Eco del Varrone

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Anche quest'anno la nostra scuola ha deciso di incentrare l'assemblea di gennaio sulla ricorrenza della Giornata della Memoria. La novità nella gestione dell'assemblea è consistita in un'idea azzeccatissima dei nostri rappresentanti per evitare di organizzare una giornata in palestra in cui l'attenzione degli studenti si sarebbe inevitabilmente persa: l’allestimento di cinque riunioni su temi diversi tra i quali scegliere. Ecco che cosa hanno detto di questa iniziativa: “27 gennaio: come ogni anno si fa un’assemblea in cui si ricorda l’orrore accaduto più di sessanta anni fa… quest’anno i rappresentanti d’istituto sono riusciti ad organizzare un’assemblea originale e in grado di coinvolgere tutti, senza dare la possibilità di sollevare le solite lamentele riguardo un argomento “sentito e risentito”! I più sinceri complimenti per l’iniziativa e per l’esito della giornata” Filippo Marco Fiorentini III C “L'originalità dell'assemblea è stata il poter sentire coeso il nostro istituto: i nostri rappresentanti hanno dato prova che gli studenti possono gestire momenti formativi e di alta riflessione insieme con gli insegnanti e gli altri membri della scuola, senza dimenticare l'operato del nostro servizio d'ordine. Spero che le assemblee non vengano più considerate solo come un momento dell'attività studentesca limitata alla palestra ma qualcosa di tutti e per tutti nella scuola.” Ludovica Gregori III B "E’ stata un'esperienza davvero fuori dal comune, edificante e molto commovente. Insomma, tutti noi sappiamo ormai a memoria a che cosa ha portato la lucida follia e la sete di abominio di un solo uomo, Hitler, e quante furono le sue vittime. Ma sentire la storia che studiamo da anni uscire dalla bocca di chi ha passato la vita intera nel continuo ricordo e nel perpetuo terrore di quel dramma che ha stroncato la sua famiglia, è tutt'altra cosa. Per questo tutti quelli che hanno ascoltato le parole della testimone non possono fare altro che assumere la tragica presa di coscienza di quanto quell' incubo sia reale e troppo vicino per potersene dimenticare, e agire di conseguenza, ricordando e riflettendo." Federica Salini III C “Il passato non è che una lunga cicatrice che corre lungo il cuore. Dimenticare non fortifica. Abbiate il coraggio di riaprire le vostre cicatrici: gli studenti del liceo classico lo hanno fatto!” Nicolò Fontana II D “E' stata un'assemblea molto toccante e di qualità e le alternative hanno attratto molto gli studenti che, per l'interessamento suscitato, avrebbero voluto partecipare a gran parte delle lezioni offerte dall'assemblea. Si spera che anche le prossime assemblee siano all'altezza!” Perla Tozzi IB "L'idea di gestire l'assemblea coordinando più attività nello stesso momento e in posti diversi è nata dalla consapevolezza che trattare un argomento come quello dell'Olocausto richiedeva una certa preparazione e dalla volontà di coinvolgere e interessare di più tutti gli studenti. Organizzare questo tipo di assemblea si è dimostrato più complesso e faticoso rispetto alle altre volte. Speriamo di aver raggiunto il nostro intento e di non aver deluso le aspettative. Io posso comunque dichiararmi molto soddisfatta per la buona riuscita della giornata come, credo, anche gli altri rappresentanti." Federica Colasanti I B

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Rivista del Liceo Classico "M. T. Varrone" di Rieti

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Page 1: Eco del Varrone

Anche quest'anno la nostra scuola ha deciso di incentrare l'assemblea di gennaio sulla ricorrenza della Giornata della Memoria. La novità nella gestione dell'assemblea è consistita in un'idea azzeccatissima dei nostri rappresentanti per evitare di organizzare una giornata in palestra in cui l'attenzione degli studenti si sarebbe inevitabilmente persa: l’allestimento di cinque riunioni su temi diversi tra i quali scegliere.

Ecco che cosa hanno detto di questa iniziativa:

“27 gennaio: come ogni anno si fa un’assemblea in cui si ricorda l’orrore accaduto più di sessanta anni fa… quest’anno i rappresentanti d’istituto sono riusciti ad organizzare un’assemblea originale e in grado di coinvolgere tutti, senza dare la possibilità di sollevare le solite lamentele riguardo un argomento “sentito e risentito”! I più sinceri complimenti per l’iniziativa e per l’esito della giornata”

Filippo Marco Fiorentini III C

“L'originalità dell'assemblea è stata il poter sentire coeso il nostro istituto: i nostri rappresentanti hanno dato prova che gli studenti possono gestire momenti formativi e di alta riflessione insieme con gli insegnanti e gli altri membri della scuola, senza dimenticare l'operato del nostro servizio d'ordine. Spero che le assemblee non vengano più considerate solo come un momento dell'attività studentesca limitata alla palestra ma qualcosa di tutti e per tutti nella scuola.” Ludovica Gregori III B

"E’ stata un'esperienza davvero fuori dal comune, edificante e molto commovente. Insomma, tutti noi sappiamo ormai a memoria a che cosa ha portato la lucida follia e la sete di abominio di un solo uomo, Hitler, e quante furono le sue vittime. Ma sentire la storia che studiamo da anni uscire dalla bocca di chi ha passato la vita intera nel continuo ricordo e nel perpetuo terrore di quel dramma che ha stroncato la sua famiglia, è tutt'altra cosa. Per questo tutti quelli che hanno ascoltato le parole della testimone non possono fare altro che assumere la tragica presa di

coscienza di quanto quell' incubo sia reale e troppo vicino per potersene dimenticare, e agire di conseguenza, ricordando e riflettendo." Federica Salini III C

“Il passato non è che una lunga cicatrice che corre lungo il cuore. Dimenticare non fortifica. Abbiate il coraggio di riaprire le vostre cicatrici: gli studenti del liceo classico lo hanno fatto!” Nicolò Fontana II D “E' stata un'assemblea molto toccante e di qualità e le alternative hanno attratto molto gli studenti che, per l'interessamento suscitato, avrebbero voluto partecipare a gran parte delle lezioni offerte dall'assemblea. Si spera che anche le prossime assemblee siano all'altezza!” Perla Tozzi IB

"L'idea di gestire l'assemblea coordinando più attività nello stesso momento e in posti diversi è nata dalla consapevolezza che trattare un argomento come quello dell'Olocausto richiedeva una certa preparazione e dalla volontà di coinvolgere e interessare di più tutti gli studenti. Organizzare questo tipo di assemblea si è dimostrato più complesso e faticoso rispetto alle altre volte. Speriamo di aver raggiunto il nostro intento e di non aver deluso le aspettative. Io posso comunque dichiararmi molto soddisfatta per la buona riuscita della giornata come, credo, anche gli altri rappresentanti." Federica Colasanti I B

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Schindler’s list di Steven Spielberg

Nel 1993 esce “Schindler’s list” , uno dei più grandi capolavori di Steven Spielberg. Si tratta di un’opera impegnata e realistica, emozionante e dolorosa per il tema trattato: l’Olocausto. Tratto dal romanzo “La lista” di Thomas Keneally, è stato girato in dodici settimane in Polonia, scegliendo prevalentemente il bianco e nero. La storia è quella vera di Oskar Schindler, industriale tedesco che da astuto sfruttatore della manodopera ebraica, si trasformerà in un uomo di grande generosità, che metterà in salvo, grazie alla posizione di rilievo nel partito nazista e all'enorme disponibilità finanziaria, molti ebrei destinati a morire. Il personaggio di Schindler è interpretato in modo eccellente da Liam Neeson, emblema della follia nazista è l'ufficiale Amon Goeth (Ralph Finnies) sadico, agghiacciante, glaciale. Il suo personaggio non esita ad uccidere esseri umani dal balcone che affaccia su un campo di lavoro, come se fosse un gioco, suscitando ribrezzo nello spettatore. Numerose sono le uccisioni disseminate per tutta la durata del film e totalmente ingiustificate.

“Il Pianista” di Roman Polansky

È l’alba del secondo conflitto mondiale che sconvolgerà il volto dell’Europa intera e il talentuoso pianista Wladyslaw Szpilman (interpretato da un eccellente Adrien Brody) lavora presso l’emittente radio polacca grazie alle sue particolari doti musicali, che sono il principale elemento di entrate economiche per la sua famiglia. La vita dell’artista e dei suoi familiari viene stravolta dall’invasione della cinica macchina da guerra tedesca il 1 settembre del ’39 che trascina la nazione polacca nel circolo vizioso

della guerra. La città di Varsavia diverrà la cruda immagine della tragedia dell’Olocausto che vedrà il giovane artista avvolto dal terribile scenario delle persecuzioni razziali. In questi tormentati giorni la bravura di Roman Polansky, maestro nell’arte

La sceneggiatura è pressoché perfetta, si alternano scene di caratterizzazione dei personaggi a scene di tipo documentaristico e c’è persino lo spazio per alcuni momenti comici.“Schindler’s list” ha ottenuto il premio Oscar come miglior film e migliore regia. Questa straordinaria pellicola, che scuote gli animi e colpisce come un pugno nello stomaco, ha come scopo primario, rivolto sia alle generazioni presenti che a quelle future, quello di non dimenticare la terribile strage del popolo ebraico. Si tratta di un cinema del ricordo, pieno di speranza, ma anche di religione, perché tra tanta follia c’è sempre qualcuno che segue la via del bene e della razionalità, poiché come recita una frase del Talmud: “Chi salva una vita, salva il mondo intero”.

Giulia Felici I D

cinematografica, ci mostra con particolare realismo la drammaticità di ogni attimo e respiro di quei momenti segnati dall’orrore e dalla paura, nella straordinaria opera cinematografica “Il pianista”, uscita in Italia il 25 ottobre 2002. Il film è stato acclamato vincitore di tre premi Oscar per la migliore regia, il migliore attore protagonista e la migliore sceneggiatura non originale. Melodioso e tristemente struggente è l’accompagnamento di una superba colonna sonora classica, le cui note risultano funzionali soprattutto ai numerosi cambi sequenza, che insolitamente non si appoggiano alla più classica dissolvenza in nero. Appare una sorta di ideale fil rouge, che si dipana fra dolore e memoria, dell'esperienza umana sperimentata dal protagonista Trascinati da una crescente agonia, interrotta a sprazzi dal silenzio della morte portato dalla guerra, arriveremo poi allo scioglimento finale nel quale, sorprendentemente, il regista ci mostrerà anche il lato nobile della guerra.

Michele Sarno IA

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La toccante testimonianza delle sorelle Spizzichino In occasione della Giornata della Memoria abbiamo ascoltato insieme alla professoressa De Martino il racconto di Emma Aboaf, nipote delle sorelle Spizzichino, deportate ad Auschwitz nel 1943. Prima di iniziare a narrarci l’intensa esperienza della sua famiglia, la signora ci ha riferito di una vicenda verificatasi pochi giorni prima dell’incontro. Il 10 gennaio in via Santa Maria in Monticelli 67 a Roma erano state divelte settantadue pietre d’inciampo poste in memoria delle vittime dell’Olocausto, commissionate da lei stessa, fortunatamente queste sono state ritrovate e presto saranno esposte al museo della Shoah di Roma: questo avvenimento l’ha spinta a narrare di nuovo la sua storia. Di fatto, l’evento increscioso delle piastrelle è stato la testimonianza che ancora oggi esistono indifferenza ed odio verso il ricordo dei drammatici eventi che hanno segnato la vita di persone la cui sola colpa era, secondo le assurde leggi razziali, quella di essere ebrei. La storia delle sorelle Spizzichino è quella di Grazia, Letizia ed Elvira, zie di Emma, la cui madre Rosa fu l’unica che riuscì a salvarsi gettandosi dalla finestra quell’8 maggio del 1944 quando andarono a bussare a casa sua, portandosi via le altre tre sorelle. Emma testimonia così ricorda quell’evento:“Erano sarte, ricamatrici, furono portate a Regina Coeli l’8 maggio, ci sono restate un po’ di giorni prima di essere trasferite al campo di Fossoli, in Emilia. In carcere si preoccupavano dei pezzi di stoffa dei loro clienti, non sapevano come restituirli. Hanno buttato fuori dalle celle alcuni pezzetti di carta, un paio, c’è una lettera del 12 maggio. Poi sappiamo che erano al campo di Fossoli fino al 26 giugno, quando sono partite per Auschwitz, Elvira, che aveva solo 16 anni, è stata uccisa subito all’arrivo nel campo, il 30 giugno. Le sue sorelle sono morte invece a Bergen Belsen. Graziella, dopo la morte dell’altra sorella Letizia, si è lasciata morire…”. Maria Provaroni e Antonella Nardi II D

L’ostinata incredulità dei negazionisti Nell'ambito dell'Assemblea di Istituto svoltasi il 27 gennaio, giornata dedicata alle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, il professor Valerio Ortenzi, docente di storia e filosofia presso il liceo classico Marco Terenzio Varrone, ha tenuto una relazione incentrata sul negazionismo. Con questo termine si indica la negazione contro ogni evidenza di un fatto storico accertato, in questo caso l’Olocausto, attraverso un atteggiamento storico-politico spesso chiamato “di revisione”. Dopo una prima riflessione sull'importanza del rispetto nei confronti di dolori e sofferenze altrui, estranei a chiunque non li provi in prima persona, il professore ha proseguito la sua lezione illustrando i principali movimenti negazionisti e le tesi da loro sostenute, sintetizzandole in alcuni punti. Secondo queste persone infatti la “soluzione finale” avrebbe previsto l’espulsione degli ebrei dal suolo tedesco e non il loro sterminio, il numero delle vittime sarebbe stato di gran lunga inferiore a quello attestato dalla storiografia moderna e la loro morte sarebbe stata causata dall’interruzione delle linee ferroviarie operata dalle truppe sovietiche; infine, le camere a gas non sarebbero mai esistite. Ad essere illustrata è stata poi la tecnica utilizzata dagli studiosi negazionisti per avvalorare le loro tesi: si procede scartando qualsiasi testimonianza minata da incongruenze o da imprecisioni, e si ritengono valide solo le testimonianze che risultano coerenti agli occhi dello studioso. Questo metodo è ritenuto assolutamente non efficace dalla storiografia moderna. La relazione si è poi conclusa con la proiezione di tre filmati. Il primo illustrava lo stato dei detenuti ad Auschwitz nel momento della liberazione, il secondo la testimonianza del vescovo negazionista Williamson e l’ultimo alcune immagini del processo di Norimberga (20 novembre 1945-1º ottobre 1946) Samuele Autorino II D

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Gulag e lager: due nomi della stessa tragedia

Quest’anno nella Giornata della Memoria finalmente si è parlato anche dei cosiddetti “gulag”, i campi di lavoro russi disseminati nella lontana e gelida Siberia dove i prigionieri venivano sottoposti a ogni genere di torture durante il regime stalinista del “Grande Fratello”. Sandro Pasquini, fino a pochissimi anni fa docente di storia e filosofia nel nostro liceo, ha infatti tenuto un incontro per far conoscere questa terribile realtà che rimane spesso nell’ombra. L’obiettivo era quello di operare un confronto con i più famosi “lager”, i campi di concentramento nei quali i tedeschi sterminavano gli ebrei quando la Germania era sotto il comando di Hitler. All’inizio abbiamo assistito alla visione di alcune videocassette che presentavano libri o film che documentavano le atrocità commesse da entrambi i totalitarismi attraverso il racconto di persone che hanno vissuto sulla propria pelle tali esperienze, ricoprendo sia il ruolo delle vittime che dei carnefici. Il materiale fornito era particolarmente ricco e vario e il professore ha colto l’occasione per suggerirci titoli come Una giornata di Ivan Denisovič il romanzo di Aleksandr Solženicyn (da cui Casper Wrede ha tratto l’omonimo film nel 1970) e il celebre Se questo è un uomo di Primo Levi. Attraverso queste testimonianze abbiamo compreso quanto in determinate situazioni un detenuto apprezza la zuppa d’avena, generalmente destinata a sfamare i maiali, e scoperto con stupore che gli autori dei genocidi spesso non si sono pentiti. La ristrettezza del numero dei partecipanti ha permesso lo sviluppo di un dialogo particolarmente costruttivo nel quale tutti gli studenti hanno partecipato con domande piene di interesse a cui sono seguite risposte assolutamente esplicative ed esaustive. Il principale pregio di questa conferenza è quello di aver fornito una visione d’insieme, facendo emergere quanto due situazioni apparentemente tanto distanti risultino dopo un’indagine accurata pressappoco identiche.

Cristina Testa III C La tragedia delle Foibe Il 10 febbraio si celebra il Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe. Tra l’ottobre del 1943 e il maggio del 1945 almeno cinquemila italiani furono uccisi dai partigiani comunisti di Tito. Catturati nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni, vennero imprigionati e poi gettati ancor vivi nelle cavità carsiche, chiamate foibe. Militari, finanzieri, marinai, maestri elementari, impiegati comunali e minatori. Bastava essere italiani per finire nella lista nera. Nonostante questa ricorrenza sia stata istituita già dal 2004 dalla repubblica italiana alcune giunte comunali esercitano ancora un forte ostruzionismo nei confronti delle iniziative a proposito di questa...Basti pensare a Napoli, dove De Magistris non ha permesso ad alcuni ragazzi di scendere in piazza per ricordare i propri caduti o a Milano dove il sindaco Pisapia ha fatto un discorso a tratti revisionista. Inoltre quando non è la faziosità politica ad ostacolare tali manifestazioni ci si mettono i collettivi e i centri sociali di sinistra: per esempio come è accaduto a Massa, dove alcuni ragazzi sono stati assaliti con bottiglie e sassi mentre rendevano omaggio ai martiri delle foibe. Pertanto sarebbe opportuno per un giorno l'anno sdoganarsi dalle solite logiche partitiche e politiche e dai soliti schemi ideologici per rendere un ossequio unanime ai caduti nell'Istria, in Dalmazia e nel Friuli Venezia-Giulia che spesso non avevano colori politici ma erano solo italiani. Ruggero Fusacchia IA

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Ricordare. Studiare

L’eccidio della “Divisione Acqui” a Cefalonia e Corfù dopo l’8 settembre 1943.

Una mostra laboratorio nell’Aula Magna del Liceo Marrone. La visita del Prefetto.

"Quanno Caino sbudellò er fratello/la luna rise tale e quale adesso: ha riso sempre e riderà perfino se un giorno Abele scannerà Caino". Così scrisse il celebre poeta romano Trilussa, catturando pienamente quel piccolo frammento di assurdità e di bizzarria che avvolge la nostra esistenza. Perchè in fondo basta un'assurdità, una parola, una firma, per far impugnare le armi a Eteocle e Polinice, a due fratelli. La Divisione Acqui, l'esercito italiano e l'esercito tedesco. Due popoli appartenenti alla stessa umanità. Entrambi convivevano nell'isola di Cefalonia, entrambi si esercitavano tra i loro stessi accampamenti per una difesa comune. Eteocle e Polinice. Questo fu quello che accadde quell'8 Settembre del '43. Una falsa speranza di pace che scatenò l'ennesimo eccidio. Il Governo Badoglio aveva firmato un armistizio con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, gesto che in molti casi si tradusse con la cessazione delle ostilità; ma in effetti era solo l’inizio di un altro capitolo che avrebbe visto i tedeschi, fino a quel punto compagni d'arme, come i carnefici dell'esercito italiano. Questo è il clima che la mostra "Divisione Acqui: Corfù e Cefalonia" ha voluto riproporre, grazie a una notevole esposizione fotografica e filatelica, nonché testimonianze di reduci, lettere di caduti e reperti della battaglia. Tutto questo è stato possibile grazie alla guida esperta del prof. Vincenzo Scasciafratti, docente di storia e filosofia, che l’ha allestita insieme con la classe 3 A. La nevicata non ne ha favorito la fruizione cittadina, ma si è registrato anche un certo successo di pubblico, coronato dalla graditissima visita della Signora Prefetto

Valerio Donati IIIA

Cosa accadde alla divisione Acqui?

L'eccidio di Cefalonia è la strage di soldati e ufficiali italiani che ebbe luogo nel settembre 1943 per mano delle truppe tedesche sulle Isole Ionie In Italia il governo tecnico di Pietro Badoglio, primo dopo il ventennio fascista, il 3 settembre 1943, all'insaputa degli alleati tedeschi, firmò l'armistizio di Cassibile con i nemici anglo-americani. Subito dopo l'armistizio, col timore di un colpo di mano da parte dei tedeschi, il Re d'Italia e Badoglio fuggirono a Brindisi, lasciando senza ordini precisi le truppe italiane, comprese quelle che si trovavano a Cefalonia. I tedeschi decisero di disarmare gli alleati italiani e dopo una estenuante trattativa, il 13 settembre inviano un ultimatum che imponeva la consegna di tutte le armi. La trentatreesima divisione di fanteria Acqui del generale Antonio Gandin, dislocata tra Cefalonia e Corfù, anche in seguito a una sorta di referendum tra le truppe, decise di resistere ai tedeschi. Gli italiani si trovarono in una situazione difficile, non avevano rinforzi né, ordini da Roma e non potevano contare sull'appoggio dei partigiani greci, una parte dei quali avrebbero potuto incrinare il loro rapporto

con l'Urss. Le truppe tedesche, all’inizio si trovavano in condizione di inferiorità numerica, ma nei giorni della trattativa si erano potute rinforzare. Ma soprattutto usufruirono di una efficace copertura aerea, da caccia e da bombardamento.Gli italiani, il ventuno settembre si arresero alzando bandiera bianca. Hitler, che già durante la battaglia aveva ordinato di non fare prigionieri, ignorando ogni regola e nonostante la resa, permise che la strage continuasse e fece fucilare senza riguardi pressoché tutti gli ufficiali italiani. Si contano più di 5000 vittime tra soldati e ufficiali sterminati sulle sole isole di Cefalonia e Corfù. Mentre altri, superstiti delle stragi, morirono in prigionia o per annegamento durante i trasferimenti via mare. Il ventidue settembre si ricorda l'eccidio di Cefalonia e per commemorare le vittime a Verona è stato eretto un monumento. Roberta Amelini IE