Ermenegildo Costabile

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Economia Corso di Diritto del Contenzioso dell’Impresa Anno Accademico 2012-2013 Ermenegildo Costabile 1 Diritto del Contenzioso d'Impresa

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Economia Corso di Diritto del Contenzioso dell’Impresa Anno Accademico 2012-2013. Ermenegildo Costabile. PARTE SECONDA. DIRITTO PENALE BIANCO 4) REATI TRIBUTARI. ALCUNE TIPOLOGIE DI CRIMINI DEI COLLETTI BIANCHI. - PowerPoint PPT Presentation

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIAFacoltà di Economia

Corso di Diritto del Contenzioso dell’Impresa

Anno Accademico 2012-2013

Ermenegildo Costabile

1Diritto del Contenzioso d'Impresa

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PARTE SECONDA

DIRITTO PENALE BIANCO4) REATI TRIBUTARI

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ALCUNE TIPOLOGIE DI CRIMINI DEI COLLETTI BIANCHI

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DIRITTO PENALE TRIBUTARIO O DIRITTO TRIBUTARIO PENALE?

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IL BENE GIURIDICO TUTELATO DAL DIRITTO PENALE TRIBUTARIO

• Art. 53 co.1 Cost.: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva».

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PECULIARITÀ DEI REATI TRIBUTARID.LGS. 74/2000

Cause di non punibilitàArt. 7 D.Lgs. 74/2000 – Rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio.[1] Non danno luogo a fatti punibili a norma degli articoli 3 e 4 le rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio eseguite in violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza ma sulla base di metodi costanti di impostazione contabile, nonché le rilevazioni e le valutazioni estimative rispetto alle quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio.[2] In ogni caso, non danno luogo a fatti punibili a norma degli articoli 3 e 4 le valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste nel comma 1, lettere a) e b), dei medesimi articoli.

Art. 16 D.Lgs. 74/2000 – Adeguamento al parere del Comitato per l'applicazione delle norme antielusive.[1] Non da' luogo a fatto punibile a norma del presente decreto la condotta di chi, avvalendosi della procedura stabilita dall'articolo 21, commi 9 e 10, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, si è uniformato ai pareri del Ministero delle finanze o del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive previsti dalle medesime disposizioni, ovvero ha compiuto le operazioni esposte nell'istanza sulla quale si è formato il silenzio-assenso.

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PECULIARITÀ DEI REATI TRIBUTARID.LGS. 74/2000

Concorso di personeArt. 110 c.p. – Pena per coloro che concorrono nel reato: «Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti».

Art. 9 D.Lgs. 74/2000 – Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.[1] In deroga all'articolo 110 del codice penale:a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 2;b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 8.

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PECULIARITÀ DEI REATI TRIBUTARID.LGS. 74/2000

TentativoArt. 56 c.p. – Delitto tentato.[1] Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.[2] Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.[3] (omissis)[4] (omissis)

Art. 6 D.Lgs. 74/2000 – Tentativo.[1] I delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 non sono comunque punibili a titolo di tentativo.

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PECULIARITÀ DEI REATI TRIBUTARID.LGS. 74/2000

Pene accessorie e sospensione condizionale della penaArt. 12 D.Lgs. 74/2000 – Pene accessorie[1] La condanna per taluno dei delitti previsti dal presente decreto importa:a) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni;b) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni;c) l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;d) l'interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria;e) la pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 36 del codice penale.[2]La condanna per taluno dei delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 8 importa altresì l'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni, salvo che ricorrano le circostanze previste dagli articoli 2, comma 3, e 8, comma 3.[2-bis] Per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto l’istituto della sospensione condizionale di cui all’art. 163 del codice penale non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al 30% del volume d’affari; b) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro.

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PECULIARITÀ DEI REATI TRIBUTARID.LGS. 74/2000

Circostanze attenuanti e applicazione dell’istituto del «patteggiamento» (1)Art. 13 D.Lgs. 74/2000 – Circostanza attenuante. Pagamento del debito tributario[1] Le pene previste per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino a un terzo [alla metà] e non si applicano le pene accessorie indicate nell'articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie.[2] A tale fine, il pagamento deve riguardare anche le sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme tributarie, sebbene non applicabili all'imputato a norma dell'articolo 19, comma 1.[2-bis] Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai commi 1 e 2.[3] Della diminuzione di pena prevista dal comma 1 non si tiene conto ai fini della sostituzione della pena detentiva inflitta con la pena pecuniaria a norma dell'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

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Circostanze attenuanti e applicazione dell’istituto del «patteggiamento» (2)Art. 14 D.Lgs. 74/2000 – Circostanza attenuante. Riparazione dell'offesa nel caso di estinzione per prescrizione del debito tributario.[1] Se i debiti indicati nell'articolo 13 risultano estinti per prescrizione o per decadenza, l'imputato di taluno dei delitti previsti dal presente decreto può chiedere di essere ammesso a pagare, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma, da lui indicata, a titolo di equa riparazione dell'offesa recata all'interesse pubblico tutelato dalla norma violata.[2] La somma, commisurata alla gravità dell'offesa, non può essere comunque inferiore a quella risultante dal ragguaglio a norma dell'articolo 135 del codice penale della pena minima prevista per il delitto contestato.[3] Il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene congrua la somma, fissa con ordinanza un termine non superiore a dieci giorni per il pagamento.[4] Se il pagamento è eseguito nel termine, la pena è diminuita fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell'articolo 12. Si osserva la disposizione prevista dal comma 3 dell'articolo 13.[5] Nel caso di assoluzione o di proscioglimento la somma pagata è restituita.

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PECULIARITÀ DEI REATI TRIBUTARID.LGS. 74/2000

Errore di diritto

Articolo 47 co.3 c.p. – Errore di fatto.[3] L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato.

Art. 5 c.p. – Ignoranza della legge penale.[1] Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale.(cfr. C.Cost. n. 364/1988, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 5 c.p. «nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile»)

Art. 15 D.Lgs. 74/2000 – Violazioni dipendenti da interpretazione delle norme tributarie.[1] Al di fuori dei casi in cui la punibilità è esclusa a norma dell'articolo 47, terzo comma, del codice penale, non danno luogo a fatti punibili ai sensi del presente decreto le violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione.

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I DELITTI CONTEMPLATI DAL D.LGS. 74/2000

DefinizioniArt. 1 – Definizioni.[1]Ai fini del presente decreto legislativo:a)per "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi;b)per "elementi attivi o passivi" si intendono le componenti, espresse in cifra, che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto;c)per "dichiarazioni" si intendono anche le dichiarazioni presentate in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche;[continua…]

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[… segue]d) il "fine di evadere le imposte" e il "fine di consentire a terzi l'evasione" si intendono comprensivi, rispettivamente, anche del fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d'imposta, e del fine di consentirli a terzi;e) riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche, il "fine di evadere le imposte" ed il "fine di sottrarsi al pagamento" si intendono riferiti alla società, all'ente o alla persona fisica per conto della quale si agisce;f) per "imposta evasa" si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l'intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine;g) le soglie di punibilità riferite all'imposta evasa si intendono estese anche all'ammontare dell'indebito rimborso richiesto o dell'inesistente credito di imposta esposto nella dichiarazione.

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DELITTI IN MATERIA DI DICHIARAZIONE (1)

Art. 2 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.[1]E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi.[2]Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.[3] (abr.) [Se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a lire trecento milioni, si applica la reclusione da sei mesi a due anni].

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CASO SESTO SAN GIOVANNI

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DELITTI IN MATERIA DI DICHIARAZIONE (2)

Art. 3 – Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici[1] Fuori dei casi previsti dall'articolo 2, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l'accertamento, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a [lire centocinquanta milioni] euro trentamila;b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a [lire tre miliardi] euro un milione.

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DELITTI IN MATERIA DI DICHIARAZIONE (3)

Art. 4 – Dichiarazione infedele.[1] Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a [lire duecento milioni] euro cinquantamila;b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a [lire quattro miliardi] euro due milioni.

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CASO DOLCE&GABBANA

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CASO TROMBI

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DELITTI IN MATERIA DI DICHIARAZIONE (4)

Art. 5 – Omessa dichiarazione.[1] E' punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l'imposta evasa e' superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a [lire centocinquanta milioni] euro trentamila.[2] Ai fini della disposizione prevista dal comma 1 non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

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DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO D’IMPOSTE (1)

Art. 8 – Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.[1] E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.[2] Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.[3] Se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a lire trecento milioni per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.

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DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO D’IMPOSTE (2)

Art. 10 – Occultamento o distruzione di documenti contabili.[1] Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

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DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO D’IMPOSTE (3)

Art. 10-bis – Omesso versamento di ritenute certificate.[1] E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore ai cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

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DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO D’IMPOSTE (4)

Art. 10-ter – Omesso versamento di IVA.[1] La disposizione di cui all’art. 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.

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DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO D’IMPOSTE (5)

Art. 10-quater – Indebita compensazione.[1] La disposizione di cui all’art. 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti o inesistenti.

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DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO D’IMPOSTE (6)

Art. 11 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.[1] Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a lire cento milioni, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.

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CONFISCAL. Finanziaria 2007, art. 1 co. 143: «Nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del

D.Lgs. 74/2000, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’art. 322-ter del codice penale».

Art. 322-ter c.p. – Confisca.[1] Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta della parti a norma dell’art. 444 del

codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’art. 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo.

[2] (omissis).[3] Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme

di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

Possibile contrasto con la previsione dell’istituto del risarcimento (artt. 13 e 14 D.Lgs. 74/2000).

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RILEVANZA PENALE DELL’ELUSIONE FISCALE

Art. 37-bis co.1 DPR 29 settembre 1973 n.600 (introdotto nel 1997) – Disposizioni antielusive:1. Sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. 2. L'amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano a condizione che, nell'ambito del comportamento di cui al comma 2, siano utilizzate una o più delle seguenti operazioni: a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; b) conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende; c) cessioni di crediti; d) cessioni di eccedenze d'imposta; […]

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RILEVANZA PENALE DELL’ELUSIONE FISCALE

e) operazioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 544, recante disposizioni per l'adeguamento alle direttive comunitarie relative al regime fiscale di fusioni, scissioni, conferimenti d'attivo e scambi di azioni , nonche' il trasferimento della residenza fiscale all'estero da parte di una societa (7); f) operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni e le classificazioni di bilancio, aventi ad oggetto i beni e i rapporti di cui all'articolo 81 , comma 1, lettere da c) a c-quinquies) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (2). f-bis) cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra i soggetti ammessi al regime della tassazione di gruppo di cui all'articolo 117 del testo unico delle imposte sui redditi (3).f-ter) pagamenti di interessi e canoni di cui all' art. 26-quater, qualora detti pagamenti siano effettuati a soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in uno Stato dell'Unione europea (4).[…]

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RILEVANZA PENALE DELL’ELUSIONE FISCALE

f-quater) pattuizioni intercorse tra società controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, una delle quali avente sede legale in uno Stato o territorio diverso da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, aventi ad oggetto il pagamento di somme a titolo di clausola penale, multa, caparra confirmatoria o penitenziale (5).4. L'avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2. 5. Fermo restando quanto disposto dall'art. 42, l'avviso d'accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente e le imposte o le maggiori imposte devono essere calcolate tenendo conto di quanto previsto al comma 2. 6. Le imposte o le maggiori imposte accertate in applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 sono iscritte a ruolo, secondo i criteri di cui all'articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, concernente il pagamento dei tributi e delle sanzioni pecuniarie in pendenza di giudizio, unitamente ai relativi interessi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale.[…]

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RILEVANZA PENALE DELL’ELUSIONE FISCALE

7. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni dei commi precedenti possono richiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito dei comportamenti disconosciuti dall'amministrazione finanziaria a tal fine detti soggetti possono proporre, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento è divenuto definitivo o è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza di rimborso all'amministrazione, che provvede nei limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito ditali procedure. 8. Le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi. A tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio, descrivendo compiutamente l'operazione e indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione. Con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988 n. 400, sono disciplinate le modalità per l'applicazione del presente comma (6).

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RILEVANZA PENALE DELL’ELUSIONE FISCALE

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RILEVANZA PENALE DELL’ELUSIONE FISCALE

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Elusione è species del genus evasione ?

C’è reato solo se la condotta elusiva è specificamente sanzionata dalla legge, ma in questo caso opera il principio di specialità

Diritto del Contenzioso d'Impresa

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LA RESPONSABILITÀ PENALE DEL CONSULENTE

Contributo morale o materiale al reato (art. 110 c.p.)

L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della Pubblica Autorità, esclude la punibilità (Art. 51 co.1 c.p.).

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