Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

14
249 VOLUME V / STRUMENTI 4.3.1 Introduzione La reologia è una delle poche branche della scienza alla quale si possa attribuire una ben precisa data di nascita, il 29 aprile 1929, giorno in cui, a Columbus in Ohio, fu fondata la Società di Reologia, per iniziativa di un gruppo di scienziati che anno- verava nomi come quelli di Eugene C. Bingham, Wolfgang Ostwald, Ludwig Prandtl e Markus Reiner. Fu proprio in quel- l’occasione che Bingham e Reiner coniarono la parola reolo- gia, dal verbo greco rew, scorrere, per descrivere la scienza che studia il flusso e la deformazione dei corpi. La celebre frase panta rei di Eraclito di Efeso fu allora scelta come motto della Società di Reologia, mentre la clessidra fu eletta a suo simbolo. Secondo la reologia tutti i corpi reali possiedono proprietà che sono intermedie tra due comportamenti ideali estremi, da una parte quello del solido perfettamente elastico e dall’altra quello del fluido perfettamente viscoso. Robert Hooke nel 1678 formulò la legge (ut tensio sic vis) secondo cui in un corpo ela- stico la deformazione (strain) g è proporzionale allo sforzo (stress) s impartito (Hooke, 1931) [1] La legge di Hooke definisce il comportamento del corpo elastico ideale. La costante di proporzionalità G è solitamen- te detta modulo elastico del materiale. Poiché g è una gran- dezza adimensionale, s e G hanno entrambe la dimensione di una forza su una unità di superficie e in unità del Sistema Inter- nazionale si esprimono in Pa. All’estremo opposto di comportamento cadono i fluidi perfettamente viscosi. L’applicazione di una sollecitazione su un fluido viscoso produce generalmente un moto che si man- tiene finché la sollecitazione non viene rimossa. Si conside- rino dunque due superfici parallele, ciascuna di area A, poste a una piccola distanza d, tra le quali è interposto un fluido, così come mostrato in fig. 1. Si eserciti sulla superficie supe- riore una forza di taglio per unità di superficie sFA, che le permetta di muoversi con velocità costante U. Se la secon- da superficie è ferma, passando dalla prima alla seconda superficie la velocità varia da U a zero. Isaac Newton nel 1687 stabilì che esiste una relazione di proporzionalità tra s, che viene detto sforzo di taglio, e il gradiente di velocità Ud (Newton, 1999). Quest’ultimo viene poi solitamente indicato con g . ed è anche detto velocità di deformazione di taglio. La relazione [2] è l’equazione che caratterizza i fluidi newtoniani e la costan- te di proporzionalità h è solitamente detta viscosità, termine a cui viene talvolta aggiunto l’aggettivo dinamica, per distin- guerla dalla viscosità cinematica n, che è definita dal rappor- to hr, dove r è la densità del fluido. Poiché g . in unità del Sistema Internazionale è espresso in s 1 , h è espressa in Pas e n in m 2 s 1 . Le equazioni lineari [1] e [2], risultato della modellizza- zione matematica di casi ideali estremi, descrivono relazioni sforzo/deformazione/tempo e costituiscono esempi di equa- zioni costitutive. Per molto tempo furono considerate leggi uni- versali, ma già nel 19° secolo si registrarono risultati speri- mentali che se ne discostavano. La meccanica dei fluidi newtoniani, così come la teoria classica dei corpi elastici, non è solitamente considerata parte del campo di studio specifico della reologia, che si occupa infatti del comportamento dei corpi viscoelastici, le cui carat- teristiche sono intermedie rispetto ai due casi ideali estremi sopra descritti. Parlare di viscoelasticità però non significa necessaria- mente rimuovere l’ipotesi di linearità che caratterizza le leggi stabilite nelle equazioni [1] e [2]. L’equazione: [3] è un’equazione lineare costitutiva di un corpo in cui convivo- no caratteristiche elastiche e viscose. σ γ ηγ = + G σ ηγ = σ γ = G 4.3 Reologia F A U x d y fig. 1. Campo di velocità per fluido viscoso tra due superfici parallele (velocità relativa U).

description

Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

Transcript of Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

Page 1: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

249VOLUME V / STRUMENTI

4.3.1 Introduzione

La reologia è una delle poche branche della scienza alla qualesi possa attribuire una ben precisa data di nascita, il 29 aprile1929, giorno in cui, a Columbus in Ohio, fu fondata la Societàdi Reologia, per iniziativa di un gruppo di scienziati che anno-verava nomi come quelli di Eugene C. Bingham, WolfgangOstwald, Ludwig Prandtl e Markus Reiner. Fu proprio in quel-l’occasione che Bingham e Reiner coniarono la parola reolo-gia, dal verbo greco rew, scorrere, per descrivere la scienzache studia il flusso e la deformazione dei corpi. La celebre frasepanta rei di Eraclito di Efeso fu allora scelta come mottodella Società di Reologia, mentre la clessidra fu eletta a suosimbolo.

Secondo la reologia tutti i corpi reali possiedono proprietàche sono intermedie tra due comportamenti ideali estremi, dauna parte quello del solido perfettamente elastico e dall’altraquello del fluido perfettamente viscoso. Robert Hooke nel 1678formulò la legge (ut tensio sic vis) secondo cui in un corpo ela-stico la deformazione (strain) g è proporzionale allo sforzo(stress) s impartito (Hooke, 1931)

[1]

La legge di Hooke definisce il comportamento del corpoelastico ideale. La costante di proporzionalità G è solitamen-te detta modulo elastico del materiale. Poiché g è una gran-dezza adimensionale, s e G hanno entrambe la dimensione diuna forza su una unità di superficie e in unità del Sistema Inter-nazionale si esprimono in Pa.

All’estremo opposto di comportamento cadono i fluidiperfettamente viscosi. L’applicazione di una sollecitazione suun fluido viscoso produce generalmente un moto che si man-tiene finché la sollecitazione non viene rimossa. Si conside-rino dunque due superfici parallele, ciascuna di area A, postea una piccola distanza d, tra le quali è interposto un fluido,così come mostrato in fig. 1. Si eserciti sulla superficie supe-riore una forza di taglio per unità di superficie sFA, chele permetta di muoversi con velocità costante U. Se la secon-da superficie è ferma, passando dalla prima alla secondasuperficie la velocità varia da U a zero. Isaac Newton nel1687 stabilì che esiste una relazione di proporzionalità tra s,che viene detto sforzo di taglio, e il gradiente di velocità Ud(Newton, 1999). Quest’ultimo viene poi solitamente indicato

con g.

ed è anche detto velocità di deformazione di taglio.La relazione

[2]

è l’equazione che caratterizza i fluidi newtoniani e la costan-te di proporzionalità h è solitamente detta viscosità, terminea cui viene talvolta aggiunto l’aggettivo dinamica, per distin-guerla dalla viscosità cinematica n, che è definita dal rappor-to hr, dove r è la densità del fluido. Poiché g

.in unità del

Sistema Internazionale è espresso in s1, h è espressa in Pase n in m2s1.

Le equazioni lineari [1] e [2], risultato della modellizza-zione matematica di casi ideali estremi, descrivono relazionisforzo/deformazione/tempo e costituiscono esempi di equa-zioni costitutive. Per molto tempo furono considerate leggi uni-versali, ma già nel 19° secolo si registrarono risultati speri-mentali che se ne discostavano.

La meccanica dei fluidi newtoniani, così come la teoriaclassica dei corpi elastici, non è solitamente considerata partedel campo di studio specifico della reologia, che si occupainfatti del comportamento dei corpi viscoelastici, le cui carat-teristiche sono intermedie rispetto ai due casi ideali estremisopra descritti.

Parlare di viscoelasticità però non significa necessaria-mente rimuovere l’ipotesi di linearità che caratterizza le leggistabilite nelle equazioni [1] e [2]. L’equazione:

[3]

è un’equazione lineare costitutiva di un corpo in cui convivo-no caratteristiche elastiche e viscose.

σ γ ηγ= +G

σ ηγ=

σ γ=G

4.3

Reologia

FA

U

x

d y

fig. 1. Campo di velocità per fluido viscoso tra due superfici parallele (velocità relativa U).

Page 2: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

I modelli lineari sono in grado di descrivere svariati tipidi comportamento reologico e sono quindi di grandissima uti-lità (v. oltre). Essi però solitamente possono essere conside-rati validi solo per variazioni limitate di g e g

., in un regime

che viene appunto detto lineare, e in generale G ed h sono fun-zioni di g e g

..

Il concetto di viscoelasticità introduce una certa ambiguitàrispetto alle classificazioni più elementari di cui ci si serve perdefinire lo stato dei corpi, e la distinzione tra solido e liquidonon appare più così chiara se è vero che il medesimo corpopuò manifestare carattere prevalentemente solido oppure liqui-do a seconda dello stato di sollecitazione a cui è sottoposto. Laquestione può essere considerata da un altro punto di vista.Reiner introdusse nel 1964 una grandezza adimensionale chia-mata numero di Deborah:

[4]

definita come il rapporto tra un tempo caratteristico t del mate-riale e un tempo caratteristico T dell’osservazione, stabilendoche a numeri di Deborah elevati corrisponde un comportamentodi tipo solido e a numeri di Deborah bassi uno di tipo liquido.Un materiale quindi può comportarsi come un solido perchéha un tempo caratteristico molto alto, oppure perché il pro-cesso usato per indagarne le proprietà è molto rapido. Vice-versa un materiale manifesta capacità di fluire se il suo tempocaratteristico è basso, oppure se il tempo di osservazione èabbastanza alto. I fusi polimerici, per esempio, hanno tempi dirilassamento piuttosto lunghi, nell’ordine di 1-100 s, e moltospesso, in problemi di interesse pratico, possono essere stu-diati come corpi elastici. Molti materiali hanno tempi caratte-ristici nell’ordine di 1 s e quindi appaiono, nella nostra espe-rienza comune, come viscoelastici.

Il numero di Deborah deve la sua denominazione al fattoche alla profetessa Deborah, nella Bibbia, sono attribuite leparole: «[…] e le montagne fluirono di fronte al Dio». Para-frasando tale espressione si può supporre che, avendo a dispo-sizione un tempo sufficientemente lungo, si osserverebbe cheperfino le montagne fluiscono. È stato peraltro rimarcato chelo spessore delle vetrate delle chiese gotiche, che hanno circamille anni, è leggermente superiore nella parte bassa, a dimo-strazione del fatto che in questo lasso di tempo vi è stato unflusso del vetro dall’alto verso il basso, sotto l’effetto della gra-vità.

In generale per poter descrivere in modo adeguato lo statodi sollecitazione di un corpo è opportuno introdurre il cosid-detto tensore degli sforzi. Se si considera un cubetto elemen-tare di volume unitario, e prendendo gli assi x, y e z paralleliagli spigoli del cubetto, il tensore degli sforzi è definito come:

[5]

Le componenti che agiscono in direzione normale alle faccedel cubetto hanno primo e secondo indice uguali, mentre lecomponenti tangenziali hanno i due indici diversi. Il primoindice si riferisce alla direzione della normale al piano su cuiagisce lo sforzo, e il secondo alla direzione dello sforzo. Ana-logamente si descrive lo stato di deformazione mediante eij,che rappresenta le variazioni relative di dimensioni del cubet-to in rapporto alle sue dimensioni iniziali. Si definisce poi allostesso modo il tensore delle velocità di deformazione vij. L’u-tilità di questo tipo di notazione può essere immediatamente

evidenziata osservando che il flusso di taglio di cui ci si è ser-viti per illustrare il postulato di Newton (v. ancora fig. 1) possaessere convenientemente descritto nel seguente modo:

[6]

Nel caso di un fluido newtoniano sottoposto al flusso descrit-to dalla [6] la distribuzione degli stress è

[7]

4.3.2 Viscosità

Il concetto di viscosità è stato introdotto in precedenza e la [2]può essere mantenuta come sua definizione. Tuttavia soltantoper i fluidi newtoniani la viscosità è costante al variare dellavelocità di deformazione di taglio g

.applicata. La tab. 1 ripor-

ta l’ordine di grandezza delle viscosità di una serie di mate-riali di uso comune. In genere la viscosità dei materiali realidipende non solo da g

., ma anche dalla temperatura T e dalla

pressione p, e può dipendere dalla storia di deformazione a cuiè stato sottoposto il materiale. Per tutti i liquidi la viscositàdiminuisce al crescere della temperatura e al diminuire dellapressione. Tale dipendenza, ai bassi sforzi di taglio (shear), èben descritta dall’espressione empirica

[8]

Tipici valori di b vanno da 0,03 K1 per le poliolefine a0,1 K1 per il polistirene, mentre a1-4 kbar1 per i medesi-mi materiali.

La correlazione viscosità/temperatura nei fluidi non new-toniani è spesso più complessa. Nelle misure reologiche è quin-di fondamentale controllare la temperatura, tenendo ancheconto del fatto che una sollecitazione all’interno di un mate-riale può generare un suo riscaldamento. Meno significativo,e perlopiù trascurato, è l’effetto della pressione.

Una parte molto rilevante della reologia è lo studio dellevariazioni di viscosità dei fluidi in funzione di g

.. Il problema è

importante dal punto di vista pratico, perché, come riportato in

η0 1= −K e ebT ap

σ σ σ σxx yy yy zz− = − =,0 0σ ηγ σ σyx xz yz= = =, ,0

v v vxx yy zz= = =γ , 0

σ

σ σ σ

σ σ σ

σ σ σij

xx xy xz

yx yy yz

zx zy zz

=

De T=τ

MOTO DEI FLUIDI

250 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

tab. 1. Viscosità di alcuni materiali di uso comunea temperatura ambiente

Materiale Viscosità approssimativa (Pas)

Vetro 1040

Vetro fuso (500 °C) 1012

Bitume 108

Polimeri fusi 103

Sciroppo di canna 102

Miele liquido 101

Glicerolo 100

Olio d’oliva 101

Acqua 103

Aria 105

Page 3: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

tab. 2, a diversi processi tecnologici possono corrispondere valo-ri di velocità di deformazione molto differenti. A un medesimomateriale possono essere richiesti comportamenti reologici diver-si a seconda del campo di g

.a cui è sottoposto. Per esempio,

affinché una pittura non coli una volta applicata in parete, ènecessario che essa abbia viscosità sufficientemente alte a valo-ri di g

.bassi (102-101 s1); nel contempo per permetterne

un’applicazione agevole è necessario che le viscosità siano abba-stanza basse quando g

.assume valori intorno a 101-102 s1.

La fig. 2 offre una rappresentazione dei comportamenti piùtipici dei fluidi, sotto forma di grafici s-g

.. La viscosità è data

dalla pendenza di queste curve (hds/dg.). Un fluido newto-

niano è rappresentato da una retta passante per l’origine; a unasollecitazione nulla corrisponde un valore nullo di velocità. Unsecondo tipo di fluidi è quello la cui viscosità è costante, mache ha bisogno di una sollecitazione minima s0 per poter comin-ciare a scorrere. Questi sono i cosiddetti fluidi di Bingham,rappresentati nella fig. 2 da una retta che non passa per l’ori-gine e che intercetta l’asse y in corrispondenza del valore s0,detto soglia di scorrimento. In fig. 2 sono rappresentate anchecurve tipiche di fluidi pseudoplastici, la cui viscosità diminui-sce, al crescere dell’intensità dello sforzo, e di quelli dilatanti,

REOLOGIA

251VOLUME V / STRUMENTI

tab. 2. Tipiche velocità di deformazione di alcuni processi

Processo Velocità di deformazione (s1) Applicazione

Sedimentazione di polveri finiin un liquido sospendente 106-104 Farmaci, pitture

Livellamento dovuto a tensione superficiale 102-101 Pitture, inchiostri

Drenaggio sotto l’azione della gravità 101-101 Pitture e coating

Estrusione 100-102 Polimeri

Masticazione 101-102 Alimentari

Rivestimento per immersione 101-102 Pitture, smalti, dolci

Miscelazione e agitazione 101-103 Manifattura di materiali liquidi

Flusso in un tubo 100-103 Pompaggio, flusso del sangue nelle vene

Spruzzatura 103-104 Atomizzazione, spray-drying

Spazzolatura 103-104 Pitture

Sfregamento 103-104 Applicazione di creme sulla pelle

Macinazione di pigmenti in un fluido di base 103-105 Pitture, inchiostri

Coating ad alta velocità 105-106 Cartotecnica

Lubrificazione 103-107 Motori

˙

fluidi pseudoplasticicon soglia di scorrimento

fluidi pseudoplastici

fluidi newtoniani

fluidi dilatanti

fluidi di Bingham

g

so

so

sfig. 2. Andamentodella sollecitazione di taglio s in funzionedella velocità di deformazione g

.

per diversi tipi di fluido.

Page 4: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

la cui viscosità viceversa aumenta. Un’ultima classe di com-portamento mostrata in fig. 2 è quella dei fluidi pseudoplasti-ci che presentano soglia di scorrimento e che in un grafico s-g.

sono rappresentati da una curva a pendenza decrescente cheintercetta l’asse y in corrispondenza di un valore s0.

La maggior parte dei fluidi di interesse pratico, a cui la reo-logia ha dedicato attenzioni particolari, è di tipo pseudoplasti-co. Il possibile comportamento di un fluido pseudoplastico èmostrato in fig. 3, in cui i medesimi dati sperimentali sono rap-presentati in tre diverse modalità: come grafico della viscositàh in funzione dello sforzo di taglio s (fig. 3 A); come graficodi s in funzione della velocità di deformazione g

.(fig. 3 B);

come grafico di h in funzione di g.

(fig. 3 C). Si noti come ilgrafico di h(s) mostri l’esistenza di due zone piatte (plateau)ai bassi e agli alti valori di s dove la viscosità varia molto poco,solitamente denominate rispettivamente prima regione newto-niana e seconda regione newtoniana; la variazione di h a valo-ri intermedi di s è invece molto più rapida. Il valore della visco-sità nella prima regione newtoniana viene spesso detto vi-scosità a sollecitazione nulla e indicato con h0 mentre il valo-re nella seconda regione newtoniana viene detto viscosità a

sollecitazione infinita; si tratta ovviamente di estrapolazioni,poiché nessun metodo consente di eseguire misure a sollecita-zioni nulle o infinite. Si noti anche che dalla rappresentazionedi fig. 3 parrebbe che il fluido non possieda una soglia di scor-rimento. Tuttavia se le misure fossero state eseguite in un campodi g

.compreso tra 101 e 104 s1, la conclusione sarebbe stata

diversa, come si può osservare dal grafico s(g.), in cui la por-

zione di curva tratteggiata rappresenta proprio un comporta-mento del tipo corpo di Bingham ideale. D’altra parte i fluididi Bingham secondo la definizione hanno viscosità infinita aibassi shear e quindi non presentano alcun plateau newtoniano.Il concetto di soglia di scorrimento ha una certa importanzapratica, ma le recenti generazioni di reometri, in grado di ese-guire misure a sollecitazioni bassissime, ne mettono in dubbiola veridicità (Barnes e Walters, 1985). È stato sperimentalmentedimostrato che in realtà i materiali di Bingham esibiscono varia-zioni di viscosità enormi (anche di sei ordini di grandezza) pervariazioni piuttosto piccole di sollecitazione, e viscosità fini-te ma molto alte in corrispondenza di basse sollecitazioni.

Sono state suggerite svariate equazioni per poter descri-vere la forma generale delle curve h(g

.). Solitamente tali equa-

zioni contengono almeno quattro parametri, a cui si è cercatodi dare giustificazioni microstrutturali, ma che hanno sostan-zialmente motivazioni di carattere empirico. La più nota è pro-babilmente l’equazione di Cross (1965)

[9]

dove h0 e h sono i valori asintotici della viscosità che abbia-mo introdotto poco sopra, K e m sono due parametri, il primocon le dimensioni di un tempo e l’altro adimensionale. Sonostate proposte alcune alternative all’equazione di Cross, tra cuideve essere citata quella di Carreau (1972).

Esistono poi alcune utili approssimazioni del modello mate-matico di Cross, prima di tutto quella che si applica quando ehh0 e hh, per cui la [9] si riduce a

[10]

che, ridefinendo i parametri, si può scrivere nella forma seguente

[11]

La [11] è una legge di potenza molto usata, che descrivepiuttosto bene il comportamento di diverse soluzioni polime-riche. Peraltro, quando l’esponente n1, la [11] modellizza unfluido newtoniano e quando n1 è in grado di descrivere unsistema dilatante.

Quando hh0 l’equazione di Cross si può semplificare in

[12]

equazione nota anche sotto il nome di Sisko (1958) che, quan-do n0, si riduce a

[13]

cioè al cosiddetto modello matematico di Bingham che descri-ve i fluidi omonimi, in cui s0 è la soglia di scorrimento giàintrodotta e hp è la viscosità plastica, entrambe costanti.

In generale le equazioni riportate descrivono il comporta-mento di diversi sistemi, ma di solito soltanto in campi di varia-zione di g

.limitati.

I fluidi dilatanti sono molto più rari di quelli pseudopla-stici. Effetti dilatanti sono solitamente dovuti a fenomeni di or-ganizzazione di strutture all’interno del fluido ad alte velocità

σ σ η γ= +0 p

η η γ= +∞−K n

11

η γ= −K n1

1

η ηγ

=( )

0

K m

η ηη η γ−−

=+( )

∞0

11 K m

MOTO DEI FLUIDI

252 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

g (s1)

A

B

C

˙

g (s1)

s (Pa)

˙

s (

Pa)

h (

Pa. s

)h

(Pa

. s)

105

103

101

101

105

103

101

101

103

101

101

104106 104 102 100 102

104106 104 102 100 102

103101 100 101 102

fig. 3. Comportamento di un fluido pseudoplastico rappresentato in tre modi diversi: A, come grafico della viscosità h in funzione della sollecitazione di taglio s; B, come grafico di s in funzione della velocità di deformazione g

., dove la curva tratteggiata rappresenta

il comportamento di Bingham ideale; C, come grafico di h in funzione di g

.(Barnes et al., 1989).

Page 5: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

di deformazione. Come detto sopra, le curve di flusso di flui-di dilatanti possono essere descritte da leggi di potenza.

È molto comune che il comportamento reologico di un flui-do presenti degli effetti di dipendenza dal tempo. Applicandouna sollecitazione costante, è possibile che la viscosità aumen-ti con il tempo, e si parla di fluidi reopettici, oppure diminui-sca, e in tal caso si parla di fluidi tissotropici, che sono più comu-ni. È spesso difficile discriminare per via pratica i fluidi tisso-tropici da quelli pseudoplastici, poiché spesso nelle misure glieffetti del tempo e quelli della velocità di deformazione si sovrap-pongono e si confondono. Molti corpi inoltre sono contempo-raneamente tissotropici e pseudoplastici. Un modo piuttostoutile per caratterizzare dei fluidi tissotropici è quello di ripor-tare la curva di viscosità/tempo in due fasi, prima sotto l’azio-ne di una sollecitazione costante e poi a sollecitazione nulla.Quando viene applicata la sollecitazione, la viscosità dapprimacresce in maniera improvvisa, per poi diminuire e gradualmenteraggiungere un valore costante. Quando la sollecitazione cessa,la viscosità ha un brusco aumento quasi istantaneo, e poi con-tinua a crescere più lentamente, tendendo in maniera asintoti-ca al suo valore originario.

Comportamenti tissotropici e reopettici derivano dal fattoche una sollecitazione può provocare delle modificazioni irre-versibili nel materiale (come per esempio reticolazioni, for-mazione di coaguli, degradazioni e instabilità meccanica) oppu-re reversibili (rottura e nuova formazione di aggregati colloi-dali, o di reticoli polimerici). I modelli che sono stati propostiper descrivere il comportamento dei sistemi reopettici e tisso-tropici sono molto meno soddisfacenti rispetto a quelli chesono stati proposti per descrivere la pseudoplasticità (Barnes,1997).

4.3.3 Sforzi normali, viscositàelongazionale

In fluidi non newtoniani gli sforzi di taglio possono generareanche componenti non isotropi di sforzi normali. Ciò signifi-ca, riferendosi al tensore degli sforzi definito nella [5], che lecomponenti normali sxx, syy, szz non sono nulle. L’insorgere disforzi normali ha alcune conseguenze facilmente osservabili,alcune delle quali abbastanza clamorose. La più nota è sicura-mente il fenomeno noto come effetto Weissenberg: un fluidonewtoniano miscelato in un recipiente cilindrico mediante un’a-sta cilindrica verticale rotante viene spinto dalla forza centri-fuga verso le pareti del recipiente, e la sua superficie liberaassume un profilo parabolico con il minimo in corrisponden-za dell’asta, mentre, al contrario, un liquido viscoelastico tendea salire lungo l’asta.

La distribuzione degli sforzi in un fluido non newtonianosi può convenientemente descrivere nel modo seguente

[14]

Le grandezze s, N1 e N2 vengono talvolta dette funzioniviscosimetriche; N1 e N2 sono abitualmente chiamate, rispetti-vamente, prima e seconda differenza degli sforzi normali. Spes-so a N1 si può dare una forma tipo legge di potenza

[15]

È abbastanza comune che la prima differenza degli sforzinormali, N1, abbia un valore superiore alla stessa sollecitazione

s. Il rapporto tra N1 e s può essere considerato una misura del-l’elasticità del fluido. Viceversa la seconda differenza, N2, ègeneralmente piccola, confrontata con N1, ed esiste una parti-colare classe di fluidi, i cosiddetti fluidi di Boger, per i qualiN20. I fluidi di Boger sono per lo più costituiti da soluzionimolto diluite (0,1%) di un polimero ad alto peso molecola-re in un solvente molto viscoso.

In molte operazioni di lavorazione dei materiali polimeri-ci esiste una significativa componente di flusso elongaziona-le. Per esempio nella filatura viene esercitato un allungamen-to nella direzione della fibra, e nell’operazione di film blowingsi verifica un allungamento nella direzione della macchina ein quella tangenziale alla bolla. Al flusso elongazionale è statadedicata poca attenzione almeno fino alla metà degli anni Ses-santa, poi la sua importanza è venuta alla luce, e soprattuttosono diventate evidenti le enormi differenze di comportamen-to che potevano esistere tra fluidi newtoniani e fluidi elasticinon newtoniani.

Prendendo un polimero fuso di lunghezza L, vincolato aun estremo e sottoposto a trazione nella direzione x, si produ-ce una velocità nulla in corrispondenza del vincolo, e pari a

.e

all’estremità presso la quale è applicata la forza. Nelle posi-zioni intermedie, tra 0 e L, è

[16]

Nelle direzioni perpendicolari, invece, se il fluido è incom-primibile e il coefficiente di Poisson è pari a 12, si ha:

[17]

La distribuzione delle sollecitazioni corrispondente è

[18]

dove hE rappresenta la viscosità estensionale uniassiale. In gene-rale hE dipende dalla velocità di deformazione uniassiale

.e,

come accade per la viscosità di taglio, ma il tipo di dipenden-za funzionale è solitamente diverso per le due. È abbastanzacomune che un polimero, la cui viscosità di taglio diminuisceal crescere di

.g, mostri una viscosità estensionale che cresce

al crescere di.e.

Per i fluidi newtoniani Frederick Thomas Trouton nel 1906ricavò

[19]

Per il rapporto di Trouton, definito come

[20]

fu proposta da Jones et al. (1987) l’equazione

[21]

La viscosità di taglio è valutata a una velocità di deforma-zione di taglio numericamente pari a 3 .

e.

4.3.4 Reometria

Diversi metodi sono stati concepiti per la misura della visco-sità, ed esiste un gran numero di strumenti commerciali, ingrado di coprire ampi campi di valori e gradienti di viscosità.Ci sono dei criteri che devono essere presi in considerazione

Tr E

ε η ε

η ε( )= ( )

( )3

Tr E= ( )( )

η εη γ

η ηE = 3

σ σ σ σ εη ε

σ σ σxx yy xx zz E

xy xz yz

− = − = ( )= = =

0

v y v zy z=− =− ε ε2 2;

vL

xx =ε

N A m1 = γ

σ σ η γ γ σ σ

σ σ γ σ

= = ( ) = =

− = ( ) −yx xz yz

xx yy yyN

, ,

,

0

1 σσ γzz N= ( )2

REOLOGIA

253VOLUME V / STRUMENTI

Page 6: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

quando si sceglie un viscosimetro e riguardano una serie diproprietà del materiale da analizzare, come la sua natura fisi-ca, l’ordine di grandezza della sua viscosità, la sua elasticità,la dipendenza della sua viscosità dalla temperatura, solo percitarne alcune.

I primi viscosimetri solitamente erano in grado di forniremisure per un solo valore della velocità di deformazione. Oggialcuni di quei viscosimetri sopravvivono come strumenti dicontrollo qualità a livello industriale, ma evidentemente, sullabase di quanto discusso finora, misure effettuate in singoli puntiforniscono una descrizione molto parziale, e talvolta fuorviante,del comportamento del materiale. In generale i viscosimetripossono essere classificati in tre tipi diversi: a capillare, rota-zionali e a corpo mobile.

I viscosimetri a capillare sono quelli di concezione piùantica, ancora oggi molto diffusi: in essi il fluido viene in qual-che modo forzato a scorrere in un tubo capillare, e la viscositàviene determinata misurando la portata di efflusso. L’equazio-ne che viene utilizzata è quella di Hagen-Poiseuille (valida nel-l’ipotesi di flusso stazionario, laminare e isotermo)

[22]

dove r è il raggio del capillare, p è la caduta di pressione nelcapillare, V il volume di liquido che fluisce nel capillare duran-te l’intervallo di tempo t. I viscosimetri a capillare sono parti-colarmente utili per misurare in maniera precisa la viscosità difluidi, fino a 20 Pas. Le velocità di deformazione di taglio chesi ottengono in uno strumento del genere possono essere moltodiverse, a seconda del fluido. Per un fluido newtoniano,

.g varia

da un valore alla parete .gw, pari a

[23]

dove Q è il flusso volumetrico, a un valore nullo al centro deltubo.

La sollecitazione alla parete sw è

[24]

Nel caso di un fluido non newtoniano invece si ricava laseguente espressione

[25]

mentre la sollecitazione alla parete sw non varia rispetto al valo-re dato nella [24]. Il termine tra parentesi nella [25] si chiamacorrezione di Rabinowitsch. Quindi finalmente si ricava

[26]

Poiché abitualmente la caduta di pressione è misurata traun serbatoio a monte del capillare e l’atmosfera a valle, è neces-sario tenere conto anche della perdita di pressione connessacon l’ingresso al capillare e con l’uscita all’atmosfera. Mentrela seconda è generalmente trascurabile, la prima è spesso impor-tante e deve essere opportunamente presa in considerazione.

Esistono diversi tipi di strumenti basati sulla viscosimetriaa capillare. Ci sono per esempio i viscosimetri a capillare divetro, dei quali sono stati sviluppati diversi modelli in cui ilfluido scorre spinto dal carico idrostatico, e che permettono di

misurare direttamente la viscosità cinematica di fluidi newto-niani di viscosità non eccessivamente elevata. In alcuni model-li si può applicare una pressione esterna in modo da studiareanche il comportamento non newtoniano. In generale comun-que i viscosimetri a capillare di vetro possono produrre solobasse velocità di taglio. Ci sono poi i cosiddetti viscosimetri aorifizio, molto semplici, solitamente usati solo in sede di con-trollo nella produzione di pitture, inchiostri, adesivi e oli lubri-ficanti, e che consistono in un recipiente sul cui fondo è statoaperto un foro capillare: in questo caso si misura il tempo disvuotamento del recipiente, ma ovviamente il carico idrostati-co non è costante nel tempo e si verificano significativi effet-ti cinetici. Inoltre il flusso non soddisfa l’equazione di Hagen-Poiseuille ed è anzi piuttosto complesso, e non è legato in manie-ra semplice e diretta alla viscosità. Questo tipo di misura si limitaa fornire dei confronti tra diversi fluidi, e non è in grado in realtàdi esprimere un valore quantitativo per la viscosità. Ci sono infi-ne i cosiddetti viscosimetri a estrusione, usati soprattutto per ifusi polimerici. Essi sono costituiti da un serbatoio connesso aun tubo capillare: il fluido viene forzato a uscire mediante unpistone al quale viene applicata una forza costante.

I viscosimetri rotazionali sono generalmente costituiti dadue porzioni separate tra loro dal fluido che deve essere ana-lizzato. Le due parti possono essere due cilindri concentrici,due piatti, un cono e un piatto, oppure una girante all’internodi un cilindro. La rotazione relativa delle due parti produceun’azione di taglio; il momento torcente richiesto per produr-re una certa velocità angolare, oppure la velocità angolare neces-saria a fornire una certo momento torcente, sono correlati alvalore assunto dalla viscosità. In generale i viscosimetri rota-zionali sono più versatili di quelli a capillare, permettono dieseguire misure per ampie varietà di fluidi, di viscosità anchemolto diverse, in un ampio campo di gradienti di velocità, equindi sono strumenti ottimali per studiare la non newtonia-nità dei corpi e l’esistenza di eventuali tissotropicità o effettireopettici.

Il tipo più diffuso di viscosimetro rotazionale è quello acilindri concentrici. Se la distanza tra i due cilindri è suffi-cientemente piccola, e i due cilindri sono in moto relativo, ilfluido compreso tra di essi è sottoposto a una velocità di tagliocostante. In particolare, indicando con r0 e r1 i raggi del cilin-dro esterno e interno rispettivamente, e con W1 la velocità ango-lare del cilindro interno (quello esterno è fermo), la velocitàdi taglio

.g è data da

[27]

La sollecitazione invece è

[28]

dove C è il valore della coppia esercitata e L è l’altezza del flui-do tra i due cilindri. Dalla [27] e dalla [28] si deduce l’espres-sione per la viscosità

[29]

La [29] però vale solo quando la distanza è effettivamen-te molto piccola, cioè quando il rapporto br0r1 è maggioredi 0,97, che è una condizione difficile da ottenere per proble-mi di allineamento. Alcuni viscosimetri usano quindi dei siste-mi a cilindri concentrici con distanze maggiori, anche se inqueste condizioni è più difficile ricavare l’equazione della

η =−( )C r r

r L0 1

0

3

12π Ω

σ = Cr L2 0

γ =−

rr r

0 1

0 1

Ω

η γσγ

σ

w

w

w

w

a p L

Q d Qd

( ) = =( )+

π 4

83

4

1

4

ln

ln

γσw

w

Qr

d Qd

= +

4 34

143π

lnln

σ w

r pL

= ∆2

γwQr

=4

3

π

η =πr t p

V

4

8

MOTO DEI FLUIDI

254 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

Page 7: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

viscosità. Il problema fu risolto da Krieger e Maron (1954), iquali ipotizzarono che, nell’intervallo di misura, velocità e sol-lecitazione di taglio fossero correlate da una legge di potenza,tipo la [11], e derivarono l’espressione della velocità di taglioin corrispondenza del cilindro interno

[30]

La sollecitazione invece è

[31]

Il valore di n viene determinato riportando in un graficologaritmico i valori sperimentali di C in funzione di W1, e valu-tando la pendenza della curva in corrispondenza del valore diW1 che si sta considerando.

La viscosità, misurata alla velocità di taglio del cilindrointerno, è

[32]

Il limite inferiore di velocità realizzabile in un reometro acilindri concentrici è legato al tipo di motore utilizzato. Il limi-te superiore è generalmente legato al tipo di fluido indagato.Un primo fattore da prendere in considerazione è quello delriscaldamento del campione dovuto ad attriti di tipo viscoso,che oltre un certo livello rendono non più affidabile la misu-ra. Inoltre in certi casi si può verificare la rottura delle linee diflusso circonferenziali e la comparsa di vortici e turbolenze,ovvero di regimi di flusso che richiedono un’energia maggio-re, e che quindi provocano aumenti della viscosità apparente.

Di grande importanza è anche la geometria piatto-cono: lavelocità di taglio è praticamente la stessa in tutto il fluido, pur-ché l’angolo q0 piatto e cono sia abbastanza piccolo, ed è data da

[33]

dove W1 è la velocità di rotazione del piatto. Si noti che .g non

dipende dalla proprietà del fluido. La sollecitazione sul fluidoviene stimata misurando la coppia C esercitata sul cono ed èdata da

[34]

dove a è il raggio del cono. La viscosità è quindi data da

[35]

Rispetto alla geometria a cilindri concentrici, quella piat-to-cono presenta diversi vantaggi: le dimensioni del campio-ne sono minori, i dati sono più facili da convertire, la velocitàdi taglio è costante nel campione. Tuttavia esistono alcuni pro-blemi pratici di cui tener conto, come la possibilità che il sol-vente evapori e la necessità di un accurato caricamento delcampione, che deve essere tale da riempire completamente lageometria, ma senza ricoprirla.

Molto usata è anche la geometria a piatti paralleli, che pre-senta il vantaggio di poter variare liberamente la distanza h chesepara i due piatti: questo è particolarmente importante nellostudio di sospensioni al cui interno siano presenti particellepiuttosto grosse. La regola orientativa per poter ottenere misu-re riproducibili è che la distanza tra i piatti sia di un ordine digrandezza superiore rispetto alle dimensioni massime degli ag-gregati presenti nel sistema. Nella geometria a piatti paralleli

però la velocità di taglio non è costante, ma cresce al cresceredella distanza dal centro del piatto. La velocità massima quin-di si ha in corrispondenza del bordo (per ra) ed è pari a

[36]

L’espressione che permette di stimare la viscosità è in que-sto caso più complessa ed è stata ricavata da Ken Walters (1975)

[37]

4.3.5 Viscoelasticità lineare

La viscoelasticità, come accennato nell’introduzione, denotala coesistenza in un materiale di proprietà elastiche e viscose.

Particolare attenzione è stata dedicata allo studio dellaviscoelasticità lineare. Si tratta di un’approssimazione che valeper variazioni limitate di deformazioni e di gradiente di velo-cità, ma che possiede ciononostante una notevole importanzapratica e teorica. Innanzitutto essa consente di costruire model-li della struttura molecolare dei materiali a partire dalla lororisposta viscoelastica. In secondo luogo i parametri che carat-terizzano il comportamento viscoelastico lineare e che vengo-no stimati mediante esperimenti appropriati si sono dimostra-ti di grande importanza pratica nel determinare le proprietà dimolti prodotti industriali. Infine la teoria della viscoelasticitàlineare costituisce la base per lo sviluppo dello studio del com-portamento non lineare, che è argomento assai più complesso,soprattutto per quanto riguarda il formalismo matematico.

Il comportamento viscoelastico lineare è descritto da equa-zioni differenziali lineari, nelle quali i coefficienti delle deri-vate rispetto al tempo sono costanti. Questi rappresentano para-metri materiali e corrispondono per esempio al coefficiente diviscosità o al modulo di elasticità, e non possono variare al varia-re del tipo o della velocità di sollecitazione. In termini genera-li quindi l’equazione differenziale che descrive il comporta-mento viscoelastico lineare può essere scritta in questo modo

[38]

dove nm, oppure nm1. È possibile estendere la [38] perdescrivere regimi di sollecitazione più complessi e le variabi-li scalari s e g possono essere sostituite dalle loro generaliz-zazioni tensoriali.

Esistono casi particolari della [38] di grande importanza.Per esempio, se b0 è l’unico parametro diverso da zero la [38]si riduce a

[39]

che coincide con l’equazione di Hooke e pertanto in questocaso b0 corrisponde al modulo di elasticità. Se invece l’unicoparametro diverso da zero è b1, si ha

[40]

ovvero

[41] σ β γ= 1

σ β γ= 1ddt

σ β γ= 0

...= + ∂∂+ ∂

∂+ + ∂

∂β β β β

0 1 2

2

2t t tm

m

m

γ

11 2

2

2+ ∂

∂+ ∂

∂+ + ∂

=α α α σt t tn

n

n...

η =

+

3

2 11

3

4

1

Ch

a d Cd

π ln

lnΩ

γ a a h= Ω1

ηθ

=3

2

0

3

1

Caπ Ω

σ = 33

Caπ

γ θ= Ω1 0

η =−( )Cn b

r L

n1

4

2

1

2

1π Ω

σ = Cr L2 1

γ =−( )

2

1

1

2

Ω

n b n

REOLOGIA

255VOLUME V / STRUMENTI

Page 8: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

che rappresenta il flusso viscoso newtoniano e pertanto b1 cor-risponde al coefficiente di viscosità.

Se poi sia b0(G) sia b1(h) sono diversi da zero, men-tre tutte le altre costanti sono uguali a zero, la [38] diventa

[42]

che è uno dei modelli matematici più semplici di viscoelasti-cità (equazione di Kelvin). Se viene applicata istantaneamen-te, a t0, una sollecitazione

33

s, successivamente mantenutacostante, secondo questo modello è

[43]

dove tK è una costante pari al rapporto hG, che ha le dimen-sioni di un tempo e regola l’andamento della deformazioneconseguente all’applicazione della sollecitazione

33

s. Dalla [43]risulta che il valore a regime del gruppo adimensionale gG/

33

sè 1; quindi g a regime è uguale a

33

s/G, che è anche il valore for-nito dall’equazione di Hooke. La differenza tra i due modelliconsiste nel fatto che, mentre il modello di Hooke prevede cheil materiale raggiunga il valore finale della deformazione istan-taneamente, nel modello di Kelvin si verifica un ritardo delladeformazione. La costante di tempo tK viene quindi denomi-nata tempo di ritardo.

Particolarmente utili nello studio della viscoelasticitàlineare si sono rivelati i modelli meccanici, costituiti da uninsieme di molle e smorzatori sistemati in serie o in paralle-lo, in modo che il sistema così costruito si comporti come unmateriale reale. L’analogia tra modello meccanico e materia-le reale consiste nel fatto che l’equazione differenziale checorrela forza, elongazione e tempo per il modello è la stessache correla sforzo, deformazione e tempo per il materiale. Inquesti modelli meccanici la deformazione elastica è rappre-sentata da una molla, cioè da un elemento la cui elongazio-ne è proporzionale alla forza applicata, e il flusso newtonia-no da uno smorzatore, cioè da un elemento in cui la velocitàdi elongazione è proporzionale alla forza applicata. Le rela-tive equazioni reologiche per la molla e per lo smorzatoresono la [39], con b0G, e la [41], con b1h, rispettivamen-te. Il comportamento di materiali più complicati viene otte-nuto connettendo gli elementi fondamentali in serie o in paral-lelo. Il modello di Kelvin si ricava mettendo una molla e unosmorzatore in parallelo (fig. 4 A). Se si prende di nuovo inconsiderazione l’andamento del modello di Kelvin esplicita-to dalla [43], in termini di modello meccanico esso può esse-re così interpretato: in seguito all’applicazione della solleci-tazione

33

s, la molla tende a raggiungere la deformazione33

s/G,ma lo smorzatore ritarda tale crescita, tanto più quanto piùelevata è la viscosità.

Un altro modello molto semplice è quello di Maxwell, chepuò essere schematizzato, come mostrato in fig. 4 B, da unamolla e uno smorzatore in serie. Esso corrisponde ad assume-re, nella [38], a1 e b1 come gli unici coefficienti diversi da zero,per cui si ottiene

[44]

dove è stato posto a1tM e b1h. Applicando una deformazione

33

g al tempo t0, e mante-nendola successivamente costante, si ottiene, per t0

[45]

la quale esprime il fatto che, applicando una deformazione, lasollecitazione subisce un ritardo. La costante di tempo in que-sto caso è tM. Viceversa poi se, a t0, si rimuove improvvisa-mente la deformazione che, per t0, aveva avuto un valorecostante

33

g, si ha, per t0

[46]

cioè la sollecitazione ‘rilassa’, in maniera esponenziale dal suovalore di equilibrio a zero, e la costante tM viene detta tempodi rilassamento.

Successivi e crescenti gradi di complessità possono essereottenuti ponendo diversi da zero tre elementi della [38]. Peresempio, se sono a1, b1 e b2 a essere diversi da zero, si ottieneil cosiddetto modello di Jeffreys che è espresso dalla equazione

[47]

in cui appaiono due costanti di tempo tM e tJ. Esistono duediversi modelli meccanici il cui comportamento è identico aquello fornito dalla [47]: uno è un’estensione del modello diKelvin e l’altro un’estensione del modello di Maxwell. Via viasi possono costruire modelli più complessi, tra i quali partico-larmente interessante è il modello di Burger, che coinvolge quat-tro elementi in due forme equivalenti, e la cui equazione è

[48]

È possibile concepire modelli più complicati di quelli illu-strati fin qui, ma tutti possono essere ridotti a due forme cano-niche, cioè il modello di Kelvin generalizzato e il modello diMaxwell generalizzato, illustrati in fig. 5. Alfrey (1945) hamostrato come le due forme canoniche possano essere resemeccanicamente equivalenti mediante un’opportuna scelta deiparametri e come sia possibile ottenere un’unica equazione dif-ferenziale lineare per una, a scelta, delle due forme canonichee viceversa. In altre parole il comportamento viscoelastico puòessere rappresentato in tre modi equivalenti.

L’equazione che descrive il comportamento di un elemen-to di Maxwell generalizzato può essere determinata sfruttan-do il principio di sovrapposizione lineare. Un elemento diMaxwell semplice è descritto dall’equazione differenziale [44],ovvero dall’equazione

[49]

Considerando n elementi e applicando il principio di sovrap-posizione lineare si ha:

[50]

dove hi e ti sono i parametri dell’i-esimo componente.L’equazione [50] può essere estesa per comprendere una

distribuzione continua di tempi di rilassamento

σ ητ

τ γt t t t dti

ii

t( )= − −( ) ( )−∞∫∑ exp

σ ητ

τ γt t t t dtt( )= − −( ) ( )−∞∫ exp

σ τ τ σ τ τ σ η η γ τ η τ η+ +( ) +( ) = +( ) + +( )3 4 3 4 3 4 4 3 3 4 γ

σ τ σ η γ τ γ+ = +( )M J

σ ηγ τ= −( )exp t M

σ ηγ τ= − −( ) 1 exp t M

σ τ σ ηγ+ =M

γ σ τ=( ) − −( ) G t K1 exp

σ γ ηγ= +G

MOTO DEI FLUIDI

256 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

A B

gn

g

gEsE

s

snG

G

h

h

fig. 4. Modelli meccanici: A, modello di Kelvin; B, modello di Maxwell.

Page 9: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

[51]

Introducendo poi la funzione di rilassamento /, definita da

[52]

la [51] diventa

[53]

Un metodo molto diffuso per caratterizzare la viscoela-sticità dei materiali è quello di sottoporli a una sollecitazio-ne di tipo oscillatorio di piccola ampiezza. Il grafico dellasollecitazione in funzione del tempo può essere rappresenta-to sotto forma di una sinusoide, riportata in fig. 6 come curvacontinua. L’ampiezza della deformazione è proporzionale aquella della sollecitazione, ma presenta un ritardo di un ango-lo di fase d di valore compreso tra 0 e p2, a seconda che ilmateriale sia elastico, viscoso o viscoelastico, ed è rappre-sentata in fig. 6 come una curva tratteggiata. Un materialeelastico ideale esibisce una deformazione istantanea; la mollache lo rappresenta è completamente e istantaneamente rever-sibile. Sforzo e deformazione sono in accordo di fase e l’an-golo di fase d è pari a zero. Con un materiale viscoso, o viscoe-lastico, la deformazione è invece ritardata e ha quindi un certosfasamento nei confronti della sollecitazione. Il ritardo è tantopiù elevato quanto più viscoso, e meno elastico, è il fluido.

Un fluido newtoniano dà il ritardo più elevato, con un ango-lo di fase pari a p2.

Questo comportamento solitamente viene analizzato uti-lizzando variabili complesse per rappresentare sforzo e defor-mazione. La deformazione complessa viene espressa come

[54]

dove i1, w è la frequenza angolare (pulsazione) e g0 èl’ampiezza della deformazione, che deve essere sufficiente-mente piccola per soddisfare le condizioni di linearità. La cor-rispondente velocità di deformazione è

[55]

È poi possibile definire un modulo complesso G*, median-te l’equazione

[56]

Abitualmente G* viene scritto nella forma

[57]

dove GReG* è detto modulo elastico e GImG* moduloviscoso del materiale.

Ipotizzando che il materiale sia descritto da un modellodi Maxwell, e quindi dall’equazione [44], è possibile dimo-strare che

[58] G ii

*=+ωηωτ1

G G iG*= +

σ ω γt G t( )= ( ) ( )*

γ ωγ ωt i i t ( )= ( )0 exp

γ γ ωt i t ( )= ( )0 exp

σ φ γt t t t dtt

( )= −( ) ( )−∞∫

φ ττ

τ τt tN

t t d−( )= ( ) − −( ) ∞

∫ 0

exp

σ ττ

τ γ τtN

t t t dt dt

( )= ( ) − −( ) ( )∞

−∞∫ ∫0

exp

REOLOGIA

257VOLUME V / STRUMENTI

A

B

Gi2

hi2

Gi3

hi3

Gi1

hi1

Gi

ti2 ti3ti ti1

hi

fig. 5. Modelli meccanici: A, modello di Kelvingeneralizzato; B, modello di Maxwellgeneralizzato.

deformazione

sforzo

tempo0

ampi

ezza

di s

forz

o e

defo

rmaz

ione

dw

dw

fig. 6. Andamento nel tempo di sforzo (curva continua) e deformazione (curva tratteggiata) per una deformazione di taglio periodica confrequenza angolare w.

Page 10: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

e

[59]

[60]

Si può poi definire la viscosità complessa h* come il rap-porto tra sforzo di taglio e velocità di deformazione

[61]

Si può dunque scrivere

[62]

e la h viene solitamente chiamata viscosità dinamica. Si hainoltre

[63]

e

[64]

Spesso i risultati dei test oscillatori vengono presentati intermini di viscosità dinamica h e modulo elastico G. La fig. 7mostra gli andamenti di queste due funzioni normalizzate perun modello di Maxwell, in funzione della frequenza norma-lizzata wt. In sole due decadi, centrate intorno a wt1, si passada un comportamento nettamente viscoso (G0), alle bassefrequenze, a uno marcatamente elastico (h0). Si compren-de così chiaramente il significato di t come tempo caratteri-stico del modello di Maxwell.

Le risposte viscoelastiche lineari in prove oscillatorie sipossono convenientemente rappresentare riportando il modu-lo elastico G e l’angolo di ritardo d. Se la deformazione hala forma descritta nell’equazione [54], la sollecitazione haforma simile, ma la sua fase è in anticipo di un angolo d, equindi

[65]

Si può dimostrare che

[66]

4.3.6 Viscosità dei liquidi polimerici

Lo studio dei sistemi polimerici ha avuto grande rilievo nellosviluppo della reologia. Questa circostanza è legata soprattut-to all’enorme importanza pratica che hanno i fluidi polimeri-ci, ma anche al fatto che i polimeri sono assimilabili a sistemimodello, per cui, cambiando in modo appropriato certe lorocaratteristiche di architettura molecolare, è possibile variare econtrollare le loro proprietà reologiche. Esiste un gran nume-ro di pubblicazioni che trattano in dettaglio il comportamentoreologico dei polimeri, dal testo di Ferry (1980), che si con-centra sugli aspetti che riguardano la viscoelasticità lineare, aivolumi di Bird et al. (1987a, b) e di Larson (1988), che si foca-lizzano soprattutto sul problema delle equazioni costitutive, ailavori di Tanner (1985) e di Baird e Dimitris (1995), che si con-centrano sui flussi che si instaurano in operazioni di lavora-zione dei polimeri.

Sotto il nome generico di fluidi polimerici sono compresisistemi molto diversi, che vanno da sistemi poco viscosi, comeper esempio le soluzioni di polimeri molto diluite, a materialivia via più rigidi, che si ottengono aumentando la concentra-zione delle soluzioni, fino ad arrivare ai ‘fusi’ polimerici.Comunque, in generale, i fluidi polimerici mostrano spessoforti effetti viscoelastici, tra cui pseudoplasticità, sforzi nor-mali e comportamenti dipendenti dal tempo. Il fattore più rile-vante che regola il comportamento reologico dei fluidi poli-merici è la lunghezza della catena, oltre al fatto che le macro-molecole possono facilmente subire distorsioni, anche quandosono sottoposte a flussi piuttosto lenti. Molto importante èanche la possibilità che le diverse catene formino dei legamitemporanei, mediante forze intermolecolari, o permanenti,mediante reticolazione. Quando le catene sono abbastanza lun-ghe si formano poi associazioni intermolecolari, dette entan-glement, che sono responsabili di fenomeni di elasticità, tiposollecitazioni normali o elevate viscosità estensionali. Gli entan-glement sono vincoli topologici al moto molecolare che deri-vano dal fatto che le macromolecole non possono passare leune attraverso alle altre. A causa della presenza degli entan-glement una macromolecola circondata da altre non è in gradodi muoversi molto lontano in direzioni perpendicolari al suocontorno molecolare (Edwards, 1967). Per questo motivo ladiffusione o il rilassamento molecolare si limitano a un motoche viene detto di reptazione, simile al movimento di un ser-pente (De Gennes, 1971), che avviene lungo il tubo che cir-conda il profilo del polimero. Per tale motivo il rilassamentodi un polimero che forma degli entanglement è lento, e la visco-sità è elevata. Infatti, secondo il modello di De Gennes, la visco-sità deve essere considerata proporzionale al tempo necessa-rio affinché una macromolecola, diffondendo all’interno deltubo, percorra una distanza pari alla sua lunghezza, tempo che,secondo i calcoli, è proporzionale al cubo del peso molecola-re del polimero Mw.

Gli entanglement hanno un ruolo molto importante neldeterminare l’effetto del peso molecolare del polimero sul com-portamento reologico di fusi polimerici, come illustrato neldiagramma logaritmico di fig. 8, che mostra la viscosità a velo-cità di deformazione praticamente nulla in funzione del pesomolecolare (le curve sono scalate secondo una serie di fattoricostanti). Per pesi molecolari bassi la viscosità cresce comeMw

1,0, mentre al di sopra di un valore critico del peso moleco-lare Mc, la viscosità cresce come Mw

3,4 e in corrispondenza diMc il cambio di pendenza della curva è repentino. Al di sopradel punto critico i fusi esibiscono marcate proprietà elastiche.

tanδ =G G

σ σ ω δt i t( )= +( ) 0 exp

G =η ω

G =η ω

η η η*= − i

σ η γt t( )= ( )*

G=+ηωω τ1 2 2

G=+ητωω τ

2

2 21

MOTO DEI FLUIDI

258 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

1

0 11log (wt)

GG

GG

hh

fig. 7. Il modello di Maxwell sotto sollecitazione oscillatoria: variazione dei moduli normalizzati e della viscosità dinamica in funzione della frequenzanormalizzata wt (thG).

Page 11: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

Questa netta differenza di comportamento è dovuta alla for-mazione di entanglement. La dipendenza funzionale è però leg-germente diversa da quella prevista dalla teoria di De Gennes,essendo l’esponente di Mw di poco superiore a 3. Un gran nume-ro di effetti non newtoniani può essere spiegato in termini divariazioni di densità degli entanglement. In un fuso polimeri-co il flusso provoca lo scorrimento di catene polimeriche leune rispetto alle altre, e quindi lo scioglimento di alcuni entan-glement, ma simultaneamente se ne possono formare altri,come avviene in quiete. In ogni situazione di flusso la densitàdegli entanglement dipende dall’equilibrio dinamico tra velo-cità di formazione e velocità di distruzione. Se il flusso è lentotale densità tende a quella di quiete e la viscosità tende al valo-re newtoniano, se il flusso è veloce essa diminuisce e con essala difficoltà di far scorrere le molecole le une rispetto alle altre.In questo modo si spiegano le curve di flusso pseudoplastiche

con plateau newtoniano a bassi shear che sono tipiche di mol-tissimi polimeri fusi. Significativa e di grande portata praticaè anche la dipendenza della viscosità dalla concentrazione delpolimero in soluzione. Generalmente per bassi valori della con-centrazione c la viscosità cresce proporzionalmente a c. Aumen-tando gradualmente la concentrazione si passa a un regime incui la viscosità cresce come cn, dove n è generalmente ugualea 3, ma può assumere anche valori più alti. Questa transizioneè ancora collegata alla formazione di entanglement. Di nuovo,passando da un regime all’altro cambiano molto le proprietàelastiche del sistema.

Un altro sistema molto importante dal punto di vista pra-tico è costituito dai gel, solitamente composti da soluzioni incui le catene polimeriche sono reticolate mediante legami acarattere permanente. Un tipico esempio è dato dai materialireticolati come le gomme vulcanizzate, ma anche i sistemi incui regioni cristalline sono legate da catene che le attraversa-no, come accade nei polimeri semicristallini. Un altro mododi formare un gel è quello di aggiungere quantità significati-ve (con concentrazioni dell’ordine del 20% in volume) di pic-cole particelle solide, tipo nerofumo, in un fuso polimerico, inmodo che le catene adsorbendosi su particelle attigue formi-no dei ponti tra di esse. Quando un fluido precursore, che puòessere costituito da molecole piccole oppure da polimeri, vienereticolato per formare un gel, le sue proprietà reologiche varia-no da quelle di un liquido viscoso a quelle di un solido elasti-co, e quindi la viscosità diverge e diventa infinita, mentre ilmodulo a bassa frequenza G0 passa da zero a un valore

[67]

dove n è il numero di punti di reticolazione efficace per unitàdi volume, k è la costante di Boltzmann e T la temperatura.

4.3.7 Reologia dei sistemi dispersi

Le dispersioni di particelle in un liquido sono sistemi estre-mamente comuni (per esempio il sangue, le pitture, l’inchio-stro, il cemento). La reologia delle dispersioni è un altro set-tore a cui, specialmente in anni recenti, è stata dedicata moltaattenzione (Russel et al., 1989; Brady, 1996; Mellema, 1997).

Anche il modello più semplice di sospensione, costituitoda sfere rigide che interagiscono tra loro soltanto attraversorepulsioni rigide quando vengono a contatto, mostra compor-tamenti reologici abbastanza complessi. A frazioni volumetri-che di particelle molto basse (/0,03) la viscosità della sospen-sione può essere descritta mediante la formula

[68]

dove hs fu ricavata da Albert Einstein (1906) dal calcolo delladissipazione viscosa prodotta dal flusso attorno a una singolasfera. Spesso i dati reologici di dispersioni si esprimono anchein termini di viscosità relativa hrhhs. L’equazione [68] è vali-da solamente quando la sospensione è sufficientemente dilui-ta da far sì che il campo di flusso attorno a una particella nonsia apprezzabilmente influenzato dalla presenza di altre parti-celle. Al crescere della frazione volumetrica però comincianoa diventare significative le interazioni idrodinamiche. L’effet-to delle interazioni tra due corpi genera un contributo al valo-re di h proporzionale a /2. Esso fu calcolato da George KeithBatchelor (1971), che ricavò l’espressione

[69] η η φ φ= + +( )s 1 2 5 6 2 2, ,

η η φ= +( )s 1 2 5,

G kT0 =ν

REOLOGIA

259VOLUME V / STRUMENTI

polidimetilsilossano

polibutadiene

polimetilmetacrilato

polistirene

1

2

3

4

1

2

3

4

log

h

cos

t.

log Mw cost.60 1 2 3 4 5

1,0

fig. 8. Relazione tra la viscosità a bassa velocità di deformazione e il peso molecolare del polimero per una serie di fusi polimerici monodispersi; curve scalate secondo fattori costanti in ascissa e ordinata (Ferry, 1980).

Page 12: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

L’espressione [69] può essere estesa a potenze più eleva-te di /, utilizzando un metodo che fa uso del concetto di mezzoefficace. Si supponga infatti di aumentare, in una sospensio-ne di viscosità h(/), la frazione volumetrica di particelle diuna quantità infinitesima d/. Trattando la sospensione a cuiaggiungiamo queste particelle come fosse un mezzo viscosoomogeneo di viscosità h(/), l’aumento di viscosità causatodall’aggiunta può essere calcolato sfruttando l’equazione [68],e dunque

[70]

che, integrata, dà

[71]

Questa relazione non prende in considerazione le corre-lazioni tra le sfere dovute alle loro dimensioni finite, cioè ilfatto che una particella, quando viene aggiunta a una disper-sione relativamente concentrata, richiede un volume su-periore al solo suo volume, a causa di difficoltà di impac-camento. Per questo motivo, invece di d/ bisogna usared/(1K/), dove K tiene conto di questi effetti di affolla-mento. In tal modo

[72]

Da questa equazione si deduce che la viscosità diventa infi-nita quando /1K, e quindi 1K può essere identificato conla frazione di massimo impaccamento /m; si ha pertanto

[73]

La [73] vale per sospensioni di particelle sferiche, ma puòessere estesa a particelle di forma qualunque divenendo

[74]

introducendo [h], la viscosità intrinseca della sospensione, defi-nita come

[75]

L’equazione [74] fu ricavata da Krieger e Dougherty nel1959 e prende il loro nome.

Il valore di /m dipende molto dalla distribuzione delle dimen-sioni delle particelle, e cresce al crescere della polidispersi-tà. Per un sistema di sfere rigide monodisperse /m0,63-0,64.

Generalmente le dispersioni di sfere rigide si comportanoda fluidi newtoniani fino a frazioni volumetriche / dell’ordi-ne di 0,3, ma per valori più alti la viscosità comincia a dipen-dere dalla velocità di deformazione. Tale dipendenza è legataal fatto che la velocità di deformazione disturba la distribu-zione delle posizioni delle particelle rispetto alla posizione diequilibrio. La velocità alla quale viene recuperata la situazio-ne di equilibrio è controllata dalla diffusività delle particelle,che in soluzioni diluite è pari a

[76]

dove a è il raggio delle particelle.Il tempo tD richiesto affinché una particella riesca a diffon-

dere per una distanza uguale al suo raggio a è pertanto

[77]

Si definisce anche una velocità di deformazione adimen-sionale Pe, detta numero di Péclet, come

[78]

Krieger (1972) ha suggerito di esprimere i dati reologici rela-tivi alle sospensioni in termini dello sforzo ridotto sr

[79]

La viscosità relativa di dispersioni concentrate dovrebbeessere quindi una funzione universale di due quantità adimen-sionali, / e sr. Tale funzione può essere espressa mediante larelazione

[80]

dove hr0rappresenta la viscosità relativa a basso shear, hr

è laviscosità relativa a elevati shear e b è un parametro di fitting.Lo scostamento agli alti valori di sr è legato a fenomeni di dila-tanza.

Come già visto, la dipendenza da / di hr0obbedisce all’e-

quazione di Krieger-Dougherty [74], ma è possibile osserva-re che anche la dipendenza di hr

può essere descritta dallamedesima equazione, purché si usi un valore più elevato di /m.Tale risultato può essere associato al fatto che ad alte velocitàdi deformazione di taglio le particelle hanno la tendenza a tro-vare sistemazioni geometricamente più favorevoli, che con-sentono impaccamenti migliori, come per esempio strutturebidimensionali.

È stato inoltre osservato che dispersioni concentrate(/0,40) esibiscono fenomeni di dilatazione a velocità dideformazione di taglio elevate, più alte di quelle a cui si mani-festa abitualmente la pseudoplasticità. Le strutture bidimen-sionali appena menzionate, che giustificano effetti pseudopla-stici, sono instabili e vengono distrutte a un certo valore criti-co della velocità di taglio; l’arrangiamento casuale che neconsegue provoca un aumento di viscosità. È stato dimostratoche tale valore critico varia poco con la frazione volumetricadelle particelle quando questa è nell’intorno di 0,50, ma dimi-nuisce in maniera notevole quando / è significativamente piùalto di tale valore.

Nelle sospensioni di sfere rigide le caratteristiche viscosedominano nettamente su quelle elastiche, ma ciononostante ilmodulo elastico G non è nullo. Questa debole elasticità è pro-dotta dal moto browniano delle particelle che tende a ristabi-lire l’equilibrio quando la configurazione delle particelle vienedistorta da un’azione di taglio. Peraltro G aumenta in modopiuttosto consistente quando la concentrazione delle particel-le aumenta, poiché i tempi caratteristici di rilassamento dellasospensione diminuiscono in ragione del fatto che alle alte con-centrazioni la diffusività delle particelle diminuisce.

Spesso tra le particelle dei sistemi dispersi sono presentialtri tipi di interazione, oltre a quelle idrodinamiche, che gene-ralmente danno luogo a una barriera di potenziale che osta-cola cineticamente la coagulazione delle particelle. Ciò puòessere ottenuto facendo adsorbire uno strato di polimero sullasuperficie delle particelle. Quando i due strati adsorbiti sisovrappongono si crea una forza repulsiva, se il compatta-mento delle molecole di polimero è favorito rispetto al loromiscelamento. Per tenere conto dello strato adsorbito nel descri-vere il comportamento reologico delle dispersioni è necessa-rio correggere il valore della frazione volumetrica, introdu-cendo un valore efficace

[81] φ φ δeff a= +

1

3

η ηη η

σr rr r

rb= +

−+

∞0

1

σ σr

akT

≡3

Pe akT

tsD≡ ∝η γ γ

3

t aD

akTD

s≈ =2

0

36πη

D kTas

0 6=

πη

η η ηφηφ

[ ]= −→

lim0

s

s

η η φ φ η φ= −( )−[ ]s m

m1

η η φ φφ

= −( )−s mm

15 2( / )

η η φ= −( )−sKK1 5 2

η η φ= ( )s exp 5 2

d dη η φ φ= ( )2 5,

MOTO DEI FLUIDI

260 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

Page 13: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA

dove d rappresenta appunto lo spessore dello strato. Un altromodo comune per stabilizzare le sospensioni è quello di cari-care elettrostaticamente le superfici delle particelle, cosa chespesso viene ottenuta mediante adsorbimento di tensioattiviionici e che provoca la formazione di un doppio strato elettri-co intorno alle particelle stesse. Poiché la conseguente azioneelettrostatica tiene distanziate le particelle, il suo effetto è quel-lo di aumentare il valore efficace del loro diametro; esistonovarie formule che permettono di calcolare deff dal potenzialedi interazione, da cui si ricava poi

[82]

L’allargamento del diametro efficace influenza la viscositàa basse velocità di deformazione nelle dispersioni stabilizzateelettrostaticamente. Russel (1978) ha derivato un’espressionesotto forma di sviluppo fino al secondo ordine di / per unasospensione disordinata di sfere cariche

[83]

La presenza di una carica elettrostatica superficiale ha uneffetto molto marcato sul coefficiente di /2 rispetto al caso asfere rigide. Tale espressione è valida solo per valori di / intor-no a 0,10, mentre per concentrazioni più elevate è opportunoestendere l’equazione di Krieger-Dougherty [74]

[84]

Al crescere della velocità di deformazione, aumenta ilcontributo idrodinamico alla viscosità rispetto a quello elet-trostatico, provocando effetti pseudoplastici di cui si può tene-re conto introducendo una dipendenza di deff dalla velocitàdi deformazione, tale che deff rappresenti la distanza inter-particellare in corrispondenza della quale le forze elettro-statiche e idrodinamiche si bilanciano. Sospensioni stabiliz-zate elettrostaticamente possono anche presentare una sogliadi scorrimento, quando le repulsioni tra le particelle sonoabbastanza alte da generare fenomeni di macrocristallizza-zione (Larson, 1999).

Bibliografia generale

Choi G.N., Krieger I.M. (1986) Rheological studies on stericallystabilized model dispersions of uniform colloidal spheres. II:Steady-shear viscosity, «Journal of Colloid Interface Science»,113, 101-113.

Papir Y.S., Krieger I.M. (1970) Rheological studies on dispersionsof uniform colloidal spheres. II: Dispersions in nonaqueous media,«Journal of Colloid Interface Science», 34, 126-130.

Vinogradov G.V., Malkin A.Y. (1980) Rheology of polymers,Moscow, Mir; Berlin, Springer.

Bibliografia citata

Alfrey T. Jr. (1945) Methods of representing the properties ofviscoelastic materials, «Quarterly of Applied Mathematics», 3,143-150.

Baird D.G., Dimitris I.C. (1995) Polymer processing. Principles anddesign, Boston (MA)-Oxford, Butterworths.

Barnes H.A. (1997) Thixotropy. A review, «Journal of Non-NewtonianFluid Mechanics», 70, 1-33.

Barnes H.A., Walters K. (1985) The yield stress myth, «RheologicaActa», 24, 323-326.

Barnes H.A. et al. (1989) Introduction to rheology, Amsterdam,Elsevier.

Batchelor G. K. (1971) The stress generated in a non-dilute suspensionof elongated particles in pure straining motion, «Journal of FluidMechanics», 46, 813-829.

Bird R.B. et al. (1987a) The dynamics of polymeric liquids, New York,John Wiley, 2v.; v.I: Fluid mechanics.

Bird R.B. et al. (1987b) The dynamics of polymeric liquids, New York,John Wiley, 2v.; v.II: Kinetic theory.

Brady J.F. (1996) Model hard-sphere dispersions: statistical mechanicaltheory, simulations, and experiments, «Current Opinion in Colloidand Interface Science», 1, 472-480.

Carreau P.J. (1972) Rheological equations from molecular networkstheories, «Transactions of the Society of Rheology», 16, 99-127.

Cross M.M. (1965) Rheology of non-newtonian fluids: a new flowequation for pseudo-plastic systems, «Journal of Colloidal Science»,20, 417-437.

De Gennes P.G. (1971) Reptation of a polymer chain in the presenceof fixed obstacles, «Journal of Chemical Physics», 55, 572-579.

Edwards S.F. (1967) The statistical mechanics of polymerized material,«Proceedings of the Physical Society», 92, 9-16.

Einstein A. (1906) Eine neue Bestimmung der Molekuldimension,«Annalen der Physik», 19, 289-306.

Ferry J.D. (1980) Viscoelastic properties of polymers, New York, JohnWiley.

Hooke R. (1931) Lectures de potentia restitutiva, Oxford, OxfordUniversity Press.

Jones D.M. et al. (1987) On the extensional viscosity of mobile polymersolutions, «Rheologica Acta», 26, 20-30.

Krieger I.M. (1972) Rheology of monodispersed latices, «Advancesin Colloid and Interface Science», 3, 111-136.

Krieger I.M., Dougherty T.J. (1959) A mechanism for non-newtonianflow in suspensions of rigid spheres, «Transactions of the Societyof Rheology», 3, 137-152.

Krieger I.M., Maron S.H. (1954) Direct determination of the flowcurves of non-newtonian fluids. III: Standardized treatment ofviscometric data, «Journal of Applied Physics», 25, 72-75.

Larson R.G. (1988) Constitutive equations for polymer melts andsolutions, Boston (MA)-London, Butterworths.

Larson R.G. (1999) The structure and properties of complex fluids,New York-Oxford, Oxford University Press.

Mellema J. (1997) Experimental rheology of model colloidaldispersions, «Current Opinion in Colloid and Interface Science»,2, 411-419.

Newton I. (1999) The Principia. Mathematical principles of naturalphilosophy, Berkeley (CA), University of California Press.

Reiner M. (1964) The Deborah number, «Physics Today», January,62.

Russel W.B. (1978) The rheology of suspensions of charged rigidspheres, «Journal of Fluid Mechanics», 85, 209-232.

Russel W.B. et al. (1989) Colloidal dispersions, Cambridge, CambridgeUniversity Press.

Sisko A.W. (1958) The flow of lubricating greases, «Industrial andEngineering Chemistry», 50, 1789-1792.

Tanner R.I. (1985) Engineering rheology, Oxford, Clarendon Press.

Walters K. (1975) Rheometry, London, Chapman & Hall.

Stefano Carrà

MAPEI

Milano, Italia

ηη

φφ

φ

s

eff

m

m

= −

−( )

15 2

ηη

φ φs

effda

= + + +

1 2 5 2 53

40

5

2, ,

φ φeffeffda

=

2

3

REOLOGIA

261VOLUME V / STRUMENTI

Page 14: Encclopedia Degli Idrocarburi - REOLOGIA