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565 Norvegia Nome ufficiale: Kongeriket Norge (Regno di Norvegia) Confini e territorio La Norvegia è un paese dell’Europa settentrio- nale che si estende da sud-ovest a nord-est nel versante occidentale della Penisola Scandinava. Il lungo confine orientale la divide dalla Svezia e, in prossimità dell’estremo nord, dalla Finlan- dia e dalla Russia. Per il resto la Norvegia si affac- cia sul mare: a sud sullo Skagerrak, braccio ma- rino dipendente dal Mar del Nord; a ovest sul Mar di Norvegia (Oceano Atlantico); a nord sul Mar di Barents (Mar Glaciale Artico). Due terzi del territorio norvegese sono costituiti da catene e altopiani profondamente incisi dall’erosione gla- ciale e fluviale. Le coste, che si estendono per oltre 25.000 km, sono estremamente frastagliate e caratterizzate dalle numerosissime isole che le fronteggiano e dalla continua presenza di fiordi. Nella regione litoranea il clima è mitigato dalla calda Corrente del Golfo; mentre nell’entroterra è più rude, con temperature rigide e precipita- zioni abbondanti. L’amministrazione locale della Norvegia, dele- gata dallo Stato e non sancita dalla Costituzione, è affidata a 19 Contee (fylker), una delle quali è la Contea urbana della capitale, Oslo. Popolazione e aspetti socio-culturali La Norvegia, secondo una stima del 2005, conta 4.623.000 ab. (erano 4.520.947 quelli rilevati dal censimento del 2001), in netta prevalenza di lin- gua e cultura norvegese. Tra le minoranze etni- che spicca per originalità quella dei Sami (Lap- poni), popolo stanziato in un’area a cavallo del parallelo di 70° N e condiviso con Svezia, Fin- landia e Russia. La lingua ufficiale è il norvegese, idioma appar- tenente al gruppo germanico settentrionale e affine al danese, nelle sue due diverse for- me scritte: il bokmål (norvegese dei libri) e il nynorsk (nuovo norvegese). Il bokmål è la forma scritta più usata (soprattutto nelle maggiori città), mentre il nynorsk viene utilizzato da circa il 10- 15% della popolazione. Una minoranza di circa 20.000 persone parla come madrelingua il sami, che in una parte della Lapponia è riconosciuto come lingua ufficiale, al pari del norvegese. La Norvegia ha una propria chiesa ufficiale di Stato, la Chiesa di Norvegia, di stampo evangelico- luterano, guidata dal Sovrano. A essa aderisce la grande maggioranza della popolazione (85,7%); la quota residua è divisa tra islamici (in aumento per i flussi migratori dal Medio Oriente e dall’Africa settentrionale), cattolici, pentecostali. Le città più importanti sono: Oslo (la capitale, con 540.000 ab.), Bergen (240.000) e Trondheim (150.000). Economia Moneta. L’unità monetaria è la corona norvege- se (NOK), il cui tasso di cambio medio nel 2005 è stato di NOK6,4437$1 e NOK8,00921. Struttura ed evoluzione dell’economia. Quella norvegese è un’economia mista, fondata sul libe- ro mercato, senza escludere però la presenza dello Stato, soprattutto in settori strategici come quel- lo petrolifero dove l’intervento pubblico si mani- festa attraverso la partecipazione al capitale socia- le delle principali imprese, l’introduzione di un particolare regime fiscale e la concessione di licenze per l’esplorazione e la produzione. La Norvegia registra uno dei più alti valori di PIL pro capite (42.300 dollari), classificandosi al quinto posto nella graduatoria mondiale, davan- ti agli Stati Uniti. A partire dalla metà degli anni Settanta del 20° sec. tale ricchezza è derivata in larga parte dalle esportazioni di petrolio di cui il paese dispone in abbondanza, così come di altre risorse naturali (idriche, ittiche, forestali e mine- rali) su cui poggia l’economia norvegese. La dipendenza dal petrolio rende la Norvegia parti- colarmente sensibile alle fluttuazioni del prezzo del greggio sui mercati internazionali. Le preoc- cupazioni riguardo a tale eccessiva dipendenza e la progressiva diminuzione delle riserve di olio hanno portato all’istituzione (1990) di un fondo governativo cui destinare i surplus petroliferi in modo da arginare eventuali deficit delle finanze governative e fronteggiare le future necessità finanziarie legate al declino dei ricavi petrolife- ri; tale fondo viene gestito dalla Banca Centrale norvegese e investito all’estero. A partire dalla metà degli anni Ottanta la Norvegia ha avviato un insieme di riforme strutturali per incrementa- re la competitività e l’efficienza dei mercati finan- ziari e dei servizi pubblici, principalmente attra- verso processi di deregolamentazione e privatiz- zazione. Bilancia commerciale. Il commercio con l’este- ro è una componente di primaria importanza nel- l’economia norvegese; nel 2004 le esportazioni hanno rappresentato il 46,6% del PIL e il valore complessivo delle merci scambiate è stato pari al 77,6% del PIL. Il principale partner commer- ciale è l’Unione Europea, di cui la Norvegia non fa parte, ma al cui mercato interno partecipa in VOLUME V / STRUMENTI Principali produttori di idrocarburi Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua) Settori 1974-1984 1985-1994 1995-2004 1974-2004 Agricoltura 1,1 3,6 0,7 1,6 Industria 4,6 4,3 1,7 3,7 Servizi 3,2 2,1 3,5 3,0 PIL 3,9 2,6 2,9 3,3 Fonte: elaborazioni su dati Ufficio Statistiche Norvegia. MARE DEL NORD

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Norvegia

Nome ufficiale: Kongeriket Norge(Regno di Norvegia)

Confini e territorioLa Norvegia è un paese dell’Europa settentrio-nale che si estende da sud-ovest a nord-est nelversante occidentale della Penisola Scandinava.Il lungo confine orientale la divide dalla Sveziae, in prossimità dell’estremo nord, dalla Finlan-dia e dalla Russia. Per il resto la Norvegia si affac-cia sul mare: a sud sullo Skagerrak, braccio ma-rino dipendente dal Mar del Nord; a ovest sulMar di Norvegia (Oceano Atlantico); a nord sul Mardi Barents (Mar Glaciale Artico). Due terzi delterritorio norvegese sono costituiti da catene ealtopiani profondamente incisi dall’erosione gla-ciale e fluviale. Le coste, che si estendono peroltre 25.000 km, sono estremamente frastagliatee caratterizzate dalle numerosissime isole che lefronteggiano e dalla continua presenza di fiordi.Nella regione litoranea il clima è mitigato dallacalda Corrente del Golfo; mentre nell’entroterraè più rude, con temperature rigide e precipita-zioni abbondanti.L’amministrazione locale della Norvegia, dele-gata dallo Stato e non sancita dalla Costituzione,è affidata a 19 Contee (fylker), una delle quali èla Contea urbana della capitale, Oslo.

Popolazione e aspetti socio-culturaliLa Norvegia, secondo una stima del 2005, conta4.623.000 ab. (erano 4.520.947 quelli rilevati dalcensimento del 2001), in netta prevalenza di lin-gua e cultura norvegese. Tra le minoranze etni-che spicca per originalità quella dei Sami (Lap-poni), popolo stanziato in un’area a cavallo delparallelo di 70° N e condiviso con Svezia, Fin-landia e Russia.La lingua ufficiale è il norvegese, idioma appar-tenente al gruppo germanico settentrionalee affine al danese, nelle sue due diverse for-me scritte: il bokmål (norvegese dei libri) e il

nynorsk (nuovo norvegese). Il bokmål è la formascritta più usata (soprattutto nelle maggiori città),mentre il nynorsk viene utilizzato da circa il 10-15% della popolazione. Una minoranza di circa20.000 persone parla come madrelingua il sami,che in una parte della Lapponia è riconosciutocome lingua ufficiale, al pari del norvegese. LaNorvegia ha una propria chiesa ufficiale di Stato,la Chiesa di Norvegia, di stampo evangelico-luterano, guidata dal Sovrano. A essa aderiscela grande maggioranza della popolazione(85,7%); la quota residua è divisa tra islamici(in aumento per i flussi migratori dal MedioOriente e dall’Africa settentrionale), cattolici,pentecostali.Le città più importanti sono: Oslo (la capitale,con 540.000 ab.), Bergen (240.000) e Trondheim(150.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria è la corona norvege-se (NOK), il cui tasso di cambio medio nel 2005è stato di NOK6,4437�$1 e NOK8,0092�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Quellanorvegese è un’economia mista, fondata sul libe-ro mercato, senza escludere però la presenza delloStato, soprattutto in settori strategici come quel-lo petrolifero dove l’intervento pubblico si mani-festa attraverso la partecipazione al capitale socia-le delle principali imprese, l’introduzione di unparticolare regime fiscale e la concessione dilicenze per l’esplorazione e la produzione. LaNorvegia registra uno dei più alti valori di PIL

pro capite (42.300 dollari), classificandosi alquinto posto nella graduatoria mondiale, davan-ti agli Stati Uniti. A partire dalla metà degli anniSettanta del 20° sec. tale ricchezza è derivata inlarga parte dalle esportazioni di petrolio di cui ilpaese dispone in abbondanza, così come di altrerisorse naturali (idriche, ittiche, forestali e mine-rali) su cui poggia l’economia norvegese. Ladipendenza dal petrolio rende la Norvegia parti-colarmente sensibile alle fluttuazioni del prezzodel greggio sui mercati internazionali. Le preoc-cupazioni riguardo a tale eccessiva dipendenza ela progressiva diminuzione delle riserve di oliohanno portato all’istituzione (1990) di un fondogovernativo cui destinare i surplus petroliferi inmodo da arginare eventuali deficit delle finanzegovernative e fronteggiare le future necessitàfinanziarie legate al declino dei ricavi petrolife-ri; tale fondo viene gestito dalla Banca Centralenorvegese e investito all’estero. A partire dallametà degli anni Ottanta la Norvegia ha avviatoun insieme di riforme strutturali per incrementa-re la competitività e l’efficienza dei mercati finan-ziari e dei servizi pubblici, principalmente attra-verso processi di deregolamentazione e privatiz-zazione.

Bilancia commerciale. Il commercio con l’este-ro è una componente di primaria importanza nel-l’economia norvegese; nel 2004 le esportazionihanno rappresentato il 46,6% del PIL e il valorecomplessivo delle merci scambiate è stato parial 77,6% del PIL. Il principale partner commer-ciale è l’Unione Europea, di cui la Norvegia nonfa parte, ma al cui mercato interno partecipa in

VOLUME V / STRUMENTI

Principali produttori di idrocarburi

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1974-1984 1985-1994 1995-2004 1974-2004

Agricoltura 1,1 3,6 0,7 1,6Industria 4,6 4,3 1,7 3,7Servizi 3,2 2,1 3,5 3,0

PIL 3,9 2,6 2,9 3,3

Fonte: elaborazioni su dati Ufficio Statistiche Norvegia.

MARE DEL NORD

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quanto firmataria dell’accordo entrato in vigorenel 1994 sullo Spazio Economico Europeo (Euro-pean Economic Area, EEA). Le esportazioni(greggio e prodotti petroliferi, macchinari, metal-li, prodotti chimici, navi e pesce) sono diretteprincipalmente verso Regno Unito (22,3%), Ger-mania (12,9%), Paesi Bassi (9,9%), Francia(9,6%), Stati Uniti (8,4%) e Svezia (6,7%); men-tre le importazioni (macchinari, metalli, prodot-ti chimici, prodotti alimentari) provengono daSvezia (15,7%), Germania (13,6%), Danimarca(7,3%), Regno Unito (6,5%), Cina (5%), StatiUniti (4,9%), Paesi Bassi (4,4%) e Francia (4,3%).

Quadro energeticoLa Norvegia è un importante produttore di ener-gia (idroelettrica, olio e gas) ed è un paese espor-tatore di olio e gas. Nel 2004 ha prodotto ener-gia per 238,63 milioni di tep, esportandone 210,84milioni. Il consumo è stato di 39 milioni di tep(24,7 di energia idroelettrica, 9,6 di olio, 4,1 digas e 0,6 di carbone). Si prevede che la doman-da di energia primaria cresca fino al 2030, a untasso annuale dello 0,7%.

Idrocarburi

Storia dell’attività petrolifera. La prima attivitàdi ricerca nel territorio norvegese iniziò negli anniSessanta del 20° sec. nelle isole Svalbard, che,nonostante la loro posizione geografica remota,furono esplorate da Amosea (Chevron-Texaco) eShell, oltre che dai Russi e dai Francesi dellaCompagnie Française des Pétroles.Nel 1958 il Trattato di Ginevra (gli accordi saran-no poi ratificati all’inizio degli anni Sessanta)consentì di definire i confini internazionali dellepiattaforme continentali, dando inizio alla ricer-ca offshore. Ricordiamo che già negli anni Tren-ta i Tedeschi avevano eseguito le prime prospe-zioni gravimetriche in mare e successivamenteOlandesi e Statunitensi avevano effettuato auto-nomamente rilievi geofisici per definire lo spes-sore della copertura sedimentaria. Molti di que-sti dati erano stati pubblicati all’inizio degli anniSessanta permettendo a diverse compagnie dielaborare un modello preliminare della geologiadell’area. Fino ai primi anni Sessanta, comun-que, campagne sismiche dettagliate erano scar-se e sporadiche e solo nel 1963 fu programma-to un rilievo sismico sistematico patrocinatosoprattutto da Esso, Shell e BP (British Petro-leum). Rilievi geofisici e magnetici che mette-vano in evidenza il potenziale minerario dell’a-rea venivano contemporaneamente eseguiti neisettori tedesco e francese.La prima gara nel Mar di Norvegia fu annuncia-ta nel 1965 e 9 compagnie ottennero 22 permes-si di ricerca. Il primo pozzo nel settore norvege-se fu perforato dalla Esso nel 1966. Comunque,in un contesto geominerario ritenuto prevalente-mente gas-prone, Phillips scoprì in acque nor-vegesi nel 1968 il giacimento a gas e condensa-to di Cod e nel 1970 il campo di Ekofisk. Segui-rono le scoperte di West Ekofisk, Eldfisk, Torfelte l’importante scoperta di gas a Frigg. I primianni Settanta videro diversi successi nell’esplo-razione, non solo nel settore norvegese ma anchein quello britannico. L’operatore che ebbe i miglio-ri risultati fu Phillips. All’inizio degli anni Set-tanta furono inoltre scoperti Statfjord, Brent, Cor-morant, Beryl, Ninian, Magnus, Bruce, SleipnerWest, Alwyn North, Maureen, Hutton, Thistle e

Dunlin, e più tardi, nel 1978-79, Snorre e Gull-faks. Il primo olio fu prodotto da Ekofisk neglianni Settanta. Nel Mar di Norvegia l’attività ini-ziò negli anni Settanta e le prime scoperte risal-gono agli anni Ottanta. Nella Trondelag Platformla ricerca fu attivata nel 1973 da parte del Norwe-gian Petroleum Directorate (NPD; v. oltre) e iprimi pozzi vennero perforati nel decennio Ottan-ta, con le scoperte di Draugen, Midgard e Tyrihans.Nel Voring Basin, invece, dove i primi rilievi risal-gono al 1975 e il primo pozzo perforato al 1982,le scoperte (Heidrun, Smoerbukk e SmoerbukkSouth) vennero fatte a metà degli anni Ottanta oall’inizio dei Novanta (Norne). Nel More Basini primi permessi furono assegnati nel 1977 e furo-no compiute alcune scoperte marginali. Solo allafine degli anni Novanta sarà scoperto il giaci-mento di Ørmen Lange, con oltre 300 miliardi dim3 di gas.Nel Mare di Barents, anche se rilievi sismicierano stati eseguiti fin dai primi anni Settanta,il primo bid round fu lanciato nel 1980 con asse-gnazione di permessi a Statoil e Norsk Hydro.Il giacimento a olio e gas di Snøhvit fu scoper-to nel 1984. Nel bacino i Sovietici avevano fatto,nel 1988, la scoperta di Shtokmanovskoye, di2.400 miliardi di m3.Nel luglio 1972 venne istituito il Norwegian Petro-leum Directorate (NPD), con il compito di gesti-re le risorse petrolifere della piattaforma conti-nentale norvegese. La successiva attività resenecessaria un’organizzazione ad hoc, con la crea-zione di NPD da una parte e della compagnia diStato, Statoil, dall’altra. La Statoil è attualmen-te posseduta per il 71% dal governo e ha proprietàdiretta sul 40% della produzione di olio attra-verso lo State Direct Financial Interest (SDFI).Nel 1978 è stato costituito il Ministry of Petro-leum and Energy che ha inglobato NPD e a cuisono state demandate tutte le funzioni relativeall’energia. Nel 2004, infine, NPD è stato sud-diviso in due organismi indipendenti, NPD ePetroleum Safety Authority (PSA) Norway.L’acquisizione di blocchi esplorativi avviene tra-mite bid round (recentemente è stata annuncia-ta la diciannovesima gara nella quale vengonoofferti blocchi nel Mare di Barents e nel Mar diNorvegia).Oltre a Statoil, Norsk Hydro, Dno, e alle com-pagnie storicamente radicate nel paese, quali BP,Shell, BG (British Gas), ConocoPhillips, Esso,Elf (ora Total), molte altre sono presenti. Tra que-ste ricordiamo Amerada Hess, ChevronTexaco,Eni, Ruhrgas, Gaz de France, Idemitsu, Lundin,Maersk, Marathon, Paladin Resources, Petro-Canada, Premier, RWE Dea e Wintershall.Accordi di cooperazione per le risorse comunilungo la linea mediana del Mare del Nord sonostati firmati nel 2005 con il Regno Unito e conla Russia per il giacimento di Shtokmanovskoye.

Olio. La Norvegia al 2004 disponeva di riserveper 9,4 miliardi di bbl (erano 4,9 miliardi nel1994). Le riserve sono ubicate essenzialmentenel Mare del Nord (North Sea Graben), in minormisura nel Mar di Norvegia (Voring Basin, Tron-delag Platform e More Basin) e infine nel Maredi Barents. Il North Sea Graben, dove nella solaparte norvegese sono state scoperte riserve cumu-lative per oltre 20 miliardi di bbl, contiene i campidi Statfjord (oltre 4 miliardi di bbl), Ekofisk (3,3),Gulfaks (2,2), Snorre (1,5), tanto per citare i piùimportanti, mentre la limitrofa Horda Platform

contiene i campi di Oseberg (oltre 2 miliardi dibbl) e di Troll (1,5 miliardi). Nel Voring Basin silocalizzano i campi di Heidrun (1,3 miliardi dibbl), Norne (560 milioni), Smoerbukk e Smoer-bukk South, e nella vicina Trondelag Platform ilcampo di Draugen con 870 milioni di bbl. NelMare di Barents, che ha riserve cumulative di 300milioni di bbl, il campo più grande è Goliat con200 milioni di bbl.Nel 2004 la Norvegia ha prodotto 3,1 milioni dibbl/d di olio con un leggero decremento rispettoall’anno precedente. Il leggero declino è in attodal 2001, anno nel quale la produzione ha toc-cato il massimo di 3,4 milioni di bbl/d. È comun-que diffusa la convinzione che la messa in pro-duzione dei nuovi campi possa contrastare inmodo significativo questo declino.La maggior parte della produzione di olio pro-viene dal complesso di Troll che eroga oltre300.000 bbl/d, seguito da Ekofisk, Snorre, Ose-berg e Draugen. Il maggior produttore è Statoilcon 1,4 milioni di bbl/d, seguito da Norsk Hydrocon 700.000 bbl/d, ConocoPhillips con 309.000,ExxonMobil con 125.000 e BP con 121.000. Iconsumi di 209.000 bbl/d nel 2004 lasciano unospazio notevole all’esportazione. La Norvegia èinfatti il terzo esportatore di olio dopo ArabiaSaudita e Russia. L’esportazione è diretta versoil Regno Unito e anche verso Paesi Bassi, StatiUniti, Germania, Canada e Francia.I campi offshore sono collegati con la terrafer-ma tramite un’efficiente rete di oleodotti. I piùimportanti sono l’Oseberg Transport System(OTS), che porta l’olio al terminal di Stura, e l’o-leodotto di Troll, che è collegato con Mongstad.Tra gli oleodotti internazionali ricordiamo il Nor-pipe gestito da ConocoPhillips con capacità di900.000 bbl/d, che connette il campo di Ekofiskcon la raffineria di Teesside in Inghilterra.La capacità di raffinazione della Norvegia è di310.000 bbl/d con due raffinerie principali: quel-la di Mongstad della Statoil, di 200.000 bbl/d, equella di Slagen della Exxon Mobil, di 110.000bbl/d. I prodotti raffinati vengono esportati neimercati dell’Unione Europea.

Gas. Le riserve di gas nel 2004 ammontavano a2.390 miliardi di m3 (erano 560 miliardi nel 1994)e sono localizzate prevalentemente nel North SeaGraben (dove sono state scoperte riserve cumu-lative di 2.500 miliardi di m3) e nel Mar di Nor-vegia (1.500 miliardi di m3). Il North Sea Gra-ben contiene i campi di Frigg (190), Ekofisk (155),Statfjord (127), Sleipner West (110), Oseberg(80), Gulfaks (56), Eldfisk (51), mentre nel Mardi Norvegia sono localizzati i campi di ØrmenLange (375), Midgard (104), Smoerbukk (71),Kristin (43), Heidrun (40), Norne (17) e nel Maredi Barents i campi di Snøhvit (167), Askeladd,Albatross e Goliath.La produzione di gas ammontava nel 2004 a 78,5miliardi di m3 (erano 26,6 nel 1994) a fronte diun consumo di 4,6 miliardi di m3 (quasi raddop-piato rispetto al 1994). La Norvegia è il terzopaese esportatore di gas dopo Russia e Canada.La scena produttiva è dominata da Statoil e NorskHydro, anche se compagnie internazionali comeExxonMobil e BP hanno una presenza consistentenel mercato norvegese. La maggior produzionedi gas proviene da Troll (26 miliardi di m3/a) equindi da Sleipner (12,8 miliardi), Asgard (10),Oseberg (7) e altri campi minori che hanno unaproduzione complessiva di oltre 20 miliardi di m3.

566 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

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567VOLUME V / STRUMENTI

MARE DEL NORD

F R A N C I A

SHETLAND

ORCADIEBRIDI

MAN

R E G N OU N I T O

IRLANDA

DANIMARCA

POLONIA

BELGIO

G E R M A N I A

N O RV E G I A

S V E Z I A

PAESI BASSI

BARENTS SEABASIN

NORWEGIANSEA

BASINS

NORWEGIANSEA

BASINS

WEST-SHETLANDBASIN

NORTH SEAGRABEN

ANGLO-DUTCHBASIN

ANGLO-PARIS BASIN

IRISH SEABASIN

Oslo

Bergen

Karsto

Stavanger

Mongstad

Londra

Birmingham

Cardiff

Plymouth

Felixstowe

Bacton

Coryton

FawleyExeter

Swansea

Milford HavenPembroke

Aberdeen

Trondheim

Alesund

Tjeldbergodden

Dundee

Nigg

ManchesterEasthamStanlom

Liverpool

Leeds

Belfast

Glasgow

Edimburgo

Newcastle upon Tyne

Teesside

AberdourGrangemouth

KristiansandMandal

Arendal

Sandefjord

SlagenPorsgrunn

Dublino

campo a olio

principali bacini petroliferiprincipali raffinerieprincipali terminal

gasdottogasdotto in costruzione o in progetto

oleodotto in costruzione o in progetto

impianti di esportazione di GNL in costruzioneimpianti di importazione di GNLimpianti di importazione di GNL in costruzione

IRLANDA

R E G N OU N I T O

DANIMARCA

PAESIBASSI

Oslo

Londra

SHETLAND

ORCADIEBRIDI

MAN

F E N N O S C A N D I A

GERMANIA

Elba

Reno

OC

EA

NO

A

TL

AN

TI

CO

OC

EA

NO

AT

LA

NT

I CO

BELGIO

M A R BA L T I C

O

NORVEGIA

Londonderry

LagoVänern

LagoVättern

L a M a n i c a

M A R E

D E L N O R D

Elba

Ren

o

Vistola

FÆR ØER(DK)

ÖLAND

GOTLAND

SAAREMAA

HIIUMAA

ÅLAND

ISLANDA

SVEZIA

FINLANDIA

FEDERAZIONERUSSA

FE

DE

RA

ZIO

NE

RU

SS

A

POLONIA

UCRAINA

ESTONIA

LETTONIA

LITUANIA

BIE

LO

RU

SSIA

L A P P O N I A

Go

l fo

di

Bo t n

i a

MA

R

DI

N

OR

VE

GI

A

Tromsø

300 km0 150

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

500 km0 250

campo a gas oleodotto

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L’incremento di produzione è garantito dalla messain linea di nuovi campi dall’area di Halten BankWest (Kristin, Lavrans, Erlend, Morvin e Ragn-frid) e dal Mare di Barents (Snøhvit, Albatross eAskeladd).I gasdotti nazionali trasportano il gas dai campioffshore del North Sea ai terminal della costa.Importanti sono l’Asgard Transport System (ATS)che collega i campi satelliti di Asgard con il ter-minal di Karsto; la linea ha una capacità di 20miliardi di m3/a ed è lunga 700 km. Inoltre visono altri importanti gasdotti: l’Haltenpipe checonnette Hedrun con Tjeldbergodden, lo Statpi-pe che trasporta gas dal campo di Statfjord a Kar-sto. L’esportazione di 70 miliardi di m3 di gas èrivolta preferenzialmente verso Germania, RegnoUnito, Francia e Belgio. La Norvegia gestiscealcune linee che connettono i campi a gas con ilresto dell’Europa tramite alcune piattaforme dicontrollo e smistamento come Draupner, Slei-pner e Heimdal. Le linee internazionali sono laFranpipe che trasporta gas dai campi di Troll eSleipner a Dunkerque in Francia, la Zeepipe I checollega Sleipner a Zeebrugge, in Belgio e la Zee-pipe II, che connette il terminal di Kollsnes allepiattaforme di Sleipner e Draupner da dove vieneconvogliato in Belgio attraverso lo Zeepipe I. Trelinee connettono i campi norvegesi alla Germa-nia (Europipe I, Europipe II e Norpipe). La Totalgestisce, inoltre, la linea che trasporta a St. Fer-gus in Scozia il gas del campo di Frigg. Nel2001poi è iniziata la costruzione della LangeledGas Pipeline che dovrebbe trasportare il gas diØrmen Lange a Easington, Regno Unito. Ilgasdotto, lungo 1.200 km, avrà una capacità ini-ziale di 19 miliardi per raggiungere a regime i 30miliardi di m3/a.Per amministrare la rete di distribuzione del gasè stata creata nel 2001 la Gasco che controllaanche l’esportazione del gas verso l’estero.La Norvegia ha un solo piccolo impianto di GNL,con capacità di 12.000 t/a, localizzato a Tjeld-bergodden. La produzione è destinata alla Sve-zia. Statoil ha in programma un impianto di espor-tazione a Melkoya, presso Hammerfest, rifornitodal complesso di Snøhvit. Il progetto, completa-to nel 2006, con una capacità iniziale di 4,2 milio-ni di t (5,7 miliardi di m3), prevede la destina-zione del gas liquefatto verso gli Stati Uniti e inquantità subordinata verso la Spagna.

Regno Unito

Nome ufficiale: United Kingdom of GreatBritain and Northern Ireland (Regno Unito diGran Bretagna e Irlanda del Nord)

Confini e territorioIl Regno Unito è formato dalla più vasta isolaeuropea, la Gran Bretagna, dalla parte nord-orien-tale dell’Irlanda (Irlanda del Nord) e da nume-rose isole più piccole. Nell’isola maggiore sidistinguono tre grandi regioni storiche: l’Inghil-terra, il Galles e la Scozia. Le coste della GranBretagna sono bagnate a sud dal Canale dellaManica, a ovest dal Mar d’Irlanda e dall’OceanoAtlantico, a nord dall’Oceano Atlantico e a estdal Mare del Nord. L’Irlanda del Nord confinaa sud e a ovest con la Repubblica d’Irlanda; le

sue coste sono bagnate a est dal Mar d’Irlanda,a nord-est dal Canale del Nord e a nord dal-l’Oceano Atlantico.Il territorio dell’ Inghilterra è caratterizzato dazone collinari e da bassi rilievi (i Monti Penni-ni), che scendono verso pianure ondulate a est ea sud-est; il Galles è prevalentemente occupatodai Monti Cambrici; la Scozia è caratterizzatadalla presenza, scendendo da nord a sud, delleHighlands (che comprendono i Monti Grampia-ni, nei quali si trova il Ben Nevis, massima alti-tudine del paese, a soli 1.340 m), delle Lowlandse delle Southern Uplands. L’Irlanda del Nord èprevalentemente collinare.Predomina un clima temperato oceanico per l’in-fluenza dell’Atlantico e l’azione mitigatrice dellaCorrente del Golfo che addolcisce sensibilmen-te le temperature invernali, specie in Inghilterrae in Galles; solo in Scozia il clima è più rigido,di tipo freddo oceanico.

Popolazione e aspetti socio-culturaliIl Regno Unito conta una popolazione di 59,7milioni di ab., di cui il 92,3% è europea (77%inglese, 7,8% scozzese, 4,4% gallese, 2,9% nord-irlandese) e il resto proveniente essenzialmenteda paesi afroasiatici già colonie britanniche.Benché l’inglese sia parlato dalla totalità dellapopolazione, il Regno Unito non ha una linguaufficiale; altre lingue parlate sono il gallese (1%della popolazione totale, circa il 26% della popo-lazione del Galles), il gaelico irlandese (0,2%) eil gaelico scozzese (0,1%). Il Regno Unito è unpaese in larga parte cristiano, con due Chiese diStato, quella anglicana in Inghilterra e Galles equella presbiteriana in Scozia. La prima, separa-tasi dalla Chiesa Cattolica Romana nel 16° sec.,è guidata dall’Arcivescovo di Canterbury e ilMonarca inglese ne è il Capo. Essa riveste ancheun ruolo politico (26 vescovi siedono nella Came-ra dei Lord), diversamente da quanto avviene perla seconda. Il 71,6% della popolazione si pro-fessa di religione cristiana, il 2,7 musulmano,l’1% induista, l’1,6% di altre confessioni; il 23%non professa, o non dichiara, alcuna religione. Le principali città per popolazione sono: Londra(capitale del Regno Unito e dell’Inghilterra, conoltre 7 milioni di ab., ma quasi 12 milioni nel-l’intera agglomerazione urbana, la Greater Lon-don), Birmingham (1.000.000 di ab. e 2.600.000nell’agglomerazione), Manchester (430.000, maben 2.500.000 nell’agglomerazione, la GreaterManchester), Leeds (730.000 e 2.150.000), Gla-sgow (620.000 e 1.550.000), Sheffield (530.000e 1.300.000), Liverpool (470.000 e 1.350.000).Edimburgo (450.000 ab.), Cardiff (310.000) eBelfast (300.000) sono, rispettivamente, le capi-tali di Scozia, Galles e Irlanda del Nord.

Economia

Moneta. Benché membro della Comunità Euro-pea fin dal 1971, il Regno Unito non ha aderito

all’Unione Economica e Monetaria Europea. L’u-nità monetaria del Regno Unito è la sterlina bri-tannica (GBP), il cui tasso di cambio medio nel2005 è stato di GBP1,82�$1 e GBP0,68�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. L’econo-mia britannica è la sesta del mondo per dimen-sione del PIL (calcolato a parità del potere d’ac-quisto), e la seconda in Europa dopo quella tede-sca. Teatro della prima rivoluzione industriale nelcorso del 19° secolo, il Regno Unito si è pro-gressivamente sviluppato fino a diventare unodei principali centri finanziari mondiali, grazieanche all’importante ruolo assunto dalla piazzadi Londra. Il settore terziario contribuisce per il72,9% del PIL e occupa il 79,4% della forza-lavo-ro, mentre l’industria e l’agricoltura contribui-scono, rispettivamente, per il 26 e l’1,1% del PILe impiegano il 19,1 e l’1,5% della forza lavoro.Il Regno Unito dispone di grandi riserve di car-bone, petrolio e gas che hanno contribuito allosviluppo del paese e svolgono un ruolo determi-nante nell’economia nazionale, con una genera-zione di energia primaria che copre il 10% delPIL. Nel corso dell’ultimo trentennio l’andamentodel PIL (cresciuto con una media annua del 2,3%)ha subito diverse contrazioni a seguito degli shockpetroliferi a metà degli anni Settanta, così comenei primi anni Ottanta e Novanta. In reazione allastagnazione economica seguita alle due crisi petro-lifere degli anni Settanta, l’economia britannicaha avviato, sotto la guida dell’allora Primo Mini-stro Margaret Thatcher (1979-90), un ampio pro-gramma di riforme strutturali. Tali riforme hannocomportato la progressiva fuoriuscita dello Statodall’attività economica per effetto dei processi diliberalizzazione e privatizzazione. A partire dal1982 si è aperta una nuova fase di ripresa del PIL,con una crescita media reale del 3,6% nel perio-do 1982-89 e con un picco del 5% nel 1988. Dopouna nuova e grave recessione negli anni 1990-92(che ha comportato una riduzione complessivadel reddito pari al 4%), si è aperta una fase diespansione che ha fatto registrare una crescitamedia annua del 2,8% in termini reali nel perio-do 1995-2004.

Bilancia commerciale. Le esportazioni (manu-fatti, carburanti, prodotti chimici e alimentari)sono rivolte principalmente verso gli Stati Uniti(15,3%), la Germania (10,8%), la Francia (9,2%),l’Irlanda (6,8%), i Paesi Bassi (6%), il Belgio(5,1%), la Spagna (4,5%) e l’Italia (4,2%). Leimportazioni (manufatti, macchinari, carburantie generi alimentari) provengono soprattutto daGermania (13%), Stati Uniti (9,3%), Francia(7,4%), Paesi Bassi (6,6%), Belgio (4,9%), Cina(4,3%) e Italia (4,3%).

Quadro energeticoIl Regno Unito è attualmente un paese esporta-tore di olio (importa invece carbone e gas). Nel2004 ha prodotto energia totale per 225,21 milioni

568 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1981 1982-1989 1990-1994 1995-2004 1972-2004

Agricoltura �2,2 3,0 �1,0 –4,3 –1,3Industria 1,1 1,6 �1,4 0,3 0,6Servizi 1,7 4,4 2,7 4,0 3,1

PIL 1,4 3,6 1,4 2,8 2,3

Fonte: elaborazioni su dati ONU.

Page 5: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

di tep e ne ha esportati 11,65. Nello stesso annoil Regno Unito ha consumato 226,9 milioni ditep (80,8 milioni di tep di olio; 88,2 milioni digas, 38,1 milioni di carbone, 18,1 milioni di ener-gia nucleare e 1,7 milioni di energia idroelettri-ca). Per quanto riguarda l’olio, il declino che siè verificato negli ultimi anni dovrebbe continua-re e si prevede che entro il 2010, il Regno Unitodiventi un paese importatore. Crescerà, inoltre,il consumo di gas, in sostituzione di carbone e dienergia nucleare.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Nei primi decen-ni del 20° sec. le attività di ricerca petrolifera nelRegno Unito erano molto modeste e prima del1935 pochi pozzi erano stati perforati. Nel 1934fu promulgato il Petroleum (Production) Act, stru-mento legislativo che permetteva l’assegnazionedi titoli minerari. La D’Arcy Exploration Com-pany (poi British Petroleum, BP), che era stata laprima compagnia a eseguire una campagna esplo-rativa (1935-36), durante la Seconda Guerra Mon-diale intensificò la sua attività, spinta dalla neces-sità di trovare olio per il mercato nazionale. Eranopresenti anche la Standard Oil of New Jersey ela Steel Brothers. Furono scoperti i campi a olioEakring-Duke’s Wood, Eskdale (1939), KelhamHills (1941), Caunton (1943), oltre a piccoli campia gas nello Yorkshire. Dopo una pausa nell’im-mediato dopoguerra, l’attività riprese negli anniCinquanta per merito di D’Arcy e di SteelBrothers. Nel 1958 il Trattato di Ginevra consentìdi definire i confini internazionali delle piat-taforme continentali, permettendo l’esplorazio-ne in mare. Gli accordi furono poi ratificati all’i-nizio degli anni Sessanta, quando il campo diGroningen risultò essere un giacimento impor-tante che influì sullo sviluppo della ricerca off-shore. Nel 1933 i Tedeschi avevano eseguito iprimi rilievi gravimetrici in mare e squadre geo-fisiche olandesi e statunitensi avevano effettua-to autonomamente rilievi per definire lo spesso-re delle coltri sedimentarie. Molti di questi datierano stati pubblicati all’inizio degli anni Ses-santa, permettendo a molte compagnie di farsiun’idea preliminare del contesto geologico. Solonel 1963 fu effettuata una prospezione sismicapatrocinata soprattutto da Esso, Shell e BP, men-tre nelle altre zone del mare di pertinenza tede-sca e francese venivano eseguiti rilievi geofisicie magnetici che mettevano in evidenza l’altapotenzialità dell’area. Il settore favorito per l’i-nizio delle operazioni fu quello olandese perchéprossimo a giacimenti costieri; esso fu perfora-to, ma i tre pozzi eseguiti risultarono sterili e ciòprecluse per alcuni anni il prosieguo dell’attività.Nel settore britannico fu promulgato il Conti-nental Shelf Act e l’area fu suddivisa in blocchiche furono offerti alle compagnie petrolifere,molte delle quali (oltre sessanta) mostrarono ungrande interesse. A 22 di queste furono assegna-ti complessivamente 346 blocchi di ricerca. L’at-tività di perforazione nel settore inglese portò allescoperte di quattro campi di notevoli dimensio-ni: West Sole nel 1965, Leman, Indefatigable eHewett nel 1966. Nel frattempo un accordo bila-terale con la Norvegia aveva permesso di defini-re la linea mediana e all’inizio degli anni Settantasopraggiunsero i risultati incoraggianti della Phil-lips nel settore norvegese, che segnarono l’iniziodi intensi investimenti nell’area. A partire dagli

anni Settanta furono assegnate diverse licenze enegli anni successivi furono compiute numerosescoperte tra le quali ricordiamo Brent, Piper,Josephine, Auk e Forties, Cormorant, Beryl, Mon-tuose, Maureen e tante altre soprattutto nel NorthSea Graben. Scoperte di gas vennero fatte nel-l’Anglo-Dutch Basin, mentre nell’Anglo-ParisBasin le scoperte risultarono medio-piccole.Anche nelle aree più remote, nelle Shetland Occi-dentali e tra Faroer e Shetland negli anni Ottan-ta operarono Shell, Amoco, Gas Council, Britoil,BP, Gulf, Elf, Esso, Marathon e Total. Nell’areasi registrarono le scoperte di Clair (1977) e poiquelle più recenti di Foinaven (1990) e Schiehal-lion (1993).L’attività relativa agli idrocarburi è attualmenteregolata dal Petroleum Act del 1998. Responsa-bile dell’assegnazione delle licenze è il DTI(Department of Trade and Industry). Ricordiamoche nel 1974, per lo sviluppo delle risorse di idro-carburi della piattaforma continentale (UKCS,United Kingdom Continental Shelf) era statocostituito un dipartimento specifico, il Depart-ment of Energy, ma dal 1992 le funzioni sono dinuovo di diretta pertinenza DTI. L’offerta di areeavviene tramite bid round, il più recente dei qualiil 23rd Oil and Gas Licensing Round, del 2005,ha attirato l’interesse di 114 compagnie. Oltrealle maggiori compagnie storiche che hanno avutoun ruolo importante quali Amerada Hess, BG(British Gas), BP, Amoco, BHP, ChevronTexaco,Elf (oggi Total) ExxonMobil, Phillips, RangerOil e Royal-Dutch/Shell, sono attualmente pre-senti nel paese diverse compagnie tra le qualiricordiamo Eni, Kerr McGee, Marathon, Maer-sk, Rwe Dea e altre minori.

Olio. Le riserve di olio del Regno Unito ammon-tavano nel 2004 a 4,5 miliardi di bbl (erano 6miliardi nel 1994) localizzate prevalentementenel North Sea Graben, che si estende agli Stativicini quali Norvegia e Germania (e dove sonostate scoperte riserve cumulative di oltre 15 miliar-di di bbl nel solo settore britannico), nel bacinodelle Shetland Occidentali, tra Shetland e Faroer(2,2 miliardi di bbl), e marginalmente nell’An-glo-Paris Basin con circa 500 milioni di bbl. Icampi principali del Mare del Nord sono Statfjord (4,2 miliardi di bbl), Forties (2,7 miliardi di bbl),Brent (2 miliardi di bbl), Ninian (1,28 miliardi dibbl), Piper (1,074 miliardi di bbl), Magnus (908milioni di bbl), Beryl (809 milioni di bbl), Cor-morant (oltre 600 milioni di bbl). Nell’Anglo-Paris Basin, a parte il campo principale di WytchFarm, a terra, con quasi 500 milioni di bbl, glialtri giacimenti sono medio-piccoli, mentre nel-l’area a ovest delle isole Shetland si trovano Clair(250 milioni di bbl), Foinaven e Schiehallion perun totale di 890 milioni di bbl.La produzione totale di olio nel 2004 è stata di 2milioni di bbl/d, con un calo del 10% rispettoall’anno precedente. Il consumo è stato di 1,75milioni di bbl/d e ha lasciato un certo spazioall’esportazione. Nel 1994 la produzione era statadi 2,67 milioni e nel 1999 aveva toccato un mas-simo storico, con oltre 2,9 milioni di bbl/d. Ildeclino rilevato in questi ultimi anni pertantocontinuerà. Si prevede una produzione di circa1,3 milioni di bbl/d nel 2009. La causa di questasituazione risiede nella maturità dei campi pro-duttivi e nei costi di sviluppo elevati dei nuovicampi in aree più difficili e remote. L’obiettivo delDTI è di ricostituire le riserve, sfruttare i piccoli

giacimenti e migliorare la produttività dei vec-chi campi. Il maggior produttore è BP con 500.000bbl/d (Schiehallion da solo ne produce oltre100.000), seguita da Shell, ChevronTexaco e Total.Tra tanti piccoli operatori che sono entrati conquesta finalità sulla scena petrolifera del paese,ricordiamo Apache (che ha acquistato Forties),Talisman, Perenco, Paladin Resources e altri chepensano di gestire in modo più idoneo i piccoligiacimenti. L’olio prodotto è di 30-40 °API, pove-ro di zolfo e pertanto molto richiesto dal mer-cato. Il Regno Unito esporta olio dal 1981 versogli Stati Uniti, la Francia, la Germania e i PaesiBassi, che a loro volta vendono il prodotto sulmercato di Rotterdam. Nel 2004 l’esportazioneè stata di 235.000 bbl/d di greggio e 134.000 diprodotti petroliferi.La rete di oleodotti permette di rifornire i ter-minali della Scozia e dell’Inghilterra settentrio-nale dalle piattaforme del Mare del Nord. I prin-cipali oleodotti sono quelli gestiti dalla BP: quel-lo di Forties-Cruden Bay, di 176 km, e unsecondo oleodotto lungo 170 km che porta ilgreggio dei campi settentrionali offshore al ter-minale di Sullom Voe nelle isole Shetland. LaTotal possiede due oleodotti: uno di 240 km checollega i campi di Bruce e Forties a Cruden Baye un secondo, di 200 km, che collega Piper conFlotta (isole Orcadi), mentre la Esso-Shell gesti-scono congiuntamente un oleodotto di 148 kmdal campo di Cormorant a Sullom Voe e la Tali-sman l’oleodotto di 50 km tra il campo di Bea-trice e il terminal di Nigg Bay. A terra ricordia-mo l’oleodotto che collega il campo di WytchFarm alla raffineria di Fawley e al vicino ter-minal di Southampton; infine il collegamentointernazionale Norpipe, con capacità di 900.000bbl/d della ConocoPhillips che connette i campinorvegesi di Ekofisk con Teesside sulla costainglese.La capacità di raffinazione del Regno Unito è di1,8 milioni di bbl/d. La raffineria maggiore ope-rata da ExxonMobil è quella di Fawley (320.000bbl/d); quelle BP sono Grangemouth in Scozia(196.000 bbl) e a Coryton, (163.000 bbl). Anchealtre compagnie sono coinvolte nella raffinazio-ne (Total 330.000 , Shell 245.000, Conoco Phil-lips 221.000, ChevronTexaco 210.000).

Gas. Alla fine del 2004 le riserve di gas ammon-tavano a 590 miliardi di m3 (erano 730 nel 1994),localizzate essenzialmente nel North Sea Grabencome gas associato e nei campi a gas dell’An-glo-Dutch Basin e nell’Irish Sea Basin.Il North Sea Graben, che ha riserve cumulativedi oltre 1.500 miliardi di m3 nel solo settore bri-tannico, contiene i campi a gas associato di Brent(147.000 miliardi di m3), Statfjord (127), Bruce(81), Alwyn North (53), Brae East (33), Frank-lin (26), Forties (24), mentre nell’Anglo-DutchBasin i principali campi a gas naturale sonoLeman (343), Hewett (134), Indefatigable (133),West Sole (61) e molti altri. Nel Mar d’Irlandasono ubicati i campi di Morecambe South (145),Morecambe North (36), Hamilton (14), Lennox(10), Millom (8).Il Regno Unito è attualmente il quarto produt-tore di gas dopo la Federazione Russa, gli StatiUniti e il Canada. Nel 2004 ha prodotto 95,9miliardi di m3 (ne produceva 64,6 nel 1994). C’è,però, da rilevare che dal 2000 (anno durante ilquale si è assistito a un picco di produzione dioltre 108 miliardi) è iniziato un lento declino con

569VOLUME V / STRUMENTI

MARE DEL NORD

Page 6: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

un saldo negativo tra produzione e consumi. Que-sti infatti sono cresciuti nell’ultimo decennio dai66,1 miliardi di m3 del 1994 ai 98 miliardi del2004, con un incremento del 2,7% rispetto all’an-no precedente.La produzione di gas proviene dall’area diShearwater-Elgin, in particolare dai campi a gasnaturale Elgin (Total), Franklin (Total), Halley(Talisman), Scoter (Shell) e Shearwater (Shell).I maggiori produttori di gas sono BP, Shell eTotal, mentre la distribuzione, completamenteprivatizzata, è gestita da Centrica e da BritishGas, che sono anche presenti nell’upstream. Igasdotti che riforniscono terminal costieri daicampi offshore sono quattro: la Shearwater-Elgin Line (SEAL), lunga 464 km con capacitàdi 17 miliardi di m3/a operata da Total che col-lega i campi suddetti con Bacton; la ScottishArea Gas Evacuation (SAGE), di 320 km (capa-cità 15 miliardi di m3/a) e gestita da ExxonMobil che porta il gas dei campi offshore a Saint

Fergus in Scozia; la Central Area TransmissionSystem (CATS) della BP, lunga 400 km (capa-cità 14,6 miliardi all’anno) e che connette l’a-rea del Central Graben con Teesside; infine laFar North Liquids and Associated Gas System(FLAGS) della Shell, di 448 km e con 7,9 miliar-di di capacità annua, che collega il campo diBrent con Saint Fergus.Tra le linee a gas internazionali ricordiamo:quella di 232 km che connette Bacton con Zee-brugge, in Belgio, operativa dal 1998 e concapacità di 19 miliardi di m3/a che può ancheimportare gas dal continente; la connessionecon l’Irlanda garantita dall’UK-Eire Intercon-nector, che collega il centro scozzese di Mof-fat con Dublino; il gasdotto della Total che con-nette il campo a gas di Frigg in acque norvegesicon il terminal di Saint Fergus. Nel 2003 sono stati finalizzati gli accordi per lacostruzione del gasdotto Langeled, lungo 1.200km e con quasi 20 miliardi di m3 di capacità

annua iniziale (capacità massima prevista 30miliardi), che collega il campo a gas di OrmenLange con la costa inglese. Ricordiamo anche iprogetti di connessione della costa inglese coni Paesi Bassi (Bacton-Balgzand), nonché il NorthEuropean Gas (NEG), lungo 1.760 km, chedovrebbe collegare il porto russo di Vyborg allaGermania e quindi alla costa orientale della GranBretagna.Per quanto riguarda il GNL, nel luglio 2005 ilRegno Unito ha importato il primo cargo pro-veniente dall’Algeria all’impianto dell’ isola diGrain (capacità di 3,3 milioni di t/a, espandibi-le a 9,8 milioni nel 2008). Un altro terminal diExxon Mobil e Qatar Petroleum è previsto a Mil-ton Haven, nel Galles, con capacità iniziale di10 miliardi di m3 (20 entro il 2009). Il DragonProject, gestito da un consorzio tra Petroplus,Petronas e BG, sempre a Milton Haven, ha unacapacità prevista di 4,4 milioni di t/a e sarà ope-rativo dal 2008.

Azerbaigian

Nome ufficiale: Azarbaycan Respublikasi(Repubblica dell’Azerbaigian)

Confini e territorioL’Azerbaigian, la più vasta fra le tre Repubblichedella Transcaucasia, confina a nord con il Dage-stan (Federazione Russa), a nord-ovest con la Geor-gia, a ovest con l’Armenia e a sud con l’Iran. Fannoparte del territorio azero anche l’enclave del Nagor-no-Karabakh (con popolazione principalmentearmena e situata lungo il confine) e l’enclave dellaRepubblica Autonoma del Nakhichevan (con popo-lazione azera e situata invece tra Armenia e Iran).

Popolazione e aspetti socio-culturaliLa popolazione dell’Azerbaigian è di 8.260.700ab., con un tasso di urbanizzazione del 51,5% dipopolazione. La capitale, Baku, con 1.855.000ab. nel 2005 (ma 2.100.000 ab. nell’intera agglo-merazione urbana), è situata nella penisola del-l’Absheron ed è un importante porto sul MarCaspio. Le altre maggiori città sono Gandja(304.000 ab.) e Sumgait (292.000).La maggioranza azera (90,6%) è affiancata da diver-si gruppi etnici minori: Lazs (2,2%), Russi (1,8%),Armeni (1,5%) e altri. La presenza armena, con-centrata nella regione del Nagorno-Karabakh, èstata fonte di un conflitto che domina la politicainterna del paese da oltre quindici anni. Tale con-flitto ha prodotto quasi 1 milione di rifugiati e didislocati (internally displaced persons) che oggiraggiungono il 12% della popolazione totale.La religione prevalente è quella musulmana scii-ta (83%); la restante popolazione è formata dacristiani ortodossi, cattolici, battisti ed ebrei.

Economia

Moneta. L’unità monetaria dell’Azerbaigian è ilmanat (AZN). Nel settembre 2007 il tasso di cam-bio era di AZN0,8519�$1 e AZN1,1832�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Nellaprima metà degli anni Novanta, il PIL azero siera ridotto quasi del 60%; dal 1996, grazie agliinvestimenti diretti stranieri attratti dal settorepetrolifero e alle riforme economiche varate conil sostegno del Fondo Monetario Internaziona-le e della Banca Mondiale, l’economia ha ini-ziato a registrare tassi di crescita positivi. Il gase l’olio rappresentano la principale speranza diripresa economica del paese. Accordi di produ-zione congiunta (Production Sharing Agree-ments, PSA) con compagnie straniere hannoinfatti attratto finora 60 miliardi di dollari perlo sviluppo di giacimenti, che hanno innescatola rapida crescita del reddito nazionale registratanegli ultimi anni. Nel 2003 al settore degli idro-carburi è stato destinato il 98% degli investi-menti stranieri e la percentuale rappresentatadall’ olio sulle esportazioni totali è salita dal65% del 1996 fino a oltre il 90% del 2001. Taledipendenza dagli idrocarburi rende l’economiadel paese particolarmente vulnerabile. La costru-zione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC)offrirà all’Azerbaigian la possibilità di accre-scere ulteriormente le proprie esportazioni diolio, interrompendo la tradizionale dipendenzadalla Russia, e superando gli ostacoli presenta-ti dallo Stretto del Bosforo per le petroliere inuscita dal Mar Nero.

Bilancia commerciale. Nel 2004 le esportazio-ni sono cresciute del 39,4% rispetto al 2003; leimportazioni sono aumentate del 33,4% e ilvalore complessivo degli scambi commerciali

esteri ha raggiunto i 7,11 miliardi di dollari. Labilancia commerciale nel 2005 si è chiusa conun saldo positivo superiore a 146 milioni: lacrescita delle esportazioni è stata pari al 20,3%,raggiungendo un totale di circa 4,35 miliardi didollari, mentre le importazioni, con una cre-scita del 19,9%, hanno quasi raggiunto i 4,20miliardi di dollari.Le esportazioni principali sono costituite da greg-gio (�51,0%), prodotti petroliferi (�25,1%) efrutta e verdura (�4%); il 20,8% delle esporta-zioni totali raggiunge i paesi della CSI (Comu-nità degli Stati Indipendenti). I principali impor-tatori di prodotti azeri nell’anno 2005 sono stati:Italia (30,3% sul totale dell’export azero) segui-ta da Francia (9,4%) e Russia (6,6%).Nel 2005 le importazioni del paese hanno rag-giunto un totale di 4,20 miliardi di dollari (1,45miliardi di dollari dai paesi della CSI). L’aumentodelle importazioni rispetto all’anno precedente(9,9%) è stato causato dall’introduzione nel paesedi macchine e attrezzature (�33,3% sul totaledelle importazioni), metalli ferrosi e prodotti deri-vati (�10,27%) e mezzi di trasporto e parti diricambio (�10,0%), principalmente dalla Rus-sia (�17,1% sul totale delle importazioni azere),da Singapore (�9,2%) e dal Regno Unito(�9,1%).

Quadro energeticoL’Azerbaigian ha una modesta produzione di ener-gia (nel 2004 ha prodotto 20,05 milioni di tep,esportandone 7,07 milioni di tep). È un paeseesportatore di olio e importatore di gas. Nel 2004

570 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

PAESI EX-SOVIETICI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1990-1996 1997-2004 1990-2004

Agricoltura �10,9 8,2 �1,5Industria �12,3 23,3 7,0Servizi �11,5 7,0 �0,5

PIL �13,3 10,0 �0,3

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1990-2004).

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il consumo interno di 12,8 milioni di tep è statocostituito prevalentemente da gas (7,7 milioni ditep), da olio (4,5 milioni di tep) e da energiaidroelettrica (0,6 milioni di tep). Grazie all’o-leodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, l’Azerbaigiannegli anni a venire potrebbe avere una posizio-ne importante come centro di trasferimento delgreggio in occidente al di là della propria pro-duzione nazionale. La domanda di energia pri-maria dovrebbe crescere con un tasso annuodell’1,9% fino al 2010, per poi scendere all’1%nei due decenni successivi.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Fra i paesi pro-duttori di olio l’Azerbaigian è quello di più anti-che tradizioni: la sua prima produzione, infatti,risale addirittura a oltre 120 anni fa. Fin dallaprima metà dell’Ottocento il Governo russo avevafatto perforare un pozzo nell’area di Bibi Eybatvicino a Baku e nel 1871 era stato completato ilprimo pozzo a olio. Il vero impulso all’industriapetrolifera dell’area fu dato dai fratelli Nobel,che effettuarono all’interno di essa le prime vereoperazioni petrolifere (costruzione della primaraffineria, del primo oleodotto, della prima navecisterna). Un secondo fatto importante fu l’en-trata in campo della famiglia Rothschild, che nel1892 fondò la Société Caspienne et de la MerNoire con lo scopo di rifornire di prodotti petro-liferi l’Impero austro-ungarico. La Royal Dutch-Shell nel 1911 entra nell’area di Baku e nel 1912acquisisce la Rotschild. Tra le scoperte a caval-lo del secolo ricordiamo, oltre a Bibi Eybat,Balakhani Sabunchi-Ramany (1869), Binagadi(1896), Pirallahi Adasi (1901), Surahany (1904),Shabandang-Subani-Yasamali-Atashgah (1908),Kala-Staroye Kala-Tyurkhani (1908). L’attivitàdi ricerca continuò con le scoperte di Qarachuhure di Lokhbatan-Puta-Kushkhana (entrambe nel

1927), e successivamente con quelle dei giaci-menti di Buzovna-Mashtaga (1940), NeftyanyeKamni (1949), Neft Dashlary (1950), Kurovdag(1955), Kursanga (1961), Sangachal-Duvanni-Hara Zira (1963). Più recenti sono le scoperte deigiacimenti di Guneshli (1979) e Chirag (1985),rispettivamente di 1 e 5 miliardi di bbl.Nel 1992 è stata costituita la SOCAR (State OilCompany of Azerbaijan Republic), nata dallafusione delle due compagnie di Stato (la Aze-rineft e la Azneftkimiya). La SOCAR attual-mente è responsabile per le attività di produ-zione di idrocarburi, per la rete di oleodotti egasdotti, per la raffinazione e per le importa-zioni ed esportazioni di prodotti. Secondo lariorganizzazione del 2003 la SOCAR possiedel’olio che produce.A partire dal 1994 sono stati firmati numerosiaccordi tra SOCAR e le compagnie straniere.Ricordiamo in particolare i consorzi AIOC (Azer-baijan International Operating Company), rela-tivo ai campi di Azeri, Guneshli e Chirag, al qualepartecipavano BP (British Petroleum), Amoco,Lukoil, SOCAR, Unocal, Statoil, Itochu, Tpao,Exxon, Pennzoil, Ramco e Delta-Nimir, CIPCO(Caspian International Petroleum COmpany),relativo al blocco esplorativo di Karabakh, conpartecipazione di Lukoil, Agip, Pennzoil eSOCAR, Shah Deniz relativo al blocco omoni-mo con BP, Statoil, Elf, Lukoil, Oiec, SOCAR eTpao. In seguito sono stati finalizzati altri con-tratti con la BP, con la TotalFina Elf, con la Exxon-Mobil, con l’Agip, con la Chevron, con la JapanAzerbaijan Oil Company (JAOC) e con la Japex.Questi consorzi hanno operato nel periodo 2000-04 con risultati esplorativi poco soddisfacenti.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio in Azerbaigianammontavano a 7 miliardi di bbl, localizzate prin-cipalmente nel bacino sedimentario del SouthCaspian (articolato in una serie di sub-bacini che

sono l’Absheron-Pribalkan Uplift, il Kobystan-Absheron Trough e il Kura Basin) e solo margi-nalmente nel Terek Caspian Basin. Nel SouthCaspian Basin, infatti, si registrano 110 delle 119scoperte effettuate in Azerbaigian e riserve cumu-lative di 18 miliardi di bbl.I principali campi sono: Guneshli-Chirag-Azeri (6miliardi di bbl), Balahani-Sabunchi-Ramani (2,5miliardi), Naft Dashlary (1,2 miliardi), Bibi Eybat(oltre 1 miliardo), Guneshli Shallow Water (1miliardo), Surahani (860 milioni), Sangachal-Duvanni-Hara Zira (670 milioni) e poi altri campicon riserve più modeste tra i quali ricordiamo Neft-chala (110 milioni) e Kapaz (80 milioni).Nel Terek Caspian Basin la scoperta più signifi-cativa è quella di Siazan con 128 milioni di bbl.La maggior parte delle riserve di olio è di pro-prietà SOCAR.Secondo alcuni analisti il potenziale a olio delpaese è dell’ordine di 4-10 miliardi di bbl. I risul-tati dell’intensa attività esplorativa effettuata inquesti ultimi anni da parte dei diversi consorzisopra citati sono comunque stati inferiori alleaspettative. Nel 2004 l’Azerbaigian ha prodotto 318.000 bbl/ddi olio, dopo un calo significativo registrato duran-te il decennio precedente quando negli anni 1995-97 aveva toccato un minimo di 183.000 bbl/d. Lamaggior parte della produzione proviene dal-l’offshore con una significativa percentuale dalcampo di Guneshli Shallow-Water operato daSOCAR. Quest’ultima opera anche altri 40 campi.Si ricorda che i campi scoperti e gestiti in perio-do sovietico risentono di un forte declino di pro-duzione. Guneshli, per esempio, messo in pro-duzione nel 1981 è stato sviluppato solo nellaporzione con profondità d’acqua compresa entroi 120 m. SOCAR ha tentato con una serie di ini-ziative (nuove piattaforme e interventi sui pozzi)di limitare il calo di produzione. Ma il contribu-to all’incremento di produzione sembra legato

571VOLUME V / STRUMENTI

PAESI EX-SOVIETICI

LagoAtat rk

I R A N

T U R C H I A

A R M E N I A

F E D E R A Z I O N ER U S S A

Kazi-Magomed

Astara

Siazan'

Saljanv

SekiSumgait

Baku

Nahicevan'

Mingachevir

Gjandza

SOUTHCASPIAN

BASIN

TEREKCASPIAN

BASIN

KOBYSTAN-ABSHERONSUB-BASINKURA

SUB-BASIN

ABSHERONUPLIFT

Lago diSevan

Araks

M A R

C A S P I O

M A R N E R O

Lago diMingachevir

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

campo a gas campo a olio principali bacini petroliferi

principali raffinerieprincipali terminalcampo a olio e gas

gasdotto

oleodotto

oleodotto in costruzione o in progettogasdotto in costruzione o in progetto

G E O R G I A

200 km0 100

Page 8: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

agli investimenti e alla tecnologia delle compa-gnie straniere coinvolte nei progetti di sviluppoe di esplorazione. A questo proposito sono statiin questi ultimi anni firmati 20 accordi con 30compagnie straniere provenienti da 15 paesi.L’aumento di produzione che si registra a parti-re dal 1998 è legato principalmente alle attivitàdell’AIOC, che contribuisce al 70% della pro-duzione. Il consorzio opera i campi di Azeri, Chi-rag e la parte in acque profonde del campo diGuneshli. La produzione è stata nel 2004 di132.000 bbl/d e viene trasferita tramite il WesternEarly Oil Pipeline al porto georgiano di Supsasul Mar Nero.Il complesso intregrato dei campi Azeri, Gune-shli e Chirag sarà il motore dell’incremento pro-duttivo del paese. Già nell’ottobre del 2005 dei516.000 bbl/d prodotti, 346.000 sono di compe-tenza dell’AIOC e provenienti da Chirag e Azeri,149.000 di competenza della SOCAR, mentre lealtre associazioni (Salyan Oil, Karasu, Gobustan,Shirvanoil, Sheng Li, AzEn, Ashadpetoil e Azger-moil) hanno prodotto 20.900 bbl/d. Nel 2009, conil contributo della porzione di Guneshli in acqueprofonde, si prevede di raggiungere una produ-zione giornaliera di 1 milione di bbl.Nel 2004 l’Azerbaigian ha esportato 180.000bbl/d di greggio con un incremento del 3% rispet-to all’anno precedente. Di questi 52.000 bbl/dsono stati trasferiti sulla linea Baku-Novorossiy-sk e 127.000 sull’oleodotto Baku-Supsa.L’oleodotto BTC (Baku-Tbilisi-Ceyhan), inau-gurato nel maggio 2005, permette di movimen-tare sui mercati europei 1 milione di bbl/d.L’Azerbaigian ha due raffinerie: la Azerineftyag(Baku), con una capacità di raffinazione 239.000bbl/d, e quella di Haydar Aliev (ex Azerneftya-najag), con capacità di trattamento di 319.000bbl/d. Le raffinerie, che nel 2004 hanno operatoben al di sotto delle loro capacità, necessitanocomunque di interventi di ammodernamento.

Gas. L’Azerbaigian ha riserve di gas di 1.370miliardi di m3. Le riserve sono concentrate nelSouth Caspian Basin, dove la scoperta più impor-tante è quella di Shah Deniz con riserve di gaslibero di oltre 600 miliardi di m3. Oltre che inShah Deniz il gas si rinviene associato all’olionei campi di Guneshli, Chirag, Azeri, Bahar, Qara-dag, Kapaz, Neft Dashlary.Nel 2004 la produzione di gas è stata di 5 miliar-di di m3 (era di 6 nel 1994), in leggero declino(–3,5%) rispetto all’anno precedente. La dimi-nuita produzione è dovuta al declino dei campioffshore operati dalla SOCAR. Questa ha prodot-to 3,9 miliardi di m3, mentre l’AIOC ha prodotto1,1 miliardi di m3 e le compagnie minori 0,12miliardi, aumentando leggermente la loro quotarispetto all’anno precedente. Il gas viene prodottodal campo di Guneshli (circa il 50 %), oltre chedal campo di Bahar sul quale sono in corso pro-getti di ottimizzazione produttiva. A partire dal1999, l’Azerbaigian ha emanato una legge cheimpone, per qualsiasi progetto di sviluppo, unpiano che preveda l’utilizzo e la commercializ-zazione del gas. In passato il gas veniva gene-ralmente bruciato.Per il momento l’Azerbaigian è un paese impor-tatore di gas. Il consumo domestico (del qualesi prevede una crescita nei prossimi anni) è di12 miliardi di m3/a e rende pertanto necessarioricorrere a una importazione di gas. In tal sensoè stato firmato con la Russia un contratto di

approvvigionamento fino al 2008. Nel 2004 sonostati importati circa 5 miliardi di m3 nel paesedall’Azerigaz, che è la compagnia di Stato pre-posta alla distribuzione del gas nel paese.Si prevede comunque entro il 2010 un aumentodi produzione di quasi 10 miliardi di m3/a. Losforzo produttivo congiunto di Shah Deniz e delcomplesso Azeri-Chirag-Guneshli-Bahar dovreb-be rendere autosufficente l’Azerbaigian e per-mettergli addirittura un’esportazione.Una probabile via di esportazione in futuro è rap-presentata dal gasdotto che dal Caucaso meri-dionale raggiunge la Turchia, con capacità di 6,6miliardi di m3/a. Un contratto di vendita alla Tur-chia rinegoziato nel 2003 prevede una fornituradi 2 miliardi di m3/a a partire dal 2006.

Kazakhstan

Nome ufficiale: Qazaqstan Respublikasi(Repubblica del Kazakhstan)

Confini e territorioIl Kazakhstan è uno Stato dell’Asia centrale, este-so per poco meno di 3 milioni di km2, che con-fina a nord-ovest e a nord con la FederazioneRussa, a est con la Cina, a sud-est con il Kirghi-zistan, a sud con l’Uzbekistan, a sud-ovest con ilTurkmenistan; a ovest si affaccia sul Mar Caspio.Dal punto di vista morfologico il territorio è tuttopianeggiante e compreso nel vasto BassopianoTuranico (Turkestan Occidentale), se si escludo-no le aree montuose al confine orientale e sudo-rientale che si estendono lungo l’estremità set-tentrionale dell’elevata catena del Tian Shan. Conl’eccezione del contenzioso aperto con l’Uz-bekistan per la sovranità su alcuni villaggi neipressi della diga di Arnasay, il Kazakhstan è l’u-nico paese dell’Asia centrale ex sovietica che nonha problemi di instabilità dei confini.Il Kazakhstan è diviso in 14 Province e tre Cittàa statuto speciale: Almaty, l’antica capitale; Asta-na, la nuova capitale; Baykonur.

Popolazione e aspetti socio-culturaliI 14.952.420 ab. del Kazakhstan rilevati dal cen-simento del 1999, saliti nel 2005, secondo unastima, a 15.200.000, appartenenti a diversi grup-pi etnico-culturali, sono il risultato finale dellepolitiche che tra il 1950 e il 1960 incoraggiaronol’immigrazione di cittadini di altri paesi sovietici.A una maggioranza di origine kazaka (54%) siaffianca infatti una pluralità di gruppi etnici mino-ri (Russi 30%, Ucraini 4%, Uzbeki 3%, Tedeschi,Tatari, Uiguri e altri): una multietnicità che impli-ca una notevole frammentazione dell’identitànazionale. Sebbene la lingua ufficiale sia il kazako,parlato da circa i due terzi della popolazione, alcu-ni gruppi etnici minori hanno conservato i propri

idiomi: il russo (diffuso specialmente nella pub-blica amministrazione), il tedesco, l’uiguro e l’u-craino. La religione prevalente è quella musul-mana (47% della popolazione), che coesiste conminoranze cristiane ortodosse e luterane e altreconfessioni. Le città di maggiore ampiezza demo-grafica sono Astana (capitale del paese dal 1997,denominata Akmola fino al 1998, con 530.000 ab.nel 2005); Almaty (Alma Ata, di cui si conoscesolo la cifra dell’intera agglomerazione, 1.210.000ab.), Karaganda (420.000 ab.), Symkent (360.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria del Kazakhstan è iltenge (KZT). Nel 2007 il tasso medio di cambioera di KZT122,55�$1 e KZT167,75�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. In segui-to al crollo dell’Unione Sovietica, l’economiadel Kazakhstan ha subito un riassetto struttura-le che ha indotto una forte crescita di alcuni com-parti (petrolio e metalli semilavorati) e un’al-trettanto forte contrazione di altri, come l’indu-stria leggera.L’agricoltura, tuttora la principale fonte di occu-pazione della forza-lavoro, ha ridotto progressi-vamente la propria quota di contributo al PIL,rappresentando nel 2004 solo l’8,3%. In forte cre-scita è invece il settore dei servizi, che durante ilperiodo sovietico era quasi inesistente e dove oggiè significativo il peso dell’economia sommersa,stimato intorno al 25% del PIL. Gli investimen-ti diretti esteri sono in continuo aumento (nelprimo semestre del 2005 sono cresciuti del 47%).Nel tentativo di diversificare l’economia e d’in-terromperne la dipendenza dal settore del petro-lio, il governo ha avviato una politica industria-le rivolta a sviluppare le piccole e medie impre-se private nelle attività non petrolifere.

Bilancia commericale. Nel 2005, il surplus dellabilancia commerciale (4.949 milioni di dollari)ha fatto registrare un incremento del 72,2%,rispetto allo stesso periodo dell’anno preceden-te. Le esportazioni, che ammontano a 13.078milioni di dollari, consistono principalmente dimaterie prime e includono petrolio e i suoi deri-vati (65% dell’export complessivo) oltre ai metal-li non preziosi.Le destinazioni più rilevanti di tali flussi sono statele zone offshore – principali destinazioni del petro-lio grezzo kazako – seguite da Svizzera, Italia,Russia – che, all’interno della CSI (Comunità degliStati Indipendenti), continua a rivestire il ruolo diprimo paese importatore – e Cina.Le importazioni, sempre nel 2005, sono aumen-tate del 43,4% e sono state pari a 8.129 milionidi dollari. I principali partners commerciali sonoancora i paesi CSI e, prima fra questi, la Russiache, nel 2004, aveva fornito da sola poco menodel 40% del totale delle merci importate. Le prin-cipali importazioni provenienti dall’area CSI sono

572 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1990-1996 1997-2004 1990-2004

Agricoltura �10,1 2,0 �3,5Industria �14,7 7,9 �1,9Servizi �3,3 7,0 1,9

PIL �7,8 7,4 0,2

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1990-2004).

Page 9: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

macchinari e attrezzature, prodotti minerali, metal-lurgici e chimici. I paesi extra CSI forniscono il70% dei prodotti metalmeccanici, l’85% dei pro-dotti farmaceutici e dell’abbigliamento e il 51%dei prodotti alimentari. Fra i paesi extra CIS nel2004 sono diminuite le esportazioni dagli StatiUniti, solo il 4,4%, e aumentate quelle dalla Cina,ora circa il 6% del totale dell’import.

Quadro energeticoIl Kazakhstan è un paese con importanti riservedi olio, di gas e di carbone. Attualmente esporta-tore di olio e di carbone, in prospettiva esporteràanche gas. Nel 2004 ha prodotto 118,6 milionidi tep di energia totale e ne ha esportati 63,76. Ilconsumo è stato di 52,8 milioni di tep ed è costi-tuito prevalentemente da carbone (27,5 milionidi tep) e quindi da gas (13,7), da olio (9,6) e daenergia idroelettrica (2). La domanda di energiadovrebbe crescere dell’1,9% all’anno fino al 2010e dell’1% all’anno nei due decenni successivi.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. La ricerca petro-lifera è iniziata alla fine del 19° sec. in modo pocosistematico. Il primo pozzo a olio fu scoperto aKarachungul (1898) nel Precaspian Basin e fuseguito da un altro piccolo ritrovamento nei pres-si di Dossor (1908). Nel 1917 vennero scoperti igiacimenti di Dossor e Makat e negli anni succes-sivi l’attività fu ripresa in modo più organico conla scoperta di alcuni giacimenti legati a duomi sali-ni, come Bayshonas (1927), Kulsary (1937),Zholdybay (1941), Munayli (1946), Karaton (1948),Kenkiyak (1959). Alla fine degli anni Settantavennero scoperti nei livelli profondi presaliferi i

giacimenti di Zhanazhol (1978), Karachaganak(1979), Tengiz (1980). Nel bacino di NorthUstyurt, negli anni Settanta vennero alla luceKarazhanbas (1974), Buzachi Severnyi (1975) eKalamkas (1976), mentre nel bacino Mangysh-lak-Ustyurt i primi pozzi profondi furono perfo-rati all’inizio degli anni Sessanta con la scoper-ta dei campi giant di Uzen (1961) e Zhetibay(1961). Nel Chu Sarysu Basin le prime scoper-te, effettuate negli anni Sessanta, furono quelledi Usharal Kempyrtobe (1961), Kumyrly (1968)e Amangeldy (1975). Nel Turgay Basin, invece,non vennero messi in evidenza particolari situa-zioni di interesse fino agli anni Ottanta con lascoperta di Kumkol (1984) e Akshabulak (1989).Negli anni Ottanta vennero messi in produzionei campi di Zhanazhol e Karachaganak.Nel febbraio 2002 fu costituita la compagnia diStato, responsabile degli idrocarburi, la KazMu-nayGas (formata dall’accorpamento di Kazakhoile TransNefteGaz).La necessità di disporre di tecnologie e investi-menti spinsero il governo a stringere accordi dicollaborazione con compagnie straniere. Ricor-diamo in particolare tre consorzi di grande impor-tanza strategica. Il primo, del 1993, è il consor-zio denominato TengizChevrOil (TCO), relativoai campi di Tengiz e di Korolev, che include Che-vron (oggi ChevronTexaco) operatore ed Exxon-Mobil, Kazmunaigaz e LukArco. Il secondoaccordo concerne il campo giant di Karachaga-nak e prevede lo sviluppo del giacimento in unarco di 40 anni da parte di un consorzio interna-zionale denominato KIO (Karachaganak Inte-grated Organization), costituito da quattro com-pagnie (Eni, British Gas, ChevronTexaco e Lukoil)e gestito da BG (British Gas) ed Eni.

L’ultimo accordo, del 1993, è il North CaspianSea Production Sharing Agreement per la ricer-ca, lo sviluppo e la messa in produzione del gia-cimento giant di Kashagan e delle strutture satel-liti (Kashagan South West, Kalamkas, Aktote eKairan), tramite un consorzio (Agip operatore,KazMunayGas, ExxonMobil, Shell, Cono-coPhillips e Inpex)Altre compagnie, oltre a quelle citate, hanno dimo-strato interesse a operare in Kazakhstan. Ricor-diamo, oltre a un certo numero di compagnieminori, Repsol, Nimir, Petrom, Maersk, Bmb,Lukoil, Mol e, in particolare, le compagnie cine-si (Sinopec, CNPC – China National PetroleumCorporation –, Big Sky), molto attive nell’ac-quisizione di asset societari produttivi.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio ammontavano a39,6 miliardi di bbl, con un rapporto riserve/pro-duzione di oltre 83 anni.Le riserve sono localizzate principalmente nelPrecaspian Basin (31 miliardi di bbl di riservecumulative) e, in misura minore, nei bacini SouthMangyshlak-Ustyurt (5,3 miliardi), North Ustyurt(2,8 miliardi) e nel Turgay Basin (1 miliardo).Nel Precaspian Basin si trovano i campi di Kasha-gan (13 miliardi di bbl di olio), Tengiz (oltre 9miliardi), Kurmangazy (oltre 7), Korolev (2,2),Karachaganak (1,4), Zhanazhol (quasi 1 miliar-do) e infine Kenkiyak (400 milioni di bbl).Nei bacini sudoccidentali di South Mangyshlak-Ustyurt sono ubicati i giacimenti di Uzen (3,5 miliar-di di bbl) e di Zhetybay (1 miliardo), mentre nelbacino di North Ustyurt si trovano i campi diKalamkas con oltre 1 miliardo di bbl, di Karazhan-bas (710 milioni) e di Buzachi Severnyi (quasi 600milioni). Nel Turgay Basin le scoperte sono molto

573VOLUME V / STRUMENTI

PAESI EX-SOVIETICI

Ural’sk

Atyrau

Kzyl-Orda

Aral'sk

Turkestan

Cimkent

Dzambul

Taldy-Kurgan

Balhas

Dzezkazgan

Kustanay

Petropavlovsk

Astana

Karaganda

Atasu

Pavlodar

Ust’-KamenogorskSemipalatinsk

Aktjubinsk

Aktau

Almaty

Novokazalinsk

600 km0 300

campo a olio oleodotto gasdotto in costruzione o in progettocampo a gas principali bacini petroliferigasdotto

principali raffineriecampo a olio e gas oleodotto in costruzione oin progetto

PRECASPIANBASIN

NORTHUSTYURT

TURGAY

CHUSARYSU

Lagod’Aral

TURKMENISTAN

AZERBAIGIAN

UZBEKISTAN

KIRGHIZISTAN

FE

DE

R A Z I O N E R U S S A

C

I

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A

Ura

l

Volga

Ura

l

Katun'

Sary

su

Èmba

Volga

Issyk-Kul 'Is

im

Irtysh

LagoBalhas

LagoZaysan

LagoTengiz

Cu

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

M A R

C A S P I O

SOUTHMANGYSHLAK-

USTYURT

Page 10: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

modeste, a parte i campi di Kumkol con 500 milio-ni di bbl e Akshabulak (320 milioni).Nel 2004 la produzione di olio è stata di 1,3 milio-ni di bbl/d (era di 430.000 nel 1994), provenien-te in parte dai giacimenti di Tengiz e Korolev(298.000 bbl/d), di Karachaganak (120.000 bbl/dnel 2004 e 220.000 nei primi nove mesi del 2005).Negli anni Novanta si è registrato nel paese uncalo traumatico della produzione, che peraltro, apartire dal 1999, ha ripreso ad aumentare media-mente del 15% all’anno, anche grazie all’appor-to di investimenti e di tecnologie di compagniestraniere che hanno formalizzato accordi con Kaz-munaigaz (ex Kazakhoil). Per esempio, il giaci-mento di Tengiz sviluppato grazie al consorzioTCO, potrebbe raggiungere una produzione di700.000 bbl/d entro il 2015. Anche dal Consor-zio di Karachaganak si prevede un notevole con-tributo all’aumento di produzione (di 500.000bbl/d entro il 2010).La necessità di disporre di infrastrutture di tra-sporto funzionali ha stimolato la costruzione del-l’oleodotto Caspian Pipeline Consortium (CPC)entrato in esercizio nel 2001, che permette di tra-sportare il greggio dai giacimenti di Tengiz, sulCaspio, al porto russo di Novorossiysk sul MarNero. L’oleodotto, risultato di un progetto in col-laborazione tra Russia e Oman, oltre che da unconsorzio internazionale di compagnie petroli-fere (ChevronTexaco, LukArco, Rosneft-Shell,ExxonMobil, Eni, BG), ha una capacità inizialedi 560.000 bbl/d e potrà in futuro raggiungere1,35 milioni di bbl/d. Da parte del Consorzio diKarachaganak è stato inoltre realizzato un oleo-dotto di circa 640 km, tra il campo omonimo eAtyrau, sul Mar Caspio, dove si collega con l’o-leodotto CPC. Precedentemente l’olio di Kara-chaganak veniva trattato nell’impianto del campodi Orenburg, al confine. In futuro, un contributoall’aumento di produzione dovrebbe venire anchedai campi di Kashagan e di Kurmangazy, que-st’ultimo a cavallo tra Russia e Kazakhstan, chea partire dal 2015 dovrebbero erogare 1,6 milio-ni di bbl/d. Il consumo domestico di olio è statodi 224.000 bbl/d.Per quanto concerne l’esportazione (circa 1 milio-ne di bbl/d), l’olio kazako segue sostanzialmen-te tre linee di trasporto. La prima è il già citatoCPC. Una seconda è rappresentata dal sistemadistributivo russo attraverso la rete di oleodotti(da Uzen-Atyrau a Samara o Aktyubinsk, versola raffineria di Orsk) e le linee ferroviarie: unrecente contratto prevede il trasporto in Russiadi 340.000 bbl/d per i prossimi 15 anni. Una terzavia di trasporto prevede la costruzione di un oleo-dotto dal Kazakhstan al Turkmenistan e all’Iran(KTI), che permetterebbe di esportare l’olio daicampi di Tengiz, Uzen e Kashagan verso l’Iran.Viene presa in considerazione anche un’opzio-ne verso la Cina (nei primi cinque mesi del 2005le esportazioni in Cina sono state di 30.000bbl/d, tramite linea ferroviaria), con la costru-zione di un oleodotto lungo quasi 3.000 km,gestito in compartecipazione da KazMunaiGaze CNPC, che collegherà Atyrau (Kazakhstan)ad Alashankou (Cina). Un primo segmento (dalcampo di Aktobe ad Atyrau) è operativo dal2003, mentre recentemente è stato completatoil tratto, di 1.240 km, Atasu-Druzhba (Cina),con capacità di 200.000 bbl/d. In questo modosi potrà esportare in Cina l’olio del bacino diTurgay (la CNPC ha acquistato la PetroKa-zakhstan, che ha una produzione di 150.000

bbl/d). Nel 2005 le compagnie cinesi hanno pro-dotto nel paese 300.000 bbl/d.Il Kazakhstan ha una capacità totale di raffina-zione di 345.000 bbl/d. Le raffinerie, principal-mente di proprietà dello Stato, sono tre: Pavlo-dar (162.000 bbl/d), Symkent (160.000) e Aty-rau (104.000). La raffineria di Pavlodar tratta ilgreggio siberiano, quella di Atyrau il greggiodomestico e quella di Symkent l’olio dei campidi Kum-kol, Aktyubinsk e Makatinsk, anche seè collegata alla Russia con un oleodotto.

Gas. Nel 2004 le riserve di gas ammontavano a3.000 miliardi di m3 e permettevano al Kazakh-stan di figurare nell’elenco dei 20 paesi rilevan-ti come detentori di giacimenti di gas. Circa 2.900miliardi di m3 sono localizzati nel PrecaspianBasin e in particolare nei campi di Karachaga-nak (1.400 miliardi di m3), Kashagan (570), Ten-giz (340), Zhanazhol (130). Gli altri bacini hannoquantità di gas più modeste: 315 miliardi di m3

il South Mangyshlak-Ustyurt, 41 miliardi il Chu-Sarysu Basin e 26 miliardi il Turgay Basin.Nel 2004 la produzione di gas ha raggiunto 18,5miliardi di m3 (erano 4,2 miliardi nel 1994), a fron-te di un consumo di 15,2 miliardi di m3. La pro-duzione proviene essenzialmente dai consorzi diKarachaganak e di Tengiz, oltre che da un certonumero di compagnie minori. Dal 2004 il paesenon è più importatore di gas come era stato neglianni precedenti. Il gas naturale in Kazakhstan ègas associato, per cui la reiniezione è una praticacomune che si accompagna alla produzione deicampi a olio. La quantità di gas bruciato, elevatain passato, è gradualmente diminuita grazie allechiare indicazioni governative. Infatti a partire dal1999 l’utilizzazione del gas è diventata una normaoperativa dei contratti petroliferi, che dovrebbe per-mettere al Kazakhstan di aumentare la propria pro-duzione di gas a 47 miliardi di m3 nel 2010 e a oltre50 miliardi nel 2015, soprattutto dai tre campi Ten-giz, Karachaganak e Kashagan. È prevista un’e-sportazione verso le infrastrutture di Orenburg peril quale ci sono progetti di upgrading anche se vienepresa in considerazione l’alternativa di esportarloattraverso il CPC. E’ in programma anche lo svi-luppo del campo di Amangeldy, con riserve di gasche sembrano promettenti e situato nel bacino diChu Sarysu, nel Sud del paese. La sua produzio-ne a regime di 1 miliardo di m3/a e la costruzionedi una linea gas potrebbero permettere di riforni-re l’area meridionale e di ridurre la dipendenzadell’importazione dall’Uzbekistan. Il Kazakhstan,oltre che un esportatore autonomo, resta pur sem-pre un crocevia importante nel sistema distributi-vo del gas in Asia centrale.

Russia

Nome ufficiale: Rossiiskaya Federatsiya(Federazione Russa)

Confini e territorioCon una superficie di 17.075.000 km2, la Rus-sia è di gran lunga il paese più vasto del mondo,occupando un’amplissima parte del continenteeurasiatico (Europa orientale e Asia settentrio-nale), dalla Norvegia all’Oceano Pacifico, dal MarNero al Mar Glaciale Artico. I suoi 21.140 km di

confine terrestre la separano da ben 14 paesi che,muovendo da sud-est e procedendo in senso ora-rio, sono: Corea del Nord, Cina, Mongolia,Kazakhstan, Azerbaigian, Georgia, Ucraina, Bie-lorussia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Fin-landia, Norvegia; a nord il territorio russo è bagna-to per un lunghissimo tratto dal Mar Glaciale Arti-co; a est s’affaccia su alcuni mari mediterraneidipendenti dall’Oceano Pacifico (mari di Bering,di Okhotsk, del Giappone); a sud-ovest sul Caspioe sul Mar Nero; a nord-ovest sul Mar Baltico. LaRussia ha in corso dispute territoriali con il Giap-pone per le isole Curili, con la Lituania per l’ac-cesso all’enclave di Kaliningrad, con l’Ucrainaper lo Stretto di Kerch e con altri paesi che al paridi essa si estendono lungo il Caspio per il con-trollo delle sue risorse petrolifere. Inoltre alcuniconfini con Georgia, Estonia e Lettonia sono anco-ra in discussione. Il territorio russo è in assolutaprevalenza pianeggiante, sia nella sezione tradi-zionalmente considerata europea (occupata per lamassima parte dal Bassopiano Sarmatico), sia inquella asiatica (Bassopiano Siberiano, AltopianoSiberiano). Molto modesta, all’opposto, è la super-ficie delle aree montuose, per lo più in posizioneperiferica, tra le quali spiccano per altitudine lacatena del Caucaso a sud-ovest e i Monti Altai,Sajani, Jablonovi lungo il confine con la Mongo-lia. Diversa è la disposizione della catena degliUrali, allungata in direzione N-S e di mediocrealtezza, scelta abitualmente, ma del tutto con-venzionalmente, come limite tra Europa e Asia.Il paese è diviso in 89 unità federate (ciascunacon due rappresentanti nel Consiglio della Fede-razione), di varie dimensioni, composizione enomenclatura: 21 Repubbliche, 49 Province, 6territori, 10 Regioni Autonome, una ProvinciaAutonoma, due Città (Mosca e San Pietroburgo)con status di provincia. Le altre città del paesesono (in ordine per numero di abitanti): Novosi-birsk, Nizhnij Novgorod, Ekaterinburg, Samara,Omsk, Kazan’, Chelyabinsk, Rostov sul Don,Ufa, Volgograd e Perm’.

Popolazione e aspetti socio-culturaliAl censimento del 2002 la Russia contava145.166.731 ab., divenuti nel 2005, secondo unastima, 143.474.000. Secondo l’ultimo censimen-to del 2002, i Russi formano la grande maggio-ranza della popolazione (80%); tra gli altri grup-pi etnici prevalgono i Tatari (poco meno del 4%),gli Ucraini (2%), i Bashkiri, i Ciuvasci, i Cecenie gli Armeni, ciascuno con più di un milione diresidenti. La lingua ufficiale è il russo, ma gli idio-mi parlati nel paese sono un centinaio. La religio-ne ufficiale è quella russa ortodossa, con la qualeil governo mantiene una relazione speciale e cheè seguita da 75.000.000 persone. L’Islamismo è lareligione che cresce più velocemente ed è profes-sato da 20.000.000 ab.; tra le altre religioni pre-valgono il Cattolicesimo (1.300.000) e il Giudai-smo (500.000). Sebbene nel campo della libertàreligiosa siano stati compiuti notevoli progressidal 1991, persistono numerose limitazioni all’at-tività di gruppi minori; tra queste, una legge del1997 che richiede la registrazione delle varie con-fessioni religiose, ponendo così i gruppi non rico-nosciuti in una posizione di svantaggio (per es.,tutti i gruppi islamici che non rientrano nelle cate-gorie sanzionate dal governo vengono soppressicome potenziali organizzazioni terroristiche).La capitale federale è Mosca (10.150.000 ab., ma13.400.000 nell’intera agglomerazione urbana). Le

574 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Page 11: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

altre città principali sono San Pietroburgo (4.100.000e 4.800.000 nell’agglomerazione), Novosibirsk(1.400.000 e 1.520.000), Nizhnij Novgorod,(1.297.000 e 1.710.000), Ekaterinburg (1.300.000e 1.520.000), Samara (1.150.000 e 1.360.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria della Russia è il rublo(RUB). Tra il 2000 e il 2004, il tasso di cambiosi era mantenuto intorno a RUB31�$1. Nel giu-gno del 2006 il tasso di cambio ha raggiuntoRUB27�$1 e RUB34,1587�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. A parti-re dal 1991 l’economia della Russia ha subitoradicali trasformazioni. La pesante struttura del-l’economia statale sovietica è stata abbandonataa favore del libero mercato, attraverso un’ambi-ziosa ristrutturazione e numerose riforme voltea incoraggiare le imprese private. Tuttavia alcu-ni importanti settori, come l’energia, i trasporti,le comunicazioni e l’industria pesante, sono rima-sti sotto il controllo statale. Negli anni Novantail processo di privatizzazione è stato indebolitodalla corruzione diffusa, che ha concentrato leprincipali risorse economiche nelle mani di unapiccola élite, ostacolando così una più efficaceridistribuzione, e dal crimine organizzato, checontinua a svolgere un ruolo significativo in moltisettori: nel 2002, tra il 25 e il 40% del PIL è deri-vato da attività economiche ‘informali’; nel 2004,le imprese hanno pagato circa 316 miliardi di dol-lari in compensi illeciti e tangenti a funzionaridel governo e organizzazioni criminali.Dal 1990, la relativa importanza dei settori del-l’economia è cambiata considerevolmente. Tra il1991 e il 2004, la quota del PIL derivante dalcommercio e dai servizi è cresciuta dal 36% al61%, quella ricavata dall’agricoltura è diminui-ta passando dal 14% a meno del 5%, mentre ilcontributo dell’industria è sceso dal 50% al 34%.Le grandi imprese rappresentano la struttura por-tante dell’economia, mentre più ridotto è il ruolodelle piccole e medie imprese, che nel 2002 hannocontribuito per meno del 15% alla formazionedel reddito nazionale. Il settore industriale è domi-nato dall’industria pesante, soprattutto energia ecombustibili (20% della produzione totale), emetallurgia (17% della produzione totale). I pro-dotti a elevata tecnologia, i beni di consumo e iprodotti dell’industria leggera contribuisconosolamente al 2% della produzione industriale.Dal 2000, la crescita economica del paese è dipe-sa principalmente dall’esportazione di risorseminerarie di cui la Russia è uno dei principaliproduttori ed esportatori a livello mondiale. Alpaese è ascrivibile un quarto della produzionemondiale di diamanti, un quinto di quella di nichele cobalto, il 40% di quella di platino e il 12% diquella di alluminio. La Russia è anche, dopo gliStati Uniti, il secondo produttore di carbone euno dei paesi più ricchi di riserve petrolifere.

Il debito estero è diminuito dal 90% del PIL nel1998 al 31% nel 2005 e il valore degli investimentiesteri nel 2004 è stato di 40,5 miliardi di dollari,con un incremento del 40% rispetto al 2003. Nono-stante questi miglioramenti e lo sforzo del gover-no di introdurre riforme strutturali, l’economiarussa rimane caratterizzata da una notevole diver-sità di sviluppo tra le varie regioni, da un sistemabancario ancora poco efficiente e da un’inflazio-ne persistente ancora superiore al 10% nel 2005.Petrolio, gas naturale, metalli e legname rappre-sentano l’80% delle esportazioni, esponendo cosìl’economia del paese al rischio delle oscillazionidei prezzi internazionali delle materie prime. Altriproblemi che scoraggiano gli investitori sono crea-ti dalla debolezza del sistema bancario, dal siste-ma tributario sfavorevole e dalla mancanza di fidu-cia nelle istituzioni.Infine, l’arresto del Presidente di una delle mag-giori compagnie petrolifere russe nell’autunno del2003 e l’acquisizione della compagnia stessa daparte di un’impresa statale hanno destato in alcu-ni osservatori internazionali la preoccupazione cheil Presidente Putin sia influenzato, all’interno delsuo governo, da forze che tentano di restaurare ilcontrollo statale sull’economia.

Bilancia commerciale. La svalutazione del rublonel 1998 ha influito positivamente sul volumedelle esportazioni russe, che nel 2004 hanno rag-giunto il valore di 162,5 miliardi di dollari (i deri-vati del petrolio e gas naturale hanno contribui-to per più della metà di tale valore); nello stessoanno il valore totale delle importazioni è stato di60,1 miliardi di dollari (principalmente beni diconsumo, macchinari, attrezzature e medicina-li). Nell’era post-sovietica, il maggiore mercatodi sbocco erano i paesi del CIS (Commonwealthof Independent States), in particolare Bielorus-sia, Ucraina e Kazakhstan. Tuttavia dal 2004, aseguito di favorevoli condizioni economiche epolitiche, gli Stati membri dell’Unione Europeasono diventati i principali partner commercialidella Russia (primo fra tutti la Germania, forni-tore del 14,3% delle importazioni russe e desti-natario del 7,5% delle sue esportazioni).

Quadro energeticoLa Russia è il primo paese del mondo per riservedi gas, il secondo per riserve di carbone e il setti-mo per riserve di olio. È un importante produtto-re (olio, gas, carbone, energia idroelettrica e nuclea-re) ed esportatore (olio, gas e carbone) di energiae continuerà a giocare un ruolo fondamentale neiprossimi anni nel fornire olio e soprattutto gas (siprevede che sarà ancora il massimo esportatorenel 2030). È anche il terzo paese consumatore dopoStati Uniti e Cina. Nel 2004, a fronte di 1.158,46milioni di tep prodotti, 511,01 milioni di tep sonostati esportati. Al consumo interno di 668,6 milio-ni di tep hanno contribuito gas (361,8 milioni ditep), olio (128,5 milioni), carbone (105,9 milio-ni), energia idroelettrica (40 milioni), energia

nucleare (32,4 milioni). La domanda di energiaprimaria dovrebbe crescere nel periodo 2002-30a una media annuale dell’1,3 %.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. La prima produ-zione di petrolio della seconda metà dell’Otto-cento in realtà proveniva da un’area oggi non piùrussa: l’area di Baku, nell’Azerbaigian, dove ifratelli Nobel avevano dato un impulso straordi-nario all’industria petrolifera e che all’inizio del20° secolo, aveva permesso alla Russia di supe-rare gli Stati Uniti. A parte una serie di campa-gne esplorative negli anni Venti e Trenta con sco-perte sporadiche in diverse località del paese,negli anni Quaranta venne esplorato il bacinoVolga-Ural, che si rivelò sede di grandi giaci-menti, tanto da essere denominato la ‘secondaBaku’. Sono di questi anni le scoperte di Bavlin-skoye (1945), Mukhanovskoye (1945), Roma-shkino (1948), Serafimovka (1949), seguiti daquelle di Novoyelkhovskoye (1951), Shkapov-skoye (1953) e Arlan (1955). Dopo il 1957 e lariorganizzazione del sistema sovietico in campopetrolifero, venne iniziata l’esplorazione dellaSiberia Occidentale, che porterà alla scoperta dialcuni giant come Samotlo (1960), Ust-Balyk-Mamontovskoye (1961), Fedorovo-Surgutskoye(1962), Krasnoleninskoye (1962), Sovetskoye(1962), Pravdinsko-Salymskoye (1964), Novo-portovskoye (1964). In quegli anni vennero anchemessi in evidenza i giacimenti a gas di Zapolyar-noye (1965), Urengoyskoye (1966), Yamburg-skoye (1969) e Bovanenkovskoye (1971). Nelbacino di Timan-Pechora, a parte le scoperte spo-radiche degli anni Trenta, l’attività venne ripre-sa in modo sistematico alla fine degli anni Cin-quanta con le scoperte di Tebukskoye-Zapadnoyee di Usinskoye; mentre nel bacino precaspico,sono degli anni Settanta le scoperte di Astrakan,Karpenskoye, Krasnokutskoye, Uralskoye. Nelleregioni orientali del paese le scoperte (Kovyk-tinskaya) rimontano agli anni Ottanta, mentre nel-l’isola di Sakhalin, dove i Giapponesi nel 1921avevano scoperto il campo di Okha, i Russi effet-tuarono le scoperte di Ekhabi (1933), EkhabiVostochnoye (1935) e successivamente quelle diMongi, Odoptu More, Chayvo More e Piltun-Astokh. Le società occidentali che sono riuscite in qual-che modo ad affermarsi in Russia sono la BritishPetroleum (BP), la Shell, la Exxon Mobil, la Cono-coPhillips. Nel 2003 la BP ha, infatti, completatola fusione con la russa Tyumen Oil Company, crean-do la TNK-BP, seconda compagnia dopo Lukoil.Una importante alleanza è quella tra Lukoil e Cono-coPhillips (la prima compagnia occidentale adaccedere alle riserve russe). Ricordiamo che laLukoil è una tra le compagnie private con mag-giori riserve di idrocarburi (circa 19 miliardi dibbl) e una produzione di oltre 1,5 milioni di bbl/d. Il 16 settembre 2005 è stato annunciato che Sta-toil, Norsk Hydro, Total, Chevron e Cono-coPhillips sono state scelte per lo sviluppo delcampo di gas offshore di Shtokmanovskoye (nelMare di Barents), che dovrebbe entrare in pro-duzione nel 2010.Attualmente la scena energetica russa è domina-ta dalle due compagnie di Stato, la Rosneft, pos-seduta al 100% dallo Stato, e la Gazprom, che hail monopolio del gas ed è posseduta per il 38,37%dallo Stato e per l’11,5% da società non russe.

575VOLUME V / STRUMENTI

PAESI EX-SOVIETICI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1990-1996 1997-2004 1990-2004

Agricoltura �7,3 4,0 �1,1Industria �12,0 5,6 �2,6Servizi �2,5 3,1 2,3

PIL �8,2 5,0 �1,1

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1990-2004).

Page 12: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Inoltre è attualmente operativa nel paese una seriedi compagnie straniere e locali sparse nel territo-rio (Devon Energy, Itera, Neste, Mol, RussNeft,Orenburgneft, Pechoraneftegaz, Petromir, Sibneft,Sintez, Surgutneftegaz, Tatneft, Urals Energy, Valky-ries, Victoria Oil & Gas, West Siberian Resources).

Olio. Alla fine del 2004 la Russia disponeva diriserve di olio per 72,3 miliardi di bbl. La mag-gior parte delle riserve è contenuta nel West Sibe-rian Basin.I campi più significativi sono quelli di Samotlor(28 miliardi di bbl), Fedorovo-Surguskoye (9),Ust-Balyk-Mamontoskoie (8) e Krasnololenin-skoye (oltre 7), Priobskoye (quasi 6) e Pravdin-sko-Salymskoye (5), Russkoye, Lyantorskoye,Pokachevsko-Uryevskoye. Un secondo bacino diun certo interesse è quello Volga-Ural dove sonostati scoperti oltre 1.000 campi, alcuni dei quali,tra i più grandi al mondo: Romanshkino (quasi18 miliardi di bbl), Arlan (quasi 4 miliardi), Tuy-mazinskoye e Novoyelkhovskoye con oltre 2miliardi ciascuno, Chutyrsko-Kiyengopskoye,Shkapovskoy, Bavlinskoye e Mukhanovskoye conoltre un miliardo di bbl per campo. Il Timan-Pechora Basin contiene i campi di Usinskoye (unmiliardo e mezzo di bbl), Kharyaginskoye (oltreun miliardo), Vozeyskoye e Yaregskoye. Ricor-diamo infine l’area di Sakhalin con riserve di oliodi alcuni miliardi di bbl.Nel 2004 la produzione di idrocarburi liquidi èstata di 9,2 milioni di bbl/d (9 milioni di bbl/ddi greggio) e ha confermato il trend positivo di

ripresa dopo il declino degli anni Novanta, quan-do si era attestata poco oltre i 6 milioni di bbl/d.La ripresa di fine anni Novanta – favorita proba-bilmente da un processo di privatizzazione, dauna più moderna tecnologia e da prezzi di mer-cato più elevati – ha fatto della Russia il secon-do paese produttore al mondo dopo l’Arabia Sau-dita. I vecchi campi, in attività da molti anni(Samotlor, Federovskoye, Mamontovskoye), sonocaratterizzati da un sensibile declino di produ-zione (oltre il 60%). Nei prossimi anni, pochi gia-cimenti (Priobskoye, Tevlin, Russinkoye, Tyan-skoye, Sugmuskoye, Salymskoye, Sporyshev-skoye) da poco entrati nel ciclo produttivoporteranno un incremento di produzione di oltreun milione di bbl/d. Inoltre lo sviluppo di nuovicampi potrebbe contribuire per il 50% della pro-duzione totale del 2020. I nuovi progetti inclu-dono l’isola di Sakhalin, il campo Kurmangazynel medio Caspio della Lukoil, il progetto WestSalymskoye in collaborazione con la Shell, il pro-getto Timan-Pechora di Lukoil e ConocoPhilli-ps, il progetto Rosneft-Gazprom Prirazlomnoye,il progetto Vankorskoye e Komsomolskoye dellaRosneft. Nell’area di Sakhalin, il progetto gesti-to da Exxon e Neftegas, prevede, oltre al gas, laproduzione di 250.000 bbl/d di olio trasferito aterra e immesso nella rete russa.Nel 2004 il consumo di olio è stato di 2,7 milio-ni di bbl/d. La Russia esporta oltre il 70% del suogreggio, mentre il 30% viene raffinato in loco.La Russia ha 41 raffinerie con una capacità tota-le di trattamento di 5,4 milioni di bbl/d; ma molti

impianti sono inefficienti e necessitano di conti-nua manutenzione e di interventi migliorativi. Lacapacità di raffinazione supera la domanda. Leraffinerie principali sono localizzate a Mosca,Yaroslav, Nizhnij Novgorod, Perm’, Ufa, Sama-ra, Volgograd e concentrate essenzialmente nelbacino produttivo del Volga. Altre raffinerie sonosparse in tutto il territorio. Ricordiamo tra le altrequella di Angarsk sul lago Baikal e quelle, nel-l’Estremo Oriente Russo, di Kahabarovsk e Kon-somolsk sul fiume AmuRussiaI porti principali di esportazione dell’olio sonoquelli di Novorossiysk, sul Mar Nero, e di Pri-morsk, sul Golfo di Finlandia.Nel 2004 sono stati esportati giornalmente 5 milio-ni di bbl di olio e 1,34 di prodotti petroliferi. Inbuona parte (circa 3,6 milioni) sono stati espor-tati tramite Transneft, il 14% via treno, il 5% attra-verso i porti della Georgia (Batumi e Supsa) e il3% attraverso il Caspian Pipeline Consortium.L’esportazione di circa 1,4 milioni di bbl/d di oliocombustibile avviene attraverso l’oleodottoDruzhba, che rifornisce la Germania, la Bielo-russia, l’Ucraina, la Polonia e altri paesi del-l’Europa centro-orientale (Ungheria, Repubbli-ca Ceca, Slovacchia). Le forniture per ferroviapotrebbero rappresentare un’alternativa alla man-canza di oleodotti soprattutto nei rifornimenti allaCina. L’olio è inoltre trasferito in Europa e in Asiaanche tramite navi-cisterna dal porto di Novo-rossiysk sul Mar Nero. Il greggio russo potreb-be anche seguire la via Baku-Novorossiysk perpoi utilizzare l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyan.

576 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Perm'

San Pietroburgo

Kazan'

UfaEkaterinburg

Omsk

Krasnojarsk

Irkutsk

Khabarovsk

Vladivostok

Noril'sk

Murmansk

SamaraRostov sul Don

Krasnodar

UCRAINA

BIELORUSSIA

GEORGIA

AZERBAIGIAN UZBEKISTAN

ARMENIA

TURCHIA

ESTONIA

LETTONIA

LITUANIAPOLONIA

2000 km0 1000K A Z A K H S TA N

M O N G O L I A

C I N A

C I N A

FINLANDIA

NORVEGIA

SVEZIA

Juzhno-Sakhalinsk

Volgograd

Mosca

Novosibirsk

Nizhnij Novgorod

EAST SIBERIABASIN

WESTERNSIBERIA

BASINTIMAN-PECHORA

BASIN

VOLGAURALBASIN

PRECASPIANBASIN

Len

a

En

ise j

Amur

Ob '

M A R G L A C I A L E A R T I C O

Lago d’AralMAR

CASPIO

MAR NERO

MAR DEI LAPTEV

MAR DELLASIBERIA ORIENTALE

MAR DIBERING

MAR DIOKHOTSK

Jakutsk

MOLDAVIA

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000campo a gas

campo a olio

principali bacini petroliferi

principali raffinerie

principali terminalgasdottooleodotto

oleodotto in costruzione o in progetto

gasdotto in costruzione o in progetto

impianti di esportazionedi GNL in costruzione

impianti di esportazionedi GNL in progetto

campo a olio e gas

Rjazan'

Page 13: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Secondo le previsioni governative le esportazio-ni di greggio dovrebbero raggiungere i 6,2 milio-ni di bbl nel 2015, previa espansione della retedi trasporto. I progetti di miglioramento del siste-ma di oleodotti riguardano:• l’oleodotto baltico (Baltic Pipeline System),

completato nel 2001, per il quale si prevedeun’espansione a una capacità di 1,1 milionidi bbl/d; l’oleodotto trasporta il greggio dallaSiberia Occidentale e dal bacino Timan-Pecho-ra a Primorsk sul Mar Baltico;

• l’espansione dell’oleodotto di Druzhba, detto‘oleodotto dell’amicizia’, che da Samara portail greggio in Bielorussia, Polonia, Germania,Ungheria, Repubblica Ceca e Lettonia, non-ché l’estensione Druzhba-Adria, la cui con-nessione permetterebbe di portare l’olio russodirettamente al porto di Omisalj in Croazia;

• l’utilizzazione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyan, inaugurato nel maggio 2005, che per-mette di trasportare sui mercati europei unmilione di bbl/d;

• la costruzione dell’oleodotto del Mar diBarents (in corso di discussione), dal bacinoTiman-Pechora a Murmansk, con capacitàfino a 1,5 milioni di bbl/d a partire dal 2010;

• la costruzione dell’oleodotto Pavlodar-Chardzhu-Turkmenbash-Neka (in program-ma), in grado di trasportare i greggi russo,kazako e turkmeno alle raffinerie iraniane edi esportarli attraverso il Golfo Persico versoi paesi asiatici;

• la costruzione dell’oleodotto, da Angarsk sullago Baikal a Perezvoznaya sul Pacifico, concapacità di 600.000 bbl/d dal 2008 e di 1 milio-ne di bbl dal 2015 per rifornire i mercati asia-tici;

• un altro oleodotto proposto che eviterebbe ilBosforo è quello che, collegando Burgas inBulgaria, sul Mar Nero, ad Alexandropulosin Grecia, permetterebbe il trasporto di circa700.000 bbl/d di greggio russo.

Esistono anche altri progetti (Kazakhstan-Turk-menistan-Iran, Kazakhstan-Cina, AMBO Pipelinetra Albania, Repubblica ex Iugoslava di Macedo-nia e Bulgaria, Odessa-Brody, espansione del CPC)che interessano l’esportazione del greggio russo.

Gas. Nel 2004 le riserve di gas ammontavano a48.000 miliardi di m3 e facevano della Russia ilpaese più ricco al mondo di idrocarburi gassosi.Il gas è concentrato prevalentemente nel bacinodella Siberia Occidentale, che comprende anchela penisola di Yamal e il Mar di Kara e contiene47.000 miliardi di m3 di gas, con alcuni tra i piùgrandi giacimenti del mondo quali Urengoskoye

(oltre 10.000 miliardi), Yamburskoye (oltre 6.000),Bovanenkovskoye (4.200), Zapolyarnoye (3.600),Medvezhye-Mevdezshoye (2.200), Kharasavey-skoye (1.200), Tambeyskoye-Yuznhoye (985),Urengoyskoye Severnoye (oltre 900), ai quali siaggiunge Schtokmanovskoye (2.400), nella partemeridionale del Mar di Barents. Anche il Volga-Ural Basin ha significative riserve di gas e com-prende, oltre che Orenburgskoye (quasi 2.000miliardi di m3), Romashkino e altri campi mino-ri quali Korobkovskoye (56), Uritzkoye (22),Zaykinskoye (13), mentre il bacino precaspico,a cavallo tra Kazakhstan e Russia, ha oltre 5.000miliardi di m3. I giacimenti più importanti sonoAstrakhan (2.600) e Karachaganak (1.400). IlTiman-Pechora Basin, contiene campi di dimen-sioni più modeste, tra i quali Vuktylskoye (427),Layavozhskoye (134), Kumzhinskoye (91). Ricor-diamo i campi della Siberia Orientale Kovyktin-skoye con 1.300 miliardi di m3, Yurubcheno-Tokhomskoye, Tympuchikanskoye, Srednevilyuy-skoye, nonché i campi di gas di Sakha- lin Lunskoye(470 miliardi), Chayvomore, Piltun-Astokh, Odop-tu-More, Arkutun-Dagi e Mongi.Nel 2004 la produzione di gas è stata di 589 miliar-di di m3, con un aumento dell’1,8% rispetto all’an-no precedente. Il consumo interno è stato di 402miliardi di m3. La produzione di questi quantita-tivi di gas assegna alla Russia il ruolo di esporta-tore (148 miliardi di m3). Per quanto concerne ilgas, non c’è stata in Russia quella crescita che siè realizzata per l’olio, soprattutto per l’insuffi-cienza della rete di gasdotti. Tre dei maggioricampi, Urengoyskoye, Yamburskoye e Mevdez-shoye, nella Siberia Occidentale, contavano per il70% della produzione totale della Gazprom. Altricampi in produzione sono Zapolyarnoye, Vyn-gayakhinskoye e Yen-Yakhinskoye. Si tenga comun-que presente che buona parte degli incrementi diproduzione provengono da piccole compagnieindipendenti come Novatek, Itera e Northgaz.Nel 2004 la Gazprom, ha prodotto 545 miliardidi m3 e prevede a partire dall’anno 2020 una pro-duzione di 580-590 miliardi di m3, e di oltre 600miliardi a partire dal 2030.I nuovi progetti di sviluppo sono in Siberia Orien-tale, nella penisola di Yamal e nella piattaformacontinentale del Mar Glaciale Artico. Oltre allapenisola di Yamal, dove si trovano i campi diBovanenkovskoye, Kharasaveyskoye e Novo-portovskoye, con una potenzialità di 10.000miliardi di m3, anche nella parte orientale delpaese si stanno intensificando le attività per svi-luppare alcuni importanti progetti (Yurubcheno-Tokhomskoye, Sobinskoye Payginskoye, Kovyk-tinskoye, Chayandinskoye), oltre a quelli di

Sakhalin. La fornitura di gas favoriva una voltal’Europa orientale, ma fin dagli anni Ottanta cisono stati tentativi di diversificare le esporta-zioni verso paesi dell’Unione Europea, la Tur-chia, il Giappone e altri Stati asiatici. Dei 148miliardi di m3 di gas esportato via tubo i mag-giori destinatari sono stati Germania (37,7 miliar-di di m3), seguita da Italia (21), Turchia (14,3),Francia (11), Polonia (7,9), Repubblica Ceca (7),Slovacchia, (7) Austria (6), oltre a Romania, Fin-landia, Paesi Bassi, Bulgaria, Grecia, Lituania eLettonia. In prospettiva Gazprom prevede di uti-lizzare fonti di approvvigionamento anche daparte di altri paesi come il Turkmenistan e stainoltre pensando a un ampliamento dell’attualerete di gasdotti. In particolare i progetti presi inconsiderazione sono:• il raddoppio della linea Yamal-Europa (che tra-

sporta attualmente 28 miliardi di m3) in Polo-nia e Germania, attraverso la Bielorussia;

• la costruzione (in programma) del GasdottoNord-europeo (NEGP), sotto le acque del MarBaltico (due linee parallele lunghe 1.200 km,con capacità totale di 55 miliardi di m3/a), daPortovaya (Vyborg) alle coste tedesche;

• la costruzione di un gasdotto dal Caucaso meri-dionale alla Turchia. I lavori, in corso, sonogestiti dal consorzio Shak Deniz (BP operato-re, Statoil, LukAgip, Nioc, Tpao, Socar);

• la costruzione (proposta) del Gasdotto Tran-scaspiano, dal campo di Pustynnaya (Turk-menistan) a Erzurum (Turchia);

• la costruzione, in collaborazione con la BP-TNK, del gasdotto di Kovyktinskoye, di 4.887km, che collegherebbe il campo omonimo conPechino e la Corea del Sud;

• l’espansione del Blue Stream, che collega ilsistema russo con la Turchia attraverso 1.200km di gasdotto, 390 dei quali sotto il Mar Nero,con capacità finale di oltre 15 miliardi di m3/a.È in discussione l’estensione a Ceyan in Tur-chia, dove il gas potrebbe essere liquefatto.

Oltre alla rete di gasdotti, nei programmi Gaz-prom c’è la liquefazione del gas, che permette-rebbe di rivolgersi al mercato americano, nel qualela domanda di gas è in crescita.Attualmente è in corso la costruzione del primoimpianto a Prigorodnoye per la liquefazione delgas del progetto Sakhalin II (Shell, Mitsubishie Mitsui) destinato ai mercati giapponese ecoreano.Gli altri progetti (Sakhalin III e IV e Yamal) sonoancora in una fase preliminare di sviluppo. Unterzo impianto GNL è possibile anche sul MarBaltico a Murmansk rifornito dal gas di Shtok-manovskoye.

Arabia Saudita

Nome ufficiale: al-Mamlakah al-‘Arabiyahal-Sa‘udiyah (Regno dell’Arabia Saudita)

Confini e territorioL’Arabia Saudita occupa circa i quattro quinti del-l’intera Penisola Arabica, che comprende anche

Yemen, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar eKuwait. Il paese è bagnato a ovest dal Mar Rosso;confina a nord-ovest con la Giordania, a nord ea nord-est con Iraq e Kuwait; a est, si affaccia sulGolfo Persico e confina con Qatar ed EmiratiArabi Uniti; a sud-est con l’Oman; a sud con loYemen. L’esatta estensione del territorio è di dif-ficile determinazione in ragione di controversiesulla demarcazione dei confini con Emirati Arabi

Uniti, Oman e Yemen. La costa occidentale del-l’Arabia Saudita, bagnata dal Mar Rosso, è com-posta da due catene montuose che s’interrom-pono in prossimità della Mecca, la Città Santa.La parte a nord, nota come Hijaz, presenta, sulversante costiero, vette superiori ai 2.000 m cheprogressivamente digradano verso sud, abbas-sandosi a circa 600 m in prossimità della Mecca.A oriente invece, i rilievi, meno elevati, sono

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MEDIO ORIENTE

MEDIO ORIENTE

Page 14: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

solcati da letti di fiumi asciutti (wadi), che rical-cano quelli dei corsi d’acqua un tempo esistenti.Le diverse oasi disseminate nella regione con-sentono la pratica di un’agricoltura sedentaria.Tra queste, la più estesa e importante è l’oasiMedina, la seconda Città Santa. L’area a sud dellaMecca è invece nota come Asir: sul versante occi-dentale, i rilievi montuosi raggiungono anche i3.000 m e rapidamente scendono verso la pianu-ra costiera, il Tihamah. A oriente, la catena mon-tuosa dell’Asir si fonde con una regione di alto-piani che scende verso il Rub’ al-Khali (QuartoVuoto), uno dei più grandi deserti sabbiosi delmondo. Nonostante le rare precipitazioni, nelleoasi dell’Asir un certo numero di fertili wadirende possibile l’attività agricola su scala relati-vamente elevata. A est del Hijaz e dell’Asir sitrova il vasto altopiano centrale del Neged, pre-valentemente roccioso ma interrotto da piccolideserti sabbiosi e da gruppi isolati di montagne.L’altopiano digrada da ovest verso est, dove toccal’altezza più bassa, di circa 750 metri. Il cuoredella regione del Neged è la scarpata ad arco delJabal Tuwayq, che a ovest si erge fino a 250 msopra il livello dell’altopiano. Tra le diverse oasipresenti in questo punto, figura quella della capi-tale dell’Arabia Saudita, Riyadh.Tre grandi deserti isolano la regione del Negeddai confini a nord, est e sud; a nord e quindi nellaparte settentrionale del paese, si colloca il deser-to di al-Nafud, caratterizzato da dune longitudi-nali separate da valli e da sabbia di colore rossoper la presenza di ossido di ferro. La zona a norddel deserto è un altopiano solcato da diversi wadiche si muovono in direzione nord-est, verso l’I-raq; è un’area estensivamente utilizzata per lapastorizia. A sud di al-Nafud e a est del Neged,si trova il deserto di al-Dahna, stretta fascia dimontagne sabbiose altrimenti nota come ‘fiumedi sabbia’. La sabbia tende ad essere di colorerossastro, specie a nord, dove condivide con ildeserto di al-Nafud la struttura longitudinale delledune. A est di al-Dahna, si trova l’altopiano roc-cioso di al-Summan, la cui pendenza diminuisceverso est; nell’estrema parte orientale infatti, ilterreno diventa piatto: è l’area delle basse terrecostiere del Golfo Persico, generalmente coper-te di ghiaia o di sabbia. La costa è estremamen-te irregolare: si mescolano pianure sabbiose, palu-di e bassi acquitrini salati che spesso si confon-dono con il mare. È in quest’area che si collocal’oasi di al-Asha, la più grande dell’Arabia Sau-dita caratterizzata da elevata fertilità del terreno.La parte meridionale di al-Dahna segue la formaad arco del Jabal Tuwayq fino a fondersi con ildeserto di Rub’al-Khali, che copre un quarto del-l’intera superficie del paese ed è ancora in parteinesplorato.L’Arabia Saudita è divisa in 13 Province.

Popolazione e aspetti socio-culturaliSecondo stime del 2005, l’Arabia Saudita conta23.330.000 ab. (erano 22.673.538 al censimentodel 2004), per il 73% Arabi nativi del paese, peril 17% Arabi provenienti da paesi esteri e per ilresto immigrati non Arabi arrivati da vari Statiasiatici (principalmente Bangladesh, Pakistan,Filippine). L’Islam è la religione ufficiale e sullalegge islamica si fondano il sistema giuridico ela Costituzione dell’Arabia Saudita; il 95% dellapopolazione saudita aderisce all’indirizzo dell’i-slamismo sunnita noto come wahhabismo, men-tre il restante 5%, concentrato soprattutto nelle

zone orientali del paese, è composto da musul-mani sciiti, spesso esclusi da incarichi governa-tivi e con limitate possibilità di istruzione. La pre-senza di minoranze religiose non musulmane,ufficialmente ignorate, è dovuta agli stranieri chevivono e lavorano in Arabia Saudita principal-mente induisti e cristiani, anche se il Governoriconosce come musulmana il 100% della popo-lazione. L’esercizio pubblico di culti differentidall’Islam è proibito per legge, e un apposito orga-no noto come Comitato per la Propagazione delleVirtù e la Prevenzione del Vizio è incaricato dipunire eventuali deviazioni dai codici di condot-ta stabiliti. Il proselitismo è vietato a tutti coloroche non aderiscono al wahhabismo e la conver-sione dal wahhabismo a un’altra religione vieneconsiderata un crimine.La capitale è Riyadh (4.260.000 ab., 4.650.000nell’intera agglomerazione urbana). Le altre cittàpiù popolose sono: Gedda, sul Mar Rosso, prin-cipale porto dello Stato (2.800.000 ab., 3.125.000nell’agglomerazione); La Mecca, la Città Santadei musulmani, luogo di nascita di Maometto,situata nella regione occidentale del Hijaz(1.294.000 e 1.460.000); Medina, seconda CittàSanta dell’Islam, anch’essa nel Hijaz (920.000 e1.040.000); al-Dammam, il maggior porto sulGolfo Persico (750.000, ma ben 1.820.000 nel-l’agglomerazione).

Economia

Moneta. L’unità monetaria è il riyal saudita (SAR).Il tasso di cambio medio nel 2005 è stato diSAR3,7491�$1 e di SAR4,66415�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Il petro-lio costituisce la base dell’economia saudita; dallascoperta del primo giacimento, nel 1938, la ric-chezza petrolifera ha rappresentato il vero moto-re dello sviluppo economico, avviato negli anniSessanta (nel 1960 venne fondata l’Organizza-zione dei Paesi Esportatori di Petrolio, OPEC, dicui l’Arabia Saudita è membro fondatore e lea-der) e proseguito con ritmo spettacolare duranteil decennio successivo. L’eccezionale aumentodelle quotazioni petrolifere nel 1974, a seguitodella Guerra Arabo-Israeliana, consentì al paesedi conseguire un elevato tasso di crescita econo-mica, di raggiungere un consistente surplus negliscambi commerciali con gli altri Stati e di incre-mentare considerevolmente le entrate governati-ve derivanti dalle esportazioni petrolifere, il tuttocon grande beneficio per lo sviluppo interno. Ipiani di sviluppo economico quinquennali imple-mentati a partire dal 1970 hanno contribuito note-volmente al progresso del paese. I primi due piani(1970-75 e 1975-80) erano prevalentemente incen-trati sullo sviluppo delle infrastrutture, della capa-cità di generazione elettrica e dei servizi di pub-blica utilità in generale, dei settori non-oil, del-l’istruzione e sul conseguimento di diversi obiettivi

sociali, quali la concessione di prestiti senza inte-ressi per l’acquisto di case e di prezzi sussidiatiper le materie prime di base. In quel decennio lacrescita economica reale dell’Arabia Saudita fuelevatissima e risultò pari al 14,1% in mediaannua: nel 1974, il PIL fece registrare un incre-mento annuo del 28%, con il settore petroliferoche contribuiva per il 59% alla sua formazione.Durante gli anni Settanta, si è assistito anche auna marcata crescita dei settori non-oil con untasso reale medio annuo pari al 19,4%. Con ilterzo piano (1980-85) venne dedicata maggioreattenzione all’istruzione, alla salute e ai servizisociali; si continuò altresì nello sviluppo delleattività non petrolifere. In particolare, riportaro-no una significativa crescita l’agricoltura (con unincremento medio annuo intorno all’11%) e ilcomparto dei servizi di pubblica utilità. Per con-tro, l’industria petrolifera stava attraversando unmomento di grande difficoltà; a partire dal 1982,scesero bruscamente le quotazioni e, parallela-mente, le entrate petrolifere del Regno. Per farfronte all’eccesso di offerta di petrolio a livellomondiale, l’onere di ridurre la produzione petro-lifera sotto il vincolo del nuovo sistema dellequote produttive dell’OPEC ricadde sull’ArabiaSaudita che si trovò a ricoprire il ruolo di pro-duttore residuale (swing producer). Nel 1985 laquota del petrolio sul PIL del paese era scesa al23% e per tutta la durata del terzo piano il setto-re riportò continue e consistenti contrazioni(�31% tra il 1981 e il 1982). Nel tentativo diriguadagnare la sua quota di mercato, alla finedel 1985 l’Arabia Saudita aumentò la sua pro-duzione, ma questa politica sfociò nel collassodei prezzi noto come contro-shock del 1986. Ilquarto piano (1985-90) si inserì pertanto in uncontesto difficile per il paese; esso mirava prin-cipalmente a incoraggiare l’impresa privata e l’in-vestimento estero attraverso la costituzione dijoint venture con imprese nazionali sia pubbli-che sia private. Il settore privato divenne cosìsempre più importante fino a rappresentare il65% del PIL non petrolifero nel 1987, con inve-stimenti significativi nell’industria, nell’agricol-tura, nel sistema bancario e nell’edilizia, sup-portati dai finanziamenti e dai programmi incen-tivanti del Governo.All’inizio del 1990, con la fine della guerra traIran e Iraq, l’incremento dei prezzi del petrolioe la sua maggiore produzione, combinati con l’af-fermazione del settore privato nei segmenti non-oil, consentirono la piena ripresa dell’economiasaudita, iniziata già a partire dal 1988. Il PILcomplessivo e la quota del prodotto interno attri-buibile al settore petrolifero fecero registraretassi di crescita positivi per tutti i cinque annidel quinto piano di sviluppo (1990-95). Que-st’ultimo puntava: a) alla valorizzazione delle risor-se umane; b) alla creazione di occasioni di lavo-ro nel settore privato, ottenuta anche attraverso lariduzione della manodopera estera (politica della

578 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1970-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2004 1970-2004

Agricoltura 6,6 11,8 1,9 1,4 5,8Industria 11,8 �5,2 2,7 3,5 3,5Servizi 40,9 0,0 2,1 4,6 11,1

PIL 14,1 �1,6 2,5 3,4 4,8

Fonte: elaborazioni su dati Saudi Arabian Monetary Agency, Tables of Annual Report. È stataverificata la coerenza con i relativi dati ONU.

Page 15: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

579VOLUME V / STRUMENTI

MEDIO ORIENTE

SOUTHCASPIAN

BASIN

WESTERNARABIANPROVINCE

TABUKBASIN

WIDYANBASIN

RUB’ AL-KHALIBASIN

CENTRALARABIANPROVINCE

CENTRALARABIANPROVINCE

CENTRAL IRANBASIN

MESOPOTAMIAN

PROVINCE

campo a olio

principali bacini petroliferiprincipali raffinerieprincipali terminalimpianti di esportazione di GNL

gasdotto

oleodotto

gasdotto in costruzione o in progetto

oleodotto in costruzione o in progetto

oleodotto o gasdotto inattivo

impianti di esportazione di GNL in costruzioneimpianti di esportazione di GNL in progetto

Buraydah

Medina

Yanbu

Rabigh

Baghdad

Gedda La Mecca

Ta’if

Isfahan

Tehran

AFGHANISTAN

Shiraz

Abu Dhabi

al-Kuwait

BAHREIN

Riyadh

M A R

R O S S OO C E A N O

I N D I A N O

G O L F O D I O M A N

Eufrate

T igr i

MA

R C

AS

PI O

LIBANO

ISRA

EL

E

S I R I A

AZERBAIGIANARMENIA

GIORDANIA

I R A N

I R A N

E R I T R E A

EMIRATI ARABIUNITI

I R A Q

KUWAIT

Y E M E N

S U D A N

T U R C H I AT U R K M E N I S T A N

A R A B I A

S A U D I TA

QATAR

O M A N

Lago diUrmia

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

200 km0 100

Shuaiba

Bushehr

Abadan

Mina Abdullah

Mina Saud

Haradh

Dubai

Jebel Ali

Fujayrah

Ruwais

Doha

Ras Tanura

Ras al-Khafji

Umm Said

al-Hufuf

Bassora

al-Jubail

Dhahran

Bandar-e Abbas

Mashhad

Yazd

KermanshahQumm

Arak

Kirman

Resht

Abadan

Nasiriyah

Kirkuk

Haditha Samarra

Bayji

Karbala

Mosul

Tabriz

Ahwaz

Masjed-eSoleyman

Bandar-e Abbas

Doha

600 km0 300

Shiraz

AbuDhabi

al-Kuwait

BAHREIN

QATAR

KUWAIT

Riyadh

campo a gas

G

OL

FO

P

ER

SI

CO

ZAGROS PROVINCE

Z A G R O S P R O V I N C E

Page 16: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

‘saudizzazione’ della forza-lavoro); c) al raffor-zamento delle infrastrutture e dei servizi socia-li; d ) all’ulteriore diversificazione dell’econo-mia attraverso il sostegno agli investimenti pri-vati in agricoltura e nell’industria manifatturieraleggera. Il sesto piano (1996-2000) si inserì nuo-vamente in un contesto di calo delle quotazionipetrolifere verificatosi nel 1997 e dovuto a piùordini di ragioni: la crisi economica dell’Asiaorientale, il calo della domanda (per via dellamitezza della stagione invernale causata dal pas-saggio del fenomeno atmosferico conosciuto comeel Niño) e la crescita della produzione non OPEC.Gli obiettivi erano gli stessi del quinto piano epuntavano sulla necessità di ridurre la forte dipen-denza dal volatile settore petrolifero. Nel 1999venne creato il Supremo Consiglio Economicocon il compito di stimolare gli investimenti, crea-re posti di lavoro per i Sauditi e promuovere leprivatizzazioni. Nel gennaio del 2000 venne ancheistituito il Consiglio Supremo per gli Affari rela-tivi al Petrolio, presieduto dal Re e con funzionidecisionali in materia di idrocarburi. In queglianni il valore dalla produzione petrolifera fu con-trassegnato da crescita assai modesta: appenal’1%, contro il 4% del settore non-oil.Il settimo piano (2000-05) ha confermato l’im-portanza delle privatizzazioni e dello sviluppodelle risorse umane nazionali come scelte strate-giche per lo sviluppo. Il forte rialzo delle quota-zioni petrolifere, iniziato nel 2000 e accelerato nel2003, è stato ancora una volta alla base della cre-scita economica del paese: nel periodo 2000-04,la crescita reale del PIL è stata del 3,4% (mediaannua) e ha raggiunto il 5,3% nell’ultimo annoin esame. Nonostante siano stati compiuti signi-ficativi progressi in materia di diversificazioneeconomica, il settore petrolifero continua a rive-stire un’importanza vitale: contribuisce per circaun terzo alla formazione del PIL e rappresentaoltre l’80% delle entrate dello Stato e delle espor-tazioni complessive. Inoltre, sempre grazie all’e-levato livello delle quotazioni petrolifere, il bilan-cio pubblico è tornato in attivo sia nel 2003 sianel 2004, cosa che non accadeva da oltre vent’an-ni. L’economia mineraria saudita non si limita alpetrolio: il paese dispone di vaste riserve di gas(il 4% circa del totale mondiale), minerali di ferro,oro e rame. L’industria manifatturiera mostra unevidente legame con quella mineraria: la raffi-nazione del petrolio resta la più importante atti-vità manifatturiera seguita dalla produzione dicemento, di fertilizzanti e di acciaio. L’agricol-tura concorre per appena il 5% alla formazionedel PIL, mentre il contributo dei servizi è risul-tato pari al 27% nel 2004.

Bilancia commerciale. Grazie alle consistentiesportazioni petrolifere, l’Arabia Saudita ha sto-ricamente fatto registrare una bilancia commer-ciale in attivo. I principali mercati di destinazio-ne delle esportazioni saudite sono gli Stati Uniti,che nel 2004 hanno assorbito il 17% del totaleesportato, seguiti da Giappone e Corea del Sudin Asia e Paesi Bassi, Francia e Portogallo in Euro-pa. Nell’ambito del Consiglio di Cooperazionedel Golfo (Gulf Cooperation Council, GCC), dicui l’Arabia Saudita è parte, i principali acqui-renti sono Bahrein ed Emirati Arabi Uniti. Nel2004, il petrolio ha coperto l’84% delle esporta-zioni complessive.Le importazioni riguardano principalmentemacchinari, veicoli, apparecchiature elettriche

e attrezzature per il trasporto. Il principale for-nitore dell’Arabia Saudita sono gli Stati Uniti, dacui deriva il 15% delle merci in entrata; seguonoper importanza il Giappone e la Cina in Asia, ela Germania in Europa.Dopo diversi anni di negoziazioni, nel 2005 l’A-rabia Saudita è entrata a far parte dell’Organiz-zazione Mondiale per il Commercio.

Quadro energeticoL’Arabia Saudita è il primo paese del mondo perriserve di olio e il quarto per riserve di gas. Èpure il maggior produttore ed esportatore di olio,la cui produzione si prevede in aumento nei pros-simi decenni. Anche la produzione di gas dovreb-be subire un incremento notevole nello stessoperiodo. Nel 2004 la produzione di energia tota-le è stata di 556,21 milioni di tep a fronte di 413,64milioni di tep esportati. Il consumo, di 137,2milioni di tep, è costituito da olio (79,6 milioni)e gas (57,6). La domanda di energia primaria èprevista crescere, entro il 2030, con un tassoannuale del 3%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. All’inizio deglianni Venti del 20° sec., Frank Holmes, un inge-gnere minerario neozelandese, riuscì a ottenerealcune opzioni di ricerca petrolifera in ArabiaSaudita, Kuwait e Bahrein. I diritti verranno poiceduti nel 1927 alla Gulf Oil. La Standard OilCompany of California, che a sua volta avevaacquisito dalla Gulf i diritti sulle isole Bahrein,mostrò subito interesse per l’Arabia Saudita pro-muovendo le prime ricognizioni geologiche nelpaese. Nel 1933 venne registrata la CalifornianArabian Standard Oil Company (la futura Ara-bian American Oil Company, Aramco), cui fuassegnata una concessione su un’area vastissima,di quasi un milione di chilometri quadrati. Neglianni Trenta vennero identificati gli elementi strut-turali che in seguito si riveleranno essere i campigiant di Abqaiq e Ghawar. Nel 1936 una quotadel 50% venne acquisita dalla Texaco. Nellaseconda metà degli anni Trenta venne condottaun’esplorazione più dettagliata e nel 1938 si sco-prì una mineralizzazione a olio negli strati piùprofondi della struttura di al-Dammam. Il greg-gio venne trasportato per la prima volta al ter-minale di Bahrein, via chiatta, nel settembre 1938.La costruzione delle infrastrutture necessarie allaproduzione a Ras Tanura rese possibile la spedi-zione del primo cargo di greggio nel maggio 1939.Nel 1940 fu scoperto il campo di Abqaiq, chesarà messo in produzione in ritardo a causa dellaguerra. Nel 1945 venne scoperto Qatif. Con trecampi in produzione quali al-Dammam, Abqaiqe Qatif, l’Aramco si venne a trovare in una situa-zione strategica che le permise di ottenere age-volazioni per la costruzione della prima raffine-ria (sarà completata a fine anno) a Ras Tanura,con capacità di trattamento di 50.000 bbl/d. Dopola guerra entrarono nel consorzio due nuove com-pagnie petrolifere statunitensi: la Standard Oil ofNew Jersey e la Standard Oil of New York, conquote rispettive del 30 e del 10%. Venne costi-tuito anche un consorzio, il Trans-Arabia Pipeli-ne Company (Tapline) per la costruzione dell’o-leodotto lungo 1.600 km dal Golfo Persico alMare Mediterraneo. L’oleodotto, con sbocco nelporto libanese di Saida, erogò il primo olio nel1950. In quegli anni vennero scoperti i campi di

Haradh, Uthmaniyah, Khurais (1957) e Khursa-niyah (1956). In mare, oltre al campo di Safanya(1951), vennero scoperti Manifa (1957), AbuSafah (1963), Qatif mare, Berri (1964), Zuluf(1965) e infine Jana, Karan, Marjan (1967). SulMar Rosso venne scoperto il giacimento di Bar-qan. A seguito dei rilasci effettuati dall’Aramcoa partire dal 1970 (venne reso l’80% della con-cessione onshore e il 45% di quella offshore),l’ente governativo Petromin (General Petroleumand Mineral Organization), istituito nel 1962,prese in gestione le aree disponibili per nuoviaccordi. In quel periodo furono assegnati diver-si contratti a compagnie straniere (Phillips, Ten-neco e Agip).Nel 1976 ebbe luogo la nazionalizzazione del-l’Aramco con la costituzione della nuova com-pagnia di Stato, la Saudi Aramco. Le compagnieamericane del consorzio, nel frattempo rideno-minate Chevron, Exxon, Texaco e Mobil, for-marono la SISCO (Saudi International ServiceCOmpany), organismo di consulenza tecnica perla nuova compagnia di Stato.Attualmente in Arabia Saudita la responsabilitàdelle attività petrolifere è di competenza del Mini-stero del Petrolio e delle Risorse Minerarie. IlConsiglio Supremo per il Petrolio e gli AffariMinerari è l’ente che controlla tutta l’industriapetrolifera nazionale, compresa la gestione dellaSaudi Aramco. Per quanto riguarda l’esplorazio-ne petrolifera l’attività della Saudi Aramco è con-centrata nel territorio nazionale. Il Governo saudita amministra, unitamente alGoverno del Kuwait, anche l’area denominataPartitioned Neutral Zone e condivide inoltre un’a-rea di comune gestione con il Bahrein (campo diAbu Safah), dalla quale produce congiuntamen-te 150.000 bbl/d.Nel maggio del 2000 è stata promulgata una leggeper attirare gli investitori internazionali nel set-tore energetico. La legge permette finalmente laproprietà di beni e servizi a compagnie stranie-re, anche se alcuni settori come l’upstream e lepipeline rimangono tuttora esclusi.

Olio. Alla fine del 2004 l’Arabia Saudita pos-sedeva riserve di olio di 262,7 miliardi di bbl(erano 261,4 miliardi nel 1994), contenute neicampi di Ghawar (140 miliardi di bbl), Safanya(55 miliardi), Manifa (23), Shaybah (21; camponella zona di confine con gli Emirati Arabi Uniti,in buona parte in territorio saudita), Zuluf (20),Abqaiq (18), Berri (18), Khurais (17), Qatif (9),Abu Safiya (8), Khursaniyah (4,3), Najd e moltialtri con riserve superiori al miliardo di bbl. Alcu-ni di questi giacimenti si collocano per dimen-sione fra i primi trenta del mondo. Il complessodi Ghawar include i campi satelliti di Ain Dar,Shedgum, Uthmaniyah, Hawiyah e Haradh. Ilrapporto riserve/produzione è di 67,8 anni. Lamaggior parte dei campi si trova nella CentralArabian Province, area di maggior concentra-zione sia di giants, onshore e offshore, sia delleattività esplorative e di sviluppo. Gli altri baci-ni, Rub’ al-Khali, Tabuk, Widyan e l’area delMar Rosso settentrionale, risultano sotto-esplo-rati; nel bacino di Rub’ al-Khali si trovano icampi di North e South Kidam, Suhul e Shay-bah (giacimento nell’area di confine con gliEmirati Arabi Uniti) e altre scoperte minori comeRamlah, Shuftah, Amad e Maghrib; l’area del MarRosso contiene i modesti campi a olio e gas diBarqan (50 milioni di bbl) e Midyan (10 milioni

580 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

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di bbl), mentre il Tabuk Basin contiene solo spo-radici rinvenimenti a gas.Nel 2004 la produzione è stata di 10,58 milionidi bbl/d (9,6 milioni di greggio e 1,3 milioni diliquidi da gas naturale). Questi ultimi non sonosoggetti alla quota OPEC, che per l’Arabia Sau-dita è, dall’aprile 2005, di 8,93 milioni di bbl. Laproduzione di olio nel 1994 era stata di 9,08 milio-ni di bbl. Secondo fonti governative, la capacitàproduttiva del paese può facilmente essere aumen-tata a 15 milioni di bbl/d e mantenuta per i pros-simi cinquant’anni.I campi in produzione sono Ghawar (capacità pro-duttiva di 5,5 milioni di bbl/d), Safanya (1,5 milio-ni di bbl), Zuluf (oltre 500.000), Shaybah(500.000), Marjan (450.000), Berri (400.000),Abu Safah (300.000), Najd (200.000), Haradh(170.000). Si assiste a un declino produttivo deicampi che interessa soprattutto i vecchi giaci-menti, per es., Abqaiq. La media del declino deicampi sauditi è del 28%. Nel caso di Ghawar circala metà delle riserve sono già state prodotte.L’Arabia Saudita produce diversi tipi di olio: l’A-rabian Light (60% della produzione totale e pro-veniente da Ghawar e Abqaiq), l’Arabian ExtraLight (15%, prodotto da Shaybah), l’ArabianMedium (12%, proviene da Zuluf e da Marjan),l’Arabian Heavy (rappresenta l’11% e provieneda Safanya) e l’Arabian Super Light (2%, pro-veniente da campi tipo Hawtah). Buona parte del-l’olio prodotto, esclusi i tipi Extra Light e SuperLight, contiene elevate percentuali di zolfo.I maggiori progetti di sviluppo riguardano i campidi Qatif e Abu Safah dove si prevede un incre-mento di produzione di 800.000 bbl/d, i campi diAbu Hadriya, Fadhili, Harmaliyah nel comples-so Khursaniyah, con 500.000 bbl/d di aumento,Khurais con 800.000 e Manifa con 300.000 diArabian Heavy. Considerando che il consumonon raggiunge i 2 milioni di bbl/d, la quota dispo-nibile per l’esportazione è molto elevata. L’Ara-bia Saudita esporta prodotti petroliferi verso StatiUniti (1,5 milioni di bbl/d, è in quarta posizionedopo Canada, Messico e Venezuela), paesi euro-pei, Cina, Giappone, Corea del Sud, India.Gli oleodotti operativi sono due: l’East-WestPetroline, costruito nel 1981 e poi ampliato auna capacità di 5 milioni di bbl/d, trasporta ilgreggio al Mar Rosso. Parallela al tracciato diquesto oleodotto corre la gas line Abqaiq-Yanbudi 290.000 bbl di GNL. La Tapline verso il Liba-no è disattivata, come pure l’oleodotto prove-niente dall’Iraq (IPSA) di 1,65 milioni, chiusodefinitivamente nel 1990. Secondo fonti gover-native i terminal di esportazione saudita hannouna capacità totale di oltre 14 milioni di bbl/d.I maggiori terminal a olio, oltre al già citatoRas Tanura, con capacità di 6 milioni di bbl/d,sono al-Jubail, Yanbu, sul Mar Rosso (5 milio-ni), Ras al-Ju’aymah sul Golfo Persico (3 milio-ni), Jizan Rabigh, sul Mar Rosso e Zuluf cheviene rifornito dal campo omonimo sul GolfoPersico. Inoltre la Saudi Aramco possiede 20VLCC (Very Large Crude Carriers) e 4 ULCC(Ultra Large Crude Carriers), che possono tra-sportare una quantità significativa di olio perl’esportazione, e una serie di infrastrutture distoccaggio in località estere (Paesi Bassi, SidiKerir, Corea del Sud, Filippine, isole caribichee Stati Uniti).L’Arabia Saudita possiede otto raffinerie per unacapacità complessiva di 1,75 milioni di bbl/d:Rabigh (400.000 bbl/d), Ras Tanura (300.000),

Yanbu (190.000), Riyadh (120.000), Gedda(60.000). Inoltre vi sono tre raffinerie con parte-cipazione di compagnie straniere: Yanbu (340.000)della Saudi Aramco-Mobil; al-Jubail (305.000)della Petromin-Shell; Ras al-Khafji (30.000) del-l’Arabian Oil Company.La Saudi Aramco ha anche partecipazioni in raf-finerie all’estero (dove viene raffinato circa il15% del greggio prodotto): negli Stati Uniti, inCorea del Sud, nelle Filippine, in Grecia e in Cina.Il controllo di questa vasta attività di raffinazio-ne le permette di garantirsi uno sbocco sicuro peril greggio prodotto. È in programma l’espansione di Yanbu e sonoinoltre in corso negoziati per acquisire parteci-pazioni in Giappone con Shell, in India e in Cina.Recentemente la Saudi Aramco ha siglato unaccordo con la Sumitomo Chemical Company,per lo sviluppo di un grande complesso petrol-chimico di raffinazione nella città di Rabigh sulMar Rosso.

Gas. Come riserve di gas, al 2004 di 6.750 miliar-di di m3 (erano 5.260 nel 1994), l’Arabia Saudi-ta si pone in quarta posizione dopo Russia, Irane Qatar. Il 60% delle riserve è rappresentato dagas associato in campi a olio (Ghawar, Safanyae Zuluf). Ghawar con 6.400 miliardi di m3 rap-presenta una buona parte del gas saudita. Il poten-ziale a gas del paese si ritiene elevato. Infatti soloil 15% del territorio saudita è stato esplorato inmodo soddisfacente per il gas. Nella Central Ara-bian Province sono presenti aree prospettive intemi paleozoici profondi dove si registrano le ulti-me scoperte effettuate. Anche il Tabuk Basin nelquale si localizza il campo di Risha (10 miliardidi m3) è da considerarsi prospettivo per il gas.Nell’area del Mar Rosso, dove si trovano i duecampi di Barqan (28 miliardi di m3) e di Midyan(8,5 miliardi), già scoperti da tempo e mai svi-luppati, alcuni esperti sostengono ci siano ulte-riori risorse a gas. Lo stesso ottimismo vieneespresso nei confronti del bacino di Rub’al-Khalidove viene stimato un potenziale di qualchemigliaio di miliardi di m3. In questi ultimi annisi sono rinvenuti accumuli di gas associato all’o-lio leggero nella regione del Neged a sud diRiyadh, mentre il gas non associato presente neicampi di Mazalij, al-Manjoura, Shaden, Niban,Tinat, al-Waar è legato a livelli profondi. Ricor-diamo inoltre il campo a gas di Dorra nell’areadi confine con Kuwait e Iran.Nel 2004 la produzione di gas è stata di 64 miliar-di di m3 (era stata di 42,8 miliardi nel 1994), uti-lizzati per far fronte alla crescente domandainterna.La maggior parte del gas è prodotto dalla SaudiAramco negli impianti dei giacimenti di Shed-gum, Berri ed Uthmaniyah ed è utilizzato pergas injection o bruciato. Già da molti anni laSaudi Aramco aveva lanciato il progetto MasterGas System Plan per utilizzare il gas associato.È dagli anni Ottanta che si cerca di sviluppareil gas non associato dai reservoir permiani comesupplemento di fornitura agli impianti gas diShedgum e di Uthmaniyah e in questi ultimianni lo sviluppo dei campi a gas e l’incremen-to di produzione sono diventati temi ricorrenti.Saudi Aramco prevede che la domanda all’in-terno del Master Gas System aumenti con untasso annuale del 3,1% per i prossimi anni perraggiungere una richiesta di 125 miliardi di m3/anel 2025.

Al fine di affrontare gli investimenti relativi all’e-splorazione e sviluppo del gas era stata lanciatauna gara, la Saudi Gas Initiative, preludio di aper-tura alle compagnie straniere nel paese, per laprima volta dai tempi della nazionalizzazione.Venivano messi in gara alcuni blocchi (a sud diGhawar, nella zona del Mar Rosso e nella zonadi Shaybah). Nell’anno 2001 erano state sele-zionate alcune compagnie (ExxonMobil, Shell,BP – British Petroleum, Phillips, Marathon, Occi-dental, Shell Total e Conoco) come potenzialipartner. Su alcuni aspetti controversi i negoziatisi sono arenati e la proposta è stata riformulatanel 2003 in un nuovo bid con accordi circoscrit-ti all’upstream e migliori termini economici perla compagnia straniera. Con questi criteri sonostati recentemente assegnati tre blocchi in un’a-rea limitrofa a Ghawar, rispettivamente a Lukoil(in cooperazione con Saudi Aramco), a Sinopece ad Eni-Repsol. Anche la Shell, ha firmato nel2003 un importante accordo per l’esplorazionedi gas relativo ad una vasta area esclusiva nelRub’ al-Khali Basin. L’accordo al quale parteci-pano anche Total e Saudi Aramco, coprirebbe lasola attività upstream. In questi ultimi anni sono stati completati e resioperativi diversi impianti di trattamento gas.Ricordiamo quello di Hawiyah, vicino a Ghawar,di 14 miliardi di m3/a, che permette un’esporta-zione di 260.000 bbl/d di olio leggero, e quellodi Haradh, che tratta il gas non associato di quat-tro campi nella Khuff formation. Sono inoltre inprogramma impianti di estrazione degli idrocar-buri liquidi relativi ai campi di Haradh e Hawiyahper aumentare la produzione di GNL. Nel 2000è stato completato un gasdotto dalla provinciaorientale alla capitale. Questo fa parte di un pro-getto di espansione della rete nazionale di gasche prevede a breve la costruzione di ulteriori1.900 km di gasdotti. L’attuale rete saudita com-prensiva di oleodotti, gasdotti e trasporto prodottiraffinati supera i 16.000 chilometri.

Emirati Arabi Uniti

Nome ufficiale: al-Imarat al-‘Arabiyahal-Muttahidah (Emirati Arabi Uniti)

Confini e territorioGli Emirati Arabi Uniti sono uno Stato federaledel Medio Oriente, ubicato nella parte sudorien-tale della Penisola Arabica e costituito da 7 Emi-rati (Abu Dhabi, Ajman, Dubai, Fujayrah, Rasal-Khaymah, Sharjah, Umm al-Qaywayn). Bagna-ti per oltre 600 km dal Golfo Persico e per unbreve tratto dal Golfo di Oman, confinano a nordcon il Qatar, a est con l’Oman e a sud e a ovestcon l’Arabia Saudita; ma si tratta, in entrambi icasi, di confini che corrono in zone desertiche enon sono mai stati esattamente delimitati.La costa del Golfo Persico, dove si trova il mag-gior porto del paese, Dubai, è caratterizzata dallapresenza di paludi salate, che si estendono ancheall’interno. Dal confine con la penisola di Musan-dam sulla costa del Golfo Persico fino all’estre-mità più meridionale del confine con l’Omansull’omonimo golfo, si estende, in direzione sud-est, la sezione occidentale della catena mon-tuosa di al-Hajar, nota come al-Hajar al-Gharbi.

581VOLUME V / STRUMENTI

MEDIO ORIENTE

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A sud e a ovest di Abu Dhabi, il più grande deisette Emirati (87% della superficie totale), ilterritorio è invece caratterizzato da immense eondulate dune di sabbia che costituiscono ilproseguimento di quelle del deserto saudita diRub’ al-Khali. Il clima è desertico, con estatitorride e inverni miti, ma in prossimità dei rilie-vi montuosi di al-Hajar le temperature sonosignificativamente più basse e le precipitazio-ni meno rare.

Popolazione e aspetti socio-culturaliNel 2004 si stimava una popolazione di 4.320.000ab., di cui meno del 20% è costituito da cittadinidegli Emirati. Infatti, la grande maggioranza dellapopolazione è formata da lavoratori stranieri immi-grati: per la massima parte provenienti dall’Asiasudorientale; per il resto da altri paesi del Vicinoe Medio Oriente (Palestinesi, Egiziani, Giordani,Yemeniti, Omaniti) e da Iraniani, Afghani, Paki-stani, Indiani, Bengalesi, Europei occidentali. Lalingua ufficiale è l’arabo, ma sono diffusi ancheil persiano, l’inglese, il hindi e l’urdu.L’Islam è la religione ufficiale del paese: l’80%della popolazione è composto da musulmani sun-niti e il 16% da sciiti; il restante 4% è costituito dacristiani, induisti e da seguaci di confessioni nonspecificate. Il governo federale è generalmente tol-lerante verso chi non professa il credo islamico;tuttavia sono previste condanne penali in caso didiffusione di testi religiosi non musulmani.La capitale federale è la città di Abu Dhabi(578.000 ab. nel 2004), capitale anche dell’o-monimo Emirato in cui si concentra il 40% dellapopolazione; la città più popolosa è Dubai(670.000 ab., ma 1.450.000 nell’intera agglome-razione urbana); gli altri maggiori centri urbanisono al-Shariqah e Ajman.

Economia

Moneta. L’unità monetaria è il dirham degli Emi-rati Arabi Uniti (AED). Il tasso di cambio medionel 2005 è stato di AED3,6729�$1 (cambio fissocon cui è agganciato al dollaro americano da metàdegli anni Ottanta) e di AED4,56946�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Gli Emi-rati Arabi Uniti hanno subito una profonda tra-sformazione economica a seguito dei ritrovamentidi petrolio, iniziati a partire dagli anni Sessanta.Da piccoli sceiccati la cui economia si basava sullaraccolta di perle, sull’allevamento e sulla pesca,si sono trasformati in uno Stato moderno, carat-terizzato da un elevato reddito pro capite e da unsaldo decisamente positivo della bilancia com-merciale. Prima della costituzione della Federa-zione (l971), la produzione e le esportazioni dipetrolio arricchivano le famiglie reali che gover-navano i singoli Emirati e sostenevano lo svilup-po locale; dopo il 1971, le entrate petrolifere,soprattutto quelle provenienti dagli Emirati di AbuDhabi e Dubai, diventarono progressivamente ilprincipale fattore della crescita dell’economianazionale, e l’appartenenza all’Organizzazionedei Paesi Esportatori di Petrolio, che nel 1967riguardava solo l’Emirato di Abu Dhabi, venneformalmente estesa al nuovo Stato unitario almomento della sua costituzione.La forte dipendenza dal settore degli idrocarbu-ri fa sì che la crescita economica degli EmiratiArabi Uniti sia influenzata dall’andamento dellevolatili entrate petrolifere. Negli anni Settanta,

il consistente rialzo dei prezzi del petrolio con-nesso alle due crisi petrolifere consentì una cre-scita reale del PIL pari a circa il 42% (valoremedio annuo del periodo 1972-79). Al contrario,gli anni Ottanta furono interessati da una signi-ficativa contrazione dell’economia, con una cre-scita media annua del PIL addirittura negativa(�1,5% nel periodo 1980-89); questo andamen-to fu in primis ascrivibile al calo delle quotazio-ni petrolifere e delle relative entrate, oltre chealla guerra tra Iran e Iraq (1980-88) e al com-pletamento di diversi e ingenti progetti industrialie infrastrutturali. Gli anni Novanta, anche grazieal balzo dei prezzi connesso con l’invasione delKuwait da parte dell’Iraq, segnarono una robu-sta crescita del PIL (�4,7% in media annua), mala guerra generò un momento di grave crisi nelsistema bancario nazionale. Il nuovo millenniosi è aperto all’insegna di una buona performan-ce dell’economia, ancora una volta alimentatadall’elevato livello dei prezzi petroliferi. Nel2004, il settore degli idrocarburi continuava adominare il tessuto economico degli Emirati ArabiUniti contribuendo alla formazione del 29% delPIL, al 78% delle entrate governative e al 46%dei proventi delle esportazioni. Nello stesso anno,diversi settori non oil hanno evidenziato signifi-cativi tassi di crescita, riflettendo il successo deglisforzi di diversificazione economica attuati dalGoverno. Tra i comparti più dinamici, l’industriapetrolchimica, la produzione di metalli, i servi-zi turistici e finanziari.La diversa dotazione di risorse nei vari Emirati hacomportato tuttavia uno sviluppo diseguale, siaprima sia dopo la costituzione della Federazione.Abu Dhabi e Dubai, che congiuntamente contri-buiscono al PIL complessivo della Federazioneper l’87% e producono la quasi totalità del greg-gio, hanno dedicato gran parte dei guadagni deri-vanti dal petrolio alla costruzione di infrastruttu-re e presentano un grado di sviluppo economicoassi più elevato di quello degli altri Emirati.

Bilancia commerciale. Membro dal 1995 del-l’Organizzazione Mondiale per il Commercio(World Trade Organization, WTO), gli EmiratiArabi Uniti sono una delle economie più apertedel Medio Oriente. Dagli anni Ottanta, il saldodella bilancia commerciale evidenzia un signifi-cativo surplus; nel 2004, grazie alle consistentiesportazioni di olio e gas sostenute dal forte rial-zo dei prezzi, il surplus commerciale è cresciutodel 32% rispetto al 2003, raggiungendo i 27,6miliardi di dollari (circa il doppio del livello del2002). La struttura delle esportazioni è domina-ta dagli idrocarburi che nel 2004 rappresentava-no il 46% dell’export totale. I principali mercatidi destinazione sono il Giappone, la Corea delSud, la Thailandia e l’Iran. Le importazioni, inaumento del 18% nel 2004, riguardano princi-palmente macchinari e attrezzature per il trasporto,prodotti chimici e generi alimentari. I principalifornitori sono Cina, India, Giappone e Germania.

Quadro energeticoGli Emirati Arabi Uniti sono il quinto Stato delmondo sia per riserve di olio sia per riserve di gas.Sono anche un paese produttore (al decimo postonella graduatoria mondiale) ed esportatore di olio.Produzione ed esportazione si prevedono in aumen-to nei prossimi anni. La produzione di olio dagliattuali 2,6 milioni di bbl/d salirebbe a 3,2 nel 2010e a 5,1 nel 2030. Anche la produzione di gas dovreb-be subire un incremento notevole nello stesso perio-do, ma non tale da soddisfare la domanda, che nel2020 supererà la produzione. Nel 2004 la produ-zione di energia è stata di 163,98 milioni di tep, afronte di un’esportazione di 109,44 milioni. Il con-sumo di 51,2 milioni di tep deriva da gas (35,6milioni) e da olio (15,6 milioni). La domanda dienergia primaria è prevista crescere entro il 2030con un tasso annuale del 2,9%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. La D’Arcy Explo-ration Company fu la prima compagnia a ese-guire, negli anni Venti, alcuni rilievi sporadici.Le prime concessioni vennero assegnate nel 1937alla Petroleum Development (Trucial Coast), unaconsociata della Iraq Petroleum Company, checondusse inizialmente un’esplorazione fram-mentaria e solo dopo la Seconda Guerra Mon-diale (soprattutto nella seconda metà degli anniCinquanta) organizzò ricerche sistematiche nelterritorio di Abu Dhabi con metodi geofisicimoderni e con la conseguente scoperta dei primigiacimenti (Murban 3). Risalgono a quegli annile scoperte a terra di Abu Jidu e di Bu Hasa (1962).Dopo il rilascio di una buona porzione dell’areadi Dubai nel 1962, la compagnia prese il nomedi Abu Dhabi Petroleum Company (ADPC).Per quanto riguarda invece l’offshore, la BritishPetroleum e la Compagnie Française des Pétroles,che avevano costituito nel 1953 la Abu Dhabi Mari-ne Areas (ADMA) e in seguito la DUbai MarineAreas (DUMA), effettuarono nel 1958 il ritrova-mento di Umm Shaif. Il campo di Zakum fu sco-perto nel 1964 e nel 1967, dal consorzio giappo-nese ADOC, il campo di Mubarak. Nell’offshoredi Dubai i risultati furono meno eclatanti. LaDUMA siglò un accordo con la Dubai PetroleumCompany. Furono scoperti i campi a olio di Fatehnel 1966 e di Southwest Fateh nel 1970. Nel 1971venne costituita la Abu Dhabi National Oil Com-pany (ADNOC), che oggi dipende direttamentedal Consiglio Supremo per il Petrolio e opera, attra-verso tre compagnie operative, cinque compagniedi servizio e tre joint venture, in tutti i settori del-l’industria petrolifera (esplorazione, sviluppo, pro-duzione, raffinazione, marketing di tutti i prodot-ti petroliferi e del GNL).La compagnia petrolifera operativa nell’Emira-to di Dubai è invece la Dubai Petroleum Co.(DPC), gestita da un consorzio al quale parteci-pano, oltre a Conoco-Phillips, anche Total, Repsol,Rwe Dea e Wintershall. Il consorzio gestisce i

582 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2004 1972-2004

Agricoltura 27,0 10,4 13,5 3,4 14,0Industria 42,3 �4,5 1,3 4,5 9,8Servizi 43,8 5,0 7,3 7,8 13,9

PIL 41,9 �1,5 4,7 6,1 11,5

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

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maggiori campi offshore (Fateh, Southwest Fateh,Falah). Nel paese ha operato anche la Arco (poiassorbita dalla BP – British Petroleum), la qualeha scoperto il campo di Margham, che produce-va il gas commercializzato in Dubai. Per quantoriguarda la politica energetica, ogni Emirato hauna certa autonomia. Dubai, per esempio, non siconsidera vincolato alle direttive OPEC anche seil paese vi aderisce formalmente dal 1971. Spo-radiche sono le assegnazioni di permessi di ricer-ca. Sul piano degli investimenti e dei rapporti conl’estero gli Emirati Arabi Uniti si stanno attrez-zando con strumenti societari adatti. Per quantoriguarda Abu Dhabi, è stata recentemente costi-tuita la Mubadala Development Company perattivare investimenti nel settore energetico; oltread accordi preliminari di cooperazione con laShell, la compagnia ha recentemente ottenutoaree in Libia, Qatar e Oman e ha fra l’altro spon-sorizzato il progetto a gas denominato Dolphin.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio degli Emirati ArabiUniti ammontavano a 97,8 miliardi di bbl (più omeno la stessa cifra del 1994), distribuite preva-lentemente (92,8 miliardi) in Abu Dhabi e moltomarginalmente in Dubai (4 miliardi), Sharjah (1,5miliardi) e Ras al-Khaymah (100 milioni).I campi più importanti sono Zakum (24,5 miliar-di di bbl), Bab e Bu Hasa, (entrambi dell’ordinedei 10 miliardi di bbl), Asab (oltre 6 miliardi dibbl) e, inoltre, Nasr, Mender, Ghasha, Satah eUmm al-Lulu, tutti localizzati in Abu Dhabi. Icampi di Fateh (2,2 miliardi), Southwest Fateh(1,7 miliardi) e Falah (200 milioni) sono localiz-zati in Dubai; il campo di Mubarak (vicino all’i-sola di Abu Musa) in Sharjah. Tutti questi giaci-menti sono contenuti nel Rub’ al-Khali Basin.Il paese nel 2004 ha prodotto 2,6 milioni di bbl/ddi idrocarburi liquidi (erano 2,48 nel 1994), afronte di un consumo interno di 300.000 bbl chelascia un grande spazio all’esportazione (versoil Giappone e soprattutto la Corea del Sud). Laproduzione di greggio è dell’ordine di 2,5 milio-ni di bbl, perfettamente in linea con la quota OPECche è appunto di 2,5 milioni di bbl.L’olio prodotto è leggero con densità compresatra 32 e 44 °API. I greggi esportati sono il Mur-ban di 39° e il Fateh di 32 °API. Inoltre i tre campidi gas e condensato di Sharjah (Sajaa, Moveyide Kahaif) producono 31.900 bbl equivalenti diolio, mentre la Crescent ne produce dal campodi Mubarak circa 15.000 di olio e condensato.La Federazione desidera aumentare la produzio-ne di olio sia per far fronte alla crescente doman-da, sia per compensare il declino di produzionedei campi (Fateh, Southwest Fateh e Falah) delDubai. A questo proposito, sono stati attivati diver-si progetti di recupero assistito. Anche in Abu DhabiADMA cerca di aumentare la produzione dei mag-giori campi tramite avanzate tecnologie di produ-zione. Sono stati inoltre siglati diversi contratti concompagnie straniere per lo sviluppo dei campi,come quello con la ExxonMobil per il campo diZakum (dove per altro erano già presenti i giap-ponesi della Jodco), la cui produzione dovrebbesalire da 550.000 a 750.000 bbl/d. Altri progettiriguardano i campi di Bu Hasa, Bab e Asab.Due sono le raffinerie: quella di Ruwais, concapacità di 145.000 bbl/d (sono in corso proget-ti di ampliamento a 500.000), che produce olileggeri soprattutto per l’esportazione in Giappo-ne, e quella di Umm al-Nar, con capacità di 88.000bbl. Esistono inoltre altre tre raffinerie: una della

Emirates National Oil Company, in Dubai (JebelAli, con capacità di raffinazione di condensatodi 120.000 bbl); un’altra della Metro Oil in Fujay-rah (90.000 bbl/d); una terza della Sharjah OilRefining Company nell’Emirato di Sharjah(71.250 bbl/d). Gli Emirati Arabi Uniti hannoanche una partecipazione nella Hyundai Oil Refi-nery Company (Corea del Sud).

Gas. Le riserve di gas sono pari a 6.000 miliardidi m3 (all’incirca la stessa cifra del 1994). La mag-gior parte delle riserve (oltre 5.600 miliardi) sonolocalizzate in Abu Dhabi, nei livelli profondi dellaKuff formation dei campi di Umm Shaif (915miliardi di m3) e Abu al-Bukhush (142 miliardi),e inoltre in Bab (850 miliardi), Bu Hasa (oltre 250miliardi) e Zakum (560 miliardi). Gli altri Emi-rati hanno riserve più modeste: Sharjah poco piùdi 300 miliardi, Dubai poco più di 100 (campo diMargham) e Ras al-Khaymah 35 miliardi.Nel 2004 la produzione di gas naturale è stata di45,8 miliardi di m3 (nel 1994 ne erano stati pro-dotti 25,8 miliardi). Il consumo di gas che gli Emi-rati Arabi Uniti cercano di incentivare è quasi rad-doppiato in questa decade (da 21,7 a 39,4 miliar-di di m3) e c’è inoltre una forte richiesta di gas daparte di Dubai (oltre 8 miliardi di m3 nel 2005),sia per la generazione di energia elettrica sia perla gas injection nei campi a olio maturi. Tutti que-sti elementi (l’incremento dei consumi, la politi-ca energetica relativa al gas, Dubai) hanno datoorigine a una serie di progetti. Già nei primi anniOttanta era stato attivato l’Umm Shaif Gas Deve-lopment Project, il cui obiettivo era produrre ilgas non associato dei livelli permiani, sia per rei-niettarlo nei campi a olio sia per rifornire l’im-pianto di GNL dell’Abu Dhabi Gas LiquefactionCompany (ADGas) a Das Island. L’impianto, cheattualmente usa anche gas associato, è di proprietàdi un consorzio (oltre ad ADNOC sono presentiBP, Total e Mitsui) e ha raggiunto una produzio-ne (da tre ‘treni’) di 5,6 milioni di t/a. La produ-zione è destinata soprattutto al Giappone con ilquale c’è un contratto di vendita di 25 anni.Nel 2001 è stata, inoltre, completata la secondafase del progetto Onshore Natural Gas Develop-ment Program (Ogd-2), relativo al campo a olioe gas di Bab, che consisteva nella produzione diquattro treni per 10 miliardi di m3/a di gas oltreche di GNL e condensati. Con la terza fase delprogetto sarà ulteriormente espansa la capacitàdi trattamento. I maggiori impianti di trattamen-to del gas sono localizzati a Bab, Bu Hasa, DasIsland, Habshan, Jebel Ali e Ruwais.L’evento più significativo relativo al gas è comun-que il progetto Dolphin. Gli Emirati Arabi Unitihanno infatti firmato con il Qatar nel 2001 uncontratto per fornitura di gas. Il progetto preve-de un gasdotto sottomarino da Ras Laffan adAbu Dhabi destinato a raggiungere Dubai e l’O-man. Quest’ultimo paese ha già un gasdotto chetrasporta il gas a Fujayrah e che sarà utilizzatoin direzione contraria per portare il gas del Qatarin Oman.

Iran

Nome ufficiale: Jomhuri-ye Eslami-ye Iran(Repubblica Islamica dell’Iran)

Confini e territorioL’Iran (così è stato ufficialmente chiamato nel1935 l’antico Stato persiano) è un vasto paese delMedio Oriente, che confina a ovest con Iraq eTurchia, a nord con Armenia, Azerbaigian e Turk-menistan (e per un tratto si affaccia sul MarCaspio), a est con Afghanistan e Pakistan; a sudè delimitato dal Golfo di Oman e dal Golfo Per-sico. Il suo territorio è costituito da un esteso alto-piano con clima per lo più subdesertico, orlato eattraversato da grandi catene montuose quali quel-le dell’Elburz e degli Zagros. Le aree interne sonoin parte occupate da veri e propri deserti, i mag-giori dei quali sono il Dasht-e Kawir e il Dasht-eLut. L’Iran non è un paese marittimo, nonostan-te uno sviluppo costiero di quasi 2.500 km: lascarsa ‘marittimità’deriva dal fatto che una note-vole parte delle sue coste è bagnata non da unvero mare, anche se viene denominato come tale,ma da un amplissimo lago interno, il Caspio. Lecoste bagnate dal Caspio sono rettilinee, basse esabbiose mentre più articolate si presentano quel-le del Golfo Persico e del Golfo di Oman, areenevralgiche per il trasporto marittimo del greg-gio, che conferiscono all’Iran una posizione emi-nentemente strategica.Il paese è diviso in 28 Province.

Popolazione e aspetti socio-culturaliL’Iran, il paese più popoloso del Medio Oriente,conta 69,5 milioni di ab., distinguibili in vari grup-pi etnico-culturali ereditati dalle numerose onda-te migratorie succedutesi nel tempo. Alla maggioranza di origine persiana (51%) siaffianca una pluralità di gruppi etnici minori(24% Azerbaigiani, 8% Gilaki e Mazandarani,7% Curdi, 3% Arabi, 7% altri), spesso causa diforti contrapposizioni. La multietnicità implicala presenza di diverse lingue e dialetti: la linguaufficiale e più diffusa è il persiano (o farsi) (58%),ma anche i gruppi etnici minori hanno conser-vato i propri idiomi, come le lingue turco-tatare(26%), tra le quali predomina nettamente quel-la azera, che vengono parlate nelle regioni nord-occidentali; il curdo (9%), nelle aree montuosedegli Zagros; l’arabo, frequente su tutta la costadel Golfo Persico. La religione prevalente è quel-la musulmana sciita (89% della popolazione),cui si affiancano una minoranza sunnita (9%) epiccoli gruppi di zoroastriani, cristiani, ebrei ebahaisti. Le principali città (per numero di ab.) sono:Tehran (capitale, 8.200.000 ab., ma 11.800.000nell’intera agglomerazione urbana), Mashhad(2.015.000), Isfahan (1.925.000), Tabriz (1.000.000),Shiraz (850.000 e 1.270.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria dell’Iran è il rial (IRR).Il sistema di cambi multipli è stato sostituito daun cambio unico all’inizio dell’anno fiscale 2002.Il tasso di cambio medio nel 2005 è stato diIRR8.964,7173�$1 e IRR11.148,9�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. L’eco-nomia iraniana è caratterizzata da una massic-cia presenza statale nella gestione del settorepetrolifero e della grande industria, mentresocietà private di piccole e medie dimensionisono presenti soprattutto nel settore dei servizi.I periodi di maggiore stabilità politica sono asso-ciati a un alto tasso di crescita del PIL, mentre

583VOLUME V / STRUMENTI

MEDIO ORIENTE

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quelli di maggiore turbolenza sono caratteriz-zati da crescita negativa. L’evoluzione dell’eco-nomia si può suddividere in tre fasi: 1) 1960-76: stabilità politica e bassa inflazione hannoconsentito una crescita sostenuta (con una mediaannua del 10% in termini reali), cui ha per lopiù contribuito il settore degli idrocarburi cheha raggiunto il picco del 50% come contributoalla formazione del PIL; 2) 1977-88: sensibilearretramento dell’economia (�2,1% in mediaannua), dovuto soprattutto al conflitto con l’I-raq degli anni 1980-88. In questo periodo il con-tributo degli idrocarburi alla formazione del PILè sceso attestandosi al di sotto del 20%, anchein ragione dell’imposizione di quote produttiveda parte dell’OPEC, e nel 1987 ha toccato ilvalore minimo del 4%; 3) 1989-2004: ripresadell’economia (5,1% in media annua), anche secon forti oscillazioni. Nel 2004 la quota degliidrocarburi sul PIL si è attestata sul 25%, men-tre le esportazioni petrolifere hanno costituitol’83% delle esportazioni complessive e oltre il40% delle entrate pubbliche. I prezzi del greg-gio condizionano fortemente l’andamento del-l’economia. Nel periodo 1960-2004 il settoredegli idrocarburi è cresciuto del 2,5% in mediaannua, mentre quello industriale (manifatturie-ro, costruzioni, minerario) ha evidenziato laperformance migliore con una crescita del 7,9%in media annua, con un valore, nel 2004, 27 voltesuperiore a quello del 1960. Il contributo del-l’industria alla formazione del PIL è passato dal9% al 18%. Anche il settore agricolo, grazie aiconsistenti investimenti statali (progetti di irri-gazione su larga scala, ampia produzione di pro-dotti agricoli destinati all’esportazione), ha potu-to beneficiare di una crescita sostenuta (4,3%in media annua) contribuendo nel 2004 perl’11,2% alla formazione del PIL. Il settore deiservizi ha fatto registrare la maggiore crescitain termini di quota del valore aggiunto sul PIL(46,1% al 2004), con un tasso di incrementomedio nel periodo pari al 5,6%.Con il III Piano di Sviluppo Quinquennale (2000-05) è stato avviato un cauto programma di rifor-me economiche: progressiva liberalizzazione delcommercio con l’estero; riforma del sistema fisca-le in senso più favorevole per le imprese; abo-lizione del sistema di cambi multipli e introdu-zione del cambio ufficiale unico; approvazionedella Legge sulla Promozione e Protezione degliInvestimenti Esteri (FIPPA, Foreign InvestmentPromotion and Protection Act), finalizzata all’a-pertura del mercato interno ai capitali esteri (primalegge sugli investimenti esteri autorizzata dallalegislatura islamica dopo la Rivoluzione del 1979);introduzione di un complesso di provvedimentifinalizzati a ridurre il ruolo dello Stato e a incen-tivare la partecipazione del settore privato nel-l’economia nazionale. Il III Piano di SviluppoQuinquennale ha accelerato il processo di priva-tizzazione dell’economia iraniana, avviato sottola Presidenza di Rafsanjani (1989-93 e 1993-97),anche se in modo incerto e problematico a causadegli scontri di interesse tra riformisti e conser-vatori.Con il IV Piano di Sviluppo Quinquennale (2005-10) sono state confermate le linee di riformavolte al rafforzamento del processo di privatiz-zazione e di liberalizzazione dell’economia eall’ulteriore diversificazione della base produt-tiva allo scopo di ridurre la dipendenza dall’in-dustria petrolifera, ed è stata data priorità agli

obiettivi di contenimento dell’inflazione e disostegno all’occupazione.

Bilancia commerciale. Dal 2001 la bilancia com-merciale ha fatto registrare un sensibile miglio-ramento in parallelo al rialzo dei prezzi del petro-lio. Nel 2004, le esportazioni in valore hannoraggiunto il valore più elevato dalla Rivoluzio-ne del 1979: queste sono costituite per l’80% dalpetrolio e per il 20% da prodotti manifatturieri,agricoli, petrolchimici, industriali di base (acciaioe ferro). Il principale mercato di sbocco è il Giap-pone, seguito dalla Cina, mentre l’Italia è il primopartner europeo. Negli ultimi anni si è avuto unnetto aumento anche delle importazioni, cre-sciute del 202% dal 2001 al 2004, in conseguenzadella riduzione dei dazi, della creazione di zonedi libero scambio, nonché del migliorato giudi-zio dell’OCSE sul rischio finanziario del paese.Le principali importazioni sono costituite damacchinari e attrezzature e da prodotti agricoli.Nell’area mediorientale il più importante forni-tore dell’Iran sono gli Emirati Arabi Uniti; inambito europeo la Germania, seguita da Sviz-zera e Italia.

Quadro energeticoL’Iran è un paese con consistenti riserve di olioe di gas che ne fanno un importante produttoreed esportatore di energia. Nel 2004 a fronte di277,99 milioni di tep di energia totale prodotta,l’esportazione è stata di 131,56 milioni di tep. Ilconsumo interno è stato di 155,5 milioni di tep(73,3 di olio, 78,4 di gas, 1,1 di carbone e 2,7 dienergia idroelettrica). L’Iran è per il momento unpaese esportatore di olio (dagli attuali 2,5 milio-ni di bbl/d l’esportazione dovrebbe raggiungerei 4,4 milioni nel 2030) e in prospettiva diventeràanche un esportatore di gas naturale (57 miliar-di di m3 entro il 2030).Nei prossimi decenni (entro il 2030) la doman-da di energia primaria dell’Iran, che nel 2004 èstata di 155 milioni di tep, è destinata a cresceredel 2,6% all’anno.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Le prime ricer-che sistematiche in Iran vennero intraprese daWilliam Knox D’Arcy, che ottenne, nel 1901,direttamente dallo Scià, una concessione delladurata di 60 anni per esplorare una vasta areadella Persia. Nel 1908 fu scoperto il giacimentogiant di Masjed-e Soleyman e nel 1909 venneregistrata l’Anglo-Persian Oil Company, che nel1913 cadrà sotto il controllo del Governo britan-nico. Nel 1928 furono scoperti i campi di HaftKel e Gachsaran. Nel 1933 l’accordo venne rine-goziato e fu introdotto il concetto di rilascio dellearee non esplorate. Ne conseguì un’intensa atti-vità esplorativa per identificare le zone di inte-resse da mantenere in concessione. Nel periododal 1933 al 1940 (nel frattempo il nome della

compagnia era stato cambiato in Anglo-IranianOil Company) furono scoperti i campi di NaftSafid e Aga Jari. Durante e subito dopo la guer-ra vi erano stati momenti di grande tensione neiconfronti della compagnia inglese. A seguito dellanomina a Primo Ministro di Mohammed Mos-sadeq, nell’aprile del 1951, veniva promulgato ildecreto di nazionalizzazione delle compagniepetrolifere e la NIOC (National Iranian Oil Com-pany), di recente costituzione, si fece carico delleattività petrolifere del paese.Il calo di produzione registrato in quegli anni, laconseguente diminuzione delle rendite finanzia-rie e le pesanti pressioni esterne determinaronola caduta di Mossadeq e lo Scià riprese il con-trollo del paese. Per evitare il malcontento che ilritorno della compagnia inglese avrebbe creato,nel 1954 fu formato un consorzio di compagnieoccidentali costituito, oltre che dall’Anglo-Ira-nian (che nel 1957 prenderà il nome di BP Explo-ration Company), da alcune compagnie statuni-tensi (Jersey, Socony Mobil, Texaco, Socal, Gulf),dalla Shell e dalla Compagnie Française des Pétro-les. In base a un accordo che sanciva un princi-pio di negoziazione tra Governo e compagniestraniere, la NIOC diventava proprietaria dellerisorse petrolifere e delle attrezzature, mentre lesingole compagnie avrebbero commercializzatola quota spettante con le proprie reti di distribu-zione. Il consorzio effettuò diverse scoperte(Marun, Ahwaz, Mansouri, Rag-e-Safid, Kharg,ecc.) nel periodo tra il 1959 e il 1964.Il 1957 fu un anno importante per l’Iran in quan-to venne stipulato un contratto con l’Agip chedette vita a una società mista, la Société IRano-Italienne des Pétroles (SIRIP). All’Iran andava il75% dei profitti. Il contratto non solo infrange-va lo schema del ‘fifty-fifty’, ma introduceva ilconcetto della società mista fra una compagniaoccidentale e il Governo di un paese in via di svi-luppo. Questa formula fu vista con allarme dallemultinazionali del petrolio dell’epoca, timoroseche l’accordo potesse dar luogo a rivendicazioninazionalistiche nei paesi produttori. Nel 1979 fupromulgato un decreto di nazionalizzazione, inbase al quale tutti i contratti stipulati con com-pagnie petrolifere straniere furono cancellati. Solonel 1987 fu pubblicato il Petroleum Act che per-metteva la stipula di contratti tra il Ministero delPetrolio e compagnie straniere. Nel periodo dilatenza forzata delle compagnie straniere, la NIOCfaceva numerose scoperte, tra le quali partico-larmente significative quelle di Azadegan (i datiin letteratura parlano di svariati miliardi di bbl)sul confine iracheno e di Dasht-e Abadan, vici-no ad Abadan.Nel 1991 l’Iran, nonostante le sanzioni economi-che, ha approvato una legge che permette la pos-sibilità di partecipazione di società petrolifere stra-niere alle attività petrolifere nel paese attraversol’offerta di buy-back projects. Diversi accordi sonostati siglati: con Eni (campo di Darquain), conTotal (campo offshore di Sirri A che è diventato

584 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1960-1976 1977-1988 1989-2004 1960-2004

Agricoltura 4,3 4,4 4,2 4,3Industria 13,3 �0,4 7,7 7,9Servizi 11,6 �1,2 5,0 5,6

PIL 10,1 �2,1 5,1 5,0

Fonte: elaborazioni su dati Banca Centrale dell’Iran.

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operativo a fine 1998, mentre il campo di SirriE ha iniziato la produzione nel febbraio 1999).Un altro contratto è stato firmato nel 1999 con unconsorzio Elf (oggi Total)-Agip relativo al campodi Dorood, mentre un progetto relativo alcampo di Balal firmato con un’associazione Elf-Eni-Canada’s Bow Valley Energy è operativo dal-l’aprile 1999.I progetti più importanti di collaborazione conpartner stranieri riguardano comunque lo svi-luppo del campo a gas di South Pars, che vedecoinvolte diverse compagnie internazionali qualiTotal, Eni, Shell, Petronas, Statoil, oltre a un certonumero di società di ingegneria. Recentementesono state anche assegnate aree esplorative asocietà quali ONGC (Oil and Natural Gas Cor-poration), Repsol, Petrobras, Norsk Hydro, OMV(Österreichische Mineralölverwaltung AG), Sino-pec-Shengli e CNPC (China National PetroleumCorporation).Sotto il profilo organizzativo il Ministero delPetrolio ha il controllo totale del settore energe-tico del paese tramite alcune compagnie: la NIOC(esplorazione e produzione di petrolio e gas, raf-finazione e trasporto di petrolio); la National Ira-nian Gas Company (NIGC), che gestisce il siste-ma di raccolta, trattamento, lavorazione, tra-smissione, distribuzione ed esportazione di gase condensati; la National Petrochemical Com-pany (NPC), che gestisce la produzione, distri-buzione ed esportazione di prodotti petrolchimi-ci; la National Iranian Oil Refining and Distri-bution Company (NIORDC), che si occupa deltrasporto e della raffinazione di petrolio. Sonoinoltre presenti altre compagnie regionali o spe-cializzate in certi segmenti del business.

Olio. Alla fine del 2004 le riserve di olio dell’I-ran ammontavano a 132,5 miliardi di bbl, con unaumento significativo rispetto al 1994 (94,3miliardi di bbl) e con un rapporto riserve/produ-zione di oltre 88 anni. La maggioranza delle riser-ve sono localizzate nei due bacini di maggior inte-resse petrolifero: la catena degli Zagros (ZagrosFold Belt) e il bacino Arabico.Nella catena degli Zagros, una delle aree petro-lifere più produttive del mondo, sono presentidiversi campi di dimensioni notevoli: Ahwaz (26miliardi di bbl), Marun (22), Aga Jari (17), Gach-saran (16), Bibi Hakimeh (5,6), Mansouri (5,1),Rag-e-Safid (5), Parsi (3,8), Haft Kel (2,2),Masjed-e Soleyman (1), oltre a molti altri. Nelbacino Arabico si riscontrano i campi di Dorood(oltre 3), Soroush/Nowruz (3), Salman (2,4), Sirri(1,5), South Pars (1,4), Abuzar (1,3), Foroozan(1), oltre alle recenti scoperte di Azadegan e diDasht-e Abadan.Nel 2004 la produzione di idrocarburi liquidi èstata di 4 milioni di bbl/d (erano 3,7 nel 1994),con un leggero aumento rispetto al 2003. L’Iranha 32 campi a olio in produzione, dei quali 25onshore e 7 offshore.I contributi principali vengono da Ahwaz-Asma-ri (700.000 bbl/d), Gachsaran (560.000), Marun(520.000), Bangestan (245.000, con previsionidi aumento a 550.000), Aga Jari (200.000),Karanji Parsi (200.000), Rag-e-Safid (180.000),Bibi Hakimeh (130.000), Pazanan (70.000) e inmare da Dorood (130.000), Salman (130.000),Abuzar (100.000), Sirri A ed E (95.000), Soroush/Nowruz (60.000). La produzione è comunqueinferiore alla quota assegnata dall’OPEC di 4,1milioni di bbl/d. L’aumento di produzione è legato

allo sviluppo delle nuove scoperte (Azadegan,Bangestan) e a una serie di interventi di recupe-ro assistito (EOR, Enhanced Oil Recovery) suivecchi campi per contrastarne il declino di pro-duzione. Oltre ai progetti citati di Sirri A ed E(la produzione complessiva dei due campi dovreb-be raggiungere i 120.000 bbl/d), Balal (che hainiziato la produzione nel 2003 con 29.000 bbl/d),Darquain (si prevede che la produzione, inizia-ta nella seconda metà del 2003, in prospettivaraggiunga i 160.000 bbl/d), Dorood (l’obiettivoè di incrementare la produzione da 136.000 a205.000 bbl/d), nei programmi NIOC c’è anchelo sviluppo di alcuni campi nella regione di Hor-muz, nonché lo sviluppo di Azadegan, affidatoil 18 febbraio 2004 a un consorzio giapponesepilotato da Inpex con produzione prevista di250.000 bbl/d nel 2009. Il campo di Bangestancon oltre 6 miliardi di bbl e produzione previstadi 600.000 bbl/d è stato assegnato nel 2005 allacompagnia locale Petro-Iran Development Com-pany. Il consumo interno di 1,5 milioni di bbl/ddi olio ha reso possibile un’esportazione di circa2,5 milioni di bbl/d destinata soprattutto a paesieuropei, Giappone, Cina e Taiwan. Vengonoesportati alcuni tipi di greggio: l’Iranian Lightcon 34,6 °API e 1,4% di zolfo, l’Iranian Heavycon 31 °API e 1,7% di zolfo, il Lavan Blend con34-35 °API e 1,8-2% di zolfo e il ForoozanBlend/Sirri con 29-31 °API.Alla fine del 2004 l’Iran possedeva 9 raffineriecostruite precedentemente alla Rivoluzione del1979, con una capacità produttiva totale di 1,47milioni di bbl/d. Le raffinerie più importanti sonoquelle di Abadan (400.000 bbl/d), Isfahan(265.000), Tehran (225.000), Bandar-e Abbas(232.000 dalla fine del 1997), Arak (150.000),Tabriz (110.000), seguite da quelle di Shiraz(40.000), Kermanshah (30.000) e Lavan (20.000).È prevista l’espansione della capacità di tratta-mento a 2,2 milioni di bbl a partire dal 2008, oltrea nuovi impianti da costruirsi a Shah Bahar(225.000 bbl) e sull’isola di Qeshm (120.000).L’esportazione dell’olio avviene attraverso i ter-minal di Kharg Island (il più importante), LavanIsland, Sirri Island e Ras Bahregan. I prodotti diraffinazione sono esportati via Abadan e Ban-dar Mahshahr. La rete di oleodotti è ben svilup-pata e trasporta il greggio dai campi alle raffi-nerie sopra citate. Anche gli scambi (swap) rela-tivi all’olio del Mar Caspio possono diventareimportanti per l’Iran. Infatti l’olio caspico puòessere utilizzato per le raffinerie dell’Iran set-tentrionale, attraverso il porto di Neka e l’oleo-dotto Neka-Tehran, contro una quantità equiva-lente di olio iraniano esportata dal Golfo Persi-co. 35.000 bbl/d di olio turkmeno e kazako sonostati trasferiti al porto di Neka alla fine del 2004.Per processare quantitativi più elevati di olio delCaspio, l’Iran, in competizione con l’oleodottoBaku-Tbilisi-Ceyhan (un milione di bbl di capa-cità), sta progettando di espandere la capacitàdelle raffinerie di Arak, Tabriz e Tehran e diaumentare la possibilità di trasporto dell’oleo-dotto Neka-Tehran (dai 170.000 bbl/d attuali a500.000). Anche con l’Iraq sono in corso accor-di analoghi che prevedono di raffinare il pro-dotto iracheno trasportandolo da Bassora ad Aba-dan a fronte di un’esportazione dall’isola di Khargper conto dell’Iraq.

Gas. Alla fine del 2004 l’Iran possedeva riservedi gas pari a 27.500 miliardi di m3 (erano poco più

di 20.000 nel 1994), preceduto solo dalla Russia.Le riserve sono per il 65% di gas non associato.I campi più significativi si trovano nel bacinoArabico e sono South Pars (14.000 miliardi di m3

di gas) e North Pars (1.400 miliardi) e nella pro-vincia degli Zagros dove si localizzano campi didimensioni gigantesche (superiori a 850 miliar-di di m3) di gas associato quali Marun, Pazanan,Rag-e-Safid, Gachsaran. Riserve di gas non asso-ciato sono ubicate sia nella regione di Fars, con-tenute nei campi di Kangan (800 miliardi di m3),Nar (370 miliardi), Varavi Aghar, sia nell’areanordorientale limitrofa al confine turkmeno(Khangiran con 475 miliardi).Nel 2004 sono stati prodotti 85,5 miliardi di m3

(erano 31,8 nel 1994), mentre sono stati consu-mati dal mercato interno 87 miliardi di m3 (paria 78,4 milioni di tep). 5 miliardi di m3 sono statiimportati dal Turkmenistan e 3,5 miliardi di m3

sono stati esportati verso la Turchia. La distribu-zione del gas, che prima veniva bruciato o re-iniettato nei campi a olio (soprattutto Nowruz,Soroush, Hendijan e Behregansar) viene ora gesti-ta da un consorzio misto di compagnie locali estraniere per un utilizzo più razionale. La Natio-nal Iranian Gas Company cerca tramite una poli-tica di prezzi calmierati di incentivarne l’uso insostituzione dei prodotti petroliferi.I gasdotti principali sono IGAT-1, lungo circa1.200 km, che trasporta gas associato dai giaci-menti petroliferi del Khuzestan ai centri di con-sumo nel Nord del paese e IGAT-2, circa 1.420km, che trasporta gas non associato dai giacimentidi Kangan e Nar alla costa del Golfo Persico, vici-no a Bandar Taheri. Il consumo interno di gas ècresciuto negli ultimi anni e si pensa che la pro-duzione nell’insieme aumenterà considerevol-mente, anche per poter far fronte alle future signi-ficative esportazioni. Il campo a gas più impor-tante è South Pars (prolungamento del North Fieldqatarino) che secondo alcuni esperti potrebbesostenere una produzione dell’ordine di 100 miliar-di di m3 a partire dal 2010-12 e di oltre 500.000bbl di condensato al giorno, che salirebbero a628.000 nel 2015. Diversi aspetti tecnici e con-trattuali hanno ritardato lo sviluppo articolato in28 fasi, delle quali solo 18 al momento sono ope-rative. Alcuni consorzi sono stati istituiti, altri sonoin corso di definizione. La fase 1 inaugurata nel2004 prevede la produzione di quasi 10 miliardidi m3/a per il mercato interno (e oltre 40.000 bbl/ddi condensato) con trasporto attraverso i gasdot-ti IGAT-3, 4 e 5, oltre a un riutilizzo del gas neicampi di Aga Jari, Ahwaz e Mansouri. Le fasi suc-cessive, complessivamente, ipotizzano la produ-zione di gas sia per uso interno e utilizzo nella re-iniezione dei campi a olio, sia per l’esportazionevia tubo o sotto forma di GNL. Ricordiamo a tito-lo esemplificativo le fasi operate dai consorzi Total(fasi 2 e 3), Eni-Petropars (fasi 4 e 5) e Statoil(fasi 6, 7 e 8) per la produzione di circa 70 miliar-di di m3/a per uso interno. Queste fasi considera-no anche la produzione di condensato (85.000 bbldella Total, 120.000 della Statoil e 80.000 del-l’Eni). È previsto inoltre l’utilizzo del gas sottoforma di GNL nelle fasi 11 (Total e Petronas), 12(NIOC LNG) e 13 (probabile la partecipazione diShell). La fase 14 contempla anche un utilizzo delgas come GTL con un consorzio a probabile par-tecipazione Shell e Statoil, mentre sempre per usointerno sono previsti 21 miliardi di m3/a oltre80.000 bbl/d e un milione di t annuo di GPL perl’esportazione (fasi 15 e 16). Inoltre è anche in

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MEDIO ORIENTE

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programma la produzione di gas naturale per l’e-sportazione in India e Pakistan (fasi 17 e 18).Si prevede anche lo sviluppo della struttura diNorth Pars (1.400 miliardi di m3) e del gas nonassociato dei campi di Salman, Zireh, Homa, Nar-Kangan, Agar e Dalan, Sarkoum, Mand, Shanul,Varavi e Tabnak (che con riserve di 600 miliardidi m3 di gas e 393 di condensato è il più grandecampo a gas scoperto dal 1979).I possibili clienti del gas iraniano sono Turchia(10 miliardi di m3/a a partire dal 2007), Ucraina,paesi dell’Unione Europea, India, Pakistan, Arme-nia (36 miliardi di m3 nell’arco di vent’anni),Azerbaigian, Georgia, Taiwan, Corea del Sud eCina. Oltre 8 miliardi di m3/a hanno come desti-nazione l’Europa a partire dal 2007. Accordi conla Grecia prevedono il prolungamento del gasdot-to turco. Un accordo con l’austriaca OMV pre-vede, invece, lo studio di fattibilità di un gasdot-to (il Nabucco) dall’Iran all’Austria attraverso ilterritorio turco che, se approvato, potrebbe diven-tare operativo nel 2009. L’esportazione verso glialtri paesi può avvenire sia tramite tubo sia comeGNL. In tal senso un impianto di GNL sembraprevisto a Bandar Tombak sul Golfo Persico darealizzarsi entro il 2008 con due treni di capacitàdi 4 milioni di t/a ciascuno. Anche con l’India èstato firmato un accordo per una fornitura di GNLe tre impianti di GNL dovrebbero essere costrui-ti ad Assaluyeh utilizzando il gas di South Pars.Sul fronte orientale, inoltre, si è presa in consi-derazione la possibilità di esportare il gas attra-verso un gasdotto di oltre 2.500 km in India ePakistan. La soluzione trova favorevole il Paki-stan, mentre l’India è più restia sulla base di con-siderazioni geopolitiche. Anche la Cina ha espres-so interesse per il GNL. Un contratto a proposi-to è stato firmato nel 2004 per la fornitura di 10milioni di t annue per un periodo di 25 anni. Oltreall’esportazione l’Iran ha anche qualche neces-sità di importazione per le aree settentrionali piut-tosto lontane dalle regioni produttive meridiona-li. Sono in corso contatti con l’Azerbaigian e ilTurkmenistan, con il quale ha stipulato un con-tratto di fornitura di 25 anni per 5-6 miliardi dim3/a attraverso il gasdotto denominato Korpezhe-Kurt Kui, iniziato nel 1997.

Iraq

Nome ufficiale: al-Jumhuriyah al-‘Iraqiyah(Repubblica dell’Iraq)

Confini e territorioStato del Medio Oriente, confinante a nord conla Turchia, a est con l’Iran, a sud-est con il Kuwait,a sud-ovest con l’Arabia Saudita, a ovest con laGiordania e a nord-ovest con la Siria. A sud-estsi affaccia per un piccolo tratto di costa sul GolfoPersico. Il nucleo centrale è costituito dalla Meso-potamia, l’area compresa tra i fiumi Tigri edEufrate, divisa in due parti dalla strozzatura esi-stente in prossimità di Baghdad: la sezione set-tentrionale è un esteso bassopiano tettonico coper-to da strati di origine sedimentaria, denominatoal-Jazira (L’Isola), parte del quale ricade in Siriae in Turchia; quella meridionale è un bassopianoalluvionale formato dalle valli dei due fiumi chein quest’area si congiungono formando lo Shatt

al-‘Arab (Grande Fiume degli Arabi), il quale ter-mina a sud delimitando il confine con l’Iran. Unaregione montuosa si erge a nord e a nord-est del-l’Iraq, propaggine della catena dei monti Zagrosche separa l’Altopiano Iranico dalla PianuraMesopotamica. Una zona desertica, caratteriz-zata da vaste e pietrose basse terre che si alter-nano a più rare strisce di sabbia, copre infine lasuperficie occidentale e sud-occidentale ed è partedel Deserto Siriaco, che si estende anche in Siria,Giordania e Arabia Saudita.Il clima dell’Iraq è desertico caldo, con forti escur-sioni termiche annue e scarsissime precipitazio-ni, inverni miti ed estati calde e asciutte.L’Iraq è amministrativamente diviso in 18 Gover-natorati.

Popolazione e aspetti socio-culturaliSecondo le ultime stime disponibili, la cui atten-dibilità peraltro è inficiata dalle condizioni ano-male in cui versa da anni il paese, nel 2005 l’I-raq contava circa 26,5 milioni di ab., di cui quasil’80% Arabi (o appartenenti ad altri gruppi ara-bizzati), circa il 20% Curdi e il resto piccole mino-ranze prevalentemente di Assiri e Caldei. Le lin-gue ufficiali sono l’arabo e il curdo, quest’ulti-mo limitatamente alla regione nord-orientale amaggioranza curda.Il 98% della popolazione è di religione musul-mana (il 58% sciiti e il 40% sunniti); il restante2% è costituito da cristiani e seguaci di altre nonspecificate confessioni. I Governi succedutisi inIraq prima di quello attuale, e in particolare ilregime di Saddam Hussein, hanno sistematica-mente escluso gli sciiti dalle cariche politiche,sebbene essi rappresentino la maggioranza dellapopolazione.La capitale è Baghdad (circa 5.000.000 ab. nelcomplesso dell’agglomerazione urbana, che siestende oltre i confini dell’omonimo Governa-torato). Le altre maggiori città sono Irbil e Mosul,con circa 1.000.000 di ab. ciascuna, Bassora (oltre1.000.000 di ab.) e Kirkuk (circa 500.000). Lecondizioni in cui versa il paese a partire dal 2003rendono questi ultimi dati difficilmente verifi-cabili, comunque solo approssimativi.

Economia

Moneta. L’unità monetaria dell’Iraq è il nuovodinaro iracheno (NID), introdotto il 15 ottobre2003. Il tasso di cambio medio nel 2005 è statodi NID1.468,2955�$1 e di NID1.826,46�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Nel corsodegli anni Settanta, il forte incremento del prez-zo del petrolio, principale risorsa economica delpaese, ha consentito all’economia dell’Iraq dicrescere a ritmi sostenuti, superiori al 15% inmedia annua, e di finanziare la realizzazione diuna moderna rete infrastrutturale. A partire daglianni Ottanta, tuttavia, l’economia ha risentitopesantemente dei contraccolpi derivanti dal lungo

conflitto con l’Iran (1980-88) e dalle sanzionieconomiche imposte al paese: il finanziamentodelle ingenti spese di guerra, che tra il 1981 e il1985 superavano di due volte e mezzo circa iproventi petroliferi, aveva inoltre portato all’ac-cumulo di un rilevante debito estero. Al termi-ne del conflitto, una grave crisi finanziaria dovu-ta alla riduzione del prezzo del petrolio e allaconseguente difficoltà nell’onorare il pagamen-to degli ingenti interessi sul debito ha costituitoun serio ostacolo al processo di ricostruzionedell’economia. La situazione è precipitata dopola decisione di Saddam Hussein di invadere ilKuwait (1990): l’embargo commerciale e finan-ziario imposto dall’ONU all’Iraq, fintantochénon si fosse ritirato dal Kuwait, e lo scoppio dellaPrima Guerra del Golfo (1991) hanno portato auna nuova esplosione del debito e al collasso del-l’economia che, tra il 1990 e il 1991, ha subitouna contrazione in termini reali del 66%. Nelcorso degli anni Novanta la situazione econo-mica dell’Iraq è rimasta fortemente critica, soprat-tutto in conseguenza del mantenimento del-l’embargo sulla vendita di petrolio (consentitasolo per rifornire il paese di generi di prima neces-sità quali prodotti alimentari e medicinali, in baseal principio dell’oil for food), anche se nei primianni del 21° sec. si verificarono alcuni miglio-ramenti nelle condizioni di vita della popola-zione. La situazione è precipitata nuovamentenel marzo 2003, in seguito all’invasione del paeseda parte della coalizione formata inizialmenteda Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Poloniache ha portato alla fine del regime di SaddamHussein; in un solo anno, il PIL si ridusse di oltreil 40% in termini reali. I gravi e ingenti dannialle infrastrutture economiche e civili del paesedovuti alla guerra, i continui attacchi terroristi-ci e le frequenti azioni di sabotaggio hanno osta-colato seriamente il processo di ricostruzione delpaese. Tuttavia, nel 2004, si è aperta una fase dirapido incremento del PIL, con una crescita realedel 46,5% (sebbene, a prezzi costanti 1990, ilsuo valore assoluto fosse ancora di gran lungainferiore a quello degli anni precedenti lo scop-pio della guerra del 2003), dovuto anche al forterialzo del prezzo del petrolio e quindi dei ricaviderivanti dall’industria petrolifera che, secondole stime della Banca Mondiale, ha contribuitoper l’80% alla formazione del PIL e costituiscela quasi totalità delle entrate derivanti dalle espor-tazioni.Dopo il 2003, terminato l’embargo commer-ciale e chiuso il programma oil for food, il nuovoGoverno di transizione guidato dalla CoalitionProvisional Authority (CPA) ha avviato una seriedi riforme finalizzate alla liberalizzazione degliscambi con l’estero (con l’eliminazione di quasitutti i dazi prima esistenti), alla privatizzazio-ne dell’industria petrolifera, alla riorganizza-zione della Borsa Valori irachena e nel settem-bre 2004 ha avanzato la richiesta di adesionedell’Iraq all’Organizzazione Mondiale per il

586 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2004 1972-2004

Agricoltura �3,5 13,4 �7,3 9,4 0,6Industria 24,3 �7,7 14,9 7,7 5,0Servizi 7,2 8,0 �11,0 9,4 1,0

PIL 15,3 �0,7 1,3 �2,4 2,4

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

Page 23: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Commercio (World Trade Organization, WTO).Il Governo di transizione ha infine avviato anchela negoziazione del debito estero dell’Iraq che,con valore pari a circa 125 miliardi di $, risul-ta uno tra i più alti del mondo (6 volte il PIL delpaese nel 2004).

Bilancia commerciale. Con la fine dell’embargocommerciale (2003) sono riprese le esportazionidi petrolio che costituiscono la principale vocedell’export iracheno: nel 2004 hanno rappresen-tato il 98% circa delle esportazioni complessive.I principali mercati di sbocco sono gli Stati Uniti(che assorbono circa la metà dell’export), l’Ita-lia, la Francia, la Giordania, il Canada e i PaesiBassi. Il forte aumento delle esportazioni, con-sentito dall’eliminazione delle sanzioni econo-miche, ha notevolmente ridotto il deficit com-merciale, piuttosto elevato nel corso di tutti glianni Novanta e nei primi anni del nuovo millen-nio. Per quanto riguarda le importazioni, le vociprincipali sono prodotti alimentari, combustibili,medicine e manufatti e i principali mercati diapprovvigionamento sono Turchia, Giordania,Vietnam, Stati Uniti, Germania e Regno Unito.

Quadro energeticoL’Iraq è il terzo paese al mondo per riserve di olioe il decimo per riserve di gas, con un grande poten-ziale di crescita che dipenderà però dalla stabi-lità politica. Nello scenario IEA si prevede unaumento della produzione di olio dagli attuali 2milioni di bbl/d ai 3,2 nel 2010 e ai 7,9 nel 2030.L’esportazione crescerà in modo equivalente (dagliattuali 1,4 ai 6,9 milioni di bbl/d del 2030). Ancheper il gas è prevista una crescita (dai 2 miliardidi m3 attuali ai 4 del 2010 e ai 32 del 2030).Nel 2004 l’Iraq ha prodotto 103,42 milioni di tepdi energia e ne ha esportati 73,20. Il consumo èstato di 29,75 milioni di tep. La domanda di ener-gia primaria dovrebbe crescere, entro il 2030, conun tasso annuale del 3,3%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Le prime ricer-che sul terreno orientate agli aspetti petroliferivennero effettuate da C. Porro e A. Kissling nel1905, per conto della Deutsche Bank.Nel 1912 fu costituito un consorzio tra DeutscheBank, Anglo-Persian Oil Company e Royal Dutch-Shell e nel 1914 la Turkish Petroleum Company,alla quale venne assegnata un’estesa area di ricer-ca. Dopo la Prima Guerra Mondiale la quota dellaDeutsche Bank fu rilevata in parte dai Francesi.Nel 1927 venne scoperto il giacimento di Kirkuk,che confermò il notevole potenziale minerariodella regione e risvegliò l’interesse delle com-pagnie petrolifere statunitensi che desideravanopartecipare all’iniziativa. Nel 1928 fu stipulatoun nuovo accordo (Red Line Agreement) relati-vo a un’area che coincideva con il confine delvecchio Impero ottomano, escluso il Kuwait.Una quota del 23% fu assegnata a un consor-zio di compagnie americane. Nel 1929 il nomedella compagnia diventò Iraq Petroleum Com-pany (IPC) e nel maggio del 1931 venne rine-goziato l’accordo con il Governo: all’IPC fuassegnata una concessione unitaria di 32.000miglia quadrate sulla sponda orientale del Tigri.Nel 1932 la British Oil Development Company,una compagnia inglese indipendente, finanzia-ta da azionisti europei (anche l’Agip nel 1929

aveva ottenuto una partecipazione alla quale erastata costretta a rinunciare nel 1936), ebbe in con-cessione un’area a ovest del Tigri. Nonostantel’intensa attività effettuata (furono perforati circa70 pozzi con le scoperte di Najmah, Jawan,Qasab), gli onerosi impegni finanziari e altre dif-ficoltà portarono alla liquidazione della compa-gnia e al trasferimento nel 1937 dei permessiminerari alla Mosul Petroleum Company (MPC),affiliata dell’IPC, che nel 1939 scoprì il giaci-mento di Ain Zalah e negli anni successivi quel-lo di Butmah. Un’altra compagnia, la BasrahPetroleum Company (BPC), anch’essa affiliatadella IPC, aveva nel 1938 ottenuto una conces-sione di 75 anni sul resto del paese.Negli anni Cinquanta vennero scoperti Bay Has-san e Jambur nelle vicinanze di Kirkuk e nell’a-rea meridionale il giacimento di Rumailia.Nel 1961 veniva promulgata una legge che pri-vava la IPC e le sue affiliate BPC e MPC del 99%dei permessi originali lasciandole in possesso sol-tanto delle aree in produzione, e nel 1964 il Gover-no delegò alla compagnia di Stato, Iraq NationalOil Company (INOC), la responsabilità per lafutura esplorazione. La compagnia di Stato pote-va formare joint ventures con investitori stranie-ri pur mantenendo il monopolio su tutte le atti-vità petrolifere nel paese. Dopo la guerra con l’I-ran e la Prima Guerra del Golfo, l’Iraq avevaripristinato parte della sua originaria produzioneed esportazione di olio sulla base degli accordicon l’ONU e aveva, alla fine degli anni Novan-ta, offerto alle compagnie straniere la collabora-zione su 33 progetti di sviluppo e 9 blocchi esplo-rativi. Accordi relativi allo sviluppo di alcunicampi erano stati siglati con la China NationalPetroleum Corporation (CNPC, campo di Adhab),Lukoil (West Qurna), Zarubezhneft (Nahr Umr),Soyuzneftegaz (Rafidain). Negoziati erano inol-tre intercorsi con Eni, Total, Shell, Repsol, Petro-nas, CanOxy, TPAO – Türkiye Petrolleri AnonimOrtaklıgı, Japex, ONGC – Oil and Natural GasCorporation, PetroVietnam, OMV – Österrei-chische Mineralölverwaltung AG, ed altre.Gli accordi presi con le compagnie stranieredurante il precedente Governo sono per il momen-to congelati, mentre sembrano confermati i per-messi di ricerca assegnati nel Western Desert aPertamina, Stroitransgas e alla indiana Ognc.In diverse occasioni è stata annunciata dall’at-tuale Amministrazione una ristrutturazione dellaIraq National Oil Company. La compagnia diStato manterrebbe la gestione dell’esplorazionee di altre attività, mentre al Ministero del Petro-lio andrebbe la responsabilità delle linee strate-giche e della pianificazione. La nuova Amministrazione, nel dicembre del2005, ha firmato un accordo con il Giappone perla riabilitazione di alcune infrastrutture petroli-fere. Sono inoltre stati assegnati alcuni contratti‘di servizio’: alla canadese Oasis Group Inter-national (campo di Hamrin), alla irlandese PetrelResources (campi di Subba and Luhais), alla Heri-tage Oil (studio di alcuni campi in Kurdistan),alla BP – British Petroleum (studio di Rumailia),alla Exploration Consultants in collaborazionecon Shell (studio di Kirkuk). La Shell a sua voltasarà impegnata nello studio di alcuni campi nellaprovincia di Misan (Iraq sudorientale) con la col-laborazione di Bhp.

Olio. Con 115 miliardi di bbl di riserve di olio(erano circa 100 miliardi nel 1994), l’Iraq si pone

dopo l’Arabia Saudita e l’Iran in una posizionedi privilegio nel panorama dei paesi petroliferi.Inoltre il potenziale minerario è ancora moltoelevato considerato che del gran numero di pro-spects messi in evidenza solo una piccola parteè stata indagata con pozzi e che le aree dellaregione occidentale sono sotto-esplorate. Le riser-ve maggiori sono localizzate sostanzialmentenella Central Arabian Province, nella ZagrosProvince e nella Mesopotamian Province. Que-ste aree contengono diversi miliardi di bbl diolio. Nella prima ricordiamo i campi di Rumai-lia (24 miliardi), Majnoon (12), West Qurna (9,5),Zubair (7,7), Nahr Umr (3,5), Ratawi (1,4) e altricampi ‘minori’, mentre negli Zagros si trovanoi campi di Kirkuk (16 miliardi), Jambur (2,9),Buzurgan (2,5), Bay Hassan (2,2), Khabbaz (2)e inoltre Abu Ghirab, Jabal Fauqi, Hamrin. Ricor-diamo che Rumailia e Kirkuk risultano tra i mag-giori campi di olio del mondo. Nella Mesopo-tamian Province sono localizzati i campi di EastBaghdad (16 miliardi), Halfayah (3), Subba (2,2),Luhais (1), West Baghdad (1), oltre a Noor, Nasi-riyah, Adhab, Gharraf. Il Western Desert(Western Arabian Province) risulta invece ancoroggi ampiamente sotto-esplorato con pochi campiscoperti.Nel 2004 la produzione di idrocarburi liquidi èstata di 2,1 milioni di bbl (1,9 milioni di greg-gio) con un buon incremento rispetto all’annoprecedente, durante il quale per le vicende bel-liche la produzione media si era assestata su 1,35milioni di bbl. Negli ultimi dieci anni la produ-zione di idrocarburi liquidi dai livelli minimitoccati nel periodo immediatamente successivoalla Prima Guerra del Golfo (circa 500.000 bbl/d)si è ripresa con un aumento regolare. In occa-sione della Risoluzione ONU Oil for food, è sali-ta velocemente a 1,2 milioni nel 1997 e a 2,5milioni nel 1999. È da notare che per buona partedegli anni Novanta l’Iraq non ha potuto usu-fruire di quelle tecnologie che avrebbero per-messo maggiori recuperi senza danneggiare igiacimenti e che le distruzioni della guerra e delperiodo postbellico incidono pesantemente sullaproduzione attuale.La produzione dell’area meridionale provienedai campi South Rumailia (800.000 bbl/d), NorthRumailia (500.000 bbl/d), West Qurna, Zubair,Misan/Buzurgan, Majnoon, Jabal Fauqi, AbuGhirab, Luhais, mentre dal centro-nord i campiche contribuiscono alla produzione sono oltreKirkuk (550.000-700.000 bbl/d), Bay Hassan,Jambur, Khabbaz, Ajil, East Baghdad, AinZalah/Butmah.La produzione eccessiva e la cattiva gestione deicampi hanno in qualche caso seriamente dan-neggiato alcuni giacimenti. In questo contesto èstato ritenuto opportuno assegnare a Shell lo stu-dio del reservoir di Kirkuk, dal quale si è pro-dotto olio in quantità superiore alla capacità pro-duttiva ottimale. In condizioni analoghe sono altricampi (Bay Hassan, Jambur, Khabbaz, Saddame Ain Zalah-Butmah-Safaya) per i quali si è richie-sta la collaborazione di partner stranieri.I piani governativi annunciati per i prossimi diecianni prevedono di passare dagli attuali 2 milionidi bbl/d a 3,3-4 milioni nel 2010 e a 5,5-6 milio-ni nel 2015.Siccome il consumo interno iracheno è dell’or-dine di 500.000 bbl/d, la maggior parte dell’olioviene utilizzata per l’esportazione. Il greggioesportato proviene sostanzialmente da due aree,

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MEDIO ORIENTE

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Rumailia e Kirkuk. Il campo di Rumailia produ-ce il Basra Light (circa 34 °API), il Basra Medium(circa 30 °API, con il 2,6% in zolfo) e il BasraHeavy (22-24 °API con il 3,4% in zolfo). Lamiscela Basra Blend è intorno ai 32 °API, conmeno del 2% di zolfo. Il campo di Kirkuk pro-duce un olio di 35 °API, con meno del 2% dizolfo. In condizioni ottimali le infrastrutture ira-chene potrebbero movimentare oltre 6 milioni dibbl/d (2,8 milioni dal Golfo, 1,6 milioni versol’Arabia Saudita, 1,6 milioni verso la Turchia eil rimanente verso Siria e Giordania). I frequen-ti sabotaggi hanno condizionato la capacità diesportazione che è crollata a 1,4 milioni di bbl/d(dei quali 0,6 verso gli Stati Uniti, 0,23 versol’Europa e il rimanente verso l’Asia).La rete di oleodotti sviluppata per circa 7.000 kmè oggetto di ripetuti attentati. Gli oleodotti piùimportanti sono Kirkuk-Ceyhan, con capacitàteorica di 1,1 milioni di bbl/d anche se attual-mente ne può trasportare al massimo 90.000, conuna linea parallela associata di 0,5 milioni di capa-cità. Un altro oleodotto costruito cinquant’annifa è quello di Banias (200.000 bbl/d), che è statousato in violazione alle sanzioni, nel 2001-03,per esportare il greggio da Kirkuk verso i portimediterranei siriani e libanesi. Un terzo oleodotto(IPSA), con capacità di 1,65 milioni di bbl/d, èstato costruito, durante la Guerra con l’Iran, attra-verso l’Arabia Saudita, dalla quale è stato confi-scato dopo l’invasione del Kuwait. Infine ricor-diamo che per ottimizzare i trasporti nord-sud erastata costruita nel 1975 la Strategic Pipeline (1,4milioni di bbl/d), con due linee parallele che per-mettevano la movimentazione degli oli prove-nienti dalle due aree di produzione. Anche que-sta linea è stata seriamente danneggiata durantela Guerra del Golfo del 1990-91. Tra i vari pro-getti in programma, uno, in collaborazione conl’Iran, prevede la costruzione di un oleodotto pertrasportare l’olio iracheno da Bassora ad Aba-dan, dove sarebbe poi raffinato.L’Iraq possiede otto raffinerie che sono rimasteindenni dalle distruzioni belliche. Le più impor-tanti sono Bayji (310.000 bbl/d), Bassora (150.000)e Daura (110.000). La capacità totale di raffina-zione non arriva a 600.000 bbl/d e inoltre le raffi-nerie operano al 50-70% della loro capacità teo-rica. Sono in corso progetti (l’ampliamento diDaura e la costruzione di nuove raffinerie a Bas-sora, nella provincia di Karbala, nell’area a sud diBaghdad, a Koya e a Nahrain) che dovrebbero com-plessivamente raddoppiare la capacità di raffina-zione del paese. L’Iraq ha tre terminal: Bassora,Khor al-Zubair e Khor al-Amaya. Quello di Bas-sora (Mina al-Bakr) è di gran lunga il più impor-tante con capacità complessiva di 2 milioni di bbl.

Gas. Le riserve di gas, pari a 3.170 miliardi dim3, sono rimaste invariate in questi ultimi diecianni. Di queste riserve oltre il 70% circa risultagas associato. Secondo alcuni esperti, l’ulterio-re potenziale a gas sarebbe dell’ordine di 1.600miliardi di m3.Le riserve sono distribuite nella Central ArabianProvince (48%) e negli Zagros (45%) e in misu-ra ridotta nella Mesopotamian Province.Nella Central Arabian Province il gas è preva-lentemente associato nei campi a olio di Rumai-lia, Majnoon, Zubair, mentre negli Zagros cisono sia campi a solo gas (Chemchemal, al-Anfalridenominato Kor Mor, Jaria-Pika, Khashm, al-Ahmar, Mansuriyah), con riserve variabili da 25

a 95 miliardi di m3 per campo, sia campi a gasassociato come Bay Hassan, Jambur e Kirkuk.Fino al 1990 la produzione di gas, che peraltro anda-va bruciato, proveniva esclusivamente da campicon gas associato. La produzione di gas è caratte-rizzata da valori molto discontinui (da 6 miliardidi m3 a fine anni Ottanta ai valori minimi di 1,5miliardi di m3 nel 2002) ed è legata comunque all’e-rogazione dell’olio al quale è associato. Parte delgas è stato utilizzato per produrre energia elettricae parte per re-iniezione nei campi di olio. La mag-gior sorgente di gas associato sono i campi diKirkuk, Ain Zalah, Butmah, Bay Hassan nel norde North e South Rumailia e Zubair nel sud. L’uni-co gas non associato viene prodotto dal campo dial-Anfal (riserve di circa 50 miliardi di m3). I campial-Anfal, Mansuriyah, Chemchemal, Jaria-Pika,Khashm, al-Ahmar sono stati selezionati per lo svi-luppo di un progetto gas che doveva trasportare inTurchia 10 miliardi di m3/a, previa la costruzionedi un nuovo gasdotto-oleodotto fra Kirkuk e Ceyhan.Anche il gas proveniente dai campi di Kirkuk e BayHassan sarebbe stato convogliato via Bayji allalinea di esportazione verso la Turchia. Un gasdot-to importante con capacità di 2 miliardi e mezzoall’anno corre da Baghdad a Qurna. La rete digasdotti dell’Iraq settentrionale, operativa dal 1983,che riforniva Baghdad e altri centri minori è stataseriamente danneggiata durante la guerra.Il progetto relativo al gas nell’area meridionale(Southern Area Gas Project), in produzione dal1990, prevedeva il trasporto via tubo da Rumai-lia Nord e Sud all’impianto di Zubair e a quellodi Bassora, ma dopo la guerra del 2003 il siste-ma si è rapidamente deteriorato. Sono stati attual-mente pianificati interventi per aumentare la capa-cità di trattamento del gas a Zubair e West Qurnaper ridurne l’attuale dispersione.L’Iraq incentiva l’utilizzo domestico e industria-le del gas per ridurre il consumo di olio. Primadella guerra del Golfo del 1990-91 vi era unacerta esportazione di gas in Kuwait dal campo diRumailia. Un recente accordo preliminare pre-vede di riattivare il gasdotto a una capacità di 2miliardi di m3/a. Inoltre sono in corso contatticon il Kuwait per sviluppare congiuntamente ilcampo di Siba al confine tra i due paesi. I piani prebellici prevedevano anche di attivareprogetti di GNL, dei quali non si hanno infor-mazioni. Nel settembre del 2004, l’Iraq è entra-to in partecipazione nell’Arab Gas PipelineProject, che collega Egitto, Giordania, Siria eLibano. Per quanto concerne i progetti di svi-luppo, salvo gli accordi presi dal precedenteGoverno, che sono in fase di verifica da partedell’attuale Amministrazione, ricordiamo il recen-te accordo annunciato dalla Gulfsands Petroleumper il Misan Gas Project nell’Iraq meridionale.L’obiettivo del progetto è di recuperare e distri-buire il gas attualmente prodotto dai campi a olio.

Kuwait

Nome ufficiale: Dawlat al-Kuwayt(Stato del Kuwait)

Confini e territorioIl Kuwait è un piccolo Stato del Medio Orientesituato sul lato orientale della Penisola Arabica.

Si affaccia a est sul Golfo Persico, confina a sude a ovest con l’Arabia Saudita e a ovest e a nordcon l’Iraq. Con il Trattato di al-Uqayr del 1922fu definito con precisione il confine con l’Ara-bia Saudita e fu altresì stabilita la cosiddetta ZonaNeutrale, interposta tra i due paesi e bagnata dalGolfo Persico. Il 27 luglio 1965 è stato firmatoun accordo per la ripartizione di tale zona, cheassegnava al Kuwait la metà settentrionale e all’A-rabia Saudita quella meridionale. Il Kuwait com-prende anche 9 isole del Golfo Persico, la mag-giore delle quali, Bubiyan, è in gran parte disa-bitata.Il territorio, pressoché totalmente interessato daun clima desertico caldo con forti escursioni gior-naliere, è morfologicamente piatto e privo di reteidrografica superficiale. La massima parte dellapopolazione si concentra nella capitale, al-Kuwait,situata più o meno nel punto mediano della fasciacostiera.Il Kuwait è amministrativamente diviso in 6Governatorati.

Popolazione e aspetti socio-culturaliIl Kuwait conta 2,8 milioni di ab. (stima 2004),di cui appena 960.000 sono cittadini kuwaitiani,per la massima parte concentrati nell’agglome-razione urbana della capitale. La maggioranza èpertanto costituita da immigrati, per lo più pro-venienti da altri Stati arabi e da paesi del Sud-estasiatico. Tra i residenti di lingua araba, oltre100.000, correntemente indicati come bidoon,sono ufficialmente privi di cittadinanza. La lin-gua ufficiale è l’arabo, ma è assai diffuso l’usodell’inglese. La religione ufficiale è l’Islam, pro-fessato dai 3/4 della popolazione; l’81% degliislamici sono sunniti e il restante 19% sciiti (mase ci riferisce ai soli cittadini kuwaitiani, tutti diconfessione islamica, i sunniti sono il 70% e glisciiti il 30%). Tra i seguaci di altre religioni, pre-valgono i cristiani, i bahaisti e gli induisti.La capitale è al-Kuwait (poco più di 30.000 ab.nel 2005, ma più di 1.000.000 nell’intera agglo-merazione urbana), situata sulla sponda meri-dionale della baia del Kuwait, insenatura del GolfoPersico. Città di maggiore ampiezza demografi-ca, ma prive di vera e propria agglomerazione,sono: Qalib al-Shuyukh (180.000 ab.); al-Sali-miyah (145.000); Hawalli (107.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria è il dinaro del Kuwait(KWD). Il tasso di cambio medio nel 2005 è statodi KWD0,2926�$1 e di KWD0,364034�€1. Dagennaio 2003 il dinaro è ancorato al dollaro.

Struttura ed evoluzione dell’economia. L’econo-mia kuwaitiana è fortemente dipendente dal set-tore degli idrocarburi, che nel 2004 ha contribuitoalla formazione del 53% del PIL, al 75% delleentrate governative e all’83% dei ricavi prove-nienti dalle esportazioni. Membro fondatore del-l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petro-lio insieme ad Arabia Saudita, Iran, Iraq e Vene-zuela, il Kuwait è caratterizzato da un tessutoeconomico estremamente sensibile all’anda-mento dei prezzi di olio e gas. Malgrado il forteaumento dei prezzi del petrolio verificatosi all’i-nizio degli anni Settanta, il PIL reale fece regi-strare una flessione del –1,2% in media annuanel periodo 1972-79, sebbene l’incremento in ter-mini nominali fu del 25%. La situazione peggiorò

588 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

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drasticamente durante gli anni Ottanta, periodonegativamente condizionato da tre eventi che con-giuntamente causarono una forte contrazione nel-l’economia del paese: il crollo della Borsa di Soukal-Manakh nel 1982, la caduta delle quotazionipetrolifere nel 1986 e l’invasione irachena delterritorio nel 1990. Dal 1980 al 1991, anno dellaliberazione dall’occupazione irachena, il PIL siridusse mediamente del 6,9% l’anno. L’occupa-zione danneggiò seriamente le infrastrutture petro-lifere e quindi la produzione di olio, prima fontedi entrata per il paese, e richiese grandi sforzi intermini di costi per ripristinare la stabilità eco-nomica. La ripresa fu evidente già a partire dal1992, anno in cui il PIL segnò una crescita realedell’81%, e tutto il decennio mostrò un incre-mento sostenuto e superiore al 5%.All’inizio del nuovo millennio, il rialzo dellequotazioni petrolifere è stato alla base di un’al-tra buona performance dell’economia, che nel2003 ha evidenziato un balzo in termini realidel 13,4% rispetto al 2002. Nonostante gli sfor-zi di diversif icazione economica attuati dalGoverno, il paese rimane fortemente dipenden-te dalle entrate petrolifere, la cui diminuzionecomporta un calo degli investimenti e, di con-seguenza, del tasso di crescita anche dei com-parti non-oil. Tra questi ultimi spiccano la petrol-chimica, il comparto cementiero, la produzio-ne di fertilizzanti e le attività legate alladissalazione dell’acqua, indispensabile date lecondizioni climatiche e idrografiche. Di gran-de importanza anche il terziario, specie il seg-mento dei servizi governativi. I caratteri clima-tici e pedologici impediscono invece un signi-ficativo sviluppo dell’agricoltura.

Bilancia commerciale. Il commercio con l’este-ro ha un’importanza storica per l’economia kuwai-tiana. A partire dalla sua scoperta, l’olio ha domi-nato la composizione delle esportazioni arrivan-do a coprire, nel 2004, l’83% delle entratecomplessive derivanti dall’export, grazie all’esi-guità dei consumi interni per via della ridottapopolazione. I principali mercati di sbocco sonoStati Uniti, Giappone e Corea del Sud. Le impor-tazioni riguardano materie prime di vario gene-re, prodotti alimentari, manufatti, macchinari,attrezzature per la produzione di olio e gas, e pro-vengono principalmente da Stati Uniti, Giappo-ne e paesi dell’Europa occidentale (Germania inprimis).Nel 2004, sostenute dall’alto livello delle quota-zioni petrolifere, le esportazioni sono cresciutedel 38%, mentre le importazioni sono aumenta-te del 23%; dall’inizio del nuovo millennio labilancia commerciale ha evidenziato un surplusstabile.Gli Stati Uniti rappresentano il più importantepartner commerciale, con cui, nel 2004 il Kuwaitha firmato un Accordo-Quadro per il Commer-cio e gli Investimenti (Trade and Investment Fra-mework Agreement, TIFA). Il Kuwait è anche

membro dell’Organizzazione Mondiale per ilCommercio.

Quadro energeticoIl Kuwait è il quarto paese del mondo per riser-ve di olio. È un fornitore di olio e di prodotti raf-finati e si prevede che produzione ed esporta-zione di olio aumentino del 15% entro il 2010 econ valori anche più elevati nei due decenni suc-cessivi. Nel 2004 la produzione di energia è stata di 132,77milioni di tep a fronte di un’esportazione di 107,10milioni. Il consumo di 22,4 milioni di tep derivada olio (13,7 milioni) e gas (8,7).È previsto che la domanda di energia primariaaumenterà entro il 2030 con tasso annuale del2,8%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Fin dal momen-to del suo distacco di fatto dall’Impero ottoma-no (1913), il Kuwait aveva offerto agli Inglesi lafacoltà di esercitare un’opzione di ricerca petro-lifera nel paese. Negli anni Venti l’Anglo-PersianOil Company fece eseguire la prima campagnageologica. Considerato che nel frattempo anchela Gulf Oil Corporation aveva ottenuto dei dirit-ti sul Kuwait, nel 1933 Gulf e Anglo-Persian siaccordarono per l’ottenimento di un permessocomune. Nel 1934 fu registrata la KOCL (KuwaitOil Company Ltd), nella quale entrambe le com-pagnie avevano una partecipazione del 50%. Nellostesso anno fu ottenuta una concessione per 75anni. L’esplorazione petrolifera vera e propria ini-ziò nel 1937, con la perforazione del pozzo Bah-rah 1. L’anno successivo fu scoperto il campo diBurgan che si rivelerà uno dei campi petroliferipiù grandi del mondo, con riserve di olio supe-riori ai 50 miliardi di bbl.Le operazioni furono riprese dopo la SecondaGuerra Mondiale, con la costruzione delle infra-strutture di produzione e del primo terminal, chepermise l’esportazione di greggio nel 1946. Neldopoguerra l’attività fu molto intensa e portò allescoperte di Magwa (1951) e Ahmadi (1952). Inseguito furono scoperti Raudhatain (1955), Bah-rah (1956), Sabriya (1957), Minagish (1959), epiù tardi Umm Gudair (1962), nella Zona Neu-trale, Khashman (1963) e Medina 1 (1963). Neglianni Sessanta operò in Kuwait anche la Shell, cheaveva ottenuto una concessione in mare. Il tito-lo minerario fu poi rilasciato per problemi terri-toriali (definizione delle linee mediane) con Iraq,Iran e Arabia Saudita. L’accordo con la Shell fusospeso dopo una breve attività esplorativa, cheaveva portato alla scoperta di Riquah e nel 1981la Shell rinunciò definitivamente all’area. Oltrealla Shell furono presenti in quel periodo altrecompagnie straniere quali Hispanoil e Aminoil,operativa, quest’ultima, fino al 1977.Nel 1974 la Kuwait Oil Company Ltd vennenazionalizzata e nel 1980 fu costituita la KPC

(Kuwait Petroleum Corporation), che raggruppale quattro compagnie operative KOC (Kuwait OilCompany), esplorazione e produzione di olio egas, KNPC (Kuwait National Petroleum Com-pany), raffinazione e trasporto, KOTC (KuwaitOil Tanker Corporation) e PIC (PetrochemicalIndustries Company), produzione e commercia-lizzazione di prodotti chimici, nel frattempo pas-sate sotto il controllo dello Stato.Dopo l’interruzione dovuta all’invasione irache-na, l’attività della KOC è ripresa con una serie dioperazioni sistematiche. Nel periodo 1994-97furono assegnati diversi contratti di assistenzatecnica (technical service agreement) a Chevron(Greater Burgan), BP – British Petroleum (Mina-gish, Umm Gudair, Raudhatain), Exxon (che con-duce direttamente le operazioni nell’area di Karaal-Maru), Shell per lo studio del potenziale off-shore e Total per lo sviluppo di alcuni campi dellaZona Neutrale. L’area onshore e parte di quellaoffshore erano detenute fino al 1977 dal consor-zio Aminoil; attualmente sono gestite da una jointventure (Saudi Arabian Texaco-KOC). Quest’a-rea produce olio pesante dai campi Wafra, SouthFawaris e South Umm Gudair.Per quanto riguarda l’offshore, invece, nel 1958era stata assegnata una concessione a un consor-zio giapponese AOC (Arabian Oil Company), tra-mite un accordo tra Kuwait e Arabia Saudita. L’a-rea contiene i campi di Khafji e Hout, collegaticon il campo saudita di Safanya. La concessio-ne è scaduta nel 2003 e la KGOC (Kuwait GulfOil Company) ha rilevato le operazioni. La AOCcontinua ad agire in qualità di assistente tecnicocon diritto di acquisto dell’olio di Khafji. Nel2002 Kuwait e Arabia Saudita hanno formato unajoint venture al 50/50 per incrementare la pro-duzione offshore.Attualmente in Kuwait il Consiglio Supremo peril Petrolio ha la responsabilità dell’attività petro-lifera che è gestita dalla Kuwait Petroleum Cor-poration (KPC) tramite le sue affiliate. A quelleprecedentemente citate si sono aggiunte neglianni Ottanta la KPI (Kuwait Petroleum Interna-tional) e la KUFPEC (KUwait Foreign PetroleumExploration Company).Le attività di esplorazione e produzione all’in-terno del paese sono gestite dalla KOC mentrequelle all’estero sono affidate alla KUFPEC, che,fondata nel 1981, ha attualmente titoli minerariin Australia, Indonesia e Tunisia e ha in pro-gramma di incrementare entro il 2010 la propriaquota di produzione dagli attuali 35.000 a 100.000bbl/d.

Olio. Alla fine del 2004 le riserve di olio ammon-tavano a 99 miliardi di bbl (erano 96,5 miliardinel 1994), localizzate nel Dibdibba Basin dellaCentral Arabian Province, che di fatto compren-de l’intero Kuwait. Le riserve aumentano se sitiene conto della Zona Neutrale, che contiene cin-que miliardi di bbl. Nel bacino sono ubicati icampi Greater Burgan (con 59 miliardi di bbl),Raudhatain (6), Sabriya (oltre 5), seguiti da campidi Kara al-Maru e Mutriba, con dimensioni del-l’ordine di 200-300 milioni di bbl. I principalicampi della Zona Neutrale sono: nell’onshoreWafra (3 miliardi di bbl), Humma, South Fawa-ris, South Umm Gudair, mentre in mare Hout eKhafji con circa 7 miliardi di bbl.Si ricorda che il campo di Burgan è per grandezzail secondo campo al mondo, superato soltanto dalcampo di Ghawar nell’Arabia Saudita.

589VOLUME V / STRUMENTI

MEDIO ORIENTE

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1979 1980-1991 1992-1999 2000-2004 1972-2004

Agricoltura 6,0 4,8 22,0 10,7 7,2Industria �4,2 �7,8 8,0 4,0 �1,1Servizi 10,3 �4,6 0,8 7,7 5,0

PIL �1,2 �6,9 5,2 6,3 0,7

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

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Nel 2004 il Kuwait ha prodotto 2,42 milioni dibbl/d di idrocarburi liquidi con un incrementosostanziale rispetto al 2003 dell’8,7% (ne pro-duceva 2,08 milioni nel 1994). La quota OPECè di 2,2 milioni di bbl/d di greggio. La maggiorproduzione del Kuwait proviene dal campo diGreater Burgan che, insieme ai suoi satellitiMagwa e Ahmadi, ha una capacità produttiva di1,6 milioni di bbl/d, mentre altri contributi ven-gono da Raudhatain (220.000), Sabriya (quasi100.000) e dai campi sud-occidentali di Minagishe Umm Gudair. La Zona Neutrale produce600.000 bbl/d, metà dei quali onshore. Se esclu-diamo il periodo dell’invasione irachena, vi èsempre stato un incremento costante nella pro-duzione.Il consumo interno di olio è stato nel 2004 di266.000 bbl/d (124.000 nel 1994), per cui la quotadestinata all’esportazione è molto elevata, soprat-tutto il flusso verso paesi asiatici (India, Singa-pore, Corea del Sud, Taiwan, Thailandia e Giap-pone). Una parte dell’esportazione è destinataall’Europa e agli Stati Uniti (250.000 bbl/d). Ilgreggio esportato ha una gravità di 31,4 °API conil 2,5% di contenuto in zolfo.Per quanto concerne la produzione, i program-mi sono molto ambiziosi e prevedono, entro il2020, un aumento di produzione a 4 milioni dibbl/d. Per raggiungere questo obiettivo sononecessari accordi tecnici e finanziari con com-pagnie petrolifere straniere, alle quali la Costi-tuzione vieta l’assegnazione di concessioni. Sista cercando una soluzione per invogliarle a inve-stire in Kuwait e partecipare congiuntamenteallo sviluppo dei campi. Per compensare il decli-no di Burgan è stato lanciato il Project Kuwait,che prevede un aumento di produzione di alcu-ni campi (Abdali, Bahra, Ratqa, Raudhatain,Sabriya, Minagish e Umm Gudair) tramite col-laborazione con le International Oil Companies.Il progetto incontra l’opposizione della compo-nente islamica più conservatrice, per cui si è tut-tora in attesa dell’approvazione da parte del Par-lamento. Una bozza di contratto finalizzata nel2003 da KPC ha visto tre consorzi interessati alprogetto e in competizione tra loro: la Che-vronTexaco (associata a Total, PetroCanada, Sib-neft e Sinopec); la ExxonMobil (con Shell,ConocoPhillips e Maersk) e la BP (con Occi-dental e ONGC – Oil and Natural Gas Corpo-ration).Attualmente in Kuwait le compagnie straniereoperano come compagnie di servizio tramite con-tratti di tipo buy back, che non presuppongono laproprietà delle riserve e sono semplicementeremunerate (per barrel fee) in cambio del lororuolo di contrattisti.La rete di oleodotti è capillare e collega i mag-giori campi (Raudhatain, Minagish, Burgan, UmmGudair) con le raffinerie, che hanno una capacitàtotale di 900.000 bbl/d e sono Mina al-Ahmadi(442.000 bbl/d), Mina Abdullah (256.000) eShuaiba (190.000). Considerata la crescentedomanda di olio per l’esportazione, la capacitàdi raffinazione sarà probabilmente aumentata perprodurre oli a basso contenuto di zolfo e peraumentare la produzione di olio pesante. Si pre-vede, oltre ad alcuni progetti di espansione, lacostruzione di una nuova raffineria con una capa-cità di circa 500.000 bbl/d, che sostituirà quelladi Shuaiba, ad Azour.I terminal a olio sono Mina al-Ahmadi, MinaAbdullah, Shuaiba e Mina Saud.

Le distruzioni causate dall’invasione irachenasono state completamente riparate; in partico-lare il porto di Mina al-Ahmadi, il più impor-tante, è completamente riabilitato e ammoder-nato. È in programma la costruzione di un altroterminal nell’isola di Bubiyan per aumentare laproduzione delle aree settentrionale e occiden-tale del paese. Le operazioni di raffinazione e di marketing peril mercato europeo vengono gestite dalla KuwaitPetroleum International, tramite le sue raffinerielocalizzate a Rotterdam e in Italia. Sono allo stu-dio anche possibili accordi con Cina, India, Indo-nesia, Pakistan, Singapore, Corea del Sud e altripaesi. Alleanze strategiche sono state stabilitecon Shell e BP per essere presente nei mercatiemergenti in Cina e in India.Anche per quanto riguarda la petrolchimica sonoin corso ulteriori progetti di espansione integra-ti con l’impianto di Shuaiba che produce etilene(650.000 t/a), polietilene (450.000 t) e glicoli(350.000 t).

Gas. Le riserve di gas in Kuwait ammontavanonel 2004 a 1.570 miliardi di m3 (erano circa1.500 nel 1994); esse sono essenzialmente rap-presentate dal gas dei campi di Greater Burgan(oltre 1.000 miliardi di m3), Raudhatain (200miliardi) e Sabriya (160 miliardi). Nella ZonaNeutrale ci sono riserve di gas di circa 290miliardi di m3.La produzione di gas del Kuwait è piuttosto mode-sta, circa 9,7 miliardi di m3 nel 2004 (ne produ-ceva 6 nel 1994) come gas associato. Il Kuwaitspera nell’uso intensivo del gas a uso interno peravere più olio a disposizione per l’esportazione.L’utilizzo del gas, che potrebbe servire per lapetrolchimica, per la generazione di energia elet-trica e per la dissalazione, permetterà il rispar-mio di 100.000 bbl/d di olio. Oltre a incremen-tare la propria produzione di gas dai livelli profon-di del campo a olio di Raudhatain si prevede ancheun’importazione di gas dai paesi limitrofi. I for-nitori possibili sono il Qatar (dal campo di NorthField tramite gasdotto), l’Iran (dal campo di SouthPars) e l’Iraq (dal campo di Rumailia). Problemiterritoriali con l’Arabia Saudita e con l’Iran (conil quale sono in corso negoziati per il campo diDorra) complicano le prime due ipotesi. Per quan-to riguarda l’Iraq, ricordiamo che prima dellaguerra esportava dal campo di Rumailia via tuboin Kuwait circa 3 miliardi di m3/a di gas che ali-mentava centrali elettriche e gli impianti di GPL.Nel 2004 è stato siglato un accordo che prevedein prospettiva la ripresa di un flusso di 2 miliar-di di m3/a.

Qatar

Nome ufficiale: Dawlat Qatar (Stato del Qatar)

Confini e territorioIl Qatar è un piccolo Stato del Medio Oriente ilcui territorio occupa una penisola che si proten-de nel Golfo Persico dal lato orientale della Peni-sola Arabica. Confina a sud con l’Arabia Saudi-ta e gli Emirati Arabi Uniti, mentre per il resto èbagnato dal mare. Tra le diverse isole che appar-tengono al Qatar, la più importante è Halul, circa

90 km a est di Doha, la capitale del paese, situa-ta sulla costa orientale.Il territorio è prevalentemente piatto e sabbioso.Il clima è di tipo desertico, con temperature moltoalte in estate e miti in inverno e scarsissime pre-cipitazioni.Il Qatar è amministrativamente diviso in 10 Muni-cipalità.

Popolazione e aspetti socio-culturaliIl Qatar conta 840.000 ab. (stima del 2005). Lapopolazione è etnicamente eterogenea: alla mag-gioranza di Arabi (40%), si affiancano Indiani(18%), Pakistani (18%), Iraniani (10%) e unrestante 14% di minoranze non specificate. Lalingua ufficiale è l’arabo, ma è molto diffusoanche l’inglese, comunemente parlato comeseconda lingua. Il 95% della popolazione è musul-mana (principalmente sunnita); il rimanente 5%è invece costituito da cristiani, induisti, bahaistie seguaci di altre confessioni. La capitale è Doha, la cui omonima Municipa-lità nel 2004 contava 340.000 ab. La secondaMunicipalità urbana è al-Rayyan (273.000 ab.).

Economia

Moneta. L’unità monetaria del Qatar è il riyalqatar (QAR). Il tasso di cambio medio nel 2005è stato di QAR3,6398�$1 e di QAR4,52827�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Da pove-ro Protettorato britannico, la cui popolazione eraprincipalmente dedita alla pesca e alla raccoltadelle perle, il Qatar è diventato uno Stato indi-pendente con un’economia basata prevalente-mente sugli idrocarburi, che costituiscono la prin-cipale fonte di reddito. Membro dell’OPEC dal1961, il Qatar è uno dei paesi con più elevato red-dito pro capite, grazie alla ridotta popolazione ealle cospicue entrate generate dalle esportazionidi petrolio e gas (il PIL pro capite nel 2005 è risul-tato di circa 17 volte superiore al corrisponden-te valore medio OPEC). Dal 2000 al 2004, l’e-conomia del Qatar ha fatto registrare una robu-sta crescita reale pari al 4,5% in media annua; asostenerla è soprattutto il settore degli idrocar-buri che, grazie anche al forte rialzo delle quo-tazioni petrolifere, ha contribuito nel 2004 allaformazione del 62% del PIL, all’80% dei gua-dagni provenienti dalle esportazioni e al 64%delle entrate governative. Di particolare impor-tanza sono anche il comparto dei servizi gover-nativi e l’industria petrolchimica, risultato deglisforzi di diversificazione economica attuati dalGoverno per attenuare la forte dipendenza dapetrolio e gas.

Bilancia commerciale. Dal 2001, la bilancia com-merciale del Qatar riporta un saldo in surplus ein continua crescita, grazie al forte aumento deiprezzi del petrolio e alle sempre più consistentiesportazioni di gas che dominano, insieme a quel-le petrolifere, la struttura delle esportazioni (80%delle entrate complessive nel 2004). I principalimercati di destinazione sono i paesi asiatici nonarabi, in primis Giappone e Corea del Sud; tra ipaesi arabi spiccano gli Emirati Arabi Uniti men-tre il principale acquirente europeo delle espor-tazioni del Qatar è la Spagna.Le importazioni sono invece composte in preva-lenza da prodotti associati alle strutture destina-te alla produzione di gas naturale liquefatto; a

590 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Page 27: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

questi seguono poi veicoli, generi alimentari, arti-coli di lusso e prodotti elettronici. I principalipaesi fornitori del Qatar sono Francia, Stati Unitie Arabia Saudita.Il Qatar è membro dell’Organizzazione Mondialeper il Commercio, dell’ONU e della Lega Araba.

Quadro energeticoIl Qatar è il terzo paese del mondo per riserve digas e possiede anche riserve significative di idro-carburi liquidi (per due terzi presenti come con-densato). La produzione di olio è prevista cresceredagli attuali 0,9 a 1,25 milioni di bbl/d entro il2030, mentre nello stesso periodo la produzionedi gas dovrebbe aumentare in modo considere-vole (sei volte quella dei primi anni del secolo).Nel 2004 il Qatar ha prodotto 75,95 milioni ditep di energia e ne ha esportati 57,38. Il consu-mo di 16,9 milioni di tep è rappresentato da gas(13,6 milioni di tep) e olio (3,3). La domanda dienergia primaria crescerà con un tasso annuo del6% fino al 2030.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Nel 1926 un fun-zionario dell’Anglo-Persian Oil Company, G.M.Lees, ottenne un’opzione di ricerca petrolifera inQatar della durata di due anni e, a seguito dellascoperta effettuata dalla Standard Oil of Califor-nia nel 1932 in Bahrein, venne richiesta una secon-da opzione in collaborazione con la Iraq Petro-leum Company. Nel 1935 venne assegnata allaQatar Petroleum Company Ltd. (QPCL), una con-sociata della Iraq Oil Company, una concessio-ne della durata di 75 anni. Successivamente, nel1938, fu perforato il primo pozzo mineralizzatoa olio, Dukhan 1. L’area della concessione origi-naria si ridusse per una serie di rilasci effettuatinegli anni Sessanta e sui quali operano altre com-pagnie.Nell’area offshore, nel 1952, la Shell ottenne unaconcessione e nel 1960 scoprì il campo di Idd al-Shargi e in seguito (1963) quello di Maydan Mah-zam. I diritti della concessione verranno poi rile-vati dal Governo nel corso del processo di nazio-nalizzazione.Nel 1974 infatti fu costituita la Qatar GeneralPetroleum Corporation (QGPC, oggi Qatar Petro-leum) articolata come una corporazione nazio-nale interamente di proprietà dello Stato. La com-pagnia diventa responsabile di tutte le attivitàrelative agli idrocarburi (ricerca, raffinazione,vendita ed esportazione). L’acquisizione dellaproduzione petrolifera del paese da parte delloStato fu portata a termine nel 1977 con la nazio-nalizzazione della QPCL, che allora gestiva ilDukhan Field, e della Shell Company of Qatar,che deteneva i restanti campi offshore. Nell’a-rea erano stati scoperti, oltre ai campi già citatidi Idd al-Shargi e Maydan Mahzam, Bunduq(1965), Bul Hanine (1965), North Field (1971)e al-Khalij (1991).

Oltre alla QGPC, hanno operato in Qatar altrecompagnie quali Arco, Bunduq Oil Co., Chevron,Elf, Maersk, Occidental, Pennzoil e UPDC. Inquesti ultimi anni si è avuto un rilancio delle atti-vità di upstream favorito dall’intento delle auto-rità locali di attirare investimenti stranieri perincrementare la capacità di produzione. Attual-mente la QGPC opera in diverse aree del paese,sia onshore sia offshore, nelle quali sono com-presi i campi a olio di Dukhan, Maydan Mahzame Bul Hanine e il super-giant a gas di North Field,per lo sfruttamento del quale sono stati avviativari progetti di produzione gas e di GNL in asso-ciazione con diverse compagnie straniere. Soprat-tutto i progetti GNL faranno fronte alla crescen-te domanda di gas.

Olio. Nel 2004 il Qatar disponeva di riserve diolio per 15,2 miliardi di bbl (erano 4,5 miliardinel 1994). In Qatar si riconoscono due bacinisedimentari: la Central Arabian Province e il Rub’al-Khali Basin. Nella prima sono localizzati icampi principali di Dukhan (quasi 6 miliardi dibbl) e al-Shaheen (3,8), al-Rayyan e altri campiminori; mentre nel secondo si trovano i campi diBul Hanine (quasi 2 miliardi di bbl), MaydanMahzam (oltre un miliardo), Idd al-Shargi (oltre500 milioni), North Dome e al-Khalij. La den-sità dell’olio dei giacimenti varia da 24 a 41 °APIe i due greggi esportati sono il Dukhan (41 °API)e il Marine blend (36 °API).Nel 2004 il Qatar ha prodotto 990.000 bbl/d (neproduceva circa la metà nel 1994) di idrocarbu-ri liquidi (inclusi i liquidi da gas, i condensati eil GNL, che esulano dalla quota OPEC). La quotagiornaliera approvata dall’OPEC era di 700.000bbl nel 2004 (a partire da luglio 2005 è di 726.000bbl/d). Il consumo di olio è di 84.000 bbl/d. L’e-sportazione è diretta verso i paesi asiatici e in par-ticolare il Giappone.Al fine di incrementare la produzione sono statisiglati diversi contratti con compagnie stranie-re. Ricordiamo l’accordo con Chevron relativoal campo di Dukhan, operativo dal 1998, cheprevede anche attività esplorativa, quello conAnadarko relativo al campo di al-Rayyan, chenel terzo trimestre del 2004 ha prodotto 15.000bbl/d di olio pesante, quello con Maersk relati-vo al campo di al-Shaheen, che nel 2004 ha pro-dotto 205.000 bbl/d di olio a 29-33 °API e 1,7-2% di zolfo.La Occidental con l’accordo relativo al campoIdd al-Shargi North Dome (ISND) ha portato laproduzione dai 12.000 bbl/d del 1994 agli 86.000bbl/d attuali. Un secondo contratto con Occidentalè stato siglato circa il campo di Idd al-ShargiSouth Dome (ISSD), campo che ha iniziato laproduzione nel 1999 con 11.000 bbl/d e sta pro-ducendo attualmente 17.000 bbl/d. Altri accordisono stati siglati: nel 2003 con Cosmo Oil, per ipiccoli campi a olio al-Karkara e A-North, e nel2005 con ONGC Videsh Limited (OVL), per lavalutazione e lo sviluppo del campo di Najwat

Najeem. Ricordiamo infine il campo di al-Kha-lij, operato da Total, con riserve di 56 milioni dibbl di un olio medio (28 °API), che è entrato inproduzione nel 1997 con una erogazione inizia-le di 6.000 bbl/d e una produzione attuale di30.300 bbl/d.Vi sono anche alcuni campi operati dalla QP,come il campo di Bul Hanine, in produzione dal1973 e che è stato riportato a una erogazione di100.000 bbl/d dopo un declino occorso neglianni Novanta, e il campo di Maydan Mahzam,in produzione dal 1965 con un rateo attuale di60.000 bbl/d (ne produceva 70.000 in passato)in corso di revisione.Il Qatar è attualmente in grado di raff inare137.000 bbl/d. Infatti la raffineria di Umm Saidè stata ristrutturata nel 2002 dalla QP Refinery(prima denomitata National Oil DistributionCompany) aumentando la capacità di raffina-zione da 57.000 bbl/d a 137.000 bbl. Inoltre conla collaborazione di Chevron Phillips Chemi-cal Company è stato completato un impiantopetrolchimico Q-Chem che produce polietilenee olefine.

Gas. Nel 2004 le riserve di gas ammontavano a25.780 miliardi di m3 (erano 7.000 nel 1994) eponevano il Qatar tra i paesi più ricchi di gasdel mondo, al terzo posto dopo Russia e Iran.La maggior parte delle riserve erano localizza-te nel campo di North Field situato nella Cen-tral Arabian Province. Il North Field è il giaci-mento a gas non associato più grande del mondo,con riserve di oltre 28.000 miliardi di m3. Anchenei campi a olio si rinviene gas associato, comeDukhan (250 miliardi di m3 di gas associato e55 miliardi di m3 di gas non associato), Bul Hani-ne (150 miliardi di m3) e al-Shaheen (100 miliar-di). Riserve minori di gas associato sono con-tenute anche nei campi di Idd al-Shargi e May-dan Mahzam.Nel 2004 il Qatar ha prodotto 39,2 miliardi di m3

di gas (triplicando, rispetto al 1994, la produzio-ne che allora era di 13 miliardi di m3). Ci sonoin programma progetti ambiziosi di sviluppo delgas soprattutto per quanto riguarda il GNL.Attualmente sono due le compagnie che si occu-pano di esportazione di GNL: la Qatar LNG Com-pany (Qatargas) e la Ras Laffan LNG Company(RasGas). I progetti di sviluppo sono numerosi evedono la partecipazione di un gran numero diinvestitori aggregati in consorzi.Il primo consorzio è il Qatargas Downstream(Total, ExxonMobil, Mitsui e Marubeni). Il pro-getto consiste di tre treni di 2 milioni di t/a (2,7miliardi di m3/a). La prima spedizione è stata fattain Giappone nel 1996. È stato programmato unincremento del sistema a 9,2 milioni t/a (12,7miliardi di m3).Il secondo consorzio è il RasGas (Qatar Petro-leum ed ExxonMobil), che prevedeva in origi-ne due treni di 3,3 milioni di t/a (4,6 miliardi dim3/a). Il primo treno è stato completato nel 1999con la spedizione del gas liquefatto in Corea delSud. Il secondo treno è stato completato nel2000. Un terzo treno di 4,7 milioni di t/a è statoaggiunto nel 2004 e sono attualmente previstidue ulteriori treni.Nel 2003 la ExxonMobil ha firmato un contrattoper la costruzione del RasGas II, che dovrebbeestendere di ulteriori 15,6 milioni di t/a (21,6miliardi di m3/a) la capacità di liquefazione: sitratta di due treni di liquefazione ciascuno di

591VOLUME V / STRUMENTI

MEDIO ORIENTE

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2004 1972-2004

Agricoltura 1,9 0,4 1,1 �15,2 0,2Industria 5,2 0,2 7,8 14,0 4,4Servizi 0,7 3,6 3,8 �2,3 4,0

PIL 5,2 2,0 5,8 4,5 4,5

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

Page 28: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

7,8 milioni di t/a da realizzarsi entro il 2008. Laproduzione sarà collocata negli Stati Uniti coni quali è già stato firmato un contratto di 25 anni.Il progetto RasGas II prevede un utilizzo di 740miliardi di m3 di riserve dal North Field.Nel 2004 è stato formalizzato anche il QatargasII (ExxonMobil in associazione con QP) cheprevede due treni di 7,8 milioni di t/a da com-pletarsi nel biennio 2007-08 con esportazionedel prodotto nel Regno Unito.Sono inoltre stati firmati altri due contratti. Ilprimo con ConocoPhillips per il Qatargas III,progetto con capacità di liquefazione di 7,5milioni di t/a per il mercato americano, da ini-ziarsi entro il 2009-10, e il secondo firmato con

la Shell, per il progetto Qatargas IV, di 7,8 milio-ni di t/a e con un treno singolo previsto per il2011.A proposito di GNL, oltre ai paesi del Sudestasiatico, clienti storici, anche l’India è entrata afar parte, con Spagna e Italia, dei paesi riforni-ti dal Qatar.Ricordiamo infine il Dolphin Project gestito daun consorzio al quale partecipano gli EmiratiArabi Uniti, la Total e l’Occidental, che prevedeuna rete di gasdotti negli Emirati Arabi Uniti ein Oman e una possibile estensione sottomarinadall’Oman al Pakistan. All’inizio le quantità digas commercializzate saranno circa 20,8 miliardidi m3/a trasportato in Abu Dhabi. In conclusione

l’espansione dei progetti GNL sta procedendointensamente e con una certa rapidità. Circa 70navi sono state commissionate per trasportare le70 milioni di t/a che si pensa saranno in produ-zione entro il 2012.Per quanto riguarda lo sviluppo del GTL, inve-ce, che sembrava dovesse avere un andamentoanalogo di crescita, si è verificata una battuta diarresto dovuta probabilmente alla quantità di svi-luppi industriali che il paese deve sostenere intempi così ridotti. Il rinvio non riguarda comun-que i progetti già avviati (SasolChevron, Shell el’impianto Oryx che, operativo dal giugno 2006,raggiungerà la capacità massima di produzionea fine 2007).

Algeria

Nome ufficiale: al-Jumhuriyah al-Jaza’iriyahal-Dimuqratiyah al-Sha‘biyah(Repubblica Democratica Popolare di Algeria)

Confini e territorioSituata nel Maghreb (Africa nord-occidentale),l’Algeria è per superficie l’undicesimo paesedel mondo e il secondo del continente africano,dopo il Sudan. Confina a ovest con il Maroccoe con il Sahara Occidentale (territorio di fattoannesso dal Marocco medesimo), a sud-ovestcon la Mauritania, a sud con il Mali e il Niger,a est con la Libia e a nord-est con la Tunisia; anord s’affaccia per circa 1.000 chilometri sulMare Mediterraneo.Lungo la costa mediterranea, dai confini con ilMarocco verso est, si estende la regione del Tell,area in cui si concentra la quasi totalità delleterre coltivabili e della popolazione. A sud diquesta fascia fertile, si distinguono due catenemontuose parallele tra loro e alla costa: quellapiù a nord, nota come Atlante Telliano, è la con-tinuazione del Rif marocchino; quella più a sud,che segna il limite tra parte settentrionale e meri-dionale dell’Algeria, morfologicamente moltodiverse, è l’Atlante Sahariano, prosecuzione del-l’Alto Atlante del Marocco. I due allineamentimontuosi sono separati da altipiani semiaridi,in larga parte coperti da steppe e, nelle zone piùdepresse, intervallati da chott, bacini pocoprofondi che, nella stagione delle piogge, ospi-tano vasti laghi salati. A sud dell’Atlante Saha-riano, orlo meridionale degli altopiani, si esten-de il deserto del Sahara che occupa poco menodel 90% del territorio algerino. Nella sua partepiù settentrionale si estendono due grandi areesabbiose, il Grande Erg Occidentale e il Gran-de Erg Orientale; a sud, invece, si erge il mas-siccio vulcanico dell’Ahaggar, che culmina acirca 3.999 m nel monte Tahat, la cima più altadel paese.Nella regione costiera il clima è tipicamentemediterraneo, con estati calde e decisamenteasciutte e inverni miti e umidi. La fascia com-presa tra l’Atlante Telliano e l’Atlante Saharia-no è invece caratterizzata da estati torride e inver-ni freddi. La zona desertica ha temperature medie

elevate, con forti escursioni termiche tra gior-no e notte.Il paese è diviso in 48 Province.

Popolazione e aspetti socio-culturaliSecondo una stima del 2005, l’Algeria conta32.906.000 ab. (erano 29.100.863 al censimentodel 1998), il 90% circa dei quali è concentratolungo la costa mediterranea, che rappresenta solopoco più di un decimo del territorio.Il 99% della popolazione è costituito da Arabo-berberi mentre un’esigua minoranza (1%) sonoEuropei, principalmente Francesi e Italiani. I Ber-beri costituiscono il sostrato etnico più antico del-l’Algeria; nei secoli 7° e 8°, a seguito della pene-trazione araba che ha portato la cultura arabo-isla-mica nel paese, solo una modesta frazione di essiha conservato i caratteri etnico-culturali propria-mente berberi. Tale minoranza è concentrata nellaCabilia, regione montuosa a est di Algeri, teatrodi frequenti sommosse (in particolare fomentatedai Tamazight, nell’Algeria di nord-est), in ragio-ne delle limitazioni dei diritti etnici, culturali e lin-guistici di cui soffre questa parte della popolazio-ne. La lingua ufficiale è l’arabo: la forma scrittasi ispira all’arabo classico, vale a dire la lingua delCorano, ed è comune a tutti i paesi arabi; quellaparlata è invece una forma dialettale, nota comedarja, caratterizzata da impronte linguistiche ber-bere, francesi, spagnole e turche. Esistono anchenumerosi dialetti berberi, i più diffusi dei quali sonoil kabyle, parlato nella Cabilia, e il tamazight, nelnord-est del paese. Il francese è la lingua stranie-ra più studiata e diffusamente parlata nel mondodegli affari. La questione linguistica è di estremadelicatezza in Algeria; dalla proclamazione del-l’indipendenza dalla Francia (5 luglio 1962), ilGoverno ha perseguito una politica di ‘arabizza-zione’ del sistema di istruzione e burocratico peraffrancarsi da 130 anni di colonialismo francese.

La minoranza di Berberi ha risentito di questoorientamento politico; solo nell’ottobre 2001, ilGoverno ha riconosciuto il berbero come linguanazionale, anche se non ufficiale.Il 99% della popolazione è di religione musul-mana sunnita, mentre il restante 1% è costituitoda cristiani ed ebrei. Il Governo impone alcunerestrizioni sulla libertà di religione, quali il vetodi proselitismo e di riunione in pubbliche assem-blee, senza apposita autorizzazione, da parte dichi non segue la fede musulmana.La capitale è Algeri (1.519.570 ab., ma 4.200.000nell’intera agglomerazione nel 2006); le altre cittàpiù popolose sono: Orano (656.000 e 1.240.000nell’agglomerazione) e Costantina (462.000 e800.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria dell’Algeria è ildinaro algerino (DZD). Il tasso di cambio medionel 2005 è stato di DZD72,9330�$1 e diDZD90,7031�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Fino allaproclamazione dell’indipendenza, l’Algeria eraun paese prevalentemente agricolo, autosuffi-ciente in termini di derrate alimentari e impor-tante esportatore di vino e agrumi. A partire dal1962, il paese è stato interessato da forti cam-biamenti economici; gli anni Sessanta sono staticaratterizzati da un’economia di ispirazione rigo-rosamente socialista, pressoché interamente con-trollata dallo Stato. Emergeva un sempre più mar-cato orientamento industriale, principalmenteconcentrato sul settore degli idrocarburi, nazio-nalizzato nel 1971, che ancor oggi rappresentala base dell’economia del paese. L’agricolturavenne, per contro, messa in secondo piano, il cherese l’Algeria dipendente dalle importazioni di

592 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

AFRICA

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1985 1986-1994 1995-2004 1972-2004

Agricoltura 3,3 2,8 5,0 3,9Industria 4,5 �0,4 3,6 2,9Servizi 5,5 �0,4 3,7 3,3

PIL 5,5 0,1 3,9 3,5

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

Page 29: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

generi alimentari. Negli anni Settanta, con unpesante ricorso all’indebitamento, il Governo silanciò in un ambizioso progetto di sviluppo del-l’industria pesante che presto si mostrò falli-mentare. Tuttavia, grazie all’aumento dei prez-zi del petrolio verificatosi nel corso del decen-nio, la crescita economica ne trasse beneficio,con un incremento reale medio annuo del PILdel 5,5% nel periodo 1972-85. La seconda metàdegli anni Ottanta fu invece contraddistinta darilevanti difficoltà economiche e finanziarie,aggravate dal crollo delle quotazioni petrolifereconseguenti al controshock del 1986; il tasso dicrescita dell’economia scese a valori molto bassio addirittura negativi, segnando appena lo 0,1%medio annuo nel periodo 1986-94. In questo con-testo, l’Algeria fu costretta a modificare la suapolitica economica. L’aumento dei costi di impor-tazione delle derrate alimentari incentivò le auto-rità ad aprire il settore agricolo agli operatori pri-vati; parallelamente, venne avviato un vasto pro-cesso di riforme riguardante il settore industriale,in larga parte in mano pubblica, che prevedevala creazione di unità produttive di dimensionipiù piccole e gestibili con maggiore facilità. Perfinanziare questo programma, in presenza di

prezzi del petrolio in calo, si fece massicciamentericorso al debito estero. Negli anni Novanta, gra-zie anche al sostegno proveniente dal FondoMonetario Internazionale (FMI) e dalla BancaMondiale, sono stati raggiunti significativimiglioramenti sia sul piano economico sia suquello finanziario: contenimento dell’inflazio-ne, miglioramento del saldo della bilancia com-merciale, riduzione del debito estero, moderataliberalizzazione dell’economia e ristrutturazio-ne di un settore pubblico sovradimensionato.Questi progressi, nonostante la lentezza delleriforme, si sono riflessi in una ripresa della cre-scita economica a partire dal 1995. Sotto la lea-dership del Presidente Bouteflika (1999-), ilGoverno ha proseguito il programma di riformeeconomiche volto non solo a promuovere la diver-sificazione del settore dell’olio e del gas, ma arealizzare anche altre iniziative sostenute dalFMI quali la deregolamentazione del mercato,la riforma del sistema bancario e la liberalizza-zione del commercio.Il rialzo delle quotazioni petrolifere nei primi annidel 21° sec. ha dato un forte sostegno a un’eco-nomia pesantemente dipendente dal settore degliidrocarburi, che nel 2004 ha contribuito per il

37,9% alla formazione del PIL e per il 98% airicavi da esportazioni. Tra gli altri comparti indu-striali, spicca quello dell’edilizia e dei lavori pub-blici che da solo forma l’8% del PIL. Di grandeimportanza è anche il terziario, segnatamente ilsegmento dei servizi non governativi (21% delPIL nel 2004).Nonostante la ripresa economica dell’ultimodecennio, esistono ancora forti elementi di fra-gilità, tra cui l’elevata disoccupazione, pari al18% delle forze di lavoro.

Bilancia commerciale. La struttura delle espor-tazioni è nettamente dominata dagli idrocarbu-ri. I destinatari dell’export algerino sono granparte degli Stati dell’Unione Europea (princi-palmente Francia, Spagna, Paesi Bassi, Italia,Belgio e Portogallo), il Marocco, la Tunisia, gliStati Uniti e la Turchia. Le importazioni, inve-ce, riguardano in primo luogo attrezzature indu-striali, beni alimentari e di consumo, prodottisemilavorati; importanti fornitori sono Francia,Italia, Germania e Spagna in Europa, nonchéStati Uniti e Cina. Grazie agli elevati prezzi delpetrolio, dal 2002 al 2004 il surplus della bilan-cia commerciale (che è continuo dal 1996) si è

593VOLUME V / STRUMENTI

AFRICA

ILLIZIBASIN

AHNETBASIN

GADAMES BASIN

HASSIMESSAOUD

BASIN

OUEDMYA

BASINTIMIMOUNBASIN

campo a gas

campo a olio

principali bacini petroliferi

principali raffinerie

principali terminal

gasdottooleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti di esportazionedi GNLimpianti di esportazionedi GNL in costruzione

Skikda

Costantina

AnnabaBejaïa

Batna

L I B I A

M A R O C C O

O C E A N O

A T L A N T I C O

M A R

M E D I T E R R A N E O

S P A G N A

N I G E R

MA

UR

ITA

NIA

TUNISIA

ITALIA

M A L I

SA

HA

RA

OC

CID

EN

TA

LE

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

600 km0 300

MostaganemSétif

Béchar

Beni Abbès

Amguid

Guelma

Ghardaïa

Adrar

Tindouf

Laghouat

Orano

Hassi Messaoud

Hassi R’Mel

Arzew

Algeri

Tamanrasset

Page 30: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

più che raddoppiato, passando da 4,4 a 11,1miliardi di dollari; la Francia figura come il prin-cipale partner commerciale dell’Algeria. A par-tire dal 2000, sono stati avviati provvedimentivolti alla liberalizzazione degli scambi con l’e-stero e all’apertura del paese agli investimentistranieri (Legge sugli Idrocarburi dell’aprile2005) e sono stati stipulati diversi accordi com-merciali con venti Stati, tra cui diversi paesieuropei, Cina, Egitto, Malaysia e Yemen. Il 1°settembre 2005 è entrato in vigore un accordoeuro-mediterraneo di associazione con l’Unio-ne Europea, i cui negoziati erano cominciati nel2001. Finalizzato alla creazione di una zona dilibero scambio, questo accordo prevede che,entro il 2010, l’Unione Europea proceda allagraduale eliminazione di dazi e contingenti suuna serie di prodotti agricoli in cambio di unaprogressiva riduzione di dazi all’importazionesu prodotti agricoli e industriali provenienti dal-l’Unione.

Quadro energeticoL’Algeria è un paese produttore ed esportatore diolio e di gas. Nel 2004 ha prodotto 165,73 milio-ni di tep di energia e ne ha esportati oltre 132milioni di tep. Al consumo di 30,6 milioni di tephanno contribuito principalmente gas (19,1) eolio (10,7), e molto marginalmente carbone (0,8)ed energia idroelettrica (0,1).La produzione di olio è prevista crescere fino al2010 per poi stabilizzarsi e scendere, mentre laproduzione di gas dovrebbe aumentare fino ai200 miliardi di m3 nel 2030. La domanda di ener-gia primaria in Algeria è prevista crescere, entroil 2030, con un tasso annuale del 2,8%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Le prime esplo-razioni di idrocarburi iniziarono, alla fine del-l’Ottocento, nell’Algeria settentrionale e conti-nuarono, con risultati commerciali modesti, finoalla fine degli anni Quaranta del 20° sec., quan-do venne intrapresa l’attività di ricerca nella piat-taforma sahariana. Al 1948 risale la prima sco-perta di olio vicino a Sidi Aissa. Tra le compa-gnie che mostrarono interesse per l’arearicordiamo, in particolare, la Exxon, che vi lavorònel 1948-49, la CFP (Total), che si associò allaSN-Repal nel 1953, e la Shell che nel 1953 formòla Compagnie des Pétroles d’Algérie (CPA). Iprimi ritrovamenti di olio economicamente inte-ressanti risalgono agli anni 1956-57, con la sco-perta del giacimento supergiant di Hassi Messaoud(oltre 10 miliardi di bbl) e quella successiva diHassi R’Mel, supergiant di gas e condensati conriserve stimate di oltre 2.900 miliardi di m3 di gase 4,9 miliardi di bbl di condensato. A seguito del-l’indipendenza, venne nazionalizzata la rete didistribuzione degli idrocarburi e costituita la SOciétéNAtionale de TRAnsport et de Commercialisationdes Hydrocarbures (SONATRACH). Nel 1970 ilGoverno algerino assegnò alla SONATRACH gliinteressi di molte compagnie straniere, come laSinclair, la Shell, la Phillips, la Montecatini-Edi-son, la Mobil.Nel 1971 fu approvata una nuova legge petroli-fera in virtù della quale la SONATRACH assu-meva la responsabilità di tutti i titoli minerari delpaese ed era inoltre delegata a stipulare accordicon investitori stranieri, ai quali veniva conces-sa una partecipazione fino a un massimo del 49%.

Si trattava di una nazionalizzazione parziale anchenei confronti delle compagnie francesi che eranorimaste nel paese. Negli anni Ottanta l’attivitàdelle compagnie straniere era molto ridotta. Iritrovamenti più significativi furono effettuatidall’Agip nel 1986 (ROM-1) e nel 1989-90 (gia-cimento di BRN). Una nuova fase di ritrovamentisignificativi si ebbe all’inizio degli anni Novan-ta con le scoperte di Anadarko (Hassi Berkine,el-Merk), Cepsa (Rhourde Yacoub) e Neste (el-Ouar). Diverse compagnie straniere, infatti, sonostate attratte in Algeria, nonostante le oggettivedifficoltà del paese e nonostante il fatto che glioperatori stranieri dovessero lavorare in associa-zioni di production sharing nelle quali, come si èdetto, la SONATRACH deteneva la maggioranza.Tra le compagnie straniere attualmente operantiin Algeria ricordiamo Anadarko, Bhp, Cepsa,Agip, Amerada Hess, Burlington e Talisman. Altrioperatori si stanno inoltre affacciando sul pano-rama algerino (Petrobras, CNPC – China Natio-nal Petroleum Corporation, Kufpec, Halliburton).Le ultime gare internazionali, la quinta e la sesta,hanno visto l’assegnazione di titoli minerari adAmerada Hess, Bhp, CNPC, Gulf Keystone,Petroceltic, Repsol-YPF, Shell, Sinopec e Statoil.

Olio. Le risorse minerarie del paese risultano pre-valentemente concentrate nella regione orienta-le del Sahara da dove proviene tutta la produzio-ne di idrocarburi. I giacimenti di olio scoperti(oltre 100) sono localizzati prevalentemente nellaprovincia di Hassi Messaoud (che contiene nelgiacimento giant di Hassi Messaoud oltre il 70%delle riserve e nel bacino di Illizi-Gadames il 20per cento). Le rimanenti riserve sono distribuitenei bacini minori.Le riserve di olio accertate al 2004 ammontanoa 11,8 miliardi di bbl (a fronte dei 9 miliardi del1984) e corrispondono a circa il 50% del totaledelle riserve scoperte complessivamente (com-prese quelle già prodotte).I campi di olio più importanti sono, oltre il giàcitato Hassi Messaoud, Rhourde el-Baguel (1,2miliardi di bbl) e Gassi Touil (600 milioni) nelbacino Hassi Messaoud, i campi di Zarzaitine (1,3miliardi) e Tin Fouye-Tabankort (840 milioni)nell’Illizi Basin e i campi di Ourhoud (2 miliar-di) e di Hassi Berkine e Hassi Berkine Sud nelGadames Basin.Per mantenere un buon rapporto riserve/produ-zione è comunque necessario ottimizzare lo sfrut-tamento dei vecchi giacimenti in fase di declinoed esplorare ancora le potenzialità residue. Secon-do la SONATRACH e alcuni analisti, infatti, i baci-ni algerini sono sottoesplorati e buone sono le pro-spettive di rinvenire ulteriori riserve (le risorse sti-mate sono dell’ordine di alcuni miliardi di bbl).Durante il 2004 la produzione di olio è stata di1,93 milioni di bbl/d, comprensiva di greggio(1,23 milioni), condensati (445.000 bbl/d) e liqui-di da gas (250.000 bbl/d) e superiore alla rispet-tiva quota di produzione OPEC. Rispetto all’an-no precedente vi è stato un aumento del 4% (l’au-mento è del 31% se riferito al 1994). Il target diproduzione è di raggiungere per il solo greggio2 milioni di bbl a partire dal 2010. I campi in pro-duzione più importanti sono Hassi Messaoud(350.000 bbl/d nel 2004, ma è già previsto di por-tare a 600.000 bbl la produzione nei prossimi cin-que anni) e Hassi R’Mel (180.000 bbl/d). Altricampi, sempre operati dalla SONATRACH, sonoTin Fouye-Tabankort, Ourhoud, Zarzaitine, Ben

Kahla e Ait Kheir. Importante è il contributo dioperatori stranieri come Anadarko (che produceoltre 500.000 bbl/d dai campi di Hassi Berkine,el-Merk, el-Kheit) e Bhp (oltre 50.000 bbl/d dalprogetto Rhourde Oulad Djemma-ROD). Vistoil limitato consumo interno (246.000 bbl/d) l’Al-geria si propone come un partner importante perl’Europa occidentale e in particolare per l’Ita-lia grazie anche alla qualità del suo olio legge-ro (46 °API) e povero di zolfo.La rete di oleodotti algerina è di oltre 4.000 chi-lometri. Le linee più importanti sono quelle checollegano Hassi Messaoud (dove transita anchel’olio dei campi di Tin Fouye-Tabankort, In Ame-nas, Alrar e di el-Borma) con i terminali di Arzew,Skikda e Algeri. Sulla linea da Hassi R’Mel adArzew sono convogliati i condensati e il GPL delcampo omonimo e di Alrar. L’area a sud di InAmenas è anche collegata tramite un oleodottocon il terminale tunisino di La Skhirra (oltre300.000 bbl/d). Sono in corso progetti di amplia-mento dell’oleodotto Hassi Messaoud-Arzew.La SONATRACH, tramite un’affiliata (la Naf-tec) gestisce anche la raffinazione, con capacitàcomplessiva di oltre 400.000 bbl/d. Le quattroraffinerie presenti sono Skikda (300.000 bbl/d),Hassi Messaoud (30.000), Algeri (60.000) eArzew (60.000).Per l’industria petrolchimica sono previsti ambi-ziosi progetti di espansione per ridurre le impor-tazioni.

Gas. A fine 2004 le riserve di gas ammontavanoa 4.500 miliardi di m3 (come quelle dell’annoprecedente e del 32% superiori a quelle del 1994),pari al 25% delle riserve cumulative scoperte. Igiacimenti più importanti sono concentrati neibacini sahariani e distribuiti nella provincia diOued Mya (Tilrhemt Uplift), contenente oltre il50% delle riserve di gas, nel bacino di Illizi, conil 15%, nell’area di Rhourde Nouss-Gadames conil 20% e nel bacino di Ahnet-Timimoun con il13%. I campi più significativi sono, oltre il super-giant Hassi R’Mel (2.900 miliardi di m3), Alrar(150 miliardi di m3), Rhourde Nouss (135),Rhourde el-Adra. Tutti gli altri giacimenti, com-presi nei bacini di Gourara, Ahnet e Reggane,hanno ciascuno riserve dell’ordine o inferiori ai50 miliardi di m3.Occorre ricordare che molti giacimenti di olio,quali Hassi Messaoud, Tin Fouye-Tabankort, Zar-zaitine, Alrar, posseggono anche notevoli riser-ve di gas associato.Nel 2004 l’Algeria ha prodotto 82 miliardi di m3

di gas (incremento del 37% rispetto al 1994). Laproduzione proviene essenzialmente dai campidi Hassi R’Mel, oltre che dai campi citati (Rhour-de Nouss, Tin Fouye-Tabankort, Alrar). Conside-rato che il consumo interno è di 21,2 miliardi dim3, il gas prodotto è destinato in buona parte all’e-sportazione, sia tramite gasdotto (35 miliardi dim3, dei quali 24 verso l’Italia e 8 verso la Spagna)sia come GNL (25 miliardi di m3).Per il futuro aumento di produzione, particolareimportanza è data ai progetti delle aree di In Salahe In Amenas, dove è in vigore un’associazionecon BP (British Petroleum) e Statoil per la pro-duzione e la commercializzazione di oltre 300miliardi di m3 di gas sparso nei campi delle dueregioni. Altri accordi sono stati siglati con Bhp e Repsol-YPF per lo sfruttamento rispettivamente dellearee di Ohanet e Gassi Touil.

594 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Page 31: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Punto focale e strategico della rete dei gasdottialgerini è Hassi R’Mel, collegato da una parte allearee interne sudorientali e dall’altra ai terminalidi Arzew, Skikda e alle linee di esportazione. Oltreal Transmed che rifornisce di gas l’Italia, attra-verso la Tunisia (gasdotto Enrico Mattei), com-pletato nel 1983 e raddoppiato nel 1994 con capa-cità di 26 miliardi di m3/a, una seconda linea tra-sferisce gas alla Spagna attraverso il Marocco: ilMaghreb-Europe Gas (gasdotto Pedro Duran Farell)con capacità di 8,5 miliardi di m3/a. Oltre ai pro-getti di ampliamento relativi alle linee esistentisono in fase di realizzazione altri gasdotti, sia versola Spagna (Medgaz, sponsorizzato da Cepsa, BP,Eni, che prevede l’erogazione di 8-10 miliardi dim3/a), sia verso la Sardegna (sponsorizzato da Enele Wintershall), di capacità analoga. Inoltre si pre-vede la costruzione di un gasdotto (gestito dalTrans-Saharan Natural Gas Consortium) da Warria Hassi R’Mel, per il trasporto del gas nigerianoche verrebbe poi commercializzato in Europa.Con i 25 miliardi di m3/a di GNL esportati, l’Al-geria si pone al terzo posto dei paesi esportatoridopo Indonesia e Malaysia. Le esportazioni sonorivolte prevalentemente verso l’Europa (Francia,Spagna, Belgio, Turchia e Italia) e con una quotaminore verso gli Stati Uniti.I terminal di esportazione del GNL sono loca-lizzati a Arzew (il più importante) e a Skikda.

Angola

Nome ufficiale: República de Angola(Repubblica dell’Angola)

Confini e territorioL’Angola è un paese dell’Africa australe che con-fina a nord e a nord-est con la Repubblica Demo-cratica del Congo, a est con la Zambia e a sudcon la Namibia; a ovest è bagnato dall’OceanoAtlantico. Al corpo principale dello Stato vaaggiunta l’exclave coincidente con la Provinciadi Cabinda, situata a nord dell’Angola e anch’es-sa affacciata sull’Atlantico; l’exclave confina conla Repubblica del Congo a nord, e a est, a sud conla Repubblica Democratica del Congo (che lasepara dal resto dell’Angola). Il territorio è carat-terizzato da un vasto altopiano di rocce cristalli-ne antiche che scende bruscamente sull’esiguapianura costiera. Il clima è di tipo tropicale umidonel Nord del paese, tropicale semiarido nel Sud.Lo Stato è diviso in 18 Province.

Popolazione e aspetti socio-culturaliLa popolazione dell’Angola – che nel 2005,secondo una stima, contava 15,9 milioni di ab. –è composta da diversi gruppi etnici autoctoni(Ovimbundu 37%, Kimbundu 25%, Bakongo13%, Mestico 2% e altri 22%); gli abitanti di pro-venienza europea sono un’esigua minoranza e,insieme con la componente meticcia, raggiun-gono appena un 3%. La lingua ufficiale è il por-toghese, ma la maggior parte della popolazioneparla idiomi bantu. Il 47% degli abitanti segueculti animisti, mentre il 38% è di religione cat-tolica romana e il 15% protestante.Le principali città sono: Luanda (la capitale, con4.000.000 di ab.), Huambo (750.000), Benguela(600.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria è il kwanza (AOA), ilcui tasso di cambio medio nel 2005 è stato diAOA87,1400�$1 e di AOA108,441�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Malgra-do l’Angola sia potenzialmente uno dei paesi piùdotati di risorse dell’Africa a sud del Sahara, ilsuo livello di sviluppo economico e sociale risul-ta particolarmente basso (in base alle stime delleNazioni Unite riferite al 2005, il 70% della popo-lazione vive al di sotto della soglia della povertà)e reso ancora più critico dal prolungato stato diguerra civile che ha martoriato il paese per oltreun quarto di secolo. L’economia presenta unastruttura fortemente dualistica in quanto oltre lametà del prodotto interno proviene dal settoreminerario (diamanti e soprattutto petrolio), men-tre il settore agricolo (che occupa il 71% dellaforza lavoro) e quello dei servizi contribuiscono,rispettivamente, per appena il 9,6% e il 24,6%alla formazione del PIL. Le particolari condizionistrutturali e di contesto hanno contribuito a ren-dere instabile e discontinua la crescita economi-ca del paese. Nel periodo 1975-93, il PIL ha subi-to una flessione media annua dello 0,7%, toc-cando nel 1993 il picco negativo del 24,7%, perpoi evidenziare nel corso della seconda metà deglianni Novanta un andamento tendenzialmente posi-tivo, benché soggetto a forti oscillazioni tra unanno e l’altro. A partire dal 2002, l’avvio del pro-cesso di pace ha aperto nuove prospettive di svi-luppo: l’attivazione di nuovi programmi di inve-stimento in infrastrutture (strade e telecomuni-cazioni) e, soprattutto, il forte incremento degliintroiti petroliferi hanno sospinto verso l’alto iltasso di crescita del PIL, che è risultato pari all’11,2% nel 2004 e al 19,1% nel 2005, anno in cuil’Angola ha fatto registrare la crescita economi-ca più alta tra tutti i paesi africani. Il positivoandamento dell’economia ha inoltre creato le con-dizioni opportune per l’attuazione di un piano distabilizzazione macroeconomica che ha permes-so di contenere l’iperinflazione (scesa dal 41.46%del 1996 al 23% del 2005) e di perseguire unapolitica valutaria finalizzata al rafforzamento delcambio del Kwanza.

Bilancia commerciale. L’Angola registra uncostante attivo della bilancia commerciale, attri-buibile soprattutto alla vendita di prodotti petro-liferi, che rappresentano l’85% del valore del-l’export, e di diamanti, che costituiscono un ulte-riore 10% dei prodotti esportati. Le importazionisono invece costituite in prevalenza da prodottialimentari, medicinali, apparecchiature mecca-niche e militari, prodotti tessili.

Quadro energetico Nel 2004 l’Angola ha prodotto 57,36 milioni ditep di energia consumandone una percentualemodesta (16,5 %) ed esportandone 47,07 milioni.

Grazie ai giacimenti scoperti in questi ultimi anninell’offshore profondo, l’Angola è diventato unpaese produttore ed esportatore di olio, il secon-do, dopo la Nigeria, nell’Africa a sud del Saha-ra. Si prevede un raddoppio della produzione (finoa 2 milioni di bbl/d) entro il 2008. Anche la pro-duzione di gas dovrebbe aumentare ed essereesportata come GNL. È prevista la costruzionedi un impianto (di 5 milioni di t/a) a Soyo, ope-rativo dal 2008.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. A parte le ricer-che sporadiche dei primi decenni del Novecen-to, fu solo negli anni Cinquanta che un’affilia-ta della Petrofina belga eseguì il primo pozzomineralizzato sulla struttura di Benefica. Nel1957 la Gulf Oil iniziò l’attività nell’area diCabinda. Seguì la scoperta in mare del giaci-mento di Malongo (1966) e di altri giacimenti,anch’essi importanti, tra cui Limba (1969) eTakula (1971).Negli anni successivi le numerose scoperte atti-rarono diverse compagnie petrolifere straniere.La Esso in particolare acquisì un permesso digrande estensione nell’offshore oltre i 200 m diprofondità. Con la guerra civile molte compagniestatunitensi lasciarono il paese.Nel 1975 l’Angola ottenne l’indipendenza e vennecostituita la Sonangol (Sociedad Nacional deCombustiveis) alla quale venne affidata la gestio-ne delle aree di ricerca e delle operazioni con ipartner stranieri, attraverso joint ventures e con-tratti di partecipazione. Molte delle compagniestraniere rientrarono nel paese e l’attività di ricer-ca fu ripresa in modo sistematico con scopertetra le quali Numbi (1980), Palanca (1981), Pacas-sa (1982) e Wamba (1982). Un’intensa ripresa diattività esplorativa si ebbe negli anni Novanta,nelle acque profonde del Lower Congo Basin, eportò alla scoperta di oltre cinquanta giacimentinei blocchi operati da ChevronTexaco, Exxon-Mobil, Total e BP (British Petroleum).Attualmente le compagnie operanti in Angolasono ChevronTexaco, ExxonMobil, Total, BP, chemonopolizzano i progetti in acque profonde. Sonopresenti anche Shell ed Eni. Recentemente laSonangol ha cercato di attrarre compagnie piùpiccole utilizzando anche riforme della legge eincentivi con conseguente intervento di operato-ri come Devon, Canadian Natural Resources(CNR) e Maersk Oil.

Olio. Alla fine del 2004 l’Angola disponeva diquasi 9 miliardi di bbl di riserve (ammontava-no a circa 3 miliardi di bbl nel 1994), con unrapporto riserve/produzione di oltre 24 anni. Lamaggior parte delle riserve è localizzata nelLower Congo Basin, mentre il Kwanza Basin èsede di alcune scoperte di ridotte dimensioni. IlLower Congo Basin, che offre ancora prospetti-ve piuttosto interessanti, contiene la quasi totalità

595VOLUME V / STRUMENTI

AFRICA

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1975-1988 1989-1993 1994-2003 1975-2003

Agricoltura 0,5 �20,9 17,7 0,4Industria 2,5 �1,1 5,2 3,7Servizi 1,5 �5,1 7,9 1,3

PIL 1,3 �8,3 7,2 1,7

Fonte: elaborazioni su dati ONU.

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dei campi in produzione. Nell’area convenzio-nale si contano una cinquantina di giacimentidi olio.Ricordiamo Takula (1,1 miliardi di bbl), Malon-go N, S e O (750 milioni di bbl), Numbi (400milioni), Pacassa (385 milioni), Palanca (275milioni), Wamba (180 milioni). Tra i più impor-tanti giacimenti rinvenuti nelle acque profonde apartire dagli anni Novanta ricordiamo Dalia (900milioni di bbl), Girassol (725 milioni), Hungo(700 milioni), Kissanje (600 milioni), Kuito (600milioni), Landana-Tombua Complex (450 milio-ni), oltre a un certo numero di campi dell’ordinedi 200-500 milioni di bbl quali Plutonio, Mondo,Lobito e altri prima citati.Durante il 2004 l’Angola ha prodotto quasi unmilione di bbl/d (ne produceva 557.000 nel 1994),risultando il secondo produttore di olio dell’A-frica a sud del Sahara. La maggior parte dell’o-lio viene prodotto nella Provincia di Cabinda.L’olio angolano è medio-leggero (30-40 °API)con un basso contenuto in zolfo (0,12-0,14 %).Si prevede che la produzione possa raggiunge-re e addirittura superare i due milioni di bbl apartire dal 2008. Per il momento i campi diCabinda contribuiscono per oltre il 50% dellaproduzione con un rateo giornaliero di 550.000bbl. I campi produttivi più importanti sono Taku-la, Numbi e Kokongo. Gli investimenti di svi-luppo sono consistenti soprattutto in Cabinda,dove recentemente è entrato in produzione ilcampo di Bomboco (e presto dovrebbe seguireil campo a condensati di Sanha). È inoltre pre-visto il progetto integrato Sanha e Bomboco,che prevede di utilizzare il gas associato di Bom-boco, North N’Dola, East Kokongo, South Sanha

e altri campi per iniettarlo nel campo di Sanha.Un’altra fase del progetto consisterà nello svi-luppo di Sanha Nord e di Bomboco per produr-re condensato e GPL dal gas prima di iniettareil gas nel campo. Il progetto di Sanha eviterà la dispersione di gase permetterà il recupero di 150 milioni di bbl dicondensato e di 120 milioni di bbl di GPL, men-tre per Bomboco si prevedono rispettivamenterecuperi dell’ordine di 120 e 200 milioni di bbl.Molto intense sono anche le operazioni nelleacque profonde. La produzione congiunta daicampi Kizomba A- Hungo e Chocalho, Giras-sol, Jasmin e Kuito sarà dell’ordine dei 650.000bbl/d. Il successivo salto quantitativo della pro-duzione angolana sarà rappresentato dallo svi-luppo dei campi Benguela e Belize (della Che-vronTexaco), che costituiranno la prima fase delsistema BBLT (Benguela, Belize, Lobito, Tom-boco) con 200.000 bbl/d, seguita da KizombaB, Kissanje e Dikanza (in tutto 250.000 bbl/d),dalla produzione di Dalia della Total (oltre200.000) e infine dallo sviluppo dei campi BPdi oltre 220.000 bbl/d. Complessivamente la pro-duzione da questi campi significherà 900.000bbl/d addizionali, portando nel 2008 la produ-zione a oltre 2 milioni di bbl/d. Vi sono altriprogetti in corso di definizione (Kizomba C,Mondo, Saxi e Batuque), lo sviluppo congiun-to di Tombua e Landana, oltre alle scoperte Total.Anche i giacimenti in acque ultraprofonde (quat-tro scoperte di BP nel blocco 31 e due scoper-te Total nel blocco 32) saranno oggetto di svi-luppo. In Angola esiste una sola raffineria (unajoint venture tra Sonangol, Total e investitoriprivati) a Luanda, con una capacità di 39.000

bbl/d giornalieri, che copre interamente il fab-bisogno interno e fornisce anche una piccolaquantità di prodotti per l’esportazione. È in corsoun progetto di espansione a 60.000 bbl/d di capa-cità, giustificata dal fatto che la domanda inter-na di prodotti petroliferi crescerà del 500% neiprossimi 10-20 anni. Si prevede inoltre la costru-zione di una nuova raffineria di 200.000 bbl gior-nalieri nella città di Lobito, che dovrebbe esse-re operativa nel 2007 e che permetterebbe anchedi esportare buona parte dei prodotti nelle regio-ni circostanti.Gas. In Angola le riserve di gas, che corrispon-dono essenzialmente al gas associato, sono sti-mate dell’ordine di 45 miliardi di m3 e con lenuove scoperte possono arrivare a 270 miliardidi m3. Includendo le riserve possibili il valoreraggiunge i 700 miliardi. La produzione di gasè di quasi 15 miliardi di m3/a. Parte del gas vieneutilizzato per essere re-iniettato nei campi di olio,ma un’alta percentuale (oltre il 60) viene bru-ciato. La situazione dovrebbe cambiare radical-mente con l’entrata in funzione del progetto inte-grato Sanha e Bomboco. L’utilizzo razionale delgas è un punto importante ed è all’ordine delgiorno nei programmi governativi. In propositonel 2005 è stata costituita la Sonangol Gas Natu-ral (Sonagás), rappresentante della Sonangol nel-l’Angola LNG Project. Il progetto era stato lan-ciato già nel 1998 da ChevronTexaco e Sonan-gol in parti paritetiche, con l’obiettivo di ridurrele quantità di gas inutilizzato e di convertirle inGNL e GPL. Al progetto GNL in seguito si sonoassociati, ExxonMobil, Total e BP. Il 5 marzo2005 è stato firmato un accordo che definisce lenormative relative alle forniture di gas, al prez-zo, alle modalità di approvvigionamento. Leprime consegne dovrebbero avvenire nel 2008-09, e quindi con qualche ritardo rispetto alle pre-visioni iniziali. L’impianto, con capacità di 5milioni di t/a, dovrebbe essere localizzato a Soyo.La fornitura di GNL dovrebbe essere rivolta versogli Stati Uniti piuttosto che verso l’Europa dovela Nigeria e gli altri esportatori africani sonoavvantaggiati, anche se il costo del gas angola-no fornito all’impianto GNL potrebbe esserequotato a prezzi inferiori.

Egitto

Nome ufficiale: Jumhuriyat Misr al-‘Arabiyah(Repubblica Araba d’Egitto)

Confini e territorioL’Egitto è un paese dell’Africa nordorientale, conuna piccola appendice asiatica rappresentata dallapenisola del Sinai. Confina a nord-est con Israe-le e con la Striscia di Gaza (territorio ammini-strato dall’Autorità Nazionale Palestinese), a sudcon il Sudan e a ovest con la Libia; a nord s’af-faccia sul Mediterraneo e a est sul Mar Rosso.Vi si distinguono quattro regioni naturali: la Vallee il Delta del Nilo; il Deserto Occidentale; ilDeserto Orientale; il Sinai.Il Nilo attraversa tutto l’Egitto in senso S-N, dalconfine con il Sudan (dove il suo corso, sbarratodalla diga di Assuan, forma il Lago Nasser, unodei maggiori bacini artificiali del mondo) al Medi-terraneo, nel quale sbocca con un amplissimo

596 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

500 km0 250 N A M I B I A

R E P U B B L I C AD E L

C O N G O

ZA

MB

IA

R E P U B B L I C A

D E M O C R AT I C A

D E L C O N G O

Luanda

Lobito

Benguela

Malanje

N’Dalatando

Lubango

Huambo

Namibe

Cabinda

Soyo

Saurimo

LOWERCONGOBASIN

KWANZABASIN

NAMIBEBASIN

CONGOFAN

campo a gas

campo a olio principali bacini petroliferiprincipali raffinerie

gasdotto

oleodotto impianti di esportazione di GNLin costruzione

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apparato deltizio. La sua valle, una lunghissima esottile striscia, occupa appena il 4% del territorioegiziano, ma, grazie all’acqua del fiume e alla fer-tilità del suolo, è l’area in cui si concentra quasitutta (circa il 97%) la popolazione del paese.Il Deserto Occidentale (o Libico), parte del Saha-ra, in Egitto si estende a ovest del Nilo, copren-do circa i due terzi della superficie del paese; èuna successione di tavolati aridi, interrotti da alcu-ne depressioni assolute, come quella di el-Qat-tara, che raggiunge una profondità di 133 m al disotto del livello del mare.Il Deserto Orientale (o Arabico), a est del Nilo,esteso fino al Canale di Suez e alla costa del MarRosso, è anch’esso prevalentemente costituito datavolati il cui orlo orientale, rialzato, precipitaverso le strette pianure simulando l’aspetto di unacatena montuosa le cui parti sommitali superanoi 2.000 m. Con l’eccezione di alcuni centri, perlo più turistici, sorti lungo la costa, non ci sonoinsediamenti permanenti; l’importanza della regio-ne risiede nella ricchezza di risorse del sottosuolo,specialmente petrolio.La triangolare penisola del Sinai presenta nellaparte meridionale un massiccio montuoso che cul-mina a oltre 2.600 m nel Gebel Katrinah, massimaquota del paese, mentre in quella centrale e set-tentrionale l’altitudine va nettamente digradando.Il clima è tipicamente desertico-tropicale, conmarcate escursioni termiche diurne ed escursio-ni annue meno pronunciate, ma tali da permet-tere di distinguere una stagione con temperaturemiti, da novembre ad aprile, e una stagione calda,da maggio a ottobre.L’Egitto è amministrativamente diviso in 26Governatorati, cui si aggiunge la città di Luxorche dal 1989 gode di uno statuto speciale (Con-siglio Superiore della Città di Luxor).

Popolazione e aspetti socio-culturaliL’Egitto conta 73,8 milioni di ab. (censimento2006), ripartiti con estrema irregolarità sul terri-torio: infatti, la stragrande maggioranza è con-centrata nel lungo e stretto corridoio della Valledel Nilo, nel Delta e in alcuni gruppi di oasi. Lacapitale, Il Cairo, con poco meno di 7 milioni diab. nella città (e 15.800.000 nel 2006 nella vastis-sima agglomerazione urbana che deborda ampia-mente ai confini del Governatorato di cui è capo-luogo e che comprende anche Shubra al-Khaymae Giza), è la metropoli più popolosa del continen-te africano. Le altre maggiori città sono Alessan-dria (3.760.000 ab., 5.050.000 nell’agglomera-zione), Port Said (530.000) e Suez (480.000).Il 98% della popolazione è costituito da Arabi,l’1% da Berberi, Nubiani e Begia e il restante 1%da Greci, Armeni, Italiani, Francesi, ecc. La lin-gua ufficiale è l’arabo; le minoranze parlano lin-gue camitiche, quali il berbero, la lingua dei Begiae una lingua nilotica, il nubiano. Il 90% della popo-lazione è di religione musulmana sunnita; il 9%appartiene invece alla Chiesa copta e rappresentala più importante minoranza cristiana; l’1% è inve-ce costituito da altre confessioni cristiane.

Economia

Moneta. L’unità monetaria dell’Egitto è la liraegiziana (EGP). Il tasso di cambio medio nel 2005è stato di EGP5,7933�$1 e di EGP7,20893�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Il regimerepubblicano ha attribuito una grande importanza

allo sviluppo economico del paese rispetto allaprevigente monarchia. Nel 1952, primo anno divita della Repubblica Araba d’Egitto, l’agricol-tura era il settore più importante e contribuivaper il 33% alla formazione del PIL; l’industriainvece, compresi i comparti minerario ed elettri-co, rappresentava nel suo complesso il 13%. Gran-de importanza era assunta dai servizi, il cui pesosul PIL era pari al 54%. Il tessuto economico delpaese era caratterizzato dalla forte presenza delloStato che nel 1960 contribuiva al 94% circa degliinvestimenti totali. La transizione dell’Egitto versoun’economia di libero mercato cominciò neglianni Settanta con la politica della porta aperta(1974) attuata dal Presidente Sadat, con cui simirava a una progressiva liberalizzazione dell’e-conomia e ad attirare investimenti esteri tramiterichieste di finanziamenti e unioni commerciali.All’inizio degli anni Ottanta la struttura econo-mica del paese era profondamente cambiata: l’in-dustria contribuiva al 35% del PIL, mentre il pesodell’agricoltura era sceso al 20%. La crescenteimportanza del settore industriale era da attribui-re principalmente al comparto energetico e in pri-mis alle attività di estrazione e produzione petro-lifera. Tra il 1972 e il 1979 il forte rialzo dei prez-zi del petrolio consentì una crescita economicareale dell’8,1% in media annua. Nonostante il con-troshock petrolifero del 1986, l’Egitto ha conti-nuato a evidenziare una buona performance anchedurante gli anni Ottanta ed è proseguito nel suoprogramma di riforme economiche tese a una sem-pre più marcata presenza del settore privato nel-l’economia. Nel 1989, la quota degli investimen-ti privati sul totale era pari al 32%. Gli anni Novan-ta si sono mossi nella stessa direzione, con buonirisultati in termini di tassi di crescita del PIL anchenegli ultimi tre anni del decennio, quando l’eco-nomia mondiale risentì pesantemente della crisidell’Est asiatico. Tuttavia anche l’Egitto non nerimase immune, riportando un significativoaumento del deficit pubblico e dei tassi di credi-to e una consistente riduzione delle esportazionipetrolifere. La crescita del PIL nei primi anni del21° secolo è risultata più moderata, con un tassomedio annuo del 4,1% nel periodo 2000-04, macon una tendenza ad accelerare nel 2004 (�5,0%).Il Governo in carica dalla metà di quell’anno, gui-dato dal Primo Ministro Nazif, è riuscito con suc-cesso ad attirare gli investimenti esteri grazie airinnovati sforzi in termini di modernizzazione del-l’economia: il rinnovato impulso ai processi diprivatizzazione, la liberalizzazione commerciale,la riforma fiscale e bancaria sono alcuni degli ele-menti che hanno contribuito all’ottima perfor-mance del mercato azionario e a una buona cre-scita economica del paese. Le principali entrateriguardano i servizi turistici, le esportazioni diidrocarburi, il traffico del Canale di Suez e lerimesse degli emigrati (prevalentemente concen-trati nel Golfo Persico e pertanto interessati dauna favorevole congiuntura derivante dalle ele-vate quotazioni petrolifere).

Bilancia commerciale. L’Egitto aderisce all’Or-ganizzazione Mondiale per il Commercio (WorldTrade Organization, WTO) e intrattiene importantirelazioni commerciali con diversi paesi del mondo.Il 1° giugno 2004 è entrato in vigore l’Accordo diPartecipazione con l’Unione Europea, che preve-de uno schema di abbattimento dei dazi e dellequote sui prodotti egiziani destinati al mercatoeuropeo e viceversa. Nel febbraio 2004, l’Egittoha firmato l’Accordo di Agadir che vede coinvol-ti anche Marocco, Tunisia e Giordania per la crea-zione di un’area di libero scambio tra i quattropaesi. L’Egitto partecipa anche alla Grande ZonaAraba di Libero Scambio (Greater Arab Free TradeArea, GAFTA) che prevede il progressivo sman-tellamento delle barriere doganali tra i paesi del-l’area. Il petrolio rappresenta la principale vocedelle esportazioni (pari al 37% del totale nel 2004).Le importazioni riguardano principalmente il com-parto dei servizi e dal 1997 (anno di partenza dellestatistiche sul commercio estero del paese pubbli-cate dall’Agency for Public Mobilization and Sta-tistics) sono significativamente più alte delle espor-tazioni, evidenziando un deficit nel saldo dellabilancia commerciale.

Quadro energeticoL’Egitto nel 2004 ha prodotto energia per 64,66milioni di tep e ne ha esportati 6,1. Al consumo di53,8 milioni di tep di energia commerciale ha con-tribuito prevalentemente olio (26,7) e gas (23,1),meno l’energia idroelettrica (3,3) e solo margi-nalmente il carbone (0,7). La produzione di olio èin declino e scenderà ancora nei prossimi anni (siipotizzano 500.000 bbl/d nel 2030). L’Egitto si inse-rirà invece nel mercato del gas. Si prevede che laproduzione annuale di gas raggiungerà 50 miliardidi m3 nel 2010 e 90 miliardi di m3 nel 2030. L’e-sportazione di GNL, iniziata nel 2005, dovrebberaggiungere i 28 miliardi di m3 nel 2030. La doman-da di energia è prevista crescere entro il 2030 a untasso annuale del 2,6%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Il primo pozzo aolio in Egitto fu perforato nel 1909 dalla Egyp-tian Oil Trust a Gemsa, nella regione del Golfodi Suez. Dal 1909 al 1937 una serie di interven-ti esplorativi furono intrapresi dal Governo e dallepoche compagnie britanniche che operavano nelpaese (Red Sea Oilfields, Eastern Petroleum Co.,African Prospecting Syndicate, Egyptian Oil Truste infine l’Anglo-Egyptian Oilfields, a parteci-pazione Shell, che poi estenderà il suo controllosulle altre compagnie). Vennero scoperti i giaci-menti di Zeit East, Hurghada e Abu Durba. Larevisione della legislazione mineraria del 1937diede un impulso alla ricerca con il conseguenteintervento di compagnie internazionali: Shell,Cal Tex, Standard of New Jersey e Socony-Vacuum,che iniziarono un’intensa attività di esplorazionegeologica e geofisica con la scoperta di Ras Garib.

597VOLUME V / STRUMENTI

AFRICA

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2004 1972-2004

Agricoltura 2,7 3,4 3,1 4,3 3,3Industria 11,2 9,7 8,5 4,0 7,2Servizi 9,6 8,5 4,2 3,4 6,4

PIL 8,1 7,7 4,9 4,1 6,2

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

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Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Anglo-Egyp-tian e Socony focalizzarono la ricerca sulla spon-da orientale del Golfo di Suez, arrivando alla sco-perta di Sudr nel 1946.Si dovette aspettare la nuova legislazione minera-ria del 1953 per assistere a una ripresa dell’attivitàpetrolifera che ebbe come risultato la scoperta diquasi 2 miliardi di bbl di olio. Oltre a Standard-Vacuum e Anglo-Egyptian, erano presenti in que-sto periodo la Société Coopérative des Pétroles ela National Oil Company, le cui licenze erano ope-rate dall’International Egyptian Oil Co. (IEOC).Nella IEOC Eni acquisì, nel 1955, una partecipa-zione del 20% (ne controllerà il 90,74% nel 1960),venendo così in possesso di diverse concessioninell’area del Golfo di Suez. In questa occasioneEnrico Mattei, introducendo una nuova formulacontrattuale che prevedeva la costituzione di unasocietà mista tra operatore straniero e governo euna diversa ripartizione dei profitti, infrangeva perla prima volta il concetto del ‘fifty-fifty’.Alla scoperta del giacimento di Belayim onshorenel 1955 seguirono le scoperte di Abu Rudeis (1957)e di Belayim offshore (1961). Nel 1958 il Gover-no costituì la General Petroleum Company (GPC),compagnia operativa dell’ente di Stato (EGPC)

creato due anni prima, alla quale fu affidato uncerto numero (63) di licenze. Nel 1964 Amocosiglò un accordo con l’EGPC, fondando la Gulf ofSuez Petroleum Co. (GUPCO), che, oltre a svi-luppare diversi campi nel Golfo di Suez, scoprì igiacimenti di Morgan (1965), July (1973), Rama-dan (1974), October (1977) e Ras Budran (1978).Nell’Egitto nordoccidentale bisogna invece atten-dere gli accordi del 1963 con Amoco, Phillips eIEOC che porteranno, alla fine degli anni Ses-santa, alla scoperta di alcuni giacimenti di olio(Abu Garadig, el-Alamein, Umbarka) e di quel-lo a gas e condensati di Abu Madi (1967), il prin-cipale giacimento di gas scoperto nell’onshoredel Delta. L’attività di ricerca è stata particolar-mente intensa negli anni Ottanta con la scopertadi molti giacimenti con riserve tra i 10 e i 40milioni di bbl.Negli anni Novanta l’attività si indirizzò all’off-shore del Delta del Nilo con la scoperta di impor-tanti giacimenti (Temsah, Sapphire, Saffron,Wakar, Port Fuad Baltim, Ha’py) da parte diIEOC, BG – British Gas, ed Amoco. La concessione della superficie destinata all’e-splorazione è gestita dalla EGPC attraverso gared’appalto.

Nel paese hanno operato finora quasi tutte le mag-giori compagnie: oltre all’Agip, Amoco, Arco,Bhp, BP – British Petroleum, British Gas, Demi-nex, Elf, Esso, Marathon, Phillips, Repsol, Shell,Total, Texaco e numerose compagnie minori (Apa-che, Edison, Seagull Energy).

Olio. Nel 2004 l’Egitto possedeva riserve di oliodi 3,6 miliardi di bbl (erano 3,9 miliardi nel 1994).Il rapporto riserve/produzione è di 13,8 anni. Leriserve sono contenute nei bacini del Golfo diSuez e del Deserto Occidentale. Il Golfo di Suezrappresenta la provincia petrolifera di gran lungapiù importante del paese. Tra i campi principaliricordiamo Belayim (1,8 miliardi di bbl), Mor-gan (1,5 miliardi), October (1 miliardo), July (730milioni), Ras Budran (305 milioni) e Ramadan(550 milioni). La densità dell’olio varia dai 21-29 °API di Belayim ai 34 °API di July.Il Deserto Occidentale è articolato in due baci-ni: il Northern Basin, dove sono stati scoperti unaventina di giacimenti di olio per un totale di circa800 milioni di bbl, e l’Abu Garadig Basin, dovesono stati scoperti oltre ottanta giacimenti per untotale di 650 milioni di bbl di olio.Nel 2004 la produzione è stata di 708.000 bbl/ddi idrocarburi liquidi (600.000 di greggio e100.000 di condensati), in calo rispetto agli anniprecedenti (era 921.000 nel 1994), a fronte di unconsumo di 566.000 bbl/d. La produzione pre-valente (90%) proviene dal Golfo di Suez e inminor percentuale dal Deserto Occidentale e dal-l’Alto Egitto. Le compagnie miste (operatore stra-niero e partner EGPC) più importanti sonoGUPCO (BP), Petrobel (Agip) e in misura mino-re Suez Oil Company (Deminex) ed el-Zaafara-na Oil Company (BG), Badr el-Din PetroleumCompany (Shell), Khalda (Apache). Il declinodella produzione è stato in qualche misura bilan-ciato da nuovi produttori quali Apache e SeagullEnergy nell’Alto Egitto.La rete di oleodotti collega i maggiori campi delGolfo di Suez con il Mediterraneo e con Asyut.Altri oleodotti collegano Suez con Il Cairo (primooleodotto realizzato con il contributo dell’Eni nel1954-56) e i campi del Deserto Occidentale con ilterminal mediterraneo di el-Hamra. Da un puntodi vista logistico, l’Egitto ha comunque un ruolofondamentale nel transito dell’olio del Golfo Per-sico. Due sono le linee utilizzate: una è il Canaledi Suez, l’altra la Suez-Mediterranean Pipeline(Sumed) che collega Ain Sukhna nel Golfo di Suezcon Sidi Kerir sul Mediterraneo. L’oleodotto hacapacità di oltre 2 milioni di bbl/d ed è di proprietàdell’Arab Petroleum Pipeline Company (consor-zio del quale, oltre all’Egitto, fanno parte l’ArabiaSaudita, il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar).Le nove raffinerie, attualmente operanti, sono ingrado di trattare oltre 700.000 bbl/d di greggio.La più importante è quella di Suez con capacitàdi 146.000 bbl, mentre quella di Alessandria,entrata in funzione da qualche anno, ha una capa-cità di 100.000 bbl/d. Sono in corso di valuta-zione due progetti, uno ad Ain Sukhna, con capa-cità di 130.000 bbl/d, e l’altro nell’area di PortSaid con capacità di 200-300.000 bbl/d, associa-ta a un impianto petrolchimico.

Gas. Alla fine del 2004 le riserve di gas in Egit-to ammontavano a 1.850 miliardi di m3 (erano630 miliardi nel 1994). Le riserve sono concen-trate per un totale di circa 1.500 miliardi di m3

principalmente nel bacino del Delta del Nilo dove

598 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Ni l o

L a g oN a s s e r

MarMorto

MA

R R

OS

SO

M A RM E D I T E R R A N E O

NILE DELTABASIN

NORTHERNBASIN

ABU GARADIGBASIN

GULF OFSUEZ BASIN

A R A B I A

S A U D I TA

GIORDANIA

S U D A N

LI

BI

A

ISRAELE

campo a gas

campo a olio

principali bacinipetroliferi

principali raffinerie

principali terminal

gasdotto

oleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti diesportazione di GNL meno di 1.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

Il Cairo

Alessandria

Sidi Kerirel-Alamein

Assuan

Dahshour

Kuriamat

Hurghada

Ras Shukheir

Wadi Feiran

Ain Sukhna

Suez

Taba Aqaba

PortSaid

el-Arish

Damietta

Asyut

Qena

MarsaMatruh

Tanta

Idku

300 km0 150

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sono associate a 180 milioni di bbl di condensa-to. L’incremento delle riserve a gas si è avuto inparticolare nelle acque profonde del Mediterra-neo.Il principale giacimento a gas nell’onshore delDelta è Abu Madi, con riserve di 100 miliardi dim3. Nell’offshore ricordiamo, oltre a Temsah conoltre 115 miliardi di m3, Sapphire, Wakar, Saf-fron, Simian, Scarab, Ha’py, Baltim, Darfeel, conriserve per giacimento da 40 a 80 miliardi di m3.Il Deserto Occidentale contribuisce alle riservedi gas con circa 500 miliardi di m3 distribuitinel Northern Basin, nei campi di Qasr, oltre 50miliardi di m3, Obayed, 2,5 miliardi, e altri mino-ri quali Kanayes, Shams, Syrah, Akik e nell’A-bu Garadig Basin (i campi più importanti sonoBadr el- Din con oltre 50 miliardi di m3 e AbuGaradig di 30 miliardi).Nel 2004 la produzione di gas è stata di 26,8miliardi di m3 (erano 10,6 nel 1994), a frontedi una domanda interna di 25,7 miliardi di m3.Le recenti scoperte mettono in evidenza un paeseche può sviluppare il gas in alternativa al decli-no dell’olio. Fonti governative dichiarano per iprossimi sei anni l’obiettivo di scoprire riserveaddizionali di 800 miliardi di m3 per far fron-te a un considerevole aumento di produzioneper l’esportazione. Tra le compagnie coinvoltenei progetti gas ricordiamo BG, BP, Eni (che èstata l’apripista del gas in Egitto), Shell ed Apa-che. Nel 2001 è stata costituita la EGAS, unente governativo preposto alle attività relativeal gas. La rete di gasdotti è particolarmente sviluppatacon vari collegamenti tra il Mediterraneo e ilDeserto Occidentale con le zone di utilizzo. Esi-stono anche alcuni progetti per l’esportazione delgas. Quello relativo all’esportazione di gas inIsraele risale agli anni Novanta. Un primo trattofino a el-Arish, che dovrebbe essere il punto diesportazione, è stato costruito dall’Eni. Una secon-da linea di esportazione in Giordania (un miliar-do di m3) è iniziata a metà 2003 da el-Arish adAqaba. Sono inoltre previsti collegamenti conSiria e Libano.Una seconda opzione di esportazione del gas egi-ziano è rappresentato dal GNL. Due sono i pro-getti in corso. Il primo, operato da Seagas (con-sorzio con Union Fenosa, EGAS ed Eni), preve-de la fornitura al mercato domestico el’esportazione (la Union Fenosa ha firmato unaccordo con EGPC di acquisto di almeno 3,2milioni di t/a per un periodo di 25 anni) di partedel gas verso l’Europa e in un secondo tempoverso gli Stati Uniti. EGAS, da parte sua, garan-tisce di vendere il gas restante. L’impianto di lique-fazione è localizzato a Damietta da dove è parti-to il primo cargo (primo treno di 5,5 milioni dit/a). Sono in corso di definizione accordi relati-vi a un secondo treno, con partecipazione dellaBP. Il secondo progetto è operato da ELNG (Egyp-tian LNG) nell’ambito di un consorzio EGPC,EGAS, BG, Petronas e Gaz de France (GdF), conimpianto situato a Idku. Il primo treno, di 3,6milioni di t, proveniente dal giacimento di Simian-Sienna, ha visto l’inizio nel marzo 2005, conacquisto da parte di GdF per un periodo di vent’an-ni. Un secondo treno delle stesse dimensioni, ali-mentato dal gas di Sapphire, è partito nel set-tembre 2005 ed è venduto direttamente a BG.Shell ha anche proposto un impianto di GTL di75.000 bbl/d, ma per il momento non è stato rag-giunto alcun accordo.

Libia

Nome ufficiale: al-Jamahiriyah al-‘Arabiyahal-Libiyah al-Sha‘biyah al-Ishtirakiyah al-‘Uzma(Grande Repubblica Araba di Libia Popolaree Socialista)

Confini e territorioLa Libia è uno Stato dell’Africa settentrionale,il quarto del continente per estensione territoria-le. Confina a est con l’Egitto, a sud-est con ilSudan, a sud con il Ciad e il Niger e a ovest conl’Algeria e la Tunisia; a nord si affaccia sul Medi-terraneo.Oltre il 90% del territorio è coperto dal DesertoLibico (che è parte del deserto del Sahara), unadelle regioni più aride della Terra, caratterizzatadall’alternarsi di altopiani rocciosi e vaste distesedi sabbia. Al confine con il Ciad, si erge l’unicorilievo montuoso del paese, il Tibesti (2.200 m).La costa del Mediterraneo si presenta uniformee caratterizzata dalla vasta insenatura del Golfodella Sirte. La fascia costiera e la zona di altesteppe appena più a sud sono le regioni agricolemaggiormente produttive e popolate.Il clima è quasi ovunque desertico tropicale: tor-rido, asciutto e con marcate escursioni termichediurne. Solo nella fascia costiera assume carat-teristiche mediterranee, con estati calde e inver-ni miti. Le precipitazioni sono scarse in tutto ilterritorio.La Libia è divisa in 32 Municipalità.

Popolazione e aspetti socio-culturaliSecondo una stima del 2005, la Libia contava5.834.000 ab. (ne erano stati rilevati 4.404.986al censimento del 1995), per il 97% Arabi e Ber-beri e per il resto Greci, Maltesi, Italiani, Egi-ziani e altri. La lingua ufficiale è l’arabo, ma laconoscenza e l’uso dell’inglese sono molto dif-fusi e, per una parte degli abitanti, anche l’ita-liano ha conservato la funzione di lingua di comu-nicazione; un’esigua minoranza parla tuttora dia-letti berberi. La religione di Stato è quella musulmana sunni-ta, seguita dal 97% della popolazione. Esistonoanche piccole comunità cristiane, induiste, bahai-ste e buddiste. Le città più popolose, tutte ubicate lungo la costa,sono la capitale, Tripoli (1.150.000 ab., 1.300.000nell’intera agglomerazione urbana), Bengasi(640.000), Misurata (360.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria della Libia è il dinarolibico (LYD). Il tasso di cambio medio nel 2005 èstato di LYD1,3143�$1 e di LYD1,634�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Membrodell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petro-lio (OPEC) dal 1962, la Libia ha un’economia

fortemente dipendente dal settore degli idrocar-buri: quest’ultimo, nel 2004, ha contribuito peril 30% alla formazione del PIL e ha dato origi-ne al 95% dei ricavi provenienti dalle esporta-zioni. Per quanto riguarda i settori non-oil, allatradizionale lavorazione dei prodotti agricoli eall’industria leggera si è affiancata un’impor-tante industria petrolchimica e metallurgica (lavo-razione di ferro, acciaio e alluminio). Una partepreponderante del PIL deriva poi dal settore ter-ziario, i cui segmenti con maggiori potenzialitàdi sviluppo sono quelli del commercio e del turi-smo. L’agricoltura, che negli anni Settanta eOttanta era considerata una priorità nazionale,nel 2004 rappresentava invece solo l’8% del PILe la Libia importava quasi l’80% delle sue der-rate alimentari.Le sostanziose entrate petrolifere e la ridottapopolazione fanno della Libia un paese con ele-vato reddito pro capite rispetto agli altri paesiafricani. In considerazione dell’elevata dipen-denza dal mercato petrolifero, le politiche gover-native si sono orientate verso una maggiore diver-sificazione produttiva e una progressiva ridu-zione dell’intervento dello Stato nell’economia.Nei primi anni del 21° sec., sono state attuateimportanti riforme con l’obiettivo di interrom-pere l’isolamento internazionale del paese e diintegrare maggiormente l’economia nei circui-ti degli scambi internazionali. In questa dire-zione si inserisce la creazione di un ente per lapromozione degli investimenti esteri e l’inten-zione di aderire all’Organizzazione Mondialeper il Commercio (World Trade Organization,WTO). Sono notevolmente migliorati anche irapporti con la comunità internazionale, chenegli anni Ottanta erano stati fortemente dete-riorati soprattutto a causa del coinvolgimentodella Libia in alcuni episodi di terrorismo inter-nazionale e delle forti relazioni economiche conl’Unione Sovietica in qualità di primo fornito-re di armi. La Libia dovette inoltre affrontarel’imposizione di sanzioni economiche da partedegli Stati Uniti nel 1986, il che contribuì aldeclino dell’economia negli anni Ottanta quan-do il tasso di crescita reale del PIL fu negativoe pari al –2,1% in media annua; cosa che inve-ce non si verificò nel decennio successivo (incre-mento medio annuo del PIL pari al �2%), nono-stante l’applicazione di sanzioni da parte del-l’ONU nel 1992. A partire dal 1999, con unaprofonda modifica della sua condotta politica,la Guida della Rivoluzione ha ricercato rappor-ti collaborativi soprattutto con Stati Uniti edEuropa. L’accettazione della responsabilità civi-le per l’attentato di Lockerbie in Scozia del 1988,la decisione di sospendere la ricerca sulle armidi distruzione di massa e l’adesione al Trattato diNon Proliferazione Nucleare sono alcune delleiniziative internazionali prese dalla Libia chehanno favorito la ripresa delle relazioni diploma-tiche con gli Stati Uniti e l’Europa. Le sanzio-ni ONU, sospese nel 1999, sono state eliminate

599VOLUME V / STRUMENTI

AFRICA

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2004 1972-2004

Agricoltura 4,2 14,3 2,5 2,6 5,8Industria 13,0 �6,1 2,2 3,2 0,7Servizi 8,0 3,9 2,1 5,4 3,5

PIL 7,7 �2,1 2,0 5,7 2,1

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

Page 36: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

nel settembre 2003, mentre quelle statunitensisono state completamente revocate nell’aprile2004.

Bilancia commerciale. Nonostante significativeoscillazioni annuali, dal 1990 il saldo della bilan-cia commerciale della Libia è in surplus, con unincremento significativo e continuo a partire dal2001. Dal 2002 al 2004, il surplus si è presso-ché triplicato, soprattutto grazie all’elevato livel-lo delle quotazioni petrolifere e al miglioramentodei rapporti con gli Stati Uniti e gli altri paesioccidentali. La composizione dell’export è domi-nata da petrolio, prodotti derivati e gas natura-le, che complessivamente coprono il 95% delleentrate provenienti dalle esportazioni. I princi-pali mercati di sbocco sono l’Italia, la Germa-nia, la Spagna, la Turchia e la Francia. Le impor-tazioni sono costituite principalmente da mac-chinari, attrezzature per il trasporto, generialimentari e manufatti; i più importanti paesi for-nitori sono Italia, Germania, Tunisia, RegnoUnito, Francia e Turchia.

Quadro energeticoLa Libia è uno Stato produttore ed esportatore diolio e si colloca al nono posto nella graduatoriadei paesi aventi le maggiori riserve di olio nelmondo. Con la fine delle sanzioni (2003) si pre-vede che la produzione di olio salirà a 1,9 milio-ni di bbl/d nel 2010 per raggiungere i 3,1 milio-ni al giorno nel 2030. Anche la produzione di gassubirà un incremento (sono previsti 57 miliardidi m3 nel 2030). Aumenteranno di conseguenzale esportazioni di olio e di gas.

Nel 2004 la Libia ha prodotto 85,38 milioni ditep e ne ha esportati 67,10. Il consumo è stato di18,19 milioni di tep (in prevalenza olio).La domanda di energia primaria è prevista cre-scere entro il 2030 con un tasso annuale del 3,6%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. La conoscenzageologica della Libia si realizzò grazie a una seriedi studi e spedizioni scientifiche avvenute sottol’amministrazione italiana e con la compilazionedella prima carta geologica (curata da A. Desionel 1939), che per alcuni decenni fu l’unico docu-mento disponibile. L’esplorazione petrolifera verae propria iniziò sulla scia delle prime scoperte neldeserto algerino ed esattamente nel 1954, quan-do diverse compagnie iniziarono le prospezioni,in virtù della Mineral Law del 7 novembre 1953(promulgata a soli 23 mesi dall’indipendenza delpaese). In seguito, il 19 giugno 1955 fu pubbli-cata la Petroleum Law, elaborata con il contribu-to di esperti internazionali e contenente una seriedi norme relative all’attività petrolifera. Furonoassegnate 47 concessioni a 11 compagnie: Esso,Mobil, BP – British Petroleum, Texaco, Shell,Total, Oasis, Grace, Nelson, Amerada, Continen-tal. Nel giugno 1959 si ebbe la prima grande sco-perta, quella del giacimento di Zelten (oggi Nas-ser) della Esso. A questo seguirono altri succes-si, che permisero nel 1961 di avviare l’esportazionedi greggio. Alla fine del 1967 la produzione supe-rava i 2 milioni di bbl/d. Fino alla rivoluzione delsettembre 1969 era prevalente nel paese la pre-senza di compagnie americane.

Nel 1970 fu costituita la National Oil Corpora-tion (NOC), con totale responsabilità delle ope-razioni petrolifere. Dopo il 1971, anno della nazio-nalizzazione, hanno abbandonato il paese, a causadi termini contrattuali troppo onerosi, molte com-pagnie straniere quali BP, Shell, Amoseas (Texa-co-Chevron), Esso, Elf. Venivano inoltre sospe-si i contratti con alcune compagnie americane(Oxy, Conoco, Marathon, Oasis e Grace), le cuiproprietà erano temporaneamente gestite dallaNOC.Nel 1979 la NOC è stata riorganizzata dal Gene-ral Secretariat of the General People’s Congressper gestire l’attività petrolifera in partecipazionecon compagnie straniere attraverso contratti diservizio (service contracts) o in proprio, tramitele compagnie operative affiliate quali Agoco, SirteOil Company, Waha Oil Company e Zueitina OilCompany (le ultime due costituite per gestirerispettivamente gli asset della Oasis e dell’Occi-dental). Ad inizio anni Novanta erano presentiBraspetro e diverse compagnie europee tra lequali Agip (il primo permesso risale al 1959), labulgara Boco, Deminex, Elf (il cui permesso off-shore rimaneva congelato), Fina, Ina-Naftaplin,Lasmo, OMV (Österreichische Mineralöl-verwaltung AG), Veba, Wintershall.Negli anni Novanta l’esplorazione ha attraversa-to una fase di rallentamento anche a causa dellesanzioni economiche promulgate nell’aprile 1992dall’ONU per il caso Lockerbie. Segnali di inte-resse da parte di diverse compagnie si sono mani-festati in anni recenti e concretizzati nel 2003 nel-l’assegnazione di 18 blocchi a operatori qualiWoodside Energy, Repsol, RWE-Dea. Sul pianodegli accordi internazionali la maggior parte deicontratti di concessione in vigore prima del 1969erano stati convertiti in accordi di joint venture(con royalty e income tax). I successivi contrat-ti, che seguivano lo schema Exploration and Pro-duction Sharing (EPSA) sono stati emessi in treperiodi diversi (1974, 1980-81 e 1988-2004). Ladurata dell’esplorazione (di 5 o 6 anni) era nego-ziabile e la remunerazione (profit oil) era basatasu una formula che teneva conto degli scaglionidi produzione e del rapporto tra entrate cumula-tive e costi cumulativi sostenuti dalla compagniaoperatrice.Nel settembre 2003 vennero sospese da partedelle Nazioni Unite le sanzioni economiche. Il23 aprile 2004 un decreto della Casa Biancarevocò il divieto alle compagnie americane diinvestire in Libia e lo stesso giorno la NOC annun-ciò il primo trasferimento di greggio negli StatiUniti dopo vent’anni di interruzione delle rela-zioni. Il 28 giugno furono riprese le relazionidiplomatiche. Con la fine delle sanzioni iniziaun serio programma di liberalizzazione del set-tore energetico.Nella gara chiusa il 29 gennaio 2005 venne asse-gnata buona parte dei blocchi a Occidental eWoodside (oltre che ad Amerada, Chevron Texa-co, Sonatrach, Oil India, Petrobras e alla cana-dese Verenex). Il 29 luglio 2005 la Occidentalannunciò il rientro in Libia per riprendere le atti-vità nelle concessioni sospese nel 1986. Il grup-po Oasis è tuttora in attesa dell’approvazione pertornare in Libia. Il secondo bid round chiuso aiprimi di ottobre del 2005 ha visto prevalere netta-mente le compagnie europee (Eni, BG – BritishGas, Statoil, Total, Norskhydro, Tatneft) ed asia-tiche (CNPC – China National Petroleum Cor-poration, Pertamina, ONGC – Oil and Natural

600 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

PELAGIANBASIN

GADAMESBASIN

SIRTE BASIN

campo a gas

campo a olio

principali bacini petroliferi

principali raffinerie

principali terminal

gasdotto

oleodotto

impianti di esportazione di GNL

M A R M E D I T E R R A N E O

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

500 km0 250

AL

GE

RI

A

EG

IT

TO

T U N I S I A

C I A DN I G E R

S U D A N

Tripoli

Zawiyah MisurataHoms

Gadames

Sirte

Murzuq

Zillah

Bengasi

Zueitina

Marsa el-Brega

el-Sider

Ras Lanuf

Tobruq

MURZUQBASIN

Page 37: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Gas Corporation, Nippon, Japex, Mitsubishi,Teikoku). Tra le compagnie americane che hannopartecipato solo l’ExxonMobil si è aggiudicataun blocco.Secondo fonti ufficiali, seguiranno altre 5 o 6gare durante le quali potrebbero essere offertifino a 261 blocchi per 7 miliardi di dollari di inve-stimenti nei prossimi 10 anni.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio della Libiaammontavano a 39 miliardi di bbl. Il bacino petro-lifero più importante è quello della Sirte, nel qualesi trova oltre il 90% delle riserve rinvenute.Vi sono stati scoperti un centinaio di giacimen-ti, per la maggior parte a olio: Gialo (3,7 miliardidi bbl secondo i dati IHS del 2006, 5 miliardi dibbl secondo fonti precedenti), Sarir (4,5), Amal(4,2) , Waha (3,5), Bu-Attifel (2,8), Nasser (2,5)e altri (Defa, Dahra Est-West, Intisar, Beda, Mes-sla, con riserve superiori al miliardo ciascuno).Il bacino di Gadames contiene numerosi ritrova-menti di gas e di olio più o meno significativiquali l’insieme di campi denominati el-Hamra(complessivamente 490 milioni di bbl) e Wafa(40 milioni di bbl), ma comunque di entità secon-daria rispetto alle scoperte algerine. Nella partelibica della Piattaforma Pelagica, che si svilup-pa quasi esclusivamente in offshore, sono statecompiute numerose scoperte, tra le quali el-Bouri(1976), il più grande giacimento offshore di oliodell’area mediterranea, con oltre mezzo miliar-do di bbl.Il bacino di Murzuq, oltre alle scoperte, compiutenegli anni Ottanta, del gruppo di campi di el-Sha-rara, con 1.150 milioni di bbl, include la scoper-ta di Elephant (1997) con 760 milioni di bbl.Durante il 2004 la produzione di olio è stata di1,6 milioni di bbl/d a fronte di un consumo inter-no di 237.000 bbl/d. È intenzione del Governolibico aumentare la produzione nei prossimi annifino a circa 3 milioni di bbl/d. Ricordiamo chenegli anni Ottanta si è avuto un declino di pro-duzione che ha toccato valori di 1,2 milioni algiorno.L’esportazione di 1,34 milioni di bbl/d è desti-nata per lo più al mercato europeo: Italia (545.000bbl/d), Germania (274.000), Francia (94.000),Spagna e Grecia. Va notata la ripresa dell’espor-tazione verso gli Stati Uniti (oltre 50.000 bbl/d).I vari tipi di olio esportato sono leggeri, da el-Sider (36-37 °API) a el-Sharara (44 °API), anchese non mancano oli più pesanti come quello diel-Bouri (26 °API).Vi è anche una modesta produzione di GPL desti-nato al mercato interno.La rete di oleodotti che connette i principali campial Mediterraneo (ricordiamo Messla - Ras Lanuf;Waha - el-Sider; Hammada el-Hamra - Zawiyah;Amal - Ras Lanuf; Intisar - Zueitina; Nasser -Marsa el-Brega) sono di proprietà NOC. La NOCpossiede anche i sei terminali di Marsa el-Hari-ga, Zueitina, Marsa el-Brega, Ras Lanuf, el-Sidere Zawiyah.La Libia possiede cinque raffinerie con capacitàcomplessiva di 380.000 bbl/d (Ras Lanuf,220.000; Zawiyah, 120.000; Tobruq, 20.000;Brega, 10.000; Sarir, 10.000). Sono in program-ma ambiziosi progetti che permettano di recupe-rare il tempo perduto nel periodo delle sanzioni.In particolare sono previsti lavori di ampliamen-to in Zawiyah e una nuova raffineria in Sebha perl’olio di Murzuq. L’industria petrolchimica èattualmente focalizzata in Marsa el-Brega; un

futuro punto di sviluppo è rappresentato da RasLanuf.

Gas. Nel 2004 le riserve di gas ammontavano a1.490 miliardi di m3, prevalentemente nel baci-no della Sirte come gas associato dei giacimen-ti a olio (Amal, Bu-Attifel, Intisar, Dahra, Hatei-ba), nel bacino di Gadames (campo di Wafa) enell’offshore mediterraneo (NC 41, el-Bouri). Èprobabile che si possano rinvenire riserve addi-zionali dell’ordine di 2.000-2.500 miliardi di m3,considerato che i bacini sono sottoesplorati.La produzione di gas nel 2004 è stata di 7 miliardidi m3, leggermente superiore al passato (6,4miliardi nel 2003 e meno di 6 miliardi negli anniprecedenti), quando la vendita era limitata all’E-nagas, che rappresentava l’unico cliente estero.Con l’inaugurazione (7 ottobre del 2004) delWestern Libya Gas Project (WLGP), gestito dal-l’Eni, e l’entrata in produzione dei campi di Wafa,500 km a sud del Mediterraneo e del campo amare Bahr Essalam, distante 110 km dalla costa,la Libia ha rilanciato il proprio ruolo di paeseesportatore. Il gas viene trasportato nel centro ditrattamento di Mellitah, per poi entrare nel siste-ma che collega la Libia con la Sicilia. Il gasdot-to, chiamato Greenstream line, con capacità ini-ziale di 8 miliardi di m3/a, è concepito per tra-sportare 10 miliardi di bbl/a, due dei quali destinatial mercato interno.Anche per il GNL sono allo studio ambiziosi pro-grammi di aumento della capacità di liquefazio-ne. Si consideri, d’altronde, che già nel 1971 fucostruito da Esso l’impianto di Marsa el-Brega,che permise alla Libia, secondo paese dopo l’Al-geria, di esportare gas liquefatto, con una quantitàiniziale di 3,6 miliardi di m3/a. La produzione fupoi bruscamente ridimensionata (a un miliardocirca) in seguito alla situazione creata dalle san-zioni. Le attuali condizioni politiche e gli accordirecenti con alcune compagnie europee (tra le qualila Shell) potrebbero rilanciare questo progetto.

Nigeria

Nome ufficiale: Federal Republic of Nigeria(Repubblica Federale della Nigeria)

Confini e territorioLa Nigeria è un paese dell’Africa occidentale,appartenente alla regione guineana. Confina a ovestcon il Benin, a nord con il Niger, a nord-est con ilCiad, a est e a sud-est con il Camerun; a sud siaffaccia sull’Oceano Atlantico (Golfo di Guinea).La parte più meridionale del paese è una lunga estretta pianura litoranea, paludosa e orlata danumerose lagune e comprendente anche il gran-de delta del fiume Niger. Procedendo verso nord,l’altitudine aumenta e si sale verso un altopiano

centrale inciso dal Niger e dal suo affluente Benue.La parte più settentrionale si presenta come untavolato, digradante verso il Sahel. Il Sud-est delpaese, al confine con il Camerun, è una regionemontuosa con rilievi oltre i 2.400 metri.La Nigeria è percorsa dal medio e basso corsodel Niger che sfocia con un amplissimo deltadopo aver ricevuto le acque del Benue, secondofiume del paese.Le formazioni vegetali mutano al variare dellalatitudine, passando dalle foreste pluviali, tipi-che del clima equatoriale del Sud, alle foreste piùrade e alle savane subequatoriali e infine alle step-pe del clima tropicale arido dell’estremo Nord. La Nigeria è una Repubblica Federale divisa in36 Stati federati e un Territorio (il Territorio dellaCapitale Federale Abuja).

Popolazione e aspetti socio-culturaliLa Nigeria, con una popolazione stimata al 2005di 131,5 milioni di ab., è il paese più popolosodel continente africano. L’ultimo dato ufficiale èquello del censimento 1991 (88.992.220 ab.) e irisultati delle stime successive suscitano accesidibattiti per l’influenza che hanno sulla redistri-buzione del potere a livello statale e regionale,riflettendo i contrasti etnico-religiosi interni.In Nigeria sono presenti più di 250 diverse etnie,di cui le più importanti sono quelle degli Hausa-Fulani (29%), degli Yoruba (21%) e degli Ibo(18%). Ogni etnia parla una propria lingua (le piùparlate sono l’hausa, lo yoruba, l’ibo e il fulani);tuttavia la lingua ufficiale è l’inglese, che vieneusato per comunicare fra etnie diverse, spesso inuna forma che risulta dalla contaminazione condiversi idiomi indigeni (Pidgin English). La reli-gione islamica (principalmente sunnita) è prati-cata da poco meno del 50% della popolazione edè concentrata nel Nord del paese, mentre i cri-stiani (cattolici, anglicani, battisti, metodisti, pre-sbiteriani, evangelici e pentecostali) sono circa il40% e sono diffusi soprattutto nel Sud. Benchéla Costituzione sancisca la libertà di culto, diver-si Stati vengono accusati di aver adottato de factouna religione di Stato, fra cui 12 Stati del Nordnei quali vige la legge islamica.La capitale è Abuja, città fondata per svolgerequesto ruolo (107.000 ab. nel 2005). Le città piùpopolose sono Lagos (capitale fino al 1991, con1.484.000 ab., ma 11.300.000 nell’intera agglo-merazione), Kano (2.167.000 ab. e 3.400.000 nel-l’agglomerazione), Ibadan (1.835.000 e 3.025.000ab.), Kaduna (993.600).

Economia

Moneta. L’unità monetaria in Nigeria è il naira(NGN), il cui tasso di cambio medio nel 2005 èstato di NGN132,3965�$1 e NGN164,725�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. L’eco-nomia della Nigeria è stata gravemente condi-zionata dal susseguirsi, fin dal conseguimento

601VOLUME V / STRUMENTI

AFRICA

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1974-1984 1985-1994 1995-2003 1974-2003

Agricoltura �3,3 3,7 4,7 1,2Industria �1,4 2,2 3,3 3,6Servizi 2,9 5,4 1,7 2,9

PIL �0,3 4,2 4,1 2,7

Fonte: elaborazioni su dati ONU.

Page 38: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

dell’indipendenza (1960), di governi militari, ancheper reazione ai diversi tentativi di instaurare unordinamento democratico. Tale situazione ha gene-rato una diffusa corruzione nel sistema economi-co del paese e non ha permesso di avviare alcunosviluppo che non fosse legato allo sfruttamentodelle risorse di idrocarburi, di cui il paese dispo-ne in abbondanza. Il forte divario tra l’entità dellerendite petrolifere e il livello di povertà della popo-lazione fa dell’economia nigeriana un esempiodella ‘maledizione del petrolio’che colpisce moltipaesi in via di sviluppo ricchi di risorse energeti-che. Il PIL è composto per il 27% dall’agricoltu-ra, per il 48,8% dall’industria e per il 24,2% daiservizi; tali settori occupano, rispettivamente, il70%, il 10% ed il 20% della forza-lavoro nigeria-na. Il settore agricolo, decisamente arretrato, ècaratterizzato da una bassa produttività e, pur occu-pando larga parte della forza-lavoro, non è statoin grado di tenere il passo della crescita demo-grafica e soddisfare i crescenti bisogni della popo-lazione, rendendo necessaria l’importazione di der-rate agricole. Il settore secondario è rappresenta-to principalmente dalle attività petrolifere, checoprono il 95% delle esportazioni del paese, men-tre l’ industria manifatturiera copre appena l’1%delle stesse, fatta eccezione per le attività petroli-fere, la Nigeria non dispone di infrastrutture ade-guate per lo sviluppo industriale.L’insediamento nel 1999 di un governo democra-tico ha permesso di avviare, nel 2003, un pro-gramma di riforme economiche e sociali di ampiorespiro denominato NEEDS (National EconomicEmpowerment Development Strategy), tra i cuiobiettivi figurano la riduzione della disoccupa-zione, la diversificazione dell’economia, l’aumentodella produttività del settore agricolo e la riduzio-ne della povertà. Fra le principali manovre propo-ste per implementare tali riforme vi sono proces-si di deregolamentazione, liberalizzazione e pri-vatizzazione, incremento della trasparenza e lottaalla corruzione. La Nigeria ha anche avviato unprogramma di sviluppo economico, relativo alperiodo 2000-15, con il supporto delle NazioniUnite, con obiettivi di ordine sociale, e ha raggiuntonel 2005 un accordo con il Club di Parigi (gruppodi paesi ufficialmente creditori riuniti con l’obiet-tivo di trovare soluzioni sostenibili alle difficoltàdi pagamento del debito da parte di molti paesi invia di sviluppo) che ha portato alla cancellazionedi 18 miliardi di dollari sul debito estero totale nige-riano (pari a oltre 30 miliardi di dollari).

Bilancia commerciale. La Nigeria è un paeseesportatore netto, con un surplus sulla bilanciacommerciale di 26 miliardi di dollari (2005). Leesportazioni (petrolio, prodotti petroliferi, cacao,gomma) sono indirizzate principalmente a StatiUniti (46,8%), Brasile (10,5%) e Spagna (7%);mentre le importazioni (macchinari, prodotti chi-mici e manifatturieri, attrezzature di trasporto,cibo e animali) provengono da Cina (9,2%), StatiUniti (8,2%), Regno Unito (7,6%), Paesi Bassi(5,7%), Francia (5,4%), Germania (4,7%).

Quadro energeticoLa Nigeria è un paese con notevoli riserve di olio,che produce ed esporta, e con significative riser-ve di gas. Si prevede una crescita nella produ-zione sia di olio (4 milioni di bbl/d nel 2010) siadi gas. L’ esportazione di gas dovrebbe aumenta-re sia come GNL (oltre 12 miliardi di m3 nel 2004)sia come GTL.

Nel 2004 la Nigeria ha prodotto 229,44 milionidi tep e ne ha esportati 129,69. Il consumo dienergia globale è stato di 98,99 milioni di tep e,come in tutta l’Africa occidentale è ancora pesan-temente legato, oltre che all’olio, all’utilizzazio-ne delle biomasse.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. I primi pozziper ricerca petrolifera vennero perforati all’ini-zio del 20° secolo, ma le prime ricerche siste-matiche furono iniziate da Shell e D’Arcy (lafutura BP, British Petroleum) nel periodo tra il1937 e il 1941 e poi riprese nel 1946 dalla Shell-Bp Petroleum Development Company of Nige-ria. Il primo campo a olio scoperto nel 1956 nelcentro del delta e messo in produzione l’annosuccessivo fu Oloibiri 1. Nel 1959 Shell-Bp ave-vano quattro campi in produzione (Oloibiri,Akata, Imo River e Ugelli). Con la fine dellacolonizzazione britannica e l’indipendenzanazionale, nel 1960, Shell e Bp furono obbli-gate al rilascio di buona parte delle aree dete-nute, permettendo in questo modo l’entrata dialtre compagnie quali Gulf, Tenneco, Agip, Elf

(Safrap), Amoseas (Texaco) e Mobil. Fu l’ini-zio di una frenetica attività di ricerca nel deltae nelle concessioni offshore (che nel 1961 ven-nero assegnate a Shell-Bp, Gulf, Amoseas eMobil). Nel 1964 veniva scoperto, dalla Gulf,il primo campo offshore, Okan. Con la scoper-ta del giacimento di Jones Creek nel 1967 ci fuun notevole incremento di riserve, ma il perio-do coincise sfortunatamente con la guerra civi-le seguita al tentativo di secessione della regio-ne di Biafra e nella zona orientale solo nel 1969furono ripresi a pieno i ritmi di produzione; alcontrario nella parte occidentale, presidiata dalleforze governative, Gulf continuò a operareaumentando anche la produzione. Con la finedel conflitto Agip, Texaco e Mobil misero a lorovolta in produzione i propri campi.Nel 1971 la Nigeria venne ammessa all’OPEC efu costituita la Nigerian National Oil Corpora-tion, che, con l’entrata in vigore della nuova leggepetrolifera, darà inizio a una nuova fase di ricer-ca con risultati positivi.Nel 1977 venne costituita la Nigerian NationalPetroleum Corporation, che accorpa alcuni dipart-menti del Ministery of Petroleum Resources e lavecchia Nigerian National Oil Corporation.

602 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

campo a gas

campo a olio

principali bacini petroliferi

principali raffinerie

gasdottooleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti di esportazione di GNLimpianti di esportazione di GNLin costruzioneimpianti di esportazione di GNLin progetto

principali terminal

BiokoGU

INE

A E

QUATORIALE

Niger Benue

Hadejia

Kebbi

Niger

Lago

Ciad

Lago diKainj i

G O L F O

D I B E N I N

G O L F O D I G U I N E A

Sokoto

Gusau

Katsina

Kano

Zaria

Kaduna

Jos

Ogbomosho

Olokola

Ajaokuta

Suleia Yola

Gombe

Biu

Makurdi

Lagos

Ibadan

PortHarcourt

Qua IboeBrass

Enugu

CalabarAbaWarri

Maiduguri

Damaturu

Abuja

300 km0 150

più di 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

fino a 1.000.000

CIAD

C A M E R U N

B E N I N

G A B O N

N I G E R

Bonny

1.000.000 - 5.000.000

Benin City

NIGER DELTABASIN

Page 39: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Negli anni Settanta e Ottanta numerosi furono igiacimenti scoperti (i più importanti Apoi North-Funiwa, Etelebou, Nembe Creek, Edop, Ofon).Negli anni Novanta la Nigeria svolse un ruolo diprimo piano nell’esplorazione delle acque profon-de con diverse scoperte interessanti (Bonga, Agba-mi, Akpo, Erha), compiute da Shell, Exxon Mobil,Chevron Texaco, Agip e Totalfinaelf. Attenzionevenne rivolta anche ai vecchi campi del delta. Furo-no adottate dal governo azioni per mettere in pro-duzione campi marginali attraverso incentivi esgravi fiscali alle compagnie locali. Negli ultimianni si sono registrati nel paese alcuni problemiderivanti da mancati investimenti, dai limiti di pro-duzione fissati dall’ OPEC e dalle tensioni politi-che nelle regioni del delta. Ricordiamo a questoproposito che in passato la Shell è stata costrettaad abbandonare un’area che produceva 30.000bbl/d e nella quale transitava un importante oleo-dotto in collegamento con il terminale di Bonny.Il meccanismo di assegnazione dei blocchi perl’esplorazione avviene attraverso gare (bid round).L’interesse delle compagnie petrolifere per laNigeria è elevato. All’ultima gara (marzo 2005),nella quale sono stati offerti 61 blocchi, hannopartecipato 79 compagnie straniere, incluse lemaggiori (Shell, ExxonMobil, Chevron, Totalfi-naelf, Eni e ConocoPhillips). Anche nell’arealimitrofa a São Tomé e Príncipe (STP), la JointDevelopment Zone (controllata per il 60% dallaNigeria e per il 40% dalla STP), sono stati asse-gnati nell’arco di due gare recenti 6 blocchi aChevron e ad altre compagnie minori.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio in Nigeriaammontavano a 35,3 miliardi di bbl (erano 21miliardi nel 1994) con un rapporto riserve/pro-duzione di 38,4 anni.Il Niger Delta Basin costituisce praticamente l’u-nica e importante area di produzione con riservecumulative di oltre 50 miliardi di bbl. I maggio-ri giacimenti di olio sono: Forkados Yorki (1,4miliardi di bbl) Nembe Creek (1,3 miliardi dibbl), Jones Creek (900 milioni) e inoltre ImoRiver, Meren, Okan, Edop, Bomu, Delta South,Obagi, Odidi, tutti con riserve considerevoli oltrei 400 milioni di bbl. In acque profonde sono loca-lizzati i giacimenti di Bonga (1 miliardo di bbl),Agbami, Akpo, Erha. Le riserve del paese, negliobiettivi del governo, dovrebbero raggiungereentro il 2010 i 40 miliardi di bbl.La densità dell’olio varia dai 21 ai 45 °API, mala maggior parte del greggio esportato è leggero(oltre i 35) e con scarso contenuto di zolfo.Nel 2004 la Nigeria ha prodotto 2,5 milioni di bbl/d(erano circa 2 milioni nel 1994), con un aumentodel 10,8% rispetto all’anno precedente, ponendo-si all’undicesimo posto tra i paesi produttori.L’obiettivo del governo è quello di raggiungereuna produzione di 4 milioni di bbl/d nel 2010. Visono però alcuni aspetti critici. Anzitutto il com-portamento dei campi storici del delta (circa 250),attualmente operativi, ma con problemi di infra-strutture e di manutenzione, che si riflettono inun aumento dei costi di produzione. Inoltre lalentezza delle operazioni in acque profonde. Peril momento, dopo dodici anni di esplorazione,sono stati messi in produzione solo Abo Central,Bonga e recentemente Erha (150.000 bbl/d), gliultimi due in forte ritardo rispetto alle previsio-ni. Anche altri progetti hanno subito ritardi: Agba-mi della ChevronTexaco con produzione di olio(250.000 bbl/d) e di gas prevista nei primi mesi

del 2008 e Akpo, campo di gas e condensati dellaTotalfinaelf (140.000 bbl/d) con inizio di produ-zione previsto per il 2008 e con utilizzo del gasnell’impianto di Bonny.Va inoltre tenuto presente il tetto di produzioneimposto dall’OPEC (2,224 milioni nel novembre2004), che la messa in produzione dei campi off-shore rischia di oltrepassare.Il regime di joint venture contribuisce in mododeterminante alla produzione di olio. Ricordiamola Shell con 1,1 milioni di bbl, la Exxon Mobil con570.000 bbl, nonché Agip, Totalfinaelf, Chevron-Texaco, Conoco Phillips. La maggior parte delgreggio nigeriano (Bonny Light 37 °API e Forca-dos 31 °API) è destinato principalmente agli StatiUniti e all’Europa occidentale, ma anche i mer-cati asiatici si fanno sempre più importanti.La rete di oleodotti è estesa e collega i campi interraferma e offshore con i terminali sulla costa.Inoltre l’interno del paese è attraversato dall’o-leodotto Warri-Kano e da alcune product linesche uniscono l’area industriale con il Nord (Kanoe Socoto) e con le regioni nordorientali del paese(Gombe, Maiduguri).La Nigeria ha sei terminali per l’esportazione: For-cados e Bonny (operati da Shell), quest’ultimo incorso di ampliamento, Pennington (Chevron-Texaco), Qua Iboe (ExxonMobil), Brass (Agip) eBonny Island LNG (Nigeria LNG).Gli obiettivi del governo sono di raffinare a par-tire dal 2006 almeno il 50% della produzionenazionale. Attualmente le infrastrutture esisten-ti non sono in grado di soddisfare la domandainterna.La capacità teorica delle raffinerie nigeriane (PortHarcourt-Rivers State, 150.000, Warri, 118.000,Kaduna, 110.000, Port Harcourt-Alesa Eleme,60.000) è di oltre 400.000 bbl/d, ma la scarsa manu-tenzione, i sabotaggi e la scadente gestione nonpermettono di superare attualmente i 214.000 bbl/d.È in programma la costruzione di nuove raffine-rie (come quella di Eket di 70.000 bbl/d della Saha-ra Petroleum Exploration), alcune delle qualidovrebbero essere operative nel 2008. Nella poli-tica di apertura a investitori stranieri, sono in corsocontatti con investitori libici, cinesi e indiani conla speranza di cedere le due raffinerie di Port Har-court e quella di Kaduna mentre quella di Warryresterebbe sotto il controllo della NNPC (Nige-rian National Petroleum Corporation).

Gas. Al 2004 le riserve di gas in Nigeria ammon-tano a 5.000 miliardi di m3 (erano 3.400 nel 1994).Queste riserve pongono la Nigeria al settimo postonel mondo e al primo in Africa. È presente siagas associato nei campi a olio sia gas libero. Nonvi sono dati precisi sulle riserve di gas esistentinei campi a olio; una stima approssimativa indi-ca una quota del 35% di gas associato e una quotadel 65% di gas non associato. La maggior partedel gas si trova nella regione del Delta, ma ancheoffshore sono stati rinvenuti campi a gas: i piùsignificativi sono Oso (100 miliardi di m3), Sonam(29 miliardi), Oyot, Ata, Ngolo, oltre al gas con-tenuto nelle recente scoperta di Akpo.La produzione di gas nel 2004 è stata di 20,6miliardi di m3 (erano 4,4 nel 1994), con una cre-scita del 7,3% rispetto all’anno precedente. Sonoin atto seri tentativi di utilizzare il gas per evi-tare gli sprechi (il 75% del gas associato e oltreil 40% del gas naturale) dovuti alla mancanzadi infrastrutture. A partire dal 2005 la nuovapolitica relativa al gas prevede di inserire nei

nuovi contratti clausole e incentivi dedicati all’u-tilizzo del gas.Il governo cerca in questo modo di promuovereun utilizzo domestico del gas che permetta di uti-lizzare questo combustibile in alternativa all’o-lio. In tal senso è nata la cooperazione tra la ShellNigeria Gas (costituita nel 1998 per stimolare gliinvestimenti relativi alla distribuzione di gas alleindustrie) e la Nigerian Gas Company, che ha laresponsabilità della distribuzione del settore pri-vato e che si impegna ad acquistare il gas di pro-duzione Shell. L’obiettivo di promuovere il gas auso interno ha generato alcuni progetti di gasdot-ti, come quello da Ajaokuta a Kaduna o da Abaattraverso Enugu verso la parte nord-orientale delpaese. Il gasdotto Soku Gas Transmission dellaShell porterà, invece, il gas da Soku all’impian-to dell’isola di Bonny.Sul piano della possibile esportazione continua-no i contatti tra Nigeria e Algeria circa la possi-bilità di attivare la Trans-Saharan Gas Pipeline(TSGP) di 4.000 km che porterebbe il gas nige-riano al terminale di Beni Saf sul Mediterraneo.Il governo ha anche iniziato a utilizzare il gas inun processo di liquefazione tramite una serie diprogetti che dovrebbero andare a regime entro il2010. L’esportazione di GNL nigeriano, cha haavuto inizio nel 1999 con 740 milioni di m3, haraggiunto nel 2004 i 12,59 miliardi ed è preva-lentemente indirizzato (circa 10 miliardi) versopaesi europei e mediterranei (Italia, Portogallo,Spagna, Turchia).Diversi sono i progetti in corso.Il più significativo è il Liquefied Natural GasProject sviluppato da un consorzio NNPC, Shell,Totalfinaelf e Agip. Il progetto con impianto basa-to sull’isola di Bonny, consisteva inizialmente didue ‘treni’ di liquefazione (7,2 miliardi di m3/a),con utilizzo di gas non associato. La destinazio-ne del gas era Spagna, Italia, Turchia e Portogal-lo. Successivamente sono stati varati nuovi pro-getti di espansione (NLNGPlus e NLNGSixExpansion), alimentati rispettivamente dai campidi Bomu, Ibewa, Idu, Ibagi, Oshi, Soku Ubeta,che prevedono di destinare il GNL e il GPL aEuropa e America Settentrionale.Un secondo progetto il cui inizio è previsto per lafine del 2008 è gestito da un consorzio Agip, Che-vronTexaco, ConocoPhillips e NNPC. Il complessosituato a Brass e alimentato dai giacimenti Agip eChevron consiterà di due treni ciascuno di 5 milio-ni di t/a. Il mercato previsto è quello statunitense.Un altro progetto in programma, con base aOlokola vicino alle gas facilities Chevron Texa-co di Escravos, sarà gestito da un consorzio Che-vron Texaco in associazione con BG. L’impian-to che utilizzerebbe la produzione da campi onsho-re avrà una capacità iniziale di 11 millioni di terogate a partire dal 2009.È inoltre in programma nella parte orientale deldelta sull’isola di Bonny una nuova istallazio-ne della Exxon Mobil (in associazione conNNPC) che sfrutterebbe il gas di Oso. Si pre-vede l’inizio nel 2010 con una capacità di 4,8milioni di t/a.Per quanto riguarda il GTL, dopo un lungo ritar-do, la ChevronTexaco sta procedendo, in asso-ciazione con la NNPC, alla costruzione del-l’impianto GTL di Escravos (34.000 bbl/d). Ilprogetto include la connessione della rete diEscravos con il West African Gas Pipeline(WAGP) per l’esportazione di gas in Benin, Togo,Ghana.

603VOLUME V / STRUMENTI

AFRICA

Page 40: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Cina

Nome ufficiale: Zhonghua Renmin Gongheguo(Repubblica Popolare di Cina)

Confini e territorioAffacciata sull’Oceano Pacifico nella parte orien-tale del continente eurasiatico (Estremo Orien-te), la Cina è per superficie il terzo paese delmondo dopo Russia e Canada, con un’ esten-sione all’incirca uguale a quella degli Stati Uniti.I suoi confini toccano quattordici Stati, parten-do da sud e procedendo in senso orario: Viet-nam, Laos, Myanmar, India, Bhutan, Nepal asud; Pakistan, Afghanistan, Tagikistan, Kirghi-zistan a ovest; Kazakhstan e Russia a nord-ovest;Mongolia a nord; Russia a nord-est; Corea delNord a est. Le sue coste sono bagnate (da norda sud) da tre mari dipendenti dall’Oceano Paci-fico (Mar Giallo, Mar Cinese Orientale e MarCinese Meridionale).Il territorio è per gran parte costituito da zonemontuose e collinari o da altopiani; i bassopia-ni sono quasi esclusivamente litoranei, fuorchénel Nordest, dove il vasto bassopiano cinese,risultante dalla saldatura delle pianure alluvio-nali del Huang he e del Changiang, si estendeverso l’interno del paese. Nella parte occiden-tale dello Stato predominano nettamente aree diquota elevata: gli altopiani, tra i quali primeg-gia quello, estesissimo, del Tibet, per la massi-ma parte di altitudine superiore ai 4.000 m, non-ché quelli, aridissimi, del Gobi e del Tarim (que-st’ultimo, peraltro, ospita la Depressione diTurfan, seconda depressione assoluta della Terra(dopo quella del Mar Morto), scendendo a 154m sotto il livello del mare; e il versante norddella più imponente catena montuosa del mondo,quella del Himalaya, che comprende i montiEverest (8.848 m) e K2 (8.611), le più alte vettedel pianeta. La parte sudoccidentale del paeseè un’immensa area collinare.Il territorio della Repubblica Popolare di Cina èdiviso in 22 Province, 5 Regioni autonome, 4 Muni-cipalità e 2 Regioni amministrative speciali (HongKong e Macao); ancora aperta è la disputa circalo status di Taiwan, isola a sudest della Cina (dacui la separa lo Stretto di Taiwan), bagnata a norddal Mar Cinese Orientale e a sud dal Mar CineseMeridionale: la Repubblica Popolare di Cina larivendica come sua ventitreesima Provincia.

Popolazione e aspetti socio-culturaliCon una popolazione, secondo stime del 2006,di 1.307 milioni di ab. (circa un quinto del tota-le mondiale; erano 1.243 milioni al censimen-to del 2000), la Cina è il paese più popolosodella Terra, seguita dall’India (1.100 milioni)e, a grande distanza, dagli Stati Uniti (298milioni).In Cina sono ufficialmente riconosciuti 56 grup-pi etnici, al più numeroso dei quali, quello degliHan, appartiene oltre il 90% della popolazio-ne; altri gruppi etnici ben distinti sono quellidegli Zhuang (1,5%), dei Manciù (1%), degliUiguri, dei Mongoli, dei Tibetani. La linguaufficiale, e più diffusa, è il cinese mandarino,al quale nelle Regioni autonome si aggiungono

lingue locali, mentre nelle Regioni ammini-strative speciali l’idioma più parlato è il dia-letto cantonese e sono utilizzate le lingue degliantichi colonizzatori (inglese a Hong Kong, por-toghese a Macao). Tra le religioni prevale ilBuddismo. Parte della popolazione segue il Taoi-smo, e alcune minoranze della popolazione pra-ticano culti cristiani (4%) o islamici (2%). InCina la libertà di culto è sancita dalla fine deglianni Settanta del Novecento, ma è sottoposta aforti restrizioni che assumono carattere perse-cutorio e costringono alcuni gruppi alla clan-destinità.La capitale è Pechino (in cinese Beijing, con7.700.000 ab., ma 12.400.000 nell’intera agglo-merazione urbana). Le altre città più popolosesono Shanghai (18.600.000 ab. nell’ agglome-razione; non si dispone di altri dati), Canton(4.650.000 e 9.950.000 nell’agglomerazione),Wuhan (4.593.000 e 9.350.000), Chongqing(4.240.000 e 9.600.000) e Tianjin (9.800.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria in Cina è il renmin-bi (o Yuan, CNY), il cui tasso di cambio me-dio nel 2005 è stato di CNY8,1931�$1 e diCNY10,1964�€1. Dal 1994 al 2005 il renmin-bi è stato ancorato al dollaro statunitense al tassodi CNY8,28�$1, per poi essere rivalutato aCNY8,11�$1 e ancorato a un paniere di valutecon la possibilità di oscillare per lo 0,3% del valo-re di riferimento rispetto al dollaro statunitensee del 3% rispetto alle altre valute.A Hong Kong l’unità monetaria è il dollaro HongKong (HKD), il cui tasso di cambio medio nel 2005è stato di HKD7,7776�$1 e di HKD9,67682�€1.Dal 1983 al 2005 il dollaro Hong Kong è stato anco-rato al dollaro americano al tasso di HKD 7,8�$1,per poi introdurre un campo di oscillazio-ne compreso fra HKD7,85-7,75�$1. A Macaol’unità monetaria è il pataca (MOP), il cuitasso di cambio medio nel 2005 è stato diMOP8,0112�$1 e di MOP9,96586�€1. Il pata-ca è ancorato al dollaro Hong Kong al tasso diMOP1,03�HKD1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. L’eco-nomia della Cina è seconda al mondo solo aquella statunitense per dimensione del PIL (aparità del potere d’acquisto) e deve la sua asce-sa alla graduale riforma del sistema economicoavviata nel 1978, con la lenta e progressiva aper-tura dell’economia pianificata verso un’econo-mia più orientata al mercato, pur sotto il rigidocontrollo dello Stato. Il complesso insieme diriforme ha contribuito a determinare la soste-nuta crescita del PIL, a un tasso medio annuodel 9,3% dal 1978 al 2004. Essa è stata favorita

dall’istituzione di Zone Economiche Speciali(Shenzhen, Zhuhai, Shantou, Xiamen, Hainan,Pudong), con agevolazioni per il commercio eper gli investimenti esteri. Membro dell’Orga-nizzazione Mondiale per il Commercio dal 2001,la Cina si propone come aggressivo competito-re sui mercati internazionali per effetto del bassocosto della sua manodopera. Nonostante la cre-scita, la popolazione della Cina si mantiene aun basso livello di reddito pro capite. L’agri-coltura produce il 14,4% del PIL occupando il49% della forza-lavoro, mentre l’industria e iservizi contribuiscono, rispettivamente, per il53,1% e il 32,5% alla formazione del PIL e assor-bono il 22% e il 29% della forza-lavoro. Il fortesviluppo industriale ha comportato un incre-mento della domanda energetica con conseguentepressione al rialzo dei prezzi sui mercati inter-nazionali.Hong Kong e Macao mantengono il loro statusdi economie di libero mercato, con la prima cheriveste un ruolo di primo piano sui mercatifinanziari a livello mondiale e la seconda chepoggia sul turismo, in parte indotto dal giocod’azzardo.

Bilancia commerciale. Forte della competitivitàdei suoi prodotti, la Cina ha una bilancia com-merciale in attivo le cui esportazioni (macchina-ri e attrezzature, plastiche, attrezzature ottiche emediche, ferro e acciaio) sono destinate a StatiUniti (21,1%), Hong Kong (17,0%), Giappone(12,4%), Corea del Sud (4,7%) e Germania(4,0%); le importazioni (macchinari e attrezza-ture, petrolio e combustibili, plastiche, attrezza-ture ottiche e mediche, prodotti chimici, ferro eacciaio) provengono da Giappone (16,8%), Taiwan(11,4%), Corea del Sud (11,1%), Stati Uniti(8,0%) e Germania (5,4%).

Quadro energeticoLa Cina è il secondo consumatore di energia pri-maria dopo gli Stati Uniti. È un paese importa-tore di olio la dipendenza dal quale (37% nel2003) si prevede aumenti nei prossimi anni, conle note conseguenze sull’aumento dei prezzi. Èanche il maggior produttore di carbone, utiliz-zato per il mercato interno. Nel 2004 ha pro-dotto 1.536,78 milioni di tep di energia e ne haimportati 90,37 milioni. Al consumo di 1.386,2milioni di tep di energia commerciale hannocontribuito essenzialmente carbone (956,9 milio-ni) e olio (308,6) e in minor misura energia idroe-lettrica (74,2), gas (35,1) ed energia nucleare(11,3).Si prevede che la domanda di energia primariacresca entro il 2030 con un tasso annuo del 2,6%(2,3% il carbone, 3,4% l’olio, 5,4% il gas, 9%l’energia nucleare, 3,4% quella idroelettrica).

604 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

ASIA - PACIFICO

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1978 1979-1988 1989-1996 1997-2004 1972-2004

Agricoltura 2,5 5,5 4,8 3,3 4,2Industria 7,9 11,6 14,3 9,7 10,6Servizi 6,0 13,4 8,2 8,2 9,0

PIL 5,2 10,0 10,5 8,2 8,5

Fonte: elaborazioni su dati ONU.

Page 41: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. A parte le rudi-mentali estrazioni di idrocarburi note fin dal-l’antichità, i primi pozzi commerciali sonoDushanzi (1897) e Yanchang (1907). Nel perio-do tra le due guerre l’attività di ricerca fu mode-sta, ma a partire dal 1949 furono esplorati inmodo sistematico i maggiori bacini sedimenta-ri e furono scoperti numerosi campi a olio e agas, tra i quali Karamag (1955) nel JunggarBasin, il complesso di Daqing (1960) nel Son-gliao Basin e Dongxin (1961) nel Bohai Basin.Alla fine degli anni Settanta, vennero norma-lizzati i rapporti diplomatici con gli Stati Uniticon la conseguente collaborazione delle mag-giori società petrolifere internazionali nell’e-splorazione offshore. Nel Mar Cinese Meridio-nale e nel Pearl River Mouth Basin, nel 1979,in collaborazione con un gruppo di trenta com-pagnie internazionali, veniva infatti effettuatoun rilievo sismico per definirne il potenziale

minerario e nel 1982 aveva luogo la prima garainternazionale. Manifestarono interesse 46 com-pagnie, tra le quali quasi tutte le major. Il primosuccesso commerciale veniva conseguito dalconsorzio ACT (Agip, Chevron e Texaco) conla scoperta di alcuni giacimenti di olio messi inproduzione a partire dal 1995. Un’altra signifi-cativa scoperta di gas (Yacheng 13-1) venivafatta dalla Arco a sud dell’isola di Hainan). Nel-l’area di Bohai, situata nella parte nordorienta-le dell’offshore cinese, dove l’attività petrolife-ra era iniziata già negli anni Sessanta con leimportanti scoperte di Dongxin (1961), Sheng-tuo (1964), Gudao (1968) e Renqiu (1975), l’at-tività è stata gestita direttamente dalla Bohai OilCo. (affiliata della CNOOC, China National Off-shore Oil Corporation). Negli anni Novanta leprime compagnie ad acquisire diritti nell’areasono state Amoco, JCODC (Japan China OilDevelopment Corporation, un consorzio di com-pagnie giapponesi), Texaco, Bhp, Shell, Chevron,Petronas, Kerr McGee, Oxy, Phillips, Triton,

Apache, Esso, EDC (Energy Development Cor-poration) e Agip.Anche nel Mar Cinese Orientale ci sono statenegli anni diverse gare alle quali hanno parteci-pato molte compagnie petrolifere che, dopo i delu-denti risultati, hanno abbandonato l’area.Per quanto riguarda l’attività onshore, a partiredal 1993 sono stati messi in gara diversi blocchinei bacini del Tarim e dello Junggar. Anche baci-ni produttori di gas, come il Sichuan e l’Ordos,hanno suscitato l’interesse di diverse compagniestraniere (Enron, Shell e Texaco).In conclusione, delle società operative in Cina inquei primi anni di attività, molte (ChevronTexa-co, Agip, Japex, Kerr-McGee, Shell e altre) sonotuttora presenti. Accanto a queste si segnalanonuove compagnie quali Sunwing Energy, Statoil,Genting, Lowell, Roc Oil, Devon e Texas Ame-rican Resources.Per quanto riguarda le compagnie di Stato dele-gate alla gestione dell’attività petrolifera, nellariorganizzazione del 1998 sono state create due

605VOLUME V / STRUMENTI

ASIA - PACIFICO

Chongqing

Dalian

Yantai

Qingdao

Nantong

ZhanjiangBeihai

Fuzhou

Wenzhou

Canton

Ningbo

Shanghai

Tianjin

Yanshan

Jinzhou

Fushun

Benxi

Jilin

Daqing

Qiqihar

Luoyang

NanpingLuzhou

Nanchong

Haikou

LiaoyangAnshan

Lhasa

Xining

Yumen

Lenghuzhen

Hohhot

NanningMacao

Maoming

Hefei

Pechino

Jinan

Nanchino

Hangzhou

Shaoguan

Hong Kong

Guiyang

Kunming

Chengdu

Lanzhou

Ürümqi

Xi'an

Shijiazhuang

Taiyuan

Zhengzhou

WuhanHuangshi

Changsha

Zhuzhou

Nanchang

Harbin

Shenyang

Changchun

Yinchuan

H a i n a n

1000 km0 500

Xiamen

Shantou

Shenzhen

MAR

CINESE

ORIENTALE

M A R

C I N E S E

M E R I D I O N A L E

M A R

G I A L L O

Amur

Wus

uli

So

nghu

a

Huang He

Mekong

Xi Jiang

Chang Jiang

Salween

Brahmaputra

Hua

ng H

e

M O N G O L I A

K A Z A K H S T A N

KIRGHIZISTAN

NE P A

LBHUTAN

BANGLADESH

L A O S

V I E T N A M

THAILANDIA

TA I WA N

REPUBBLICADEM. POP.DI COREA

REPUBBLICADI COREA

MY

AN

M

AR

IN

DI

A

PAKISTAN

TAGIK

ISTAN

AFGHANISTAN

JUNGGARBASIN

TARIM BASIN

QAIDAMBASIN

SICHUANBASIN

ORDONBASIN

SONGLIAOBASIN

PEARLMOUTHBASIN

EAST CHINASEA BASIN

BOHAI BASIN

campo a gas campo a olio

gasdottooleodotto

gasdotto in costruzione oin progetto

oleodotto in costruzione oin progetto

principali bacini petroliferiprincipali raffinerieprincipali terminalimpianti di importazione di GNLimpianti di importazione di GNLin costruzioneimpianti di importazione di GNLin progetto

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

Gange

Lago Balkhas

Heilong Jiang F

ED

ER

A Z I O N E R U S S A

Page 42: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

strutture: la China National Petroleum Corpo-ration (CNPC) e la China Petrochemical Cor-poration (Sinopec). La CNPC opera nelle areesettentrionali e occidentali del paese e la Sino-pec in quelle meridionali; la prima resta orien-tata piuttosto verso la produzione e la secondaverso la raffinazione e la distribuzione di pro-dotti petroliferi. L’altra organizzazione è laCNOOC che si occupa dell’offshore e che vantail 10% della produzione interna di idrocarburi.Anche se il controllo delle compagnie rimanetuttora in mano al governo, episodi di parzialeprivatizzazione hanno interessato le tre societàtramite offerte pubbliche nel periodo 2000-02con partecipazioni di BP (Bitish Petroleum) inCNPC, di ExxonMobil, BP, di Shell in Sinopece di Shell in CNOOC.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio della Cinaammontavano a 17,1 miliardi di bbl (erano 16,2alla fine del 1994), prevalentemente distribuitenei bacini di Bohai e Songliao (entrambi con un35% di riserve) e marginalmente nei bacini diJunggar (8%) e del Tarim (6%). Le riserve resi-due sono distribuite nei bacini di Pearl RiverMouth, Ordos e Qaidam.Nel Bohai Basin i maggiori giacimenti di oliosono: Renqiu (1,7 miliardi di bbl), Shengtuo (1,2miliardi), Gudao, Penglai, Shuguang e Cheng-dao (tra 500 milioni e 1 miliardo di bbl). Nel Son-gliao Basin a terra spicca il complesso di Daqing,(15,5 miliardi) e nello Junggar Basin quello diKaramai (oltre 1 miliardo di bbl); mentre nelTarim Basin sono localizzati i giacimenti di Tahe(oltre 1 miliardo di bbl), di Tazhong 4 (250 milio-ni), di Hade (170), di Lunnan (135). Nel PearlRiver Mouth Basin sono presenti i campi diHuizhou 26-1 (210 milioni di bbl), Liuhua 11-1(170), Huizhou 32-3 (130), Xijiang 30-2 (125),Xijiang 24-3 (100). Nell’Ordos Basin sono ubi-cate le scoperte di Ansai (571 milioni), Xifeng(568 milioni) e Jing’an (345 milioni). Infine, nelQaidam Basin ricordiamo quelle di Gasikule (300milioni) e Wunan (58 milioni).La produzione di olio durante il 2004 è stata di3,49 milioni di bbl/d a fronte di un consumo di6,68 milioni di bbl/d (in crescita del 15,8 %rispetto all’anno precedente). Nel 1994 la pro-duzione era di 2,9 milioni di bbl/d. Il greggioprodotto proviene dai bacini onshore, in parti-colare dal campo di Daqing, che, operativo dal1963, contribuisce per 900.000 bbl/d alla pro-duzione. Un altro campo è Liaohe, nel BohaiBasin, per il quale sono in corso diversi contrattidi riabilitazione produttiva. È ipotizzato lo svi-luppo di nuove scoperte nell’area di Shengli, nelBohai e nel Pearl River Mouth, oltre ai proget-ti di sviluppo relativi ai campi di Bozhong dellaChevronTexaco, di Peng Lai della Conoco Phil-lips (si ipotizza di incrementare la produzionefino a 140.000 bbl/d) e del campo a olio pesan-te di Luda della CNOOC. La necessità di impor-tare olio ha spinto la CNPC ad acquisire parte-cipazioni in Azerbaigian, Canada, Kazakhstan,Venezuela, Sudan, Indonesia, Iraq e Iran. Il con-tributo di produzione che portano queste parte-cipazioni è di 300.000 bbl/d su di un’importa-zione di olio di 3,5 milioni di bbl/d.Inoltre la CNPC ha acquistato il 60% della com-pagnia kazaka Aktobemunaigaz e ha firmato nelmaggio 2004 un accordo per un oleodotto da Aty-rau ad Alashankou che le permetterà di importa-re in Cina l’olio del Turgay Basin.

Anche la Russia è un’importante fonte di approv-vigionamento (160.000 bbl importati nel 2004).Recentemente è stata decisa la costruzione del-l’oleodotto che trasporterà nella penisola diNakhodka, sul Pacifico, il petrolio della Sibe-ria Orientale. L’oleodotto Siberia Orientale-Ocea-no Pacifico avrà una capacità di 600.000 bbl/ddal 2008 e di 1 milione dal 2015 e trasporteràil greggio destinato a Giappone e Corea del Sud.Una sua diramazione raggiungerà i terminalcinesi di Daqing. Attualmente la Cina ha una capacità di raffina-zione di 4,65 milioni di bbl/d con un numero ele-vato di raffinerie di modesta capacità. Si preve-de un incremento della capacità di raffinazionecon la costruzione di nuovi impianti, come la raf-fineria di Huizhou, da realizzarsi entro il 2008,o l’espansione della raffineria di Quongang, conaumento di capacità da 80.000 a 240.000 bbl/d.Questo progetto prevede la partecipazione diExxon Mobil e Saudi Aramco.È inoltre ipotizzata l’espansione della raffineriadi Dushanzi nello Xinjiang parzialmente riforni-ta dal greggio kazako. Un aspetto critico del siste-ma cinese è la mancanza di infrastrutture per laraffinazione di greggi mediorientali pesanti, deiquali si prevede in prospettiva un aumento diimportazione.

Gas. Nel 2004 le riserve ammontavano a 2.230miliardi di m3 (erano 1.670 nel 1994), localiz-zate nei bacini di Sichuan e Ordos (il 23% cia-scuno), del Tarim (20%) e del Bohai (17%). Leriserve rimanenti sono distribuite negli altribacini.Nel Sichuan Basin si ubicano i campi di Puguang(198 miliardi di m3), Kaijiang (70), Fenggu (57),Tieshanpo (50) e altri, mentre nell’Ordos Basinsono presenti Sulige (oltre 500 miliardi di m3),Jingbian-Hengshan (488), Daniudi (211), Chang-bei (68), Wushenqi (33).Nel Tarim Basin i campi a gas sono Kela 2 (215miliardi di m3), Tazhong 1 (85), Dina 1&2 (80),Dabei (65). Nel Bohai Basin il gas è associatonei campi di Qianmiqiao (218 miliardi di m3),Banqiao (78) e Wenliu (66).Nel 2004 la produzione di gas è stata di 40,8miliardi di m3 a fronte di un consumo di 39miliardi di m3 (incrementato del 19% rispettoall’anno precedente). Nel 1994 la produzioneera stata di 16,6 miliardi di m3 per un consumoequivalente. Il gas è stato utilizzato in passatosolo in modesta quantità per la produzione dienergia elettrica e rappresenta per il momentosolo il 3% dell’energia consumata in Cina. Leprevisioni di sviluppo indicano un consumo rad-doppiato nel 2010, che presuppone un aumen-to della produzione e delle importazioni via tuboe sotto forma di GNL.Le riserve di gas sono ubicate prevalentementenelle aree occidentali e in quelle centro-setten-trionali del paese e sono pertanto necessari gasdot-ti per trasportare il gas nelle città delle regioniorientali. Con questa finalità, nel 2005, è statacompletata da CNPC la West-to-East Pipeline,che dalla Provincia dello Xinjiang occidentaleporta il gas a Shanghai. Delle compagnie stra-niere solo la Shell è coinvolta nel progetto di svi-luppo del campo di Changbei che fornirà gas allalinea di distribuzione.Sono anche previste importazioni di gas dallaRussia, dal giacimento siberiano di Kovyktin-skoye (Irkutsk) tramite la costruzione di un

gasdotto destinato a raggiungere lo Xinjiang,che consentirà alla Cina di ricevere 20 miliar-di di m3 di gas all’anno. Nell’ambito regiona-le sono stati costruiti gasdotti minori come quel-lo che collega i campi di Sebei nel bacino delQaidam con la città di Lanzhou e quello checonnette i campi della Provincia di Sichuan conle città di Hubei e Hunan, nel centro del paese.Una linea tra l’Ordos e Pechino è stata com-pletata nel 1997, ma sembra necessaria unaseconda linea per soddisfare le esigenze di mer-cato.Anche le importazioni di GNL potranno assu-mere un carattere importante, soprattutto perl’area costiera meridionale, nel caso di man-cato rifornimento dalla Russia. È in corso, conla collaborazione della BP, la costruzione delprimo terminal di importazione GNL nei pres-si di Canton. È stato a questo proposito stipu-lato un contratto di fornitura con l’Australia.Un secondo terminal (che dovrebbe essere com-pletato entro la fine del 2007) è in costruzionea Zhengzhou, nella Provincia del Fujian, confornitura dal giacimento indonesiano di Tangudella BP. Altri impianti di competenza CNOOCe Sinopec sono in corso di definizione. Anchenell’offshore sono in corso progetti di svilup-po. Oltre Yacheng 13-1, in produzione da tempo,anche il campo a gas di Chunxiao nel Mar Cine-se Meridionale potrà portare un contributo, seb-bene ubicato in un’area di contenzioso con ilGiappone.

Indonesia

Nome ufficiale: Republik Indonesia(Repubblica di Indonesia)

Confini e territorioSituata a sud-est del continente eurasiatico e anord di quello australiano, l’ Indonesia è unvastissimo Stato arcipelagico formato da oltre17.000 isole: alcune tra le maggiori del mondo(la Nuova Guinea, Borneo, Sumatra), altre didimensioni minori ma ancora notevoli (Celebes,Giava), altre di superficie decisamente modesta(Piccole Isole della Sonda, Molucche), piùmigliaia di frammenti insulari sparsi in un gran-de mare mediterraneo interposto tra l’OceanoIndiano e il Pacifico. Alcune isole non sono inte-ramente indonesiane, e pertanto in esse s’indi-viduano brevi tratti di confini terrestri che sepa-rano l’Indonesia da Papua Nuova Guinea (nellaNuova Guinea), dalla Malaysia (nel Borneo),dallo Stato neoindipendente di Timor Est (nel-l’isola di Timor). Morfologicamente il territorio è caratterizzatoda pianure costiere in genere non molto estesee da rilievi nell’entroterra delle isole maggiorifin oltre i 3.000 m; la massima altitudine si rag-giunge in Nuova Guinea (Monte Jaya, 5.030 m).L’Indonesia conta circa 400 vulcani, di cui unquarto attivi. Il clima è di tipo equatoriale, convalori costantemente elevati di temperatura e diumidità.L’Indonesia è suddivisa in 31 unità amministra-tive: 28 Province, più le Regioni speciali di Acehe di Yogyakarta e il Distretto speciale della capi-tale, Giacarta.

606 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Page 43: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Popolazione e aspetti socio-culturaliCon una popolazione di 219.000.000 ab. (stima-ti nel 2005; erano 206.264.595 al censimento del2001), l’Indonesia è al quarto posto tra i paesipiù popolosi del mondo, dopo Cina, India e StatiUniti. La popolazione si concentra in gran partenell’isola di Giava, la cui densità media supera i1.000 ab./km2.Tra i gruppi etnici prevale nettamente quello deiGiavanesi (45%), seguiti dai Sundanesi (14%),dai Maduresi (7,5%) e dai Malesi (7,5%). Lin-gua ufficiale è l’indonesiano (bahasa Indonesia),una variante del malese, che tuttavia non è laprima lingua della maggior parte del paese essen-do molto diffuse le lingue locali (bahasa daerah)delle diverse etnie, in particolare il giavanese; lelingue occidentali più parlate sono l’inglese e ilnederlandese. L’87% della popolazione è di reli-gione musulmana, il 6% protestante, il 4% cat-tolica, il 2% induista, l’1% buddista; in Indone-sia è ammessa la libertà di culto.Le maggiori città sono la capitale, Giacarta(8.390.000 ab., ma 16.900.000 nell’intera agglo-merazione urbana), Bandung (2.400.000 e3.125.000), Surabaya (2.400.000 e 3.025.000),Medan (1.900.000 e 2.700.000), Palembang(1.450.000 e 1.680.000) e Semarang (1.350.000e 1.610.000). Tali città sono tutte nell’isola diGiava, tranne Medan e Palembang (Sumatra).

Economia

Moneta. L’unità monetaria in Indonesia è la rupiaindonesiana (IDR) il cui tasso di cambio medionel 2005 è stato di IDR9.713,6273�$1 e diIDR12.071,2�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Basatasullo sfruttamento delle ampie risorse naturalidi cui dispone il paese (tra cui petrolio, gas natu-rale e carbone), l’economia dell’Indonesia sicaratterizza per la forte presenza diretta delloStato. Il PIL è composto per il 14,7% dal setto-re agricolo (riso e tapioca, oltre ad arachidi, cauc-ciù, cacao, caffé e olio di palma), per il 30,6%dall’industria (petrolifera e del gas, tessile, del-l’abbigliamento, mineraria, cementifera e chi-mica) e per il 54,7% dai servizi (la cui doman-da è principalmente pubblica). La maggior partedella forza-lavoro è assorbita dal settore agrico-lo (46,5%), seguito dai servizi (41,7%) e dal-l’industria (11,8%); il tasso di disoccupazione èdell’11,8%.Lo sviluppo economico e industriale del paese èstato avviato a partire dagli anni Settanta con l’in-troduzione, da parte del governo militare del Pre-sidente Suharto, salito al potere nel 1967, dellapolitica del ‘Nuovo ordine’. Tra la fine degli anniSettanta e la fine degli anni Novanta, l’economia

è cresciuta a ritmi sostenuti, con un incrementomedio annuo del PIL globale e pro capite pari,rispettivamente, all’11,3% e al 7,2%, La faseespansiva dell’economia si è interrotta con il dila-gare della crisi finanziaria che nel 1997 ha col-pito gran parte delle economie asiatiche e che hacomportato per l’Indonesia una brusca contra-zione del reddito (13,1% nel 1998), una crescitadell’inflazione fino al 58% e una forte svaluta-zione della rupia. La crisi ha comportato un fortepeggioramento delle condizioni di sviluppo delpaese, già ostacolate da carenze infrastrutturalie da una diffusa corruzione, ma già a partire dal1998 l’economia ha cominciato gradualmente acrescere riportandosi alla metà del primo decen-nio del 2000 sui livelli pre-crisi.

Bilancia commerciale. L’Indonesia mantiene unsaldo attivo della bilancia commerciale positiva,anche se, dagli anni Settanta a oggi, la sua inci-denza sul PIL è scesa da oltre il 30% a circa il2%, facendo registrare anche valori negativi. Iprincipali prodotti esportati sono olio e gas natu-rale, elettrodomestici, compensati, prodotti tes-sili e gomma; le importazioni sono costituite damacchinari e attrezzature, prodotti chimici, car-buranti e generi alimentari. I principali partnercommerciali sono il Giappone (20,3% delle espor-tazioni e 16% delle importazioni), gli Stati Uniti(12,7% e 5,2%), la Cina (8,2% e 14,3%) e Sin-gapore (8,1% e 11,3%).

Quadro energeticoL’Indonesia è un paese produttore ed esportatoredi gas e carbone e, dal 2004, importatore di olio.Nel 2004 l’Indonesia ha prodotto 258,01 milionidi tep di energia, consumandone oltre il 60%. Delconsumo di 109,7 milioni di tep di energia com-merciale, 54,7 milioni di tep sono di olio, 30,3 di

607VOLUME V / STRUMENTI

ASIA - PACIFICO

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1982 1983-1992 1993-1996 1997-2001 2002-2004 1972-2004

Agricoltura 4,0 3,9 2,7 1,1 3,3 3,1Industria 7,9 8,3 10,7 �1,0 3,8 6,9Servizi 8,6 7,4 7,2 �2,4 6,3 6,2

PIL 7,3 6,7 7,9 �1,3 4,6 5,8

Fonte: elaborazioni su dati ONU.

campo a gas campo a olio

principali bacini petroliferiprincipali raffinerieprincipali terminal

campo a olio e gas

gasdottooleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti di esportazione di GNLimpianti di esportazione di GNL in costruzione

impianti di esportazione di GNL in progetto

NORTHSUMATRA

BASIN

CENTRALSUMATRA

BASIN

SOUTHSUMATRA

BASIN

NATUNABASIN

WEST JAVABASIN

EAST JAVA BASIN

BARITO BASIN

KUTEIBASIN

TARAKANBASIN

SALAWATIBASIN

BINTUNIBASIN

B o r n e o

N u o v a G u i n e a

CelebesSeram

Halmahera

Flores

Bangka

Natuna

Buru

TimorSumba

Bali

Lombok

Sumbawa

G i a v a

Su

ma

tr

a

Bandung

Cepu

Kupang

Pontianak

Musi

Dumai

Sungai PakningLaleng

Sungaisalak

Manado

Padang

Cilacap

M A L A Y S I A

BRUNEI

TIMOREST

SINGAPORE

F I L I P P I N ET H A I L A N D I A

O C E A N O

P A C I F I C O

M A R C I N E S E

M E R I D I O N A L E

M A R D E G L I A R A F U R A

O C E A N O

I N D I A N O

meno di 1.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

1000 km0 500

Cirebon

BalonganSemarang

SurabayaPoleng

BanjarmasinAmbon

Sorong

MuturiBalikpapan Senipan

Lawi Lawi

Ujungpandang

Bontang

MedanBelawan

Aurun

Pangkalan Brandan

Palembang

Giacarta

impianti di importazione di GNL speculativiimpianti di importazione di GNL in progetto

1.000.000 - 5.000.000

Page 44: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

gas, 22,2 di carbone e 2,5 di energia idroelettricaLa domanda di energia primaria è stimata cre-scere, entro il 2030, con un tasso annuale del 2,7%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. La ricerca petro-lifera nelle Indie Orientali Olandesi iniziò nel1890 con la Royal Dutch Company, che intra-prese un’attività geologica e di perforazione. Ven-nero compiute alcune scoperte tra le quali la piùimportante fu il giacimento di Sanga Sanga (1897)nel Borneo orientale. Nel 1898 iniziò la produ-zione commerciale. All’inizio del Novecentoentrarono nel paese la Standard Oil Company ofNew Jersey, che costituirà in seguito la Stanvac(Standard-Vacuum Petroleum), cercando di scal-zare il monopolio Shell, e più tardi la StandardOil of California. Nel 1936 a quest’ultima siaggregò la Texaco, con la quale venne costituitala Caltex. L’attività prevalente della compagniasi esplicò nel Central Sumatra Basin, nel qualesi registrarono le maggiori scoperte negli anniVenti e Trenta. In questo periodo l’attività fu moltointensa anche negli altri bacini di Sumatra. Nel1941, fu scoperto il campo di Duri. Nella NuovaGuinea occidentale (Irian Jaya), nel 1944, duran-te l’occupazione militare, i Giapponesi misero inevidenza il campo di Minas, che risulterà il piùgrande di tutto l’Estremo Oriente.Quando l’Indonesia ottenne l’indipendenza daiPaesi Bassi (1949), alle principali compagnie giàpresenti nel paese fu data la possibilità di operarenelle concessioni detenute nel periodo prebellico.La nuova legge petrolifera del 1960 nazionalizzògli asset petroliferi e causò un’interruzione del-l’attività di ricerca. Vennero costituite le due com-pagnie di Stato, la Pertamina e la Permina (checonfluiranno nel 1968 nella PT Pertamina). L’an-no successivo alle compagnie straniere presentinel paese fu assegnato l’incarico di operare comecontrattisti nelle aree di competenza.Dal 1968, con l’introduzione del Production Sha-ring Contract, l’esplorazione ebbe un notevolerilancio con l’intervento, soprattutto offshore, dinumerose compagnie. Tra la fine degli anni Ses-santa e l’inizio degli Ottanta furono scoperti nume-rosi giacimenti nell’ offshore di West Java, Kuteie Natuna e nell’onshore di North, Central Suma-tra e Irian Jaya.Attualmente tra le molte compagnie che operanonel territorio indonesiano ricordiamo BP (BritishPetroleum), Chevron, ConocoPhillips, Exxon-Mobil, Inpex, PetroChina, Total e Unocal (ades-so Chevron). La Shell ha abbandonato il paese nel2001 dopo oltre cent’anni di permanenza. Sonopresenti altre compagnie quali Amerada Hess,Anadarko, Energy World, Eni, KNOC (KoreaNational Oil Corporation), Kodeco, Kufpec, Lion,Lundin, Premier, Santos e Talisman, oltre a pic-cole compagnie indipendenti straniere e nazio-nali. Tra quelle indonesiane è da ricordare la PTMedco, compagnia molto aggressiva e attualmenteoperatore in diversi permessi. Anche compagniedi Stato come Petronas e CNOOC (China Natio-nal Offshore Oil Corporation) sono attive nel paesee si presume che pure compagnie asiatiche comeONGC (Oil and Natural Gas Corporation), PNOC(Philippine National Oil Company), PTTEP (PTTExploration and Production) e PetroVietnam pos-sano essere interessate a operare in Indonesia.Il settore energetico è stato recentemente riorga-nizzato. È stato costituito un Directorate General

of Oil and Gas (Migas), strutturato in due enti,uno per l’upstream e l’altro per il downstream.Per l’upstream il BP Migas controlla le attivitàprecedentemente gestite da Pertamina, relative aiPSC e ai contratti di cooperazione.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio ammontavano a4,7 miliardi di bbl (erano 9,6 nel 1994), distribui-te nei bacini principali di Central Sumatra, Kutei,North Sumatra, South Sumatra e Northwest Java.Per la maggior parte i campi indonesiani sonoubicati nei bacini onshore, in particolare nel Cen-tral Sumatra Basin, che contiene il maggior gia-cimento dell’Indonesia, Minas, con 4,9 miliardidi bbl. Altri giacimenti del bacino sono Duri (2,8miliardi di bbl), Bangko (690 milioni), Bekasup(640 milioni), Petani (440 milioni) e Pematang(290 milioni). Nel bacino la densità dell’olio variadai 17,3-22 °API di Duri, ai 35,8 °API di Minas.Il bacino di Kutei include i campi di Handil (870milioni di bbl), Attaka (660 milioni), Tunu (oltre400 milioni di condensato), Sanga Sanga (300milioni), Badak (55 milioni), Nilam (50 milio-ni). La densità dell’olio varia dai 13-37 °API diSanga Sanga ai 32-42 °API di Attaka. Il NorthSumatra Basin, contiene i giacimenti di Arun (730milioni di bbl di condensato) e di Rantau (300milioni). Nel South Sumatra Basin il maggioregiacimento è Talang Akar (360 milioni). La den-sità dell’olio è di 35,3 °API.Il West Java Basin contiene l’aggregato di gia-cimenti Arjuna (1.480 milioni e i campi di Widu-ri (oltre 400 milioni) e di Jatibarang (195 milio-ni di bbl).Gli altri bacini hanno interesse secondario. Ricor-diamo i campi di Tandjung (150 milioni di bbl)nel Barito Basin, di Vorwata (oltre 200 milionidi condensato) nel Bintuni Basin, di Walio (200milioni) nel Salawati Basin. La densità dell’oliovaria da 33 a 35 °API. Il Tarakan Basin contieneil giacimento di Pamusian (200 milioni). La den-sità dell’olio varia da 45,8 a 46,5 °API. Il baci-no offshore di Natuna ha 6 giacimenti di olio perun totale di riserve originarie recuperabili di circa300 milioni di bbl. Il maggiore giacimento è KHo Kakap (200 milioni).A partire dal 2004 la produzione non è più ingrado di soddisfare la domanda interna. Infattia fronte di una produzione di 1,12 milioni dibbl/d (comprensivi di 194.000 bbl/d di liquidida gas e condensati) si registra un consumo di1,5 milioni di bbl/d. Nel 1994 la produzione eradi 1,58 milioni di bbl/d a fronte di un consumodi 770.000 bbl/d. La capacità produttiva attua-le è ben al di sotto della quota di 1,45 milionidi bbl/d di greggio stabilita dall’OPEC.Rispetto al 2003 vi è stato un declino di produ-zione dell’ordine del 4,5%, declino che è confer-mato nei primi mesi del 2005. Questo aspetto cri-tico, oltre che all’età dei campi, è dovuto anche aimancati investimenti di esplorazione e di svilup-po. D’altronde le condizioni fiscali e l’alto rischioesplorativo non sono un fattore di attrazione pernuovi capitali. Tra gli accordi in negoziato ricor-diamo quello con ExxonMobil per sviluppare icampi in Central-East Java, la cui produzionedovrebbe iniziare nel 2009 con un picco massimodi 180.000 bbl/d. La produzione attuale provieneessenzialmente dai campi a terra dei bacini cen-trali e occidentali. La Chevron rimane il maggiorproduttore con una quota del 49%. La CNOOC èdiventata il maggior produttore offshore dopo averacquistato nel 2002 gli asset della Repsol.

Anche altri operatori stanno sviluppando campiin terra (Kufpec, Pearl, PetroChina, PT EMP-Energi Mega Persada-, PT Medco, PT Pertami-na, Vico) e nell’offshore (ConocoPhillips, San-tos e Total).L’Indonesia possiede sette raffinerie con una capa-cità complessiva di trattamento di quasi 1 milio-ne di bbl/d. Le raffinerie più importanti sono: Cila-cap, Central Java (348.000 bbl/d), Balikpapan,Kalimantan (241.000), Musi in South Sumatra(109.000), Balongan a Giava (125.000) e Dumaiin Central Sumatra (114.000). Le altre raffinerie,di capacità limitata, sono Sungai Pakning (Cen-tral Sumatra), Pangakalan Brandan (North Suma-tra) e Cepu (Central Java). Inoltre è in program-ma la costruzione di una raffineria a Pare-Pare,South Sulawesi, tramite un consorzio al quale par-tecipano anche gruppi sauditi e cinesi per raffi-nare il greggio saudita da esportare in Cina. Anchel’Iran sembra interessato a finanziare una raffi-neria per il trattamento del proprio olio.

Gas. Nel 2004 le riserve di gas assommavano a2.560 miliardi di m3 (erano 1.700 miliardi nel1994), ubicate nei bacini di Kutei, North Suma-tra e Bintuni.I campi più significativi sono quelli di Arun (380miliardi di m3) e Kuala Langsa (133 miliardi) nelNorth Sumatra Basin; quelli di Tunu (472), Badak(200 miliardi) Peciko (178), Nilam (142), Attaka(80), Handil (67), Mutiara (28), Semberah (23)nel Kutei Basin, Natuna (oltre 1.300 miliardi, macon elevate percentuali di biossido di carbonio)nel Natuna Basin; Terang-Sirasun (31) e il Page-rungan (30 miliardi) nell’East Java, Vorwata (238)e Wiriegar deep (125) nel Bintuni Basin.Nel 2004 la produzione di gas è stata di 73,3miliardi di m3 (erano 62,2 nel 1994), a fronte diun consumo di 33,7 miliardi di m3. Consideratoche il paese sta diventando un importatore di greg-gio, il governo cerca di incentivare l’uso del gasnel mercato interno, anche se le infrastrutture nonsono particolarmente favorevoli a un utilizzo dif-fuso del gas.L’Indonesia è tuttora il maggior esportatore diGNL con 33,49 miliardi di m3/a esportati, deiquali 21,5 miliardi verso il Giappone, 7,3 versola Corea del Sud e il rimanente verso Taiwan. Per-tamina è l’agente unico nei contratti di venditadi GNL alla Corea del Sud e a Taiwan.Un progetto di importanza fondamentale per ilgas naturale indonesiano è quello di Tangguh dellaBP (ex Arco) nella regione di Irian Java. Lo svi-luppo del campo con riserve considerevoli di gasprevede un impianto con due ‘treni’ di capacitàcomplessiva di 10 miliardi di m3/a (7,6 milionidi t). Un contratto di vendita che prevede la con-segna a partire dal 2008 è stato stipulato con Cine-si e Coreani.Attualmente esistono in Indonesia due impiantidi esportazione GNL ubicati ad Arun (capacitàannua 6,8 milioni di t) e a Bontang (capacità annua22,6 milioni di t), quest’ultimo operativo dal 1977.I gasdotti principali sono ubicati a Sumatra, ma cisono diversi progetti che prevedono collegamenticon i campi offshore. In particolare ricordiamoquello di Natuna che dovrebbe portare il gas a Sin-gapore, oltre ad altri progetti con trasporto di gasfino alle Filippine non ancora ben definiti.In un contesto di utilizzo differenziato del gasviene anche presa in considerazione, in collabo-razione con la Shell, la possibilità di costruire inIndonesia un impianto di GTL.

608 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Page 45: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Canada

Nome ufficiale: Canada

Confini e territorioIl Canada è un vasto paese federale (secondo perestensione solo alla Federazione Russa) che occu-pa la parte settentrionale del Nordamerica. Con-fina con gli Stati Uniti a sud e a nordovest (Ala-ska), mentre le sue coste sono bagnate a nord dalMar Glaciale Artico, a est dall’Oceano Atlanti-co e a ovest dall’Oceano Pacifico.Il territorio è morfologicamente assai vario: aovest si ergono la Catena Costiera, in prossimitàdell’oceano, e, più all’interno, la porzione cana-dese delle Montagne Rocciose che, verso est,scendono sulle pianure sedimentarie solcate dafiumi e costellate da laghi. La zona sudorientaleè caratterizzata dai Grandi Laghi Laurenziani,dalla pianura del fiume San Lorenzo e dalla partesettentrionale della catena dei Monti Appalachi;quella settentrionale è frazionata in numerosis-sime isole di varie dimensioni che formano l’Ar-cipelago Artico Americano. Il Canada è parti-colarmente ricco di risorse naturali (forestali,energetiche e minerarie) e il suo clima, tempe-rato-freddo nel sud del paese, diventa gradual-mente più rigido procedendo verso nord, fino adassumere caratteristiche tipicamente polari.Il Canada è diviso in 10 Unità federate (Provin-ce) e 3 Territori, le prime riconosciute dalla Costi-tuzione e con un più ampio ventaglio di compe-tenze e responsabilità rispetto ai territori istitui-ti dal governo federale.

Popolazione e aspetti socio-culturaliIl Canada contava nel 2005, secondo una stima, unapopolazione di 32.270.000 ab., concentrata per lamaggior parte (circa il 90%) a ridosso del confinemeridionale con gli Stati Uniti. La maggior partedella popolazione è di origine europea (28% ingle-se, 23% francese, 15% altro), il 26% ha originimiste, il 2% è formato da Amerindi, il 6% da mino-ranze prevalentemente asiatiche, africane e arabe.Lingue ufficiali sono l’inglese e il francese, par-late rispettivamente come prima lingua dal 59,3%e dal 23,2% della popolazione; anche se oltre il98% della popolazione parla una o entrambe lelingue ufficiali. L’85% dei francofoni è concen-trato nella Provincia del Québec. Si parlano poimolte lingue non ufficiali, di cui le più diffuse sonoil cinese, l’italiano e il tedesco. La maggior partedella popolazione si professa cristiana (il 43,2%cattolica, il 29,2% protestante, il 4,2% di altre con-fessioni cristiane), mentre il 6% di altre religionie il 16,4% non dichiara alcuna religione.La capitale federale è Ottawa, compresa nellaProvincia dell’Ontario, con 827.000 ab. La città

più popolose sono: Toronto, pure nell’Ontario, dicui è capitale, con 2.484.999 ab., ma 5.300.000nel complesso dell’agglomerazione urbana; Mon-tréal, nel Québec, con 1.040.000 ab. e 3.635.000nell’ gglomerazione; Calgary, nell’Alberta, con879.000 e 1.060.000 ab.; Edmonton, nell’Alber-ta, con 666.104 e 1.020.000; Vancouver, nellaColumbia Britannica, con 546.000 e 2.200.000;Québec, capitale della Provincia omonima,507.000 e 720.000.

Economia

Moneta. L’unità monetaria in Canada è il dol-laro canadese (CAD), il cui tasso di cambiomedio nel 2005 è stato di CAD1,2120�$1 eCAD1,50873�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. L’econo-mia canadese si caratterizza per essere un’eco-nomia di libero mercato con una ridotta presen-za dello Stato, affine al modello economico sta-tunitense. Il forte sviluppo, a partire dalla finedella Seconda Guerra Mondiale, delle attivitàmanifatturiere e minerarie e dei servizi ha tra-sformato il Canada da paese prettamente ruralein un moderno paese industrializzato e caratte-rizzato da un’alta incidenza del terziario sia nellaformazione del PIL (68,7%), sia nell’impiegodella forza-lavoro (75%).La grande varietà e disponibilità di risorse natu-rali ha rappresentato uno dei principali motoridi crescita del paese, stimolando un forte svi-luppo industriale e favorendo una notevole cre-scita del commercio con l’estero. In particola-re il Canada è uno dei principali produttori mon-diali di oro, nichel, uranio e piombo che vengonoscambiati principalmente con gli Stati Uniti,così come avviene per le risorse energetichequali petrolio, gas naturale ed energia elettrica.Il Canada è un esportatore netto di energia e sicaratterizza per gli alti consumi energetici procapite di energia (428 milioni Btu del 2003 con-tro i 340 degli Stati Uniti), fattore questo che hadeterminato effetti ambigui e divergenti deglishock petroliferi (e, in generale, delle fluttua-zioni di prezzo del petrolio) sull’economia delpaese. Se nel breve termine shock di prezzo pos-sono comportare una riduzione del potere d’ac-quisto, nel medio-lungo termine questi posso-no comportare un incremento del valore delleesportazioni del Canada con effetti positivi sulPIL. Tale impatto comporterebbe effetti diversida regione a regione, essendo alcune Province(fra cui Alberta) caratterizzate da un’elevata pro-duzione di petrolio e altre (Ontario e Québec)da un elevato consumo.Nel corso degli ultimi trent’anni l’economia cana-dese è cresciuta a un tasso medio annuo vicino

al 3%, frenata solo dalle due recessioni rispetti-vamente della fine degli anni Ottanta e dell’ini-zio degli anni Novanta: a queste ha fatto seguitoun decennio di sostenuta ripresa in un contestodi riforme strutturali (fra cui una riduzione delprelievo fiscale e la liberalizzazione del com-mercio), durante il quale il conseguimento di unsaldo attivo nei conti pubblici ha contributo sen-sibilmente alla riduzione del debito pubblico, lacui incidenza sul PIL si è ridotta di oltre 30 puntipercentuali, scendendo al 38,7%.

Bilancia commerciale. L’economia canadesedipende in maniera sostanziale dal commerciointernazionale e le esportazioni rappresentanocirca un terzo del PIL. Il principale partner com-merciale sono gli Stati Uniti, che assorbono circal’85% delle esportazioni del Canada. Queste sonocostituite principalmente da: veicoli a motore ecomponentistica, macchine industriali, aeromo-bili e impianti per telecomunicazioni; prodottichimici, plastiche e fertilizzanti; legno, petrolio,gas naturale, energia elettrica, alluminio.Il commercio internazionale è stato favorito dallastipula di accordi di libero commercio, tra i qualilo United States-Canada Free Trade Agreement(FTA) del 1989 cui ha fatto seguito nel 1994 ilNorth American Free Trade Agreement (NAFTA)che include anche il Messico. Questi accordi nonsolo hanno accelerato l’integrazione commercia-le ed economica del Canada, soprattutto con gliStati Uniti, ma hanno anche reso il Canada unimportante punto di accesso per le imprese stra-niere al mercato nordamericano. Anche dal latodelle importazioni gli Stati Uniti rappresentano ilprincipale partner con una quota di circa il 59%,seguiti a distanza da Cina (6,8%) e Messico (3,8%).

Quadro energeticoIl Canada è un paese esportatore di olio, gas ecarbone ed è inoltre il maggior produttore mon-diale di energia idroelettrica. La produzione dienergia totale nel 2004 è stata di 397,49 milionidi tep, a fronte di un’esportazione di 134 milio-ni di tep, mentre il consumo interno di energia èstato di 307,5 milioni di tep (99,6 di olio, 80,5 digas, 30,5 di carbone, 76,4 di energia idroelettri-ca e 20,5 di nucleare).Si prevede per il Canada una crescita della pro-duzione dell’1% nei prossimi decenni fino al2030. Inoltre il Canada potrebbe portare un gran-de contributo con la produzione di olio sintetico(3,5 milioni di bbl/d entro il 2025) dalle oil sands.Anche la produzione di gas è destinata a cresce-re nei prossimi anni.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. La fase pionieri-stica dell’industria petrolifera canadese risale al1858. Avviata nelle regioni orientali del paese, inseguito si estese in quelle occidentali, dove, peral-tro, erano da tempo noti i depositi bituminosi ampia-mente descritti già dalla seconda metà del Sette-cento. Ma i primi idrocarburi che vennero sfrutta-ti industrialmente furono gli accumuli gassiferidell’Alberta scoperti nel 1883 dalla Canadian Paci-fic Railway. Il primo campo commerciale a oliovenne scoperto nel 1914 dalla Calgary Petroleum

609VOLUME V / STRUMENTI

AMERICA SETTENTRIONALE

AMERICA SETTENTRIONALE

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1974-1984 1985-1994 1995-2004 1974-2004

Agricoltura 1,2 1,4 1,8 1,5Industria 1,8 1,4 3,7 2,4Servizi 3,1 2,6 4,6 3,5

PIL 2,9 2,2 3,6 2,9

Fonte: elaborazioni su dati ONU.

Page 46: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Products, a Turn Valley, nelle foothills dell’Alber-ta. In seguito a questo risultato intervennero nel-l’area numerose compagnie, che perforarono undiscreto numero di pozzi. Le riserve di olio delcampo verranno poi sviluppate nel 1936 e il camporesterà il grande produttore canadese fino al 1947.Tra le compagnie di quel periodo ricordiamo soprat-tutto la Imperial Oil Limited (in seguito controlla-ta della Standard Oil New Jersey). Questa compa-gnia, proprietaria di una raffineria a Sarnia, nel-l’Ontario, all’inizio importante più che altro sottoil profilo della raffinazione e della commercializ-zazione, nel 1917 entrò (tramite un’affiliata) incompetizione con la Shell per acquisire i dirittiminerari nel Canada occidentale. Nel 1920 fu sco-perto il Norman Well, sul Mackenzie, che nel 1942servì per rifornire di idrocarburi le truppe militariin Alaska. La Shell invece, anche se presente inCanada dal 1911, iniziò l’esplorazione solo al prin-cipio degli anni Quaranta e nel 1944 scoprì il campodi Jumping Pound. Negli anni della guerra, nono-stante la ricerca fosse discontinua, furono fattealcune scoperte (Loydminster, Princess e Conrad),ma fu nel 1947 che venne scoperto dall’Imperial,vicino a Edmonton, il campo a olio di Leduc, checon i suoi 328 milioni di bbl rappresentò l’iniziodi una intensa esplorazione anche da parte di altrecompagnie, quali British American, StandardCalifornia, Texaco, Canadian Gulf, Shell, Mobil,Amerada e molte altre indipendenti.Vennero scoperti, in quegli anni, i campi di Redwa-ter (1948), Goldenspike (1949), Acheson (1950),

Homeglen-Rimbey (1950), Wizard Lake (1951),Bonnie Glen (1952), Nevis (1952 ) e Westerose(1952). Il miglior risultato si ebbe con la scopertada parte della Socony (Mobil) del campo di Pem-bina (1953) e in seguito di Swan Hills (1957). Anchenel nordovest dell’Alberta, dopo il completamen-to del primo pozzo a olio a Peace River nel 1949seguirono le scoperte di Whitelaw (1950), Belloy(1951), Fort Saint John (1951) e Sturgeon Lake(1952). Nel 1965 l’area di Peace River poteva con-tare già su di una ventina di campi a gas. Il mag-gior campo a olio è Boundary Lake, scoperto nel1955 dalla Texaco. L’area più settentrionale delbacino al confine con i Territori del Nord vide inquegli anni le scoperte di Paddy (1955), Klua Creek(1956), e in seguito quelle di Rainbow (1965) eZama (1966). L’esplorazione delle isole artiche fuintrapresa dal Governo canadese negli anni Ses-santa. Nello Sverdrup Basin, dove nel 1970 laPanarctic Oil perforò il primo pozzo a gas, DrakePoint N-67, l’esplorazione segnò un picco di atti-vità nel 1973, con numerose scoperte di olio e gas.Nell’area della Mackenzie Valley, anche se le ope-razioni erano iniziate negli anni Sessanta con laperforazione di alcuni pozzi sterili, la Esso dopo irisultati di Prudhoe Bay aveva rilanciato l’attivitàe fatto la scoperta di Atkinson H-25, sulla Peniso-la di Tuktoyaktuk, nel 1970 e di Mayojak e Taglunel 1971. L’attività ebbe un certo sviluppo a metàdegli anni Settanta e a metà degli anni Ottanta, condiverse scoperte: Issungnak (1980), Koakoak(1981), Amauligak (1984) e Adlartok (1985). Anche

nell’offshore orientale, l’esplorazione iniziò neglianni Sessanta con la prima scoperta a gas nelloScotian Basin di Onondaga (1969). Seguirononumerose altre scoperte (Thebaud, 1972, Primro-se, 1972, Cohasset, 1973, Venture, 1979, SouthVenture, 1983, Olympia, Bluenose, Arcadia, Intre-pid e Glenelg). Nell’area di Grand Banks diNewfoundland l’esplorazione registrò alcuni suc-cessi, dei quali i più importanti furono Hibernia eTerra Nova, oltre a Whiterose, Hebron e Ben Nevis.Le compagnie più rilevanti presenti nel paesesono ExxonMobil, che possiede la Imperial Oil,che è la compagnia più radicata nel paese, oltrea Shell, EnCana risultata dalla fusione di Alber-ta Energy Company e PanCanadian Energy. Ope-ratori indipendenti sono Talisman, Suncor, EOGResources, Husky Energy ed Apache.Il Governo canadese ha costituito nel 1975 laPetro-Canada per ridurre l’influenza delle com-pagnie statunitensi. Nel 1991 è iniziata la priva-tizzazione che si è conclusa nel 2004.

Olio. Al 31 dicembre 2004 il Canada disponevadi riserve di olio pari a 16,8 miliardi di bbl (erano10,4 nel 1994) con un rapporto riserve produ-zione di quasi 15 anni. Le riserve sono localiz-zate in gran parte nel Western Canadian Sedi-mentary Basin (la metà circa in Alberta) e in quan-tità marginale nei bacini di Grand Banks, delMackenzie e dello Sverdrup.Nel Western Canadian Sedimentary Basin, che èstato negli ultimi cinquant’anni la maggiore area

610 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

1000 km0 500

I. PrincipeEdoardo

GRAND BANKSBASIN

SCOTIANBASIN

SVERDRUPBASIN

MACKENZIEDELTA BASIN

WESTERNCANADIAN

SEDIMENTARYBASIN

Missouri

Mackenzie

Yukon

Peac

e

Nelson

Gods

Seve

rn

Ottawa

Albany

San

Lo

renzo

La Grande Rivière

Churchi

ll

Leaf

campo a gas campo a olio

principali bacini petroliferiprincipali raffinerieprincipali terminal

gasdottooleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

oleodotto in costruzioneo in progetto

impianti di importazione diGNL in costruzione

B A I A

D I H U D S O N

M A R E

D E L L A B R A D O R

M A R E G L A C I A L E A R T I C O

O C E A N O

A T L A N T I C O

Gran Lagodegli Orsi

Gran Lagodegli Schiavi

LagoAthabasca

LagoWinnipeg

LagoSuperiore

LagoHuron

LagoErie

Lago Ontario

LagoMichigan

L.Pelly

L.Baker

M A R D I B E A U F O R T

A l a s k a(USA)

S T A T I U N I T I

D ’ A M E R I C A

I . di Baff in

I. Melville

I. PrincipePatrick

I. BanksI. Principedi Galles

I. Vittoria

I. Cornwallis

I. BathurstI. Devon

I. Sverdrup

I. Southampton

I. Belcher

I . Terranova

I . Ant icost i

I. del Capo Bretone

Toronto

Winnipeg

HalifaxRegina

Yellowknife

Inuvik

Port Nelson

Whitehorse

Thunder BayVictoria

Saskatoon

Ottawa

Montréal

Québec

Edmonton

Calgary Vancouver

London

Prince George

Prince Rupert

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000più di 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

Saint John

I. E

llesm

ere

Page 47: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

di produzione con oltre 20 miliardi di riservecumulative scoperte, si ubicano i campi di Pem-bina (1.700 milioni di bbl), Redwater (oltre 800milioni), Swan Hills (800), Rainbow (740), Pro-vost (oltre 500). Nel Grand Banks Basin (circa2,8 miliardi di bbl di riserve) si localizzano i gia-cimenti di Hibernia con 1.240 milioni di bbl, diTerra Nova, Whiterose, Hebron e Ben Nevis, men-tre nel bacino del MacKenzie (1 miliardo di bbl)si ubicano i campi di Amauligak (235) Adlartok(113), Koakoak (81) Kopanoar (68). Lo SverdrupBasin ha complessivamente 500 milioni di bblcontenuti prevalentemente nel campo di Cisco(300). Riserve di olio molto marginali si trovanoinfine nello Scotian Basin.Oltre ai campi di olio convenzionale (sia legge-ro con 28 °API sia pesante al di sotto dei 28 °API)prima menzionati, sono da segnalare i consistentidepositi bituminosi che fanno del Canada, unodei paesi petroliferi più ricchi del mondo. Le oilsands si distribuiscono su di una superficie di77.000 km2 nell’Alberta settentrionale e sonolocalizzati in quattro aree: Peace River, Athaba-sca, Wabasca e Cold Lake. Si tratta di oltre 2.000miliardi di bbl, dei quali 150-300 miliardi sonoriserve recuperabili con le attuali tecnologie.Nel 2004 il Canada ha prodotto 3 milioni di bbl/ddi olio a fronte di un consumo interno di 2,2milioni di bbl/d. Ne produceva 2,2 milioni nel1994, anno dal quale si assiste a una crescitacontinua nella produzione. La produzione deri-va da tre aree di provenienza che sono olio con-venzionale più o meno leggero del Western Cana-dian Sedimentary Basin, olio proveniente daicampi di frontiera dell’offshore orientale e infi-ne l’olio non convenzionale estratto dalle oilsands. L’olio convenzionale del Western Basinha rappresentato per molti anni la maggior partedella produzione canadese e anche se attual-mente rappresenta ancora un 35% della produ-zione globale di greggio in futuro si prevede unaumento notevole della quota di olio non con-venzionale. Nell’offshore atlantico la prima pro-duzione si è avuta nel 1992 con il progettoCOPAN (COhasset-PANuke) che ha prodottooltre 40 milioni di bbl, mentre nel bacino diGrand Banks, nel 2003 la produzione è stata di346.000 bbl/d. Nel 2004 il campo di Hiberniaha prodotto 204.000 bbl/d e il campo di Terra-nova 110.000, mentre è recente la messa in pro-duzione di White Rose con 90.000 bbl/d.Per le oil sands esistono due metodi (l’utilizzodipende dalla profondità dei depositi) di estra-zione: quello a cielo aperto e il recupero in situche permette di produrre il bitume fluidificato dalvapore introdotto tramite pozzi di iniezione. Ilrecupero in situ rappresenta certamente il futurodello sviluppo delle oil sands. Il processo di tipoestrattivo tradizionale è utilizzato in alcuni pro-getti: il Syncrude Project, operato da CanadianOil Sands Limited, con produzione di 280.000bbl/d nel 2004; il Suncor’s Project con produzio-ne analoga; l’Athabasca Oil Sands Project, opera-to da Shell Canada, con una produzione di 155.000bbl/d. Il processo in situ è per ora utilizzato in pro-getti di dimensioni più modeste: il progetto Fire-bag della Suncor, con tecnologia Steam-AssistedGravity Drainage (SAGD), ha una capacità pro-duttiva di 35.000 bbl/d; il MacKay River Project(30.000) e il Dover (1.400) della Petro-Canada, iprogetti Foster Creek (40.000), Christina Lake(10.000), Long Lake (2.500) e Nexen’s Athabasca(1.300) della EnCana; infine, il progetto Cold Lake,

della Imperial, di 140.000 bbl/d, oltre a una seriedi altri progetti di minori dimensioni. Considera-ti gli elevati costi di recupero è chiaro che la pro-duzione dell’olio sintetico è condizionata dal prez-zo del greggio.Una rete capillare di oleodotti trasporta il greg-gio dalle aree occidentali di produzione ai centridi consumo e verso gli Stati Uniti. Le più impor-tanti linee di olio sono: la linea operata dallaEnbridge che trasporta l’olio dell’Alberta al Cana-da orientale e alla regione dei Grandi Laghi; lalinea da Edmonton a Montreal, con capacità neltratto iniziale di 1,7 milioni di bbl/d, che attra-versa la frontiera degli Stati Uniti all’altezza delManitoba, rifornisce la regione dei Grandi Laghie raggiunge Sarnia, in Ontario, per poi dirigersiverso Montréal (quest’ultimo tratto, con capacitàdi 240.000 bbl/d, è stato recentemente program-mato per un flusso di olio in senso contrario); lalinea operata da Kinder Morgan, The MountainPipe Line (TMPL), che trasporta il greggio(260.000 bbl/d) dell’Alberta a Vancouver e daqui prosegue nello Stato di Washington.Anche dall’Athabasca è operativo un oleodotto,con capacità di 570.000 bbl/d, che collega il pro-getto Suncor con il terminal Hardisty (Alberta),della Enbridge, mentre il Corridor Pipeline, di260.000 bbl/d, collega l’area di produzione diMuskag River all’impianto Shell di Scotford,Alberta. Il flusso con gli Stati Uniti è garantitosia dalla Enbridge, che gestisce le linee su Chi-cago, sia dalla Kinder Morgan, che gestisce i col-legamenti con Washington, con il Wyoming e conl’Illinois. Lo scambio a due direzioni con gli StatiUniti permette l’esportazione di un olio pesanteche il Canada non riesce a trattare essendo in que-sti ultimi anni cambiata la qualità dell’olio pro-dotto a favore di quello pesante. Il Canada puòpertanto esportare l’olio pesante in eccesso eimportare quello più leggero per uso interno.La capacità di raffinazione è infatti di 2 milionidi bbl/d, concentrata in Alberta con 4 raffineriee una capacità di trattamento di 447.000 bbl/d.Altre otto raffinerie sono invece localizzate nelQuébec e nell’Ontario. La raffineria maggiore èquella di Saint John (New Brunswick), con capa-cità di 280.000 bbl/d.

Gas. Al 31 dicembre 2004 le riserve di gas inCanada ammontavano a 1.600 miliardi di m3

(erano 1.900 nel 1994), con un rapporto riser-ve/produzione di 8,8, localizzate in prevalenza nelWestern Sedimentary Basin. Altri bacini gas pronesono localizzati nell’area artica, come il Macken-zie Basin (260 miliardi di m3) e lo Sverdrup Basin(430 miliardi di m3), e nell’offshore atlantico (Sco-tian Basin con circa 200 miliardi di m3 e GrandBanks Basin con 170 miliardi di m3).I principali campi a gas dell’Alberta sono Southea-stern Alberta (379 miliardi di m3), Crossfield(73), Kayob South (72), Waterton (72), Pembina(69), Westerose (40), Homeglen-Rimbey (23,7)e Leduc (14). Nella Columbia Britannica ricor-diamo il campo di Ladyfern (7,3 miliardi di m3).In Alberta nell’ultimo decennio i pool eviden-ziati hanno dimensioni relativamente modeste aparte alcune eccezioni. Nel Mackenzie Basin iprincipali campi a gas sono Taglu (59), Amauli-gak (38), Parsons Lake (35), Issungnak (32), men-tre nello Sverdrup Basin i campi principali sonoDrake Point (150), Hecla (84), White Fish (56),Jackson (28) e Kristoffer (28). Nello ScotianBasin, infine, ricordiamo i campi di Venture (43),

Thebaud (26), Glenelg (12,4), Alma (11) e NorthTriumph (10).Oltre al gas naturale un’altra risorsa importante èrappresentata dal CoalBed Methane (CBM), delquale la Columbia Britannica ha riserve di oltre2.500 miliardi di m3. Alcuni esperti ritengono cheil Canada abbia complessivamente oltre 10.000miliardi di m3 di metano recuperabile dai CBM.La produzione di gas in Canada è cresciuta rego-larmente dai 149 miliardi di m3 del 1994 ai 182,8miliardi del 2004. Il consumo interno nel 2004 èstato di 89,5 miliardi di m3, lasciando pertantoun buon margine all’esportazione. L’area di pro-duzione preferenziale resta lo Stato dell’Alber-ta, ma anche la Columbia Britannica ha aumen-tato la sua quota di produzione. La produzionedi gas è destinata a crescere nei prossimi anni siaper uso elettrico sia per utilizzo nel processo direcupero delle sabbie bituminose. L’aumento diproduzione del gas nonostante il declino dei campidell’Alberta vecchi o di modeste dimensioni èstato garantito grazie all’introduzione in linea dinuovi campi. Ricordiamo inoltre il già citato gia-cimento di Ladyfern, nella Columbia Britanni-ca, che ha prodotto 7,3 miliardi di m3 nel 2002 emeno della metà nel 2003, e lo Scotian Basin,nell’offshore della Nuova Scozia, che è un impor-tante centro gas della costa atlantica. Il progettoSOEP (Sable Offshore Energy Project) di Exxon-Mobil e Shell è entrato in produzione nel 1999con 4,1 miliardi di m3/a e 20.000 bbl/d di GNL.Speculative ma possibili sono le produzioni daHibernia e White Rose e dal Mackenzie Basin seviene completata la Mackenzie Gas Pipeline. Perquanto riguarda il coalbed methane nel 2004 laproduzione è stata di circa 1 miliardo di m3.I gasdotti, gestiti da TransCanada, assommano aoltre 40.000 km e sono articolati in reti regiona-li (Alberta System, British Columbia System,Canadian Mainline e Foothills System). È in pre-visione, da parte di un consorzio guidato dallaImperial Oil, la costruzione di un gasdotto di 760miglia e con portata di 12 miliardi di m3/a dal-l’area di MacKenzie all’Alberta dove il gas sareb-be immesso nel suo circuito nazionale, in com-petizione con il gasdotto dalla costa settentrio-nale dell’Alaska agli Stati Uniti con una portatadi 47 miliardi di m3/a, per il momento oggetto didiscussioni e che non entrerebbe comunque infunzione prima del 2012.Il Canada non ha impianti di importazione diGNL, ma sta costruendo il suo primo terminal inNuova Scozia, a Bear Head, tramite un consor-zio guidato da Anadarko. La prima consegna èprevista nel 2008. Sono inoltre previsti altriimpianti sia sulla costa atlantica, in Nuova Sco-zia, sia su quella pacifica (Vancouver, Galvesto-ne e Prince Rupert).

Messico

Nome ufficiale: Estados Unidos Mexicanos(Stati Uniti del Messico)

Confini e territorioIl Messico occupa la sezione più meridionale delNord America e si estende da nord-ovest a sud-est,restringendosi a sud nell’istmo di Tehuantapec perproseguire verso nord-est fino alla penisola dello

611VOLUME V / STRUMENTI

AMERICA SETTENTRIONALE

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Yucatán. È il paese più settentrionale dell’Ame-rica Latina. Confina a nord con gli Stati Uniti ea sud-est con Belize e Guatemala; a est s’affac-cia sul Golfo del Messico e sul Mar Caribico e aovest sull’ Oceano Pacifico.Il Messico presenta una variegata morfologia. Ungrande ed elevato altopiano centrale è delimita-to a ovest e a est da due catene montuose (Sier-ra Madre Occidentale e Sierra Madre Orientale)che convergono a sud nella Cordigliera Vulcani-ca, orientata in senso O-E, caratterizzata da alticoni vulcanici attivi (anche superiori ai 5.000 m)e fortemente sismica. La Sierra Madre Occiden-tale e la Sierra Madre Orientale sono affiancateesternamente da due pianure costiere, una sul-l’Atlantico e l’altra lungo il Pacifico.Il Tropico del Cancro attraversa e divide all’in-circa a metà il paese, che dunque dovrebbe pre-sentare caratteri climatici tropicali e subtropica-li; in realtà, con la latitudine si combinano altrifattori climatici, per cui il clima varia soprattut-to secondo le zone altimetriche: caldo e umidonelle pianure costiere, diviene più mite e più sec-co nelle zone interne e in prossimità delle altitu-dini più elevate.Il Messico è una Repubblica federale costituitada 31 Stati e da un Distretto Federale che ospitala capitale, Città di Messico, con la quale con-venzionalmente s’identifica.

Popolazione e aspetti socio-culturaliIl Messico contava 94 milioni di ab. nel 2000,anno dell’ultimo censimento ufficiale, divenuti,secondo una stima, 103,2 milioni nel 2005. Dopoil Brasile è il paese più popoloso dell’AmericaLatina. I meticci costituiscono il 60% della popo-lazione, mentre il 30% è costituito da Amerindi eil 9% da Europei, principalmente Creoli; il restan-te 1% è formato da immigrati da paesi extraeu-ropei, in prevalenza mediorientali e cinesi. LaCostituzione del Messico non prevede una linguaufficiale, anche se lo spagnolo è parlato dalla largamaggioranza della popolazione. Il 6,2% degli ab.del Messico parla lingue amerindie, tra cui le piùdiffuse sono il nauhatl e il maya. Peculiare il casodella città di Chipilo nello Stato di Puebla: è statafondata nel 1882 da immigrati italiani, prevalen-temente provenienti dal Veneto, e ancor oggi gliab. parlano il dialetto veneto dei loro avi.L’88% della popolazione messicana è di religio-ne cattolica, mentre il 5,2% aderisce a diversefedi protestanti evangeliche, il 3,5% afferma dinon professare alcuna religione e la restante partepratica religioni bibliche non evangeliche (Testi-moni di Geova, Mormoni e altri). La capitale è Città di Messico (8.670.000 ab. nel2005 nell’ambito del Distretto Federale, ma ben22.000.000 circa nell’intera vastissima agglo-merazione urbana). Le altre maggiori città sono:Guadalajara (1.646.000 e 4.375.000 nell’agglo-merazione), Puebla (1.272.000 e 1.860.000), Mon-terrey (1.111.000 e 3.925.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria è il nuovo peso mes-sicano (MXN). Il tasso di cambio medio nel 2005è stato di MXN10,8918�$1 e MXN13,56�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Dopo laSeconda Guerra Mondiale, l’economia messica-na conobbe una fase di grande espansione. Il gover-no aveva incoraggiato lo sviluppo delle industrie

di beni di consumo rivolte al mercato interno,imponendo tariffe protettive e altre barriere alleimportazioni e aveva inoltre sostenuto l’espan-sione industriale tramite investimenti pubblicinell’agricoltura, nel settore energetico e nelleinfrastrutture di trasporto. Una fase particolar-mente espansiva per l’economia si ebbe negli anniSettanta, quando il paese conobbe un vero e pro-prio boom economico. Il PIL segnò in quegli anniuna crescita reale media annua superiore all’8%(9,2% nel 1979); il settore manifatturiero feceregistrare la crescita più sostenuta (con tassi supe-riori al 10% nel 1978 e nel 1979) attirando ingen-ti investimenti esteri. In quel periodo di crescitaeconomica, il governo attuò politiche fiscaliespansive (rivelatesi tuttavia ‘distruttive’per l’ec-cessivo sperpero fiscale), avvalendosi dei pro-venti delle esportazioni petrolifere che erano cre-sciute in maniera massiccia. Tali scelte macroe-conomiche generarono un elevato debito pubblicoche rese il Messico particolarmente vulnerabileall’ambiente esterno; condizione, questa, che siritorse contro il paese nei primi anni Ottanta.A metà del 1981, il crollo dei prezzi del petrolio,l’aumento dei tassi d’interesse a livello mondia-le, la crescente inflazione, la cronica sopravva-lutazione della valuta nazionale e il progressivodeteriorarsi della bilancia dei pagamenti, con con-seguenti enormi fughe di capitale, causarono unagrave recessione. La ripresa fu lenta, anche acausa del catastrofico terremoto che colpì Cittàdi Messico nel 1985. Solo a partire dal 1989, ilPIL riprese a crescere in modo sostenuto, grazieal piano nazionale quinquennale (1989-94) adot-tato dal Presidente Carlos Salinas de Gortari cheincentivava l’investimento privato tramite la pri-vatizzazione delle imprese di Stato (tra cui lariprivatizzazione del sistema bancario, naziona-lizzato nel 1982 a seguito della recessione) e laliberalizzazione dell’economia. Fu di estremaimportanza, specie nel richiamare i capitali este-ri, l’adesione nel 1992 al North American FreeTrade Agreement (NAFTA) con Stati Uniti eCanada, entrato in vigore nel 1994. Gli sforzi diSalinas de Gortari non ridussero però il debitoestero del Messico, che sperimentò una nuovacrisi finanziaria, pesante benché durata un soloanno (1995). Il tasso di crescita del PIL passò dal4,4% del 1994 al �6,3% del 1995 e quasi tutti isettori economici registrarono una forte contra-zione. Tuttavia, già a partire dal 1996, l’econo-mia messicana riprese a crescere a ritmi soste-nuti, con l’eccezione del triennio 2001-03 carat-terizzato da tassi d’incremento del PIL bassi oaddirittura nulli, mentre nel 2004 il PIL ha fattoregistrare una variazione positiva del 4,4%.L’attuale sistema economico messicano si fondasui principii del libero mercato; le industrie moder-ne coesistono con industrie tradizionali e il ter-ziario contribuisce in misura preponderante allaformazione del PIL, soprattutto grazie a commer-cio, turismo e servizi finanziari. Anche il settorepetrolifero riveste una significativa importanza

nell’economia messicana in quanto, nonostantecontirbuisca in misura ridotta alla formazione delPIL (nel 2004 l’intero settore minerario vi con-correva appena per l’ 1,3%), genera il 10% circadei ricavi provenienti dalle esportazioni e un terzodelle entrate del governo. Particolarmente impor-tanti per l’economia del paese sono le maquila-doras, zone d’assemblaggio formatesi negli anniSessanta del 20° secolo e ubicate presso il confi-ne statunitense: questi stabilimenti lavorano mate-rie prime o componenti provenienti dagli StatiUniti, dove poi riesportano, senza dazio, i pro-dotti finiti (principalmente tessili ed elettronici).Altri importanti comparti industriali sono quelloautomobilistico, quello delle macchine utensili el’industria chimica e petrolchimica che sfruttanole risorse nazionali di idrocarburi.Nonostante il livello di sviluppo industriale rag-giunto, il Messico deve ancora superare gravi pro-blemi strutturali, quali quelli posti dalle condi-zioni di lavoro e di vita deplorevoli in cui versabuona parte della popolazione, dalla non equadistribuzione del reddito, dall’elevata disoccu-pazione e dalla diffusa corruzione.

Bilancia commerciale. Il Messico ha concluso 12accordi di libero scambio con oltre 40 Stati, tracui Guatemala, Honduras, El Salvador, paesi del-l’Unione Europea (trattato firmato nel 1997 edentrato in vigore nel 2000) e Giappone. Oltre il90% del commercio complessivo del Messicoavviene nell’ambito di tali accordi; sono quindivenute meno le alte barriere alle importazioni cheavevano caratterizzato il secondo dopoguerra eil paese presenta oggi un elevato grado di aper-tura del mercato. A partire dall’adesione alNAFTA nel 1994, il commercio con gli Stati Unitie il Canada si è triplicato. Il saldo della bilanciacommerciale evidenzia al 2004 un deficit di 8,8miliardi di dollari; le importazioni storicamentesuperano le esportazioni, nonostante il tenden-ziale forte incremento di queste ultime a partiredal 2005. Le importazioni riguardano principal-mente beni di consumo e beni capitali, mentre leesportazioni interessano soprattutto olio e pro-dotti manifatturieri.

Quadro energeticoIl Messico esporta olio e importa gas e carbone.Nel 2004, a fronte di una produzione di energiadi 253,86 milioni di tep, il paese ha esportato86,15 milioni di tep. Il consumo di energia pri-maria commerciale è stato di 145,3 milioni di t(85,2 di olio, 43,3 di gas, 9,0 di carbone, 5,7 dienergia idroelettrica e 2,1 di energia nucleare).La domanda di energia primaria è prevista in cre-scita con un rateo annuo del 2,5%. In particola-re dovrebbe crescere la domanda di gas (cresci-ta annua del 3,5 %) per cui si prevede ancoraun’importazione o via tubo dagli Stati Uniti ocome GNL dall’America Latina e dall’Asia. Soloin un periodo più lungo la produzione potrà sod-disfare la domanda interna.

612 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1981 1982-1989 1990-1995 1996-2004 1972-2004

Agricoltura 3,7 0,4 1,3 2,2 2,1Industria 7,9 0,9 0,9 3,2 3,8Servizi 6,8 0,9 1,8 4,1 3,7

PIL 6,9 0,8 1,5 3,6 3,5

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

Page 49: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Il Messico, puravendo indizi di superficie conosciuti fin dal 16°secolo che stimolarono le prime prospezioni petro-lifere, dovette aspettare il primo decennio del Nove-cento perché si sviluppasse una ricerca sistemati-ca da parte degli statunitensi C. Canfield ed E.Doheny, nell’area di Tampico, che portò in segui-to alle scoperte delle immense riserve concentra-te nelle due aree dei Northern Fields e di GoldenLane. Alla fine del primo decennio operavano nelpaese la Huasteca Oil Company (controllata daigià citati Canfield e Doheny), la britannica Pear-son Company, la East Oil Company della SouthernPacific Railroad, responsabili di importanti sco-perte (Ebano, Furbero , Chijol, Juan Casiani, CerroAzul-Toteco, Dos Bocas, Portrero del Llano, Panu-co ,Topila e Chinammo-North Amatlan). La Shellintervenne nel paese nel 1912 nel distretto di Tam-pico e dopo aver perforato alcuni pozzi sterili, nel1914 ottenne il primo successo che la pose, soprat-tutto nell’area dei Northern Fields, tra i massimiproduttori già prima del 1920.Nel 1917 il Messico adottò una nuova Costituzioneche decretava la proprietà nazionale del sottosuo-lo, sottraendola ai proprietari degli appezzamenti.

Vennero applicati all’attività petrolifera regole,canoni e tasse sulla produzione, che andarono acolpire le compagnie petrolifere straniere, in par-ticolare Standard Oil, ma anche Shell, Sinclair,Gulf e Texas Company (altre compagnie eranoattive nel paese: l’International Petroleum Cor-poration e la Atlantic Refining Company). All’i-nizio degli anni Venti i maggiori produttori di olioerano Shell, Huasteca (Panamerican), Transcon-tinental (Standard New Jersey) e in misura mino-re Gulf, Sinclair, Texas ed East Coast. Gli annisuccessivi videro l’intensificarsi dell’attività esplo-rativa al di fuori del distretto di Tampico. La Shellcondusse ricerche sistematiche nell’area dell’ist-mo di Tehuantepec dove furono scoperti i giaci-menti di Nuevo Talpa (1928), El Burro (1930), ElPlan (1931). Anche il Messico nord-orientale (dovenel 1931 fu scoperto il campo a gas di Presa) venneesplorato da Marathon, Gulf e Standard. Nell’a-rea diversi operatori perforarono oltre cinquantapozzi; ma le scoperte di gas più significative saran-no effettuate nei decenni successivi da Pemex(Petróleos Mexicanos).Nel 1938 fu decretata l’espropriazione delle pro-prietà petrolifere, decreto che toccò la maggiorparte delle compagnie petrolifere salvo qualcheeccezione (Gulf). Furono colpite particolarmente

la Shell e la Standard, che aveva acquisito unapartecipazione significativa nella Panamerican.In concomitanza con la nazionalizzazione fu costi-tuita la Pemex, responsabile di tutte le operazio-ni petrolifere, esclusa la distribuzione che fu affi-data a una nuova compagnia di Stato, la Distri-budora de Petróleos Mexicanos. Nel 1940 allaPemex fu assegnata la proprietà degli asset nazio-nalizzati e la delega di acquisire tutti i titoli mine-rari delle società non espropriate. Alla Pemex,che riprese l’attività esplorativa in tutti i bacini,sono attribuibili scoperte importanti di olio nelSureste Basin quali Samaria (1960), Iride (1961),Pastoria (1967), Cantarel (1977), Ku (1979),Abkatun (1979), Maloob (1979), Pol (1980), Jujo(1980), Tecominoacán (1983), Zaap (1990); poi,nel Tampico Basin, Humapa (1956), Tlacolula(1981), oltre ai campi a gas di Reynosa (1948),Culebra (1955), Arcos (1962), Arcabuz (1968),Cuitlahuac (1972). La prima scoperta offshore,dove l’attività ebbe inizio nel 1957, è Isla de Lobos(1963).Dal 1990 le autorità messicane manifestaronouna moderata apertura alle compagnie petrolife-re straniere. BP (British Petroleum), Total, Shelle Chevron siglarono pertanto alcuni accordi distudio finalizzati all’analisi dei bacini.

613VOLUME V / STRUMENTI

AMERICA SETTENTRIONALE

BURGOSBASIN

TAMPICOBASIN

SURESTEBASIN

campo a gas

campo a olio

principali bacini petroliferi

principali raffinerie

principali terminal

gasdottooleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti di importazionedi GNL in progettoimpianti di importazionedi GNL speculativi

R ío Bravo del

Norte

Río G

rande

Pecos

R ío Balsas

G O L F O

D E L

M E S S I C O

O C E A N O P A C I F I C O

LagoAngustura

LagoChapala

GO

LF

O

DI

C

AL

IF

OR

NI

A

S T A T I U N I T I D ’ A M E R I C A

G UAT E M A L A

B E L I Z E

HONDURAS

EL SALVADOR

BA

SS

A

CA

LI

FO

RN

IA

meno di 1.000.000oltre 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

Salina Cruz

600 km0 300

MexicaliRosario

Ensenada

CiudadJuárez

Hermosillo

Chihuahua

Culiacán

Tiburón

Mazatlán

Reynosa

Cadereyta

MonterreyMatamoros

Tampico

Tuxpan

Ciudad Madero

Ciudad Victoria

Agua Prieta

Tula Hidalgo

Aguascalientes

León

Guadalajara

Manzanillo

Salamanca

AcapulcoOaxaca de Juárez

Coatzacoalcos

Tuxtla Gutiérrez

Minatitlán

Veracruz Llave

Puebla

Città di Messico

Mérida

Tijuana

Zapopan

Page 50: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Nel 1992 la Pemex è stata riorganizzata in quattrocomparti: upstream, raffinazione, gas e petrolchi-mica di base, petrolchimica. Per quanto concerneil gas, anche se Pemex ha il monopolio del gas nelpaese, nel 1995 vi è stata una timida apertura ai pri-vati i quali possono operare limitatamente a un solosettore (trasporto o stoccaggio o distribuzione) delprocesso petrolifero. La Energy Regulatory Com-mission (CRE) ha assegnato permessi a diversecompagnie (Repsol-YPF, Gas Natural, Tractebel,Gaz de France, Sempra Energía, Kinder Morgan,TXUEnergy, Grupo Diavaz, e Grupo Imperial).

Olio. Il Messico nel 2004 possedeva riserve di oliodi 14,8 miliardi di bbl (erano 49,8 miliardi nel1994).con un rapporto riserve/produzione di 10,6anni. La mancata sostituzione delle riserve prodotteè imputabile a scarsi investimenti. Le riserve sonodistribuite prevalentemente nei bacini del Sureste(scoperte cumulative di circa 45 miliardi di bbl) edi Tampico (riserve cumulative di 12 miliardi dibbl) e solo marginalmente negli altri bacini.Nel Sureste i campi più significativi sono il Can-tarel complex (18 miliardi di bbl di olio), il Ber-mudez complex (oltre 4 miliardi di bbl), oltre Ku(2), Maloob (1,7), Zaap (1,5), Tecominoacán (730milioni) e tanti altri campi con riserve significa-tive; mentre nel Tampico Basin si localizzano icampi di Poza Rica (1,3 miliardi), Humapa, Tla-colula e Pastoria, tutti con oltre 500 milioni dibbl ciascuno, Coyol (420) e Agua Fría (280).Nel 2004 sono stati prodotti 3,82 milioni di bbl/ddi olio (88% greggio, il resto condensati e GNL),così che il paese è divenuto il quinto produttoremondiale. Oltre l’80% della produzione provienedal Sureste Basin, in particolare dal complesso diCantarel che nel 2004 ha prodotto oltre 2 milionidi bbl/d di olio. Altri campi produttori sono i com-plessi Ku-Maloob-Zaap e Abkatun-Pol-Chuc, cheproducono circa 300.000 bbl/d ciascuno o, nel-l’onshore meridionale, Bellota-Jujo (212.000) eSamaria-Luna (182.000). La Pemex, oltre a con-trastare il declino di produzione dei vecchi campi,si pone come obiettivo un incremento di produ-zione attraverso lo sfruttamento dei nuovi. Buonaparte del greggio prodotto, il Maya, è un olio pesan-te (22-25 °API) e con un elevato contenuto in zolfo,ma si producono anche due greggi leggeri, l’Isth-mus (34 °API) e l’Olmeca (39 °API), destinati pre-valentemente al mercato interno. Considerato unconsumo interno di 1,9 milioni di bbl/d, resta unnotevole margine per l’esportazione, pari a 1,7milioni, indirizzata soprattutto verso gli Stati Unitie in quantità minore verso l’Unione Europea. Unaparte di olio inoltre è fornita a prezzi agevolati aipaesi caribici e sudamericani.Il sistema di oleodotti, lungo circa 4.600 km, èrelativamente sviluppato ed è concentrato nellearee orientali e sudorientali del paese per poiestendersi verso ovest nella zona industriale diSalamanca e Tula.Il paese ha 6 raffinerie operative, con una capacitàproduttiva totale di 1,7 milioni di bbl/d: Salina Cruz(330.000), Ciudad Madero (320.000), Tula Hidal-go (320.000), Cadereyta (275.000), Salamanca(245.000), Minatitlán (194.000). Sono in corso pro-getti per incrementare la capacità di raffinazione,che però non saranno operativi prima del 2008. IlMessico controlla inoltre il 50% della raffineria diDeer Park in Texas per trattare l’olio pesante Maya.

Gas. Il Messico ha 420 miliardi di m3 di riserve digas (erano 1.940 nel 1994), localizzate soprattutto

nei bacini del Sureste (riserve cumulative di oltre1.500 miliardi di m3), di Tampico (500) e di Bur-gos (300). Il declino delle riserve di gas è dovu-to, come nel caso dell’olio, alla scarsità di inve-stimenti nell’esplorazione e nello sviluppo.Nei bacini del Sureste e di Tampico il gas è pre-valentemente associato. Ricordiamo le riserve digas associato di Cantarel (220 miliardi di m3),José Colomo-Chiapilla (115), Samaria (quasi100), Humapa (55), Jujo (40), Poza Rica (39),Tecominoacán (35), Panuco (27), mentre nel baci-no di Burgos è prevalente il gas non associato deicampi di Reynosa (66 miliardi di m3), Culebra(35), Arcos (16), Arcabuz (11), Monterrey (9).Nel 2004 la produzione di gas, di 37,1 miliardidi m3 (era di 25,9 miliardi nel 1994), non è statain grado di soddisfare la domanda interna di 48,2miliardi di m3, rendendo necessaria l’importa-zione prevalentemente dagli Stati Uniti (8 miliar-di di m3). Buona parte della produzione del gas èlegata a quella dell’olio. Il 34% della produzioneproviene dal Golfo di Campeche, mentre il gaslibero proviene dalla zona di Burgos. Il campocon maggior produzione è Cantarel, che nel 2004ha prodotto 8 miliardi circa di m3, seguito da Caan(2,2) e Muspac (1,5); mentre il produttore piùsignificativo dei campi non associati è Culebra(1,7 miliardi di m3). Nello Strategic Gas Plan del2000 sono stati presi provvedimenti nel tentativodi recuperare il gas non utilizzato e di aumentarei fondi per l’esplorazione al fine di rinvenire nuoveriserve. Inoltre, per migliorare i processi, anchese la legislazione impedisce l’accesso all’upstreamdelle compagnie straniere, sono stati assegnati deicontratti di servizio (MSC) sulle operazioni diproduzione. Il primo bid del 2003 ha permesso diassegnare alcune licenze a operatori stranieri(Repsol-YPF, Petrobras, Teikoku, l’argentina Tec-petrol e a statunitense Lewis Energy) e naziona-li (Grupo Diavaz, Industrial Perforadora de Cam-peche). I contratti sembrano un primo passo versol’apertura del settore, con buona possibilità diaumentare la produzione.Pemex gestisce i gasdotti (la rete è di 9.000 km)con 11 centri di trattamento gas che producono450.000 bbl/d di gas liquido naturale (GNL) eopera la distribuzione ai centri di consumo dalSureste al Messico centrale. È garantito anche ilcollegamento con gli Stati Uniti tramite una seriedi gasdotti. Recentemente è stato aperto l’EaglePass International Pipeline tra l’Eagle Pass inTexas e Piedras Negras in Messico. È in pro-gramma inoltre la costruzione di nuovi gasdotti(Tamazunchale e Terranova-Oriente). Sono inol-tre previsti alcuni terminali GNL per importareil gas necessario ai consumi interni. Il progettopiù avanzato è quello di Altamira (gestito da Shell,con cooperazione di Total e Mitsui, con capacitàiniziale di 5,2 miliardi e capacità massima di 13,5miliardi di m3/a) con probabile fornitura di gasnigeriano. Inoltre, Sempra Energía e Shell stan-no sviluppando il terminal Energía Costa Azulin Ensenada (Golfo di California), con previ-sione di importare il gas dai campi di Sakhalin(Russia), di Gorgon (Australia) e di Tangu (Indo-nesia). Sono in corso di definizione altri proget-ti in collaborazione con Chevron (relativi al ter-minal di importazione GNL vicino alle Corona-do Islands), con Repsol-YPF (terminal diimportazione GNL a Lázaro Cárdenas, nello Statodi Michoacán) e con Dkru (terminal di importa-zione di GNL a Puerto Libertad, nel Golfo diCalifornia).

Stati Uniti

Nome ufficiale: United States of America(Stati Uniti d’America)

Confini e territorioGli Stati Uniti sono un paese federale del conti-nente nordamericano, composto da 50 Stati e unDistretto. Confinano a nord con il Canada, a este parzialmente a sud sono bagnati dall’OceanoAtlantico, a sud confinano con il Messico, a ovests’affacciano sull’Oceano Pacifico. Il territoriocontinentale degli Stati Uniti include anche unaporzione separata dal corpo principale per l’in-terposizione di un lembo di territorio canadese:lo Stato federato dell’Alaska, all’estremità nor-doccidentale dell’America Settentrionale. Oltreall’Alaska, un altro Stato federato è privo di con-tinuità con il resto del paese: si tratta delle isoleHawaii, situate nella fascia tropicale dell’Ocea-no Pacifico a quasi 4.000 km dall’America Set-tentrionale.Il territorio continentale, ampio e vario, è carat-terizzato nella parte occidentale dalla presenzadi elevate catene montuose di origine terziaria,tra le quali le più note sono le Montagne Roc-ciose, che si estendono da nord a sud lungo tuttoil continente; a esse si affiancano, più a ovest, inprossimità del Pacifico, altri allineamenti (Cate-na Costiera, Sierra Nevada). La parte centrale delcontinente è costituita dalle Grandi Pianure, men-tre verso nord-est, al confine col Canada, si esten-de la regione dei Grandi Laghi. Verso la costaorientale si trovano i monti Appalachi, catena piùantica e di altezza più modesta. Il territorio del-l’Alaska è caratterizzato da zone montuose e daampie valli fluviali, mentre le Hawaii sono isoledi formazione vulcanica. Il clima nel continenteamericano è prevalentemente di tipo temperato,semiarido nelle Grandi Pianure a ovest del fiumeMississippi, arido a sud-ovest del Gran Bacino;è invece di tipo tropicale in Florida e nelle isoleHawaii e polare in Alaska. La regione del Golfodel Messico è spesso colpita, da giugno a novem-bre, da violenti uragani.

Popolazione e aspetti socio-culturaliGli Stati Uniti contano una popolazione di298.200.000 abitanti in larga parte di origine euro-pea, tra i quali sono particolarmente numerosiquelli di origine tedesca (15,2%), irlandese(10,8%), inglese (8,7%), italiana (5,6%), france-se (3%). Minoranze importanti sono la comunitàispanica (o latina, 12,5%), quella afroamericana(8,8%) e quella di origine asiatica (3,6%), men-tre la popolazione indigena (amerindi) non supe-ra l’1% del totale. Benché l’inglese sia parlatocome unica lingua dall’82,1% della popolazione(solo l’1,3% non parla affatto inglese), gli StatiUniti non hanno una lingua ufficiale a livello fede-rale. Dopo l’inglese la lingua più diffusa è lo spa-gnolo (10,7%). L’inglese è tuttavia riconosciutocome lingua ufficiale in trenta Stati, in tre dei qualiassieme ad altra lingua: il francese (Louisiana), lospagnolo (Nuovo Messico), l’hawaiano (Hawaii).La maggior parte della popolazione si professa direligione cristiana: 52% protestante e 24% catto-lica. Minoranze religiose sono quella ebraica (1%)e musulmana (1%), mentre il 10% professa altrereligioni e il 10% nessuna. La capitale è Washing-ton (nel Distretto di Columbia, 550.000 ab., ma8.500.000 nell’intera agglomerazione urbana). Le

614 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Page 51: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

città di maggiori dimensioni sono: New York (Statodi New York, 8.104.000 ab., ma ben 21.800.000nell’agglomerazione), Los Angeles (California,3.846.000 e 17.900.000), Chicago (Illinois,2.862.000 e 9.750.000), Houston (Texas, 2.013.000e 6.000.000), Filadelfia (Pennsylvania, 1.750.000e 6.000.000), Phoenix (Arizona, 1.321.045 e3.715.000), San Diego (California, 1.223.400 e2.950.000), Dallas (Texas, 1.189.000 e 6.000.000),San Antonio (Texas, 1.144.646 e 1.940.000), SanFrancisco (California, 750.000 e 7.200.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria negli Stati Uniti è ildollaro USA (USD), il cui tasso di cambio medionel 2005 è stato di $1,24409�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Gli StatiUniti sono la più grande potenza economica delmondo, con il più alto valore del PIL (11.734miliardi di $ al 2004). Caratterizzati da un siste-ma economico di libero mercato, gli Stati Unitisi sono differenziati, rispetto a quanto avvenutoin Europa, per la limitata presenza dello Statonell’attività economica e di conseguenza per l’am-pio spazio lasciato alle imprese private. Il fortesviluppo dell’industria, dei mercati finanziari edel settore terziario ha progressivamente accre-sciuto l’importanza dell’economia statunitensesu scala mondiale, in particolar modo dopo laSeconda Guerra Mondiale, così da influenzarel’andamento congiunturale delle economie mon-diali. L’industria statunitense è all’avanguardiasotto il profilo tecnologico in una pluralità di set-tori, e il continuo sviluppo tecnologico ha rap-presentato uno dei maggiori vantaggi competiti-vi nei confronti delle industrie estere. La cresci-ta economica del paese, e in particolare del settoreindustriale, nel 20° sec. si è accompagnata allosviluppo di un’industria energetica interna, tut-tavia destinata ad affidarsi in maniera crescentealle forniture estere, a causa della continua cre-scita della domanda energetica a fronte di risor-se minerarie non adeguate.Benché dalla metà del 20° sec. l’economia statu-nitense sia cresciuta a un tasso medio annuo del3,4%, dopo l’iniziale ripresa economica del perio-do post-bellico si sono verificate diverse fasi reces-sive, la più rilevante delle quali si è avuta nel corsodegli anni Settanta con il persistente combinarsidi inflazione e stagnazione economica (stagfla-zione), in concomitanza delle due crisi petrolife-re del 1973 e del 1979. La politica economicabasata sulla deregolamentazione e su ingenti sgra-vi fiscali, avviata in risposta alla crisi, ha permessodi contenere l’inflazione (dal picco del 13,5% del1980 al 3,2% del 1983) e di avviare un periodo dicrescita economica, con una ripresa del PIL e unariduzione del tasso di disoccupazione dal 10,8%di fine 1982 al 5,4% di fine 1989. Queste politi-che hanno tuttavia peggiorato la situazione delbilancio federale, portando l’incidenza del debi-to pubblico sul PIL dal 32,6% del 1981 al 67,3%del 1996. Nuove fasi di rallentamento dell’eco-nomia si sono verificate all’inizio degli anniNovanta e alla fine del secolo, quando alla bollaspeculativa delle dotcom seguirono gli attacchiterroristici dell’11 settembre 2001.

Bilancia commerciale. Il commercio con l’esterorappresenta un importante aspetto dell’economiastatunitense, che sin dal secondo dopoguerra si è

mossa in direzione dell’abbattimento delle bar-riere tariffarie e verso una graduale apertura degliscambi. Tuttavia, malgrado l’iniziale surplus com-merciale, la situazione della bilancia commer-ciale statunitense si è progressivamente deterio-rata a causa dalla stagnazione del commerciointernazionale, del rialzo dei prezzi del petrolio,della forte rivalutazione del dollaro della primametà degli anni Ottanta e, infine, dei processi didelocalizzazione produttiva dovuti alla crescen-te competitività delle produzioni provenienti dapaesi emergenti come la Cina, responsabile dasola del 25,8% del deficit della bilancia com-merciale statunitense nel 2005.Circa la metà delle esportazioni statunitensi sonocostituite da beni capitali, il 26,8% da fornitureindustriali, il 15% da beni di consumo e il 9,2%da prodotti agricoli: le importazioni sono inveceripartite equamente tra forniture industriali, benidi consumo e beni capitali (rispettivamente 32,9%,31,8% e 30,4%), mentre i prodotti agricoli inci-dono per il 4,9%. I principali partner commer-ciali degli Stati Uniti sono Canada (23% delleesportazioni e 17% delle importazioni), Messi-co (13,6% e 10,3%), Giappone (6,7% e 8,7%) eCina (4,3% e 13,8%). L’alta intensità degli scam-bi commerciali degli Stati Uniti con Canada eMessico è stata favorita dall’entrata in vigore nel1994 del North American Free Trade Agreement(NAFTA), che ha esteso al Messico il Free TradeAgreement (FTA) in vigore dal 1989 fra StatiUniti e Canada.

Quadro energeticoGli Stati Uniti rappresentano, nel mondo, il paesecon i più elevati consumi di energia primaria,della quale sono allo stesso tempo produttori eimportatori. Nel 2004 la produzione totale di ener-gia è stata di 1.641,04 milioni di tep e l’impor-tazione di 714,51 milioni di tep. Il consumo inter-no di energia commerciabile è stato di circa 2.332milioni di tep (938 di olio, 582 di gas, 564 di car-bone, 188 di nucleare e 60 di energia idroelet-trica). Considerato il grande divario tra consu-mi e produzione di olio (20,5 milioni contro 7,2milioni di bbl/d) e di gas (646,7 contro 542,9miliardi di m3 annui), e che la domanda di ener-gia primaria è prevista crescere a un tasso dell’1%circa (1% l’olio e 1,2% il gas), il paese vedrà neiprossimi decenni aumentare le importazioni diolio e di gas. Inoltre gli Stati Uniti sono il primopaese per produzione di energia nucleare e percapacità idroelettrica installata e il secondo perproduzione di carbone.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Gli Stati Unitisono, per eccellenza, il paese con la più comple-ta e diversificata esperienza in campo petrolifero,per la varietà geologica e geografica del territo-rio, per il costante supporto tecnologico fornito

all’industria petrolifera, per la presenza, sin daiprimordi, di una miriade di imprese e di un mer-cato che contribuirono ad ampliare continuamentei confini dell’industria petrolifera. Le prime atti-vità di esplorazione sistematica si realizzaronoin Pennsylvania a partire dal 1859 e quindi si este-sero in Ohio, Virginia Occidentale e Kentucky.Alla fine del 1891 la Pennsylvania aveva già unaproduzione annuale di 33 milioni di bbl, mentrela California, che in quegli anni era un modestoproduttore, all’inizio del Novecento, con la sco-perta dei giacimenti di Kern River (1899) eMidway Sunset (1901), oltrepassava i 4 milionidi bbl/a. Anche nel Texas e nella Louisiana nelperiodo 1890-1910 si ebbero attività di ricercaconsistenti. La scoperta di Spindeltop (1900)incentivò la presenza di compagnie quali Gulf,Rio Bravo, Texas Company, Sun Oil Company,in grado di competere con la Standard Oil primadella sua dissoluzione. Nelle aree interne del Mid-Continent (Oklahoma, Kansas) i due decenni acavallo del secolo furono interessati da un boomequivalente a quello che vi era stato in Pennsyl-vania nel periodo 1860-80. Alla fine del primodecennio del 20° sec., la mappa dei distretti petro-liferi vede pertanto delineate aree produttive(Pennsylvania, Ohio, Virginia Occidentale, India-na, Illinois, Gulf Coast Salt Dome District, Wyo-ming e San Joaquim Valley).Nel 1911 dalla dissoluzione dell’impero dellaStandard Oil restarono sul mercato (oltre a uncerto numero di compagnie orfane) le due com-pagnie meglio organizzate: la Standard Oil ofNew Jersey e la Standard Oil of California. Com-pagnie indipendenti operative erano anche TexasCompany, Gulf of California, Associated OilCompany, Pure Oil Company, Sun Oil Company,National Refining. Tra quelle straniere era pre-sente anche la Shell, entrata nel mercato statuni-tense in quegli stessi anni, la Franco-WyomingOil Company, la scozzese California Oilfields ealtre compagnie europee minori. Il decennio trail 1910 e il 1920 coincise con uno sviluppo par-ticolare della ricerca in diverse aree del paese. Leriserve di olio erano concentrate nella Gulf Coast(oltre 2 miliardi di bbl), in California e in Oklaho-ma. In Texas e Louisiana, dove la produzione siera più che raddoppiata in un decennio, si regi-strarono diverse scoperte tra le quali il campo digas di Panhandle (1918). Ritrovamenti signifi-cativi ebbero luogo anche nei distretti delle Mon-tagne Rocciose (Grass Creek, 1914, ed Elk Basin,1915) e in California (campo di Elk Hills, 1920).Le successive scoperte di campi notevoli – tra iquali Seminole (1926), Oklahoma (1928) ed EastTexas (1930) – permisero di introdurre quantita-tivi enormi di olio sul mercato. Gli anni Trentafurono anche forieri di aggiornamenti tecnologi-ci. In quegli anni nacquero i presupposti relativialla sismica, alla perforazione, alla produzione, chesaranno il substrato di tutti i miglioramenti nelleattività petrolifere di esplorazione e produzione

615VOLUME V / STRUMENTI

AMERICA SETTENTRIONALE

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1974-1984 1985-1994 1995-2004 1974-2004

Agricoltura 1,7 1,6 1,8 1,8Industria 1,0 1,6 1,5 1,5Servizi 3,3 3,2 4,1 3,5

PIL 3,0 2,9 3,4 3,1

Fonte: elaborazioni su dati ONU e Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, Ufficio di AnalisiEconomica.

Page 52: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

anche nei decenni seguenti. Negli anni successi-vi alla grande crisi economica, l’esplorazioneriguardò il Kansas con le scoperte interessantidel campo a gas di Hugoton (estensione diPanhandle), il Nuovo Messico, la California(campo di Wilmington, 1932) e il Texas (giaci-menti di Slaughter, Wasson e Yates).Gli anni della guerra e quelli immediatamentesuccessivi videro la ripresa dell’esplorazione inAlaska, dove all’inizio del secolo era stato perfo-rato il primo pozzo a olio e un secondo cicloesplorativo negli anni Venti-Trenta aveva evi-denziato diversi indizi che non avevano ancoraprodotto un flusso commerciale. Nel periodo1944-52 vennero eseguiti dalla Marina Militaree dal Servizio Geologico rilievi geofisici e perfo-rati alcuni pozzi, con la scoperta del campo diGubik (1951) e la conseguente rivalutazione delpotenziale minerario dell’area. Alla fine deglianni Quaranta e all’inizio dei Cinquanta entra-rono in Alaska compagnie quali la Union Oil ofCalifornia, la Ohio Oil Company, la Phillips, laKerr McGee e la Richfield che nel 1957 stabilivala prima produzione commerciale nella penisoladi Kenai. Diversi campi di olio e gas furono sco-perti nel Cook Inlet Basin, mentre l’esplorazione

geofisica iniziata negli anni Sessanta nel NorthernSlope produrrà nel 1968 la scoperta di PrudhoeBay della Arco.Alla fine degli anni Quaranta venne anche intra-presa l’esplorazione del Golfo del Messico ubi-cata inizialmente in shallow water con la sco-perta nei decenni successivi di decine di campi,alcuni dei quali tra i maggiori mai scoperti off-shore. Il Golfo del Messico sarà poi oggetto didue picchi di attività (che peraltro ben riflettonogli investimenti esplorativi dell’intero paese): ilprimo all’inizio degli anni Ottanta e l’altro a fineanni Novanta-inizio anni Duemila, relativo alleacque profonde, con la scoperta di campi qualiMad Dog, Trident, Thunder Horse e Great White.Le maggiori compagnie petrolifere statunitensiattualmente operative sul mercato nazionale sono:Amerada Hess, Anadarko, Apache, British Petro-leum (BP), ChevronTexaco, Citgo, ConocoPhil-lips, ExxonMobil, Occidental, Marathon, Shell,SUNOCO (SUN Oil COmpany), UNOCAL(UNion Oil company of CALifornia).

Olio. A fine 2004 le riserve di olio degli Stati Unitiammontavano a 29,4 miliardi di bbl (la stessa cifradel 1994), con un rapporto riserve/produzione di

11 anni. I bacini petroliferi più significativi degliStati Uniti sono il Golfo del Messico, il San Joa-quim Basin, il Permian Basin, l’AppalachianBasin, i bacini del Mid Continent, i bacini delleMontagne Rocciose (Powder River Basin, BigHorn Basin, Wind River Basin), oltre a un certonumero di bacini meno importanti, ma pur sem-pre sede di riserve significative. In Alaska si ubi-cano il Cook Inlet Basin e il Northern Slope Basin.Le riserve principali di olio sono concentrate inTexas (22%), Louisiana (20%), Alaska (20%) eCalifornia (18%). Il bacino di gran lunga piùinteressante è rappresentato dal sistema del Golfodel Messico (nell’accezione comprensiva del-l’onshore e dell’offshore anche profondo) conriserve originali cumulative che superano i 65miliardi di bbl. I campi principali sono localiz-zati a terra: East Texas (con oltre 6 miliardi dibbl), Hawkins (1 miliardo), Hasting (770 milio-ni), Caillou Island (700), Bay Marchand (650).Per il settore offshore le riserve cumulative sco-perte sono oltre 15 miliardi di bbl: con i campiThunder Horse (1.000 milioni), Mars (700),Atlantis (650), Mad Dog, Neptune, Great Whitee altri. Il Permian Basin include i campi di Yates(1.900), Wasson (1.800), Kelly Snyder (1.349),

616 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

ALBERTAWILLISTON

POWDERRIVER

BIG HORN,WIND RIVER

SANJOAQUIM

PERMIAN

GULF OFMEXICO

COOK INLET

NORTHERNSLOPE

ANADARKO-ARKOMA

APPALACHIAN

campo a gas campo a olio principali bacini petroliferi

principali raffinerieprincipali terminal

gasdotto

oleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti di importazione di GNLimpianti di esportazione di GNL

impianti di importazionedi GNL in costruzione

C A N A D A

M E S S I C O

C U B AC A N A D A

Rio Gra

n

de

Colorado

Columbia

Missouri

Mis

siss

ippi

Mississippi

LagoSuperiore

LagoHuronLago

Michigan

G O L F O

D E L

M E S S I C O

O C E A N O

A T L A N T I C O

O C E A N O

PA C I F I C O

San

Lor

enzo

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

500 km0 250

Portland

Boise City

Eureka

Reno

Denver

CoffeyvilleEl Dorado

McPherson

Lincoln

Omaha

Minneapolis

Superior

Richmond

Raleigh

Tuscalosa

Douglasville

YorktownCove Point

SavannahElba Island

Tampa

Miami

New OrleansPascagoula

Baton Rouge

Lake Charles

Toledo

Rochester

SaintLouis

Hartford

Mount Vernon

Tulsa

Ponka City

Oklahoma City

Tucson

Beaumont

Baytown

Corpus Christi

Port Isabel

Three Rivers

Freeport

Mobile

Bloomfield

Santa Fe

Salt Lake City

Los Angeles

Bakersfield

Torrance

Santa Maria

El Segundo

PhoenixSan Diego

SanFrancisco

El Paso Big SpringArtesia Dallas

Tyler

Admore

Houston

Memphis

Indianapolis

Jacksonville

ChicagoJoliet

Detroit

Boston

Everett

Portland

Filadelfia

Delaware CityPaulsboro

NewYorkProvidence

SeattleAnacortes

Ferndale

Great Falls

Billings

Lauren

Cheyenne

Commerce City

Sinclair

Casper

Rapid City

Bismark

Mandala

Newcastle

Washington

Golden Eagle

Benecia

RichmondMartiner

Pittsburgh

Anchorage JuneauValdez

Fairbanks

1000 km0 500

LagoOntario

LagoErie

Atlanta

San Antonio

Kansas City

Page 53: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

mentre nell’Anadarko Basin ricordiamo il giantdi Panhandle (1.500) e nei bacini del Mid Con-tinent i campi di Oklahoma City e di Seminole.Il San Joaquim Basin, in California, contiene icampi di Midway Sunset (2.000), Kern River(1.800) ed Elk Hills (1.400). Nel bacino articocostiero dell’Alaska si trovano i campi di PrudhoeBay (12.400) e Kuparuk (2.200). Oltre alle riser-ve di olio convenzionale, negli Stati Uniti sonopresenti consistenti depositi di oil shale concen-trati prevalentemente nell’area del Colorado, Utahe Wyoming. Questi depositi sembrano contene-re risorse di 8.000 miliardi di bbl in posto (conun potenziale recuperabile, secondo gli esperti,da 500 a 1.500 miliardi di bbl), ma per il momen-to non esiste produzione commerciale, dati i costitecnici e ambientali elevati.La produzione di olio nel 2004 è stata di 7,2 milio-ni di bbl/d (dei quali 5,4 milioni di greggio), incalo del 2,5% rispetto al 2003. Questo decremen-to conferma il trend di caduta di produzione degliultimi dieci anni (nel 1994 la produzione era statadi 8,3 milioni di bbl/d). Il consumo interno di 20,5milioni di bbl/d rende la situazione energetica degliStati Uniti piuttosto critica. La produzione pro-viene da un numero elevato di pozzi, alcuni deiquali con portate minime. Una quota predominanteproviene dal Golfo del Messico (1,5 milioni dibbl/d). Altre aree produttive sono il Texas onsho-re (1,1 milioni), l’Alaska (886.000), la California(656.000), oltre che il Nuovo Messico (176), l’Ok-lahoma (171) e il Wyoming (140).Il Golfo del Messico mantiene buoni ritmi di pro-duzione dai campi di Mars, Kepler, Petronius,Nansen, Genesis, Hoover, per citare i più pro-duttivi, anche se eventi come gli uragani Katri-na e Rita hanno coinvolto buona parte delle strut-ture petrolifere del Golfo e sono stati causa dimancata produzione nel 2005.L’importazione di oltre 12 milioni di bbl/d nel2004 proviene prevalentemente da America Cen-trale e Meridionale (2,6 milioni di bbl/d), MedioOriente (2,5), Canada (2), Messico (1,6) e Afri-ca occidentale (1,6).Il numero di raffinerie negli Stati Uniti è dimi-nuito da 324 nel 1981 a 148 nel 2005. In realtàsono state chiuse le raffinerie marginali e menoeconomiche, mentre quelle più funzionali hannoaumentato la loro capacità di trattamento, chenel 2005 è complessivamente cresciuta a 17milioni di bbl/d, con un utilizzo dunque inferiore

alla capacità di trattamento. La rete di oleodot-ti storicamente ben radicata nel territorio siestende per oltre 3 milioni di chilometri e con-tinua a essere sviluppata soprattutto nelle acqueprofonde del Golfo del Messico. I principaliporti sono Baltimora, Chicago, Hampton Roads,Houston, Los Angeles, New Orleans, New York,Filadelfia.Gli Stati Uniti possiedono una Strategic Petro-leum Reserve (SPR), istituzionalizzata nel 1975dall’Energy Policy and Conservation Act, cheprevede un accantonamento fino a un miliardodi bbl di olio che può essere reso disponibile soloin casi particolari di grave emergenza.

Gas. Le riserve di gas al 2004 ammontavano negliStati Uniti a 5.290 miliardi di m3 (erano 4.500miliardi nel 1994), con un rateo di riserve/pro-duzione di 9,8 anni. La maggior parte delle riser-ve di gas (oltre il 50%) sono ubicate nei paesi chesi affacciano sul Golfo del Messico, in campi siaonshore sia offshore. Altri bacini con importan-ti riserve di gas sono l’Anadarko-Arkoma, l’Ap-palachian, i bacini del Wyoming-Colorado e ilNorthern Slope dell’Alaska.Il Golfo del Messico ha oltre 100 campi, preva-lentemente localizzati nell’ambito della piattaformacontinentale. Inoltre un importante campo a gasè quello di Panhandle-Hugoton, a cavallo tra Texas,Kansas e Oklahoma. In Alaska il campo più signi-ficativo è Prudhoe Bay (con 260 miliardi di m3),mentre negli Stati delle Montagne Rocciose sonopresenti i campi di San Juan, Pinedale, Jonah, Wat-tenberg. Un’altra importante area a gas è quelladell’Antrim Play, nel Michigan. Inoltre esistonoconsistenti riserve legate ai coalbed methane. Leriserve di gas da coalbed sono dell’ordine di 525miliardi di m3, localizzate prevalentemente neibacini del Colorado, del Nuovo Messico, del Wyo-ming, dell’Alabama e dello Utah.La produzione di gas degli Stati Uniti è stata nel2004 di 542,9 miliardi di m3 (541,8 nel 1994), afronte di un consumo di 646,7 miliardi di m3, per-tanto con necessità d’importazione di gas. La pro-duzione proviene sostanzialmente da Texas e Loui-siana (onshore: campi di Newark East, Cartha-ge, Sprawberry; e offshore: Mars-Ursa, Kepler,Mensa), Nuovo Messico (aree di San Juan eRaton), Oklahoma (Hugoton), Wyoming (Jonah),Colorado (San Juan e Wattenberg, Madden Pine-dale), Alaska (Prudhoe Bay), oltre che da Kansas

(Mocane-Laverne), Alabama (Lower Mobile Area)e California (Elk Hills). Va inoltre tenuta presentela produzione di gas dai coalbed, che nel 2004 èstata di 49 miliardi di m3 e rappresenta il 9% dellaproduzione statunitense di gas.La rete gas comprende oltre 200 sistemi di distri-buzione principale per un totale di 475.000 chi-lometri. L’incremento dei gasdotti è continuo(2.300 km e 73 miliardi di m3 sono stati aggiun-ti nel 2004, in ribasso rispetto agli anni prece-denti). Negli ultimi anni sono entrate in funzio-ne diverse linee dal Golfo del Messico alla Flo-rida, dal bacino di San Juan al confine traCalifornia e Arizona, dal centro di smistamentodi Chicago all’Illinois e al Wisconsin.Nel dicembre 2000 è entrato in funzione il gasdot-to Alliance Pipeline, il più lungo di tutto l’Ame-rica Settentrionale, con capacità di trasporto di13 miliardi di m3/a, dal Canada (Fort Saint John,Columbia Britannica) all’area di Chicago. È pre-vista anche una connessione con New York e laPennsylvania sempre dal Canada, paese con ilquale i rapporti di fornitura sono consolidati e dalquale nel 2004 sono stati importati 102 miliardidi metri cubi.Altre possibili fonti di approvvigionamento sonoil Canada settentrionale (la Mackenzie ValleyPipeline potrebbe trasportare 12 miliardi di m3/adi gas verso il Canada meridionale e gli StatiUniti) e il Northern Slope dell’Alaska (dove sista studiando un gasdotto con capacità di circa47 miliardi di m3/a, che comunque non sarà ope-rativo prima del 2012).Il consumo interno di gas naturale è destinato acrescere con conseguenti investimenti nei gasdot-ti e nelle infrastrutture. Per quanto concerne ilGNL esiste un impianto di esportazione in Ala-ska (il Kenai Project, operativo dal 1969, con unacapacità di 1,5 milioni di t/a destinate al Giap-pone). Essendo, però, gli Stati Uniti un preva-lente mercato di importazione è stata pianifica-ta l’espansione degli impianti esistenti (CovePoint, Lake Charles, Elba Island ed Everett, concapacità complessiva di 17,1 milioni di t/a) e lacostruzione di alcuni terminali d’importazionelungo la costa (6 sono stati approvati e 27 sonoin attesa di approvazione). Tra i progetti ricor-diamo quelli di Corpus Christi e Freeport (Texas)e Sabine Pass e Cameron (Louisiana), che dovreb-bero complessivamente quadruplicare la quan-tità di gas trattato.

617VOLUME V / STRUMENTI

AMERICA MERIDIONALE

Brasile

Nome ufficiale: República Federativa do Brasil(Repubblica Federale del Brasile)

Confini e territorioIl Brasile è, per estensione, lo Stato più grandedell’America meridionale (della cui superficiericopre poco meno della metà) e il quinto delmondo. Confina a nord con Colombia, Vene-zuela, Guyana, Suriname e con il Dipartimen-to d’Oltremare della Guyana Francese; a sudcon l’Uruguay; a ovest con Argentina, Paraguay,

Bolivia e Perù; a est s’affaccia sull’OceanoAtlantico.Il territorio è articolato in cinque grandi regionigeografiche. Il Nord o Amazzonia (Norte): è laregione più vasta del paese ma anche la meno popo-lata, coperta dalla più estesa foresta equatorialedell’intero pianeta e in cui si trova gran parte delbacino imbrifero del Rio delle Amazzoni. Si distin-guono al suo interno terre sempre coperte dal-l’acqua (igapos), terre sommerse solo quando ifiumi sono in piena (varzeas) e le tierrafirme, sem-pre asciutte in quanto più elevate. Il Nord-Est (Nor-deste): è la regione più povera del paese, ciclica-mente soggetta a forti siccità. La striscia di terra

fertile che costeggia il litorale è denominata zonadella mata; nell’entroterra si estende, invece, unaregione arida nota come sertão. Il Sud-Est (Sude-ste): è l’area più sviluppata e urbanizzata; presen-ta rilievi piuttosto elevati che si ergono a picco sul-l’Oceano Atlantico. Il Sud (Sul): zona pianeggianteincisa da lunghe catene di colline; è la regione piùpiccola del Brasile ma anche quella che vanta ilpiù alto reddito pro capite. Il Centro-Ovest (Cen-tro-Oueste): nella regione si trova la più grandepianura alluvionale della terra, il Pantanal; vi siestendono i due vasti altipiani di Goiás e MatoGrosso ed è attraversata da nord a sud dal Paraná,il secondo fiume del paese.

AMERICA MERIDIONALE

Page 54: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Il Brasile è una federazione formata da 26 Statie da un Distretto Federale che ospita la capitalefederale, Brasilia (la quale nel 1960 ha sostitui-to in tale funzione Rio de Janeiro).

Popolazione e aspetti socio-culturaliIl Brasile conta 169,8 milioni di ab., la maggio-ranza dei quali (53,7%) di origine europea (Por-toghesi, Italiani, Tedeschi, Spagnoli, Polacchi). Ilresto della popolazione è costituito da Meticci(38,5%), Neri (6,2%), e altri (1,6%) tra cui Giap-ponesi, Arabi e una ristretta minoranza di Ame-rindi (circa 700.000) che vivono nelle foreste.La lingua ufficiale è il portoghese, ma sono usatianche lo spagnolo, l’inglese, il francese e alcuniidiomi locali. Il 74% della popolazione è di reli-gione cattolica, mentre il 15,4% si dichiara pro-testante. Percentuali più modeste praticano inve-ce confessioni e culti dei paesi di origine (Spiri-tualismo, Ebraismo, Induismo, culti animistici,ecc.) e il 7,4% afferma di non professare alcuncredo religioso.La capitale è Brasilia (2.051.146 ab., ma 3.675.000nell’intera agglomerazione urbana), situata nelDistretto Federale. Le città più popolose sono:San Paolo (10.434.000, ma ben 20.300.000 nel-l’intera agglomerazione urbana), Rio de Janei-ro (5.858.000 ab., 12.200.000 nell’agglomera-zione), Salvador (2.443.000 e 3.525.000), BeloHorizonte (2.239.000 e 5.650.000), Fortaleza(2.141.000).

Economia

Moneta. Dal luglio 1994, l’unità monetaria delBrasile è il real (BRL) che ha sostituito il cru-zeiro real. Il tasso di cambio medio nel 2005 èstato di BRL2,4328�$1 e di BRL3,03443�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Grazieallo sviluppo dei settori agricolo, minerario, mani-fatturiero e dei servizi, il Brasile vanta la piùimportante e stabile economia dell’America meri-dionale e si colloca all’undicesimo posto nelmondo in termini di PIL. L’economia del Brasi-le è ampiamente diversificata con significativedifferenze regionali in termini di sviluppo: l’in-dustrializzazione è più diffusa nel Sud e nel Sud-Est del paese, mentre il Nord-Est è tradizional-mente l’area più povera.Lo sviluppo economico vero e proprio è comin-ciato a partire dal 1930: negli anni Quarantavenne costruito il primo polo siderurgico nelloStato di Rio de Janeiro; il processo di indu-strializzazione è quindi proseguito nel venten-nio compreso tra gli anni Cinquanta e Settantacon l’ espansione di settori importanti dell’eco-nomia come l’industria automobilistica, la petrol-chimica e l’acciaio. Gli anni Settanta, nonostantele due crisi petrolifere mondiali, sono stati par-ticolarmente floridi, con un tasso di crescitamedio del PIL pari all’8,2%. Gli anni Ottantahanno invece risentito dell’aumento dei tassi diinteresse dell’economia mondiale e della con-seguente crisi del debito estero che colpì tuttal’America Latina: in questo periodo il PIL hariportato anche tassi di crescita negativi, ma nelcomplesso la variazione è stata positiva. Gli anniNovanta sono stati caratterizzati dall’avvio delprocesso di privatizzazione, che ha interessato isettori dell’acciaio, dei fertilizzanti e delle tele-comunicazioni. Nel luglio 1994, l’allora Presi-dente della Repubblica Ferdinando Henrique

Cardoso emanò un ambizioso programma di sta-bilizzazione economica, noto come Plan Real,che ha consentito di porre sotto controllo la dina-mica dell’inflazione: alla fine del 1993, questaaveva raggiunto un livello prossimo al 5.000%,mentre nel 2000 era scesa al 6%. L’inizio delnuovo millennio è stato contrassegnato da unbuon andamento dell’economia e nel 2004 il PILha riportato il tasso di crescita più elevato degliultimi 10 anni, pari al 4,9% in termini reali. Ilterziario ha contribuito alla formazione del 50%del PIL e ha fatto registrare un andamento assaivivace dei comparti del commercio e dei tra-sporti. Significativa è anche l’importanza del-l’industria (35% del PIL), i cui comparti piùdinamici sono stati quello manifatturiero (tessi-le, siderurgico, automobilistico, alimentare, ecc.)e quello edile. Quanto all’industria mineraria,nonostante la contrazione fatta registrare nel2004 (�0,7%), rimane un importante settore del-l’economia brasiliana, soprattutto per quantoriguarda la produzione di minerali di ferro. IlBrasile vanta anche un’eccellente attività agri-cola e di allevamento: è il primo produttore mon-diale di canna da zucchero e di caffè e il primoproduttore al mondo in allevamento di cavalli.Importantissima è la produzione forestale (legna-me dell’Amazzonia).

Bilancia commerciale. Il 26 marzo del 1991, Bra-sile, Argentina, Paraguay e Uruguay hanno costi-tuito il Mercato Comune del Sud (MERCOSUL),con l’ obiettivo di permettere la libera circola-zione di capitale, lavoro e servizi tra i 4 paesimembri, i quali si sono impegnati a mantenere lastessa aliquota di importazione per determinatiprodotti. Il patto fu reso effettivo con la creazio-ne di un’unione doganale e di una parziale zonadi libero commercio il 1° gennaio 1995. La crea-zione dell’area di libero scambio ha reso il Bra-sile una delle economie più aperte del mondo,senza restrizioni quantitative alle importazioni.A partire dal 2001, il saldo della bilancia com-merciale evidenzia un surplus in continua e fortecrescita: nel 2004 è aumentato del 36% rispettoal 2003 ed è superiore di circa 13 volte al livellodel 2001. I principali mercati di destinazione delleesportazioni del Brasile sono: Unione Europea,America Latina, Stati Uniti e Asia.

Quadro energeticoIl Brasile è il più grande consumatore di energiadell’America Latina. Consuma più energia (olio,gas e carbone) di quella che produce (176,31milioni di tep nel 2004). L’aumento di produzio-ne dell’olio è un obiettivo strategico per il gover-no che ipotizza di essere a breve autosufficiente.Nel 2004 sono stati consumati 187,7 milioni ditep di energia commerciale (84,2 di olio, 17 digas, 11,4 di carbone, 2,7 di energia nucleare e 72,4di energia idroelettrica), con un incremento del4,3% rispetto all’anno precedente. Il Brasile è unodei maggiori produttori di energia idroelettrica, e

pur avendo riserve di carbone consistenti devericorrere all’importazione da Stati Uniti e Austra-lia. La domanda di energia primaria aumenteràentro il 2030 con un tasso annuale del 2,5%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. Le prime ricer-che sistematiche furono effettuate nell’area diBahia e Alagoas dove nel 1915 vennero perfo-rati i primi pozzi per olio. L’area di Alagoas, inparticolare fu oggetto di sopralluoghi da partedi diversi geologi di importanti compagnie petro-lifere nel periodo successivo alla Prima GuerraMondiale. Nel 1938 fu costituito il ConselhoNacional de Petrolio. Vennero perforati alcunipozzi nell’ area di Bahia con la prima scopertadi olio nel 1939. In seguito furono scoperti icampi di Candeias (1941), Dom João (1947),Agua Grande (1951). In quegli anni il tentativodi aprire alle compagnie straniere lo sfrutta-mento delle risorse naturali, che si ritenevanomolto abbondanti, fu contrastato da un’ondatanazionalistica che portò nel 1953 alla costitu-zione della compagnia di Stato, la Petrobras, laquale intraprese una massiccia attività esplora-tiva con la collaborazione di esperti internazio-nali. Nel periodo tra il 1956 e il 1959, la Petro-bras condusse intense campagne nei diversi baci-ni sedimentari: nel Rio delle Amazzoni, nelSergipe-Alagoas (dove nel 1963 fu scoperto ilcampo di Carmopolis e nel 1967 quello di Siri-rizinho), nell’Espirito Santo Basin (con l’ese-cuzione della prima sismica marina), nei baci-ni di Parana e di Marajo, nei quali furono perfo-rati diversi pozzi. Nel Reconcavo Basin furonoscoperti i giacimenti di Taquipe (1958), Cassa-rogongo (1959), Buracica (1965), Miranga(1965) e Aracas (1965).All’inizio degli anni Settanta fu esplorata, tra-mite sismica, la piattaforma continentale anti-stante ai bacini di Barreinhas, Espirito Santo (del1972 è la scoperta di Fazenda do Cedro), Recon-cavo e Sergipe-Alagoas. Nel 1973 la Petrobraseffettuava la prima importante scoperta nel Cam-pos Basin, il giacimento di Garoupa, alla qualeseguirono le scoperte di Pargo, Namorado eBadejo nel 1975. L’esplorazione petrolifera daparte di compagnie straniere iniziò soltanto nel1976, con l’assegnazione, per gara internaziona-le, di aree offshore a BP (British Petroleum, chefirmò il primo contratto), Elf-Agip, Esso e Shell.Alcune scoperte di gas furono effettuate anchenell’Alto Bacino del Rio delle Amazzoni (1978).Tra il 1977 ed il 1988, anno in cui l’AssembleaCostituzionale reintrodusse il monopolio della Petro-bras, furono promosse 7 gare con offerta di bloc-chi in mare e terraferma, che videro la partecipa-zione di numerose e importanti compagnie (Che-vron, Cities Service, Conoco, Hispanoil, Marathon,Pecten, Penzoil, Occidental, Texaco, Union Oil,Deminex, Union Texas, Idemitsu, Hudson Bay eAnschutz). Lo sforzo esplorativo compiuto da tutte

618 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1971-1980 1981-1990 1991-2000 2001-2004 1971-2004

Agricoltura 7,5 1,9 3,1 0,3 4,2Industria 8,5 1,1 2,1 7,7 3,5Servizi 7,7 2,4 2,1 �0,6 3,4

PIL 8,2 2,2 2,8 2,5 3,7

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1971-2004).

Page 55: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

queste compagnie, con oltre 60 pozzi esplorativi,non ha avuto successo se non per una modesta sco-perta di gas fatta dalla Pecten nel Santos Basin(campo di Merluza, attualmente in produzione) ealcune piccole scoperte di olio e gas nel Nord delpaese. Negli anni Ottanta seguirono nel bacino diCampos le scoperte di Moreia, Marlim e Albaco-ra, e qualche anno dopo (1996) si ebbe la scoper-ta di Roncador. Nel 1997 venne promulgata unanuova legge che poneva fine al monopolio di Petro-bras e permetteva l’ingresso nel paese alle com-pagnie straniere. I diritti petroliferi dell’intero Statoappartengono all’Autorità federale e vengonoamministrati dall’Agenzia Nazionale per il Petro-lio (ANP), responsabile delle gare e dell’assegna-zione di permessi. Nuove aree furono aperte allaconcorrenza straniera (da allora sono stati pro-mulgati 6 bid rounds), con partecipazione di Ame-rada, BG (British Gas), BP, Coastal, Elf, Eni, Enter-prise, Esso, Japex, Kerr McGee, Mobil, RangerOil, Shell, Texaco, Unocal, YFP (Yinka Folawiyo

Petroleum). Attualmente la Shell è l’unica com-pagnia che produce dal Campos Basin. Altre com-pagnie che hanno partecipazioni in blocchi esplo-rativi sono la Statoil, la Repsol-YPF e la Che-vronTexaco. I termini fiscali e gli scarsi risultatidelle ultime campagne esplorative sono stati disin-centivanti per gli interventi stranieri.

Olio. Alla fine del 2004 il Brasile disponeva di11,2 miliardi di bbl di riserve di olio (nel 1994erano circa la metà); l’incremento è legato ai risul-tati della ricerca nei fondali profondi.La maggior parte delle riserve è infatti ubicatanei bacini di Campos (che con 22,5 miliardi dibbl cumulativi scoperti contiene il 69% delle riser-ve totali producibili in Brasile) e secondariamentein quelli di Santos (3,5 miliardi), di Reconcavo(quasi due miliardi), di Espirito Santo (1,6), Poti-guar (1,2) e Sergipe-Alagoas (1).Nel Campos Basin, soprattutto nell’offshore profon-do, i campi scoperti si concentrano in un’area che

copre solo il 10% dell’intera estensione del baci-no. Nel bacino sono ubicati i campi di Roncador(2,9 miliardi di bbl), Marlim (2,7), Marlim Sul(2,5), Albacora (880 milioni) e Barracuda (800milioni). Nel limitrofo Santos Basin, dove uncerto numero di giacimenti modesti era stato rin-venuto in passato, in questi ultimi anni sono statiscoperti campi con importanti riserve (da 300 a730 milioni di bbl).Nel Reconcavo Basin, il primo bacino produtti-vo dell’onshore brasiliano, le scoperte significa-tive sono Agua Grande (320 milioni di bbl),Miranga-Miranga Profundo (270), Buracica (220),Candeias (130), Dom João (115) e altri di minordimensioni. Nel Sergipe-Alagoas Basin si trovano invece icampi di Carmopolis (440 milioni di bbl), Siri-rizinho (100), Guaricema (85) e Riachuelo (42).Nell’Espirito Santo Basin ricordiamo le scopertedi Golfinho (800 milioni), Fazenda Alegre (211milioni), 1-ESS-120 (177), 1-ESS-091 (93) e di

619VOLUME V / STRUMENTI

AMERICA MERIDIONALE

campo a gas campo a olio

principali bacini petroliferi

principali raffinerie

principali terminal

gasdotto

oleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti di importazionedi GNL in progetto

Manaus

Ilheus

Vitoria

Pôrto Velho

Cuiabá

Rio Grande

Uruguaiana

Rio Branco

Florianopolis

UPPER AMAZONBASIN

POTIGUARBASIN

SERGIPEBASIN

RECONCAVOBASIN

ESPIRITOSANTOBASIN

CAMPOSBASIN

SANTOSBASIN

Japurá

Rio delle Amazzoni

São

Fran

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Uru

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Paraná

Pa

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Toca

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Parnaíba

Teles Pires

Rio

Bra

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Rio Negro

Rio Grande

JuruáPurús

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Tapa

jós

Xin

gu

Ara

gua

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O C E A N O

A T L A N T I C O

Marajó

C O L O M B I A

VENEZUELA GUYANA

SURINAME

GUIANA

FRANCESE

PA R A G UAY

URUGUAY

A R G E N T I N A

P

ER

Ù

B O L I V I A

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

più di 5.000.000

800 km0 400

Santarém Belém

Brasilia

Goiânia

Recife

Fortaleza

São Luís

Teresina

Natal

Aracaju

Maceió

JoãoPessoa

Salvador

Rio de Janeiro

Belo Horizonte

Campos

Campinas

Campo Grande

Curitiba

Paranagua

Pôrto Alegre

San PaoloSantosCubatao

Juiz de Fora

Ji-Paraná

Palmas

Marabá

Joinville

Page 56: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

Corrego Cedro Sul (60), mentre nel Potiguar Basinsono presenti i campi di Canto do Amaro (di oltre300 milioni di bbl) e Ubarana (297).La produzione di olio nel 2004 è stata di 1,54milioni di bbl/d, stabile rispetto all’anno prece-dente, ma in continua crescita nel decennio. Conun consumo di 1,8 milioni di bbl/d il Brasile restaper il momento un importatore di olio, ma l’o-biettivo del governo è di rendere a breve il paeseautosufficiente. La produzione è controllata quasitotalmente da Petrobras e proviene dal CamposBasin dove vengono prodotti oli pesanti dai 15ai 25 °API. I maggiori campi produttori sonoRoncador, Marlim, Albacora, Barracuda.Oltre alla Petrobras l’unica produzione straniera èquella della Shell nel Campos Basin (Bijupira-Salema Project) iniziata nel 2003, con 50.000 bbl/d.Anche Chevron potrebbe in tempi brevi entrare inproduzione dal Fade Project con 120.000 bbl/d. Daparte sua Petrobras, pensa di estendere la produ-zione a Marlim Sul, Barracuda e Caratinga.Il trasporto di greggio domestico tramite un siste-ma di oltre 6.000 km di oleodotti, che permettedi trasportare il greggio dalla costa alle raffine-rie e ai centri di consumo, è operato da Transpe-tro. Le raffinerie sono 13 con una capacità di trat-tamento di quasi 2 milioni di bbl/d. La raffineriapiù grande è quella di San Paolo con 350.000bbl/d di capacità. Una nuova raffineria è in pro-getto sulla costa nordorientale, in collaborazio-ne con il Venezuela, con una capacità di 150.000-250.000 bbl/d.

Gas. Il Brasile ha riserve di gas dell’ordine di330 miliardi di m3 (erano 150 miliardi nel 1994),concentrate soprattutto nei bacini di Santos e diCampos (oltre 250 miliardi di riserve cumula-tive per bacino), e secondariamente negli altribacini ciascuno dei quali con riserve dell’ordi-ne di qualche decina di miliardi di m3. Nel San-tos Basin ricordiamo le scoperte di Mexilhao(100 miliardi di m3), Tambau (49) Urugua (35),mentre nel Campos Basin il gas è associato neicampi di Marlim (65 miliardi di m3), Roncador(50), Marlim Sul (31), Barracuda (14), Albaco-ra (12).La produzione di gas è cresciuta negli ultimi diecianni da 4,5 miliardi di m3/a agli attuali 11,1 miliar-di, che comunque non riescono a soddisfare ilconsumo interno (quasi 19 miliardi), con conse-guente importazione dalla Bolivia e dall’Argen-tina. La produzione è controllata quasi esclusi-vamente dalla Petrobras (altri operatori sono laSulgas e la BG) e proviene principalmente dalCampos Basin, anche se ci sono modeste produ-zioni locali (Amazzonia e Bahia). La rete di metanodotti si estende per circa 2.300km ed è divisa in due tronconi. Uno, nel Nord-Est del paese, collega i centri costieri; l’altrointeressa la costa meridionale a sud di Campos.Progetti in corso prevedono il collegamento deicampi a gas di Jurua e Rio Urucu con Porto Velho(Porto Velho Pipeline Project) da una parte e diCoari con Manaus (Coari-Manaus Project) dal-l’altra.Esistono inoltre due gasdotti dalla Bolivia cheportano il gas rispettivamente verso San Paolo(Bolivia Brasil Pipeline) e verso Cuiaba (Gaso-cidente MatoGrosso Pipeline). Sono in corsoprogetti di unificazione delle linee esistenti tral’area sudoccidentale e la parte nordorientaledel paese da costruirsi in collaborazione con laSinopec.

Data la crescente domanda di gas è in programmail raddoppio della linea da Santa Cruz a Porto Ale-gre, con capacità di 10 miliardi di m3/a. Inoltre ilBrasile riceve gas dall’Argentina tramite la Paraná-Uruguayana Pipeline, per la quale è prevista un’e-stensione di 600 km fino a Pôrto Alegre.

Venezuela

Nome ufficiale: República Bolivarianade Venezuela (Repubblica Bolivarianadel Venezuela)

Confini e territorioIl Venezuela, uno degli Stati della sezione set-tentrionale dell’America Meridionale, confina aest con la Guyana, a sud con il Brasile e a ovestcon la Colombia; a nord è bagnato dal Mar Cari-bico e a nord-est dall’Oceano Atlantico. Il terri-torio è articolato in quattro regioni morfologica-mente distinte: la calda e asciutta depressione diMaracaibo, situata nell’estremo nord-ovest delpaese e occupata in gran parte dal lago omoni-mo; le propaggini settentrionali del sistema andi-no che si biforcano a formare due grandi alli-neamenti montuosi, la Sierra de Perijá e la Cor-digliera di Mérida; al centro del paese si trovanoi vastissimi bassopiani (llanos) dell’Orinoco (ilterzo fiume, per lunghezza dell’America Meri-dionale, dopo il Paraná e il Rio delle Amazzoni)che coprono un terzo dell’intero territorio; infi-ne, a sud-est, gli altopiani tropicali della Guya-na, che occupano circa la metà della superficiedel paese e sono ricchi di risorse minerarie anco-ra largamente inesplorate.Il Venezuela ha un clima di tipo subequatoriale,con un’escursione annua molto modesta, ma letemperature medie risentono molto dell’altitudi-ne e pertanto sono notevolmente diverse tra lelocalità andine poste a differente altezza, i llanose le zone costiere.Il Venezuela è una Repubblica federale costitui-ta da 23 Stati (tra cui Amazonas e Delta Amacu-ro, due territori federali ai quali è stata assegna-ta la condizione di Stato con legge speciale), dalDistretto Federale, che comprende gran parte del-l’area metropolitana della capitale e dalle Dipen-denze Federali, costituite da 11 gruppi di isole allargo della costa caribica.

Popolazione e aspetti socio-culturaliSecondo una stima del 2005, il Venezuela conta26.577.423 ab. (erano 23.054.210 al censimentodel 2001) principalmente concentrati nelle areeurbane e lungo le coste. Il 21% della popolazioneè di origine europea, il 67% è costituito da Metic-ci, il 10% da Neri e il restante 2% da Amerindi.La lingua ufficiale è lo spagnolo; sopravvivonoalcuni idiomi indigeni. Il 96% della popolazione

venezuelana è di religione cattolica, mentre il 4%aderisce a diverse confessioni protestanti e il rima-nente 2% professa altre religioni.La capitale è Caracas (1.836.000 ab., ma 4.775.000nell’intera agglomerazione urbana). Le altre cittàpiù popolose sono Maracaibo (1.609.000 e2.225.000 nell’ agglomerazione), Valencia(1.196.000 e 1.870.000), Barquisimeto (816.000e 1.190.000), Ciudad Guayana (629.000).

Economia

Moneta. L’unità monetaria del Venezuela è il bolí-var (VEB). Il tasso di cambio medio nel 2005 è statodi VEB2.108,4564�$1 e di VEB2.620,66�€1.

Struttura ed evoluzione dell’economia. Fino allaSeconda Guerra Mondiale, il settore agricolodel Venezuela contribuiva alla formazione delPIL per circa il 50%. Nel 2004, la sua quota risul-ta appena il 5%. A partire dagli anni Cinquantadel 20° secolo, la valorizzazione delle risorsepetrolifere ha profondamente modificato l’eco-nomia del paese. Il Venezuela, membro fonda-tore dell’OPEC nel 1960, presenta una struttu-ra economica fortemente dominata dall’indu-stria petrolifera e dipendente dalle esportazionidi petrolio, il che ha accentuato la sua vulnera-bilità alle mutevoli condizioni del mercato petro-lifero internazionale. Negli anni compresi tra il1972 e il 1979, il forte rialzo dei prezzi del petro-lio conseguente alla prima crisi petrolifera haconsentito una crescita media annua del PIL del5,3% (in termini reali), con punte superiori al6% nel periodo 1974-77. Il decennio successi-vo è stato invece caratterizzato da un afase diristagno economico, con un tasso di crescita realedel PILnullo nel periodo 1980-1989. Le ragio-ni di questo andamento sono dipese dal calo dellequotazioni del greggio, a seguito della secondacrisi petrolifera, e al contestuale aumento deitassi di interesse sul mercato internazionale, unbinomio negativo per un paese fortemente dipen-dente dalle esportazioni di petrolio e con un ele-vato debito estero. Nel corso degli anni Novan-ta l’economia del Venezuela ha manifestato unandamento altalenante: alla forte crescita delperiodo 1990-92, associata all’espansione delsettore petrolifero in occasione della Guerra delGolfo, si sono contrapposti fasi di forte contra-zione economica, riconducibili anche alla crisiasiatica del 1998.All’inizio degli anni Novanta, il Presidente Car-los Andrés Pérez, sollecitato da diversi organi-smi internazionali, tra cui il Fondo MonetarioInternazionale, varò un programma di privatiz-zazioni, liberalizzazioni e tagli alla spesa pub-blica che suscitò il malcontento popolare; lapovertà della popolazione aumentò, così comel’inflazione, che nel 1994 toccò il 70,8%. L’insta-bilità politica del Venezuela è proseguita anchesotto la Presidenza di Hugo Chávez, salito al poterenel 1999, il quale ha dato l’avvio a significativi

620 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI

Crescita del PIL e dei settori produttivi (variazione % media annua)

Settori 1972-1979 1980-1989 1990-1999 2000-2004 1972-2004

Agricoltura 4,7 3,0 1,8 2,9 3,0Industria 3,7 �0,2 2,6 �0,2 1,8Servizi 5,9 1,8 0,5 2,1 2,7

PIL 5,3 0,0 1,9 0,6 2,2

Fonte: elaborazioni su dati ONU (serie 1972-2004).

Page 57: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

cambiamenti istituzionali ed economici. Con lanuova Costituzione, il Presidente ha attuato impor-tanti riforme politiche e ha dichiarato non priva-tizzabili diversi settori dell’economia ritenuti diinteresse generale, tra cui quello petrolifero (nazio-nalizzato nel 1975, sotto il primo mandato diPérez).Anche all’inizio del 21° sec. l’economia delVenezuela ha continuato a caratterizzarsi per ilsuo andamento oscillatorio. Alla buona perfor-mance del biennio 2000-01, è infatti seguita unagrave crisi: il colpo di Stato dell’aprile 2002 e,soprattutto, lo sciopero nazionale indetto daglioppositori di Chávez nel dicembre dello stessoanno (e terminato nel febbraio 2003) hanno fini-to con il paralizzare l’intera economia del paese.Nel 2004 si è avviata una nuova fase di ripresa:il rialzo delle quotazioni petrolifere internazio-nali ha favorito una forte crescita interna(�17,9%) che ha interessato tutti i settori eco-nomici e in particolare quello manifatturiero(�24,5%) e quello dei servizi finanziari e assi-curativi (�26,6%). Anche le attività petrolife-re, dopo la crisi del 2002-03, hanno evidenzia-to una crescita in termini reali dell’11,6%. Mal-grado miglioramenti, l’ economia del Venezuelarimane tuttavia caratterizzata da elevati tassi diinflazione (17,3%) e di disoccupazione (12,8%delle forze di lavoro).

Bilancia commerciale. Il Venezuela è uno deiprincipali paesi esportatori di petrolio. Nono-stante la forte crescita delle importazioni nel 2004(�60%), il saldo della bilancia commerciale evi-denzia nello stesso anno un surplus di 21,4 milio-ni di dollari, pari al 17,1% del PIL. Le esporta-zioni petrolifere coprono l’82% dell’export tota-le del paese e si indirizzano prevalentemente versogli Stati Uniti, le Antille Olandesi e i paesi del-l’Unione Europea. Le importazioni, costituiteprincipalmente da prodotti agricoli e manufatti,provengono invece da Stati Uniti, Unione Euro-pea, Giappone e Colombia. Il 9 dicembre 2005,con l’assenso di Argentina, Brasile, Paraguay eUruguay, il Venezuela è entrato a pieno titolo nelMercosur.

Quadro energeticoIl Venezuela è il paese con le riserve di olio piùsignificative dell’America Latina, del quale èattualmente e rimarrà il maggior produttore edesportatore. È anche produttore di energia idroe-lettrica. Nel 2004 ha prodotto 196.06 milioni ditep di energia e ne ha esportate 139,53. Il con-sumo interno è stato di 67,6 milioni di tep (26,3milioni di olio, 25,3 milioni di gas e 16 milio-ni di energia idroelettrica). Le notevoli riservedi gas permetteranno al paese di diventare unesportatore in particolare di GNL, anche se l’i-nizio della produzione non è ancora imminen-te. La domanda di energia è prevista in aumen-to fino al 2030, con un incremento annuo del2,6%.

Idrocarburi

Storia della ricerca petrolifera. In Venezuela findal 1911 operavano alcune compagnie petrolife-re quali la Venezuelan Oil, la Venezuelan Oil-fields, la General Asphalt Company, la NorthVenezuelan Petroleum. In particolare la GeneralAsphalt Company aveva ottenuto un’importanteconcessione per lo sfruttamento degli asfalti del

Lago di Guanoco. La Shell, che aveva acquisitouna partecipazione nella compagnia, fu moltoattiva e scoprì diversi giacimenti nella parte occi-dentale del paese. Negli anni Venti operarono laMaracaibo Oil Exploration Company (poi deno-minata Mene Grande Oil Company), la BritishControlled Oil Fields (acquisita dagli Statunitensinel 1952), la Lago Petroleum Corporation, laStandard Oil Company, la Richmond Explora-tion Company (affiliata della Standard Oil ofCalifornia) e la Creole Petroleum Corporationche successivamente diventerà Standard Oil NewJersey (cioè Esso).Il decennio 1920-30 vide la partecipazione dinumerose compagnie statunitensi. Shell, Stan-dard Oil of New Jersey, Gulf (Meneg) e PanA-merican (poi Amoco) ottennero i migliori risul-tati esplorativi. In quel periodo furono scoperti igiacimenti di Mene Grande (1914), Cabimas(1917), La Paz (1923), Lagunillas (1926), TíaJuana (1928), Quiriquire (1928) e Bachaquero(1930). Il rapporto tra governo e compagnie stra-niere iniziò a deteriorarsi alla fine degli anni Tren-ta in occasione dell’aumento dei canoni petroli-feri relativi alle concessioni di nuova assegna-zione. Nel 1943 fu emanata la nuova leggepetrolifera che aumentava la royalty a 16,66% etassava al 50% il profitto netto ottenuto dalla pro-duzione.Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1948 vennepromulgata la legge che imponeva una ripartizio-ne dei profitti petroliferi tra governo e compagniein misura del 50%. Nel gennaio 1976 venne decre-tata la nazionalizzazione degli asset delle compa-gnie straniere. Le proprietà nazionalizzate furonotrasferite a numerose società venezuelane della

holding PDVSA (Petróleos de Venezuela S. A.)già denominata CVP (Corporación Venezolanadel Petróleo), che si raggrupparono fino al 1986,anno in cui fu rilevata tutta l’attività di upstreamda tre sole società, cioè Corpoven, Lagoven eMaraven.Dal 1976, anno della nazionalizzazione, seguì unlungo periodo di gestione autonoma che durò finoall’inizio degli anni Novanta, quando la PDVSAinvitò le compagnie petrolifere private a gestirela riattivazione di campi marginali attraverso uncontratto di servizio (OSA, Operating ServiceAgreement). Nelle prime gare del 1991-92 si for-marono con le compagnie straniere (tra le qualiChevron, BP – British Petroleum –, Total e Repsol-YPF) 22 gruppi, operativi su 32 campi. Nel 1995,per la prima volta, furono offerte aree esplorati-ve in una gara che vide la massiccia partecipa-zione di società internazionali, comprese quasitutte le major. Blocchi sono assegnati a Mobil-Veba-Nippon e alla Conoco.Nel 2001 è stata promulgata la nuova legge sugliidrocarburi che sostituisce quelle del 1943 e del1975 e con la quale sono state aumentate leroyalty petrolifere e si è garantita alla PDVSAuna maggiore partecipazione nei progetti, arti-colati sotto forma di joint ventures. La respon-sabilità di formalizzare e gestire gli accordi èpassata alla Corporación Venezolana del Petró-leo, mentre la PDVSA si è concentrata sulla pro-duzione dei propri campi. Negli anni successiviuna serie di azioni (aumento delle royalty da 1a 16,6%, conversione degli OSA in joint ven-tures, aumento delle tasse dal 34% al 50%) sem-bravano pregiudicare il rapporto di collabora-zione con le compagnie straniere. Per cui non si

621VOLUME V / STRUMENTI

AMERICA MERIDIONALE

campo a gas

campo a olio principali bacini petroliferi

principali raffinerieprincipali terminal

gasdotto

oleodotto

gasdotto in costruzioneo in progetto

impianti di esportazionedi GNL in progetto

ORINOCOBELT

FALCON BASIN

BARINASBASIN

Maracaibo

ValenciaBarquisimeto

San Cristóbal

El PalitoPuertoCabello

Punto Fijo

Puerto la Cruz

Jose

San Roque Tucupita

PuertoOrdazCiudad

Bolívar

MATURIN-GUARICOBASIN

meno di 1.000.000

1.000.000 - 5.000.000

agglomerazioni urbane (abitanti)

centri urbani (abitanti)

Caracas

MARACAIBO BASIN

M A R C A R I B I C O

C O L O M B I A

B R A S I L E

GUYANA

Ori

noco

400 km0 200

TRINIDADE TOBAGO

Page 58: Encclopedia Degli Idrocarburi - Principali Produttori Di Idrocarburi

può escludere che tra le compagnie internazio-nali presenti nel 2005 nel paese (BP, Chevron,CNPC-China National Petroleum Corporation,ConocoPhillips, Ecopetrol, Eni, Repsol-YPF,ExxonMobil, Gazprom, Mitsui, Murphy, Pequi-ven, Petrobras, Statoil, Teikoku, Total) si registriqualche defezione. Sul piano internazionale ilVenezuela ha attivato una serie di accordi regio-nali (Petrocaribe, Petroandino, Petrosur, Petroa-merica) di assistenza in campo petrolifero congli altri paesi dell’America Meridionale.

Olio. Nel 2004 le riserve di olio ammontavano a77,2 miliardi di bbl (erano 64,9 miliardi nel 1994).Il rapporto riserve/produzione era di 70,8 anni.Le riserve più significative di olio sono ubicatenel Maracaibo Basin, nel quale sono presenti icampi di Tía Juana (17 miliardi di bbl), Lagunil-las (10 miliardi), Bachaquero (oltre 8 miliardi),Lama (3,4 miliardi), Boscan (2,5 miliardi), Ceuta(oltre 1,9 miliardi), Centro (1,8 miliardi), La Paz(1 miliardo), Mene Grande (780 milioni), Tomo-poro (760 milioni), Cabimas (525 milioni). Ladensità media dell’olio varia dai 17,9 °API di TíaJuana ai 33,6 °API di Centro. Nel bacino diMaturín sono localizzati i campi di Cerro Negro(6,5 miliardi), El Furrial (3,8 miliardi), Jobo (1,6miliardi), Melones (1 miliardo), Morichal (1miliardo), Quiriquire (800 milioni), Santa Rosa(745 milioni), Oficina (530 milioni), Dación (500milioni). La densità media dell’olio varia dai26 °API di Oficina ai 45,7 °API di Santa Rosa.Nel Falcón Basin sono presenti vecchi giacimentidi dimensioni ridotte (El Mene de Muroa, Media,Hombre Pintado, Monte Claro, Mene de Acosta),come nel bacino di Guarico (Mercedes, Palacio,Ruiz, Saban) e di Barinas (campi marginali diHato e Sinco Silvestre).Oltre alle riserve di olio convenzionale sono pre-senti nella parte meridionale del bacino diMaturín, nella fascia petrolifera dell’Orinoco,accumuli di olio pesante (7-10 °API) con oltre1.000 miliardi di bbl di olio in posto, dei quali100-250 miliardi recuperabili.Nel 2004 il Venezuela ha prodotto 2,98 milionidi bbl/d (ne produceva circa 2,7 nel 1994) inaumento rispetto all’anno precedente, ma comun-que al di sotto della sua quota OPEC di 3,22 milio-ni di bbl/d. Il declino di produzione di questi ulti-mi anni è dovuto soprattutto agli scioperi del2002-03, che secondo alcuni analisti hanno por-tato seri danni alla struttura produttiva del paese.La PDVSA ha stimato aumenti di produzioneestremamente ambiziosi (5 milioni di bbl/d entroil 2009 e 5,8 entro il 2012) che necessitano diinvestimenti da parte delle compagnie straniere,ma una serie di azioni governative di questi ulti-mi anni (aumento delle royalty, conversione degliOperating Service Agreements in joint ventures,

aumento delle tasse, ritardo nei pagamenti) sem-brano pregiudicare una fattiva cooperazione.A fronte di un consumo interno di 577.000 bbl/dresta un buon margine per l’esportazione, che èstata di 2,4 milioni di bbl/d nel 2004. Il maggiordestinatario sono gli Stati Uniti, con oltre 1,5milioni di bbl/d di olio e prodotti finiti. Il Vene-zuela esporta, con condizioni particolarmentefavorevoli, anche nei vicini paesi centro-ameri-cani (Barbados, Belize, Costa Rica, El Salvador,Guatemala, Haiti, Honduras, Giamaica, Nicara-gua, Panama e Repubblica Dominicana) e ha rifor-nito anche Cuba con 78.000 bbl/d di olio. Nel2004 la capacità di esportazione è cresciuta conla costruzione di un nuovo terminale al porto diJose. Secondo alcuni analisti, la PDVSA produ-ce 1,3 milioni di bbl/d (i valori forniti dalla com-pagnia sono più elevati) e comunque controllapiù del 50% della produzione. Inoltre 600.000bbl/d provengono dagli accordi con le compa-gnie straniere (OSA), il principale dei quali, Ori-tupano-Leona, è operato da Petrobras. Quasi il50% della produzione venezuelana proviene dalMaracaibo Basin i cui campi (Tomoporo, Lagu-nillas e Tía Juana), piuttosto vecchi, richiedonouna pesante manutenzione e continua reiniezio-ne di gas.Nella Provincia orientale la situazione è miglio-re grazie ai campi di El Carito ed El Furrial chesono stati messi in produzione negli ultimi annie dove si prevede l’allacciamento di nuovi campi.Anche le scoperte fatte dalle compagnie stra-niere a La Ceiba, Golfo di Paria Est e Golfo diParia Ovest porteranno nei prossimi anni un con-tributo all’incremento di produzione. Cono-coPhillips ipotizza di mettere in produzione ilcampo di Corocoro entro il 2008. Inoltre nellagià menzionata area dell’Orinoco, dove sono pre-senti giacimenti di oli pesanti, sono state costi-tuite quattro associazioni strategiche (in colla-borazione con ExxonMobil, Total-Statoil, Cono-coPhillips e Chevron), che convertono un greggiopesante di 9 °API in un olio leggero ‘syncrude’.La produzione ha raggiunto 570.000 bbl/d nel2004. È intenzione della PDVSA sviluppare inmodo sistematico questi depositi mettendo ingara alcune aree da sviluppare. Hanno per oramanifestato il loro interesse Repsol-YPF, CNPCe Shell.Il Venezuela ha una rete di oleodotti molto capil-lare, che collega i campi in produzione con le raf-finerie e i centri di esportazione costieri. Non esi-stono oleodotti per l’esportazione, anche se c’èun progetto che prevede il trasporto via tubo versola Colombia, che dovrebbe evitare il transito attra-verso il Canale di Panama. La capacità di raffi-nazione del Venezuela è di 1,28 milioni di bbl/d.Le raffinerie, di proprietà PDVSA, sono Para-guana (955.000 bbl/d), Puerto de la Cruz

(195.000), El Palito (126.900) e San Roque. Èinoltre in programma la costruzione di altre dueraffinerie, una a El Palito, l’altra a Puerto la Cruz.La PDVSA esercita inoltre un controllo su alcu-ne raffinerie statunitensi, oltre ad avere parteci-pazioni in raffinerie caribiche ed europee.

Gas. Il Venezuela occupa per riserve di gas ilnono posto nel mondo: 4.220 miliardi di m3 (erano3.970 nel 1994). Circa il 90% del gas è associa-to. Il gas è concentrato per il 75% nel bacinoorientale e per il 20% nel Maracaibo Basin. Lerestanti riserve si trovano nell’offshore orienta-le. Le aree di interesse del gas non associato sonorappresentate dal bacino di Maturin e dalla Pla-taforma Deltana, limitrofa all’area gassifera diTrinidad e Tobago.La produzione di gas è stata nel 2004 di 28,1miliardi di m3 (24,2 miliardi nel 1994), comple-tamente assorbiti dal mercato interno. Il consu-mo di gas è stato in buona parte utilizzato dal-l’industria petrolifera per aumentare il recuperonei campi a olio o come combustibile e in partedal mercato interno. Anche se la PDVSA ha sem-pre avuto il monopolio sul gas vi è stata alla finedegli anni Novanta da parte del Governo vene-zuelano un’apertura a investitori privati con incen-tivi fiscali (tasse e royalty sono minori di quellerelative all’olio) soprattutto per lo sviluppo delgas non associato. L’obiettivo è l’approvvigiona-mento del mercato interno e il rilancio di una pos-sibile esportazione di gas. La prima offerta diaree del 2001 ha visto assegnare blocchi a Total,Repsol-YPF, Pluspetrol e Petrobras. I principaliprogetti a gas venezuelani sono per il momentoYucal Placet con Total, Barrancas con Repsol-YPF, Loran e Lau-Lau con Chevron e Cocuinacon Statoil. L’ultimo bid round con l’offerta disei blocchi è stato lanciato a fine 2005 e sono inprevisione future gare con offerta di aree offshorecontenenti consistenti riserve di gas.L’attuale rete di gasdotti non è sufficiente per uti-lizzare al meglio il gas prodotto. È in corso lacostruzione del gasdotto centro-occidentale di400 km che porterà il gas nella parte occidenta-le del paese dove sarà reiniettato nei campi a olio.Per quanto concerne le linee internazionali unaccordo con la Colombia del 2004 prevede lacostruzione di un gasdotto lungo 200 km e conuna portata di 1,5 miliardi di m3/a, dai campi agas della Colombia a Maracaibo. L’ingresso delVenezuela tra i paesi esportatori di gas non èimminente. Nel 2002 è stato formalizzato conShell e Mitsubishi il progetto GNL di MariscalSucre, che prevede l’utilizzo del gas dei campioffshore della penisola di Paria (riserve di quasi300 miliardi di m3 e una produzione di 10 miliar-di di m3/a). L’inizio della produzione non è pre-visto prima del 2010.

622 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PRINCIPALI PRODUTTORI DI IDROCARBURI