Editoria cattolica, fra crisi e successi C D

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a Casa del Giovane è una palestra di slanci in avanti e sfide al cambiamento, una comunità di persone in marcia, alla ricerca della propria dignità, condividendo gioie, dolori, amore, emozioni che ci consegnano al reale che dobbiamo costruire intorno per vivere una buona vita. Persino nel momento della scomparsa del giovane Franci, sbalzato via nel fragore di un botto, di una moto frantumata, ricordo bene le sue grida di gioia nel piazzale della comunità, i calci al pallone, le sue difficoltà e le sue speranze, il suo coraggio e la sua onestà, quell’integrità morale che molto ha da insegnare ai grandi. Caro Franci, stento ancora a credere che sei andato da Gesù così di buon passo. Rammento la tua curiosità, la tua calma veloce, disegnata nello sguardo chiaro di quei tuoi occhi belli che non verranno mai meno. Se penso alla tua caparbietà intelligente, una volta di più mi rendo conto che nel tragitto che ci ha visti camminare insieme, sei stato tu a insegnarmi che si cresce, si migliora, si diventa uomini insieme. Come non sentire le gambe tremare e il cuore fermarsi, nel pensarti con gli occhi reclinati, come non rimanere pensosi rileggendo la tua storia? È difficile ricucire lo strappo causato da questo maledetto incidente, superare il male al cuore che imprigiona la pietà, ma nuovamente ritorna in aiuto la tua amicizia, la tua presenza in questi anni di reciprocità, per non avere a che fare con i tanti scempi che ci vengono addosso, per non tralasciare di rimarcare il valore di esempi come il tuo, che danno speranza ed energie a tanti educatori, a tante famiglie, a tanti tuoi coetanei in attesa di una chiamata, di un ascolto, di un po’ di tempo per entrare nella tua storia, confermando che c’è sempre la possibilità di rialzarci, di riprendere a camminare. La tua storia deve insegnarci a non avere timore a intraprendere la salita, ad affidarsi, come te, con fiducia agli altri, a coloro che ti hanno voluto bene e te ne vorranno sempre alla Casa del Giovane. Giovane amico, nello strazio di tante persone, le parole lette durante la funzione funebre in un sussurro, si sono messe a ballare, come a voler interdire il dolore con una danza e una poesia del silenzio, una pausa di amore infinito che non smetterà mai di alzare la mano in un saluto. Caro Franci, sei parte di quel passato che è solamente il prologo per tante vite che bussano in questi laboratori e in queste case, in questo stile di vita diventato anche il tuo, nell’impegno e nella fatica quotidiana. L SULL’INFORTUNIO DI PAPA BENEDETTO Caro Direttore, sono grata ad Avvenire per i servizi sul Papa, e soprattutto sull’infortu- nio che gli è capitato (che non è poi tanto piccolo). Sinceramente non sono d’accordo col lettore che giu- dica eccessivo lo spazio dedicato. D’altra parte, Benedetto XVI è mol- to discreto e riservato e non è faci- le, credo, fare lunghi servizi su di lui, a parte casi eccezionali. Grazie. Antonella Lignani «SQUILLOPOLI» E DECADENZA NAZIONALE Caro Direttore, questa è la prima lettera che scrivo a un giornale. È la prima lettera, ma si fa scrivere da sola perché dà pa- role a una sensazione di decadenza che in questi giorni provo frequen- temente guardando i telegiornali, leggendo i giornali. Nelle ultime set- timane è venuta a galla una realtà relativa alla classe dirigente del no- stro Paese e al nostro presidente del Consiglio davvero imbarazzante. In una sola vicenda si concentra la rap- presentazione di tutti quei dis-va- lori che, pur presenti, sono comun- que diluiti e compensati dai valori positivi che ancora risiedono nel po- polo italiano. Una squillopoli, che vede coinvolto il primo rappresen- tante di tutta la nazione, getta le ba- si e crea il precedente per una legit- timazione del vivere amorale. Que- sto perché, una figura di riferimen- to qual è il presidente del Consiglio non ha saputo essere all’altezza del ruolo istituzionale che riveste, né degno dal punto di vista morale del- la fiducia accordatagli dagli italiani. Come possiamo sperare che la no- stra società faccia propri i valori del- la giustizia, della dignità della per- sona, della cura del più debole, del- la nobiltà del lavoro, della compe- tenza, della perseveranza, della par- tecipazione, della sincerità, della lealtà, il valore della lenta costru- zione dell’edificio "persona"? Cer- co delle risposte in quanto giovane, donna, cittadina italiana. Dove si colloca la coerenza di un uomo po- litico che si schiera a favore delle pa- ri opportunità, e poi viene definito dal suo legale «utilizzatore finale» (di corpi di donna)? Infine dove si colloca la coerenza di un uomo po- litico che si schiera a favore del be- ne comune, che poi usa gli aerei di Stato per esaudire in buona com- pagnia i suoi pruriti «piccanti» e le sue fantasie viziate da settantenne, e poi usa le leggi del nostro Stato per rendere tutto ciò lecito o non inda- gabile! A queste domande vorrei a- vere risposta dagli italiani. Dalle i- taliane. Dove siamo, italiane? Maddalena Tonon Treviso LE INSOLENZE DI RAI3 E DELLA SINISTRA Caro Direttore, è molto semplice contare i gatti in casa d’altri, specie quando questi ri- schiano di non arrivare neppure a quattro. Telekabul, alias Rai3, è no- ta per essere la più sinistrorsa tra tutte le reti nazionali e si sa che l’in- solenza delle sinistre nei confronti della religione cattolica (per par condicio o anche solo per coraggio, dovrebbero avere lo stesso atteggia- mento nei confronti dell’islam) è al- quanto diffusa. Basta infatti ricor- dare la prima pagina del Manifesto che titolava «Pastore tedesco» al- l’indomani dell’elezione di Papa Ratzinger per avere un’idea della lo- ro mancanza di rispetto. Si tratta quindi di maleducazione o di man- canza di tatto. Da tempo le manife- stazioni di una certa parte politica faticano a riempire le piazze e si ar- riva a taroccare le cifre pur di mo- strare numeri che non esistono, le inquadrature dal basso ad altezza d’uomo (e non dall’alto) sono le più utilizzate per dare l’illusione di un affollamento che non c’è. È l’invidia che fa brutti scherzi, anche le sini- stre vorrebbero avere i fatidici quat- tro gatti da esibire, peccato che di questi tempi non ce la facciano pro- prio, al punto che l’unica occasione che gli stessi sindacati hanno per riempire le piazze è il concerto del primo maggio, da tempo non più u- na manifestazione ma un concerto gratis. Margherita Capanna Alagna Valsesia (Vc) MANO D’OPERA STRANIERA E MISERIA DEGLI AGRICOLTORI Caro Direttore, in Africa ci sono 300 milioni di po- tenziali aventi diritto all’asilo poli- tico. Nei regimi tirannici basta scri- vere sul muro «governo ladro» per venire incarcerati e perseguitati, quindi avere diritto di asilo. Può l’I- talia ricevere un così gran numero di disperati che fuggono dalla miseria prodotta dall’avidità dei loro gover- nanti e per le guerre da essi scate- nate, facendo appello al diritto di a- silo? Può l’Italia (perché qui sbarca- no – non in Europa – e qui molti si fermano) dare lavoro, sanità, case ecc... a tutti?. Se non abbiamo ri- sorse per offrire tutto ciò, è facile che poi essi delinquano. Se sì, allo- ra, perché non inviare nei loro por- ti migliaia di navi e dare a tutti, non a quelli che hanno i soldi per paga- re i trafficanti, la possibilità di veni- re in Italia? Sembra un paradosso, ma è così. Nel Meridione, l’impor- tazione senza dazi dai Paesi del Ter- zo Mondo ha portato alla miseria tantissimi agricoltori. In compenso la media borghesia italiana compra il cibo a minor prezzo. Tutti pensa- no ai potenziali richiedenti asilo, nessuno ai nostri agricoltori che si suicidano non potendo più mante- nere le loro famiglie. È terribile! Giovanni Alesi IMMIGRAZIONE: UN’ESPERIENZA SVIZZERA Caro Direttore, vorrei fornire un dato concreto a quanti devono affrontare, anche sull’onda delle decisioni del gover- no, il dibattito sulla delicata que- stione dell’immigrazione. Ho re- centemente accompagnato (in qua- lità di nonno) mia figlia e mio nipo- te che si recavano a Neuchatel per una settimana, per ragioni di lavo- ro di mia figlia. Preciso che mia fi- glia e mio nipote abitano usual- mente in Svizzera, e hanno il per- messo di soggiorno. Orbene, quat- tro giorni dopo il nostro arrivo, un funzionario della città ha suonato alla porta, mi ha mostrato il suo tes- serino, mi ha chiesto se avevo le per- mis de séjour. E io, nel mio francese gesticolante, a spiegargli che non ce l’ho, e che per una sola settimana e- ro in regola lo stesso. Lui prendeva nota. Perché, evidentemente, in quei Paesi ci tengono a governare il territorio e ad essere aggiornati. Se ci sono buone ragioni (devono es- serci) lo straniero può essere even- tualmente accolto come «asilante». Fausto Greco Milano DISABILI IN VACANZA: LA VERITÀ DEI FATTI Caro Direttore, la lettera «Disabili in vacanza…», fir- mata Lisa sul Forum di venerdì 17, e il suo commento, mi hanno la- sciato insoddisfatto per la carenza di importanti informazioni di base. Se l’intento della pubblicazione era quello, educativo, del rafforzamen- to del senso di solidarietà civile e cristiana verso gli emarginati, que- sta può apparire a prima vista più che lodevole, e con la tipologia dei lettori di Avvenire non può far altro che sfondare una porta aperta. Ma proprio perché i lettori di Avvenire sono ben orientati per definizione, mi sembra troppo scarna la crona- ca dei fatti riportata per fare del mo- ralismo fine a se stesso. Si parla di due mesi di frequentazione giorna- liera di un bar in una spiaggia all’i- sola d’Elba da parte di un gruppo di ragazzini con problemi mentali. Due mesi, non due giorni. Non vie- ne detto nulla su eventuali «proble- mi» comportamentali sorti, del tut- to verosimili in un contesto del ge- nere, né se la professionalità/dedi- zione degli accompagnatori dei pic- coli fosse perfettamente all’altezza del compito. Non si sa se il bar ha vi- sto, dopo due mesi, ridurre drasti- camente l’afflusso dei clienti, che dal punto di vista economico equi- varrebbe a una stagione estiva fred- da e piovosa, con l’aggravante ma- gari di una nomea di «bar dei mat- ti» difficile da scrollarsi di dosso a stagione finita. In sostanza, nulla si dice sulla «tenuta» del bar in sé nel- la vicenda. Il biasimo in questi casi deve essere espresso per mantener- ci a livelli minimi di civiltà, anche in carenza di notizie: l’autodifesa de- gli albergatori addurrà le sue ragio- ni, se ne avrà. In questo caso, mi pa- re che quei 60 giorni di accoglienza avrebbero dovuto conferire alla stanca barista qualche merito. Paolo Giardini Ferrara MERCOLEDÌ 22 LUGLIO 2009 33 TARIFFE PUBBLICITÀ in euro a modulo* mm 39 x 29,5 EDIZIONE NAZIONALE FERIALE FESTIVO COMMERCIALE* 375,00 562,00 FINANZIARI, LEGALI, SENTENZE* 335,00 469,00 FINESTRA 1ª PAGINA 72X92 2.894,00 3.820,00 FINESTRELLE AGORÀ/CATHOLICA 39X92 1.601,00 2.065,83 EDIZIONE MI/LOMBARDIA FERIALE FESTIVO COMMERCIALE 95,00 117,00 BUONE NOTIZIE e NECROLOGI e-mail: [email protected] per fax allo (02) 6780.202; tel. 6780.201 / (02) 6780.1; si ricevono dalle ore 14 alle 19.30. 3,50 a parola + Iva Solo necrologie: adesioni 5,10 a parola + Iva; con croce 22,00 + Iva; con foto 42.00 + Iva; (02) L’editore si riserva il diritto di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo e qualsiasi inserzione CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ PUBLICINQUE via Fattori 3/c - Torino - Tel. (011) 33.50.411 Ufficio di Milano: Tel. (02) 66.95.279 ABBONAMENTI QUOTE ANNUALI PER L’ITALIA 6 NUMERI SETTIMANALI 250,00 CON “NOI” E “LUOGHI” 6 NUMERI SETTIMANALI 234,00 CON “NOI” 1 NUMERO SETTIMANALE 48,00 2 NUMERI SETTIMANALI 78,00 CON “POPOTUS” (GIOVEDÌ E SABATO) AVVENIRE + LUOGHI 20,00 PRIMO MARTEDÌ DEL MESE (11 numeri all’anno) AVVENIRE + NOI 15,00 ULTIMA DOMENICA MESE (11 numeri all’anno) CONTO CORRENTE POSTALE ABBONAMENTI N. 6270 INTESTATO AD «AVVENIRE» INFORMATIVA ABBONATI Ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. 196 del 2003, La informiamo che i Suoi dati personali verranno trattati con modalità informa- tiche o manuali per l’invio di Avvenire. I suoi dati non verranno diffusi, potranno essere comunicati a terzi incaricati per servizi per la spedizione. Per l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003 può rivolgersi al Titolare dei trattamenti scrivendo ad Avvenire N.E.I. s.p.a. Piazza Carbonari, 3, 20125 Mi- lano o al responsabile scrivendo a F. Moro all’indirizzo pri- [email protected]. Dalla sua lettera, caro Pesce, traspare un amore autentico a quel tesoro di cultura che deriva dalla fede. Amore che la urge a porre delle domande impegnative, attualissime. Lei scrive di uno «stallo di circolazione». Sul concetto di circolazione bisogna però intendersi: se con questa si intende la «visibilità» sui media laici, sulle terze pagine dei quotidiani o negli spazi di approfondimento culturale televisivi e radiofonici, è chiaro che lì c’è indubbiamente una «resistenza» dovuta alla formazione e alla sensibilità di chi dirige quei media, nonché a consolidate dinamiche commerciali (cioè il peso preponderante che nelle case editrici hanno i prodotti generalisti e legati ai consumi di massa). «Sfondare» un simile muro non è certo cosa di poco conto, o di breve periodo (d’altra parte bisogna imparare a non sopravvalutare certe «vetrine» mediatiche). Ciò detto, le sue impressioni non sono prive di fondamento. La ricchezza culturale del magistero di Papa Ratzinger, se da un lato è un formidabile impulso a impegnarsi su questa strada – quella appunto della cultura (università, scienza, ricerca, arti) – dall’altra mette anche in luce un certo ritardo del mondo cattolico; ritardo che, tra parentesi, è quello su cui la Cei ha richiamato l’attenzione nell’ultimo quindicennio, lanciando il «Progetto culturale». Una perdita di terreno che è spesso dovuta a un’attrazione – che diviene subalternità – rispetto a quanto produce il mondo secolarizzato, dimenticando di tesori del passato o le tante intelligenze di vaglia che noi credenti abbiamo «in casa». Ma la realtà non è tutta a tinte fosche, anzi. Un’indagine conoscitiva commissionata della Uelci, l’unione degli editori cattolici, che verrà ufficialmente resa nota a settembre e di cui abbiamo anticipato alcuni dati su Agorà di mercoledì scorso, mette in luce un elemento che fa davvero pensare: a fronte di una sofferenza generalizzata dell’editoria causata dalla crisi economica e forse anche dalla scarsità di idee nuove, la richiesta di libri religiosi è invece in aumento, e risulta uno dei pochi segmenti editoriali che negli ultimi anni ha conservato il segno "+ ", grazie a una fascia di lettori nuova e interessante, di età compresa tra i 30 e 45 anni e di buona scolarizzazione. Un paradosso? Certo un dato che indica come ci siano tutti i presupposti per investire con successo nell’ambito della cultura cattolica, ma come ci sia anche bisogno di lavorare ancora molto, magari partendo da questioni strategiche quali la rete distributiva e la necessità di un marketing più «accattivante». C aro Direttore, ho appena finito di rileggere le encicliche e alcuni discorsi – quello di Ratisbona e quello, mancato, alla Sapienza – che il nostro amato Pontefice ha diretto alla Chiesa e, per chi ha orecchi, a tutti gli uomini di buona volontà. Pian piano capiamo perché Giovanni Paolo II, di venerata memoria, si tenne accanto per quasi tutto il suo pontificato quel cardinale, sempre incline a tornare ai suoi studi e ai suoi luoghi in Baviera. Un Papa che interroga il mondo, secondo quel logos che il mondo, nelle sue accademie – onestamente, queste pure malconce, soppiantate dalla «cultura» dei talk show – dice di coltivare. Ma, mi chiedo, la sua Sposa, la Chiesa, è pronta per seguirlo? Parliamo della formazione, dell’impegno culturale dei cattolici: come possiamo uscire da quello che mi pare uno stallo di circolazione? Le nostre case editrici pubblicano con grave impegno opere scientificamente rigorose, e penso agli scritti di Tommaso d’Aquino, di Rosmini, di Lonergan, ma poi, dato il prezzo, non si riesce a mettere questi libri in circolo, non si riesce a farli diventare motivo di discussione e di dibattito. Unico best-seller a far eccezione, tra i grandi, è sant’Agostino, ma rimangono quasi del tutto sconosciuti i Padri, molti altri scolastici (Scoto, per esempio), tantissimi moderni e contemporanei. E perfino di Maritain iniziano a scarseggiare le pubblicazioni. E solo un momento di stanchezza? O, forse, ci stiamo adeguando all’andazzo di una cultura debole? Strano, perché l’associazionismo cattolico (nei movimenti, nelle parrocchie) sta facendo tanto... Antonio Giovanni Pesce Motta Sant’Anastasia (Ct) Editoria cattolica, fra crisi e successi a voi la parola Ricordo di Franci, morto in moto Il direttore risponde assolino a lungo nella scarpa: "Manifesto" (30/6, p. 6) con accusa: «8 per mille: solo un quinto dei soldi va davvero ai poveri. Il contributo usato dalla Chiesa per pagare la pubblicità». Foto che punta l’indice contro padre Raniero Cantalamessa ed il programma Rai «A sua immagine», e pezzo di Luca Kocci che confronta la Chiesa cattolica e quella valdese. Uno scandalo, evidenziato sia nel pezzo che in un box annesso, è che «in pubblicità per l’8 per mille la Cei lo scorso anno ha speso quasi 22 milioni di euro», mentre la Chiesa valdese ne ha spesi solo 500.000! Ovvio che nel caso la Chiesa valdese è del tutto innocente, ma se ci pensi un po’ trovi che essa in pubblicità spende un quattordicesimo degli introiti del suo 8 per mille, mentre quella cattolica solo un cinquantesimo. E così l’articolo accusatorio diventa un boomerang, pur piccolo, con capitombolo assicurato all’autore. Capita anche più in grande. Domenica per esempio su "Repubblica" – p. 22, «Quando il fondoschiena andò in prima pagina» – Augias bacchetta con ragione «il sessismo in Italia, dove trionfano veline e donne nude». Giusto, ma stessa "Repubblica", titolo a tutta p. 27: «Sexy girls, le tendenze… Cubista style. Il guardaroba mini delle ragazze show», con 13 esemplificazioni in foto. E il giorno prima «la Repubblica delle donne» già in copertina promette tutta un’esibizione: «Teenager troppo sexy, Lolite feticcio, Vacanze edonistiche, immagini porno soft» ecc. Tutto il numero trabocca di pubblicità e articoli con corpi di donne «nature» squadernati a piacimento. Insmma: qui lo nego e qui lo dico. Vero boomerang… S lupus in pagina Boomerang: da prediche e moralismi vari Rosso Malpelo di Gianni Gennari SERVIZIO GESTIONE ABBONAMENTI Per modifiche anagrafiche e situazione ammi- nistrativa del proprio abbonamento Numero verde 800820084 dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.00 (da lunedì a venerdì) e-mail: [email protected] SERVIZIO ARRETRATI Per ordini e informazioni sugli arretrati Numero di telefono 02/6780362 dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.00 (da lunedì a venerdì) e-mail: [email protected] PREZZI ARRETRATI: Avvenire 2,00 cad. Avvenire più Noi Genitori e Figli 3,00 cad. Avvenire più Luoghi dell’Infinito 4,00 cad. Sped. in abb. post. 45% - art. 2 comma 20/B – legge 662/96 - Milano INFORMAZIONI E NUOVI ABBONAMENTI Per informazioni e nuovi abbonamenti Numero verde 800268083 dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.00 (da lunedì a venerdì) e-mail: [email protected] Servizio Clienti Avvenire di Vincenzo Andraous primo raggio

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a Casa del Giovane è unapalestra di slanci in avanti esfide al cambiamento, una

comunità di persone in marcia, allaricerca della propria dignità,condividendo gioie, dolori, amore,emozioni che ci consegnano alreale che dobbiamo costruireintorno per vivere una buona vita.Persino nel momento dellascomparsa del giovane Franci,sbalzato via nel fragore di un botto,di una moto frantumata, ricordobene le sue grida di gioia nelpiazzale della comunità, i calci alpallone, le sue difficoltà e le suesperanze, il suo coraggio e la sua

onestà, quell’integrità morale chemolto ha da insegnare ai grandi.Caro Franci, stento ancora acredere che sei andato da Gesù cosìdi buon passo. Rammento la tuacuriosità, la tua calma veloce,disegnata nello sguardo chiaro diquei tuoi occhi belli che nonverranno mai meno. Se penso allatua caparbietà intelligente, unavolta di più mi rendo conto che neltragitto che ci ha visti camminareinsieme, sei stato tu a insegnarmiche si cresce, si migliora, si diventauomini insieme. Come non sentirele gambe tremare e il cuorefermarsi, nel pensarti con gli occhireclinati, come non rimanerepensosi rileggendo la tua storia? Èdifficile ricucire lo strappo causato

da questo maledetto incidente,superare il male al cuore cheimprigiona la pietà, manuovamente ritorna in aiuto la tuaamicizia, la tua presenza in questianni di reciprocità, per non avere ache fare con i tanti scempi che civengono addosso, per nontralasciare di rimarcare il valore diesempi come il tuo, che dannosperanza ed energie a tantieducatori, a tante famiglie, a tantituoi coetanei in attesa di unachiamata, di un ascolto, di un po’di tempo per entrare nella tuastoria, confermando che c’èsempre la possibilità di rialzarci, diriprendere a camminare. La tuastoria deve insegnarci a non averetimore a intraprendere la salita, ad

affidarsi, come te, con fiducia aglialtri, a coloro che ti hanno volutobene e te ne vorranno sempre allaCasa del Giovane.Giovane amico, nello strazio ditante persone, le parole lettedurante la funzione funebre in unsussurro, si sono messe a ballare,come a voler interdire il dolore conuna danza e una poesia delsilenzio, una pausa di amoreinfinito che non smetterà mai dialzare la mano in un saluto.Caro Franci, sei parte di quelpassato che è solamente il prologoper tante vite che bussano in questilaboratori e in queste case, inquesto stile di vita diventato ancheil tuo, nell’impegno e nella faticaquotidiana.

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SULL’INFORTUNIODI PAPA BENEDETTOCaro Direttore,sono grata ad Avvenire per i servizisul Papa, e soprattutto sull’infortu-nio che gli è capitato (che non è poitanto piccolo). Sinceramente nonsono d’accordo col lettore che giu-dica eccessivo lo spazio dedicato.D’altra parte, Benedetto XVI è mol-to discreto e riservato e non è faci-le, credo, fare lunghi servizi su di lui,a parte casi eccezionali. Grazie.

Antonella Lignani

«SQUILLOPOLI»E DECADENZA NAZIONALECaro Direttore,questa è la prima lettera che scrivoa un giornale. È la prima lettera, masi fa scrivere da sola perché dà pa-role a una sensazione di decadenzache in questi giorni provo frequen-temente guardando i telegiornali,leggendo i giornali. Nelle ultime set-timane è venuta a galla una realtàrelativa alla classe dirigente del no-stro Paese e al nostro presidente delConsiglio davvero imbarazzante. Inuna sola vicenda si concentra la rap-presentazione di tutti quei dis-va-lori che, pur presenti, sono comun-que diluiti e compensati dai valoripositivi che ancora risiedono nel po-polo italiano. Una squillopoli, chevede coinvolto il primo rappresen-tante di tutta la nazione, getta le ba-si e crea il precedente per una legit-timazione del vivere amorale. Que-sto perché, una figura di riferimen-

to qual è il presidente del Consiglionon ha saputo essere all’altezza delruolo istituzionale che riveste, nédegno dal punto di vista morale del-la fiducia accordatagli dagli italiani.Come possiamo sperare che la no-stra società faccia propri i valori del-la giustizia, della dignità della per-sona, della cura del più debole, del-la nobiltà del lavoro, della compe-tenza, della perseveranza, della par-tecipazione, della sincerità, dellalealtà, il valore della lenta costru-zione dell’edificio "persona"? Cer-co delle risposte in quanto giovane,donna, cittadina italiana. Dove sicolloca la coerenza di un uomo po-litico che si schiera a favore delle pa-ri opportunità, e poi viene definitodal suo legale «utilizzatore finale»(di corpi di donna)? Infine dove sicolloca la coerenza di un uomo po-litico che si schiera a favore del be-ne comune, che poi usa gli aerei diStato per esaudire in buona com-pagnia i suoi pruriti «piccanti» e lesue fantasie viziate da settantenne,e poi usa le leggi del nostro Stato perrendere tutto ciò lecito o non inda-gabile! A queste domande vorrei a-vere risposta dagli italiani. Dalle i-taliane. Dove siamo, italiane?

Maddalena TononTreviso

LE INSOLENZEDI RAI3 E DELLA SINISTRACaro Direttore,è molto semplice contare i gatti incasa d’altri, specie quando questi ri-schiano di non arrivare neppure aquattro. Telekabul, alias Rai3, è no-ta per essere la più sinistrorsa tratutte le reti nazionali e si sa che l’in-solenza delle sinistre nei confrontidella religione cattolica (per parcondicio o anche solo per coraggio,

dovrebbero avere lo stesso atteggia-mento nei confronti dell’islam) è al-quanto diffusa. Basta infatti ricor-dare la prima pagina del Manifestoche titolava «Pastore tedesco» al-l’indomani dell’elezione di PapaRatzinger per avere un’idea della lo-ro mancanza di rispetto. Si trattaquindi di maleducazione o di man-canza di tatto. Da tempo le manife-stazioni di una certa parte politicafaticano a riempire le piazze e si ar-riva a taroccare le cifre pur di mo-strare numeri che non esistono, leinquadrature dal basso ad altezzad’uomo (e non dall’alto) sono le piùutilizzate per dare l’illusione di unaffollamento che non c’è. È l’invidiache fa brutti scherzi, anche le sini-stre vorrebbero avere i fatidici quat-tro gatti da esibire, peccato che diquesti tempi non ce la facciano pro-prio, al punto che l’unica occasioneche gli stessi sindacati hanno perriempire le piazze è il concerto delprimo maggio, da tempo non più u-na manifestazione ma un concertogratis.

Margherita Capanna Alagna Valsesia (Vc)

MANO D’OPERA STRANIERAE MISERIA DEGLI AGRICOLTORICaro Direttore,in Africa ci sono 300 milioni di po-tenziali aventi diritto all’asilo poli-tico. Nei regimi tirannici basta scri-vere sul muro «governo ladro» pervenire incarcerati e perseguitati,quindi avere diritto di asilo. Può l’I-talia ricevere un così gran numero didisperati che fuggono dalla miseriaprodotta dall’avidità dei loro gover-nanti e per le guerre da essi scate-nate, facendo appello al diritto di a-silo? Può l’Italia (perché qui sbarca-no – non in Europa – e qui molti si

fermano) dare lavoro, sanità, caseecc... a tutti?. Se non abbiamo ri-sorse per offrire tutto ciò, è facileche poi essi delinquano. Se sì, allo-ra, perché non inviare nei loro por-ti migliaia di navi e dare a tutti, nona quelli che hanno i soldi per paga-re i trafficanti, la possibilità di veni-re in Italia? Sembra un paradosso,ma è così. Nel Meridione, l’impor-tazione senza dazi dai Paesi del Ter-zo Mondo ha portato alla miseriatantissimi agricoltori. In compensola media borghesia italiana comprail cibo a minor prezzo. Tutti pensa-no ai potenziali richiedenti asilo,nessuno ai nostri agricoltori che sisuicidano non potendo più mante-nere le loro famiglie. È terribile!

Giovanni Alesi

IMMIGRAZIONE:UN’ESPERIENZA SVIZZERACaro Direttore,vorrei fornire un dato concreto aquanti devono affrontare, anchesull’onda delle decisioni del gover-no, il dibattito sulla delicata que-stione dell’immigrazione. Ho re-centemente accompagnato (in qua-lità di nonno) mia figlia e mio nipo-te che si recavano a Neuchatel peruna settimana, per ragioni di lavo-ro di mia figlia. Preciso che mia fi-glia e mio nipote abitano usual-mente in Svizzera, e hanno il per-messo di soggiorno. Orbene, quat-tro giorni dopo il nostro arrivo, unfunzionario della città ha suonatoalla porta, mi ha mostrato il suo tes-serino, mi ha chiesto se avevo le per-mis de séjour. E io, nel mio francesegesticolante, a spiegargli che non cel’ho, e che per una sola settimana e-ro in regola lo stesso. Lui prendevanota. Perché, evidentemente, inquei Paesi ci tengono a governare il

territorio e ad essere aggiornati. Seci sono buone ragioni (devono es-serci) lo straniero può essere even-tualmente accolto come «asilante».

Fausto GrecoMilano

DISABILI IN VACANZA:LA VERITÀ DEI FATTICaro Direttore,la lettera «Disabili in vacanza…», fir-mata Lisa sul Forum di venerdì 17,e il suo commento, mi hanno la-sciato insoddisfatto per la carenza diimportanti informazioni di base. Sel’intento della pubblicazione eraquello, educativo, del rafforzamen-to del senso di solidarietà civile ecristiana verso gli emarginati, que-sta può apparire a prima vista piùche lodevole, e con la tipologia deilettori di Avvenire non può far altroche sfondare una porta aperta. Maproprio perché i lettori di Avveniresono ben orientati per definizione,mi sembra troppo scarna la crona-ca dei fatti riportata per fare del mo-ralismo fine a se stesso. Si parla didue mesi di frequentazione giorna-liera di un bar in una spiaggia all’i-

sola d’Elba da parte di un gruppo diragazzini con problemi mentali.Due mesi, non due giorni. Non vie-ne detto nulla su eventuali «proble-mi» comportamentali sorti, del tut-to verosimili in un contesto del ge-nere, né se la professionalità/dedi-zione degli accompagnatori dei pic-coli fosse perfettamente all’altezzadel compito. Non si sa se il bar ha vi-sto, dopo due mesi, ridurre drasti-camente l’afflusso dei clienti, chedal punto di vista economico equi-varrebbe a una stagione estiva fred-da e piovosa, con l’aggravante ma-gari di una nomea di «bar dei mat-ti» difficile da scrollarsi di dosso astagione finita. In sostanza, nulla sidice sulla «tenuta» del bar in sé nel-la vicenda. Il biasimo in questi casideve essere espresso per mantener-ci a livelli minimi di civiltà, anche incarenza di notizie: l’autodifesa de-gli albergatori addurrà le sue ragio-ni, se ne avrà. In questo caso, mi pa-re che quei 60 giorni di accoglienzaavrebbero dovuto conferire allastanca barista qualche merito.

Paolo GiardiniFerrara

MERCOLEDÌ22 LUGLIO 2009 33

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Dalla sua lettera, caro Pesce,traspare un amore autentico a queltesoro di cultura che deriva dalla fede.Amore che la urge a porre delle domandeimpegnative, attualissime. Lei scrive diuno «stallo di circolazione». Sul concettodi circolazione bisogna però intendersi:se con questa si intende la «visibilità» suimedia laici, sulle terze pagine deiquotidiani o negli spazi diapprofondimento culturale televisivi eradiofonici, è chiaro che lì c’èindubbiamente una «resistenza» dovutaalla formazione e alla sensibilità di chidirige quei media, nonché a consolidatedinamiche commerciali (cioè il pesopreponderante che nelle case editricihanno i prodotti generalisti e legati ai

consumi di massa). «Sfondare» un similemuro non è certo cosa di poco conto, o dibreve periodo (d’altra parte bisognaimparare a non sopravvalutare certe«vetrine» mediatiche). Ciò detto, le sueimpressioni non sono prive difondamento. La ricchezza culturale delmagistero di Papa Ratzinger, se da unlato è un formidabile impulso aimpegnarsi su questa strada – quellaappunto della cultura (università,scienza, ricerca, arti) – dall’altra metteanche in luce un certo ritardo del mondocattolico; ritardo che, tra parentesi, èquello su cui la Cei ha richiamatol’attenzione nell’ultimo quindicennio,lanciando il «Progetto culturale». Unaperdita di terreno che è spesso dovuta aun’attrazione – che diviene subalternità– rispetto a quanto produce il mondosecolarizzato, dimenticando di tesori delpassato o le tante intelligenze di vagliache noi credenti abbiamo «in casa». Ma

la realtà non è tutta a tinte fosche, anzi.Un’indagine conoscitiva commissionatadella Uelci, l’unione degli editoricattolici, che verrà ufficialmente resanota a settembre e di cui abbiamoanticipato alcuni dati su Agorà dimercoledì scorso, mette in luce unelemento che fa davvero pensare: afronte di una sofferenza generalizzatadell’editoria causata dalla crisieconomica e forse anche dalla scarsità diidee nuove, la richiesta di libri religiosi èinvece in aumento, e risulta uno deipochi segmenti editoriali che negliultimi anni ha conservato il segno "+ ",grazie a una fascia di lettori nuova einteressante, di età compresa tra i 30 e 45anni e di buona scolarizzazione. Unparadosso? Certo un dato che indicacome ci siano tutti i presupposti perinvestire con successo nell’ambito dellacultura cattolica, ma come ci sia anchebisogno di lavorare ancora molto,magari partendo da questionistrategiche quali la rete distributiva e lanecessità di un marketing più«accattivante».

Caro Direttore,ho appena finito di rileggere le encicliche ealcuni discorsi – quello di Ratisbona equello, mancato, alla Sapienza – che il nostroamato Pontefice ha diretto alla Chiesa e, perchi ha orecchi, a tutti gli uomini di buonavolontà. Pian piano capiamo perchéGiovanni Paolo II, di venerata memoria, sitenne accanto per quasi tutto il suopontificato quel cardinale, sempre incline atornare ai suoi studi e ai suoi luoghi inBaviera. Un Papa che interroga il mondo,secondo quel logos che il mondo, nelle sueaccademie – onestamente, queste puremalconce, soppiantate dalla «cultura» deitalk show – dice di coltivare. Ma, mi chiedo,la sua Sposa, la Chiesa, è pronta perseguirlo? Parliamo della formazione,

dell’impegno culturale dei cattolici: comepossiamo uscire da quello che mi pare unostallo di circolazione? Le nostre case editricipubblicano con grave impegno operescientificamente rigorose, e penso agli scrittidi Tommaso d’Aquino, di Rosmini, diLonergan, ma poi, dato il prezzo, non siriesce a mettere questi libri in circolo, non siriesce a farli diventare motivo di discussionee di dibattito. Unico best-seller a fareccezione, tra i grandi, è sant’Agostino, marimangono quasi del tutto sconosciuti iPadri, molti altri scolastici (Scoto, peresempio), tantissimi moderni econtemporanei. E perfino di Maritaininiziano a scarseggiare le pubblicazioni. Esolo un momento di stanchezza? O, forse, cistiamo adeguando all’andazzo di unacultura debole? Strano, perchél’associazionismo cattolico (nei movimenti,nelle parrocchie) sta facendo tanto...

Antonio Giovanni PesceMotta Sant’Anastasia (Ct)

Editoria cattolica, fra crisi e successi

a voi la parola

Ricordo di Franci, morto in moto

Il direttore risponde

assolino a lungonella scarpa:"Manifesto" (30/6, p.

6) con accusa: «8 permille: solo un quinto deisoldi va davvero ai poveri.Il contributo usato dallaChiesa per pagare lapubblicità». Foto chepunta l’indice contropadre RanieroCantalamessa ed ilprogramma Rai «A suaimmagine», e pezzo diLuca Kocci che confrontala Chiesa cattolica equella valdese. Unoscandalo, evidenziato sianel pezzo che in un boxannesso, è che «inpubblicità per l’8 permille la Cei lo scorso anno

ha speso quasi 22 milionidi euro», mentre la Chiesavaldese ne ha spesi solo500.000! Ovvio che nelcaso la Chiesa valdese èdel tutto innocente, ma seci pensi un po’ trovi cheessa in pubblicità spendeun quattordicesimo degliintroiti del suo 8 permille, mentre quellacattolica solo uncinquantesimo. E cosìl’articolo accusatoriodiventa un boomerang,pur piccolo, concapitombolo assicuratoall’autore. Capita anchepiù in grande. Domenicaper esempio su"Repubblica" – p. 22,«Quando il fondoschiena

andò in prima pagina» –Augias bacchetta conragione «il sessismo inItalia, dove trionfanoveline e donne nude».Giusto, ma stessa"Repubblica", titolo atutta p. 27: «Sexy girls, letendenze… Cubista style.Il guardaroba mini delleragazze show», con 13esemplificazioni in foto. Eil giorno prima «laRepubblica delle donne»già in copertina promettetutta un’esibizione:«Teenager troppo sexy,Lolite feticcio, Vacanzeedonistiche, immaginiporno soft» ecc. Tutto ilnumero trabocca dipubblicità e articoli concorpi di donne «nature»squadernati apiacimento. Insmma: quilo nego e qui lo dico. Veroboomerang…

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Boomerang: da predichee moralismi vari

Rosso Malpelodi Gianni Gennari

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