Esperienze di chimica · la formazione di bollicine di gas come nel caso della reazione ... oppure...

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Esperienze di chimica Salvatore Allegro II B tecnico grafico ISIS EUROPA Anno scolastico 2013/2014 Brevi descrizioni delle esperienze di chimica svolte a scuola con indicazione degli aspetti teorici, dei materiali necessari del procedimento e della discussione dei risultati ottenuti.

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Esperienze di chimica

Salvatore Allegro

II B tecnico grafico

ISIS EUROPA

Anno scolastico 2013/2014

Brevi descrizioni delle esperienze di chimica svolte a scuola con indicazione degli aspetti teorici, dei materiali necessari del procedimento e della discussione dei risultati ottenuti.

Salvatore Allegro II Bg

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data: 10/11/2013 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione:1 TITOLO DELL’ESPERIENZA: Distillazione OBIETTIVO:Separare una soluzione ASPETTI TEORICI: La distillazione è una tecnica utilizzata per separare due o più sostanze presenti in una miscela, che sfrutta la differenza dei punti di ebollizione di tali sostanze. È usata sia per separare miscele complesse sia per purificare singole sostanze. È una tecnica nota sin dal Medioevo, applicata inizialmente alla produzione di bevande alcoliche. Successivamente è stata applicata in numerosi processi chimici, tra cui la separazione del petrolio greggio nei suoi diversi componenti. L'apparecchiatura utilizzata per svolgere tale operazione è detta colonna di distillazione. STRUMENTI:Distillatore SOSTANZE USATE:Acqua, Permanganato di Potassio PROCEDIMENTO:Per la distillazione abbiamo iniziato montando il distillatore composto da : piastra riscaldante , pallone (cha al suo interno va la soluzione ), collo d'oca, tappo forato con termometro, refrigerante (composto da: un tubo con forme sferiche e una camicia dove al suo interno passa dell'acqua fredda), contenitore di raccolta e aste di sostegno con relative pinze. Successivamente abbiamo mescolato l'acqua e il permanganato di potassio così abbiamo ottenuto la soluzione desiderata. In seguito abbiamo inserito la soluzione nel pallone e abbiamo acceso la piastra; a questo punto, tramite il termometro, vedevamo che la temperatura aumentava, e, una volta che la temperatura aveva raggiunto i 100°C, la soluzione ha iniziato a bollire e l'acqua ha iniziato ad evaporare. Il vapore raggiungeva il refrigerante tramite il collo d'oca, qui avviene la condensa, quindi diventa acqua e raggiunge il contenitore di raccolta. IMMAGINI:

CONCLUSIONI: Da una soluzione composta da acqua e permanganato di potassio con la distillazione, riusciamo a separare di nuovo la soluzione in acqua e permanganato di potassio.

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data: 12/11/2013 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione: 2 TITOLO DELL’ESPERIENZA: Separazione Cromatografica Dell'Inchiostro OBIETTIVO: Verificare la composizione dell’inchiostro attraverso la tecnica di separazione della cromatografia. ASPETTI TEORICI: La cromatografia è una tecnica di separazione basata sulla diversa affinità che i componenti di una miscela possono manifestare nei confronti di determinate sostanze o materiali.La cromatografia è una tecnica di separazione delle sostanze di una miscela omogenea. Si basa su due fasi: una stazionaria e una mobile. Le sostanze si distribuiscono tra le fasi in modo diverso, a secondo della loro struttura e peso molecolare. Alcuni componenti si legano più saldamente alla fase stazionaria e altri di meno, in questo modo le sostanze di una miscela si muovono più velocemente e possono essere identificate MATERIALI: Carta da cromatografia, Becher, Inchiostri (blu, nero e rosso), vetro d’orologio. STRUMENTI:Righello REAGENTI USATI: Acetone CH3COCH3 PROCEDIMENTO: Si inizia tracciando lungo le estremità della fascetta della carta per cromatografia a un centimetro dai bordi una linea con una matita, la linea in basso viene chiamata fronte di partenza, la linea in alto viene chiamata fronte di arrivo. Sul fronte di partenza seminiamo, con tre penne di inchiostri differenti, tre punti, rispettivamente: uno rosso, uno nero e uno blu. A questo punto si prepara un becher versandogli 0.5cm di Acetone e si inserisce la carta con gli inchiostri seminati facendo attenzione a non bagnare il fronte di partenza. Inserita la carta nel becher lo tappiamo con un vetro d'orologio e osserviamo i processi di separazione. Notiamo che l'acetone inizia a salire nella carta per capillarità e incrociando l'inchiostro nel fronte di partenza li trascina fino al fronte di arrivo. A questo punto, preleviamo il foglio dal becher, lo facciamo asciugare e osserviamo le fasi degli inchiostri: l'inchiostro rosso presenta due fasi; l'inchiostro nero presenta una sola fase; l'inchiostro blu presenta due fasi.

Formula dell’acetone

Cromatogramma dell’inchiostro

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CONCLUSIONI: Osservate le diverse fasi degli inchiostri deduciamo che gli inchiostri che presentano più fasi di separazione sono miscugli, quindi gli inchiostri blu e rosso. Mentre l'inchiostro nero che presenta una sola fase è una sostanza.

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RELAZIONE DÌ LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome:Allegro Classe: 2°Btg Data:19/11/2013 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione: 3 TITOLO DELL’ESPERIENZA: Osserviamo le reazioni chimiche OBIETTIVO: Stabilire quali sono gli indizi di una reazione chimica ASPETTI TEORICI: Una reazione chimica è una trasformazione della materia che avviene senza variazioni misurabili di massa, in cui uno o più specie chimiche (reagenti) modificano la loro struttura e composizione originaria per generare altre specie chimiche (prodotti). Ciò avviene attraverso la formazione o la rottura dei cosiddetti "legami chimici intramolecolari", cioè attraverso un riassestamento delle forze di natura elettrostatica che intervengono tra i singoli atomi di cui sono costituite le entità molecolari che sono coinvolte nella reazione. Il fenomeno della deposizione acida, maggiormente noto con il termine di piogge acide, consiste nella deposizione acida umida ovvero la ricaduta dall'atmosfera sul suolo di particelle acide, le molecole acide diffuse nell'atmosfera vengono catturate e deposte al suolo da precipitazioni quali: piogge, neve, grandine, nebbie, rugiade, ecc. Tale processo si distingue dal fenomeno della deposizione acida secca nella quale la ricaduta dall'atmosfera di particelle acide non è veicolata dalle precipitazioni ed avviene per effetto della forza di gravità. In questo caso si parla quindi di depositi secchi. Una pioggia viene definita acida quando il suo pH è minore di 5; normalmente il pH della pioggia assume valori compresi fra 5 e 6,5 ed è costituita prevalentemente da acqua distillata e pulviscolo atmosferico, mentre la composizione delle deposizioni acide umide è data per circa il 70% da anidride solforica, che reagisce in acqua dando acido solforico. Il rimanente 30% risulta principalmente costituito dagli ossidi di azoto. MATERIALI: Baker, provette, porta provette, pinzette e bacchetta di vetro SOSTANZE E REAGENTI USATI: BaSO4= Solfato di bario NaCl= Cloruro di sodio CaCO3= Carbonato di calcio HCl= Acido Cloridrico ZnSO4= Solfato di zinco Pb(NO3)2= Nitrato di piombo AgCl= Cloruro d'argento HNO3= Acido nitrico KI= Ioduro di potassio

PROCEDIMENTO: Inizialmente mettiamo l’acqua in un becher e aggiungiamo BaSO₄ e notiamo che non si scioglie del tutto e si forma una sospensione. Poi ripetiamo il procedimento solo che aggiungiamo il cloruro di sodio NaCl e vediamo che si scioglie. Poi abbiamo osservato la reazione

tra CaCO₃ e una soluzione concentrata di HCl e vediamo che il CaCO₃ ha reagito vigorosamente

con l’acido. Poi osserviamo la reazione tra il CuSO₄ e una lamina di Zn e vediamo che la lamina si scurisce e si sgretola formando del precipitato rossastro, otteniamo così il rame. Successivamente

osserviamo un’altra reazione tra il Pb(NO₃)₂ e il KI. Quando uniamo i reagenti si ha una bella reazione, la soluzione diventa gialla per la formazione di un precipitato. In ultimo abbiamo unito il nitrato di argento AgNO₃ e l’HCl e abbiamo ottenuto un precipitato di colore bianco. DATI SPERIMENTALI:

BaSO₄+H₂O-> non avviene nessuna reazione. (non si scioglie in acqua) NaCl+H₂O-> si ottiene un miscuglio omogeneo. (si scioglie in acqua)

CaCO₃+HCl-> CO₂+H₂O+CaCl₂. CuSO₄+Zn->ZnSO₄+Cu.

Pb(NO₃)₂+KI->PbI₂+KNO₃. AgNO3+HCl-> AgCl+HNO3.

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DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Dopo questa esperienza possiamo dire che non tutte le sostanze reagiscono tra loro ovvero che ogni sostanza presenta delle caratteristiche proprietà di reattività chimica. Una reazione può essere poi caratterizzata da indizi diversi che possono essere la formazione di bollicine di gas come nel caso della reazione tra carbonato di calcio e acido cloridrico, oppure formazione di precipitati o comparsa/scomparsa di colore.

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data: 04/02/2014 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca e Vilardi Lucia Numero relazione:4 TITOLO DELL’ESPERIENZA:Reazione formazione di Ossidi OBIETTIVO:Osservare le reazioni di ossidazione tra metalli ASPETTI TEORICI:Una reazione chimica è una trasformazione della materia che avviene senza variazioni misurabili di massa, in cui uno o più specie chimiche modificano la loro struttura e composizione originaria per generare altre specie chimiche. Ciò avviene attraverso la formazione o la rottura dei cosiddetti "legami chimici intramolecolari", cioè attraverso un riassestamento delle forze di natura elettrostatica che intervengono tra i singoli atomi di cui sono costituite le entità molecolari che sono coinvolte nella reazione. Tali forze elettrostatiche sono a loro volta riconducibili all'effetto degli elettroni più esterni di ciascun atomo. In chimica, si dice che un elemento chimico subisce ossidazione quando subisce una sottrazione di elettroni, che si traduce nell'aumento del suo numero di ossidazione. Tale sottrazione di elettroni può avvenire a opera di un altro elemento, che subisce così il complementare processo di riduzione. Il nome ossidazione è stato inizialmente dato alla reazione tra un metallo che si combina con l'ossigeno per dare il corrispondente ossido. Essendo l'ossigeno più elettronegativo di qualsiasi metallo, è quest'ultimo a subire una sottrazione di elettroni. La maggior parte delle reazioni di ossidazione comportano lo svilupparsi di energia sotto forma di calore, luce o elettricità. MATERIALI:Capsula di porcellana, provetta, pinza di legno, pinzette, cucchiaino, Bunsen e Cappa d'aspirazione REAGENTI USATI:Acido solforico PROCEDIMENTO:Per Iniziare questo esperimento abbiamo acceso il becco bunsen e con la capsula di porcellana e le pinze di legno abbiamo portato il rame alla fiamma. L’ ossidazione del rame è una reazione lenta, dopo un pò di tempo il rame ha cambiato colore dal suo colore originale è diventato quasi nero quindi la reazione è avvenuta il rame si è ossidato. Poi l'abbiamo fatto reagire con l'acido solforico ottenendo la formazione del solfato di rame, infatti la soluzione è diventata molto lentamente di un intenso colore blu, tipico del rame in soluzione. La stessa operazione l'abbiamo fatto con il magnesio, abbiamo preso le pinzette con una striscia di magnesio e l'abbiamo portato alla fiamma, la reazione del magnesio e più veloce quindi appena portato il magnesio alla fiamma avviene la reazione, caratterizzata dallo sviluppo di un forte bagliore lo stesso che avveniva tanti anni fa nel flash delle macchine fotografiche. Il bagliore che abbiamo osservato era molto più lungo di quello del flash della macchina fotografica. Avvenuta la reazione abbiamo ottenuto della polvere bianca. CONCLUSIONI:In questo esperimento abbiamo visto come dei metalli come rame e magnesio a contatto con l'ossigeno che troviamo nell'aria e del calore possono formare delle nuove sostanze che sono appunto i loro ossidi. Tra i due metalli si manifesta una forte differenza di reattività nei confronti dell’ossigeno, infatti il magnesio è molto più reattivo del rame che risulta più lento a reagire.

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data17/02/2014 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione:5 TITOLO DELL’ESPERIENZA: Misura del calore di una reazione OBIETTIVO: Misurare il calore di una reazione di neutralizzazione. ASPETTI TEORICI: Il calorimetro è un dispositivo per la determinazione delle quantità di calore cedute o assorbite in processi chimici e fisici, quali reazioni chimiche e cambiamenti di stato fisico; in particolare è usato per la determinazione dei calori specifici e dei poteri calorifici delle sostanze. In base al principio di funzionamento possono distinguersi due grandi categorie di calorimetri: i calorimetri adiabatici e i calorimetri isotermici. Nei calorimetri adiabatici alla base della misurazione è la determinazione delle variazioni di temperatura nei corpi e nelle sostanze interessati nei processi in esame. Nei calorimetri isotermici è invece essenziale la determinazione della quantità di materia che cambia stato fisico durante il processo; poiché la temperatura rimane costante durante queste trasformazioni, in essi non si hanno cambiamenti di temperatura, da cui il nome. MATERIALI: Scatola di polistirolo, becher, termometro, agitatore, matracci e due cilindri graduati. REAGENTI USATI: NaOH (idrossido di sodio) e HCl (acido cloridrico). PROCEDIMENTO: Per iniziare abbiamo versato 100 ml di idrossido di sodio in un cilindro e l’acido cloridrico in un altro cilindro, verificare la temperatura iniziale, poi abbiamo unito l’idrossido di sodio e l’acido cloridrico nel becher all'interno della scatola di polistirolo che è isolante, abbiamo miscelato le soluzioni con l'agitatore, infine misurato la temperatura finale. DATI SPERIMENTALI: CONCLUSIONI: Alla fine di questa esperienza abbiamo verificato o accertato che la reazione che è avvenuta è di tipo esotermica perché c'è uno sviluppo di calore indicato dall’aumento di temperatura del sistema in seguito al processo chimico.

T1 T2 Aumento Tempo

Esperimento 1 18°C 24°C 6°C 1"

Esperimento 2 18°C 25°C 7°C 2

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data17/02/2014 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione:6 TITOLO DELL’ESPERIENZA E OBBIETTIVO: Effetto della superficie di contatto e della concentrazione della velocità di reazione. ASPETTI TEORICI: Le piogge acide sono precipitazioni piovose con valore di pH inferiore a 5,6. Come il nome suggerisce, si tratta di una pioggia contenente acidi. La pioggia diviene acida a causa di alcuni gas, anidride solforosa e solforica, nitrosa e nitrica, che si combinano con l'acqua formando vari acidi. Gli acidi sono in grado di reagire vigorosamente con il marmo costituito essenzialmente da carbonato di calcio, che viene trasformato in cloruro di calcio solubile in acqua, che viene quindi dilavato. Da questo fenomeno il degrado di gran parte del patrimonio artistico del nostro paese. Le reazioni possono avere velocità diverse e vari sono i fattori che influenzano la velocità di trasformazione. Essi sono la superficie di contatto, la concentrazione dei reagenti, la temperatura e la presenza di un catalizzatore. Con questa esperienza vogliamo verificare l’influenza dei primi due fattori sulla velocità della reazione tra carbonato di calcio e acido cloridrico. MATERIALI: Becher, bacchetta di vetro. STRUMENTI: Bilancia elettronica e Cronometro SOSTANZE USATE: CaCO3 Carbonato di calcio in pezzi e in polvere REAGENTI USATI: Acido Cloridrico (HCl 1M e 0.1M) PROCEDIMENTO: Per iniziare, abbiamo preso un becher in cui abbiamo versato 50ml di HCl abbiamo pesato il becher con l'HCl e un pezzo di CaCO3, abbiamo fatto partire in cronometro e ad ogni minuto abbiamo segnato il peso nella tabella sottostante. Questi passaggi li abbiamo ripetuti anche per le altre due prove sostituendo, nella seconda prova il pezzo di CaCO3 in polvere e nella terza prova abbiamo sostituito l'HCl di 1M in HCl di 0.1M. DATI SPERIMENTALI: I prova CaCO3 in pezzi / HCl 1M II prova CaCO3 in polvere / HCl 1M III prova CaCO3 in pezzi / HCl 0.1M

CONCLUSIONI: In questo esperimento abbiamo osservato:

Massa (g)

Temp (min)

Δm (g) Δtemp (min)

Velocità (g/min)

155.44g

155.20g 1' 0.240g 1' 0.240g/min

Massa (g)

Temp (min)

Δm (g) Δtemp (min)

Velocità (g/min)

158.10g

158.08g 3' 0.020g 3' 0.0066g/min

Massa (g)

Temp (min)

Δm (g) Δtemp (min)

Velocità (g/min)

170.32g

170.27g 1' 0.050g 1' 0.050g/min

170.21g 2' 0.060g 1' 0.060g/min

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nella prima prova abbiamo avuto una soluzione concentrata, in questa soluzione abbiamo aggiunto un elemento solido compatto. La reazione è stata veloce. Nella seconda prova abbiamo aggiunto alla stessa soluzione un elemento solido in polvere. La reazione è stata più veloce rispetto alla prima. Nella terza prova abbiamo avuto una soluzione meno concentrata e l'elemento aggiunto, come nella prima prova, era un solido compatto. La reazione è stata lenta. Al termine dell'esperimento possiamo dare le seguenti conclusioni: più compatto è il solido e quindi minore è la superficie di contatto più lenta appare la reazione e viceversa; se si aumenta la concentrazione dei reagenti si ottiene un aumento della velocità di reazione.

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data17/02/2014 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione:7 TITOLO DELL’ESPERIENZA: Influenza della temperatura sulla velocità di reazione OBIETTIVO: Stabilire se la temperatura dei reagenti aumenta o diminuisce la velocità di reazione ASPETTI TEORICI: Una reazione chimica è una trasformazione della materia che avviene senza variazioni misurabili di massa, in cui uno o più specie chimiche modificano la loro struttura e composizione originaria per generare altre specie chimiche. Ciò avviene attraverso la formazione o la rottura dei cosiddetti "legami chimici intramolecolari", cioè attraverso un riassestamento delle forze di natura elettrostatica che intervengono tra i singoli atomi di cui sono costituite le entità molecolari che sono coinvolte nella reazione. Tali forze elettrostatiche sono a loro volta riconducibili all'effetto degli elettroni più esterni di ciascun atomo. Alcuni processi in cui intervengono reazioni chimiche sono: la corrosione del ferro a ruggine, la combustione del metano o altri combustibili, la digestione, la solubilizzazione e la formazione di miscele negli stati liquidi e solidi genera reazioni di complessazione e di dissociazione. Una reazione non può avere luogo, o viene rallentata fino a fermarsi o addirittura a regredire se non è soddisfatta una serie di condizioni, come ad esempio presenza dei reagenti in misura adeguata e condizioni di temperatura, pressione e luce adatte alla specifica reazione. La velocità di una reazione aumenta all'aumentare della temperatura del sistema, infatti all'aumentare dell'energia termica la barriera dell'energia di attivazione viene superata più facilmente e inoltre aumenta la velocità di agitazione delle entità molecolari, permettendo di avere un numero maggiore di collisioni tra le entità molecolari dei reagenti. MATERIALI:Becher, provette, becco bunsen, bacchetta di vetro STRUMENTI: Cronometro REAGENTI USATI: KMnO4 (Permanganato di potassio), Na2C2O4 (Ossalato di sodio), H2SO4 (Acido solforico), H2O (Acqua) PROCEDIMENTO:Per iniziare abbiamo preso un becher con dell'acqua e con 6 provette: 3 contenenti KMnO4, e altre 3 contenenti Na2C2O4 e H2SO4. Abbiamo aspettato che il termometro indicasse la temperatura dell'ambiente. Per la prima reazione abbiamo preso le prime due provette, e appena versato il contenuto di una provetta nell'altra facciamo partire il cronometro. Appena la reazione avviene fermiamo il cronometro. Questa operazione l'abbiamo ripetuto anche per le altre tu reazioni che abbiamo fatto avvenire una a 40°C e l'altra 70°C con l'aiuto del becco busen e i dati raccolti li abbiamo riportato nella tabella sotto stante. DATI SPERIMENTALI:

ml KMnO4

ml Na2C2O4 ml H2SO4 T°C Temp

3 ml 3.5 ml 0.5 ml 17° 2'55''

3 ml 3.5 ml 0.5 ml 40° 25''

3 ml 3.5 ml 0.5 ml 70° 2''

Equazione in forma ionica MnO4

- + C2O4--+ H+ ------> Mn++ + CO2 + H2O

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:In quest'esperimento che abbiamo fatto in laboratorio ci siamo accertati che una reazione può essere modificata anche dalla temperatura che la può rendere più veloce o più lenta.

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data17/02/2014 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione:8 TITOLO DELL’ESPERIENZA:Riciclaggio della carta OBIETTIVO:Riciclare della carta ASPETTI TEORICI: La materia prima per fare la carta è il legno degli alberi. Una materia secondaria per la produzione della carta è la carta recuperata. Dagli alberi si ricava la pasta per carta che principalmente è di due tipi: la pastalegno e la cellulosa. La preparazione della pastalegno si ottiene sminuzzando il legno con un particolare macchinario chiamato sfibratore. Mentre la cellulosa si ottiene mediante un processo chimico grazie ad un macchinario chiamato bollitore grazie al quale si libera dalle fibre legnose la pregiata cellulosa. La Carta può essere anche riciclata fino a 7 volte, per migliorare l'ambiente e abbassare i costi di produzione. MATERIALI:Setaccio, Frullatore ad immersione, Becher, Bicchiere graduato, Bacinella Bacchetta di vetro e Cilindro graduato SOSTANZE USATE:Carta, Farina, Acqua, Candeggina PROCEDIMENTO:Per Iniziare abbiamo preso dei fogli di carta e li abbiamo sminuzzati e l'abbiamo messo in una bacinella con 250ml di acqua e 100/250ml di candeggina e lasciati a macerare per 30' circa. Una volta che la carta si era macerata per bene, l’abbiamo sciacquato per molte volte e messa in un bicchiere graduato con della farina, abbiamo frullato fino ad ottenere una poltiglia omogenea. A questo punto abbiamo preso il setaccio con sotto la bacinella, abbiamo messo la poltiglia sul setaccio e con l'aiuto di una bacchetta di vetro e di un mattarello abbiamo steso il composto sul tutto il setaccio, in modo da formare un foglio abbastanza sottile e da togliere tutta l'acqua al suo interno, per finire abbiamo lasciato ad asciugare e a seccare in modo da formare un foglio di carta riciclata. IMMAGINI:

CONCLUSIONI:Questo processo fai da te è ottimo per riciclare la carta. Tale processo simula lo stesso procedimento adoperato dalle aziende specializzate che riciclano la carte con risultati molto più elevati. Riciclare la carta potrebbe diminuire i grandi sprechi, ma soprattutto i disboscamenti dovuti alla continua produzione di carta che quindi favorirebbero il contenimento dell’effetto serra.

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data: 15/04/2014 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione: 9 TITOLO DELL’ESPERIENZA: Principio di Le Chatelier OBIETTIVO: Verifica del principio di Le Chatelier ASPETTI TEORICI: Il principio di Le Châtelier è un principio di termodinamica chimica, secondo il quale ogni sistema tende a reagire ad una modifica impostagli dall'esterno minimizzandone gli effetti. Va notato che il principio vale solo per i sistemi in equilibrio. Prende il nome da Henri Le Châtelier che per primo lo enunciò chiaramente nel 1884. Il principio di Le Chatelier, noto anche come principio dell'equilibrio mobile, ci permette di prevedere come un sistema all'equilibrio reagisce a perturbazioni esterne:quando un sistema all'equilibrio chimico viene perturbato per effetto di un'azione esterna, il sistema reagisce in maniera da ridurre o annullare la sollecitazione stessa ristabilendo l'equilibrio. Diversi possono essere i modi in cui un equilibrio chimico può essere perturbato. Variazioni delle concentrazioni: Aumentando la concentrazione di uno dei reagenti l'equilibrio si sposta verso i prodotti; aumentando la concentrazione di uno dei prodotti, l'equilibrio si sposta verso i reagenti. Variazione della pressione o del volume: La variazione della pressione o del volume incide solo su reazioni che decorrono in fase gassosa. In base al principio di Le Chatelier, per una reazione chimica in fase gassosa e all'equilibrio, un aumento della pressione, determina lo spostamento dell'equilibrio verso il lato della reazione chimica in cui è minore il numero di molecole presenti. Una diminuzione della pressione, determina lo spostamento dell'equilibrio verso il lato della reazione chimica in cui è maggiore il numero di molecole presenti. MATERIALI: Becher, bacchetta di vetro, carta al torna sole e spruzzetta STRUMENTI: Circuito elettrico SOSTANZE USATE: Acqua (H2O) REAGENTI USATI:Solfato di Rame (CuSO4), Acido cloridrico (HCl) PROCEDIMENTO: Per iniziare questo esperimento abbiamo preso 2 becher, in uno abbiamo versato al suo interno del solfato di rame di colore blu, e abbiamo notato che, aggiungendo dell'acido cloridrico, la soluzione è diventata di colore verde, ma aggiungendo dell'acqua la soluzione ritornava al suo colore iniziale, cioè blu. Diluendo la soluzione con l'acqua la sua concentrazione è diminuita, quindi per far tornare la soluzione in modo concentrato abbiamo aggiunto dell'altro acido cloridrico. A questo punto abbiamo preso il nostro circuito elettrico che era formato da una batteria dei cavi con le pinze a coccodrillo e due bacchette di grafite, ottime per condurre elettricità, e abbiamo provato a chiudere il nostro circuito inserendo le bacchette di grafite in delle soluzioni. Abbiamo usato acqua distillata e soluzioni di glucosio, etanolo, acido cloridrico, idrossido di sodio e cloruro di sodio. Abbiamo capito che le soluzione era acide e basiche usando delle cartine al tornasole che cambia colore a seconda del pH delle soluzioni: infatti diventa blu per le soluzioni basiche mentre diventa rosso con le soluzioni acide. Le soluzioni che contengono acidi, basi e Sali conducono la corrente e questo avviene anche per la soluzione di solfato di rame: questo conferma la presenza di ioni in soluzione. DATI SPERIMENTALI: Cu++ + 4HCl -><- CuCl4-- + 4H+ (CuCl4--) (H+)4 / (Cu++) (HCl)4 = Keq

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IMMAGINI:

CONCLUSIONI: Con questo esperimento abbiamo verificato ed osservato il principio di Le Chatelier con la variazione di concentrazione. Infatti con la diluizione si ha una diminuzione della concentrazione di ione rameico e l’equilibrio si sposta verso i reagenti per ripristinarlo: ecco perché ricompare nuovamente il colore azzurro.

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RELAZIONE DI LABORATORIO Nome: Salvatore Cognome: Allegro Classe: 2°Btg Data06/05/2014 Disciplina: Chimica Docenti Prof: Filomena Velleca Numero relazione:10 TITOLO DELL’ESPERIENZA: Pila di Daniell OBIETTIVO: Costruire e verificare il funzionamento di una pila Daniell. ASPETTI TEORICI: Le reazioni di ossidoriduzione sono quelle reazioni in cui si ha uno scambio di elettroni tra due specie chimiche; una specie subisce una reazione di ossidazione, l'altra subisce una reazione di riduzione. La reazione di ossidazione è una reazione in cui una specie chimica, atomo o ione perde elettroni. Il suo numero di ossidazione aumenta. La reazione di riduzione è una reazione in cui una specie chimica, atomo o ione acquista elettroni. Il suo numero di ossidazione diminuisce. La sostanza che si ossida è anche detta riducente perché permette la riduzione dell’altra sostanza mentre quella che si riduce è pure detta ossidante per analogo motivo. MATERIALI: 2 becher, bacchetta di vetro, tubo a U con ovatta, pinze a coccodrillo e placchetta di rame e di zinco; STRUMENTI: Bilancia elettronica, voltometro e cavi di collegamento REAGENTI USATI: Solfato di rame (CuSO4), Solfato di Zinco (ZnSO4) , Acqua (H2O) Cloruro di sodio (NaCl) 50ml (soluzione satura che costituisce il ponte salino); PROCEDIMENTO: Per creare la pila, abbiamo preparato due becker, ciascuno dei quali contenente una delle soluzioni. In esse abbiamo inserito le due lamine metalliche che sono collegate con un cavo ad un circuito esterno in cui è inserito un voltometro: gli elettroni, partendo dall’elettrodo che ne possiede di più, cioè dove avviene l’ossidazione raggiungono l’altro elettrodo, dove sono consumati dalla reazione di riduzione dell’altro elemento. Grazie al voltometro è possibile misurare la differenza di potenziale che si va a creare e che permette il flusso di elettroni, abbiamo quindi un’indicazione della capacità di trasferire gli elettroni di un elemento rispetto all’altro. Perché ci sia un flusso di corrente elettrica dobbiamo fare in modo che esistano sempre ioni di carica opposta in quantità sufficiente da compensare gli ioni prodotti dalle reazioni: questo avviene grazie al ponte salino, un tubo a U riempito di una soluzione di cloruro di sodio tappato da due batuffoli di cotone che permette un trasferimento di ioni negativi dove avviene l’ossidazione e positivi dove avviene la riduzione senza però mescolare le due soluzioni. Infine guardiamo il voltometro notando che il valore del passaggio di elettroni da una semicella all’altra è 0,986 V. DATI SPERIMENTALI:

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CONCLUSIONI: Dal dato ottenuto abbiamo verificato che le reazioni di ossidoriduzione consistono in un trasferimento di cariche negative da una sostanza all’altra, generando così un flusso di elettroni, che può essere considerato come dell’energia elettrica.