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PUBBLICAZIONI DEL LA FACOLTÀ DI SCIENZE DEL L’EDUCAZIONEDEL L’UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA

ENCICLOPEDIADEL LE SCIENZE DEL L’EDUCAZIONE

117.

Carlo NaNNi - Maria Teresa MosCaTo (a cura)

la PeDaGoGia Della liBerTÀLa lezione di Gino Corallo

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CARLO NANNI - MARIA TERESA MOSCATO(a cura)

LA PEDAGOGIADELLA LIBERTÀ

La lezione di Gino Corallo

LAS - ROMA

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IntroduzIone

Carlo Nanni

Come recita il titolo, il volume La pedagogia della libertà. La lezione di Gino Corallo, intende indagare la figura e il ruolo avuto da Gino Corallo nella pedagogia contemporanea, ma al contempo rileggere la sua opera e la sua per-sonalità alla luce del presente, nella ipotesi che la sua “lezione” sia ancora di notevole significato, per chi opera nel campo della pedagogia: sia come docen-te, sia come ricercatore, sia come studente, e sia in genere come persona attenta alle novità e alle problematicità dell’educazione contemporanea (che fa parlare da più parti di “emergenza educativa”).

Esso è nato dalla volontà di tanti amici e “discepoli” del pedagogista catane-se (11 ottobre 1910 - 12 dicembre 2003), radunati per un seminario, intitolato: “La pedagogia della libertà. Seminario di studi sulla Pedagogia di Gino Corallo in occasione del centenario della sua nascita”, organizzato il 23 ottobre 2010 all’Università Pontificia Salesiana (dove Gino Corallo fu docente tra il 1951 e il 1954, e poi Rettore dal 1966 al 1968).

1. Come si vedrà meglio nel prosieguo, la pedagogia accademica italiana del dopoguerra intese concorrere con tutte le forze sociali post-fasciste a dare una pedagogizzazione democratica e liberale al sistema scolastico italiano. Per un verso la pedagogia italiana fu chiamata a fare i conti con l’idealismo gentiliano e a porsi seriamente di nuovo il problema dell’identità della pedagogia stessa e del senso dell’educazione. La pedagogia di ispirazione cattolica era del parere che il problema si ponesse anche nei confronti del positivismo scientista, che, riducendo la pedagogia a tecnica e didattica, e parimenti l’educazione ad istru-zione, la espropriava del suo quadro di riferimento ultimo ideale e valoriale, ma anche del suo fondamento epistemologico e ontologico-antropologico.

Pertanto, si trattava per un verso di recuperare (contro la soluzione idealisti-ca) una fondazione realistica dell’educare e della relazione educativa che non disperdesse la storicità e la concretezza dell’azione educativa e che salvasse la multilateralità degli aspetti sia dell’azione educativa sia della riflessione peda-

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8 Introduzione

gogica. Per altro verso (contro le forme di didatticismo e di empiricismo posi-tivistico), si imponeva una forte e decisa fondazione dell’oggetto pedagogico, che permettesse di evidenziare in modo chiaro e preciso un concetto forte di educazione, tale da rendere possibili personalità libere, responsabili, social-mente attive: come voleva la Costituzione Italiana, messa a fondamento di una convivenza civile, democratica e partecipativa, equa e solidale, nell’orizzonte di scenari internazionali che spingevano verso l’unificazione europea.

Tale opera dovette successivamente fare i conti con la contestazione giova-nile e operaia sessantottesca, che metteva forti “sospetti” sulle capacità eman-cipative e liberatrici delle scienze umane e dell’educazione tradizionale.

2. Corallo intendeva porsi più tra i “cristiani pedagogisti” che tra i “pedago-gisti cristiani”, sulla base di una profonda convinzione circa l’autonomia della ricerca scientifico-culturale rispetto alle fedi e alle confessioni religiose. Tut-tavia, come tutta la pedagogia in vario modo di ispirazione cristiana, dovette fare i conti anche con l’esistenzialismo e soprattutto con il neo-marxismo, che andava progressivamente sviluppando fra gli anni ’50 e ’60 una propria linea pedagogico-accademica, con cui si intrecciavano preoccupazioni di politica scolastica concreta.

È soprattutto su questa linea di confronto che acquista tutto il suo significato la concezione dell’educazione di Corallo, intesa come “crescita della libertà nell’uomo” (dove è evidente il forte spessore ontologico e morale rispetto ad una sociologistica o psicologistica crescita dell’uomo nella libertà o nelle liber-tà, di cui non si nega la necessità e la valenza umana).

Secondo Corallo, la “capacità” umana fondamentale, che rende l’uomo spe-cificamente umano, è la sua capacità di diventare libero, rendendo effettiva tale capacità, che è sempre una conquista (implicante prese di posizione e scelte effettivamente libere e responsabili), e non una eredità certa e pacifica. In que-sto contesto l’educazione viene ad essere processo orientato a promuovere la libertà, che nell’educando è quasi solo “una promessa”. L’educazione è chia-mata a promuovere l’umanità nell’uomo, permettendo alle potenzialità native di tradursi in atto, in significato realizzato. Il processo è quindi eterodiretto e insieme autonomo, in quanto l’etero-direzione iniziale è tutta intesa allo svilup-po dell’auto-direzione, cioè della libertà “educata”.

3. Ma non meno netta era la sua riflessione di tipo epistemologico. Il pro-blema era per lui basilare rispetto alla sussistenza stessa della pedagogia tra le scienze umane e in vista di una azione educativa e scolastica valida ed effi-cace. La sua profonda convinzione era che – come ancora si esprimeva in un seminario svolto all’università di Lecce nel 1975, e il cui testo riportiamo in Appendice –

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“la soluzione data al problema epistemologico condiziona e determina, natural-mente nelle loro linee fondamentali, le soluzioni di tutti gli altri problemi della peda-gogia e dell’educazione”.

È nota la sua idea di una pedagogia come scienza dalle due facce (in quella dualità diffusa in tutto ciò che è essere finito e per cui occorre impegnarsi al fine di tenerne l’insieme in una unità voluta e ricercata): la faccia teoretico-descrittiva che studia il “che cosa è” dell’educazione, cioè il suo “significato” (= pedagogia generale); e quella di carattere normativo-pratico che ne studia il divenire concreto, i modi del suo accadere “esistenziale”, il “come si fa” educazione (= metodologia generale e didattica). Attorno a queste due mo-venze fondamentali, si pongono la pluralità di saperi specializzati o dei saperi “pre-pedagogici” e contestuali, a cui la pedagogia si rifà od è sostenuta nel suo concreto operare per una educazione valida ed efficace.

4. L’ipotesi degli autori del volume, come si vedrà in molti dei saggi che seguono, non è solo quella di ricostruire la vicenda, il pensiero e l’opera di Gino Corallo, che certamente merita di essere maggiormente conosciuta sul-la scena della pedagogia italiana del dopoguerra e dei decenni successivi, ma intende anche mostrare la significatività della sua “lezione” per l’oggi peda-gogico, educativo e culturale. E ciò a cominciare dalla sua stessa personalità. Corallo pedagogista della libertà, oltre che una persona acuta ed intelligente, critica e sveglia, fu anzitutto un uomo libero. Nella sua pedagogia si traduceva, in maniera sostanziosa e unificata, la sua anima viva e gioviale di persona, di cittadino, di cristiano e soprattutto di educatore salesiano secondo lo spirito del sistema preventivo di don Bosco. Il suo dinamismo educativo personale lo portò a impegnarsi anche nella pratica attiva per la promozione di strutture e iniziative istituzionali di supporto, sia come dirigente di sedi e istituzioni uni-versitarie, sia nell’ambito della formazione degli educatori e degli insegnanti.

In una età in cui più che i maestri si ascoltano i testimoni, Corallo può es-sere l’uno e l’altro: testimone e maestro per la vita, la cultura, la pedagogia, l’educazione.

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L’ItInerarIo pedagogIco dI gIno coraLLo1

Bruno Bellerate*

Sarebbe indubbiamente pretestuoso e, al tempo stesso, presuntuoso voler risali re, sulla base di prove e documenti, al “blocco di partenza”, per poi ri-percorrere un così lungo e fecondo percorso. La mia personale ipotesi, per cui l’educazione, anzi la coeducazione, in senso stretto, inizia, per così dire, con il lento e graduale passaggio dal caos al cosmo in ogni soggetto, mi porterebbe troppo lontano.

Questo intervento infatti, almeno a mio avviso, non vuole limitarsi soltanto “a parlare per parlare e a fare un bel discorso per fare un bel discorso”, come scriveva Fichte nella Missione del dotto, tanto più che non ne sarei neppure capace. Sono invece del tutto d’accordo con il seguito del suo dire, nonostante un diffuso costu me contrario, e cioè che “la mania di fare parole, e belle pa-role senza sostanza, non s’addice alla dignità di nessun uomo, e tanto meno a quella di un professore universitario, che rappresenta, in pari tempo, la dignità della scienza per le future genera zioni”. Non è dunque mia intenzione leggere una classica “laudatio” dell’accade mico emerito, secondo la vigente tradizio-ne germanica, ma vorrei, rispondendo alla sollecitazione fichtiana, invitarvi a riconsiderare, per sommi capi, un itinerario, forse tanto gratificante quanto faticoso, che può diventare occasione di riflessione, di impegno e dunque di crescita umana.

Mi pare, invero, che il lungo cammino pedagogico del Prof. d. Gino Corallo sia particolarmente adatto allo scopo. Pedagogo per vocazione, come si suol dire, in quanto membro della Congregazione Salesiana, decise ben presto, con il consenso dei superiori, di dedicarsi all’insegnamento e all’insegnamento ac-

*Professore emerito di Storia della pedagogia, Università di Roma Tre.1 Riproduciamo qui con qualche modifica la relazione che Bruno Bellerate pronunziò in occasione

del pensionamento di Gino Corallo, a Catania, il 9 maggio 1989, nell’Aula Magna dell’Università. Il testo revisionato fu pubblicato, con lo stesso titolo, sulla rivista della Facoltà di Lettere, nella quale Corallo aveva insegnato dal 1970 e fino al suo pensionamento (“Siculorum Gymnasium”, vol. XLIII, nn. 1-2, 1990, pp. 329-335).

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cademico, probabilmente, nell’Università Catto lica, ancor prima che all’inter-no dell’attuale Università Pontificia Salesiana, che, all’epoca, aveva da pochi anni dato alla luce un suo Istituto di Pedagogia. A tal fine, all’inizio degli anni Cinquanta, il Prof. Corallo andò negli USA per verificare, più che aggiornare, la sua ricerca sul pensiero pedagogico di J. Dewey, dalla quale era già stato espresso un ponderoso volume, e per addentrarsi nella conoscenza del movi-mento educativo di quel paese, che stava assumendo, con sempre maggior au-torità, da parte sua, e arrendevolezza, da parte degli altri, un ruolo-guida anche a livello culturale.

Seguirono altre rilevanti pubblicazioni su detto autore e sulla situazione peda gogica negli USA, nonché un impegno innovativo, ma per un solo anno (1953-54), nell’Istituto di Pedagogia dell’allora Pontificio Ateneo Salesiano. Quindi con la li bera docenza (1954) passò, praticamente in via definitiva, all’Università di Stato, prima a Salerno, come incaricato, poi, con una parentesi all’Istituto di Magistero di Maria SS. Assunta di Roma, a Bari e Lecce, sempre come incaricato e, dal 1963, come ordinario, ancora a Bari, e finalmente, dal 1970, a Catania, la sua città. Nel frattempo, per due anni (1966-1968), fu anche Rettore del Pontificio Ateneo Sa lesiano.

In ognuna delle tappe richiamate, ma, in particolare, a Bari, il Prof. Coral-lo lasciò un’impronta, caratterizzata dalla sua vivacità intellettuale, maturata nel cor so dei suoi lunghi e polivalenti studi, dalla sua ampia e personalizzata informazio ne, che si andava traducendo in pensiero organico e produttivo tan-to per sé quanto per gli studenti, che ne erano affascinati e, al tempo stesso, stimolati, e dalla sua efficienza operativa. A Bari, la sua irrefrenabile capacità d’azione si è espressa nell’invenzione, anche a livello materiale, di un solido e prospero Istituto di Pedago gia, da lui, per anni, diretto con intelligenza e dedizione.

Da questo percorso, non senza ostacoli, due significative indicazioni, alme-no: una nota di dominante serenità e una ricercata volontà di coniugare unita-riamente teoria e prassi (termini, di fatto, non molto ricorrenti in lui), agevolata da un’acuta intelligenza e da un’impressionante capacità di lavoro, ben rego-lata e funzionale nei suoi ritmi. Né gli fu estraneo, anche in questo forse, un influsso, da lui stesso rico nosciuto, di J. Dewey.

1. un pensare con acume e coerenza

Anche il Prof. Corallo, secondo un uso comune prima del proliferare di catte dre e insegnamenti di discipline pedagogiche, si dedicò a programmi di-dattici di di verso contenuto, come testimoniano chiaramente le sue opere: dal-la storia alla teo ria, dalla metodologia alla didattica. In rari casi tuttavia ci si

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può appellare all’oc casionalità e difficilmente credo si possa riscontrare una qualche stridente aporia nelle sue pubblicazioni, sebbene sollecitate talora da particolari circostanze. Lo stile è sempre lucido e brillante, ricco di immagini, sparse consapevolmente specie nel suo dire, ma, al tempo stesso, il suo proce-dere è stringato e stringente.

La tematica dei suoi scritti, magari più implicita nei primi di taglio stori-co, gira costantemente attorno a tre argomenti, tra loro collegabili e, nel caso, saldamente fusi: l’uomo (e l’uomo cristiano, anzi talvolta, persino salesiano), l’educazione e la scienza che se ne occupa.

Certo, com’egli stesso scrive:

“Non si tratta di un pensiero sgorgato di getto tutto lucido e coerente, con il balzo di Minerva armata dal cervello di Giove: esso è stato preceduto e nutrito da una puntigliosa informazione e esplorazione «a tap peto» di tutti i fatti e le idee che la storia poteva offri-re in relazione all’educazione, e si è andato poi configurando attraverso il confronto non pacifico con i mille pro blemi, e le mille soluzioni, che si accavallavano e si intrecciavano insieme, scaturen do senza sosta l’uno dall’altro, a mano a mano che si allungava il raggio dell’inda gine (storica, psicologica, sociologica, filosofica)”2.

L’interesse religioso, che, radicandosi nel discorso “preliminare a tutti gli altri, sul «significato» delle cose”, deborda da ogni altro tema, è un asse por-tante della sua concezione antropologica; e questa, dati la sua sensibile curio-sità intellet tuale e il profondo bisogno umano, l’ha indotto ad affrontare, fin dall’inizio, uno dei più spinosi e poliedrici problemi della nostra esistenza: quello della libertà. Essa non fu disinteressato oggetto di studio, ma gli appar-ve e fu trattata come il perno, l’indiscutibile punto di riferimento di ogni agire educativo. Non dunque retorica e “bei discorsi” e neppure soltanto dialettica riflessione teorico-critica, ma quasi me ditazione che, mentre sgorga da un’e-sperienza attentamente vissuta, punta a river sarsi, dopo le debite decantazioni scientifiche, su ulteriori e più giovani esperienze di vita. In tal senso la filosofia, che sta a fondamento di tutte le opere del Prof. Corallo, si colora, per quanto con altre connotazioni, radici e valenze, di un’istanza deweyana.

L’uomo, creatura divina e dai contorni definiti, lascia spazio a un’inizia-tiva personale di ampio respiro, per raggiungere quella vitale sintesi unitaria di esistenza e significato, di cui egli ontologicamente risulta. Per questo abbi-sogna però di un sostegno, di una guida, di uno stimolo, che solo un’attenta, informata e corretta azione educativa può offrire, in un rispetto crescente del soggetto stesso. Conse guentemente fa spicco, nel pensiero coralliano, accanto

2 G. Corallo, L’educazione come io la vedo, in: B. serPe, G. TreBisaCCe, La mia pedagogia, Cosenza, Ionia Editrice, 1993, pp. 17-44. Il testo era stato prodotto in realtà prima del 1988 e perciò era già noto a Bellerate. Anche le citazioni che seguono sono prese da questo testo. (Nota dei C.).

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all’indiscutibile esigenza di una filosofia dell’educazione, che si occupi di che cos’è educazione, una specifica attenzione alla dimensione metodologica della pedagogia, cui spetta individuare e realizzare i significati dell’educazione stes-sa e alla quale, solitamente, non si dava né si dà troppo credito. La tradizione e l’esperienza salesiana, tesa alla pratica e ric ca di indicazioni e suggestioni, non è stata estranea a questa sua preoccupazione, tanto più che, sollecitato a intervenire su questioni di formazione dei confratelli, ha avuto modo di ricon-siderare non soltanto il cosiddetto “sistema preventivo” di don Bosco, ma pure gli orientamenti vigenti e da stabilire per l’intera Congre gazione.

Le discussioni concernenti il discorso pedagogico, in Italia, lo hanno sem-pre vi sto in prima fila, come testimoniano, tra l’altro, le sue chiare e decise pre-se di posi zione, a partire dai primi anni dei Convegni di Scholé. Epistemologia, filosofia dell’educazione, apporti e condizionamenti biologici e sociali, ricerca e promozione di metodologia educativa, ma soprattutto la presenza e l’influsso efficace e orien tante del cristianesimo sono stati elementi costitutivi del suo scenario pedagogico. Le tre dimensioni, da cui era commisurato (uomo, educa-zione e relativa scienza), si sono sempre fuse, pur con un progressivo arricchi-mento, nell’unità della sua con cezione, fondamentalmente realista, ancor più che tomista, aperta alla formazione e alla conquista di un’umanità dei tempi moderni, parimenti lontana dalle astrazio ni idealistiche, come dai determinismi di tipo positivistico.

Il suo realismo filosofico, non estraneo alla possibilità di uno sviluppo, di una crescita umana, all’interno di quella visione duale di esistenza e significato, entro cui si gioca il divenire dell’uomo, si esprime in un’ideologia (ovviamente in senso positivo) tesa alla continua ricerca di significati, che, al tempo stesso, ne sostanzia no “l’esserci” e l’impegnano nel suo crescere. Di qui il senso unico di educazione, di cui, a sua volta, la pedagogia, nella sua duplice dimensione, è unica scienza.

“L’educazione è il significato dell’uomo, l’elemento che permette all’uomo di conqui-stare prima, e poi di esprimere tutta la sua umanità, di riempire, per così dire, come la colata del bronzo di una statua, tutta la forma della sua possibilità umana, senza lasciarvi dei vuoti”.

E questo equivale alla “conquista”, al possesso della libertà, senza la quale “l’uomo rimane a mezzo, uomo mancato, «sì come vermo in cui formazione falla» (Purgat., X, 129)”. A sua volta, nella “conquista” di detta libertà si im-pegna e articola la metodologia pedagogica, che, per essere efficace, non potrà esimersi da una connotazione di normatività e, parallelamente, da una concreta operatività.

La concezione pedagogica coralliana, nel suo sviluppo logico, è coerente-

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mente riassunta, da lui stesso, in due sillogismi. Il sillogismo pedagogico fon-damentale: «L’educazione è chiamata a formare l’umanità dell’uomo; questa si assomma e si esprime tutta nell’atto di libertà (-moralità): quindi l’educazione è l’instaurazione e la crescita della libertà nell’uomo». E il sillogismo meto-dologico. La sua pre messa si rifà alla conclusione del sillogismo precedente: «L’educazione è l’instaura zione e la crescita della libertà nell’uomo. La libertà, d’altra parte, si attesta come compresenza di volontà e di illuminazione della coscienza morale. Quindi il fonda mento regolativo del metodo educativo è il principio della valorizzazione». Que sta poi «si attua con la convergenza di una duplice azione dell’educatore: l’azione tendente a trasformare in valori personali (psicologici) le cose che l’intelletto stima come beni teorici, in modo che esse diventino per la persona acquisizioni desidera bili e degne, promesse di un se stesso migliore. È un lavoro essenzialmente psicolo gico che si basa sullo studio e sulla conoscenza del soggetto». Fermandosi ad esso, però, ci si fermerebbe ancora fuori della libertà e dell’e ducazione. Tutti i “lavaggi del cervello” e i plagi della persona si avvalgono in mo do tecnicamente ineccepi-bile di questo metodo. Di qui la necessità dell’altra azione convergente, della contemporanea illuminazione e sensibilizzazione della coscienza morale: l’e-ducando deve inquadrare le cose che “vuole” in una cornice di ideale umano morale, nella quale intende costruire e riconoscere se stesso. E su questo fecon-do terreno trovano poi posto anche gli altri più tradizionali principi educativi, come quelli della “progressività, dell’armonia, dell’individualizzazione e della personalizzazione”.

Così l’uomo del Prof. Corallo, brevetto divino affidato ai suoi simili, prima che a se stesso, si erge su una solida base etica, alimentata da una linfa religio-sa, e ramifi ca in mille possibilità e capacità, radicate sul tronco della libertà, sostenute e orienta te, non senza potature, da una saggia azione educativa, a partire dalla famiglia.

Non sono certo mancati contrasti e obiezioni, tanto sul piano teorico quanto su quello ermeneutico e applicativo, ma tornava agevole difendersi dall’interno di posizioni squadrate e a incastro, frutto di lunghe riflessioni e panoramiche letture, disponendo, per di più, di abilità dialettica e di lucidità critica. Quelle pregnanti articolazioni e caratteristiche del pensare coralliano hanno fa vorito la produzione di saggi e studi piuttosto voluminosi e tra loro integrati, non privi tuttavia di linee e rilievi, che danno all’insieme maggior dinamismo architetto-nico e ricchezza di particolari strutturali e non solo decorativi. Anche gli studi teori ci possono rientrare in questa categoria, come pure quelli di didattica o le stesse ri cerche sperimentali, sebbene non si debba disconoscere una differen-ziata compe tenza dell’ Autore nei diversi campi.

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2. né tutto né di tutto

La presenza del Prof. Corallo nel dibattito pedagogico italiano non ha pe rò comportato interventi al di fuori delle sue competenze. Non si può dire di lui che abbia trattato “de omnibus rebus et de quibusdam aliis”, come di Pico della Mirandola. Ci sono indubbiamente settori, non privi di interesse e di urgenza, in cui la sua voce è stata assente, almeno in via ufficiale. Basti segnalarne uno per tut ti: il terreno della politica, non certo estraneo all’impegno educativo. È, forse, pre valso anche qui un suo principio operativo di fondo, quello della fedeltà, che, se condo una consolidata tradizione interna, vorrebbe i salesiani lontani da quel “pe ricoloso” campo. II che non esclude effettivi ed efficaci interventi personali, in via privata.

E neppure è pensabile che abbia esaurito, una volta per tutte, tematiche e argo menti debitamente affrontati. La storia, nella sua inesauribilità, ci rende edotti su gli invalicabili limiti personali, contestuali e strumentali o tecnologici, per cui ogni problema umano, in quanto problema appunto, non sarà mai de-finitivamente chiu so. Sotto il profilo teorico, il Prof. Corallo riconduce questo senso del limite, che gli è familiare, all’inesauribilità dei “significati”, che il soggetto può acquisire. Dal canto suo, proiettato prevalentemente sul terreno della teoria, non manca, da quel suo osservatorio privilegiato, di tuffarsi nel-la mischia di storiche ed occa sionali discussioni. Rimprovera spesso carenza di lucidità concettuale, come quan do rileva gli svariati e inadeguati sensi di “cultura” nel discorso pedagogico, oppu re la “pre-pedagogicità” di un’elabo-razione di dati di taglio psicologico e sociologi co, rammentando, tra l’altro, ai colleghi il classico principio “sutor ne ultra crepi dam”. Comprende e dilucida, già a suo tempo, il significato della contestazione, pur rifiutando certo giorna-lismo, ancora oggi di moda. Mette in guardia contro la possibilità di equivoci, dovuti a insufficienze epistemologiche, nel ricorso e abuso di concetti, come quello di “interdisciplinarità”, di cui si sfruttano comode ricadu te sul piano del-la didattica. Denuncia, senza mezzi termini, incoerenze e superficia lità, incom-patibili con un impegno di ordine scientifico, quali risultano, per esempio, da gli interminabili elenchi di discipline (pedagogiche e non), previsti per i concorsi ac cademici. Né, rifacendosi costantemente alla sua organica e disponibile con-cezione teorica, rifugge dall’evidenziare l’importanza ed efficacia di strutture e modelli, co me il “gruppo”, funzionali a un’accelerazione educativa.

In ogni suo intervento, per quanto saltuario e accidentale, appare il suo sfor-zo di evidenziarne la fondazione teorica, ritoccando e mettendo a fuoco, ove fosse ne cessario, la sua posizione, mai svincolata, d’altronde, dalla pratica edu-cativa, con la quale, nel suo contesto salesiano, restava sempre in contatto. La griglia teorica dunque, intessuta lungo numerosi e intensi anni di letture, di ri-flessione e di discus sioni, non è stata, né è per lui, testimone sincero e convinto

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assertore dei limiti umani, un letto di Procuste, ma si presenta come una solida intelaiatura, ca pace di molteplici rifiniture, ampliamenti e correttivi di diversa consistenza, seb bene si direbbe escludere ripensamenti radicali in rapporto ai suoi principi fondan ti.

Per questo il Prof. Corallo non accetta volentieri classificazioni, per altri lusin ghiere, che lo incasellino entro concezioni precostituite e meno flessibili, di fronte a quella contestualità storico-sociale, che gli è abitualmente presente e alle sollecita zioni alle quali resta tuttora sensibile, cercando di rispondervi.

3. Il significato per noi

Lo si può ricavare, almeno nelle sue linee essenziali, in primo luogo, dal volume che dovrei presentare3. Anzitutto la sua stessa articolazione, che, nella prima parte, occupandosi degli interessi del Prof. Corallo, ne individua l’asse portante nel problema della libertà, per estendersi, negli altri due capitoli, al restante orizzonte dei suoi interventi sul terreno dell’epistemologia, della teo-ria pedagogica, della didattica, dell’educazione sociale e, in particolare, della storia. Un nucleo centrale, che animi e alimenti, in diverse ramificazioni, l’im-pegno di ricerca e di riflessione pare essere indispensabi le, in rapporto alle possibilità e agli invalicabili limiti del pensare umano. Non dispersione e pura casualità, ma organicità di fondo e approfondimento progressivo delle proble-matiche è esigenza inderogabile della razionalità e insaziabile curiosità opera-tiva della nostra esistenza. È dunque sempre stimolante considerare i percorsi e le strategie di altri, specie quando ci siano particolarmente vicini o quando siano particolarmente vitali e fecondi di risultati.

In tal senso si è dato spazio, nel volume celebrativo, alla seconda parte, che, a prima vista, parrebbe del tutto scollegata dall’altra. Essa infatti raccoglie contributi personali (più e meno rapportabili al pensiero coralliano) che, in ogni ca so, si collocano in uno dei terreni anche da lui dissodati. L’auspicio è che ognuno di loro ubbidisca o si ricolleghi a una ricerca organica e si inserisca armonicamente in un insieme di problemi significativi soggettivamente e non.

In secondo luogo, al di là della sua produzione scientifica, si può e si deve guar dare anche al Prof. Corallo come “maestro”, secondo un modo di dire e di pensa re, che, personalmente, non condivido fino in fondo, per quel senso critico-ironico oppure esclusivo, che a detto termine è attribuito nel Vangelo. Maestro o no, resta indubbio che egli, con i suoi atteggiamenti e comportamen-ti, ha lasciato e dà tutto ra un esempio degno di imitazione.

3 Si trattava del volume di studi in onore di G. Corallo, che veniva quel giorno presentato: M.T. MosCaTo (a cura di), Educazione e libertà. Studi in onore di Gino Corallo, Catania, Facoltà di Lette-re e Filosofia, 1988, pp. 430 (Nota dei C.).

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18 Bruno Bellerate

Non posso tuttavia sorvolare su alcuni suoi aspetti e tratti particolarmente incisivi. Certo, con il tempo, la combattività, prima audace e polemica, si è fat-ta più “stuzzicante” e sorridente, ma la sua volontà e ricerca di dialogo, al di là di barriere discriminanti, è rimasta, anzi si è maggiormente estesa e radicata, in vista di una più efficace e allargata pro mozione di convivenza umana solidale e costruttiva di un futuro migliore. Sotto questo profilo, il Prof. Corallo, nono-stante le battaglie sostenute, è stato uomo pacifico, nel suo senso etimologico e più profondo: qualità che si coniuga armonio samente con quella che, negli ul-timi anni, ha assunto un risalto sempre più spiccato, l’umiltà, base per aperture al dialogo e alla riflessione.

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