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ERICH AUERBACH MIMESIS IL REALISMO NELLA LETTERATURA OCCIDENTALE l Con un saggio introduttivo di Aurelio Roncaglia Titulo originale Àffmeslr Dargestetlíe Wirkiicbkeit i?t der abenãiãnãiscben i.iÊetatut A. Francke,Bem Copyright i9j6 by Giulio Einaudi editore s.p. a« Torino Traduzione di Alberto Romagnoli e Hans Hinterhãuser Prima edizionenei« Saggi», igj6 Prima edizione nella « PBE », 1964 Ottava edizione, i979 Piccola Biblioteca Einaudi

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ERICH AUERBACH MIMESISIL REALISMONELLA LETTERATURAOCCIDENTALE

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Con un saggio introduttivodi Aurelio Roncaglia

Titulo originale Àffmeslr

Dargestetlíe Wirkiicbkeit i?t der abenãiãnãiscben i.iÊetatut

A. Francke, Bem

Copyright i9j6 by Giulio Einaudi editore s. p. a« Torino

Traduzione di Alberto Romagnoli e Hans Hinterhãuser

Prima edizione nei« Saggi», igj6

Prima edizione nella « PBE », 1964Ottava edizione, i979

PiccolaBibliotecaEinaudi

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e períino il grado drammatico del dolore, della paura, edell'invocazione che in Jacopone si espreme con vocativo,imperativa accumulati e con le domande incalzanti,. nonsí riscontra, se non erro, in nessun'altra língua volgareãel '&;ill; xm. Accanto aUa sua disinvoltura scenica, aldolce e caldo abbandono al sentimento, alia mancanzadi timidezza nell'esprimersi davanti al pubblico, la mag-

espressione, passa in secondo ordene davanti a un:apelasímile, anche perché non conosce temi tragíci di tape

andezza. Fosse ê azzardato voler aílermare che I'italia-no debba questa libertà d'espressione drammatica a. sanFrancesco, poiché senda dubbio essa era radicata nel ca-ractere del popolo; si puà dure comunque, che egli, chefu enche un grande poeta e per islhto un grande .attor:di se stesso, evoca per primo le forze drammatiche delsentimento italiano e della língua italiana.

Farinata e Cavalcante

- O Tosco, che per la città del focovivo ten vai cosí parlando onesto,piacciati di restare in questo loco

La tua loquela ti fa manifestodi quelha nobil pátria naboalia qual force fui troppo molesto --.

Subitamente questo suono uscíod'una dell'arche; pera m'accostai,temendo, un poço piú al duca mio.

Ed el mi disse: :-- Volgíti: che fai?veda là Farinata che s'ê dritto;dália cintola in su tutto 'l vedrai --.

lo aves gíà il mio viso nel suo âtto;ed el s'ergea col petto e con la frontecom'avesse I'inferno in gran dispitto.

E I'animose man del duma e prontemi pinser tra le sepulture a lui,dicendo: -- Le parolo tue sien conte --.

Com'io al piê de la sua tomba fui,guardommi un poco, e poi, quase sdegnoso,mi dimandà: -- Chi fur li maggior tui? -

lo ch'era d'ubídir disideroso.non lil celas, ma tutto lil'apersi;ond'ei ]evà ]e ciglia un poco in coso,

poi disse: -- Fieramente furo avversia me e a miai pnmi e a mia parte,sí che per due fíate li dispersi --

-- S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogni parte --rispuosi lui -- I'una e I'altra flatà;Ha i vostri non appreser ben quell'arte -:.

A[[or surse a ]a vista scoperchiataun'ombro lungo questa infino al mento:credo che s'era in ginocchie levata.

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abitante dell'avello, subito da Dente riconosciuto e dalmodo della pena e dalle parole: ê Clavalcante de' Caval-canti, padre del suo amico di gioventú, il poeta GuidoCavalcanti. La acena che adesso si svolge fra Cavalcantee Dente ê breve (ventuno versa), e non appena si chiudecol ricadere di Cavalcante dentro la tomba, Farinata ri-prende il dialogo interrotto.

Nello stretto giro di arca settanta verei si compõe dun-que una tríplice mutazione di evento; sono quattro at-ti, tutti densa e pieni di energia, strettamente addossa-ti I'uno all'filtro. Nessuno di essa ha un contenuto unica-mente preparatorio, nemmeno il primo, il dialogo, calmaal paragone, fra Dente e Virgilio, che qui sopra non ab-biamo riportato. lvi, a mo' d'introduzione, viene presen-tata al lettore e aUo stesso Dante la nuova regione che sischiude davanti a loto, quella del cesto cerchio dell'In-ferno, ma vi ê compresa anche una scena particolare, frai due interlocutori, di un contenuto psicologico suo pro-prio. In estremo contracto con la placidità teorica e laspirituale delicatezza di questo prologo sta il secondoatto oltremodo drammatico, a cui introducono la vocea un tratto risonante e la repentina apparizione del corpodrizzatosi entro I'avello, lo spavento di Dente e le pa-role e i gesti incoraggianti di Virgilio. In essa sorge eprende forma, alta e scultorea come il suo corpo, la gi-gantesca figura morde di Farinata, soprawivente al di làdella morte e deí tormenta infernali che non I'hanno po-tuta intaccare; eg]i ê. sempre ]o stesso, tal quale visse.L'hanno spinto a levarei in piedi e a trattenere il vian-dante con superba e misurata cortesia gli accenti toscanisulle labbra di Dente, e quando questi gli s'awicina, glichiede piú particolarmente della sua origine, per accer-tarsi con chi abbia a che late, se con un uomo d'impor-tante lignaggio, se cora un amigo o un nemico; e quandoode che Dante ê descendente d'una famiglia guelra, di-chiara con dura soddisfazione d'aves per due volte cac-ciato dália città questa parte a lui avversa; il destino diFirenze e della parte ghibellina ê âncora il suo unico pen-siero. La resposta di Dante, che la cacciata dei Gue16alia lunga non ha portato vantaggio ai Ghibellini, che al-

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Dintorno mi guarda, come talentoavesse di vedes s'altri era meco;e poi che il sospecciar fu tutto spento,

piangendo disse: -- Se per questo checocárcere vaí per altezza d'ingegno,mío âglio ov'ê? perché non ê ei teca? --

E io a lui: -- Da me stesso non vegno:colui ch'attende là, per qui mi mena,force cui Guido vestro ebbe a disdegno --.

Le sue parole e 'l modo della penam'avean di costui gíà letto il nome;pera fu la resposta cosa plena.

Di subito klrizzato gridà: -- Comedicesti? elli ebbe? non viv'elli âncora?non gere li occhi suor il dolce leme? --

Quando s'accorse d'alcuna demorach'io facea dinanzi aUa respostasupin ricadde e piú non parve fora.

Ma quell'altro magnânimo a cui postarestato m'era, non mutõ aspetto,né fosse colho, né piegà sua costa;

e sé continuando al primo detto,-- S'elli han quell'arte, -- disse, -- mate appresa,ciõ mi tormenta piú che questo letto-.

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All'inizio di questo episodio, nel canto decimo dell'l#-/ermo, Virgilio e Dente camminano per uno stretto sen-tiero fra gli avelli ardenti e scoperchiati. Varino ragio-nando; Virgilio spiega a Dente come in quelle archegiacciano eretici e atei e gli promette di soddisfare il suodesiderio a mezzo accennato d'entrave in discordo conqualcuno di quem dannati. Mentre Dente gli sta respon-dendo, si leva da uno dei sepolcri una vote che inco-mincia con i cupi suoní di«O Tosco », e Dance indie-treggia spaventato. Uno dei dannati s'ê drizzato nel suasepolcro e rivolge la parola ai due; Virgiho ne fa il no-me: ê Farinata degli Uberti, morto poco innanzi la na-scita di Dente, capo dei Ghibellini di Firenze e loto co-mandante in battaglia. Dante s'accosta all'orlo di quellatomba e cosí ha inizio un dialogo che ê pera, dopo po-chi versa(v. j2), improwisamente interrotto, come dian-zi quello fra Dente e Virgilio, dali'intervento d'un antro

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la fine sono rimasti banditi, ê interrotta dali'emergere diCavalcante, che ha édito le parole di Dante e I'ha rico-nosciuto. Noi vediamo íl suo capo su un corpo tanto piúpiccolo di quello di Farinata spiare entorno ansiosamen-te se suo 6glio sia in compagnia di Dente; e poiché nonlo vede, erompe in angosciose domande, che rivelano co-me anel'egli âncora conserva ugual carattere e ugualipassioni a quelle che già ebbe in veta, certamente bendiverge da quelle di Farinata: amore della veta terrena,fede meda libera grandezza dell'animo ufano, e soprat-tutto ammirazione per suo Êglio Guião. Commosso, qua-se piangendo, e cosa staccandosi nettamente dália poten-te e sostenuta grandezza di Farinata, pone le sue doman-de incalzanti, e quando (a torto) dalle parole di Dentecrede di dover concludere che suo liglio non sia piú inveta, stramazza supino; e allora, impassibile, senza pormente a quem caso, alle ultime parole a lui rívolte daDente, Farinata dà tal resposta che perfettamente lo .di-pinge: se, come tu dia, ai Ghibellini non ê riuscito rien-trare nella città, questo ê per me tormento maggiore delletto in cui giaccio.

Qui vi ê una condensazione d'avvenimenti maggioreche in qualunque altro dei luoghi da noi íinora esami-nati, e non soltanto non ve ne sono di piú grava e dram-matici, ma neanche di piú vara in cosa breve spazio; nonsi tratta d'un solo avvenimento. bensí di tre diversa. dicui il secondo (la scena con Farinata) viene interrotto ediviso in due parti dal terzo. Non vi ê dunque pnità d:a-zione nel senso..ordinário: e nemmenã'ãcÊade come nellasEeiiá omerica di cui abbiamo discurso nel primo capito-so, dove I'accenno alia cicatrice di Unisse ofíre lo spuntoper una lunga, ampla digressione. Q1li.glbargomenti sialternano rapidamente .e senza trapassi;..]Lparole di Fa-ríããta'idterrompono subitamente il colloql119 fta cantee'Virgilio;"l'« allor surge » del verso 5z spezza senza col-lêgãi;êbtõnttoidi.Farinata, .che in bodo altrettanto iú-Mêdi.ãta'víeiiiripreso con ãmá tãuell:antro álagnanimo ;.Lltmità deFtutlo-raposa suIJuogo, sul paesaggio fisícõ-horale'del'ierchio' degli eretici e dei miscredenti; e ilrápido mutare di episodi ciascuno in sé indipendente,

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quali singole scene di atti fra foro non collegati, ha lasua ragione nella totale struttura della CommeZfa; que-sta descreve il viaggio d'un uomo singolo accompagnatodal suo duce, per un mondo i cui abitatori dimorano perI'eternità nei posta loto assegnati: fa eccezione solo Sta-zio nel Purgatorio. Pera, nonostante questo rápido mu-tare degli episodi, ]lQ!!..$i..p11ê.pglkrç 4un4.connessionestilistica paratattica; ogni scena.jn sé.mostra unã granderiêchezzi'ailégamísintattici; e dove, come qutle scenesõíiõ'tbhfr'ãp$õitê"ãeft'amente e senza legamento, venao-no impiegate per la contrapposizione forme d'espressíchàe'mdteblíci"ed'eacaci, éhó dono da valutariípíuttoseoé(iene êõmmiilazióníêhe come paratassi. l diversa atei nonvengõii6'ztlíneatt'rigidamente. e su un õoho:liguale. -- sipeã:í'ã]]a ]eggendã'latina di Alessio e alia stessa Cóú sede Ro/dmd -- bensí si staccano dal findo nela'elaboratasingglq!!ç4.del' tõnó'ê lstanno in recíproco antagonismo.AI maggior chiarimento esamineremo un po' piú da vid-no i passa deve si hanno mutamenti di scena. Farinata in-terrompe il dialogo dei due viandante con le parole: «OTosco, che per la città del foco vivo ten vai... » Ê ul!!b:Ê;êlloFun vocativo introdotto da« o », seguito pordalbaÊ)rópósizi(ihe relativa di gran peso e contenuto ríguardoall'appello, a cui soltanto allora segue la frase desidera-tiva igualmente carita di solenne e misurata cortesia;non ê detto: « Tosco, fermati », bensí: « O Tosco, che...,piacciati di restare in questo loco )>. La formula ê.jo®-mamente solenne e deriva dália $tileÍ'jnliistü dan'çposantigo,'tbe'riiüoha all'Óieéi:hi(;'Hi'Dente come tente aitreileminiscenze di Virgilio, Lucano o StaziQ: lo non credoche prima di lui.;!;'ãii';lata'ilsíital in;liii !olgarg medie=tàlê'ldá;*Dãnté la usi'ísuo modo: come formidífor-tissima invocazione, quase presto gli anticlÚ.era usata almassimo nelle preghíere, e iêiiãiiRolãdêiltro la frase re-[ativa conêéãtíãfitlõiiE']f'contenuto. come soco ]ui ê ca-pace di gare; il sentimento e la condizione di Farinatadi fronte ai due passante sono condensati in maniera co-sa dinâmica mediante le tre delêrmínãàiodi: « perna cittàdeHüco.=. 1:êtíváí»; « Vivo»;''<c cosa.ÊãflahdltonestQ bche u suã maestro Virgilio, se davvero ivesse udito

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quelle parole, si sarebbe spaventato ben piú di quantoDente si spaventi nel poema; le proposizioni relative vir-giliane legate a un vocativo sono in verità perfettamen-te belle e armoniose, ma di gran lunga mente concise eavvincenti(-ad esempio: E#elde, i, 436: « o fortunatiquibus iam moeda surgunt! » o, ancor piú interessanteper I'espansione retorica, 11, 638 ; « vos o quibus integerrevi sangues, ait, solidaeque suo stant robore vires,vos agitate sugam»). Si osservi anche come I'antitesi<< per la città del foco» e <<vivo» si esprema esclusiva-mente, ma percià tanto .piÚ eÊicacemente, mediante laposicione della parola «lgilid». Dgpo.quEgtê. apostroíe ditre vgrs!..segue !4.terzin; in cui Fãiihata si dà a conosce-l;'Eói;cittadino. e.sóltãniio-allõra;"Õtiãildi;'bgu na ceiga-t;'8i píiilllire subeiitr;'la 6rtisel SubítããieiiteRüdstó'iub-iiõ'usêíõy;'eck:Tuna frase che altrobe-a\vrêúho'ãspéttútl5"'Fmttostd quase introduzione a un awenimento sor-prendente, ma che qui, dado quanto ê già accaduto, haun çflç.ttg.gl paragone acqy4çlêglen in quanto spiegazionedi ciõ che sta accadenid3'(ii='iêcitatore dovrebbe legger-la con voce piú smorzata).''Nõií'3T'FüõmnqüF'Farlaüd'un ãllmeaMêhto'iegoEa;e paratattico della scena di Fa-rinata con il colloquio dei due viandante; da un lato,non si deve dimenticarlo, essa ê già stata di sfuggita an-nunciata da Virgilio durante la conversazione (w. i6-i8),e dali'filtro essa ê un irrompere cosa gagliardqq prepqt$nted'un altro mg114j+l eo$ícó:'Hbrali:'jiêicõlõaícõ;a'êslStiêõ,;'iiõ1113iãiê.&;í'qi;ahtli-précedê inã'legãiiiê''aíEêi;l'pliêe

succession é:%hÉnn el'-v iVaêe fàbP(ii:tõ'êlêllâ'êbhtr àÉ;Ê;o'nZlg;lç.aêl"?epentinTéáplodeiie ax qualêhTé8ii'êiã"liêié-mente intuito. Gli awenimenti non sono -- come os-servammo nella 'Cóansoi'Ze-RliZlzjiZ''E'nella leggendad'Alessio -- ÉliJli$i.jnJantq.parceHeubçn$Í..v®Qno..di. Fitarecíproca enche Della contrappo!!!!gnçz.S.3n2ii..Lcagionçtlí'quêiiã'll:jlêêõii&o'tãiiibiãiãêntp.di..scen4 .avykng..çone pqrgig.Sg1lgLsyrsç=.» del Gera(Ü:à, e appare piú sem:

paire e mente''Híeiánte' del primo;"Ehe cosa pue) infattiesserci di piú naturale che introdurre un avvenimentoimproviso con le parole: <{ allora accadde... »? Ma qua-lora ci si domandi dove si rítrovi nella língua volgare

)rima di Dente un símile.ZgJgçráfEase She interrompeiii;'ã2iõãê"iiíêõiÉã:RgQ un tagliQIQIÍ..get.tg.i.4irapióã.tíõé;'qúãl?í'« ãllõ;'sürse...», si a(içrebbe êercaré ã lunÉZ)é"írnon sairei 'indiéarne' alcuno.« AllQra » all'inizio difrase si trova moro spesso nela'itali;ho'jllledantesco, peresempio i:lÊ! NoueZ/f o, ma con un signiíicato moro piÉdebate; tíãli"E69í'nEttí"Hõn sono nellJ stile né nella c;=cezione di tempo della narrativa anteriore a Dante, enemmeno dell'epica francese, dove s'incontra « ez vos >>

oppure «atant ez voz» (cfr. C&anio de Ro/a#d, 4i3 epaisfm), con un [email protected]ú-tenue.. Per intendere inqual mo(]F'=iã]ãê;iro e freddo çéiiivano rappresentateperÍino le svolte piú drammatiche dell'azione, si vedaVillehardouin; egh, per introdurre nela'azione il decre-pito e checo doge di Venezia all'assalto di Costantinopo-li, che ai suor, esitanti a scender dalle nave, comanda sot-to pena di morte di mettere a terra lui per primo conlo stendardo di san Marco, adopera le parolei« or por-rez oir estrange proece» -- proprio come se Dente invecedela'« allora» avesse scritto :« aflora accadde qualche co-sa di ben meraviglioso».

ySFZ .!g!.Z-dell'antico francese ci conduce sulla giu-sta rraccia quaiora si cerchi I'espressione latina per que-sto « aflora » che produce un'interruzione repentina: es-sa ê non « tum » o « tuna», bensí in molti casa« sed » o« iam», ma la parola veramente correspondente in tuttoil suo vigore, à !çççqZ.o ancor meglio« qLÊççe.b ches'incontrano Fíií eUo stile sublime ché non inPlauto, nelle lettere di Cicerone, in Apuleio ecc., e so-prattutto IUj14..yl41gat4udove, quando Abramo aflerra ilcoltello per sacriíiéã;lêiil Êglio lsacco, ê detto: « et ec-ce angelus Dominó de coelo clamavit, dicens: Abraçam,Abraçam». A me sembra che questa interruzione cosatagliente sia troppo brusca perché possa aves origine dallatino clássico; corresponde hvece plenamente alto stileillustre della .Bibbi2iJnoltre Dante adopera ricalcandoloalia lettera lr« et ecce» bíblico in altra circostanza, al-lorché s'interrompe una situazione, enche se non in ma-niera cosa drammatica, in conseguenza d'un avvenimento(P#rg., xxi, 7: « ed ecco, sí come ne scríve Luca... ci ap-

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parve.-. »; l,Kca, z4, i3: << et ecce duo ex illis... ») Tutta-via non voglio aflermare che sia stato Dante a introdurrenello stile illustre questa locuzione intenuttrice e cheI'abbia àttintá dália Bibbia, ma dovrebbe apparir chiaroche quel drammatico« aflora» nel tempo in cui egli scri-veva'3óã' era cóÉÍ nàturalé'ê di uso éõmunêcomeóggi, ecnE"êÊlrl'ili&$iú radicalmente dl chiuhque ãltro jifiáadilui;liêl: 'bledioevól Ê. da considerare inoltre il senso :e

il ;uono del << surge >> che Dente impiega anche altrovecon grandíssimo egetto di risonanza a proposito d'un al-tro che si drizza in piedi(Pzirg., vi, 7z-73, « e I'ombro,tutta in sé vomita, surge vêr lui... ») L'« alvor surge » delverso j2 ha dunque un peso appena di peco minore del-le parole di Farinata, che iniziano la prima interruzione;questo $ aliar» appartiene a quelle forme paratatticlleéne pongono'T'úembri legati ber mezzo di esse.jn unrât)Ê)ort(i dinãQlço;. il dialogo con Farinata ê interrotto,êCavalêáãtê:'at3ÕÓ le ultime parole che ha udito, non puàattenderne la fine, il suo ritegno I'abbandona. ll suaintervenho con i gesti scrutanti, le parole di planto e I'in-tempestiva disperazione che lo fa ricadere supino, for-mano un contrasta stridente con la gravità solenne diFarinata, il quase, col terzo cambiamento di scena (w. 73sgg.), riprende la parola. ll terzo cambiamento: « maquell'altro magnânimo » ecc., ê moro meno drammaticodei premi, ê tranquillo, superbo e grave, Farinata da solodomina la scena. Ma la contrapposizíone a quanto ê av-venuto prima diventa perciõ tanto piú forte: Dente ]achiama magnânimo con termine aristotelico, che in lui êritornato vivo attraversd san Tommaso o, ancor piú pro-babílmente, attraverso Brunetto Latim, e con cui prece-dentemente designa Virgilio. Egli lo fa senza dubbio involuta opposizione a Cavalcante («costui»); i tg çlç-menti.del14 !raso esattamente.pguali, çbe espri;ioni;Bm-êrollabilità di Farinata (« non mutà aspettõ:né mossecollo, né piêgõ sua costa»), non çlÊBg11g.descrivere Fa-rinata per sé stante, ma mettere ir suo contegno in con-trasto con quello dj Ca$ãlêãíitê:Questõ awerté'ancheI'asêoltlaiõri;-udendo%e üé proposizioni d'ugual costrut-to, dito che ha âncora nell'orecchio il tona disuguale e

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il crescendo lamentoso dela'altro. Per la forma di questedomande dei versi 58-6o e 67-6g, Dente ha avuto ploba- lbilmente per modello I'apparizione di Andromaca(E#ei-de, ni, 3lo), dunque i] lamento d'una donna.

Per 'quanto i fatti'st âltemhõ 'in mâhlêra cosa subita-nea, non si puà parlare d'una connessione parataltica:un movimento incessante trascorre per.luçto l.'insiçmq.'maaali#õ8i ú,ajt®yg.411b©çd!?!gwÜ:?'sã=a;ü=;'nlÊãK'iüriõií'li"h;biagã ãltanió'sihgolailãentê, hi='Some in-3W.éõlítínua'tãptsõttó fêi:iprocQ; 11. díscorso hcórãggíaiite.diViíÊiliõ'ilêíÇêrsT'Ji::j3''êõiitiene .solo proposizioni prin-cipali, senza nessun filtro legume .di congiunzioni: ..un cor-to imperativo, una breve domanda, âncora un imperativacon complemento oggetto e con.una frase.espjicativa re-lativa, e finalmente una frase al futuro di signiÊcato esor-tativo con una determinazione avverbiale. Ma il rápidosusseguirsi, la tagliente formulazione delle .!engole partie il loro accordarsi, creano lo slancio d'un disSorso villa-cÍ$simo; « Volgiti: che fai? » ecc. Accanço á cià vi sobaM;inê articolazioni mentali, accanto alia consueta cau-gãlêW'r&;Fali$ãi:'« óddé;; di valore oscillante fra iltemporale e il causale e I'ipotetica causale« fosse che »,a giudizio d'alcuni antichi commentatori, corteseHenteattenuatrice; vi sono le piú diverse congiunzioni tem-porali, comparativo, gradualmente ipotetiche: :ostenutedália piú gmnde elasticità nell'jntroaulionS. delle foral:verbali e iiêllã''êõllõcazione MEe parole:-Si- ossewirad'eiEiíípHó;zon"quase "8gilità Dante tiUig. In .mano sintat:ticamente la acena dell'apparizione di Cavalcantç, ?icchécorre in un sõt"nattü'Êna"giba-6õe del su(i Íitihõ discor-do (v. 6o). L'unità del disegno pala sil.ge verba !ijastro.l« SWse b-«'guarda».,-« O$sé.?; 'su] prj$iÕ'@PÕggíatm''H *si3ggetto, le determin;;iài=naf'verbiali e anche I'incisaesplicativo « credo che»; sul « gu?rdà», le due primerighe della seconda terzina .con quel « come se».; mentrela terza figa già mira al « disse » e al.discorso diretto.diCavalcante, in cui s'appunta tutto il movimento che,forte all'inizio, decresce poi e dal verso j7 ricomincia asabrea

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l lettori di questa mia analisa che non abbiano moitaconfidenza con le letterature medievali nelle langue vol-gari, fosse si meraviglieranno che qui io dia tanto rilievoe iÜS. esalti cone.qualcg$4,d.,8t14QidUêjjg.=!BgÊl:!E sin-t2É!iüeilE&ãi..âgnq-W.êçç.:çon !ulpa..failiii;i'ãi'ã;;;li;=qué !crittore di qüãLch;'i;llen to, h:á"ã' cLi'Tàllta daH'esa-

t:!..:!111gl)n plleledenií;'liliT-auãli..f!!gnWta112..Hag=r3õEi:;lã'iüa-êsbrêsébnê-p'õsiiédê'"üri;"'Gle nccnei2X

çÉbçWezzh íatü,.ê.dütülÜ4i .sdlMnoséi â"ill$iêga~tm!ilmqg ;t1lgeglç.superlgrS.d !;!$E:ZEafã ll!:'Píú'diveFse apparenze e sostãnêé:'&i 'l;iã1:8"tinto piú saldo e si-curo, che si arriva aUa convinzione che quest'uomo ab-.ki3.E'!da.:112.]bW1.81"p'!!g.jl m99do:$j;a;;';i':l;ê.ã;'d'avertrov a o quel-la Sspressione, e invece le fonte sono tarte, egli le ac-coglie e le .impiega in uii'híódã'tânao" esãttó.. õriÊinaiiiõ;ê"Pur cosí süo propr4o, éhé"ide ritroçameãii'it)ii fa chêabhéhtare Tãúmirazione per la potenza del suo gema4j2911i:!ico. In un testo come il nostro ci si puõ ilnbat:fere dovunquê in qualche cosa di stupefacente, in qugl-che cosa che nelle letlSgyre volgqri..ÊlâljBaslg..$$'

flfãgléPHK'2}i: Ü:-stesso non vegno»; si puà immaginareuna veste cosa breve e compiuta a un tal pensiero, sipuõ immaginare un pensiero cosí acuto e un «da» inquesto senso nella.poesia d'un precedente autore volga-re? Dante usa «da» in questo senso parecchie volte(P#rg., i,. jz: «da me non venni»; P#rg., xlx, i43:«buona da sé»; Par:, n, j8: «ma dimini quem che'.tuda te ne pensi»). ILslgliiÊçato. «per forzâ..propEia»,«.pelpmpqg..nqtlra'83.con ip.propriamente e...poirebbeeRMa';ToMtTdãR« dqj;:jj99..$jgQiómto. .di..PQwniFDza;GüiarGvaEãiii;;'della'êãnzone l2e preg;:1lêÚ.ve: « (.4more):bon :E vertute .ma daí'êuemã-'+lSé5. Na-turalmente non si puõ aflermarê'che nte' ábbia t:reajoil significato nuovo di questa locuzione; perché enche senon si trovasse nessuna locuzione símile nei testa prece-denti, si potrebbe pensare che fosse andata perduta, e

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enche se non ne fossero state scritte di simili prima diluí, potrebbero pera esserq..Bate y?gçq nela!.}bgua par-lata. ê"ãüéi?aããia'ij;biêsi''=:-sembm$;=b?=bmini di forúazione dotta avrebbero 'Fiú fããl:iiíEUte"fãttMoõo"'a-<ã ê#$-o '«pena. Ê; certo'pera' i:héDente;-@Uáría a.êõ: o ãccêttõ'q\lêgta breve locuzíone, leinfuse una forza e una profondità prima impensabili, acui ne] nastro passo contribuisce notevolmente il doppiocontrapposto (da un lato a « per altezza d'ingegno », dal-I'altro a « colui che attende là », ambedue perifrasi reto-ríche, I'una superba, I'altra tacente il nome per granrispetto) .

11 « da me stesso » origina forse dal linguaggio parla-to. che anche altrove Dente mostra 'il;%fããêh'tediidegnare. ll « Volgiti: che fai? », per di piú suite lab-bra di Virgílio a'auFalã sólêHHe formulazione dell'ap-pello d!. Farinata, .fa. l.'eífetto d'un discorso soonta11çg.enon stilizzato quase s'encontra a i:;Ei;r'homéiíio nel paÉ

, e cosa pune la domanda muda e cauda« chi fur li maggior tui? » o quelha di Cavalcante; « co-me dicesti? egli ebbe?» ecc. Procedendo nella letturadel canto, ci s'imbatte verso la Êne della domanda diVirgilio: «perché se' tu sí smarrito?» (v. 12j). Tuttiquesti luoghi, sciolti dg{.!plo..Jogam!...sprebbelg..pêiiêã-l;iTi-iinM éjüê'éõh;ersmioie guotidianaj&#veHo:iilÍ$tiçg..jDfetble,Accanto ad essa si travado espressiõ-ni ã:altíssimo pathos, enche linguisticamente sublima nelsenso antico. ]n comp]esso ]a mira stilistica ê rivolç4jen-za dubbio aHo"file sublílne:'Tcíõ síãvíerili:enche ségia non io si sapeüse dallê"precise espressioni di l)ante,immediatamente da ovni Figa del poema, per quanto co-mune possa essere il linguaggiq.Dçl quale:'T'seãttó:"l.a

'Brapifas--de]"tóóo;"aí'Dahte ;ê ]úanteiiüta'éõh tule conti-?iiiitã'dz'noiT potersi dubitare un solo momento a qualelivello stilistico ci si trovi.

Certamente sono . stâti gli antichi. a.fornire a DaQte ilió&elGoQêll;-stile illustre, a lui per primor'egli stesso

p;ilã-iní"tnolti-luoghiTneUaammedi e hel De uwlgarleZogzfe ffa, di quanto sia debitore ad essa per lo stileillustre della língua volgare. Lo dize períino in questo

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nastro passo, poiché il verso dibattutissimo, « force cuiGuido vostro ebbe..g disdegno», cela fra i moltísigniÊ=cau ancliEquestbj'í'qiJasi 'iiiiii ÉB.andçbi. comlnentaloriI'hanno inteso in senso"êsteticol Ma nellQ stesso tempo êiiinegabile che il cóncetto :che Dente h4. del sublime.s.idistingue essenziaimenté'(iãl'ãijêllõ'de3uoi' antiçbi.mQ:della'non feno.nei .soggetti chç. nella. fo.rma linggisçjçâ:I'sõÊgettí'che la Commedia presenta, oílrono una mesco-lanza di sublime e d'ínfimo che agli antichi sarebbe sem-brata mostruosa: si trovano insieme personaggi dellastoria recente o addirittura contemporânea e, nonostantei versa i36-38 del xvn canto del Paradfso, ordinarissimie oscuri. Moro di frequente essa vengono rappresentatirealisticamente e senza ritegni nella loto cerchia di vitaumile, e in genere, come ogni lettore sa, Dante non co-nosce limita nella rappresentazione esatta e schietta delquotidiano, del grottesco e del repellente; cose che in sénon potevano venir considerate sublima QersãEd';i;iicõ,la'divêãtãiíd'êõnnuí$ér' la3iiãiã tõltli:ãitiaçêü&YmÕ:dõllíêúílcardinae dà'tofóÍbrhâ;'Della üésclõlãn;a liã-güistici 'tlêl-s'üõ 'stilê"gí 'E'Õailãilã õi' ora; si pensi âncoraal verso: « e nascia pur grattar dov'ê la rogna», in unodei passa piú solenni del Par oiro (xvn, 12g), per avereun'idea di tutta la distanza che intercorre fra lui e, po-niamo, Virgiho. Molti autorevoli critica, anzi epoche in-tere di gusto neoclássico, si trovarono a disagio di frontea questo realismo troppo crudo pur nel sublime, a questa«.!ipugnante, spesso onibile grandezza » (sono parole diGoetl;ê;.Ã##aZI del i8z {); e ciõ'sí êomprénde facilmen-te. Infatti'ihc(intrapporsi'aêlle due tradizioni, I'antica chesepara gli stili e la cristiana che li mescola, non apparemai cosí chiaro come in questo potente temperamentoche riacquista la coscienza di ambedue, anche dell'anti-ca a cuicmira, senza potes rinunciare all'altra. In nes-sun antro autore la mescolanza degli stili talmente s'avvi-cina alia giel3zieEÊ.di.QgiÚ.aiilÊ.. Nella tarda antichità idotti sentiiõiiõ come violazione dello stilqgnche gli scrit=ti biblici; preéígãiãêãiêmõHiÉÊt:i"Ei6aa'Êli-Glüàóígiidõçl;iiéra-poi sentir I'opera del loro maggiore predeces-sore, di colui che per primo aveva di nuovo letto i poeti

antichi per amore della loto arte e assunto in sé il lototono, che per primo aveva abbracciato e attuâto il pen-siero del volgare illustre, della grande poesia nella lín-gua materna; e proprio peiêlié'ãçêçilatlo'iixtiõ questà.Àllibieiiedenti manifestazioni poetiche medievali di.gelemescolato, ad esempio al teatro cristiano, bisognava'Êlêi-dõhare-hmescolanza deglrEtiFBeí-vià della sua ingenui-tà; poiché sembrava che esmo non avesse nessuna pretesad'alta dignità ed era giustiÊcato, o per lo meno scusato,dal suo intento e dal suo carattere popolare, e non en:trava nel campo di ciõ che si doveva considerare e giudi-care seriamente. Ma qui non si poteva parlare di inge-nuità o di deficiente pretesa: more espresse parole diDante, tutti i suor richíami al modello virgiliano, le in-vocazioni alle Mude, ad Apollo, a Dio, il vivere intensa-mente e drammaticamente dentro la propria opera comechiaramente traluce da molti passa, e soprattutto íl donod'ovni liga di essa, stanno a testimoniare I'altíssimo pro-posito. Non ê da stupirsi che il fatto stesso dell'esistenzad'un'opera símile potesse riuscire} sgradevole a moltiumanisti posteriori o a uomini educati umanisticamente.

Lo stesso Dante nei suor scritti teoria mostra una cer-ta indecisioi;ê"Tmã-questione della classíEãzi(ine-stiE:stíêã'della-Cõ7?i7i2?ãüa-Nel-'E)e u#Zga#"eZag#e#fü, 'h cuitfãtta 'déllT'póésia-aêlH canzone e lembra che âncoranon accenni alia poesia della CommeZla, assegna alto sti-le illustre e trágico tutt'altre esigenze da quelle che piútarda metterà ad efletto nella Commediú: moro piú ri-strette arca la scelta del soggetto, moro piú puriste epiú fedeli alia separazione degli stili per la scelta dellaforma e delle parole. Egli era allora sotto I'inílusso diquelha poesia estremamente artificiosa, destinata soltantoa una cerceia eletta d'iniziati, che era lq.poeqi4. della .tanda scuo]a provenza]e. e.de](b]ce. $ti]..ãüiivp ãlalianQ, eêõii"êBFcõngiüãsi I'antica .ççoriê della. sçparazjQnç. deglisjilí'ijüãGe''ijÕÜQy4Xq:..3-viyçEg.J)res$çLi..tçorici media';ãlÍXêll'arte retorica. DeÍ 'tutto egli b;lh'Éi'g libêlato"maij'-qtiêgii-Eõiiêettt-al;riüêntr i6ã" à+lê6bê-cLiamato

« cohmeaia É il süó grãndé boênlá iü cliiaraêóntr'aÊ)$osi:2hne-alh--de6nizione di- «dtatragedía» data all'E#eldã

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di Virgilio (l#/., xx, ll3). Sembra dunque che non pre-tenda per il suo grande poema la dignità dell'illustre sti-le trágico, e ciõ appare enche dália ragione che del no-me« commedia» dà nel dçç.jmQ pqraglêlÉg..ÉIS.Wetlera aCangrande. Tragedia e cê);;:=;ãiTÉIÉÍ7Haice, si distin-

\E68Hmanzi tutto per il corso dell'azione, che nellatragedia conduce da un inizio calmo e nobile a una chiu-sa terribile, e invece nella commedia da un inizio amaroa una chiusa felice; e poi, e questa ê per noi la cosa piúimportante, enche per lo stile, per il modas Zog e di;« date et sublime tragedia; comedia vero remisse et hu-militer»; e percià il suo poema deve prender nome.dicommedia, .!tT"pBHI'lfiStê"Ml2í6"e"tã'-ttimusâ 'feliz:l:Éiqêjjj"MÕZ1;;'7õ#ãcil;lZl?;bemiisd!%iHmdail;'eil'lmüilig:

lítio'ã]õE]iiiiõ"çii]j;ãiR ]ii'qua et muliercule communicant».Si potrebbe credere a tutta prima che cià si riferisca al-I'uso della língua italiana, in quanto lo stile solo perquesto già sarebbe umi]e, essendo ]a Commez//a scrittain italiano e non in latino; ma non si puà attribuire unatape idea a Dante, che ha defeso la nobile dignità del vol-gare lin dal De p Zgarí e/og e ffú, che ha iniziato nellesue canzoni lo stile illustre della língua volgare, e al tem-po della lettera a Cangrande aveva già finito la Comme-dla. Perciê..!Dg!!! .!çgd4gli..mgde11gi.bgnilQ interpretado/oc /ã'ãóib;l';:;;i;'di'bn&ã:bêKí 'iõ.õ'üêno-ainmêã=é$Fi:êgêl11õ;'sgcché'Dânté âvl:ébÊiFb'óhui8"ãil:'''cllFil'ãeã2f'i;$;ê's;ibo dell'opera non ê quello dell'italiano illu-stre, del « vulgare illustre, cardinale, aulicum et curia-le», per usare le sue parole (De pwZg. eJ., l, l7), ma in-vece il linguaggio comune e'quotidiano der'põpolo. Inogni caso nemmeno qui egli esige per la sua opera lo sti-le trágico illustre, bensí, al massimo, uno stile medio,e enche questo espreme solo oscuramente, citando cioê

ã::,U:'.h3#Wg$âfllã##çgé' ã.R;gici e viceversa.

Tutto sommato, eg]i dichiara che ]a sua opera ê distile umile, dopo aver parlato poco prima della sua mol-teplicità di tom -- cosa che non si accorda affatto con la

l de6nízione di stile umile -- e quantunque designa parec-

chie volte ]a cantica che con quella lettera dedicava aCangrande, il Parúdiso, come « cantica sublimes» e lasua meteria come « admírabilis». Nella stessa Comme-dia continua ]'incertezza, ma qui preva]e ]a coscienzache soggelto e forma possono aspirare alia suprema di- lgnità poetica. A dir vero, anche nel testo chiama spesso /commedia la sua opera, ma già piú sopra abbiamo enu- \merato tutto quello che sta a dimostrare la sua plenaconsapevolezza dell'essenza e del grado stilistico di essa.Ma, per quanto egli scelga Virgilio per sua guida, quan-tunque invochi Apollo e le Muse, evita pera di chiama-re il suo poema un poema sublime nel senso antico. Peresprimere la sua particolare sublimità, crea una parolaspeciale: «.ILpgepa. SaçrQ, .gl quase ha posto mano e cie- )lo e terra i"t%;."kxli:-2-3):' Riesce diíEcile credere che fegh, dopo aver trovato questa parola e aves compiuto la lCommedla, debba esprimersi ancor cosa scolasticamenteinterno alia sua opera come fa nel passo citato della let-tera a Cangrande, della cui autenticità infatti si ê morodubitato, ma d'altra parte si deve pensare quanto s'im-ponesse la riverenza della tradizione antica, in quem tem-po ancor oscurata da un pedantesco sistematicismo, e latendenza a stabilire classi6cazioni absurdamente teoricheperil nostro giudizio.

l commentatori cantemporanei, e andor píú quelli im-mediatamente susseguenti, riguardo alia questione dellasti[e si sono espressi de] pari in un modo de] tutto sco]a-stico, pur essendovi certamente fra di essi alcune ecce- lzioni: il. Boccaccio, ad esempio, le cui osservazioni in- l

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telligenti, 'a'=!iE"ET5''testimoniano una conoscenza genuí-na e umanistica degli antichi, tuttavia non soddisfano,perché si allontanano dal vero problema; ma specialmen-te Penvenuto da Imola, il quase, dopo aves spiegata latripàití gR' stili(il trágico illustre,'il me-dio polemico-satírico, I'umile comigo), prosegue cosa:

Modo est hic attente notandum quod sicut in isto libra estomnia pais phí[osophiae]og#f specie d/ #/oiolía] , ut dictumest, ita est omnis pais poetriae. Unde si quis velit subtiliterinvestigará, hic est tragoedia, satyra et comoedia. Tragoediaquidem, quia describit gesta pontiâcum, principum, regum,

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