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UNIVERSITÀ DI SIENA UNIONE PROVINCIALE AGRICOLTORI DI SIENA CONFAGRICOLTURA T AVOLA ROTONDA SETTORE AGRICOLO E FISCALITÀ SIENA, 11 GENNAIO 2019 IL REGIME IMPOSITIVO DELL ’AGRITURISMO E DELL ’ENOTURISMO Prof. Avv. Federico Rasi Università degli Studi del Molise Avvocato in Roma

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UNIVERSITÀ DI SIENA

UNIONE PROVINCIALE AGRICOLTORI DI SIENA

CONFAGRICOLTURA

TAVOLA ROTONDA

SETTORE AGRICOLO E FISCALITÀSIENA, 11 GENNAIO 2019

IL REGIME IMPOSITIVO

DELL’AGRITURISMO E DELL’ENOTURISMO

Prof. Avv. Federico RasiUniversità degli Studi del Molise

Avvocato in Roma

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La Legge di Bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) haintrodotto una disciplina normativa ad hoc, comprensiva anchedei profili fiscali, dell’attività enoturistica. In questa occasione,il legislatore non solo ha fornito una definizione di«enoturismo», ma ha anche dato ad esso uno specifico regimefiscale (nel dettaglio, gli ha esteso quello previsto perl’agriturismo). Così facendo, l’enoturismo, finalmente edopportunamente, ha trovato pieno riconoscimento nel panoramalegislativo italiano.

Agriturismo <=> Enoturismo

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Agriturismo: ai sensi dell’art. 2, comma 3, legge n. 96 del 2006, possono costituireoggetto di attività agrituristica le seguenti prestazioni:a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;b) somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri (ai

sensi del comma 4 dell’art. 2 «Sono considerati di propria produzione i cibi e lebevande prodotti, lavorati e trasformati nell’azienda agricola nonché quelliricavati da materie prime dell’azienda agricola e ottenuti attraverso lavorazioniesterne») e da prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti acarattere alcolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici ecaratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell’elenconazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali;

c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini;d) organizzare, anche all’esterno dei beni fondiari dell’impresa, attività ricreative,

culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e diippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate allavalorizzazione del territorio e del patrimonio rurale (ad es. le c.d. fattoriedidattiche).

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Enoturismo: all’enoturismo o «turismo del vino» sono dedicati i commi da 502a 505 dell’art. 1, legge n. 205 del 2017. Rientrano nella nozione di enoturismo«tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, levisite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utilialla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delleproduzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative acarattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine».

Prestazioni assai simili a quelle tradizionalmente qualificate comeagrituristiche dalle quali, tuttavia, si distinguono per essere volte,specificamente, alla valorizzazione della coltura e delle produzionivinicole.

Sostanziale continuità tra le attività agrituristiche e quelle enoturistichetale per cui, anche il regime fiscale delle due iniziative ha potuto goderedi una sostanziale assimilazione.

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L’attività enoturistica è stata concepita, fin dalle sue primemanifestazioni, come un’attività sussumibile nella nozione piùampia di agriturismo, quale ulteriore espressione della naturamultifunzionale dell’impresa agricola.Il recente intervento legislativo, pur avendo attribuitoall’enoturismo autonoma rilevanza normativa rispettoall’agriturismo, non ha fatto venir meno il suddetto rapporto dispecialità. Infatti, la definizione legislativa di enoturismoappare modellata secondo la definizione di agriturismodelineata dalla legge quadro del 2006, dalla quale, tuttavia, sidistacca, apparendo per alcuni aspetti più ampia e per altri piùristretta.

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Essa è più ampia nella parte in cui annovera «la degustazione e lacommercializzazione delle produzioni viticole aziendali, anche inabbinamento ad alimenti». Così facendo, il legislatore non solo consente chela degustazione dei prodotti vinicoli possa svolgersi anche al di fuori delfondo (in linea con quanto previsto dall’art. 3, comma 1 del d.lgs. n. 228 del2001), ma inserisce tra le attività enoturistiche anche la commercializzazionedel vino prodotto in azienda, attività, invece, non prevista tra quelleagrituristiche nel contesto delle quali il vino aziendale poteva essere cedutosolo in degustazione e mescita o con la somministrazione dei pasti e semprein via secondaria rispetto all’attività di produzione.

La definizione di enoturismo appare, invece, più ristretta di quella diagriturismo nella parte in cui sembra consentire lo svolgimento delle attivitàricreative, culturali e didattiche solo all’interno delle cantine e dei luoghi diproduzione e non «anche all’esterno dei beni fondiari nella disponibilitàdell’impresa» come invece ammesso per le attività agrituristiche.

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La definizione di enoturismo delineata all’art. 1, comma 502 dellalegge n. 205 del 2017 (similmente all’agriturismo) ruota attorno alconcetto di connessione: l’attività legata al mondo del vino deveessere connessa ad una attività svolta su un fondo.Tuttavia, tale collegamento è solo di tipo oggettivo e non anchesoggettivo. Non è, infatti, prevista alcuna limitazione per cui leattività enoturistiche debbano essere svolte solo dagli imprenditoriagricoli di cui all’art. 2135 cod. civ..

Il comma 503 dell’art. 1 della legge n. 205 del 2017 prevede, ai finifiscali, che «allo svolgimento dell’attività enoturistica si applicano ledisposizioni fiscali di cui all’art. 5 della l. 30 dicembre 1991, n.413».

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L’art. 5, comma 1, legge n. 413 del 1991 stabilisce che, per i soggetti titolari di reddito diimpresa diversi dalle società di capitali ed enti commerciali residenti esercenti le attivitàagrituristiche, il reddito imponibile è determinato applicando all’ammontare dei ricaviconseguiti per suo tramite, al netto dell’IVA, un coefficiente di redditività del 25%.Quanto all’IVA, l’art. 5, comma 2 della medesima legge stabilisce che essa siadeterminata riducendo l’imposta relativa alle operazioni imponibili in misura pari al 50%del suo ammontare, a titolo di detrazione forfetaria dell’imposta afferente agli acquisti ealle importazioni.Il descritto regime fiscale è applicabile a seguito di esercizio di apposita opzione(vincolante per un triennio), con possibilità per il contribuente di non avvalersene perapplicare quello ordinario.

Mediante la disposizione menzionata il legislatore tributario ha abbandonatodefinitivamente la possibilità di ricomprendere, da un punto di vista fiscale,l’attività agrituristica e quella enoturistica nell’ambito del regime dideterminazione catastale del reddito agrario previsto, in generale, per le impreseagricole, ma la sua scelta neppure è ricaduta sul regime di tassazione analiticaproprio delle imprese commerciali.

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Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile alcapitale di esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità delterreno, nell’esercizio, su di esso, di attività agricole. Tale reddito deriva dall’esercizio sul fondodi attività agricole ed è pertanto attribuito a chi esercita tali attività. Le attività agricole, fonte direddito agrario, sono specificate dall’art. 32, comma 2 t.u.i.r., e sono: le attività di coltivazione del fondo e di silvicoltura [lett. a)], fonte di reddito agrario anche

laddove siano effettuate con tecniche moderne e sofisticate, in ragione dell’inscindibilecollegamento con il fondo coltivato;

l’allevamento di animali, nei limiti del numero di capi alimentabili con mangimi ottenibili peralmeno un quarto dal terreno [lett. b), prima parte];

le attività dirette alla produzione di vegetali mediante utilizzo di strutture fisse o mobili perun’area adibita a produzione non superiore al doppio del terreno su cui insiste [lett. b),seconda parte];

le attività c.d. connesse di cui al terzo comma, prima parte, dell’art. 2135 c.c. dirette allamanipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione,ancorché non svolte sul terreno, di determinati beni (tassativamente individuati da ultimo conil d.m. 13 febbraio 2015), poste in essere dallo stesso produttore agricolo e provenientiprevalentemente dalla coltivazione del fondo, dalla silvicoltura, dall’allevamento del bestiame[lett. c)].

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La sua determinazione avviene forfetariamente con riferimento alle rendite catastali, determinatedall’applicazione delle c.d. tariffe d’estimo, esprimenti un reddito medio ordinario netto:a) medio in quanto è calcolato sulla media di più anni;b) ordinario in quanto è riferito alla normale attività produttiva, tenendo conto della rotazione

delle colture e delle vicende favorevoli e sfavorevoli della coltivazione;c) netto in quatto esso tiene conto dei costi e delle spese per la produzione del reddito.Il legislatore ha assunto a presupposto di tali redditi la potenzialità produttiva (di reddito) delcespite immobiliare. Secondo la Corte costituzionale (sent. 31 marzo 1965, n. 16; sent. 10dicembre 1987, n. 482), il fatto assunto a presupposto del reddito fondiario (cui ineriscono ilreddito dominicale e il reddito agrario) è l’astratta capacità reddituale del fondo, ed è per questoche la quantificazione della base imponibile in ragione della rendita catastale - anziché delreddito effettivamente ritratto dall’immobile - è compatibile con il principio di capacitàcontributiva ex art. 53 Cost.

L’imposizione sul reddito ritratto dalle attività agricole di cui all’art. 32 del t.u.i.r., secondoi parametri catastali (anziché a costi, ricavi e rimanenze effettive, tipico del redditod’impresa) costituisce l’ordinario criterio di tassazione individuato dal legislatoretributario, in coerenza con la scelta di assumere a presupposto dell’imposta sul redditofondiario la potenzialità produttiva del terreno, piuttosto che l’attività d’impresa sullostesso svolta.

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L’esercizio di attività agricole, invece, dà luogo a reddito d’impresa:a) quando si tratta delle «attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante

l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmenteimpiegate nell’attività agricola esercitata», contemplate dalla seconda partedell’art. 2135, comma 3 c.c. (sul concetto di prevalenza cfr. risposta 138 del2018);

b) nel caso delle attività di coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento dianimali, indicate alle lettere b) e c) dell’art. 32, comma 2 t.u.i.r., che eccedono ilimiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa (art. 55, comma1, t.u.i.r.);

c) quando sono svolte da società di capitali ed enti commerciali residenti, dasocietà di persone commerciali (società in nome collettivo e in accomanditasemplice) ovvero da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti inItalia, indipendentemente dal superamento dei limiti di cui all’art. 32 t.u.i.r. [art.55, comma 2, lett. c), t.u.i.r.].

Tuttavia, tale reddito di impresa non è determinato sempre con le medesime regole.

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Nel caso sub a) trova applicazione un regime di tassazioneforfetaria di tale reddito determinato applicando all’ammontaredei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette aregistrazione ai fini IVA, conseguiti con tali attività, uncoefficiente di redditività del 25% (art. 56 bis, comma 3,t.u.i.r.).

Per rientrare in questo regime, l’attività di fornitura diservizi non deve assumere dimensioni tali per cui, dato ilcapitale investito e le risorse umane utilizzate, essacostituisce l’attività principale dell’imprenditore agricolo.

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Nel caso sub b) occorre distinguere due ipotesi.Da un lato vi sono le attività dirette alla produzione di vegetali [art. 32, comma 2, lett.b), t.u.i.r.], per le quali la parte eccedente il reddito agrario concorre a formare il redditod’impresa nell’ammontare corrispondente al reddito agrario relativo alla superficie sullaquale la produzione insiste in proporzione alla superficie eccedente (art. 56 bis, comma1, t.u.i.r.), nonché le attività di allevamento di animali per le quali ancora la parteeccedente il reddito agrario è determinata attribuendo a ciascun capo un reddito pari alvalore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limitemedesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tenere conto delle diverse incidenzedei costi (valore medio e coefficiente sono stabiliti con appositi d.m. come previstodall’art. 56, comma 5, t.u.i.r.).Dall’altro vi sono le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione,valorizzazione e commercializzazione aventi ad oggetto prodotti diversi da quelliindicati dall’art. 32, comma 2, lett. c) (ossia non ricompresi nell’elenco del d.m. 13febbraio 2015), ma, comunque, ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo,del bosco o dall’allevamento di animali. In tale ipotesi il reddito è determinatoapplicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni IVA un coefficiente diredditività del 15% (art. 56 bis, comma 2, t.u.i.r.).

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Il caso sub c) è del caso delle attività di cui all’art. 2135 cod. civ. esercitate dalle societàdi persone commerciali e dai soggetti passivi dell’IRES che viene qualificato tout courtcome reddito d’impresa (e, dunque, tassato analiticamente tenendo conto di tutte lecomponenti positive e negative di reddito) sulla base di un criterio meramentesoggettivo.

I redditi derivanti da tali attività, per il solo fatto di essere prodotti dalle suddette società,si qualificano come redditi d’impresa, restando assoggettati alla relativa disciplina dideterminazione analitica.

Tuttavia, questo regime analitico di tassazione non risulta assoluto così come sembra: èconsentito a taluni dei soggetti che lo applicano (e precisamente alle società di persone,alle società a responsabilità limitata ed alle società cooperative che si qualificano,secondo la legislazione civilistica come società agricole), di determinare, in viaopzionale, i redditi da loro prodotti secondo meccanismi catastali, ferma restando, comeprecisato dall’Agenzia delle Entrate, la qualificazione di quanto conseguito come redditod’impresa (art. 1, comma 1093, legge n. 296 del 2006). Restano, invece, escluse dallapossibilità di determinare il reddito su base catastale le S.p.A. e le s.a.p.a..

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Il regime forfetario previsto per le attività agrituristiche esteso, a decorrere dal 2018,anche a quelle enoturistiche si inserisce in tale quadro in maniera del tutto coerente.

Il regime fiscale delineato dall’art. 5, legge n. 413 del 1991 per le attività agrituristicheed enoturistiche, relativamente alle imposte sul reddito, risulta, infatti, del tutto analogoa quello forfetario previsto dall’art. 56 bis, comma 3 t.u.i.r. per le «attività dirette allafornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorsedell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata»In entrambi i casi, infatti, il legislatore ha previsto l’applicazione di un coefficiente diredditività pari al 25% sui ricavi derivanti dall’esercizio delle suddette attività.

Il reddito è, dunque, determinato solo parzialmente sulla base di risultanze effettive, inquanto, delle componenti positive del reddito di impresa, rilevano unicamente i ricavi enon anche le altre e, soprattutto, non rilevano, alcune delle componenti negative. Altracaratteristica di tale regime è, infatti, la completa indeducibilità dei costi inerentiall’esercizio dell’attività e la preclusione dell’ammortamento fiscale dei costi relativiall’acquisizione dei beni strumentali.

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FI SCALI T À DELL’AGRI T URI SM O E DEL L’ENOT URI SM O

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Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Toscana, Agriturismo – Guida Fiscale, Novembre 2006

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All’imprenditore agrituristico ed enoturistico è così consentito effettuare sceltesulla base delle proprie convenienze; il regime impositivo dettato dall’art. 5della legge n. 413 del 1991 ha natura opzionale. Egli, infatti, nel caso in cui nontrovi conveniente il regime forfetario, potrà optare per l’applicazione delladisciplina ordinaria ai fini delle imposte sui redditi prevista per il redditod’impresa (art. 56 t.u.i.r.).

Il contribuente potrà, ad esempio, avere interesse ad optare per il regimeordinario quando l’ammontare dei costi sostenuti (e deducibili) è pari osuperiore a quello dei corrispettivi rilevanti ai fini IVA.In aggiunta, si può osservare come l’opzione per il regime ordinario ditassazione analitica possa risultare vantaggiosa in tutti i casi in cuil’applicazione di tale meccanismo di determinazione del reddito è condizioneper l’accesso ad altri regimi fiscali che, in un caso concreto, possono risultarepiù convenienti di quello forfetario.

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Ai fini fiscali, dunque, l’agriturismo non costituisce esercizio di impresaagricola, ma di impresa commerciale, salvo beneficiare di una più mitetassazione.Risulta, dunque, come il legislatore tributario, chiamato a prendere posizionesulla controversa questione della natura agricola o commerciale dell’attivitàagrituristica, prima, ed enoturistica, dopo, abbia escluso la possibilità diricomprendere tali attività tra quelle agricole tassate su base catastale ed abbiadi fatto preferito la qualificazione commerciale.Ciò nonostante, ha ritenuto di non poter applicare loro le regole tradizionali dideterminazione del reddito di impresa basate sulla puntuale individuazione dellecomponenti positive e negative a partire dal risultato di conto economico, ma haritenuto opportuno riservare ad esse una disciplina ad hoc.Quello individuato dal legislatore per le attività in esame costituisce unregime intermedio tra quello catastale proprio dei redditi fondiari e quelloanalitico proprio del reddito d’impresa.

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Tale soluzione appare del tutto coerente dal punto di vista tributario.La tassazione del reddito su base catastale è, infatti, condizionata ad un fortecollegamento di un’attività con un terreno, collegamento che risulta, invece,attenuato nelle attività in esame, che non si limitano ad un mero sfruttamentodelle potenzialità produttive del fondo (presupposto della tassazione catastale).Le concrete modalità di svolgimento di tali attività non erano però sufficientiper applicare loro il normale regime di tassazione del reddito di impresa. Nederiva così che anche la scelta di escludere tali attività dalla disciplina dideterminazione «analitico-aziendale» del reddito di impresa sia del tuttosistematica; meritano tale tipo di tassazione attività prive di un collegamentosostanziale con il fondo.Invece quelle in esame sono attività nelle quali, come visto in precedenza, siriscontra un apparato produttivo imprescindibilmente «connesso» con l’attivitàagricola principale. È proprio tale peculiare struttura dell’attività agrituristica «amezza via» tra quella agraria e quella commerciale che giustifica il regime dideterminazione forfetaria del reddito per essa previsto.

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In definitiva il legislatore dimostra di riservare alle attività agricole intese insenso lato tre meccanismi di tassazione:1) il meccanismo di tassazione su base catastale del reddito agrario;2) il meccanismo di tassazione forfetaria, fondato su alcuni coefficienti di

redditività, del reddito di impresa;3) il meccanismo di tassazione analitica del reddito di impresa.Il criterio discriminante tra l’uno e l’altro meccanismo è quello della«connessione» del fondo con lo svolgimento dell’attività. La tassazione subase catastale si applica a quelle attività che manifestano uno stretto legame conil fondo sulla base di indici quantitativi. Si tratta di casi in cui l’attività è opotrebbe essere svolta sul fondo o di casi in cui si impiegano beni ritratti oritraibili dal fondo. Questo peraltro è coerente con le regole di definizione degliestimi catastali che per l’appunto vanno a misurare le potenzialità produttive delfondo. Ove tali potenzialità siano superate il reddito non potrà più esseredeterminato catastalmente, data l’impossibilità per gli estimi di misurare equantificare tale tipo di attività.

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In queste ipotesi il legislatore si vede, quindi, costretto a determinare il redditosulla base delle regole proprie del reddito di impresa, ma questo non escludeche in questa sede possano esservi puntualizzazioni basate sulle modalitàorganizzative dell’attività concretamente svolta tali per cui solo ove ilcollegamento con il fondo viene del tutto messo in secondo piano il reddito puòessere determinato analiticamente; ove ciò non si verifica vi possono essere piùmiti forme di tassazione.

L’art. 5, legge n. 413 del 1991, stabilisce che il regime forfetario ivi previsto perle imposte sui redditi non è applicabile alle società di capitali ed enticommerciali residenti. Tali soggetti, pertanto, quand’anche svolgano un’attivitàagrituristica/enoturistica, comunque determineranno il relativo reddito secondole regole ordinarie e non secondo meccanismi forfetari.

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Questo approccio è sostanzialmente coerente con il sistema tributario generale.Preme, infatti, ricordare che, come noto, per qualificare un’attività qualeproduttiva di redditi di impresa, il legislatore tributario ha fatto ricorso anche acriteri di tipo soggettivo. Ciò risulta dagli artt. 6 ed 81 t.u.i.r. per i quali siconsiderano redditi di impresa quelli prodotti dalle società, di persone e dicapitali, commerciali.In relazione a tali soggetti non si pone un problema di qualificazione delreddito; per essi opera una presunzione assoluta circa la natura commercialedell’attività da essi svolta con la conseguenza che il reddito da loro prodottosarà comunque d’impresa a prescindere dall’effettiva natura dell’attività svolta edalla fonte dei proventi.Coerentemente con tali premesse il legislatore prevede all’art. 56 bis t.u.i.r. cheil regime forfetario ivi descritto non si applichi alle società di capitali, agli enticommerciali e non, nonché alle società di persone commerciali.

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Ciò posto, risulta evidente come tra l’impostazione del t.u.i.r. e quella della legge n.413 del 1991 via sia solo una parziale e sostanziale continuità: da un lato, entrambiescludono dai regimi agevolati le società di capitali e gli enti commerciali, dall’altroil t.u.i.r. estende tale esclusione agli enti non commerciali e alle società di personecommerciali, mentre l’art. 5, legge n. 413 del 1991 ammette questi ultimi duesoggetti al regime agevolato. Questi ultimi, dunque, non potranno accedere alregime forfetario previsto in generale dall’art. 56 bis t.u.i.r. per le attività difornitura di servizi di cui all’art. 2135, comma 3 c.c., mentre potranno,accedere a quello sostanzialmente analogo previsto per le attività agrituristicheed enoturistiche.Resta da considerare il caso in cui l’agriturismo e/o enoturismo sia svolto daassociazioni di imprenditori agricoli. Anche in questo caso, come per l’ipotesi dellesocietà di fatto e quelle semplici, tali soggetti hanno la possibilità, per effetto delcombinato disposto dell’art. 2, comma 1 della legge quadro sull’agriturismo edell’art. 5 della menzionata legge del 1991, di fruire del regime forfetario daquest’ultimo previsto o optare in alternativa per il regime ordinario, quantificando ilreddito prodotto dall’agriturismo secondo i criteri propri del reddito d’impresa.

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Quanto alle società semplici e alle società di fatto, ove le stesse svolganoun’attività agricola principale ed esercitino pure un’attività agrituristica oenoturistica, possono accedere al regime forfetario previsto dall’art. 5 dellalegge n. 413 del 1991, dato che nessuna preclusione sul punto è posta dalcomma 1.Giova solo precisare che ove gli stessi esercitino le attività agricole contemplatenell’art. 32 t.u.i.r., produrranno reddito agrario. Non trova, infatti, applicazione,per tali soggetti, l’art. 6 comma 3 t.u.i.r. e l’art. 55, comma 2 lett. c), in virtù deiquali i redditi, da qualsivoglia tipologia di attività provengano sono sempre ecomunque qualificabili come reddito d’impresa.Con particolare riguardo alle società di fatto, l’art. 5, comma 3, lett. b) del t.u.i.r.prevede, infatti, che, ai fini delle imposte sui redditi, tali società sono equiparatealle società in nome collettivo solo se svolgono attività commerciale. Perciò,ove svolgano attività agricola, non essendo equiparabili a tali società,produrranno reddito agrario.

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Il legislatore ha regolato anche il regime IVA cui sono soggette le impreseenoturistiche in modo analogo a quanto previsto per le imprese agrituristiche,sicché, anche in questa ipotesi, ai sensi dell’art. 5, comma 2, legge n. 413 del1991, tali imprese possono avvantaggiarsi di una riduzione forfetaria, nellamisura del 50% dell’IVA dovuta sulle operazioni imponibili, a titolo didetrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta sugli acquisti e sulleimportazioni.In altri termini, l’esercente l’attività agrituristica o enoturistica assolve l’IVAsulle operazioni imponibili poste in essere, in misura pari alla metà di quellaordinariamente dovuta.Si tratta di un regime opzionale, alternativo a quello previsto dagli artt. 34 e 34bis d.P.R. n. 633 del 1972, che delineano due regimi «speciali», di naturaforfetaria, destinati ad agevolare i soggetti che svolgono attività agricole, sia dalpunto di vista degli adempimenti sia relativamente al carico fiscale.

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Il regime speciale per i produttori agricoli delineato dall’art. 34 d.P.R. n. 633del 1972, prevede:a) l’obbligo di applicare l’imposta con le aliquote proprie dei singoli prodotti,

salvo che per talune operazioni con altri soggetti che applicano il medesimoregime;

b) la possibilità di detrarre un ammontare di IVA sugli acquisti forfetariamentedeterminata. In dettaglio, l’ammontare dell’IVA da portare in detrazionenon viene quantificato in maniera analitica, ovverosia con riferimentoall’imposta addebitata dai fornitori o corrisposta in dogana, ma vienecalcolato in modo forfetario, in una misura pari all’importo risultantedall’applicazione, all’ammontare imponibile delle operazioni, dellepercentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con appositidecreti del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministro dellepolitiche agricole.

Questo regime è applicabile ove sussistano contemporaneamente due requisiti,uno di natura oggettiva e uno di natura soggettiva.

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1) Quanto al presupposto oggettivo, il regime speciale trova applicazione esclusivamenteper le cessioni dei prodotti agricoli ed ittici compresi nella Tabella A, parte I, allegata ald.P.R. n. 633 del 1972, la quale contiene un elenco tassativo di prodotti la cui cessione puòrientrare nel regime in questione. Essa include sia prodotti che possono essere ceduti al lorostato originario, come la frutta e gli ortaggi, sia prodotti che risultano da un processo ditrasformazione, quali ad esempio il vino, l’olio ecc., restando escluse dal suddetto regimespeciale le cessioni di prodotti diversi da quelli elencati dalla citata Tabella.2) Quanto al presupposto soggettivo, possono beneficiare del regime speciale i produttoriagricoli, ossia coloro che esercitano individualmente o in forma associata le attività di cuiall’art. 2135 cod. civ. (produttori agricoli in senso stretto). Il richiamo alla norma civilisticafa sì che il regime speciale possa essere applicato, oltre alle attività di coltivazione delfondo, silvicoltura e allevamento di animali, anche alle attività connesse, sempre che iprodotti impiegati siano compresi nella Tabella A, parte I, con la conseguenza che ilsuddetto regime viene esteso indirettamente anche alle cessioni di beni acquistati in misuranon prevalente presso terzi e ceduti insieme ai propri previa loro trasformazione omanipolazione.Per questi soggetti il regime speciale si applica, in via opzionale, a prescindere dalla naturagiuridica e dal volume d’affari realizzato nell’anno solare precedente.

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Ai fini della normativa in esame, possono, dunque, essere produttori agricoli lepersone fisiche, le società di capitali e le cooperative, le società di persone, glienti pubblici o privati, le società residenti all’estero relativamente alle attivitàagricole svolte in Italia.

Rientrano nel regime speciale le cooperative e i loro consorzi, le associazioni ele loro unioni, costituite e riconosciute ai sensi della legislazione vigente, cheeffettuano cessioni di prodotti dei soci, associati o partecipanti e gli organismiagricoli di intervento che operano in applicazione di regolamenti dell’Unioneeuropea concernenti l’organizzazione comune dei mercati

Il regime in esame è un regime opzionale, tanto che è prevista la possibilità diprocedere all’applicazione dell’IVA nei modi ordinari (detraendo dall’IVAcomplessivamente dovuta sulle operazioni imponibili quella addebitata dalcedente sulle operazioni di acquisto).

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Il regime speciale previsto dall’art. 34 bis d.P.R. n. 633 del 1972 riguarda leattività agricole connesse dirette alla produzione di beni e alla fornitura diservizi di cui al terzo comma dell’art. 2135 cod. civ..In base ad esso, l’imposta sul valore aggiunto è determinata riducendo l’impostarelativa alle operazioni imponibili (determinata nei modi tradizionali) in misurapari al 50% del suo ammontare, a titolo di detrazione forfetaria di quanto pagatosugli acquisti e sulle importazioni.

Anche questo regime si rende applicabile a tutti gli imprenditori agricolisoggetti passivi IVA, a prescindere dalla forma giuridica adottata, con facoltà dioptare per la determinazione dell’imposta nel modo normale.

Tale ultimo regime è sostanzialmente analogo a quello delineato dall’art. 5,comma 2 della legge n. 413 del 1991 per l’esercizio dell’attività agrituristica edenoturistica.

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In definitiva anche con riferimento all’IVA, il legislatore ha voluto riservareall’esercente attività agricole in cui è meno marcata la connessione con il fondo(quali sono quelle di cui all’art. 2135, comma 3, cod. civ.), alle attività agrituristicheed ora anche a quelle enoturistiche un regime di determinazione del tributo basato suforfetizzazioni e semplificazioni, dimostrando ancora una volta di riservare alleattività agricole intese in senso lato un trattamento unitario ed uguale.Nel caso in cui siano svolte congiuntamente attività agricola e attività agrituristica oenoturistica, le due attività devono essere gestite con registri separati. In questi casiil contribuente ha l’obbligo di adottare la contabilità separata, a norma dell’art. 36,comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972, fatta eccezione per il caso in cui decida di optare,relativamente ad entrambe le attività, per il regime ordinario.Per i passaggi interni di beni tra attività agricola e agrituristica o enoturistica siapplicano le disposizioni previste per l’esercizio di più attività dallo stesso art. 36,comma 5 d.P.R. n. 633 del 1972 (tali passaggi interni tra attività separate nonconcorrono alla determinazione del volume di affari IVA ai sensi dell’art. 20, masussiste l’obbligo di emettere fattura soggetta ad imposta con riferimento al valorenormale dei beni trasferiti).

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Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Toscana, Agriturismo – Guida Fiscale, Novembre 2006

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Fermo restando che l’effettiva convenienza di tale regime dovrà essereverificata in concreto, essa almeno a livello teorico presuppone chel’imprenditore abbia un limitato ammontare di IVA detraibile, circostanzacoerente con un modello organizzativo che effettivamente presuppone chel’impresa funzioni sulla base di fattori produttivi ritraibili dal fondo stesso e nondall’esterno.L’applicazione dell’IVA nei modi ordinari può risultare conveniente qualoral’imprenditore agricolo si trovi a dover effettuare significativi investimenti perl’attività di agriturismo. Ad esempio, optando per il regime normale diapplicazione dell’imposta, l’imprenditore può portare in detrazione l’IVAassolta sulle spese di ristrutturazione sostenute su fabbricati rurali facenti partedi un’azienda agricola e destinati specificamente all’attività agrituristica oppuresulle spese relative alla realizzazione di una piscina strumentale all’eserciziodell’attività agrituristica.

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L’imprenditore agricolo che esercita attività di agriturismo o dienoturismo che decide di avvalersi del regime forfetario a lui riservatoottiene vantaggi anche in termini di semplificazioni degli adempimenticontabili; egli, infatti, ai sensi dell’art. 18 ter d.P.R. n. 600 del 1973, èobbligato a tenere unicamente il registro dei corrispettivi (in cuiriportare gli incassi giornalieri riferiti all’attività) e il registro degliacquisti (in cui riportare le fatture e le bollette doganali relative ai beni eai servizi acquistati nell’attività).

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Per gli introiti ricavati dall’attività agrituristica è obbligatoria l’emissionedella ricevuta fiscale e/o dello scontrino fiscale, ovvero della fattura serichiesta dal cliente.Per quanto riguarda le operazioni attive, sulle prestazioni di pernottamento(alloggio nella struttura ricettiva agrituristica) e quelle di somministrazionedi bevande e alimenti si applica l’aliquota IVA del 10%, mentre per tutte lealtre prestazioni (ad esempio, escursioni, passeggiate a cavallo, le iniziativeculturali, ecc.) si applica l’aliquota IVA ordinaria del 22% Invece, allecessioni, con asporto, di prodotti agricoli ottenuti nell’azienda, vannoapplicate le aliquote proprie dei beni ceduti, ma tali operazioni rientranonell’ambito dell’attività agricola e non in quello dell’attività agrituristica,con la conseguenza che possono beneficiare della detrazione forfetariamediante l’applicazione delle percentuali di compensazione, secondoquanto previsto dall’art. 34, sempreché per tale attività l’imprenditore nonabbia optato per il regime normale.

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Per effetto delle novità introdotte dalla legge n. 208 del 2015 (Legge di Bilancio 2016), dal2016 non sono più soggetti passivi IRAP (art. 3 comma 2 lett. c-bis), d.lgs. 446 del 1997): i soggetti che esercitano un’attività agricola ai sensi dell’art. 32 t.u.i.r.; i soggetti di cui all’art. 8 d.lgs. n. 227 del 2001 (ovverosia cooperative e loro consorzi che

forniscono in via principale, anche nell’interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale,ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali) per legge equiparati agli imprenditoriagricoli;

le cooperative agricole e della piccola pesca e i loro consorzi di cui all’art. 10 d.P.R. 601del 1973 (trattasi delle cooperative di allevamento e di quelle di conferimento di prodottiagricoli).

L’esclusione da IRAP in esame riguarda tutte le attività per le quali, fino al 2015, si èapplicata l’aliquota ridotta dell’1,9% ai sensi dell’abrogato art. 45, comma 1, d.lgs. n. 446 del1997 (cfr. Circolare 18 maggio 2016, n. 20/E; Risoluzione 18 luglio 2017, n. 93/E ). Tenutoconto di tale precisazione, dal 2016 sono esclusi da IRAP i soggetti che esercitano un’attivitàagricola rientrante nei limiti dell’art. 32 t.u.i.r., indipendentemente: dalla natura giuridica rivestita (persone fisiche, società di persone o società di capitale); dalla circostanza di operare, o meno, pure in altri settori (es. industriale, assicurativo,

commerciale, ecc.); dalla determinazione, o meno, del reddito su base catastale ai sensi dell’ art. 32 t.u.i.r..

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Ad esempio, rientrano tra i soggetti esclusi da IRAP anche le società dicapitali o le società di persone commerciali, limitatamente al valore dellaproduzione netta ritratto dalle attività agricole rientranti nelle soglie dell’art.32 t.u.i.r., indipendentemente dalla circostanza che – ricorrendone lecondizioni – sia stata esercitata l’opzione per il regime agevolato di cuiall’art. 1 comma 1093 della l. 296 del 2006 (determinazione del reddito subase catastale).Restano, invece, soggette ad IRAP, atteso che scontano l’aliquota ordinariadel 3,9%: le attività di agriturismo; le attività di allevamento, con terreno insufficiente a produrre almeno un

quarto dei mangimi necessari (vale a dire, oltre il limite fissato dall’art.32 comma 2 lett. c) t.u.i.r.);

le attività connesse rientranti nell’art. 56-bis t.u.i.r..

Continuano quindi a scontare l’IRAP tutti i soggetti che esercitanoun’attività agricola che non rientra nei limiti dell’art. 32 t.u.i.r..

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Risposta n. 23 del 2018

Il sig. ALFA è imprenditore agricolo ai sensi dell’articolo 2135 c.c., esercente l’attività di“allevamento di bovini e bufale da latte” (come da codice attività dichiarato 01.41.00) edattività di “alloggio connesse alle aziende agricole” (coma da codice attività dichiarato55.20.52), ovvero attività di agriturismo.Nell’ambito dell’attività agricola esercitata dall’istante, non più soggetta ad IRAP, in seguitoall’abrogazione della lettera d) dell’articolo 3, nonché del comma 1 dell’articolo 45 deldecreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (ad opera dell’articolo 1, comma 70, della legge28 dicembre 2015, n. 208, con decorrenza dal 1° gennaio 2016), il sig. ALFA rappresenta disvolgere anche alcune operazioni occasionali assoggettate fino al periodo di imposta 2015 adIRAP con l’aliquota ordinaria. Trattasi nello specifico di operazioni consistenti in prestazionicommerciali (artigianali) occasionali di sgombero neve per conto del comune di BETA. Talioperazioni vengono espletate principalmente mediante l’utilizzo del trattore, normalmenteimpiegato nell’esercizio dell’attività agricola, costituente l’attività principale. L’istanteprecisa di utilizzare inoltre uno spazzaneve ed un attrezzo per spargere sale/ghiaia sullastrada, che rappresentano degli adattatori al trattore, e che il relativo indennizzo percepitonel 2017 ammontava a 738,79 euro oltre IVA al 22 per cento.

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Risposta n. 23 del 2018

L’articolo 2135 comma 3 del codice civile riconduce alle attività agricole per connessione “leattività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo (…) dirette alla fornitura di beni oservizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmenteimpiegate nell’attività agricola esercitata”. La determinazione del reddito ritraibile da taliattività avviene in base alle statuizioni contenute nell’articolo 56-bis comma 3 del TUIR,disciplinante il regime delle altre attività agricole produttrici di reddito d’impresa … .Con circolare 18 maggio 2016, n. 20/E (Cap. IV par. 1) la scrivente ha chiarito che, pur dopole modifiche apportate alla disciplina IRAP dal comma 70 dell’articolo 1 della Legge diStabilità 2016 richiamate dall’istante, Resta ferma…l’applicazione dell’IRAP, con aliquotaordinaria…per le attività connesse rientranti nell’articolo 56-bis del TUIR.Ciò posto, l’attività di sgombero neve esercitata principalmente mediante l’utilizzo deltrattore, mezzo normalmente impiegato nell’esercizio dell’attività agricola, è qualificabilesulla base delle disposizioni richiamate come attività connessa all’agricoltura rientrantenell’articolo 56-bis del TUIR, come tale soggetta ad IRAP.

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Risposta n. 23 del 2018

Il comma 70 della medesima legge di Stabilità ha modificato l’articolo 3 del d.Lgs. n. 446 del 1997abrogando la lettera d) del comma 1 e aggiungendo, al successivo comma 2 del medesimo articolo3, la lettera c-bis), volta ad includere, a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corsoal 31 dicembre 2015 (2016, in caso di periodo d’imposta coincidente con l’anno solare), tra isoggetti che non sono soggetti passivi dell’imposta, anche “i soggetti che esercitano una attivitàagricola ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto delPresidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, i soggetti di cui all’articolo 8 del decretolegislativo 18 maggio 2001, n. 227, nonché le cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 10 deldecreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601”. L’esclusione dall’IRAP, comechiarito dalla risoluzione n. 93/E del 2017 (nonché dalla citata circolare n. 20/E del 2016)riguarda in sostanza le attività per le quali in precedenza si applicava l’aliquota ridotta dell’1,9per cento, ai sensi dell’abrogato comma 1 dell’articolo 45 del d.lgs. n. 446 del 1997.L’imposta continua, quindi, ad applicarsi, con l’aliquota ordinaria, oltre che all’attività disgombero neve, anche per:a) le altre attività connesse rientranti nell’articolo 56-bis del TUIR.b) l’attività di agriturismo;c) l’attività di allevamento di animali con terreno insufficiente a produrre almeno un quarto deimangimi necessari.

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Ai sensi dell’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 446 del 1997 “la base imponibile èdeterminata sottraendo dall’ammontare dei corrispettivi quello degliacquisti destinati alla produzione”.

La Circolare del Ministero delle Finanze 4 giugno 1998, n. 141/E, hachiarito che: “Ai sensi dell’art. 9, comma 1, i produttori agricoli(imprenditori individuali e società semplici) titolari di reddito agrario,rientranti nei limiti previsti dall’art. 29 del TUIR [oggi art. 32], gli esercentiattività di allevamento di animali, che determinano forfetariamente ilreddito ai sensi dell’art. 78, del TUIR, nonché i soggetti che esercitanoattività di agriturismo, che si avvalgono del regime forfetario di cui all’art.5 della legge n. 413 del 1991, determinano il valore della produzione nettasulla base della differenza tra l’ammontare dei corrispettivi soggetti aregistrazione ai fini IVA e l’ammontare degli acquisti inerenti l’attivitàagricola soggetti a registrazione ai fini IVA (enfasi aggiunta).

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Si tratta del regime naturale (derogabile) per i “produttori agricoli”caratterizzato dal “criterio IVA”. La caratteristica fondamentale diquesto regime di determinazione della base imponibile consistenel fatto che sono rilevanti ai fini IRAP soltanto le operazionisoggette ad IVA e riepilogate nella relativa dichiarazione annuale.

Per tali soggetti la base imponibile IRAP è determinata comedifferenza tra: l’ammontare dei corrispettivi soggetti a registrazione ai fini

dell’IVA, compresi quelli per le cessioni di beni strumentalieffettuate nell’ambito di attività agricole;

l’ammontare degli acquisti inerenti all’attività agricola soggettia registrazione ai fini IVA.

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Inerenza nell’IVA

Il sistema della detrazione postula una necessaria correlazione fra i benie i servizi acquistati e l’attività esercitata, nel senso che essi devonoinerire all’impresa, anche se si tratti di beni non strumentali in sensoproprio, purché risultino in concreto destinati alla finalità dellaproduzione o dello scambio nell’ambito dell’attività dell’impresa stessa,con la precisazione che il nesso oggettivo che deve sussistere traacquisto e impiego di beni e servizi non è quello di diretta e meccanicautilizzazione, ma si riassume in una necessaria relazione di inerenza trala singola operazione di acquisto e l’esercizio dell’attività economica delsoggetto passivo IVA (Cass. n. 5987/1992, n. 9452/1997, n. 6785/2009,n. 3458/2014, n. 8628/2015).

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Inerenza nell’IVA

Ciò che deve verificarsi è in concreto l’inerenza e la stretta strumentalitàdel bene acquistato rispetto alla specifica attività imprenditoriale,compiuta o anche solo programmata (Cass. n. 16697/2013 e n.25777/2014).Tant’è che, se è vero che la detrazione spetta anche in assenza dioperazioni attive, essendo ammessa anche per le operazioni c.d.propedeutiche, ciò che importa è che tali attività meramente preparatoriesiano finalizzate alla costituzione delle condizioni d’inizio effettivodell’attività tipica dell’imprenditore (Cass. n. 7344/2011 e n.13197/2009).

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Inerenza nell’IVA: Cass., sent. 3 giugno 2015, n. 11425

È necessario richiamare, in tema, il consolidato orientamento di questa Corte, per cui, allaluce della sesta direttiva dei Consiglio n. 77/388/CEE, come interpretata dalla giurisprudenzadella Corte di giustizia (v. sent, 13 dicembre 1989 in causa C-342/87) e del D.P.R. n. 633 del1972, art. 4, comma 2, n. 1, secondo il quale le cessioni di beni e le prestazioni di serviziposte in essere dai vari tipi di società ivi indicate costituiscono sempre ad ogni effetto - perpresunzione iuris et de ture e quale che sia la natura dell’attività svolta - operazioni effettuatenell’esercizio di impresa, con conseguente applicazione dell’IVA sulle operazioni attivecompiute, in ordine invece agli acquisti di beni, ed in generale alle operazioni passive, non èsufficiente, ai fini della detraibilità dell’imposta, la qualità d’imprenditore societario,dovendosi altresì verificare in concreto l’inerenza, cioè la stretta connessione con le finalitàimprenditoriali, e la strumentala in concreto del bene acquistato rispetto alla specificaattività imprenditoriale, compiuta o anche solo programmata (Cass. n. 16697 del 2013; n.7344 del 2011; n. 1863 del 2004; n. 5599 del 2003) in quanto il D.P.R. n. 633 del 1972, art.19, prevede, per la determinazione dell’imposta dovuta, che è detraibile dall’ammontaredell’Iva assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa solo quellain relazione ai beni o ai servizi importati o acquistati nell’esercizio di impresa o di arti eprofessioni, sia pure con una serie di deroghe.

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Al riguardo è stato precisato che la compatibilità con l’oggetto sociale costituisce mero indizio dellainerenza all’effettivo esercizio dell’impresa, della cui dimostrazione è onerato il contribuente (Cass.n. 4157 dei 2013, in tema di spese relative alla compravendita e/o alla ristrutturazione di immobili) eche dalla relativa conformità può prescindersi, nella misura in cui beni e servizi dell’impresa sianoimpiegati a fini di operazioni soggette ad imposta (Cass. n. 5753 del 2010).Va aggiunto, come da questa Corte affermato alla luce della sesta direttiva n. 77/388/CEE, comeinterpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (ivi compresa la sentenza 29.2.1996 in proc.C-110/94), che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, richiede, oltre alla qualità d’imprenditoredell’acquirente, l’inerenza del bene acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalitàdel bene stesso rispetto a detta specifica attività, ed inoltre, non introducendo una deroga ai comunicriteri in tema di onere della prova, lascia la dimostrazione di detta inerenza o strumentante a caricodell’interessato (v. Cass. n. 3706/2010; n. 16730/2008, n.11765/2008, n.6200/2015, n.25986/2014).(cfr. Cass. 3518/06, 7418/01, 4517/00).E in merito al contenuto dell’onere probatorio giova ricordare che la Corte di Lussemburgo haripetutamente ribadito che, ai fini di stabilire se sia detraibile, o meno un’attività di acquisto o diristrutturazione di un bene da adibire all’esercizio dell’impresa, deve aversi riguardo all’intenzionedel soggetto passivo di imposta, confermata da elementi obiettivi, di utilizzare un bene o un servizioper fini aziendali; il che consente di determinare se, nel momento in cui procede all’operazione amonte, detto soggetto passivo agisca come tale, e debba dunque poter beneficiare del diritto adetrazione dell’IVA dovuta o assolta per i detti beni e servizi (sentenze C- 97/90 dell’11/07/1991,Lennartz, e C-400/98 del 08/06/00, Breitshol; conf. C-334/10 del 19/07/2012).

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Inerenza nell’IVA: Cass, sent 17 luglio 2018, n. 18904

«il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprimeuna correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudiziodi carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo";"la prova dell’inerenza di un costo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa,dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivisu cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto tenuto a provarel’imponibile maturato";"in tema di imposte dirette, l’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo permancanza, insufficienza od inadeguatezza degli elementi dedotti dal contribuente ovvero a fronte dicircostanze di fatto tali da inficiarne la validità o la rilevanza, può contestare l’incongruità el’antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomaticidella carenza di inerenza pur non identificandosi in essa; in tal caso è onere del contribuentedimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell’attività d’impresa e allescelte imprenditoriali";"in tema di Iva, l’inerenza del costo non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruitàdella spesa, salvo che l’Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopicaantieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell’assenza di connessione tra costo ed l’attivitàd’impresa".

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Inerenza nell’IVA: Cass., Sez. Un., 11 maggio 2018, n. 11533

Una soluzione - quella adottata dal giudice unionale - che deve recepirsi nell’ordinamentodomestico secondo i seguenti principi di diritto: "Deve riconoscersi il diritto alla detrazione IVAper lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi,purché sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale, anche sequest’ultima sia potenziale o di prospettiva. E ciò pur se - per cause estranee al contribuente - lapredetta attività non abbia poi potuto concretamente esercitarsi".Regole che appunto permettono di far salvo il fondamentale principio Europeo del diritto alladetrazione relativamente a beni che sono comunque strumentali all’attività d’impresa - dallagiurisprudenza unionale da negarsi soltanto in ipotesi del tutto eccezionali - subordinatamente allariscontrata sussistenza della essenziale condizione del nesso di strumentalità dell’immobile checonsenta di evitare a chi è nella sostanza un "consumatore finale" di potersi detrarre l’imposta. Unnesso di strumentalità il quale viene meno soltanto quando l’attività economica anche potenzialecui avrebbe dovuto accedere non sia stata intrapresa per circostanze non estranee al contribuente.E con l’ulteriore aggiunta che la questione all’esame nulla a che fare con fattispecie abusive oelusive - risolvendosi invece unicamente nello stabilire con un tipico accertamento di fatto se ildiritto spetta o non spetta per la rammentata ragione della esistenza o meno della naturastrumentale dell’immobile rispetto all’attività economica in concreto svolta o che il contribuenteavrebbe potuto svolgere.

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Non assumono alcuna rilevanza componenti positive non soggette aregistrazione ai fini IVA quali, a titolo esemplificativo: contributispettanti a norma di legge, anche se correlati a componenti negativededucibili e risarcimenti assicurativi. Specularmente, non rilevanonemmeno le componenti negative non soggette a registrazione ai finiIVA quali ad esempio: ammortamenti, canoni di locazione nonfinanziaria. Per i canoni di locazione finanziaria, qualora soggetti a IVA,occorrerà comunque effettuare lo scorporo della quota riferibile aglioneri finanziari.Per quanto riguarda le cessioni di beni strumentali, non ha più alcunrilievo il concetto di plusvalenza; occorre invece distinguere tra: cessionidi beni strumentali soggetti a registrazione ai fini IVA, i qualiconcorreranno integralmente per l’importo fatturato alla determinazionedel valore della produzione ai fini IRAP; mentre le cessioni di benistrumentali fuori campo IVA (tipicamente, quelle di terreni agricoli)saranno irrilevanti (Cfr. Risoluzione n. 445/E del 2008).

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Se l’imprenditore agricolo non si avvale del regime forfetario,determina l’IRAP utilizzando i criteri previsti per le impreseindustriali, commerciali e di servizi (cfr. artt. 5 e 5 bis d.lgs. n. 446del 1997). Di conseguenza, la base imponibile è calcolata comedifferenza tra i componenti positivi e i componenti negativi direddito, partendo dal conto economico, tenendo conto di alcuneregole particolari, di deducibilità ed imputazione, stabilite dallalegge per alcune tipologie di costi o, più in generale, di voci delconto economico (es. indeducibilità delle spese per prestazioni dilavoro e degli interessi passivi, irrilevanza delle componentistraordinarie di reddito ecc.).

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