

LE NOSTRE STORIEPag. 26 È l’8 settembre 1943. Il racconto di un ragazzo che cerca il padre milita-

re: ora cosa ci succederà? di Gerardo D’AmbrosioPag. 30 Nel ‘42, dopo Pearl Harbor, gli Stati Uniti costruiscono lager per giap-

ponesi anche se cittadini USA. di Pietro RamellaPag. 33 Quella gavetta in fondo al mare racconta la storia (volutamente insabbiata)

dell’affondamento dell’Oria. di Paolo CiampiPag. 36 Il “viaggio della memoria” di Vera Vigevani Jarach vittima delle leggi raz-

ziali poi dell’Argentina “golpista”. di Franco GiannantoniPag. 42 8 settembre 1943, a 19 anni il coraggio di una scelta: Aldo Aldi, studente

operaio parte per il fronte alleato. di Bianca MazzoniPag. 46 Gli scioperi del marzo 1944. La sfida degli operai di Sesto San

Giovanni contro il generale nazista di Giorgio Oldrini Pag. 48 Per Mirella Stanzione l’unico ricordo del campo di Ravensbrück, è il

triangolo rosso cucito sui vestiti suoi e della madre.di Adriano Arati

RICERCHEPag. 52 “Auschwitz prima di “Auschwitz”. Massimo Adolfo Vitale e le prime

ricerche sugli ebrei deportati dall’Italia. di Antonella TiburziPag. 56 Il paradosso di Wannsee. Quale lo scopo di una simile riunione?

di Ivano GobbatoPag. 58 La primavera italiana Sergio Solmi: aprile a San Vittore

di Vincenzo ViolaPag. 60 Ricordando i 90 anni di età. Per volontà di Gramsci nel 1924 nacque

l’unità di Ibio PaolucciBIBLIOTECAPag. 62 Il martire Janusz Korczak a colori per i bambini.Pag. 63 Le fandonie su DachauPag. 64 Suggerimenti di lettura a cura di Franco Giannantoni

I 103 anni di Giobatta Dagnino, decano degli ex deportati italiani

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In assenza di una iniziativa delle istituzioni pubblicheitaliane, l’Aned ideò, progettò, realizzò, finanziò (conmezzi propri e attraverso una sottoscrizione pubblica)

e alla fine trasportò dall’Italia alla Polonia e allestì ilMemoriale, alla cui progettazione e realizzazione aveva-no lavorato personalità della cultura italiana del calibro diLodovico Barbiano di Belgiojoso, Primo Levi, PupinoSamonà, Nelo Risi, Luigi Nono, al fianco degli ex depor-tati al vertice dell’Aned, a cominciare da Gianfranco Maris,Teo Ducci e diversi altri. L’inaugurazione avvenne nella pri-mavera del 1980, alla presenza di decine di ex deportatigiunti dall’Italia, di rappresentanti delle Comunità ebrai-che italiane e del ministro Marcora in rappresentanza delgoverno.

Agiudizio dell’Aned, proprietaria dell’opera, ilMemoriale Italiano di Auschwitz, dopo un neces-sario intervento di restauro e con opportune istalla-

zioni illustrative, starebbe magnificamente lì dove è sem-pre stato, testimonianza della cultura e dell’arte naziona-li, a ricordo di tutte le deportate e di tutti i deportati uccisinei Lager nazisti. Ma la direzione del Museo, il consigliodelle personalità internazionali che la affiancano, il go-

La direzione del Museo, sostenuta dal governopolacco e dal Consiglio internazionale diAuschwitz, ritiene che l’installazione italiananon corrisponda più alle linee guida emanatedal Museo negli ultimi anni, che richiedono al-lestimenti di taglio pedagogico-illustrativo,mentre quella italiana è un’opera d’arte, un’in-stallazione che, ripromettendosi di comunicareun orrore non altrimenti descrivibile, parla ap-punto con il linguaggio dell’arte.

verno polacco, quello italiano e numerose organizzazioniebraiche internazionali sostengono che quell’installazionedovrebbe essere rimossa per lasciare spazio a una docu-mentazione puntuale della sola Shoah italiana. Dopo aver cercato a lungo di resistere a questa imposta-zione, e dopo aver cercato di persuadere le autorità italia-ne e polacche del valore dell'opera, dando prova di mode-razione e di realismo Aned si è piegata obtorto collo a que-sta richiesta che non condivide, e si è detta disponibile a tra-sferire l’opera nel nostro paese, in una località significati-va per la storia della deportazione italiana, così da lascia-re spazio a un nuovo allestimento italiano nel Blocco 21 diAuschwitz.

Da diversi anni, però, tutti i tentativi esperiti per in-dividuare una soluzione sono falliti. Nessun Comuneitaliano, tra quelli interpellati, si è detto per ora di-

sponibile a ospitare il Memoriale, a causa degli alti costi deltrasferimento e della difficoltà di reperire l’area necessa-ria. Dal canto loro i Governi che si sono succeduti in que-sti anni hanno negato di avere le risorse utili a salvare un’o-pera che per oltre trent’anni ha onorato la memoria della de-portazione e la cultura italiana nel mondo.

Ordine del giorno sulMemoriale di Auschwitz

Il Memoriale italiano collocato nel Blocco 21 di Auschwitz, è in pericolo: dal luglio 2011, per decisione unilaterale della Direzione del Museo, è chiuso al pubblico, inaccessibile persino agli studiosi.

NOTIZIE

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Da Auschwitz intanto si moltiplicano le pressionia fare in fretta, pena l’assegnazione dello spazio fin quioccupato dall’Italia a un altro paese.

Aned fa dunque appello al Governo, alle istituzioni,alle forze politiche e culturali, affinché concorra-no a reperire le risorse e gli spazi necessari per una

degna conclusione di questa vicenda che è spiacevolissi-ma e offensiva per tutti i superstiti dei Campi e i familiaridei Caduti. Dalle dichiarazioni occorre passare ai fatti. È in primo luo-go compito del Governo, del Ministero dei Beni artistici edelle attività culturali proporre in tempi stretti una soluzioneconcreta e praticabile e mettere a disposizione le risorse perrealizzarla, se non vogliono assumersi la responsabilitàdella perdita di una presenza italiana ad Auschwitz e del-la distruzione di un bene culturale di assoluto valore. Aned si impegna fin d’ora:- a raccogliere la documentazione sull’opera del Memorialeattraverso ogni mezzo possibile (foto, istallazioni, video,eccetera).- a sostenere una campagna di informazione nazionale eeuropea sul problema, evidenziando che il Memoriale è laprima opera d’arte multimediale europea.- a ottenere attraverso il Governo italiano, nel malaugura-to caso si fosse costretti a rimuovere l’opera del Memorialeitaliano dal luogo in cui è sorta, l’assicurazione dal Governopolacco che lo spazio del Blocco 21 rimanga nella dispo-nibilità dell’Italia per la memoria della sua deportazione.

Il Consiglio Nazionale dell’Aned

Il Consiglio nazionale dell'Aned si è riunito a Sasso Marconi(Bologna) il 29 e 30 marzo 2014 con questo ordine delgiorno:

▼ Approvazione del bilancio consuntivo 2013 e del bi-lancio di previsione 2014▼Problemi nella organizzazione dell’Associazione e scel-te conseguenti▼Sostegno alla riorganizzazione e al lavoro delle sezio-ni▼Progetti di attività e di ricerca per il 2014 - e per il 2015,settantesimo della fine della guerra▼ Rapporti e sinergie con la Fondazione Memoria dellaDeportazione.▼ Questione del Memoriale italiano ad Auschwitz▼ Organizzazione della partecipazione italiana alle ma-nifestazioni internazionali nei grandi Lager nella prima-vera 2014▼ Varie ed eventuali

Assente il presidente Gianfranco Maris, che ha inviato unmessaggio di saluto, i lavori sono stati presieduti dal vi-cepresidente Dario Venegoni, che ha svolto la relazionesui punti all'ordine del giorno a nome della presidenza.A un anno dal XV congresso nazionale che ha modifica-to lo statuto dell'associazione, aprendo l'Aned al contributoanche di non familiari di deportati, e mentre si riduce fi-siologicamente l'apporto determinante degli ex deportati,l'Aned ha avvertito l'esigenza di impegnare il proprioConsiglio nazionale nella discussione e nell'approvazio-ne di importanti questioni organizzative e di contenuto,

In un mondo che cambia l’Aned conferma l’adesione e la fedeltà ai valori e agli ideali degli ex deportati

Le decisioni del Consiglio nazionale il 29 e 30 marzo a Sasso Marconi (BO)

Da ricordare nella dichiarazione dei redditi

Il 5 per mille alla FondazioneMemoria della DeportazioneCome già è avvenuto negli scorsi anni, legge finan-ziaria prevede anche per il 2014 (relativamente ai red-diti del 2013), la possibilità del contribuente di desti-nare la quota del 5 per mille dell’IRPEF al sostegno delvolontariato, delle associazioni e delle Fondazioni sen-za fini di lucro.La Fondazione Memoria della Deportazione è unodei possibili destinatari di tale contributo. Chiunque lodesideri può, quindi, contribuire concretamente al par-

ziale finanziamento dell'attività della Fondazione.Per destinare il 5 per mille alla Fondazione Memoriadella Deportazione è sufficiente apporre la propria fir-ma e il codice fiscale della Fondazione - 97301030157- nell’apposito modulo nel riquadro in basso a sinistrariferito al "Sostegno del volontariato e delle organiz-zazioni non lucrative di utilità sociale".

NOTIZIE

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per adattare la propria azione all'esigenza delle nuovegenerazioni di conoscere la storia e di assumere la me-moria della deportazione e del sacrificio di decine dimigliaia di deportati come valore fondante della propriacoscienza civile.In un mondo che cambia tanto rapidamente, l'Aned con-ferma la propria adesione e la propria fedeltà ai valori,e agli ideali degli ex deportati e dei familiari dei Cadutiche 70 anni fa fondarono l'associazione. E contempo-raneamente agisce per adeguare la propria azione con-creta alle esigenze del mondo contemporaneo.

In apertura della riunione Maria Bolla, presidente del-la sezione di Savona, ha ricordato a nome di tuttiRaimondo Ricci, ex presidente nazionale dell'Anpi ecomponente del Consiglio nazionale Aned, recente-mente scomparso.

Il Consiglio ha quindi preso atto delle richiesta di GuidoLorenzetti di essere sostituito nell'incarico di tesorierenazionale. Lo ha ringraziato per il prezioso lavoro svol-to fin qui e ha quindi provveduto a nominare tesorieredell'Aned Marco Balestra, commercialista, presidentedella sezione di Udine.

Pertanto, dopo questa nomina, la Presidenza dell'Anedrisulta così composta:

Gianfranco Maris, presidenteMarco Balestra, tesoriereMiuccia Gigante, segretariaTiziana Valpiana, vicepresidenteDario Venegoni, vicepresidente

Il Consiglio nazionale ha anche approvato:

❑ Il bilancio consuntivo 2013 e quello di previsione peril 2014, illustrati a nome della presidenza dal neo nomi-nato tesoriere Marco Balestra;❑ Un ordine del giorno sulla questione del Memoriale ita-liano ad Auschwitz; (che riportiamo nelle pagine prece-denti)❑ Le linee di azione dell'Aned per il futuro così come so-no state indicate nella relazione della presidenza, arric-chite dal dibattito e riassunte al termine della riunione, anome della presidenza, dalla vicepresidente TizianaValpiana.

Inoltre il Consiglio ha deliberato:

La cooptazione di Lucio Monaco, vicepresidente dell'Aneddi Torino;La cooptazione di Giampaolo Cantoni, presidente dellasezione di Parma e la nomina di Walter Cantoni, ex de-portato a Bolzano a componente del Comitato d'Onore;La creazione di una commissione, coordinata per la presi-denza nazionale dal tesoriere Marco Balestra, e compostaanche da quattro rappresentanti delle sezioni, per il vagliodelle richieste di sostegno a progetti di ricerca e a iniziati-ve politiche delle sezioni Aned;La nomina di Silvia Merzagora, figlia di GiovannaMassariello, a rappresentante dell'Aned nel ConsiglioInternazionale di Ravensbrück, al fianco di Ambra Laurenzi.La nomina di Ionne Biffi a coordinatrice degli interventi almonumento italiano a Mauthausen il prossimo 11 maggio.

Scorci fotografici a SassoMarconi scattati da LeoVisco Gilardi. Qui soprail vicepresidente DarioVenegoni e a lato alcunimomenti dei lavori.

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Convinti che occorre tenere viva la memoria sulle tri-sti e dolorose vicende della nostra storia, l’AnedUmbria ha promosso e si è unita alle tante iniziati-

ve che hanno visto il territorio di Foligno e della Regioneagire attivamente nel ricordare chi ha combattuto e datola propria vita per la nostra libertà.Il 14 dicembre 2013, l’Aned Umbria ha partecipato aPietralunga all’inaugurazione di una lapide che ricordale Medaglie d’oro civili e militari della guerra di Liberazione. Il 25 gennaio 2014, l’Aned Umbria ha partecipato, conl’intervento di Maria Pizzoni, Presidente dell’Aned re-gionale, a San Giustino ad una riflessione sul tema Dallaprigionia alla Resistenza. In quell’occasione è stata pre-sentata una mostra sui campi di concentramento di Ruscioe Renicci.Il 27 gennaio 2014 è stato presentato agli studenti e allacittadinanza di Foligno Memorie dal territorio, testimo-nianze tratte da Li presero ovunque. Storie di deportatiumbri di Olga Lucchi. Lo spettacolo teatrale è il risultato del laboratorio inter-scolastico degli studenti delle scuole secondarie di secondogrado di Foligno e di primo grado “Giosuè Carducci” e“Gentile da Foligno” a cura di Andrea Paris e NicolaPesaresi Associazione Zenart.Il 31 gennaio 2014, nella sala delle conferenze PalazzoTrinci, è stato presentato il libro Mi racconti di lui? diAlessandra Squarta, edizioni Caosfera. Il romanzo, trat-to da una storia vera, è ambientato nel campo di concen-

tramento di Colfiorito. La presentazione del libro, fattadalla professoressa Lucia Vezzoni, membro del Comitatodi collegamento tra l'Aned e la scuola, è stata l’occasio-ne per discutere sul sistema concentrazionario nazi-fasci-sta; alla conoscenza e alla comprensione dei fatti storici hadato il suo contributo la professoressa Luciana Brunellidell’Officina della Memoria. La giornata, promossa dalComune di Foligno, Assessorato alle Politiche perl’Istruzione, la Formazione, Iniziative per la Memoria, nel70° Anniversario della Liberazione, sul temaDall’internamento alla libertà. Il campo di concentra-mento di Colfiorito. Il ro-manzo di una vita, ha vi-sto anche la partecipazionedi Danijela Djurdjevic, rap-presentante della comunitàmontenegrina in Umbria.Il 3 febbraio 2014, l’Anedha ricordato i deportati fo-lignati morti nei lager diMauthausen e Flossem-burg. La cerimonia della depo-sizione di una corona di al-loro davanti alla lapide incui sono incisi i nomi deifolignati deportati ha vistola partecipazione degli stu-denti delle scuole superio-ri di Foligno. La giornata del 3 febbraioè stata preceduta da duegiornate in cui la popolazione di Sant’Eraclio, Cancellara,Scandolaro, Colle Scandolaro, Roviglieto, Santo Stefanodei Piccioni, Cancelli, Cupoli, Civitella, Vallupo, AcquaSanto Stefano insieme all’Amministrazione comunale diFoligno ha ricordato con la partecipazione degli studentidella scuola media di “Sant’Eraclio” i tragici fatti di que-gli anni: le canzoni, una mostra, i filmati, la visita al Sacrariodi Cancelli sono stati gli strumenti che hanno riportato al-la memoria quei giorni.

Le giornatedella memoria a Foligno e in Umbria

NOTIZIE

Nella foto ci sono glistudenti della scuolamedia di Sant'Eraclioche hanno partecipatoalla cerimonia; con loroc'è il parroco don LuigiFilippucci che hacontribuitoall'organizzazione delle due giornate e il partigiano Enrico Angelini.

di Lucia Vezzoni

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Un giorno passammosui sentieri partigiani...e ci scoprimmo commossiper un piatto di mirtilli

Fernando Cavazzini,nome di battaglia “Toni”(qui sopra) nel momentoconclusivo di “sentieripartigiani” . AccantoGiacomo Notari che haportato dalle montagnereggiane una dosegenerosa di mirtilli, inricordo di quella stagionedi battaglie per laLiberazione in cui nonc’era altro da mangiareper i combattentinascosti nei boschidell’Appennino.Le foto in alto mostranola partenza, a ReggioEmilia, dalla piazzadedicata ai martiri del luglio ‘60 in cuispicca il monumento alla Resistenza.

Un pranzo con alla fine i mirtilli, il pasto dei giorni del-la Resistenza, per festeggiare i novant’anni di ungrandissimo protagonista della Liberazione. Se lo

sono gustati nel settembre scorso i partecipanti al pranzo cheha concluso i Sentieri Partigiani 2013 di Istoreco, la ma-nifestazione che ha portato un centinaio di stranieri in gi-ro per i sentieri battuti durante la guerra dai resistenti ita-liani.Alla domenica, a chiudere il cammino, una marcia per il cen-tro di Reggio Emilia accompagnati da una banda musica-le, e il pranzo nei chiostri di Istoreco, l’istituto storico lo-cale.Una doppia occasione di festa, i Sentieri Partigiani e i no-vant’anni di Fernando “Toni” Cavazzini, capo di una squa-driglia di sabotatori delle Brigate Garibaldi attiva nellamontagna reggiana durante la guerra. “Toni” è stato invi-tato al pranzo, d’accordo con i suoi parenti, per un omag-gio a sorpresa che ha commosso l’anziano resistente. A fi-ne pasto, una nuova sorpresa, le abbondanti porzioni dimirtilli portati per l’occasione da Giacomo Notari, presi-dente dell’Anpi reggiana, direttamente dall’Appennino.Cavazzini e Notari hanno ricordato i tempi in cui i mirtil-li erano l’unico cibo disponibile per loro, giovani parti-giani nascosti nei boschi, prima di gustarseli, in memoriadei giorni andati. La 21° edizione dei Sentieri Partigiani siterrà tra giovedi 11 e domenica 14 settembre 2014, e i 108posti disponibili sono già prenotati da giovani provenien-ti da tutta Europa.

NOTIZIE

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Il viaggio delle voci presenti

Questo il particolarissimo Viaggiodella Memoria con gli studenti del Liceo Democritodi Roma

NOTIZIE

È cominciato in realtà mentre compi-vamo il giro rituale intorno allaSinagoga di Roma ai funerali di Shlomo Venezia dove ci siamo resiconto, ancora una volta, che prima opoi i testimoni non ci saranno più etutto quello che loro hanno vissuto eci hanno raccontato noi lo potremoraccontare solo in seconda battuta.

Ealla luce di questaconsiderazione ci sia-mo guardati in faccia

e ci siamo resi conto che leinterviste che l’Aned diRoma ha realizzato ormainel 2000 raccogliendo le te-stimonianze dei propri as-sociati e che Banca dellaMemoria ha messo sul web,da storie, per quanto im-portanti, diventano la Storia,fatti inconfutabili racconta-ti dai protagonisti, tanto piùveritieri perché è la stessaversione che si ripete e si ri-pete da un testimone all’al-tro e all’altro e all’altro.Poi l’occasione: il liceoDemocrito che da quattroanni partecipa al progettoBanca della Memoria, or-

ganizzava un viaggio “pri-vato” ad Auschwitz, senzapoter avere i testimoni pervari motivi, dalla salute, al-la recente scomparsa, a im-pegni... E così Banca della Memoriae Aned hanno inventato efornito un servizio: portarsile testimonianze su tablet ecomputer e cellulari. Primafra tutte quella di Shlomo, acui il viaggio era dedicato,e poi degli altri, anche quel-li che non ci sono più da tem-po e che non hanno mai po-tuto accompagnare i ragaz-zi ai campi di sterminio.Insieme a Sami Modiano ePiero Terracina che non po-tevano essere con noi, ab-biamo avuto, oltre a Shlomo,

anche Settimia Spizzichinoe Primo Levi da vecchie in-terviste. E i sopravvissuti ro-mani, quelli meno famosi:Sabatino Finzi, Giuseppe DiPorto, Leone Fiorentino,Lello Perugia… Li avrem-mo portati tutti con noi…La tecnologia è confortan-te, non riserva molte sor-prese: una volta trasferiti ifiles e testate le macchine, èsolo una questione di volu-me più o meno basso. Si sache funzionerà.Quello che non si sa è qua-le sarà l’effetto, quali emo-zioni riuscirà a suscitare ese le susciterà.Per quello dovevamo arri-vare a Cracovia.Come da copione consoli-dato, il primo giorno siamoandati al ghetto creato dainazisti di la della Vistola, do-ve hanno spostato gli ebrei

che da quattro secoli vive-vano e prosperavano nelquartiere storico voluto daCasimiro il Grande, facen-do loro attraversare quel ma-gnifico ponte liberty carichidi ogni cosa, perfino i bam-bini con le sedie da portarenella nuova scuola. Abbiamoportato i ragazzi a vedere ilmuro e oltre il muro le vec-chie case dal prato in pen-dio da dove si vede anche laroccia che, con le pareti astrapiombo, faceva da inac-cessibile confine. E dopoavere ascoltato quanto rac-contava la guida, abbiamochiesto ai ragazzi di apriresui loro telefonini il filmatonumero 3: quella sequenzadi Schindler’s list quandoOskar e la sua amica, a ca-vallo in cima alla rupe, ve-dono dall’alto la liquidazio-ne del ghetto, la deportazio-

di Angela Cannizzaro e Eugenio Iafrate

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ne degli ebrei già rinchiusi,ai campi di sterminio, la sce-na dove appare la bambinacol cappottino rosso.Non tutti i ragazzi avevanoil telefonino adatto a conte-nere filmati e si sono formatipiccolissimi gruppi silen-ziosi di due-tre studenti, at-taccati alle cuffiette, sparsisul prato, attenti. Era bellissimo. Stretti in-sieme, meglio che se ognu-no avesse avuto il suo fil-mato.E quando la sequenza è fi-nita si sono guardati intor-no e hanno “riconosciuto” iluoghi, riconosciuti due vol-te perché il film lo avevanovisto prima di partire.Ma l’emozione forte dovevaancora arrivare. Il giorno do-po siamo andati subito aBirkenau. Era sabato, mat-tina presto, c’era pochissi-

ma gente. Davanti al vago-ne solitario sulla rampa, dauna piccola cassa amplifi-cata abbiamo ascoltato SamiModiano e lo abbiamo in-travisto nel filmato sull’iPadmentre parlava proprio da-vanti allo stesso vagone.Poi siamo andati al crema-torio, tutti i ragazzi comesempre seduti sulla gradi-nata del monumento e sta-volta dalla piccola cassa, nelsilenzio e nella solitudine diun cielo inaspettatamentegrigio, visto che il giornoprima avevamo sentito cal-do, è venuta la voce diShlomo e il suo racconto dicosa accadeva proprio lì, dicome le persone entravanoprima nello spogliatoio, poinella camera a gas, poi pas-savano sotto le sue forbicidi barbiere per tagliare i ca-pelli alle donne e poi porta-

ti ai forni. Ed è stata questauna emozione per cui non cisono aggettivi. PerchéShlomo era li con noi.Avevamo chiesto ai ragazzidi portare un sassolino daRoma, ricordando che sulletombe degli ebrei si lascianosassi e non fiori. E ognunolo ha lasciato dove ha cre-duto. Una ragazza allo sta-gno dove gettavano le cene-ri, molti sulle macerie delcrematorio...Infine siamo andati adAuschwitz. E abbiamo ascol-tato in cuffia le testimonianzadi Settimia Spizzichino, da-vanti al padiglione 10, doveha subito gli esperimenti me-dici.E davanti al padiglione 21dove c’è, non più visibile, ilmemoriale italiano, PrimoLevi che racconta di comeera possibile morire sempli-cemente per colpa delle scar-pe inadeguate che piagavanoi piedi e le piaghe si infetta-vano… E il suo appello scrit-to proprio per il memoriale,recitato per noi da AdalbertoMaria Merli.Siamo colleghi di lavoro,Eugenio Iafrate dell’Aned eio di Banca della Memoria,

e su un lavoro così impor-tante siamo diventati amici.Prima di partire, scherzan-do, abbiamo inventato unoslogan “Cracovia non saràpiù la stessa”. Infatti è la prima volta chesi è fatto un Viaggio dellaMemoria così.Siamo convinti che questosia il futuro, vogliamo far-ne tanti tanti e tanti altri an-cora.

Cracovia non sarà più la stessa.

Infatti è la prima volta che si è fatto un

Viaggio della Memoria

così...

Cerimonie a Rodiper il 70° delladeportazione degli ebreiRachel Hasson, vedova di Giacomo Hasson, supersti-te di Auschwitz (matricola B-7364) deceduto nel 2008,ci ha scritto da Cape Town, Sudafrica, dove vive damoltissimi anni, e dove riceve regolarmente il nostroTriangolo Rosso, per informarci che nel mese di luglio,a Rodi (l’isola delle rose), nell’Egeo, nella locale si-nagoga saranno organizzate diverse cerimonie in ri-cordo del 70° anniversario della deportazione dell’in-tera comunità ebraica dell’isola.I deportati da Rodi furono probabilmente quelli checompirono il viaggio più lungo per raggiungere la ram-pa di Birkenau, dove avvenne la selezione che portò lamaggioranza dei deportati, dopo quel terribile viaggio,alle camere a gas.Ringraziamo l’amica Hasson per l’informazione e perl’assiduità con cui segue il nostro giornale.

Sami Modiano

Le voci di...

Shlomo Venezia, scomparso nel 2012

Settimia Spizzichinoscomparsa nel 2000

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I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE

Le prime notizie dellasua attività politicaclandestina risalgono

all’autunno ’42, quando par-tecipa a riunioni preparato-rie per rifondare il PSI. Subito dopo l’armistiziopartecipa ad una riunionepresso lo studio di AntonioFoglia con i rappresentantidel costituendo CLN conl’obbiettivo di prevenirel’occupazione tedesca. Alla fine del 1943 sostitui-sce Domenico Viotto, rap-presentante del PSIUP pres-so il CLN di Milano, che eracostretto ad abbandonare

l’Italia. Ai primi del 1944entra nella segreteria delpartito per l’Alta Italia insie-me a Cirenei, Pieraccini eValcarenghi. Si occupa in modo partico-lare della redazione e diffu-sione dell’Avanti! clandesti-no, di cui uscirono, quasiogni settimana, 28 numerinel periodo settembre ’43-maggio ’44. É uno degliorganizzatori degli scioperidel 1 marzo 1944, insiemeai compagni del PCI.La dura repressione seguitaagli scioperi e probabilmen-te anche qualche spiata pro-

vocano l’arresto di tutto ilgruppo dirigente del PSI.Arrestato il 10 marzo 1944,resta in isolamento aS.Vittore fino al 27 aprile,poi viene trasferito a Fossolifino ai primi di agosto. Poiinizia il viaggio verso laGermania, con una sosta diqualche giorno a Bolzano,che si concluderà in uno deipeggiori sottocampi diMauthausen, il Gusen III. Andrea riuscirà a resisterefino alla liberazione delcampo, il 5 maggio 1945,ma morirà in ospedale aGusen il 15 maggio.

promotoredell’Avanti!clandestino

di Guido Lorenzetti

AndreaLorenzetti

Andrea Lorenzetti, nato ad Ancona nel 1907 dafamiglia modesta (padre agente di commercio,madre casalinga), prende il diploma di ragionie-re a 16 anni e comincia subito a lavorare in ban-ca ad Ancona.

Dopo qualche anno si trasferisce a Milano al CréditCommercial de France, finché nel 1934 entra nel-lo studio di Antonio Foglia occupandosi di Borsa.

Nel 1937 viene promosso procuratore, ma all’i-nizio sembrava che la posizione comportasse l’i-scrizione al partito fascista: in questo caso Andreaera pronto a rifiutarla.

Andrea e la moglie Milena: giovani, carini e felici nel 1938 sul lungomare di Abbazia, nota località balneare nel golfo del Quarnaro, costa Est dell’Istria.

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sono i versi di una magnifica poesia di Paul Eluard,dedicata a un uomo caduto per la libertà nella lottacontro l'invasore nazista. Quell'uomo era un comuni-sta, si chiamava Gabriel Péri, era stato direttoredell'Humanitè, venne fucilato nella primavera del 1942.Quell'uomo somigliava molto ad Andrea Lorenzetti:stessa età, stessi ideali, stessa vita (dirigeva l'Avanti!clandestino), stessa passione civile, stessa morte. Ancheper lui valgono quei “mots”, che danno valore e si-gnificato alla vita ed è a lui che riserviamo questo nu-mero del “Triangolo Rosso” dedicato ai “Grandi del-la deportazione”. Il poeta francese le elenca tutte quelle parole, che so-no il Calore, la Fiducia, l'Amore, la Giustizia, la Libertà,il Coraggio, la Scoperta, il Fratello, il Compagno e an-che “certi nomi di Paesi e di Villaggi, di Donne e diAmici”. E poi, in conclusione, Eluard scrive

Ajoutons-y PériPéri est mort pour ce qui nous fait vivreTutoyons-le...”(Aggiungiamoci Péri. Péri è mortoper ciò che ci fa vivere. Diamogli del tu).

Sì, anche noi, a tutti quei “mots” ideali, in coerenzacon i quali Andrea ha terminato con fierezza la sua vi-ta nel campo di sterminio di Mauthausen, aggiungia-moci il suo nome e diamogli del tu, ricordando, non ditanto in tanto, ma ogni giorno, che è grazie a uominicome lui che tutti noi siamo tornati a rivivere in li-bertà. Ibio Paolucci

Il y a des mots qui font vivre(Ci sono parole che fanno vivere)“

Andrea LorenzettiDiamogli del tu

IT

Figura eminente delSocialismocatturato dai nazisti,deportato e morto aMauthausen

Arrestato nel corso di unariunione con altri compagni.Interrogato e percosso

a San Vittore.

Trasferito nel campo di smistamento di Fossoli e successivamente

nel campo di sterminio, dal quale non farà ritorno.

L’ultimo straziante e fieromessaggio dettato in punto di morte al compagno

di prigionia Aldo Ravelli.

Andrea Lorenzetti aveva 36 anni, era un pro-fessionista affermato, procuratore di borsadi un importante banchiere, aveva una bel-la moglie e un bambino piccolo che adora-va, una madre e una sorella cui era molto af-fezionato, una quantità di amici. Insomma unavita serena. Ebbene, Andrea Lorenzetti adun certo punto sceglie di lasciare tutto que-sto per una vita clandestina, difficile, peri-colosa.Rinuncia a vivere con i suoi cari, non vedepiù moglie e figlio. Organizza la diffusionedi un giornale clandestino e proibitissimo, èpedinato, forse tradito, infine arrestato. Inprigione viene interrogato, picchiato, nonrivela niente. Dopo un mese e mezzo vienemandato in un campo di smistamento, nelquale si occupa dei compagni e di rendere me-no insopportabile la vita di tutti. Poi, insie-me a tanti altri, viene trasferito in un campodi concentramento dove vive 10 mesi in con-dizioni durissime. Dopo la liberazione delcampo, Andrea è ricoverato in ospedale, do-

Quando la coscienzachiama

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I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE

ve muore dopo una decina di giorni.Dal carcere, Andrea scrive alla madre: “cisono momenti nella vita che dentro di noila coscienza chiama e dice ‘questo è il tuodovere’e non ci si può sottrarre senza per-dere la stima di noi stessi”. Semplice, no?

I messaggi inviati da San Vittore e daFossoli da Andrea Lorenzetti alla fami-glia, alla moglie Milena, alla madre e al-la sorella e raccolti in un libro dal figlioGuido, superano la dimensione intima e fa-miliare e delineano tutti i suoi sentimen-ti, l’impegno politico, l’uomo.Pensare, ragionare, discutere, trarre dal-le situazioni più difficili ed estreme inse-gnamento e guida per dare un futuro allamemoria nella consapevolezza che la me-moria è conoscenza e la conoscenza è li-bertà.Non solo la tradizione orale di vita e diesperienza e le biografie dei testimoni del-l’antifascismo, della Resistenza, della de-portazione e dell’annientamento nei cam-pi nazisti di morte, ma anche queste lettere,semplici o elaborate, immediate o ragio-nate, costituiscono “memoria”, cioè sto-ria.Ricordo – perché a volte quelli che più tiseguono non sono il ricordo degli stermi-ni indistinti dei grandi numeri, ma il ri-cordo dello sterminio di quelli di cui haiconosciuto lo sguardo, del compagno cheera vicino a te, quello di cui conoscevi lavita e la famiglia – che quando finì la guer-ra e gli angloamericani liberarono il cam-po di sterminio di Mauthausen, i compa-gni portarono a braccia, fuori dalla ba-racca nella quale era racchiuso, AndreaLorenzetti che, ormai privo di forze, uscìsalutando tutti tenendo alto il suo bracciocon il pugno chiuso. Andrea Lorenzettinon fu mai uomo di parole, quanto di ge-sti altamente significativi.La sua ultima lettera, il testamento detta-to all’amico Aldo Ravelli, il 15 maggio1945, pochi istanti prima di morire, èasciutta, essenziale.

Il testamento di un uomo coerente: “nonmi pento di quello che ho fatto, malgradotutto quello che ho sofferto sarei pronto aricominciare, perciò non mi compiango”.

Vi sono delle circostanze in cui lo storicoprova vergogna dei silenzi e delle trascu-ratezze su personaggi ed episodi di gran-de spessore, rimasti sconosciuti per de-cenni. Omissioni cui talvolta rimedia l’ac-corata memoria familiare, superando laprofondità del dolore, con testimonianze im-prescindibili. Testimonianze che ci arric-chiscono sia in termini di conoscenza siasul piano della sensibilità personale.É il caso della biografia di Carlo BianchiAspetti dell’opposizione dei cattolici diMilano alla Repubblica Sociale Italiana,scritta nel 1998 dalla figlia Carla, che ilgiorno della morte di papà (fucilato, con al-tri 66 internati, nell’eccidio di Fossoli, il 12luglio 1944) si trovava nella vita prenata-le.Una nuova preziosa fonte è l’epistolariopostumo di Andrea Lorenzetti, curato dalfiglio di un uomo cui l’Italia tutta dovreb-be essere riconoscente, per il contributoetico fornito ai contemporanei e ai poste-ri, in un impegno politico che sta alla ba-se della convivenza civile e del quale siavverte oggi il vuoto drammatico.Non solo sulla morte di Lorenzetti biso-gna riflettere, ma soprattutto sulla sua vi-ta. Anche per interrogarci sulla nostra esi-stenza, trascinata in una quotidianità difrustrazioni e pessimismo, dimentica del pa-trimonio di esperienze, ideali e speranzeconcretizzatesi nella liberazione naziona-le e sedimentate nella Costituzione dellaRepubblica italiana.Uomo d’altri tempi, Andrea Lorenzetti, i cuicomportamenti e il cui epistolario parla-no agli italiani d’oggi, ai cittadini del Paesea lui caro, amato con le idealità del socia-lismo riformista e umanitario che costi-tuiscono il lascito più vitale del sociali-smo del ventesimo secolo ….

…. Questo epistolario rappresenta, insie-me al Diario di Fossoli di LeopoldoGasparotto (Bollati Boringhieri, 2007) eAmore e speranza. Corrispondenza di GianLuigi e Julia Banfi dal campo di Fossoli(Archinto, 2009), una straordinaria trilogia,preziosa sia per l’analisi dei meccanismidell’internamento nel campo modenese,sia per la conoscenza di tre personalità an-

GianfrancoMaris:il testamentodi un uomocoerente

MimmoFranzinelli:il suo epistolarioparla agliitalianidei nostrigiorni

AndreaLorenzetti

IT

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tifasciste, colte nella loro dimensione in-teriore e nel rapporto da essi stabilito tragli ideali e la prassi.Andrea Lorenzetti appartiene alla bor-ghesia laico-riformista, categoria dallaquale sono usciti tanti protagonisti dellaResistenza milanese. Personaggi gene-ralmente trascurati dalla storiografia, cheha valorizzato oltremodo il filone comu-nista e trascurato le altre correnti.Per Lorenzetti, come per tanti altri suicompagni, compreso il già citato CarloBianchi, non vi è un lemma nella monu-mentale Enciclopedia dell’antifascismoe della Resistenza (stampata in sei volu-mi dall’editrice La Pietra nel 1968-89). Esono ignorati pure dal Dizionario bio-grafico del movimento operaio italiano(cinque densi volumi usciti nel 1975-78presso gli Editori Riuniti), nonostante es-si – nel momento più difficile – abbiamoagito da organizzatori delle masse ope-raie, per gli scioperi generali della pri-mavera 1944.Chiuso il libro, si riflette su quanto si è ap-preso e si ricevono stimoli per spingere laricerca storica verso zone inesplorate,evitando che l’oblio sedimenti sulla no-stra quotidianità una coltre grigia, diste-sa uniformemente su torti e ragioni, sueroismi e vigliaccheria, su aguzzini e vit-time... Le lettere di Andrea Lorenzettipossono servire a riconciliare presente epassato, a ritrovare il senso del camminoe la coesione sociale dell’Italia, nel ri-cordo delle tante, delle troppe vite spez-zate sul cammino della pace, del pro-gresso, della fratellanza.

…Il 10 marzo di 70 anni fa, 1944, era unvenerdì. Andrea Lorenzetti, mio padre,aveva come al solito dormito in clande-stinità, probabilmente presso l’apparta-mento del dentista Balduini, in via Verri.Da buon cospiratore, aveva preso la piùelementare delle precauzioni, cambian-do identità e connotati. Aveva utilizzatoi suoi altri nomi (Giordano Bruno), im-postigli dal padre anticlericale e masso-ne e si era chiamato Giordano De Andreis.Si era fatto crescere dei baffetti, franca-mente brutti, e si era messo gli occhiali,inutili perché ci vedeva benissimo.

Possiamo immaginare che quella mattina,in attesa della solita riunione in viaBorgonuovo alla quale avrebbero parteci-pato alcuni compagni del PSI Alta Italia, conil segretario Marcello Cirenei in arrivo daGenova, avesse letto il Corriere della Sera.L’apertura fissa di quei giorni era dedica-ta ai ‘successi’ italo-tedeschi, per la veritàsoprattutto tedeschi, su tutti i fronti di guer-ra. Il 10 marzo, i titoli in prima pagina era-no ‘Contrattacco germanico in Russia’, e‘Assalti dei pionieri tedeschi sul fronte diNettuno’. Invece, sugli scioperi che ave-vano paralizzato Milano e le grandi città in-dustriali dal primo marzo, il Corriere erastato molto sobrio. Solo la domenica 5,nella cronaca di Milano, veniva pubblica-to il comunicato del prefetto Parini, ripe-tuto nell’edizione di lunedì 6: ‘Ordine pertutti di riprendere il lavoro mercoledì 8’.Venivano minacciati ‘licenziamenti e la-voro coatto, in Italia e altrove’ (chissà do-ve?). E si concludeva: ‘attenzione, non sipotrà più dire che non siete stati avverti-ti’.L’occhiello dell’articolo era quasi umori-stico: ‘Lo sciopero praticamente fallito’. Macome? Si minacciano fuoco e fiamme peruno sciopero fallito? Forse Andrea, che diquello sciopero ‘fallito’ era uno dei prin-cipali responsabili, avrà sorriso sotto i baf-fetti. Solo mercoledì 8 marzo gli scioperihanno l’onore della prima pagina.‘Come è naufragato il tentativo di sciope-ro generale’. Si cita un comunicato del mi-nistero dell’interno che attacca Ercoli(Togliatti), il quale avrebbe convocato ingennaio una riunione clandestina del CLNa Milano, con l’obbiettivo della prepara-zione di uno sciopero generale. ‘Questosciopero è iniziato il primo marzo alle 10,al segnale di prova delle sirene di allar-me’, recita il comunicato, ‘ma solo po-chissimi hanno scioperato’. E poi vengo-no dati i numeri, città per città, e 120.000circa sono gli scioperanti (ammessi dal co-municato) per Milano. Nella cronaca lo-cale dello stesso 8 marzo, un articoletto ri-badisce la tesi del fallimento, e si scagliacontro i promotori dello sciopero, chia-mati ‘i nemici interni’.Il giorno successivo, 9 marzo, un giorna-le certamente non sospettabile di simpa-

GuidoLorenzetti:era un venerdìdi 70 anni fail 10 marzo1944

Andrea LorenzettiPrigioniero dei nazisti

Libero sempre.(a cura di)

Guido Lorenzetti

Mimesis Edizionipag. 150

euro 16,00

ANDREA LORENZETTI

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tie per il movimento operaio, il New YorkTimes, scriveva: ‘In fatto di dimostrazio-ni di masse non è avvenuto nientenell’Europa occupata che si possa para-gonare con la rivolta degli operai italiani.È il punto culminante di una campagna disabotaggio, di scioperi locali e di guerri-glie, che ha avuto meno pubblicità del mo-vimento di resistenza francese, perchél’Italia del nord è stata più tagliata fuoridal mondo esteriore. Ma è una prova im-pressionante che gli italiani, disarmati co-me sono e sottoposti a una doppia schia-vitù, combattono con coraggio e audaciaquando hanno una causa per la quale com-battere’.

… E quel 10 marzo di 70 anni fa, di mat-tina, Andrea si avviava verso l’ultima riu-nione clandestina, in via Borgonuovo 5presso lo studio De Giorgi. La polizia re-pubblichina, l’U.P.I., era già sulle sue trac-ce.Era stato tradito, oppure pedinato, o tutt’edue le cose, non lo sapremo mai esatta-mente. Fatto sta che un’irruzione porta al-

l’arresto suo e di vari altri compagni, tra cuiPieraccini, Recalcati, De Giorgi. Si salvòsolo il segretario Cirenei, forse per un ri-tardo del treno da Genova, che incontròAndrea in Via Montenapoleone in mezzoa due figuri. Lasciamo la parola allo stes-so Cirenei: ‘Io per un caso fortuito e for-tunato, mentre mi avviavo per viaBorgonuovo, al quartiere generale del par-tito, mi imbattei in Lorenzetti, condotto dadue agenti in borghese, e ad un suo cennodel capo, riuscii a comprendere ed a sot-trarmi, successivamente constatando cheil nostro quartiere generale di viaBorgonuovo 5 era occupato dalle SS.’E conclude, Cirenei: ‘Essi (Lorenzetti e glialtri arrestati, ndr) seguirono la via delmartirio consumatosi... nei campi di ster-minio di Gusen e Mauthausen. È pertantocon commozione e fierezza che rivendi-chiamo al partito Socialista l’onore di tan-to grande e sanguinoso sacrificio dei suoiquadri dirigenti’.

Dal libro: Prigioniero dei nazisti liberosempre

I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE

AndreaLorenzetti

Registro inuscita delcarcere diSan Vittore,27 aprile1944. Si leggono i nomi diMaris eLorenzetti.

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ANDREA LORENZETTI

Dal carcere di San Vittore Milano, marzo – aprile 1944

venerdì ore 19 (17 o 24 marzo)Miei adorati, oggi sono stato interrogato per 8 ore: 4 ilmattino e 4 il pomeriggio.Vi assicuro nessuna violenza. Hanno rispettato la mia fe-de e la mia dignità di uomo. Ho firmato il II verbale e so-no ora sollevato; mi lasceranno in pace per un pezzo ecredo averli convinti che le imputazioni più gravi sonoassolutamente infondate.Non illudetevi però: nella migliore delle ipotesi ci rive-dremo dopo la guerra!Siamo però vicini al fondo delle nostre amarezze. Abbiatecoraggio come ne ho io. Siate forti per voi e per me. Viassicuro che non ho mai vacillato un momento. Non hoscaricato responsabilità su nessuno e qualunque cosa ac-cada Guido potrà camminare sempre a testa alta. …..

Domenica 26/3 – pomeriggio… Bisogna venir in carcere per capire in quante pic-cole cose sta la felicità. Dicono che è necessario soffrireanche il carcere per diventare uomini. Avrei fatto a me-no di questa prova ma della verità c’è. In carcere si èproprio soli davanti a se stessi e ci si misura. …… Ci sono momenti della vita che dentro di noi la co-scienza chiama e dice ‘questo è il tuo dovere’ e non cisi può sottrarre senza perdere la stima di noi stessi...

Lunedì 10/4/44… Ho buone ragioni per credere che la mia partenzasia prossima e che invece di Innsbruck la mia destina-zione sarà Mauthausen. Non sgomentatevi. Corronomolte esagerazioni sui campi di concentramento inGermania.Il fatto è che migliaia di uomini ci vivono da anni.Partirò in perfette condizioni fisiche, lucido di mentee poi voglio ritornare e voi sapete quanto è forte la miavolontà...

Le sue lettere dal carcere di San Vittore e dal campo di Fossoli

IT

26/4Miei adorati, domattina partiremo per la Germaniapare sicuro Innsbruck. Ho fatto quel che la coscienza mi dettava, spero che ilmio sacrificio non sarà stato del tutto inutile. Sappiate perdonarmi e aspettarmi. Tornerò, vogliotornare. Andiamo in un campo di lavoro e non di concentra-mento e, pare, come lavoratori. Poteva andare moltopeggio e forse sarebbe stato peggio rimanere qui. Lacosa peggiore sarà la mancanza di notizie. Bisognaprepararsi a mesi di silenzio. State unite – non fatevimancare niente – voglio ritrovarvi in piena salute.Milano mi sembra ancora pericolosa. Ruri sostieniMina. Ena pensa al nostro piccolo – non lo lasciaremai. Saremo tanti amici e ci sosterremo a vicenda. Maanche se fossi solo il pensiero del ritorno mi sosterràsempre.Salutate parenti e amiciRicordo tutti.Vi stringo tutti a me

Dal Pol. – DurchgangslagerFossoli di Carpi (Modena), aprile – luglio 1944

29/4Ena cara, ho saputo che verrai probabilmente in mac-china con uno dell’Albergo Regina (1). Mi rifiuto dicrederlo. Non devi domandare niente a quella gente.Per quanto sia grande il desiderio di vederti ti pregodi non venire nemmeno in treno; il viaggio è pericoloso.Reggio è stata bombardata due ore dopo il nostro pas-saggio. Ho bisogno di vostre notizie e queste le possoavere abbastanza frequentemente. Con lo stesso mez-zo mi potete mandare anche pacchi. Le probabilità dirimanere qui aumentano – sarebbe troppo bello e nonvoglio illudermi.Qui stiamo meglio di quanto potevamo sperare. …… Dite ai Fiamberti (2) e a Carraro (3) che io non homai fatto il loro nome (come del resto quello di nes-sun altro), ma ero pedinato quando sono andato da lo-ro. Scrivete, scrivete. Vi stringo a me.Note1) La prima volta, Milena era venuta a Fossoli con una coppia diitaliani che frequentava l’albergo Regina e che, probabilmente, te-neva un piede in due scarpe cercando di acquisire benemerenzeper il “dopo”.2) Luigi Fiamberti (1875-1947) era stato assessore nelle giuntesocialiste di Milano di Caldara e Filippetti dal 1914 al 1922. I fi-gli Guido e Ugo e le loro famiglie erano da molti anni amici diAndrea e dei suoi.3) Guglielmo Carraro, altro amico socialista

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I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE

AndreaLorenzetti

I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE

8/5/1944

Miei carissimi, sto bene – non ho ancora ricevuto vostrelettere – voi potete scrivere liberamente – a noi è con-sentito farlo due volte al mese – quindi scrivete, scrivete.Non ho bisogno che di vostre notizie, che di vedere la cal-ligrafia di ognuno di voi. Sto molto all’aria – il mangiarese non è abbondante è sufficiente. Potete spedire pac-chi contenenti generi alimentari e anche qualche siga-retta. ….

10/5 ore 12Ena mia, hai visto cos’è successo? Non ha sparato in aria.Vuoi proprio che succeda una disgrazia a te e a me? Siiragionevole, non venire più a Carpi. Ora il servizio delrifornimento funziona, perciò ti chiedo il sacrificio di nonvenire, come a me chiedo il sacrificio di non vederti. …

13/5/44Carissimi, in seguito alla fuga di un internato si sono avu-te nuove restrizioni per cui non è più possibile o per lomeno estremamente pericoloso vedersi. Sono stati mes-si due cancelli attraverso la strada che costeggia il cam-po, non possiamo uscire dal nostro recinto che accom-pagnati ecc. …

13/5… Nel campo degli ebrei ci sono tanti bambini, ma io evi-to di guardarli!Guido mio, quando potrò ancora sentire la tua maninanella mia. Ena mi scrive che la tua forza d’animo, Minamia, desta l’ammirazione di tutti. …

È importante l’accenno al ‘campo degli ebrei’, i cuibambini Andrea dice di non guardare, un po’ perché an-gosciato per la loro sorte e un po’ perché gli ricordanoil suo, di bambino.

27/5Carissimi, sto sempre bene e non c’è niente di nuovoquindi va tutto bene. Ho preso abbastanza sole e sonoalquanto abbronzato.Una cera magnifica. ….

In questi giorni probabilmente Andrea non ha avutomolto da fare, e quindi continua a pensare ai suoi cari ealla distribuzione, a chi ne ha più bisogno, dei famosi ‘pac-chi’ che arrivano sempre più in ritardo data la situazio-ne dei trasporti. Costante è lo sforzo di rassicurare i suoicirca il suo stato di salute, definito sempre ‘ottimo’, maiun disturbo, cera magnifica ecc. Sembra che sia in vil-

leggiatura, come tra virgolette scriverà in seguito, e co-me, senza virgolette, ai giorni nostri qualche miserabileoserà dire.

29/5/44Miei carissimi, sto bene – credo rimarremo qui diversigiorni e non è da escludere anzi che non si parla più addi-rittura (di partenza). Ma non voglio illudermi. Possiamogirare nel nostro recinto molto ampio e godere il sole, po-tete immaginare cosa significa dopo l’isolamento.Ecco la nostra vita: sveglia alle 6, alle sette caffè e latte,alle 7 e un quarto appello, alle 12 minestra, alle 19 mine-stra, alle 21 appello e ritirata, alle 21,30 silenzio. …

Queste due lettere sono ‘ufficiali’ e Andrea dà sempre aicensori l’immagine di detenuto modello e ragionevole,che non crea problemi e sta alle regole, anche se non si ca-pisce come mai, potendo secondo regolamento scrivere duelettere al mese, in maggio ne ha potute mandare 4 (e que-ste ultime due in due giorni consecutivi!)

1/6/44… Qui si sta istituendo una biblioteca, cercate qualche li-bro di amena lettura, ce ne dovrebbero essere ancora nel-la libreria, naturalmente libri di poco conto, fatene unpacco e speditemelo. So che vi do un fastidio ma c’è tan-ta gente che ha bisogno di libri, non tutti hanno la fortu-na di un equilibrio interno o la possibilità di non an-noiarsi mai. Ci sono qui circa 700 romani razziati in unodei quartieri più miserabili di Roma: il Quadraro. Le con-dizioni di questa gente sono indescrivibili: si tratta pro-prio di lumpenproletariat ed è tanto difficile portare lo-ro un po’ di luce. I libri li aiuteranno. …

4/6/44… Invece utili e di soddisfazione le riunioni serali sottoun castello. Per capirmi fatevi spiegare cosa sono i castellidove dormono anche i soldati.In genere si propone un tema, non so: Garibaldi, scien-za e filosofia, gli enciclopedisti ecc. L’esperto tiene laconferenza, ma naturalmente le richieste di spiegazioni,i contrasti e le divergenze sono frequenti sì che mai pri-ma di mezzanotte si finisce. E tutte le sere con una pa-zienza da santo Ottaviano (1) fa il tè. Ricorderò sempre vo-lentieri queste serate; il riflesso della candela che illuminai visi attenti, le appassionate discussioni a voce bassissimaper non disturbare il sonno degli altri; e non dimenti-cherò qualcuno dei tipi che ho conosciuti;tipi che si staccano nettamente per la preparazione cul-turale e per la nobiltà che viene loro da una vita tuttaspesa al servizio di un’idea. A queste riunioni assisto

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ANDREA LORENZETTI

sempre e quando si discute di problemi finanziari (2) di-co anche io la mia parola. …Note:1) Pieraccini.2) Dal libro “Un uomo e tre numeri” di Enea Fergnani: “Lorenzetti,Recalcati. Pieraccini, Barbera ed io abbiamo portato a compimentolo studio di un programma di propaganda teorico-pratica socialistada concretarsi in una serie di pubblicazioni di cui abbiamo compila-to anche l’elenco.”

La seconda parte è invece più serena: l’emozionante im-magine dei prigionieri che, a lume di candela e a vocebassa producono ‘cultura’, è una specie di inno, per nul-la retorico, alla luce della civiltà che resiste alla barbarienazista e che la sconfiggerà. Infine, è interessante la pre-sa di coscienza del borghese democratico che scopre l’e-sistenza del sottoproletariato e che trova una confermaconcreta al suo abbandono dell’utopia mazziniana dellasua giovinezza.

24-6-44… Sto sempre benissimo e non sono mai stato triste finoa martedì scorso, quando tanti nostri compagni sono par-titi. Quanto vuoto hanno lasciato! Noi siamo ancora quie non sappiamo nulla del nostro destino. Non è impro-babile che si rimanga qui ancora parecchio tempo.

Comunque, vi ripeto, sono sano, calmo, disciplinato eindurito; non triste. …

Questa è l’ultima lettera ‘ufficiale’, scritta sul modulodel carcere. Andrea, che solo la settimana prima avevascritto biglietti incendiari, chiedendo di avere contatti colPartito Socialista e il CLN, adesso – sapendo che tutti icarcerieri odiano i piantagrane – torna ad assumere ilruolo del detenuto modello, ‘sano, calmo e disciplina-to’.Scrive in stampatello al figlio, ricorda il suo incontrocon la futura moglie e le cognate ad Abbazia nel 1937 emenziona le lettere ricevute stando bene attento a non sba-gliare e a non indicarne qualcuna non autorizzata.Naturalmente, nessun cenno viene fatto all’assassinio,avvenuto pochi giorni prima, di Poldo Gasparotto.

Senza data… Dopo il trambusto delle partenze e quello di una di-sgrazia è rimasto in noi un gran vuoto e tanta amarez-za, ma esteriormente la vita del campo ha ripreso comeprima e ormai la conoscete ….

L’accenno all’omicidio di Poldo Gasparotto, avvenutopochi giorni prima, è molto discreto (una disgrazia).

Fotografia del campo di Fossoli. Il campo era stato costruito in una zona con un intrico di fossi. Da qui il nome della località.

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I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE

AndreaLorenzetti

I GRANDI DELLA DEPORTAZIONE

Gusen: 15 maggio 1945. Il biglietto è stato scritto daAldo Ravelli sotto dettaturadi Andrea, che lo firma epoco dopo muore.

Andrea non vuole allarmare i suoi, anche se la notiziasi era diffusa fulmineamente a Milano. Naturalmente il tono non è più così sereno come nel-le prime lettere: ci sono state le prime partenze per ilager e da un momento all’altro può toccare a lui.

Fossoli, in camerata ore 12del 20/6 (recte: 7) /44

Miei cari adorati, domattina alle 5 partiamo per ilNord. Abbiamo buone ragioni per ritenere che la nuo-va destinazione sia il Campo di Gries (Bolzano) incorso di attrezzamento. Da lì saremo ancora smista-ti per l’Austria (Mauthausen o campi limitrofi ). Ma,data l’esperienza di Fossoli, credo che rimarremo pa-recchio tempo a Gries, tanto che non so se per la fi nedella guerra saremo in Austria.Comunque sono preparato a tutto. Vi ripeto quanto viho scritto in precedenza: sento che abbiamo toccatoil fondo delle nostre amarezze e la tragica giornatadel 12 ha segnato il limite della nostra angoscia.Risaliremo. Tornerò e tornerò intatto, lo sento: i ner-vi hanno tenuto oltre ogni speranza; ma v’assicuroche la notizia della partenza è stata accolta con unsospiro di sollievo perché l’incubo è stato pesante. Ilprimo scaglione comprende un centinaio di partenti;

sono con me De Giorgi e Recalcati (1).Ottaviano e gli altri seguiranno a breve distanza. Andiamoin autobus fino oltre Verona, poi forse in treno. Vi ripe-to ho fiducia, ma se non tornassi voi sapete che ho sem-pre seguito la voce della coscienza e che non ho nienteda rimproverarmi e come v’ho detto altra volta Guidomio potrà sempre camminare a testa alta.Il Dottore (2) è al corrente dei miei interessi e da quel la-to sono tranquillo.Nel nuovo campo staremo molto bene come clima e pro-babilmente anche per il mangiare: la pena maggiore saràla mancanza di notizie. A questo dobbiamo essere preparatie non dovete stare in pensiero. Ancora una volta vi scon-giuro di non tentare di venirmi a trovare, credo anzi chesia impossibile venire a Bolzano. Ancora una volta, quan-do sarà l’ultima?, pazienza e coraggio. State uniti e pen-sate al piccolo. Il 29 luglio portate anche per me i fioria Papà mio. Ricordatemi a parenti ed amici, in modoparticolarmente affettuoso a Guglielmo (3).Vi stringo con tutta la forza.Note:1) Umberto Recalcati (1887-1944), ex deputato socialista, arrestatonel marzo 1944 insieme ad Andrea, col quale andrà a Gusen, per mo-rirvi il 17 dicembre del 1944.2) Foglia3) Carraro

Ad Aldo Ravelli e allamoglie Pina è dedicata la nostra fondazione“Memoria delladeportazione”.

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ANDREA LORENZETTI

Ricorda il primo incontro con Andrea?Certo. E’ stato nel luglio 1937 ad Abbazia, vicino aFiume. Io e mia sorella Livia, in una gelateria, leggevamoridacchiando un giornaletto illustrato che in una paginamostrava la fotografia di due scimmie. Al tavolo accantoAndrea, che era con il suo collega e quasi omonimoRenzetti, disse: ‘Le signorine ridono perché trovano cheassomigliamo a quei due scimmioni’. E così attaccammodiscorso.

Quando e dove vi siete sposati?E’ stato pochi mesi dopo, il 4 dicembre dello stesso anno,a Fiume, con rito civile. Andrea non ne voleva sapere diandare in chiesa e per me la cosa era indifferente. Ricordoche la parte femminile della famiglia (mamma enumerose zie) era un po’ contrariata, ma soprattutto pertimore dei commenti altrui.

Quando ha saputo che Andrea non sarebbe tornato daMauthausen?Dopo varie notizie contraddittorie (è morto, no, è ancoravivo) da parte di varie persone che erano tornate, fu AldoRavelli, che lo aveva visto morire, a darmi la notiziadefinitiva. Era il 12 giugno 1945Nello stesso mese di maggio 1945 in cui era mortoAndrea, il padre di Milena Radoslav Baucer, direttoredell’ospedale di Fiume, veniva assassinato da pseudopartigiani perché si era opposto alla rapina della cassadell’ospedale.

La moglie di Lorenzetti ha 96 anni

Milena racconta: sono 70gli anni senza il suo Andrea

Andrea è forte e coraggioso, ma questa volta non fingepiù, neanche con i suoi che ha sempre cercato di soste-nere. Anzitutto può accennare all’eccidio del 12 luglio,tanto sa che la notizia a Milano è arrivata. Poi scriveuna specie di testamento spirituale, dedicandolo al fi-glio, e nell’ultimo documento, firmato prima di morire,ritroveremo questa orgogliosa rivendicazione delle pro-prie scelte. Infine, sempre concreto, ricorda ai suoi che‘il Dottore’, cioè il banchiere Foglia presso cui Andrealavorava, si occuperà dei suoi interessi.

14/8/1944Carissimi, siamo in viaggio per l’Alta Austria. Sto be-nissimo. Tutti i compagni sono con me. Siate forti.V’abbraccio.

L’Alta Austria significa Linz e poi uno dei peggiori cam-pi di concentramento e di eliminazione: Mauthausen.In uno dei sottocampi, il famigerato Gusen, Andrea re-sisterà per 10 mesi. Assisterà alla liberazione del cam-po da parte degli americani, ma, ricoverato in ospeda-le, non riuscirà a sopravvivere. Il 15 maggio 1945,sentendosi morire, chiamerà l’amico fraterno Ravelliper dettargli l’ultimo suo messaggio:

L’ultimo straziante ma fiero messaggio

Carissimi,tutti i titoli sono alla Banca Privata Finanziaria.Taglioretti e Foglia sono al corrente. Desidero cheRavelli sia messo al corrente della situazione finanzia-ria e insieme ai primi due provveda all’amministrazio-ne e alla consegna a mia moglie, mia mamma e sorellaperché provvedano in primo luogo ai bisogni del pic-colo Guido.Desidero che Guido sia allevato secondo i sentimentiche hanno inspirato la mia vita.Prego i miei di perdonarmi il dolore che arreco loro,non mi pento di quello che ho fatto, malgrado tutto quel-lo che ho sofferto sarei pronto a ricominciare, perciònon mi compiango.Penso a tutti. Vi abbraccio. Gusen, 15 maggio 1945

Andrea Lorenzetti

Poco dopo aver firmato il documento, Andrea moriva.

Andrea“clandestino”,aliasGiordano De Andreis

Una veduta di Abbazia nell’anteguerra. Si erano incontrati qui.

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❑ La violenta pressione sul Parlamento deglisquadristi armati ❑ La tollerante benevolenzadelle autorità di governo col consenso del re ❑ La rassegnazione del“neutralista” Giolitti, arresosi alla sconfitta pur avendo la maggioranzaalla Camera❑ Il Paese non voleva il conflitto

Drammatici e sconcertanti, per l'Italia, i giorni chevanno dall’agosto del 1914 al 23 maggio dell’annosuccessivo. Prima la dichiarazione ufficiale della

neutralità. Legata al patto della triplice alleanza, conl’Austria e la Germania, l’Italia però non aveva l'obbligodell'intervento perché la guerra non aveva caratteredifensivo, l’Austria avendo dichiarato guerra alla Serbia.Gli italiani, comunque, non volevano la guerra nellastragrande maggioranza. Contrarie alla guerra erano trecomponenti: i Giolittiani, i Cattolici e i socialisti, che inParlamento avevano la maggioranza assoluta.

Gli interventisti erano una minoranza abbastanzaesigua, ma molto combattiva, pronta ad ogni tipo diprovocazioni e di violenze, con continue incendiarie

manifestazioni, con D’Annunzio e Mussolini alla testa.

19141918

di Ibio Paolucci

Con uncolpodi statoil viaall’inutilestrage

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Mussolini, dopo il suo repentino volta gabbana, avevafondato un quotidiano, “Il Popolo d’Italia”, sostenutofinanziariamente da alcuni grandi industriali, privi di ogniscrupolo, che volevano la guerra che avrebbe a dismisuragonfiati i loro portafogli: i “pescecani”, come verrannochiamati con tagliente sarcasmo dal grande Scalarini, ilvignettista dell’“Avanti!”.

Una guerra, di cui ricorre quest’anno il centenario,che verrà definita da Benedetto XV “l’inutilestrage”.

Il Pontefice rese questa dichiarazione il 1° agosto 1917in una nota solenne ai capi dei popoli belligeranti, in-vitandoli a “giungere quanto prima alla cessazione diquesta lotta tremenda, la quale ogni giorno di più ap-parisce inutile strage”. Una nota che cadde nel vuoto.

100 anni fa lo scoppio della prima guerra mondiale

Gli interventistierano una minoranza

abbastanza esigua,ma molto

combattiva, prontaad ogni tipo di

provocazioni e diviolenze, con

continue incendiariemanifestazioni, con

D'Annunzio eMussolini alla testa.

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Doveva passare più di un anno prima di giungere alla so-spirata pace, aumentando di milioni il numero delle vit-time e delle immani distruzioni.

Per ciò che riguarda le perdite causate direttamen-te o indirettamente dalla guerra il numero si aggirasui 20 milioni, inferiore di molto rispetto alle vit-

time della seconda guerra mondiale, ma pur sempre ter-ribilmente terrificante. Per l’Italia, secondo dati uffi-ciali, alla fine del 1918 i morti fra i militari sono 571.000.Gli invalidi 451.645. I morti in prigionia 57.000. I di-spersi (considerati prigionieri ma non tornati in patria)ammontano a 60.000. Si può, dunque, considerare, com-plessivamente, in circa 680.000 il numero dei caduti inuna guerra mondiale sicuramente non voluta dalla stra-grande maggioranza della popolazione. Inoltre ci sonole vittime della “spagnola”, sicura conseguenza del con-flitto, il cui numero è di poco inferiore a quello dei mor-ti in guerra.

Mussolini da neutralista al cento per cento passadalla posizione di direttore del giornale l’“Avanti!” a quella di interventista scatenato,

tanto da meritarsi l’espulsione dal Partito socialista. Il primo numero del quotidiano da lui diretto, con sedea Milano, esce il 15 novembre 1914 con un suo artico-lo dal titolo “Audacia”, in cui, tra l’altro, abbaia : “Ilgrido è una parola che non avrei mai pronunciata intempi normali e che innalzo invece forte, a voce spiegata,senza infingimenti, con sicura fede, oggi: una parolapaurosa e fascinatrice: GUERRA”. Un urlo che per-corre l’Italia, lanciato da minoranze squadristiche ar-mate, guardate con complice benevolenza dalle forzedell’ordine e dalle autorità governative.

Se ne vuole un esempio, fra i tantissimi? Il 31 mar-zo 1915 a Milano una manifestazione neutralista,guidata da Giacinto Menotti Serrati, fu sciolta dal-

la forza pubblica con l'arresto di 235 partecipanti e del-lo stesso Serrati, mentre poté proseguire indisturbatanella stessa città una dimostrazione interventista, ca-peggiata da Mussolini. Tutto questo, mentre il primo ministro Antonio Salandra

Scalarinisi oppose

con la penna intrisa

nell’inchiostro“velenoso”

Le suole dicartone perle scarpe deisoldatifurono unoscandalonella secondaguerramondiale, mal’attrezzaturainadeguatachearricchiva le industriefornitricidell’esercitoera giàmotivo diprotesta.

Una vedovastraziata dal dolore si abbatte sul cannoneancorafumante.É la vignetta più famosa di Scalarini. Impressionanteil numerodi vittime, masoprattutto le polemichesugli imboscati,i ricchi checercavano di evitare la chiamata alle armi.

Con un colpo di stato

il via all’inutilestrage

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si dilettava a giocare a rimpiattino, di volta in volta, conVienna e con Londra, chiedendo in cambio della neutralitàconcessioni territoriali che l'Austria gli negava, finchéscelse Londra e i notabili dell'Intesa, rompendo con lavecchia alleanza della triplice e, con l'assenso del re,anche con la neutralità, dando scacco matto al neutra-lista Giovanni Giolitti, che arrivato a Roma, dopo uncolloquio col monarca, rassegnato alla sconfitta senzaneppure combattere, torna nel suo paesello piemontese.

Così si conclude la vicenda: Salandra gioca il suoasso nella manica, ben sapendo quali sarebberostate le conseguenze. Il 13 maggio si dimette, il re

sente Giolitti, mentre Mussolini e D'Annunzio elettriz-zano il clima, minacciando la guerra civile e spaven-tando i parlamentari giolittiani. Il re rifiuta le dimissioni di Salandra, che ottiene allaCamera la maggioranza, presentando un disegno di leg-ge sui poteri straordinari del governo in caso di guerra:407 voti a favore, 74 contrari. Votarono contro i 37 so-cialisti presenti, alcuni giolittiani e alcuni cattolici.Scrive lo storico Giorgio Candeloro nella sua Storiad'Italia: “Per queste forti pressioni esterne sul Parlamentofavorite o comunque benevolmente tollerate dalle autoritàgovernative, concomitante con la volontà del re, cheaveva approvato la politica estera di Salandra e Sonnino,pur sapendo che era in contrasto con l'opinione dellamaggioranza del Parlamento, la riconferma di Salandra,ineccepibile secondo la lettera dello Statuto, ebbe difatto il carattere di un colpo di stato”.

Il seguito è ben noto: il 23 maggio del 1915 viene pre-sentata a Vienna la dichiarazione di guerra, stabi-lendo l'inizio delle ostilità per il giorno dopo, 24

maggio. E così, con un colpo di stato, travolgendo lavolontà della stragrande maggioranza degli italiani, hainizio la macelleria. Ma se si vuole capire fino in fondo in che cosa consistéquell'orrore, durato per l'Italia oltre tre anni, si legga osi rilegga “Un anno sull'altipiano” di Emilio Lussu,(Einaudi editore) considerato da Mario Rigoni Stern eanche da chi scrive “tra i libri sulla prima guerra mon-diale, il più bello”.

La miseria e la povertà, ibambini sottonutritifigli dellaplebemalpagataera uno deimotivi piùcomuni dellalotta con levignette cheScalariniconducevadall’Avanti!Il padronegrasso si èarricchito suimorti nellaguerra, con i teschicome vanto.

Alcunigrandiindustriali,privi di ogniscrupolo,volevano laguerra cheavrebbe adismisuragonfiati i loroportafogli: i“pescecani”,comeverrannochiamati contaglientesarcasmo dal grandeScalarini, il vignettistadell’ “Avanti!

“Viva la guerra!Viva l'Italia”: nella stampa a sinistra il momento culminantedella storica seduta del 20 maggio 1915quando una grandemaggioranza votò i pienipoteri al Governo, e il ReVittorio Emanuele III(stampa a destra) espose il tricolore sabaudoal balcone del Quirinaledavanti alla folla festante.

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La grande guerra sullo schermo...vibrante evocazione dei soldati che,nelle trincee, patirono e morirono

di Sauro Borelli

Corrono ormai cent’anni da quando fu scatenata suifronti di molti Paesi europei (con strascichi persi-no in altri continenti) la cosiddetta Grande Guerra

(1914-1918). Eppure, sono anni colmi di vicende tragi-che, di drammi inenarrabili che non passano ancora. Anzi che sembrano perpetuare rimembranze, ricordi in-sanabili. Contribuiscono, certo, a questo pervicace senti-mento del tempo, della storia tanto la memoria indelebiledei superstiti combattenti, quanto i documenti, le analisispecifiche incentrati sui fatti, gli episodi, i protagonisti, leconseguenze geo-politiche che di quel conflitto furono itermini contingenti di una esistenza disperata. E tra queste pezze d’appoggio dirette è sicuramente rile-vante quanto variabilmente incisivo l’apporto del cinemasia nei molteplici portati rigorosamente documentari, sianelle sue elaborazioni narrative di ingegnosi lungome-traggi a soggetto.

In questa profluvie di materiali significativi risultaronosubito le realizzazioni firmate da cineasti tra i più do-tati stilisticamente e, soprattutto, sensibili particolar-

mente alle questioni ideali-civili che, appunto, il temadella Grande Guerra innescava d’immediato riflesso. Intale mobilitazione si mostrarono indiscriminatamente at-

tivi, si può dire, tutti i registi, gli attori, i tecnici dei Paesibelligeranti con un’attitudine sostanzialmente pacifista eantimilitarista (anche al di là di qualche tentazione nazio-nalistica e demagogica). E, al proposito, va rilevato che furono innumerevoli lepellicole dell’epoca dedicate ad episodi guerreschi, an-che se, oggi, a cent’anni dalla Grande Guerra sono dav-vero memorabili un numero ben definito di film, di auto-ri, di vicende compiutamente ancora vivi, vitalissimi perefficacia espressiva e plausibilità spettacolare.

Di qui, dunque, un indispensabile lavoro di confron-to, di cernita tra le cose, diciamo pure, eccellenti equelle più genericamente soltanto sintomatiche,

privilegiando, com’è ovvio, le prime sulle restanti altre.C’è, in tal senso, un dato d’avvio di simile scelta. Ed è un dato subito importante: addirittura l’illuminante“prologo” del capolavoro di Charlie Chaplin Il grandedittatore: “1918. Charlot va in guerra, ha un incidenteaereo. Dimesso dall’ospedale dopo alcuni anni, trova laTomania sotto la dittatura di Adenoid Hynkel. Riapre nelghetto (è ebreo) la sua bottega di barbiere e s’innamoradi una ragazza orfana, Hanna…” . Il resto è ampiamente noto, come risaputo è l’imprevistomessaggio accesamente pacifista che il soldato barbiere(insospettato sosia dell’isterico Hynkel) pronuncia a sug-gello di un racconto insieme ironicamente demolitore estruggentemente poetico.

“...sono anni colmi di vicende tragiche, di drammi inenarrabili che non passano ancora

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Poi, da menzionare – non in ordine cronologico ma co-me successione tematica – in una progressione inin-terrotta dagli anni Cinquanta agli anni Settanta un

mannello di opere di accertato valore filmico e civile. Una triade significativa si dimostra indiscutibilmente All’o-vest niente di nuovo di Lewis Milestone (da Erique MariaRemarque); Westfront 1918 di Wilhelm Pabst; Addio allearmi di Frank Borzage tutti film che, a vario titolo, sono daconsiderare ancor oggi dei classici nel loro genere. A co-minciare, appunto da Niente di nuovo sul fronte occiden-tale: un gruppo di studenti tedeschi sbalestrati al fronte sco-pre amaramente di quale sudore e di quanto sangue grondila conquista d’una gloria inesistente. Segue, poi, il contro-verso ma pur sempre originale lungometraggio di Pabst,Westfront 1918 ove sul finire della guerra, sul fronte fran-cese, la convivenza problematica tra tre soldati tedeschi eun ufficiale si prospetta e si scioglie in contraddittori con-fronti.

C’è poi nel 1932 un’impennata geniale ad opera diJean Renoir col suo impareggiabile La grande illu-sione, disincantata “canzone di gesta” sul destino di-

sperato di una male assortita congrega di combattenti che –ridotti all’umiliante ruolo di prigionieri e di carcerieri – aconfronto con la vita restano da questa stessa schiantati.Analogo discorso per Addio alle armi (la prima versione,non quella più tarda di King Vidor) che, anche discostando-si parecchio dal dramma guerresco-sentimentale escogitatoda Hemingway, ci restituisce un quadro fosco, desolato del-la famigerata “rotta di Caporetto”.

Con l’arrivo, nel 1957, di Orizzonti di gloria di Stan-ley Kubrick si approda al war-movie esemplare, uncapolavoro. Ovvero, l’epitome di quel che è un “rac-

conto morale” incentrato appunto sulla guerra e le sue im-

plicazioni: qui è in questione proprio il fulcro della dege-nerazione militarista intesa come prevaricazione dell’indi-viduo e come irresponsabile esercizio della violenza de-vastatrice. Ma se Kubrick è inesorabile nella propria ap-passionata perorazione pacifista, Mario Monicelli, daquell’arguto maestro che è sempre stato, ha gioco facile,nel 1959, a mettere alla gogna retorica e demagogia imba-stendo con La grande guerra un’inimitabile quanto pica-resca rappresentazione di uno scorcio bellico italiano abi-tato da personaggi e vicende patetiche quanto commoven-ti.

Il grande Joseph Losey non ha voluto mancare tra i ci-neasti progressisti a dire la sua su una tematica tantocruciale come il militarismo e, nel 1964, allestì Per il

re e per la patria – desumendolo da un dramma di JohnWilson Hamp – il serrato racconto di un soldato diserto-re, prima difeso e poi giustiziato in forza di feroci regolemilitari, dall’ufficiale che, pure, s’era mostrato originaria-mente tollerante. È un film per tanti versi apparentabile al menzionato Oriz-zonti di gloria, anche se più argomentato e meno recisodel film kubrickiano.

Per concludere, non possiamo trascurare il fatto cheproprio in questo primo scorcio del 2014, giusto acelebrare il centenario della Grande Guerra, l’atten-

to e prodigo Ermanno Olmi (ben coadiuvato dal meno at-tempato Maurizio Zaccaro) ha posto mano in pieno inver-no al suo nuovo lungometraggio 15-18 L’Italia in guerravibrante evocazione dalla parte dei soldati che, nelle trin-cee, patirono e morirono, per una patria immemore e,spesso, ingrata. Crediamo che quella di Olmi sia davverola forma più alta, più nobile per rendere degno omaggio aquelle tragiche vicende, a quegli inascoltati morti.

“...oggi, a cent’anni dalla Grande Guerra sono davvero memorabili un numero ben definito di film

Un posto particolare per “Uomini contro”

Un posto particolare, tra ifilm pacifisti di ecceziona-le pregio, merita il lungo-metraggio di FrancescoRosi Uomini contro (1970),trascrizione parziale delbel libro di Emilio Lussu(già ufficiale della BrigataSassari) Un anno sull’alti-piano – sceneggiato daTonino Guerra e RaffaeleLa Capria – sui drammi,le traversie inenarrabilidei fanti incastrati nelletrincee e decimati in furiosicombattimenti.Nell’inquadratura qui ac-canto il protagonista GianMaria Volontè.