Etruria Centrale Guida Archeologica

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Etruria Centrale Guida archeologica sulle tracce degli Etruschi

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EtruriaCentrale

Guida archeologica sulle tracce degli Etruschi

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Marianna Rosati

Etruria CentraleGuida archeologica sulle tracce degli Etruschi

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Ringraziamenti:

Paolo Bruschetti Soprintendenza ai Beni Archeologici

dell’Umbria

Paolo Renzi Biblioteca Comunale Augusta

Serena Innamorati Biblioteca Comunale Augusta

Alessandra Panzanelli Biblioteca Università Studi Storici

Politici e Sociali

Sabrina Boldrini Biblioteca Università Studi Classici

Massimo Paolucci Archivistica Soprintendenza ai Beni

Archeologici dell’Umbria

Corrado Carini Docente di lingua italiana

Progetto cofinanziato con i fondi della L135/01

Soprintendenzaper i Beni Archeologicidell’Umbria

© 2008 by Regione Umbria Tutti i diritti riservati

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Non una semplice guida, ma un invito alla scoperta di uno degli aspettipiù segreti dell’identità dell’Umbria, quella che si basa sulla storia e sulletracce degli Etruschi: questa pubblicazione propone al turista, al curioso,all’amante della cultura e del territorio umbri un itinerario ricco difascino, in cui i ‘segni’ archeologici si fondono con l’ambiente, con il vivere bene, con l’enogastronomia di qualità.L’Umbria è, infatti, una regione che dispone di un ampio patrimonioarcheologico, diffuso su buona parte del territorio regionale, basato sulletracce della civiltà etrusca, ma anche su quella degli Umbri, delle altrepopolazioni pre-romane e sulla civiltà romana; conta sulla presenza diben tre musei archeologici nazionali e di importanti aree archeologiche,nonché di beni archeologici di assoluta rilevanza scientifica e artistica(basti pensare alle Tavole Eugubine e alla loro centralità per lacomprensione della lingua, della vita religiosa e sociale degli Umbri).L’Umbria soprattutto è una regione con una consolidata tradizione dicollaborazione istituzionale nella gestione e valorizzazione turistica dibeni culturali e archeologici. Questo approccio innovativo ha fortementecontribuito allo sviluppo di una politica finalizzata alla conservazione delpatrimonio storico, artistico e archeologico nei luoghi d’origine, graziealla valorizzazione delle relazioni tra i beni culturali di un datoterritorio, in una prospettiva di integrazione. L’Umbria, inoltre, è un territorio dove è forte la presenza di imprese di servizi culturali e museali che hanno sviluppato, nel tempo, unaesperienza professionale di qualità e che, con la loro attività, valorizzanol’immagine turistica di fondo dell’Umbria.Perché questo sforzo comune, pubblico e privato, sia percepito dai nostrivisitatori occorre però ancora un impegno nella comunicazione e nellapromozione dell’offerta archeologica dell’Umbria. È per questo scopoche nasce la guida. Essa rappresenta una preziosa opportunità, cheillustra l’anima etrusca della regione, la sua storia ed evoluzione eaccompagna il turista lungo la memoria, ancora percepibile, di questaciviltà lungo itinerari di grande pregio. La guida è anche una illustrazionepuntuale e aggiornata di tutti quegli elementi di fruibilità che rendonoquesto grande patrimonio realmente accessibile a tutti.Una guida anche “golosa”, che vuole regalare al turista le suggestioni di una cucina che ha mantenute vive le sue radici antiche; un camminodentro la storia per conoscere e apprezzare uno dei tanti voltidell’Umbria, e goderne appieno il fascino misterioso.

Maria Rita LorenzettiPresidente Regione Umbria

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Tra le popolazioni dell’Italia antica, prima dell’unificazione politica e culturale ad opera dei Romani, quella degli Etruschi è sempre stataconsiderata come una delle principali, sia per l’indubbia qualità dellapropria cultura e delle proprie realizzazioni nel campo artistico e sociale,sia soprattutto per l’interesse che si è concentrato su di essi sin dalmomento del sorgere delle moderne discipline storico-archeologiche.Gli Etruschi, come e forse più delle tante popolazioni preromane che si sono insediate nella penisola, hanno mostrato tutta la loro capacitàpolitico-amministrativa e artistico-culturale: della prima sono prova, ad esempio, la lega dei XII popoli o la capacità di sviluppare relazioniinterne e internazionali di grande portata; della seconda rimangonotestimonianze incomparabili nella ceramica, nella bronzistica, nellacoroplastica, ed in genere, in ogni campo artistico. La conoscenza dellaloro civiltà ha raggiunto oggi livelli di eccellenza, e soprattutto è riuscitaa liberarsi di quell’alone di mistero che troppo a lungo spesso circondaancora molte trattazioni.La “nazione” etrusca occupava gran parte della Toscana, il Lazio a norddi Roma e parte dell’Umbria; il limite era costituito dal Tevere, a destradel quale rimangono nella nostra regione realtà urbane ed extraurbanedi straordinario livello. Accanto ai caposaldi di Perugia ed Orvieto sonoinfatti ben note altre zone nelle quali è evidente l’influsso dei due centrimaggiori e di altre importanti città limitrofe.La funzione della guida è pertanto quella di mostrare un ideale percorsoche dalle città principali si snoda verso la periferia, accompagnando il visitatore nella conoscenza di uno dei capitoli fondamentali dellamoderna Umbria. La Soprintendenza non può che condividere i motivi ispiratori diun’opera che intende divulgare in un’ampia porzione di pubblicol’archeologia della nostra regione, sia illustrando città e territori, sia mostrando le sale di musei e antiquaria: anche questa è infatti la sua funzione istituzionale, nella più stretta collaborazione possibile con enti territoriali e organismi preposti alla conoscenza e alla tutela.

Mariarosaria SalvatorePaolo BruschettiSoprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria

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7 Umbri, Etruschi e Romani

9 La civiltà etrusca11 L’arte e l’economia

15 La lingua

15 Le abitazioni

16 I giochi e la musica

17 Il culto

21 Gli Etruschi nel perugino

59 Gli Etruschinell’orvietano

Appendice90 Glossario

93 Bibliografia

95 Sitografia

Sommario

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I due fondamentali fattori che concorrono al processo for-mativo della regione umbra sono l’elemento umbro-italicoe quello etrusco, con il confluire di ambedue nel terzo ele-mento catalizzatore, quello latino, nell’ambito della vastaazione unificatrice di Roma. Si è concordi nel ritenere che, molto tempo prima di Roma,tra i popoli presenti nel centro Italia si instaurarono rappor-ti più stretti di quanto comunemente si pensa, tanto da darluogo ad una specie di generica unità di intenti. Quando nel VI sec. a.C. gli Etruschi si trovavano all’apicedella loro potenza, gli Umbri si attardavano ancora in unostadio culturale relativamente povero, rielaborando schemiorientalizzanti ormai superati. Crocevia tra nord e sud, tra mare Adriatico e Tirreno, l’Um-bria ha visto scorrere più di tre millenni ininterrotti di storiasul suo territorio. Gli Umbri, chiamati dagli autori antichigens antiquissima italiae, perché riconosciuti come una del-le più antiche genti che popolò la penisola, furono un po-polo che si ritiene giunto in Italia nel II millennio a.C. Parla-vano una lingua indoeuropea, l’Umbro, scritta con alfabetoproprio di derivazione greco-occidentale, ed occupavanoun’area che, in epoca classica, si estendeva dall’alta valledel Tevere fino al mar Adriatico. L’espansione degli Etruschi confinò gli Umbri alla spondaorientale del fiume.Il più rilevante testo ritualein lingua umbra, per-venuto ai giorni nostriattraverso le Tavole Eu-gubine, testimonia chegli Umbri fossero unpopolo progredito dalpunto di vista religioso,politico e legislativo ed or-ganizzato in città-stato fe-derate tra loro. È evidente,dalle testimonianze, che lacultura di Roma influenzimolto quella umbra.Alcuni dei territori occu-pati dagli Umbri furonosuccessivamente coloniz-zati dagli Etruschi, il cuiprimo insediamento a Pe-rugia risale al VI-V sec.a.C. sul Colle del Sole.Intorno al 300 a.C. Romainiziò ad espandersi versol’Etruria, e anche Perugia

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Evoluzione degliinsediamenti etruschi

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fu assoggettata alsuo dominio. Delperiodo etrusco-romano sono an-cora visibili in cittàle mura, le porte, ipozzi ed altrestrutture d’inge-gneria civile.Gli Etruschi, inparticolare, miran-do al controllo delcorso del Tevere,

allora un’importante via di commercio fluviale, si insediaro-no progressivamente nel territorio che era stato degli Umbri,occupando tutta la parte occidentale della regione.

Gli Etruschi si collocano, nella storia, tra le due grandi civil-tà dei Greci e dei Romani: portarono molte conoscenze delmondo greco in Italia che poi trasmisero ai Romani. È inogni caso indubbio che la prima manifestazione culturalecaratteristica degli Etruschi sia il “villanoviano”, un feno-meno caratterizzato dal rito funebre della cremazione e dal-le urne cinerarie in forma di vasi biconici o di modellini dicapanne (IX sec. a.C.). È probabile che già a partire da que-sto periodo abbia inizio l’attività marinara degli Etruschi cheli rese famosi al punto che furono denominati “dominatoridel mare” e per i Greci si identificarono con i più temibilicorsari del Mediterraneo. Accaniti conflitti li contrapposeroai Greci che, nel frattempo, avevano colonizzato buonaparte delle coste dell’Italia meridionale e della Sicilia (Ma-gna Grecia), ed ai Cartaginesi che si avviavano ad estende-re il loro dominio sull’intero Mediterraneo. La Grecia dominò sempre la civiltà del mondo etrusco con isuoi modelli culturali nel campo della religione, dell’arte edel costume. Sorsero splendide scuole locali, in parte ispira-te ad artisti stranieri, come quelli di bronzisti nei dintorni diPerugia. L’effettiva decadenza degli Etruschi cominciò nel 474 a.C.proprio sul mare, quando i Greci d’Italia inflissero a questiultimi, presso Cuma, una sconfitta decisiva dopo la qualeessi persero il controllo del Mar Tirreno. Anche sulla terra-ferma la situazione andò rapidamente deteriorandosi, coin-volti, a partire dal IV sec. a.C., nella lotta contro la nascen-te potenza romana. Il processo di romanizzazione degli Etruschi si completerà do-po numerosi scontri e dopo l’insediamento delle prime colo-nie romane in terra etrusca nel I sec. a.C., e con la parifica-zione giuridica degli italici ai cittadini romani con pieni diritti.

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Da dove provenissero gli Etruschi è stato oggetto di discus-sione che trova il suo fulcro in tre ipotesi: - la prima riconosce negli Etruschi i Tirreni migrati in Italia

per via marittima dall’Oriente (secondo lo storico grecoErodoto, gli Etruschi, popolo dalla cultura più evoluta ri-spetto alle altre etnie italiche, proverrebbero dall’Asia Mi-nore, salpati dal porto di Smirne a seguito di una carestia).Recenti studi condotti da ricercatori dell’Università di Pa-via, che hanno comparato il DNA di diversi toscani conquello di altre popolazioni, confermerebbero tale versione;

- la seconda, riportata dallo storico Dionigi di Alicarnas-so, li considererebbe un popolo di origine autoctona. Siravvisano in essi i discendenti dei proto-italiani, delle gen-ti, cioè, che abitavano la penisola prima ancora dell’inva-sione indoeuropea che avrebbe dato luogo alla formazio-ne di diverse popolazioni;

- la terza (dal racconto di Livio) suppone che siano arrivatiin Italia dalle Alpi.

I continui progressi della ricerca archeologica hanno porta-to gli studiosi a poter concludere che tra le tesi dell’origineorientale e dell’origine autoctona degli Etruschi non c’è unvero e proprio contrasto. Se ne deduce che, se elementiorientali sono giunti sulle coste tirreniche, non hanno mo-dificato in modo sensibile e profondo gli insediamenti dellaciviltà delle popolazioni preesistenti. Infatti, le basi della ci-viltà villanoviana trovano in quella etrusca uno sviluppo dicerte sue caratteristiche essenziali.La civiltà etrusca è il risultato di intrecci culturali di svariateorigini, della loro appropriazione ed elaborazione, di con-tatti, di incontri e di scontri, di affermazioni e di cedimenti,di vittorie e di cadute.Questo vale per tutti i suoi aspetti: sociali, politici, econo-mici, artistici e culturali.

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L’Etruria non era una nazione unitaria, ma era formata dacittà-stato chiamate Lucumonie (dodici città che formavanouna sorta di confederazione che decideva autonomamentele leggi, le iniziative commerciali e le guerre, a differenza delmodello romano).Soltanto in particolari feste religiose o in caso d’incomben-ti e gravi insidie per tutta la collettività, tutti e dodici i Lu-cumoni si riunivano per decidere le strategie comuni.La classe dominante nelle città-stato etrusche era costituitada un ceto aristocratico, originatosi in epoche remote dal-l’amalgamarsi di ricche famiglie di origine italica ed extra-italica, che deteneva le leve più importanti del potere, e daun ceto in continua crescita di mercanti e proprietari terrie-ri che aspirava ad entrare nell’oligarchia dominante. Tipico dell’ordinamento sociale etrusco era il grande livellodi importanza attribuito ai capi, che si manifestava nella so-lennità del cerimoniale che sottolineava le loro azioni pub-bliche. La forma dello stato era oligarchica, con organi col-legiali di governo, di cui il più alto magistrato, il Lucumone,veniva eletto per un periodo prefissato tra le famiglie piùnobili. In alcune città perdurava invece il sistema monarchi-co, che era il più diffuso in età arcaica. Il Lucumone riassu-meva in sé il ruolo di capo civile, militare e religioso. Sim-bolo della sua autorità era un fascio di verghe in cui era in-serita una scure. Altri simboli del potere erano la coronad’oro, lo scettro, il mantello di porpora e il trono d’avorio. Poco sappiamo sulle suddivisioni sociali del mondo etrusco:possiamo distinguere una classe di proprietari, divisa tra ce-to gentilizio e ceto mercantile, ed una di servi, divisa tra uo-mini liberi e schiavi. La classe servile non aveva possibilità diintervenire direttamente nella guida dello stato e beneficia-va in modo marginale della ricchezza dei ceti abbienti. Que-sta netta separazione costituiva nei mo-menti di crisi un fattore di debolezza, mi-nando le basi di quella coesione sociale ne-cessaria per resistere ai pericoli esterni.La condizione sociale della donna era di-versa da quella del mondo latino e greco;essa godeva di una maggiore conside-razione e libertà: per gli Etruschipoteva partecipare ai ban-chetti conviviali, sdraia-

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ta sullo stesso kline del suo uomo, o assistere ai giochi spor-tivi ed agli spettacoli. Questo era scandaloso per i Romani chenon esitavano a bollare questa eguaglianza come indice di li-cenziosità e scarsa moralità: addirittura dire “etrusca” era si-nonimo di “prostituta”. Anche gli autori greci stigmatizzava-no questo fatto propagando la maldicenza sui costumi mo-rali delle donne etrusche. Infatti, mentre le donne greche vi-vevano sottomesse al marito e passavano la mag-gior parte della loro vita chiuse in casa, le donneetrusche avevano il diritto di partecipare a tutti glieventi pubblici, erano istruite e potevano vestirein modo spregiudicato. La condizione sociale del-la donna nella civiltà etrusca era veramente unicanel panorama del mondo mediterraneo, e forseciò derivava dalla diversa stirpe dei popoli. La don-na poteva trasmettere il proprio cognome ai figli,soprattutto nelle classi più elevate della società.Nelle epigrafi talvolta il nomen (oggi diremmo il co-gnome) della donna appare preceduto da un prae-nomen (il nome personale), segno del desiderio di mo-strarne l’individualità all’interno del gruppo familiare adifferenza dei Romani che ne ricordavano solo il nome del-la gens, della stirpe. Nell’ultima fase della storia etrusca, quando l’influenzaculturale greca si fece sentire in modo più deciso nellearti e sui costumi, le donne etrusche persero parte dellapropria indipendenza.

� L’ARTE E L’ECONOMIAIn Umbria, in Toscana e nel Lazio numerose sono le traccedelle città e delle necropoli etrusche. Attraverso i secoli, ca-suali scoperte e scavi organizzati hanno portato alla luce unnumero straordinario di oggetti di ogni genere – sculture,pitture e prodotti delle arti minori – provenienti dalle scuo-le d’arte e dalle botteghe artigiane dell’Etruria. Le occupazioni più comuni nelle città erano i lavori dome-stici nelle abitazioni del ceto aristocratico, i lavori nelle bot-teghe artigiane, nelle campagne o nelle miniere. La fonte principale di schiavi erano le guerre e le razzie neiterritori nemici. In genere gli schiavi non erano maltrattatiin quanto erano considerati beni preziosi e la morte di unodi essi era vista come una grave perdita economica.Situati in una regione cardine per i traffici commerciali traOriente ed Occidente, gli Etruschi sfruttarono al meglio que-sta posizione di favore, controllando il Mar Tirreno con le lo-ro flotte. Anche le vie commerciali di terra che portavano ver-so il nord Europa erano percorse dai mercanti Etruschi, chein tal modo fungevano da tramite tra le civiltà progredite del

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bacino orientale del Mediterraneo, quelle meno sviluppatedell’Occidente e del lontano settentrione. I prodotti tramite iquali gli Etruschi erano più conosciuti erano il vino, i vasi, tracui i buccheri, le suppellettili e le armi in bronzo. Per facilita-re il commercio e gli spostamenti di truppe, i territori Etruschierano percorsi da una fitta rete di strade, realizzate anchecon complesse opere di ingegneria. Queste strade verso nordpermettevano di varcare gli Appennini per giungere nellaPianura Padana; verso sud, collegavano l’Etruria con la Cam-pania Etrusca e le floride città dell’Italia meridionale.I porti, situati sulla costa tirrenica, oltre ad accogliere il traf-fico commerciale e militare, erano il punto di raccolta di pic-cole imbarcazioni usate dai pescatori. Le acque della costie-ra etrusca erano infatti note per la loro pescosità. Gli Etruschi, nella prima fase della loro storia, furono un po-polo marinaro rispettato in tutto il Mediterraneo. La navi-

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gazione, per mancanza di strumentazione, e per la fragilitàdelle imbarcazioni, che non erano in grado di resistere alletempeste, avveniva alla più breve distanza possibile dallacosta, e solo di giorno per evitare le insidie del mare. Di not-te le navi da carico gettavano l’ancora in luoghi riparati,mentre le navi da guerra venivano trascinate dagli equi-paggi sulla riva. I marinai dell’epoca usavano, perorientarsi, le stelle e la loro conoscenza dellaconformazione delle coste.Sulle strade e sui vicoli delle città si affaccia-vano le botteghe degli artigiani, fervide diattività produttive e di commerci. Nelle bot-teghe si fabbricavano recipienti e vasi di ter-racotta di ogni foggia ispirati al gusto greco,suppellettili ed arnesi in bronzo, raffinatigioielli in oro e in altri metalli preziosi. Tra gli artigiani che lavoravano nelle città etru-sche troviamo anche appartenenti ad altre popola-zioni: soprattutto italici e greci, la cui abilità era molto ap-prezzata. Nei laboratori più grandi lavoravano anche schia-vi specializzati. Sono stati ritrovati, infatti, molti oggettiprodotti in serie che fanno pensare ad una produzione or-ganizzata quasi industriale. Le ceramiche più tipiche dellavasta produzione etrusca erano i buccheri: vasi caratterizza-ti dal colore nero lucido delle superfici, determinato dallatecnica di fabbricazione e cottura. Particolare attenzione per la squisitezza della loro fatturameritano gli specchi, trovati a centinaia nelle necropoli. Ilmodello più comune era quello tondo con il manico. Il retrodella superficie di bronzo era inciso o lavorato a rilievo, soli-tamente con soggetti mitologici provenienti dalla culturagreca, oppure coperto di iscrizioni. La produzione di monilied oggetti in oro, nella quale gli Etruschi dimostravano unelevato grado di elaborazione tecnica capace di sfruttare lepossibilità espressive del metallo, era ricchissima e meritata-mente famosa. Anche nell’oreficeria trionfava il gusto per ilsovraccarico e gli effetti enfatici, sia con l’incontro di motiviornamentali vegetali, figurati e geometrici, sia con l’impiegodelle diverse tecniche di lavorazione, spesso combinate in-sieme. Tali tecniche comprendevano l’incisione, lo sbalzo, lafusione, la filigrana e, soprattutto, la granulazione che con-sisteva nell’applicare sulla superficie del metallo piccoli gra-nelli d’oro saldati tra loro, moltiplicando così l’effetto di inci-denza della luce.L’arte presso gli Etruschi ebbe sempre un legame con la vi-ta quotidiana ed il culto; una finalità pratica più che esteti-ca, tanto che riferendosi ad essa si è spesso parlato di arti-gianato artistico. In Etruria erano presenti modelli introdotti da maestri origi-

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nari del Vicino Oriente, della Grecia o dell’Europa centro-settentrionale. Questi modelli venivano recepiti, rielaborati,combinati e adattati alle esigenze della clientela locale. Stain questo l’originalità dell’arte etrusca. Dall’arte greca gli Etruschi traevano la maggior parte dei te-mi, rielaborandoli in forme espressive più immediate, popo-lari e decorative. L’Etruria vantava un significativo commer-cio con la Grecia, specie del ferro. Molte opere della grande arte sono andate perdute: le sta-tue di bronzo arrivate a noi sono veramente poche, in par-te fuse per recuperare il metallo secondo un uso comunenell’antichità. In ogni caso anche nelle opere più modeste èpossibile apprezzare un certo intento creativo specie quan-do si innovava una forma (in certe tazze si osserva la com-binazione del principio estetico con l’aspetto funzionale).Inoltre l’opera d’arte era imprescindilmente legata alle

istanze ideologiche dei destinatari, a fattori politici,economici e sociali.

Le nostre conoscenze sull’arte e sull’artigianatoartistico degli Etruschi sono settoriali: la docu-mentazione proviene in massima parte da tombee, a cominciare dal VI sec. a.C., da aree sacre.

Poco si sa della produzione destinata all’arredodomestico: nei pochi scavi di abitati i materia-li rinvenuti, oggetti destinati alla cucina allamensa o alle pratiche della vita quotidiana,

sono frammenti lasciati dagli antichi proprioperché ridotti in questo stato al momento del-

l’abbandono dell’abitazione (gli oggetti interisono stati portati via direttamente dagli abitan-

ti!). Tali prodotti appartenevano alle stesse classidi quelli rinvenuti nelle tombe e nelle aree sacre,

per cui si deve ammettere che essi, in origine, abbia-no fatto parte dell’arredo delle case. Talvolta l’ideolo-gia che sottende a grandi opere di destinazione fune-raria o domestica è la stessa.

Per quanto riguarda la pittura dobbiamo parlare di arte sa-cra, in quanto i dipinti ritrovati sono quelli che ornavano lepareti dei sepolcri. Si riconoscono nelle rappresentazioni duefasi distinte: la prima caratterizzata da raffigurazioni estre-mamente realistiche, volte a dare un messaggio vitale conbanchetti, giochi, gare sportive, danze (episodi sereni e pia-cevoli con elementi decorativi che ricostruiscono l’ambientedomestico); la seconda si afferma tra il V ed il IV sec. a.C.,quando si diffonde l’idea della trasmigrazione dell’anima nelregno dei morti (prevalgono le scene mitologiche, le imma-gini riferite al mondo dell’oltretomba). La pittura etrusca tendeva di solito a perpetuare schemistandardizzati, realizzati da pittori abili artigiani più che ar-

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tisti. I caratteri tipici erano la centralità della figura umanache dominava sull’ambientazione; l’uso di colori pieni e for-ti, che riempiono con la tecnica dell’affresco aree delimita-te da spessi contorni. Anche per la scultura dobbiamo par-lare di arte sacra, in quanto i ritrovamenti consistonoper lo più in elementi decorativi di templi o di tombe.La scultura etrusca è strettamente connessa alla mo-dellazione della creta: anche le sculture in pietra risentonodi questa impostazione, infatti gli scultori Etruschi predili-gevano le pietre meno difficili da lavorare. Gli Etruschi era-no celebri tra i loro contemporanei per le sculture in bron-zo, che dovevano realizzare con particolari processi di fu-sione. Malgrado a noi sia giunto molto poco, solo alcunipezzi unici come la Chimera d’Arezzo, la Lupa capitolina(RM) e l’Arringatore di Sanguineto (PG), possono fornircil’idea di un’arte finemente progredita.

� LA LINGUALa presunta indecifrabilità della lingua ha contribuito a crea-re un alone di fascino e mistero intorno alla civiltà etrusca.Infatti, nonostante l’alfabeto sia chiaramente derivato daquello greco, la lingua etrusca appare allo studioso isolatadal contesto storico. L’insoddisfacente livello di conoscenza,che non ci consente di inserirla in un preciso ceppo lingui-stico, contribuisce a creare incertezza per quanto riguardala stessa origine del popolo etrusco. Dal XV sec. d.C. ad og-gi, esperti di glottologia e semplici appassionati si sono ci-mentati con i frammentari testi etruschi che sono giunti fi-no a noi. Oggi possiamo dire che l’enigma della lingua etru-sca è stato, almeno parzialmente, svelato, in quanto ne co-nosciamo la fonetica, i significati di molte parole, e possia-mo ricostruire parte delle regole grammaticali. Se il livellodelle nostre conoscenze ci permette di capire il senso dei te-sti di cui siamo in possesso, è anche vero che non siamo ingrado di ricostruirne l’esatto significato letterale. Non sitratta, quindi, di trovare una chiave di interpretazione che cipermetta improvvisamente di giungere alla completa com-prensione della lingua etrusca, ma di approfondire il livellodi analisi del materiale che abbiamo a disposizione.

� LE ABITAZIONII materiali con cui erano costruite le case del ceto popolarenon differivano molto da quelli utilizzati per le dimore delleclassi gentilizie: uno zoccolo in pietra su cui venivano alzatimuri in argilla o mattoni crudi, sorretti da intelaiature in le-gno. Si trattava di materiali altamente deperibili e per que-sto non si trova traccia di abitazioni complete ai giorni no-

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stri se non nelle riproduzioni tombali. Le case erano affian-cate e raggruppate in isolati, gli ambienti erano piccoli econ uno scarso sviluppo in altezza. Secondo i precetti reli-giosi le strade dovevano incrociarsi ad angolo retto. Spessole città venivano edificate su alture. Quando ciò non erapossibile gli abitati si formavano adeguandosi alle caratteri-stiche del luogo, dando vita ad un tortuoso dipanarsi distretti vicoli.La casa signorile etrusca può considerarsi l’antenata delladomus romana. Aveva un ingresso che la isolava dalla stra-da e sul quale si aprivano tre porte: due laterali che davanosu stanze probabilmente adibite alla servitù, la terza sul fon-do che dava accesso alla casa vera e propria. La prima stan-za interna era la sala del banchetto, sul fondo si aprivano levarie stanze della casa. Sfruttando sempre la friabilità deltufo nelle tombe venivano scolpiti tutti i particolari architet-tonici della casa: nel soffitto, oltre la trave principale, veni-vano riprodotte le travi laterali e gli intrecci della coperturadi canne del tetto. Intorno alle porte venivano messi in ri-lievo gli elementi dell’architrave e sulla parete interna delvestibolo a volte si trovavano delle finestrelle.

� I GIOCHI E LA MUSICAGli Etruschi amavano molto la musica e la danza e soleva-no praticare gare atletiche di qualsiasi disciplina: il lancio deldisco e del giavellotto, la lotta, il pugilato, la corsa, il saltoin alto, il salto con l’asta, la corsa in tenuta da combatti-mento, la corsa a cavallo. Nelle zone rurali adiacenti alle città o ad aree sacre, si svol-gevano, in strutture temporanee lignee di cui non ci è ri-masta traccia, le gare atletiche ed i giochi gladiatori. Perognuno di questi eventi si radunava un folto pubblico com-posto da individui di ogni estrazione sociale, uomini e don-ne. Di queste manifestazioni ci è rimasta nelle pitture tom-bali una vasta iconografia che consente di farci un’idea pre-cisa. Sotto la direzione di un giudice, la cui autorità era sim-boleggiata dallo stesso bastone ricurvo dei sacerdoti, il li-tuo, gli atleti gareggiavano negli sport più seguiti dalle an-tiche civiltà mediterranee, tra cui primeggiava la corsa dellebighe, per la quale la passione del pubblico raggiungeva li-velli di vero fanatismo. Grandi onori erano concessi ai vinci-tori delle gare che, davanti ai magistrati della città, riceve-vano premi a testimonianza del loro valore atletico. Anche igiochi gladiatori dovevano richiamare un pubblico numero-so. I combattimenti avvenivano all’ultimo sangue tra schia-vi, in genere prigionieri di guerra, armati in fogge diverse edaddestrati in apposite scuole. Oltre ai combattimenti uomocontro uomo, singoli o in squadre, erano frequenti anche

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combattimenti di uomini contro animali feroci (tutteusanze ampiamente riprese dai Romani).Gli Etruschi apprezzavano molto la musica e solevanoaccompagnare con essa tutte le attività della giorna-ta: il lavoro, il desinare, le cerimonie civili e religiose.Gli strumenti musicali adottati nelle varie cerimonieerano a percussione, a corda e a fiato, in particolare quellopiù utilizzato era il flauto, in tutte le sue svariate fogge, an-che se quello doppio era considerato lo strumento nazio-nale etrusco. Anche sul campo di battaglia i movimenti del-le truppe erano coordinati facendo ricorso al suono delletrombe. La musica spesso accompagnava i movimenti rit-mati di danzatori e danzatrici, il cui ballo non era solouno spettacolo, ma poteva essere una cerimonia legata ariti propiziatori o a celebrazioni funebri. La musica ac-compagnava anche gli spettacoli scenici di più antica ori-gine, che avevano carattere di mimo ed erano rappresen-tati da attori-danzatori mascherati. Dal IV sec. a.C. comin-ciò anche a diffondersi il teatro drammatico dialogato, diispirazione greca.

� IL CULTOAlla base dei riti etruschi vi era l’idea fondamentale che ildestino degli uomini fosse completamente deciso dagli dèi.Ogni fenomeno naturale, come il fulmine o il volo degli uc-celli, era espressione della volontà divina, e conteneva unmessaggio da interpretare per uniformarsi al volere deglidei. Spinti da questa concezione gli Etruschi realizzarono uncomplesso sistema di codifica della ritualità che seguivanocon un’attenzione oltremodo scrupolosa, tanto da divenirefamosi presso gli altri popoli antichi per la loro religiosità esuperstizione. Dall’VIII sec. a.C., con l’intensificarsi dei con-tatti con la cultura greca, inizia un processo di fusione conle divinità dell’Olimpo greco. Tuttavia questo processo nonattenuò la specificità del sentimento religioso degli Etruschied il senso di completo annullamento dell’uomo di fronte alvolere divino.Depositaria della dottrina e tramite tra uomini e dèi era la

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casta sacerdotale, che ri-vestiva un ruolo di gran-de importanza nella gui-da civile e religiosa dellecomunità etrusche. I sa-cerdoti indossavano unabbigliamento particola-re, tra cui un alto cappel-lo semiconico, e portava-

no un bastone con una estremità ricurva. Erano divisi in col-legi e partecipavano a tutte le attività pubbliche, che assu-mevano un forte significato sacro. Le scritture erano com-poste da libri contenenti un complesso sistema codificato diregole rituali. I principali riguardavano l’interpretazione del-le viscere degli animali, condotta dagli Arùspici, l’interpre-tazione dei fulmini, condotta dagli Aùguri, e le norme dicomportamento da seguire nella vita quotidiana.Alla base della disciplina religiosa etrusca stava la suddivi-sione del cielo in sedici zone: le dimore degli dei. Ad est sitrovavano quelli propizi, ad ovest quelli sfavorevoli. In que-sto modo, per quanto riguarda la divinazione, ogni eventoatmosferico poteva essere tradotto in un messaggio delladivinità che abitava quel luogo. Secondo i casi poteva trat-tarsi di un ordine, un avvertimento lieto o funesto, un se-gno di ira o di scontento. Questo sistema di divisioni venivariprodotto anche sul fegato degli animali sacrificati, di cui cisono giunti alcuni modelli in bronzo, cosicché anche dal-l’osservazione delle sue caratteristiche fisiche si potevacomprendere il volere degli dèi.Il tempio etrusco, per la cui costruzione erano stabilite pre-cise regole, era caratterizzato da una pianta quasi quadra-ta. La metà anteriore era costituita da un portico colonna-to, la metà posteriore era occupata da tre celle, ospitanti lestatue di tre divinità, oppure da una cella singola fiancheg-giata da due ali aperte. A parte, per il basamento e per lefondamenta, venivano utilizzati materiali leggeri e deperibi-li: mattoni crudi per i muri, e legno per la struttura. Il tettoera a doppio spiovente, molto ampio e basso, di notevolesporgenza laterale, mentre sulla facciata dominava un fron-

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tone triangolare aperto o chiuso. Il tetto era completato daun complesso sistema di elementi decorativi e di protezionein terracotta dipinta a colori vivaci, a rilievo e a tutto tondo. Possediamo un’ampia documentazione riguardante la lette-ratura religiosa etrusca, la quale aveva anche un valore eti-co-giuridico. I testi sacri erano suddivisi in libri che contene-vano le regole della divinazione, il calendario religioso, lenorme di comportamento nella vita quotidiana e neglieventi pubblici. Di grande curiosità e valore scientifico è sta-to il ritrovamento, sulle bende che fasciavano una mummiasepolta in Egitto, di un frammento di un testo religiosoetrusco contenente accenni a minuziosi rituali e a normeprescrittive di comportamento.Nei tempi più antichi gli Etruschi credevano ad una qualcheforma di sopravvivenza terrena del defunto. Da ciò nasceval’esigenza, come forma rispettosa d’omaggio, di garantirnela sepoltura e di dotarla di richiami al mondo dei viventi.La tomba era quindi realizzata in modo da sembrare la ca-sa del defunto adatta alla vita ultraterrena: al suo interno vierano deposti oggetti di vita quotidiana come vasel-lame, giochi e cibi, ma anche beni preziosi comegioielli ed armi. A volte, sulle pareti del sepolcro,erano dipinte scene dal forte significato vitale,come banchetti, giochi atletici, danze. Dal V sec.a.C. anche la concezione del mondo dei defun-ti risentì in modo più marcato dell’influenzadella civiltà greca. Si veniva così a configurareun mondo dei morti localizzato in un mondosotterraneo, nel quale le anime vi accedevano,abitato da divinità infernali e dagli spiriti degliantichi eroi. Il passaggio tra i due mondi era visto come unviaggio che il defunto compiva scortato da spiriti in-fernali, il cui destino, era di essere condotto in un mon-do senza luce e speranza, in cui il fluire del tempo era se-gnato dai patimenti delle anime che ricordavano i momentifelici delle loro vite terrene. Le sofferenze delle anime deimorti potevano essere alleviate dai parenti con riti, offerte esacrifici. Per personaggi particolarmente illustri doveva esse-re possibile, grazie a speciali cerimonie, provvedere alla bea-tificazione o, in casi eccezionali, alla deificazione.La morte di un personaggio appartenente ad una famigliaillustre era celebrata con la partecipazione al lutto di tuttala cittadinanza. Il giorno della sepoltura, un lungo corteo sisnodava dall’abitazione del defunto alla tomba della fami-glia. Sacerdoti con simboli del loro ufficio religioso, suona-tori di flauto, parenti e conoscenti con offerte votive, ac-compagnavano il corpo trasportato su di un carro a quattroruote. Dal corteo, che procedeva con grande lentezza, si al-

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zava un misto di litanie, meste musiche e alti lamenti di fa-miliari. Arrivati alla tomba, precedentemente preparata perla cerimonia, si procedeva al rito di sepoltura. Alcuni ritro-vamenti di parti di testi religiosi riguardanti cerimonie fune-bri, ci permettono di avere un’idea di quanta attenzionedovesse essere data dagli Etruschi a questo rituale. Purtrop-po la nostra incompleta conoscenza della lingua non ci con-sente di comprendere chiaramente il linguaggio specializza-to di questi testi e quindi non siamo in grado di ricostruirecon precisione le cerimonie. Successivamente la tomba si arricchì di una anticamera perricordare la sala del banchetto, con dei letti e delle panchi-ne poste intorno alle pareti; a volte ci sono anche i troni deipadroni di casa. In questo tipo di sepoltura, la tomba verae propria è la stanza più interna che contiene i due letti fu-nebri, a destra quello della donna, che assomiglia ad unacassapanca con le due testate di forma triangolare; a sini-stra quello dell’uomo che ha la forma di un letto da ban-chetto con le gambe scolpite.

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Gli Etruschi nel perugino

1° GIORNO

Mattina: (Le Mura e le PorteEtrusche) Porta Marzia, PortaEburnea, Porta Trasimena, via Battisti, Arco Etrusco,Porta Sole, Pozzo Etrusco,Arco dei Gigli, Porta Cornea

Pomeriggio: Il MuseoArcheologico Nazionaledell’Umbria

2° GIORNO

Mattina: San Giovanni delPantano, Tomba del Faggeto;Ferro di Cavallo, Ipogeo diSan Manno (da prenotare);Necropoli di Madonna Alta

Pomeriggio: Corciano,Necropoli di Strozzacapponi

3° GIORNO

Mattina: Ponte San Giovanni,Necropoli del Palazzone -Ipogeo dei Volumni; Bettona(tomba e mura etrusche)

Pomeriggio: Torgiano“Museo del Vino”; Deruta“Museo Regionale dellaCeramica”; Marsciano “Museodinamico del Laterizio”

La visita ai siti Etruschi più significativi

di Perugia e territorio si articola in tre giorni

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Parcheggio

Scala mobile

Minimetrò

Informazioni

Mura etrusche

Rocca Paolina

Musei

Itinerario

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Prima di metterci in cammino per scoprire i segni lascia-ti da questo antico popolo sono opportuni alcuni cennisulla storia di Perugia, dalle origini all’Età di Augusto.

“Le porte non sono che archi scavalcanti, vie sotterranee chescendono ora diritte, ora tortuose, a gradini o a scaglioni: archi, diannerito travertino, che incorniciano un breve paesaggio, selve ditetti e di comignoli, strade selciate su un fondo azzurro di cielo.”

(L. Fiocca, Le porte etrusche)

Nel V sec. a.C. la città di Perugia raggiunse un alto splen-dore grazie alla civiltà etrusca, quando Roma non era anco-ra una potenza. Fu fondata su due colli: il Colle Landone e il Colle del So-le, in un territorio costituito da vallette, speroni ed urbaniz-zato in maniera irregolare. Ciò contribuì ad accrescere il fa-scino di questa città ricca di storia, notoriamente tra le cit-tà più ricche di monumenti e opere d’arte. I primi insediamenti di cui siamo a conoscenza nel territoriorisalgono ai secoli XI e X a.C., con la presenza di villaggi neipressi delle falde dell’altura perugina, ed a partire dal VIIIsec. a.C. anche sulla sommità del colle dove sorgerà la cit-tà vera e propria. Il rapido sviluppo di Perugia fu favoritodalla posizione dominante rispetto all’arteria del fiume Te-vere e dalla posizione di confine tra le popolazioni etruscheed umbre. Gli Umbri, che pure hanno fondato la città, do-vettero cedere all’affermarsi del popolo etrusco. Infatti il ve-ro e proprio nucleo di Perugia si formò intorno alla secon-da metà del VI sec. a.C. e, dalla disposizione delle necropo-li, abbiamo una testimonianza indiretta dell’espansione delprimo tessuto urbano. Perugia diventò in breve una delle 12Lucumonie della confederazione etrusca. Attorno al III sec. a.C., grazie alla sua posizione strategica, lacittà visse un periodo di intenso splendore, in cui si espresseil massimo della cultura etrusca, della quale ci rimane lagrande cinta muraria realizzata in conci di travertino. Tutta-via i reperti che ricordano questo periodo non sono molti.Ciononostante, la cultura romana era già dominante nella zo-na e Perugia, per difendere la sua indipendenza, fu costretta atenere una politica ambigua nei confronti del potere dei Ro-mani. Dopo un periodo in cui si trovò ad essere ora nemica oraalleata di Roma, nel 40 a.C. la città venne posta sotto assediodall’imperatore Augusto e, dopo pesanti distruzioni, fu sog-giogata. Lo stesso ne organizzò comunque la ricostruzione ene fregiò il municipium dell’appellativo Augusta.Augusta Perusia, questo il nome della città in epoca impe-riale, fu poi arricchita, con il diffondersi della religione cri-stiana, di numerosi edifici di culto, dislocati in particolarmodo al di fuori della cinta muraria.

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� LE MURA ETRUSCHELe mura di Perugia costituiscono l’antica cerchia difensivadella città.Hanno uno sviluppo lineare di circa 3 Km, edificate tra il IVed il III sec. a.C. e costruite in modo piuttosto unitario. Ca-ratterizzate dalla grandezza delle pietre impiegate nella rea-lizzazione, vennero rimaneggiate nel periodo romano e suc-cessivamente nel medioevo, tanto che oggi l’unica portad’accesso rimasta nella forma e nella collocazione originariaè l’Arco Etrusco. La cinta medievale fu costruita per venire incontro all’e-spansione della città, e venne realizzata tra il XIII ed il XIVsec. d.C. Rimasta oggi per gran parte intatta, raggiunse unosviluppo di circa 6 Km ed inglobò i borghi creatisi in corri-spondenza delle cinque antiche porte.

� LE PORTE ETRUSCHE

“Composte di grossi blocchi di travertino, collocati a vivo senzacemento, dando l’espressione la più severa e grandiosa della

forza nuda: è il lavoro umano che par confondersi con l’operadella natura”

Le principali aperture lungo la prima cinta muraria etrusca(circa 3 Km) furono: l’Arco di Augusto (verso nord), portaMarzia (verso sud) e porta Trasimena (verso ovest), dispo-ste sia in considerazione della forma a “trifoglio” che assu-meva la pianta della città, sia nel rispetto di un un’antica leg-ge etrusca che prevedeva, appunto, tre accessi principali.In epoca medievale, con l’espansione della città, le vecchiemura etrusche (insieme ad alcune porte) vennero inglobatenelle varie costruzioni o, addirittura, smantellate per recupe-rare materiale da utilizzare per la costruzione della cinta ester-na. È anche per questo motivo che, spesso, alcune porte“esterne” prendevano il nome delle corrispettive più interne.Accanto agli accessi principali, talvolta venivano aperte del-le porte secondarie dette postierle (poste dietro), aperte inprossimità delle rientranze delle mura, per consentire il pas-saggio pedonale nei punti più ripidi.

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1° GIORNO mattina

� PORTA MARZIAQuesta porta, rilevante testimonianza del popolo etrusco, èla prima opera architettonica dell’itinerario: siamo sot-to il bastione della Rocca Paolina (via Marzia).Chiamata così forse per la vicinanza di un tempio in onoredi Marte (è probabile anche che nelle vicinanze si svolgesse-ro giochi marziali), originariamente era posta circa quattrometri più indietro (sono visibili gli stipiti all’interno della Roc-ca Paolina). La costruzione della Rocca comportò la distru-zione di numerosi edifici e solo la sensibilità di Antonio daSangallo, costruttore della Rocca, fece sì che la parte supe-riore dell’antica porta fosse smontata e incastonata in unodei muri perimetrali della fortezza dove è visibile tutt’oggi.Costruita in travertino, presenta un arco a tutto sesto in-quadrato da lesène con capitelli a rosetta centrale, sormon-tato da una balaustra scandita da quattro pilastri in stile ita-lo-corinzio dalla quale sporgono cinque sculture: al centrodomina la scena Giove tra i Dioscuri Castore e Polluce (tut-te e tre le divinità erano protettrici della città), fiancheggia-ti dai rispettivi cavalli alle due estremità. Altre due teste, for-se di numi tutelari degli ingressi, si trovano nei triangoli tral’arco e le lesène. La pietra sulla sommità dell’arco, oggiconsunta, raffigurava una testa di cavallo. Sull’architravesopra l’arco si legge l’epigrafe Augusta Perusia, mentre nel-la cornice superiore è incisa la scritta Colonia Vibia.

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� PORTA EBURNEARaggiungendo via Caporali troviamo portaEburnea, o Arco della Mandorla, una delleantiche porte della cinta muraria etrusca. Sitrova nei pressi di piazza Mariotti, nel rioneomonimo (di porta Eburnea, il cui simbolo èun elefante).L’origine del nome è dovuta al fatto che an-ticamente nelle vicinanze si trovava un tem-pio dedicato al dio Vertumno e rivestito conprezioso avorio. La porta è stata modificatanel XIV sec. d.C. ed oggi si presenta nella suaforma medievale con l’arco ogivale ed i ca-ratteristici giunti sporgenti. Dell’originariaporta sono rimaste una protome leonina (re-plicata in un rifacimento medievale nella por-ta Trasimena di via della Sposa) e alcune let-tere che probabilmente formavano la scrittaAUGUSTA PERUSIA - COLONIA VIBIA, ricorrentein quasi tutte le porte della cinta etrusca (co-me l’Arco Etrusco e la porta Marzia).

� MURA ETRUSCHE DELLA CUPAAttraversando Porta Eburnea e dirigendoci verso via dellaCupa, scorgiamo, al di sotto, le antiche mura etrusche.Questo è il miglior punto della città da cui ammirare le mu-ra in tutta la loro grandezza. Da questa zona se ne scorge unlungo tratto che campeggia sui sottostanti giardini del Cam-paccio. Si nota un altro particolare delle mura: una piccolaporta, la postierla. Nessuno è mai riuscito a dare una spie-gazione della funzione di questa apertura e quindi non si sase fosse un’uscita, uno scarico fognario o una porta Libitina.Le mura proseguono fino ai giardini della Canapina. Da quisaliamo con le scale mobili, arriviamo in via dei Priori eraggiungiamo porta Trasimena.

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� PORTA TRASIMENAPosta in direzione del lago Trasimeno, fumodificata in epoca medievale: l’arco fu tra-sformato da tutto sesto a sesto acuto e, pro-babilmente, furono asportate le varie deco-razioni. Rimane solo un leone sulla facciataoccidentale, in alto a sinistra. Sulla sommitàdell’arco, inoltre, è possibile notare un altrosegno: il sagittario con una mezza luna,stemma dei Templari che lì accanto proba-bilmente avevano la loro sede. C’è chi inve-ce ha visto in quel segno non la mezza luna,bensì una lasca, tipico pesce del lago Trasi-meno che veniva introdotto in città, forse,proprio attraverso questa porta.

� LE MURA NASCOSTE Da porta Trasimena ci dirigiamo verso via del Verzaro.Sporgendoci al di là del parapetto possiamo ammirare an-cora qualche resto della cinta muraria etrusca ormai inglo-bata dagli edifici.Proseguendo da piazza Morlacchi, in direzione di via Bat-tisti, possiamo riscoprire ancora le antiche mura. Il lato sinistro della strada è costituito dalle mura etrusche:si notano alcuni simboli sulle pietre che probabilmente stan-no ad indicare la cava di provenienza delle stesse, oppureun simbolo applicato in cava su una pietra per determinarela destinazione del carico preparato. Da via Battisti scorgiamo l’Acquedotto Medievale che at-traversa le mura in corrispondenza di un varco antico, la co-siddetta postierla della Conca. Si tratta, più che di una por-ta vera e propria, dello sbocco di un canale di drenaggio delcolle che poteva occasionalmente essere utilizzato anchecome passaggio pedonale, ad esempio in caso di sortite du-rante gli assedi.

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� L’ARCO ETRUSCOAppena voltato l’angolo di via Battisti si può ammirare intutta la sua grandezza l’Arco Etrusco, il capolavoro dell’in-gegneria etrusca. Passandoci sotto notiamo che l’arco si appoggia su una for-tificazione preesistente lungo via Bartolo; inoltre la partesuperiore dell’arco sembra costruita con materiali e tecnichedifferenti. Sull’Arco Etrusco ci sono due teorie contrastanti:1) che l’arco è sempre stato nella stessa posizione;2) che l’arco, così com’è, è stato costruito in epoca succes-siva ed “appoggiato” davanti ad una porta già esistente,probabilmente una porta scea, cioè con apertura a sinistra,facilmente difendibile. L’Arco Etrusco o di Augusto fu costruito nella secondametà del III sec. a.C. e fu fatto ristrutturare da Augusto nel40 a.C. dopo la sua vittoria nella guerra di Perugia. Circadue secoli dopo la sua costruzione venne fatta incidere lascritta Augusta Perusia per celebrare la presa della città daparte dell’Imperatore.Augusto volle infatti comandare personalmente le operazio-ni, dopo i numerosi fallimenti dei suoi generali. Alla fine la cit-tà cadde per fame e l’imperatore non esitò ad invaderla, in-cendiandola e saccheggiandola. Solo i templi di Vulcano eGiunone si sottrassero alla sua vendetta. Per riparare a que-sto suo gesto, concesse ai superstiti di ricostruire la città e ri-fondarla con il nome di Augusta Perusia e questo spiega ilmotivo della scritta che campeggia sull’Arco Etrusco e su por-ta Marzia.

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L’Arco Etrusco, dal III sec. a.C., si è conservato sino ai no-stri giorni pressoché intatto. Il materiale utilizzato per la suacostruzione è il travertino, una pietra tipica dell’Umbria, cheè possibile rinvenire in molti altri monumenti storici della re-gione.È costituito da una facciata attraversata da un solo fornice(cioè da una sola arcata) e da due torrioni trapezoidali. So-pra l’arco (a due filari concentrici) vi è un fregio ornato dametope con scudi rotondi e triglifi; sopra questo vi è un al-tro archetto tra due pilastri.La loggia sulla torre di sinistra è stata aggiunta nel XVI sec.d.C., mentre la fontana ai piedi della stessa torre è stata fi-nita nel 1621.Questa porta urbica, insieme ad altre sette, rappresentavaun accesso significativo nella protezione muraria di Perugiaantica. Principale ingresso alla città di Perugia, l’Arco Etru-sco è anche uno dei principali monumenti del patrimoniostorico del capoluogo umbro.

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� PORTA SOLERisalendo per via Bartolo si prosegue per un tratto di mu-ra che improvvisamente si interrompono sotto i resti dellafortezza di porta Sole.Salendo proprio lungo le scale costruite dopo la distruzionedella fortezza, si giunge al punto più alto della città.Secondo alcuni è qui che si trovava l’antica porta del Sole,citata da Dante Alighieri nel Paradiso, e che aveva la sua col-locazione originaria nel punto più alto dell’acropoli, l’omoni-mo colle del Sole. Probabilmente porta Sole si trovava anco-ra più in alto, ma in considerazione del fatto che comune-mente i nomi delle porte vengono trasferiti nel tempo alleaperture di transito comune più prossime alle originarie, nonè errato indicarla anche con questo nome. L’arco venne tra-sformato in acuto nel XIII sec. d.C. L’area venne fortificata nelXIV sec. d.C., ma la cittadella militare, nota come fortezza diporta Sole, fu abbattuta dopo una sommossa popolare nel1376 e della porta oggi non ne rimane più traccia.

� POZZO ETRUSCOAi piedi del rione di porta Sole, in piazza Piccinino è d’ob-bligo la tappa al pozzo Etrusco o anche chiamato pozzo Sor-bello, dal nome della famiglia Ranieri di Sorbello che ne fu laproprietaria. Si accede al pozzo attraverso un passaggio co-perto ed uno stretto cortile che conduce ai sotterranei di pa-lazzo Sorbello. È costituito da una grande cavità cilindrica,profonda all’incirca 36 m, che parte da un diametro inizialedi 5,60 m per poi restringersi progressivamente verso il fon-do, ed è interamente rivestito di grandi blocchi squadrati ditravertino nei quali sono incisi segni alfabetici analoghi aquelli presenti nelle mura cittadine. La copertura è costituitada una coppia di grossi travi orizzontali sostenuti da due pun-toni obliqui, e incernierati da un concio centrale, che a lorovolta sorreggono lastroni di travertino. Sulla piazza, a 4 m so-

pra il livello antico, si trovaun’importante opera di in-gegneria idraulica etrusca,datata al III sec. a.C. peranalogia costruttiva conuna cisterna di quel perio-do rinvenuta in via Capo-rali. Le dimensioni ecce-zionali rispetto a quelledelle riserve idriche deltempo fanno ritenere che ilpozzo sia stato inizialmen-te concepito come cisternad’acqua e ampliato succes-

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sivamente con lo scavo della porzione di diametro ridotto.Certo è che la funzione del pozzo Sorbello era sicuramentepubblica. È probabile infatti che questo, come anche le altrecisterne, fossero state realizzate dalle stesse autorità cittadi-ne per ragioni di pubblica utilità. Non a caso si trova colloca-to lungo una delle più importanti direttrici viarie della cittàetrusca, cioè quella che scende da via Bontempi all’Arco deiGigli. Esisteva, infatti, un rapporto ben preciso tra i percorsiviari e le strutture per l’approvvigionamento idrico; si pensisolo all’importanza strategica che pozzi e cisterne potevanoavere durante la resistenza ad un assedio.

� ARCO DEI GIGLIA cavallo di via Bontempi si apre l’Arcodei Gigli, ulteriore esempio di porta tra-sversale. Questa porta fu totalmente re-staurata in epoca medievale; sono rima-ste le tracce dello stipite e il fianco de-stro che fanno intendere un taglio origi-nario a tutto sesto.Detto anche di via Bontempi, dalla viadalla quale è attraversato e che conducea via del Roscetto, è conosciuto anchecome Arco dei Montesperelli, dalla no-bile famiglia che vi abitava nelle vicinan-ze. L’arco è ricordato come porta del Gi-glio (o dei Gigli) dal 1535, anno nel qua-le papa Paolo III Farnese visitò la cittàpassando di qui e fece delineare sullasommità dell’arco il simbolo della sua fa-miglia, appunto il Giglio.

� PORTA CORNEARisalendo per via Cartolari proseguiamoverso piazza Matteotti, dove gli edificisorgono sul tracciato delle mura etru-sche. Procedendo per via Oberdan tro-viamo porta Cornea: antica porta etru-sca rimaneggiata in epoca medievale,anche conosciuta come porta Sant’Erco-lano.

Da qui ci dirigiamo verso il convento diSan Domenico in piazza GiordanoBruno; mentre il pomeriggio proseguecon la visita al Museo ArcheologicoNazionale dell’Umbria.

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1° GIORNO pomeriggio

� IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELL’UMBRIA

Il convento di San Domenico oggi ospita l’Archivio diStato ed il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria.Il nucleo centrale dell’esposizione contiene materiali di etàetrusca proveniente dalla città e dal territorio compreso trail corso del Tevere e il bacino del lago Trasimeno, pertinentiin gran parte a contesti funerari databili tra l’Età Arcaica (VI-VII sec. a.C.) e l’Età Ellenistica (III-II sec. a.C.). Il lapidario etrusco-romano, esposto nei due livelli del chio-stro, contiene numerose urne cinerarie di età ellenistica,cippi funerari ed epigrafi latine. Una sala al livello superioredel chiostro è dedicata al contesto funerario di San Maria-no di Corciano. Allo stesso piano si apre il settore etno-grafico del museo, costituito dalla collezione di amuleti rac-colte da Giuseppe Bellucci (naturalista e antropologo pe-rugino). Nel chiostro, in un ambiente sotterraneo, è stata ri-costruita la tomba dei Cai Cutu (III-I sec. a.C.), rinvenuta nel1983 a Monteluce. La piccola tomba a tre celle contenevaun inumato, il capostipite della famiglia, con relativo corre-do funerario. Nelle celle erano presenti anche gli altri mem-bri della famiglia. Attorno alle pareti del chiostro sono pre-senti una serie di urne provenienti dalle necropoli ellenisti-che di Perugia e materiali romani, tra cui i famosi cippi diAugusto che documentano la presa di possesso della cittàdopo il bellum perusinumetri. Nel percorso del loggiato su-periore, superata una serie di urne ellenistiche, di materialiromani e gli amuleti della collezione Bellucci, si trova l’e-sposizione dei bronzi arcaici rinvenuti nel 1812 a San Ma-riano di Corciano. Da non perdere il cippo di Perugia, uno dei più significati-vi documenti della lingua etrusca. Successivamente si posso-

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no ammirare i vari materiali ritrovati nelle Necropoli delFrontone, di Monteluce e dello Sperandio.Gli scavi condotti in queste zone furono approssimativi, fina-lizzati solamente alla vendita di reperti antichi e per questo al-cuni di essi non si riescono a catalogare con precisione.

La Necropoli del Frontone e di San Costanzo si trova indirezione sud della città, uscendo da Porta Romana e pro-seguendo per circa 300 m.Vicino all’omonimo giardino settecentesco del Frontone furo-no ritrovate una serie di suppellettili e armature di guerrieri.Presso la chiesa di San Costanzo, invece, furono scopertealcune tombe appartenenti alla famiglia dei Volumni, ma inquell’epoca furono erroneamente scambiate per le ossa delSanto Patrono di Perugia e dei suoi discepoli.

La Necropoli di Monteluce si trova nell’omonima località,non lontano dal monastero: non si hanno molte notizie su-gli oggetti ritrovati, probabilmente parte di essi è stata ven-duta a collezionisti privati e parte è conservata al Museo Ar-cheologico Nazionale dell’Umbria.

La Necropoli dello Sperandio si trova nella parte setten-trionale della città, fuori la cinta medievale nella localitàSperandio (è possibile visitarla solo su prenotazione).Il reperto più importante qui ritrovato è il grande sarcofa-go in arenaria, decorato da una serie di bassorilievi che si ri-feriscono alla rappresentazione di banchetti connessi ad unrito funebre con i partecipanti alla cerimonia; ai lati vi sonorappresentati divinità del regno dei morti.Parte dei materiali ritrovati sono oggi conservati anche al Mu-seo Archeologico di Firenze e al British Museum di Londra.

Ci sono anche altre necropoli nei dintorni quali FondoBraccio, Bulagaio, Toppo del Rio, Santa Giuliana e SanGaligano che vennero saccheggiate più volte nel corso deisecoli e di cui ora non si trova alcuna traccia.

Al piano superiore è esposto il materiale pre-protostorico, sem-pre dalla collezione Bellucci, proveniente da numerosi contestidell’Italia Centrale (Umbria, Marche, Toscana, Abruzzo).

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❑ La tomba etrusca dei Cai CutuAttraverso le iscrizioni delle cinquanta urne della famigliaCAI CUTU è possibile cogliere il passaggio tra l’uso della lin-gua etrusca e quella latina; inoltre si può desumere che èstata usata per un lungo periodo tra il III e il I sec. a.C.Quasi tutte le urne presentano sulla cassa o sul coperchiol’iscrizione con il nome del defunto e appartengono tutte aimembri della famiglia.Nel dicembre 1983 a Perugia fu casualmente rinvenuta unatomba etrusca inviolata fino a quel momento. Un giardinie-re, zappando l’orto, aveva provocato lo sfondamento diparte della volta del vestibolo.La tomba, a pianta cruciforme, è composta da una cella piùampia con funzione di vestibolo, a cui si accedeva dal cor-ridoio (dromos) a cielo aperto, chiuso da un lastrone di tra-vertino trovato ancora al suo posto, e da altre tre celle chesi aprono su tre lati del vestibolo.Essa conteneva cinquanta urne cinerarie in tra-vertino di tipo perugino (di cui due rivestite distucco) e un sarcofago in arenaria, posto lungola parete di fondo della cella centrale, ilquale costituisce la più antica deposi-zione nella tomba. Il sarco-fago, pri-vo dell’i-scrizio-

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ne recante il nome del defunto, conteneva i resti di un inu-mato. A Perugia, infatti, prevaleva in età arcaica il rito dell’i-numazione (deposizione del feretro in una fossa, scavata nelterreno), mentre dall’età ellenistica, dal III sec. a.C., si affer-mava il rito dell’incinerazione dei defunti. Tutte le urne iscritte testimoniano formule onomastichepertinenti solo a individui di sesso maschile. La formulaonomastica è composta da praenomen, gentilizio, spessissi-mo il patronimico (nome del padre) e assai di frequente an-che il matronimico (nome della madre) seguito dal termineclan (figlio). I personaggi più antichi, sepolti per primi nellatomba, presentano un nome di famiglia composto da dueelementi (cai cutu), che denota un’origine servile del capo-stipite. Nel corso del tempo i membri successivi del gruppofamigliare eliminarono dalla formula onomastica il nomeCai, conservando solo il nome Cutu. Nelle urne più recenti,databili dopo l’89 a.C., cioè dopo la con-cessione della cittadinanza romana, l’i-scrizione onomastica è latina: il gentilizioetrusco Cutu è latinizzato in Cutius. Inuna delle urne è ricordata anche la tri-bù Tromentina alla quale furonoiscritti gli abitanti di Perugia.Nella tomba si può perciòcogliere ilpassaggio

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linguistico dall’etrusco al latino. Le più notevoli urne cinera-rie sono quelle deposte per prime, rivestite di stucco. Que-ste e in particolare quella con la raffigurazione del defuntosemigiacente sul coperchio, si riallacciano alla bottega cheha prodotto le urne della famiglia Velimna (in latino Vo-lumni) del noto ipogeo perugino.Le altre urne appartengono alla produzione ellenistica pe-rugina più corrente: esse presentano sulla fronte motivi de-corativi più o meno complessi: una scena di banchetto, sce-ne di combattimento, una centauromachia etc. Nella tom-ba era conservato anche un kottabos in bronzo e i resti diuna panoplia (cioè di una armatura completa) scoperti sulpavimento della camera di sinistra: uno scudo in bronzo, unsolo schiniere, uno spadone in ferro, due paragnatidi inbronzo di un elmo di cui manca il casco. Le pessime condi-zioni di conservazione della tomba, scavata nel terreno, nonhanno consentito l’allestimento del materiale nella tombastessa. Si è perciò deciso di esporre tutto il corredo nel Mu-seo Archeologico Nazionale di Perugia, riproducendo latomba e la sistemazione dei materiali all’interno; una sceltache consente al visitatore di cogliere immediatamente l’im-pianto della costruzione e la stratificazione delle deposizio-ni nel corso di circa due secoli.

Le urne etrusche (fine III - I sec. a.C.)Le urne etrusche del museo provengono da scavi effettuatinei pressi di Perugia a partire dal XVI sec. d.C. In origine con-tenevano le ceneri del defunto, ed erano deposte all’inter-no di tombe. L’urna del fondatore dellatomba occupava in genere il posto più ri-levante, nella cella principale dell’ipo-geo. Nel corso degli anni si aggiun-gevano le sepolture dei parenti edei discendenti, spesso secondouna disposizione gerarchica. La produzione delle urne rag-giunse un livello industriale neltardo ellenismo, quando la cir-colazione di modelli pittorici, sutavole o pergamene, di reperto-ri con i cicli completi della vicen-da, ricopiati più volte, portò gliEtruschi a una libertà e talvoltaincomprensione nei confrontidel modello. Artigiani greci at-traverso Roma erano emigrativerso l’Etruria settentrionale eavevano formato nel II sec.a.C. maestranze locali.

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Verso il 90 a.C., al momento della concessione della citta-dinanza romana agli alleati Etruschi, le scene si impoveriro-no, adattandosi all’arte plebea e subalterna dei municipiromani: con l’allineamento alla norma romana si esprimel’aspirazione alla piena cittadinanza.

I coperchiLe urne hanno in genere una cassa cubica e un coperchioche imita il tetto a due spioventi di una casa, o raffigura ildefunto in posizione semisdraiata, nell’atteggiamento di chipartecipa a un banchetto sul proprio letto.Nel III sec. a.C. l’affermazione sociale dell’individuo si mani-festa nella produzione di queste urne cinerarie dal coper-chio antropomorfo, introdotto a Perugia ed a Volterra sot-to l’influsso di Chiusi. Questi coperchi seguono dei modellisenza alcuna pretesa ritrattistica. I defunti sono raffiguratiin abbigliamento greco: l’uomo col mantello, a torace sco-perto, la donna in tunica e mantello. Dalla metà del II sec.a.C., l’uomo porta capelli corti e frangia, ghirlanda al colloo in mano, anello nella sinistra; la donna, capelli divisi e rac-colti sulla nuca, diadema, collana, bracciali, orecchini, anel-li. I personaggi hanno in mano oggetti ben definiti: l’uomola patera per le offerte agli dèi, o un vaso per bere, o una

ghirlanda; la donna un fiore o unventaglio.

Le scene figurateNei casi più importanti lafronte della cassa è scolpi-ta con scene mitologicheispirate a temi della cultu-ra greca di Età Ellenistica,per lo più episodi deipoemi omerici e delleopere dei grandi trage-diografi greci.

Nel II sec. a.C. le scene dicombattimento si rifanno ingenere alle galatomachìe,cioè ai combattimenti deiGreci dell’Asia Minore e de-gli Etruschi del nord, controi Celti. Gli elementi ellenisti-ci puramente decorativiconsistono in rosette, pan-tere, pelte, meduse, grifi eleoni, mostri che allontana-no cattive influenze e ma-locchio.

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Le epigrafiQuasi tutte le urne presentano iscrizioni con i nomi dei de-funti, incise o dipinte: esse evidenziano l’uso frequente delmatronimico (il nome della madre), accanto al patronimico(nome del padre), e le componenti multietniche (etrusche,italiche, greche, osche, umbre) della popolazione.La formula onomastica etrusca è costituita da tre elementi,nell’ordine: praenomen (nome personale, individuale); gen-tilizio (nome di famiglia); filiazione, indicata o dal patroni-mico e/o dal matronimico.

❑ Il cippo di Perugia

La scopertaIl cippo in travertino fu rinve-nuto nel 1822 sul colle di SanMarco, presso Perugia. La basedel cippo, più grossa e appenasbozzata, in origine doveva ri-manere interrata: solo la parterifinita e levigata sporgeva dalterreno, mostrando l’eccezio-nale iscrizione etrusca.

La redazione e la grafiaL’iscrizione etrusca, redattanell’alfabeto usato nell’Etruriasettentrionale interna e in par-ticolare a Perugia tra il III e il IIsec. a.C., si svolge da destraverso sinistra per 24 righe sul-la faccia principale, e prose-gue per altre 22 righe sul fian-co sinistro (secondo la stessalogica dell’andamento dellascrittura etrusca).

Il contenutoIl testo è la trascrizione diun documento di archivio:un atto giuridico tra le duefamiglie dei Velthina (giànoti a Perugia) e degli Afu-na (del territorio di Chiusi),riguardante la ripartizioneo l’uso di una proprietàsulla quale si troverebbeuna tomba gentilizia deiVelthina.

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2° GIORNO mattina

� TOMBA DEL FAGGETOLa cosiddetta “tomba del Faggeto” fu scoperta nel 1919-20 in modo casuale da un taglialegna in un bosco di faggi,da cui deriva il toponimo che ha dato il nome alla tomba.Ubicata alle pendici del monte Tezio, in località San Gio-vanni del Pantano, voc. Cresta della Fornace, nel comunedi Perugia, è scavata nel terreno naturale, costituito da ban-chi di arenaria, ed è preceduta da uno stretto corridoio diaccesso, ricavato nel pendio del colle.Una lunga passeggiata in un bosco di faggi ci conduce allacamera sepolcrale di forma rettangolare. La camera ha pic-cole dimensioni, ed è costruita con blocchi di arenaria dispo-sti su tre filari, sopra cui poggia la copertura a volta, costitui-ta da cinque nuclei monolitici. La banchina per la deposizio-ne, sul fondo, ingombra metà del pavimento. La fronte pre-senta un frontoncino triangolare, come coronamento ed il la-strone di chiusura, munito di sporgenze troncoconiche infunzione di cardini, che, infissi sulla soglia, consentono il mo-vimento di apertura. All’interno fu rinvenuta al momento del-la scoperta un’urna cineraria in travertino ed alcuni oggetti dicorredo. È databile alla seconda metà del II sec. a.C.

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� IPOGEO DI SAN MANNOVisita solo su prenotazionePoco distante dalla città, a cir-ca 3 Km dalla Stazione Fonti-vegge, in località Ferro di Ca-vallo, si trova all’interno dellacasa medievale dei Cavalieri diMalta, l’Ipogeo di San Man-no. Nei pressi è visibile untratto di strada romana e i re-sti di un dromos di una tom-ba.

L’Ipogeo è costituito da unambiente abbastanza grandea volta in blocchi di travertino,secondo uno stile architetto-nico che anticipa le struttureromane del II-I sec. a.C. Sullepareti vi è un’iscrizione su trelinee, in lingua etrusca, fra lepiù lunghe di quelle conosciu-te. Al di sopra dell’Ipogeo delIII sec. a.C., è la chiesa restau-rata nel XVI sec. d.C. Sui lati lunghi si aprono sim-metricamente due piccole ca-mere quadrate, anch’esse concopertura a volta. Sopra l’arcodi accesso della cella di sini-stra è incisa una lunga iscri-zione etrusca che corre su trerighe di diversa lunghezza. Iltesto menziona la tomba co-struita da Aule e Larth della famiglia Precu. Sono ricordati ilpadre Larth e la madre, della famiglia Cestna. L’ingresso ori-ginario era sul lato opposto dell’attuale scala di accesso.Non si hanno notizie, data l’antichità delle scoperta, né del-le deposizioni, né del corredo funerario.

� NECROPOLI DI MADONNA ALTAUn’altra area di necropoli è stata identificata in località Cen-tova di Madonna Alta, lungo l’asse viario antico per Chiu-si (il complesso è situato nei pressi dell’uscita della super-strada). È costituita da nove tombe a camera, tutte risalen-ti all’Età Ellenistica (III-II sec. a.C.). L’unica tomba rinvenutaintatta ha restituito sedici urne funerarie di membri della fa-miglia Alfa ed è databile al II sec. a.C.

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2° GIORNO mattino

� CORCIANOSituato nell’area nord-occidentale dell’Umbria, Corciano èun caratteristico borgo medievale che si erge su un colle adovest di Perugia, da cui dista solo 12 Km.

Nel VI sec. a.C. il territorio fu abitato dagli Etruschi e poi daiRomani. Nel 1136 il castrum di Corciano è citato fra i posse-dimenti che papa Innocenzo II conferma al vescovo di Perugia. Il rinvenimento più importante, avvenuto all’inizio dell’Otto-cento, è costituito da una tomba principesca il cui corredo,in gran parte disperso al momento della scoperta, era costi-

tuito da tre carri con rivestimento a lami-ne bronzee sbalzate: un calesse a dueruote (carpentum) e due bighe da

guerra (cursus), prodotte da offici-ne etrusche da localizzare ad Or-vieto o a Cerveteri. Il carpentum,destinato al trasporto della sposadurante il corteo nuziale, risaleagli anni centrali del VI sec a.C.:su un fianco sono raffiguratiepisodi del mito greco (caccia al

cinghiale centauro), sull’altro lot-te di animali; mentre sulla spondaposteriore, è la raffigurazione di

una gorgona (una specie di Medu-sa che la tradizione voleva a custodia degli inferi).Il corredo della tomba è disseminato tra i vari museieuropei (Berlino, Monaco di Baviera, Parigi, Londra eCopenaghen); nel Museo Archeologico di Perugia èesposta una ricostruzione al vero del carpentum.

Il nuovo Antiquarium di Corciano è stato realizzatocon lo scopo di mostrare sia ai turisti che alla popolazionelocale i reperti ritrovati nella zona.Sono allestite all’interno ricostruzioni sepolcrali, assemblatecon i corredi originali, delle tombe rinvenute a Strozzacappo-ni e a San Mariano. In particolare, si presuppone che que-st’ultima fosse appartenuta ad un membro nobile della so-cietà etrusca, probabilmente un principe, data la ricchezzadel corredo funebre.Di particolare bellezza è il Sarcofago delle Volpaie, straor-dinaria testimonianza di scultura e pittura del popolo etrusco.L’esposizione prosegue con una serie di reperti ritrovati neisantuari presenti sulle colline circostanti del lago Trasimenoe i resti di una villa romana rinvenuta sempre in territoriocorcianese.

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� LA NECROPOLI DI STROZZACAPPONILa necropoli etrusca testimonia la presenza di una comuni-tà di artigiani dediti alla lavorazione del travertino. Lungo la strada che da Perugia conduce verso il lago Trasi-meno sorgeva uno dei maggiori insediamenti di carattereproduttivo e artigianale che circondavano la città nel tardo el-lenismo. In antichità il territorio corcianese era posto entro ilimiti geografici dell’Etruria e si trovava alla confluenza di areeculturalmente e politicamente forti, come quelle dipendentida Clusium, Perusia, Cortona, attraversato da importanti viedi comunicazione. La zona, attualmente ai confini fra i co-muni di Perugia e di Corciano, era ed è tuttora ricca di giaci-menti di travertino, ampiamente coltivati fino da epoca anti-ca sia per l’edilizia che per la produzione artigianale; studi re-centi hanno appurato che la stessa cinta muraria di Perugia èstata costruita utilizzando materiale proveniente dalle cave diSanta Sabina. Fu così che attorno alla zona delle cave sorseun ampio agglomerato abitato dalle genti che qui svolgeva-no la propria attività lavorativa. Del nucleo urbano non resta-no tracce archeologiche, soprattutto per le caratteristichestesse delle abitazioni, che si presume fossero di livello mo-desto e costruite in materiali in gran parte deperibili. Resta invece un’ampia necropoli, utilizzata a partire dalla fi-ne del III sec. a.C. fino al I sec. a.C., nella quale erano de-posti i nuclei familiari di quegli operai ed artigiani: le tom-be, a camera, con dromos di accesso e scalinata, sono sta-te scavate nel banco di travertino, secondo un piano “ur-banistico” regolare, evidentemente preordinato: hanno ingenere le stesse dimensioni e caratteri costruttivi; all’inter-no vi sono banchine per la deposizione delle urne cinerariee dei corredi, in genere modesti. Le urne, di solito non de-corate, sono spesso personalizzate con il nome del defuntoscolpito o dipinto sul coperchio. Le singolari condizioni di vi-sita ne fanno un luogo particolarmente suggestivo.

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3° GIORNO mattina

� NECROPOLI DEL PALAZZONEIPOGEO DEI VOLUMNI

“Quando vennero tolte le pesanti urne di travertino, che non leappartenevano, la tomba riacquistò la primitiva severità. Scavatanel monte secondo l’usanza etrusca, è però sullo schema di unaricca casa romana: con Atrium, Tablinum e vari cubicola esibenti

soffitti adorni con figure gorgoniche, demoniache ed umane”

(E. Galli, Il Museo funerario del Palazzone e l’Ipogeo dei Volumni)

A circa 7 Km a sud-est di Perugia è localizzata l’importanteNecropoli del Palazzone, collegata ad un insediamento po-sto a controllo di uno dei guadi del Tevere. La necropoli è composta da circa 200 tombe a camera risa-lenti al periodo compreso tra il III e la metà del I sec. a.C.;solo 5 tombe risalgono ad età arcaica, ricche di materiali diimportazione dalla Grecia. Nel 1840, durante i lavori di costruzione della strada del Pa-lazzone furono rinvenute ben 38 tombe a camera apparte-nenti a famiglie etrusche tra le più illustri di Perugia (Cesia,Petria, Casinia, Cafazia, Ofelia, Apruscia, Setria, Velia, Vibia)e l’ipogeo della famiglia Volumnia, esempio fra i più gran-

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diosi di sepolcreto gentilizio. Le urne della necropoli, che sichiamò del Palazzone, vennerosuccessivamente raccolte nel-l’edificio costruito nei primi del‘900 sopra l’Ipogeo dei Volum-ni che, oltre a proteggere lostesso ipogeo, potè ospitare inun piccolo museo ivi costruitola suppellettile minuta raccoltanei dintorni. La necropoli appartiene adun’epoca più tarda della civiltàetrusca (III - II sec. a.C., ma pro-babilmente anche I sec. a.C.).La maggior parte delle urne,

dalle tracce che presentano, erano dipinte. Siamo di fronte

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ad una produzione importante per il suo carattere com-merciale ed organizzato, cioè a manufatti già preparati del-l’artigianato locale, indipendentemente dal verificarsi dieventi luttuosi, tenuti a disposizione dagli acquirenti nellebotteghe. Alcune urne portano scolpito il grifo, divenutopoi lo stemma di Perugia. Ci sono urne con i cicli Troiano eTebano, nonché rappresentazioni che mostrano un lato mi-sterioso e oscuro, come ad esempio la raffigurazione di Ca-ronte con in mano il rotolo del destino che reca l’annunciodella morte ad una giovane e ricca dama, che appare ab-battuta dalla ferale notizia.

❑ Il museoA destra del vestibolo è stato sistemato un piccolo mu-seo con il materiale più prezioso rinvenuto nell’Ipogeodei Volumni e nella Necropoli del Palazzone. Significativo,da vedere, per mole e sontuosità decorativa, è il kottabos dibronzo, alto 2 m, piantato su una base adorna di palmettee figure demoniache; ciascun busto è fiancheggiato da duesfingi. Dal centro del sostegno si eleva un’asta con tre di-schetti fiancheggiati da due figure carontiche un tempo ala-te. Un piatto era fisso a metà dell’asta. Lanciando del vinosu un dischetto mobile sovrastante se ne provocava la ca-duta, frenata da alcune borchie messe per produrre tintin-nii. Oggetto di origine greca, il kottabos, serviva come gio-co di abilità da cui si potevano trarre responsi di naturaamorosa.Corredano la raccolta: balsamari di vetro, orecchini, anelli,collane e frammenti di scudi e di monete romane di bronzodel periodo repubblicano fino alla metà del II sec. a.C.

� IPOGEO DEI VOLUMNI

“Abita in questo ipogeo, fra le oscure pareti, nelle sue cellevacue, presso le biancheggianti urne, un ansia di mistero…

invasioni, guerre, saccheggi, assedi, pestilenze, vi si susseguironotutte intorno…, ma le immagini scolpite sui sarcofagi che

custodivan le ceneri di alcuni, parevano esprimere e rivelare comela pace regnasse solo nell’oltretomba”

(O. Guerrieri, L’Ipogeo dei Volumni)

Al centro del padiglione vi è una scalinata ripida fradue pareti tagliate nel tufo, verso la porta dell’ipo-geo. Fu in questo varco che nel febbraio 1840 uncontadino vide sprofondare il carro con i buoi men-tre trasportava materiali di escavazione durante la-vori stradali.

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I Volumni avevano costruito il sepolcro con l’idea che po-tesse servire a molte generazioni; in realtà solo una ha po-tuto trovarvi riposo. Lungo le pareti laterali si aprono gli accessi alle celle, dipianta quadrata, con banche lungo i muri per sostenere leurne funerarie. Infisse sui muri diverse teste di serpenti: ilrettile abitatore dell’Ade.Il tablinum è la più grande delle celle: da quando l’ipogeovenne scoperto le sei urne cinerarie si trovano ancora nelmedesimo posto. Al centro sta l’urna del capostipite, Arun-te Volumnio figlio di Aulo, capo della famiglia e fondatoredell’ipogeo. Su un triclinio drappeggiato sta il defunto, in meditazione.A destra troviamo l’urna del figlio Aulo Volumnio e di duealtri parenti. A sinistra l’urna della figlia Velia Volumnia, se-duta in posa matronale col volto eretto, lo sguardo ispirato

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� CIVITELLA D’ARNALa città di Civitella d’Arna, un tempo assai im-portante, vanta origine umbre anche se gli Etru-schi furono i principali artefici del suo sviluppo,nel IV sec. a.C. Il nome originale Arna, in etru-sco, significa “corrente del fiume”, dovuto pro-babilmente al fatto che la città sorgeva tra duegrandi corsi d’acqua, il Tevere ed il Chiascio (unpiccolo torrente presente a tutt’oggi chiamatoRio d’Arno). Un gran numero di reperti e vesti-gia delle epoche passate, rinvenute in loco, so-no custoditi tuttora presso il Museo Archeologi-co di Perugia.Gli Etruschi di Perugia costruirono di là dalTevere due città fortezze, Vettona (l’odiernaBettona) e Arna, nel territorio degli Umbri, chesi estendeva appunto dal Tevere agli Appennini. Gli Etruschi seppero individuare, per le lorocittà, luoghi perfettamente dominanti, anche digrande rilievo strategico. Il centro di Arna è ricordato per la prima voltanelle fonti letterarie in occasione degli eventiche precedono la battaglia di Sentino: nei pres-si della città si accampavano nel 296 a.C. letruppe romane in attesa di valicare gliAppennini. Livio colloca Arna in Etruria: l’etru-schizzazione del centro dovette avvenire giàdalla fine del VI sec. a.C., quando l’oppidumdivenne un avamposto i Perugia a controllodella riva sinistra del fiume e dell’importanteasse di comunicazione rappresentato dalla valledel Chiascio. Si fanno più consistenti le attesta-zioni relative a necropoli, che dal III sec. a.C.appaiono caratterizzate da deposizioni entrourne cinerarie di tipo perugino. Alla metà del IIsec. a.C. risalgono almeno tre tombe con lettifunebri decorati in bronzo (Museo NazionaleArcheologico dell’Umbria). Arna divenne muni-cipio dopo la guerra sociale (91-88 a.C.) e i suoiabitanti vennero iscritti nella tribù Clustumnia;come magistrati supremi sono attestati duumvi-ri, indice di una probabile organizzazioneamministrativa del centro all’indomani dellaguerra di Perugia (41-40 a.C.). Al momentodella strutturazione regionale augustea, il muni-cipio, come vuole Plinio il Vecchio (NaturalisHistoria, III, 113), insieme agli altri centri collo-cati a sinistra del Tevere. Eredità dello statusmunicipale va considerata la diocesi di Arna,attestata a partire dalla fine del V sec. d.C. maben presto assorbita dalla diocesi di Perugia.

e rivolto lontano. Accantoa questa, l’urna di PublioVolumnio, figlio di Aulo,di tipo già romano d’epo-ca imperiale. L’urna racchiude le ceneridi colui che fu l’ultimodella stirpe, vissuto a Pe-rugia nel I sec. d.C.

La necropoli, inserita nelparco archeologico, è aper-ta al pubblico e visitabileseguendo percorsi accom-pagnati da pannelli didat-tici.

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� BETTONA-VETTONAIl viaggio prosegue alla volta di Bettona.

Incerto è l’etimo del nome: c’è chi dice Beth-ona che in fe-nicio significa “casa maritale”; altri dicono Vetus estenden-do il termine anche al linguaggio etrusco, donde Vetumnaavrà voluto significare “paese degli antichi”, cioè di popolipreesistenti alla venuta degli Etruschi.Quando l’Umbria passò sotto il dominio romano, Bettonafu ascritta alle colonie Clusturmina e Lemonia e fu munici-pio. Nella guerra civile fra Augusto e Marcantonio parteg-giò per quest’ultimo, subendo gravi danni dal vincitore, an-che perché aveva concesso rifugio a molti profughi perugi-ni. A Bettona passava l’importante via Amerina, una dellepiù frequentate strade per il nord.

Al di fuori di alcuni tratti della cinta muraria antica, il cen-tro urbano ha restituito scarse evidenze archeologiche, chenon permettono la ricostruzione dell’impianto urbanisticooriginario. Delle mura antiche si conservano vari tratti, qua-si tutti inglobati nella cinta di epoca medievale. Il percorsooriginario era lungo circa un chilometro e racchiudeva unavasta area databile intorno alla seconda metà del IV sec.a.C. Nel settore meridionale della città, lungo via del Pericolo, èvisibile un tratto di mura della lunghezza di oltre 10 m. Lastruttura, identica per tecnica e cronologia alla cinta mura-ria, è interpretabile come un muro di sostruzione delle pen-dici meridionali del colle, se non come una platea di un edi-ficio templare.

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La necropoli etrusca di Bettona è stata studiata alla finedell’800 in un’area a nord del centro urbano, lungo l’attua-le strada provinciale Colle-Passaggio. Le tombe sono data-bili in un arco cronologico compreso tra il III e il II sec. a.C.L’uso dell’incinerazione e il rinvenimento di cippi funerari apigna con iscrizioni etrusche confermano l’appartenenzadel centro all’area di influenza perugina.

La Tomba a camera (IV sec. a.C.)Lungo la via Etrusca, strada che collega Torgiano a Betto-na, è visibile ed indicata una tomba a camera con copertu-ra a volta, realizzata in opera quadrata di arenaria. Del rive-stimento originario esterno si conservano cinque filari. Siaccede alla tomba attraverso un corto dromos che conducealla porta in origine costituita da due lastroni di travertinomuniti di cardini di bronzo regolari corrispondenti aiblocchi del rivestimento interno e due gradini, ingran parte originari. Immediatamente prima della so-glia di ingresso è visibile un foro per il deflusso delleacque, un altro, corrispondente, è nel primo lastronedel piano pavimentale. Entrambi servivano per convogliare le acque in unvano di raccolta sotterraneo, in corrispondenza del-l’ingresso. L’accesso è a tutto sesto con un alto architrave ar-cuato e dal profilo irregolare. La tomba si presentava, al momento del rinvenimento, giàdepredata e con i materiali in posizione sconvolta; tuttaviagrazie al corredo superstite, costituito da urnette, oreficerie,bronzi, vetri, a volte in precario stato di conservazione, è sta-

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ta possibile ipotizzare una continuità d’uso dalla metà del IIIfino al I sec. d.C. Nell’area compresa tra l’attuale strada pro-vinciale Colle-Passaggio e l’ansa del Chiascio era ubicata lanecropoli di Bettona, di cui si ha notizia dalle fonti antiche. All’interno la camera quadrangolare presenta su ciascuno deilati quattro banchine disposte a scala, su cui trovavano postole disposizioni di urne in travertino. Tra gli oggetti di corredorecuperati si segnalano monili in oro e monete databili tra lafine del III e gli inizi del II sec a.C. L’ultima deposizione, avve-nuta forse in epoca successiva all’abbandono della tomba, ri-sale all’inizio del I sec. d.C. ed è documentata da un’epigra-fe latina menzionante un magistrato municipale vettoneseche rivestì in vita l’importante carica di praetor Etruriae, sa-cerdozio della ricostituita lega delle città etrusche.

Mura etruscheDovevano svolgersi per circa 1 Km con un tracciato che rac-chiudeva il centro urbano; tale tracciato, che rivela necessi-tà difensive, si trova attestato in Umbria anche nelle città diSpello ed Assisi. Il tratto lungo la strada poggia direttamen-te su di un banco di arenaria. Forma un angolo retto conun’altra parte di muro i cui filari inferiori sono parzialmentecoperti dalla piazzetta antistante l’ingresso al centro abita-to. Un ulteriore tratto, anche se rimaneggiato da recentimanomissioni, è leggibile in corrispondenza di Porta Roma-na. Si tratta di tre filari che si inseriscono negli avancorpi la-terali della porta. Il tratto, dopo una breve interruzione, pro-segue con altri tre filari orizzontali di blocchi ben conserva-ti con i profili dei giunti combacianti, nonostante le eviden-ti stuccature moderne. Non esistono allo stato attuale ele-menti che permettano di datare con esattezza la cinta mu-raria. Il raffronto però con le mura di Todi, Assisi ed in par-ticolare Perugia fa propendere per una cronologia che nonscenda oltre il III sec. a.C.

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3° GIORNO pomeriggio

� TORGIANO: MUSEO DEL VINOVoluto e realizzato da Giorgio Lungarotti con la moglie Ma-ria Grazia, il Museo del Vino è stato aperto al pubblico nel1974 ed è oggi gestito dalla Fondazione Lungarotti. Ha sedea Torgiano, nella pars agricola del monumentale palazzoGraziani-Baglioni, dimora estiva gentilizia del XVII sec. d.C.Il percorso museale, sviluppato lungo venti sale, propone ol-tre 2800 manufatti, tra cui urne etrusche con scene figurati-ve sulla raccolta e la lavorazione del vino che documentanol’importanza di questa bevanda nell’immaginario collettivodei popoli che hanno abitato nel corso dei millenni il bacinodel Mediterraneo e l’Europa continentale. Le singole raccoltepresenti al museo propongono il tema viti-vinicolo e bacchi-co come filo conduttore per la lettura delle vicende storiche,delle quali i singoli oggetti divengono espressione. Documenta le tecniche di vinificazione l’imponente torchioeugubino a trave, della tipologia detta “di Catone”, per la de-scrizione fattane dall’agronomo romano tra il II e il I sec. a.C.

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� DERUTA: MUSEOREGIONALE DELLACERAMICAÈ incerta l’origine etimologicadel nome Deruta, ma l’ipotesipiù accreditata è che derivi da“Diruta”, cioè “rovinata”.

Il Museo Regionale della Cera-mica ha origine nel 1898. L’i-deatore Francesco Brigantivolle espliciti scopi didattici edi ricerca sia storica che divul-gativa e promozionale in rap-porto alla locale produzioneindustriale.

Il Museo si trova all’interno dell’ex convento di San France-sco e vi sono conservate oltre 6000 opere tra cui anfore eframmenti di vasellame etrusco a figure nere e rosse. Ai pia-ni superiori sono esposte, ordinate per periodi, le produzio-ni ceramiche derutesi dal periodo “arcaico” ai primi annidel 1900. Numerosi inserti tematici esaltano la tecnica e/ola funzione d’uso cui gli oggetti erano destinati.

� MARSCIANO: MUSEO DINAMICO DEL LATERIZIO

La vicinanza al fiume Tevere ha contribuito a sviluppare inquesto territorio la lavorazione della terracotta.Non si hanno notizie di ritrovamenti ufficiali nella zona, maè certo che gli Etruschi conoscevano benissimo la tecnicadella lavorazione della terracotta che utilizzavano per lacreazione di oggetti di vita quotidiana come lampade adolio e vasellame, ma anche di tegole per i tetti delle abita-zioni, statue delle divinità, decorazioni per i templi e manu-fatti funerari.Insieme al legno la terracotta era una materia indispensabi-le per la civiltà etrusca.Nella città di Marsciano la storia della lavorazione della ter-racotta si perde nei secoli, non sappiamo se in quest’area cifosse un insediamento etrusco ma è assai probabile che intutta la valle del Tevere abitassero piccole comunità deditealla realizzazione di manufatti in terracotta. Nell’antico palazzo Pietromarchi, situato nel cuore della cit-tà di Marsciano, ha sede il Museo Dinamico del Laterizioche, oltre a reperti inerenti alla lavorazione storica ed arti-stica della terracotta, viene custodito anche un corredo fu-nebre etrusco appartente ad una tomba ritrovata nelle ter-ritorio circostante.

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Gli Etruschi nell’orvietano

1° GIORNO

Mattina: Todi (Museo Civico);Montecchio - Baschi,Necropoli del Vallone - Fossodi San Lorenzo (Antiquariumdi Tenaglie)

Pomeriggio: Porano,Necropoli Hescana; CastelViscardo, Necropoli leCaldane

2° GIORNO

Mattina: Orvieto, TempioBelvedere, MuseoArcheologico

Pomeriggio: Pozzo dellaCava, Muro Etrusco, Necropolidel Crocifisso

3° GIORNO

Mattina: Orvieto, Necropoli e Santuario della Cannicella,Fanum Voltumae (da prenotare)

Pomeriggio: Museo Faina,Orvieto Underground (da prenotare)

La visita ai siti Etruschi più significativi

di Orvieto e territoriosi articola in tre giorni

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1° GIORNO mattino

� TODINumerose sono le ipotesi circa l’origine della città. Una leg-genda narra che Todi sia sorta per volere dei Veii Umbri, unapopolazione che viveva nella Valle del fiume Tevere.

Leggenda e verità Un’antica leggenda narra che la città che oggi si chiama To-di fu fondata in un tempo lontanissimo, forse nel 2707 a.C.dai Veii Umbri, i quali sotto la guida di Tudero avevano dap-prima deciso di stabilirsi lunga la riva del fiume Tevere, sulpiano che divideva i colli soprastanti dalle acque fangosedel fiume. Mentre erano già stati depositati dei grossi ma-cigni per la costruzione delle mura di cinta, ecco verificarsiun imprevisto che determinò poi l’ubicazione della futuracittà: gli uomini si apprestavano a mangiare le carni appe-na arrostite, deposte sopra un rozzo drappo, quando al-l’improvviso scese un’aquila e ghermì con gli artigli il drap-po per poi risalire in alto e posarsi proprio sulla cima del col-le. Tale gesto fu interpretato dagli uomini come un segnodegli dèi: in breve tempo fu innalzato un anello di altissimemura sulla cima più elevata della collina che fu chiamata Ni-dole, poiché qui l’aquila aveva il suo covo; la rocca inveceprese il nome da Tudero, colui che aveva guidato questa an-tichissima tribù degli Umbri.Il simbolo di Todi è ancora oggi un’aquila ad ali spiegatecon gli artigli che sorreggono un drappo. In realtà, la leggenda delle origini di Todi è inverosimile: pro-babilmente, quando fu fondata non aveva mura, dal mo-mento che il luogo alto e scosceso era protetto natural-mente dalle minacce esterne.

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La storia vuole che Todi sia stata costruita dagli Etruschi trail III e il I sec. a.C. con la costruzione di una grande cerchiadi mura per racchiudere la città. In seguito all’assorbimento della città nel territorio etrusco,fu chiamata Tutere, il cui significato è “confine” e indica lasua funzione di estremo limite del dominio etrusco alla sini-stra del Tevere. A questo punto Tutere non era più isolata:nuovi commerci e comunicazioni si svilupparono grazie auna strada che si apriva e arrivava a saliscendi fino ai mon-ti, congiungendosi con Orvieto e in seguito anche conChiusi.

Etruschi e RomaniAgli inizi del III sec. a.C. si costituì un’alleanza tra Tutere eRoma, legame consolidato soprattutto dalla via Flaminia: lastrada che partiva dal cuore dell’Urbe e, attraversando leterre dei popoli sottomessi, arrivava fino al mare di Rimini.Durante la Seconda Guerra Punica (218 - 202 a.C.) condot-ta da Roma contro Cartagine, l’invasore Annibale, giuntonell’Italia centrale, decise di non scalare il colle scosceso diTutere. Dopo molti decenni e varie vicissitudini, l’imperatore Otta-viano Augusto cedette Tutere ai suoi veterani, un’intera le-gione di soldati che fece lentamente scomparire gli Etruschie impose i costumi tipici di Roma. Così, i Romani innanzi-

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tutto ampliarono la cinta muraria con le porte “Libera”,“Catena”, ed “Aurea”, ed inoltre realizzarono il Teatro,l’Anfiteatro, i templi di Giove, Marte e Minerva, la piazzadel Mercato e il Foro con delle imponenti cisterne d’acquasotto di esso.

Il centro antico occupa la sommità di un colle alla sinistradel Tevere, con le due cime del Colle Apentino, occupatodalla rocca, e del Colle Nidoli, su cui sorge il duomo. Le prime testimonianze di edifici nell’area della città sonocostituite dagli scavi di terrecotte architettoniche rinvenuteai piedi della Rocca, presso Porta Catena. I frammenti rela-tivi alla decorazione di edifici templari, si datano entro unarco cronologico compreso tra la fine del IV e l’inizio del IIsec. a.C. L’impianto urbano era organizzato sul percorsodella via Amerina.Della cinta muraria antica, ricordata da Strabone (V, 2,10),sopravvivono solo alcuni tratti visibili all’interno del tessutourbanistico medievale. Le mura sono realizzate in operaquadrata irregolare a grossi blocchi di travertino; la loro rea-lizzazione, coeva agli interventi di monumentalizzazionedell’area urbana, è databile nei decenni iniziali del II sec.a.C. Tratti di mura possenti e ben conservate testimonianola presenza del popolo etrusco che da questo colle ha do-minato un lungo tratto del confine tra l’Etruria e l’Umbria.

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L’area forense, coincidente con l’attuale piazza del Popolo,occupa la sella tra le due cime del colle. In questo settoresono stati a più riprese identificati tratto dell’originario la-stricato in travertino che consentono di ricostruire i limitidella piazza antica, più estesa dell’attuale: il foro compren-deva a nord l’area occupata dal duomo, a sud l’isolato com-preso tra la piazza e via Cocchi, ad ovest l’area occupatadai palazzi comunali. Nel settore nord-occidentale dellapiazza, ai piedi della scalinata del duomo, sono stati recen-temente identificati undici pozzetti rivestiti a blocchetti ditravertino pertinenti ai septa, il sistema di chiusura tramitefuni dell’area forense funzionale allo svolgimen-to delle votazioni. Ai piedi del lato orientale del foro, l’area com-presa tra la soprastante terrazza e le mura ur-biche era occupata dalla mole del teatro.

❏ Marte di TodiTestimonianza del gra-do di sviluppo e pro-sperità della civiltàetrusca a Todi, è il “Mar-te di Todi”, rinvenuto nel1835 presso le mura del Con-vento di Montesanto e conservato at-tualmente nei Musei Vaticani. Conside-rato un capolavoro della statuariaetrusca, risale ai primi decenni del IVsec. a.C.: la figura è alta 1,42 m, siappoggia sul lato destro, e nella ma-no sinistra presentava una lancia diferro, che si è spezzata in tre fram-menti a causa della forte ossidazione;sono assenti i bulbi degli occhi che ven-nero rubati essendo costituiti d’argento,mentre i piedi presentano ancora, sotto lepiante, il piombo che li assicurava al piedi-stallo. Pendente e nitida sotto la corazza, èl’iscrizione votiva “Ahal Trutitis Dunum De-de”: Ahal Trutitis, il donatore di Marte, fuprobabilmente oriundo celta etruschizzato,dal momento che il santuario di Montesantoproponeva valori ideali che si conciliavano conl’espansione economica e, oltre a raffor-zare gli scambi con il Mezzogiorno,rendeva Todi uno dei maggiori ap-prodi dell’emigrazione celtica, datempo gravitante sulla media valledel Tevere.

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� MONTECCHIO - BASCHI

❑ Necropoli del Vallone - San Lorenzo(Antiquarium di Tenaglie)

Ci troviamo nel territorio dei comuni di Montecchio e di Ba-schi.

Montecchio, borgo di impianto medievale sulle pendici delmonte Croce di Serra, è situato nella valle del Tevere nonlontano da Baschi e a 15 Km da Orvieto. Il suo nome de-riva da Mons Erculis, Monte di Ercole.

Baschi, di probabile origine etrusca, in epoca romana eradensamente popolata e numerosi sono i reperti ritrovati.

In queste zone il Tevere formava la linea di confine tra il ter-ritorio etrusco e quello umbro-italico, e a sinistra del fiumesorsero alcuni importanti insediamenti la cui vita economi-ca fu fortemente influenzata dalla città di Orvieto.Lungo il Fosso San Lorenzo, tributario del Tevere, negli at-tuali comuni di Baschi e Montecchio sorgeva una ricca e ar-ticolata serie di tombe a camera precedute da un breve dro-mos (VII-VI sec. a.C.)La necropoli non sembra essere stata più utilizzata dopo il IV

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sec. a.C. e pare decadere con l’incremento della prosperitàdel centro di Todi che svolse la stessa funzione di diffusionedei commerci orvietani verso il mondo italico, e da qui, ver-so l’Etruria.

Si tratta di un vasto sito archeologico a cielo aperto di no-tevole interesse: la necropoli di oltre 2000 tombe della civil-tà umbro-etrusca, risale al VI-IV sec. a.C. Si suppone la pre-

senza di un antico insediamento (forse Co-pio) sulle rive del Tevere, zona di intensiscambi commerciali tra Umbri ed Etruschi.Tali reperti sono esposti nell’Antiquarium diTenaglie.

Gli scavi, condotti dall’orvietano DomenicoGolini, permisero di individuare diverse se-polture a camera poste per una vasta esten-sione lungo poggi e fossati a breve distanzada Montecchio e Baschi. Il centro a cui ap-parteneva la necropoli, probabilmente si av-viò a decadenza nel IV sec. a.C. Nonostantefosse in territorio umbro, aveva acquisito ca-ratteri tipicamente etruschi data la sua vici-nanza ad Orvieto.

Leggende e Personaggi. Una leggendanarra che nell’area della necropoli si trovas-se un grande tesoro: la gallina dalle uovad’oro. Probabilmente la credenza, abba-stanza comune nell’area, è da collegare al-la ricchezza di monili e vasellame ritrovatinella necropoli.

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1° GIORNO pomeriggio

� LE TOMBE DI PORANOIl ritrovamento ottocentesco delle Tombe di Porano, risa-lenti agli inizi del IV sec. a.C., e l’immediata dissociazionedei corredi smembrati fra i vari musei e privi di dati obiet-tivi di appartenenza, ha provocato una carenza nella cono-scenza delle originarie associazioni. I resti delle pitture del-le tombe scoperte da Domenico Golini, come già accenna-to, sono conservate al Museo Archeologico Nazionale diOrvieto.

❑ Pitture Tomba Golini IDetta “Dei Velii” le pitture della Tomba Golini I, rappre-sentano il banchetto funebre che si svolge nell’oltretomba,alla presenza degli dei dell’Averno con i servi che si affac-cendano nella preparazione dei cibi. Al convito partecipano

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i membri della famiglia che accolgono un loro discendenteche giunge nell’Ade su una biga.

❑ Pitture Tomba Golini IIDetta “Delle due bighe”, le pitture della Tomba Golini II,rappresentano il convito funebre in onore dei defunti chegiungono dall’oltretomba: a sinistra, dopo un uomo su unabiga trainata da due cavalli, è un corteo di sei personaggiche si voltano verso due klinai su cui sono sdraiate due cop-pie di banchettanti. Una seconda biga, condotta da un au-rìga, è sulla parte destra dell’ingresso.

� HESCANANel territorio di Porano si trova una terza tomba dipinta i cuiaffreschi sono tutt’ora conservati in loco: le condizioni diconservazione sono precarie e consentono un’identificazio-ne solo parziale delle scene raffigurate. Si tatta di alcunimomenti del viaggio del defunto, identificato da un’iscri-zione con laris Hescanas, verso l’aldilà, con il distacco dallavita terrena. La tomba, risalente alla fine IV sec. a.C., ha lacaratteristica di essere l’unica dipinta con gli affreschi anco-ra in loco nel territorio dell’antica Volsinii.Le tre tombe, oltre al notevole interesse storico e artistico,sono un ottimo esempio delle usanze del popolo etrusco, inparticolare delle classi più elevate, viste negli aspetti della vi-ta quotidiana e delle credenze religiose.

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I temi trattati sono una delle testimonianze della nuovaideologia della decorazione funeraria etrusca in cui alle sce-ne di vita quotidiana vengono preferite raffigurazioni lega-te alla morte, come il commiato o il viaggio verso gli inferio la stessa vita nell’oltretomba.

Pur essendo diverse per cronologia e stile, le pitture delle tretombe appartengono ad una stessa concezione generaledella decorazione parietale, frutto del lavoro di una “scuo-la” pittorica locale che non poté proseguire nella sua attivi-tà a causa delle insurrezioni sociali arrivate al loro apice conl’intervento romano e la stessa distruzione della città nel264 a.C.

� CASTEL VISCARDOReperti di interesse storico ed artisticoSiamo nel territorio della provincia di Terni nei pressi di Or-vieto la cui importante risorsa al tempo degli Etruschi, eracostituita dal fiume Paglia, naturale via di transito e com-mercio, navigabile per un buon tratto (ci sono buone ragio-ni per credere che a Pagliano sul Tevere, all’incrocio con ilPaglia ci fosse stato un notevole porto fluviale). La posizio-ne strategica del territorio di Castel Viscardo, che dominatutta la valle del fiume, ha fatto sì che fin dai tempi più re-moti vi fossero insediamenti urbani. Sono visibili i resti della via Traiana Nova, antica strada ro-mana che, alternativa alla Cassia, univa Bolsena a Chiusi.Sono visibili ancora oggi i tratti del fondo in pietra e i solchilasciati dalle ruote dei carri. In località Caldane si possono ammirare i resti di una va-sta necropoli etrusca risalente al VI sec. a.C.

❑ Necropoli delle CaldaneLa necropoli delle Caldane è situata nella località omonima,in un’area boscata del versante che guarda l’alveo del fiu-me Paglia tra Acquapendente e Allerona Scalo. La necropo-li può contare circa 40 tombe risalenti al VI sec. a.C. (etàetrusca arcaica), mentre l’area sepolcrale si sviluppa in vici-nanza di arterie stradali molto importanti come la via Cas-sia e la via Traiana Nova, che si sono sviluppate però solo inepoca romana.Le tombe a camera scavate nel terreno sono costituite dauna “camera”, appunto, di forma quadrata con banchinelungo i lati e fossetta centrale, alla quale si accede da uncorridoio esterno. Notevole il corredo funerario ivi recupe-rato, tra cui un prezioso specchio. Alcuni di questi repertisono visibili presso il Museo Archeologico Nazionale di Or-vieto.

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Parcheggio

Funicolare

Informazioni

Musei

Necropoli

Sito archeologico

Itinerario

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Prima di metterci in cammino per scoprire i segni la-sciati da questo antico popolo sono opportuni alcunicenni sulla storia di Orvieto, dalle origini all’Età Impe-riale.

Terminato il lungo dibattito sull’identificazione della città diOrvieto con l’etrusca Velzna, le più recenti ricerche archeo-logiche hanno permesso di precisare in modo più correttole forme di occupazione della rupe tufacea e del territoriocircostante nonché di conoscere l’evoluzione della civiltàetrusca che l’ha abitata.Costruita alla sommità di una rupe tufacea, l’odierna Orvie-to, a partire dal VI sec. a.C., vide una significativa fiorituraassociata ad una forte urbanizzazione grazie al vincolo conClusinum (Chiusi) e a situazioni politiche favorevoli, resepossibili dal predominio di Porsenna che permise l’organiz-zazione dello stato-sovrano cittadino.Contemporaneamente, la presenza a ridosso della rupe delFanum Voltumnae, santuario federale panetrusco, fece diOrvieto un prestigioso centro religioso ma anche politico edeconomico. Le consistenti scoperte effettuate nell’Ottocento relative al-le necropoli, con particolare riferimento al Crocefisso delTufo, e ai sacri edifici urbici (Tempio del Belvedere), se daun lato immediatamente offrirono la misura dell’importan-za rivestita dall’antica città, dall’altro sollecitarono una riso-luzione alla questione della sua ubicazione. Nel 1828 fu avanzata l’ipotesi secondo la quale la città mo-derna fosse da identificarsi con la Volsinii distrutta nel 264a.C. dai Romani e successivamente altrove rifondata. Depo-neva a favore anche il conforto offerto dal nome stesso diOrvieto, forse derivato dal latino Urbs Vetus, ossia ‘città vec-chia’, riaffiorato in epoca medioevale. Attualmente gli stu-diosi ritengono, con argomenti convincenti, che la tradizio-ne conservata nelle parole di Zonara trovi riscontro nei rin-venimenti archeologici; così, distrutta la Volsinii etrusca (Ve-teres) nel 264 a.C., i suoi abitanti furono effettivamente tra-sferiti in riva al lago di Bolsena, in un sito già precedente-mente occupato.Intorno alla metà del IV sec. a.C. si registrò la decadenza del-la classe dirigente e lo sviluppo di una nuova aristocrazia de-tentrice del potere economico-politico e di terreni sfruttatiche rivitalizzarono il commercio con le popolazioni italiche.Gli esponenti della nuova classe non vollero stare nelle lorocittà e costruirono le loro sedi nelle immediate adiacenze. La vita nella città sembra interrompersi nella metà del III sec.a.C., in concomitanza con le notizie della distruzione di Vol-sinii da parte dei Romani, che deportarono parte della po-polazione nei pressi del lago di Bolsena, dove nacque la

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nuova Volsinii romana. Altri abitanti della Volsinii etrusca sidispersero probabilmente nei territori circostanti, in partico-lare verso Perugia e la valle umbra. Le tracce più consisten-ti dell’abitato etrusco sono rappresentate dalla fitta rete dipozzi e cunicoli scavati all’interno della rupe, relativi all’arti-colato sistema di infrastrutture idriche della città.Le attuali ricerche mostrano che in epoca repubblicana edimperiale vi era, nell’odierna Orvieto, una discreta vitalitàeconomica e sociale confermata anche dalla vivacità delleproduzioni artigianali, sia nella ceramica che nella bronzisti-ca, nonché dal numero di importazioni evidentemente ri-chieste dal mercato locale. La città ebbe rapporti anche conle città dell’Etruria meridionale. Per quanti anni sia stato deserto il masso orvietano dopo ladistruzione non è certo, ma sicuramente i Romani sentiva-no il bisogno d’impedire che nessun vestigio rimanesse del-l’antico cuore d’Etruria.

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2° GIORNO mattina

� TEMPIO DI BELVEDERE La visita turistica di Orvieto inizia prima di arrivare: la città sicomincia a gustare da lontano, quando appare alta sullasua rupe tufacea.La città antica doveva essere circondata e protetta da un so-lido anello di mura databili al IV sec. a.C., mura che furonoscoperte durante gli scavi negli anni Sessanta, riferibili, perla loro cronologia, al periodo dell’incombente minaccia ro-mana. È molto probabile che il circuito muraneo in operaquadrata fosse stato eretto laddove si avvertì una maggio-re accessibilità della rupe. Almeno un ingresso doveva esistere in corrispondenza del-la medievale porta Maggiore, collegato al principale asseviario che solcava la rupe in direzione est-ovest, mentreaperture potevano esservi state praticate sui versanti set-tentrionale e meridionale, per consentire la discesa alle dueprincipali necropoli, quella del Crocefisso del Tufo e quelladella Cannicella. All’interno del perimetro fortificato l’abita-to è stato solo parzialmente intercettato, dal momento chel’insediamento medioevale vi si è sovrapposto.

A prima vista inaccessibile, la città dispone di numerosi var-chi d’ingresso. Tuttavia, data la particolare conformazionedella città stessa, si consiglia di prendere la funicolare pernon avere problemi di parcheggio.

Appena arrivati in città si noterà un ampio balcone panora-mico che si affaccia verso la vallata; qui si potranno visitarei resti del Tempio Belvedere riportato alla luce all’inizio delNovecento. In quest’area venne recuperato un cospicuo gruppo di ter-recotte architettoniche (in parte esposte al Museo Civico)pertinenti ad un edificio templare, forse dedicato a Miner-va, con fasi edilizie successive comprese tra il VI e la fine delV sec. a.C. È ubicato sull’estrema propaggine orientale della città. Nel-la parte posteriore dell’edificio si aprivano tre celle di pariprofondità, delle quali la centrale era la maggiore in am-

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piezza. La fronte anteriore era alleggerita dalla presenza diquattro colonne poste su doppia fila. Di questo tempio, come di tutti gli altri edifici Etruschi ri-mangono solo le decorazioni e il basamento, questo perchéa differenza dei greci i materiali di costruzione utilizzati era-no altamente deperibili.Le tracce ritrovate nel sito archeologico fanno supporre chel’intera struttura fosse di legno, il tetto e le decorazioni interracotta dipinta.Sono state ritrovate nell’area anche testimonianze di nu-merosi incendi che distrussero il tempio nell’antichità, pro-babilmente durante gli assedi o semplicemente a causa dieventi accidentali.Riguardo al tema rappresentato nelle placche del Tempiodel Belvedere è stata anche avanzata l’ipotesi che potesseesservi immortalato un episodio del ciclo epico troiano (ilraduno degli eroi omerici a Sparta per chiedere la mano diElena). Le figure quasi a tutto tondo, originariamente riuni-te a gruppi, sono in massima parte costituite da personag-gi maschili ciascuna con diverso abbigliamento e da divini-tà, collocati sullo sfondo di un ambiente roccioso e colti instato di contemplazione e attesa. Figure virili e divinità or-navano anche lo spazio frontonale del tempio urbano di viaSan Leonardo; oggi ne rimane solo il basamento, la scali-nata d’ingresso, le basi di quattro colonne ed alcuni blocchiperimetrali. Non conosciamo il nome della divinità veneratanel tempio anche se possiamo attingere qualche informa-zione da una epigrafe dipinta su una coppa, dove si rico-nosce il nome di Tinia, probabilmente Zeus degli Etruschi. Molti frammenti di terrecotte ornamentali che lo avevanorivestito sono oggi conservate nel Museo Faina.

Arrivati in piazza del Duomo è possibile visitare il MuseoArcheologico Nazionale di Orvieto che ospita un’ampiaraccolta di reperti ritrovati in tutto il territorio orvietano.

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� MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI ORVIETOSituato nel medievale palazzo Papale, il Museo custodiscereperti provenienti dalle necropoli circostanti il centro abita-to (Crocifisso del Tufo, Cannicella, Fontana del Leone, Set-tecamini), che hanno restituito materiali pregevoli. In parti-colare, si distinguono le notevoli ceramiche etrusche a figu-re rosse e i bronzi pertinenti ad un’armatura completa,composta di elmo, corazza, schinieri e scudo. In particolareè stato allestito uno spazio che ospita le due famose tombea camera dipinte, scoperte nel 1863 da Domenico Golini esuccessivamente, per preservare la loro conservazione, sonostate ricomposte nel museo. Le pitture, sono una preziosatestimonianza del rito funebre degli Etruschi che credevanoa una vita dopo la morte. La tomba Golini I apparteneva al-la famiglia Leinies e la tomba Golini II, detta anche “Tombadelle Due Bighe” a quella dei Vercnas.

Le pitture della Golini I sono così distinte: sulla parete sini-stra della camera si osserva una rappresentazione di ban-chetto nella quale si ritrovano figure di servi che depongo-no offerte su un tavolo; sulla parete di destra ritroviamo ledivinità dell’oltretomba Hades e consorte Persefone su tro-no, l’immagine di un banchetto con convitati sdraiati su kli-nai, e un personaggio maschile trasportato su biga da unacoppia di cavalli rossi che rappresenta il viaggio del defun-to nell’aldilà.Anche nella Golini II il defunto appare per ben due volte sudi una biga trainata da cavalli, mentre si dispone un ban-chetto con vivande animato da suonatori di flauto e lira.Le diverse sale del museo raccolgono, secondo un ordinecronologico, i materiali recuperati durante le ricerche nellenecropoli e nei santuari a ridosso della città di Orvieto, etutti i reperti rinvenuti a seguito di lavori svolti in ambito ur-bano, ponendosi pertanto come formidabile strumento diconoscenza della realtà sociale e culturale di uno dei centripiù ricchi e importanti dell’Etruria.

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Nella sala principale sono presentati materiali provenientidalla necropoli settentrionale del Crocifisso del Tufo; la sa-la attigua contiene alcuni corredi recuperati nel corso delloscavo nella Necropoli di Porano, uno dei centri minori chesorgevano a corona della città sulla rupe.

L’itinerario prosegue con la sala dedicata alla Necropoli diCannicella. A partire dalla seconda metà del VI sec. a.C. furealizzata una importante area sacra, con un tempio deco-

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rato da terrecotte ed una serie di edifici collaterali probabil-mente destinati a funzioni marginali. Solo in parte visibile,urbanisticamente è simile a quella del Crocifisso del Tufo.

Nelle vetrine al centro della sala è collocato il corredo di unrinvenimento di una piccola tomba a camera sita in localitàParrano ricco di ceramiche dipinte di produzione volsinese,bronzi e ceramiche comuni. Tale tomba apparteneva ad unpersonaggio dell’aristocrazia orvietana o chiusina, vissuto

nel periodo di maggiore sviluppo dell’alleanzafra le due città, che dette origine ad un gran-de benessere sia economico che sociale. Seguono terrecotte che decoravano alcuni frai più importanti santuari della città; si annotala visita delle sculture del frontone del Tempiodel Belvedere e di quello di via San Leonar-do.Di più recente allestimento è la sala d’ingres-so al Museo: nella vetrina centrale sono collo-cati i reperti rinvenuti nello scavo di alcune frale principali necropoli del territorio volsinese(Castel Viscardo, località Caldane, Mon-tecchio, Baschi, Bardano).Una saletta centrale, infine, è destinata allapresentazione di corredi funerari provenientidalla località di Castellonchio a ridosso delTevere, ricchi di ceramiche, bronzi e preziosimonili risalenti alle fasi conclusive della vicen-da storica volsinese.

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2° GIORNO pomeriggio

Scendendo per via della Cava si giunge all’omonimo pozzo.

� POZZO DELLA CAVAPer Orvieto, città situata su una rupedi tufo, era indispensabile fornireagli abitanti una fonte a cui poteva-no attingere acqua, specie durantegli assedi.Per questo i vari pozzi presenti nellacittà furono originariamente scavatidai suoi primi abitanti, gli Etruschi, ri-adattati e ampliati successivamentesecondo le esigenze cittadine.Nel corso dei secoli il pozzo della Ca-va ha subìto continue modifiche. Ilpozzetto laterale a sezione rettango-lare è etrusco e costituisce un saggiodel suolo eseguito per accertarsi del-la presenza della falda acquifera pri-ma di eseguire lo scavo; fu in seguitoinglobato nel pozzo vero e proprio.Nel 1527 papa Clemente VII ordinòdi scavare il pozzo di San Patrizio efece riadattare anche questa struttu-ra per poter attingere all’acqua dellasorgente dalla via. Il pozzo restò aperto fino al 1646, an-no in cui le autorità comunali ordina-rono la sua chiusura, come testimoniauna lapide collocata sulla via stessa. Solo nel 2004 ha potuto rivedere laluce l’antico accesso al pozzo da viadella Cava.

� MURO ETRUSCOProseguendo verso porta Maggioreè possibile identificare un tratto dimura etrusche costituite da impo-nenti massi di tufo assemblati a sec-co che doveva esser parte dell’anticafortificazione posta nel punto più vul-nerabile della città corrispondente al-l’ingresso principale della stessa por-ta Maggiore, poiché dagli altri lati lacittà era protetta dalla fortificazionenaturale della rupe.

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Seguendo le indicazioni per il P.A.A.O. (Parco ArcheologicoAmbientale Orvietano) si prosegue verso la Necropoli delCrocifisso del Tufo.

� CROCIFISSO DEL TUFOLa necropoli (VI sec. a.C.) deve il suo nome ad una croce in-cisa nel tufo all’interno di una cappella rupestre, ricavata nelmasso tufaceo, dove un anonimo autore del Cinquecentoespresse la sua devozione e la sua creatività in un crocifissoinciso, appunto, nel tufo. La piccola chiesa che ha dato il no-me alla necropoli è raggiungibile anche attraverso un sug-gestivo percorso pedonale che scende da porta Maggiore. I primi scavi archeologici risalgono agli inizi del 1800 ma gliinterventi più importanti sono stati effettuati molto più tar-di, verso il 1960. Prezioso frutto di questa attività è la sco-perta di una vasta area cimiteriale. La zona è caratterizzata da una pianificazione edilizio-tom-bale che rispecchia quella usata per i centri residenziali urba-ni. Tutte le tombe sono disposte lungo stradine dritte, paral-lele e perpendicolari tra loro. L’uniformità dei criteri costrutti-vi ha un importante valore sociale e rispecchia il concetto diuguaglianza spirituale presente nella civiltà etrusca. Le tombeche oggi si possono visitare sono circa 70: sono di piccole di-mensioni, a una camera, hanno una pianta rettangolare e,secondo l’uso di Orvieto, erano destinate ai membri di unasola famiglia. Fanno eccezione le rare tombe a due camere equelle destinate alla sepoltura dei bambini, dette “a casset-ta” perché più ridotte nelle dimensioni. Un aspetto interes-sante è la disposizione delle tombe – dalla forma di camera –allineate lungo dei sentieri disposti ortogonalmente come ve-

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rosimilmente si presentava l’abitato etrusco. Due sono le zo-ne attualmente visitabili. Il piano delle tombe si trova a circa60-70 cm sotto il piano del calpestio. Sopra l’ingresso in ge-nere si trova una iscrizione a caratteri Etruschi che indica ilnome del defunto o il lignaggio di provenienza. Le tombe so-no costruite con enormi blocchi di tufo e contengono unpiano per la deposizione del feretro. Questo sito archeologi-co fu oggetto di scavi, come si è detto, fin dall’800 ma inmancanza di un’organizzazione sistematica, molti corredi fu-nebri furono dispersi nei più importanti musei d’Europa. Fusoltanto nel ‘900 che, grazie agli scavi sistematici condotti dal1961, il materiale ornamentale recuperato fu classificato concriteri scientifici e quindi esposto al Museo Faina di Orvieto.

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❑ EpigrafiLa quasi totalitàdelle epigrafi è co-struita con la for-mula personaliz-zata della tombastessa che dichiarail proprio fondato-re “io sono di …”.Lo stretto rapportocon Chiusi, stori-camente incentra-

to sulla figura di Porsenna, “re” di entrambe le città, sulloscorcio del VI sec. a.C. si manifesta attraverso epigrafi fune-rarie che documentano la presenza in città di artigiani ecommercianti chiusini, che qui esercitavano la loro attività,portando e diffondendo la propria cultura e tradizione.

❑ CorrediI corredi rinvenuti all’interno delle tombe, in genere, sonoomogenei a dimostrazione di un tipo di società, almeno nelperiodo di massimo splendore della città (VI-V sec. a.C.), incui mancavano evidenti dislivelli sia di tipo economico checulturale. È frequente la deposizione di instrumenta in ferro per la pre-parazione e la cottura dei cibi (alari, molle da fuoco, spiedi,coltelli, calderoni). Quella della preparazione del banchettoera un’attribuzione maschile e documenta un’usanza diffu-sa nella classe sociale elevata che costruì le tombe del Croci-fisso del Tufo.Ugualmente legata all’organizzazione maschile era la depo-sizione di armi, in particolare punte di lancia in ferro.Accanto a questi oggetti è sempre presente il vasellame damensa: calici, coppe, attingitoi, tutto in ceramica locale di-pinta realizzata ad imitazione dei più rari e costosi prodottidi importazione (questo era il segno del benessere dellamaggior parte dei cittadini che potevano ostentare oggettiesportati dal mercato greco e orientale).Le sepolture femminili erano contraddistinte da oggetti ti-pici dell’ornamento personale (orecchini, bracciali, anelli).Le deposizioni dei fanciulli erano poste al di fuori delle ca-mere, in cassette formate da blocchi di tufo e sormontateda cippi con l’indicazione del nome; in tal caso il rango so-ciale è dimostrato dalla presenza di oggetti miniaturistici le-gati alla funzione che sarebbe stata svolta in età adulta. Dopo la distruzione della città e la dispersione della popo-lazione cessò l’utilizzo dell’area funeraria, in cui si avviò unlento processo distruttivo (già in epoca romana le tombe fu-rono violate da chi vi cercava tesori).

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3° GIORNO mattina

� AREA ARCHEOLOGICA DELLA CANNICELLAVisita solo su prenotazioneLa necropoli, organizzata su terrazzamenti paralleli alla ru-pe, aveva tombe urbanisticamente disposte su piani so-vrapposti, indicando una chiara cronologia.Le tombe, databili tra la fine del VII e gli inizi del V sec. a.C.,hanno pareti costruite in filari di blocchi di tufo. Qui, comeal Crocifisso del Tufo, i reperti ritrovati (ceramiche, oggettiin ferro e buccheri) testimoniano una condizione socialemedio-alta.Anche la Necropoli della Cannicella costituì un’area sacracaratterizzata da una certa densità di occupazione: lo sfrut-tamento del soprasuolo allo scopo di costruirvi le tombe èdimostrato dalla loro sovrapposizione in alcuni punti. Aimonumenti più antichi (fine del VII sec. a.C.) si sono ag-giunti quelli più recenti, inseriti in spazi ordinati e dispostisecondo una pianificazione che trae forse la sua ragiond’essere dalla sopravvenuta necessità di ristrutturare il con-tiguo santuario della Cannicella.Le tombe arcaiche presentano titoli funerari con il nome delproprietario del sepolcro: uno degli esempi più antichi, cheben esemplifica la tipologia in voga nella necropoli orvieta-na, è rappresentato dalla tomba che reca inscritto il gentili-zio Katacina, verosimilmente di origine celtica.

Nel 1884 durante uno scavo alla ricerca di tombe si scoprìun grosso muro costruito in blocchi di tufo sovrapposti del-la lunghezza di circa 50 m che delimitava tutto un com-plesso di strutture e una serie di canalette di adduzione edeflusso delle acque. Presso un altare circolare fu fatta lascoperta più importante: una statuetta no-ta con il nome di “Venere della Cannicella”. La scoperta di una grande mano che appar-teneva ad una statua più grande del natu-rale, fa pensare che fosse questa la vera epropria statua di culto e non la “Venere”.

Fu anche recuperata una grande quantità dialtro materiale: terrecotte architettoniche,statuette in bronzo e in terracotta, ex votoanatomici, il modellino di un tempietto emonete romane. Le campagne di scavo, cu-rate dall’Università degli studi di Perugia ne-gli anni Settanta, hanno permesso di porta-re alla luce alcune tombe, alcune non benconservate, costruite le une vicino alle altre,quasi a voler sfruttare al meglio il poco spa-

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zio disponibile in un’areasacra, in prossimità di untempio importante.Tombe di una certa anti-chità, costituite da rareinumazioni in fosse data-bili al VII sec. a.C., eranostate impiantate nelle vi-cinanze dell’area desti-

nata ad accogliere il santuario, la cui fase di vita più anticasembra da rintracciare nella seconda metà del VI sec. a.C.

❑ Il santuarioVenerato luogo di culto almeno a partire dalla seconda me-tà del VI sec. a.C. fino ad epoca imperiale, fu scoperto allafine dell’Ottocento da Riccardo Mancini. Sorgeva nell’areadell’omonima necropoli meridionale, cui era connesso. Lacontinuità della sua frequentazione è segnalata anche dal-l’impiego di diverse tecniche edilizie adottate nel corso deltempo per la costruzione di muri e alzati. Protetto da unmuro di terrazzamento in opera quadrata, il nucleo princi-pale del santuario comprendeva varie strutture, fra le qualisi devono menzionare un altare e una contigua vasca dota-ta di due canalini per lo scorrimento delle acque. Fu proprioRiccardo Mancini a rinvenire accanto all’altare una peculia-re statuetta in marmo greco, poi conosciuta con l’appellati-vo di “Venere della Cannicella”, poiché vi si volle dapprimariconoscere la figura di una divinità. La ripresa degli scavi negli anni Settanta e Ottanta ha con-sentito di meglio delineare la planimetria dell’area sacra,con la messa in luce di nuove strutture murarie, e la sco-perta di nuove e numerose canalette per le acque che havalorizzato l’ipotesi secondo la quale la genesi e la funzio-ne stessa del piccolo santuario avessero stretta relazionecon questo elemento naturale.

� FANUM VOLTUMNAEVisita solo su prenotazioneAl di sotto della rupe sulla quale sorgeva la città etrusca si tro-va la località Campo della Fiera, dove sono stati condotti dal-l’Università di Macerata una serie di scavi che hanno permes-so di riconoscere una vasta area adibita a santuario. È com-posta da un tempio, del quale resta il podio in tufo (VI-IV sec.a.C.), il pavimento di epoca romana (II sec. a.C.), il muro di cin-ta, sistemazioni con pozzi e fontane e due ampie strade, unaprobabilmente diretta a Bolsena mentre la seconda dalle spal-le del tempio porta sulla parte alta della collina.In base alle cronache dell’epoca romana, Volsinii sorgeva nei

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pressi di un famoso santuario etrusco denominato Fanum Vol-tumnae, meta ogni anno degli abitanti dell’Etruria che vi con-fluivano per celebrare riti religiosi, giochi e manifestazioni. La funzione principale di queste grandi adunanze era so-prattutto politica.Il Fanum, appunto, era il punto di ritrovo dei 12 Lucumoni,i governatori delle 12 città dell’Etruria, che coglievano l’oc-casione dei giochi e dei riti religiosi che qui si svolgevanoper riunirsi e decidere le strategie commerciali e militari daseguire assieme.L’importanza del Fanum era tale che anche successivamen-te alla decadenza delle lucumonie, con il predomino di Ro-ma, gli abitanti dell’Etruria centrale continuarono a riunirsisecondo la tradizione sempre nello stesso luogo, ma ormaidel luogo rimaneva solo l’aspetto sacro e non più quello po-litico. L’area sacra venne successivamente abbandonata nelperiodo cristiano. Le informazioni relative al Fanum ci provengono dallo stori-co Tito Livio, secondo cui il Fanum avrebbe ospitato feste egiochi panetruschi, occasioni in cui venivano prese decisio-ni di carattere politico.La divinità è nominata come Voltumna solo da Livio, essen-do maggiormente nota come Vertumnus o Vortumnus, cheVarrone definisce “Dio principe dell’Etruria”.Il nome, che non risulta nella documentazione del pan-theon etrusco, è da ritenersi un appellativo riferito a un dio,che, a quanto ci dice Varrone, non può che essere Tinia: ilcaso di nomi doppi era molto frequente in Etruria, sia in ri-ferimento ai numi minori che a quelli maggiori.

� LA COLLINA DI CASTELLONCHIOA sud-est della rupe di Orvieto sorge la collina di Castellonchio, una vasta alturaoccupata da un ampio piano posto a dominio del corso del Tevere, nel quale con-fluisce il fiume Paglia. In questa collina fu considerevole la presenza e la frequentazione etrusca fino al IV-III sec. a.C., attestata da buccheri neri e grigi e da ceramica a vernice nera.La collina di Casellonchio va inquadrata nella serie di insediamenti posti nei dintor-ni della città di Orvieto, collocati in luoghi particolarmente significativi e con altovalore strategico, sia per l’aspetto militare, sia per la funzione nelle relazioni com-merciali, trovandosi in corrispondenza di importanti vie di comunicazione. TitoLivio, storico romano di età augustea, parla di questi insediamenti definendolicastella, e ricordando come in buona parte furono conquistati e distrutti nel corsodi una delle campagne condotte contro Volsinii, in particolare quella del 308 a.C.Nel caso di Castellonchio, esso si trova all’estremità di un percorso interno di colle-gamento fra il bacino del lago di Bolsena e il Tevere, e a ridosso dell’impianto por-tuale di Pagliano, del quale finora è nota la fase romana, ma che appare verosimil-mente utilizzato anche in epoche precedenti.Sul finire del ‘900 furono ritrovate due tombe datate tra la fine del IV e gli inizi delIII sec. a.C., con ricchi corredi funerari che fanno pensare a defunti appartenenti aclassi sociali elevate.

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3° GIORNO pomeriggio

� MUSEO FAINANel piano nobile sono presentate le vicende di formazionedella raccolta legate all’attività dei conti Mauro ed EugenioFaina. Il percorso espositivo si apre con la presentazione diun ricco monetiere, con ricostruzione dello studiolo deglistessi Faina, con mobili d’epoca. L’attività di Mauro Faina è,tra le altre cose, ben documentata nella sala 5 dove si pos-sono ammirare alcuni reperti caratteristici di Chiusi. Nelle sale 6 e 8 sono esposti i vasi attici a figure nere e a fi-gure rosse recuperati nello scavo della necropoli orvieta-na del Crocifisso del Tufo e acquistati dal conte EugenioFaina, nella consapevolezza dell’importanza di non estrapo-larli dal proprio contesto. Nella saletta 8, in particolare, sono esposti reperti di ecce-zionale valore: tre anfore attribuite ad Exekias, il maggioreceramografo attico nella tecnica a figure nere.

Nel secondo piano sono collocate altre antichità della rac-colta ordinate secondo un criterio tipologico e cronologico:i materiali preistorici e protostorici precedono due sale de-dicate esclusivamente al bucchero, ceramica caratteristicadel mondo etrusco. Il percorso prosegue quindi con unagalleria, luogo di sosta del museo e che consente di avereuna visione particolarissima del Duomo di Orvieto. L’esposizione riprende con due sale dedicate nuovamentealla ceramica a figure nere e a figure rosse, ed un’altra ri-servata ai bronzi Etruschi. In chiusura, tre ambienti sono dedicati alla ceramica etru-sca, al cui interno spiccano i vasi attribuiti al Pittore di Mi-cali, al Gruppo Orvieto e al Gruppo di Vanth.

Al pianterreno di palazzo Faina ha sede il Museo Civico,articolato su tre grandi vani, in cui sono esposte antichitàcollezionate durante l’Ottocento dalla municipalitàorvietana. Si segnala la già citata Vene-re della Cannicella.

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❑ La Venere della Cannicella Presso un altare circolare fu fatta la scoperta più importan-te: una statuetta alta circa 80 cm raffigurante una donnanuda, in piedi, con i capelli a boccoli leggermente piegati al-l’indietro sulla nuca e spioventi sulle spalle, il braccio destropiegato in avanti, la mano (mancante) appoggiata sulventre e il braccio sinistro (anch’esso mancante) forse dis-teso lungo il fianco.La Venere è di marmo greco proveniente dall’isola di Paro. Lo stile della lavorazione consente di datarla intorno agli ul-timi anni del VI sec. a.C. Sicuramente doveva rappresentare una dea. Sulla base del-le strutture superstiti si è addivenuti alla ricostruzione di unedificio sacro, che del santuario stesso doveva rappresenta-re il fulcro forse già a partire dalla seconda metà del VI sec.a.C., in origine decorato da un apparato di terrecotte archi-tettoniche parte delle quali rinvenute nell’area di scavo.Ai lati del tempio vi sono due aree scoperte (una vasca e unpozzo) caratterizzate dalla presenza di vasche e canalette:l’acqua, elemento caratterizzante i riti officiati all’internodel santuario, era convogliata verso quest’area da una fon-te ubicata più a monte, tramite un condotto.

� ORVIETO UNDERGROUNDUna piacevole visita guidata che si snoda lungo un agevolepercorso, consente di conoscere i sotterranei di Orvieto,realizzati dagli antichi abitanti. Si tratta di un viaggio diun’ora alla scoperta di una millenaria ed inattesa Città Sot-terranea.Orvieto, sospesa tra cielo e terra, svela uno degli aspetti chela rendono unica: un dedalo di grotte nascosto nell’oscuri-tà silenziosa della rupe. La particolare natura geologica delmasso su cui sorge ha consentito agli abitanti di scavare, nelcorso di circa 2500 anni, un incredibile numero di cavità chesi stendono, si accavallano e si intersecano al di sotto delmoderno tessuto urbano. Sono un prezioso serbatoio di informazioni sto-riche ed archeologiche, studiato solo recente-mente in modo organico e scientifico. Se l’a-spetto “superficiale” della città è mutato con ilpassare del tempo, le strutture ipogee che lesono state funzionali sono rimaste, in buonaparte, intatte. La visita guidata alla OrvietoUnderground rappresenta, perciò, lo stru-mento più appropriato per entrare in contattocon questo nuovo, particolarissimo aspetto cul-turale di una città estremamente ricca di storiae di “gioielli” artistici.

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“Chiunque non sia a conoscenza del proprio passato non ha alcun futuro davanti a sé”

(Cicerone)

L’Italia è un “paese di città” ed è nelle città che si racchiude la parte più consistente del patrimonio culturale.Si dice che l’Italia abbia il 60-70% del patrimonio culturale mondiale; “in nessun altro paese vi è tanto passato” da utilizzare attivamente.Il Sapere, il Passato e la Bellezza sono il cuore dell’identità italiana e sono i tratti caratteristici di questa guida.Al ritorno da ogni viaggio è inevitabile ricordare quello che abbiamo visto e rivivere le emozioni che certi luoghi ci hanno lasciato. Anche se siamo tornati alla vita di tutti i giorni, se siamo lontani daquella passeggiata tra i luoghi dell’Umbria etrusca, potremmo tentare,attraverso questa guida, di ripercorrere alcuni degli elementi che hannopermesso il perpetuarsi dell’identità etnica della civiltà etrusca: il suopassato (Épos), il suo complesso normativo (Êthos), la sua lingua (Lógos),la sua gente (Génos) e soprattutto il suo territorio e ciò che esso ci haconsegnato della civiltà che l’ha abitato tanti anni prima di noi (Tópos).

Se proviamo a ripensare al monumento o al luogo etrusco che più di ogni altro ci ha emozionati o semplicemente è rimasto nella nostramemoria, ci rendiamo conto che la storia, quella reale, è quella cheviviamo grazie a ciò che essa ci ha lasciato di sé.

Ve lo immaginavate così il paesaggio etrusco?

Solitamente lo si fantastica come uno scenario solare, un’antichità calma e inerte, dall’aspetto quasi rassicurante. In realtà, dopo aver visto l’imponenza dell’Arco Etrusco, la suggestivaimmutabilità dell’Ipogeo dei Volumni, l’imperscrutabile Venere dellaCannicella o la sublime trepidazione che si avverte dal Tempio delBelvedere, credo che il paesaggio dei nostri antenati ci appaia come uno scenario non troppo bucolico, ma a misura d’uomo, razionalizzato e strettamente dipendente dalla città, con i suoi campi solcati, le muraingrigite dal tempo e consumate dalle lotte, i fissi ipogei e il suoimpensato realismo. Ripensiamo agli ori, ai monili della donna etrusca che, a differenza delle sue “contemporanee”, poteva partecipare ai banchetti del marito,agli arnesi usati per preparare cibi, alle anfore per vino e olio ritrovatinelle tombe del perugino e dell’orvietano. Proviamo a pensare alle mura, agli archi alle tombe, agli arnesi da cucinae riflettiamo sul fatto che tanti anni fa queste cose venivano usate e nonvisitate. Non erano mète di turisti curiosi in cerca di cultura, erano partedella quotidianità di un popolo, gli Etruschi, come lo sono per noi glioggetti che usiamo tutti i giorni. E chissà se fra mille o duemila anni i posteri visiteranno le nostre case e nostri robot da cucina?

Marianna Rosati

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Appendice

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Glossario90

rato ambiguamente anche per operecivili con scopi di protezione.

CAVEAGradinata semicircolare (teatro) o ellit-tica (anfiteatro), generalmente divisa inpiù ordini, in cui prendeva posto il pub-blico.

CIPPONel diritto antico, pietra che delimitavaaree private o pubbliche.

CRUSTAE MARMOREAERivestimento di marmo.

CUBICOLAPiccoli locali.

DROMOSCorridoio che conduceva all’ingresso dialcuni tipi di tombe a camera. Veniva scavato nel terreno a cielo aper-to, le pareti tendevano ad aumentarein altezza man mano che si procedevaverso la tomba.

DOMUSAbitazione romana, destinata ad unasola famiglia.

DUOVIRINell’antica Roma, ciascuno dei due ma-gistrati o dei due sacerdoti ai quali ve-nivano assegnate collegialmente deter-minate funzioni, permanenti o straordi-narie.

EPIGRAFEScritta incisa su un supporto (pietra, ce-ramica, ecc.).

FREGIODecorazione con andamento orizzon-tale.

FRONTONEDecorazione solitamente triangolareposta a coronamento della facciata deltempio greco e in seguito di palazzi,porte, finestre, ecc.

GORGONEFigura della mitologia greca, figlia diForco e di Ceto.Erano tre sorelle, Steno, Euriale e Me-dusa, di aspetto mostruoso, con ali d’o-

ADENella religione greco-romana indicava ilmondo sotterraneo dell’oltretomba.

ANFORAVaso a due anse di varie dimensioni econ bocca stretta generalmente usatoper trasportare vino, olio e prodotti ali-mentari.

ARCHITRAVEElemento architettonico rettilineo oriz-zontale poggiato su pilastri o su colon-ne.

ARUSPICESacerdote divinatore che presso glietruschi e i romani prediceva il futuro,specialmente esaminando le visceredelle vittime animali sacrificali.

AUGURESacerdote divinatore che nell’antichitàprediceva il futuro esaminando i sogni,il volo degli uccelli, i fenomeni atmo-sferici o altri indizi.

BIGACocchio a due ruote trainato da duecavalli.

BUCCHEROTipica ceramica etrusca. Si distingueper il colore nero e brillante delle su-perfici, che non è dovuto a una verni-ce, ma al particolare procedimento direalizzazione. L’argilla accuratamentedepurata e lavorata la tornio venivacotta in forni ermeticamente chiusi do-ve, in assenza d’aria, si verificava unprocesso di ossidoriduzione degli ele-menti chimici dell’argilla. Il nome deriva da un termine porto-ghese, bucaro, che significa “terraodorosa” ed era attribuito a vasi peru-viani di terracotta colorata, molto am-mirati in Italia nel periodo in cui si pra-ticavano i primi scavi delle necropolietrusche.

CASTRUMAccampamento, fortificazione, dove ri-siedeva in forma stabile o provvisoriauna legione dell’esercito. L’utilizzo deltermine castra, anche per il singolare,ha un’eccezione chiaramente militare,mentre castrum poteva essere adope-

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Glossario 91

antico; uno degli intrattenimenti gioco-si e meno intellettuali dei simposi. Il gioco, nella sua forma classica e piùcomplessa, consisteva essenzialmentenello scagliare le ultime gocce di vinorimaste nella coppa per colpire dei piat-telli collocati su un’asta in bronzo altacirca 1,8 m. Solitamente i piattelli era-no posati in equilibrio precario e il suc-cesso consisteva nell’andare a segnocon la goccia facendoli cadere gli unisugli altri con un sonoro clangore.

OINOCHOEBrocca per versare il vino nelle coppe,con bocca ondulata per facilitarne iltravaso.

OLLANome latino di un vaso apòde (senzapiede) con o senza manici per usi do-mestici. Presente sin dal neolitico, è sta-to spesso utilizzato come urna cinerariao per la sepoltura di neonati.

OPPIDUMAl plurale: òppida, l’insediamento prin-cipale di un’area amministrativa per iromani.

OLPEVaso o ampolla dal corpo ovoidale al-lungato, con collo cilindrico e un solomanico, destinato a contenere olio,profumi od altri liquidi.

PARAGNATIDEParte centrale (a protezione del naso)dell’elmo di tipo greco-corinzio del Vsecolo a.C., con cresta. Molto diffuso anche in Italia meridiona-le in seguito all’importanza assunta inloco dalle colonie greche. Realizzatocompletamente in ferro lavorato a ma-no.

PATERATazza larga e bassa, priva di anse, uti-lizzata nelle libagioni alle divinità.

PELTAPiccolo scudo leggero e rotondo o amezzaluna.

PITHOSVaso sferoidale utilizzato per la conser-vazione di liquidi e derrate alimentari.

ro, mani con artigli di bronzo, zanne dicinghiale e serpenti al posto dei capellie la loro bruttezza era tale da impietri-re chiunque le guardasse. La gorgoneper antonomasia era Medusa, la più fa-mosa delle tre nonché loro regina, eche, per volere di Persefone, era custo-de degli Inferi.

GRIFONella mitologia, animale favoloso mez-zo aquila e mezzo leone.

INUMARESeppellire il defunto sotto la terra.

IPOGEOEdificio sotterraneo dove greci, egizi,etruschi e romani seppellivano i loromorti.

LAPIDARIOAggettivo che riguarda le iscrizioniscolpite su lapide, o museo che racco-glie lapidi ed epigrafi antiche.

MUNICIPIUMCittà assoggettata ai romani, che man-teneva il diritto di amministrarsi da solama non godeva dei diritti politici di Ro-ma.

NECROPOLILuogo di antiche sepolture, portato al-la luce da scavi archeologici.

OSCOLingua degli Osci, parte del ramo Sa-bellico della famiglia delle lingue itali-che, a sua volta ramo delle lingue in-doeuropee che include l’umbro e il lati-no.

KYLIXTazza per bere. Oggi si utilizza il termi-ne in senso più stretto per indicare unvaso a corpo rotondo con piede rialza-to e due manici simmetrici applicatisotto l’orlo.

KLINEParte del triclinium (v. voce relativa) de-stinato al riposo e al relax o al consumodei pasti.

KOTTABOSGioco ampiamente diffuso nel mondo

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Glossario92

PERISTILIOCortile con portici e colonne, posto al-l’interno della casa greca o romana.

POSTIERLAPiccola porta secondaria delle mura ur-bane.

SARCOFAGOArca sepolcrale di pietra o di marmo,usata nell’antichità classica e nel Me-dioevo per ospitare i corpi dei defunti esolitamente ornata con sculture in rilie-vo, fregi o pitture.

SCHINIERAParte dell’armatura che proteggeva lagamba.

SKYPHOSVaso a forma di tazza a corpo emisferi-co, con pareti alte e sottili, piede bassoad anello e due anse simmetriche postepoco sotto l’orlo. Era destinato al con-sumo di vino ed altre bevande.

TABLINUMNell’antica casa romana, grande stanzatra l’atrio e il peristilio, usata come luo-go di ricevimento.

TRAVERTINORoccia calcarea, porosa e giallastra, for-mata per precipitazione da acque ric-che di carbonato di calcio.

TRICLINIUMPresso gli antichi, insieme di tre divanidisposti su tre lati. Su ciascuno dei qua-li si sdraiavano, tre persone, per man-giare. Per estensione, la sala da pranzodell’antica casa romana.

VACUOVano ipogeo primario, costituito dauna cavità, delimitato dalla roccia in si-to, sia totalmente, sia in parte occupa-to da riempimenti.

VESTIBOLOSpazio, chiuso da tre lati, posto davan-ti alla porta della casa romana; perestensione, ampio vano che precede lescale in palazzi, teatri e simili.

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Immagini e fotografie

Proprietà Fototeca Regione Umbria:Sandro Bellu, Fabio Menghi, AnnaRaccuja, M. Roncella (1994)

Archivio fotografico Soprintendenza deiBeni Archeologici dell’Umbria

Archivio digitale Biblioteca Augusta

Archivio fotografico FondazioneLungarotti

Archivio fotografico Pozzo della Cava

Sviluppumbria: Enrico Nannetti

Cartografia

Futura Soc. Coop.

Stampa

Tipolitografia Petruzzi (Città di Castello)

Coordinamento, progetto grafico e prestampa

Futura Soc. Coop., Perugia

Finito di stampare nel mese di novembre 2008

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Progetto cofinanziato con i fondi della L 135/01

Soprintendenzaper i Beni Archeologicidell’Umbria