EKECHEIRIA n. 8

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™keceir…a Ä Ekecheiria Anno VII - Numero 8 - 2014 PERIODICO DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE Ekecheiria organo d’informazione dell’Associazione Culturale Librerie Storiche e Antiquarie d’Italia a diffusione gratuita - Registrazione Tribunale di Milano n. 9098 del 31/3/2008 Direttore: Giacomo Lodetti - Segretaria di Redazione: Drina Xhoga - Progetto grafico: Donatella Bertoletti - Sede: Galleria Vittorio Emanuele II, 12 - 20121 Milano e-mail: [email protected] - www.libreriestoriche.it - CALS centro acquisti librerie storiche- cell. 339 6859871 COPIA GRATUITA ASSOCIAZIONE CULTURALE LIBRERIE STORICHE E ANTIQUARIE DITALIA FONDATA A MILANO NEL 2004 Dopo la storica Guida a Napoli ha chiuso anche la storica Fògola a Torino... Rosellina Archinto intervistata da Silvia Venuti Foto Silvia Venuti.

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EKECHEIRIA nasce dopo ventuno anni di attività e una collaborazione settennale di Antonio D'Amico per la rivista Arte Incontro in Libreria. Organo di informazione, semestrale, dell'Associzione Culturale delle Librerie Storiche ed Antiquarie d'Italia. L'Associazione è stata fondata a Milano il 19 marzo 2004, in Galleria Vittorio Emanuele II, leggendario edificio costruito nel 1867, su progetto di Giuseppe Mengoni, ultimato dieci anni dopo, con l'innalzamento dell'arco sulla piazza del Duomo, primo esempio in Europa di Centro Commerciale. Scopo dell'associazione è individuare le librerie con almeno 50 anni di vita che abbiano valore storico, artistico, ambientale o che costituiscano testimonianza storica, culturale e tradizionale, tutelarle e promuoverne la salvaguardia e la valorizzazione, in quanto un patrimonio della collettività.

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™keceir…aÄEkecheiria Anno VII - Numero 8 - 2014

PERIODICO DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONEEkecheiria organo d’informazione dell’Associazione Culturale Librerie Storiche e Antiquarie d’Italia a diffusione gratuita - Registrazione Tribunale di Milano n. 9098 del 31/3/2008 Direttore: Giacomo Lodetti - Segretaria di Redazione: Drina Xhoga - Progetto grafico: Donatella Bertoletti - Sede: Galleria Vittorio Emanuele II, 12 - 20121 Milanoe-mail: [email protected] - www.libreriestoriche.it - CALS centro acquisti librerie storiche- cell. 339 6859871 copia gratuita

associazione culturalelibrerie storiche e antiquarie d’italia

fondata a milano nel 2004

Dopo la storica Guida a Napoliha chiuso anche

la storica Fògola a Torino...

Rosellina Archintointervistata da Silvia Venuti

Foto Silvia Venuti.

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intErvista a rOsELLina arCHintORosellina Archinto ha fissato l’appun-tamento alle 12.00 e puntualmente salgo agli uffici della Casa Editrice che si affacciano su via Santa Valeria, godendo di un’ampia visione pano-ramica di Milano. Tra carte, cartelle, raccoglitori, libri, foto e fogli, che ri-portano pensieri di grandi letterati, fissati agli scaffali, si ha l’impressione di entrare in un laboratorio in pieno fermento: le telefonate si susseguono e la segretaria interrompe il dialogo più volte. Una concretezza operati-va di grande efficienza e una vitalità positiva permeano l’atmosfera. Dalla finestra irrompe una grande luce: gli occhi limpidamente azzurri dell’e-ditrice scorrono, concentrandosi, lo schermo del computer. Nel pomerig-gio sarà a Torino al Salone del Libro. La sua gentilezza è naturale, conno-ta uno stile. Piacevolmente si avvia la conversazione.

Posso chiederle quali sono state le prime letture importanti della sua infanzia? La mia cultura è nata su “La Scala d’Oro”: erano quei libri, editi negli an-ni Quaranta, in cui i romanzi classici, dai Viaggi di Gulliver ai Tre moschettieri, erano rielaborati per i piccoli lettori. Ho letto tutte le collane: prima quella per bambini poi quella per adolescen-ti. Durante la guerra, non si poteva fare molto altro. E io ero un’appassio-nata lettrice.

Come è nato il suo desiderio di diven-tare editrice?Da bambina ritagliavo i giornali, li in-collavo, costruivo delle pagine, costru-ivo dei libri. Facevo dei diari con dei collages utilizzando la colla che prepa-ravo con la farina: rubavo la farina e la mescolavo con l’acqua... La manualità mi piaceva moltissimo.

Quindi ha coltivato, nella sua interiorità, una particolare attitudine che ha trova-to sbocco nell’editoria.Dopo essermi laureata alla Cattolica, sono andata a lavorare con Gio Ponti, sempre occupandomi di libri; mi impe-gnavo, allora, anche per una rivista che si chiamava «Novità», diventata poi «Vogue». In seguito, mi sono sposata e sono andata in America: là ho visto bellissimi libri per bambini e ho deciso di fondare, nel 1966, la Emme Edizio-ni, una Casa Editrice per l’infanzia, in Italia. Mi sembrava che la letteratura infantile, qui, fosse davvero una lette-

ratura di serie B, ancora legata a degli schemi molto tradizionali, ormai su-perati, mentre in America avevo visto i libri di Sendak, di Lionni, di Ungerer.

Dietro questo progetto editoriale c’era la volontà di portare i bambini a for-marsi secondo una realtà più attuale?Sì. E poi di lasciarli liberi di scegliere, dare loro un po’ più di apertura al mondo che in quegli anni Sessanta scopriva il design e una cultura più internazionale: era importante che avessero nuove possibilità, nuovi sti-moli.

Lei si è appoggiata anche a dei peda-gogisti...Negli anni Settanta, ho iniziato una collana di psicopedagogia che si chia-mava “Il puntoemme”, dove ho intro-dotto, aiutata da Graziano Cavallini che è un grande psicopedagogista, una serie di autori di pedagogia e di psicanalisi infantile come Piaget, Dol-to, Stern che rappresentavano un ri-ferimento importante per insegnanti e i genitori.

Quali sono i suoi ricordi più belli di que-sta esperienza editoriale?Be’, innanzitutto, l’incontro con certi autori. Per esempio, quando ho co-nosciuto Sendak, Lionni, Munari. Ec-co, con Munari ho passato pomeriggi meravigliosi. Gli piaceva molto l’idea di fare qualcosa di un po’ diverso per l’infanzia. Con lui ho realizzato Nella nebbia di Milano e poi ho pubblicato ancora diversi suoi libri. In quegli anni

ho lavorato anche con Rodari e con altri interessanti scrittori.

Ho letto che ha ricevuto numerosi Pre-mi per la sua attività.Ho avuto molti riconoscimenti, nu-merosi premi: in Italia, in Germania, in Inghilterra, in Francia, in Giappone.

Partendo da una situazione italiana de-pressa nel settore è riuscita a imporsi a livello internazionale...Sì, sono molto conosciuta all’estero, al punto che, nel 2000, quando mia figlia Francesca, dopo la laurea in Pedago-gia, decise di occuparsi di editoria, i miei amici francesi proposero di fare una Casa Editrice insieme: Babalibri, infatti, è in co-edizione con la Casa Editrice L’école des Loisirs.

È stata, anche, tra i primi editori a divul-gare l’arte nei libri per l’infanzia. Solo in seguito si è diffuso ampiamente il suo esempio. È evidente come la missione formativa fosse alla base di tutta la sua attività.Avevo fatto anche una bellissima en-ciclopedia, Il Mondo dei bambini, con Pinin Carpi.

Poi lei sceglie di lasciare questo settore per l’infanzia e decide di fondare, nel 1986, la Casa Editrice Archinto.Dopo vent’anni, la Emme Edizioni era molto cresciuta, tutto era diventato pesante e complicato, così ho fondato l’Archinto per adulti: le Lettere.

Nelle lettere si ritrova una sincerità par-ticolare...

La Ceramica del 900' a Torino. Essevi autoritratto d'artista I Racconti della Lenci - Gli epigoni della manifattura fotografie, disegni, ceramiche Lenci

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Le lettere di alcuni autori come Goethe o Rilke sono sempre molto letterarie perché essi sapevano che sarebbero state pubblicate. Le lettere di altri personaggi, pur famosi, come, per esempio, quelle di Freud ai figli, sono più spontanee: questo severo professore si rivela un papà straor-dinario e lo stesso vale per quelle di Maria Teresa d’Austria. Nella lettera vien fuori l’umanità, vien fuori la per-sona, in modo molto libero e legato ai sentimenti.

Come sceglie un epistolario da pubbli-care?Ho edito epistolari di persone asso-lutamente sconosciute. Oggi, con le difficoltà del mercato, si preferiscono lettere di personaggi famosi. Uno dei primi libri che ho pubblicato fu 84, Charing Cross Road di Helene Hanff: divenne un best seller e continuiamo a ristamparlo da vent’anni.È un libro che propone magnifiche lettere tra due sconosciuti e da cui hanno tratto anche un film. Ora, con la crisi è tutto più difficile, mentre prima stampavo due o tremi-la copie, ora, ottocento-mille.

Scrivo per la libreria Bocca, cofondatrice dell’Associazione culturale librerie sto-riche e antiquarie d’Italia, per cui sono pienamente consapevole di questa crisi: le librerie storiche continuano a chiudere nelle principali città italiane. In Galleria, hanno chiuso la Garzanti, la Duomo e la sede storica dei Remainders.La libreria Bocca ha segnato, vera-mente, la storia delle librerie a Mila-no: è una delle poche rimaste, oltre la Milano Libri, che tuttavia è nata molto dopo. È molto importante che conti-nui a esserci: non si possono avere so-lo vestiti, in Galleria. Ormai, sono tutte catene: Feltrinelli, Mondadori, Rizzoli, ecc.; le librerie indipendenti fanno fa-tica ed è un grande dolore vederle scomparire: quelle che resistono si specializzano e fanno bene. Anche dal punto di vista editoriale, oggi, è neces-sario specializzarsi, vedo tanti giovani che vogliono fare i grandi editori: par-tono con otto collane, poi, dopo due anni, cessano l’attività.

Maestri di riferimento?Riguardo la letteratura per l’infanzia, ne avevo pochi, avevo gli autori. Non ho avuto dei maestri di riferimento, neanche dopo, per le Lettere. Come editori, ho sempre ammirato moltis-simo Garzanti e Feltrinelli che hanno fatto, davvero, cose straordinarie in

quegli anni. Garzanti è stato il primo a pubblicare Carlo Emilio Gadda, Pier Paolo Pasolini e Feltrinelli ha avuto il coraggio di promuovere Giuseppe Tomasi di Lampedusa e tanti altri au-tori. Per me hanno rappresentato un po’ la “rottura”. Anche Vito Laterza è stato un personaggio che ho apprez-zato molto perché ha sempre dimo-strato un grande rigore editoriale.

Lei ama molto la musica...Sì, moltissimo.

Quale ruolo le riserva nelle sue pubbli-cazioni?Nelle Lettere ho pubblicato moltissi-mi epistolari di musicisti: Luciano Be-rio e Fedele D’amico, Pierre Boulez e John Cage, Gustav Mahler e Richard Strauss, Arnold Schönberg e Thomas Mann. Anche per i bambini avevo fatto alcuni libri di musica con canzoncine.

Lei aveva fondato, nel 1987, anche una rivista, «Leggere»...Sì, per dieci anni, ho pubblicato una ri-vista, a mio avviso non bella: bellissima. Ne sono molto fiera, infatti, adesso sto meditando di riprenderla, magari online. Era una rivista fatta, veramen-te bene: era molto apprezzata, anche, dai miei amici in Francia. Purtrop-po, costava moltissimo e non avevo pubblicità. Ora non ci sono quasi più riviste di letteratura, in Italia. In Fran-cia, c’è «Lire«, «Magazine litteraire»: da noi scompaiono. E ce ne sarebbe bisogno perché anche le pagine della cultura dei quotidiani sono proprio bruttine. Non c’è niente di nuovo, ri-portano le recensioni degli amici degli amici. Non esiste più una critica let-teraria seria. Avevo avuto dei contatti con dei personaggi internazionali: per esempio, con Jean Starobinski, che era disponibile a scrivere quello che vo-levo. La rivista gli piaceva moltissimo, così anche a Vincenzo Consolo.

Quando nasce un rapporto, attorno a un progetto, circola un’energia di vivaci fermenti intellettuali. Quali libri, pubbli-cati recentemente, le procurano parti-colare soddisfazione?Due libri di saggistica: uno è di Lea Vergine, La vita, forse l’arte, sull’arte contemporanea e l’altro è di Alvar González-Palacios, Persona e masche-ra, che ricorda i suoi incontri con i più grandi storici dell’arte e collezionisti del Novecento.

I suoi progetti per il futuro?Invecchiare facendo libri, continuare a fare libri fin che ho vita.

Ciò attesta una grande curiosità e gran-di interessi.Sì, sono molto curiosa, per quello mi piacciono le lettere: nelle lettere si scoprono tante realtà inaspettate.

Nel commiato noto, incorniciato sulla parete, un foglio di carta fatto a mano con fiori di buganvillea: c’è la natura, la manualità e l’immaginazione creativa a definire uno spazio nel tempo.

«Il mio amore per la carta è enorme, spropositato. Mi piace al tatto...»

Silvia Venuti

Rosellina Marconi Archinto è nata a Genova nel 1935. Dopo la laurea in Economia, frequenta la Columbia University a New York. Tornata in Ita-lia, fonda, nel 1966, la Emme Edizioni, Casa Editrice per l’infanzia. Nel 1986, crea la Archinto Editrice che pubblica epistolari, diari, lettere di personaggi famosi nel campo della letteratura, delle scienze e delle arti. Edita, inol-tre, la rivista «Leggere», mensile di letteratura, dal 1987 al 1997. È stata Presidente della Commissione Cul-tura del Comune di Milano, dal 1990 al 1993. Nel presente è Presidente onorario della Associazione degli Amici dei musei liguri e del Palazzo Ducale a Genova, fa parte del Comi-tato Scientifico del Collegio di Milano, è Presidente dell’Associazione “Amici di Lalla Romano” e Presidente Amici di Milano Musica. Con la sua attività editoriale promuove testi raffinati, an-ticonvenzionali che nascono sempre da idee originali, distinguendosi per una cifra particolarissima nel mercato librario.

DIRETTIVA DEL MINISTRO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO CONCERNENTE LE LIBRERIE STORICHEIl ministro dei Beni e delle Attività cul-turali e del Turismo

visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e in particolare gli articoli 4 e 14;visto il Codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;visto il decreto del Presidente della Re-pubblica 26 novembre 2007, n. 233, e successive modificazioni;visto il decreto del Presidente della Re-pubblica 2 luglio 2009, n. 91;considerata la volontà di salvaguardare e valorizzare il patrimonio costituito dalle librerie di interesse storico, la cui presen-za sul territorio rappresenta una com-ponente particolarmente importante dell’offerta culturale del Paese;considerata l’opportunità di individuare le librerie caratterizzate da lunga tradi-zione e interesse storico tali da poter essere riconosciute quali beni culturali; ritenuto necessario che l’Amministra-zione compia una esatta ricognizione delle librerie di interesse storico sul ter-ritorio e valuti le specifiche esigenze di tutela;ritenuto pertanto necessario impartire le conseguenti disposizioni agli Uffici e, in particolare, al Segretariato generale, alla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contem-poranee, alla Direzione generale Biblio-teche, alle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e alle Soprin-tendenze; emana la seguente direttiva al Segretariato generale, alla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee,

alla Direzione generale Biblioteche, alle Direzioni regionali e alle Soprintendenze:1. Finalità, ambito di applicazione e de-stinatari.La presente direttiva impartisce disposi-zioni agli Uffici allo scopo di individuare le librerie esistenti sul territorio italiano caratterizzate da lunga tradizione e inte-resse storico-artistico tali da poter esse-re riconosciute quali beni culturali.Ai fini della presente direttiva, per “libre-rie storiche” si intendono quelle suscet-tibili di essere dichiarate beni culturali ai sensi delle lettere a) e d), comma 3 dell’articolo 10 del Codice dei beni cultu-rali di cui al decreto legislativo 22 genna-io 2004, n. 42 e successive modificazioni, in quanto rivestono un interesse parti-colarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultu-ra in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose.Uffici destinatari della presente direttiva sono il Segretariato generale, nell’eserci-zio dei propri compiti di coordinamento, in raccordo con la Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee e con la Dire-zione generale Biblioteche, nonché le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e le Soprintendenze, nell’e-sercizio delle rispettive competenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.Dall’attuazione di quanto previsto dalla presente direttiva non devono deriva-re nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.2. Censimento delle librerie storiche, valutazione dell’interesse culturale ed eventuale apposizione del vincolo.2.1. il segretariato generale impartisce opportune disposizioni alla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti,

l’architettura e l’arte contemporanee, alla Direzione generale Biblioteche e alle Direzioni regionali affinché queste prov-vedano, coordinando le Soprintendenze di settore:a) alla ricognizione di eventuali banche dati derivanti da ricerche, studi, censi-menti delle librerie storiche esistenti e alla valutazione della necessità di aggior-namento delle stesse;b) alla redazione di un elenco aggiornato e completo delle librerie censite, da pub-blicare sul sito del Ministero, in cui siano indicate:– la data di inizio di esercizio;– la eventuale collocazione delle librerie in edifici dotati di valore storico, artistico e architettonico sottoposti a vincolo di tutela, indipendentemente dalla data di inizio di attività di libreria;– la eventuale sussistenza di vincoli di cui all’articolo 10, comma 3, lettere a) e d), del Codice dei beni culturali di cui al de-creto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.2.2. Per le librerie storiche che non siano sottoposte a vincolo, si richiede di valuta-re l’opportunità di avviare, ove ne ricor-rano i presupposti, l’istruttoria finalizzata alla dichiarazione di interesse culturale delle stesse ai sensi dell’art. 13 del Codice dei beni culturali di cui al decreto legisla-tivo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, allo scopo di accertare:a) se i locali e/o gli arredi in esse con-tenuti siano dichiarabili di interesse cul-turale particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 2, lettera a), del Codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e suc-cessive modificazioni;b) se le librerie meritino di essere dichia-rate beni culturali ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lettera d), del Codice dei beni culturali di cui al decreto legislati-vo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, riferito alle cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della lette-ratura, dell’arte, della scienza, della tecni-ca, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose.3. Collaborazione con associazioni di categoria, operatori, enti locali. Le arti-colazioni periferiche del Ministero, nel redigere gli elenchi di cui al punto 2, pos-sono prevedere il coinvolgimento delle associazioni di categoria, degli operatori del settore, degli enti territoriali e locali.

Il Ministro

Il ministro Dario Franceschini.

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L’antologica più completa mai dedi-cata al pittore livornese è aperta al rovigino Palazzo Zabarella fino al 14 dicembre. Sono esposti oltre cento dipinti, opere inedite e altre poco note, come anche tanti dipinti noti e apprezzati: si riempie così un vuoto critico, ma specialmente di comuni-cazione, poiché questo nostro magnifico pittore è stato troppo tempo relegato nel gran catino della disattenzione mentre Za-barella, invece, sta facendo un rimarchevole lavoro abituandoci alla riscoperta di artisti di quali-tà. Il percorso è articolato in sei sezioni (L’artista. Luoghi ed amici; A Parigi. La pittura della vita mo-derna; In posa. Bambina, giovinetta, donna; Sogni; Il trionfo del ritratto moderno; La luce del mare): come si vede è esaustivo della lunga vita di questo livornese, che già a diciotto anni è stato premiato con la medaglia d’argento all’Ac-cademia di Belle Arti di Firenze, presso la quale era stato ammes-so nel novembre del 1875. La sua opera – lui vivente – ha meritato

una costante e crescente fortuna cri-tica, e sta attraversando una fase di ri-nato interesse (suoi dipinti sono stati inclusi in recenti esposizioni naziona-li). Di lui Ugo Ojetti (voce autorevole nel panorama culturale e artistico ita-liano del secolo scorso) scrisse: «Chi non conosce la pittura di Vittorio

Corcos? Attenta, levigata, meticolosa, ottimistica: donne e uomini come de-siderano d’essere, non come sono» (1933), e più tardi (1948) Cipriano E. Oppo aggiunge che la pittura di Corcos è «chiara, dolce, liscia, ben finita». Ecco per facilitarci la lettura ed il godimento più consapevole del

suo stile una traccia importante: quel “non come sono” ci porta dentro la sua pittura, specialmen-te in quella forma peculiare che caratterizza il suo intendimento, la nostra possibilità di condivisio-ne. La mostra ruota attorno alla sua opera più famosa, un cameo, un paradigma, una visione: Sogni (1896, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), il magnifico ri-tratto di Elena Vecchi, immagine, al contrario, netta e inequivoca-bile – nella sua delicatezza d’e-secuzione e morbidezza plastica – di quell’altra Belle Époque, cioè quella che sente l’inquietudine e la manifesta, invece di fingere che nulla stia cambiando.

Paola Rapelli

Il volume raccoglie una serie di saggi ineditidell’autore su Caravaggio e il suo ambiente, cuisi affiancano contributi sui medesimi temi quiper la prima volta pubblicati in lingua italianao precedentemente accolti in contesti editorialidi ridotta circolazione. Accanto a saggi che ap-profondiscono nuovi aspetti e problemi del per-corso artistico del Merisi, il libro presenta inanteprima un nuovo dipinto giovanile del pittorelombardo, un Ecce Homo, finora noto soltanto at-traverso quattro copie di modesta qualità. Due importanti interventi di ampio respiro riflet-tono sull’importanza del metodo rivoluzionario diCaravaggio e della sua influenza sui giovani artistidella sua epoca; mentre nella seconda parte del vo-lume gli altri contributi si focalizzano su recenti sco-perte che riguardano molti dei maggiori protagonistidel movimento caravaggesco internazionale.

Saggi contenuti nel volume:

• Quadri per ‘vendere’. Riflessioni sui dipinti di Caravaggio con i ‘ragazzi’• Il primo Ecce Homo di Caravaggio• Caravaggio e Santi di Tito• Caravaggio e il teatro• Sulla «Maddalena a mezza figura» di Caravaggio• Caravaggio e i ritratti del potere romano• Da Roma a Firenze: dal Martirio di san Matteo di Caravaggio alla Resurrezione di Cecco• Riflessioni e aggiornamenti su Caravaggio, sul suo metodo e sulla sua «schola»• Il Santiago Matamoros di Orazio Borgianni• Su alcuni recenti recuperi ribereschi• Un Maestro di canto di Cecco del Caravaggio e qualche riflessione su un possibile contenzioso bergamasco• Da Spadarino a Filippo Vitale• Ancora su Martin Faber• Considerazioni sulla fase giovanile di Honthorst in occasione della scoperta di un nuovo dipinto• Il Maestro dell’Incredulità di san Tommaso e la Madonna dell’Insalata• Un nuovo Ritratto di Giovanni Serodine• Artemisia ritrovata• Un Lot e le figlie di Giusto Fiammingo a Novara

artstudiopaparo

2014 luglio, volume formato 24x28, pagine 240, stampa colore, allestimento in brossura, ricco apparato iconografico

ISBN 978 88 90905 68 1 € 60,00 [email protected][email protected]

Gianni Papi

Spogliando modelli e alzando lumiScritti su Caravaggio e l’ambiente caravaggesco

CORCOS I SOGNI DELLA BELLE ÉPOQUE

Da parecchi anni Milano lo aspettava: adesso Giovanni Segantini (1858-99) è qui. La mostra a Palazzo Reale è finalmente aperta per il nostro pia-cere, per la necessità di conoscenza, in virtù di quella cosa magica che ba-nalizzando definiremo la solidità del filo della storia e grazie alla determi-nazione della studiosa che meglio lo conosce in senso critico, Annie-Paule Quinsac. Artista di straordinaria no-torietà in vita, dimenticato e poi ri-scoperto dalla critica italiana e internazionale in varie fasi del secolo scorso, egli qui ha modo di farsi apprezzare da chi non lo conosce e scoprire da chi, al contrario, sa di quale livello qualitativo è la sua pittura. Per la prima volta e fino al 18 genna-io sono riunite oltre 120 opere, tutte provenienti da importanti musei e collezioni privati e pub-blici, sia nazionali sia stranieri. Otto sono le sezioni: Gli esordi; Il ritratto; Il vero ripensato: la natura morta; Natura e vita dei campi; Natura e simbolo; Fonti letterarie

e illustrazioni; Trittico dell’Engadina; La maternità. Se già le sezioni precedenti sono esaustive e documentano una vita di ricerca e di dedizione per la pittura e la realtà che torni a vivere in quella pittura, l’ultima sezione serve a capire quanto per l’artista sia impor-tante il tema della maternità, sviscera-to con una riflessione estremamente profonda, tanto da rasentare l’osses-sione, vista anche la sua esperienza familiare; tema, quello della maternità,

in cui il suo intendimento simbolista si esprime all’ennesima potenza nella sintesi concettuale e nella forza pit-torica. Luce, luce, luce: un altro suo grande amore: «Il mescolare i colori sulla tavolozza è una strada che con-duce verso il nero; più puri saranno i colori che getteremo sulla tela, me-glio condurremo il nostro dipinto verso la luce, l’aria e la realtà». Inne-gabile, ci sembra, la sua competenza in termini professionali; cosa che si

denota anche nella sottosezione Il disegno dal dipinto, in cui sono esposti mirabili disegni tratti dal dipinto già realizzato, fatti per-ché fossero strumenti di lavoro per studiare modifiche e arri-vare a nuove e sempre diverse soluzioni. «In meno di vent’anni di attività – sintetizza la Quinsac – Segantini ha espresso tutte le angosce e i fermenti della sua epoca in un linguaggio che, teso tra innovazione e tradizione, ri-sulta di una forza senza ulteriori esempi.»

Paola Rapelli

SEGANTINI: TORNATO, MAI PARTITO

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La collezione fu acquistata da Carlo Felice di Savoia Viceré di Sardegna e, giunta a Cagliari nel 1806, fu donata nel 1857 all’Università di Cagliari.Si è tenuto, nel Rettorato dell’Uni-versità di Cagliari, un congresso organizzato dal Museo delle Cere Anatomiche, con lo scopo di cele-brare i duecento anni dalla morte del celebre ceroplasta fiorentino Clemente Susini. Durante i lavori è stato presentato il libro Le cere vive pubblicato per iniziativa del noto chirurgo Ugo Pastorino, ap-passionato di ceroplastica e diret-tore della divisione di Chirurgia Toracica dell’Istituto Tumori di Milano. Il volume – bilingue, ita-liano/inglese – oltre a contene-re una serie di saggi di carattere storico, artistico e scientifico rac-colti e curati da Pastorino, è illu-strato dalle magnifiche fotografie delle cere di La Specola eseguite da Aurelio Amendola, famoso per i servizi fotografici sulle opere di Michelangelo. Il libro è introdot-

to da Philippe Daverio e stampato da Franco Maria Ricci. La collezione cagliaritana delle cere rappresenta, fra quelle prodotte nel capoluo-go toscano, l’unica in cui le vetrine

recano la firma di Clemente Susini. Dal 1991, per iniziativa del professor Alessandro Riva e del rettore dell’e-poca, Duilio Casula, è in esposizio-ne permanente nella Cittadella dei

Musei di Cagliari. È stato appurato che Clemente Susini, oggi ritenu-to il più grande dei ceroplasti, era, al di fuori della Sardegna, virtual-mente ignoto in italia e nel mon-do. La figura del Susini, finalmente riconosciuto come grande artista e vero autore delle cere fiorentine emerge solo in seguito alla pub-blicazione del saggio su Clemente Susini, Francesco Antonio Boi e le cere di La Specola, opera postu-ma di Luigi Castaldi (Pistoia 1890 - Firenze 1945) già professore di Anatomia a Cagliari e pubblicata nel 1947. Malgrado le ristrettezze del periodo post-bellico, col con-tributo delle Università di Cagliari e Firenze è ancor oggi ritenuto un capolavoro insuperato della Storia della ceroplastica anatomica .

Ugo Pastorino

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The company, founded in 1932 under the name of ‘Artistica Soffi era e Vetreria-Barovier Seguso Ferro’ and later renamed as ‘Seguso Vetri d’Arte’, established itself in the 1950s and 1960s as one of the leading Murano glass manufacturers, led by the glass designer Flavio Poli. His glass creations found a worldwide clientele. Marc Heiremans has appraised, reviewed and analysed almost the entire Seguso archive for the fi rst time –an extraordinary treasure trove with around 30,000 drawings.

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Marc Heiremans

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ARNOLDSCHE Art PublishersListstraße 9, D-70180 Stuttgart, [email protected] / phone: +49 711 64 56 18 0

NEW PUBLICATION avai lable f rom September 15LE CERE VIVE DI CLEMENTE SUSINI

Dodici poesie di Agostino Bonalumi con prefazione di Cesare De Michelis, in contenitore con due estroflessioni su carta, numerate e firmate dall’arti-sta. È stata l’ultima opera di Bonalumi, presentata da Sergio Risaliti alla Bi-blioteca Nazionale Centrale di Firenze che gli aveva de-dicato una specifica mostra. L’artista-poeta aveva vissuto l’inaugurazione da lontano, a causa di una lunghissima ma-lattia che lo avrebbe portato alla scomparsa giusto una settimana dopo. Numerose erano state nel corso degli anni le sue edi-zioni quale poeta, con sva-riati editori italiani e non solo, pur con un occhio di ri-guardo per le Edizioni Colo-phon con le quali ha firmato anche questa nuova raccol-ta. Una raccolta che ampia-mente lo aveva soddisfatto sia per la scelta dei testi sia per la complessa e articolata impaginazione che conferiva

completezza a ogni testo e organicità all’insieme. Testi composti in Dante c 14 da Ro-dolfo Campi, stampati su carta Ama-truda di Amalfi da 200 g.

Le estroflessioni e il contenitore sono state curate da Fabio Reolon; la legatura artigianale è stata lasciata alle abili mani di Sandro Francescon. Ogni colophon reca il timbro a secco dell’Editore.

AGOSTINO BONALUMI L’IO E L’ALTROVE

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Marius Fontane, Voyage pittoresque à travers l’Isthme de Suez. Vingt-cinq grandes aquarelles d’après nature par Riou, lithographiées en couleur par M. Eugène Ciceri.Paris, Dupont - Lachaud Editeurs, Impri-merie J. Claye, s.d. (1870 ca.).

In folio gr. (mm 560x390), tela editoriale blu (con aloni, restaurata), titolo e belle decorazioni oro ai piatti, taglio superiore dorato, pp. (4),100, con il ritratto di Fer-dinand de Lesseps (ideatore ed esecuto-re del progetto del taglio dell’istmo), una carta geografica litografata del Canale di Suez con incluse tre piante: Port Said, Ismailia, Suez, e con 25 magnifiche tavole fuori testo (precedute da velina con di-dascalia) tratte dagli acquarelli dal vero di Riou, litografati a colori da Ciceri, che raffigurano vedute del canale, di città, pa-esaggi, feste dell’inaugurazione (ottobre 1869). Quest’opera monumentale, superba-mente illustrata, ci conduce da Port-Said a Suez, attraverso Kantara – El Guisr – il lago Timsah – Ismailia – da Timsah ai laghi Amers fino al mar Rosso.

Il giornalista francese Marius Fontane (1838-1914), fu segretario generale del-la Compagnia del Canale di Suez e fu al seguito di Ferdinand Lesseps anche per i lavori dell’istmo di Panama. rara edizione originale, nella tiratura di 500 esemplari.

Cfr. Brunet, VII, 510: «Volume splendide-ment illustré...» – Benezit, XI, p. 722 che dell’artista francese precisa: «Edouard Riou (1833-1900), peintre, aquarelliste, dessinateur. Il traita particulièrement des sites de la foret de Fontainebleau et des scènes égyptiennes...» - Lorenz, IX, p. 595.

LIBRERIA PRANDI DI REGGIO EMILIA

LIBRERIA MALAVASI DI MILANO

Catullo, I Carmi. Scelti e nuovamente tradotti in versi da Vincenzo Errante e decorati con litografie da Filippo de Pisis. Milano, Officina Bodoni di Giovanni Mar-dersteig per Ulrico Hoepli, 1945. In folio picc.; pp. 170 non num. 6 su carta a mano Fabriano a margini integri, carattere Gara-mond; con 17 litografie originali di Filippo de Pisis di cui 14 f. testo e a piena pagina,

le altre nel testo. Ril. m. tela edit. con tas-sello con il titolo al dorso, astuccio in car-tone. Edizione tirata a soli 140 esemplari num. araba, come il nostro, oltre a X num. romana. Preziosa edizione, eseguita con la consueta cura da Mardersteig malgra-do le notevoli difficoltà dovute al periodo bellico. Cfr. G. Mardersteig, Cat. Off. Bodoni n. 70; E. Aeschlimann, Bibliografia del Libro d’Arte Italiano; M. Malabotta, L’opera grafi-ca di F. De Pisis, nn. 18-34.

Marco Polo, Il Milione. Litografie di Massimo Campigli, Hoepli, 1942. In folio; pp. 178 a fogli sciolti su carta a mano Fabriano, con trenta litografie originali di Massimo Campigli nel testo e f. testo, an-che a doppia pagina. Le lito sono state tirate a mano da Piero Fornasetti in varie tonalità di colore: nero, marrone, bistro e sanguigna. Testo tratto dal Codice ma-gliabechiano di Firenze a cura di Dante Olivieri, carattere Griffo tondo e corsivo. Edizione limitata a soli 150 esemplari nu-merati (140 a num. araba oltre a X num. romana), firma dell’artista al colophon. Brochure edit. con titoli al piatto e al dorso; preziosa cartella artigianale in m. pelle con angoli, piatti in carta decorata

dipinta a mano, titoli in oro e sei nervi al dorso. Sicuramente uno dei più bei libri italiani illustrati, capolavoro di Campigli magistralmente stampato dalla Officina Bodoni di Giovanni Mardersteig sul suo torchio a mano. Cfr. Catalogo Officina Bo-doni n. 59; Meloni-Tavola n. 11-40; Jentsch n. 105. Superbo esemplare.

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30 settembre 2014. A Brera cade il muro trasparente della clinica in cui il bronzeo Napoleone canoviano, dal giugno 2013, è stato visitato, medicato e guarito: merito della chirurgia di Mario Colella e della sua squadra.Grazie alla promozione degli Amici di Brera (Piero Bassetti: «Il restauro del Napoleone è importante e significativo.Grazie alla generosità di Merril Lynch abbiamo seguito questa preziosa opera-zione della durata di un anno. Il Napole-one ritorna così al suo splendido aspetto e anche il Museo ne trae profitto»; Ste-fano Zuffi: «Bentornato empereur, astro-nomi, artisti e letterati, sui loro piedistalli ti stavano aspettando e anche noi, che ti passeggiamo intorno, attraversando il cortile di Brera, questo Museo Napole-onico che non smette mai di rivelare i suoi tesori») e al mecenate Banca Merril Lynch (Rena De Sisto: «We can play an important role in the conservation of arts and cultural treasures all over the world. The napoleone at Brera was a special discovery and we were delight to be part of its conservation.When you have the combination of Napoleone, Antonio Cano-va, Mars and the City of Milano, is hard to resist»), arriva questo secondo regalo, a Milano e al mondo: quello del restauro della replica bronzea del marmo cano-viano parigino Napoleone come Marte Pacificatore, la colossale icona centrale nel cortile d’ingresso del Palazzo di Bre-ra.Così l’accolgono: Philippe Daverio «Ben-

tornato, al politico folle che mise le basi dell’Accademia e del Museo di Brera»; Carlo Bertelli: «Un apprezzato restauro condotto con calcolata metodologia ed evidenti fini didattici, sotto gli occhi di tutti»; Massimo Vitta Zelman: «Un evviva per questo restauro, più per Canova che per Napoleone (visti tutti i capolavori che si è fregato) Scherzi a parte, skira, concessionario di Brera, non può che applaudire e dedicherà al monumento restaurato un agile libretto».È come se il Napoleone del Canova ri-tornasse una seconda volta. Il primo restauro (2008/2009) occasionato dal bicentenario della Pinacoteca, 1809-2009) ha riguardato il “calco in gesso” sempre della statua di Napoleone come Marte Pacificatore, ed è quello che tro-neggia nel primo Salone-Sala XIV della Pinacoteca.Un poco di storia: il grande “bronzo”, commissionato ad Antonio Canova dal viceré d’Italia Eugenio De Beauhar-nais,1807, avrebbe dovuto inaugurare la Regia Galleria d’Arte di Brera, volu-ta dallo stesso Napoleone, il 15 agosto 1809 (genetliaco dell’Imperatore) ma da Roma (vi occorsero ben due fusioni) arrivò a Milano solo nel 1812 (con pri-ma collocazione nel Palazzo del Senato). Nel 1809 venne esposto il sopraccitato calco in gesso che si trovava a Padova, quinta delle copie canoviane destinate alle Accademie italiane d’Arte a simbolo e celebrazione napoleonica, e acquistato in corsa da De Beauharnais.

Le due opere (bronzo e gesso) nel 1814 finiranno nelle cantine di Brera, causa la prima prigionia di Napoleo-ne all’Elba. Solo nel 1859, per l’arrivo a Milano di Napoleone III (a conclusione della Seconda guerra di indipendenza) la statua in bronzo riappare (su un ba-samento, che sarà temporaneo fino al 1864, particolarmente alto per dimen-sionare la statua all’ampiezza del cortile) nel cortile d’onore di Brera (Antonio Canova, sembra, lo pensasse per un luo-go chiuso). Merita citare Stendhal, che dichiarò il Canova aver inventato «una bellezza nuova, non minore a quella dei greci, una idea di perfezione che non sarebbe in Natura»: quello del Napoleone, infatti, è un volto idealizzato, in posa da impera-tore romano (un Augusto tipo Marlon Brando).In una mano regge la dea alata della Vit-toria (non è l’originale, rubato negli anni ’80) e nell’altra un lungo scettro.Oggi, riappare lucido e splendente (quasi una doccia dopo una battaglia “napoleonica”). La rinascita “di un’O-pera che è di tutti”, di cui è oltremodo soddisfatta e orgogliosa la soprinten-dente Sandrina Bandera, per questa nuova fascinosa e restaurata accoglienza a un pubblico in crescita, oltre agli abi-tuali frequentatori quali studenti, artisti e studiosi. Il Palazzo di Brera è Pinacoteca, Accade-mia, Biblioteca Nazionale Braidense, Os-servatorio astronomico, Orto botanico, ognuno ricco di lunga e gloriosa storia. In post-produzione è un documentario che ha fotografato i momenti salienti del restauro, arricchito con una fiction, per meglio narrare la complessa vicenda di questa importantissima scultura, affi-dandola al personaggio di uno storico dell’arte. Si è dato il caso che proprio allo scrivente è stato chiesto di interpre-tarlo, così ne è seguita una intervista al giovane regista, Nicolò Malaspina, che ho scoperto essere una nuova voce let-teraria, avendo già pubblicato un roman-zo: Oltre lo specchio. «... dalle parole scritte e ferme al dialogo in movimento.»«Ho sempre considerato la scrittura let-teraria riflessiva, intima, che si fa da soli al tavolino di un bar, sdraiati sul letto o sballottati dal sincopato andamento del-la metropolitana. A tredici anni vidi Tutto su mia madre di Almodóvar: capii quanto desiderassi poter “emozionare gli altri nello stesso

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modo in cui mi ero emozionato io”; ma soprattutto capii il linguaggio da utiliz-zare per raccontare quello che avevo dentro. Questo linguaggio era il video.Era un pomeriggio di Agosto, in un Bar di Roma: avevo diciassette anni. Gustavo da solo una birra a un pub. Si moriva di caldo, una bellissima barista australiana girava tra i tavoli. Per un attimo mi sono sentito quasi felice, tutto sembrava per-fetto. In quel momento mi sono senti-to “pronto” per l’avventura letteraria: aperta una pagina bianca del Computer, ho scritto CAPITOLO 1°. Mai avrei pensato di farcela. Un gran-de aiuto poi mi è sicuramente venuto da significative esperienze di vita, come avere 18 anni e andare a vivere a Lon-dra. Abitarvi, farsi da mangiare, cambiare le lenzuola, dosare l’ammorbidente nella

lavatrice, scrivere per ore in un pub, os-servando una umanità ben diversa da quella cui ero abituato. Facevo caffè da Starbucks: ogni cliente un nuovo rac-conto, ogni volto una storia affascinante. Londra mi ha dato molto, e le ho dedi-cato il romanzo.Dopo quel film di Almodóvar, il mo-mento che ha fatto scaturire la scelta del cinema fu quando un regista teatra-le, letti alcuni miei scritti, mi disse: «Scri-vi per immagini, metti suoni e musica ovunque. Mai pensato al cinema?». Scrivere per immagini cinematografiche implica, in particolare, che le emozioni dei “personaggi” debbano tramutarsi in gesti e azioni, in atmosfere e location. Eccellente l’occasione offertami di fil-mare i restauri della importante scultu-ra del Napoleone bronzeo di Brera.Una

forte attrazione verso il personaggio storico, verso un autore come Antonio Canova e le complesse vicende stori-che di questa celeberrima colossale statua mi hanno spinto a integrare, con un personaggio narrante, le immagini di quel prezioso artigianato che ha restau-rato un’icona dell’arte italiana, visitata da tutto il mondo.Un’altra occasione per rubare e ritra-durre in parole letterarie e azioni cine-matografiche, sensazioni, momenti, im-magini e volti dalla strada o meglio da chi frequenta un contenitore di cultura come il Palazzo di Brera. Vorrei continuare a vivere in un presente ricco come questo, ma contemporanea-mente siamo con la testa in un ricordo, la Storia, e in una attesa, quindi, nel Futuro.”

Pietro Sergio Mauri

RESTAURO DEL NAPOLEONE DEL CANOVA

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In una serie di incontri che ho avu-to con il pittore e caro amico Emilio Palaz, abbiamo avuto modo di affron-tare e approfondire il rapporto che lega l’artista alle sue modelle e che è stato all’origine dell’interessante libro Le mie modelle presentato durante “I giovedì sera da Bocca in Galleria”.Il libro è strutturato sotto forma di brevi capitoli ciascuno intitolato a una modella e corredato da un suo schiz-zo/ritratto.Fin dalle prime pagine emerge la com-plessità del contenuto: ci si domanda chi veramente sia il protagonista di queste pagine: l’autore, le modelle o entrambi? «Le modelle hanno dipinto il ritratto del pittore» sostiene Palaz. In realtà entrambi: una sorta di alchi-mia si crea tra l’artista e la sua model-

la, un gioco di specchi, di rimandi tra il pittore e la sua musa.Man mano che si procede nella lettura si è catturati dal loro microcosmo, si è lì in studio con loro: siamo spettatori di questo attimo alchemico. Non siamo coinvolti dalla forza del colore e delle pennellate, ma dalla prosa che ha la stessa intensità emotiva di una poesia.Mi sono commossa nell’entrare in questo particolare rapporto che si crea tra i due attori di un ritratto e che così semplicemente, ma poetica-mente il pittore ha espresso nella sua prosa.Certo il libro, in ultima analisi, è un rin-graziamento di Palaz alle sue modelle «non solo per i quadri, ma anche per questo libro».

Luisella Bonetti

EMILIO PALAZ, LE MIE MODELLE

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Non so se dedicare più riflessioni al contributo alla storia dell’arte di que-sta mostra o più alla qualità, meritevo-le di parecchie lodi, dell’attenzione al visitatore. La storia dell’arte riguarda il fare artistico a Fabriano e dintorni ne-gli anni intercorrenti tra Giotto (i pri-mi del Trecento) e Gentile da Fabria-no (i primi del Quattrocento). Nel 1950 il Toesca aveva identificato un gruppo di opere presenti a Fa-briano o provenienti da quel terri-torio individuando un certo lega-me con i pittori riminesi e legati in qualche modo a Giotto tanto che il Salmi già negli anni del 1930 intitolò un suo articolo La scuo-la di Rimini. Ma causa la presenza della scuola riminese il Toesca vide prevalenti legami di Fabriano con la Romagna, pur constatando le differenze attribuibili alla vicinanza di Assisi dove convergevano molti toscani. Nel 1998 Fabio Marcelli curò una pubblicazione Il Maestro di Campodonico. Rapporti artistici fra Umbria e Marche nel Trecento che individuava un gruppo di pit-tori le cui opere appartenevano o erano appartenute al territorio di Fa-briano. La mostra Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento. A cura di Vittorio Sgarbi che si tiene a Fabriano, principalmente alla Pinacoteca Civica Bruno Molaioli dal 20 luglio al 30 novembre 2014, è in sostanza una verifica del volume cu-rato da Marcelli. In pratica si viene a

definire una scuola di Fabriano del Trecento dominata da due grandi anonimi, il Maestro di Campodonico per gli affreschi, il Maestro dei Magi per le sculture che si differenzia dalla scuola di Rimini per l’assenza di fir-me e per la vicinanza ad Assisi dove allora confluivano i maggiori artisti

italiani. La mostra si conclude con 4 opere di Gentile da Fabriano che, pur fabrianese, chiude il ciclo del Trecento per appartenere ai fondatori di quello che sarà la pittura del Quattrocentto in italia. Veniamo alla attenzione al visitatore: 1) arrivato in treno alla stazione di Fa-briano ho subito trovato scritte nitide

bianche sui marciapiedi per arrivare in una ventina di minuti alla mostra;. 2) le scritte sono proseguite per ar-rivare alle altre tre sedi della mostra: le cappelle affrescate; 3) le cappelle, facilmente raggiungibili con le indica-zioni di grandi cartelloni, erano dotate di scale di legno per salire e vedere

da vicino, sin quasi a toccare gli af-freschi (ovviamente da non farsi). L’unico problema potevano essere i tempi di attesa poiché gli spazi delle cappelle sono ridottissimi, ma valeva la pena; 4) nelle quat-tro sedi un video perfettamente funzionante con quattro brillanti e validissime illustrazioni delle ope-re fatte da un Vittorio Sgarbi che si mostrava grande presentatore-attore con tutte le sue qualità migliori. E la regia di questi video merita le più vive congratulazio-ni. Personalmente mi auguro che questi video finiscano presto sul mercato, magari offerti da qualche giornale, come ora spesso si usa. Concludendo: mostra da lodare e dunque da vedere. Non ho più posto per il catalogo: dico solo che

è degno della mostra e la rappresen-ta anche se non ne sostituisce la pre-gnante bellezza.

Andrea Bondanini

Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e TrecentoA cura di Vittorio Sgarbi. Fabriano,26 luglio - 30 novembre 2014.

I giovedì sera da Bocca in Galleria

La cultura illumina la notte

Ogni giovedì sera dalle 21 alle 22

Libreria Bocca dal 1775Galleria Vittorio Emanuele II20121 [email protected]

giovedì 23 ottobreMostra di Licio PassonVeneziaa cura di Giovanni SerafiniDegustazione Gaggiarone

giovedì 6 novembreDonatella Bisutti e Mariacristina Piantapresentano l’opera poetica di Laura GaravagliaConversazione con l’autrice

giovedì 13 novembreLa canzone d’autoreStorie da raccontare Concerto a cura del cantautore Giacobs

giovedì 20 novembreMostra di Daria PalottiD’Ariaa cura di Giorgio LodettiDegustazione Gaggiarone

giovedì 27 novembrePresentazione del libroUn fuoco di bracidi Giovanna Ferrante

giovedì 4 dicembrePresentazione del libroRita Levi Montalcini: aggiungere vita ai giornidi Raffaella Ranise e Giuseppina TripodiInterviene: Roberta Viglione

giovedì 11 dicembreMostra di Giuliana SusteriniEnergia della forma

a cura di Mario Donizetti e Giovanni SerafiniDegustazione Gaggiarone

giovedì 8 gennaio 2015Luca Saulino 13Labwww.13lab.it

giovedì 15 gennaioMostra di KuturiIcone Sacre ossidatea cura di Linda Grittini e Danilo GiusinoDegustazione Gaggiarone

giovedì 22 gennaioPresentazione del libroVenuti a galladi Boris PahorSerata a cura dell’editore Diabasis di Parma

giovedì 29 gennaioSerata di poesia contemporaneaa cura di Alberto Pellegatta

DA GIOTTO A GENTILE I GIOVEDÌ SERA DA BOCCA IN GALLERIA

Antonio di Mazzone de’ Domeni-chi Liberi, detto Antonio da Faenza (1456-1534) fu pittore e architet-to, impegnato nell’edificazione e decorazione scenografica del te-atro all’antica di Velletri precedu-ta dalla pittura della tribuna della chiesa di San Salvatore. A tali im-pegni seguì la decorazione degli sportelli d’organo nella Santa Casa di Loreto, culmine dei suoi aggior-namenti culturali che, oltre a Bra-mante e Lotto, annoverano il Raf-faello delle Stanze vaticane. La sua conoscenza è stata arricchita dal reperimento nel mercato antiqua-rio londinese del Codex architetto-nico ricordato dalle fonti di cui si

erano perdute le tracce: permette di arricchire di diversi dati il suo bagaglio culturale; non di minore importanza risulta l’inventario dei libri della sua biblioteca che anda-va dai testi di Leon Battista Alberti, al Plinio Volgare, a Vitruvio, a Boc-caccio.Il volume è corredato da saggi (Te-stimonianze, tradizione critica; For-mazione ed esperienze; I contempo-ranei marchigiani), dal catalogo del-le opere (a Velletri, Loreto, Mon-telupone, Norcia, Polverigi, Treia, Cingoli, Faenza, Castelraimondo), da una ricca sezione documentaria curata da Andrea Trubbiani.

Bonita Cleri

ANTONIO LIBERI DA FAENZA 1456-1534

Il volume dal titolo Atelier Pallini. Storia di una collezione italiana 1925-1955 a cura di Nicoletta Pallini Clemente edito da Edizioni Mazzotta, è la ri-costruzione storica di una fra le più importanti raccolte d’arte del Nove-cento italiano e internazionale. La collezione di Adriano Pallini è da anni un punto di riferimento per gli appassionati d’arte e per la storia del collezionismo milanese dagli anni Trenta ai Cinquanta oltre che per il costume e la moda fra le due guerre. La figlia Nicoletta, che da tempo ha ricostruito e ordinato l’archivio della raccolta paterna, mette a fuoco le va-rie tappe della vita e della collezione di Adriano Pallini (Atri - Teramo 1897 - Milano 1955). Sarto d’Abruzzo per tradizione fami-liare, trasferitosi attorno agli anni Venti a Milano, amico e mecenate dei prin-cipali artisti del ’900 italiano fino ai “giovani” degli anni Cinquanta, iniziò la

sua raccolta “vestendo” artisti e poeti allora ancora sconosciuti come Gior-gio de Chirico, Mario Sironi, Massimo Campigli, Vincenzo Cardarelli, Pietro Marussig, Arturo Martini, Achille Funi, Pompeo Borra, Lucio Fontana, Anto-nio Corpora e tanti altri. Nella sua ce-lebre raccolta figuravano anche artisti del calibro di Amedeo Modigliani, Pa-blo Picasso, Henri Matisse, Alexander Archipenko e Marie Laurencin oggi conservati nelle principali istituzioni pubbliche internazionali.

Nicoletta Pallini Clemente si occupa d’arte da lungo tempo, all’inizio come responsabile per diciassette anni della rubrica su «Gioia», poi come curatri-ce indipendente di mostre in Italia e all’estero, dedicate a maestri del No-vecento, come Massimo Campigli, e ai protagonisti del nostro tempo, come David Tremlett, Mark Lewis, Marco Bagnoli.

ATELIER PALLINI

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Mappe di ViaggioFernanda Fedi Gino Gini

Portfolio in 39 esemplari: cartella editoriale in cartone ondulato contenente catalogo ragionato e due opere originali firmate di Fedi e Gini, edito in occasione della mostra antologica Mappe di Viaggio. Libri & Libri a cura Elisabetta Longari alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, Sala Maria Teresa, giugno 2014.

1. LibroLibro oggetto, cm. 11.5x11.5x11.5, libro in bronzo realizzato per la Libreria Bocca di Milano, 9 copie, 1997.

2. L’eternità del libroLibro oggetto, cm. 30x20, libro in bronzo, unicum, 1996.

3. Scritture arcaicheLibro oggetto, cm. 17x31.5x16, libro in bronzo, 4 pagine, unicum, 1999.

4. Libro arcaico xxxLibro oggetto, cm. 21.5x18x24, cera-mica Raku con scritture arcaiche a rilievo, unicum, 1997.

5. A la recherche de ma mémoireLibro stampato prezioso, cm. 35x25x4, opera grafica e testo dell’ar-tista (italiano-francese), serigrafia a sei colori su carta Arches e Pescia, piegato a fisarmonica; ed. Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. 30 copie, 1998.

6. Seshat – la prima donna scribaLibro stampato prezioso, cm. 33x43x2.5; contenitore intelato e serigrafato, all’in-terno 2 trittici (cm. 30x120 cad.) con 6 acqueforti, testi di Gio Ferri e Fernanda Fedi; ed. Laboratorio 66, Archivio Libri d’artista, Milano; 10 copie (7 in numeri arabi e 3 in numeri romani), 2004.

7. HypatieLibro stampato prezioso, cm. 28x25x3; ed. la Diane Française, Nice; collection L’Art au Carré; stampato a caratteri mobi-

li con testi di Raphaël Monticelli e Mauro Carrera; 8 illustrazioni dell’artista di cui 4 rilievografie con intervento a mano e 4 xilografie su legno; 100 copie, 2010.

8. Incontro di memorieLibro stampato prezioso cm. 30x660 (aperto). Libro a fisarmonica, testo poe-tico di Fernanda Fedi (italiano e inglese). Stampa digitale Fine Print Art con interventi a mano. Progetto originale del 1993. Ed. Archivio Libri d’artista, Milano. 8 copie, 2013.

9. Volo 89 – IcaroLibro oggetto, cm. 20x19x2, 2 pagine con foto, collage e scritture; pagina centrale con scritture, pittura e altro; legatura a vista; unicum, 2003

10. Piume di Icaro – Sette proiezioni d’ombraLibro monocopia, cm. 22x16.5x3, 7 pagine con pittura, scritture, collage, timbri e altro; legatura a vista, copertina-contenitore in legno con foto e timbri; unicum, 2003.

11. Volo Barocco 33Collana Frontepagine, cm. 26x20x3; 2 pagine con pittura, scrittura e col-lage; copertina-contenitore intelato; ed. Archivio Libri d’Artista, Milano; unicum, 1996.

12. L’araba fenice – parte I, parte IICollana Frontepagine, cm. 26x20x3; 2 pagine con pittura, scritture e col-lage; copertina-contenitore intelato; ed. Archivio Libri d’Artista, Milano; unicum, 2002.

13. Atlante n.6Libro oggetto, cm. 25x19x2.5; due pagine interne con foto, scritture e timbri; pagina centrale in plexiglass con piume; copertina in carta a mano; unicum, 2007.

14. Una sola parola – ScritturaLibro stampato prezioso, cm. 40.5x22x2, 8 pagine a fisarmonica con immagini e scritture; copertina in cartone; Stampa Pigment Fine Art; ed. Archivio Libri d’artista, Milano; 21 copie, 2007.

15. Terra – Progetto 075Libro oggetto a fisarmonica,cm. 17.5x12x3, 5 pagine con immagi-ni e scritture; copertina-contenitore in legno con pittura e timbri; dorso in tela; unicum, 1994.

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design: Alessandro Azzoni

libri d’artistabooks & books

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AGORàAgorà, in greco ¢gor£, da ¢ge…rw che significa raccogliere, radunare, è il termine con il quale nella Grecia antica si indicava la piazza principale della Polis.La nostra Polis è questo periodico «Ekecheiria» che esce quando gli sponsor ce lo concedono e il presidente della nostra associazione con i suoi collaboratori è in buona salute, elemento questo che, dati i tempi che stiamo vivendo, è il solo sul quale si possa contare.L’agorà è diventato il centro della Polis, in particolare dal punto di vista economico e commerciale, in quanto anche sede di mercato. Come dovrebbe accadere per noi librai storici. Era il luogo della democrazia per antonomasia, sede delle assemblee dei cittadini che vi si riunivano per discutere i problemi della comunità e decidere collegialmente sui comportamenti da tenersi, esattamente come dovrebbe essere per noi librai. La modernità ci offre i vantaggi di essere collegati e uniti anche a grandi distanze. Qui andranno discusse le nostre proposte per superare la crisi.Qui andranno inviate le vostre segnalazioni su quanto accade nel territorio dove esercitate la vostra professione. Uno spazio libero e gratuito a nostra disposizione.

A mio avviso l’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta aveva fatto un buon lavoro con un d.l. mai però at-tuato. Riguardava la detrazione fiscale per tutte le famiglie che acquistava-no libri nel corso dell’anno, fino a un massimo di € 2000, quindi, per gli ac-quisti fatti nelle librerie indipendenti a esclusione delle catene e delle libre-rie on line (vedi Amazon). Di iniziati-ve... dice..., noi ne sosteniamo tante e quest’anno festeggiamo proprio qui a Gallarate quindici anni, sulla falsa riga della manifestazione di Mantova, si chiama 2000 libri si terrà dall’11 al 20 ottobre, oltre alle bancarelle la ma-nifestazione si arricchirà di interventi degli autori stessi.

Le nuove tecnologie aiutano il futuro dei librai o elimineranno le librerie quale opinione hai in proposito? È ancora presto per la via del tra-monto per le librerie, la professiona-lità come la cultura del popolo italia-no e non solo è ancora fortemente radicata al rapporto sia umano che con il libro, in quanto oggetto, certo è che guardando al futuro la differen-za la farà la nostra capacità di resta-re al passo con i tempi cercando di risolvere al più presto quei problemi che oggi affliggono pesantemente il settore.

Grazie e buona fortuna.Grazie a lei.

A Venezia le librerie chiudono

«Quest’anno Venezia rischia di essere nominata Capitale Europea dell’Anal-fabetismo. Nella città storica sta chiu-dendo una libreria dopo l’altra. Il bol-

lettino degli ultimi anni è drammatico. Hanno già chiuso: la libreria Fan-toni a San Luca, la libreria al Fontego a Rialto, la libreria Marco Polo a San Lio (e quella a San Giovanni Griso-stomo, chissà), la libreria Mondadori a San Marco, la libreria Old Books al Ghetto, la libreria Patagonia a Dorso-duro, la libreria Rossa a San Pantalon, la libreria Sansovino in Bacino Orseo-lo, la libreria Solaris alla Maddalena, la libreria Tarantola a San Luca. Le pros-sime saranno la libreria Goldoni a Ri-alto, la libreria Capitello a Cannaregio. Anche Laboratorio Blu al Ghetto è a rischio. Questo sta succedendo nel cuore della città che ha inventato l’e-ditoria moderna.» Inizia così il j’accuse di 140 scrittori veneziani che hanno lanciato la protesta Venezia città di lettori. La notizia di questi giorni è l’annun-ciata chiusura della libreria Goldoni, una delle librerie storiche di Venezia. Il motivo della chiusura è presto detto: pagano 9000 euro di affitto al mese. La libreria non è ancora chiusa, l’at-tuale proprietario spera ancora che qualcuno si faccia avanti per continua-re l’attività, ma con quell’affitto sareb-be un suicidio, per chiunque. Prima di parlare delle librerie che restano e di quello che si potrebbe fare per evita-re ulteriori chiusure.Vediamo nello stesso periodo quante librerie hanno aperto: una, la libre-ria Vecchi libri, una bellissima libreria dell’usato ai Carmini. Il bilancio è am-piamente negativo. Per capire cosa si può fare per invertire questa tenden-za bisogna analizzare i motivi delle chiusure.Se si esclude la Mondadori, “sfrattata” dal proprietario, gli altri casi portano a un’unica motivazione: la libreria non è

un’attività economicamente sosteni-bile in una città come Venezia. Quello che una libreria riesce a guadagnare, parlo di quello che rimane in tasca della vendita dei libri dopo aver paga-to i fornitori, è a stento sufficiente per pagare affitto e costo del lavoro, mol-te volte nemmeno quello (come nel caso della Goldoni). Per quale motivo qualcuno dovrebbe rilevare un’attivi-tà avviata di libreria, come nel caso della Tarantola, se poi anche nel più roseo dei conti economici non riusci-rebbe ad arrivare alla fine del mese? Se poi bisogna investire in restauri o in buone uscite, si rischia di buttare via dei soldi senza alcuna possibilità di ritorno dell’investimento. Questa si-tuazione è strettamente legata a due fattori, uno all’oggetto della vendita, il libro, che ha un margine risibile: se vendo un libro a 10 euro, al fornito-re devo pagare 7 euro e non ci sono grandi margini di manovra (a meno che uno non si metta a fare i libri in proprio...). L’altro è il costo degli affitti che accomuna Venezia ai centri storici di qualsiasi altra grande città italiana. Questo è il motivo che impedisce un normale avvicendamento fra un libra-io che vuole smettere e un altro che vuole iniziare.Si dirà che le librerie chiudono ovun-que, in tutte le città, italiane e non. So-prattutto le piccole librerie indipen-denti. È vero, è un fenomeno diffuso ma qui a Venezia con aspetti diversi: qui, a parte un breve periodo, non c’è stata nessuna grande libreria di catena che ha portato via i clienti alle picco-le. A Mestre c’è Feltrinelli e solo con bravura e determinazione si può resi-stere. Nelle grandi città italiane, Feltri-nelli e Mondadori e altri grandi mar-chi editoriali, distributivi e librai hanno fatto chiudere molte piccole librerie. Qui a Venezia, questo fenomeno non c’è stato: le librerie hanno chiu-so senza la presenza di grandi punti vendita. Si dirà che nell’era del libro elettronico e di Amazon, le librerie sono comunque destinate a diventare un ricordo. Io non credo che il libro elettronico sostituirà del tutto quello cartaceo, non è la stessa operazione di sostituzione fra vinile e cd. E non credo che comprare libri online sia necessario, ma una semplice scelta in-dividuale, la maggior parte delle volte non meditata e non motivata. Si dirà che si legge sempre meno e che a ve-nezia siamo in pochi. Verissimo, ma a Venezia arrivano, nel bene e nel male, decine di migliaia di studenti, turisti e

Le interviste di Gabriele

Cari lettori, attraverso questa rubrica mettere-mo in luce i problemi che affliggono il mondo dell’editoria, cercando do-mande e trovando risposte, dalla pro-duzione alla vendita, dalle proposte politiche alle manifestazioni culturali e in fine dalla vendita on-line ai tradi-zionali canali di approvvigionamento, ovvero, le librerie.E proprio da qui partirà il nostro viag-gio. Sette domande a 52 librai, titolari e ancora custodi, di una tradizione, quella delle Librerie Storiche d’Italia. Il nostro primo viaggio parte da Gallarate, in provincia di Varese, qui incontriamo Anna Crestani, moglie di Paolo, figlio di Luigi e Adriana Carù fondatori nel 1942 dell’omonima li-breria.

Buongiorno Anna.Buongiorno Gabriele.

Da quanto tempo opera nel settore dei libri e dove ha cominciato?Iniziai appena ventenne nella libreria dei miei suoceri, la libreria Carù, dap-prima appassionata di lettura mi reca-vo spesso in quel luogo per me magi-co, per comprarli o a volte... solo per

guardarli. Poi conobbi Paolo, nacque per prima una simpatia, poi ci sposam-mo. In origine la libreria stava in via Verdi e solo dopo qualche anno si tra-sferì nella sede attuale, quella di piazza Garibaldi, 6. Ricordo che non c’erano tanti editori come adesso, ricordo Ei-naudi, Mondadori e Feltrinelli, girava-no queste pubblicazioni con il marchio “Edizioni del tempo di guerra”. In prin-cipio era libreria, solo in seguito, gra-zie alla passione di mio suocero Luigi per la musica, la libreria iniziò a oc-cuparsi anche della vendita del vinile.

Cosa è cambiato per lei nel mercato negli ultimi dieci anni?Parecchio, gli editori per sopperire al drastico calo delle vendite, sono corsi ai ripari aumentando spaventosamen-te la produzione, accorciando ineso-rabilmente la vita del titolo in libreria. Questa scelta commerciale, che via via tutti gli editori hanno adottato, ha modificato radicalmente l’offerta che il cliente finale troverà poi in libreria. Favorendo il commercio verticale (tante copie di un solo titolo, il best seller per intenderci), a discapito del commercio orizzontale, (che è l’as-sortimento a scaffale), pertanto ri-chieste più diradate e magazzino più lento. Nonostante questo però, io e mio marito crediamo fortemente all’importanza della nostra professio-nalità, certi che alla lunga questo pos-sa fare la differenza.

Come vedi il rapporto tra libraio e edito-re e come lo vorresti cambiare?Anche in questo caso il segno lasciato dai tempi, che inesorabilmente cam-biano, è profondo e ha radicalmente trasformato il modo di promuovere il titolo da catalogo o la novità. Ricordo dapprima la figura del rappresentan-

te dipendente dell’editore, successi-vamente trasformato in promotore editoriale per conto di organizzazioni indipendenti, oggi per esempio mol-ti promotori e/o rappresentanti co-prono vaste aree creando disagio e ritardi. Ora le case editrici e/o i distri-butori utilizzano elenchi con riporta-te le novità lasciando il mero compito al libraio di scegliere al buio i libri da comprare.

Ritieni utili a perseguire e tutelare i tuoi interessi le varie forme associative quali l’Associazione librai, Associazione liberi librai, Associazione librerie storiche, li-brerie indipendenti, librerie antiquarie? E quali consigli suggeriresti per un even-tuale miglioramento?Le racconto un caso principe. Una volta il trasferimento contrattuale di un qualsiasi editore, da un distributo-re all’altro, avveniva con particolare tutela del libraio al quale veniva co-municato per tempo il trasferimento. Questa attenzione, permetteva al li-braio stesso di avere il tempo di con-trollare le rimanenze in magazzino e conseguentemente effettuare il reso dell’invenduto, nei rari casi di ritardi per motivo di vario genere, quali libri in visione a una biblioteca, l’editore e il distributore, con reciproca inte-sa, davano un tempo ulteriore limite per effettuare la resa. Ora no, oltre alla riduzione di questi tempi in caso di giacenze ultime, il libraio non può né rendere al vecchio né tanto meno al nuovo distributore, costretto a trat-tenere in magazzino l’invenduto. Ecco come sono cambiate le regole del gioco, ora in questo e altri casi po-trebbe servire un’associazione cor-porativa che abbia e svolga un ruolo forte, che sia un crocevia obbligatorio per tutti gli addetti ai lavori, perché no, che abbia anche un peso politico e che sia in grado di fornire alla stessa politica una fotografia del presente e una prospettiva del futuro sullo stato di salute della categoria.

Cosa pensi del rapporto libraio-lettore e quale funzione svolge la pubblicità?Penso che sia ancora fondamentale e determinante, anzi, oggi ancora di più, una buona critica non necessaria-mente positiva, fatta da un giornalista o esperto serio, è ancora un faro per il lettore.

Se tu fossi un ministro plenipotenziario quali iniziative sosterresti a sostegno delle librerie?

Anna e Paolo Caru

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cale, per iniziative temporanee (ana-loghe ai “Portici di Carta” di Torino), con presenza di banchi delle librerie veneziane, esposizioni-vendita di pic-cola editoria, modernariato librario; ai maggiori proprietari di immobili citta-dini (fra cui Ire, Curia, Comune) chie-diamo di concedere alle librerie in dif-ficoltà immobili ad affitto agevolato; alle fondazioni private (fra cui Gug-genheim, Pinault, Prada) chiediamo di escogitare forme di mecenatismo e collaborazione culturale al com-mercio librario in città; alla Biennale di Venezia chiediamo di mobilitare le intelligenze e i talenti artistici mon-diali per inventare forme di supporto al commercio librario cittadino (per esempio con interventi d’artista, libri d’artista, progetti di architettura o og-getti di design nelle librerie durante l’Esposizione Internazionale d’Arte e la Mostra Internazionale di Architet-tura, inserendo le librerie nella mappa dei padiglioni e delle iniziative colla-terali da visitare); alla Fondazione di Venezia chiediamo di potenziare i suoi programmi già avviati di Scuola Attiva, curando in particolare l’avvi-cinamento degli studenti più giovani al libro cartaceo; alla Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri, che a Venezia organizza annualmente un seminario di perfezionamento, chie-diamo di interagire con altre realtà (per esempio la Fondazione Querini Stampalia, la Fondazione Giorgio Cini, il Comune di Venezia, le Università Ca’ Foscari e Iuav) per verificare la possibilità di organizzare un conve-gno-fiera-festival del libro cartaceo, che coinvolga la piccola editoria, gli editori di libri illustrati e per l’infanzia, i libri pop-up, la natura transmediale dei nuovi immaginari videoludici che hanno ancora nel libro cartaceo un perno centrale, il modernariato e il commercio di libri fuori catalogo, an-tiquari e bibliofili; a lettrici e lettori, chiediamo di non assecondare per pigrizia l’acquisto di libri cartacei in rete quando non è necessario ed è possibile farlo in libreria. Le librerie non sono Venezia, ma ne costitui-scono un pezzo. La sparizione di un brandello di città è un’ulteriore palata di terra sulla fossa in cui sta inesora-bilmente scomparendo. Siamo noi a tenere la pala in mano, noi e nessun altro. Noi decidiamo cosa sotterrare e cosa portare alla luce. Disseppellia-mo i libri: entriamo in queste botte-ghe vitali, esprimiamo amore per noi stessi e per la bellezza del luogo in cui

viviamo. «Quando si vende un libro a una persona, non gli si vendono sol-tanto tre etti e mezzo di carta, con inchiostro e colla, si vende un’intera vita. Amore, amicizia e navi in mare di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro» Christopher Morley, Il Parnaso ambulante.

Il piacere di collezionare libri e artePer trasmettere il pensiero antica-mente si usavano tavolette, papiri, ro-toli di pergamena; si è passati poi a riunire, cucire e incollare i fogli, mano-scritti o stampati, in volumi. Il termine volume deriva dal latino volvere, che indica l’atto di srotolare o di avvolge-re i rotoli manoscritti.Le illustrazione all’interno dei volumi erano miniature eseguite a mano, so-stituite – con l’avvento della stampa – da incisioni e – con la nascita della fotografia – da eliografie.Si presume che la carta sia stata pro-dotta anticamente in Cina (I sec. d.C.) con gelso e altri vegetali; se ne diffuse l’uso in Oriente; l’Occidente la conob-be grazie agli Arabi, che la migliorano usando cotone e stracci macerati e pressati.Questo fu da noi il materiale più usa-to, finché difficoltà di approvvigiona-mento portarono alla ricerca di nuo-ve materie prime: la paglia (1820) e il legno (1838) divenuto nella II metà dell’Ottocento il principale compo-nente della carta.Per convenzione il 1830 è considera-to lo spartiacque fra il libro antico e quello moderno.“Corsi e ricorsi storici ” oggi si ritorna alle tavolette (= tablet) non più incise, bensì redatte informaticamente, spes-so con nuove icone grafiche.Da sempre l’uomo ha espresso il pensiero attraverso segni, pertanto non ci devono stupire nuove simbo-logie che ci permetteranno di inte-ragire con menti pensanti anche non umane.Ora però occupiamoci del classico libro, che racchiude e ha racchiuso, dagli albori della storia, miti e inse-gnamenti umani e divini, al punto che si venerano testi sacri e si può anche amare il libro come oggetto d’arte.Non vi è luogo di prestigio ove non facciano bella mostra di sé file e file di eleganti dorsi di libri, anzi – proprio ai nostri giorni in cui si parla della loro morte – molte vetrine di boutique dei generi più vari vengono allestite

con bei volumi anche antichi, eviden-temente perché il libro attira l’atten-zione e trasmette sicurezza.Le librerie delle abitazioni la raccon-tano lunga sul passato e sul presente delle persone che vi hanno abitato e che vi abitano, anche se ai giorni nostri il pratico uso del tablet, la ristrettez-za degli appartamenti – specialmente delle città – e l’offerta delle ottime biblioteche comunali hanno ridimen-sionato gli spazi a libreria nelle case.Non così per i bibliofili che – per go-losità verso i loro oggetti del deside-rio – volentieri rinunciano al mobile bar, piuttosto che alla vetrinetta, dove esporre oggetti e argenti, a favore delle librerie.I più fortunati danno addirittura una casa ai loro beniamini.Sì, avete capito bene!Il sogno prevalente di ogni bibliofilo è quello di avere un luogo tutto dedica-to alla collezione, che personalmente ha raccolto attraverso gli anni con l’acquisizione di testi in base agli ar-gomenti preferiti, alla data di edizione, alla veste tipografica, alla qualità delle illustrazioni...Dedicare un luogo specifico ai li-bri significa dare accoglienza a tutte le menti scriventi in modo da poter, quando si voglia, andare a incontrarle senza altre distrazioni.Un amico di grande spirito e cultura vive a Milano e ha fatto di un bilocale di sua proprietà, adiacente a quello a uso abitazione, la sua “casa di campa-gna” per bibliofili.non che gli manchino libri e opere d’arte nella dimora vera e propria, ma nella casa di campagna ha potuto riempire in modo funzionale vari mo-bili, appositamente progettati in base al formato dei volumi raccolti.Ogni qual volta senta la necessità di una boccata d’ aria per l’anima, per lo spirito e per la mente, può fare una fuga a km 0.E il corpo? Quali sono i vantaggi per lui in questa inconsueta casa di cam-pagna?In mezzo alla bellezza delle pareti di-pinte di azzurro cielo, fra le ben scelte opere d’arte moderna e contempo-ranea, anche i sensi traggono giova-mento.E la socialità? Vi starete domandando. Il nostro “raccoglitore di libri” – così ama definirsi – è in contatto via in-ternet con bibliofili di tutto il mondo, avvantaggiato anche dalla buona co-noscenza di alcune lingue.Inoltre nella sua “casa di campagna”

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pendolari ogni giorno. Quanto è sta-to fatto a Venezia, in questi anni, per aiutare le librerie? Dal punto di vista dell’amministrazione comunale quello che è stato fatto è: inserire le librerie fra le aziende che potevano parteci-pare a un bando per l’assegnazione di prestiti agevolati per l’innovazione; permettere alle librerie di aprire un angolo bar caffè con delle limitazioni sulla superficie destinata alla sommini-strazione di cibi e bevande; coinvolge-re le librerie nelle attività della notte bianca di Ca’ Foscari Commento solo il secondo punto: per una libreria può essere un vantaggio, non solo eco-nomico, avere un angolo bar caffè al proprio interno e personalmente mi sono speso perché la regolamenta-zione non avesse quelle limitazioni che altre corporazioni chiedevano. Però questo vantaggio lo si ottiene solo dopo un discreto investimento perché l’apertura dell’angolo caffè è soggetta alle normative igienico sani-tarie e se una libreria non ha le fosse se le deve fare. Per esempio, questo regolamento poteva essere utile alla libreria Goldoni, se avesse avuto vo-glia e possibilità di investire diverse decine di migliaia di euro per ade-guare la libreria. Ma con quell’affitto o diventi a tutti gli effetti un bar oppure, se vuoi continuare a essere libreria, non ce la fai.Per usare un eufemismo, le azioni del Comune non sono sufficienti per in-cidere sulla situazione attuale delle librerie. Alcune richieste, che sareb-bero state più simboliche, ma senza una reale capacità di impedire una chiusura, come quella di diminuire o eliminare alcune imposte comunali, non sono state prese nemmeno in considerazione. È possibile pensare a regolamentazio-ni che vincolino certi immobili com-merciali come destinazione d’uso, per esempio a uso libreria? Non lo so, ma penso che sia una strada in salita. Penso sarebbe molto più semplice se i due maggiori immobiliaristi di Vene-zia, Comune e Curia, mettessero a di-sposizione dei locali commerciali con destinazione d’uso vincolata e con restauri a carico della proprietà: que-sto potrebbe servire sia per le librerie che per altre attività commerciali. A Comune e Curia potrebbe aggiun-gersi anche qualche altro proprietario di fondi che voglia destinare una par-te della sua proprietà immobiliare a questo scopo, con l’unico obiettivo di restituire alla città una parte di quello

che Venezia gli fa guadagnare. Questo sarebbe utile sia per librerie esistenti che devono affrontare il caro affitti sia per librerie nuove che volessero aprire. A Parigi c’è una società mista pubblico-privata che acquista immo-bili commerciali e li affitta a prezzo calmierato alle attività di quartiere qui che si ritiene debbano essere salva-guardate. Potrebbe essere fatto anche a Venezia? Forse sì, sarebbe indispen-sabile però avere chiarezza di obiet-tivi, coerenza fra obiettivi e azioni e trasparenza sulle scelte, altrimenti i casi alla “Serra dei giardini” si moltipli-cherebbero. È una strada percorribile, ma data la situazione economica, la si-tuazione politica e il dinamismo di cui non sono affetti i nostri amministrato-ri, prima di arrivare a questa soluzione mi sa che chiuderanno ancora alcune librerie (non scrivo molte perché po-che sono quelle rimaste). Che soluzioni restano nell’imme-diato? L’unica soluzione che vedo è quella che passa attraverso la comu-nità: non il Comune come organo di gestione e amministrazione della cosa pubblica locale, ma la comuni-tà stessa, i tanti individui, enti, aziende che costituiscono questa città e che facciano propria la causa delle librerie (perché di librerie qui sto parlando ma il ragionamento potrebbe valere per altre attività). Esistono esempi in questo senso anche da altre parti del mondo, comunità che “adottano” una libreria, che si autodisciplinano e pre-feriscono comprare nella “loro” libre-ria piuttosto che in un supermercato o su internet perché pensano che quello che non risparmiano serva alla “loro” libreria per sopravvivere. A chi adesso si lamenta dell’ennesima libre-ria che chiude, dico: guardatevi intor-no, visitate le librerie della vostra città, imparate a conoscerle, a sapere cosa si trova in una e cosa si trova nell’altra e se volete acquistare un libro andate in libreria. A chi se la prende con la Venezia che diventa un unico tipo di negozio dico: difendete i negozi che vi stanno a cuore, che siano un fer-ramenta, un panificio o una libreria. Ma la comunità di cittadini, oltre ad azioni singole, quotidiane e impor-tanti, può anche essere chiamata ad azioni straordinarie per aiutare un’at-tività che ha valore per la comunità stessa. Perché le librerie non sono dei librai che le gestiscono ma sono della comunità, come un monumento o un palazzo.

E così gli scrittori sono scesi in cam-po («140 è un numero che ha fat-to impressione anche a me» dice Scarpa, «ma del resto Venezia è la patria del libro, e poi tra i firmatari sono rappresentate varie competen-ze legate al mondo della scrittura.») e hanno elencato le loro proposte, facendo sentire la loro voce fino a Londra, ripresi dal prestigioso «The Bookseller». Il progetto non cade nel vecchio tranello di voler solo in-tercettare fondi pubblici (sempre più risicati), ma si rivolge anche ai tanti privati che da Venezia traggono gio-vamento.Ecco le nostre richieste: a tutte le per-sone, soggetti pubblici e privati, enti, fondazioni, società, associazioni, gran-di marchi, singoli proprietari che han-no interessi nella città storica, e che dall’enorme patrimonio simbolico che Venezia rappresenta nel mondo ricavano un guadagno economico e d’immagine, chiediamo di restituire al-meno in parte ciò che la città dà loro; ai parlamentari italiani, in particolare a quelli fra loro che sono lettrici e let-tori “forti” e appassionati, chiediamo di tradurre subito in azioni politiche il grande lavoro svolto in questi anni da varie associazioni nel nostro Paese (per esempio Presidi del libro e Fo-rum del Libro): un lavoro che è sfo-ciato anche nella discussione di leggi di iniziativa popolare che, fra le altre cose, chiedono il riconoscimento del-le “librerie di qualità”, con iniziative di sostegno alle librerie indipendenti; alla Regione Veneto chiediamo di legifera-re e attuare al più presto politiche in favore delle librerie, secondo le facol-tà che le assegna la Costituzione ita-liana (in conformità all’articolo 117); al Comune di Venezia chiediamo di inserire le librerie tra le categorie commerciali insediabili in locali di pro-prietà pubblica; di abbassare alle libre-rie le tariffe di servizi come quelle per l’asporto rifiuti, di concedere gratuita-mente l’uso del plateatico per inizia-tive culturali e permettere l’affissione gratuita di locandine che le pubbliciz-zano; alle diverse istituzioni chiediamo che, ognuna nell’ambito della propria competenza, non producano politi-che in grado di favorire, soprattutto nelle città storiche, rendite e progetti speculativi espellendo attività incapaci di reggerne l’impatto, prime fra tut-te le librerie; alla Soprintendenza e al Comune di Venezia chiediamo la con-cessione di luoghi centrali, come per esempio il colonnato di Palazzo Du-

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ospita qualche amico di altre città o nazioni che giunge a Milano per par-tecipare a convegni ed eventi.In questo periodo è immerso nel-la non facile catalogazione della sua biblioteca; consiglia di avvalersi del programma lt = librarything – che offre, fra l’altro, un collegamento spe-cializzato con altri amatori di tutto il mondo.Ci dice che l’amore per i libri gli è nato nell’infanzia dall’ abitudine a leggere, ma che il piacere di raccoglierli si è sviluppato nel tempo. Il collezionismo, sostiene, non è una cosa da giovani.Tra gli argomenti preferiti ha matura-to soprattutto un percorso verso la storia e l’arte.Appassionata sia di libri sia di fotogra-fia, è stato per me un vero piacere fare qualche scatto in questo ambien-te tanto particolare e qui vi riporto alcune immagini che testimoniano gli interessi eclettici del nostro “raccogli-tore”.Altrettanto interessante è lo studio dell’artista [email protected], posto al piano sottostante la sua abitazione.Grazie a qualche scalino o a un soffio di percorso in ascensore, la scultrice vi si può rifugiare per le sue introspe-zioni creative.Nell’appartamento, oltre a un buon numero di lavori grafici e di sculture in cotto, in bronzo e in altri materiali, vi sono testi e raccolte di riviste d’ar-

te che trattano a 360° il piacere del bello. Convivono sulle pareti, sui tavoli – è persino sul pavimento – opere, bozzetti, stralci di recensioni, appunti e fotografie delle numerose mostre realizzate.Per me, che amo il libro anche solo come oggetto, è motivo di entusia-smo vedere lo stratificarsi di fogli in cotto o in raku ove l’impronta dei semi, che caratterizza l’opera di Ar-manda Verdirame, diventa scrittura simbolica.Il linguaggio personale e unico l’ha resa riconoscibile a chi si occupa d’ar-te a livello critico. Questi hanno fatto rimbalzare al grosso pubblico i signifi-

cati e il valore delle sue opere dove i simboli del seme e dell’uovo rivela-no l’interesse verso le problematiche dell’oggi. Spunta, qua e là, fra appunti e materiali pittorici e scultorei un libro in bronzo o in cotto, che da semplice materia diventa, grazie al messaggio artistico, simbolo di astrazione men-tale.Hanno un sentore fra il metafisico e il surreale gli spartiti musicali in cot-to e in raku di vari colori; sostenuti da alti leggii, essi sembrano attendere un immaginario direttore, che dia vita ai suoni suggeriti dalle impronte dei semi.Per la realizzazione concreta delle opere più impegnative per grandez-za e materia Armanda ha anche uno studio-laboratorio presso i Navigli di Milano. Qui le sculture di grandi pro-porzioni si stagliano davanti alle gigan-tografie della loro stessa immagine, mentre ovunque sono sparsi catalo-ghi di svariate esposizioni.L’artista ama soprattutto creare in grandi spazi aperti, come quello di Montefiore nelle Marche. Si tratta di uno spazio attrezzato, che le permet-te di cogliere sempre nuova ispirazio-ne dalla natura circostante.Grazie agli scritti di critici come Lu-ciano Caramel, Riccardo Barletta, Sara Fontana... la poetica di Armanda è conosciuta da un vasto pubblico. Le loro recensioni sono conservate nello studio dell’artista, che, come la casa di campagna del “raccoglitore di libri” ,diventa luogo di meditazione e archi-vio d’arte e di conoscenza.

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Nella città moderna e votata al business, il Museo Arche-ologico contiene un’importante impronta del passato di Milano. Posto a pochi passi da Santa Maria delle Grazie e dal Cenacolo Vinciano, il mu-seo è collocato in un contesto architet-tonico straordinario, l’ex convento del Monastero Maggiore di San Maurizio, fondato nell’VIII secolo d.C., il cui chio-stro costituisce una perfetta cornice per l’ingresso al museo stesso. Le collezioni sono esposte in diverse sale a seconda della cultura di ap-partenenza: Grecia antica (Foto lun-ga di apertura), Etruschi, Gandhara, Alto Medioevo ma soprattutto Mi-lano antica, con numerosi reperti (foto mosaico) ma anche con resti di costruzioni quali la Torre Poligo-

nale e la Torre del Circo della fine del III secolo d.C. Le collezioni Egizia, di Preistoria e Protostoria sono

esposte nelle Sale Viscontee del Ca-stello Sforzesco. In ogni sezione sono presenti pannelli esplicativi che dan-no agli oggetti presentati una valenza non solo archeologica e storiografica, ma anche fortemente informativa e didattica.In ottica di dare maggior visibilità al Mu-seo Archeologico, il cui sito Internet ver-rà prossimamente rinnovato, sono state realizzate alcune Immagini Panoramiche a 360° delle diverse sezioni così da per-mettere una prima “visione virtuale”... un invito a visitare il museo stesso.

Fotografie realizzate da © Pietro Madaschi, Italy – www.360visio.com)

MILANO A 360°: IL MUSEO ARCHEOLOGICO

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Le radici di un’anima ho bisogno del contatto con il mondo dei sensi,/ del coraggio della deformi-tà, della vita senza diluenti no, gli artisti non devono correggere e migliorare,/ sono troppo piccoli, devono solo te-stimoniare.

Otto Dix

Vi sono vite di uomini segnate da una sciagurata fatalità di sofferen-za che sovrasta la diffusa asprezza del vivere e che negli artisti, dotati di più vulnerabile emotività, ac-centua la percezione di un dolo-re universale che si assomma alle penose vicissitudini individuali. An-drea Bovara ha retto con coraggio una predestinazione al sacrificio e, fronteggiando con tenacia le ag-gressioni della rara malattia che l’a-veva colpito, ha sublimato nell’arte il suo persistente patimento, espri-mendo una coinvolgente condi-visione per l’infelice condizione umana, senza toni nichilistici, senza recriminare, senza maledire la sor-te, diffondendo anzi intorno a sé il profumo di un’umanità generosa e intensa, soccorrevole e parteci-pe. Andrea Bovara si era dedica-to a studi di ingegneria, ma ave-va finito per consegnarsi alla sua vocazione più autentica, la pittura, iniziando da autodidatta e rispar-miandosi così, inconsapevolmente, la fuorviante frequentazione di

Accademie che non sanno più insegnare i ru-dimenti dell’arte e che illudono i giovani che ba-stino quattro scarabocchi o qualche chiazza di colore per fare arte. An-drea Bovara non ha barato, non ha imboccato scorciatoie frau-dolente per un rapido quanto effimero succes-so. È rimasto fe-dele alla migliore e più seria tradi-zione espressi-va, coltivando in lunghe ore di la-voro la sua inna-ta propensione al disegno, spe-rimentando e ri-cercando le tec-niche di pittura e i materiali a lui più congeniali, guardando a quel faro che è stato Renzo Vespigna-ni, ma elaborando un suo perso-nalissimo stile: formidabile chiave di trascrizione dei sentimenti più amari e segreti e di raffigurazione,

nella sua memorabile galleria di volti, dei più intensi e sconvolgenti stati d’animo che si impossessino degli umani. Nelle sue immagini di volti, tema prediletto insieme ai corpi che si propagano in molteplici rizomi alla ricerca di radicamento di affetti, si scoprono il disincanto preco-ce per la fugacità della bellezza, la sedimentazione del dolore con le sue tracce devastanti impres-se sulle fisionomie prima ancora che nelle anime, lo scoramento di rari momenti di disperazione, la beffarda crudeltà del sospetto e del dubbio, l’abbandono all’amara dolcezza della malinconia. Guar-dando le sue opere, ritroviamo lo sguardo accorato con cui Andrea Bovara osservava il mondo e quel senso di intelligente accettazione in cui si stempera ogni veemenza. E una volta ancora avvertiamo un moto di riconoscenza profondo per averci dimostrato che la vita va comunque vissuta, perché è vita.

Giovanni Serafini

ANDREA BOVARA

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MANIFESTO DEL MOVIMENTO ZEN IN ARTEkecheiria 28

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In Oriente lo zen ha profondamente influenzato il campo dell’arte dando origine a un’estetica raffinatissima che fa dell’essenzialità delle forme e dei cromatismi il tratto di distinzione im-mediatamente e universalmente rico-noscibile. La pittura giapponese a in-chiostro su carta, le lacche giapponesi e i giardini zen ne sono gli esempi più noti. Tuttavia il pensiero zen ha una valenza universale e noi riteniamo che la ricerca artistica, anche in Occi-dente, a maggior ragione in un mon-do globalizzato e in cui l’espressione artistica sembra soffrire una profonda crisi, non possa prescindere dal mes-saggio spirituale dello zen.

La creazione artistica parte da un luogo senza mente, dalla quiete in-teriore, ancor meglio, in questo stato nasce l’intuizione o impulso creativo che conduce l’artista a raggiungere il risultato estetico con immediatezza e spontaneità, senza elaborazioni e, nel-lo stesso tempo, con forte vitalità.Un pittore cinese una volta ebbe l’incarico di dipingere la capra pre-ferita dell’Imperatore. L’artista chiese la capra per poterla studiare. Dopo due anni l’Imperatore, sempre più im-paziente, chiese la restituzione della capra e notizie del dipinto. L’artista confessò di non averlo ancora fatto, e preso un pennello da inchiostro di-segnò otto tratti spontanei, creando la capra più perfetta negli annali della pittura cinese.Il pensiero che sottende le nostre opere è zen, essenzialmente, perché rappresentato dall’intuizione che di-venta consapevolezza del “qui e ora”, della possibilità di poter disporre uni-camente del momento presente. La semplicità di tale concetto contrasta con la difficoltà che si incontra nel farlo vivere, poiché presuppone la ca-pacità di controllare la mente portata a condurci nel passato o a proiettarci nel futuro, creando così labirinti e de-sideri illusori continui. Non accettiamo l’identificazione dell’essere umano con la propria mente che ha come conseguenza la trasformazione dei rapporti umani in fonte di dolore, dominati da pro-blemi e conflitti. Crediamo che la mente sia uno strumento dell’uomo, non l’uomo. Riconosciamo e accettia-mo la realtà di ogni situazione senza cercare di sfuggirvi o desiderare che

le cose siano diverse, crediamo che, con tale riconoscimento e accetta-zione dei fatti, si giunga a un grado di libertà dagli stessi. È questo “sa-pere” che crea uno spazio tranquil-lo nell’uomo che trasmuta in pace la mancanza di pace. Riteniamo di aver fatto esperienza di ciò e per questo lo affermiamo. Attraverso l’arte si fissa il momento creativo presente e se ne vuole pro-clamare tutta la sua incommensura-bile forza, espressione come è del divino esistente anche in ogni essere umano. L’artista esprime l’illuminazio-ne di un istante (l’atto creativo) in cui si pone in perfetta comunione con la natura nella sua essenza penetrando così la struttura profonda del mondo che lo circonda.

Ci riconosciamo nei sette principi dell’estetica zen come canonizzati dal maestro Schin’ichi Hisamatsu (1889-

1980) che caratterizzano l’opera d’arte secondo i canoni zen e preci-samente:1. fukinsei (asperità o asimmetria) che valorizza la peculiare bellezza dello spezzato, del diradato, dello sparito attraverso sottrazione, cancellazione di linee e di colori, spezzature di ma-teriali e di immagini; 2. kanso (sobrietà) che rifugge il com-plicato o il minuzioso, ricercando una bellezza solida, spontanea e semplice; 3. koko (austera dignità) che ricerca l’essenzialità nei segni ancestrali che affondano nella notte dei tempi; 4. shizen (naturalezza) che ricerca nella natura la propria ispirazione per coglierne l’intima essenza;5. Yugen (impenetrabilità, implicazio-ne) che attraverso il vuoto lascia spa-zio a una inesauribile immaginazione; 6. daisuzoku (libertà da ogni attacca-mento) che attraverso la libertà da ogni schema costituito ci consente di agire come in gioco e di superare gli attaccamenti e quindi gli impedimenti che da questi derivano; 7. seijaku (quiete) che attraverso la calma rilassata ci permette di cogliere l’essenza delle cose.

Ovviamente non tutte le opere ar-tistiche saranno manifestazione di questi principi nella stessa misura e intensità, ma ognuna dovrà potersi riconoscere come zen art, espres-sione che vuole indicare al contem-po, sia un’estetica ben precisa sia un metodo di creazione artistica.

Franca Franchi e Massimo Tosini

RAFAEL ESPADA29 Ekecheiria

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A Basilea Materie form strukturL’arte non può essere staticità, ma dinamismo, e seguire nel tempo l’attività artistica di Rafael Espada altro non ha fatto che rafforzare in noi questa certezza. Praticare arte è viaggiare due volte, dentro se stessi e attraverso il mondo, alla continua ricerca di stimoli e rivela-zioni. L’artista è perciò un nomade dello spirito, che cerca, attraverso il realizzarsi delle pulsioni espressive, la conferma di saper cogliere ciò che lo circonda per interpretarlo.Volendo peccare di eccesso di sintesi, Espada è un informale che unisce alle capacità di tecnica pitto-rica un creativo saper utilizzare l’esistente e, soprattutto, i suoi frammenti materici. Le opere partono da una ricerca lungo binari paralleli, quello concettuale e l’altro fisico, ciò che può colpire la sua attenzione. L’oggetto, che è vero oggetto o parte di esso, viene così salvato dal dissolvimento dell’ab-bandono per concorrere a diven-tare frammento d’arte.Nel fare questo, Espada associa alla capacità di utilizzare le tecni-che più disparate una sensibilità che gli consente di raggiungere risultati dalla piena godibilità visi-va. L’eleganza dei cromatismi fa da cornice alle materie, assimilandole in contesti dalla ricercatezza rea-lizzativa. Sono opere né di pittura né di scultura, ma sintesi finalizzata a un risultato estetico. Espada si serve di strutture che siano com-patibili con le sue rielaborazioni, e non conta se siano di origine na-turale o costruite dall’uomo per fini raggiunti e superati, insomma scarti.Il risultato è un insieme dalla significativa raffinatezza, che può essere ap-prezzato, discus-so, ma certo an-che assimilato in qualsiasi contesto ambientale, come la personale Ma-terie form struktur che dal 28 agosto al 18 settembre presso la presti-giosa galleria di Basilea, artgallery 106, ci metterà nelle condizioni di verificare.

Giovanni Chiara

In Basel Materie form StrukturDie Kunst kann nicht Statik sein, sondern Dynamik, und über die Zeit die künstlerische Tätigkeit von Rafael Espada zu verfolgen, führte zu nichts anderem als in uns diese Überzeugung zu stärken. Kunst zu schaffen heißt zweimal reisen, in sich selbst hi-nein und quer durch die Welt, auf der ständigen Suche nach Anregungen und Offenbarungen. Der Künstler ist deshalb ein No-made des Geistes, der, über die Selbstverwirklichung in seinem Ausdruckstreben, die Bestätigung sucht, das ernten zu wissen, was

ihn umgibt, um es zu darzustellen.In dem Willen, im Exzess der Synthese zu sündigen, ist Es-pada ein Informaler, der die Fähigkeit malerischer Technik mit dem kreativen Wissen um den Gebrauch des Existie-

renden vereinigt, und insbesonde-re, seiner materiellen Fragmente. Die Werke gehen von einer Su-che entlang paralleler Bahnen aus, der konzeptuellen und der an-deren physischen, welche immer seine Wahrnehmung treffen kann. Der Gegenstand, der wirklich Ge-genstand oder ein Bestandteil sei-ner ist, wird dadurch vor Zerstö-rung des Aufgegebenen gerettet, um möglicherweise ein Teilchen der Kunst zu werden.Mit dieser Handlungsweise ver-bindet Espada die Fähigkeit zur Verwendung unterschiedlichster Techniken mit Empfindsamkeit, was ihm das Erreichen von Er-

gebnissen höchster visueller Nutzbarkeit ermöglicht. Die Eleganz der Farbigkeit herrscht vom Rand bis ins Bildma-terial, vereinigt in Kontexten verwirklichten Suchens. Es

sind Werke weder der Malerei noch der Skulptur, sondern Synthesen, zu einer ästhetischen Lösung vollendet. Espada bedient sich der Strukturen, die mit seiner Neuschöpfung vereinbar sind, wobei es nicht darauf ankommt, ob sie natürlichen Ur-sprungs oder vom Menschen für bestimmte Zwe-cke konstruiert und danach überflüssig, kurz Abfall sind.Das Resultat ist ein Ganzes von bezeichnender Raffiniertheit, das geschätzt, diskutiert, aber sicher auch assimiliert werden kann in jedwelchem um-gebenden Kontext, wie in der persönlichen Ein-zelausstellung „ Materie Form Struktur“, die vom 28. August bis zum 18. September 2014 in der renommierten Basler Gallerie „art gallery 106“ stattfindet, was einen in die Lage einer persönli-chen Überprüfung versetzt.

(deutsche Übersetzung Christoph Leon)

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Organigramma AssociazioneSede: Galleria Vittorio Emanuele II, 1220121 Milano

PresidenteGiacomo Lodetti - Libreria Bocca 1775 - MI

Vicepresidente e Segretario GeneraleVincenzo Orieti - Libreria Tombolini - RM

ConsiglieriLuigi Calabrese - Libreria Prampolini - CTMario Cerne - Libreria Umberto Saba -TSGiacomo Lodetti - Libreria Bocca 1775 - MIMaurizio Malavasi - Libreria Malavasi - MIVincenzo Orieti - Libreria Tombolini - RM

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Consulente LegaleAvvocato Pietro Santoro

Il Codice AtlanticoLeonardo e... le “bone herbizine”

Si, è una foglia di salvia, nient’altro: ma è li che si trova, lì, in una pagina del Codice Atlantico. La mano del genio di Vinci ne ha fatto un ritratto straor-dinario: in bianco e nero, per di più. Una foglia appena colta che conser-va ancora il filamento del gambo da cui proviene: potremmo avvicinarci e percepirne il profumo... Peccato che fra noi e lei si frappongano 500 anni di vita, di vite... Si affollano alla memo-ria le sensazioni che mi danno i dise-gni di Leonardo a soggetto vegetale: un grande senso di freschezza verde, la scoperta fissata per sempre sulla carta, col terrore che il fiore possa appassire e il profumo svanire. Fiori che sono già così belli e perfetti che non hanno neppure bisogno del co-lore per affermare “io vivo”. E infatti sono eterni.Leonardo, davvero appassionato della Natura e del ben vivere: e ben vive-re significa anche ben nutrirsi. Forse anche un poco goloso, se si esprime così: «De’ 5 sensi vedere, udire, odo-rato sono di poca proibizione; tatto e gusto no». Ossia: «posso fare a meno di tutto ma non toglietemi la gioia di toccare e gustare».«Per fare salza verde, piglia petro-seno, serpillo, uno poco de biette e altre Bone herBizine...» Così Maestro Martino da Como, il Re dei cuochi del secolo XV, descrive la ricchezza degli orti che confluisce nella preparazione di una salsetta da gustarsi su crostini.E il Nostro deve averne gustate pa-recchie di herBizine; lui nato nel verde della campagna toscana, lui che os-serva ogni filo d’erba per “farne espe-rienza”, lui che è sempre vissuto in luoghi dove il piacere della tavola vie-ne esaltato dagli aromi più raffinati...Leonardo apprezzava il cibo, come i begli abiti, la buona compagnia e il far musica fra amici e tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Godeva del sapore di una ricetta spa-

gnola o toscana, esattamente come apprezzava il paesaggio lombardo, o un profilo di donna, o il profumo di un fiore che si apprestava a schizzare su pergamena o su tavola, o su tela.C’è una ricetta che sicuramente il Nostro assaggiò quando, in gioventù, capitò presso i palazzi della famiglia de’ Medici, o di altri nobili fiorentini che esercitavano diritti speciali sulla Cattedrale. A Natale, essi si vedevano recapitare a domicilio un pasto rituale offerto dall’arcivescovo; larghi taglieri di materiale nobile sui quali poggia-vano grandi porzioni di carne bollita, di arrosti e di “tredura”. È un piatto di umili porri insaporiti con pancet-ta, ma “colorati” con zafferano: giallo era sinonimo di oro, e mangiare l’oro avrebbe dovuto portare all’Immortali-tà. Un accostamento molto indicato al giorno in cui si celebrava la discesa fra gli uomini del Figlio del Dio della Luce.

T R E D U R APer 4 persone: 4 grossi porri, 3 uova, 200 grammi di carne di maiale maci-nata, 50 grammi di lardo, 70 grammi di mollica di pan raffermo, 1 bustina di zafferano, sale, pepe nero, pangrat-tato, latte q.b.

TAGLIATE la parte verde dei por-ri conservando la parte bianca che taglierete in due per il lungo.Tuffate-li per 5 minuti nell’acqua bollente e, intanto, ammollate la mollica nel latte.Levateli dall’acqua “al dente” poi insa-poriteli per qualche minuto nel lardo ben caldo, salandoli il giusto. Levateli e teneteli in caldo mentre rosolate nel lardo la carne macinata: aggiustate di pepe, mescolatela con la mollica di pane ben strizzata e 2 uova sbattute.Disponete il tutto sopra i porri pre-ventivamente sistemati in una pirofila imburrata e spolverata di pangratta-to. Sbattete l’uovo rimasto con sale e zafferano, versatelo su tutto il resto e infornate per circa 10 minuti. Ser-vite caldo, magari con un buon rosso brioso.

Giovanna Motta

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