ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

19
ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Un cavàgn sensa lùnd vale come un salame càs di Savino Raboni Calma: Calma, tranquillità, bo- naccia. Ancora una volta abbiamo opinioni di scordanti. Muratori parte dal greco Kàuma (in origi- ne Kàluma? = calura, ardore) e fa riferimento al fenomeno atmo- sferico considerando che di fron- te alle grandi calure si accompa- gnano grandi silenzi. Pianigiani spiega il concetto con un esempio pratico: nelle ore più calde, come sul mezzogiorno, tace il lavoro dei campi. Calmèr: Storia bizzarra quella del termine in esame. E questo è dovuto anche al fatto che nei secoli ha cambiato significato. Oggi indica "il prezzo di derrate di prima necessità, fissato dalle autorità per impedire il rinca- ro artificioso delle medesime" (Palazzi). In passato invece il calmiere era uno strumento di misura, una Canna. Con questo senso deriva dal greco-bizantino Kala{mo jmètrion = della misura di una canna. Il termine è soprav- vissuto nel dialetto veneziano con calmedro ; mentre nel XIII secolo suonava calamèrium. Forse pia- GGTM cerà sapere che il nostro vocabolo è parente di Calamaio e Calami- ta in quanto tutti i termini hanno a che fare con la canna, come già detto alla parola Calamìta. Calénia: Calunnia, maldicen- za, menzogna. E non è vero che si tratta solo di un "venticello". Specialmente se pensiamo alle conseguenze. Diceva un filoso- fo francese dell'IlIuminismo: "Calunnia, calunnia! Qualcosa resterà"! Prisciano parte dal ver- bo latino Calvor = io inganno, il cui sostantivo è calumnia. Ma vi è una probabile derivazione dal greco Kaléò = io ammalio. Capàra: Caparra, anticipo di de- naro quale garanzia. Si tratta di una parola composta dai termi- ni Capo e Arra. Devoto risolve la questione intendendo l'inizio (capo) della garanzia (arra). Pianigiani preferisce rifarsi al latino Cape (prendi) e Arrham = pegno, prova di fedeltà. Ma la parola Arra è di origine ebraica: èrabon = pegno. E' poi passata in greco con Arrabòn e quindi in latino prima con Arrabo, poi semplificato in Arra. Càrda: Graticcio, cancello ru- stico, apertura in un recinto. Più che altro serviva per impedire agli animali di uscire dal recinto o di entrare in luoghi non idonei (ad es. nell'orto). Secondo Cavalieri deriva dal latino Cràtis o Cràtes (graticcio), e la trasformazione è avvenuta per metatesi: Cràta c-cràda »càrda. Il diminutivo è Cardèl. Càrga, Càrghe, Cargàr: Il ter- mine Càrga indica la quantità di roba che un mezzo di traspor- to (come il carro), o un animale da soma, può trasportare in una sola volta, in un solo viaggio. In un certo senso il termine diventa anche unità di misura: 'Na càrga d' lègna = un biroccio di legna da ardere. Meglio però non ricevere 'Na carga d' bòti, per non mettere a rischio le proprie ossa. Càrghe, al maschile, ricorda un peso im- posto, una grande fatica (concetto legato sempre al trasporto di qual- cosa). Ricorda pure gli acciacchi dovuti all'età (1' sùn càrghe d'àn = sono vecchio!) o anche le tribolazioni dovute ad un impegno esclusivo e oneroso, proprio, non de- legabile. E, volendo, ci possiamo aggiungere la sfumatura di qualcosa di superiore, di ineluttabi- le! Resta comunque una perplessità: se uno ti cala un carico, sia che tu stia giocando a carte, sia che qualcosa ti sia andato stor- to, vuoi dire che non c'è via di scampo! Per l'eti- mologia si ricorre al latino Carricare = usare, servirsi del carro. Come sostantivo compare nel Medioevo, prima come Càriga, poi Càrga. La voce Càrica compare negli statuti di Cervia (1588); Càriga la troviamo in quelli di Pia- cenza già nel XIII secolo. Carsol: Dopo avere es- siccata al sole e battuta la canapa, dopo averla "con- ciata" con gli spadoni, i ra- strelli, i pettini, le fibre ve- nivano disposte in un certo ordine in base alla qualità. La parte più scadente era costituita dai "tòs'', utiliz- zabile solo per fare funi o tessuti ruvidi, quali sacchi per granaglie e farinacei. La par- te più facile da lavorare e filare, migliore come qualità, veniva de- nominata Cado1 o anche Garzol se ci spostiamo verso Modena e Bologna. Trattandosi delle fibre più lunghe, facili da avvolgere in- torno alla filettatura dei rubinetti (un tempo anche per le "spine", i rubinetti in legno per tini, botti, barili), il Carsol risultava più fa- cile da filare e da tessere. Se poi l'arte e l'esperienza delle tessitrici ne ricavava un delicato Rigadin da cui realizzare un taglio com- pleto per un vestito, c'era solo da "tgnis, ad bùn" e fare il pappagal- lo nelle feste. Ci siamo persi un po' per strada, ma l'etimologia di Cargiuolo (o Garzuolo) viene collegata a Cardo. Giustamente, se ricordiamo che il primo metodo di "pettinare" la lana o la canapa consisteva nel trattarla con un car- do. E il verbo cardare fa la spia. Durante il Medioevo compare il termine carzòlus a Modena nel 1306. Càs: Evitiamo allusioni più o meno triviali. In latino Cassus significa semplicemente: vuo- to, inutile, cancellato (Devoto), e non ha nulla in comune con l'altro termine. La preoccupazio- ne giungeva quando, dopo avere provveduto a fare le insaccatu- re, qualche salame risultava non pressato a dovere ed evidenziava vuoti all'interno del budello. Il che comportava muffa e sapori al- terati, nonché la delusione per do- ver sacrificare il salame avariato. Ancora oggi il verbo cassare, in italiano, ha il significato di: can- cellare (le scritte alla lavagna), annullare (un impegno), abrogare una legge o una sentenza. Ed è il significato pari pari del termine latino (Pianigiani). Per Devoto invece il termine casso deriva dal latino Credere = tagliare, elimi- nare. Pianigiani poi cita anche un suo coetaneo, il prof. Heyse, che preferisce la derivazione dall'ara- bo Kasara col significato di spez- zare, rompere. Casaghèj: Tipo di polenta condita con soffritto di lardo, aglio, fagio- li cotti e altri ingredienti. A Cer- varezza si dice Casciaghèj, e nel modenese Calza gatti, ma anche puléinta inciuldèda, periunèr, paparò-c, ugonòti (Bellei). E qui la situazione si fa davvero ardua anche solo per la traduzione: cac- ciagalli o calzagatti? Di versioni se ne trovano diverse, ma tutte a livello di racconto popolare. Una

Transcript of ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

Page 1: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI

Un cavàgn sensa lùndvale come un salame càs

di Savino RaboniCalma: Calma, tranquillità, bo-naccia. Ancora una volta abbiamoopinioni di scordanti. Muratoriparte dal greco Kàuma (in origi-ne Kàluma? = calura, ardore) efa riferimento al fenomeno atmo-sferico considerando che di fron-te alle grandi calure si accompa-gnano grandi silenzi. Pianigianispiega il concetto con un esempiopratico: nelle ore più calde, comesul mezzogiorno, tace il lavorodei campi.

Calmèr: Storia bizzarra quelladel termine in esame. E questoè dovuto anche al fatto che neisecoli ha cambiato significato.Oggi indica "il prezzo di derratedi prima necessità, fissato dalleautorità per impedire il rinca-ro artificioso delle medesime"(Palazzi). In passato invece ilcalmiere era uno strumento dimisura, una Canna. Con questosenso deriva dal greco-bizantinoKala{mojmètrion = della misuradi una canna. Il termine è soprav-vissuto nel dialetto veneziano concalmedro ; mentre nel XIII secolosuonava calamèrium. Forse pia-

GGTM

cerà sapere che il nostro vocaboloè parente di Calamaio e Calami-ta in quanto tutti i termini hannoa che fare con la canna, come giàdetto alla parola Calamìta.

Calénia: Calunnia, maldicen-za, menzogna. E non è vero chesi tratta solo di un "venticello".Specialmente se pensiamo alleconseguenze. Diceva un filoso-fo francese dell'IlIuminismo:"Calunnia, calunnia! Qualcosaresterà"! Prisciano parte dal ver-bo latino Calvor = io inganno, ilcui sostantivo è calumnia. Ma viè una probabile derivazione dalgreco Kaléò = io ammalio.

Capàra: Caparra, anticipo di de-naro quale garanzia. Si tratta diuna parola composta dai termi-ni Capo e Arra. Devoto risolvela questione intendendo l'inizio(capo) della garanzia (arra).Pianigiani preferisce rifarsi allatino Cape (prendi) e Arrham= pegno, prova di fedeltà. Ma laparola Arra è di origine ebraica:èrabon = pegno. E' poi passatain greco con Arrabòn e quindiin latino prima con Arrabo, poisemplificato in Arra.

Càrda: Graticcio, cancello ru-stico, apertura in un recinto. Piùche altro serviva per impedire aglianimali di uscire dal recinto o dientrare in luoghi non idonei (ades. nell'orto). Secondo Cavalierideriva dal latino Cràtis o Cràtes(graticcio), e la trasformazioneè avvenuta per metatesi: Cràtac-cràda »càrda. Il diminutivo èCardèl.

Càrga, Càrghe, Cargàr: Il ter-mine Càrga indica la quantitàdi roba che un mezzo di traspor-to (come il carro), o un animaleda soma, può trasportare in unasola volta, in un solo viaggio. Inun certo senso il termine diventaanche unità di misura: 'Na càrgad' lègna = un biroccio di legna daardere. Meglio però non ricevere'Na carga d' bòti, per non metterea rischio le proprie ossa. Càrghe,al maschile, ricorda un peso im-posto, una grande fatica (concettolegato sempre al trasporto di qual-cosa). Ricorda pure gli acciacchidovuti all'età (1' sùn càrghe d'àn= sono vecchio!) o anchele tribolazioni dovute adun impegno esclusivo eoneroso, proprio, non de-legabile. E, volendo, cipossiamo aggiungere lasfumatura di qualcosa disuperiore, di ineluttabi-le! Resta comunque unaperplessità: se uno ti calaun carico, sia che tu stiagiocando a carte, sia chequalcosa ti sia andato stor-to, vuoi dire che non c'èvia di scampo! Per l'eti-mologia si ricorre al latinoCarricare = usare, servirsidel carro. Come sostantivocompare nel Medioevo,prima come Càriga, poiCàrga. La voce Càricacompare negli statuti diCervia (1588); Càriga latroviamo in quelli di Pia-cenza già nel XIII secolo.

Carsol: Dopo avere es-siccata al sole e battuta lacanapa, dopo averla "con-ciata" con gli spadoni, i ra-strelli, i pettini, le fibre ve-nivano disposte in un certoordine in base alla qualità.La parte più scadente eracostituita dai "tòs'', utiliz-zabile solo per fare funi otessuti ruvidi, quali sacchiper granaglie e farinacei. La par-te più facile da lavorare e filare,migliore come qualità, veniva de-nominata Cado1 o anche Garzolse ci spostiamo verso Modena eBologna. Trattandosi delle fibrepiù lunghe, facili da avvolgere in-torno alla filettatura dei rubinetti(un tempo anche per le "spine",i rubinetti in legno per tini, botti,barili), il Carsol risultava più fa-cile da filare e da tessere. Se poil'arte e l'esperienza delle tessitricine ricavava un delicato Rigadinda cui realizzare un taglio com-pleto per un vestito, c'era solo da"tgnis, ad bùn" e fare il pappagal-lo nelle feste. Ci siamo persi unpo' per strada, ma l'etimologiadi Cargiuolo (o Garzuolo) viene

collegata a Cardo. Giustamente,se ricordiamo che il primo metododi "pettinare" la lana o la canapaconsisteva nel trattarla con un car-do. E il verbo cardare fa la spia.Durante il Medioevo compare iltermine carzòlus a Modena nel1306.Càs: Evitiamo allusioni più omeno triviali. In latino Cassussignifica semplicemente: vuo-to, inutile, cancellato (Devoto),e non ha nulla in comune conl'altro termine. La preoccupazio-ne giungeva quando, dopo avereprovveduto a fare le insaccatu-re, qualche salame risultava nonpressato a dovere ed evidenziavavuoti all'interno del budello. Ilche comportava muffa e sapori al-terati, nonché la delusione per do-ver sacrificare il salame avariato.Ancora oggi il verbo cassare, initaliano, ha il significato di: can-cellare (le scritte alla lavagna),annullare (un impegno), abrogareuna legge o una sentenza. Ed è ilsignificato pari pari del termine

latino (Pianigiani). Per Devotoinvece il termine casso deriva dallatino Credere = tagliare, elimi-nare. Pianigiani poi cita anche unsuo coetaneo, il prof. Heyse, chepreferisce la derivazione dall'ara-bo Kasara col significato di spez-zare, rompere.Casaghèj: Tipo di polenta conditacon soffritto di lardo, aglio, fagio-li cotti e altri ingredienti. A Cer-varezza si dice Casciaghèj, e nelmodenese Calza gatti, ma anchepuléinta inciuldèda, periunèr,paparò-c, ugonòti (Bellei). E quila situazione si fa davvero arduaanche solo per la traduzione: cac-ciagalli o calzagatti? Di versionise ne trovano diverse, ma tutte alivello di racconto popolare. Una

Page 2: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

di queste leggende parla di unabattaglia avvenuta in un territorionon ben definito in cui i Galli fu-rono battuti utilizzando la polentacome arma (scaccia galli). Moltopiù realistica l'interpretazione delCavalieri che sceglie la versionecaccia-galli, ma riferito agli ani-mali da cortile. Si tratterebbe diuno stratagemma per cacciare(= prendere) i galletti dando loro,come esca, la polenta. In tal casobisogna risalire all'espressionelatina Captiare gallos = fare pri-gionieri i galli.

Cavàgn: Canestro, cesto, panie-rino. E' un attrezzo dalle infiniteprestazioni. Per questo ritornasempre utile: A n'eh 'é trist ca-vàgn / eh 'a n' vègna bùn 'na voltaa l'ano A volte si usa il termineper descrivere persone incapacidi mantenere un segreto: Al per-da emé un eavàgn sénsa fùnd =fa acqua come un canestro senzafondo. Il termine, anche se conleggere differenze, lo troviamo

un poco ovunque negli statutidel Nord-Ovest, a cominciare dal1316 (Parma), oltre che in Sicilia,a Pistoia, in Liguria, in Svizze-ra, nella Savoia e nella Proven-za. Partiamo dal latino càvus =concavo. L'aggettivo di cavus ècavàneus, che poi, piano piano,diventa cavànius (Cavalieri), an-che se ci viene ricordato un latinovolgare cabànium. E il ricordotorna agli innumerevoli cavàgncolmi di castagne, portati al me-tato e versati con cura stira al stré .

Clàsa: Classe sociale, ceto, stile.Classe scolastica. Anno di nasci-ta. In ognuno dei casi indica unacategoria ben precisa. Si trattadella evoluzione della radice Kla

che ha dato origine al verbo lati-no Calèo = chiamo, arruolo. Conquest'ultimo significato nasce ilnome latino clàssis = flotta. Faral sincli clàsi = frequentare tuttoil ciclo delle elementari. L'é d' lami' clàsa = è un mio coetaneo.

Cavdfm: Alari, supporti per soste-nere la legna nel focolare. In ita-liano evitiamo l'uso di cavedoni, èun idiotismo trasferito pari pari initaliano. Deriva dal latino càput,quasi ad indicare un punto di par-tenza, un punto di riferimento. Ca-valieri preferisce arrivare subitoa càpito, capitònis indicando neltermine le figure antropomorfecon cui, di solito, si ornavano glialari. E, già che ci siamo, diciamoanche l'origine di Alari. Si trattadella contrazione dell'espressionelatina (jerrum) ad larem = ferroche sta vicino al dio tutelare (Lare)della casa. Quale posto più impor-tante, nella casa, del focolare checi dà il calore, cuoce i cibi, ascoltale nostre storie?

In posa vicino alla "càrda"(foto archivio don Vasco Casotti).

Cavdàgna: Cavedagna, la par-te terminale di un campo arato,dove non è possibile lavorarein modo uniforme. Di solito illavoro veniva poi concluso amano. Oppure si lasciava la ca-vedagna a saldo, da utilizzarecome carraia per non danneg-giare il vicino e perché era pe-ricoloso andar fora d' la cavdà-gna specie su da noi: si potevaruzzolare con tutta la taccata.Anche in questo caso ricorria-mo al latino: capitànea = chesta all'inizio (a capo) del solco.A Cervarezza lo stesso termineindica anche le parti terminalidi una pezza di stoffa. Ardusis ala cavdàgna significa non averepiù speranze. •

Page 3: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI

AI cuncìm pu' bun l'è al sudOr

di Savino RabottiCasin: Una prima idea è quelladi confusione, disordine. Poi ilpensiero corre alle case del giocod'azzardo e a quelle di tolleranza.Oggi, nella parlata popolare, staanche per grande quantità (Uncasino di bene), o per un gesto dirivolta (Piantare su un casino ...).Storicamente il Casino era ladimora-rifugio dei signorotti delluogo. Vi si ritiravano per la cac-cia, per sorbirsi un tè lontani dallebeghe amministrative, per poterleggere in santa pace, per discute-re di cose importanti con amici, oper altre cose personali. In segui-to il termine è passato ad indicareun locale per appuntamenti equi-voci. Da quest'ultima interpreta-zione è derivato il significato diconfusione, disordine ecc., legatoal fatto che in simili locali vi eraspesso confusione per la presen-za di persone e chiasso. Anche ilsenso figurato è legato a questainterpretazione. Etimologicamen-te deriva dal diminutivo di casa,quindi piccola casa. Riferito peròalle case per il gioco d'azzardo iltermine è rientrato in Italia dallaFrancia, conservandone la pro-nuncia: casinò.

Cov: Covone, fascio di spighemietute. Qualcuno li definisce an-che manipoli, che però sono unamanciata di spighe contenute inuna mano (detti manèli) e non iveri covoni, che si ottenevanolegando assieme molte mannelleo con le stròpe o con i ligàm (disegale). Anche il Tommaseo cadenello stesso errore: "Quel fascet-to di paglia, o di gambi di sega-le, ecc., che fanno i mietitori nelmietere". Da qui la derivazioneetimologica da cavus inteso come"la quantità di spighe che posso-BBTM

no stare in una mano" , accettatodalla maggioranza degli studiosi.A mio parere il concetto sbagliatodi covone è dovuto alla mancanzadi contatto immediato con la vitadei campi. Pianigiani almeno citala Crusca che preferisce risalire acovo come letto in quanto le man-nelle, prima di essere legate incovone, venivano distese al soleperché si asciugassero: " ... perchéquei fascetti formano una speciedi letto o covo ...". Lo stesso au-tore cita anche Scheler che fa ri-salire il termine ali 'antico tedescoKufo (tedesco moderno Haufen)col significato di mucchio.

Cretin: Chi se lo sente dire dicerto non si lecca i baffi. Non èun termine lusinghiero, ma losentiamo pronunciare con fre-quenza e l'interpretazione attua-le non lascia dubbi sul giudizioverso la persona apostrofata. Inrealtà il termine ha origine daun atteggiamento di pietà neiconfronti del prossimo in quantoderiva dall 'espressione franco-provenzale crétin, equivalente apovero cristiano (o povero cristo,poveraccio), pronunciato all'in-dirizzo di pellegrini e mendican-ti (Devoto). Colonna e Rusconiconvalidano questa opinione,però la attribuiscono allo scritto-re francese F. E. Fodéré, autoredel saggio Traité du goitre et ducrétinisme [Trattato sul gozzo e ilcretinismo] pubblicato nel 1862su Revue d'economie chrétienne,Secondo l'autore citato il creti-no è un cristiano che prende allalettera l'espressione evangel icaBeati i poveri di spirito. Conso-lante, vero? Tommaseo allude allaparola latina Cretio, cretiònis(dal verbo Cresco), e si riferisce apersone cresciute male dal puntodi vista fisico-intellettuale.

Cùbi, Cobi o Cubi: Covo, letto,giaciglio. Ci si riferisce preva-lentemente alle lepri. In passa-to indicava anche il posto ove icolombi potevano covare, dettoanche Bzirghe. In questo caso sitrattava di una gabbietta a formadi cono, chiusa su una estremità,e sull' altra dotata di una specie dipredellino che permetteva al pic-cione di fermarsi comodamente.Era costruito preferibilmente convitalbe (gus.edri), ma anche convimini, e collocato di preferenzasotto il tetto, nella parte vicinaalla gronda. Deriva dal verbo lati-no Cubàre (dormire) confermatodai sostantivi cubile (= lettiera,covile, giaciglio [Cavalieri]), cu-bicolo, decubito.

Cudàr: Cotale, supporto per lacote (detta preda). In origine eraricavato da un corno bovino, poisostituito con un contenitore me-tallico. Dispone di un gancio peressere appeso alla cintura e devecontenere una piccola quantitàdi acque per agevolare l'affila-tura di falci fienarie, falci mes-sori e o altri strumenti da taglio.L'azione dell'affilare si definiva:dar la preda (al fèr, a la msùra,ecc ...). Per l'etimologia l'aggan-cio immediato è con il latino Còs,còtis = oggetto tagliente, oggettoaffilante (da cui l'italiano cote).Rusconi cita una derivazione dalsanscrito çanah. A favore di taleopinione Pianigiani cita numero-si esempi. Devoto preferisce la ra-dice indoeuropea Ko = tagliare. Iltermine inglese Cutter conferme-rebbe l'i nterpretazione. Il nostrotermine dialettale ha un antenatonel latino tardo Cotiarium (Cava-lieri, Meyer).

Cùdga, Cédga: Cotica, cotenna,pelle indurita. Persona assuefattaalle avversità o dura da convince-

re. Zolla, blocco di terra con erba.Deriva dal latino volgare cùtica,deformazione del classico cutis(Pianigiani). Dallo stesso termi-ne deriva cutìn(n)a = cotenna(Devoto, Rusconi). Et mangia lacùdga? era un'espressione rivol-ta a chi disponeva di attrezzi ci-golanti, non lubrificati. In realtàvoleva dire: sei tanto povero chedevi mangiare le cotiche (semprerancide) destinate a lubrificaregli assali dei carri o altri attrez-zi. Infatti Mangiar dal cudghisignificava accontentarsi degliscarti. Mentre era più lusinghierosentirsi dire: L'é 'na cùdga dùraperché indicava una persona nonfacile da abbindolare.

Ciìlm, Ciìlme: Come sostantivo:La parte culminante di un tetto.Ma anche vetta, cima, dosso diun piano, schiena d'asino, riem-pimento, limite massimo. Devotoe Colonna si rifanno a Culmen =vetta, cima. Pianigiani, pur dan-do la precedenza a Culmen parlaanche di Cùmulus (in particolareper lo spagnolo e il francese). An-che come aggettivo (colmo, pienofino all'orlo) ha la stessa deriva-zione.

Cumèta: Corpo celeste con codaluminosa, aquilone. Nel modene-se indica il cervo volante. Invecenell'espressione Curiùi cme la

cumèta indica persona cocciuta,difficile da convincere oppure unindividuo voglioso di conosceree di imparare. Deriva dal grecoComètes = chiomato (Kòma =chioma). Il termine passa in lati-no con Comè es o Cometa, maqui ci si riferisce proprio ad uncorpo celeste dotato di alone ocoda fluorescente. Nella storia deldialetto reggiano va ricordata lastrenna La strèla cumèta, idea-ta, scritta e pubblicata da EmilioFranceschini dal 1923 al 1934,ove si possono seguire le gesta diMingòun da Bibiàn,

Cumpàgn, Cumpàgna: Sostanti-vo: compagno, collega di lavoro,di scuola o di partito, commilito-ne. Aggettivo: uguale, simile, ras-somigliante. Oggi indica anche lapersona convivente. La maggior

Page 4: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

parte dei ricercatori accetta laderivazione dal latino medioeva-le Cum pane, ed indica personeche condividono il pane con altri,con riferimento prevalentementea membri di un ordine religio-so. Pianigiani fornisce un lungoelenco di termini corrispondentinelle lingue neolatine e ancheinterpretazioni non accreditatequali la versione cum + pagus= compaesano, e combennones= compagni che viaggiano sullastessa benna. I cumpàgn i n'ènmia tu-c cumpàgn ci avverte chespesso l'apparenza inganna. Men-tre se un ammalato l'é sèmpercumpàgn vuoi dire che è stazio-nario, non migliora. Sa di rasse-gnazione invece l'espressione L'ecumpàgna = fa lo stesso.

Cumpanàdghe: Companatico,tutto ciò che si può abbinare alpane in un pasto. Ma il termi-ne spesso supera il confine delcibo per raggiungere significatimorali o metaforici: Aver pàne cumpanàdghe allude ad unaposizione sociale buona, in cui sidispone di mezzi in abbondanza.Ma Ciapiir pàn e cumpanàdgheindica una batosta sonora. Il ter-mine deriva dal latino popolareCompanàticum = che accompa-gna il pane. In passato esistevanoanche i sinonimi Companaggio,Companatica, Camangiare.

Curnparir: Apparire all'improv-viso. Mostrarsi. Darsi un tono, unatteggiamento. Sembrare. Esserenoto, rinomato. Sembra la sintesidel comportamento attuale: l'im-portante è esserci. on importaattraverso quali vie. In latino ilverbo è composta da Cum (con,assieme) e pareo = appaio, sonovisibile. Il pensiero corre al pro-verbio: A parlar dal dia vie a s'invèd i come = Se parli del diavolone compaiono le corna!

Cumplicàr: Rendere difficoltoso,complicare, ingarbugliare, intri-care. E non vi scappa di pensarealle difficoltà che incontriamo incontinuazione nell'espletare lepratiche a causa della burocrazia?Ma c'è anche gente che ha unmodo di ragionare contorto cheriesce a rendere difficili anche

le cose facili. E una volta tanto,quasi a dispetto del significatodel termine, troviamo gli studiositutti d'accordo. Il vocabolo derivadal verbo latino Cum + plicare =piegare più volte (due oggetti) in-sieme.

Cuncìm, Cunsàr: Concime, fer-tilizzante, letame. E qui lascia-temi fare una breve digressionein relazione al termine letame. Anoi suona sconcio. Sa di stalla e,quindi, va evitato. Ma nessunopensa all'origine di tale vocabo-lo. Lcetàmen in latino ha la stessaradice di ùetitia: gioia, vivacità,floridezza, E un orto ben conci-mato non è florido, lieto, vivace?La saggezza popolare ci insegna,se occorresse, che: Al cuncim pu'biin l'è al sudùr perché concentrasacrifici, attesa, e affetto verso laterra. Ma torniamo al nostro vo-cabolo. La base di questo termineè il verbo conciare, Comptiareper i latini, passato in italiano consfumature differenti. Si concianole vivande, le pelli, la lana e lacanapa. E, qualche volta, si può(ac)conciare anche l'aspetto. Conlo scopo preciso di rendere piùappetibile un cibo, più attraenteun viso, più fruibile una pelle dianimale, più facile da lavorare lalana e la canapa. Conciare, cometermine, compare nel medioevo(X sec.), e indica prevalentemen-te la preparazione di ornamenti odi condimenti. Cunsàr al pursèl= mettere in salamoia la carne dimaiale. Ancora una volta non viè accordo sull'origine della pa-rola. Per alcuni bisogna risalireal latino Comptiare (da Co +èmere) = comperare assieme adaltre cose (Devoto, Colonna, Ru-sconi). Altri preferiscono risalirea Como, còmis = acconcio, orno(Pianigiani che cita Menagio).

Cundisiùn: Modo di essere, statosociale, oppure limitazioni, rego-lamentazioni. Avremo perciò del-le condizioni sociali che indicanoil ceto di appartenenza. Oppureuno stato particolare di salute, oanche il modo di conservazionedi un oggetto. E, dall'altro lato,delle norme precise da osservareper un contratto o per l'apparte-nenza ad una società. Deriva dallatino classico Condicio (latinotardo conditio) che però si rifàal verbo cum + dìcere ed indicaun modo di porre o di osservaredelle norme fissate di comuneaccordo (Rusconi, Devoto, Co-lonna]. Il verbo Dìcere ha infat-ti valore di stabilire, dichiarare,decretare, oltre a quello comunedi dire, parlare. Pianigiani con-divide questa opinione quando sitratta di patto, clausola, restrizio-ne, ecc ... , ma quando il concettocoinvolge la maniera di confezio-nare un prodotto, di strutturarlo,preferisce la derivazione dal ver-bo latino Còndere = comporre,fabbricare. Perciò nel primo casoè chiaro che chi ha stipulato ilcontratto al gh'ha mis dal cun-disiùn, mentre per il secondo 'nacundisiiin pietiiia indica uno sta-to di salute compromesso o unacondizione psicologica disperata.

StioU~9snLSSiCi/5reSIfilC(nEziiSL

SINéREKaLamielmIcasizgicCIEesiriglnelLaFarMasta'masimcennatiattELarivolun(ni ~(20(pere nELa (sorpenturataLo stenericerquei

Page 5: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI

L·è un bel disàster restaresenza denar

di Savino RaboniCungèdo, Cumiàt: Licenzia-mento, commiato, congedo (finedel servizio militare - sospensio-ne temporanea di un impegno),esonero. Saluto, discorso di ad-dio. Il licenziamento può esserevolontario o imposto, il commia-to invece pacifico, amichevole, oanche brusco, con dissapori.In questo caso faremo il percorsoa ritroso. Il termine attuale deri-va dal francese antico Congiet(moderno Conge} (Devoto, Pia-nigianiy, che, a sua volta, è l'evo-luzione del latino commeàtus.In origine indicava la possibilitàdi circolare liberamente (cum +meare = andare avanti e indie-tro) con le merci, l'autorizzazioneal commercio, alle provvigioni.E anche i convogli che traspor-tavano le merci. In un secondomomento il termine è passato adindicare la licenza commerciale,per arrivare al concetto di cessa-zione di un contratto, ritiro da unaattività. Commiato, discendentediretto di commeatus, indica unafase conclusiva di un contratto.Ironica e realistica la conclusionedella canzone popolare Al vilàn,secondo la quale il padrone "alt'ajtua a fèr famìa, I (poi) r dà 'lcumièt e t' mànda via"!

Dàma: Con questo termine si al-lude, a volte anche in senso ironi-co, a una distinta signora. E ancheal gioco della dama o degli scac-chi. Si tratta della contrazione del

10TM

latino Dòmina = padrona di casa,signora (Devoto). E qui combaciacol dialettale Resdùra. Infatti laparola dòmina è legata al vocabo-lo Domus = casa. E' rientrato inItalia attraverso il francese Dame.Il termine si è evoluto in due dire-zioni: Domina diventa Dòmna inprovenzale (e Donna in italiano)mentre in francese diventa Dame,che, col tempo, passa ad indicarele signore di alto lignaggio, spes-so presenti a corte. Il gioco delladama è stato anche lui importa-to dalla Francia. Pare sia statoinventato da un polacco sotto lareggenza (1715-1723, Pianigiani-Colonna). Si definisce infatti Ieude dàmes = gioco delle signore.Piccola curiosità: anche il terminedamigiana pare derivi dallo stessotermine, coniato probabilmenteall'osteria con allusione a unaprosperosa signora: Dàme-Le-anne. Ma gli studiosi seri vannomolto più lontano, collegandoloalla città della Persia Damaghàn,ove era fiorente l'arte del vetro.

Dàn: Danno, perdita. Svantaggio.Rottura di un oggetto. La maggiorparte degli studiosi fa risalire iltermine al latino Dàmnum (latinoarcaico Dap-num), che indica lavalutazione di una offerta rituale(animale o oggetto, ma soprattut-to cibi). In pratica si tratterebbe diun danno economico conseguen-za di un compenso (dato al sacer-dote per la celebrazione di un rito)o di una penitenza. Lo conferma-no i termini derivati come con-dannare, dannare. E qui ci piace

ricordare un distico di un certoFujfn, improvvisato in rispostaai muratori intenti a rabberciareil tetto del campanile di Crovara:"L'é vergùgna, in pu' che 'l dànI aver 'na tùra quèrta a piàgn!"(Oltre al danno è umiliante avereun campanile coperto con le la-stre di pietra).

Decimar: Brutta l'origine di que-sto vocabolo. Quando l'esercitoromano subiva una sconfitta e imilitari non si erano impegna-ti strenuamente o si erano datialla fuga il condottiero schieraval'esercito poi ne sorteggiava unosu dieci e li condannava a morte(Devoto, Colonna, Rusconi, Pia-nigianiy. Pianigiani cita ancheuna voce contraria, il Canini, chenon condivide l'origine latina, mala fa derivare da un termine aria-no. La sostanza però non cam-

bia. Più vicini a noi nella storiafurono inventate le Dècime, che,alla fine, sono la sottrazione del-la decima parte del raccolto (incose o soldi) fatta dall'autorità.Ma almeno non decimavano lepersone!

Decrèt: Decreto, ordinanza, leg-ge. Il termine riguarda sia la na-tura giuridica sia il contenuto. Siparte dal verbo latino De-cèrnereche significa scegliere, distingue-re, decidere. Sotto quest'ultimoaspetto va impostato il contenutodel decreto: decidere, definire, de-liberare.

Dehìdre: Resta l'amaro in boc-ca a pronunciare questa parola.Quante volte sono andate in fumosperanze e propositi? Quante altreti sei fidato di un amico per poitrovarti con un pugno di mosche,quando andava bene? Deludereporta in sé tutto il sapore dellapresa in giro e della irrisione. Inlatino De-Iudere vuoI dire pren-dersi gioco di qualcuno, scherni-re. Si parte però da più lontano,dal sostantivo Ludus che indicaqualsiasi tipo di gioco attivo,compresa la commedia e la satira.Appartengono alla stessa radiceanche i termini Illudere e Ludi-brio.

Denàr: Abbiamo tra le mani laparola più amata e più bistrattatadel vocabolario. Quante amicizierovinate in suo nome! Il concettoè confermato da una moltitudinedi proverbi e modi di dire, come:"Il denaro è lo sterco del diavo-lo! (però come concima bene)",o l'altro: "Ciin i sàld e l'amicisiaIla s' fa in bàrba a la giustisiai",Presso i romani esisteva fin dal269 a.C. una moneta in rame chia-mata As, Assis (Asse), del peso diuna libbra. Il suo valore andò viavia scemando fino a pesare, sot-to l'impero, un terzo di oncia. IlNummus denarius aveva il va-lore di dieci assi. Sul davanti eraraffigurata la dea Roma con elmoalato; sul retro i Dioscuri. Vienechiamato con questo nome ancheun seme delle carte da gioco, i de-nari, detti anche ori.

Derbàr: Iniziare a nutrire lemucche con erba fresca. Il verboderbàr è quanto rimane di unaespressione latina: Herbam dare(altri preferiscono Ad herbamportare). Il passaggio tra il forag-

Page 6: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

gio secco e quello fresco avveni-va solo dopo che l'erba nuova siera fatta, cioè quando era ormaiconsistente, pronta per essere fal-ciata. Pasturare con erba troppofresca si correva il rischio che lemucche si gonfiassero e corresse-ro il pericolo di soffocare.

Derelìt: Poveraccio, persona sola,abbandonata da tutti. Nel nostrocaso però ad abbandonare l'indi-viduo più che le altre persone è lafortuna. Deriva dal latino Dere-Iìnquere = abbandonare, lasciareindietro. Si tratta di un verbo condoppio prefisso: De che indicaseparazione, allontanamento, reche sta per ripetizione, e linquo =lasciare, abbandonare.

Dessèvde: Insipido, senza sale.Se è riferito a persone sta persciocco, poco intelligente. Deri-va dal latino Dis-sàpidus = privodi sapore. A sua volta l'aggettivosàpidus deriva dal verbo Sàpereche vuoI dire avere sapore di.Questo verbo è passato pari pariin dialetto: Savèr ad tàp = averesapore di sughero; Savèr ad padi= avere sapore di avariato.

cialmente in salita. L'espressioneiniziale per descrivere l'oggettoera, in tedesco, Dynamo electri-sche Machine = macchina perprodurre elettricità. E' molto piùsemplice dire solo Dìnamo.

Diploma: Diploma, attesta-to, certificato. Deriva dal grecoDyplòma, uguale anche in latino,e sta ad indicare un foglio piegatoin due (da verbo dyplòò = piegoin due, raddoppio). Fin dall'ori-gine il termine assumeva partico-lare significato perché indicava ilfoglio che veniva consegnato agliambasciatori quale credenzialepresso il governo di destinazione.Ancora oggi gli ambasciatori ap-partengono al Corpo diplomatico.Un foglio di carta poteva esseredi una sola pagina (a rotolo o apergamena), piegato in due (Di-ploma), in quattro (quaderno), incinque (quinterno). Oggi abbia-mo anche l'ottavo o il sedicesimo ,secondo il formato del libro.

Dirèt: Tanti sono i significati diquesto termine: immediato, ret-tilineo, treno che corre fra duestazioni importanti senza soste

Dialetto: Vernacolo; dialetto."Linguaggio particolare, limi-tato a una regione o a una pro-vincia, diverso dalla lingua na-zionale" (Colonna). Si parte dalgreco Dialèctos = discorso, con-versazione, discussione. Si passapoi in latino con Dialèctus (Pia-nigianii per approdare in Franciacon Dialecte (XV sec.) e da quirientrare in Italia. Letteralmen-te significa parlare fra due o piùpersone. Lo stesso significato diDialogo. Oggi assistiamo ad unariscoperta del dialetto grazie allemolte compagnie teatrali e ai con-corsi di poesie dialettali. Purtroppomolto materiale dialettale è andatoperso. Speriamo ci siano studiosiinteressati ad approfondire tutti gliaspetti positivi del dialetto. Ancheper capire meglio la nostra storia ela nostra società di ieri.

Dinamo: Dinamo. Meccanismoche produce elettricità grazie adun movimento meccanico rotato-rio. Non si tratta di un termine pu-ramente dialettale, ma lo citiamocome curiosità, ricordando quantafatica occorreva per avere quellaparvenza di luce pedalando. Spe-

intermedie, discendenza. Dalverbo latino Dirìgere, significa:guidare, indirizzare verso. Megliocomunque evitare un "diretto" alvolto. Lasciamolo ai pugili.

Disàster: Disastro, sciagura, sfa-celo, rovina. Letteralmente ha isignificati elencati, ma in origi-ne coinvolgeva la superstizione.Il termine è composto da Dis +Aster. Aster era la buona stella,la fortuna, mentre il prefisso Discapovolge la situazione passandoad un valore negativo: sciagura,sventura. Come dire: ho il cieloavverso. Permettete una brevedigressione. Quasi sempre unaparola che inizia col prefisso Discontiene un concetto negativo, unsenso di separazione, di allonta-namento. Proviamo ad elencarnequalcuna: Disaccordo, disage-vole, disamorare, disarmare, di-sattento, disautorare, dissipare,disconoscere, e tante altre. Sottosotto rimane il senso di divide-re in due. Lo abbiamo ascoltatonell' infanzia quando due liti-gavano e uno dei due, accecatodall'ira, minacciava l'altro: l' t'a-spàch in dù. •

Page 7: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

II.

,_ . »". I j ~.~~

~TIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Rusconi, Pianigiani), Devotodistingue tra dormire e riposaree, secondo lui, chi dorme non èdetto che riposi. Potrebbe trat-tarsi di un semplice appisolarsi.In passato con lo stesso termine siindicava la parte del capo tra l'oc-chio e l'orecchio, corrispondentealla tempia. In questo caso la cosasi complica un tantino poiché ab-biamo trovato un solo ricercatoreche ha indagato il termine. Si trat-ta del DeLàtre (citato da Pianigia-ni) che ricorre ad un significatoarcaico di Tempus , col significatodi calore. E questo perché le tem-pie sono "la parre più calda delcorpo". Era opi n ione di ffusa chela tempia fosse il punto debole delcapo, e che colpirlo poteva causa-re tramortimento se non morte, equindi sonno temporaneo o eter-no. Crediamo che il senso pro-fondo del termine vada cercato inq uesto concetto.

Dusina: Anche in questo caso ilvocabolo ha due significati: doz-zina (dodici cose) e pensione,alloggio. Quanto all'aggettivoquantitativo lo si usava in modoparticolare nel baratto di uova conaltro materiale. La massaia infat-ti vendeva "una o più dozzine diuova" e col ricavato comperavaolio, sale, zucchero, ecc. Riferi-to al costo per vitto e alloggio iltermine deriva sempre dal nume-rale dodici, ma inteso come quo-ta: dodicesima parte di un anno,quindi paga mensile. In questocaso il vocabolo deriva dal latinotardo duodicìna (da duòdecim)attraverso il francese antico Dou-zaine.

Èbano: Ebano, legno pregiato,usato per intarsi, nero e durissi-mo. I più pregiati sono l'ebanodell'India (Diospyros ebenumi,e quello d'Africa (Diospyroscrassifiorai, poi, meno pregiato,l'ebano Verde (Tecoma leuco-xylon). Il percorso di questo nomeè lungo. Si parte dall'egizianoHbnj, per passare all'ebraicoEben, al greco Ebenos e al lati-no Hebenus (Devoto, Colonna,Rusconi, Pianigiani}. Il termineebraico Eben è affine ad Aben= pietra. Poiché l'ebano è duro,pesantissimo e non galleggia puòessere che venisse paragonato aduna pietra (Pianigiani).

di Savino RaboUi anche i termini diverbio, diverso,diversorio, ecc.

anche l'addetto alla custodia deicanali d'irrigazione. Si tende acollegare questo termine con ilmedioevale ducarius o ducale,inteso come conduttura dell 'ac-qua. In tal caso viene chiamatoin causa il verbo latino Dùcere =guidare, condurre (Bertani), Min-ghelli preferisce ricorrere al grecodokòs (latino docus). Il dokòs eraun travicello di legno. Da qui ladoga o la stessa botte. el 1555(S. Andrea Pelago) compare iltermine dogari inteso come sol-chi di scolo delle strade. Piccoladigressione: dal termine dokòspotrebbe essersi evoluto il sardoDorgaLu (solco, scolo). E perchéno il nome dei due torrentelli incomune di Carpineti, uno affluen-te del Secchia e l'altro del Tresi-naro, denominati Dorgola?

Drarnès: Frastuono, baccano,confusione di suoni. A volte in-dica bambini irrequieti, che nonstanno fermi. In questo casoesprimiamo un 'opinione persona-le, visto che in nessuno dei recen-ti vocabolari dialettali (teggiano,modenese, bolognese) è stato tro-vato il vocabolo in questione. Anostro parere deriva da intermez-zo. Sappiamo che l'intermezzoera un pezzo musicale o comico,recitato tra un atto e l'altro di undramma teatrale per permettere aimacchinisti di sostituire le scene.Quindi si creava un poco di con-fusione per attirare l'attenzionedei presenti e sovrastare il rumoredegli operatori.

Discùrer, Discùrre: discorrere,parlare, esporre le proprie opi-nioni. Brontolare. Iniziare unarelazione amorosa. A parte l'ac-cezione di brontolare, in generequesto verbo lascia trasparire unrapporto di dialogo amichevole,costruttivo e legato al trascorreredel tempo. Il verbo latino Dis-cùrrere indica il camminare quae là, il vagare da un punto a unaltro. Il senso è soprattutto me-taforico, e più che a luoghi fisicici si riferisce a sensi figurati. E sipuò discorrere stando seduti sottoil pergolato o passeggiando.

Dispensa: Magazzino, luogo oveconservare le scorte. Esonero daun impegno o da un dovere. Pub-blicazione a cadenza periodica diparte di un'opera. Deriva dal ver-bo latino Dispensare = distribu-ire. Ma il termine è l'evoluzionedi un anteriore Dis-pèndere =pagare. Infatti vi è un richiamoalla distribuzione del salario aimilitari, salario che consisteva inuna porzione di sale (da qui saLa-rium) preventivamente pesato. Ilconcetto di dispensa-magazzinopuò essere spiegato con l'assimi-lazione dell'azione di distribuiree il locale ove ciò avveniva.

Drìta: Come sostantivo sta perdirettiva, istruzione, consiglio.Mano destra o lato destro. Sensodi marcia. Come aggettivo valeper eretta, rettilinea, immediata.In quanto alle mani la destra eraquella della buona sorte, dellafortuna, la sinistra quella dellasorte avversa. La destra (drìta)conduceva alla meta senza intral-ci; la sinistra comportava disagi.Veniva anche detta mancina omanca. La destra era la mano delcomando, della guida. Dèxteracontiene una allusione alla furbi-zia (destrezza), ali 'agilità. Manca(o mancina) deriva da màncus =monco, mutilato, inadatto, debo-le. Del resto anche nel linguaggiodel potere di un tempo sedere alladestra dell'autorità era un segnodi distinzione (siederete alla de-stra del Padre), trovarsi alla sini-stra significava condanna (Vedi ilGiudizio universale di Michelan-gelo).

Dunsèla: Donzella, damigel-la, dama di compagnia. Il lorocompito è stato sempre quello diaccompagnare, sia che si trattas-se di nobili signore che di sposenel corteo matrimoniale o di at-tori nelle rappresentazioni po-polari. Nel latino tardo esistevail termine Dominicella (piccolasignora) che diventa Donçel nelprovenzale e Donzella in italiano.

Educar: Educare, insegnare lebuone maniere, abituare alla di-sciplina. Deriva dal verbo latinoEducare, che però ha significa-ti più vasti: tirare su, allevare,far nascere, nutrire. Alimentare.Trova perfetta corrispondenzaall'espressione dialettale Tirar su.Questo perché il verbo latino ècomposto dal prefisso E che in-dica movimento da una situazio-ne a un'altra (nel nostro caso dalbasso all'alto, dal suolo all'aria,dall' ignoranza alla conoscenza), edalla radice Due che indica la gui-da, la conduzione, il sostegno nellacrescita, come indica il verbo po-polare Ducàre o il classico Dùcere.Quindi con questo verbo si coin-volge la formazione fisica (alleva-re) e quella umana (guidare).

Durmidiìr: Oggi si usa il terminesolo per indicare un dormitorio o,al massimo, un ammasso di abita-zioni uniformi, di tipo proletario,un quartiere di operai. Il concettosi basa sul fatto che questi abitantinon partecipavano alla vita cultu-rale della loro città perché costret-ti al lavoro tutto il giorno, a volteanche la notte, quindi il tempolibero lo dedicavano al riposo. Intal caso il termine deriva dal la-tino Dormitòrium, sostantivo delverbo Dòrmio, la cui radice vienefatta risalire al sanscrito Dra-mio Drà-ya-rni = io dormo, in gre-co Darthàno (Devoto, Colonna,

Divertir: Divertire, rallegrare,procurare gioia. Ecco un altroesempio di come i termini posso-no cambiare significato nel tem-po. Di-vèrtere (o anche De-vèr-tere) in latino significa "volgerealtrove, in direzione opposta, de-viare" [Pianigiani]. Poi si è pas-sati al senso figurato di "ricreare,sollazzare", come se chi cerca disollevare o rallegrare qualcunointendesse distrarlo dalle premu-re quotidiane per farlo pensare adaltro. Dal latino vèrtere derivano

70TM

DugarOl: Chi prepara le dogheper fare le botti. In passato era

Page 8: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

ISJOZZED'ORO

J:.yigi cBertoncini e Gloria $errarinisi sposarono i/ 28 giugno 1961 nella chiesa di Campo/ungo

Auguri dal figlio Savio, dalla nuora Franca e dalla nipote Ca-rolina.

Una bella iniziativa del Circolo Acli di Velucciana di Carpineti, che lo scor-so 19 giugno ha invitato gli over 90 residenti oppure originari del paesepffrendo loro il pranzo e soprattutto tanta allegria. Erano presenti e sisono messi in posa:Angiolina Rondanini,Azzio Rondanini, Agostina Ron-danini detta Armenta, Pietro Corbelli, Angiolina Costi, Sofia Costi dettaUna, Santina Roffi e Ruggero Costi.

Endse: Non era gradito sentirsiapostrofare con questo epiteto.Comporta poca vivacità mentale.Inoltre un endice rotto allontanaper il forte fetore. Da noi, ma cre-diamo un po' ovunque, l'endice eraun uovo non fecondato lasciato nelnido di cova per invitare le gallinea deporre in quel nido le altre uovasenza andare in giro per la stalla,nel fienile o nei boschi. Deriva dallatino Index appunto per la suafunzione di indicare il covo allachioccia. Pianigiani parla di un"uovo di marmo che si mette nelnido delle galline affinché vadanoa deporvi le uova". E' la prima vol-ta che sentiamo una cosa del gene-re. Si vede che quella volta parlavadi galline di alto lignaggio.

Énsa: E' il nome attuale del tor-rente che divide la provincia diParma da quella di Reggio. Il

nome più antico che conosciamoper indicare il torrente è Aventia,di origine celtica o gallica, terminelegato forse ad una divinità dellesorgenti (Serra). In latino diven-ta Incia, fino a corrompersi nellaparlata locale e diventare Enza.Curiosità: si discute da tempo sul-la derivazione del nome di Ciano(d'Enza). La versione più nota èche il nome sia la trasformazionedi un medioevale Cilianum, in-tendendo con questo indicare unborgo posto sul ciglio dell'Enza.Un 'altra tesi invece lo fa derivareda lncianum, cioè paese lungoi'Enza. A noi sembra più verosi-mile la seconda, tenendo presentesoprattutto la pronuncia dialettaledei due nomi: Ensa e Siano La ca-duta della prima sillaba è più faci-le che la caduta di una intermedia.Ciliànum si sarebbe trasformatoin Siliàn (o Cilian). •

Page 9: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI

La pulenta d' turmentOnla sadùla ma la D' la hOD

di Savino RaboniÈrba: Erba in genere. Prevalen-temente indica il foraggio per glianimali. Ma ha anche il significa-to di erba medicinale, curati va,con quell'alone di mistero che ri-chiama le fattucchiere o i maghi,gli intrugli magici o le pozionisalutari. E oggi, purtroppo indicapure un tipo di allucinogeno. Inpassato si dava più valore ad ognipianta, studiandone le qualità spe-cifiche: Non vi è pianta volta insu - che non abbia la sua virtù.La gente infatti sa distingueretanti tipi di erbe, e per ognuna hal'applicazione giusta: erba amara(= erba aliaria), erba bràsca,erba d' Sànt'Albért (salvia deiprati), d' Santa Barbara (barbà-rea), d' Sant'Ambros (cantarella),d' San Péder (balsamita), d' SanSvàn (verbena, o cacciadiavoli),e tante altre. Poi ci sono quellecommestibili comuni come gliérbi bùni (prezzemolo), gli erbèti(bietole) [Ferrari-Serra]. L'unicache ancora non si riesce a colti-vare è l'erba voglio, perché noncresce neppure nel giardino delre. L'origine di questa parola lasi collega direttamente al latinoHerba, con lo stesso significato(Devoto, Colonna, Rusconi). Siha però la sensazione che ci sifermi volentieri alla prima oste-ria. Questo perché, anche solo inPianigiani, si citano parole analo-ghe in greco e in altre lingue an-tiche che possono avere una qual-che relazione col latino herba. Adesempio l'eolico Pherba, il grecoPhorbè (pascolo, foraggio), oltread altri agganci al sanscrito e alvedico. Rubiera in passato do-veva essere rinomata per la pro-duzione di ortaggi se i romani labattezzarono Herbèria.BBTM

Esagerar: Esagerare, strafare, su-perare il limite, non accontentarsimai. Ritorniamo un momento conla memoria alle grandi alluvionidel Po. Cosa c'entra? Beh! Aggerin latino non è altro che l'argine,il terrapieno costruito per tratte-nere i corsi d'acqua all'internodel loro alveo. Ma se questi, conle loro piene, superano l'argine einvadono le terre circostanti altronon fanno che esagerare (ex àg-gere = fuori dall 'argine), con tuttele conseguenze che possiamo im-maginare. Molto spesso le parolenascono con un significato, poi,nel corso degli anni, lo cambianoo lo adattano ad altre situazioni,particolarmente a significati me-taforici. E allora anche le paro-le possono diventare una pienaincontrollata. Come la calunniache, da venticello flebile e sottilecresce fino a diventare un uraganotravolgente [Barbiere di Siviglia}.Ma non esageriamo.

Esàm: Immaginiamo già che ilettori drizzino le orecchie. Dovevogliono andare a parare coloro?Di esami ne passiamo almeno unoal giorno, volenti o nolenti. Oltreall'esame di coscienza (ma ormaicrediamo sia in disuso!), ci sonotutti i momenti in cui uno deveriflettere sul proprio operato osui progetti da realizzare. L'esa-me comporta, è vero, il giudiziodella gente, ma soprattutto com-porta l'onestà con se stessi. Oggiil termine indica un giudizio pro-nunciato da chi ha maggior com-petenza, con lo scopo di verificarese una determinata persona è ido-nea a coprire un ruolo specifico.Oppure (trattandosi di analisi)per costatare se le funzioni fisi-che adempiono il loro compitocorrettamente. Nel latino arcaicoil termine suonava Ex-ag(s)men,

che voleva dire: sollevamento diuna cosa per pesarla, trattando-si di un intensivo (ex) di àgere(fare, condurre). Il verbo pesareha sempre un collegamento congiudicare, valutare. Compilandoquesto lemma Pianigiani defini-sce l'esame come "L'atto dellamente che pesa e confronta". Unavariante di Exàmen in latino èPerìculum. Quest'ultimo termineindica proprio la situazione di chiviene messo alla prova, di chi è arischio.

Esaurimènt: Esaurimento, sfi-nimento, consumo delle scorte,depressione. Per riprodurre benela scena occorre una sorgente ealcuni esseri ben assetati. Perchési tratta di una parola compostada Ex (come al solito intensivo)e Aurìre = attingere, bere fin chece n'è. Per l'aspetto psicologicoil concetto viene espresso megliodal participio passato esausto(exhaustus) = svuotato, consu-mato fino alla fine. Il termine puòessere usato anche per altre si-tuazioni che comportano sempreil concetto di vuotare completa-mente un contenitore: esaurire lescorte, esaurire le energie o la fan-tasia, portare a termine un lavoro,concludere un discorso.

Ferla: Grosso chiodo capace difissare insieme due travi. Chia-varda, chiavistello. Quest'ultimafunzione era la più frequente inpassato, perché la ferla era lostrumento per chiudere le portedall' interno. In questo caso deri-va dal latino Fèrulus = ferretto,fermaglio. Ma questo termineha anche un secondo significatoimportante: stampella, sostegno.E in questo caso bisogna ricor-rere al verbo latino Féro = porto,sorreggo, da cui Fèrula = colei

che regge. La ferlina però non èuna stampella per bambini. Erauna moneta in uso nel medioe-vo, del valore di un quarto didenaro. Qui viene spontanea unadigressione. Oltre allafèru/a i la-tini usavano, per fermare la portadall'interno, il chiodo che chia-mavano clavis e che dà originealla nostra chiave.

Fin: Come sostantivo indica unoscopo, un'aspirazione, la con-clusione di una iniziativa. Comeaggettivo vale: sottile, delica-to, raffinato. Nel latino classicoabbiamo il termine finis che havalore di confine (fines), di limi-te (Devoto, Colonna, Rusconii.Raggiungere il fine significa ave-re percorso tutto il tratto che losepara dalla partenza. Ma il con-cetto viene meglio espresso dallatino primitivo: find-nem (radi-ce Find o Fid) che unisce anchel'idea di fendere, dividere (Piani-giani). Quindi raggiungere il fine,o la fine, significa raggiungere ilpunto di separazione tra spazio etempo, significa avere percorsotutto lo spazio che ci separavadalla meta. Per l'aggettivo fine ofino alcuni ricorrono alle linguenordiche per le quali significabello, squisito, eccellente.

Furmàj: Formaggio, cacio. I la-tini si servivano del termine Cà-seus per indicare i prodotti deri-vati dal latte. E da tale terminederivano le parole italiane cacio,caseario, caseificio. Per arrivareal termine Formaggio bisognaattendere il medioevo. Qui com-pare il termine Formàticum, de-rivato da forma, l'utensile usatoper coagulare il latte e sgoccio-lare il siero. C'è chi parla di uncesto come primo tipo di formache in greco è Phormòs = cesta.Recenti studi hanno dimostratoche il Formàdjum, l'antenatodel Grana, è comparso per la pri-ma volta in montagna da noi, aFrombolara, e successivamentela produzione si è spostata versoBibbiano (Tuttomontagna n. 73 eReggiostoria n. 88).

Page 10: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

Furrnènt: Frumento, grano. Dasempre compagno dell'uomocome alimento, il frumento haavuto molto sviluppo a comincia-re dall'inizio del 1800 grazie allecoltivazioni razionali e mirate. Inprecedenza la sua crescita venivalasciata alla benevolenza del cie-lo. L'origine del vocabolo va cer-cata nel sostantivo latino Fru(i)mentum, dal verbo Frui = fruire,godere di qualcosa, poterne ri-cavare un utile. E quale utilità èmigliore del cibo? In Romagnail termine furmènt ha due signi-ficati: grano e lievito. Per il gra-no vale quanto detto sopra. Per illievito invece l'origine è diversa:deriva da Fermento, con la se-quenza: Ferment, Fe'rment, Fur-mènt (con la u francese).

Furmentiìn: Frumentone, gran-turco. In passato veniva anchedetto grano siciliano o saraceno.Deriva da Frumèntum, intesocome cereale in genere, ma iltermine è recente, posteriore allascoperta dell'America. Quantoal termine granoturco il nome èdovuto a un errore di trascrizio-ne della denominazione inglese.Quando gli inglesi lo esportaro-no in Europa lo definirono wheatof turkey che voleva dire: cibo

Sazia, ma non accontenta. Venis-se un colpo alla polenta!).

Gèrla (a volte anche SerIa): Ger-la, attrezzo per trasportare a spal-la cose varie come frutta, verdure,ecc., con forma conica rovesciata,da applicare alle spalle come unozaino. L'uso di tale oggetto è dif-fuso nei paesi alpini. Oggi si usaper andare a funghi. Oppure se necostruiscono di minuscole da ap-pendere come fioriere alle pareti.Il nome deriva dal latino Gèrula,dal verbo Gèrere = portare, tra-sportare.

Gmèra: Vomere, punta dell'ara-tro per sollevare la zolla. 11 ter-mine deriva dal latino arcaicoVbmerum, classico Vòmer. Laradice di questo termine la trovia-mo in sanscrito (vasayati = fende-re, spezzare) e nei paesi del nordEuropa (vangsni in Norvegia, evaganso nell'antico tedesco si-gnificano vomere). Questi ultimidue termini sembrano però impa-rentati con vanga.

Gnènt: Nulla, niente. Cosa di nes-suna importanza. Meno di così nonsi può! Eppure anche questo termi-ne ha la sua storia, se non travaglia-ta almeno difficile. Immaginiamo

dei tacchini. I tacchini hanno ilnome turkey in quanto il loro piu-maggio richiama il turbante. Mafu tradotto frettolosamente congrano di Turchia. TI granoturconon è stato un cibo gradito. Anzi,spesso è stato oggetto di scher-no perché era il cibo dei poveri.L'abuso di polenta gialla portavaalla pellagra, quindi alla pazziae alla morte. 11 cibarsi spesso dipolenta di granoturco ha prodottodiversi epigrammi, tra cui: Pulén-la d' furmentùn I e aqua d'fos: Illavùra te, padrùn I che me i' n'n'in pòs! (Polenta di mais e acquadi ruscello [non saziano]; lavoratu, padrone, che io non ce la fac-cio). La pulénta d'furmeruùn I lasadùla ma la n' fa bùn. Il La sa-dùla ma la n'acunténta! I T' gnìsun culp a la puléntal (La polentadi granoturco sazia ma non nutre.

un'idea, un progetto che può rea-lizzarsi e poi, per cause inspiegabi-li, viene vanificato. Quel progettopoteva esistere, essere una cosaviva, un ente, che in latino signi-fica appunto cosa esistente. Poi ar-riva la particella negativa, nec peri latini, ni in italiano, gn per il dia-letto. E così quella cosa esistente(ente) sparisce, non può esistere. Illatino nec-entem passa in italianocon niente e in dialetto con gnènt.Sembra impossibile che in cinquelettere si possa condensare il pro-blema dell'esistenza, lo shakespe-ariano "Essere o non essere", o il"Mors et vita duello I conflixèremirando (morte e vita si sono scon-trate in un duello spettacolare). 0,se vogliamo, dare una valutazioneinteressata: Per gnént gnàn i càn i'squàsi la cùa (per nulla neppure icani muovono la coda). •

~rCrCnLaliodfitictiHv

Page 11: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

di Savino RabottiI

Gnir: Venire, arrivare, giungeread una conclusione. Conclude-re. Costare. Valere. Raggiungerel'orgasmo. Bella storia quella delnostro lemma! Partiamo dal grecoBàino, tradotto in latino in un pri-mo tempo con Vàino, poi addol-cito in Vénio. La radice (gwen =muoversi) però va ricercata moltopiù lontano, in ambito indoeuro-peo (Devoto, Colonna, Rusconi,Pianigianii. La nostra versionedialettale sembra proprio legataa quella radice (Gvenire > Gnir).Gli studiosi poi vanno alla ricercadi conferme presso altre parlate,come il sanscrito gam, l'oscokumbened, lo scandinavo koma,il tedesco kommen, l'inglese tocome. Sarebbe bello poterne Gnira co' (Venirne a capo)! Quello checonta realmente è capire che, quida noi o nel misterioso Oriente, cisia la possibilità di scambiare dueparole con chi viene e chi va.

Gnòch: Gnocchi, gnocco fritto(però da noi si usa Cherséntai.Per metafora indica anche un gru-mo (nella polenta), un individuoun poco tonto, e un bitorzolo. Danoi il termine è arrivato attraver-so il dialetto veneto GnÒco. In talcaso si dovrebbe arrivare a noc-ca per similitudine (Zingarelli).Condividono le tesi dello Zinga-relli anche Devoto, Colonna, Ru-sconi, che però fanno derivare iltermine dal longobardo Knohha,che indica comunque la nocca. Sepoi la mamma ha fatto i gnocchisarà il caso di mettersi a ridere.

GnOla: Lamentela, piagnuco-lio. Noia. Cantilena stucchevole.Nei vocabolari italiani il terminenon viene riportato in quando sitratta di un vocabolo. tipicamen-te dialettale. Tuttavia vi è chi fa

GGTM

risalire la parola allo spagnoloEnòjo = lamento. Invece Prati eBattisti-Alessio preferiscono lastrada della metatesi: Gno-la =La-gno, individuabile nel ripeterepiù volte quella parola: la-gno la-gno la-gno.

Gnurànt: Ignorante. Dispettoso.Testardo. E si direbbe che oggi(consideriamolo un eufemismo),venga definito ignorante coluiche fa di tutto per rendersi anti-patico. A metà del secolo scorso,quando ancora chi scrive scalda-va i banchi di scuola, si dibatte-va se conveniva essere ignoran-te o nesciente. Nel primo casol'ignoranza la si doveva attribuireall'individuo che non si era im-pegnato per apprendere di più,per assimilare maggiori cognizio-ni. Nel secondo la colpa passavaa chi non aveva saputo inculcarenell'alunno la voglia di istruir-si. Ignorare, in latino, deriva daIgnàrus = colui che non è al cor-rente, che non sa. Ma, all'epoca,insegnare era ancora consideratauna vocazione, non un mestiere!

GOlf: Se ci riferiamo al giocobisogna risalire all'inglese Golf,e da questo all'olandese Kolf =bastone, e quindi mazza da golf(Zingarelli, Devoto, Colonna).Ma il nome del golf, ossia la giac-chetta di lana, leggera, adatta allemezze stagioni, da dove deriva?Beh! Non ci discostiamo affattoperché in inglese si chiama Golfcoat, ed indica appunto la giacca-maglia usata nel gioco del Golfper motivi di praticità. Se non cicredete recatevi al Golf Club piùvicino a constatare di persona.

Gramìgna: La lìngua malìgna- l'e péS che la gramìgna! Ed èdetto tutto! Non per nulla vieneanche definita ma/erba. Partendodal latino Gràmen (= erba, che

però non viene considerata comenutrimento (herba) ma come di-voratrice, infestante), si arriva allatino graminea, poi, nella deca-denza, graminja, e quindi all'ita-liano gramigna (Devoto, Zinga-relli, Colonna). La derivazione èancora dibattuta, ma vi è abba-stanza concordanza nel riallac-ciarsi al verbo greco Grào e, a suavolta, alla radice anteriore Gwer =(diivorare. In tal caso si trattereb-be di un'azione passiva (la grami-gna diventa pasto degli animali) eanche attiva (la gramigna divoraquanto trova nel proprio spazio).Pianigiani cita Deliure e Georgesche preferiscono la radice Graeintesa come Crescere, dalla qualederiva anche il termine grano.

Grammòfono: Grammofono, fo-nografo, giradischi. Il termine èrelativamente recente ed è il frut-to di due parole greche usate perdescrivere la funzione dell'appa-recchio: Gramma = segno scrit-to, lettera, e Fano = voce, suono(Devoto). Il grammofono infattipuò riprodurre il suono inciso suapposito supporto (disco). L'ideadel fonografo (jonantografo) lasi attribuisce a Scott (1857), cheutilizzava rulli affumicati, ma nonancora in grado di riprodurre isuoni incisi. Thomas Alva Edisonriuscì (1876) a mettere a puntouno strumento capace di incideree riprodurre i suoni (jonografo)perfezionato poi dal Berliner cheai cilindri sostituì i dischi (Encicl.Minerva).

Granatèr: Inizialmente eranosoldati dotati di granate (bombe amano). Nel 1659 Carlo EmanueleII istituì il corpo di fanteria sceltacui diede il nome di Granatieri diSardegna. Venivano definiti cosìper il loro compito: lanciare gra-nate. E per fare questo occorrevaun fisico ben dotato. Oggi con

questo nome si indica un indivi-duo aitante. Il loro compito è piùche altro di parata (guardie delPresidente della Repubblica). Legranate di cui disponevano i gra-natieri all' inizio erano bombe me-talliche a forma sferica, riempitedi polvere pirica, rese esplosivetramite miccia.

Grèch: Greco. Pronunciandoquesto nome riemergono dallamemoria tutti i lati positivi chequesto popolo ha espresso e chesono alla base della civiltà oc-cidentale sia dal punto di vistadell'estetica che da quello ammi-nistrativo e della democrazia. Maquel popolo inizialmente si chia-mava Graio. L'aggettivo Graikòsè passato in latino con Grcecus,e quindi in italiano con Greco.Questo termine, specialmente inpassato, racchiude un'allusioneali 'abilità nel mercanteggiare,e quindi di imbrogliare. Meglioperciò diffidare. Come affermaVirgilio: Timeo Dànaos et donaferentes (Ho paura dei greci an-che quando offrono doni), allu-dendo alle conseguenze del ca-vallo di Troia.

Grimaldèl: Grimaldello, leva, at-trezzo da scasso. E' un tipico casoin cui l'oggetto deriva dal nomedell'inventore (Zingarelli, De-voto). Colonna propone anche ilpercorso inverso: la persona cheusava quell'attrezzo veniva iden-tificata con il nome dell 'oggettostesso. E il nome sarebbe Grimo-aldo, semplificato poi in Grimal-da. ell'antico tedesco era Gri-mwald, che significa: colui chedomina (Se/ene - Dizionario deinomi - SIAD/CDE - 1983).

Gròla: Sgranatrice di cereali e dialtri prodotti quali le noci, l'uva.Da non confondere con l'altraGrolla, la Gròla valdostana (De-voto, Zingarellii, una specie dicoppa di legno. Il termine che ciinteressa non viene riportato initaliano per cui risulta arduo in-dividuarne l'origine etimologica.Da noi indicava unicamente lamacchia per sgranare l'erba medi-ca, una macchina uguale per strut-tura alla trebbiatrice. Il termine èdi origine longobarda. In lingua

Page 12: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

svedese si è evoluto in Krossa chesignifica: pigiare, macinare.

Grùsta: Crosta, scorza, buccia.Pelle dura. Ferita che si è essicca-ta. In certi luoghi indica anche lasfoglia. Anche in latino Crùsta halo stesso significato dell'italiano.In greco esiste il termine Kry( s)osche indica una crosta di ghiaccioe, di conseguenza, anche il freddoglaciale.

Guadagnàr: Guadagnare, ricava-re un utile, ottenere un vantaggio.Tale vantaggio può essere in benio in posizioni di graduatoria: haguadagnato la prima posizione.La parola ha origine germanica.Waidha significa pascolo, e Wai-dhànjan procurarsi il nutrimento.Il termine è poi stato latinizzatonel medioevo con waidaniàre,poi in italiano guadagnare.

Guarnir: Guarnire, adornare,abbellire, agghindare. E l'argo-mento può interessare le persone,la casa, gli oggetti, i cibi. Si puòanche guarnire una postazionemilitare. In tal caso gli orna-menti sono anni. L'origine dellaparola la si fa risalire al sassoneWarnjam, con le varianti War-

documentato, in gars. Da questaforma era zampillata una frescagarcette che, nel suo valore piùsemplice e genuino vuol dire pe-titefille = bambina". Poi l'autoredocumenta un altro momento, nel1615, quando la regina di Fran-cia, Anna d'Austria, figlia del redi Spagna, impone alle sue damel'obbligo di tagliare i capelli ala garceta, cioè pari sulla fronte.Ma in tal caso garceta indica unairone e non una bimba. Il neolo-gismo ha poi ingenerato equivocia tal punto da fare nascere dai duetermini un terzo di senso equivo-co, per indicare una ragazzettapiuttosto frivola. on potendoriportare tutti i passaggi sugge-riamo a coloro che ne hanno lapossibilità di leggere quanto scri-veva Minghelli, oggi ristampatoin Parole del Frignano (IncontriEditrice, da pago 79 a pago 86).Ma nell'alto Appennino guarsètao guarzetta indica solo una ragaz-zina sveglia, forse un poco spip-pola, ma non equivoca.

Gùsa: Goccia. Quantità minima.Ma nell'espressione Avègh. lagùsa significa: bramare ardente-mente qualcosa, tradotto efficace-mente dall'italiano mi viene l'ac-

non (antico tedesco), Warnen(tedesco moderno), Wernen (an-tico sassone) (Pianigiani, Devoto,Colonna). Devoto sottolinea ilpassaggio alla forma italiana conla trasformazione di Wa in Gua.Pianigiani spiega la differenzatra Guarnire e Guernire (italia-no antiquato): la prima forma ciè giunta attraverso il provenzaleGuarnir, la seconda attraverso ilgermanico Wernian.

Guarsèta: Si tratta di un termi-ne presente prevalentemente inprossimità del Crinale (Ci vago edintorni). Oggi significa ragaz-zina, signorinella. In passato, esoprattutto nell 'espressione ori-ginale in francese, aveva tutt'al-tro significato. Ma cerchiamo diandare con ordine. Nel germa-nico antico, latinizzato come sipoteva, si diceva Waracione(m),passato in francese con Garçon.Ma sentiamo come ce lo spiega ilMinghelli: " ... ma nel XIII seco-lo aveva subito, nell'uso comune,un accorciamento, per altro non

quolina in bocca. Pur nella suasemplicità anche questo termineha la sua storia: Somigliarsi comedue gocce d'acqua per motivi diparentela o di condivisione delleidee; La goccia che fa traboccareil vaso quando la tolleranza ha su-perato ogni limite; Fino all'ulti-ma goccia = completare un impe-gno, ma anche non lasciare nullaa chi segue, in barba alla buonaeducazione. E soprattutto la goc-cia è maestra di perseveranza,come già affermavano i romani:Gutta cavat lapidem non vi sedscepe cadendo = la goccia scavala pietra non con la forza ma insi-stendo a cadere allo stesso ritmo.E questa volta almeno ci si fermaal latino Gutta, nel medioevoGutia. Colonna vi scorge un'allu-sione onomatopeica. Altra breveannotazione: dal Rinascimentoin poi l'apoplessia fulminante eradetta malattia della Goccia (Almal d' la glÌsa) perché si ritenevache fosse causata da una goccia diumore viziato che passava dallanuca al cuore (Colonna). •

IlN;ReC,l,eFiliruGlElim101Rld~trscnIlgr;dirMeCE1'0deGrcir20lurUndittralaCOIstodintontraqrsaldrasotdei

UNa;Re!veroTradi ~rìtnha;conmacheè sveclo (iquesiorIInallagra1espGralpiacgistin tlsce:201ne illa cdeeillalginaed Eprotna"deglche

Page 13: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

IETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI

Méj l'O~ineo che la galina dman~J .

di Savino RaboUiGusèt: Scoiattolo. Persona moltoagile. Esiste l'espressione Sveltcm' un guièt (agile come unoscoiattolo). Tra tutti i dizionariconsultati solo uno cita questovocabolo dal punto di vista eti-mologico, il Palaganese-Italianodi Bruno Ricchi, un'edizionespeciale del 2000. Il professoresostiene che questo nome è latrasformazione del vocabolo la-tino Acùtus, al femminile Acùta,il cui diminutivo è Acutietta (dacui Gusèta). L'autore parte dalnome di un roditore sudamerica-no, l'Aguti. E' lecito, però, essereperplessi? Se non altro, nella con-siderazione in cui viene tenutolo scoiattolo da noi, converrebbeinterpretare quell 'Acùtus come

furbo, sveglio, dinamico. Cosapossibile nell 'evoluzione del lin-guaggio. Altro dubbio amletico:e se il termine deri vasse dallacaratteristica di quelJ'animaletto,quella di accumulare frutti con ilguscio, quali le noci, le nocciole,a volte anche le castagne comeriserva per l'inverno? Sempre nelnostro territorio guscio si dicegusa, che sta per corteccia, gu-scio, scorza.

Gusin: Maiale. Ma in montagnaquesto termine lo si usa solo perfare il verso ai parmensi, nel ter-ritorio dei quali è molto diffuso.Da noi prevale il classico Pàrch,con tutte le variazioni sul tema, iparagoni, gli elogi, non ultimi gliincentivi al carpe diem di orazia-na memoria, tenendo presente cheil poeta si considerava un Epicuride grege porcum (= Un maialinoseguace di Epicuro - Epistulce,r, 4, 16) [1]. E' strano che talevocabolo, oltre che in territoriodi Parma e Mantova, ricompaiain una zona circoscritta dell'altoFrignano, tra Riccovolto, Gar-gèdolo e Lama. Il Minghelli trovala spiegazione nella migrazionestagionale di quei pastori che sirecavano a svernare nella bassaparmigiana e mantovana, e ci ri-

corda che i vocabolari dialettali diParma riportano il termine colle-gandolo allo spagnolo Cochiiio(pronuncia: Cocìgno), che signi-fica: sporco, lercio, puzzolente,tutti epiteti affibbiati al maiale.L'influenza degli spagnoli su Par-ma? Il matrimonio di ElisabettaFarnese con Filippo V di Spagna(1731) e la vicinanza a Milano,possesso della corona di Spagnadal 1525 al 1706. E l'autore citaanche un altro termine, a confer-ma di quanto detto: la Pilotta. Ilnome del palazzo deriva dal fattoche nel suo cortile si giocava allaPelota basca, da cui Pilotta.[1] Esiste una nutrita letteratura,normalmente a favore del porcoe delle soddisfazioni che egli ciprocura. Cito, a titolo di curiosi-tà, Gli elogi del porco - capitoliberneschi di Tigrinto Bistonio, P.A. (Poeta aulico?) e accademicoducale de' Dissonanti di Mode-na, del 1761, e un più recente Eltestamento del mas-cio, poemet-to satirico dedicatomi dall'ami-co Nino Macco (alias GuerrinoMaccagnan) di Veronella.

Jàdga: Tipo di uva primaticcia,che matura già a luglio. Derivadall'aggettivo latino Juliàtica,del mese di luglio. Qualcuno so-stiene che il nome di quell'uvaderiva da quello di una località incomune di Carpineti, Jàtica, manon si portano documentazioni.Riteniamo molto più probabile ilcontrario, in quanto quel tipo diuva si trova anche altrove e nonrisulta esistano altrettante Jatiche.E' più logico che sia il borgo aprendere il nome dal prodotto.

Imperadiìr: Imperatore, capo su-premo, con caratteristiche simili aquelle del re. La sensazione cheprovoca questo termine è quelladi una figura spropositata, postain ambiente elevato, capace diimporre paura più che rispetto. Inorigine, presso i romani, il titolodi imperatore veniva attribuitoad un condottiero nei momenti diestremo pericolo per la Res Pu-blica, dopo che ogni altro rimedio

era fallito. L'imperatore ricevevai pieni poteri validi fino a quandopersisteva il pericolo. Imperareinfatti significa comandare, sot-tintendendo che gli ordini nonpotevano essere discussi. Se peròindaghiamo il senso originale delverbo, scopriamo che esso signi-fica Preparare, Predisporre (In- paràre = predisporre, allestire,apparecchiare, provvedere). E'nota, in montagna, una sestinaattribuita ad Isaia Zanetti, con laquale si ridicolizzano i titoli ono-rifici attribuiti a Vittorio Emanue-le III dopo le campagne di Etiopiae di Albania, ma in un momentocruciale per l'economia italianaa seguito delle sanzioni imposteali 'Italia da Francia e Inghilterra:Fin che 'l Re l'era Re I a s'ab-biva dal biin cafè. Il l' l'hàn fàtimperadùr: I dal cafè a n' se sèntgnàn l'udùr. Il Adès, ch' l'é Reànch. d' l'Albania, I al cafè al lemanda via.

Impestàr: Può significare conta-giare con la peste, ma di solito si-gnifica ammorbare un locale conpuzza. Si dice infatti: Cus'èla ch'la pèsta? per indicare un odorenauseabondo. Il concetto proba-bilmente va legato alle terribilipestilenze che hanno ammorbatol'Italia in passato, quando nonvi era neppure la forza fisica diseppellire i defunti, e i corpi, de-componendosi, esalavano odoredi morte. Il verbo è composto dain intensivo e dal sostantivo Pè-stis = peste, distruzione. Il nostroIsaia così si rivolge al podestàdell 'epoca, reo d'avere distri-buito scarpe usate ai poveri delcomune. Dopo avere descritto ipericoli di infezione cui si andavaincontro prosegue: Perchè i' n'gh' èm gnàn da tribulàr / a s' votgnir anch a impestàr? (Giacchénon ne abbiamo abbastanza dellenostre tribolazioni, ci vuoi ancheinfettare?) .

Impanàda: Credo che siamo ri-masti in pochi a ricordare i larghifogli di registro incollati al telaiodelle finestre, rinforzati con dello

spago disposto a forma di x permigliorarne la resistenza. Uim-panàda faceva parte dell'arredotranquillamente, e non vi era mo-tivo di vergognarsene. Più antica-mente al posto dei fogli si mettevaun pezzo di tela. Il nome derivadal modo di impermeabilizzarela tela facendola bollire assiemea farina. Successivamente, dopoche alla tela sono stati sostituitifogli di carta, anche la colla perapplicare il foglio ai telai la si fa-ceva con farina di grano. Quellapappina non era il pane, però loricordava, per cui è sopravvissutoil termine impanata, da conside-rare come: incollata con il pane.

Impurnà, impumbà: Era brutto ilmomento in cui ci si rendeva con-to che un animale domestico, qua-si sempre mucche o vitelli, avevainghiottito una mela intera e ri-schiava di soffocare. E allora bi-sognava intervenire con energia:pali usati come leva per mante-nere in piedi l'animale, e poi conla sonda (un tubo flessibile intro-dotto nello stomaco dell ' animale)per far superare il punto di diffi-coltà all'oggetto ingerito e darearia allo stomaco dell'animale.In caso estremo si doveva inter-venire con il triquàrt itrequarti},un pugnale dotato di guaina cheveniva rilasciata al momento diperforare lo stomaco in modo dapermettere lo sfiatamento. A quelpunto l'animale perdeva di valo-re, ma almeno lo si salvava. Il ter-mine deriva da pomo, mela.

Ineo': Tutto, ogni cosa. Derivadalla corruzione dell 'espressio-ne latina Omnis causa [omnis]cau[sa). Ricordiamo che il ter-mine latino Causa ha dato origineanche alla parola Cosa.

Inco: Oggi, adesso, in questotempo. A Vilabèrs, al dì d'incii /a n' s' parla pu' né d' vachi néd' bii, ci suggerisce Isaia Zanetti,meravigliato che la costituzionedella Schola cantorum nella bor-gata attirasse tanta attenzione.L'espressione Al dì d'inco equi-vale anche ad un periodo, un'epo-ca, in particolare un tempo ditransizione da un modo di viveread un altro. Anche in questo casol'espressione è la contrazione diuna frase latina: In hoe die = inquesto giorno (Bellei}. Vi è anchechi puntualizza: in hoe hodie,più verosimile dal punto di vistadel suono. In tutti e due i casi sitratterebbe della trasformazione,(per metatesi e per contrazione),del pronome hoe fuso con hodieo con die (in hoe hodie = in hoe0= incoi (Galvani). Può venire aconferma di questa teoria il fattoche in dialetto non sopravvive laparola oggi (come vorrebbe la lo-gica, per la trasformazione hòdjein òdge, poi in oggi). Il termineperò viene impiegato quale an-titesi tra il presente e il futuro:CuI che t'an fè incii t'al fare pu'dmàn (quello che non fai oggi do-vrai poi farlo domani); Méj l'iivincii che la galina dmàn; Persant' Ermàn / s'a n' piov incii apiuvrà dmàn. •

TM 85

Page 14: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLA COME MANGI

L1istadlSan' MartindOra Iri dì e un puchin

di Savino RaboUiIncinta: Gravida. Il sostantivorisale ad una usanza degli anti-chi romani. La ragazze da maritoportavano abitualmente un fascia(cintura). Chiaro che con la gra-vidanza tale fascia dava fastidio eallora le future mamme viaggia-vano senza cintura, cioè eranoin l= non} cinte = senza cintu-ra. Questa è la tesi più seguitaattualmente, confermata ancheda Isidoro di Siviglia (560-636):(incincta est qua: sine cinctura ...).

Inciòstre: Inchiostro. Per noi erail liquido, nero o blu, per scrive-re. Poi è passato ad indicare an-che altre sostanze, come il toner,che hanno la stessa funzione.Costretti da sorella povertà l'i n-chiostro ce lo fabbricavamo dasoli, in casa, coi semi di sambucoo quelli di bosso. La scrittura ri-sultava un poco più sbiadita, maera sufficiente per fare i compiti escrivere qualche lettera ai parentilontani, ai soldati in guerra. L'ori-gine è legata ad un'arte nobile: lapittura, In greco infatti si dicevaEncauston, termine che indicavala pittura ad encausto, ottenutamediante colori mescolati a cerafusa, applicata alle pareti o aglioggetti da colorare. Dal greco siè passati al latino Encàustum e,nel medioevo (visto che lo scrive-re e il pitturare era prerogativa deiconventi), Enclàustrum, e, viavia, all'italiano Inchiostro.

un mestèr adàt per chi gh' ha d'Pinsign sùta ai cavE (E' un'arteadatta a chi ha ingegno in testa)(Ricciardo Guidetti).

Insùni: Sogno. Utopia, speranza.Deriva dalla espressione latinaIn + Sòmnio = durante il sonno.L'espressione sottintende una va-lutazione di un qualcosa di nonreale, non concreto, effimero, chenon trova riscontro nella pratica.Per questo il sogno viene presocon molta cautela: A i' insùni an' ghe dar mai a mènt: i' én fatapòsta pr'imbrujtir la gènt. (Nondare retta ai sogni: servono soload imbrogliare la gente).

Intercalar: Intercalare, interie-zione, parola o frase ripetuta spes-so e senza rendersene conto. Ilverbo Intercalare in latino avevauna funzione specifica: l'aggiuntadi un giorno nel calendario. Infat-ti il 29 febbraio veniva chiamatogiorno intercalare perché com-pariva solo negli anni bisestili.Poi, sostantivato, il termine è pas-sato ad indicare il ripetere, comeun ritornello, certe espressioni,come le litanie. Per la gente indi-ca anche il susseguirsi, nei discor-si di espressioni a volte banali ea volte offensive, se non vere, dibestemmia.

Inventar, Invensiiìn: Inventare,scoprire, trovare. Accampare dellescuse. Escogitare uno stratagem-ma. Il termine deriva dal latinopopolare Invenire = trovare, sco-prire. Poi nel latino classico di-venta Inventare, e indica propriochi si impegna per ottenere unacosa nuova, sia essa di tipo prati-co (invenzione, brevetto) o intel-lettuale, come la trama di operaletteraria. Se però l'invenzione èpiù apparente che utile diventa lamàchina per tajar al brii (la mac-china per affettare il brodo).

Invìdia: Invidia, gelosia, rivalità.Il termine latino Invìdia è com-posto dal prefisso In e dal verbo

Vidère, e significa: guardare conocchi malevoli. Il concetto sottin-tende un sentimento di astio peril bene altrui. Di conseguenzal'invidioso si presenta come unammalato. L'invidia lafa piàniercme la sigùla (l'invidia fa pian-gere come la cipolla). Giustisintetizza così lo stato d'animodell'invidioso: Mesto è Lao. Nonsappiamo se male a lui / od acca-duto sia del bene altrui.

Istà: Estate. Stagione bella. Cal-do. Periodo dell'anno che va dal21 giugno al 23 settembre nelnostro emisfero. Partiamo dalontano, da una radice aidh*. Ingreco abbiamo il verbo aìthein(bruciare), in latino arcaico esisteun cestitas (ardore, abbruciac-chiamento) che poi si contrae incestas. Ma si tratta del participiopassato di cedere = mangiare. Inpassato da noi si diceva mangiadal fogh = consumato dal fuo-co, un compromesso tra bruciatoe divorato. In sanscrito inddhèsi traduce con infiammare. Ri-cordiamo, ma solo per inciso,che dalla stessa radice derivanoanche i termini cedes = edificio,cestuàrium = estuario di fiume,etiope (che traduce il nostro ab-bronzato) e il nome proprio Etna(in origine Aìthena) (Devoto, Co-lonna, Rusconi, Bolelli, Pianigia-ni). Ma forse mi sono perso fra lenebbie, in attesa che ritorni L'istàd' San Martin che la dùra tri dì eun puchin.

Istrui: Istruito, dotto, colto,preparato, edotto. Dal latinoIn+Strùere = costruire sopra. Ilsenso del verbo si è spostato dalsignificato materiale (costruire)a quello di metafora (inculcareistruzione, cultura) riferito allamente. E qui viene da ricordarel'opera di certi benemeriti maestrii quali plasmavano le nostre in-telligenze con lo stesso impegnocon cui si edifica una casa, mat-tone dopo mattone, nozione doponozione.

Italiàn: Italiano. Abitantedell'Italia, o termine relativo alsuolo italiano, alla cultura ita-liana. Idioma parlato in Italia.Sull'origine del nome Italia nonvi è concordanza di vedute fra glistudiosi. Per alcuni venne datoalla Calabria dai colonizzatoriarrivati dall'Oriente. Una primaversione parla di una terra riccadi bovini che chiamarono Vitulia(terra dai bei vitelli). Una secon-da parla sempre di popoli orien-tali giunti via mare, ma il vitello(VitlllllS) sarebbe stato il loro to-tem o idolo. Antioco di Siracusa(storico del V sec. a.C.) riportauna leggenda secondo la quale ilnome Italia deriverebbe da quellodi un principe di nome Italo. Maoggi si propende a ritenere cheil nome derivi da quello di unapopolazione di origine greca, gliItàloi (Encicl. Minerva, alla voceItalia) .

Ladin: Per noi significa agile,duttile, che si adatta alle situa-zioni, che accetta la discussione.Deriva dall'aggettivo Latinus,che è sinonimo di romano, e inquesto caso di soldato romano.Anticamente era anche un termi-ne contrapposto a barbaro, quindirelativo ad un popolo civilizzato,razionale. Con tale termine si evi-denziava la maggior destrezza deiromani nei combattimenti corpoa corpo in contrapposizione allagoffaggine dei barbari, appesanti-ti da armi micidiali sì, ma di scar-sa rnanovrabilità.

Lagnàs: Lagnarsi, lamentarsi,piagnucolare. Reclamare. Ri-cordiamo gli atteggiamenti dellagente del popolo, nell'antichità(Greci, latini), ma per alcuni an-cora ora, in occasione di lutti o di-sgrazie. Il lamento disperato vie-ne completato con lo stracciarsi levesti o i capelli. In latino infatti sidiceva Laniàre = dilaniare, cioèstracciarsi abiti e capelli, lacerar-si la carne. Qualcosa del generefecero anche i grandi sacerdotinel processo a Gesù. Oggi, al-meno da noi, il verbo non ha piùquella spettacolarità. Anzi, lasciacapire che si tratta di un lamen-to sommesso e composto quandoriguarda il dolore fisico, un pocopiù sostenuto se si tratta di con-testazione.

Làma: Questa parola ha diversisignificati, ma raramente ricor-diamo il secondo. L'accezione piùcomune è quella di lama da ta-glio, coltello, arma bianca, sega,vomere. In questo caso deriva dallatino làmina, rientrato in Italiaattraverso il francese lame. Il ter-zo significato è il nome dell'ani-male andino, il lama, utilizzato inPerù per il trasporto, per la lana,per la carne. Deriva da una pa-rola del dialetto locale quechuatradotta con lo spagnolo llàma.Anche i monaci buddisti del Ti-bet si chiamano Lama. Nella lorolingua blàma significa maestro(e Dalai Lama = maestro oceanosi saggezza). Più interessante è ilsecondo significato perché moltodiffuso tra noi anche se non ce ne

Insìgn: Ingegno, intelligenza,genialità, furbizia, capacità di ri-solvere situazioni intricate o rea-lizzare nuovi attrezzi. In latino faIngènium, derivato in (dentro)più il verbo gìgnere = partorire,generare, produrre. Il verbo latinoletteral mente traduce l'espressio-ne: concepire dentro di sé. Ma,a volte, il vocabolo indica ancheil carattere, le tendenze (positive)di un individuo, una dote speci-fica, come quella del poeta: l'é10TM

Page 15: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

rendiamo conto. Il termine Lamaindica una zona acquitrinosa, unalingua di terreno molto bagnato,anche franoso per la presenza diacqua nel sottosuolo. Per la mag-gior parte degli studiosi deriva dallatino Lacma, poi lama, anche sein latino è poco usato. C'è anchechi considera il termine Lama diorigine longobarda [Paolo Diaco-no (Cividale 725 - Montecassino799) pensa che il termine longo-bardo stia per piscina, e il Meyerlo identifica con un antico termi-ne sassone: klàmon]. Minghellici ricorda che, ancor prima dellatino, esiste in greco il vocabo-lo Lìmmé per definire un lago, eLìmnai che era la parte più bas-sa (e quindi più umida) di Atene.

ella parlata popolare questo ter-mine è stato frainteso. La gente hacreduto che la prima sillaba delvocabolo (la) fosse un articolofemminile, mentre la seconda par-te (ma), fusa col secondo termine,ha dato origine ad un sostantivo.Così si sono formati i vocabo-li toponomastici Marola (Lamarola = terreno fradiciov.Maciùia(Lama chiusa), Malunga (Lamalònga [nome di due campi, unotra Donadiolla e Roncolo, l'altrovicino a Paullo di Casina]) ecc ...mentre per Lama Gonfia è sparitadel tutto la sillaba La ed è rimastosolo Magonfia. Il vocabolo lamaha anche dato origine a cognominel Milanese, nel Bresciano, nelBolognese, nel Ravennate, nelNapoletano e nel Casertano. Noiricordiamo più facilmente il ro-magnolo Luciano Lama, sinda-calista.

Lambìch: alambicco, serpentinaper distillare liquori. La serpenti-na doveva essere immersa in unrecipiente pieno di acqua freddaper ridurre il liquore gassoso allostato liquido. Il termine dialetta-le indica qualsiasi oggetto di nonimmediata comprensione. Insom-ma, qualcosa di strano, legato an-che alla magia. Deriva dall'araboAl-imbiq, che a sua volta derivadal greco ambix = tazza, vaso,pentola (Zingarelli). Simpati-ca l'osservazione di Pianigiani:"dal greco ambix = vaso, pento-la, d'onde mediante gli alchimi-sti che molto fecero sudare glialambicchi nelle loro chimerichericerche, passò agli arabi" (allavoce alambicco). Il verbo lambi-càs indica una ricerca di cavilli,un impegno a cercare scuse o ra-

gioni capziose, insomma, per dir-la coi nostri vecchi, sercàr lanad'can.

Lambrècia: Embrice, tavella, te-gola. In origine portava tale nomesolo la tegola: "lastra di terra cot-ta aforma trapezoidale, munita didue orli ai lati, che servivano perconvogliare l'acqua nell'embricesuccessivo (Zingarelli). E' uno deitanti casi in cui l'articolo si è fusocol sostantivo. Il termine latinoinfatti è Imbrex, derivato da Im-ber = pioggia. Quindi un oggettoche ci difende dalla pioggia. PerCavalieri le imbrices primitiveerano di legno. Poi, con le nuovetecniche l'oggetto è stato limitatoalla funzione di supporto di stratidi cemento armato per costruirepiani sicuri. Camminare sulle ta-velle nude è rischioso.

Lambrèta: Scooter spartano,prodotto dopo la seconda guerramondiale dalla Innocenti neglistabilimenti di Lambrate, da cuiil nome. A sua volta Lambrateprende nome dal fiume Lambro.La Lambretta, assieme alla Vespa,diventarono uno status simboldell'Italia che rinasceva, immor-talata anche in alcuni film. Pareche l'idea dello scooter sia natadalla necessità di sfruttare grandiriserve di pneumatici di aerei ri-maste inutilizzabili al termine delsecondo conflitto mondiale.

Lambrùsch: Lambrusco, vinotipico di Modena e Reggio, rossoe frizzante, adatto ai pasti. E qui,tra il serio e i faceto, ci sarà dadivertirsi. Nella parte seria quasitutti gli studiosi propendono peril latino Labrùscum = frutto dellala[m]brùsca (Devoto, Colonna,Zingarelli, Bolellii, un vitignoselvatico (questo giustifichereb-be la componente "brusca"), e iltermine sarebbe originario dellafascia mediterranea. A compor-re il termine sarebbe intervenutoanche il Laburnum, il vino (o ilvitigno) caro ad Orazio. Colonnae Bertani partono da un terminearcaico, mediterraneo, Labrum(parente stretto del latino labru-scum (= marginale) che in originedescriveva il bordo di un campo,quello non coltivato perché sasso-so, la nostra "masera". In questecondizioni alligna facilmente lavite selvatica, come ci dimostranoi terrazzamenti delle Cinque Terreliguri. Bertani poi si dilunga in al-tre indagini arrivando a discuteresu due termini protoindoeuropei,Lam e Rusch. Lam sta per sospe-so, pendente, mentre Rusch signi-fica fruttifero, ferace. Rende benel'idea della classica "tirèla" diun tempo. Tra le lepidezze più omeno poetiche ricordo l' interpre-tazione di uno scrittore dialettalemodenese. Bacco, di passaggiotra Castelfranco e Sorbara, vieneinvitato a scegliersi il vino per ilpranzo. E lui avrebbe risposto:"Me a l'àm brùsch" (preferiscoquello brusco), battezzando cosìil vino tipico della zona. Forse illambrusco, degustato in quanti-tà superiore al necessario, aveva"ispirato" bene il poeta! •

Page 16: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

.: f. . :, ,. ._ preferisce allacciarsi altermine latino lebèti-cum = versabile (dalgreco Lèbein = versa-re), in quanto l'oggettopuò essere riempito diacqua. Lo stesso au-tore ci informa che i to-scani chiamavano cosìanche uno scaldino diterracotta, detto, allora,veggio o scaldino.

Lavuràr: Lavorare,produrre, darsi da fare,realizzare un'opera.Plasmare la materia.Addomesticare la na-tura o gli animali. Ilverbo lavorare non èmolto ben visto perchéevoca sacrificio, soffe-renza, tribolazione. Laradice Lab (dal verboLabi = cadere, scivo-lare per la stanchezza)vale per il sacrificio(Labor = fatica, tribo-lazione) che il lavorocomportava, come ilcamminare incerto acausa della stanchezza

(Zingarelli, Bolelli, Devoto, Co-lonna, Rusconi). ella mentalitàcontadina di un tempo era con-siderato vero lavoro solo quellomanuale, quello dei contadini edegli operai. Come affermavauna nota canzone: Se otto ore visembra n poche I provate voi a la-vorar} I e proverete la differenzaI tra il comandare e il lavorare.Resta comunque, come concettodominante, il fatto che il lavorostanca: A gh/é tre cosi ch'i' 'npòs mia far: I médre, sgar e la-vuriir (Ci sono tre cose che nonposso fare: mietere, falciare e la-vorare). E a volte la soluzione c'è:La giurniida la vrè d} sinc Iir: Itre d}arpos e du d} lavùr I e chela paga l'ardupièsa I e 'l lavùr alseguitèsa (La giornata dovrebbeessere di cinque ore: tre di riposoe due di lavoro, e che la paga rad-doppi e il lavoro continui).

ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGIF"I---

di Savino RabottiLànser: Erba infestante. Era fa-stidiosa quando cresceva in mez-zo al grano, per cui si cercava diestirparla finché era tenera, primache si propagasse maggiormente.Ha inflorescenza gialla, raggiungeanche i sessanta/settanta centime-tri. Ferrari-Serra la definisconosenapa dei campi. el Modene-se il discorso cambia. Per Belleila stessa parola indica le castagneessiccate. I Lànser sono anchesinonimo di danno economico: Jèn pu' i lànser che i stupiiin = Unmale peggiore dell'altro. Col ter-mine stupiùn si definivano i cardisei vatici anch' essi dannosi per iIgrano.

Làrgh: Largo, vasto. Làrgii admàn = generoso. Làrgb ad vìsta= previdente, prudente, razionale.In origine indicava di più l'abbon-danza che la spaziosità. Largus èpoi stato sostituito col termineLàtus, che allude all'ampiezzadi una superficie. Da quest'ulti-mo termine deriverebbe anche ilnome Lazio (latius = più largo).

Lasàgna: Lasagna. Ci possiamochiedere, per un attimo, comemai un termine nato per indicareun supporto assurga addiritturaa definizione di un cibo squisi-to? Perché questa è la storia delvocabolo Lasagna. In greco Là-sanon indica il treppiede su cuisi appoggiavano le pentole o leteglie. In latino Lasànum indi-ca già la pentola appoggiata sultreppiede. Poi, col passare deglianni, lo stesso termine indica an-che il cibo cotto dentro la pentola,espresso con un neutro pluraleLasània. Questa è l'opinione piùdiffusa e ormai accettata da tuttigli studiosi. In passato si parlavaanche di un termine greco Làga-non, in latino Làganum, da cuiLagànea (Pianigiani}.10TM

Lasàr: Lasciare, abbandona-re. Permettere, tollerare, dare ineredità. Deriva dal latino Laxàre= sciogliere, liberare, allentare.Il pensiero corre ai cavalli e almomento in cui venivano liberatidalla briglia. Lasàr pèrdre = nondare eccessivo peso. Lasàr indrè= distanziare, staccare.

Làt: Latte, cibo materno. In grecosi diceva Gala-galactos, in latinosi abbrevia in lac, lactis. Dal ter-mine greco deriva galassia, unagglomerato di corpi celesti cheassomigliano ad una strada bian-ca. Una informazione poco preci-sa faceva ritenere che latte e vinonon potessero andare d'accordo:Làt e v/n l'é un grànd a-vlin (lat-te e vino sono un gran veleno). Avolte la gente gioca sull 'assurdo,come quando parla di latte alleginocchia per indicare una noiainsostenibile, o latte di gallinaper indicare un oggetto che nonesiste.

Làurea, Làvrea: Laurea, attesta-to di studio conseguito all 'univer-sità dopo aver frequentato corsispeci fici. In origine consistevanell'imposizione di una corona dialloro (coròna laurea, da Làurus= alloro) sul capo del neolaureato.Presso i Romani e nel mondo an-tico in genere la si imponeva aglieroi, a grandi capitani, agli impe-ratori. Poi si è passati agli artistie ai poeti (nel medioevo). Oggiviene concessa agli studenti chediscutono una tesi alla presenzadel corpo docente per ottenere ildottorato, dimostrando di avereconseguito la maturità. In certicasi viene anche concessa per me-riti speciali o per deferenza versoun personaggio [Laurea Honoriscausa o Ad honorem].

Lavàgna: Lavagna, lastra di ar-desia su cui si scriveva col gessoa scuola. L'importante, almeno ainostri tempi, era non finirvi die-

tro. Oltre all'umiliazione in classeci poteva scappare una razione discappellotti a casa. Secondo al-cuni (Zingarelli) deriverebbe dalnome antico di una città ligure,Libarnius in latino (oggi Serra-valle), poi Lavarnia nel medio-evo, quindi Lavagna. Devoto eBolelli ricordano una città (forsela stessa) chiamata Levannia.Colonna cita la stessa versionedel Devoto, ma aggiunge ancheuna possibile derivazione dal te-desco Leie mediante l'aggettivoLeiànea. In attesa che le cose sischiariscano affidiamoci a Gali-leo che considerava la lavagna lapietra di paragone dei cervelli.Forse lui non vi era mai stato spe-dito dietro!

Lavativ: Due sono i significatiimportanti di questo termine. Ilprimo si riferisce a persone conpoca voglia di integrarsi nella so-cietà, con poca voglia di lavoraree un comportamento tra il canzo-natorio e l'opportunista. In questocaso il termine è stato importatodal francese Lavatif (terminecomparso nel XVI secolo). Il se-condo indica il clistere, che, allafine, altro non è se non un lavag-gio gastrico, derivando dal grecoKlyster = lavatore.

Lavès: Un tempo il termine in-dicava una pentola di bronzo conquattro piedini che permettevanodi porla sopra le braci senza iltreppiede. In molti casi indica unapentola in genere. In italiano sitrova il termine laveggio, ormaiin disuso. Nell'antichità il bronzoveniva usato di frequente per lesue doti di conduzione il calore eper la resistenza all'usura. Derivadal latino lapìdeus = fatto di sas-so, diventato poi lavidius, perchéla prime pentole erano fatte diterracotta, ed hanno conservatolo stesso nome anche quando ilmateriale è cambiato. Pianigia-ni, pur citando la stessa teoria,

Ledàm: Letame, concime. Spor-cizia. Si può dire anche Aldàm,Rùd o Rùt. E chi potrebbe imma-ginare che il termine letame deri-va direttamente dal verbo latinolretàri = allietare, rendere felice.Con i concetti attuali il letame in-durrebbe al rifiuto, all'allontana-mento. Ce lo spiega Virgilio, cheinizia le Georgiche con questaespressione: Quidfaciat lcetas se-getes, che possiamo tradurre con:Cos'è che può rendere floride lemessi? Le messi certamente nonmanifestano segni di allegria, digioia, ma si mostrano floride} ri-gogliose. Tale è l'effetto del leta-me dato come concime: allietarele messi. Pianigiani cita anche unvocabolario universale di Manto-va che pretende far derivare il ter-mine dal celtico leteramen (letter= paglia; am = letto), che tradur-rebbe la nostra lettiera. Ma questatesi è stata presto dismessa. Ma lostesso Pianigiani ci ricorda che,ai suoi tempi, a Lucca si dicevaletare per lordare con lo sterco, eleto per sporco, sudicio.

Page 17: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

RAMISETO RICORDA I SUOI EROI

a iuia -Ilapino ariba di

Il 25 aprile 2012, in occasione dell'anniversario della Libe-razione, nel comune di Ramiseto verranno ricordati duecaduti della seconda Guerra mondiale: l'alpino "richiamato"Garibaldi Bernardi, nato nella frazione di Poviglio nel mag-gio 1915, ultimo di cinque fratelli (Armando, Carlo, Linda eAdolfo), disperso durante la ritirata della campagna di Rus-sia, di cui non si seppe più nulla, faceva parte della BrigataTridentina. Attualmente nel comune di Ramiseto vivono inipoti Bernardi.t'altro caduto era Francesco Vegliante Torri, nato a Miscosodi Ramiseto il 16 dicembre 1921, dove visse fino al 1936.Nel '37 la madre Antonia Dolci, vedova di un grande invali-do della prima guerra mondiale, venne assunta in uno sta-bilimento militare a La Spezia e lì si trasferì col figlio, chesvolgeva servizio come fattorino ed era impiegato pressoil Circolo ricreativo provinciale. Allo scoppio della guerra futrasferito nel comune di Licciana Nardi (esentato dal servi-zio militare perché figlio unico di madre vedova), e quandole prime formazioni partigiane si unirono Vegliante aderìalla Resistenza nella Brigata Borrini con il nome di battagliadi "Ivan" e nominato comandante del distaccamento Gian-notti, nella zona di Monterossino. Durante il rastrellamentodel 26 gennaio 1945, sotto lo scrosciare di un grande nubi-fragio, gli uomini del distaccamento furono circondati dalleforze fasciste. Non potendo sostenere il combattimento ten-tarono di sganciarsi, ma Ivan venne ferito e catturato. Inter-rogato, si rifiutò di collaborare e fu barbaramente trucidatosulla collina che sovrasta Villa di Panicale, mentre altri duecompagni, benché feriti, riuscirono a fuggire. Il suo corpo furecuperato dai compagni il giorno dopo.Il giovane comandante partigiano, medaglia d'argento alvalor militare, in questa occasione sarà commemorato as-sieme agli altri caduti.

Lè-g: Legge, norma, imposizio-ne. In latino è Lex. Per alcunideriva da Lègere = Scegliere, cer-nere (Zingarelli) che troverebbeconferma nel greco Lèghein. Lamaggior parte dei ricercatori par-te direttamente dal latino Lex, ilcui significato è passato pari pariall'italiano. Alcuni però sottoli-neano un aspetto particolare: illegame sacro, imposto tramitela religione. In questo caso peròviene chiamato in causa il verboLigàre = legare, vincolare (da cuiRe-ligio = doppio legame, comediventa per noi un voto). Piani-giani e Colonna citano il Curtiusche propende per un vocabolo diorigine nordica, quale il tedescoLog ;l'antico sasso ne Lag, ed altriidiomi. Il concetto comunque èquello di inderogabile, da accet-tare comunque: Dura lex, sed lexdicevano gli antichi: è una leggedura da osservare, ma è la legge.

Lètra: Lettera, missiva, corri-spondenza. Lettera dell'alfabeto.In greco Difthèra significa ta-voletta su cui si scrive. Il termi-ne arriva in latino attraverso glietruschi e diventa Lìttera. Inizial-mente indicava una pelle concia-ta (Colonna, Rusconi). In un se-condo tempo passa ad indicare lelettere dell'alfabeto e poi gli scrit-ti che si ottenevano con questa(Bolelli). Un discorso aparte fa ilPianigiani. Il termine deriverebbe

dal verbo latino Lìnere (supinoLìtum) che significa: incrostare,imbrattare, colorare, cercando diindagare l'impressione che fa-ceva sul popolo vedere gli scribicolorare le pelli conciate. Per ilMeyer invece il termine Lìtteraderiverebbe dalla radice Lìch, dacui Lìctera = graffiare, incidere,scrivere.

Lìmit: Limite, confine. Regola-mentazione. Buon senso, discre-zione. Il Limes dei romani indica-va il confine della proprietà, unacarraia, un confine sorvegliato daisoldati. Notiamo subito che peri romani la proprietà era sacra,e per difenderla avevano creatodelle divinità: il dio Termine, chevigilava sul podere, e il dio Limi-te. Togliere o spostare un termineera sacrilegio (Colonna). Quei"segni" (quasi sempre un sassoposto in verticale), esistono an-cora oggi. on vengono ritenutidelle divinità ma la loro funzio-ne è importante per tanti. Devotoaccenna ad un particolare: Limesforse deriva dall'aggettivo Limus= obliquo, termine che indica lalinea naturale di confine, quindinon necessariamente retta. Per-mettiamoci una curiosità: il termi-ne limitrofo nasce per indicare unterritorio vicino al confine (limes)lasciato a disposizione dei soldatiper produrre il necessario a nutrir-si (tréfo in greco = io nutro. •

Page 18: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGIn"'Tlf'~'

di Savino RaboniLàder: Ladro, furfante, imbro-glione, disonesto. Tutti terminiche inducono a pensare a qualcu-no che approfitta della propria po-sizione per farsi bello o arricchirsialle spalle degli altri. Deriva diret-tamente dal latino Làtro - latrò-nis. Nel caso specifico indicavaun individuo che assaliva le per-sone per strada e le uccideva perappropriarsi dei loro beni. Nientedi nuovo sotto il sole (anche sottola luna!). I latini distinguevano imalfattori in due categorie: il la-dro nel senso che intendiamo noiveniva definito Fur (echeggianogià furfante, furto, vero?) perdistinguerlo dagli assassini o pre-doni di strada (latrones). Mentreil termine ladro comporta un con-cetto di violenza, di tradimento, iltermine fur lascia trasparire unabuona dose di furbizia, di abili-tà, anche se utilizzata per scopidisonesti. Se vogliamo risalire adun termine greco che suoni comequello latino troviamo il verboLatreùo e i suoi derivati, che peròsono meno violenti del terminelatino. Tant'è che il verbo indicadipendenza, schiavitù, e il termi-ne làtron, o anche latreùs signi-fica servo, schiavo, mercenario.Colonna e Pianigiani, che cita-no Festo, spiegano così l'originedella parola: "Latro, contrazionedi làtero, soldato della guardiadel corpo" (perché stava ai latidel principe). Ma poi il termineè passato ad indicare "qui obsidetlatera viarum", colui che assediai lati della strada.

Ladsèl: Latticello. Tipo di erbache, tagliata, produce un liquidosimile al latte. Il termine indicaanche il liquido che rimane nel-la zangola dopo avere ottenuto ilburro. In questo caso però si usa-va di più il termine Sèr (siero). Inlatino abbiamo il termine làtex,làticis, che indica liquido, acquacorrente.

70TM

Làpida, Làpide: Lapide, lastradi marmo posta sulle tombe op-pure applicata alle facciate degliedifici pubblici o delle chieseper ricordare persone importanti,eroi o eventi memorabili. Derivadal latino Làpis, làpidis = sasso,pietra. Ambire ad essere ricordatocon una lapide è desiderio abba-stanza diffuso. Giusti vorrebbeessere ricordato così: È buon perme se la mia vita intera / mi frut-terà di meritare un sasso / cheporti scritto: Non mutò bandiera(l trentacinque anni). Da que-sto sostantivo derivano altri ter-mini: dilapidare (scialacquare,sciupare); lapislazruli (mineralecomposto da silicato sodico allu-minifero, usato come pietra orna-mentale); lapidare (uccidere conisassi). Deriva dallo stesso termi-ne latino anche làpis (matita) inquanto un tempo si usavano pie-tre o calcinacci per fare dei segni.Inoltre la mina delle matite altronon è se non una pietra ricostruitamediante un impasto di grafite.

Làsa: Spago, corda, filo. Eral'estremo rimedio quando nonc'erano i Làs (lacci) o le Cursoli(stringhe di cuoio) per allacciarele scarpe. E anche per reggere ipantaloni o fermare le vecchiegiacche prive di bottoni. Cavalie-ri si rifà al latino Acia = filo, refe,che sarebbe arrivato fino a noiattraverso il termine medievaleLàza. Era già dialetto.

Lavèl, Lavadùr: Lavello, lava-mano. Era costituito da un catinoappoggiato su un apposito trep-piedi, al centro del quale, in basso,era collocata la brocca. Cavalierichiama in causa Labellum, ag-gettivo latino con due significati:nel primo caso (sostantivazionedel verbo Lambire) indica il ge-sto delle labbra (come baciare), esignifica labbruccio; nel secondoil termine deriva dal verbo Lavo,ma indica uno strumento per po-tersi lavare, il lavabo, o il lavan-dino, che col tempo ha cambiato

forma e destinazione (Columella:Deinde labellum fictile novumimpleto ... = Riempi quindi un ca-tino di terracotta nuovo ...). Ma danoi era più facile parlare di Lava-diir, il lavello situato in cucina onel retrocucina, una pietra legger-mente incavata, con scolo versol'esterno, che possiamo indi vi-duare in lavatòrium (Pianigiani),E il diminutivo del latino La(va)brum, ingentilito poi in Labellum(Devoto, Colonna).

Lénca: Qua e là, circa, pressap-poco. Alcuni studiosi collegano iltermine all'avverbio latino: Illinc= di lì, di là, da quella parte. Qual-cun altro, pochi in verità, alludo-no ad un possibile: illuc èntia = lecose che stanno là, ma con pocaconvinzione.

Lìber (sostantivo): Libro, volu-me; registro; rendiconto. In sen-so figurato elenco di rimproveri:Arèvre al lìber = chiedere ragio-ne di qualcosa, oppure elencareun numero di manchevolezze. I!termine latino liber (arcaico Lè-ber), indicava la corteccia interna(terzo strato) di certi alberi, moltosottile, simile alla carta, utilizza-ta per scrivere prima del papiro.I! libro come lo intendiamo oracompare solo intorno al II secolodopo Cristo. Si trattava di foglidi pergamena sovrapposti e lega-ti tra di loro, logicamente scrittia mano. Il libro stampato arrivasolo dopo il 1445, con l'invenzio-ne dei caratteri mobili (Gutem-berg). In passato, possedere unlibro significava avere un capita-le. Ed indicava possibilità di cul-tura: Parlar cmé un libre stampa= parlare chiaro, ma anche averecompetenza.

Lìber, Lìbre (aggettivo): Libero.Indipendente. Che può decidereda solo. Deriva dal latino Lìber esi riferisce agli schiavi cui era sta-ta concessa l'emancipazione. Lafamiglia romana era composta daiFilii (consanguinei) e dai Lìberi,

o Libèrti, gli schiavi liberati. Iltermine latino deriva da una vocemediterranea loidhero, imparen-tata col greco eleuteros, semprecon lo stesso significato, ma conla sfumatura di appartenente alpopolo, alla gens (Devoto, Co-lonna, Rusconi}. Pianigiani citaanche un'altra corrente che si rifàal verbo latino Libère = piacere,spiegando il riferimento col fattoche chi è libero gode della propriavolontà. Qui ci permettiamo unadigressione sul concetto di libertàcitando il professore di filosofiaP. Héder, transfuga dall'Unghe-ria del dopoguerra: "Il massimodella libertà coincide col massi-mo della schiavitù". Osservandoquanti stratagemmi occorronooggi per proteggere la casa ecome viaggiano certi personag-gi, circondati dai body guard tutticircospetti, viene da dar ragioneall'anziano professore.

Licensa: Permesso, autorizza-zione. Permesso di assentarsi dalservizio militare. Documentodi abilitazione per cose specifi-che (caccia, pesca, porto d'armi,ecc ...). Deriva dal verbo latinolicère = essere permesso, esserelecito. Il sostantivo Licentia è laevoluzione dell'aggettivo, presoal neutro plurale, ed indica un in-sieme di cose lecite, legali.

Lìdga: Sabbia scadente, checontiene terra. Deriva dal gre-co Lythikòs = di pietra, derivatodalla pietra. Infatti si tratta di unprodotto ottenuto col rotolare deisassi dentro l'acqua dei fiumi, lecui particelle vengono depositatesugli arenili dove può essere pre-sente anche terra. E una sabbia diqualità scadente.

Lìga: Fisicamente il termine hatre significati: tirante in metallo,da una parete ali 'altra, per impe-dire ai muri di allargarsi e crolla-re; armatura di un muro, in reteo in piccole canne, utilizzata pertrattenere l'intonaco; compostoottenuto dalla fusione di metallidiversi. Oggi poi abbiamo ancheun significato politico che, in te-oria, dovrebbe ispirarsi alla soli-darietà e al federalismo tra realtàpolitiche diverse. In latino il ver-bo Ligàre indica una unione, unvincolo.

Ligàj, Ligàm: Legame; legacci.Servivano per legare i covoni. Avolte si facevano con verghe di le-gno (stròpi), altre volte con pagliadi segale (in tal caso erano i veriligàm). Per utilizzarli ci volevaesperienza, soprattutto nel ferma-re la parte terminale perché non sislegasse.

Lìmòsna: Elemosina, obolo, ca-rità. Contributo o salario scarso,dato magari a malincuore. Questaparola ha origine nella lingua gre-ca antica, ma è stata poi adottata evalorizzata dalla religione cristia-na. Il verbo è Bleèo che vuoI dire:io ho pietà. Dallo stesso verbo de-riva il (Kyrie) eleison della litur-gia in latino. L'aspetto cristiano

Page 19: ETIMOLOGIA DIALETIALE/PARLACOME MANGI Uncavàgnsensalùnd ...

viene sottolineato da questo detto:A far la liméina a n' se va briiain miséria = Facendo la caritànon si diventa poveri.

Lìngua: Lingua; linguaggio; stri-scia di terra. Inizialmente si cre-deva che il termine derivasse dallatino Lìngere = lambire, leccarein quanto la lingua serve a talescopo. Successivamente si è con-statato che esistono vocaboli, nellinguaggio di altre nazioni, moltosimili a lingua ma con la D ini-ziale: Dingua (che però muta daparlata a parlata, e diventa tengein irlandese, tuggon in gotico,Zungen in teseo, ecc.). Il passag-gio da Dingua a Lingua non èpoi tanto strano, specie tra grecoe latino. Anche lacrima in latinoè Làcryma, ma in greco Dàcrion.

Lira: Con questo termine in dia-letto ci si riferiva alla moneta. Lostrumento musicale forse lo co-noscevano, ma non era frequentel'uso del suo nome. Si tratta co-munque di un termine entrato inuso da noi con l'Unità d'Italia.Prima ci sono stati diversi tipi dimonete, e ognuna ha lasciato una

traccia: Bajàch, Cavur e cavurin,marèngh, palànchi, e anche ter-mini presi a prestito da prodottio mestieri: grana, mulènda. Però,come unità monetaria, la lira ceI'hanno anche altri stati. In lati-no si chiamava Lìbbra, perchéla moneta corrispondente pesavauna libbra. A titolo di curiosità ri-cordiamo un altro significato deltermine latino Lira: era il solcofatto durante I'aratura. Da quiDelirare = andare fuori del solco,commettere un errore, perdere laragione.

Lìs: Come aggettivo significa,come in italiano, liscio, leviga-to, facile, agevole, scorrevole. Ein questo caso si parte dal latinolixàre = levigare, lisciare. Lìscme l'òli = facile, comodo. Comesostantivo invece si tratta di unaparte del telaio. Sono i bastoni le-

vigati, a volte anche lavorati conarte, che reggevano i licei, cioè ifili entro i quali passava l'orditoper poter eseguire diversi tipi ditrama. In latino era Licium, Pia-nigiani cita Esichio che invece faderivare il nome dall'aggettivo la-tino Obliquus = messo di sghim-bescio.

Litanìa: Litania, elenco di titolionorifici rivolto ai santi. Per tra-slato anche sequela di rimprove-ri verso chi non si è comportatobene. Deriva dal greco Litanèyo= io prego, e, attraverso il latinocristiano: litanìa = invocazione.

ormai mente il concetto affian-cato a questo termine è quellodi cosa lunga e noiosa. A n' gh/égnàn int allitanìi di Sant indicauna scusa o un'argomentazionesenza fondamento.

Lìtre: unità di misura per liquidi.In certi casi anche per aridi, peri cereali. Il termine è arrivato inItalia dalla Francia nel XIX seco-lo, con l'applicazione del sistemametrico-decimale litre. Costoroperò avevano recuperato il termi-ne greco Litra, portato pari pari

nel medioevo, corrispondente a12 once. Litra è parente stretto dilibbra e di lira visti sopra.

Livèl-Livèla: livello, punto di ri-ferimento. Strumento per rilevarela posizione di oggetti rispetto adaltri. Il nome della livella derivadirettamente dal latino Libella,diminutivo di Libra. In latinolibra significa anche bilancia(costellazione compresa), quindilivellare significa bilanciare, met-tere due cose sullo stesso piano. Equi ci piace ricordare un passag-gio della poesia di Totò, intitolataappunto 'A livella: «... t'o vvuòmettere (n capo ... int'a cervella-che stàje malato ancora 'e fanta-sia? - (A morte (o sàje ched'èr.. èuna livella" (Te lo vuoi mettere intesta ... nel cervello, che sei anco-ra ammalato di fantasie? Lo saicos'è la morte? Una livellal ), •

(

iltrc

cF~liilIlcadn9èSLSfiiSndnV1SIS