Etnografia della responsabilità educativa di Angela Biscaldi

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE SOCIALI E POLITICHE Etnografia della responsabilità educativa di Angela Biscaldi

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Etnografia della responsabilità educativa di Angela Biscaldi . La ricerca/ i l contesto teorico . PRIN «RESPONSABILITÀ NELLE RELAZIONI FAMILIARI: TEORIE, NORME, PRATICHE, RAPPRESENTAZIONI» Passaggio nel linguaggio giuridico ma anche nei discorsi di senso comune: - PowerPoint PPT Presentation

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DIPARTIMENTO DI SCIENZESOCIALI E POLITICHE

Etnografia della responsabilità

educativadi Angela Biscaldi

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE SOCIALI E POLITICHE

La ricerca/ il contesto teorico PRIN «RESPONSABILITÀ NELLE RELAZIONI FAMILIARI: TEORIE, NORME, PRATICHE, RAPPRESENTAZIONI»

Passaggio nel linguaggio giuridico ma anche nei discorsi di senso comune:- dalla patria potestà: dovere dei figli - alla responsabilità genitoriale (articolo 48 del codice civile; legge 54 del 2006): diritti dei figli

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La ricerca / oggetto e metodoOggetto: Le rappresentazioni ele pratiche della responsabilità educativa in famiglie con figli nella fascia 0-6 anni, italiane e migranti

Metodo etnografico

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Interviste in profondità- 30 educatori di nidi e scuole infanzia comunali, statali e paritarie - 7 testimoni privilegiati - un centinaio di famiglie con figli nella fascia 0-6 (un terzo migranti) 166 ore di registrazione

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Dimensioni sondate Il progetto educativo

Le pratiche educative

Le politiche educative

La responsabilità genitoriale

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Disegni dei bambini

Disegni di 442 bambini «grandi»(5/6 anni, circa 1200 disegni ): ● «chi ti sgrida quando a casa fai qualche cosa che non va»● «chi gioca con te quando sei a casa»● «chi ti accompagna dal pediatra quando sei ammalato»

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Dall’autorità alla responsabilità→ Essere genitori - un’esperienza per secoli «data», «ovvia» - appare oggi come un «problema: ● Vissuto dell’essere genitori● Trasmissione di pratiche comportamentali e valori dai genitori ai figli

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Voci/difficoltà. L’ansiaMamma (40, impiegata, 6 anni): cerco anche di controllare le ansie… tutto non si può… per dire non so un pensiero che viene alla mamme a volte, alle mamme? Viene a me, non so se viene anche alle altre… hai paura di quello che mangia a scuola… sarà tutto sano? Sarà tutto a posto? Non ci sarà qualcosa dentro? Non so, mangiano il pesce… c’è qualche lisca che è scappata? Non lo so se alle altre succede.. però io ogni tanto ho questi flash e mi viene l’ansia perché dico… certo poi dopo nella casistica generale non si sentono storie di problemi di questo genere, per cui ti dici no, fattelo passare questo pensiero ce ne hai già tanti altri…DIPARTIMENTO DI STUDI

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Voci/difficoltà. Dire «no»Papà (38, agente di commercio, 7 e 3 anni): saper dire di no, credo sia la parte più difficile in generale, dalla sciocchezza fino magari alla parte più importante... è molto più semplice dire di sìA: come mai saper dire di no secondo lei è una cosa a cui i genitori di oggi fanno così fatica?P: perché dire di no significa automaticamente generare un conflitto più o meno grande e quindi spesso siccome si ha già conflitti in tanti altri aspetti della propria vita uno dice va beh ascolta non ce l’ho neanche con i miei figli intanto non mi cambia niente se vuoi le patatine piuttosto che se vuoi quell’altro e quindi

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Voci/difficoltà. Il consumo e i media Mamma (40, casalinga, 5 e 16 anni): mi sforzo che quando è no, deve essere noma lui è un continuo fare richieste, un continuo fare richieste veramente…. A: ma sono richieste di attenzione?Mamma: noo!!!! sono richieste di acquisti, di giochini, figurine, il gelato, il ghiacciolo, vuole sempre qualcosa… sempre, sempre, sempre.. dopo va beh il gelato non si nega mai.. ci mancherebbe altro.. però continuamente.. se si va al supermercato lui vuole qualcosa, se si va all’edicola…e quindi ad un certo punto delle volte.. va bene, perché se no dovrei continuamente proibirgli tuttoA: secondo lei come mai? Mamma: è la tv che bombardano.. la scuola che comunque ci sono tutti questi giochini, queste cosine da poco valore... che però poi le portano a scuola, se le scambiano, si confrontano.. non è che chiede la luna, ecco.. sto stillicidio di cavolatine… cioè di cose inutili che dopo si buttano, eccetera.. ecco.. lo spreco.. La cosa più difficile per un genitore è dire di no

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Voci/difficoltà. Benessere o educazione?Mamma (40, casalinga, 5 e 16 anni): prima forse era diverso, adesso io ho in mente non solo il proibire ma anche l’immaginare quello che lei ha piacere di fare e quindi non… cioè mi fa piacere vederla …felice, che si diverte, che è serena, che ha tanti amici, cioè perché dirle no, tu stasera non esci perché stai qui e ci guardiamo in faccia che non ci sopportiamo e non abbiamo più niente da dirci… no, preferisco che esce una volta di più, torna che è felice, mi racconta che ha visto questo, che ha visto quell’altro e basta.. preferisco una cosa del genere

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Perché questa difficoltà nell’essere genitori?

APPROCCIO SOCIO-ANTROPOLOGICO

Ricostruiamo il quadro socio-culturale nel quale viviamo e operiamo come genitori e come educatori

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Quadro socio-antropologico: la società post industriale/11. Rottura dell’equazione tra produzione economica, riproduzione sociale (economia e parentela): la famiglia viene progressivamente espropriata di tutta una serie di funzioni (dalla funzione economica alla funzione educativa e formativa, alla socializzazione), diventando esclusivamente luogo dell’affettività e della cura → «individualizzazione delle biografie»; «il figlio come bene di lusso»2. Rivoluzione nei rapporti di genere e generazione: passaggio da una società patriarcale a una società democratica sia nei rapporti tra i generi che nei rapporti tra i genitori e figli → «democratizzazione dei rapporti»

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Quadro socio antropologico: la società post industriale/2

3. Passaggio da una società solida (in cui i rapporti tra gli individui sono stabili, duraturi, in cui ogni cosa ha un valore, deve durare nel tempo) ad una società liquida dove ogni cosa e ogni relazione velocemente si trasforma, perde di valore, deve essere sostituita→ consumismo, virtualizzazione del reale

4. Passaggio dalla personalità autoritaria alla personalità narcisista e relativista → «presentismo», fretta, ricerca del benessere

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Il nuovo bambino ● è intelligente, curioso, disponibile alle nuove esperienze, ma poco riflessivo, fatica a tenere la concentrazione come a gestire i tempi di attesa e di appagamento del desiderio● è tanto rapido di testa quanto impacciato nella manualità spiccia, con un progressivo peggioramento delle capacità motorie, poca autonomia nella gestione delle pratiche quotidiane, una fragilità emotiva che si esprime nell’ansia da prestazione e nella scarsa capacità di gestione dei conflitti con i pari● è un bambino molto televisivo, tecnologico e, soprattutto, consumatore attivo di mode e proposte pubblicitarie. I genitori, i nonni, gli zii lo accontentanoDIPARTIMENTO DI STUDI

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Voci/il cambiamentoCC: Sono intelligenti ma spesso non sanno giocare, non sanno essere bambini… sono intelligenti su cose più alte di loro… sanno cose, tipo della televisione, cose che noi… e poi a volte cadono nelle cose più semplici, nei giochi più normali che si fanno coi bambini.. fanno fatica…

CC: hanno proprio difficoltà di condivisione, di spazi.. e hanno modalità piuttosto forti.. anche di risolvere i conflitti.. perché comunque sono bambini che hanno difficoltà a tenere la frustrazione della condivisione… perché condividere è cedere, aspettare il proprio turno, lasciare spazio all’altro…e….accettare che ci siano… sono stati abituati ad essere IL CENTRO dell’attenzione…secondo me la difficoltà più grande ora dei bambini è questa …

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Voci/il cambiamentoCC: prima erano un po’ più riflessivi adesso sono un po’ più istintivi.. e poi vogliono tutto.. tutto in una volta…(ride) e a volte non puoi dare. Prima aspettavano un attimino, adesso sono più…vogliono...ti faccio questa domanda me lo devi dire subito… proprio una concentrazione di, di stimoli, di cose che loro vogliono proprio subito…è proprio questo bisogno di sapere le cose subito,di non aspettare non so… anche quando racconti una storia… loro… come si faceva una volta.. è un esempio banale.. però, andavi proprio a episodi, qui no è bene raccontarla subito perché non aspettano il giorno dopo o la settimana dopo…bisogna esaurire le cose proprio immediatamente

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Voci/il cambiamentoIS: ecco.. sono bombardati da tanti stimoli, troppi, troppi.. attenzione e concentrazione ad esempio questi bambini ne hanno pochissima.. noi lavoriamo tre anni costantemente sull’attenzione e sulla concentrazione perché essendo bombardati da stimoli e da rumori non recepiscono neanche più il suono della tua voce.. per cui non sono abituati ad ascoltare.. e poi, sì, e poi l’altra cosa è voglio.. subito.. subito…non c’è la pazienza e poi il fatto di dire non so c’era anche lì un altro bambino che sta chiedendo una cosa prima di te, no piuttosto lo spingono via…c’è la tendenza molto ad esserci, ci sono io, gli altri… non mi interessa se ci sono insomma…quindi ci sono io e devo essere...devo… bisogna essere guardato solo io, parlare solo io, essere ascoltato solo io, devo fare tutto io, questo gioco lo prendo io… è tutto un.. è proprio secondo me un po’ la prepotenza del… è come una frettaDIPARTIMENTO DI STUDI

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il bambino adultizzato…Si delinea un quadro in cui il nuovo bambino da un lato è adultizzato (gli si chiedono ritmi e prestazioni da adulto, come eccellere negli sport, imparare l’inglese, saper navigare su internet, gestire un’agenda settimanale da adulto, insomma gli viene sottratto il tempo del gioco, della noia, del disimpegno) dall’altro è invece rallentato nello sviluppo di autonomie di base (imparare a masticare, togliere il pannolino, allacciarsi giubbotti e scarpe, camminare per strada) a causa della fretta o delle paure dei genitori

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I nuovi genitori● I nuovi genitori hanno sempre fretta e quindi hanno meno tempo per permettere al bambino di confrontarsi con le pratiche di vita quotidiane. Sono in difficoltà nel tramettere delle regole precise e dare al bambino un senso del limite, non sanno o non vogliono dire “no” (per stanchezza, per paura del conflitto, per eccesso di premura) e concedono al bambino pressoché tutto quello che chiede

● I genitori sono quasi spaventati di fronte alle normali difficoltà nella crescita del figlio e di fronte ai normali litigi del figlio con i compagni di giochi. Faticano ad accettare il rimprovero dell’educatore al proprio figlio e spesso lo delegittimano, considerandolo più che un esperto, con una competenza specifica e una autorità da rispettare, un pari a cui al limite confidare i suoi problemi personali

● Il nuovo genitore si impegna più che a trovare momenti di qualità per stare con il figlio, ad occupargli tutti gli spazi del pomeriggio, non sa stare “semplicemente” con il proprio bambinoDIPARTIMENTO DI STUDI

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… e l’adulto bambino In maniera speculare il nuovo genitore da un lato è attento in maniera quasi maniacale a quello che fa il proprio figlio (cosa ha mangiato, ha perso il giochino, cosa ha detto o fatto la compagna di giochi) e ad offrirgli stimoli anche di qualità (il corso di inglese, di yoga, di baby danza, di acquaticità…), pressato da una società che propone un modello di genitorialità perfetta in cui i diritti del bambino si si moltiplicano all’infinito, suggerendo che niente è mai abbastanza per il proprio bambino,dall’altro non sa affrontare problemi anche minimi del figlio e li vive come una ferita personale.

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Voci/cambiamento CS: sì…. sono cambiati?….eeee.. i bambini vivaci ci sono sempre stati, adesso ci sono più bambini maleducati, mi dispiace dirlo ma maleducati non nel senso cattivo assolutamente, non siamo qui a fare un’accusa nei confronti di tizio o caio, però in cui manca a casa il concetto proprio di, di educare, ma c’è solo il rispondere a dei bisogni, in tante famiglie, anche in tante famiglie che potrebbero avere tutti i requisiti per.. per essere dei buoni genitori … a volte è molto faticoso educare, è molto più semplice crescere e soddisfare dei bisogni, adesso vedo molte più famiglie di prima… prima anche la famiglia molto semplice però aveva preciso in testa un progetto educativo nei confronti del proprio figlio.. che erano magari cinque o sei situazioni chiave di base che erano già sufficienti non c’è bisogno di, di dover partire da chissà cosa, adesso in molte famiglia non c’è.. DIPARTIMENTO DI STUDI

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Voci/cambiamento CC: secondo me non hanno proprio l’abitudine al rispetto di semplici regole, neanche in famiglia e si vede, nel senso che, c’è il gioco in terra ci passano sopra e lo pestano, chiedi di riordinare e ti dicono “eh, ma questa cosa non l’ho usata io”, non fa niente siamo in aula e stiamo giocando insieme, riordiniamo tutti insieme.. proprio cercano di.. scappare da qualsiasi cosa gli procuri un attimino più ecco di fatica anche, quindi il rispetto di semplici regole ed essere un attimino più allenati alla fatica

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CriticitàAssenza della dimensione della cura: tutto è sostituibile, anzi deve essere sostituito e rimpiazzato con qualcosa di nuovo, anche le relazioni;Forte pressione per la performance e la perfezione: bisogna eccellere in tutto, non si può sbagliare o perdere, bisogna essere perfetti, non si sopporta di essere sgridati;Disinteresse per ogni forma di impegno sociale: i genitori non sono modelli di impegno politico o di fede; l’unico interesse che i genitori trasmettono è il consumo di beni, esperienze e di relazioni;Ossessione per il benessere, la felicità dei figli, che diventa l’obiettivo principale dell’educazione

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l’assenza di cura

Mamma, commerciante, (6 e 4 anni): io voglio che giochi ogni giorno con un bambino diverso, così oggi vede M., domani Sa, e venerdì ho già fissato un pomeriggio con So….A: perché? Mamma: perché così lei non si sente mai sola, se litiga al mattino a scuola con qualcuno ha subito un altro con cui sostituirlo, se qualcuno fa gruppetto e non la vuole può andare a giocare con qualche d’un altro….lei deve sapere che c’è sempre qualche d’un altro, non voglio che soffra

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la performance

CC: e qui è curioso il fatto dei litigi, dei battibecchi, con la nonna, o la mamma o lo zio che vengono a prendere il bambino, non so oggi ti porto a nuoto, domani ti porto a danza e tu vedi i bambini che veramente vorrebbero proprio andare a casa, non andare e dei litigi incredibili.. è difficile riuscire.. allora cosa succede che qua il genitore ti chiede spesso aiuto «maestra che cosa dice è vero che..» e allora lì a volte non è neanche bello eh beh, togliere quelle che è la.. perché il genitore spesso ti senti dire, eh ma lo faccio perché non so dove metterlo.. quindi cioè vieni incontro anche al fatto che.. non è vero che il genitore non si interessa del suo bambino, è vero anche che lo carica di altre competenze.. Io ho un bambino di 4 anni che fa 2 volte alla settimana violino, una volta alla settimana, pensate, piscina, quindi sono 3 giorni, e una volta va a catechismo col fratello, comunque ha 4 anni è ancora piccolissimo, forse un giorno alla settimana che può dedicare il tempo a quello che vuole lui; …ma lui se tu fai una conversazione con lui, lui ti direbbe che la cosa che gli piace di più è quando la mia mamma mi porta a casa e io posso sedermi sul mio divano col mio peluche

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vivere il presente

A: quale è la vostra preoccupazione più grande per il futuro dei vostri figli?Mamma, 38, impiegata, (7 e 4 anni): ma io un po’ riassumo piccole cose che ho detto… non ho… non sono ancora in grado di pensare al loro futuro, cosa farannoA: la interrompo un attimo: lei non ha neanche dei progetti? Mamma: sì, ma possono cambiare ogni giorno..A: però un’idea lei ce l’ha di cosa vorrebbe?Mamma: no…no…perché cambia per me, figuriamoci per loroA: neanche un desiderio?Mamma: sì, ma non so se tra due anni vorrò ancora questo per i miei figli

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il relativismo estremoMamma, 42, libera prof, (8, 5 e 2 anni): allora quello più grande l’anno scorso me l’ha chiesto, come mai lui non faceva.. catechismo al pomeriggio.. allora io, avendo fatto.. una cosa onesta…ho detto che a scuola uno impara tutto e poi al pomeriggio uno può decidere di approfondire quello che vuole, può fare musica, può fare un’attività sportiva, può fare religione, può fare disegno, può fare inglese, e uno sceglie le materie che preferisce approfondire.. per cui poteva benissimo scegliere se voleva andare a catechismo (ride), se voleva andare a chitarra, se preferiva andare a fare ginnastica, lui naturalmente non ha scelto di fare catechismo.. se avesse scelto di fare catechismo non lo so, non lo so che cosa avrei fatto, forse glielo avrei fatto fare…cioè non voglio che sia.. cioè ognuno deve scegliere quello.. insomma quello che preferisce.. cioè io non lo sceglierei, però magari lui ha un’idea diversa.. non so.. mio figlio farà.. se lo vorrà, lo farà.. preferirei di no... però

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la difficoltà nel dare le regole

A: qual è la regola più importante che avete dato a Tom?M: la regola più importante..A: se ce n’è una..M: ma oddio.. per ora non ha una regola.. no, non ho una regola particolare. .cioè di comportamento o … che cosa intendi?

A: la regola più importante che avete dato a Tom?M: Oddio, non è che abbia molte regole.. in che senso regole?A: ma sia pratiche a casa…M: siamo molto elastici…non ci sono regole particolari

Mamma: la regola più importante? Oddiooooo…A: quella cosa che se non la rispettano vi arrabbiateM: (silenzio).. oddio non so proprio cosa dire.. non so cosa dire..(silenzio)…sono in difficoltà..(ride).. non mi viene in mente niente

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l’esperienza come bene in sé

A: qual è il vostro obiettivo educativo più importante?Mamma: io voglio che impari un sacco, che faccia un sacco di esperienze…

A: per voi genitori quale è il vostro obiettivo educativo più importante?Mamma Tom : ma, comunque, di stare bene con tutti.. cioè senza fare particolari differenze.. di non avere già delle preferenze loro da piccoli, cioè di non essere selettivi, cioè secondo me devono fare esperienze in tutti i modi e con tutti… e soltanto dandogli tanti imput alla fine uno riesce poi da grande anche a scegliere

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“stato di eccitazione emozionale permanente” che non permette

più al bambino di costruire dentro di sé i meccanismi dell’attenzione profonda e della strutturazione di

un linguaggio interiore organizzatore delle proprie

emozioni e dei propri apprendimenti

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Crisi del concetto di responsabilità

Responsabilità significa • CURA• ATTESA• IMPEGNO• SCELTA• COMUNITA’

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La responsabilità genitoriale: una definizione

Battuta di spiritoDifficoltà Indecisione Paura Relativismo acritico

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Responsabilità genitoriale

A: se lei dovesse definire il concetto di responsabilità di un genitore come lo definirebbe? Cosa significa per lei che un genitore sia responsabile?Coordinatrice: responsabile del suo bambino?A: mmmCC: è un argomento talm…in una parola? A: mmmm.. una fraseCC: una fraseA: anche due (ride)CC: anche due…mmmm, un genitore è responsabile, ma secondo me…..dunque.. io, non amo pensare che ci siamo genitori non responsabili.. è molto per me difficile dare una definizione di responsabilità di un genitore.. cioè un genitore è sempre responsabile.. Non lo soA: non esistono genitori irresponsabili?CC: sì…li leggiamo anche sulle cronache, però per fortuna prima, io prima di dire un genitore è irresponsabile cioè voglio avere della documentazione molto, molto, molto, valida.. perchè non posso io etichettare un genitore irresponsabile, su quali basi..

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Responsabilità genitoriale

A: se lei dovesse definire il concetto di responsabilità genitoriale, secondo lei cosa è un genitore responsabile?mamma: (silenzio) dopo lì è una cosa individuale… nel senso che.. un genitore responsabile secondo me è.. è un genitore che segue la crescita del figlio e cerca il meglio per lui.. io adesso non so.,.. poi uno magari può essere responsabile se gli dà determinate regole, lo fa mangiare determinati cibi, lo fa frequentare solo determinati posti, mentre un altro può essere responsabile in un’altra maniera.. cioè adesso io non so; io per me.. per quanto riguarda me essere responsabile nei confronti dei miei figli è cercare appunto di farli crescere al meglio, di educarli in una maniera corretta, di dargli quelle regole che servono per non essere degli scapestrati, e basta… dopo… gli altri.. non so…

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La responsabilità nei bambini 0-6

Richiesta di chiarimentoSorpresaFastidioNervosismo, tensione

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La responsabilità 0-6 anniCoordinatrice di nido: ma non ho capito nemmeno bene su che cosa poverino deve essere responsabile un bambinoA: 0-3 anni, lei direbbe non si può chiedere di essere responsabile di nulla?CC: ma no, non ho capito su che cosa..A: no, glielo sto chiedendo, non so secondo lei? CC: responsabile (perplessa)A: la domanda è: nella fascia 0-3 un bambino può essere ritenuto responsabile di qualche cosa secondo lei?CC: responsabile..A: oppure la responsabilità viene dopo… 0-3 può fare qualsiasi cosa…CC: noooo …non può fare qualsiasi cosa.. però al tempo stesso non è nemmeno responsabile per le azioni che non deve fare.. cioè…ci mancherebbe

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Dove è finita la responsabilità?A: quindi possiamo dire che voi non tendete a pensare in termini di responsabilità i bambini che stanno qua?Coordinatrice di nido: io così piccoli no! qualche cosa sul…sul grande… ma non la chiamo come responsabilità cioè la chiamo con altri termini, come capacità di…. autonomia, di fare da solo, di chiedere, di essere curioso... la chiamo in altri modi…però la responsabilità in un bambino, mi sembra un po’ prestino, ecco…DIPARTIMENTO DI STUDI

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Dove è finita la responsabilità?

Coordinatrice di scuola infanzia: i bambini sono responsabili secondo me dei loro incarichi, delle loro cose, quando ad esempio l’anno dei grandi magari dai l’astuccino, cercate di essere responsabili del vostro astuccio e dei vostri pennarelli, non lo so, proprio cose minime.. altre responsabilità io mi sento di declinarle in modo assoluto

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Dove è finita la responsabilità?

A: Di che cosa è responsabile sua figlia (6 anni) secondo lei?Mamma (6 anni): di che cosa…. scusi… A: sì, di quali comportamenti è responsabile?M: mah… non riesco.. .lei è autonoma nel fare le cose…responsabile nel….non so a volte mi aiuta a fare i letti

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Dove è finita la responsabilità?

A: è un bambino che definisce responsabile?Mamma (5 anni): oddio responsabile mi sembra una cosa un po’ grande.. autonomo.. questo sì.. autonomo, abbastanza indipendente.. le sue cose le fa.. poi sì.. cioè un bambino di cinque anni può essere responsabile? Le chiedo.. non so (tono risentito)A: è questa la domanda che noi facciamo ai genitoriM: io credo che sia un’affermazione molto pesante questa... io non penso che un bambino di cinque può essere responsabile, può essere competente..DIPARTIMENTO DI STUDI SOCIALI E POLITICI

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Dove è finita la responsabilità?A: secondo lei i suoi figli [ 7 e 5 anni] sono già responsabili di qualcosa? Voi li pensate come responsabili di qualcosa?Mamma: responsabili in che senso? Non capisco….

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Dove è finita la responsabilità?A: secondo lei il suo bambino più piccolo è già responsabile di qualcosa? Lei lo pensa come responsabile di qualcosa?M (8 e 10) : non lo so… noA: e il più grande?M: no, no, di che cosa poi?A: è ancora troppo presto?M: ma sì.. responsabili di.. mah (ride) A: secondo lei da che età un bambino diventa responsabile?M: (sospiro) non lo so.. neanche da.. forse.. dopo l’adolescenza(ride)

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Dove è finita la responsabilità?A: da che età secondo voi un bambino diventa

responsabile del suo comportamento?Papà (9 e 6 anni) :non le so rispondereMamma : è difficilePapà: credo che noi ne avremo ancora anche per altri venti o trenta.. di anni, come minimo, finché non si sposerà e uscirà di casa e forse anche dopo, però al di là di questo non le so dare un’etàMamma: anche perché dipende dal bambino, proprio, cioè dipende dalla maturità.... la responsabilità si acquisisce con la maturità

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Competenti ma non responsabili?

Il linguaggio delle esperienze, delle competenze, degli apprendimenti, degli stadi evolutivi, delle autonomie

ha sostituito il linguaggio delle responsabilità individuali e sociali, del «rispondere delle proprie azioni» in un contesto sociale

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Lo scollamento tra competenze eresponsabilitàSganciata dalle pratiche educative «responsabilità» diventa «una parola troppo grossa», evoca la dimensione del sacrificio, del peso da sopportare, della colpa, diventa qualcosa di cui sgravare il proprio figlio, da cui tutelarlo.Non indica invece quella necessaria, graduale, quotidiana, semplice integrazione nella propria identità della dimensione relazione e sociale.

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