Età Giolittiana

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Riassunto storia età giolittiana

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Nel 1901 il re Vittorio Emanuele III nomin presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli ed ad affiancarlo c'era, come ministro degli Interni, Giovanni Giolitti (1901 al 1914). L'et giolittiana coincise, in larga misura, con il decollo della rivoluzione industriale in Italia. I progressi pi evidenti si registrarono nell'industria siderurgica, nell'industria elettrica e nell'industria meccanica. Queste industria avevano sede soprattutto nel cosiddetto triangolo industriale, formato da Torino, Milano e Genova. Lo sviluppo economico ed industriale dell'Italia, cos come venne attuato sotto i governi di Giolitti, fu favorito da alcune condizioni particolari. In primo luogo, l'industria italiana fu fortemente aiutata dall'intervento statale. Particolare importanza ebbero le varie commesse statali nel campo dei trasporti ferroviari che incentivarono la crescita nel settore meccanico e siderurgico. L'industria, inoltre, si svilupp all'interno di un sistema protetto. La politica protezionistica, attuata con l'imposizione di alte tasse sui prodotti esteri, favor notevolmente lo svilupp al Nord, mentre danneggi il Sud che vide chiuse le porte dei mercati esteri per i propri prodotti tipici. Nell'epoca giolittiana, all'interno del Partito socialista italiano, si formarono due correnti: i riformisti, guidati da Filippo Turati, ritenevano che si dovesse cambiare la societ gradualmente, attraverso le riforme; i massimalisti, guidati da Costantino Lazzari e Benito Mussolini, ritenevano che per cambiare la societ fosse necessario ricorrere alla rivoluzione. Giolitti pi volte cerc l'appoggio dei riformisti, tanto da invitare a far parte del suo governo lo stesso Turati, che tuttavia non accett. Il modo di fare politico di Giolitti fu definito dal "doppio volto": aperto e democratico nell'affrontare i problemi al Nord, conservatore e corrotto nello sfruttare i problemi del Sud. Al Nord Giolitti consent gli scioperi. Var anche alcune riforme che migliorarono le condizioni di lavoro degli operai. La lotto sindacale port all'aumento dei salari dei lavoratori che poterono acquistare anche prodotti industriali, con beneficio dell'economia. L'azione del Governo nel Meridione, invece, ebbe carattere sporadico, con interventi spesso affidati a leggi speciali. Per Giolitti il Sud era un semplice serbatoio di voti da controllare. Molti contadini del Sud furono costretti ad emigrano all'estero: tra il 1900 e il 1914 emigrano circa 8 milioni di italiani, principalmente verso il Nord Europa e gli Stati Uniti. Gli emigrati inviavano alle loro famiglie in Italia parte della loro paga (le cosiddette rimesse). Giolitti, spinto da interessi politici ed economici e dall'opinione pubblica, riprese la politica coloniale con la guerra in Libia. Nel 1911 l'Italia dichiar guerra alla Turchia che dominava la Libia. Non riuscendo a piegare la resistenza libica, l'Italia attacc direttamente la Turchia che firm nel 1912 il Trattato di Losanna con il quale cedeva la Libia. L'avventura coloniale non fu un grande successo: la Libia non era la terra rigogliosa descritta dalla propaganda. A trarre vantaggio dalla conquista furono solo le banche, gli armatori e l'industria industriale. La pi grande riforma democratica dell'et giolittiana fu l'approvazione, nel 1912, di una nuova legge elettorale, che introduceva il suffragio universale maschile, cio la concessione del diritto di voto a tutti i cittadini maschi. Due anni pi tardi, nel 1914, Giolitti prefer dare le dimissioni: la guerra in Libia e la crisi economica avevano indebolito il suo governo. Gli succedette Antonio Salandra: l'et giolittiana era finita. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l'Italia assunse una posizione di neutralit rimanendo in linea con l'articolo 7 del trattato che univa l'Italia alla Germania e all'Austria. Questo punto prevedeva la discussione preventiva dei territori da dare in compenso al termine della guerra, cosa che per non era avvenuta. Ma il problema della posizione italiana rimaneva irrisolto. All'interno dell'Italia si erano formati due schieramenti: i neutralisti e gli interventisti. Al gruppo dei Neutralisti primi appartenevano: i socialisti, che ritenevano la guerra fosse voluta dalle grandi potenze europee imperialiste e capitaliste, ma il loro scieramento era isolato e la loro posizione era indebolita dalle posizioni interventiste dei socialisti europei; i cattolici seguivano l'orientamento dato dal pontefice che si schier contro la guerra, anche se rimaneva ancora il contrasto tra l'obbligato neutralismo dettato Chiesa e la lealt allo Stato di cui facevano parte; i giolittiani, i quali sostenevano che l'Italia non era preparata a sostenere una guerra che sarebbe durata molto tempo e richiesto numerose risorse economiche e militari. Giolitti non si limit solamente a manifestare la sua posizione sulla situazione italiana, ma formul un'analisi sulla situazione internazionale. Giolitti riteneva che l'Italia avrebbe potuto ottenere numerosi vantaggi senza la guerra, indicando l'opportunit di contrattare la neutralit come se fosse una vittoria. L'Austria non poteva resistere all'urto di altre diverse nazionalit, nonostante questo di dimostrava contraria a qualsiasi cessione di territori, nonostante le pressioni tedesche. Allo schieramento degli interventisti appartenevano: gli "interventisti democratici" e i "socialisti riformisti": i primi erano sostenitori di una pronta cessione delle terre irredente mentre i secondi ritenevano che solo sconfiggendo gli imperi centrali si potevano sostenere le aspirazioni di indipendenza nazionale e di democrazia dell'Europa intera. Un ruolo importante fu dato dagli esponenti del sindacalismo rivoluzionario guidato da Mussolini, che criticando la posizione dei socialisti italiani credevanella prospettiva rivoluzionaria generata dalla sconfitta degli imperi centrali ; i nazionalisti che vedevano nella guerra la possibilit di sostenere le loro ambizioni espansionistiche i liberali conservatori che vedevano nella guerra la possibilit di dare al parlamento poteri straordinari tali da far finire per sempre le riforme giolittiane, inoltre e puntavano a riottenere i territori del Trentino e Trieste e di far acquistare all'Italia lo status di grande potenza. La rottura da parte dell'Italia della Triplice Alleanza sancita nel 1915 con il Patto di Londra (Il 16 febbraio 1915 fu inviato a Londra un promemoria con le condizioni per la discesa in campo dell'Italia a fianco dei paesi dell'Intesa. Dopo alcune discussioni il 14 aprile venne raggiunto l'accordo tra l'Italia ed i paesi dell'Intesa che firmarono dodici giorni dopo il Patto di Londra. Nello specifico, questo era composto da tre documenti: le richieste italiane, l'impegno dei quattro paesi a non raggiungere una pace separata e la promessa nel mantenere la segretezza di questo accordo. L'Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese dalla firma del Trattato a fianco di Gran Bretagna, Francia e Russia contro tutti i nemici di questi paesi ovvero Austria-Ungheria, Germania e Impero Ottomano) tra Italia, Inghilterra, Francia, Russia fu invevitabile. In caso di vittoria l'Italia avrebbe ottenuto il Trentino e Trieste, l'Istria, la Dalmazia, il porto di Valona e altri territori da stabilire. Rimaneva il problema di convincere il parlamento di maggioranza giolittiana ad entrare in guerra. Molte furono le manifestazioni a favore ed alla fine il re e Salandra riuscirono nell'impresa attraverso uno stratagemma. Salandra finse di dare le dimissioni e al suo posto fu convocato Giolitti, che saputo parzialmente del patto di Londra, si rese conto che le sue tesi non erano pi sufficiente e rifiut l'incarico. Allora il re non accett le dimissioni di Salandra e il governo ebbe poteri speciali. Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiar guerra all'Austria entrando cos nella Prima Guerra Mondiale.