EBOOK 2015 - CalabriaOli · La cura del terreno e la trasformazione delle olive in olio sono...

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WWW.CALABRIAOLI.ITO.P.Associazione Olivicola Cosentina

Olio Extravergine di OlivaBiologico di Calabria

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Limpegno per la valorizzazione dellolio extra vergine di oliva calabrese ci vede da sempre in prima linea, sin dalla nascita della nostra associazione. Lidea di dare un maggiore slancio e risalto al marchio Biologico, quale motore di qualit allinterno del territorio in cui operiamo una scelta legata a valorizzare la storia, limpegno e lamore che i nostri produttori associati mettono quotidianamente per garantire un prodotto con caratteristiche organolettiche uniche e che ben si sposa con i canoni della dieta mediterranea, per offrire al consumatore finale una goccia di Calabria che, stimolando i sensi, ricordi a tutto il mondo questa nostra terra unica.Lolio extra vergine calabrese, nella sua accezione di olio biologico, vanta una tradizione antichissima, come dimostrano le piantagioni millenarie risalenti allet della Magna Grecia, che ancora oggi sono produttive e la vasta coltivazione di alberi dulivo sul territorio regionale, pongono la Calabria sul podio delle regioni produttrici italiane sia per quantit che per qualit.La cura del terreno e la trasformazione delle olive in olio sono tracciate in modo indelebile nella nostra cultura e per questo il nostro olio biologico esprime tutti i sapori e i profumi tipici del territorio: con un colore che varia dal verde intenso al giallo, allassaggio presenta una nota positiva, intensa e ricercata con odore fruttato e sensazioni floreali. Un prodotto unico ed immediatamente riconoscibile dal delicato sapore di amaro e piccante che come un tesoro si svela al palato di degustatori e appassionati

Il presidenteMassimino Magliocchi

PREMESSA

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INDICEIl prodotto Olio in Calabria: le origini del BIO .......................................................pag. 6La storia dellolivo in Calabria: i territori del BIO calabrese .................................pag. 24Produzione e classificazione ....................................................................................pag. 46Caratteristiche dellolio di oliva biologico calabrese .............................................pag. 52Aspetti agronomici dellolio calabrese ....................................................................pag. 56Le cultivar e il territorio ............................................................................................pag. 60Unicit del prodotto e Unicit del territorio ..........................................................pag. 66Unicit del germoplasma: il dato sensoriale .........................................................pag. 70Lolivo in campo ........................................................................................................pag. 92Il Quaderno di Campagna ........................................................................................pag. 114

Le peculiarita dellassaggio formativo

Introduzione ..............................................................................................................pag. 123Panel Test...................................................................................................................pag. 124Il rito dellassaggio ....................................................................................................pag. 126La lingua e il gusto ....................................................................................................pag. 129Attributi Positivi .........................................................................................................pag. 130Attributi Negativi .......................................................................................................pag. 131Scheda di valutazione ...............................................................................................pag. 136Classificazione ...........................................................................................................pag. 138Conclusioni ................................................................................................................pag. 138

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Tra i documenti che attestano le origini e lo sviluppo della coltura dellolivo in Calabria, quello che desta maggior interesse la Historia rerum naturae di Plinio il Vecchio. Secondo lantico testo greco la paternit colturale dellolivo in Europa, spetta proprio alla Calabria, dove dalla regione si propag sino al di l delle Alpi. Ad analizzare il documento storico si evince che questa mitica pianta doriente abbia trovato proprio in terra calabra il suo habitat ideale e da qui, poi, si sia diffusa nellItalia insulare e verso il nord: Puglia, Campania, Lazio, Toscana e per il resto dEuropa. Certo rimane difficile stabilire con certezza assoluta lepoca datata dellintroduzione della pianta in Calabria e quindi in Europa, vero per

che una ricca serie di documentazioni e di ricerche scientifiche dimostrano a sufficienza che lulivo era gi diffuso sul territorio calabrese molti secoli prima della colonizzazione dei Greci, i quali forse, impararono proprio qui, in terra calabra, le diverse tecniche di propagazione e di selezione dellulivo. Diverse notizie confermano come sino allVIII sec. A.c. lulivo conosciuto dai Greci fosse quello selvatico, ignorando sino a quel periodo le pratiche di trasformazione del frutto dellolivo in olio. In Calabria, invece, i risultati degli studi sistematici su diversi siti necropolici (tra cui Capo Alfieri a Catanzaro; Prestarona ed Imbonello a Reggio Calabria; Grotta S. Angelo a Cassano allo Jonio; Favella della Corte a

IL PRODOTTOOLIO IN CALABRIA:LE ORIGINI del bio

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dellIndustria. Con il segno dellulivo si indicava e si indica lumilt e la modestia. Alla pianta vennero attribuiti inoltre poteri fecondanti e taumaturgici. Da ci la costruzione del talamo nuziale di Ulisse intorno ad un albero di ulivo; la fabbricazione con legno di ulivo delle statue di Dammia e Auxeria; la consuetudine diffusa da parte dei sommi sacerdoti di implorare la cessazione di epidemie, pestilenze e carestie, bruciando foglie e tronchi di ulivo. Ma durante lera di Pericle che lolivicoltura Greca e della Magna Grecia raggiunge il suo periodo aureo. Atene, da piccola citt si trasforma in grande centro di traffici e di attivit artigianali e commerciali e di questo si avvantaggi enormemente lolivo, che si

n per s e n per gli altri. Il culto verso la pianta era tale che le olive venivano raccolte solo da uomini puri, cio da uomini che prima della raccolta avevano prestato giuramento di fedelt ed onest. Con il passare dei secoli lulivo si and sempre pi intensificando, dalla Calabria, al suolo Italico, alla Grecia e oltre i suoi confini, e fu considerato come lalbero consacrato al re degli dei e alla dea della Sapienza, assumendo nel contempo un alto significato simbolico, che rimane ancora oggi attuale e la dice lunga sullimportanza che questo albero ha avuto nel corso dei secoli. Con esso infatti, si raffigurava la Pace, il Trionfo, e Minerva, dea tutrice dello stesso, era considerata lorigine della Sapienza, dellArte e

sua massima diffusione non solo nelle fiorenti colonie dello Ionio e del Tirreno, ma in tutta larea del Mediterraneo. Tutto ci attestato da una copiosa documentazione storica ed archeologica, preziosissima tra laltro a farci comprendere il nuovo regime fondiario attivato dai Greci in terra italiota, basato sulle suddivisioni in lotti di terreni utili alla coltivazione e sul principio che i beni fondiari dovevano restare in famiglia. Tracce di queste modalit normative attestano ad esempio lobbligo per gli affittuari di coltivare una debita porzione di terreno adibendola ad uliveto proporzionalmente alla sua estensione totale. Inoltre nessun affittuario poteva tagliare, n spezzare alcuno degli alberi,

Cosenza) hanno rivelato che in molti di questi luoghi, gi intorno al VII e VI millennio a.c. esistevano villaggi agricoli, la cui popolazione aveva raggiunto un cos alto grado di civilt e di evoluzione da saper mettere in coltura tanto la vite quanto lulivo ed altre piante, secondo la migliore tradizione anatolica-egea, madre comune di tutte le civilt del Mediterraneo. Le notizie fin qui riportate dimostrano chiaramente la vitalit economica della Calabria in epoca neolitica e mettono in chiaro che lulivo, come albero fruttifero, fu conosciuto e piantato in terra calabra, molto tempo prima della venuta dei colonizzatori greci sulle coste ioniche e tirreniche. Tuttavia dobbiamo riconoscere come, grazie ai Greci, lolivicoltura ebbe la

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successivi condotti negli stessi territori ed in quelle di Metaponto e del Cherosene (Mar Nero) hanno evidenziato in maniera inequivocabile non solo la presenza diffusa di fattorie a vocazione olivicola in tutti questi posti e la notevole intensit di traffici oleari tra le colonie calabresi ed i paesi orientali, ma anche il fortissimo legame esistente tra insediamenti antropici e coltura dellolivo, tanto che, attraverso la storia degli insediamenti della coltura olivicola nella regione e nelle altre aree del Mediterraneo, stato possibile ricostruire liter politico, economico e sociale di tutti i popoli del Mediterraneo. La tradizione calabrese nella coltura dellolivo continua inoltre nei secoli successivi, cos come ci viene

anfore da trasporto di lavorazione tipicamente indigena costituiscono il segno prezioso di una circolazione marittima e terrestre la quale, a prescindere dallorigine etnica dei mercanti, utilizza una sovrapproduzione olivicola proveniente dalle chorai calabresi. Gli scavi archeologici compiuti nel crotonese e nella sibaritide, hanno riportato alla luce numerosissimi vasi databili al IV e III sec. A.C. contenenti semi di diversa natura. La proporzione di semi di ulivo in numero maggiore rispetto a quelli del grano , dellorzo e delluva hanno confermato il predominio colturale dellolivo su tutte le altre piante e lalta consistenza produttiva raggiunta nella chora dalla pianta. Studi sistematici

delle colonie calabresi che, oltre ad essere state le maggiori produttrici e fornitrici di olio del Mediterraneo, furono anche quelle che primeggiarono per lottima qualit degli oli prodotti e per il monopolio esercitato su tutto il commercio oleario. Fama eccelsa godettero gli oli di Medma, di Terina, di Caulonia, di Locri e di Crotone, luoghi dove agirono delle fattorie ad alta specializzazione olivicola e dove si producevano degli oli particolarmente pregiati ed apprezzati su tutti i mercati oleari. Ricerche condotte in questi ultimi anni su vasi contenitori hanno permesso di analizzare negli aspetti complementari di produzione, consumo e smercio, tipi di agricoltura intensiva, quale appunto quella della coltivazione dellolivo. Le

and irradiando in tutto lo sterile territorio dellAttica, in modo particolare nelle fertili e fiorenti colonie dello Ionio e del Tirreno. Lolio divenne cos il fulcro di tutte le imprese coloniali greche e si guadagn il primo posto tra i prodotti alimentari destinati al consumo ed al commercio. Tutto lo sviluppo che la produzione e il commercio dellolio portarono con s contribuirono allascesa socio-politica di Atene. In questo contesto non pu essere sottaciuto il determinante ruolo svolto dalle numerose realt olivicole presenti nelle colonie calabresi. E innegabile, infatti, che i prestigiosi traguardi commerciali raggiunti dagli ateniesi dipesero e derivarono quasi per intero dalle floride economie olivicole

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romani. Si pensi ad esempio che per quanto riguarda lelaiotecnica i romani furono dei veri specialisti e ci confermato dal fatto che le macchine da loro utilizzate restarono in auge pi di venti secoli, sino al 1900. Successivamente al periodo Romano, sin dal V sec. d. C. si ebbe un lungo periodo di generale depressione e decadenza agricola, che coinvolse anche il mondo dellolivicoltura calabrese, penalizzata ancor di pi, dalla cessazione dei tributi e, sorretta ed incoraggiata unicamente, fino allanno Mille, dagli attivi frati degli ordini basiliani, benedettini, cistercensi, che nellepoca bizantina si prodigarono con successo a diffondere la pianta nellintera parte centrale della Calabria, soprattutto sulle

imperiale la produzione olearia costituiva una delle maggiori fonti di ricchezza dellimpero. Le navi olearie romane in continuazione, cariche di orci, solcavano il Mediterraneo portando in Italia il prezioso prodotto, proveniente dai tributi esatti dalle colonie. Lo storico e filosofo Strabone preferiva lolio calabrese, quello di Turio nel territorio di Sibari e quello ottenuto dalla cultivar detta Squillaciota e riferiva che nel Crotonese se ne produceva molto e squisitissimo, come quello definito aestivum, ricavato da olive raccolte molto precocemente. Inoltre numerosi scrittori e filosofi latini testimoniamo lalto grado di specializzazione nella coltura, raccolta e trasformazione dellolivo raggiunta dai

cerealicoltura) a tutte quelle operazioni finalizzate allottenimento di un prodotto di buona qualit quantitativamente valido. Curarono pertanto nei minimi particolari la raccolta, la macinatura, la pressatura del frutto e la sua conservazione. A loro va il grande merito di aver segnato marcatamente gran parte del paesaggio olivicolo calabrese e di aver organizzato razionalmente la distribuzione ed il commercio dellolio, di aver costituito sofisticati ed efficienti sistemi di stoccaggio dellolio, di aver attivato la cosiddetta arca olearia, una sorta di borsa dellolio doliva, dove collegi di importatori negotiatores oleari trattavano i prezzi e le qualit dellolio. E certo che allapprossimarsi dellepoca

tramandato dagli antichi scritti romani; difatti nel periodo successivo alla colonizzazione greca, che veda lascesa dellImpero romano, lulivo viene considerato quale patriarca dei vegetali. Per opera dei romani la coltura dellolivo si venne sempre pi consolidando; inoltre va sottolineato un fatto importante: i Romani apprezzarono sicuramente lolio di oliva per le sue eccelse virt, per il suo ruolo simbolico e sacrale, per il suo alto pregio alimentare, ma lo tennero in grandissima considerazione soprattutto per le sue potenzialit economiche e commerciali. Le maggiori preoccupazioni i Romani, infatti, le rivolsero oltre che alla coltivazione (introduzione di nuove pratiche colturali ed emarginazione della

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laveva colpita nel trecento, era riuscita, ad iniziare dai primi decenni del 400, a raggiungere una discreta stabilizzazione dellassetto sociale con la definitiva affermazione del potere regio sui feudatari e con un ordinamento socio-economico pi aperto e democratico. Le mutate condizioni resero possibile, dopo fasi alterne, un lungo periodo di espansione economica, di sviluppo agricolo, che consent alla nostra popolazione di riprendersi . Questa fase di spirito riformistico, che si propag a tutto il 500, complice anche un intenso sviluppo demografico, port con s una forte espansione della rendita fondiaria, cui si accompagnarono un forte balzo in avanti delle attivit economiche e una

caratterizzati da unimportante inversione di tendenza in campo agricolo, con un significativo aumento della coltivazione dellulivo, piantagione che pi di altre venne stimolata oltre che protetta da diverse norme. A questo progresso che dobbiamo immaginare piuttosto lento, diedero un impulso decisivo ancora una volta gli enti episcopali e conventuali dellepoca, che riuscirono a ricreare pian piano oliveti di una certa estensione, affidandoli in gestione a contadini. Grazie a tali accorgimenti, pur tra tante difficolt, gli oliveti cominciarono a rifiorire. Nel sud italia la coltivazione dellolivo si venne intensificando, soprattutto in Calabria in un periodo compreso tra il 1450-1580. La Calabria, dopo aver superato la crisi che

relativi a questepoca dimostrano chiaramente quanto vilipese fossero le occupazioni rurali, quanto misere fossero le condizioni di vita della regione sul principio del XII secolo. Si ha conferma inoltre di quanto fosse trascurata lolivicoltura: tra le tante leggi promulgate dai normanni non siamo riusciti a trovarne una che ne avesse incentivato la coltivazione. Inoltre anche la dominazione sveva che segu a quella normanna port ad un mutamento. In questa lunga notte medievale, dunque, riuscirono a sopravvivere solo uliveti di ridotte dimensioni o presso alcuni monasteri o nei feudi fortificati. Gli ultimi anni del Medioevo, che abbracciano la prima fase di questo secondo periodo, furono

colline e nelle vallate dei confacenti terreni del Vibonese, del Lametino, del Soveratese, del Crotonese. Si pensi che in quelle stesse zone a tuttoggi si incontrano spettacolari olivi secolari, risalenti a quei periodi, di circonferenza sui 9-10 metri fino a 12. Tuttavia lazione propulsiva degli enti conventuali non fu sufficiente a frenare lavanzata devastante di quella generalizzata crisi agraria, che si trascin dietro lolivicoltura, investendo non solo la Calabria, ma lintera Italia e tutta lEuropa. Purtroppo a subire maggiormente gli effetti negativi furono principalmente le aree vocate a tale coltura, e tra queste primariamente la Calabria. In riferimento allo stato di crisi dellagricoltura in Calabria i documenti

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e capillare espansione soprattutto nelle vicinanze dei centri abitati e delle zone collinari e pre-montane. Tutto questo fermento testimoniato da numerosi scritti ed atti notarili che interessarono vendite o cessioni o permute di terreni seminativi, ricchi di fronda, di alberi fruttiferi, di viti oppure di terre marge, scapole, incolte per essere trasformate in oliveti. Una ulteriore conferma data dai numerosi atti di donazione di borghesi a favore di enti ecclesiastici. Altri importanti fattori che favorirono la diffusione furono: a. La facilitazione ed esenzione di particolari gabelle; b. laumentata richiesta di olio sui mercati nazionali ed internazionali; c. il forte consumo di olio in tutto il Regno, in particolare nella citt

caratteristiche colturali che, si vennero a distinguere per la particolare peculiarit della prevalenza di una coltura sulle altre, come fu per il grano a Crotone, per il vino lungo la parte settentrionale della costa tirrenica. Per quanto riguarda la coltura olivicola, poi, due furono i centri principali: uno pi vasto e diffuso nel Tirreno da Rosarno a Seminara, laltro sullo Ionio, tra Corigliano e Cariati con centro a Rossano, ma zone importanti di produzione si ebbero un po in tutta la regione ed, in particolare a S. Severina, a Nicastro. Una diffusione massiccia, di norma associata con altri alberi fruttiferi concentrata in alcune aree produttive ben distinte, che and ad interessare buona parte del territorio agricolo regionale con una forte

il notevole incremento della produzione olivicola misero in moto tutta una serie di attivit commerciali e mercantili, che ebbero positivi effetti di trascinamento nei confronti di tante altre importanti attivit produttive della Calabria, consentendo alla nostra Regione di assumere un ruolo importante e prioritario nel contesto del Mediterraneo. Nel giro di un cinquantennio, la fisionomia agricola della Calabria mut radicalmente: nella regione si vennero stagliando delle zone dal profilo nettamente definito, tra tutte quelle pi importanti ruotarono attorno allUniversit di Cosenza, di Monteleone, di Bisignano, ma, accanto a queste, che possiamo definire zone elette, ne emersero altre con

maggiore dinamicit e mobilit della propriet agricola; fattori questi che portarono a registrare in varie aree della regione una modifica del quadro colturale, con una notevole intensificazione delle coltivazione dellulivo con sviluppi commerciali per lolio di oliva che furono anche quantitativamente rilevanti, grazie alla forte ripresa del commercio extraregionale ed internazionale del prodotto, allora particolarmente richiesto ed apprezzato. Testimonianze storiche a riguardo confermano la vitalit del settore oleario calabrese nel corso del XVI sec., epoca in cui lolivicoltura calabrese visse sicuramente una delle sue stagioni migliori. Il boom colturale ed

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per il commercio interno ed internazionale del surplus. E fu proprio lolivicoltura, pi delle altre colture, a trarre beneficio dellinsieme di queste particolari condizioni, compiendo tra linizio del 700 e buona parte dell800 un forte balzo in avanti, diffondendosi la pianta, non solo nelle zone antiche e tradizionali, ma anche in collina e in pianura, dove era stato scarsamente coltivato a causa della feroce aggressivit dei pirati e dellimpraticabilit delle paludi litoranee. Gran parte del meraviglioso paesaggio olivicolo, che a m di trapunta ammanta di verde e dargento e caratterizza lodierno ambiente agrario della Calabria, lo si pu far risalire a quegli anni che, a ragione, possono essere definiti i secoli

che simposero allammirazione di tuttEuropa per il salto di qualit degli studi umanistici, politici ed economici. Da ci nacquero riforme di grande portata, che unite a tutte le grandi innovazioni del XVIII sec. diedero una potente spinta riformatrice, cambiando il volto della societ meridionale. Gli effetti positivi di tali eventi ebbero n forte riverbero anche in Calabria, dove la popolazione cominci a partecipare alla lenta ma sicura ripresa, che andava realizzandosi nel Regno di Napoli. A suo favore giocarono alcuni elementi estremamente positivi quali, lamenit del clima e la fecondit dei terreni; una completa stasi a livello demografico, con un positivo equilibrio tra popolazione e risorse e con ampi spazi

confronti degli altri stati europei, provocando uno spostamento del centro dei traffici mercantili dal Mediterraneo allAtlantico. I porti calabresi si trovarono in una posizione marginale della vita economica nazionale, mentre altre nazioni si affermarono come potenze economiche. Per osservare un altro periodo di crescita dellolivicoltura calabrese, occorre spostarci sino alla met del XVII sec. Da questo frangente in poi, per un arco temporale che si protrarr sino agli inizi del 900, dal ceto medio venne alla ribalta una nuova classe sociale, non legata n alla terra, n ai nobili, formata da ricchi mercanti, appaltatori, banchieri, avvocati, medici e soprattutto da grandi uomini di pensiero

di Napoli; d. Lelevata richiesta di olive da tavola, dovuta sia per la loro economicit, sia per il loro alto potere calorico; e. La fatturazione di particolari contratti di fitto; f. I contratti di mezzadria, nei quali al proprietario spettava la met del prodotto. Tuttavia a partire dagli ultimi anni del 500 la Calabria cadde in una crisi di notevoli dimensioni, in un tunnel di estrema involuzione, vedendo cos svanire tutte quelle speranze di un destino migliore e di un suo definitivo decollo economico e sociale. Questa crisi viene attribuita principalmente allo straordinario sviluppo della navigazione oceanica ed alle grandi scoperte geografiche, fenomeni che misero in posizione di vantaggio i paesi atlantici nei

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nel corso del 700 in tanti altri paesi, sarebbero stati necessari repentini interventi per accelerare le tappe di sviluppo e per attivare tutte quelle procedure onde conseguire un livello tecnologico e produttivo, se non proprio simile a quello raggiunto da altri realt forti europee, almeno simile a quello delle zone pi evolute del Sud e del Nord Italia. Ad intuire per primi i gravi pericoli che avrebbe corso la Calabria se non si fosse prontamente adeguata ai continui miglioramenti che in agricoltura venivano operati in Italia ed in Europa furono alcuni riformatori illuministi meridionali, gli illustri calabresi Francescantonio e Domenico Grimaldi, che elaborarono una serie di progetti finalizzati ad un rapido

differenziata e associata soprattutto al seminativo, che a differenza della viticoltura offriva il vantaggio di non sovrapporsi al ciclo produttivo dellolivicoltura. La miriade di uliveti piantati nella prima met del 700, raggiunta la maturazione, cominciarono a dare abbondanti frutti; le nostre province davano un fiume di olio, ma le tecniche di produzione e di lavorazione, restavano ancora molto antiquate e lolio prodotto nella massima parte era di pessima qualit. Per colmare il divario esistente e favorire un concreto inserimento ed una effettiva partecipazione della Calabria a quel nuovo clima economico che si andava diffondendo e sempre pi realizzando

di denaro, necessarie per poter operare investimenti in un settore, come quello olivicolo, che per sua natura biologica non era immediatamente produttivo e quindi necessitava di periodi lunghi, quasi un ventennio, prima di dare ottimi ritorni economici. Con tali prerogative lolivicoltura estensiva e specializzata rest privilegio assoluto dei signori feudali, dei grandi enti religiosi e di pochi altri proprietari. La precariet economica che caratterizz i piccoli olivicoltori non consent loro assolutamente di investire denaro n di poter sopportare lunghi tempi morti prima della raccolta, per cui nelle sfere della piccola propriet contadina prevalse la microcoltura nella quale la produzione fu articolata,

doro dellolivo. La pianta, infatti, sinfitt in ogni angolo della regione, da Nord a Sud, da Est a Ovest, ne sono una chiara testimonianza diversi documenti dellepoca. La coltura, anche sotto la spinta delle richieste dei mercati internazionali fu praticata in forma estensiva, andando ad interessare principalmente la media e grande propriet terriera feudale ed ecclesiale. E non poteva che essere cos, dal momento che queste erano le uniche realt economiche di un certo peso esistenti sul territorio, quelle che erano riuscite nel tempo, grazie ad una sequela di raggiri e di soprusi, ma anche ad unintelligente opera di valorizzazione patrimoniale, ad accumulare tutte quelle ingenti somme

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attraverso la promozione di nuovi forme di aggregazione che facciano sistema e rilancino lolivicoltura calabrese per innescare quelle condizioni di rilancio test elencate, ed in questottica complessiva che si inserisce la cultura di diffondere la pratica di un olio extravergine di qualit secondo i dettami del disciplinare di produzione Biologico.

rafforzarsi ancor di pi, sancendo in tal modo, una lunga fase di stagnazione della politica e delle attivit produttive. Tutto ci and ad intaccare il sistema agricolo regionale, che ne risult completamente paralizzato, tant che la Calabria, cos come era avvenuto nel 500, dovette assistere impotente al passaggio del treno dello sviluppo nazionale europeo. Siamo cos arrivati ai giorni nostri, epoca in cui pur tra mille difficolt, lolivicoltura riveste ancora oggi un ruolo determinante per la politica agricola calabrese, identificando un comparto in cui, attraverso il ruolo delle organizzazioni professionali si tenta di rilanciare il settore attraverso la diffusione di nuove pratiche di miglioramento olivicolo, e

oliva eccedente al bisogno del Regno, avrebbe potuto avviare un meccanismo auto propulsivo di crescita, destinato al finanziamento di nuovi sistemi di lavorazione, di conduzione delle terre, allintroduzione di tecniche di produzione moderne ed avanzate. Per il conseguimento di questi obiettivi ci sarebbe stato bisogno, per, di una generale fermentazione di un coinvolgimento responsabile di tutte le parti veramente interessate al problema. Purtroppo i tempi non furono maturi per questo scatto in avanti della politica statale e delliniziativa privata, per cui nessuna delle finalit illustrate si pot attuare, anzi proprio in questo periodo, il potere feudale trov energia per

rilancio della coltura olivicola e ad una sua adeguata collocazione nel quadro del sistema economico esistente. Le analisi lucide dei Grimaldi evidenziano la profondit , la concretezza e la modernit del loro pensiero. Profondi conoscitori della realt economica meridionale, avevano individuato proprio nel commercio estero dellolio di oliva la primaria fonte di respiro e di rilancio economico, lunica che avrebbe potuto facilitare il rinnovamento tecnico e strutturale dellolivicoltura, offrendo, nel contempo, con consequenziali effetti di trascinamento, ghiotte opportunit di progresso a tutta leconomia calabrese. Lafflusso di capitali, provenienti dal ricavo delle vendite allestero dellolio di

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Ripercorrendo la storia millenaria dellulivo in Calabria, dati ancor pi significativi si possono ottenere attraverso unanalisi della storicizzazione della piantagione dellolivo nelle diverse aree del territorio calabrese, che nella loro tipicit, ripercorrono un percorso nei secoli che fa della realt dellolivo unesperienza storica unica per la Calabria. lunicit del prodotto olio in Calabria, passa attraverso diverse esperienze territoriali, che analizzate singolarmente offrono un quadro storico di valore inestimabile; territori come la Piana di Gioia Tauro, il Golfo di S. Eufemia, il Golfo di Squillace e il territorio dei Bruzi con la provincia di Cosenza presentano dati e testimonianze attraverso i secoli di

forte rilevanza, ricordando ai posteri come la coltivazione dellolivo abbia rappresentato nei secoli il fulcro della tradizione di una regione, la Calabria, sia dal punto di vista agronomico, sia soprattutto dal punto di vista economico. Se guardiamo alla Piana di Gioia Tauro, basti ricordare Domenico Grimaldi, Accademico dei Georgofili, cui va il merito di aver rinnovato profondamente lolivicoltura di quel territorio alla fine del XVIII secolo: Non andrebbe per avventura lungi dal vero chi credesse che le colonie greche, le quali in gran numero si stabilirono nella Calabria, avessero ivi per la prima volta piantato lUlivo e introdotta quelleccellente maniera di coltivarlo, che nella Grecia si adoperava, cheglino

la storiadellolivoin calabria:i territori del bio

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Mammola. dallanalisi degli atti notarili di cessione della propriet alla cattedrale di Oppido, negli anni 1000-1050, si ha notizia di gelseti, con nuovi impianti, vigneti e coltivazione di cereali. C da dire inoltre che, fino ad allora, lentroterra era scarsamente popolato e solo successivamente, per sfuggire alle scorrerie saracene concentrate sulle citt costiere, le popolazioni si spinsero nei luoghi interni, pi nascosti e protetti e presero origine i numerosi paesi pedemontani. Solo a partire dal Cinquecento possibile, con supporti storici molto attendibili, studiare levoluzione della coltivazione dellolivo nella Piana. Intorno al 1550 il frate Leandro Alberti scrive del suo viaggio in

tirrenico dei coloni provenienti da Locri facile supporre che attraverso queste vie lolivo sia giunto lungo le coste del mar Tirreno. Qui fu, per lungo tempo, una coltura secondaria, essendo il fabbisogno alimentare ampiamente soddisfatto dalla cacciagione e dalla pesca e, nellambito delle colture agrarie, dai cereali. Durante la successiva dominazione romana la coltura fu intensificata tanto che il prodotto veniva anche esportato fuori regione come testimoniato dai numerosi ritrovamenti archeologici nel territorio e dalle anfore di creta utilizzate come contenitori per lolio, rinvenute nel tratto di mare antistante Taureana. Allinizio del nuovo millennio si ha notizia di fiorenti oliveti anche nel comprensorio di

Metauria, lodierna Gioia Tauro, Medma, oggi Rosarno e Mella, nei pressi dellattuale Oppido Mamertina, alle propaggini dellAspromonte. Con la fondazione di nuovi siti si rese necessario creare vie di comunicazione che agevolassero gli scambi commerciali tra le popolazioni e soprattutto con la grande Locri, la quale fu collegata allOccidente per mezzo di due strade che attraversavano lAspromonte su due direttrici principali, una attraverso lo Zomaro, gi fino a Medma, e una seconda attraverso Zerv, gi verso Mella, seguendo il corso del Petrace fino a Metauria. Per secoli lungo queste direttrici si effettuarono i traffici economici e allepoca dellinsediamento sul versante

riguardano come sacro, e che con somma diligenza coltivavano. Lolivicoltura calabrese nasce, presumibilmente, sulla costa ionica, dove fiorirono, a partire dallVIII secolo a.C., le grandi colonie di Sibari (708 a.C.), Crotone (708 a.C.) e Locri (673 a.C.). Che lolivo fosse coltivato nella Locri Epizefiri ampiamente provato da ritrovamenti archeologici, incisioni, studi sulla dieta ellenica, citazioni sulluso dellolio di oliva da parte degli atleti per tonificar ei muscoli e per abbellire esteticamente la figura; inoltre il pi importante tempio locrese fu dedicato a Minerva, alla quale, come noto, lalbero era consacrato. Lespansione dei coloni locresi port alla nascita di alcune sub colonie lungo le coste del mar Tirreno:

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due centri, pur geograficamente separati da selve, pianure coltivate a grano, ortaggi, vigne e da numerosi altri fruttiferi, hanno in comune molti aspetti, in particolare la morfologia dei luoghi, che si presenta speculare, laltimetria, il tipo di suolo e ancora le popolazioni di lingua greca. Soprattutto si trovano lungo le due antiche vie verosimilmente percorse dai coloni greci dalluno allaltro versante della Calabria meridionale. ci fa supporre che gli antichi Greci avessero impiantato in questi determinati luoghi che presentavano, e ancora oggi presentano, le migliori condizioni pedoclimatiche, i primi olivi necessari ai modesti fabbisogni locali. Barrio ci riferisce della presenza, proprio a Sinopoli e in tanti altri comuni

Per ritrovare lolivo bisogna salire nuovamente in collina, alle falde dellAspromonte, fino a Oppido,, sede episcopale. Qui, infatti, si producono oli, vini, e stoffe di cotone ottime. Dalle notizie riportate dal Barrio emergono elementi a supporto della via locrese dintroduzione dellolivicoltura nella Piana di Gioia Tauro. Si distinguono, infatti, due centri di diffusione olivicola, posti agli antipodi della Piana. Il primo che si localizza a sud-est, nel territorio degli odierni comuni di Varapodio, Oppido, Santa Cristina, Cosoleto, Delianuova, Sinopoli, San Procopio, Melicucc, Seminara, Palmi, laltro, a nord-est, nel territorio dei comuni di Feroleto della Chiesa, Maropati, Galatro e Melicucco. I

daltre biade. LAlberti percorre la Piana di Gioia sul basso litorale e non incontra olivi; la gran parte del territorio, in questepoca, incolta oppure coltivata a frumento e pochi altri fruttiferi. Immediatamente successiva a quella dellAlberti lopera del Barrio (1550), che offre una descrizione molto dettagliata del territorio dalla quale possibile mappare le diverse colture e in particolare quella dellolivo. Anchegli attraversa la Piana da nord a sud e cos la descrive: Ci sono i villaggi Meliclochia e Dinami () Si produce vino ed un olio ottimo () Pi lontano c il piccolo castello di Carid. Qui si produce un vino generoso e un olio lodatissimo (Hic generosum vinum nascitur, fit, et oleum, laudatissimum).

Calabria e dalla descrizione die luoghi pu essere fatta una prima ricostruzione che riguarda la piana di Gioia Tauro, che egli percorse da nord verso sud. Cos descrive Rosarno: Ha questo castello buon e grosso paese ove sono giardini pieni daranci, limoni, e altri alberi fruttiferi colle pareti di rose che ad ogni lato se ne veggono. Prosegue quindi, per raggiungere lattuale Gioia Tauro, passato Rosarno comincia una molto larga e lunga pianura, detta la pianura di S. Giovanni quasi tutta incolta, e piena di cespugli, e di boschi. Pi avanti procedendo dal lito discosto, vedesi Gioia, il cui territorio molto bello e pieno di vigne, daranci e daltre fruttiferi alberi. Et non meno producevole di grano e

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imposto dagli spagnoli prima e dai Borboni poi, le innovazioni tecnologiche nella fase estrattiva ed eventi naturali come il grande cataclisma del 1783, tutto questo contribuisce a unespansione cos straordinaria che allinizio del XIX secolo vedr la Piana di Gioia Tauro talmente trasformata da essere irriconoscibile. Di questo secolo abbiamo le testimonianze del Giornale di Viaggio di Galanti (1792), dArnolfini (1768) e soprattutto di Grimaldi (1777). E in questo secolo che lolivo scende effettivamente nella Piana e che gli investimenti si fanno regolari e costanti, con pratiche agronomiche che, nella fase di propagazione e impianto, sono finalmente ispirate a criteri di razionalit. Non meno disastroso era fino

produzione olivicola a Seminara nel 1624, pari a misure napoletane 130.000 di rotola quindici luno, che equivalgono a circa 1200 tonnellate. Se fino al XVI secolo gran parte del prodotto era consumato come comparaggio di tanti et tanti poveri che sono in Napoli et per lo regno, questa situazione comincia a cambiare nel corso del XVIII secolo. E in questo periodo che avvengono fatti destinati a cambiare il paesaggio agrario della Piana. La lenta ma inesorabile scomparsa del gelso e dellindustria serica, laumento del consumo dolio sia nellilluminazione pubblica sia nellindustria tessile e nellalimentazione dei ceti urbani in tutta lItalia, la riduzione della vessatoria politica fiscale, e quindi del dazio sullolio,

(1601), che attraversa la Piana da sud a nord e inizia dalla descrizione di Seminara e Parma, lodierna Palmi, confermando, sostanzialmente, la descrizione di Barrio che vede una Piana assolutamente libera da olivi, confinati in due areali ben distinti e geograficamente separati, caratterizzati dal fatto di essere posti nelle zone salubri della collina pedemontana. A novantanni di distanza dalla stampa dellopera del Marafioti labate Giovanni Fiore (1691) a descrivere i luoghi della Calabria. Gran parte delle descrizioni del territorio sono simili a quelle forniteci dal Barrio non essendovi novit di rilievo rispetto alle varie colture, in particolare per lolivo, ancora localizzato quasi del tutto in collina. Un dato importante riguarda la

adiacenti, di olive, grosse come le mandorle e carnose, preparate in botti, sono ottime a mangiarsi. Dunque, appare verosimile affermare che solo dopo il Seicento le antiche variet introdotte in et greca siano state del tutto soppiantate da variet a frutto piccolo quali le odierne Sinopolese e Ottobratica. Le diverse variet di olive saranno successivamente citate dal Pasquale (1863), che nella sua relazione scrive: Oltre ci, provato in molti punti dello stesso circondario ad allevare gli olivi domestici dello Ionio, non vi danno che scarsissimo prodotto in frutto; onde si levano via quei pochi che si trovano ab antico. Successivamente al Barrio lopera di Girolamo Marafioti da Polistena

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palmi, onde per ogni tomolata di terreno si contengono nove o dieci piante. Arnolfini indicava ancora nelle basse pianure di Gioia la presenza considerevole, lungo il corso del fiume Budello, di boschi e macchie, cos sui rilievi collinari di Terranova. Il Bevilacqua (1688) riferisce che nel 1687-89 furono esportate in media annuale 3232 salme di olive dalla Calabria. Un secolo pi tardi la media corrispondente degli anni 1785-94 era stata di 27.424 salme, la produzione era aumentata di ben nove volte. Nei paesi oleari della Piana, ci riferisce Grimaldi, la coltura dellolivo si era sempre pi venuta estendendo a danno dei boschi e delle macchie che la popolazione vedeva scarseggiare sempre pi diffusamente la

olivi non si putano, ma si diradano solamente. Qualcheduno ha cominciato a putarli. Lolio buono. () I trappeti alla genovese vi sono comuni. Lolio si conserva dentro vasi di creta. Evidentemente lolivo comincia a essere coltivato a ridosso dei centri abitati anche della pianura, mentre ancora resistono le zone paludose e i boschi di Gioia Tauro, su verso il Petrace, e di Rosarno. Unaltra testimonianza dellinizio dellespansione della coltura ci fornita dallArnolfini (1768) che, percorrendo i feudi della Principessa di Gerace, descrive il fenomeno nel suo pieno svolgimento: Le piantagioni che ora si fanno nel territorio di Terranova sono regolari e belle. Si pongono gli olivi a distanza di 60 o 70

nel suo viaggio effettuato in Calabria nel 1792, che attraverso la descrizione dei luoghi ci presenta la Piana di Gioia Tauro ancora molto simile a quella descritta dal Barrio e dal Marafioti, ma ci segnala gi a Driosi la presenza di alberi di olivo, cos, infatti, scrive: vicino Drosi si veggono pochi ulivi, ma nel resto della Piana che attraversammo tutto macchioso e inculto. Generalmente le coltivazioni dulivo estese sono sulle pendici delle colline e vicino ai luoghi coltivati. La maggior parte della Piana deserta. Galanti (1792), a proposito di Seminara, ci conferma che le innovazioni del frantoio alla genovese proposto dal Grimaldi erano state seguite, ma non i suggerimenti agronomici, perch cos egli scrive: gli

a quel periodo il metodo di estrazione dellolio. Anche in questo settore il Grimaldi, forte della propria esperienza in Provenza ed in Liguria, descrive in maniera analitica il processo estrattivo adottato in Calabria, che aspramente critica, e indica le necessarie innovazioni che devono essere introdotte al fine di ottenere una migliore resa e soprattutto una migliore qualit dellolio. La coltura dellolivo aveva cominciato, dopo la met del Settecento, a espandersi per merito, soprattutto, delle innovazioni introdotte con i frantoi alla genovese; lolivo continua poi a diffondersi, anche se lentamente, oltre i confini collinari, dove era stato relegato per secoli. Il dato viene confermato da Giuseppe Maria Galanti

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Ville Vesuviane. Ci avviamo cos allepoca del Risorgimento italiano e dellimpresa dei Mille con una crescente espansione del territorio della Piana di Gioia Tauro investito dallolivo e con la continua costruzione di frantoi. Fino a questepoca non ancora possibile stabilire con precisione il totale degli ettari coltivati a questa coltura, supponiamo che sia presente, pi o meno intensamente nella quasi totalit dei comuni che da qui a poco saranno annessi al Regno dei Savoia. Proprio a ridosso dellunificazione del Regno, De Pasquale (1863) indica in 18.500 gli ettari coltivati a olivo nella Piana. Solo alla fine del XIX secolo lespansione sembra frenarsi e su questo abbiamo la testimonianza di Bracci,

caduta spontanea e ancora si facevano fermentare in cumuli, tanto che lolio estratto emanava un cattivo odore di rancido che lo rendeva praticamente immangiabile. tra il 1822 e il 1825 fu fatto erigere a Cannav, per volere della principessa Serra di Gerace, un gran frantoio polifunzionale, destinato a trappeto, deposito, abitazione per gli operai e casino padronale. La ricercatezza dei particolari utili alla migliore funzionalit degli spazi, alla comodit dei locali di lavoro, alla riduzione delle superfici degli edifici da adibire ad abitazione signorile, lessenzialit dei locali lavorativi rappresentano una grande innovazione che differenzia in meglio Cannav sia dai Siti Reali sia dalle

Ci ha ora sterminati oliveti dove non erano che foreste vergini, e ancora Bevilacqua: Le terre di pianura, anche laddove si erano insediate fiorenti masserie cerealicolo-pastorali, vennero progressivamente e sistematicamente invase dagli alberi: ulivi in primo luogo. Per rispondere alla crescente domanda del mercato internazionale le terre di piano venivano consacrate alle piantagioni specializzate. NellOttocento Norman Douglas riferiva della produzione di 200.000 quintali dolio di oliva nella Piana. Nel 1812, dalla statistica murattiana si pu notare che, se pur cominciavano a essere utilizzati numerosi accorgimenti agronomici nelle colture, si soleva ancora raccogliere le olive molto tempo dopo la

legna per il fuoco domestico. In quegli anni il consumo dellolio di oliva cresce enormemente, cos come la popolazione e il lusso crescono in Europa. Laumento della domanda e gli investimenti olivicoli furono per alcuni anni frenati dalle guerre napoleoniche, ma subito dopo il mercato europeo diede maggiore slancio allolivicoltura, favorita dalla riduzione dei dazi sulla produzione dellolio. Nella Piana di Gioia Tauro, la specializzazione dellolivicoltura si era ormai affermata. Il processo riprese con ancora maggiore vigore e and a occupare i boschi, i terreni sabbiosi e quelli umiferi, dove, come a Rosarno e nella bassa Piana, lolivo rimpiazza, ci fa sapere il Moschitti: Gli antichi boschi e le belle terre da semina.

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sociale diverrebbe insostenibile, ecco perch necessario rivalutare nellottica della valorizzazione delle produzioni a marchio comunitario, con particolare attenzione a quello Biologico, la rivalutazione delle pratiche agronomiche di coltivazione, raccolta e trasformazione di un prodotto che in questa Regione ha una storia unica e inscindibile dai territori. Difatti dopo aver posto lanalisi del territorio reggino, se si guarda alla storia dellareale compreso tra il Golfo di SantEufemia e il Golfo di Squillace, notiamo come a seguito della forte fase di espansione a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, le piante di olivo iniziarono a diffondersi nei territori di quasi tutti i comuni dellarea attualmente occupata

chiarezza la dipendenza dal contributo comunitario ed uneconomia assistenziale legata al collocamento di interi nuclei familiari durante il lunghissimo periodo della raccolta, con i conseguenti oneri pubblici legati allindennit di disoccupazione. In termini di investimenti, si passa dai 27.422 ha censiti nel 1925 ai 31.611 ha del 1970 e, pi recentemente, ai 29.325 ha che riporta Nesci e ai 23.600 ha indicati da Fardella. Certamente qualcosa deve essere conservato di questo straordinario paesaggio rurale e ci andrebbe fatto seguendo le linee storiche che si leggono sul territorio. Ma non si pu e non si deve pensare di consegnare allimmobilismo tutti i 24.000 ha di oliveti, perch il costo economico e

dItalia, lolivicoltura della Piana di Gioia Tauro certamente uno degli esempi pi straordinari e complessi di monocoltura arborea di grande estensione che abbiamo in Italia. Gli oliveti della Piana, per il particolare vigore delle cultivar, Ottobratica e Sinopolese, pongono il dilemma del rinnovamento o del mantenimento, perch, seppur spettacolari dal punto di vista paesaggistico, non si prestano alla produzione di un olio di qualit con costi contenuti. Scrive Fardella nel 1995 che tra il piglio quasi punitivo nei confronti della ragione economica e la speculazione pi oltraggiosa, rimane un vuoto di idee che la ricerca non riesce a colmare. Il dato economico indica con

Direttore del Real Oleificio Sperimentale di Palmi, che nel 1863 riporta 150.000 quintali di olio prodotto nella Piana su 24.375 ettari coltivati, e in generale sottolinea le condizioni di precariet colturale delle piantagioni: Questa imponente vallata ricoperta () da estesissimi oliveti () ci sentiamo invadere da un senso di malinconia nel vedere labbandono in cui lasciato lalbero prezioso di Minerva. Se poi si fa capolino nei locali destinati alla manipolazione delle olive, lo spettacolo in generale davvero desolante. Figlia, quindi, di una delle pi straordinarie e intense trasformazioni del paesaggio agrario che nel corso dalcuni decenni a cavallo del XVII e XIX secolo interess il Mezzoggiorno

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caratterizzato il paesaggio olivicolo nel corso della seconda met del secolo scorso, sia in monocoltura sia in consociazione con agrumeti. A definire le caratteristiche paesaggistiche concorrono, oltre che la particolare colorazione del fogliame, il portamento assurgente, la vigoria e larchitettura della pianta, a vaso o globo, nonch la disposizione spaziale, pi o meno regolare, con distanze di impianto 8x8 m, 10x10 m, sino ad arrivare al 12x12 m e, quindi, con una densit variabile da o,69 a 160 piante/ha. La particolare conformazione della pianta della cultivar Carolea e degli impianti esistenti, con una prevalente disposizione delle piante in sesti regolari, o quasi, ha permesso

olivicole pi importanti della provincia e della regione. Gli oliveti, che costituiscono lo sfondo della vita quotidiana della pianura e della collina di questa vasta area, sono prevalentemente rappresentati dalla cultivar Carolea, che, distribuita su circa 12.000 ha, da sempre ha avuto e ha un ruolo fondamentale nella vita economica e culturale di queste comunit, delineando un paesaggio olivicolo che definito da uneccessiva polverizzazione aziendale (a,67 ha) e dalla contemporanea presenza di unolivicoltura tradizionale (prevalente), di unolivicoltura intensiva e di unolivicoltura marginale. Lolivicoltura tradizionale attualmente presente, sia in pianura sia in collina, quella che ha

secolari di particolare bellezza paesaggistica. Nel versante tirrenico, invece, lolivicoltura incastonata in un paesaggio che disegnato dalla lussureggiante piana di Lamezia, che lasciandosi attraversare dal fiume Amato (Lamato) (Valle dellAmato) e affacciandosi sul litorale, si incurva per abbracciare il Golfo di SantEufemia e risale verso le pendici del Monte Contessa, del Reventino e verso la stretta gola di Marcellinara, impreziosendosi di una suggestiva copertura vegetale nella quale domina, fino a 600 m s.l.m., la colorazione verde-argenteo degli innumerevoli esemplari di piante di olivo, a volte plurisecolari, ricchi di storia e di tradizioni, che definiscono questa area come una delle realt

nellattuale provincia di Catanzaro, a oggi, sono state censite 6.800.000 piante di olivo, distribuite su 42.795 ha, corrispondenti a 25.551 aziende, in una fascia di territorio, definita al Botta strangolamento dItalia, compresa tra i due versanti della Regione: quello ionico e quello tirrenico. Nel versante ionico le piante id olivo sono distribuite a partire dal litorale che delinea il Golfo di Squillace, spingendosi verso le ridenti valli del Corace, dellAlli e del Simeri, per inerpicarsi verso le pendici delle Serre calabresi e della Sila piccola; ma la maggiore concentrazione dellOlea europaea si riscontra in agro di Belcastro, di Squillace, di Borgia, di Sellia, di Zagarise e di Badolato, dove si ritrovano esemplari

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un ambiente adibito a magazzino, furono recuperati cinque dolii cordonati torniti di produzione locale, cio cinque grandi recipienti per la conservazione di derrate alimentari, del tutto simili ai giganteschi pithoi trovati nei magazzini dei palazzi minoici e micenei. Al momento del ritrovamento, i dolii si presentavano rovesciati, in seguito allabbandono dellambiente, e poggiavano non sul pavimento ma su uno strato nerastro e grasso, molto probabilmente formatosi durante il periodo duso del magazzino e attribuito a residui dellolio doliva. Anche le superfici interne dei dolii erano ricoperte di uno strato di residui dolio di oliva che era stato contenuto nei recipienti. Nel corso dei primi scavi,

delledilizia urbana che, pi o meno velocemente, sta fagocitando importanti tessere del paesaggio olivicolo. Per completare il quadro di un territorio cos vasto ed eterogeneo occorre ora volgere lo sguardo a quei territori che dominano la parte centro-settentrionale del panorama olivicolo calabrese. Ad esempio, da oltre ventanni, sulla collina in localit Broglio di Trebisacce, si effettuano scavi archeologici che hanno riportato alla luce le vestigia del villaggio protostorico di Enotri, la cui origine datata a 3500 anni fa. La prima occupazione del sito risale, infatti, alla media Et del Bronzo, durante i periodi cosiddetti Protoappenninico e Appenninic (1750-1350 a.C.). Nel corso degli scavi, in

disposti sul terreno a macchia di leopardo. Si tratta di unolivicoltura sostenuta dalla conduzione familiare o, spesso, con manodopera part time e che, inevitabilmente, sta evolvendo verso unolivicoltura in stato di abbandono, le cui cause sono analoghe a quelle che caratterizzano altre realt olivicole italiane: spopolamento delle aree agricole, scarsa renumerazione, attrazione verso attivit lavorative e/o sociali pi gratificanti. Ad alterare laspetto paesaggistico, in questi ultimi ani, ha contribuito lattuazione di progetti di urbanizzazione, che prevedono aree di espansione dei centri urbani in spazi attualmente destinati allattivit rurale e, quindi, si osserva una continua evoluzione

allolivicoltura tradizionale di convivere con le innovazioni tecnologiche, ben adattandosi alla raccolta meccanica e alla meccanizzazione in genere. Si registrato inoltre, in questarea, un certo dinamismo nel recepire le innovazioni impiantistiche, che hanno posto le basi per la realizzazione di unolivicoltura intensiva che si andata ad affiancare a quella tradizionale. Quello che senza dubbio preoccupante, e che in breve tempo potrebbe determinare una profonda variazione del paesaggio olivicolo, lolivicoltura delle aree marginali, che contribuisce in maniera considerevole al paesaggio di questa area e che localizzata in quelle aree collinari impervie e nelle quali, spesso, si individuano gli esemplari pi antichi,

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appartenente allordine florense, per lo sfruttamento di pascoli sulla Sila. NellXI secolo, lolivo segnalato nel Cosentino e sulle coste tirreniche (Scalea) dal Brebion reggino; mentre in epoca sveva se ne hanno testimonianze, fra laltro, per Bisignano e Luzzi nella Valle del Crati. Tuttavia a differenza della provincia di Bari, dove gli oliveti caratterizzavano profondamente gi a quellepoca il paesaggio rurale, e fatta eccezione per il territorio di Rossano, fino al XVI secolo non si hanno evidenze della presenza di terreni a specializzazione olivicola nel cosentino; lolivo, sia pur presente, era spesso consociato ad altre colture come il gelso e la vite. La diffusione dellolivicoltura in Calabria, come in tutto

soprattutto tra lVIII e il XII secolo, e al monachesimo latino, benedettino, cistercense, certosino, florense, e, infine francescano, soprattutto tra il XII e il XV secolo, la razionale coltivazione dellolivo e la sua prima diffusione dopo i tempi incerti che seguirono la fine dellImpero Romano. Secondo antiche tradizioni, i plurisecolari oliveti presenti nel comune di Rossano, costituiti ancora oggi da migliaia di piante della cultivar Dolce di Rossano, sarebbero stati realizzati proprio dai monaci basiliani della Chiesa dOriente. Non a caso, nel 1223 il monastero greco del Patirion di Rossano era tenuto a pagare annualmente con alcune lagene di olio, secondo la misura di Rossano, quello si San Giovanni in fiore

Broglio,; si pu ritenere che 3500 anni fa esso facesse da tempo parte dellantica flora della penisola. Nel I secolo d.C. Columella, nel De re rustica, cita la Calabria nel momento in cui annovera, tra le dieci variet dolivo allora note, la Calabrica, che egli considera simile alloleastro, senza peraltro indicarne unesatta localizzazione sul territorio regionale. Rari esemplari di millenari oleaster sono ancora presenti nella provincia di Cosenza. Uno di questi, assai suggestivo ma innestato in tempi remoti con una cultivar di olivo locale, si pu ancora ammirare presso lazienda Arcaverde in agro di Cerchiara. In seguito, si deve sicuramente ai monaci basiliani, che esercitaroo la loro maggiore influenza

furono ritrovati anche endocarpi di olivo negli strati di terreno corrispondenti ai dolii, che, sfortunatamente, oggi non sono reperibili. I dolii sono attualmente conservati presso il Museo Archeologico di Sibari (CS) e testimoniano che lolio di oliva era prodotto ed era probabilmente oggetto di scambi commerciali in Calabria gi a partire dallEt del Bronzo, quindi, almeno cinque secoli prima della fondazione di Sibari e dello stanziamento duraturo dei colonizzatori greci. Ci significa che lolivo, selvatico e non, era, se non coltivato, sicuramente noto e apprezzato per i suoi prodotti, olio e olive, e che non vi motivo di ritenere che sia stato introdotto dalla Grecia, ma, pi probabilmente, dai ritrovamenti di

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olive da mensa che ne hanno assicurato un diffuso consumo, soprattutto fra i ceti meno abbienti. Oggi, dopo alcuni secoli di lenta ma progressiva espansione della coltura e, dopo alcuni decenni di aiuti alla produzione da parte dellUE, lolivicoltura risulta diffusa su buona parte del territorio della provincia, escluse le superfici occupate dalla catena appenninica e dallaltopiano della Sila ad altitudini in media superiori ai 600m. In particolare, le maggiori concentrazioni si registrano nella Piana di Sibari, sulle colline ioniche presilane, nella fascia prepollinica e nella media valle del fiume Crati.

il sud, durante il Medioevo, a differenza di quanto accade per la viticoltura, fu lenta e incerta. Nel XVI secolo la coltura dellolivo in Calabria seguiva, per importanza, quella dei cereali, del gelso e della vite, pur costituendo unimportante voce delle esportazioni. Lo testimoniano, per esempio, le entrate dei feudi cosentini dei Principi di Bisignano tra il 1578 e il 1580. Il XVI secolo, tuttavia, caratterizzato da un mirabile risveglio delleconomia agricola calabrese, che segna linizio della maggiore diffusione della maggiore diffusione della coltura dellolivo nella provincia e nella regione a causa dellesenzione da tasse di cui godr la coltivazione fino ai primi decenni del Seicento, e al costo assai contenuto delle

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PRODUZIONEECLASSIFICAZIONE

La zona di origine dellOlivo (Olea europaea L.) si ritiene sia quella sud caucasica (12.000 a.C.) sebbene molti la considerino una pianta prettamente mediterranea. Questa, infatti, si ambientata molto bene nel bacino mediterraneo soprattutto nella fascia dellarancio dove appunto la coltura principe quella degli agrumi associata in ogni modo a quella dellolivo: in questa fascia sono compresi paesi come lItalia, il sud della Spagna e della Francia, la Grecia e alcuni Paesi mediorientali che si affacciano sul Mediterraneo orientale.Lolivo coltivato appartiene alla vasta famiglia delle oleaceae che comprende ben 30 generi (fra i quali ricordiamo il Ligustrum, il Syringa e il Fraxinus); la

specie suddivisa in due sottospecie, lolivo coltivato (Olea europaea sativa) e loleastro (Olea europaea oleaster).Importanti da individuare nellolivo sono gli stadi fenologici e lalternanza di produzione.Gli stadi fenologici che lolivo deve seguire sono:

1. stadio invernale durante il quale le gemme sono ferme;

2. risveglio vegetativo delle gemme;3. formazione delle mignole con il fiore

non ancora sviluppato ma presenta i bottoni fiorali;

4. aumento di volume dei bottoni;5. differenziazione della corolla dal

calice;

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irrazionali (potatura e concimazione), eccessivo ritardo nella raccolta dei frutti e ancor pi importante la predisposizione genetica della cultivar stessa. Per ovviare a tale evento si deve operare in modo tempestivo e continuato nel tempo con i seguenti accorgimenti:

1. interventi di potatura a turno ridotto;2. irrigazione e concimazione

razionalmente praticate;3. razionale lotta antiparassitaria,

soprattutto contro la mosca dellolivo;4. anticipando lepoca di raccolta in

relazione alla maturazione ottimale dei frutti per le diverse variet.

Per quanto riguarda le cultivar, il

6. fioritura vera e propria con apertura dei fiori (corolle bianche);

7. caduta dei petali (corolle imbrunite);8. momento dellallegagione e comparsa

dei frutti dal calice;9. indurimento del nocciolo;10. ingrossamento del frutto;11. invaiatura;12. maturazione del frutto.

Lalternanza di produzione un aspetto del quale si deve tener molto in considerazione in olivicoltura perch i suoi effetti si ripercuotono sia sul prezzo che sulla qualit del prodotto finito (sia olive da olio sia da tavola).Le cause a cui si pu ricondurre tale evento sono riferibili a pratiche colturali

La pianta dellulivo molto rustica e resiste a condizioni pedo-climatiche anche estreme, tuttavia si avvantaggia moltissimo se coltivata su terreni fertili e con lausilio di concimazione ed irrigazione.Lolio di oliva un importante alimento per luomo ed da 50 secoli che si ottiene dalla spremitura di olive macinate, separando lolio dallacqua di vegetazione.Lolio di oliva per definirsi vergine deve essere ottenuto dal frutto dellulivo spremuto mediante processi meccanici, in condizioni (soprattutto di temperatura) che non causino alterazioni dellolio. Lolio non deve aver subito processi diversi dal lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione. Gli oli di oliva ottenuti con

parametro che viene maggiormente utilizzato nella classificazione la destinazione commerciale del prodotto, ossia da olio, da tavola o a duplice attitudine (da olio e da tavola).Esempio: - cultivar da olio: Bosana, Canino, Carboncella, Casaliva, Coratina, Dolce Agogia, Frantoio, Leccino, Moraiolo, Pendolino (cultivar toscana diffusa come impollinatrice di Frantoio, Leccino, Moraiolo, Ascolana Tenera), Rosciola, Taggiasca, Dolce di Rossano, Tondina, ecc.; - cultivar da mensa: Ascolana Tenera, Oliva di Cerignola, SantAgostino;- cultivar a duplice attitudine: Carolea, Itrana, Tonda Iblea, Cassanese.

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solventi, processi di riesterificazione e miscele con oli diversi non sono considerati vergini.Lolio di oliva extra vergine deve possedere una serie di caratteristiche chimiche e sensoriali, definite dalla normativa vigente.

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caratteristichedellolio di olivabiologicocalabrese

La produzione olearia calabrese si distingue per la sua antichissima tradizione.Lolio doliva calabrese pu essere fruttato o speziato, dolce o amaro, forte o delicato, il suo gusto sempre determinato da diversi fattori naturali. Lenorme variet di aromi che lolio doliva pu avere, lo rende un alimento utilizzabile in qualsiasi tipo di cucina, sia con i cibi cotti che crudi; consigliato per la frittura, in quanto non d luogo, come altri olii, a formazioni di perossidi e polimeri, estremamente nocivi per il fegato, lo stomaco ed il sistema circolatorio. E particolarmente indicato per la nutrizione del bambino, dellanziano e dello sportivo per lalta digeribilit e per la presenza di antiossidanti utili contro i

radicali liberi e per la capacit di favorire lassorbimento dei sali e delle vitamine. I dietologi consigliano luso in particolare dellolio extra vergine per rendere pi appetitosi gli alimenti e migliorare la salute dei consumatori.Limportanza della coltivazione dellolivo nella storia dellagricoltura calabrese testimoniata dalla presenza, in tutto il territorio, di numerosi alberi giganti, alcuni dei quali alti ben oltre i venti metri. Molti di questi, nonostante abbiano fornito enormi quantit di olio nei diversi secoli, sono ancora in produzione.La produzione dellolio avviene con olive raccolte in uliveti selezionati, ed rivolta a ottenere un olio dal sapore inconfondibile, molto spiccato, altamente

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che in qualit, per cui si pu affermare che la regione Calabria contribuisce a diffondere in maniera determinante il marchio italiano nel mondo.Lolio calabrese commercializzato in tutto il mondo , dove viene apprezzato per le sue indubbie qualit organolettiche, nutrizionali e salutistiche. Tali indiscutibili qualit, di cui riferiscono numerosissimi studi scientifici, sono riconducibili allelevato valore del germoplasma olivicolo calabrese, che annovera cultivar di grande pregio (Carolea, Tondina, Dolce di Rossano, Cassanese, Ottobratica ed altre), ma soprattutto alle condizioni ambientali, pedologiche e climatiche, unicamente calabresi.

digeribile e universalmente riconosciuto alla base della cucina mediterranea italiana.Lolio extra vergine doliva sicuramente lelemento pi importante per caratterizzare lalimentazione mediterranea. Quello calabrese pu senza dubbio essere considerato tra i pi pregiati nel panorama produttivo italiano e mediterraneo.Lolio calabrese vanta una tradizione antichissima, come dimostrano le piantagioni millenarie risalenti allet della Magna Grecia, che ancora oggi sono produttive. La vasta coltivazione di alberi dulivo sul territorio regionale, pone la Calabria sul podio delle regioni produttrici italiane con Puglia e Sicilia, sia in quantit

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ASPETTIagronomiciDELLOLIOCALABRESE

Definita nellanalisi precedente la produzione olivicola della regione Calabria, possiamo ora analizzare le caratteristiche che ci offrono la possibilit di identificare in maniera omogenea ed estesa a tutto il territorio regionale la qualit e le caratteristiche dellolio biologico calabrese.Se si osservano le caratteristiche del germoplasma olivicolo esistente sul territorio, occorre porre in rilievo le caratteristiche bio-agronomiche e produttive, per una corretta utilizzazione dei dati derivanti dal nostro studio ai fini di unarmonizzazione delle colture olivicole che rappresenti un dato unico e inscindibile dal territorio su cui incidono, quello calabrese appunto. Unanalisi

accurata del germoplasma calabrese offerta dagli studi condotti dall ISOL (oggi CRA-Oli) per conto del Co.r.ass.ol. , dai quali emerge unattenta elaborazione dei dati provenienti da tutto il territorio regionale. A ci si deve aggiungere la possibilit di armonizzare le problematiche legate al territorio e alla diversificazione orografica tipica della nostra regione. Si aggiunga a quanto premesso la stretta correlazione tra dati statistici osservati circa le capacit produttive e di trasformazione e la realt tecnica degli operatori del comparto. Questa stretta relazione prodotto-territorio-operatori pu essere facilmente estrapolata, per quanto concerne il comparto olivicolo, dallopera delle Organizzazioni di Produttori, che

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soprattutto negli ultimi anni attraverso numerosi programmi finanziati con fondi comunitari , offrono uningente mole di dati da cui si evince una caratterizzazione dellOlio extravergine di oliva calabrese per tradizione nella produzione, legame con il territorio e unicit delle colture. Occorre dunque offrire un compendio che caratterizzi l accezione del marchio Biologico rispetto ad altre produzioni analoghe sviluppatesi in altri territori estranei a quello regionale. Di seguito offriremo quindi una sintesi tra caratteristiche bioagronomiche, tipicit del territorio e delle metodologie di produzione, quali elementi unici e irripetibili dellOlio Calabria.

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le cultivare il territorio

Le origini antiche della diffusione dellolivo sul territorio e il tramandarsi della tradizione nelle pratiche colturali hanno determinato, come detto, una diffusione importante della coltura dellolivo in Calabria, e ha consentito lo sviluppo di variet autoctone, tra cui le principali sono riportate in tabella.

Cultivar Calabresi e loro diffusione

CULTIVAR PROVINCIASUPERFICI INVESTITE

(Ha)PRODUZIONI MEDIE STIMATE (Ton olio)

Cassanese Cosenza 5.000 - 6.000 5.000

CaroleaCosenzaCatanzaroCrotone

50.000 30.000

OttobraticaReggio CalabriaVibo Valentia

20.000 15.000

Sinopolese Reggio Calabria 20.000 15.000Dolce di Rossano Cosenza 20.000 12.000Grossa di Gerace Reggio Calabria 7.000 - 8.000 5.000Tondina (Roggianella) Cosenza 8.000 - 10.000 20.000

Fonte: CRA-ISOL

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Inoltre, si riconoscono delle cultivar a minore diffusione , che possono essere considerate a carattere locale, esse sono:

Borgese, diffusa particolarmente in agro di Santa Saverina Kr; Ciciarello, diffusa particolarmente nella piana di Gioia Tauro; Corniola, diffusa nellalto Ionio casentino; Imperiale, diffusa nel reggino; Mafra, diffusa nellalto Ionio Casentino; Nera di Cantinella, diffusa in agro di Corigliano Calabro; Nostrana, diffusa nellalto Ionio Casentino; Romanella, diffusa nella pina di Lamezia; Tonda di Filadelfia, diffusa nella area meridionale della piana di Lamezia; Tonda di Filogaso, particolare dellagro di Filogaso; Zinzifarica, presente nella zona sud della Calabria.

La diffusione sul territorio regionale delle diverse coltivazioni osservabile nella figura di fianco. Le variet locali data la loro limitata diffusione non hanno un significato a livello produttivo, ma hanno significato rilevante per la capacit di adattamento della pianta al microclima relativo al sito di impianto, quindi, questo dimostra la ottima predisposizione delle condizioni ambientali della regione a favore della coltivazione dellolivo, cosa del resto evidenziata dalla capillare diffusione della pianta a livello regionale. La coltivazione dellolivo, quindi, nella nostra cultura e ne parte fondamentale. Pertanto, la regione Calabria pu vantare una produzione olivicola omogeneamente

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distribuita dal punto di vista quantitativo e di presenza della produzione, cosa che caratterizza fortemente il territorio regionale e nellimmaginario collettivo associa la Calabria alla pianta dellolivo. Constatata la presenza di una notevole produzione di olive, queste raccolte vengono destinate per circa la totalit alla trasformazione in frantoi per lottenimento di olio.

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unicitadel prodottoe del territorio

La tipicit dellolio calabrese, malgrado le diverse cultivar, determinata dallambiente, da cui deriva unomogeneizzazione verso un rapporto tra territorio, metodologie di produzione e prodotto finito. Per identificare con chiarezza il carattere di unicit e irripetibilit della produzione dellOlio Calabria, occorre offrire una sintesi tra le cultivar tipiche del territorio e le tradizioni e caratteristiche di produzione che incidono sul territorio regionale. Se si guardano i dati sulla produzione e sulla trasformazione del prodotto, rapportandoli alla superficie ulivetata, si pone in stretta correlazione la produzione dellolio di oliva, attraverso specifiche pratiche bio-agronomiche, con limpatto

sul territorio che denota, rispetto ad altre aree del paese, un forte grado di ruralit, realt pressoch unica che caratterizza la Calabria, e propone una forte correlazione tra territorio e produzione agricola. Questo dato emerge dallanalisi fatta attraverso unapposita ricerca .Dallo studio emerge un forte grado di ruralit del territorio regionale, che dimostra come la vocazione agricola della Regione sia ancora molto forte. Questo dato, posto in relazione con i dati illustrati nel capitolo precedente, collega il grado di ruralit regionale in relazione alla produzione della principale coltura presente sullintero territorio, lolio di oliva appunto.

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Alta ruralit

Media ruralit

Medio-alta ruralit

Non rurale

Altro punto che evidenzia il carattere di unicit tra territorio e olio di oliva, la diversificazione delle colture olivicole, difatti se la Calabria, come osservato in precedenza, da sempre sede di una importante produzione di olio di oliva. Il fatto che la coltura dellolivo sia tradizione consolidata e diffusa in modo omogeneo nella regione Calabria confermato dal fatto che nonostante la polverizzazione delle aziende calabresi, nella quasi totalit di queste esiste un appezzamento, anche piccolo, destinato alla produzione di olivo, dato questo che evidenzia un legame viscerale esistente tra lessere calabrese e la pianta dellolivo, per le peculiarit culturali, sociali, storiche che esso rappresenta per e nel nostro modo di essere, dato che viene evidenziato osservando sul territorio la diffusione e la gestione ambientale degli uliveti 4

4. Dati elaborati attraverso i programmi ex Reg. CE 1334/02 e Reg. CE 1331/04

Coltivazioni Erbacee

Coltivazioni Arboree

Allevamenti

COMPOSIZIONE DEL VALOREPRODUZIONE AGRICOLAIN CALABRIA

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unicitaNEL GERMOPLASMA:IL DATO SENSORIALE

Un elemento molto importante, che rappresenta il raccordo tra la tipicit del territorio e della produzione dellolio calabrese, il dato sensoriale. Basti guardare i risultati delle analisi di laboratorio riportarti nelle figure successive

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Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

CULTIVAR CAROLEAIndice di Jean 1.1

Composizione acidi grassiAc. palmitico 13.59%Ac. stearico 2.46%Ac. oleico 72.97%Ac. linoleico 6.72%Ac. linolenico 0.53%

Ac. grassi insaturi / saturi : 5.0Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 10.60

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 208.2

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 12.8 hPunteggio sensoriale medio: 60

Odore: fruttato di oliva di lieve intensit con lieve odore di altra frutta, soprattutto neraSapore: delicato, lievemente amaro e piccante, con leggero sapore di mandorla, lievemente dolce.

Le caratteristiche organolettiche degli oli sono buone.Il valore della percentuale di ac. palmitico medio-alto. Il valore della percentuale di ac. oleico medio. Il valore del rapporto acidi grassi insaturi / acidi grassi saturi medio mentre il rapporto acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi alto.I valori del contenuto di fenoli totali e del tempo di induzione Rancimat sono nella media.

Nellinsieme, le caratteristiche sensoriali e compositive dimostrano che lolio di buona qualit. Tuttavia, ad indici di maturazione pi alti (con il procedere dellinvaiatura) si osserva una notevole riduzione dei fenoli totali e linsorgenza di una disarmonia organolettica verso il dolce. Pertanto, in questi casi, si consiglia una miscelazione con oli pi amari e piccanti, pi ricchi di fenoli.

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CULTIVAR dolce di rossanoIndice di Jean 1.2

Composizione acidi grassiAc. palmitico 10.72%Ac. stearico 2.07%Ac. oleico 71.92%Ac. linoleico 9.31%Ac. linolenico 0.81%

Ac. grassi insaturi / saturi : 6.41Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 7.11

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 143.6

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 8.9 hPunteggio sensoriale medio: 67

Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

Odore: fruttato di oliva e di altra frutta di lieve intensit.Sapore: delicato, lievemente amaro e piccante, mediamente dolce con evidente sapore di mandorla.

Le caratteristiche organolettiche degli oli sono buone.Il valore della percentuale di ac. oleico medio-bassa. I valori dei rapporti acidi grassi insaturi / saturi e acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi sono medi.Il contenuto medio di fenoli totali e ed il valore di tempo di induzione Rancimat sono bassi.

Nellinsieme, le caratteristiche sensoriali e compositive dimostrano che lolio di buona qualit. Per garantire una conservabilit maggiore ed un contenuto adeguato di fenoli totali si consiglia una raccolta anticipata ad indici di maturazione bassi compresi tra 0.5 ed 1, oppure una miscelazione con oli ricchi di fenoli.

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CULTIVAR CassaneseIndice di Jean 2.2

Composizione acidi grassiAc. palmitico 10.38%Ac. stearico 1.91%Ac. oleico 76.20%Ac. linoleico 8.58%Ac. linolenico 0.89%

Ac. grassi insaturi / saturi : 6.97Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 8.05

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 173.9

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 12.3 hPunteggio sensoriale medio: 61

Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

Odore: fruttato di oliva di media intensit caratterizzato da sensazioni floreali erbacee e di frutta.Sapore: lievemente amaro e piccante, con sensazioni di nocciola e verdure mature.

Le caratteristiche organolettiche degli oli sono buone.La media della percentuale di acido oleico elevata. I valori dei rapporti acidi grassi insaturi / saturi e acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi sono alti. Il contenuto medio di fenoli totali ed il valore del tempo di induzione Rancimat sono medi. Desta qualche apprensione il valore elevato dellacido linolenico che talvolta pu superare il valore limite imposto dal Reg. CE 796/02 pari a 0.9%.

Nellinsieme, le caratteristiche sensoriali e compositive dimostrano che lolio di buona qualit. A causa delle rese non elevate non si consiglia un anticipo ulteriore della raccolta rispetto allindice della maturazione considerato.

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CULTIVAR grossa di geraceIndice di Jean 2.7

Composizione acidi grassiAc. palmitico 12.05%Ac. stearico 2.33%Ac. oleico 68.18%Ac. linoleico 11.97%Ac. linolenico 0.76%

Ac. grassi insaturi / saturi : 5.63Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 5.36

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 143.6

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 10.0 hPunteggio sensoriale medio: 62

Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

Odore: fruttato di oliva di media intensit, presenta odori di verdure (erba).Sapore: intensit media dellamaro e del piccante, con sensazioni di verdure mature ed acerbe.

Il valore della percentuale di ac. palmitico medio-alto mentre la percentuale di acido oleico bassa. Particolarmente elevato il valore medio della percentuale dellacido linolenico. I valori del rapporto acidi grassi insaturi / acidi grassi saturi e acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi sono bassi.Il contenuto di fenoli totali e del tempo di induzione Rancimat sono medio-bassi.

Nellinsieme, le caratteristiche sensoriali e compositive dellolio sono buone. Tuttavia, considerato il valore basso dellacido oleico si consiglia una eventuale miscelazione con oli pi ricchi di questo acido grasso.

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CULTIVAR ottobraticaIndice di Jean 1.8

Composizione acidi grassiAc. palmitico 12.86%Ac. stearico 2.11%Ac. oleico 69.00%Ac. linoleico 11.72%Ac. linolenico 0.75%

Ac. grassi insaturi / saturi : 5.44Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 5.53

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 198.3

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 13.9 hPunteggio sensoriale medio: 62

Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

Odore: fruttato di oliva di lieve intensit.Sapore: mediamente amaro e piccante, con sensazioni di frutta secca e frutta matura. Lievemente dolce.

La media della percentuale di ac. palmitico alta, mentre la percentuale di ac. oleico bassa. I valori dei rapporti acidi grassi insaturi / saturi e acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi sono bassi. Il contenuto dei fenoli totali e il tempo di induzione Rancimat corrispondenti a questo indice di invaiatura medio sono medi.

Nellinsieme, le caratteristiche sensoriali e compositive sono buone. A causa del basso valore della percentuale di acido oleico si consiglia la miscelazione con oli pi ricchi di tale acido grasso.

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CULTIVAR sinopoleseIndice di Jean 2.7

Composizione acidi grassiAc. palmitico 13.31%Ac. stearico 2.14%Ac. oleico 73.41%Ac. linoleico 6.42%Ac. linolenico 0.82%

Ac. grassi insaturi / saturi : 5.22Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 10.14

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 156.8

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 8.0 hPunteggio sensoriale medio: 49

Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

Odore: fruttato di oliva di lieve intensit.Sapore: lievemente amaro e piccante, con sensazioni di verdure mature e frutta matura.

La media della percentuale di acido palmitico alta, mentre la percentuale di acido oleico medio-alta. Il valore del rapporto acidi grassi insaturi / saturi basso mentre il valore del rapporto acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi elevato. Il contenuto dei fenoli totali corrispondente a questo indice di invaiatura medio mentre il valore del tempo di induzione Rancimat medio-basso

L caratteristiche sensoriali e compositive dellolio sono buone. Si consiglia di non raccogliere ad indici di maturazione pi alti di quello considerato.

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CULTIVAR tonda di strongoliIndice di Jean 1.8

Composizione acidi grassiAc. palmitico 15.05%Ac. stearico 1.68%Ac. oleico 73.27%Ac. linoleico 5.67%Ac. linolenico 0.36%

Ac. grassi insaturi / saturi : 4.74Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 12.15

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 207.9

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 11.0 hPunteggio sensoriale medio: 56

Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

Odore: fruttato di oliva di lieve intensit.Sapore: Lievemente amaro e piccante, con senazioni di mandorla e pomodoro.

Le caratteristiche organolettiche degli oli sono buone.La percentuale media di ac. oleico medio-alta. Il valore del rapporto acidi grassi insaturi / saturi medio-basso mentre quello acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi elevato. Il contenuto medio di fenoli totali e il tempo di induzione Rancimat sono medio-alti.

Le caratteristiche sensoriali e compositive dimostrano che lolio di buona qualit.

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CULTIVAR tondinaIndice di Jean 3.1

Composizione acidi grassiAc. palmitico 12.30%Ac. stearico 1.86%Ac. oleico 78.14%Ac. linoleico 3.28%Ac. linolenico 0.77%

Ac. grassi insaturi / saturi : 5.80Ac. grassi monoinsaturi / polinsaturi 19.29

Fenoli totali (mg ac. caffeico / kg olio) 245.0

Tempo di induzione allirrancidimento(Rancimat) 17.0 hPunteggio sensoriale medio: 74

Olfattiva di oliva

Olfattiva di frutta e verdura

Oliva matura

Oliva invaiata

Oliva acerba

Frutta seccaFrutta matura

Verdure mature

Verdure acerbe

Piccante

Amaro

1

2

3

4

5

6

Odore: fruttato di oliva di lieve intensit. E caratterizzato da odori floreali di media intensitSapore: amaro e piccante con lieve sensazioni di oliva acerba e verdure acerbe.

Le caratteristiche organolettiche degli oli sono buone.La media della percentuale di acido oleico elevata. Il valore del rapporto acidi grassi insaturi / acidi grassi saturi medio mentre il rapporto acidi grassi monoinsaturi / polinsaturi molto alto.I valori del contenuto di fenoli totali del tempo di induzione Rancimat sono alti.

Le caratteristiche sensoriali e compositive dimostrano che lolio di buona qualit. A causa delle rese in olio non elevate non si consiglia un anticipo della raccolta in corrispondenza di indici di maturazione inferiori a quello considerato.

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Le analisi organolettiche delle cultivar, cos come si evince dalle illustrazioni riportate sono indice della variet produttiva dellolivicoltura calabrese. Ponendo in relazione i dati affrontati in questo capitolo si ricava che le operazioni che vengono messe in atto, partendo dalla cura del terreno per giungere alla trasformazione delle olive con il conseguente ottenimento di olio, vergine di oliva, sono tracciate in modo indelebile nella nostra cultura, e vengono ripetute in modo sistematico. Tali operazioni se codificate ed operate in modo sinergico su tutto il territorio della regione hanno come risultato lottenimento di un prodotto olio extravergine di oliva unico nel panorama produttivo nazionale, unicit rimarcata

da una delle caratteristiche intrinseche allo stesso e soprattutto facilmente riconoscibili. Difatti, proprio lassociazione di una caratteristica del prodotto ad una area territoriale fondamentale per la caratterizzazione del prodotto come specifico di un territorio imputando a questultimo, visto come cultura e modo di essere, lattribuzione di un elemento caratterizzante al prodotto ottenuto.

Nel contesto della produzione di olio biologico, questi elementi si armonizzano con quanto previsto dalla normativa ex Reg. CE 834/2007

In conclusione possiamo affermare che lolio extravergine Calabrese, prodotto secondo i dettami della produzione Biologica un prodotto unico ed immediatamente riconoscibile dal delicato sapore di amaro e piccante.

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LOLIVOIN CAMPODI ALFONSO RUFFO - 2015

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GENNAIO

Fase Fenologica

Riposo Vegetativo

Concimazione

Nessuna concimazione, infatti si in riposo vegetativo.

Lavorazioni

Nessuna Lavorazione del terreno, completamento delle operazioni di raccolta delle olive per le variet a tarda maturazione che devono essere non destinate alla produzione di olio di qualit.

Potatura

Si attua la potatura di produzione ove stata completata loperazione di raccolta. Si consiglia di proteggere tutti i tagli prodotti con luso di mastici protettivi, ricordando di praticare la disinfezione sia delle ferite che degli attrezzi impiegati

Lotta

CARIE O LUPA: durante le operazioni di potatura si effettua leventuale slupatura per eliminare le parti di legno che presentano carie, si raccomanda la disinfezione della ferita provocata con composti rameici o cicatrizzare con il fuoco.

MARCIUMI RADICALI: non esistono mezzi di difesa diretta, si raccomanda

di non impiantare oliveti su terreni dove possibile notare la presenza di residui di coltura attaccati dai funghi del marciume, inoltre si raccomanda lestirpazione tempestiva delle piante colpite disinfettando la fossa prodotta con calce viva o solfato di ferro.

FLEOTRIBO E ILESINO: specialmente in annate asciutte sono da eliminare e bruciare le piante secche colpite dallinsetto. Si consiglia di costituire in campo piccoli mucchi di ramaglie secche, che costituiscono una valida esca per lattrazione degli adulti, evitando, cos, la ovo deposizione sulle piante in vegetazione.

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FEBBRAIO

Fase Fenologica

Riposo Vegetativo

Concimazione

Nessuna concimazione, infatti si in riposo vegetativo.

Lavorazioni

Nessuna Lavorazione del terreno, completamento delle operazioni di raccolta delle olive per le variet a tarda maturazione che devono essere non destinate alla produzione di olio di qualit.

Potatura

Si attua la potatura di produzione ove stata completata loperazione di raccolta. Si suggerisce di proteggere tutti i tagli prodotti con luso di mastici protettivi, ricordando di praticare la disinfezione sia delle ferite che degli attrezzi utilizzati.

Lotta

CARIE O LUPA: durante le operazioni di potatura si effettua leventuale slupatura per eliminare le parti di legno che presentano carie, si raccomanda la disinfezione della ferita provocata con composti rameici o cicatrizzare con il fuoco.

OCCHIO DI PAVONE: valutata la percentuale di infezione su un

campione di foglie pari a cento, se questa risulta essere maggiore del 25%, si consiglia di effettuare un trattamento fitosnitario con prodotti a base di rame, con dosi pari a 300 gr/hl. In tale periodo luso del prodotto a base di rame consigliato in quanto determina la caduta delle foglie colpite dal fungo, cos determinando un risanamento momentaneo della pianta.

RODILEGNO GIALLO: con loperazione di potatura si consiglia di eliminare le parti infestate dallinsetto. E consigliabile