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Direttore responsabile Flavio Giovanni Conti Comitato tecnico-scientifico Osvaldo Aronica, Paola Batistoni, Vincenzo Di Majo, Stefano Giammartini, Massimo Maffucci, Emilio Santoro Responsabile editoriale Diana Savelli Coordinamento editoriale Alida La Croce ENEA - Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 00196 Roma Tel. 06-36272401 - e-mail: [email protected] Collaboratori Paola Molinas, Valeria Trisoglio Promozione Paola Crocianelli Traduzioni Carla Costigliola Progetto grafico Bruno Giovannetti, Cristina Lanari Bimestrale dell’ENEA Anno 55, gennaio-febbraio 2009 Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori. La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’ENEA. Lo staff della rivista da sinistra: Bruno Giovannetti, Vincenzo Di Majo, Paola Molinas, Flavio G. Conti, Emilio Santoro, Paola Batistoni, Osvaldo Aronica, Stefano Giammartini, Diana Savelli, Massimo Maffucci, Alida La Croce (foto di Roberta Francescone) www.enea.it Stampa Fabiano Group srl, Regione San Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Registrazione Tribunale Civile di Roma - Numero 6047 del 2 dicembre 1957 del Registro Stampa. Modifiche in corso Pubblicità Fabiano Group srl, Regione San Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 8278202 - Fax 0141 8278300 - e-mail: [email protected] Abbonamento annuale Italia 21,00 + 8,00 (spese di spedizione), Estero 21,00 + 15,00 (spese di spedizione); una copia 4,20 - C.C.P. n. 12439121 intestato a Fabiano Group srl Tel. 0141 8278234 - Fax 0141 8278300 - e-mail: [email protected] Finito di stampare nel mese di marzo 2009

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Direttore responsabile Flavio Giovanni ContiComitato tecnico-scientificoOsvaldo Aronica, Paola Batistoni, Vincenzo Di Majo,Stefano Giammartini, Massimo Maffucci, Emilio SantoroResponsabile editorialeDiana SavelliCoordinamento editorialeAlida La Croce ENEA - Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 00196 RomaTel. 06-36272401 - e-mail: [email protected] Paola Molinas, Valeria TrisoglioPromozione Paola CrocianelliTraduzioni Carla Costigliola

Progetto graficoBruno Giovannetti, Cristina Lanari

Bimestrale dell’ENEAAnno 55, gennaio-febbraio 2009Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori.La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’ENEA.

Lo staff della rivistada sinistra: Bruno Giovannetti, Vincenzo Di Majo, Paola Molinas, Flavio G. Conti, Emilio Santoro, Paola Batistoni,Osvaldo Aronica, Stefano Giammartini, Diana Savelli, Massimo Maffucci, Alida La Croce (foto di Roberta Francescone)

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Il dibattito sul tema della produzione di energia dall’atomo è tornato alla ribalta negli ultimimesi stimolato dalla instabilità dei prezzi dei prodotti petroliferi, dalle incertezze sulla sicurezza de-gli approvvigionamenti energetici, e più in generale dalla crescente domanda di energia e daiproblemi posti dai cambiamenti climatici. Quando si parla di energia nucleare immediatamente si contrappongono due schieramenti: quel-lo favorevole e quello contrario all’utilizzo di tale fonte energetica. Il nostro intento non è quellodi sostenere l’una o l’altra tesi, ma quello di sottolineare l’importanza della ricerca, in particola-re nel campo della fusione, per sviluppare le tecnologie necessarie a garantire un uso sicuro di ta-le fonte. Si tratta di scelte che richiedono forti investimenti, che possono dare risultati nel medio-lungo periodo e che proprio per questo vanno attuate con coerenze e continuità.In questo numero della Rivista abbiamo posto l’attenzione sul tema della fusione nucleare, cer-cando di fornire gli elementi utili alla comprensione delle tecnologie e delle politiche attuate dal-l’Unione Europea, che sicuramente contribuiranno a favorire un dibattito più sereno e costruttivodi quanto solitamente avviene.Poco più di cinquanta anni fa veniva firmato il Trattato che istituiva la Comunità Europea dell’Ener-gia Atomica (Euratom) nell’ambito del quale è stato sviluppata l’industria nucleare europea per l’u-tilizzo pacifico e sicuro dell’energia nucleare fra gli Stati membri. Lo stesso trattato ha avuto ancheil merito di avviare la ricerca nel campo della fusione nucleare che oggi vede impegnati, in unnetwork di 26 associazioni, decine di istituti nazionali e 2.500 ricercatori. Grazie a questo impe-gno è stato possibile dare vita a JET, il progetto sulla fusione più importante al mondo, i cui aspet-ti tecnologici innovativi risultano oggi di grande rilevanza per il progetto ITER, un reattore a fusio-ne sperimentale che produrrà 500 MW di potenza da fusione, al quale partecipano i principalipaesi industrializzati (inclusi Cina, India e Corea).Sulla fusione nucleare ospitiamo cinque contributi. Il primo è un’intervista a Octavi Quintana Triassulle politiche dell’Unione Europea, ed in particolare di Euratom; nel secondo Paola Batistoni eAldo Pizzuto, dell’ENEA, illustrano gli aspetti tecnologici e scientifici di ITER, sottolineando il ruo-lo che l’Italia può svolgere nel progetto; nel terzo Guido Possa sottolinea da un lato i grandi pas-si in avanti che il progetto comporta, dall’altro ne evidenzia alcuni limiti; nel quarto Angelo Ai-raghi pone l’accento sull’importanza della collaborazione tra mondo della ricerca e mondo del-l’industria per la buona riuscita del progetto ITER; nel quinto infine Sergio Martellucci porta la te-stimonianza di chi, in prima persona, ha vissuto le varie fasi del progresso nella ricerca sulla fusio-ne in Italia.Nell’articolo di apertura Corrado Clini e Mara Angeloni illustrano i risultati dell’accordo UE sul cli-ma dello scorso dicembre e in particolare quello sulla revisione del sistema comunitario per loscambio di quote di emissione di CO2 e quello sulla ripartizione tra gli Stati membri dell’obiettivocomunitario di riduzione delle emissioni di gas serra. Nell’articolo di Giannantoni e Zoli viene pre-sentato un metodo di valutazione degli investimenti energetico-economico-ambientali partico-larmente utile per le tecnologie a idrogeno, mentre in quello di Di Francia, Burrasca, De Vito eMassera si illustra il funzionamento e l’uso dei nasi elettronici nei diversi settori, tra cui quello delmonitoraggio antisismico realizzato da ENEA.

Il Direttore Responsabile Flavio Giovanni Conti

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 3

energia, ambiente e innovazione

editoriale

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 44

IL PACCHETTO “CLIMA-ENERGIA” DELL’UNIONE EUROPEATHE EU "CLIMATE-ENERGY" PACKAGECorrado Clini, Mara Angeloni

8primo piano

24riflettore su

ENERGIA DALLA FUSIONE MAGNETICA. IL PROGETTO ITER

MAGNETIC FUSION ENERGY. THE ITER PROJECTPaola Batistoni, Aldo Pizzuto

ITER: UN GRANDE PASSO AVANTI (MA CON ALCUNI LIMITI)

ITER: A GREAT STEP AHEAD (BUT WITH SOME LIMITS)Guido Possa

FUSIONE E INDUSTRIA

NUCLEAR FUSION AND INDUSTRYAngelo Airaghi

LA FUSIONE NUCLEARE IN ITALIA: LA TESTIMONIANZA DI UNPIONIERE

NUCLEAR FUSION IN ITALY: A PIONEER’S TESTIMONYSergio Martellucci

46

51

54

INTERVISTA A OCTAVI QUINTANA TRIASINTERVIEW WITH OCTAVI QUINTANA TRIASPaola Batistoni

18l’intervista

sommario

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 55

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cronacheDAL MONDO, DALL’UNIONE EUROPEA, DALL’ITALIA, DALL’ENEA, EVENTI, LETTURE

dal Mondo • World Energy Outlook 2008 90

dall’Unione Europea • Politica integrata sul cambiamento climatico 91• Energia: interconnessioni e rigassificatori 91

dall’Italia • L’Italia aderisce a IRENA 92• Sicenea: il sole nel futuro della Sicilia 92

dall’ENEA • Bicentenario del padre dell’evoluzionismo 93• Prototipo vettura Urb-E 93

Eventi • EWEC (European Wind Energy Conference) 2009 94• World Energy Summit ad Abu Dhabi 94

Letture • Impianti nucleari 95• Nuvole e sciacquoni. Come usare meglio l’acqua

in casa e in città 96• Sei gradi 96

BENEFICI ECONOMICI E BENEFICI ORDINALI DELLE TECNOLOGIEENERGETICHE A IDROGENO

ECONOMIC AND ORDINAL BENEFITS OF HYDROGEN ENERGYTECHNOLOGIESCorrado Giannantoni, Mariangela Zoli

NASI ELETTRONICI

ELECTRONIC NOSESGirolamo Di Francia, Gianbattista Burrasca, Saverio De Vito, Ettore Massera

studi& ricerche 64

76

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Angelo AiraghiSenior Adviser Finmeccanica S.p.A.

pag. 51

Corrado GiannantoniENEA, Dipartimento Tecnologie per l’Energia, le Fonti Rinnovabili e il Risparmio Energetico

pag. 64

Paola BatistoniENEA, Dipartimento Fusione, Tecnologie ePresidio Nucleare

pag. 24

Sergio MartellucciOrdinario di Fisica, Facoltà di Ingegneria di RomaTor VergataPresidente del Consiglio Scientifico dell’ENEA

pag. 54

Gianbattista BurrascaENEA, Dipartimento Tecnologie Fisiche e Nuovi Materiali

pag. 76

Ettore MasseraENEA, Dipartimento Tecnologie Fisiche e Nuovi Materiali

pag. 76

Corrado CliniDirettore Generale, Ministero dell’Ambiente edella Tutela del Territorio e del Mare

pag. 8

Aldo PizzutoENEA, Dipartimento Fusione, Tecnologie ePresidio Nucleare

pag. 24

Saverio De VitoENEA, Dipartimento Tecnologie Fisiche e Nuovi Materiali

pag. 76

Guido PossaPresidente della 7a Commissione permanente(Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato

pag. 46

Girolamo Di FranciaENEA, Dipartimento Tecnologie Fisiche e Nuovi Materiali

pag. 76

Mariangela ZoliUniversità di Roma Tor Vergata e Università di Cassino

pag. 64

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 6

autori

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ENERGIA DA FUSIONEStato dell’arte e prospettive

La ricerca sulla fusione nucleare è condotta in molti pae-

si con l’obiettivo di realizzare una fonte di energia pra-

ticamente inesauribile, rispettosa dell’ambiente, sicura

ed economicamente competitiva. L’indubbio valore stra-

tegico di questa impresa risiede nei potenziali vantaggi

che presenta in termini di disponibilità delle risorse, di

riduzione dell’uso di combustibili fossili e di sicurezza

dell’approvvigionamento energetico.

Le previsioni sull’evoluzione del panorama energetico

attuale, insieme all’urgenza di adottare tecnologie ener-

getiche a ridotte emissioni di gas serra, rafforzano l’in-

teresse sulla fusione e pongono la domanda sui tempi in

cui essa potrà diventare disponibile.

Lo straordinario complesso di nuove acquisizioni scien-

tifiche, tecnologiche e sperimentali sin qui ottenute ha

portato alla creazione di una nuova disciplina scienti-

fica (la fisica del plasma) e allo sviluppo di molte nuo-

ve tecnologie che rendono possibile, oggi, la costruzio-

ne di ITER, un reattore sperimentale a confinamento

magnetico realizzato nell’ambito di una vasta collabo-

razione internazionale tra Cina, Corea, Giappone, In-

dia, Russia, Stati Uniti e Unione Europea. ITER fornirà

la dimostrazione della fattibilità scientifica e tecnolo-

gica della fusione ed è stato progettato in modo da po-

ter costituire l’unico passo intermedio prima della rea-

lizzazione di un reattore dimostrativo in grado di ge-

nerare energia elettrica da fusione (DEMO). Analoghi

progressi sono riportati nella linea del confinamento

inerziale, con la proposta dell’impianto dimostrativo

HiPER.

Il rapporto illustra lo stato attuale delle ricerche e gli

ulteriori passi necessari (Roadmap) per il raggiungimen-

to dell’obiettivo della produzione di energia da fusione,

con particolare riguardo alle attività e al ruolo dell’Ita-

lia, da sempre protagonista del programma europeo

sulla fusione.

AutoriP. Batistoni, A. Coletti, A. della Corte,

F. Gnesotto, E. Lazzaro, P. Martin,A. Pizzuto, I. Ricapito, F. Rosatelli,

G. Rostagni, G.P. Sanguinetti, C. Strangio, A. Tuccillo, G. Vlad

Editore: ENEA

pp. 98, 2008

ISBN: 88-8286-177-5

Prezzo: 15,00 euro

Per acquistare il volume rivolgersi a:Fabiano Group srltel. 0141 8278234fax 0141 8278300

e-mail: [email protected]

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The EU “Climate-Energy” Package

Among the climate measures approved by the EuropeanParliament last December, particular attention deserve theagreement on the EU CO2 Emission Trading Scheme(ETS), as well as the Effort-Sharing Decision, ensuringthat Member States contribute to the EU objective ofreducing greenhouse gas emissions in non-ETS sectors

prim

opia

no Il pacchetto

“clima-energia”dell’Unione EuropeaCorrado Clini*Mara Angeloni**

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare* Direttore Generale** Unità cambiamenti climatici

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 8

l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

Tra i provvedimenti sul climaapprovati dal ParlamentoEuropeo a dicembre,meritano attenzionel’accordo raggiunto sullarevisione del sistemacomunitario per lo scambiodelle quote di emissione diCO2 (ETS) e quello perripartire tra gli Stati membril’obiettivo comunitario diriduzione delle emissioni digas serra per i settori nonregolati dall’ETS

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Il Protocollo di Kyoto rappresenta al mo-mento l’unico trattato internazionale glo-bale finalizzato a ridurre le emissioni di gasad effetto serra (anidride carbonica, pro-tossido di azoto, metano, gli idrofluoro-carburi, perfluorocarburi e esafluoruro dizolfo) individuati come i maggiori respon-sabili dell’aumento della temperatura delpianeta (“cambiamenti climatici”). Il Pro-tocollo di Kyoto è entrato in vigore nel feb-braio 2005 e regolamenta tali emissioniper il periodo 2008-2012.Sia a livello internazionale sia a livello co-munitario è stata riconosciuta la necessitàdi regolamentare le emissioni di gas ad ef-fetto serra anche nel periodo post-2012 inragione del fatto che le riduzioni otteni-bili con l’attuazione del Protocollo di Kyo-to non sono sufficienti a contrastare effi-cacemente il fenomeno dei cambiamenticlimatici.Il negoziato per la definizione di un accor-do internazionale per il periodo post-2012è in una fase intermedia e l’obiettivo po-litico è di giungere all’accordo entro di-cembre 2009 a Copenaghen dove si svol-gerà la 15a sessione della Conferenza del-le Parti della Convenzione sui Cambiamen-ti Climatici (COP15) e la quinta Conferenzadelle Parti del Protocollo di Kyoto (COP5).L’Unione Europea (UE), che storicamenteha assunto un atteggiamento pro-attivonella lotta ai cambiamenti climatici, ha de-ciso di procedere unilateralmente alla re-golamentazione dei gas ad effetto serraper il periodo 2013-2020. Più precisamen-te il Consiglio Europeo di primavera del2007 ha riconosciuto la necessità di avviareuna transizione verso un’economia a bas-so contenuto di carbonio attraverso un ap-proccio integrato che prevede politicheenergetiche e politiche per la lotta ai cam-

biamenti climatici. A tale riguardo il Consi-glio si è impegnato a raggiungere entro il2020 i seguenti obiettivi energetici e di ri-duzione delle emissioni di gas ad effettoserra:• obiettivo unilaterale di riduzione delle

emissioni di gas ad effetto serra del 20%rispetto ai livelli del 1990, da innalzareal 30% nel caso di raggiungimento di unaccordo globale per il periodo post-2012;

• riduzione dei consumi energetici del20% rispetto allo scenario business asusual;

• produzione di energia da fonti rinnova-bili pari al 20% dei consumi energeticidella UE;

• uso dei biocombustibili per il 10% dellaquantità di combustibile utilizzato nelsettore dei trasporti.

In aggiunta, il Consiglio Europeo di prima-vera del 2007 ha stabilito la necessità disviluppare un quadro di riferimento tecni-co, economico, normativo al fine di diffon-dere le tecnologie per la cattura e il seque-stro del carbonio entro il 2020.A seguito delle decisioni del Consiglio Eu-ropeo, il 23 gennaio 2008 la CommissioneEuropea ha approvato un “pacchetto” diproposte legislative che comprende:• una proposta di revisione del sistema co-

munitario per lo scambio delle quote diemissione di CO2 (ETS);

• una proposta di decisione per ripartiretra gli Stati membri l’obiettivo comuni-tario di riduzione delle emissioni di gasserra per i settori non regolati dall’ETS(Decisione “effort sharing”);

• una proposta di direttiva per la creazio-ne di un quadro di riferimento per l’uti-lizzo delle tecnologie di cattura e seque-stro del carbonio;

• una proposta di direttiva per promuo-

Il pacchetto “clima-energia” dell’Unione Europea

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Corrado Clini, Mara Angeloni

La revisione del sistemacomunitario per lo scambio dellequote di emissione di CO2 (ETS)

L’esigenza di procedere alla revisione del-l’ETS è scaturita dalla constatazione chel’attuale sistema ha impedito di ottenerei risultati ambientali sperati: infatti la so-vra-assegnazione di quote da parte di al-cuni Stati membri ha provocato un crollodei prezzi della CO2 annullando nella so-stanza qualsiasi incentivo alla moderniz-zazione degli impianti che il sistema avreb-be dovuto creare1. La revisione dell’ETS en-trerà in vigore a partire dal 2013.

Campo di applicazioneLa revisione dell’ETS ha definito in manie-ra più puntuale il campo di applicazioneper quanto riguarda gli impianti di com-bustione ed ha esteso il sistema ad altri gasdiversi dalla CO2

2.La revisione, inoltre, prevede la possibilitàdi escludere i piccoli impianti (ossia gli im-pianti con emissioni annue inferiori a25.000 tCO2 e, laddove sono svolte attivitàdi combustione, con potenza termica no-minale inferiore ai 35 MW), purché le emis-sioni di tali impianti siano regolamentatecon misure che comportano uno sforzo diriduzione “equivalente” a quello che sa-rebbe stato loro imposto se fossero rima-sti all’interno dell’ETS. La possibilità di escludere dal sistema i pic-coli impianti era prevista nella propostadella Commissione, ma limitatamente agliimpianti di combustione. L’Italia ed altri

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vere l’uso di energia prodotta attraversofonti rinnovabili.

Il “pacchetto” contiene anche una Comu-nicazione della Commissione al ConsiglioEuropeo e al Parlamento a sostegno del-la realizzazione di progetti dimostrativiper l’utilizzo sostenibile dei combustibilifossili e la revisione delle linee guida su-gli aiuti di Stato per la protezione del-l’ambiente.L’approvazione del “pacchetto” è avvenu-ta in procedura di co-decisione con il Parla-mento Europeo che, con il voto positivoespresso nella riunione plenaria del 17 di-cembre 2008, ne ha consentito l’approva-zione in prima lettura.Il presente articolo si concentra sui prin-cipali contenuti dell’accordo e le princi-pali differenze rispetto alla proposta ini-ziale della Commissione con riferimen-to a due dei quattro provvedimenti le-gislativi previsti dal “pacchetto”, ossia larevisione del sistema comunitario per loscambio delle quote di emissione di CO2(ETS) e la decisione per ripartire tra gliStati membri l’obiettivo comunitario diriduzione delle emissioni di gas serra peri settori non regolati dall’ETS. Occorre infine evidenziare che contestual-mente all’approvazione del “pacchetto”il Consiglio Europeo nelle conclusionidell’11-12 dicembre 2008 ha stabilito chela Commissione presenterà al ConsiglioEuropeo di marzo 2010 un’analisi detta-gliata dei risultati della Conferenza di Co-penaghen al fine di una valutazione del-la situazione.

1. Il sistema incentiva l’adozione delle tecnologie a più basso contenuto di carbonio nella misura in cui il valore della quotasia sufficientemente elevato (il prezzo della quota è determinato dal mercato sulla base dell’equilibrio tra doman-da e offerta): infatti maggiori saranno i costi che l’operatore dovrà sostenere per acquistare le quote necessarie adadempiere al proprio obbligo di restituzione, maggiore sarà la propensione dell’operatore ad adottare tecnologie abasso contenuto di carbonio.

2. Più precisamente sono inclusi nel campo di applicazione le emissioni di CO2 derivanti dagli impianti di combustio-ne nell’industria chimica, petrolchimica, dell’ammoniaca, dell’alluminio, tutte le emissioni di gas serra dagli impiantiper la cattura, trasporto e stoccaggio geologico del carbonio, le emissioni di N2O derivanti dalla produzione di acidonitrico, adipico e gliossilico e le emissioni di PFC dell’industria dell’alluminio.prim

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Stati membri nel corso del negoziato han-no sostenuto che l’esclusione dovesse ri-guardare tutti gli impianti al di sotto dellimite proposto e non solo quelli di com-bustione in ragione del fatto che i costi digestione (motivazione che ha indotto laCommissione Europea ad introdurre talepossibilità di esclusione) graverebbero al-lo stesso modo anche sui primi. Il compro-messo finale, che ha recepito tale richie-sta, prevede inoltre che per gli impianti ca-ratterizzati nel periodo 2008-2010 da emis-sioni inferiori alle 5.000 tCO2/anno, è pos-sibile stabilire regole semplificate per il mo-nitoraggio, la rendicontazione e la verifi-ca, possibilità introdotta su esplicita richie-sta dell’Italia.

Contributo alla mitigazionedei cambiamenti climaticiLa revisione stabilisce che, al 2020, a livelloComunitario, i settori regolati dall’ETS ri-ducano le emissioni di gas ad effetto ser-ra del 21% rispetto ai livelli del 2005 (con-tro il –10% richiesto ai settori non regola-ti dall’ETS). La scelta di assumere quale an-no di riferimento il 2005 (anziché il 1990),è motivabile, secondo la Commissione, dalfatto che il 2005 è l’anno più recente peril quale sono disponibili dati di emissioneverificati.Più precisamente il numero massimo diquote da assegnare annualmente a livel-lo comunitario (cap totale), a partire dal2013 è determinato applicando annual-mente a partire dal 2010 una riduzionedell’1,74% all’assegnazione media annuarelativa al periodo 2008-2012. La direttivastabilisce inoltre che la riduzione del captotale prosegua anche dopo il 2020 sullabase o dello stesso fattore o di un fattorerivisto. La revisione dovrà essere effettuata

in procedura di co-decisione (come richie-sto dall’Italia) entro il 2025 (e non dalla so-la Commissione come previsto nella pro-posta iniziale).Nel caso di raggiungimento di un accordoglobale, il contributo alla mitigazione peri settori regolati dall’ETS sarà adeguato at-traverso procedura di co-decisione (comerichiesto dall’Italia) in relazione all’impe-gno sottoscritto dalla Comunità nell’am-bito del’accordo3. Al contrario la propostadella Commissione prevedeva che nel ca-so di raggiungimento di un accordo glo-bale, lo sforzo di riduzione per i settori re-golati dall’ETS sarebbe stato adeguato se-condo un meccanismo automatico così datener conto dell’impegno di riduzione as-sunto dalla Comunità nell’ambito dell’ac-cordo (ipotizzando che il potenziale di ridu-zione per i settori ETS e non ETS fosseuguale a quello assunto nel caso di man-cato accordo).In merito alla tempistica per l’adeguamen-to, il compromesso prevede che tale ade-guamento entri in vigore al momento del-la ratifica dell’accordo globale da partedella Comunità (e non al momento del-l’entrata in vigore dell’accordo globale co-me richiesto dall’Italia in considerazionedel fatto che l’entrata in vigore dell’accor-do potrebbe avvenire anche molto tempodopo la sua ratifica da parte della Comu-nità). Tuttavia, in risposta alle preoccupa-zioni avanzate dal nostro Paese, è previstala possibilità di dare attuazione a misuretransitorie e sospensive in attesa dell’en-trata in vigore del trattato.

Metodo di assegnazione delle quoteLe quote saranno assegnate mediante astae più precisamente:• per gli impianti termoelettrici e per gli

Il pacchetto “clima-energia” dell’Unione Europea

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3. –30% rispetto ai livelli del 1990 da raggiungersi entro il 2020 secondo quanto stabilito dal Consiglio Europeo delmarzo 2007.

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Corrado Clini, Mara Angeloni

impianti per la cattura e lo stoccaggiodel carbonio l’assegnazione sarà total-mente a titolo oneroso (“full auctio-ning”), ad eccezione degli impianti di co-generazione che possono ricevere quotegratuite per l’energia termica destinataal teleriscaldamento o ad impianti indu-striali e degli impianti di produzione dienergia elettrica che utilizzano gas resi-dui di acciaieria la cui produzione risul-ta inevitabile. Sono previste misure tran-sitorie per gli impianti termoelettrici si-tuati in quei paesi che:– nel 2007 non erano connessi alla rete

gestita dalla Union for the Coordina-tion of Transmission of Electricity o cheerano connessi con una sola linea di po-tenza inferiore ai 400 MW, oppure che

– nel 2006 hanno prodotto più del 30%di elettricità con un unico combustibi-le fossile e che erano caratterizzati daun PIL pro capite non superiore al 50%della media UE.

Tali misure transitorie prevedono che agliimpianti termoelettrici – nel 2013 – pos-sano essere assegnate quote gratuite peruna quantità pari al 70% delle emissioniverificate nel periodo 2005-2007 e chetale percentuale sia ridotta progressiva-mente fino a raggiungere lo 0% nel2020.La proposta della Commissione esclude-va sia la possibilità di assegnare gratui-tamente quote agli impianti che utiliz-zano gas residui di acciaieria sia la pos-sibilità di prevedere misure transitorieper gli impianti termoelettrici (queste ul-time introdotte su pressante richiestadella Polonia e di altri Stati membri direcente accessione);

• per gli impianti dei settori diversi dal ter-moelettrico, è prevista una transizionegraduale verso il “full auctioning”; inparticolare il primo anno sarà assegna-to gratuitamente l’80% delle quote spet-tanti, negli anni successivi la percentua-

le di assegnazione gratuita sarà ridottalinearmente fino ad arrivare al 30% nel2020 (il che implica un’assegnazione gra-tuita, come media del periodo, pari al55% delle quote spettanti) contro lo 0%previsto nella proposta iniziale dellaCommissione (che avrebbe implicatoun’assegnazione gratuita, come mediadel periodo, pari al 40% delle quotespettanti). L’innalzamento della percen-tuale di quote da assegnare gratuita-mente risponde alla richiesta dell’Italiae di altri Stati membri di prevedere unapiù graduale transizione verso il “fullauctioning”.

Misure a supporto dei settori espostial “carbon leakage”Nel caso di mancato raggiungimento di unaccordo per il periodo post-2012, sarannoassunte adeguate iniziative per evitare ec-cessive penalizzazioni per quei settorimaggiormente esposti alla concorrenzainternazionale (settori esposti al “carbonleakage”). La proposta iniziale lasciava al-la Commissione il compito di stabilire qua-li settori sarebbero stati considerati a ri-schio, nonché la quantità di quote che sa-rebbe stata ad essi assegnata gratuitamen-te (con conseguenze negative sia in ter-mini di mancanza di certezze per le im-prese sia di mancato controllo del proces-so da parte degli Stati membri). Su richie-sta dell’Italia e di altri Stati membri il com-promesso raggiunto:• stabilisce che i settori esposti a rischio “si-

gnificativo” di carbon leakage benefici-no di un’assegnazione completamentegratuita (100% delle quote spettanti);

• prevede criteri quantitativi oggettivi pervalutare se un settore rientra tra quelliesposti a rischio “significativo”. In parti-colare un settore è considerato esposto arischio “significativo”:– se i costi addizionali (diretti e indiretti)

dovuti all’attuazione della direttiva

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Il pacchetto “clima-energia” dell’Unione Europea

comportano un incremento del costodi produzione (in proporzione al va-lore aggiunto) di almeno il 5% e se la“trade intensity” (calcolata come lasomma delle esportazioni verso paesinon UE e delle importazioni da paesinon UE rapportata alla somma dellaproduzione e delle importazioni dapaesi non UE), è superiore al 10%, op-pure

– se i costi addizionali (diretti e indiretti)dovuti all’attuazione della direttivacomportano un incremento del costodi produzione (in proporzione al va-lore aggiunto) di almeno il 30%, op-pure

– se la “trade intensity” (calcolata comela somma delle esportazioni verso pae-si non UE e delle importazioni da pae-si non UE rapportata alla somma dellaproduzione e delle importazioni dapaesi non UE), è superiore al 30%(quest’ultimo indicatore introdotto suesplicita richiesta dell’Italia in conside-razione del fatto che la posizione geo-grafica del nostro Paese e le tipologiedi produzione possono rendere i set-tori italiani maggiormente vulnerabi-li alla concorrenza internazionale ri-spetto a quelli europei);

• da indicazioni sul livello di aggregazio-ne dei settori rispetto al quale valutareil rischio (NACE 3, con possibilità di ricor-rere al NACE 4);

• da maggiori certezze per i settori espostial “carbon leakage”, dal momento cheper tali settori la revisione dello “status dirischio” avviene ogni cinque anni;

• introduce la possibilità per i settori chesulla base dei criteri quantitativi non ri-sultano esposti al rischio, di rivedere lo“status di rischio” sulla base di criteriqualitativi individuati nella direttiva (ca-ratteristiche di mercato, profitto – qualeindicatore della capacità di investire nellungo periodo o di de-localizzare, possi-

bilità di ridurre le emissioni o i consumi dielettricità attraverso il ricorso alle tecni-che più efficienti);

• stabilisce che l’elenco dei settori espostial rischio sia determinato entro dicem-bre 2009 e a seguito di una discussionenell’ambito del Consiglio Europeo rico-noscendo così la rilevanza del “carbonleakage” e la necessità di un coinvolgi-mento al più alto livello dei Governi nel-la determinazione dei settori esposti.

Gestione delle asteL’asta sarà gestita a livello nazionale conregole armonizzate che la Commissionedovrà stabilire attraverso un Regolamen-to, tuttavia rispetto alla proposta inizialedella Commissione il compromesso rag-giunto introduce dei criteri finalizzati adassicurare la trasparenza e l’equità di ac-cesso sulla base dei quali sviluppare il fu-turo Regolamento.La quantità totale di quote da mettere al-l’asta sarà ripartita tra gli Stati membri co-me segue:• l’88% della quantità totale di quote da

mettere all’asta sarà distribuita in pro-porzione alle emissioni del 2005 o dellamedia 2005-2007 (da scegliere tra il va-lore più elevato);

• il 10% della quantità totale di quote damettere all’asta sarà redistribuito dagliStati membri con un reddito medio procapite superiore del 20% rispetto allamedia UE ai paesi con reddito medio procapite inferiore alla media (la redistribu-zione è più elevata per quei paesi conreddito pro capite basso e prospettive dicrescita elevate);

• il 2% della quantità totale di quote damettere all’asta sarà redistribuita tra gliStati membri le cui emissioni nel 2005erano almeno del 20% al di sotto dei li-velli dell’anno assunto quale anno basenell’ambito del Protocollo di Kyoto.

La direttiva recepisce il principio secondo

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Corrado Clini, Mara Angeloni

il quale i proventi derivanti dalle aste do-vrebbero essere destinati ad interventi dimitigazione dei/adattamenti ai cambia-menti climatici (“earmarking”), senza tut-tavia limitare la sovranità nazionale in ma-teria di bilancio.

Uso dei crediti derivanti dalla realizzazione di progetti nei Paesi terziLa proposta della Commissione prevedevache fino al raggiungimento dell’accordopost-2012, gli impianti regolati dall’ETSavrebbero potuto utilizzare crediti di emis-sione generati dalla realizzazione di pro-getti nei Paesi in via di sviluppo/economiain transizione, per una quantità non supe-riore al “residuo” derivante dal periodo2008-2012 (ossia la quantità di crediti nonutilizzata nel periodo 2008-2012) con al-cune limitazioni in termini di “tipologie”di crediti utilizzabili. A seguito delle richie-ste dell’Italia e di altri Stati membri il com-promesso finale prevede un maggiore uti-lizzo dei meccanismi flessibili. Più precisa-mente, nel periodo 2008-2020, gli impian-ti esistenti regolati dall’ETS potranno sce-gliere di utilizzare crediti di emissione ge-nerati dalla realizzazione di progetti neiPaesi in via di sviluppo/economia in tran-sizione, in quantità pari:a. o al “residuo” derivante dal periodo

2008-2012,b. o ad una certa percentuale dell’assegna-

zione 2008-2012. Tale percentuale nonpotrà essere inferiore all’11%.

La quantità totale di crediti consentita nondeve superare il 50% dello sforzo di ridu-zione per il periodo 2008-2020 (principiodi supplementarietà). L’individuazione del-la percentuale di cui al punto b. dovrebbeessere effettuata in modo tale da mitigarele distorsioni derivanti dalla mancanza diarmonizzazione nell’uso dei crediti per ilperiodo 2008-2012. Gli impianti nuovi entranti possono usare

crediti in misura pari al 4,5% delle emis-sioni verificate nel periodo 2013-2020,mentre il settore dell’aviazione può usarecrediti in misura pari all’1,5%. A seguito del raggiungimento dell’accor-do post-2012, il limite all’utilizzo dei cre-diti sarà rivisto sulla base della procedu-ra di co-decisione (e non, come previstonella proposta iniziale della Commissio-ne, sulla base di un adeguamento auto-matico che avrebbe consentito un ulte-riore uso di crediti per una quantità pari al50% dello sforzo di riduzione addiziona-le che i settori ETS, a livello comunitario,dovranno sostenere a seguito della sot-toscrizione dell’accordo). Il riconoscimen-to dei crediti generati nell’ambito del fu-turo regime per la lotta ai cambiamenticlimatici non sarà automatico, ma rego-lamentato attraverso apposito atto dellaCommissione.

Flessibilità tra i settori ETS e non ETSLa proposta della Commissione prevede-va la possibilità di rilasciare quote a segui-to della realizzazione di progetti che ridu-cono le emissioni in settori non regolatidall’ETS, cosicché gli operatori che hannorealizzato tali progetti possono vendere lequote agli impianti regolati dall’ETS.L’Italia aveva una riserva negativa sull’in-tero articolo poiché qualora gli obiettivi diriduzione fissati per i settori non ETS nonfossero determinati con un criterio diequità (rispetto al potenziale di riduzionedi ciascun paese), la clausola introdottaavrebbe avvantaggiato le imprese degliStati membri caratterizzati da obiettivi driduzione più “blandi” con impatti sullacompetitività difficilmente valutabili.Il compromesso raggiunto chiarisce che larealizzazione di progetti da parte di unoperatore ETS in un settore non ETS, è su-bordinata alla sottoscrizione di un accor-do con il paese in cui il progetto è realiz-zato e che comunque un paese può rifiuta-

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re il rilascio di quote associate a talune tipo-logie di progetti.

Accesso alla riserva “nuovi entranti”La proposta della Commissione prevedevache solo gli impianti nuovi potessero ac-cedere alla riserva “nuovi entranti”. Ilcompromesso finale recepisce la richiestadell’Italia e di altri Stati membri di rico-noscere non solo agli impianti nuovi, maanche a quelli che effettuano significativiripotenziamenti, la possibilità di accede-re alla riserva “nuovi entranti” e quindidi beneficiare di un’assegnazione gratui-ta sulla base delle regole stabilite dalla di-rettiva.

Uso dei benchmarks perl’assegnazione delle quote gratuiteCome richiesto dall’Italia, l’accordo finaleprevede esplicitamente che:• l’assegnazione a livello di impianto sarà

fatta sulla base di benchmarks di setto-re e sottosettore determinati a livello UEtenendo conto delle tecniche più effi-cienti;

• i benchmarks saranno calcolati con rife-rimento al prodotto piuttosto che conriferimento ai combustibili utilizzati, inquesto modo è garantito che i bench-marks siano sufficientemente differen-ziati per non penalizzare quei settori ca-ratterizzati al loro interno da una eleva-ta variabilità di prodotti;

• nella determinazione dei benchmarkssarà tenuto conto della presenza di in-stallazioni per lo stoccaggio del carbo-nio solo laddove le stesse sono effettiva-mente presenti così da evitare di pena-lizzare quelle installazioni che non posso-no stoccare il carbonio, a causa di un’as-segnazione effettuata con benchmarks

che non riflettono adeguatamente latecnologia effettivamente utilizzata.

Decisione per la ripartizione tra gli Stati membridell’obiettivo comunitario di riduzione delle emissioni di gas serra per i settori nonregolati dalla direttiva(decisione “effort sharing”)

Campo di applicazioneLa decisione regolamenta, per il periodo2013-2020, le emissioni di gas ad effettoserra provenienti dai settori non regolatidall’ETS4 (di seguito “settori non-ETS”).

Contributo alla mitigazione dei cambiamenti climaticiLa decisione stabilisce che, al 2020, i setto-ri non ETS, a livello Comunitario, riducanole emissioni di gas ad effetto serra del 10%rispetto ai livelli del 2005 (contro il –21%richiesto ai settori regolati dall’ETS). Di con-seguenza anche gli obiettivi di riduzioneper ciascuno Stato membro fanno riferi-mento all’anno 2005.L’individuazione degli obiettivi di riduzio-ne per ciascuno Stato membro è stata fat-ta tenendo conto dell’efficacia dei costi edel PIL pro capite5, cosicché gli Stati mem-bri caratterizzati da un PIL pro capite infe-riore alla media UE possono aumentare lerispettive emissioni, mentre quelli con unPIL pro capite superiore alla media UE de-vono ridurre le emissioni. Nessuno Statomembro può aumentare/ridurre le proprieemissioni per più del 20% rispetto ai livel-li del 2005. La Commissione ritiene che ta-le impostazione rispetti il principio diequità e solidarietà tra gli Stati membri.Secondo tale approccio l’Italia dovrà ridur-

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4. Prevalentemente settore civile, agricolo e dei trasporti.5. Proxy della capacità di un Paese di “pagare” e quindi investire per la riduzione delle emissioni.

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direttiva ETS il compromesso finale stabi-lisce che le modalità per effettuare l’ade-guamento dello sforzo di riduzione sianodeterminate con una procedura di co-deci-sione sulla base di una proposta della Com-missione e che l’adeguamento avvenga almomento della ratifica dell’accordo da par-te della Comunità con la possibilità di in-trodurre misure transitorie e sospensive inattesa dell’entrata in vigore del trattatointernazionale.

Gli strumenti di flessibilità “interni”alla UE per il rispetto degli obiettiviannuali vincolantiRispetto alla proposta iniziale della Com-missione, il compromesso finale prevedeun rafforzamento degli strumenti di flessi-bilità “interni” alla UE e più precisamente:• il rafforzamento del “carry forward” (la

possibilità di “prendere in prestito” leemissioni consentite nell’anno successi-vo per adempiere agli obblighi di ridu-zione dell’anno in corso) dal 2% al 5%delle emissioni consentite in ciascun an-no; la percentuale di “carry forward”può essere ulteriormente aumentata pergli anni 2013 e 2014 nel caso in cui condi-zioni meteorologiche estreme compor-tino un aumento eccezionale delle emis-sioni di gas serra;

• il riconoscimento esplicito della possibilitàdi “carry over” illimitato (ossia la possi-bilità di utilizzare le riduzioni in eccessorealizzate nell’anno in corso per adem-piere all’obiettivo di riduzione degli an-ni successivi);

• la possibilità di trasferimento tra Statimembri delle riduzioni in eccesso in mi-sura del 5% delle emissioni consentite inciascun anno;

• la possibilità di utilizzare senza alcun limi-

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re le emissioni nei settori non regolati dal-l’ETS del 13% rispetto ai livelli del 2005. L’obiettivo al 2020 dovrà essere consegui-to sulla base di un “path” definito dalladecisione attraverso l’individuazione diobiettivi di riduzione delle emissioni an-nuali vincolanti. In particolare gli Statimembri che al 2020 hanno un obiettivodi riduzione negativo6 (quindi devono ri-durre le proprie emissioni) dovranno di-minuire annualmente le proprie emissionia partire dal 2013 (anno in cui le emissio-ni non dovranno superare la media delleemissioni degli anni 2008-2010) fino al2020 seguendo un “path” lineare. Per gliStati membri che al 2020 hanno un obiet-tivo positivo7 (quindi devono solo limitarela crescita delle rispettive emissioni), è pre-vista la correzione del “path” lineare co-sì da renderlo più “soft”.L’Italia nel corso del negoziato si è sempredichiarata contraria all’introduzione diobiettivi di riduzione annuali vincolanti inragione del fatto che gli stessi riducono laflessibilità per gli Stati membri nella scel-ta delle misure più efficaci dal punto di vi-sta dei costi senza un effettivo beneficioambientale.Il compromesso finale pur mantenendo ilriferimento agli obiettivi annuali vincolan-ti, introduce e rafforza una serie di stru-menti di flessibilità (si veda paragrafo suc-cessivo) che ne agevolano il rispetto da par-te degli Stati membri.Riguardo il contributo alla mitigazione incaso di accordo globale, la proposta dellaCommissione prevedeva che lo sforzo diriduzione per i settori non ETS sarebbe sta-to adeguato secondo un meccanismo auto-matico così da tener conto dell’impegnodi riduzione assunto dalla Comunità nel-l’ambito dell’accordo. Analogamente alla

6. Prevalentemente i “vecchi” Stati membri.7. Prevalentemente i “nuovi” Stati membri.

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te quantitativo crediti derivanti da pro-getti realizzati all’interno della Comu-nità;

• la possibilità di contabilizzare gli assor-bimenti nazionali derivanti dall’uso delsuolo, dai cambiamenti di uso del suoloe dalle foreste previa presentazione diuna proposta della Commissione finaliz-zata a disciplinare le modalità di tale uti-lizzo.

Uso dei crediti derivanti dalla realizzazione di progetti nei Paesi terziRiguardo l’uso dei crediti derivanti dallarealizzazione di progetti nei Paesi terzi, fi-no al raggiungimento di un accordo post2012, in aggiunta a quanto previsto dallaproposta iniziale della Commissione (usoconsentito fino ad un massimo del 3% del-le emissioni relative al 2005), alcuni Statimembri che soddisfano determinati criteri(l’Italia rientra tra questi) possono usarecrediti derivanti da progetti CDM in misu-ra dell’1% delle emissioni verificate nel2005 a condizione che i progetti siano rea-lizzati nei paesi meno sviluppati.Inoltre a differenza di quanto previsto nel-la proposta iniziale della Commissione, èpossibile utilizzare i crediti derivanti daprogetti CDM di afforestazione e rifore-stazione.Analogamente a quanto disciplinato peri settori ETS, a seguito del raggiungimen-to dell’accordo post 2012, il limite all’utiliz-zo dei crediti sarà rivisto secondo una pro-cedura di co-decisione (e non soggetto adun adeguamento automatico, pari al 50%dello sforzo di riduzione addizionale che isettori non ETS, a livello comunitario, do-vranno sostenere a seguito della sottoscri-zione dell’accordo, come previsto nellaproposta iniziale della Commissione). Il riconoscimento dei crediti generati nel-l’ambito del futuro regime per la lotta aicambiamenti climatici non sarà automati-

co, ma regolamentato attraverso appositoatto della Commissione.

Introduzione di un regime per la verifica del rispetto da partedel Governo dell’obiettivo annualedi riduzione delle emissioni (sistema di compliance)La decisione prevede che nel caso in cuiuno Stato membro non rispetti il proprioobiettivo annuale, deve:• realizzare nell’anno seguente le manca-

te riduzioni relative all’anno preceden-te aumentate dell’8% (fattore di com-pliance pari a 1,08);

• presentare alla Commissione Europea un“piano nazionale” in cui vengono de-scritte le misure messe in atto per realiz-zare le mancate riduzioni.

In aggiunta è sospesa la possibilità di ef-fettuare trasferimenti (vendite) di “unitàdi emissioni” ad altri Stati membri.

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Octavi Quintana Trias è medico di formazione, specialista in terapieintensive. Ha lavorato come medico, come Direttore di ospedale e comeDirettore degli Affari internazionali al Ministero della Salute spagnolo.Consulente dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, si è ancheoccupato di aiuto umanitario in Africa e nei Balcani. Ha svolto ruoli di presidente e di fondatore in vari comitati europei per il controllo di qualità in medicina. È stato inoltre presidente di commissioni di bioetica tra cui il Comitato di Orientamento per la Bioetica del Consiglio d’Europa. Dal maggio del 2002 al dicembredel 2007 è stato Direttore per la Ricerca sulla Salute presso la DirezioneGenerale Ricerca della Commissione Europea. Dal gennaio 2008 ha assunto, presso la stessa Direzione Generale, la direzione per la Ricerca dell’Energia (Euratom).

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

Intervista aOctavi Quintana TriasA cura di Paola Batistoni

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Gentile Dr. Quintana Trias

Recentemente si è celebrato il 50° anniversario del Trattato che istituiva la Co-munità Europea dell’Energia Atomica (Euratom), uno dei trattati fondativi del-l’Unione Europea, voluto per promuovere lo sviluppo dell’industria nucleareeuropea garantendo nel contempo un elevato livello di sicurezza e di prote-zione dei cittadini e dei lavoratori. Il Trattato ha rappresentato il quadro tec-nico-normativo che oggi permette a diversi Stati membri di godere dei van-taggi ambientali ed economici dell’energia nucleare. Qual è stato il valore ag-giunto della collaborazione, della integrazione e del coordinamento forniti dalquadro Euratom in questi 50 anni?

Con il Trattato per l'Euratom, siglato a Roma il 25 marzo 1957, l'Italia con gli altricinque paesi fondatori intese stabilire le condizioni per lo sviluppo dell'energia nuclea-re negli Stati membri attraverso la condivisione delle risorse necessarie, dalla conoscen-za scientifica e tecnologica ai materiali fissili ed ai finanziamenti. Lo sviluppo dell'in-dustria nucleare in Europa si è svolto, da allora, nel quadro legale e tecnico-scientifi-co definito dal Trattato. Sebbene, nel rispetto delle diverse condizioni socio-cultura-li e politiche, l'utilizzo di questa tecnologia sia geograficamente diseguale, circa 150reattori nucleari sono in funzione oggi in 15 paesi dell'Unione ed assicurano un ter-zo della produzione di energia elettrica. Sicurezza delle installazioni e delle proce-dure, uniformità delle norme di base per la protezione dell'ambiente e delle persone,continuità nel progresso e nella conservazione delle conoscenze sono i principali be-nefici dell'approccio comunitario nella produzione dell'energia.Per quanto riguarda la ricerca c'è da ricordare che la prima prospettiva comunitaria inquesto settore fu introdotta appunto dal Trattato. Fu un'iniziativa davvero innovati-va per quell'epoca ed è servita da modello per i successivi programmi di ricerca co-munitari che seguirono a decenni di distanza. In questo contesto è particolarmentesignificativo il caso della fusione. Per la ricerca in questo campo, la Commissione Eu-ropea ha stabilito, a partire già dal 1958, un network di Associazioni (che si è svilup-pato sino a raggiungere oggi il numero di 26 Associazioni) con decine di istituti nazio-nali distribuiti in tutta l'Unione. Circa 2.500 ricercatori e tecnologi ed un ugual nu-mero di personale di supporto lavorano per lo sviluppo scientifico e tecnologico inun vasto campo che va dalla fisica dei plasmi di alta temperatura alle tecniche deisuperconduttori ad alta corrente. Anche la Svizzera partecipa al programma euro-peo per la fusione. L'Europa può vantare oggi la leadership internazionale in que-sto settore grazie a questo vasto sistema integrato, ed in particolare grazie al JET, il piùgrande dispositivo di ricerca per la fusione al mondo, che fu istituito nel 1978 comeimpresa comune, secondo le disposizioni del Trattato, e che possiede ancora oggi lecaratteristiche più avanzate per preparare ITER.In nessun'altra area esiste un programma europeo unico con la partecipazione di-retta di tutti i 27 paesi membri come nel campo della fusione, campo in cui l’Italiaha svolto fin dall’inizio un ruolo molto importante.Il contributo italiano è tuttora fra i più rilevanti, nella costruzione di ITER, per cui re-gistriamo con soddisfazione l’attivo coinvolgimento anche dell’industria italiana, enel dibattivo sulla sperimentazione satellite da affiancare ad esso. Inoltre l’Italia par-

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Intervista a Octavi Quintana Trias

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tecipa al Broader Approach per la collaborazione col Giappone, con cospicui contri-buti al progetto dell’International Fusion Materials Irradiation Facility, alla costruzio-ne del tokamak JT 60SA ed all’attività dell’International Fusion Energy Research Cen-tre, sito nel nord dell’isola di Honshu.I programmi comunitari hanno avuto un significativo effetto strutturante anche perla ricerca sulla fissione, ad esempio riguardo al trattamento e lo smaltimento geolo-gico dei rifiuti radioattivi. Il problema della sicurezza nella gestione dei rifiuti è comu-ne a tutti i paesi dell'Unione, poiché non solo le centrali, ma anche gli ospedali neproducono.

La sicurezza e la protezione in ambito nucleare all’interno dell’Unione Euro-pea dipendono anche da ciò che accade al di là dei suoi confini. Quali sono le ini-ziative in ambito Euratom in materia di sicurezza nucleare alla luce della rina-scita attuale dell’energia nucleare e della sua crescente diffusione con i rischi diproliferazione ad essa collegati?

La sicurezza è sempre stata una priorità per l'Euratom. Così dev'essere e così sarà nelfuturo. La responsabilità primaria compete agli operatori ed alle autorità di sicurez-za presso gli Stati membri. Negli ultimi anni la Direzione Generale Energia e Traspor-ti (DG TREN) si è attivamente impegnata per promuovere un approccio europeo allasicurezza nucleare e alla gestione dei rifiuti. A tal fine la Commissione si giova dellaconsulenza dell’High Level Group on Nuclear Safety and Waste, costituito nel 2007, cheriunisce le autorità per la sicurezza negli Stati membri.Per la gestione e lo stoccaggio di rifiuti la Commissione incoraggia anche la formazio-ne, attorno alle agenzie nazionali responsabili di questi compiti, di una piattaformatecnologica per lo smaltimento geologico. L'obiettivo della piattaforma sarà di stabi-lire un Piano Strategico di Ricerca per la ricerca comune e per la messa in opera disiti di deposito sotterraneo.Un'altra preoccupazione maggiore è certamente l'affidabilità di questo strategicosettore all'esterno dell'Unione. Vale la pena di ricordare il notevole impegno per ilmiglioramento della sicurezza nei paesi già membri dell'Unione Sovietica nel qua-dro del programma TACIS, messo in opera dalla Commissione. Ci si può realisticamente aspettare che in futuro altri paesi terzi facciano ricorso all'e-nergia nucleare. La Commissione, attraverso lo strumento Nuclear Safety Coopera-tion, lancerà anche nuovi programmi per sostenere questi paesi a sviluppare le com-petenze necessarie e le normative relative alla sicurezza. Il Settimo Programma Qua-dro comunitario per la ricerca può anche contribuire, in particolare, ad azioni diret-te all'istruzione e alla formazione. Prerequisito fondamentale per questa coopera-zione è, naturalmente, l'impegno alla non-proliferazione.

Qual è oggi il ruolo di Euratom nella strategia energetica europea, impegnataa fronteggiare il problema della crescente dipendenza dall’esterno e la minac-cia dei cambiamenti climatici?

È facilmente prevedibile che l'energia nucleare e le tecnologie connesse continue-ranno ad essere utilizzate e sviluppate nei prossimi decenni. È anche probabile chealtri paesi membri con tradizioni meno solide in questo campo vogliano accedere aquesta fonte energetica, che offre innegabili vantaggi sotto diversi profili. La Polonia,per esempio, ha appena annunciato l'intenzione di costruire una o due centrali nel

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prossimo decennio. È chiaro pertanto che il Trattato Euratom continuerà a presen-tare un necessario strumento per la collaborazione, la sicurezza e la condivisione de-gli sforzi nell'Unione Europea, che presenta al suo interno una grande varietà e com-plementarietà di risorse, ma anche complessivamente una forte dipendenza dalleimportazioni di energia.

La Commissione Europea ha lanciato recentemente due importanti iniziative:l’European Nuclear Energy Forum, e la Sustainable Nuclear Energy TechnologyPlatform (SNETP). Qual è lo scopo e lo stato di avanzamento delle due iniziati-ve e, in particolare, cosa ci si attende dalla Strategic Research Agenda e dallaDeployment Strategy di SNETP presentate pubblicamente a Bruxelles il 26 no-vembre?

La SNETP riunisce tutti i principali "attori" nel campo della ricerca sulla fissione nu-cleare (industria, istituti di ricerca, università, organizzazioni responsabili per la sicu-rezza, alcune ONG). Il primo compito della Piattaforma Tecnologica, che appartieneai suoi membri e non alla Commissione, è quello di redigere il suo Piano Strategicodi Ricerca, un documento che verrà presto pubblicato sul sito web della piattafor-ma (www.snetp.eu) per raccogliere i commenti del pubblico in febbraio. Esso defini-sce le priorità principali a livello europeo per i prossimi anni e servirà da guida per lascelta dei temi principali per i programmi nazionali e industriali, ma anche per ilprogramma di ricerca Euratom. Il passo successivo è quello di costituire delle taskforces per l’attuazione delle azioni specifiche definite nel Piano Strategico. Una diqueste task forces è già costituita e lavora alla preparazione della Iniziativa Indu-striale Europea per il Nucleare nell'ambito del SET-Plan (vedi sotto). Quest'ultimaverterà su ricerca e sviluppo per impianti di dimostrazione e prototipi per i reattoriveloci della Generation IV – che miglioreranno la sostenibilità dell'energia nuclearea lungo termine.L’European Nuclear Energy Forum è stato lanciato alla fine del 2007 da parte della DGTREN. Esso ha già tenuto sessioni plenarie nelle repubbliche Ceca e Slovacca. È unforum cui partecipano rappresentanti dei paesi membri, l'industria ed alcune ONG perdiscutere temi connessi alle prospettive future per l'energia nucleare a livello euro-peo. Il Forum è organizzato in tre sezioni: rischi, opportunità e trasparenza.

Il programma per lo sviluppo dell’energia dalla fusione nucleare è parte im-portante delle attività Euratom. Esso rappresenta un caso di successo per irisultati ottenuti, che fanno dell’Europa il paese leader in questo campo, ecostituisce un esempio da seguire nella costruzione dello Spazio Europeodella Ricerca. Qual è il ruolo della fusione nella ricerca sulle nuove energiein Europa?

Bisogna chiarire che la fusione rappresenta una promettente prospettiva per l'ap-provvigionamento energetico non nell'immediato, ma tra alcuni decenni da oggi.In questa prospettiva, la dipendenza europea dalle importazioni di energia rischia didivenire ancora più drammatica in un mercato considerevolmente più concorren-ziale. L'impatto sul clima di molte tecniche di produzione dell'energia porrà inoltreulteriori vincoli sulle scelte future. È certo difficile prevedere oggi gli sviluppi pos-sibili e il quadro internazionale per la metà del secolo. È chiaro tuttavia che sonourgenti sostanziali modifiche dei modelli industriali e tecnologici presenti e che es-

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Intervista a Octavi Quintana Trias

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se richiederanno ingenti risorse, coordinazione sovranazionale e programmi di svi-luppo ultradecennali. È critico perciò agire sin da ora per assicurare all'Europa, e alresto del mondo, il massimo potenziale possibile in termini di sostenibilità e diversi-ficazione delle fonti e delle opzioni tecniche e industriali disponibili.Il Piano Strategico Europeo per le Tecnologie Energetiche (SET-Plan), presentato dal-la Commissione nel novembre 2007 e avallato dai 27 paesi membri propone una se-rie di misure per conseguire i seguenti risultati: • una nuova pianificazione strategica congiunta; • un’attuazione più efficace;• un aumento delle risorse e • un nuovo approccio rafforzato alla cooperazione con i paesi terzi. Il Consiglio dei Ministri europei ha sottolineato come una tale politica sia "un elemen-to essenziale per conseguire gli ambiziosi obiettivi dell'Unione Europea per il 2020in materia di energia e di clima". Il SET Plan è volto a "ridurre i costi dell’energiapulita e a porre le imprese comunitarie in una posizione di leadership nel settoredelle tecnologie a bassa emissione di carbonio, un settore in rapida espansione".Esso definisce le principali sfide tecnologiche che l’UE dovrà affrontare nei prossi-mi 10 anni. Una di queste sfide chiave riguarda la fusione: "Completare la costru-zione dell’impianto di fusione ITER e garantire fin dall’inizio la partecipazione del-l’industria nella preparazione di azioni di dimostrazione" sarà per l'appunto la mas-sima sfida per questo programma nei prossimi dieci anni. Com’è noto il Settimo Pro-gramma Quadro di ricerca dell'Euratom prevede una spesa per la fusione di 1,95miliardi di euro per il quinquennio 2007-2011, ovvero il 70% della spesa Euratomper la ricerca in tale periodo.

Attraverso l’accordo ITER, l’Europa partecipa con ruolo di leader e in misuramaggioritaria ad un’impresa internazionale che rappresenta un passaggio de-cisivo sulla strada dell’energia da fusione. Quali sono le sfide in questa colla-borazione di così vasta estensione geografica e politica?

Vorrei osservare che i passi compiuti sinora per la preparazione e per il lancio diquesta impresa costituiscono già un notevole successo di fronte a una sfida che èsembrata in alcuni momenti quasi insormontabile. L'Unione Europea ha saputo con-vincere le grandi potenze internazionali della necessità di mettere in opera questoprogetto e dell'opportunità di stabilirlo in un sito europeo. La costruzione di ITERè iniziata nel 2007 a Cadarache, nel sud della Francia, e procede a ritmo sostenuto.È il felice esito di un lungo e difficile negoziato iniziato con quattro partner interna-zionali e conclusosi con sette partner.L'Organizzazione internazionale ITER dovrà cooperare con sette Agenzie, una perogni partner internazionale, preposte all'approvvigionamento di componenti adaltissimo contenuto tecnologico e in larghissima misura mai prodotti prima. Questanuova e complessa organizzazione ha già compiuto una Revisione del Progetto,che si era resa necessaria a causa del ritardo interposto tra l'inizio dei negoziatinel 2001 ed il lancio del progetto nel 2007. Altre sfide di grande portata già si pro-filano: specialmente perché la Revisione suddetta avrà serie implicazioni sulle ri-sorse, finanziarie e di personale, necessarie; perché la collaborazione di sette par-ti consociate, ciascuna con diversi interessi e priorità, per un periodo di trent'annisu un progetto così impegnativo è una novità assoluta. La condivisione tra i vari

Paola Batistonil’in

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contraenti, e con le industrie fornitrici, della proprietà intellettuale generata dalprogetto sarà di per sé un cimento di grande impegno per tutte le parti in causa.Giova forse fare un'altra osservazione circa il successo che ci auguriamo nelle pro-ve che attendono il progetto ITER. Esso fornirà senz'altro un’utilissima esperienzaper la comunità internazionale che avrà certo bisogno di intraprendere, anche e so-prattutto in campo energetico, altri progetti di ricerca e sviluppo del costo comples-sivo di molti miliardi di euro. La semplice portata di tali imprese richiederà neces-sariamente che si realizzino, come ITER, sulla base di collaborazioni tra parti diverse,di diverse regioni e culture.

Quale dovrà essere l’attività di ricerca da condurre in Europa, parallelamen-te a ITER, per mantenere il livello di competenze, sia nei laboratori di ricerca sianelle industrie, per sfruttare al meglio ITER e procedere alla realizzazione diun reattore dimostrativo?

Nell’ottobre dello scorso anno il gruppo di esperti consultati dalla Commissione perla Review of Facilities ha consegnato il suo rapporto sugli obiettivi da raggiungere esugli impianti necessari per la ricerca e lo sviluppo della fusione come fonte di ener-gia. Esso giunge al termine di un vasto dibattito e lavoro di consultazione che hacoinvolto attivamente tutti gli istituti membri dell'EFDA, lo European Fusion Deve-lopment Agreement. Le principali raccomandazioni del rapporto sono largamentecondivise dalla Commissione. Evidentemente la prima di esse è di sostenere la co-struzione di ITER e di prepararne l'esercizio e il funzionamento. L'altra massima prio-rità riguarda la preparazione del disegno e della costruzione di DEMO, il reattoredimostrativo. Priorità complementari, ma altrettanto cruciali, sono la conservazio-ne e lo sviluppo del capitale umano, e la promozione dell'innovazione.Nei prossimi cinque anni la Commissione intende promuovere un processo di otti-mizzazione delle risorse disponibili in tutta l'Unione. Esso dovrà passare attraversola riduzione del numero complessivo dei dispositivi sperimentali per la ricerca di fi-sica e la valorizzazione di quelli che hanno maggiore rilevanza per le missioni orien-tatrici del programma. È indispensabile una gestione efficiente delle risorse umanetesa in larga misura a riorientare le competenze verso i nuovi progetti che si ren-dono necessari per la costruzione e l'esercizio di ITER, ma anche per lo studio e laqualificazione di materiali, e lo sviluppo di teoria e simulazione dei plasmi da fusio-ne. Lo spazio europeo di ricerca per la fusione dovrà fare un ulteriore sforzo di inte-grazione. Gli esperimenti congiunti in un numero limitato di siti europei, com'è giàda decenni in quello del JET, dovranno diventare la norma anche per altri siti ospitan-ti installazioni sperimentali comuni.

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Intervista a Octavi Quintana Trias

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

Magnetic Fusion Energy.The ITER Project

The industrialised countries most active in nuclear fusion(China, Korea, Japan, India, Russia, the United Statesand the European Union), are participating in thedevelopment of ITER, an experimental reactorrepresenting a fundamental step toward nuclear fusionenergy. Europe, and Italy in particular, are deeplyinvolved in this initiative with important related projects too

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 24

I paesi più industrializzati eattivi nel campo della fusione(Cina, Corea, Giappone, IndiaRussia e Stati Uniti, piùl’Unione Europea) collaboranoalla realizzazione di ITER, unreattore sperimentale checostituisce il passofondamentale per larealizzazione dell’energia dafusione. L’Europa, e l’Italia inparticolare, sono fortementeimpegnate in questa impresaanche con importanti progettidi accompagnamento

Energia dallafusione magnetica.Il progetto ITERPaola BatistoniAldo Pizzuto

ENEA, Dipartimento Fusione, Tecnologie e Presidio Nucleare

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 25

corso e quello che ancora resta da fare inun momento in cui le previsioni sull’evo-luzione del panorama energetico attuale,insieme all’urgenza di adottare tecnologieenergetiche a ridotte emissioni di gas ser-ra, rafforzano l’interesse sulla fusione epongono la domanda sui tempi in cui es-sa potrà diventare disponibile.Lo straordinario complesso di nuove acqui-sizioni scientifiche, tecnologiche e speri-mentali ottenute in questi 50 anni ha por-tato alla creazione di una nuova discipli-na scientifica (la fisica del plasma) e allosviluppo di molte nuove tecnologie cherendono possibili, oggi, la costruzione diITER, un reattore a fusione sperimentaleche produrrà 500 MW di potenza di fusio-ne per tempi relativamente lunghi, conguadagno di potenza di un fattore da cin-que a dieci. ITER fornirà la dimostrazionedella fattibilità scientifica e tecnologica del-

Lo scorso ottobre a Ginevra, durante la 22a

conferenza IAEA sull’ Energia da Fusione, sisono celebrati i 50 anni dalla storica con-ferenza su gli “Usi pacifici dell’energia ato-mica”, svoltasi nello stesso palazzo dell’Or-ganizzazione delle Nazioni Unite nel set-tembre del 1958, in cui furono rese pub-bliche le ricerche sulla fusione nucleare. Daallora, la ricerca sulla fusione è condottain molti paesi in un clima di aperta colla-borazione e con l’obiettivo di realizzareuna fonte di energia praticamente inesau-ribile, rispettosa dell’ambiente, sicura edeconomicamente competitiva. L’indubbio valore strategico di questa im-presa risiede nei potenziali vantaggi chepresenta in termini di disponibilità delle ri-sorse, di riduzione dell’uso di combustibilifossili e di sicurezza dell’approvvigiona-mento energetico. La ricorrenza ha fornitol’occasione per valutare il cammino per-

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

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Anno1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000

10

1

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QTarget ITER

Figura 1I progressi ottenuti nella fusione magnetica, misurati in termini delparametro Q, definito come il rapporto tra la potenza da fusione pro-dotta (DT equivalente) e la potenza depositata dall’esterno per scal-dare il combustibile. I risultati mostrati sono stati ottenuti in vari espe-rimenti nel mondo. In analogia con la legge di Moore per la densità ditransistor nei circuiti integrati, il parametro Q della fusione è costante-mente raddoppiato ogni 1.8 anni nei 30 anni scorsi

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no, il deuterio 2H o D, il cui nucleo è for-mato da un protone e da un neutrone, eil trizio 3H o T, il cui nucleo è formato daun protone e da due neutroni (figura 3).Il nucleo dell’idrogeno comune è formatoda un solo protone. La reazione D+ T →4He+n, infatti, presenta la “soglia” in ener-gia più bassa (~10 keV) e la probabilità piùalta. Per questi motivi, il ciclo DT è quello sucui si concentrano gli attuali modelli direattore a fusione1. Il modo più semplice per fornire ai nucleil’energia necessaria per innescare le rea-zioni consiste nel riscaldare i nuclei stessi.Infatti, la temperatura di una sostanza èuna misura dell'energia cinetica media del-le particelle che la compongono. Per otte-nere una significativa frequenza delle rea-zioni D +T occorre raggiungere tempera-ture non inferiori a kT ~ 10 keV (circa 100milioni °C). Essendo queste temperatureben al di sopra dell'energia di ionizzazionedegli atomi, le reazioni di fusione avven-gono in un combustibile allo stato di pla-sma. Il plasma può essere considerato co-me il quarto stato della materia, oltre aglistati solido, liquido e gassoso. Un plasmaè un gas caldo (kT ≥ 0,01 keV) ionizzato, icui atomi hanno perso in parte o del tut-to i loro elettroni. È quindi costituito daelettroni e da atomi privati di uno o piùelettroni (ioni positivi). L’energia rilasciata nella reazione D+ T, pa-ri a 17,6 MeV, è ripartita tra energia cineti-ca dei nuclei di 4He (20%) e energia cineti-ca dei neutroni (80%). I nuclei di 4He (par-ticelle alfa), in quanto elettricamente ca-richi, depositano la loro energia nel pla-sma contribuendo a mantenerlo caldo. Ineutroni escono dalla camera di reazione

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 26

la fusione, tuttavia saranno necessari an-cora alcuni passi fondamentali prima chesi possa disporre di energia da fusione. Inquanto segue verranno illustrati lo statoattuale dell’impresa e la Roadmap per ilraggiungimento dell’obiettivo finale[1].

La fusione nucleare: il meccanismo fisico

La fusione è una reazione nucleare in cuidue nuclei leggeri si fondono in un nucleopiù pesante con conseguente rilascio dienergia. È la reazione che alimenta il solee tutte le stelle, ed è alla base del processodi nucleosintesi che avviene all’interno del-le stelle, cioè della produzione degli ele-menti naturali a partire dall’idrogeno finoalla formazione del ferro-nickel. Come mo-strato in figura 2, si ha un grande rilasciodi energia nella fusione di nuclei leggeriin nuclei di massa intermedia. Per nucleiancora più pesanti, l’inversione della cur-va descrive il rilascio di energia nel proces-so opposto, quello della fissione, che con-siste nella rottura di nuclei pesanti in fram-menti più piccoli.Mentre l’attivazione del processo di fissio-ne richiede poca energia, la fusione richie-de una quantità considerevole di energiaper avvicinare i due nuclei reagenti, en-trambi carichi positivamente, a causa dellarepulsione elettrostatica. Una volta che idue nuclei si trovino a distanze dell’ordi-ne della dimensione dei nuclei stessi, la for-za nucleare forte, attrattiva, rende possi-bile il processo di fusione. Tra le varie rea-zioni di fusione note, risulta che l’energiada fornire è minima per la reazione checoinvolge gli isotopi pesanti dell'idroge-

Paola Batistoni, Aldo Pizzutoriflettore

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1. Una reazione interessante è quella che coinvolge un nucleo di D e uno di 3He (isotopo leggero dell’elio, il cui iso-topo di gran lunga più abbondante è 4He) in quanto ha il vantaggio di non produrre neutroni: in un ciclo D3He, laproduzione di neutroni dalle reazioni tra nuclei di deuterio presenti (D+D →T+n) risulterebbe alquanto inferiore aquella che si avrebbe nel ciclo DT a parità di potenza e, quindi, risulterebbero di gran lunga ridotti gli effetti negativi dovutialle interazioni dei neutroni con i materiali del reattore. Tuttavia, l’3He è estremamente raro sulla terra e (contrariamen-te al trizio) non producibile. Inoltre, la sezione d’urto D+3He ha valori significativi per energie molto più grandi rispet-to alla reazione D+T. Per questi motivi, sebbene vi siano studi di reattori basati sul ciclo D3He, esso non è ritenuto almomento praticabile. Negli esperimenti attuali si usano, per convenienza, miscele di solo deuterio.

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 27

fusione senza bisogno di fornire ulteriorepotenza dall’esterno, si ha l’ignizione. Ingenerale, non si richiede che il reattore rag-giunga l’ignizione ma che agisca da molti-plicatore di potenza con un fattore di mol-tiplicazione Q (guadagno, definito come ilrapporto tra la potenza di fusione prodot-ta e quella fornita dall’esterno) sufficiente-mente grande, dell’ordine di 30-50. Si può dimostrare che per una miscela DT(50%D + 50%T) di densità n e temperatu-ra T, si ha Q > 1 per nTτE > ~ 1021 m–3 keVs, con T ~20 keV, dove τE è il cosiddettotempo di confinamento dell’energia, ov-vero il tempo tipico di raffreddamento delplasma allo spegnersi della potenza ester-na, nell’ipotesi che questo abbia un anda-mento esponenziale. I valori ottenuti pernTτE, il cosiddetto prodotto triplo di fusio-ne, sono riportati più avanti in figura 7. Le condizioni fondamentali per la fusionesono quindi essenzialmente tre: • riscaldamento del plasma fino alle tem-

perature necessarie a produrre reazionidi fusione in misura sufficiente;

• contenimento del plasma ad una den-sità sufficientemente elevata;

• isolamento termico del plasma (confina-mento), per minimizzare le perdite diparticelle e di energia.

e la loro energia può essere raccolta e tra-sformata in energia elettrica. Per ottenere una produzione netta di ener-gia da fusione, occorre che la potenza pro-dotta dalle reazioni di fusione sia maggio-re della la potenza depositata dall’esternoper scaldare il plasma (il punto di pareggioè detto punto di breakeven). Quando lapotenza di fusione è abbastanza grandeda riscaldare il combustibile circostante tra-mite la potenza delle alfa e mantenere la

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

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Figura 2Energia per unità di massa rilasciata nelle reazionidi fusione e di fissione nucleare

Figura 3A sinistra: la reazione nucleare di fusione tra deuterio e trizio, in cui vengono prodotti un nucleodi elio (4H) e un neutrone. La fusione è il processo opposto alla fissione nucleare, che consiste nel-la rottura di nuclei molto pesanti in frammenti più piccoli. A destra: reazione di fissione nuclearedi un nucleo di uranio (235U)

++

+

+

+ +deuterio D (2H)

trizio T (3H) neutrone (14.1 MeV)

elio 4He (3.5 MeV)

prodotto della fissione

prodotto della fissione

neutrone

neutrone

neutrone

neutrone

235U

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a girare intorno alle linee di campo ma-gnetico. Tuttavia, le particelle cariche ri-mangono libere di muoversi parallelamen-te alle linee di campo magnetico, e il pla-sma può uscire alle estremità del solenoide.Da qui l’idea di piegare il solenoide su sestesso in una configurazione toroidale, cioèa forma di ciambella. In tale operazione ilcampo non rimane uniforme: i gradientidel campo causano moti di deriva delleparticelle che debbono essere annullati concampi correttivi. Tra le configurazioni magnetiche toroida-li più studiate (Tokamak, Stellarator e Re-versed Field Pinch (RFP)), la configurazio-ne Tokamak è quella su cui sono state inve-stite le maggiori risorse e che ha consenti-to i maggiori progressi dal punto di vistadel contenimento e isolamento termicodel plasma stesso. Un Tokamak (figura 4)è costituito da una ciambella (toro) entrocui si produce il vuoto e si inietta il “com-bustibile” a densità dell’ordine di 1020 par-ticelle/m3. Un insieme di bobine disposte attorno al-la ciambella genera il campo magneticotoroidale che ha il compito di guidare ilmoto delle particelle. Un secondo solenoi-de posto al centro della ciambella costi-tuisce il primario di un trasformatore cheinduce nel plasma (secondario) una cor-rente parallela al campo magnetico prin-cipale, che contribuisce al confinamentodel plasma stesso e lo riscalda per effettojoule. Altre bobine esterne sono utilizzateper il controllo della posizione e della for-ma del plasma.Nei Tokamak attuali, la durata della confi-gurazione di equilibrio è limitata dalla du-rata della corrente di plasma e quindi dalflusso magnetico disponibile nel solenoidecentrale. Il funzionamento in regime sta-zionario, necessario per il reattore, richie-de quindi l’adozione di meccanismi diver-si di generazione di corrente nel plasma.Inoltre, il solo effetto joule non è sufficien-te a scaldare il plasma fino alle tempera-ture richieste poiché, al crescere della tem-

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 28

Le condizioni per la fusione si verificanonaturalmente nei nuclei delle stelle, dove ilplasma è compresso ad alta densità sottol’azione della propria forza gravitaziona-le. In laboratorio, dove è necessario ricorre-re ad altri meccanismi, si sono seguite prin-cipalmente due linee diverse, conosciutecome confinamento inerziale e confina-mento magnetico del plasma. Ci limitiamo qui a presentare lo stato e leprospettive della fusione a confinamentomagnetico, notando tuttavia che vi sonoimportanti attività di ricerca e interessantisviluppi anche nel campo della fusioneinerziale[1].

La fusione a confinamento magnetico

Il confinamento magnetico si basa sul fat-to che un campo magnetico influenza ilmoto delle particelle cariche del plasma.Un campo di induzione magnetica B, co-me quello prodotto da un solenoide linea-re, confina le particelle cariche nelle dire-zioni ortogonali alla direzione del campostesso, costringendo gli ioni e gli elettroni

Paola Batistoni, Aldo Pizzutoriflettore

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Figura 4Macchina Tokamak per il confinamento magnetico del pla-sma

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Figura 5Schema di funzionamento di un reattore a fusione aconfinamento magnetico

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 29

12,32 anni. Occorre quindi produrlo, possi-bilmente all’interno dello stesso impiantodel reattore (figura 5). A tal fine si sfrutta-no reazioni triziogene, che sfruttano i neu-troni prodotti nella stessa reazione D+T, eil litio, presente in natura con due isotopistabili, 6Li (7,59%) e 7Li (92,41%):

D+ T → 4He + n ➯ n + 6Li → T + 4He

In questo modo, per ogni nucleo di trizioconsumato, viene generato un neutrone eda questo, tramite una reazione con il litio,un nucleo di trizio il quale viene recuperatoe inviato nella camera di reazione insieme aldeuterio. Ciò avviene in uno speciale com-ponente, il mantello triziogeno, posto a cir-condare la camera di reazione, contenen-te composti del litio e materiali moltiplicato-ri di neutroni, quali il berillio o il piombo2.

peratura, la resistenza elettrica del plasmadiminuisce e con essa la potenza di riscalda-mento a parità di corrente, mentre aumen-tano le perdite per radiazione e per tra-sporto di calore. Perciò occorre ricorrere asistemi di riscaldamento “ausiliari”, quali(i) iniezione di fasci di atomi neutri ad al-ta energia che penetrano entro il plasmae, cedendo la loro energia per urto, lo ri-scaldano; (ii) riscaldamento con onde elet-tromagnetiche a frequenze appropriateper un’efficace interazione con il plasma.

I potenziali vantaggi della fusione

I potenziali vantaggi dell’energia da fusio-ne rendono conto del valore strategico diquesta tecnologia energetica dal punto divista del rispetto dell’ambiente, della di-sponibilità del combustibile, della fattibi-lità economica e della sicurezza dell’approv-vigionamento. Il combustibile di base è pra-ticamente illimitato e omogeneamente dif-fuso sulla Terra, e non da quindi luogo aproblemi di approvvigionamento. La rea-zione non da luogo a emissioni di gas a ef-fetto serra e non produce scorie radioattive,le centrali sono intrinsecamente sicure. In-fine con un’opportuna scelta dei materiali,la radioattività dei componenti a fine vitadel reattore può decadere nell’arco di cir-ca un secolo, evitando quindi la necessitàdi depositi permanenti in sito profondo epermettendo il riciclo dei materiali.Il deuterio è presente in natura nella mi-sura di 25,5 mg di deuterio per litro d’ac-qua. La disponibilità di deuterio sulla terraè quindi praticamente illimitata. D’altraparte, il trizio non si trova in natura poi-ché è un isotopo radioattivo dell’idroge-no con un tempo di dimezzamento pari a

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

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2. L’uso di materiali moltiplicatori di neutroni si rende necessario per ottenere valori del breeding ratio T/n (definito comeil rapporto tra nuclei di trizio prodotti nel mantello e neutroni emessi dal plasma, pari ai nuclei di trizio consumati),superiori all’unità (T/n ~ 1.1) per assicurare l’autosufficienza del reattore, compensare eventuali perdite di trizio e di-sporre di una scorta per avviare altri reattori. La moltiplicazione di neutroni è particolarmente efficiente in Pb e Beattraverso reazioni nucleari di tipo (n,2n).

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tivazione dei materiali del reattore in-dotta dai neutroni;

• bassa densità di potenza nel nocciolo delreattore;

• assenza di materiale fissile. I risultati degli studi europei su alcuni con-cetti di centrali a fusione[2] mostrano quan-to segue:• durante l’operazione normale le dosi al-

l’esterno della centrale degli effluenti ra-dioattivi atmosferici e acquosi (trizio eprodotti di attivazione) sono molto al disotto dei livelli permessi;

• nel caso d’incidente non c’è possibilitàdi escursione incontrollata della poten-za in quanto la reattività del plasma èlimitata da processi intrinseci al siste-ma; le strutture interne della macchinanon possono fondere anche in caso diincidente con perdita di ogni raffred-damento attivo conseguente a una per-dita improvvisa di potenza (sicurezzapassiva); il massimo incidente prevedibi-le di origine interna alla centrale con-durrebbe a valori di esposizione del

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 30

I combustibili sono dunque il deuterio eil litio, il prodotto finale è elio senza pro-duzione di gas serra. Con il deuterio con-tenuto in 10 litri di acqua (0,255 g) e 0,765g di 6Li (circa 10 g di litio naturale) si ot-tengono circa 21.000 kWh tramite la rea-zione D+T (con un’efficienza complessivadel reattore pari al 35%) ovvero l’ener-gia elettrica consumata da un cittadinoitaliano in circa 3 anni. L’energia svilup-pata per ogni grammo di materia reagen-te è equivalente a circa 5 tonnellate dipetrolio.La fusione presenta vari elementi che larendono molto interessante dal punto divista della sicurezza e dell’ambiente. Essi sono: • piccola quantità di combustibile nella ca-

mera di combustione, che porta all’arre-sto quasi immediato della generazionedi potenza al momento della chiusuradell’alimentazione del combustibile;

• prevalente produzione di isotopi a emis-sione gamma con tempo di decadimen-to relativamente breve, derivanti dall’at-

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Fissione (PWR)Fusione (acciai a bassa attivazione)Ceneri di carbone

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0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500Tempo trascorso dallo spegnimento dell’impianto (anni)

Rate

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r ing

estio

ne (S

v/h)

Figura 6Decadimento della radiotossicità per impianti a fissione (PWR) o fusione (strut-ture in acciaio a bassa attivazione) e raffronto con centrale a carbone, a pa-rità di energia elettrica prodotta[3]

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potenza di fusione per alcuni secondi(1994, 1997). Le performance migliori so-no ottenute con configurazioni magneti-che di tipo Tokamak sulla cui linea si col-loca l’attuale esperimento di punta, ITER.Tale sviluppo è stato reso possibile graziead un notevole miglioramento della com-prensione della fisica del plasma e dallosviluppo delle tecnologie. I progressi sonostati segnati in particolare da: • la scoperta di regimi di plasma caratte-

rizzati da un migliore isolamento termi-co grazie alla formazione di barriere altrasporto del calore al bordo del plasma(cosiddetti modi H, in cui il tempo di con-finamento dell’energia τE è da due a trevolte più alto che nei regimi di plasmaottenuti precedentemente) e successiva-mente anche in zone più interne (regi-mi avanzati) (figura 8);

pubblico tali da non richiederne l’eva-cuazione.

Nelle centrali a fusione le scorie radioattiveprovengono dall'attivazione neutronica deicomponenti del reattore e dalla presenzadel trizio. La parte dominante della radioat-tività indotta dai neutroni è generata neicomponenti che si affacciano alla cameradi combustione e nel mantello. Questi com-ponenti sono periodicamente sostituiti du-rante la vita della centrale mentre è previstoche altri componenti, quali la camera davuoto e i componenti più esterni, restinoper l'intero periodo operativo della centra-le. Con l’impiego di materiali opportuni abassa attivazione, all'arresto della centrale afusione la radiotossicità decade entro 100anni a valori che sono da diecimila a cento-mila volte inferiori a quelli della fissione, eparagonabili a quella delle ceneri di unacentrale a carbone (figura 6).Gli studi condotti su vari modelli di centralia fusione[2] hanno mostrato che il costo di-retto dell’energia elettrica (quotazione 2004)varia tra 0,065 e 0,04 d/kWh, passando daiprogetti di centrale più conservativi a quel-li più avanzati. In tutti i casi, il costo capita-le è la voce predominante, circa il 70%, cuicontribuisce per circa il 40% il costo dei ma-gneti, mentre le parti rimpiazzabili durantela vita della centrale rappresentano circa il5%. I costi esterni dell’energia da fusionesono molto bassi (0,25-0,06 dcents/kWh) esono dominati da costi legati a parti con-venzionali, in particolare a incidenti con-venzionali durante la costruzione.

Lo stato di avanzamento

L’energia da fusione ha conosciuto uno svi-luppo sistematico a partire dai primi espe-rimenti significativi degli anni ’60-’70 delsecolo scorso (figura 7). Il triplo prodottonTτE ha raggiunto il valore di 1,5 x 1021 m–3

keVs. L’operazione in DT, sperimentata nelTokamak statunitense TFTR e in quello eu-ropeo JET, ha portato alla produzione ri-spettivamente di 11 MW e di 16 MW di

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

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Figura 7I valori del triplo prodotto ntET in funzione della tem-peratura degli ioni ottenuti nei vari esperimenti di fu-sione nel mondo. La linea verde rappresenta la curva dibreakeven (Q=1), e la zona gialla rappresenta la re-gione dei parametri del reattore

1022

1021

1020

1019

1018

1017

1016

1 10 1000.1

Temperatura degli ioni (keV)

Trip

lo p

rod

ott

o n

TτE (m

–3 s

keV

)

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• la scoperta dei cosiddetti “modi localizza-ti al bordo” (ELMs) associati al modo H,cioè getti di particelle ed energia localiz-zati al bordo del plasma dovuti a proces-si di trasporto turbolento. Tali modi so-no di particolare interesse per l’ opera-zione del reattore, perché permettonoil controllo del carico della potenza cheesce dal plasma sui componenti a ciò de-dicati (divertore);

• la possibilità di generare configurazionidi plasma con una frazione molto eleva-ta di corrente “autoprodotta” dal pla-sma stesso (fino a circa 80% della corren-te totale). Tale corrente, detta di boot-strap, e apre la strada al funzionamen-to dei Tokamak in stato stazionario;

• la capacità di controllo delle performan-ce del plasma (per es. stabilità, alta den-sità) attraverso l’ottimizzazione della for-ma (tori con sezione trasversale allunga-ta, triangolare ecc.);

• lo sviluppo e la prova di diversi modellidi divertori, cioè di componenti dedica-ti allo smaltimento delle particelle e delcalore emessi dal plasma in grado di dis-sipare elevati flussi di potenza (dell’ordi-ne di 10 MW/m2 in regime stazionario efino a 20 MW/m2 in fasi transienti in unreattore a fusione) senza perturbare ilplasma, con l’uso di diversi materiali peril rivestimento delle piastre (figura 9);

• lo sviluppo di efficienti sistemi di riscal-damento del plasma (sistemi a onde elet-tromagnetiche a radiofrequenza, sorgen-ti di ioni negativi per fasci di neutri);

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Paola Batistoni, Aldo Pizzutoriflettore

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Modi avanzati

Barriera al trasportointerna

ELMs

Modo L

Modo H

Raggio della colonna di plasma

Pres

sion

e d

el p

lasm

a

0

Barriera al trasportoal bordo

Figura 8Profili radiali della pressione di plasma nei regimi conconfinamento dell’energia migliorato

Figura 9Sezione longitudinale della camera interna di un Toka-mak e delle superfici magnetiche al bordo del plasma.Attraverso un’opportuna configurazione del campo ma-gnetico che separa il volume di confinamento del pla-sma dal volume esterno, le particelle che escono da ta-le volume sono convogliate su un componente dedica-to, il divertore, collocato in una zona appartata dellacamera da vuoto, e in grado di dissipare la potenza as-sociata alle particelle non confinate, senza perturbareil plasma

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• lo sviluppo di avanzati sistemi per il con-trollo in feedback delle instabilità del pla-sma, che consentono di raggiungere pre-stazioni migliorate e di terminare in mo-do controllato il plasma all’insorgere diinstabilità distruttive.

Il Tokamak europeo Joint European Torus(JET), installato a Culham (Regno Unito),dove ha cominciato a funzionare nel 1983,rappresenta la facility più avanzata traquelle attualmente disponibili. JET ha con-dotto esperimenti in DT e detiene il recorddi potenza di fusione prodotta. Attualmente sta giocando un ruolo di pri-maria importanza sia nella preparazionee ottimizzazione degli scenari di riferi-mento delle operazioni di ITER, sia per losviluppo dei regimi di funzionamento pie-namente stazionari. Infatti il JET (figura 10), per le sue dimen-sioni (raggio maggiore del toro = 3 m,raggio minore = 1,2 m), per la configura-zione del divertore, per la capacità di usa-re il trizio, per i sistemi ausiliari per il ri-scaldamento del plasma e la generazio-ne di corrente, e per i sistemi di remote

handling di cui è dotato, è la macchinaesistente più vicina a ITER. Grazie alla fles-sibilità consentita dal progetto iniziale,JET è anche in grado di inglobare i più re-centi sviluppi scientifici e tecnologici persfruttare al massimo le potenzialità per ilconsolidamento di alcune scelte di pro-getto di ITER. Al di là di questi fatti particolarmente si-gnificativi, il progresso è stato segnato daun continuo miglioramento della compren-sione della fisica del plasma e della capa-cità di modellizzazione e predizione, dal-la messa a punto di metodi per il controllodella turbolenza e di vari modi di opera-zione ad alte performance (scenari) conl’uso crescente di mezzi di controllo attivi.Tutto ciò rappresenta la base fisica su cuisi è fondato il progetto di ITER e che per-mette di estrapolare dagli esperimenti at-tuali a ITER con un elevato livello di confi-denza (figura 11).Sulla base del complesso delle acquisizio-ni fin qui ottenute a livello internaziona-le, i Paesi impegnati nello sviluppo dellafusione hanno concordato di collaborare

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

Figura 10A sinistra: l’interno di JET, con e senza plasma. A destra: Sezione di ITER con l’indicazione dei ma-teriali affacciati al plasma: berillio (Be) sulla prima parete, tungsteno (W) e compositi in fibre di car-bonio (C) sul divertore. A causa dell’elevata ritenzione di trizio da parte del C, quest’ultimo po-trebbe essere sostituito da W. In JET, la cui sezione è riportata per confronto, saranno utilizzatigli stessi materiali

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Tempo di confinamento dell’energia calcolato (s)

Tem

po

di c

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amen

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ell’e

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ia m

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ato

(s)

10

1

0.1

0.01

0.001

0.001 0.01 0.1 1 10

Figura 11Il tempo di confinamento dell’energia misurato in variTokamak, in funzione del tempo di confinamento dell’e-nergia calcolato sulla base di una legge semiempirica (ITER89-P). Si noti l’estensione dei dati sperimentali su tre de-cadi, e l’estrapolazione di circa un fattore 3 a ITER

quel tempo, dopo l’entrata in funzione diJET, l’Europa aveva condotto con un certoimpulso il proprio progetto successivo aJET (NET, Next European Torus), con gliobiettivi di realizzare un plasma prossimoall’ignizione e provare mantelli triziogeni.NET era giunto ad una fase avanzata diprogettazione quando l’Europa aderì allacollaborazione internazionale per ITER, nelquale NET fu in buona parte traghettato.Verso la fine della fase di progettazione didettaglio di ITER, conclusasi nel 1998, ap-parivano chiare le difficoltà di ottenere lerisorse necessarie per procedere alla co-struzione della macchina. Si avviò quindiun processo di revisione del progetto al fi-ne di ridurre i costi ridimensionando i para-metri e le performance del plasma senzatuttavia dover rinunciare agli obiettivi difondo del progetto. Il nuovo disegno del-la macchina[3] fu concordato nel 2001, coni seguenti obiettivi:• ottenere un guadagno di potenza Q ≥

10 in un plasma induttivo (in cui la cor-rente nel plasma è indotta dal trasfor-matore), per tempi sufficientemente lun-ghi (400 s). Dimostrare Q ≥ 5 in cicli ope-rativi lunghi fino, se possibile, all’opera-zione stazionaria, ed esplorare le condi-zioni di ignizione controllata;

• integrare le tecnologie essenziali per ilreattore a fusione (magneti supercon-duttori, telemanipolazione), provarecomponenti del reattore a fusione (di-vertore) e moduli di mantello triziogenoper DEMO.

Nel novembre del 2006 i rappresentantidei sette Paesi promotori e finanziatori diITER siglarono l’accordo per la costruzio-ne della macchina, dopo una lunga fase ditrattative durata quasi 6 anni.ITER ha dimensioni lineari doppie rispettoa JET (raggio maggiore = 6 m, raggio mi-nore = 2 m), produrrà 500 MW di poten-za di fusione, ed è la prima macchina aven-te per obiettivo la produzione di energiada fusione, in condizioni in cui predomi-nerà il riscaldamento del plasma da parte

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 34

alla costruzione di ITER: un reattore speri-mentale progettato in modo da poter co-stituire l’unico passo intermedio prima del-la realizzazione di un reattore dimostrati-vo in grado di generare energia elettricada fusione (DEMO). La costruzione di ITERè iniziata nel corso del 2007 nel sito euro-peo di Cadarache (Francia).

L’esperimento internazionale ITER

ITER (figura 12), dal latino “via”, è statoprogettato nell’ambito di una collabora-zione internazionale da Europa, Giappo-ne, Stati Uniti e Russia, a cui più recente-mente hanno aderito anche Cina, India eCorea. La proposta della macchina fu avanzatanel 1985, seguita immediatamente da unaattività di progettazione concettuale. A

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Il progetto di ITER si è basato sull’impiegodi tecnologie provate o di prototipi, in mol-ti casi in scala reale, per i componenti conmaggiore contenuto innovativo e/o criti-ci. A questo riguardo, le sfide più impor-tanti sono state:• la realizzazione dei superconduttori in

Nb3Sn per il magnete del campo toroi-dale e in NbTi per il solenoide centrale,di dimensioni e prestazioni senza prece-denti. Durante la fase di R&S e proget-tazione di ITER, è stata sviluppata la tec-nologia necessaria per la produzione deifilamenti, del cavo, del condotto, dellegiunzioni, per gli avvolgimenti e per larealizzazione delle bobine. Sono statirealizzati prototipi in scala 1:3 del sole-noide centrale e 1:5 della bobina del ma-gnete del campo toroidale (figura 13), ene sono state provate le prestazioni neiregimi richiesti per ITER (40 kA a 13 T e80 kA a 6 T, rispettivamente). La produ-

dei nuclei di elio prodotti dalle reazioni difusione rispetto a quello generato dai si-stemi esterni. L’impianto è dimensionato per generarealcune migliaia di impulsi all’anno e veri-ficare le soluzioni oggi ritenute idonee asperimentare le tecnologie essenziali peruna centrale a fusione, in particolare l’u-so di superconduttori per il sistema ma-gnetico (necessario per limitare la dissipa-zione di potenza), il riscaldamento del pla-sma e il suo controllo con potenza ausilia-ria, in modo da provare condizioni per ilplasma tali da realizzare cicli operativi lun-ghi fino, se possibile, all’operazione stazio-naria, lo smaltimento dell’energia genera-ta e del combustibile bruciato e il recuperodel trizio, il controllo del funzionamentoe la sicurezza operativa. Il programma del-la sperimentazione è definito per 10 annicon un’estensione di altri 10 anni per l’e-splorazione della fase stazionaria.

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

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Figura 12Il reattore sperimentale ITER (raggiomaggiore del plasma: 6,2 m, raggio mi-nore: 2 m). Partendo dall’interno: i mo-duli del mantello schermante, la came-ra da vuoto con, in basso, il divertore, lebobine del magnete toroidale (super-conduttore in Nb3Sn). Al centro il sole-noide centrale (superconduttore in Nb-Ti). Nello spaccato, a destra, si vedono lefinestre di accesso attraverso la camerada vuoto, per l’alloggiamento dei sistemidi riscaldamento e di generazione dellacorrente, dei sistemi diagnostici e dellepompe per la creazione del vuoto. Lamacchina è contenuta in un criostato al-to 24 m e di 28 m di diametro, e racchiu-sa in uno schermo biologico

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fibra di carbone (materiali sacrificali resi-stenti alle alte temperature) con un buoncontatto termico con il tubo stesso;

• la dimostrazione, con l’utilizzo di proto-tipi, della manipolazione remota deicomponenti interni alla camera da vuoto,cioè i moduli di mantello e il divertore.L’intervento in caso di guasto di tali com-ponenti (per tagli, rimozione, sostituzio-ni, saldature), richiede la manipolazionea distanza per via dell’attivazione dellamacchina;

• lo sviluppo di sistemi di riscaldamento edi generazione di potenza con caratte-ristiche, imposte dai parametri di plasmadi ITER, significativamente più avanzatirispetto a quelli già in uso nelle macchineesistenti. Su ITER, infatti, saranno instal-lati due iniettori di fasci di neutri, ciascu-no con potenza pari a 16,5 MW per 3.600s, con 40 A di corrente, ed energia delfascio pari a 1 MeV, per poter depositareenergia fino al centro del plasma (perconfronto, gli attuali iniettori fornisco-no potenze di alcuni MW con energie in-feriori a 500 kV e con durata di alcuni se-condi). Il sistema di riscaldamento e ge-nerazione di corrente basato su ondeelettromagnetiche a radiofrequenza harichiesto lo sviluppo di sorgenti ad altapotenza (2 MW – cw) ed alta frequenza(170 GHz).

La definizione del progetto ITER ha cata-lizzato negli ultimi 15 anni l’impegno ditutti i laboratori e gruppi di ricerca sullafusione dei Paesi partner. I costi di costru-zione (che richiederà circa 10 anni) sonostimati in circa 5 miliardi di d a valuta 2002.I partner contribuiranno in kind per il 90%del costo totale, cioè con la fornitura dicomponenti realizzati direttamente daipartner stessi. Un ulteriore 10% sarà for-nito in cash e sarà gestito direttamente daITER. L’Europa, attraverso l’Agenzia Fusionfor Energy istituita appositamente per que-sto scopo, contribuirà alla realizzazioneper circa il 45% del costo e, parallelamen-te, promuoverà e metterà in atto un pro-

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 36

zione di 29 tonnellate di Nb3Sn “ITERgrade” in questa fase, ha permesso di di-mostrare e qualificare la capacità pro-duttiva dell’industria in vista della costru-zione della macchina;

• la messa a punto, con la realizzazione diprototipi, della tecnologia di fabbrica-zione della camera da vuoto (compostada 9 settori alti 15 m e larghi 9 m) conparticolare riguardo alla precisione, allesaldature e alla fattibilità delle tolleran-ze richieste;

• lo sviluppo di soluzioni per lo smaltimen-to di un elevato flusso di calore sulle pia-stre del divertore. Sono state sviluppatetecnologie ad hoc e sono stati realizzatiprototipi in scala reale per le soluzioniadottate, basate sull’impiego di tubi in le-ga di rame (scambiatori di calore) protet-ti da piastre di tungsteno e composti in

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su Figura 13

Prototipo della bobina del magnete del campo to-roidale di ITER (scala 1:5)

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 37

nione Europea (figura 14). Tale program-ma prevede alcuni passi fondamentali, dicui il primo è costituito dalla costruzionee l’operazione del reattore sperimentaleITER che dovrà fornire in un tempo relati-vamente breve le risposte cruciali per ladefinizione dei parametri per il reattoredimostrativo DEMO.Il passo successivo, DEMO, dovrà sperimen-tare tutte le operazioni di una centrale dipotenza a fusione, in particolare la produ-zione continua di energia, con conversionein elettricità, e produzione, recupero e rici-clo del trizio necessario per l’autososten-tamento del reattore, con un funziona-mento quasi-stazionario per lunghi perio-di con metodi non induttivi. La realizzazione di centrali commerciali ri-chiederà, inoltre, un’attività per lo sviluppodi materiali idonei e per la relativa fabbri-cazione industriale. Da un lato, tali materia-li debbono presentare caratteristiche dibassa attivazione indotta da neutroni inmodo da non richiedere la necessità di de-positi geologici permanenti in sito profon-do: a questo riguardo, il programma fu-sione si è dato l’obiettivo di realizzare eutilizzare materiali riciclabili nell’arco dicirca un secolo. In termini economici, glistessi materiali debbono presentare carat-teristiche di resistenza per tempi sufficien-temente lunghi (almeno circa 5 anni per imantelli triziogeni) nei flussi neutronici ti-pici del reattore prima di essere sostituiti, inmodo da non pesare negativamente nésui costi di investimento né sulla disponi-bilità del reattore stesso. L’Europa ha pro-dotto l’acciaio martensitico Eurofer comemateriale di riferimento per DEMO, le cuicaratteristiche di bassa attivazione (figura15) sono ottenute sostituendo gli elemen-ti di lega ad alta attivazione, quali Ni, Moe Nb, con W, V e Ta. Più a lungo termine, lefibre in carburo di silicio (SiCf/SiC) sono con-siderate il materiale più promettente perl’impiego nel reattore a fusione per l’eleva-ta temperatura di lavoro (fino a 1100 °C),per le caratteristiche di bassa attivazione, la

gramma di ricerca sulla fisica e l’ingegneriadel plasma e di sviluppo tecnologico for-temente orientati al successo di ITER e adaccelerarne il risultato. L’attività sperimen-tale sulle macchine operanti in Europa ela programmazione di aggiornamenti ocostruzione di nuovi esperimenti sarà rivi-sta ed allineata a questo obiettivo. Oltre all’accordo ITER, Europa e Giapponehanno firmato un accordo bilaterale di col-laborazione più ampia (Broader Approa-ch) per lo svolgimento di attività finalizza-te a preparare la costruzione del reattoredimostrativo DEMO.L’avvio della costruzione di ITER costitui-sce un punto di svolta per il programma alivello mondiale, da un lato per l’avvio del-la fase di realizzazione, dall’altro per la de-finizione del nuovo Next Step, cioè DEMO.La collaborazione internazionale sviluppa-ta per ITER continuerà sul piano della ri-cerca, ma è probabile che il successivo pas-so vedrà lo sviluppo competitivo di piùmacchine ad opera di alcuni dei Partner.È interessante sottolineare che recente-mente la Corea, la Cina e l’India hanno po-tenziato notevolmente i rispettivi program-mi sulla fusione, e i relativi investimenti,con la costruzione di varie macchine spe-rimentali. Questi Paesi, che vedono una ra-pidissima crescita della domanda di ener-gia, si rivolgono alla fusione con strategiedi sviluppo estremamente aggressive, nel-l’ambito delle quali la partecipazione alprogetto internazionale ITER è vista comeun passo fondamentale per acquisire espe-rienze da mettere a frutto nelle attivitàdomestiche in vista di un rapida realizza-zione dell’energia da fusione.

La Roadmap europea

Nel 2001, su richiesta della Presidenza del-l’Unione Europea, un gruppo di esperti ela-borò una proposta di programma verso losfruttamento commerciale della fusione[4]

che, con successivi aggiornamenti, è dive-nuta la Roadmap di riferimento per l’U-

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

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rezza, impatto ambientale e economicitàdella fusione, al fine di meglio indirizzareil programma. Il cosiddetto EuropeanPower Plant Conceptual Study (PPCS)[2],durato 3 anni e condotto con il coinvolgi-mento di buona parte della comunitàscientifica, ha studiato quattro diversi mo-delli di reattori commerciali, tutti basati sulconcetto Tokamak e su estrapolazioni diJET e ITER. Di questi, due richiedono svi-luppi di tecnologie ed estrapolazioni deiregimi di plasma limitati rispetto a ITER erealizzabili a breve termine in DEMO, men-tre gli altri si basano su concetti tecnolo-gicamente più avanzati. I modelli a brevetermine sono così caratterizzati:a. Helium Cooled Pebble Bed (HCPB) – in

questo concetto, il materiale triziogenoè litio ceramico (l’opzione di riferimentoprevede Li4SiO4) in forma di sfere di dia-metro dell’ordine del millimetro (peb-bles), mentre il moltiplicatore neutroni-co è berillio, anch’esso in forma di peb-

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compatibilità con altri materiali e la resi-stenza a shock termico. Attualmente, que-sti materiali sono in fase di caratterizzazio-ne in impianti a fissione con risultati al-quanto promettenti. Tuttavia, la qualifica-zione dei materiali richiederà prove in unasorgente intensa di neutroni che simuli l’ef-fettivo spettro in energia dei neutroni difusione3. Tale impianto, chiamato IFMIF(International Fusion Material IrradiationFacility), è in corso di progettazione e larealizzazione dei prototipi dei componen-ti principali è prevista entro 6 anni, nel qua-dro dell’accordo bilaterale Broader Ap-proach fra Europa e Giappone. IFMIF pro-durrà oltre 1017 neutroni/s attraverso ilbombardamento di un bersaglio di litiometallico in movimento con nuclei di deu-terio ad alta energia (40 MeV) acceleratiin due acceleratori lineari, con 125 mA dicorrente ciascuno. Nell’ultimo decennio sono stati condottivari studi per valutare gli aspetti di sicu-

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3. I neutroni prodotti nella reazione D+T hanno energia (14 MeV) significativamente più alta di quella dei neutroni da fis-sione (circa 1-2 MeV). Nei materiali impiegati nel reattore a fusione, i neutroni di più elevata energia danno luogoad una produzione di gas idrogeno e elio (attraverso reazioni nucleari (n,p) e (n,α)) circa 100 volte più elevata a pa-rità di flusso neutronico, causandone la degradazione delle proprietà fisiche e meccaniche in misura superiore ri-spetto al caso della fissione.

Figura 14Programma europeo di riferimento della fusione

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I due concetti HCPB e HCLL (figura 16) sa-ranno provati in ITER, insieme ad altri con-cetti sviluppati dagli altri partner. I modu-li di prova da installare in ITER saranno rea-lizzati incorporando le tecnologie richie-ste per il successivo funzionamento in DE-MO. Le prove in ITER permetteranno di ve-rificare le performance dei mantelli e la lo-ro operabilità in presenza di campo ma-gnetico, di flusso di calore dalla prima pa-rete e di instabilità di plasma.Per ciascuno dei modelli, sono stati valuta-ti gli aspetti di sicurezza, impatto ambien-tale ed economicità, già riportati prece-dentemente, i quali dipendono prevalen-temente dai materiali utilizzati e dal gra-do di maturità delle tecnologie adottate.Il coinvolgimento dell’industria dovrebbeprogressivamente crescere durante la fa-se di realizzazione di ITER ed IFMIF, per di-

bles. L’estrazione del trizio generato dailetti di pebbles di litio ceramico avvienemediante purging di elio a pressione po-co più che atmosferica e a portata rela-tivamente bassa. L’asportazione dellapotenza termica generata nel mantelloha luogo mediante elio ad alta pressio-ne fluente attraverso piastre di refrigera-zione che delimitano i letti di pebbles;

b. Helium Cooled Lithium Lead (HCLL) – ilmateriale triziogeno ed il moltiplicatoreneutronico sono uniti in un unico mate-riale, la lega di litio-piombo in composi-zione eutettica (Li al 15,6% at), fusa efluente a bassa velocità attraverso le pia-stre di refrigerazione in cui scorre elio,nelle stesse condizioni di pressione delconcetto HCPB. L’estrazione del trizio ge-nerato nella massa di metallo liquido av-viene esternamente al reattore.

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER

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Figura 15Sopra: acciaio a bassa attivazione Euro-fer–97 sviluppato in Europa come mate-riale strutturale per DEMO. A destra: il ra-teo dose gamma calcolato per vari acciaia bassa attivazione, risultante dall’esposi-zione al flusso neutronico per 5 anni sul-la prima parete del reattore a fusione: MA-NET (’85, Europa), OPTIFER (1990 Europa)F82H (’95, Giappone), Eurofer-97 (1997).La differenza tra Eurofer-97 e F82H è do-vuta principalmente al contenuto di im-purità di Niobio (0.001% in Eurofer-97,0.0001% in F82H). “Eurofer ref.” rappre-senta l’obiettivo da raggiungere (Nb <0.000001%).

10-3 10-2 10-1 100 101 102 103 104 105 106

Tempo trascorso dall’irraggiamento (anni)

Rate

o di

dos

e ga

mm

a a

cont

atto

(Sv/

h)

105

104

103

102

101

100

10-1

10-2

10-3

10-4

10-5

10-6

10-7

MANETOPTIFEREUROFER-97P82H-modEUROFER ref.Fe

93Nb(n,γ)94Nb(0.001% 93Nb)

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sione con due grandi impianti per la fusio-ne a confinamento magnetico, oltre all’im-pianto laser ABC per quella a confinamen-to inerziale. Altrettanto rilevante è l’atti-vità di ricerca e sviluppo delle varie tecno-logie specifiche della fusione.Nel Centro dell’ENEA di Frascati opera da-gli inizi degli anni ‘90 il Tokamak denomina-to Frascati Tokamak Upgrade (FTU, figura17) che consente di studiare plasmi a cam-pi magnetici medio alti e ad alta densità,di interesse per ITER. Nella linea dei con-cetti alternativi, in collaborazione con l’e-sperimento MAST della UKAEA (Regno Uni-to), è in via di realizzazione un esperimen-to (Multipinch) nell’ambito del progettodel Tokamak sferico Protosphera che si pro-pone di investigare le proprietà dei Toka-mak sferici, privi di trasformatore centrale.Oltre alla sperimentazione sugli impianti ealla partecipazione all’esperimento JET, siconducono attività rilevanti di studi di fisi-

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venire determinante nella progettazionee realizzazione di DEMO. Esso dovrebbeconsentire, in una successiva fase di sfrutta-mento commerciale, di affrontare aspetticome affidabilità, operabilità, facilità dimanutenzione, disponibilità, cioè di eco-nomicità della fusione.

Il ruolo dell’Italia

L’Associazione italiana per la fusione è rap-presentata dall’ENEA (Associazione Eura-tom – ENEA sulla fusione) in qualità dicoordinatore nazionale e include, oltre al-l’ENEA, il Consorzio RFX e l’Istituto di Fisicadel Plasma del CNR (IFP-CNR) di Milano.Altri partner sono il Consorzio CREATE(Consorzio di Ricerca per l'Energia e le Ap-plicazioni Tecnologiche dell'Elettromagne-tismo), il Politecnico di Torino e le Univer-sità di Catania e Roma II Tor Vergata.L’Italia conduce attività di fisica della fu-

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Figura 16Moduli di mantello triziogeno per DEMO (progetti europei) – A sinistra: struttura comune in Eurofer cheinclude la prima parete e la griglia per l’alloggiamento delle unità triziogene. A destra, in alto: unità tri-ziogena relativa al concetto HCPB, con i due letti di Li4SiO4, immersi in berillio; in basso: unità relativa alconcetto HCLL, con le piastre di refrigerazione in Eurofer lungo i quali viene fatto circolare il LiPb

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getto ITER e Broader Approach. IFP-CNR aMilano è attivo nella fisica del plasma dilaboratorio, in particolare per ciò che ri-guarda l'interazione di onde elettroma-gnetiche con il plasma. L’IFP-CNR collaborada anni con ENEA sullo sviluppo, sperimen-tazione e gestione del sistema ad onde mil-limetriche di grande potenza usato per ri-scaldare e stabilizzare il plasma su FTU. Parallelamente, l’Italia è stata protagoni-sta nella partecipazione al programma tec-nologico per ITER e per DEMO. Fino daglianni ’80, nei laboratori ENEA di Frascati so-no state sviluppate tecnologie per la fusio-ne, privilegiando le linee basate sulle co-noscenze più consolidate all'interno dei la-boratori e, al tempo stesso, passibili di unrobusto coinvolgimento dell'industria na-zionale anche per applicazioni più vaste diquelle specifiche della fusione. Le linee svi-luppate sono state, in particolare, la super-conduttività, i materiali, l’ingegneria elet-trica ed elettronica la manutenzione re-mota, le alimentazioni di potenza, la neu-

ca teorica e simulazioni numeriche dei pla-smi, con particolare riguardo alla teoria del-la microturbolenza nel plasma, all’analisilineare e non lineare delle fluttuazioni ma-gneto-idrodinamiche in presenza di riscal-damento ausiliare, all’analisi predittiva deltrasporto del calore finalizzata all’ottimiz-zazione della performance, all’analisi detta-gliata del riscaldamento con microonde eanalisi degli effetti collettivi indotti dagliioni energetici così generati. Il Consorzio RFX, con sede a Padova, costi-tuito da ENEA, CNR, Università, AcciaierieVenete SpA, conduce l’esperimento RFX(macchina toroidale con configurazioneReversed Field Pinch), e attività tecnologi-che, in particolare sulle alimentazioni elet-triche e gli iniettori di fasci di particelleenergetiche per il riscaldamento del pla-sma. Recentemente, anche l’INFN è entra-to tra i soci del Consorzio RFX, per apporta-re le sue specifiche competenze nel setto-re degli acceleratori di particelle, in vistadelle nuove realizzazioni previste dal pro-

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Figura 17Il Frascati Tokamak Upgrade (FTU, raggio maggiore 0,93 cm, raggio minore 0,33 cm), operantenel Centro ENEA di Frascati, è la macchina per la fusione operante al più alto campo magnetico (8T)e consente di studiare plasmi in condizioni fisiche non realizzabili in altre macchine e di interesseper ITER

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tronica e dati nucleari, la tecnologia deimetalli liquidi, il ciclo del combustibile, lasicurezza. A partire dagli inizi degli anni’90 del secolo scorso, il coinvolgimento delCentro ENEA del Brasimone, dotato di unnotevole parco di impianti e dispositivi spe-rimentali, ha permesso di avviare con note-vole impulso attività di caratterizzazionesperimentale e supporto allo sviluppo deimantelli triziogeni e dei componenti af-facciati al plasma. La nuova fase avviata dall’accordo inter-nazionale per la realizzazione di ITER e daquello bilaterale Europa-Giappone per leattività di Broader Approach ad esso col-legate, ha portato recentemente alla ride-finizione del programma italiano duranteil decennio della costruzione di ITER. Tale programma prevede, in primo luogo,la partecipazione alla costruzione di ITERmediante una qualificata presenza di ricer-catori e tecnici italiani nelle organizzazio-ni preposte alla realizzazione (ITER, Fusionfor Energy), e il supporto al sistema indu-striale italiano per la realizzazione delle for-niture ad ITER. L’Italia, infatti, punta ad ac-quisire circa il 20% delle commesse euro-pee, in particolare per la fornitura di ma-gneti superconduttori, componenti espo-sti ad elevati flussi di calore, componentimeccanici di grandi dimensioni ad elevataprecisione, sistemi per controllo e telemani-polazione, sistemi di riscaldamento ausilia-ri e diagnostici, elettronica di potenza. Unaparte delle attività vedrà coinvolti anche isettori più tradizionali, come ad esempiol’edilizia e la relativa impiantistica.I laboratori di ricerca italiani, d’altra par-te, contribuiranno con lo sviluppo, proget-tazione e realizzazione di componenti adalto contenuto scientifico e tecnologico,quali il divertore, alcuni sistemi diagnosti-ci e di riscaldamento del plasma, i moduli diprova di mantelli triziogeni, i sistemi di vi-sione interna, i sistemi di controllo e di te-lemanipolazione. L’Italia continuerà a for-nire un sostanziale supporto alla realizza-zione di ITER nel campo delle analisi neu-

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Figura 18Cavo di Nb3Sn per i magneti superconduttori diITER sviluppato in collaborazione tra ENEA e LU-VATA di Fornaci di Barga (Lucca)

Figura 19Prototipo a media scala del pannello verticale del diverto-re di ITER, realizzato con tegole in tungsteno (parte pia-na) e composto in fibra di carbonio (parte curva) realizza-to nell’ambito di una collaborazione tra ENEA e ANSALDORicerche – Genova

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blaggio del bersaglio, di sperimentazionesulla corrosione-erosione da litio dei ma-teriali strutturali del bersaglio e del circui-to che lo contiene, nonché sulle tecnolo-gie di controllo e di monitoraggio delleimpurità del litio stesso. Poiché le macchine sperimentali attual-mente in operazione in Europa risulteran-no obsolete al momento dell’avvio dellasperimentazione in ITER, si renderà neces-sario costruire nuove macchine con missio-ni complementari per il migliore sfrutta-mento di ITER e l'implementazione dellaRoadmap verso DEMO. In questo contestosi inserisce la proposta italiana di un espe-rimento studiato per contribuire in modoefficace a tali missioni. La macchina, deno-minata FAST (figura 20), proposta da tuttii gruppi di ricerca dell’Associazione Eura-tom – ENEA, rappresenterà non solo il pun-to di riferimento della sperimentazioneper l’Italia ma anche per gli atri laboratorieuropei. FAST si propone come esperimen-

troniche, elettromagnetiche e strutturali,e della sicurezza.Il Consorzio RFX dovrà realizzare il labora-torio di prova dell’iniettore di fasci neutriper ITER dove verranno provati in manieraintegrata componenti quali la nuova sor-gente a radiofrequenza di ioni negativi,l’acceleratore, il neutralizzatore e il sepa-ratore di ioni residui. Nel quadro del Broader Approach, l’ENEAe il Consorzio RFX parteciperanno alla pro-gettazione e realizzazione di parte del ma-gnete del campo toroidale e del sistemadi alimentazione del Tokamak giapponesesatellite di ITER (JT-60SA). I laboratori INFNdi Legnaro parteciperanno alla realizza-zione dell’acceleratore a radiofrequenzadell’impianto IFMIF. Sempre nell’ambitodel progetto IFMIF, ENEA coordinerà le at-tività di sviluppo e progettazione di unodei concetti di riferimento del bersaglio dilitio; inoltre condurrà attività sperimenta-li di movimentazione remotizzata e assem-

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Figura 20FAST (Fusion Advanced Studies Torus, raggio maggiore 1,82 m, raggio minore 0,64 m) è un Toka-mak proposto da ENEA e dagli enti e gruppi universitari che fanno parte dell’Associazione Eura-tom – ENEA come esperimento ad altissime prestazioni di accompagnamento a ITER

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Il Quadro europeo di ricerca sulla fusione magnetica

Le ricerche sulla fusione magnetica sono condotte in tutti i paesi della UE, secondo un program-ma integrato e coordinato dalla Commissione Europea nell’ambito del Trattato Euratom,con l’obiettivo comune di realizzare prototipi di reattori per impianti di potenza in grado disoddisfare i requisiti di sicurezza delle operazioni, rispetto dell’ambiente e fattibilità econo-mica. Il coordinamento avviene mediante contratti di associazione tra Euratom e gli Statimembri. L’Italia fu tra i fondatori dell’Euratom ed è ancora oggi uno dei principali protago-nisti dello sviluppo della fusione in Europa. L’ENEA rappresenta l’Italia nell’Associazione conEuratom. La collaborazione è rafforzata dall’accordo europeo sullo sviluppo della fusione (EFDA) cui èaffidato il coordinamento su imprese comuni, quali l'utilizzazione scientifica dell’esperimen-to comunitario JET (Joint European Torus).Recentemente è stato istituito l’European Joint Undertaking for ITER and the Developmentof Fusion Energy (Fusion for Energy, F4E), con lo scopo di attuare il contributo europeo aITER, implementare l’accordo bilaterale di collaborazione tra Europa e Giappone (BroaderApproach), preparare la costruzione del reattore dimostrativo DEMO.I finanziamenti da parte della Commissione Europea sono erogati attraverso i ProgrammiQuadro (PQ) comunitari di ricerca e sviluppo tecnologico (Programma Euratom - Fusione),e contribuiscono mediamente a circa un terzo dei costi delle attività di R&S, il rimanente es-sendo a carico dei Paesi associati. Nell’ambito del Settimo PQ sono stanziati 1.947 Mdper il periodo 2007-2011 per la ricerca sullafusione. Tale stanziamento è circa 1,9 volte maggiore rispetto ai PQ precedenti e servirà afinanziare il contributo europeo a ITER, l’attività di R&S nei campi della fisica e della tecnolo-gia in preparazione del funzionamento di ITER, attività preparatorie per DEMO e la formazio-ne di risorse umane. Attualmente, circa 2000 tra ricercatori, ingegneri e tecnici, e alcune cen-tinaia di dottorandi, lavorano nel campo della fusione in più di 30 laboratori in Europa. Quello della fusione può costituire a buon titolo un esempio da studiare e da seguire nel co-struire lo Spazio Europeo della Ricerca. La fusione (certamente grazie al suo particolare sta-tus) ha goduto sin qui della disponibilità di buoni strumenti (quali ad esempio la mobilitàdei ricercatori), della presenza di un esperimento leader comune (JET), di una governancerisultante da un buon equilibrio di top-down (coordinamento-indirizzo) e di bottom-up (par-tecipazione - indirizzo da parte degli istituti associati). Ciò ha garantito il libero sviluppo del-le idee e, al tempo stesso, la focalizzazione su un obiettivo chiaro e condiviso. I progressi so-no stati periodicamente valutati da panel di esperti esterni i quali, di volta in volta, hanno an-che tracciato le linee guida e le priorità del programma. L’European Strategic Energy Technology (SET) Plan, recentemente approvato dal ConsiglioEuropeo, viene confermato l’interesse strategico per la fusione come una delle pochissimetecnologie per la produzione su larga scala di energia elettrica per il carico di base e senzaemissione di CO2 disponibili per la seconda metà del secolo.

to satellite rispetto ad ITER, ed è progetta-to in maniera tale da preparare e ottimizza-re gli scenari operativi di ITER e DEMO, edi studiare in plasmi di deuterio la dinami-ca delle particelle alfa che si produrrannonei plasmi prossimi all’ignizione, in un im-pianto più semplice ed economico, senzale complicazioni derivanti dall’uso del tri-

zio. I parametri adimensionali di FAST (ov-vero normalizzati ai parametri fisici rilevan-ti) sono vicini a quelli di ITER e le condizio-ni operative spaziano da regimi ad altissi-me prestazioni (Q = 3, equivalente DT), aregimi ad impulsi lunghi, fino a 200s di du-rata (scenari avanzati). Consentirà inoltredi provare e qualificare soluzioni innovati-

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neutroni IFMIF permetterà di caratterizzaree qualificare i materiali da impiegare in DE-MO e quindi nel reattore a fusione.La collaborazione internazionale realizza-tasi per ITER continuerà sul piano della ri-cerca, ma è prevedibile che il successivopasso, la costruzione di DEMO, vedrà losviluppo competitivo di più macchine adopera di alcuni Paesi partner di ITER, favo-rendo in questo modo la successiva com-mercializzazione. A tal proposito, è inte-ressante sottolineare che i Paesi orientalia rapida crescita demografica ed economi-ca (Cina, India e Corea del Sud) sono en-trati nel progetto ITER e perseguono i ri-spettivi programmi domestici sulla fusio-ne con grande determinazione.Nell’ambito del programma europeo, l’I-talia in generale, e l’ENEA in particolare,hanno svolto un ruolo da protagonisti nel-lo sviluppo della fusione, sia nella fisica sianella tecnologia. Per mantenere le posi-zioni conquistate e per trarre il maggiorprofitto dalle opportunità offerte dalla co-struzione di ITER, i gruppi di ricerca appar-tenenti all’Associazione Euratom-ENEAhanno elaborato un ambizioso program-ma, di grande rilievo nell'ambito europeo,che ha nel Tokamak satellite FAST e nel-l’impianto di prova dell’iniettore di fasci dineutri per ITER i punti di forza. Per essereattuato con la necessaria incisività, tale pro-gramma richiede impegno e adeguate ri-sorse, soprattutto quelle umane. La forma-zione avrà quindi un ruolo fondamentaleper garantire, in un programma così va-sto, il necessario ricambio generazionale.

ve di divertore e prima parete, rilevanti siaper ITER sia per DEMO, ad esempio conl’impiego di tungsteno come materialestrutturale e di rivestimento, o con l’impie-go di metalli liquidi per le piastre. Nel frattempo, il programma di accompa-gnamento prevede un’ intensa attività spe-rimentale di ricerca con il pieno sfrutta-mento degli impianti esistenti FTU e RFX, diricerche teoriche e simulazioni numeriche.

Conclusioni

La fusione presenta un’enorme potenzia-lità come fonte di energia primaria di lar-ga scala e ottime caratteristiche dal puntodi vista del rispetto dell’ambiente, della di-sponibilità del combustibile e della sicurez-za dell’approvvigionamento. Le attività svi-luppate negli scorsi decenni hanno consen-tito di comprendere e risolvere gran partedei problemi scientifici del confinamentomagnetico e del riscaldamento del plasma,ed hanno portato a significativi progressinei risultati ottenuti con i plasmi sperimen-tali. Allo stato attuale, la Roadmap verso losfruttamento dell’energia da fusione richie-de ancora alcuni passi fondamentali. Il progetto ITER permetterà di dimostrarela fattibilità scientifica e tecnologica dellafusione e fornire elementi utili per lo svilup-po, entro 30 anni, di un impianto (DEMO)capace di produrre con continuità energiaelettrica. Un’accelerazione di alcuni anni sa-rebbe possibile a fronte di maggiori risorseannue (ma con risorse totali fino al risultatocirca equivalenti). La sorgente intensa di

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Bibliografia[1] Per una più approfondita descrizione dello sta-

to e prospettive della fusione si veda:P. Batistoni, A. Coletti, A. Della Corte, F. Gnesot-to, E. Lazzaro, P. Martin, A. Pizzuto, I. Ricapito,F. Rosatelli, G. Rostagni, G. Sanguinetti, C. Stran-gio, A. Tuccillo, G. Vlad, Energia da Fusione, Fo-cus Sviluppo Sostenibile, ENEA 2008, da cui ilpresente articolo è tratto.

[2] D. Maisonnier at al., The European power plantconceptual study, Fusion Engineering and De-

sign, Vol. 75-79, November 2005, 1173-1179,www.efda.org

[3] N. Holtkamp and for the ITER Project Team. Anoverview of the ITER project, Fusion Enginee-ring and Design, Volume 82, Issues 5-14, October2007, Pages 427-434, www.iter.org

[4] The King Report - Conclusions of the Fusion Fa-st Track Experts Meeting held on 27 November2001, chaired by Prof. Sir David King, http://www.fusion.org.uk/culham/fasttrack.pdf

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

ITER:a Great Step Ahead

(but with some limits)ITER experimentation will improve the knowledgeessential for the commercial use of nuclear fusion energy.Yet it will have to be supported by other projects for thedevelopment of materials and other reactor technologiesnot included in the ITER objectives. This will imply anadditional post-ITER phase aimed at setting up a nuclearfusion test plant

ITER: un grandepasso avanti (ma con alcuni limiti)Guido Possa

Presidente della 7a Commissione permanente(Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato

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La sperimentazione con ITERpermetterà di acquisireconoscenze indispensabili perl’utilizzazione commercialedell’energia da fusionenucleare. Tuttavia, essa dovràessere affiancata da altriprogetti per lo sviluppo deimateriali e la messa a punto dialtre tecnologie reattoristichenon comprese tra gli obiettividi ITER. Ciò richiederàun’ulteriore fase dopo ITER perla costruzione di una centraledimostrativa

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energia pari a 3,5 MeV: l’80% circa dell’e-nergia termica generata da questa fusio-ne è data ai neutroni, che fuoriescono dalvolume della camera toroidale dove avvie-ne la reazione, e solo il 20% resta alle par-ticelle alfa, che rimanendo nel plasma, pos-sono perciò contribuire al suo riscaldamen-to. Per rendere possibile la fusione dei nu-clei D e T, occorre che la temperatura delplasma (il gas speciale formato da nucleidi deuterio e nuclei di trizio, entrambi ca-richi positivamente, nonché da elettroni,carichi negativamente) superi i 100 milionidi gradi. Obiettivo primario di ITER è rag-giungere per la prima volta al mondo, siapure in funzionamento impulsato (con im-pulsi della durata di varie decine di secon-di) la ragguardevole potenza termica difusione di 500 MW, realizzando un gua-dagno Q almeno pari a 10 tra la potenzatermica generata nella fusione e la poten-za ausiliaria iniettata nel plasma per il suoriscaldamento.Vi sono due elementi del contesto relati-vo ad ITER che vanno sottolineati per la lo-ro grande importanza. ITER è un’iniziati-va internazionale a cui partecipano tutti iprincipali Paesi del mondo attivi nel setto-re della fusione nucleare: l’Unione Euro-pea (che la sostiene per il 45%), Giappo-ne, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Coreadel Sud (con un onere del 9% per ciascu-no di questi Paesi). Determinante per rea-lizzare tale difficile convergenza interna-zionale è stata l’azione svolta negli anni2003-2006 dal Ministro Letizia Moratti (coa-diuvato dal prof. Giorgio Rostagni). ITER,inoltre, è visto (in particolare dall’UnioneEuropea, ma anche dal Giappone) come ilprimo e fondamentale passo di una com-plessa Road Map avente come obiettivofinale la messa a punto delle conoscenzenecessarie per la costruzione e l’eserciziodi una grande centrale dimostrativa per la

Da alcuni mesi sono iniziati sul sito di Ca-darache in Francia i lavori di predisposizio-ne del terreno per la costruzione del gran-de reattore a fusione nucleare ITER. Si trat-ta di una tappa molto rilevante nella com-plessa storia delle ricerche volte allo svilup-po delle tecnologie necessarie per l'utilizza-zione civile dell'energia da fusione nuclea-re, in corso da oltre 50 anni nei principaliPaesi industriali. Giustificano tale imponente sforzo di ricer-ca, che non ha eguali per entità e durata,le davvero straordinarie potenzialità ener-getiche delle reazioni di fusione dei nucleileggeri. Nella reazione di fusione dei dueisotopi dell'idrogeno deuterio (D) e trizio(T) – la reazione di gran lunga più agevo-le da realizzare, quella che sarà utilizzatain ITER – un kg di nuclei di D e T (compo-sto in termini di massa da 1/3 di D e 2/3 diT), integralmente portato a fusione D + T,sviluppa un’energia termica equivalente aquella prodotta dalla combustione di 8.200tonnellate di petrolio! E a tale enorme pro-duzione energetica non è associata alcunaproduzione di gas serra! Sulla Terra il deu-terio è molto abbondante (ogni kg di ac-qua ne contiene 18,75 milligrammi) ed èfacilmente ricavabile; il trizio è invece ra-rissimo, ma è prodotto in abbondanza neireattori a fissione moderati ad acqua pe-sante ed è ottenibile dal litio utilizzando ineutroni prodotti nella reazione di fusio-ne D + T (così si farà in ITER).

ITER

ITER è un impianto sperimentale di estre-ma complessità, basato su un Tokamak digrandi dimensioni, nettamente le maggio-ri finora sperimentate. La reazione di fu-sione D + T utilizzata produce, come è no-to, un neutrone di alta energia (14,1 MeV)e una particella alfa (un nucleo di elio 4) di

ITER: un grande passo avanti (ma con alcuni limiti)

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do allo scopo i neutroni veloci da 14,1;MeV generati nella reazione di fusione;

• la sperimentazione di tipi di mantellodella camera toroidale in grado di recu-perare l’energia termica generata nellafusione (sia quella dei neutroni veloci,sia quella delle particelle alfa, prodottientrambi nella reazione di fusione D +T), trasferendola ad un fluido refrigeran-te opportuno (acqua o elio a pressionee temperatura elevate), a cui poi, nellacentrale elettronucleare dimostrativa,sarà affidata le produzione di energiaelettrica tramite turboalternatore;

• la sperimentazione di apparecchiaturerobotizzate per l'effettuazione di inter-venti manutentivi anche importanti sul-le parti interne della macchina (radioat-tive a causa dell’esposizione ai neutronidi fusione), interventi manutentivi resinecessari dai danneggiamenti prodottidalle condizioni estreme di temperatu-ra, flusso radiativo, flusso neutronico ecc.

Una particolare importanza riveste la speri-mentazione dei dispositivi di riscaldamentoesterno del plasma. È prevista l'utilizzazio-ne dei seguenti quattro diversi dispositivi: • il Negative Neutral Beam Injection (NN-

BI), basato sull’iniezione nel plasma diatomi neutri ad alta energia (1 MeV);

• l'Electron Cyclotron Resonance Heating(ECRH), basato sull'accoppiamento al pla-sma di onde elettromagnetiche alla fre-quenza di risonanza degli elettroni;

• lo Ion Cyclotron Resonance Heating(ICRH), basato sull'accoppiamento al pla-sma di onde elettromagnetiche alla fre-quenza di risonanza degli ioni;

• il Lower Hybrid Current Drive (LHCD),basato sull'accoppiamento al plasma dionde elettromagnetiche a frequenza in-termedia tra quelle di risonanza degli io-ni e degli elettroni.

Si tratta di dispositivi che presentano com-plessi problemi di progettazione e realiz-zazione, essendo altamente innovativi perle grandi dimensioni e per varie altre spe-cifiche.

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produzione di energia elettrica basata sul-la fusione nucleare. Questa Road Map pre-vede in particolare: • la costruzione di ITER (che richiederà 10

anni) e la sua sperimentazione per unperiodo di 20-25 anni, supportata e ac-compagnata da un rilevante sforzo di ri-cerca e sviluppo (finanziato in particola-re dall’Unione Europea e dal Giappone);

• la costruzione e sperimentazione dellaimportante facility IFMIF, dove verrà stu-diato il danneggiamento dei materialiprodotto dai neutroni di 14,1 MeV ge-nerati nella reazione di fusione;

• il reattore di grande potenza DEMO, do-ve verranno provati a lungo termine, incondizioni operative identiche a quellepreviste per la grande centrale elettro-nucleare dimostrativa, tutti i componen-ti dell’isola nucleare (precedentementesviluppati nella sperimentazione su ITERe verificati su IFMIF quanto a compati-bilità neutronica dei materiali).

Nella sperimentazione su ITER i principalispecifici obiettivi di studio saranno i se-guenti (tutti punti chiave indispensabili peruna centrale commerciale a fusione): • la piena comprensione della fisica del

plasma in condizioni di fusione D + T adoltre 100 milioni di gradi (fino ad unguadagno Q = 10 in condizioni pulsate);

• la verifica del funzionamento e dell'ef-ficienza di vari dispositivi per il riscalda-mento artificiale del plasma, necessariper il conseguimento della temperatu-ra di fusione;

• la produzione di una potenza rilevantedi fusione anche in condizioni continue,con fattore di guadagno Q non inferio-re a 5;

• il funzionamento dei magneti a super-conduttore in condizioni operative pros-sime a quelle delle centrali commerciali;

• la sperimentazione di tipi di mantellodella camera toroidale (dove ha luogola reazione di fusione), atti ad assicura-re una adeguata produzione di trizio(per reintegrarne il consumo), utilizzan-

Guido Possariflettore

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ma in base a varie considerazioni un valo-re ottimale di Q potrebbe essere 50. Il pla-sma in condizioni di Q = 50 è assai diversoda quello in cui Q = 5. In quest'ultimo casola potenza termica sviluppata nel plasmadalle particelle alfa prodotte dalla fusioneha lo stesso valore della potenza termicasviluppata nel plasma dal riscaldamentoesterno. In tali condizioni la conformazio-ne del plasma è molto influenzata dallemodalità scelte per il riscaldamento artifi-ciale: un plasma riscaldato con l'iniezione dineutri da 1 MeV sarebbe verosimilmenteassai diverso da un plasma riscaldato conmetodi elettromagnetici. Con Q = 50, in-vece, la potenza termica sviluppata nel pla-sma dalle particelle alfa prodotte dalla fu-sione è 10 volte superiore alla potenza di ri-scaldamento artificiale del plasma. In que-ste condizioni il plasma è dominato dal ri-scaldamento delle particelle alfa, non dal ri-scaldamento artificiale.Anche solo queste brevi considerazioni evi-denziano come la sperimentazione sullafisica del plasma che verrà fatta su ITER,pur certamente molto valida, essendo tut-tavia limitata per il funzionamento in con-tinua al conseguimento al massimo di unvalore di Q = 5, non coprirà a sufficienza ivalori di guadagno Q prevedibilmente ne-cessari in un reattore commerciale, che abuon senso dovrebbero essere notevol-mente superiori. Va sottolineato che il conseguimento di va-lori del fattore di guadagno Q superiori a5 con funzionamento in continua in impian-ti Tokamak della dimensione di ITER è mol-to difficile. Occorrerebbero campi magne-tici toroidali e poloidali, nonché una corren-te elettrica di bootstrap, assai più spinti de-gli attuali. In effetti i progettisti impegnatinello studio concettuale di reattori a fusio-ne, piuttosto che puntare sullo sviluppo direattori a Q elevato, hanno preferito punta-re sull'utilizzazione di grandi potenze di ri-scaldamento ausiliario esterno, confidandonel conseguimento per questi dispositivi siadi elevati rendimenti sia di elevate affida-

I limiti della sperimentazione su ITER

La sperimentazione che verrà fatta in ITERconsentirà certamente l'acquisizione dimolte preziose conoscenze indispensabiliper l’utilizzazione commerciale dell’ener-gia da fusione nucleare. Ma presenta an-che alcuni evidenti limiti, in particolare ariguardo della fisica del plasma e della ve-rifica del comportamento dei materiali. Le limitazioni impiantistiche di ITER nonpermetteranno una adeguata esplorazio-ne di tutte le condizioni del plasma di pos-sibile interesse per un reattore commer-ciale. Chiariamo meglio questo punto. Apiena potenza un reattore commercialedeve funzionare in continua. Il funziona-mento pulsato del Tokamak può essere uti-lizzato solo nei transitori di avviamento.Per il funzionamento in continua l'obiet-tivo di ITER è di conseguire un fattore diguadagno Q pari a 5. Un reattore commer-ciale che funzionasse a regime con un valo-re di Q così basso, dovrebbe avere una po-tenza di riscaldamento esterno del plasmamolto elevata. Passiamo ai numeri: con Q =5, per una potenza termica di fusione delreattore commerciale di 2.500 MW (un va-lore tipico), la potenza da introdurre nelplasma con dispositivi di riscaldamento au-siliario sarebbe di 500 MW, una potenzaenorme! E la potenza elettrica necessariaper l'alimentazione di questi dispositivi diriscaldamento artificiale, se il rendimentocomplessivo fosse del 33% (valore moltoelevato, di conseguimento problematico),sarebbe di ben 1.500 MW elettrici. Tale po-tenza sarebbe nettamente superiore allapotenza elettrica generata dal reattore,valutata pari a 1.200 MW nell'ipotesi assaiottimistica di un rendimento complessivopari al 40% dei 3000 MW (2500 MW + 500MW) di energia termica disponibile. In sostanza è indispensabile che un reat-tore commerciale a fusione funzioni a regi-me con un valore di Q ben superiore a 5.Quanto superiore non è facile precisare,

ITER: un grande passo avanti (ma con alcuni limiti)

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ranno però svariati anni di funzionamentodi DEMO prima di avere elementi sufficien-ti sul danneggiamento dovuto all'eserci-zio del reattore. In complesso i problemidi durata dei materiali utilizzati nell'isolanucleare dei reattori a fusione appaionopiuttosto seri. Come possibile soluzione diquesti problemi si pensa di ricorrere conappositi interventi manutentivi alla sosti-tuzione delle parti che risultino gravemen-te danneggiate. Dato l'ambiente radioat-tivo tali interventi andranno effettuati me-diante appositi robot, con opportuno con-trollo a distanza. Questi interventi sonostati previsti in ITER, che disporrà pertan-to delle necessarie apparecchiature. Le ca-ratteristiche di impianto di ricerca di ITERconsentono senza troppe difficoltà manu-tenzioni straordinarie di questo tipo. As-sai più complessa appare invece questaazione di sostituzione di parti di impiantonei reattori commerciali.Un’ultima considerazione. Il tempo neces-sario per la messa a punto di tutte le co-noscenze fisiche e tecnologiche indispen-sabili per la progettazione e la costruzio-ne della prima centrale elettronucleare afusione dimostrativa è ancora molto lun-go. Al riguardo una prima stima dei tempipuò ricavarsi in base alla Road Map: • la costruzione di ITER è prevista conclu-

dersi tra 10 anni, nel 2019; • occorreranno poi almeno 15 anni di ef-

fettiva sperimentazione su ITER (e in pa-rallelo su IFMIF), per possedere tutte leconoscenze necessarie per la progetta-zione di DEMO;

• nel 2034 potrà quindi iniziare la costru-zione di DEMO, che richiederà 10 anni;

• saranno poi necessari almeno 10 anni disperimentazione su DEMO per riteneresufficientemente qualificate tutte le co-noscenze per la progettazione e la co-struzione di una centrale elettronuclea-re dimostrativa a fusione. Se tutto andràbene, sarà quindi solo nel 2054, tra 45anni, che potrà iniziare la realizzazionedi tale centrale dimostrativa.

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bilità. Quanto sia realistica questa fiducia disviluppo futuro è difficile dire. Certo non visono finora esperienze che autorizzino inmerito un qualche ottimismo.Un’altra problematica estremamente im-portante è quella del danneggiamento alungo termine dei materiali dei compo-nenti principali. Al riguardo va detto chele indicazioni che saranno ottenute nel cor-so della sperimentazione in ITER, sarannopiuttosto limitate. In effetti ITER è un im-pianto di ricerca e il numero complessivodi ore di funzionamento a piena potenzaequivalente nel corso della sua vita sarà ri-dotto. In particolare in ITER il flusso neu-tronico integrato nel tempo a cui sarannoesposti i materiali dei componenti dell’iso-la nucleare, sarà assai inferiore a quelloprevedibile per una centrale commercialee di conseguenza assai inferiore sarà il dan-neggiamento da radiazione neutronica.D’altra parte per un reattore commercia-le a fusione la piena adeguatezza a lungotermine del comportamento dei materialidei vari componenti, in particolare di quel-li dell'isola nucleare, costituisce una ovviaassoluta esigenza. Tale adeguatezza va ga-rantita ex ante mediante un opportunoinsieme di apposite sperimentazioni otte-nute in condizioni simulanti perfettamen-te quelle operative.Purtroppo non si posseggono dati speri-mentali adeguati sul danneggiamento pro-dotto da questi neutroni di elevatissimaenergia (14,1 MeV). Gli studi molto ap-profonditi effettuati nell'ambito dello svi-luppo dei reattori a fissione, hanno ovvia-mente utilizzato i neutroni prodotti nellafissione nucleare, caratterizzati da energieben inferiori (dell'ordine dei 2 MeV).Per i reattori a fusione lo studio del dan-neggiamento da neutroni veloci sui mate-riali che si prevede saranno utilizzati, verràeffettuato mediante la facility IFMIF (In-ternational Fusion Materials Irradiation Fa-cility). I componenti della centrale elettro-nucleare dimostrativa verranno poi prova-ti a piena scala nel reattore DEMO. Ci vor-

Guido Possariflettore

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

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Nuclear Fusion and Industry

The involvement of Europe’s industry in the strategies andpolicies related to “big science” – particularly nuclearfusion – is of utmost importance. The close cooperationbetween research and industry is fundamental to thesuccess of a great project, such as ITER, as well as toensure adequate production returns

Fusione e industriaAngelo Airaghi

Senior Adviser Finmeccanica S.p.A.

Il coinvolgimentodell’industria europea nellestrategie e nelle sceltepolitiche relative alla “bigscience”, e alla fusione inparticolare, è difondamentale importanza. La stretta collaborazione tra ilmondo della ricerca e quellodell’industria è condizionenecessaria per il successo diun grande progetto qualeITER e, al tempo stesso, perun adeguato ritornoeconomico per il sistemaproduttivo

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sperimentate: i contratti con le organizzazio-ni committenti talora ne tengono conto, manon sempre. Gli oggetti da fornire sono spessoprototipi che solo in casi rari potranno esserereplicati: si tratta, cioè, di one-shot-business. Imargini, poi, sono spesso inesistenti e, talora,negativi: il committente ritiene di poter chie-dere al fornitore un concorso alle spese nellaconvinzione che il fornitore sarà, attraverso lafornitura, in condizione di applicare le cono-scenze acquisite in altri comparti. Queste con-siderazioni, unite all’orientamento recente dimolti dei grandi gruppi industriali verso unariduzione della gamma di prodotti/servizi of-ferti, ha portato a considerare attività del gene-re, ancorché ad elevato livello di qualificazio-ne, con una certa diffidenza.Forse, però, il problema principale da risolvereriguarda le persone. Per operare su questi mer-cati le imprese debbono destinare al loro pre-sidio tecnici con caratteristiche molto speciali eperciò rare: persone che sappiano dialogarecon ricercatori di alto livello e competenza, es-sere in grado di comprenderne le esigenze etradurle in specifiche tecniche talora di diffi-cile esecuzione, assumere nell’interesse dellaloro azienda impegni e rischi che, come si èdetto, sono difficili da valutare e, malgradotutti questi vincoli, assicurare la realizzazionepuntuale dei contratti nel rispetto delle con-dizioni economiche pattuite.Riassumendo, per un’azienda il business del-la big science è di difficile valutazione, rischio-so, incerto nei tempi e nei volumi, scarsamen-te ripetibile, con margini modesti o nulli e, perdi più, da affidare a persone che per il loro li-vello di professionalità e competenza costitui-scono sempre una risorsa scarsa e di grandepregio. In queste condizioni nessuna impresasaggia dovrebbe impegnarsi in questi settori.Questo in teoria: la realtà, però, è differente:tutti i maggiori gruppi industriali mondiali so-no presenti tra i fornitori delle grandi orga-nizzazioni internazionali di cerca (dal CERN al-la NASA); ogni richiesta di fornitura viene esa-minata con attenzione; ogni evento pubblicoper la promozione della partecipazione a gran-di progetti riscuote sempre grande interesse.Questa apparente contraddizione può esserespiegata prendendo in considerazione altrielementi: ad esempio il prestigio e il ritorno

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 52

La fusione nucleare, per il suo straordinariocontenuto innovativo e per il livello di matura-zione scientifico-tecnologico raggiunto, puòessere considerata come parte della cosiddet-ta “big science” con alcune specificità di cui sidirà in seguito. Si tratta quindi di scienza (el’articolo di Batistoni e Pizzuto lo dimostra),ma anche di tecnologia, ingegneria e mani-fattura. La big science implica la progettazio-ne degli esperimenti (responsabilità primariadella scienza), la progettazione delle grandimacchine (ancora un compito largamente as-solto nei contesti scientifici) e la costruzionedi tali macchine (responsabilità principale del-l’industria). Ma l’interazione tra ricerca e im-presa non è sempre facile da comprendere espiegare. Le grandi macchine, in generale, in-cludono vari gradi di complessità: una percen-tuale tra il 20 e il 60% del loro costo è rappre-sentato da componenti e dispositivi diretta-mente disponibili sul mercato (off-the-shelf) ilcui requisito “spinto” è probabilmente la qua-lità. Il rapporto tra committente e fornitore inquesti casi è simile a quello relativo a qualsia-si fornitura.I commenti che seguono si riferiscono quindialla parte rimanente: componenti e sottosiste-mi science relevant. Ogni grande gruppo indu-striale impegnato in settori ad alta tecnologia(aerospazio, elettronica industriale, energia,materiali avanzati ecc.) è potenzialmente unplayer nella progettazione e nella fornitura disottosistemi e componenti per la big science.Includendo in tale comparto sistemi quali satel-liti scientifici, grandi telescopi, acceleratori diparticelle, grandi macchine medicali, fusionenucleare, robotica non strutturata ecc., il mer-cato potenziale per tali gruppi può raggiunge-re i 500 o i 1.000 milioni di euro l’anno. Ma perdivenire e restare competitivi su tali mercatiquesti gruppi debbono fare investimenti, valu-tare i tempi del loro recupero, stimare i rischipotenziali e, più in generale, la coerenza di que-sti impegni con le strategie aziendali complessi-ve. Valutazioni spesso difficili: ad esempio leprospettive di mercato dipendono da politichefinanziarie pubbliche, condizionate talora dal-l’esito di complicati negoziati internazionalicon ripercussioni sia sui tempi che sulle entitàdegli investimenti. I rischi, a loro volta, sono in-trinseci all’utilizzo di tecnologie poco o nulla

Angelo Airaghiriflettore

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 53

le della fusione, dovrebbero subire intensifi-cazioni e accelerazioni. Le imprese che sonogià coinvolte nella fornitura di prototipi, mockup o dimostratori tecnologici, o che hanno di-chiarato il loro interesse alle prossime attivitàdi fornitura sono numerose e operanti in va-ri comparti; la prospettiva di DEMO dovreb-be, tra l’altro, ampliare la gamma degli inte-ressi industriali coinvolgendo anche impresedi ingegneria e contracting che in ITER hannoancora un ruolo marginale. E l’Italia è in pri-ma fila. Le sue imprese hanno eccellenti pos-sibilità di successo nella fornitura di compo-nenti cruciali della grande macchina: magne-ti superconduttori, vacuum vessel, divertori,giusto per fare qualche esempio. È lecito, quin-di attendersi un buon posizionamento dell’in-dustria nazionale nelle forniture che gli accor-di internazionali affidano all’Europa.Affinché, però, questo potenziale si trasformiin realtà, occorre superare alcuni ostacoli nonsecondari che riguardano, tra l’altro, le regolecon le quali l’Agenzia europea (Fusion forEnergy) appositamente costituita per assicu-rare l’approvvigionamento della quota euro-pea di ITER, condurrà le future gare. Tali moda-lità, infatti, possono avere grande importan-za nel favorire o scoraggiare la partecipazio-ne delle imprese, con particolare riferimentoalle grandi. Anche qui basti un solo esempio: lagaranzia “illimitata” tuttora richiesta dai con-tratti comunitari standard per danni derivan-ti da forniture non pienamente rispondentialle specifiche. Regole del genere, amplifican-do enormemente i rischi per le imprese (in par-ticolare le grandi che hanno più da perdere,soprattutto in immagine), avrebbero quasi cer-tamente l’effetto di allontanarle e quindi difar perdere all’Europa accanto alla valorizzazio-ne delle sue competenze scientifiche-tecnolo-giche, anche un asse di “politica industriale”speso evocata ma non ancora tradotta inorientamenti operativi. Anzi, rispetto alla tra-dizione degli anni recenti di un ampio e strut-turato coinvolgimento dell’industria europeanelle strategie e nelle scelte politiche relativealla fusione, la situazione attuale è assai pocosoddisfacente e potrebbe facilmente esseremigliorata. E anche sotto questo profilo, il ruo-lo degli industry liason officers può essere diparticolare importanza.

di immagine che possono derivare (fornitoridella “Real Casa”); la dimostrazione verso l’e-sterno di elevata qualità/affidabilità; l’arricchi-mento professionale di tutto il personale impe-gnato (più efficace di un corso di formazione);la convinzione che alcune tecnologie, crucialiper la big science (superconduttività, materia-li ad alta temperatura o radiation resistant,elettromagnetismo spinto ecc.) prima o poipotranno essere applicate anche in altri setto-ri di maggiore interesse commerciale e indu-striale e, infine, la speranza che alcune dellegrandi macchine possano trasformarsi nel tem-po, in first of a kind di nuove famiglie di pro-dotti. Ad esempio, un’attitudine del genereemerge con chiarezza in uno dei maggiori Pro-getti Integrati Comunitari, Extremat, rivoltoalla Ricerca e Sviluppo su materiali per am-bienti estremi guidato dal Max Planck Institu-te e che include una trentina di partners traorganismi scientifici (università ed enti di ricer-ca) e industrie che partecipano anche finan-ziariamente ai lavori.Forse, però, l’esempio più importante è pro-prio quello della fusione nucleare. Quando,nel 2006, fu organizzata a Barcellona la primapresentazione del programma ITER all’indu-stria europea, quattrocento esperti, ovviamen-te a loro spese, dedicarono tre giorni a incon-tri e discussioni con i ricercatori coinvolti nelprogramma e con i funzionari della Commis-sione per acquisire informazioni e predispor-si per la partecipazione alle forniture. Nei dueanni successivi, in molti paesi europei si sonoeffettuate analoghe manifestazioni naziona-li con lo stesso successo e, seguendo proprioun suggerimento emerso nella riunione di Bar-cellona, è stata costituita una rete di industryliaison officers responsabili di tenere informa-te le imprese nazionali sulle opportunità of-ferte dal programma e sulle modalità di parte-cipazione. Le ragioni di tale diffuso interessesono già state ricordate: la dimensione econo-mica del programma, la sua qualificazione, lasperanza che ad ITER faccia seguito, in tempiragionevolmente brevi il programma DEMO,l’esistenza di programmi collaterali come quel-li derivanti dalla collaborazione tra Europa eGiappone (il cosiddetto broader approach) edai vari programmi nazionali che, con l’avvi-cinarsi di una prospettiva di sviluppo industria-

Fusione e industria

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

Nuclear Fusion in Italy: a Pioneer’s Testimony

If the sharp increase in energy demand makes it necessaryto utilize all energy sources currently available, efforts inresearch are still required, even for medium- or long- termprojects such as nuclear fusion, a clean, inexhaustible,source of energy

La fusione nuclearein Italia: la testimonianza di un pioniere Sergio Martellucci

Ordinario di Fisica, Facoltà di Ingegneria di Roma Tor VergataPresidente del Consiglio Scientifico dell’ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 54

Il forte aumento delladomanda di energia richiededa un lato il ricorso a tutte lefonti attualmente disponibili,dall’altro l’impegno nellaricerca anche in quelle dimedio-lungo periodo, come la fusione, fonte energeticainesauribile e pulita

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La fusione nucleare in Italia: la testimonianza di un pioniere

di energia che le sostiene, e che in parteirradiano nello spazio, attraverso il pro-cesso di Fusione Nucleare secondo dei ciclidi reazioni nucleari che furono studiati da-gli astrofisici dell’epoca ed alcuni dei qua-li, in particolare quelli che l’uomo tenta diriprodurre sulla Terra, sono riportati nel-la tabella 2.In questa tabella sono riportate le reazionidi fusione dei nuclei deuterio, la prima, edeuterio-trizio, la seconda con, per que-st’ultima, l’indicazione del ciclo di breedingdel trizio, che può essere generato dai neu-troni della reazione di fusione D + T connuclei di litio.È interessante osservare che queste reazio-ni sono state ipotizzate da Fermi, Teller eWheeler nella loro teoria sulla Fusione del1944, che ha preceduto il test della bom-ba all’idrogeno statunitense nel 1952.Sottolineo il fatto che l’utilizzo civile siadella Fissione che della Fusione è stato pre-ceduto storicamente dalla realizzazione

Considerazioni storiche

Nel seguito considererò brevemente gliaspetti della ricerca energetica nel settoredella Fusione Nucleare che rappresenta lasperanza del futuro energetico del mon-do. L’evoluzione storica degli eventi piùimportanti che si sono succeduti nel secoloscorso nella Fusione Nucleare sino agli an-ni ‘70 sono riportati nella tabella 1.Dagli anni ‘70 ad oggi, le ricerche sulla fu-sione sono poi proseguite sempre in colla-borazione internazionale rispettivamentesui due approcci del confinamento magne-tico e di quello inerziale.All’inizio del secolo, subito dopo le sco-perte della radioattività naturale di Bec-querel e dei suoi allievi Pierre e Maria Cu-rie, e di quella artificiale indotta da neu-troni, a cui ha contribuito anche EnricoFermi, furono avanzate da Eddington eda Bethe le ipotesi che le stelle del nostrouniverso generino quell’enorme quantità

Tabella 1 - Le tappe della ricerca sulla fusione nucleare

1920 Ipotesi di Eddington sull’origine nucleare dell’energia delle stelle

1939 Ciclo di Bethe di reazioni nucleari

1944 Teoria della fusione termonucleare di Fermi, Teller e Wheeler

1952 Test della bomba all’idrogeno statunitense

1955 1a Conferenza di Ginevra sull’”Uso pacifico dell’energia nucleare”

1958 2a Conferenza di Ginevra, e declassificazione della fusione a confinamento magnetico

1963 Conferenza di Elettronica Quantistica di Parigi, relazione di Basov(Nobel per la Fisica 1964) sulla fusione con laser

1967 Conferenza sulla Fusione di Novosibirsk, relazione di Artsimovich sullo schema TOKAMAK di confinamento magnetico

1972 Conferenza di Elettronica Quantistica di Montreal, relazione di Teller sui plasmi ultradensi prodotti con laser

Fonte: elaborazione dell’autore riflettore

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mati i trattati di Roma che istituivano, oltrealla CEE, anche l’EURATOM, istituzione eu-ropea per la ricerca nel settore dell’ener-gia nucleare da Fissione e da Fusione.Nel 1959 io, studente di Fisica presso l’Isti-tuto G. Marconi di Roma, chiedevo la tesidi laurea al Prof. Edoardo Amaldi, che miaccompagnò a conoscere il suo collega edamico Franco Rasetti, in anno sabatico pres-so lo stesso Istituto per partecipare al nuo-vo programma di Fusione Nucleare appe-na avviato dal CNRN.Il fisico Franco Rasetti, morto ultracente-nario da pochi anni, è stato recentemen-te ricordato in un Convegno organizzatodall’ISPRA, cui Rasetti ha donato le sue col-lezioni di fossili e le fotografie dei fiori al-pini che lo hanno reso famoso anche co-me paleontologo, ed è anche stato ogget-to di un volume che descrive la sua vita av-venturosa al grande pubblico[2].In quegli anni, nel neo-costituito Labora-torio Gas Ionizzati del CNRN (poi CNEN edora ENEA), ospitato presso l’Istituto di Fi-sica “Guglielmo Marconi” dell’Universitàdi Roma “La Sapienza”, un ristretto grup-po di giovani ed entusiasti ricercatori, gui-dati dal Prof. Enrico Persico, dette inizio aiProgrammi di Ricerca sulla Fusione Con-trollata, subito dopo la Conferenza Interna-

degli ordigni militari, contribuendo così afar sorgere nei loro confronti i pregiudiziche tanto hanno penalizzato e penalizza-no il loro uso a fini pacifici.La declassificazione militare è stata per idue settori attuata a livello mondiale con ledue Conferenze di Ginevra del 1955 e del1958. Ricordo, per inciso, che nell’anno 2006 ilConsiglio Scientifico dell’ENEA ha collabo-rato con l’Accademia Nazionale delle Scien-ze, detta dei XL, l’Associazione Galileo 2001e l’Associazione Italiana Nucleare, per orga-nizzare un Convegno che ricordasse quel-l’importante avvenimento[1]. In Italia quel periodo post-bellico è statomolto prolifico per la nascita di tutte le va-rie iniziative di ricerca scientifica nel setto-re nucleare. Nel 1946, per iniziativa di in-dustrie private, fu costituito a Milano il CI-SE; nel 1951 l’INFN, che dette subito inizioalla costruzione dell’elettrosincrotrone neiLaboratori di Frascati; nel 1952 il CERN aGinevra, il Centro Europeo per le RicercheNucleari specializzato nella fisica delle par-ticelle elementari; sempre nel 1952, in Ita-lia il CNRN, inizialmente sotto l’egida delCNR per poi essere trasferito alle dipen-denze del Ministero dell’Industria di allo-ra come CNEN; nel 1957, infine, furono fir-

Sergio Martellucciriflettore

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Tabella 2 - Esempi di cicli di reazioni di Bethe

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La fusione nucleare in Italia: la testimonianza di un pioniere

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la densità elettronica di un plasma median-te un interferometro ottico, eseguita incollaborazione con Ugo Ascoli-Bartoli, edoggetto della mia tesi di laurea.La disponibilità di Franco Rasetti era sem-pre eccezionale: è da ricordare, ad esem-pio, quando ci guidò nei depositi sotterra-nei dell'Istituto di Fisica di Roma alla ricer-ca di quell'interferometro di Jamin – chepoi noi usammo nell'esperimento – cedutoall'Italia dall'Austria in Conto RiparazioniDanni di Guerra dopo la Prima GuerraMondiale; o quando, sempre per noi suoiallievi, ripercorrendo nella biblioteca del-l'Istituto i lavori di Enrico Fermi sui plasmiinterstellari, ricavava la formula della re-frattività di un gas di elettroni liberi.La collaborazione con Franco Rasetti pro-seguì poi a livello personale, quando il La-boratorio Gas Ionizzati si trasferì a Frasca-ti, approfittando delle frequenti, perio-diche visite che lui faceva a sua madre, aRoma.Nel 1960 la nascita del laser, definita da

zionale sull'Uso Pacifico dell'Energia Nu-cleare tenutasi nel 1958 a Ginevra, nei qua-li furono "declassificati" i risultati delle ri-cerche sul confinamento magnetico otte-nuti a Culham, nel Regno Unito, nel pla-sma termonucleare della macchina ZETA(Esperimento Z-pinch).Il Prof. Franco Rasetti (il "Cardinale" delgruppo di quei giovani fisici, chiamati "iragazzi di via Panisperna" che operavanosotto la direzione di Enrico Fermi presso ilvecchio e prestigioso Istituto di Fisica del-l'Università di Roma, dove Fermi condus-se i suoi primi esperimenti), partecipò su-bito entusiasticamente a questa nuova av-ventura e, per la sua profonda conoscen-za dell'ottica, acquisita precedentemente inItalia e anche presso importanti scuole te-desche di quel tempo, si dedicò subito allostudio dei metodi ottici (figura 1), che per-mettevano di misurare i parametri carat-teristici di un plasma (per esempio, la den-sità e la sua temperatura).È del 1959, prima nel mondo, la misura del-

Figura 1Ugo Ascoli-Bartoli, Alberto De Angelis, Franco Rasetti, Antonio Bolle e Sergio Mar-tellucci (da sinistra a destra) discutono il funzionamento di un prototipo di spettro-grafo a reticolo ad alta risoluzione spettrale da essere utilizzato per la misura del-la temperatura del plasma nel laboratorio Gas Ionizzati (EURATOM-CNEN), nelloscantinato dell’Istituto di Fisica “Guglielmo Marconi” dell’Università di Roma.(La Redazione si rammarica per la cattiva qualità della fotografia, riprodotta da una stam-pa fornita dall’autore risalente all’anno 1959)

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mondo, arrivò ad invitare ufficialmente ilGruppo di Diagnostica del LaboratorioCulham, ad effettuare direttamente pres-so il Kurchatov Institute misure di laser scat-tering dei parametri del plasma della mac-china T-3 sovietica. Eccezionale operazio-ne, resa possibile, in piena guerra fredda,da uno speciale accordo di cooperazionefra l'Euratom e l'Accademia delle Scienzedell'URSS.È a partire dagli anni ‘70 che questo me-todo di misura della temperatura di un pla-sma mediante laser scattering, applicatoinizialmente dal Gruppo di Frascati sullemacchine ALCATOR (MIT, Boston, USA) esu FT (Frascati, Italia) divenne rapidamenteuno dei metodi di diagnostica largamen-te utilizzato su tutte le macchine a plasmadel Mondo.

La collocazione internazionale

Ai nostri giorni, in questo campo apertoda questi nostri Maestri della ricerca sullafusione termonucleare, l’Italia è presentea livello internazionale sia nell’approccioa confinamento magnetico (Progetto ITER,già descritto in un altro articolo di questonumero della rivista) che in quello a con-finamento inerziale (Progetto HiPER, theEuropean High Power Laser Energy Resear-ch Facility, www.hiper-laser.org).Nella figura 2[3] sono riprodotti i due sche-mi di principio nei due differenti meccani-smi sopracitati di confinamento magnetico(su cui si basa il progetto di ricerca ITER)ed inerziale (la cosiddetta Fusione con La-ser che è alla base del progetto HiPER).Come si vede dai parametri del plasma ge-nerato nei due casi, nel primo la pressio-ne interna del plasma caldo viene bilan-ciata dalla pressione del campo magneti-co, che confina il plasma per produrre l’e-nergia da Fusione per tempi estremamen-te lunghi.Nel secondo, il plasma prodotto non vie-ne affatto contenuto da alcuna forza che

Rasetti "la più importante scoperta del no-stro secolo", gli fece intuire di avere final-mente a disposizione quella sorgente diluce che avrebbe permesso di superare l'in-tensa luminosità del plasma e di poter mi-surare così, dopo la densità, anche la tem-peratura con esperimenti di diffusione diluce laser da parte del plasma.Nel 1963, di ritorno dalla “InternationalConference on Quantum Electronics” di Pa-rigi, Ugo Ascoli-Bartoli riportava le appassio-nate conversazioni con Nicolay Basov (Pre-mio Nobel per la Fisica nel 1964) sulle pos-sibilità di aprire una nuova linea di ricercaverso la fusione, “l'approccio laser al con-finamento inerziale della fusione”, e Ra-setti consigliò di eseguire subito un esperi-mento per studiare il fenomeno che si pro-duce quando un bersaglio formato da ungranello di deuterio (D2) solido (a 4 K), fol-gorato da un impulso di luce laser si riscal-da fino a temperature termonucleari. Conil buon umore che animava sempre il suocomportamento suggerì ad Ugo Ascoli-Bar-toli di dare all'esperimento lo stesso nome,Hot Ice, dato a Roma in quel tempo allaprorompente e vistosa attrice svedese Ani-ta Eckberg, la fredda donna del Nord Eu-ropa “riscaldata” dall'amante latino, Mar-cello Mastroianni, interprete con lei del filmdi Federico Fellini “La Dolce Vita”, che die-de lo spunto anche ad una famosa canzonedell’epoca (Ghiaccio bollente).Fu nel 1969, in una atmosfera di partico-lare ottimismo nelle ricerche mondiali sul-la fusione controllata mediante confina-mento magnetico, che si cominciarono adottenere nella configurazione di plasmadel Tokamak T-3, presso il Kurchatov Insti-tute dell'Unione Sovietica di quel tempo,nuovissimi ed incoraggianti risultati rela-tivi alla stabilità ed alle alte temperatureraggiunte. È in quell'occasione, davanti aquesti risultati così importanti ed originali,che l'Accademico Lev Artsimovitch, ancheallo scopo di confrontarli con quelli dellemacchine simili nei laboratori fusione del

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La fusione nucleare in Italia: la testimonianza di un pioniere

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di Novosibirsk (Siberia) il già ricordato suc-cesso della scuola sovietica nell’eliminareuna delle principali difficoltà incontrate si-no ad allora nel contenimento magneticodel plasma, ovvero la diffusione del pla-sma stesso attraverso le linee di forza delcampo magnetico che perdeva, pertanto,le sue capacità di trattenere il plasma stes-so all’interno della configurazione magne-tica confinante: la configurazione Toka-mak che ha causato in tutto il mondo unarivoluzione dei programmi di ricerca inquesto settore.In Italia, anche a Frascati si ebbe una rivo-luzione programmatica che ha portato il“gruppo di Frascati” alla scelta tecnica diprivilegiare la tecnologia dei Tokamakcompatti ad alto campo magnetico. In que-sta particolare direzione sono state costrui-te con successo, malgrado le enormi diffi-coltà tecnologiche ad essa legate, la primamacchina Frascati-Torus (FT) e la secondaFrascati-Torus Upgraded (FTU), ed è stataprogettata la macchina successiva FAST (Fu-

ne contrasti l’espansione, ma la vita dellafase densa e calda del plasma stesso è li-mitata dall’inerzia con cui la materia siespande naturalmente.In termini applicativi, i due diversi tipi direattore a Fusione si potrebbero parago-nare: il primo, ad un reattore che erogaenergia con continuità analogamente aquanto fanno le attuali centrali termoe-lettriche a combustione; il secondo, vice-versa, ad un motore a scoppio che erogaenergia in maniera discontinua, utilizzan-do delle microesplosioni che, nei motori acombustione interna, avvengono nei cilin-dri del motore dell’automobile. In questosenso le due alternative, ove realizzate,non sono incompatibili tra loro, ma trove-rebbero, per le loro dimensioni fisiche eper la quantità di energia erogata, campidi applicazione complementari.Tornando alla tabella 1, che mostra l’evolu-zione storica della ricerca nel mondo, hoindicato nel 1967 la data in cui è stato resopubblico nella Conferenza Internazionale

Figura 2I due approcci per la fusione termonucleare Fonte: H. Nishimura, ILE, Osaka University, in Proceedings 43rd Course Int’l School Quantum Electronics, Directors: A.N. Chester and S. Martellucci, 2006

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tidiano confronto con i colleghi stranieri:intendo riferirmi ai Proff. Bruno Brunelliper il CNEN, Piero Caldirola per il CNR-Mi-lano, Antonio Rostagni per il CNR-Pado-va e Nando Gasparini per l’Università diNapoli. Oggi, la ricerca sulla Fusione in Ita-lia per la maggior parte viene finanziatanell’ambito del Contratto di Associazionedi Euratom-ENEA. L’ENEA per delibera delCIPE (1983) coordina la ricerca in Italia sul-la Fusione. Essa è svolta dall’ENEA princi-palmente nei Centri di Frascati e Brasimo-ne, dal Consorzio RFX di Padova, dall’Isti-tuto di Fisica del Plasma “Piero Caldirola”,dall’INFN nei Laboratori di Legnaro-Pado-va e da Consorzi e Dipartimenti universi-tari. Al di fuori del Contratto di Associa-zione vi sono le attività sul progetto IGNI-

sion Advanced Studies Torus), già propo-sta dall’Associazione EURATOM-ENEA. Nonsolo, ma il Prof. Romano Toschi fu, a suotempo, chiamato dall’EURATOM a dirige-re il gruppo di progetto ITER e delle sueprospettive di sviluppo, con un riconosci-mento della scuola italiana di cui si deveandare orgogliosi.Nella figura 3, che risale al 1979, viene evi-denziato che l’Italia ha aderito all’Eura-tom nel 1960, subito dopo la Francia, coni Centri di Frascati del CNEN, del CNR diMilano e Padova e dell’Università di Na-poli. Io ho avuto il privilegio di conoscere– e di godere della loro stima – le perso-ne (che purtroppo ci hanno lasciato) graziealle quali l’adesione all’Euratom è statapossibile e ha garantito il continuo e quo-

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Figura 3Localizzazione dei laboratori dell’Associazione Fusione Euratom. Anno 1979Fonte: Bollettino Euratom, Bruxelles, 1979

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ruolo svolto da Ugo Ascoli-Bartoli[6].Può essere utile, e l’esperienza di docenteuniversitario me lo impone, ricordare aquesto punto la definizione del plasma(1930), meglio definito come “quarto sta-to della materia”.Gli stati di aggregazione della materia pos-sono essere definiti in funzione dell’energiacinetica media per particella (molecole,atomi, elettroni, nuclei atomici, nucleoni,particelle subnucleari ecc.). Si può cioè direche la materia è nello stato di aggregazio-ne (n+1) se l’energia cinetica media perparticella Wn+1 soddisfa la relazione Un <Wn+1 < Un+1, dove Un e Un+1 sono le ener-gie di legame delle particelle negli stati diaggregazione nmo e (n+1)mo. Così, peresempio, nello stato solido (n = 0), U1 rap-presenta l’energia di legame della mole-cola in un cristallo, dell’ordine della frazio-ne di 1 eV. Le transizioni di fase dallo statosolido a quello liquido (n = 1), o diretta-mente a quello gassoso (n = 2), avvengo-no quando l’energia cinetica media permolecola, che è funzione della tempera-tura, supera il valore dell’energia di legamementre la struttura cristallina viene distrut-ta. Così, nella transizione di fase dallo sta-to liquido a quello gassoso, le molecole de-vono avere energia cinetica sufficiente perrompere i legami delle forze di Van derWaals. Quando poi l’energia cinetica mediasupera il potenziale di ionizzazione degliatomi, generalmente dell’ordine di qual-che eV, si raggiunge lo stato di aggrega-zione di plasma detto anche quarto statodella materia (n+1 = 4) costituito da ionied elettroni liberi. Estrapolando questo cri-terio a stati di aggregazione più alti, an-cora inesplorati, si possono definire il quin-to stato della materia, detto “nugas”, per-ché costituito da nucleoni ed elettroni li-beri (n+1 = 5), quello in cui 2 < W5 < 200MeV, e il sesto stato della materia, costi-tuito da mesoni, particelle subnucleari edelettroni liberi (n+1 = 6), quello in cui 0.2< W6 < 4 GeV. Lo stato di plasma è carat-

TOR e attività varie svolte nelle Università.Come detto, la linea principale è quella sulconfinamento magnetico; in questa linea leattività riguardano la sperimentazione suFTU a Frascati e RFX a Padova, la teoria, latecnologia per ITER ed il reattore, la par-tecipazione agli esperimenti e progetti in-ternazionali JET e ITER, nonché alla pro-gettazione di FAST. La ricerca sulla Fusio-ne inerziale è limitata alla sperimentazio-ne con il Laser ABC (Frascati) e alle attivitàdi alcuni gruppi universitari. La partecipa-zione italiana alla fase preparatoria delprogetto internazionale HiPER è stata affi-data dal MUR a ENEA, INFN, INFM,CNR/IPCF, con coordinamento ENEA.Inoltre, in Italia sono state svolte (ed alcu-ne lo sono ancora) con alterno successo ri-cerche in collaborazione internazionale inaltri settori della Fusione. Tra queste: la Fu-sione Muonica e la Fusione Fredda. Per laprima si rimanda il lettore al contributodel Prof. Antonio Vitale (già membro delConsiglio Scientifico ENEA, deceduto a Bo-logna nel 2008) a pag. 121 della referen-za1. Per la seconda, al volume “Storia del-la Fusione Fredda in Italia”[4].

Considerazioni scientifiche

Nella speranza di essere riuscito a descri-vere, anche se sommariamente, il princi-pio di funzionamento dei futuri reattori aFusione Nucleare, e delle stelle del nostroUniverso, può essere opportuno riportarenella tabella 3 che segue i parametri deiplasmi che sono da studiare nei vari casi[5].Nella misura di questi parametri, come giàricordato, il gruppo dell’ENEA di Frascati,operante nel settore della diagnostica ot-tica del plasma, ha acquistato grande fa-ma nel mondo in particolare per la misu-ra delle densità del plasma con i metodiinterferometrici, e della temperatura con latecnica della diffusione di luce laser da par-te del plasma, come ricordato nel volumepubblicato da EURATOM per onorare il

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(UK); Scuole Internazionali di Erice di Elet-tronica Quantistica, e di Tecnologia deiReattori a Fusione. Per tutte queste inizia-tive, da me coordinate, mi sono avvalsodella preziosa collaborazione dei colleghidel Centro ENEA di Frascati che intendoqui ringraziare, tra tutti questi in particola-re ricordo Francesco De Marco, purtroppodefunto, con il quale ho iniziato nel 2004questa attività di formazione.

Conclusioni generali

Proprio con un contributo di Francesco DeMarco (pag. 141 della referenza[1]) voglioconcludere questo mio scritto:

«L’obiettivo finale della ricerca sulla Fu-sione, fornire in maniera sicura ed econo-mica grandi quantità di energia elettrica,è ancora distante. Infatti si devono costrui-re ed operare grandi macchine (ITER, IF-MIF, DEMO), ed infine costruire il primoreattore prototipo. La Fusione è una del-

terizzato dal più ampio intervallo di valoridell’energia cinetica media per particellatra le energie di legame U3 ≈ 2 eV dellaforza colombiana in un atomo e U4 ≈ 2MeV della forza nucleare in un nucleo.Da questo breve cenno alle implicazioniscientifiche connesse con lo studio della fi-sica del plasma, si può sottolineare la ne-cessità che, per preparare gli esperti italia-ni richiesti dal programma di Fusione in-ternazionale, sia magnetica che inerziale,l’Italia si impegni a incentivare l’insegna-mento universitario nelle materie di baseed applicative specifiche.A questo fine, presso la Facoltà di Ingegne-ria dell’Università di Roma Tor Vergata ab-biamo autonomamente avviato: corsi diinsegnamento specifici di Fisica dell’Ener-gia Nucleare, Principi Fisici di ConversioneAvanzata, Applicazioni dei Laser di Poten-za, nel corso di laurea specialistica di Inge-gneria Energetica; Dottorato di Ricerca inElettronica Quantistica e Plasmi, con pos-sibilità di stages presso il Jet di Culham

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Tabella 3 - Ordine di grandezza dei parametri di alcuni tipi di plasma

Tipo di plasma n cm–3 T eV ωpe sec–1 λDcm nλD

3 νei sec–1

Gas interstellare 1 1 6 x 104 7 x 102 4 x 108 7 x 10–5

Nebula gassosa 103 1 2 x 106 20 107 6 x 10–2

Corona solare 109 102 2 x 109 2 x 10–1 8 x 106 60

Plasma caldo diffuso 1012 102 6 x 1010 7 x 10–3 4 x 105 40

Atmosfera solare e scariche nei gas 1014 1 6 x 1011 7 x 10–5 40 2 x 109

Plasma tiepido 1014 10 6 x 1011 2 x 10–4 103 107

Plasma caldo 1014 102 6 x 1011 7 x 10–4 4 x 104 4 x 106

Plasma termonucleare 1015 104 2 x 1012 2 x 10–3 107 5 x 104

Theta pinch 1016 102 6 x 1012 7 x 10–5 4 x 103 3 x 108

Plasma denso caldo 1018 102 6 x 1013 7 x 10–6 4 x 102 2 x 1010

Plasma prodotto da laser 1020 102 6 x 1014 7 x 10–7 40 2 x 1012

dove: n = densità di plasma, numeri di ioni ed elettroni liberi per centimetro cuboT = temperatura assoluta del plasmaωpe = pulsazione di plasmaλD = lunghezza di Debyeνei = frequenza di collisione tra elettroni e ioni

Fonte: J. D. Huba, NRL Plasma Formulary (revised), The Office of Naval Research, 2002

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La fusione nucleare in Italia: la testimonianza di un pioniere

emergenza non ammette ulteriori ritardi.Riguardo alla compatibilità delle varie fon-ti energetiche con l’impegno dell’Italia,dell’Europa, delle Organizzazioni Interna-zionali alle quali l’Italia afferisce, il mio pen-siero è il seguente: l’aumento esponenzia-le della domanda di energia nel mondo ri-chiederà, nell’immediato futuro e certa-mente nei tempi via via successivi, il ricorsoa tutte le fonti di energia possibili per sod-disfare tale richiesta. Attualmente il Sole,che possiamo considerare il reattore a Fu-sione che ci ha fornito il buon Dio, e cheirradia nello spazio 3,83 x 1033 erg s–1 dicui cadono per ogni centimetro quadratosulla superficie terrestre durante il giorno,10,36 x 106 erg s–1 (la cosiddetta CostanteSolare), dovrà essere integrato: inizialmen-te dalle cosiddette energie rinnovabili se-condo la formula già adottata dall’Euro-pa Unita del 20-20-20; sempre continuan-do nell’utilizzo dei combustibili fossili, fin-ché disponibili ed economicamente com-patibili; ancora con il ricorso non più rin-viabile ai Reattori a Fissione; ed infine, co-me soluzione considerata unanimementedefinitiva, ai Reattori a Fusione. Infatti, ifuturi Reattori a Fusione non debbono es-sere considerati alternativi a quelli a Fissio-ne, ma ad essi complementari (ad esem-pio, nella possibile soluzione dei ReattoriIbridi Fusione-Fissione, qualora le condi-zioni geopolitiche lo consentano).

le quattro sorgenti primarie disponibili, lealtre essendo: i combustibili fossili, la fis-sione, le rinnovabili. Oggi vi è una fortespinta a ridurre al massimo l’uso dei com-bustibili fossili. Quindi rimangono pocheopzioni. La Fusione promette di essere unasorgente di energia inesauribile, relativa-mente pulita. I vantaggi della Fusione sono:centrali inerentemente sicure, in partico-lare sono impossibili incidenti di “runawayand meltdown”; i combustibili della Fusio-ne, deuterio e litio, sono abbondanti ovun-que; non è necessario trasportare materia-le radioattivo; non vi è emissione di gasserra; con una appropriata scelta dei ma-teriali, le scorie della Fusione non costitui-ranno un problema di lungo termine per legenerazioni successive a quella che ha pro-dotto le scorie stesse».

In conclusione vorrei esprimere il mio per-sonale pensiero sulle scelte energeticheche il Paese dovrà affrontare nell’imme-diato futuro, e sul ruolo dei futuri Reatto-ri a Fusione.La riapertura del nucleare, sempre menotimidamente presente nei programmi del-le forze politiche, non è più oggetto di spe-culazioni filosofiche o sociologiche, perchéil costo del barile di petrolio, soggetto aforti, imprevedibili variazioni per cause eco-nomiche-politiche, rende tali discussionisuperflue ed il problema di fronte a tale

Bibliografia[1] L’uso pacifico dell’energia nucleare da Ginevra

1955 ad oggi: il caso italiano, Roma 2007, Vol.40, Collana “Scritti e Documenti”, AccademiaNazionale delle Scienze detta dei XL. [Gli inte-ressati agli atti del Convegno di Roma dell’8-9marzo 2006 possono rivolgersi alla Segretariadel Consiglio Scientifico, Angela Rosati (tel. 06-36272651 - e-mail [email protected])].

[2] Valeria Del Gamba, Il ragazzo di via Panisperna.L’avventurosa vita del fisico Franco Rasetti, Bol-lati Boringhieri, 2007.

[3] H. Nishimura, ILE, Osaka University, in Procee-dings 43rd Course Int’l School Quantum Electro-nics, Directors: A.N. Chester and S. Martellucci(2006).

[4] S. Martellucci, A. Rosati, F. Scaramuzzi e V. Violan-te, Storia della Fusione Fredda in Italia, ENEA(2008).

[5] J.D. Huba, NRL Plasma Formulary (revised), TheOffice of Naval Research (2002).

[6] EUR FU BRU XII 106/95 Selected Papers and Talks,edited by S. Martellucci and G.G. Leotta (2005).

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

Economic and Ordinal Benefits of Hydrogen Energy

Technologies A method for assessing economic, environmental andenergy investments is particularly suited for hydrogentechnologies, because it makes it possible to calculatebusiness returns, negative externalities and, above all, theeconomic benefits for the citizens: the monetizable positiveexternalities and the ordinal benefits, i.e. those whichcannot be reduced to a simple monetary value

Benefici economici e benefici ordinalidelle tecnologieenergetiche a idrogeno Corrado Giannantoni*Mariangela Zoli**

* ENEA, Dipartimento Tecnologie per l’Energia, le Fonti Rinnovabili e il Risparmio Energetico

** Università di Roma Tor VergataFacoltà di Economia

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È un metodo di valutazionedegli investimenti energetico-economico-ambientaleparticolarmente indicato per le tecnologie a idrogeno,perché consente dicontabilizzare i ritornieconomici in sensostrettamente aziendale, le esternalità negative, ma soprattutto i beneficieconomici per la collettività, le esternalità positivemonetizzabili e i beneficiordinali, quei benefici cioè non riducibili al solovalore monetario

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Benefici economici e benefici ordinali delle tecnologie energetiche a idrogeno

nefici cioè che non sono mai effettiva-mente riducibili ad un semplice valoremonetario, ma che sono comunque sem-pre oggetto di una possibile stima, an-cora in termini economici, attraverso ilconcetto di “valori-cifra”.

Una tale metodologia di valutazione, sin-teticamente denominata FSDOB (Four Sec-tor Diagram of Benefits), inizialmente svi-luppata in collaborazione fra l’ENEA, l’U-niversità di Padova e l’Università di Sie-na[1], è stata recentemente perfezionatain collaborazione con la LUISS di Roma el’Università di Tor Vergata, attraverso larealizzazione di un corrispondente Codi-ce di Calcolo, POLIDEMACO (POLIcy DEci-sion MAking COde)[2].In questo articolo vengono illustrati i risul-tati conseguiti mediante l’applicazione ditale metodologia a due potenziali settori diutilizzo dell’idrogeno: la generazione sta-zionaria di elettricità ed il trasporto pub-blico urbano, entrambi riferiti alla città diRoma.

La Metodologia

La Metodologia di Valutazione FSDOB sifonda sul Maximum Em-Power Principle diH.T. Odum[3,4], generalmente noto anchecome Quarto Principio della Termodinamica. Questo Principio, infatti, afferma che:

«Ogni sistema raggiunge il suo punto dilavoro ottimale quando massimizza l’E-mergia totale processata, inclusa quellarelativa al suo habitat.»[5].

Proprio per questo il metodo FSDOB, spe-cificamente finalizzato alla valutazionestrategica di un dato settore produttivo,prende in considerazione i benefici che sioriginano dagli interscambi fra il settoreproduttivo considerato e i settori “limitro-fi” (intesi come habitat), ed è questo l’a-

La valutazione degli Investimenti in ambi-to Energetico-Economico-Ambientale, spes-so anche a carattere strategico, viene pre-ferenzialmente condotta secondo la pro-spettiva per cui ogni attività deve ritener-si, in linea di principio, di per sé stessa auto-remunerativa. Raramente si prendono inconsiderazione le associate esternalità, siapositive che negative. Le prime, perché perloro stessa natura sono difficilmente remu-nerabili, le seconde perché, secondo la pro-spettiva precedentemente ricordata, nonrientrano propriamente nel bilancio azien-dale. Si realizza così, de facto, quella chenormalmente viene definita la “socializza-zione dei costi esterni”. Solo eccezionalmente infatti vengono ema-nate leggi o norme che, direttamente o in-direttamente, operano una sorta di “in-ternalizzazione” dei costi esterni, come pu-re altrettanto raramente, e per casi peral-tro molto particolari, vengono previste for-me di incentivazione pubblica, intese co-me “remunerazione” anticipata di poten-ziali esternalità positive. Anche in questicasi, tuttavia, l’ammontare complessivo de-gli incentivi statali (nelle loro varie possi-bili forme) viene generalmente deciso inrelazione al loro potenziale ritorno, in ter-mini strettamente contabili, a livello di PILnazionale. In tale contesto, più ampio evariegato di quanto sinteticamente ripor-tato, potrebbe allora risultare di valido au-silio la disponibilità di un metodo di valuta-zione dell’investimento in grado di tenerconto non solo dei ritorni economici (insenso aziendale), e neppure delle soleesternalità negative (danni), ma di contabi-lizzare soprattutto, e contestualmente: • benefici economici indotti a livello di col-

lettività; • le esternalità positive (oltre che quelle

negative) ritenute monetizzabili (e sti-mate in termini di “proxies”);

• e, non ultimi, i Benefici Ordinali, quei be- studi &

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noverati i tre processi generativi fondamen-tali: la co-produzione, l’inter-azione, il feed-back, in cui tale aspetto “emergente” è par-ticolarmente evidente. Se si suppone dioperare in condizioni stazionarie (ovveroa regime permanente), questi processi pos-sono essere adeguatamente descritti permezzo di una particolare algebra non-con-servativa[6], e ciò comporta, di conseguen-za, l’introduzione del fondamentale con-cetto di Trasformità, che consente di defi-nire l’Emergia come il prodotto di una da-ta quantità di energia disponibile (rappre-sentata dall’Exergia) per la sua corrispon-dente Qualità (espressa dalla Trasformità):

Emergia = Trasformità (Qualitàdell’Energia) x Exergia(quantità di Energia) (1).

In tal caso la Trasformità, anche se abitual-mente espressa come un “fattore” alge-brico, è sempre intesa in senso ordinale (v.più oltre). La Trasformità (Tr), infatti, puòessere a sua volta suddivisa in due distin-te componenti

Tr = Trφ . Trex (2)

in cui Trex (Trasformità dissipativa) tieneconto delle perdite di Exergia durante ilprocesso che conduce ad un determinatoprodotto (o servizio), mentre il termine Trφ(Trasformità generativa) contabilizza il con-tenuto di informazione (ordinale), progres-sivamente crescente, dovuto al processogenerativo considerato[7,8].Quando si passa poi all’analisi in condizio-ni dinamiche, la Trasformità diviene unconcetto ancor più generale: quello di Or-dinalità. Ciò avviene perché questo con-cetto scaturisce direttamente dalla ricercadi una formulazione matematica del Maxi-mum Em-Power Principle in condizioni di-namiche del tutto generali, in cui è eviden-temente richiesta la contestuale genera-lizzazione (dinamica) delle regole di alge-bra emergetica. In tal caso l’Ordinalità è

spetto fondamentale da cui trae origine ilsuo nome. Sulla base di questa prospettiva, il meto-do guida alla valutazione dei benefici per-tinenti i quattro settori generalmente coin-volti in ogni attività produttiva, più precisa-mente: i benefici per l’azienda (derivantidal processo stesso di produzione), i bene-fici per la società (derivanti dalla commer-cializzazione di quel particolare prodotto),i benefici per l’ambiente, sia come sorgen-te (source) di risorse per il processo conside-rato, sia come pozzo (sink) dei residui (orilasci) di produzione.Diversamente però da quanto accade nel-le tradizionali valutazioni economiche, gliinterscambi non vengono valutati soltantoin termini economici (come semplici benie servizi) ma, come già anticipato, attra-verso un concetto termodinamico moltopiù generale, quello di Emergia, soggia-cente a qualsiasi forma di interscambio. Ilconcetto di Emergia, infatti, introduce unaradicale novità nelle valutazioni energeti-co-economico-ambientali, prima fra tutte,l’esplicito riconoscimento che

«i processi coinvolti non possono essereconsiderati come dei puri e semplici mec-canismi.»

Ciò è equivalente ad affermare che i pro-cessi produttivi non sono riducibili ad unadescrizione meramente funzionale, perchéi loro esiti (outputs) mostrano sempre unainaspettata “eccedenza”. Tale eccedenzapuò propriamente dirsi Qualità (con la Qmaiuscola), perché essa non può essereesclusivamente intesa come una semplice“proprietà” (o “caratteristica”) di un datofenomeno, ma va riconosciuta come una“proprietà” emergente dal processo, e maiinteramente riducibile alle sue sole premes-se fenomenologiche o alle tradizionali cate-gorie mentali. Il Maximum Em-Power Prin-ciple suggerisce allora di focalizzare l’at-tenzione sui processi più specificamente ge-nerativi, e tra questi vanno senz’altro an-

Corrado Giannantoni, Mariangela Zolist

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Benefici economici e benefici ordinali delle tecnologie energetiche a idrogeno

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mo a condizioni stazionarie. Ciò nondime-no, sulla base di quanto precedentemen-te esposto, potremo sempre equivalente-mente adottare il termine (più generale)di Ordinalità in luogo di quello (più parti-colare) di Trasformità.

Esternalità Ordinali

Il concetto di Ordinalità, benché origina-riamente sorto nell’ambito dell’analisi Ter-modinamica dei processi fisico-biologici, èaltrettanto valido in molte altre discipline.In particolare, in economia[9]. Consideria-

espressa dall’ordine di derivazione (gene-ralmente di tipo frazionario) riferibile adun nuovo concetto di derivata, la deriva-ta “incipiente”, esplicitamente definita perdescrivere, in appropriati termini formali, lespecifiche caratteristiche a-funzionali deiprocessi considerati[9]. La nuova formula-zione matematica consente allora di analiz-zare le varie forme di interscambio fra duesettori (schematicamente rappresentate infigura 1), secondo un’identica modalità dicontabilizzazione, a carattere del tutto ge-nerale. Per ragioni di semplicità, tuttavia,nelle successive considerazioni ci riferire-

Tabella 1 - Indicatori (Iij) suddivisi per Settori (i rappresenta il generico asse del diagramma(i = 1, 2, …8); j (per j = 1, 2,…5) indica l’ordine sequenziale dell’Indicatore caratterizzante

l’asse (i); Iij,0 = valori di riferimento)

Settore 1. Benefici per l’ImpresaI11 = Costo di impianto per unità di potenza (d/kW) I21 = Efficienza EnergeticaI12 = Costo del combustibile per unità di prodotto (d/kWhex) I22 = Efficienza ExergeticaI13 = Costo del lavoro per unità di prodotto (d/kWhex) I23 = Coefficiente globale di conversione dell’EnergiaI14 = Costo di manutenzione per unità di prodotto (d/kWhex) I24 = Trasformità del prodottoI15 = Costo dei dispositivi di cattura di NOx (d/kWhex) I25 = Indice di Profitto

Settore 2. Benefici per l’Ambiente come “pozzo”I31 = Calore cogenerato / calore totale fornito I41 = Riscaldamento Globale (rilascio CO2) (kg/MWh)I32 = Costo del sequestro e stoccaggio della CO2 (d/ton) I42 = Costi di emissione di CO2 a livello locale (d/kWh)I33 = Costo specifico di cattura dell’NOx (d/ton) I43 = Costi di emissione di CO2 a livello globale (d/kWh) I34 = Riutilizzo dei materiali (%) I44 = Costi di emissione di NOx (acidificazione) (d/kWh)I35 = Frazione di riciclaggio a valle del decommissioning (%) I45 = Costi di emissione di NOx (via ozono) (d/kWh)

Settore 3. Benefici per la Società

I51 = / Inv (beneficio economico per unità Invest.) I61 = (benefici per l’economia / costo del prodotto)

I52 = EYR* (amplificazione del processo economico) I62 = (benefici indotti / costo del prodotto)I53 = Trpd/Trpc (beneficio del prodotto per tipo di processo) I63 = (I62 al netto dei danni locali)I54 = I64 = (I63 al netto dei danni globali)I55 = (sostenibilità finanziaria impresa / cittadino) I65 = (I64 al netto del consumo di risorse)

Settore 4. Benefici per l’Ambiente come “fonte”I71 = ELR (Indice di Carico Ambientale) I81 = Densità Emergetica (seJ/m2)I72 = EIS (Indice Emergetico di Sostenibilità) I82 = Emergia Non-rinnovabile / Emergia TotaleI73 = Riduzione della Biodiversità (%) I83 = Intensità materiale, fattore di consumo di acqua (g/kWh)I74 = Area di supporto del processo (m2/MW) I84 = Intensità materiale, fattore abiotico (g/kWh)I75 = Emissioni effettive di NOx / Limiti di legge I85 = Frazione di combustibile importato (%)

Fonte: Giannantoni et al.[10]

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 68

scambiati, risultano proporzionali alle ri-spettive Trasformità generative Trφ,1 eTrex,2. D’altra parte non è difficile ricono-scere che in qualsiasi forma di interscam-bio sussiste (in generale) una condizionedi disequilibrio tra le Emergie scambiate(e, quindi, fra le corrispondenti Ordinalità).Si può pertanto affermare che una Tran-sazione può essere considerata una realeinterazione transattiva solo quando i duesettori (o “soggetti”) considerati operanoin consonanza con il Maximum Em-PowerPrinciple. Il che si realizza quando entram-bi concorrono ad un reciproco incremen-to delle loro rispettive Ordinalità (versouna Ordinalità tendenzialmente superio-re). In tal senso una Esternalità (o Benefi-cio) Ordinale può definirsi come “quellaeccedenza di Ordinalità che emerge daogni forma di transazione”. Sulla base diquesti concetti è stato elaborato il Meto-do di Valutazione FSDOB.

Il Diagramma dei Benefici a Quattro Settori

Il metodo FSDOB, più articolatamente de-scritto in[10], può essere così sintetizzato.Ciascun settore è identificato per mezzo

mo dunque una generica transazione (fi-gura 1a) secondo la simbologia introdot-ta da Odum[3,4]. In tal caso l’interscambiobeni-denaro, se analizzato in termini Emer-getici (o, meglio ancora, in termini Ordi-nali), non si restringe più ai soli aspetti fisi-co-economici. Infatti, l’Emergia associataad un qualsiasi prodotto/servizio (i) è sem-pre esprimibile nella forma

Emi = Trφ,i . Trex,i . Exi (3)

in cui Trex,1 contabilizza le perdite di Exer-gia (Exi) durante il processo di generazionedi un determinato prodotto/servizio, men-tre Trφ,i (Trasformità generativa) può esse-re interpretata come la “cifra” dell’Ordi-nalità “veicolata” da quello stesso prodot-to/servizio (v. anche Eq. (2). Ogni Transa-zione (figura 1b) può pertanto essere vi-sta come un interscambio di Emergie di di-versa natura, ciascuna caratterizzata dauna specifica cardinalità ed una corrispon-dente Ordinalità. Da qui emerge chiara-mente la profonda differenza con il mo-do tradizionale di concepire le transazio-ni. Abitualmente, infatti, nel calcolo deibenefici che si originano dalle transazioni,non vengono contabilizzati quei tipi di Be-nefici che, sempre veicolati dai prodotti

Corrado Giannantoni, Mariangela Zolist

udi &

ricerc

he Figura 1

Esternalità Ordinali intese come una “eccedenza di Ordinalità” Fonte: Odum3,4

A

B

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 69

Benefici economici e benefici ordinali delle tecnologie energetiche a idrogeno

studi

& ricerc

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tare una diversa distribuzione dei pesi, ilmetodo contempla la valutazione delle va-riazioni massime, sia positive che negati-ve, rispetto ai valori precedenti. Sulla ba-se dei valori ottenuti viene quindi traccia-to un diagramma di sintesi (figure 2 e 3),in cui i baricentri dei “cerchi” rappresen-tano i valori delle medie pesate.

Celle a combustibile per produzione stazionaria di elettricità e calore

Il primo esempio di applicazione qui richia-mato, più ampiamente analizzato in[11],riguarda la valutazione di celle a combu-stibile a idrogeno per la produzione sta-zionaria di elettricità e calore. Più preci-samente, la valutazione si riferisce al ca-

di due assi cartesiani (figura 2) che eviden-ziano le sue principali caratteristiche se-condo un tradizionale approccio ingres-so/uscita. Ciascun asse è definito da 5 Indi-catori1 previamente normalizzati sulla ba-se di un appropriato valore di riferimen-to, specificamente scelto in relazione allatipologia del processo considerato. Il codi-ce di calcolo consente di assegnare a cia-scun Indicatore (già normalizzato) un ap-propriato “peso”, per tener conto dellasua influenza in relazione al processo ana-lizzato. La sola condizione richiesta è chela somma dei pesi sia sempre uguale a 1.La media pesata di ciascun asse viene va-lutata (tabella 2) assumendo che tutti gliIndicatori normalizzati abbiano inizialmen-te un identico peso. Tuttavia, tenendo con-to che le autorità di governo possono adot-

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1Benefits from

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4Benefits for theEnvironment as

a “Source”

2Benefits for the

Environmentas a “Sink”

3Benefits fromthe Product

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Figura 2Celle a combustibile per applicazioni stazionarie (senza incentivi)Fonte: ENEA, Univ. Roma Tor Vergata, Univ. Cassino

1. Tali Indicatori (elencati in tabella 1, ed esplicitamente definiti in[1,2,10]), rappresentano, rispettivamente: 1) lerisorse economiche impegnate dall’Azienda; 2) le corrispondenti prestazioni tecnico-economiche del proces-so considerato; 3) la compatibilità ambientale del processo sin dalla fase di progetto; 4) il corrispondente im-patto ambientale; 5) i benefici socio-economici indotti (ed, in particolare, il contributo al PIL nazionale); 6) laripartizione dei benefici fra Azienda, Stato, cittadini; 7) la sostenibilità del processo sul lungo periodo; 8) lerisorse tratte dall’Ambiente.

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 70

Corrado Giannantoni, Mariangela Zolist

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Figura 3Celle a combustibile per applicazioni stazionarie (con incentivi)Fonte: ENEA, Univ. Roma Tor Vergata, Univ. Cassino

Tabella 2 - Parametri caratteristici di una singola Fuel Cell (500 kW) con incentivi statali

Sett. Asse Ii1 Ii2 Ii3 Ii4 Ii5–Wi

+12%1 1 400 (325) 0.025 (0.02) 1.3E-2 (1.0E-4) 2.0E-4 (2.0E-4) 1.01E-3 (1.0E-3) 0.276

–44%+17%

1 2 79.5 (85.0) 41.0 (75.0) 79.5 (85.0) 1.95E5 (1.0E5) 1.10 (2.00) 0.680–13%+ 3%

2 3 0.372 (0.40) non disponibile non applicabile non applicabile 0.60 (0.80) 0.876– 0%

+48%2 4 436 (300) 0.0472 (0.015) 0.189 (0.054) 1.01E-3 (1.0E-3) 1.01E-3 (1.0E-3) 0.342

–44%+33%

3 5 1.09 (3.50) 104 (50) 1.51 (1.57) 21.0 (25.0) 0.0329 (1.00) 0.549–19%+18%

3 6 0.036 (1.00) 0.727 (1.00) 0.719 (1.00) 0.686 (1.00) 0.381 (1.00) 0.517–12%+ 0%

4 7 548 (9.02) 0.038 (1.25E-2) non disponibile 720 (300) 0.20 (0.90) 0.753–9%

+19%4 8 4.32E17 (1.56E15) 0.95 (0.857) 1120 (1500) 243 (350) 0.85 (0.80) 0.518

–39%

–Wi è definito come , con α = 1 se , e α = –1 se

Fonte: ENEA, Univ. Roma Tor Vergata, Univ. Cassino

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 71

Benefici economici e benefici ordinali delle tecnologie energetiche a idrogeno

studi

& ricerc

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dotti dal processo considerato sono am-piamente superiori agli incentivi (ΔI0) chene consentirebbero, di fatto, la realizza-zione pratica. Ed è proprio questa una del-le ragioni fondamentali per l’adozione diprocessi decisionali basati sui benefici in-dotti (sempre superiori agli incentivi che lihanno generati) piuttosto che sulla stimadei possibili danni da internalizzare. Sen-za contare che il 50% circa dell’investimen-to ha un diretto ritorno sul PIL (di normaentro l’anno) in termini di entrate per loStato, sotto forma di IVA e imposte direttesui redditi derivanti dalle varie attività com-merciali finalizzate alla realizzazione del-l’impianto/processo considerato. Poiché la determinazione dei coefficientidi “correlazione” λi (j ≠ 5) è affidata alladiscrezionalità del legislatore, il metodo divalutazione può essere ritenuto ancora ec-cessivamente “soggettivo”. Questo aspet-to, però, viene facilmente superato da unapproccio di valutazione operato in con-dizioni dinamiche (v. più oltre), nel qualcaso i “coefficienti” si ottengono diretta-mente dalla ottimizzazione Ordinale dellaconfigurazione del sistema analizzato.

Autobus per trasporto pubblicourbano

Il secondo esempio di applicazione si riferi-sce alla possibile introduzione di autobusper il trasporto pubblico, alimentati a cellea combustibile a idrogeno. Anche questocaso, più ampiamente esaminato in[12], con-sidera l’ipotesi che l’Azienda per il traspor-to pubblico in Roma (ATAC) voglia intro-

so di installazione di 15 celle a combusti-bile in un grande complesso residenzia-le, finalizzate a soddisfare la richiestaenergetica di circa 1000 appartamenti diproprietà dell’ATER (ex Istituto Autono-mo case Popolari di Roma). In figura 2 vie-ne riportato il corrispondente diagram-ma FSDOB, riferito ad una singola cella(da 500 kW), preliminarmente valutatosenza prevedere alcun incentivo statale.In figura 3 è illustrato invece il corrispon-dente posizionamento della cella a fron-te di alcune possibili forme di incentiva-zione (nelle relazioni indicate con ΔI0).Nello specifico, si è ipotizzato che: i) il50% dell’investimento iniziale (204.500d) sia finanziato come contributo in con-to capitale; ii) sia prevista l’esenzione daqualsiasi forma di tassazione addiziona-le (IVA e/o accise) sui combustibili fossiliacquistati; iii) un ulteriore contributo(163.380 d) sia erogato sotto forma di“certificati verdi”. In tali condizioni, la realizzazione dell’im-pianto diviene economicamente competi-tiva. Tuttavia, al fine di giustificare l’alto li-vello di incentivazione considerato, divienedoveroso operare un confronto fra gli in-centivi considerati e i corrispondenti bene-fici indotti, stimabili attraverso il Metododei Baricentri2. Nel caso specifico conside-rato (cioè per χ = 0.5 , I51,0 = 3.5 , n = 5 ,con λj = 1) si ha che i Benefici EconomiciAnnuali (BEA) sono pari a

BEA ≅ (5.1 ÷ 8.8) . ΔI0 (4)

In altri termini, i benefici complessivi in-

2.È questo un metodo che consente di stimare, da un punto di vista del tutto generale, i Benefici indottida un investimento I0. Infatti, i Benefici Economici Annuali (BEA), sono esprimibili nella forma

(5)

in cui: n = vita dell’Investimento; λj = coefficienti di “scala” riferiti all’asse 5 (ovvero l’asse dei “BeneficiSocio-economici”, caratterizzato da λ5 = 1); ξi = coefficienti di orientamento di ciascun asse (in sensoequiverso o meno con l’asse di riferimento 5). Se si considera poi che gli Incentivi (ΔI0) sono sempre unafrazione (χ) dell’Investimento I0, la (10) diviene

(6)

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 72

valutato senza alcuna forma di incentiva-zione. In figura 5, invece, è riportato il cor-rispondente posizionamento a seguito del-le seguenti forme di incentivazione: • il 90% del costo di investimento iniziale

(1.080.000 d) come contributo in contocapitale;

• esenzione da qualsiasi forma di tassa-zione addizionale (IVA e/o accise) sull’e-lettricità e/o sui combustibili fossili ac-quistati;

• un ulteriore contributo ottenibile da spe-cifici Programmi UE (p. es., CIVITAS II(2005-2009) e, più in particolare, dal Pro-gramma MIRACLE);

• la parte residua verrebbe coperta da spe-cifiche forme di tassazione per ben de-finite classi di combustibili inquinanti.

Come evidenziato in figura 5 gli Incentivicomporterebbero un miglioramento del-le prestazioni della nuova tecnologia, so-prattutto per il primo e terzo settore. Inquest’ultimo settore, in particolare, si rea-lizzerebbe una migliore distribuzione nel-la ripartizione dei costi fra azienda, Stato e

durre 100 nuovi autobus del tipo conside-rato. Poiché tale forma di trasporto urbanonon è ancora competitiva con quelle abi-tualmente adottate e basate su combusti-bili fossili, viene analizzata la possibilità diun correlativo sostegno (ancorché solo ini-ziale e temporaneo) con incentivi finan-ziari di carattere pubblico. Ai fini della applicazione del metodoFSDOB, si è assunto che il costo di una ver-sione prototipica di un autobus ad Idroge-no sia pari 1.200.000 d (ben più elevato diquello di un autobus gasolio (250.000 d)),compresa la pertinente quota di impiantonecessario per la produzione centralizzatadi Idrogeno. Il costo di questo impianto èstato assunto pari a 2.000.000 d[13], inclu-sivo delle varie infrastrutture richieste. Si èinoltre supposto che l’Idrogeno sia prodot-to per elettrolisi, e ciò si traduce in un cor-rispondente costo di esercizio di 1,35 d/km(rispetto ai 0,35 d/Km per gli autobus a ga-solio e di 0,30 d/Km per quelli a gas).In figura 4 è riportato il corrispondente dia-gramma FSDOB, riferito al singolo autobus,

Corrado Giannantoni, Mariangela Zolist

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4Benefits for theEnvironment as

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Figura 4Autobus a Idrogeno (senza incentivi)Fonte: ENEA, Univ. Roma Tor Vergata, Univ. Cassino

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 73

Benefici economici e benefici ordinali delle tecnologie energetiche a idrogeno

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esterni”), come pure sugli ulteriori van-taggi ottenibili in termini di ritorno sul PIL(abitualmente entro l’anno) del 50% del-l’investimento. Resta comunque da consi-derare la “soggettività” della scelta deivalori dei coefficienti λi affidata alla di-screzionalità del Decisore politico. Appare pertanto opportuno spenderequalche parola su tale (supposta) limita-zione, il cui superamento può ottenersi,come già anticipato, con il passaggio adun processo di valutazione dinamica.

I Benefici Ordinali in condizioni dinamiche

Il processo di generalizzazione della meto-dologia in condizioni dinamiche è notevol-mente favorito dal fatto che il modello ma-tematico Ordinale di un qualsiasi si-stema/processo (comunque complesso) pre-senta sempre una soluzione in termini espli-citi e, per di più, in forma chiusa[7,8]. Pertan-to i coefficienti λ possono ottenersi sulla ba-se della sola struttura relazionale che massi-mizza il livello di Ordinalità del sistema.

consumatori, come si può riscontrare daipiù elevati valori degli indicatori di soste-nibilità (tabella 3). Ancora una volta, però,diviene fondamentale operare (in questocaso a maggior ragione) un confronto fragli incentivi considerati ed i corrisponden-ti benefici indotti. Tali benefici possono essere ancora valu-tati con il Metodo dei Baricentri (prece-dentemente ricordato). Pertanto, sulla ba-se delle Eq. (5) e (6), tenendo conto dei va-lori riportati in tabella 3 e dei parametrispecifici pertinenti il caso in esame (χ = 0.9,I51,0 = 3.5, n = 2, con λi = 1) si ottiene che

BEA ≅ (5.1 ÷ 9.9) . ΔI0 (7).

Come si può riscontrare, anche in questocaso i benefici complessivi generati dal pro-cesso analizzato sono ampiamente supe-riori ai corrispondenti incentivi che ne con-sentirebbero, di fatto, la realizzazione pra-tica. Anche qui si potrebbero ovviamenteripetere le stesse considerazioni circa ilconfronto con le altre metodologie (co-me, p. es., l’“internalizzazione dei costi

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1Benefits from

Production(to the Firm)

4Benefits for theEnvironment as

a “Source”

2Benefits for the

Environmentas a “Sink”

3Benefits fromthe Product

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Figura 5Autobus a Idrogeno (con incentivi)Fonte: ENEA, Univ. Roma Tor Vergata, Univ. Cassino

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co (generalmente ritenute corrispondentiall’optimum paretiano) possono essere oraottenute come semplice riflesso aderentedel massimo livello di Ordinalità raggiuntodal sistema. Ed questa è la ragione fonda-mentale per poter sostenere (in perfettaaderenza con il Maximum Em-Power Prin-ciple) che in economia esiste una circola-zione dinamica di Extra-Benefici.

Conclusioni

I due casi esemplificativi sopra ricordatimostrano chiaramente la differenza frabenefici ordinali e benefici economici (ocardinali), sia in condizioni stazionarie chein condizioni dinamiche. Infatti: • in condizioni stazionarie il Metodo

FSDOB stima le esternalità ordinali, as-sociate ad un qualsiasi processo produt-tivo, sotto forma di “proxies” (perciò con

A solo titolo di esempio, il caso più elemen-tare corrisponde a quel comportamentodinamico in cui ciascun settore è espressio-ne di una effettiva co-operazione interna acarattere generativo (rappresentata per-tanto attraverso una funzione “binaria”[11]),a sua volta amplificata dalla co-presenzadei vari settori che interagiscono l’un l’altrocome una sequenza di quattro “duetti”[ib]. Il sistema verrà allora semplicementemodellizzato come un “quartetto” di fun-zioni “binarie”. In tal modo la descrizionedel sistema non solo diviene realmente piùunitaria, ma consente anche di prenderedelle decisioni che sono, per ciò stesso, sem-pre più orientate verso la genesi della Mas-sima Eccedenza di Ordinalità. E ciò è tan-to più vero se si considera che, una delleprincipali conseguenze di questo proces-so di ottimizzazione è che le condizioni peril raggiungimento dell’optimum economi-

Tabella 3 - Parametri caratteristici di un Autobus a Idrogeno (160 kW) con incentivi statali

Sett. Asse Ii1 Ii2 Ii3 Ii4 Ii5–Wi

+22%1 1 1000 (1000) 0.364 (0.30) 1.34 (1.0E-4) 1.20 (0.25) 1.01E-3 (1.0E-3) 0.321

–44%+15%

1 2 79.5 (85.0) 41.0 (75.0) 79.5 (85.0) 1.95E5 (1.0E5) 1.10 (2.00) 0.603–11%+3%

2 3 0.372 (0.40) non disponibile non applicabile non applicabile 0.70 (0.80) 0.918–0%

+48%2 4 558 (300) 0.604 (0.015) 0.164 (0.054) 1.01E-3 (1.0E-3) 1.01E-3 (1.0E-3) 0.377

–44%+2%

3 5 1.08 (3.50) 104 (158) 2.17 (2.50) 23.5 (30.0) 7.32 (10.0) 0.542–14%+15%

3 6 7.89 (10.0) 180 (200) 174 (180) 149 (180) 134 (180) 0.845–5%+0%

4 7 625 (9.02) 0.023 (0.0125) non disponibile 1000 (500) 0.256 (0.90) 0.699–7%

+19%4 8 4.92E17 (1.56E15) 0.90 (0.51) 4480 (4500) 972 (1050) 0.85 (0.80) 0.683

–39%

–Wi è definito come , con α = 1 se , e α = –1 se

Fonte: ENEA, Univ. Roma Tor Vergata, Univ. Cassino

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 74

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Benefici economici e benefici ordinali delle tecnologie energetiche a idrogeno

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le, che è ancora ovviamente ottimale,ma è intesa (ora) in senso Ordinale.

In tale contesto gli “incentivi” non posso-no più essere considerati come una sortadi “regalo” nei confronti dell’azienda, per-ché rappresentano, di fatto, una forma di“remunerazione” delle esternalità ordi-nali (benefici) che l’azienda produce in fa-vore della società e dell’ambiente. Lo Sta-to, per contro, recupera tali “incentivi”non solo in termini economici (direttamen-te contabilizzati dal PIL), ma come conse-guenza dei benefici che si generano dalquel ricordato processo di circolazione asomma ampiamente non-nulla. Ciò si rea-lizza ancor più quando tali benefici ordina-li vengono assunti come riferimento “gui-da” (in particolare in condizioni dinami-che) per la valutazione cardinale delle cor-rispondenti condizioni ottimali di funzio-namento: sia di natura fisico-energeticache, a fortiori, di natura economica.

valenza economica) sulla base della Tra-sformità generativa, assunta come “ci-fra” di quei benefici ordinali;

• in condizioni dinamiche, invece, la de-terminazione del massimo livello di Ordi-nalità raggiungibile dal sistema, in cor-rispondenza della sua configurazione ot-timale (in senso Ordinale), consente divalutare le condizioni economiche otti-mali (incentivi inclusi) che corrispondo-no, come semplice riflesso aderente, aquella configurazione di lavoro prescel-ta. In altri termini, mentre in condizionistazionarie i benefici ordinali vengonodirettamente convertiti (ancorché in for-ma di “proxies”) in termini economiciequivalenti, in condizioni dinamiche ibenefici economici ottimali non sono al-tro che il semplice riflesso (cardinale) deibenefici ordinali, perché valutati in corri-spondenza di quelle condizioni di lavoro,cioè di quella configurazione relaziona-

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l’intervistaprimo piano riflettore su studi& ricerche

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Electronic Noses The electronic nose is a device developed to reproduce thehuman olfactory system. It can be applied to differentsectors: food processing, environment, biomedicine,aerospace, safety and industry. ENEA develops electronicnoses, one of which is being tested for monitoring aseismic site near Naples

Nasi elettronici Girolamo Di FranciaGianbattista BurrascaSaverio De VitoEttore Massera

ENEA, Dipartimento Tecnologie Fisiche e Nuovi Materiali

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Il naso elettronico èun’apparecchiatura che tentadi simulare il funzionamentodel sistema olfattivo deimammiferi e che trovaapplicazione in diversi settori:agroalimentare, ambientale,biomedico, aerospaziale, dellasicurezza, dei processiindustriali. L’ENEA èimpegnato nello sviluppo dinasi elettronici, uno dei qualiè utilizzato per ilmonitoraggio di un sitosismico presso Napoli

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a quelle animali: solo il 6% di quelle di uncane ed appena il 3% rispetto a quelle delconiglio. Non vi è dubbio dunque che il rapportotra cervello ed olfatto sia molto più profon-do di quanto normalmente si pensi. Se, adesempio, entriamo in una casa e sentiamo,senza alcuna sollecitazione visiva, l’odoredel caffè oppure del ragù, il nostro cervel-lo recupera la “registrazione” di quegliodori sollecitando al contempo il deside-rio. È interessante osservare che siccomespesso quelle registrazioni sono associatea situazioni di relax, l’industria sta cercan-do di riprodurre artificialmente quegli odo-ri in modo da poterli riproporre in situa-zioni tali da rilassare il consumatore, facili-tandone, ad esempio, gli acquisti. Eppure, forse proprio perché in un certosenso non pienamente in nostro control-lo, gli esseri umani hanno trascurato la fun-zione olfattiva. Così, in questi anni di rapi-do progresso scientifico e tecnologico, ab-biamo imparato a realizzare sistemi di va-ria natura per registrare immagini e suo-ni, sistemi che ci sono ormai così familiarida essere diffusissimi (si pensi ad esempio alcellulare), ma praticamente non è ancoradisponibile commercialmente alcun siste-ma di registrazione dell’olfatto. In effetti,per anni la ricerca scientifica ha cercato direalizzare sistemi olfattivi artificiali (comu-nemente noti come Nasi elettronici o e-nose), cercando di mimare il sistema olfat-tivo naturale. Ma ancora oggi la ricercanon è riuscita appieno nel suo obiettivo equesto anche perchè una teoria completadi come funzioni l’olfatto nell’uomo nonè ancora disponibile.

I sistemi olfattivi artificiali: una breve storia

Comunque sia è certo che la storia dei si-stemi olfattivi artificiali, che sarà descritta

L’olfatto, tra tutti i sensi dell’uomo, è sen-za dubbio quello meno controllabile. Sipossono chiudere gli occhi e la bocca, tap-parsi le orecchie e perfino evitare ogni con-tatto con il corpo. Ma il naso non possia-mo tenerlo a freno: dobbiamo respirare.Ed è proprio questo sfuggire della funzio-ne olfattiva al controllo volontario, che neaccentua le intrinseche caratteristiche disenso dell’allarme, negli animali come ne-gli uomini, in grado di svolgere la peculia-re funzione di sorveglianza in maniera qua-si automatica. Ed è probabilmente proprioper questo che alcune culture considera-no il naso come la porta, sempre aperta,con la quale l’uomo interagisce con il mon-do intorno a lui. E proprio da questa porta entrano, in ma-niera, appunto, spesso involontaria, solle-citazioni emotive di tutti i tipi, fin dalla na-scita. È infatti l’olfatto, pare, il primo lega-me del neonato con la propria madre. Equindi, prima di tutti gli altri sensi, l’uomoimpara a registrare profumi, aromi, odoripiù o meno gradevoli. La parte del cervel-lo che è associata a questa funzione è il si-stema limbico che è posizionato all’incircatra i due lobi temporali ed il cui effetto,sul comportamento degli esseri umani, èdecisamente potente poiché ad esso sonoassociate primarie funzioni cerebrali comela memoria, l’umore, le emozioni. Dunqueesso consente, attraverso l’esperienza, lostabilirsi di un corretto rapporto tra il no-stro essere e l’ambiente esterno. Proprioperciò non appare affatto sorprendenteche le disfunzioni olfattive possano essereindice di diverse patologie cerebrali: mor-bo di Parkinson, di Alzheimer, schizofre-nia, autismo ecc. e che l’ambiente olfattivoin cui si è immersi possa addirittura contri-buire allo scatenarsi di patologie come èad esempio il caso dell’emicrania o dell’an-sia. E tutto ciò nonostante le nostre capa-cità olfattive siano molto limitate rispetto

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da J.W. Gardner e W. Gopel con i loro ri-spettivi gruppi. Dopo gli entusiasmi iniziali divennero benchiare le limitazioni del naso elettronico,legate principalmente alla difficoltà di ot-tenere sensori specifici e stabili per un nu-mero sensibilmente alto di sostanze comequelle rilevate dai neuroni olfattivi. L’inge-gnerizzazione dell’architettura si concen-trò sulla specializzazione dell’apparato perun campo applicativo ben specifico all’in-terno del quale fosse possibile sfruttare almeglio le capacità dell’array di sensori pre-scelto. Non bisogna dimenticare infatti, nelparagonare l’olfatto artificiale a quello na-turale, che sebbene il secondo sia dotatodi un numero di recettori capaci di appor-tare informazioni significative e selettivemolto maggiori, è possibile fabbricare edutilizzare dei rivelatori ad hoc per sostanzeai quali nessun naso biologico, umano odanimale, è sensibile. Un classico esempio èdato dall’ossido di carbonio la cui rileva-zione non era di alcun significato evolutivoprima della scoperta del fuoco, talché nes-sun rilevatore biologico è stato messo apunto per esso. In questi 25 anni di storia, alcuni gruppiitaliani hanno validamente contribuito al-lo sviluppo dei nasi elettronici ed almenoquattro di questi, tra cui il gruppo sensoridel Centro Ricerche ENEA di Portici (Na),hanno sviluppato ed operano in manieracontinuativa una propria unità naso elet-tronico, la cui efficacia è stata sperimenta-ta in molteplici scenari applicativi. Alcune diqueste piattaforme di ricerca hanno poidato luogo allo sviluppo, da parte di azien-de partner, di moduli commerciali italianiquali ad esempio il modulo SACMI EOS835sviluppato in partnership con l’Universitàdi Brescia e quello Technobiochip Lybrano-se sviluppato a partire dagli studi effettua-ti all’Università Roma Tor Vergata. Proprionel 25° anno dalla pubblicazione dell’arti-colo originale di K. Persaud e G. Dodd, l’E-

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più in dettaglio nel seguito, è veramentebreve se paragonata con la storia dei siste-mi di registrazione visiva o acustica. È co-munque difficile, come spesso succede inquesti casi, individuare una vera e propriadata di nascita per ciò che attualmente vie-ne definito naso elettronico. Una serie dirisultati e contributi innovativi quale la rea-lizzazione del primo sensore a stato soli-do da parte di Hartman e la costruzionedi un array di termistori rappresentano labase tecnologica per il suo sviluppo. Nella comunità scientifica, si fa risalire lanascita del naso elettronico ai primi anni’80, quando K. Persaud and G. Dodd, allo-ra al Dipartimento di Biochimica dell’Uni-versità di Warwick, tentarono di modella-re e simulare il funzionamento del siste-ma olfattivo dei mammiferi sulla base dielementi sensibili a stato solido. I sensoridisponibili allora erano prevalentementebasati su ossidi metallici ed erano affettiin maniera rilevante da mancanza di selet-tività e stabilità. Ciò nonostante essi riusci-rono nell’intento di discriminare tra circa20 odori differenti utilizzando 3 sensori edifferenziando visivamente le configura-zioni di risposta di questi. Contemporanea-mente un gruppo di ricercatori dell’Argon-ne National Laboratory (Chicago, IL) svi-lupparono uno strumento basato su un ar-ray di sensori di gas chiamato CPS (Chemi-cal parameter spectrometry), il cui scopodoveva essere la rilevazione di sostanzepericolose nell’ambito del trasporto marit-timo. In ogni caso, il termine naso elettro-nico divenne comune soltanto a cavallo trala fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni‘90, quando vennero depositati alcuni si-gnificativi brevetti ed una prima conferen-za NATO tenutasi in Islanda nel 1991 di-venne una pietra miliare per lo sviluppo diquesti sistemi. Fondamentale per la diffu-sione e l’evoluzione dell’architettura fu illavoro di ingegnerizzazione, approfondi-mento tecnologico e divulgazione svolto

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mero limitato (qualche decina) di senso-ri anche se si è tentata l’utilizzazione diarray contenenti fino ad un centinaio dielementi sensibili. Si tratta comunque an-cora di sperimentazioni preliminari che sibasano sulla ridondanza dell’informazio-ne e l’utilizzo di algoritmi di selezione deisensori rilevanti per ogni applicazione. Inquesti casi resta infatti invariato il proble-ma della difficoltà di integrare un nume-ro alto di sensori con la sicurezza che que-sti apportino effettivamente un contribu-to informativo aggiuntivo. In questo sen-so durante gli anni sono state introdottesoluzioni volte ad aumentare il contenu-to informativo prodotto dal singolo sen-sore come l’utilizzo ad esempio della ter-mo-modulazione nei sensori ad ossidometallico per indurre e sfruttare differen-ti selettività e sensibilità riscontrabili a dif-ferenti temperature.Recentemente alcuni autori hanno propo-sto l’integrazione di sistemi di preconcen-trazione e/o separazione delle componen-ti volatili utilizzando tecnologie di adsor-bimento/desorbimento termocontrollato

NEA, nel contesto del congresso dell’Asso-ciazione Italiana Sensori e Microsistemi, haorganizzato un’esposizione di tutti i nasielettronici commerciali e di ricerca sviluppa-ti in Italia.

Architetture di nasi elettronici

L’architettura di base di un naso elettroni-co consta di 3 parti: 1. il sistema di somministrazione del cam-

pione da analizzare; 2. il sistema di rivelazione; 3. il sistema di analisi che elabora i dati pro-

venienti dalla matrice di sensori. Il cuore dell’apparato è, evidentemente, ilsistema di rivelazione, generalmente co-stituito da una matrice di sensori a statosolido che reagiscono alla presenza dell’a-nalita target nel campione somministratoattraverso la variazione di un qualche pa-rametro chimico-fisico e traducono questavariazione in un segnale elettrico. Questaarchitettura di base, benché rimasta so-stanzialmente invariata nelle sue parti fon-damentali, si è però specializzata nel tem-po, in funzione dei diversi scenari applica-tivi, per ottimizzare le prestazioni otteni-bili dal naso [Wei01].Nel tempo infatti, sono state introdottearchitetture incentrate su array di microbilance al quarzo piuttosto che su senso-ri basati su polimeri conduttivi e non,mentre altre si basano invece su sensoriottici od elettrochimici. Corrispondente-mente, anche i sistemi di campionamentosi sono evoluti, passando da sistemi so-stanzialmente a campionamento statico,dove lo spazio di testa di un campione ve-niva posto in contatto con i sensori perun tempo variabile da pochi secondi a de-cine di minuti, a sistemi a campionamen-to dove l’atmosfera da analizzare vieneinviata in flusso continuo sugli elementisensibili. In termini generali la maggiorparte dei sistemi contiene ancora un nu-

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Figura 1Terza generazione del naso elettronico svi-luppato dalla NASA nei laboratori JPL. Ilprototipo misura circa 30 cm di lunghez-za per 10 di larghezza mentre è alto po-co più di 5 cmFonte: NASA/JPL-Caltech

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ti sviluppati spesso per analisi di tipo qua-litativo su prodotti alimentari, mentre mo-duli SAW o utilizzanti sensori elettrochi-mici sono più usati per applicazioni indu-striali. Infine è da rilevare come, mentrela maggior parte delle aziende possiedeuna sola soluzione architetturale specia-lizzata, altre hanno invece sviluppato neltempo più linee architetturali specializza-te per differenti applicazioni, riuscendocosì a proporre differenti sistemi dotatiognuno del mix di sensori più adatto. Commercialmente i nasi elettronici hannoancora costi assai elevati. Per la maggiorparte si tratta di unità il cui costo si atte-sta sui 15.000 d, con una forbice che va dai10.000 ai 100.000 d.

Le applicazioni

Le principali applicazioni del naso elettro-nico hanno riguardato l’analisi qualitati-va e la discriminazione in ambito sicurez-za alimentare e antifrode come la rileva-zione del deterioramento delle derrate, oil rilevamento di sostanze adulteranti. Suc-cessivamente, un cospicuo numero di la-vori si è concentrato sulla rilevazione dimiscele esplosive e gas tossici in chiave si-curezza militare e civile. Sulla base dei mi-glioramenti prestazionali ottenuti le ar-chitetture a naso elettronico sono staterecentemente impiegate anche in proble-mi di quantificazione della concentrazionedi analiti all’interno di miscele olfattive,dando luogo a diverse applicazioni nel-l’ambito del monitoraggio ambientale.Fra le istituzioni che hanno maggiormen-te contribuito allo sviluppo di nasi elettro-nici per applicazioni ambientali troviamoil JPL della NASA, che persegue lo sviluppodi un naso elettronico capace di individua-re sostanze tossiche e componenti volati-li che possano segnalare avarie nei modu-li spaziali. Uno dei loro primi prototipi ope-rativi ha volato durante la missione STS-

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o colonne gascromatografiche. Tali siste-mi si prefiggono di aumentare la sensibi-lità e la specificità del sistema complessi-vo. La ricerca di base invece ci propone dapoco il tentativo di utilizzare sensori pro-venienti direttamente dal mondo anima-le, in particolare da insetti, quali la Dro-sophila Melanogaster, integrandoli in unarchitettura di naso elettronico. Altre li-nee di ricerca spingono verso l’integrazio-ne di un numero molto elevato di sensoriaccoppiato a sistemi di separazione similia quelli gascromatografici ma operanti intre dimensioni così da simulare la compo-nente meccanica dell’olfatto dei mammi-feri fino a formare una sorta di mucosa ol-fattiva artificiale.I nasi elettronici oggi venduti nascono spe-cializzati per una certa applicazione, masoffrono per un duplice problema: il co-sto elevato e la complessità operativa le-gata in particolare alla fase di addestra-mento del naso stesso (vedi paragrafo suc-cessivo). Di conseguenza il numero delleunità vendute è piuttosto basso. In effet-ti, uno dei nasi elettronici più venduti èdotato di soli due sensori e, di fatto, è pro-gettato per stimare la qualità dell’aria inambienti chiusi in connessione con un si-stema HVAC (condizionamento ventila-zione e riscaldamento) a fini del control-lo automatico dello stesso. La soluzionecommerciale apparentemente più com-plessa è basata sull’uso di 38 sensori dif-ferenti ad ossidi metallici integrati nel chipKamina sviluppato dal politecnico di Karl-sruhe. La maggior parte dei sistemi com-merciali presenti si basano su sensori adossidi metallici e SAW mentre la diffusionedi moduli basati su polimeri conduttivi èdecisamente inferiore. In questa classe tro-viamo anche il notevole dispositivo por-tatile Cyranose basato sugli studi NASA/JPLche è stato sviluppato per la rilevazionedi minacce gassose alla sicurezza. Modulibasati su microbilance al quarzo sono sta-

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applicazioni si sono sviluppate piccoleaziende che producono e commercializ-zano nasi elettronici fortemente specializ-zati, tanto che si può già parlare a tutti glieffetti di un reale mercato per questo pro-dotto. Il suo valore è stato, nel 2000 (uni-co dato certificato), pari a circa 8 M$ men-tre una stima ragionevole per l’anno 2005è di circa 16 M$. Le stime del mercato diquesto prodotto, per gli anni a venire, di-pendono in gran parte dalla risoluzionedi alcuni problemi di ricerca e sviluppo. Adesempio, non è stata selezionata una tec-nologia specifica per i sensori ed il consu-mo complessivo del naso è ancora troppoelevato per architetture integrate ed appli-cazioni wireless, scelte strategiche crucia-li per questa classe di prodotti. La forbicedi valutazione del mercato al 2009 è per-ciò molto ampia, oscillando tra 20 M$ ed i300 M$.

95 al fine di testare il livello prestaziona-le raggiunto. Forse la più interessante del-le recenti applicazioni riguarda l’utilizzodel naso elettronico per applicazioni dia-gnostiche in medicina. Un numero signi-ficativo di gruppi di ricerca si sta concen-trando infatti sullo studio della possibilitàdi utilizzare il naso elettronico al fine dieffettuare diagnosi precoci, veloci, pocoinvasive e poco costose di differenti pato-logie tra cui citiamo ad esempio le neo-plasie polmonari o della mammella, alcu-ni tipi di affezioni batteriche polmonari edell’apparato urogenitale [Tur01]. Seppu-re ancora oggetto di ricerca, talvolta fon-damentale, i nasi elettronici suscitano for-ti interessi industriali. Nella tabella 1 sonoriportate, suddivise per settore, le appli-cazioni che hanno sperimentato l’utilizzodei nasi elettronici fino ad oggi sviluppati.In qualche caso, proprio intorno a queste

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Tabella 1 - Nasi Elettronici: settori di utilizzo ed applicazioni

Settore Applicazione/Funzione

Agroalimentare/zootecnia • Tracciabilità dei cibi• Antisofisticazione• Controllo ambientale in serre• Controllo ambientale in allevamenti

Ambientale • Controllo dell’inquinamento in città• Controllo dell’inquinamento in ambienti chiusi (IAQ)• Controllo delle emissioni nocive o moleste• Sorveglianza di aree vulcaniche• Controllo delle acque potabili ed industriali

Biomedicale • Diagnostica precoce di varie patologie• Controllo automatico dello stato di salute in pazienti non autosufficienti

Controllo processi Industriali • Controllo di qualità del prodotto e del processo di fabbricazionein industrie di: packaging, alimentari, trasporti

• Controllo del livello di pulizia• Formulazione di nuovi prodotti

Aerospaziale • Controllo dell’aria in cabina ed in stazioni spaziali

Sicurezza • Sorveglianza di luoghi potenzialmente rischiosi per l’uomo• Detection di esplosivi• Detection di droghe

Fonte: ENEA

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elettronico senza dover procedere simul-taneamente alla messa a punto di uno opiù sensori progettati ad hoc.Spesso la scelta dei sensori verte su disposi-tivi poco selettivi: il diverso comportamen-to della risposta di ognuno alle variazioniambientali permetterà di ricostruire l’“im-pronta olfattiva” dell’ambiente stesso eseguirne l’evoluzione nel tempo. In ognicaso, ciascuno dei sensori utilizzati, così co-me l’insieme degli stessi, andrà calibratoverso la sostanza target o un composto si-milare. Il passo successivo è la costituzione di unopportuno dataset ottenuto registrandole risposte dell’array a miscele degli ana-liti significativi. La calibrazione dell’arraydi sensori viene poi effettuata utilizzan-do tecniche di analisi multivariata della ri-sposta ottenuta, alcune delle quali sonomutuate dalla disciplina della Pattern Re-cognition. Ancora oggi, comunque, unadelle tecniche più utilizzate per la valuta-zione esplorativa della risposta dei nasielettronici è la Principal Component Analy-sis (PCA). Pur non essendo direttamenteorientata alla discriminazione tra classi dirisposte (per esempio oli di oliva di prove-nienza geografica differente) essa forni-sce spesso anche una valutazione prima-ria sulle capacità dell’array di sensori delnaso elettronico di associare ad un pat-tern di risposta, la classe corrispondente.Nella fase esplorativa, la PCA è tipicamen-te accompagnata da altre tecniche di Clu-ster Analysis. In seguito, la fase di addestramento effet-tivo mira alla definizione di sistemi capacidi effettuare classificazione automatica dicampioni di risposte e persino di ottene-re una stima della concentrazione deglianaliti significativi coinvolti. Il ricorso amodelli fisico/chimici di calibrazione mul-tisensore è raro, per la complessità del pro-cesso di modellazione della risposta deidifferenti sensori. Tipicamente l’approc-

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Addestramento di un naso elettronico

Abbiamo precedentemente sottolineatoche, qualunque sia lo scenario, la possibi-lità di utilizzare in maniera efficace il na-so elettronico è connessa con l’esecuzionedi una fase di tuning/addestramento delnaso che lo renda funzionale per l’appli-cazione cui è destinato.A valle della definizione del problema siprocederà all’individuazione, col migliordettaglio possibile, dello scenario in cui ilnaso elettronico si troverà ad operare. Ciòimpone lo studio approfondito, in loco op-pure attraverso caratterizzazioni in labo-ratorio, di campioni delle emissioni costi-tuenti l'atmosfera da analizzare. Su tali ba-si possono essere individuati gli analiti da“inseguire” e i relativi range di concentra-zione. Sulla base dei risultati ottenuti inquesta prima fase, si effettua la scelta deidispositivi che andranno a costituire la ma-trice di sensori del naso elettronico. In li-nea di principio la migliore selezione è co-stituita da array di sensori stabili e sensibi-li, ciascuno selettivo verso uno degli ana-liti target. Purtroppo questa strategia ci èspesso preclusa poiché molto raramentesensori a stato solido presentano simulta-neamente ottimali caratteristiche di stabi-lità, sensibilità e selettività. Frequentemen-te i sensori possono essere altamente se-lettivi ma poco sensibili oppure possonopresentare problemi di stabilità. C’è poi unproblema di fondo: non esistono sensoria stato solido specializzati per ogni possibi-le analita: ad esempio, esistono oltre 3000inquinanti atmosferici, ma i sensori a sta-to solido utilizzabili per questo tipo di sce-nario sono, al più, solo qualche decina. Èanche per questo che esiste, nella pratica,una stretta connessione tra chi sviluppanasi elettronici e chi sviluppa sensori a sta-to solido: è quasi impossibile poter svilup-pare una specifica applicazione del naso

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ni. In pratica, si procede per step successi-vi verso la minimizzazione dell’errore diclassificazione ottenuto sull’insieme di mi-sure del training set. Recentemente infi-ne, è in atto un processo sempre più signi-ficativo di adozione di sistemi a kernel co-me le Support Vector Machine, che offro-no alcuni vantaggi, in termini di capacitàdi generalizzazione, rispetto all’approccioneurale. In alcuni casi, il processo di calibrazione inlaboratorio è tuttavia inapplicabile a causadella difficoltà di ricreare in laboratorio lavariabilità e la complessità delle condizio-ni operative dello scenario applicativo. Un

cio seguito è appunto statistico, pertantouno dei paradigmi di più comune utilizzoè quello neurale. Dal dataset viene estrat-to un sottoinsieme rappresentativo da uti-lizzare per l’addestramento di tali sistemi(training set): i campioni di training ven-gono proposti come esempi alla rete e lasua struttura variata per adeguarsi alla so-luzione reale. Da un punto di vista geo-metrico, come altri sistemi per pattern re-cognition, anche le reti neurali agiscono, inproblemi di classificazione, cercando di in-dividuare gli iperpiani di separazione tracluster di risposte dovute a classi differen-ti nello spazio di descrizione dei campio-

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Apparato di caratterizzazione sensori e nasi in atmosfera controllata

La possibilità di specializzare il naso elettronico dipende, in buona parte, dalla efficace calibra-zione dei sensori. Il sistema a tal scopo utilizzato è costituito da una camera di test in acciaio,posta all'interno di un box termostatato, dove vengono alloggiati i dispositivi stessi. La ca-mera di test è dotata di sensori di temperatura, umidità e pressione e di connettori per il col-legamento elettrico dei sensori oltre che di un ingresso e uscita del gas costituente l'atmo-sfera di test. Questa è costituita da azoto o aria sintetica che scorre, a flusso costante, in tubi d'acciaio mi-scelato ai gas di test, costituiti, in genere, da miscele in aria degli analiti target p.e. CO, NO2ecc. La diluizione dell’analita, regolata mediante flussimetri di massa elettronici, deve poterarrivare fino ad 1/500 del carrier con una precisione sul controllo del flusso inferiore al 1%. Pos-sono essere miscelati al gas carrier vapori di composti organici volatili (VOC) tramite dei bub-bolatori in cui il gas, passando attraverso il liquido, si arricchisce del vapore del liquido in og-getto o acqua, per simulare le condizioni di umidità relativa variabile.La composizione dell’atmosfera viene continuamente controllata in uscita attraverso l’usodi uno FTIR per assicurare che la sua composizione sia conforme a quanto pianificato.L'elettronica per le misure è costituita da generatori di tensione ed amperometri di grandeprecisione e robustezza che consentono polarizzazioni fino a 100 V e misurazione di corren-ti a partire dai fA. L’apparato deve essere interamente automatizzato poiché i protocolli di caratterizzazionepossono richiedere cicli di misura che durano anche centinaia di ore consecutive. In questo pe-riodo, nessuna contaminazione incontrollata deve raggiungere il dispositivo sotto test. È perquesto che l’apparato è costruito con criteri tali da assicurare la pulizia durante l’intero pro-cesso di misura a livelli migliori di quelli normalmente adottati per l’industria elettronica.I test sui sensori vengono eseguiti con protocolli che prevedono cicli temporali in cui il senso-re viene esposto a diverse concentrazioni di analita con finestre temporali in cui il sensore èa riposo (baseline), in cui il sensore è esposto dell'analita (step) ed in cui il sensore ripristina lesue caratteristiche dopo aver reagito con l'analita (recovery).I test eseguiti forniscono informazioni per ricavare parametri di confronto dei sensori comela sensibilità, il tempo di risposta, l'isteresi e la stabilità e la selettività.

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infatti rispondere correttamente per diver-si motivi:• i sensori del naso risultano sensibili spe-

cificamente ai fenomeni che si vuole mo-nitorare;

• i sensori del naso risultano sensibili ai fe-nomeni che si vuole monitorare ma nel-l’ambiente esistono sostanze in grado diinterferire con la rilevazione; pur tuttaviase il naso dispone di sensori in grado dimodellare gli interferenti gli effetti de-gli stessi possono essere “numericamen-te” cancellati;

• i sensori del naso risultano sensibili a so-stanze la cui presenza è correlata al fe-nomeno che si vuole monitorare ma nondirettamente alle sostanze alla base delfenomeno stesso.

È facile individuare nel terzo punto unacircostanza da evitare nel caso gli effettidi correlazione appresi durante l’addestra-mento non siano costanti anche nel fun-zionamento operativo del naso; la rispo-sta del naso in questi casi sarebbe del tut-to fuorviante. In mancanza di un analisi sulle motivazio-ni chimiche della risposta del naso, è beneche il campione di addestramento sia il piùpossibile esteso e ben congegnato al fine dirappresentare esaustivamente le condizio-ni operative.Un semplice esempio può essere la rileva-zione della zona di provenienza di un oliodi oliva in un applicazione antifrode. Ipotiz-ziamo di avere a disposizione pochi cam-pioni di olio relativi ad una sola bottigliaper ogni località, con bottiglie appartenen-ti a zone di produzione tutte differenti.Anche in presenza di pattern di rispostadifferenti per le differenti località, in man-canza di conoscenze sui composti a cui ri-sponde l’array di sensori è difficilissimo per-venire a delle conclusioni sulla corretta ca-pacità di discriminazione del naso. La diffe-renza di pattern potrebbe essere dovutaad esempio a differenti condizioni di mi-

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esempio è la stima quantitativa degli in-quinanti atmosferici in città: in questo ca-so non è pensabile ricostituire un data setrappresentativo delle relazioni intercor-renti tra le specie, dell’effetto di possibiliinterferenti e delle condizioni meteorolo-giche che influenzano la risposta dei senso-ri. Alcuni tentativi in tal senso hanno in-fatti prodotto risultati deludenti. Chi scriveha recentemente proposto la calibrazionedi nasi elettronici utilizzati per la stima de-gli inquinanti nelle città mediante campio-ni raccolti in ambiente operativo. I valoridi riferimento sono stati estratti utilizzan-do le stime di concentrazione prodotte dauna centralina convenzionale gestita dal-l’ARPA. I risultati, pubblicati su riviste scien-tifiche internazionali, sono stati estrema-mente interessanti: analisi prestazionalihanno rilevato come poche ore di misura-zione sono sufficienti per una calibrazio-ne stabile almeno per 6 mesi, periodo com-patibile con l’attuale durata di molti sen-sori a stato solido.Appare chiaro che l’utilizzo di piattafor-me a naso elettronico per particolari ap-plicazioni va accuratamente valutato allaluce di alcuni fattori chiave. Molte volte,lo stesso naso elettronico viene usato incontesti differenti con un approccio total-mente black box, nel quale, una volta costi-tuito un insieme di misurazioni, gli algo-ritmi di analisi qualitativa/quantitativa ven-gono addestrati senza indagare i mecca-nismi di risposta. Se l’insieme dei dati diaddestramento risultasse non pienamen-te descrittivo delle condizioni nel quale ilnaso si dovesse poi trovare ad operare, ilrischio di sovrastimarne le prestazioni ri-sulterebbe decisamente elevato. Ai fini diuna corretta validazione, è necessario stu-diare le motivazioni chimiche fondamen-tali alla base della risposta dei sensori delnaso al fine di evitare correlazioni spuriecon aspetti fenomenologici non previsti onon controllabili. Un naso elettronico può

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Nasi elettronici

studi

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I nasi elettronici dell’ENEA

Il naso elettronico ENEA utilizza gruppi di sensori chimici, sia commerciali che di fabbricazio-ne ENEA, per la rilevazione di gas e di altri parametri ambientali (temperatura, umidità, fo-toluminescenza). In corrispondenza di ogni sensore è presente una circuiteria elettronica dicondizionamento da cui il segnale generato dal sensore passa (in alcuni casi multiplexato-MUX) ad un convertitore analogico digitale (ADC) e viene poi immagazzinato e gestito da unsistema a microprocessore. Il periodico collegamento via seriale ad un personal computer incui risiede un apposito software di gestione, consente il trasferimento e l’elaborazione deidati delle campagne di misura. L’alimentazione anche a batteria ne consente l’utilizzo in as-senza di rete elettrica.

Un avanzamento di questa architettura è il prototipo di naso elettronico wireless basato su sen-sori polimerici. La possibilità della ricetrasmissione via radio dei dati tra più nasi apre l’appli-cazione verso il settore delle “reti di nasi elettronici” in grado di eseguire un monitoraggiomultipunto, capillare, affidabile ed a basso costo della quantità e qualità dei gas presentinegli ambienti. Il naso è costituito da: – un gruppo di sensori polimerici resistivi (matrice di sensori), da esporre a gas e/o vapori

perturbanti;– un’elettronica di condizionamento ed amplificazione del segnale da essi generato in pre-

senza di sollecitazione esterna, nella quale il sensore è posto sul ramo di retroazione diun amplificatore operazionale in configurazione invertente;

– una piattaforma wireless per la digitalizzazione e la diffusione via radio dei dati rilevati; – un sistema informatico (unità remota processamento dati) per la ricezione, memorizza-

zione ed elaborazione dei dati e per il riconoscimento di pattern olfattivi; – una scheda di alimentazione e connessione tra le varie parti;– una batteria o alimentatore da rete. Il prototipo evolverà verso la miniaturizzazione della circuiteria e dei sensori per la loro in-tegrazione in un'unica scheda elettronica di dimensioni ridotte.

Figura 3Naso Elettronico ENEA di seconda generazione (Wi-reless) orientato verso reti di nasi elettroniciFonte: ENEA

Figura 2Naso elettronico ENEA di prima generazioneFonte: ENEA

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dell’architettura sviluppata permette lascelta di un array di sensori ottimale appo-sitamente studiato per il sistema da moni-torare potendo basarsi su mix di sensoricommerciali e sensori sviluppati in conte-sti di ricerca tra i quali quelli sviluppati dal-l’ENEA stessa. Il singolo modulo risulta oc-cupare dimensioni contenute ed è in gradodi trasmettere con opportuni accorgimen-ti i segnali rilevati a distanze contenute checomunque permettono il dispiegamentodi molteplici unità in un contesto di moni-toraggio distribuito. Le analisi fin qui con-dotte, con l’ausilio dei ricercatori dell’Isti-tuto di Geofisica e Vulcanologia, hannoevidenziato la possibilità di effettuare unamappatura delle varie sorgenti emissivenel cratere della Solfatara appartenenteal sistema dei Campi Flegrei (figure 5 e 6),uno dei sistemi a maggiore rischio per ladensità abitativa circostante. Inoltre il nasoelettronico ENEA sembra essere in gradodi valutare il rapporto quantitativo tra leconcentrazioni di particolari gas come l’H2Sed il CO emessi dalle fumarole, come esem-plificato nelle figure 7 e 8. Questi rapporti

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sura o a differenze legate alla singola bot-tiglia. Per ottenere informazioni significa-tive, la progettazione dell’esperimento do-vrà includere necessariamente numerosicampioni provenienti da più confezioni epossibilmente da produttori diversi insi-stenti sulla stessa località con metodi di col-tivazione differenti oppure conoscere ap-profonditamente la risposta dei sensori aglianaliti coinvolti.

Un caso di applicazione del naso elettronico ENEA: il monitoraggio del sito sismico“Solfatara” di Napoli

Le analisi ed il monitoraggio geochimicodei gas emessi in maniera diffusa o loca-lizzata (fumarole) in aree vulcaniche è at-tualmente condotto con metodologie checoinvolgono l’uso di strumentazione da la-boratorio e metodi di campionamento etrattamento dei campioni decisamentecomplesse. I tempi di analisi superano avolte la settimana, con il coinvolgimentodi personale altamente specializzato. Ladisponibilità di mezzi innovativi a campio-namento veloce capaci di analisi sia quali-tativa che quantitativa di tali gas potreb-be apportare nuove conoscenze sulla di-namica a breve termine dei sistemi vulcani-ci complessi. Di particolare importanza so-no sopratutto la velocità di risposta, l’ope-ratività non supervisionata, e la possibilitàdi monitoraggio pervasivo delle aree. ENEAha proposto l’utilizzo di un architettura anaso elettronico, sviluppata in particolareper le applicazioni outdoor, per il monito-raggio geochimico delle fumarole vulca-niche [DeV01]. Tale architettura, una cuirealizzazione è raffigurata in figura 4, per-metterà di ottenere una valutazione qua-litativa e quantitativa della composizionedei gas emessi con tempi di campionamen-to inferiori al minuto e comunque pro-grammabili. La flessibilità e la modularità

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Figura 4Il Naso elettronico ENEA all’opera nel cra-tere della SolfataraFonte: ENEA

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2009 87

ta risalita verso la superficie viene in con-tatto con differenti tipologie di suolo e sor-genti acquifere determinando un cambia-mento nella composizione dei gas emessidalle fumarole.

caratteristici sono di estrema rilevanza inquanto di fatto rappresentano un’indica-zione valida sia della temperatura sia del-l’altezza del magma sottostante il sistemasuddetto. Il magma infatti, nella sua len-

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studi

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Figura 5Il cratere della Solfatara con indicazione dei pun-ti di misura (fumarole, stagno di fango ribollen-te, sito di controllo) mappati nell’esperimentoENEA/INGVFonte: ENEA

PCA2

(31%

)PC

A3

(10%

)

2

1

0

–1

–26 4 2 0 –2 –4 –4 –3 –2 –1 0 1 2 3 4 5

PCA1 (48%)

SAN CST

FNGBG1BG2

Figura 6Esempio di mappatura alle componenti principa-li delle differenti fumarole della Solfatara. Il nasoelettronico è in grado di rilevare un differentepattern di risposta per le diverse fumaroleFonte: ENEA

14

12

10

8

6

4

2

2

–2

Time (mins)

H2S

Sen

sor R

espo

nse

(V)

40 50 60 70 80 90 100 110 120

x 10–3

Figura 7Risposta di un sensore per H2S alloggiato nel na-so elettronico ENEA, allorquando viene espostoalla miscela di gas emessi da una delle fumaroledella SolfataraFonte: ENEA

20

H2S-CO Concentration Scatter Plot

CO C

once

ntra

tion

(ppm

)

20

15

10

5

40 60 80 100 120H2S Concentration (ppm)

Figura 8Rilevamento del rapporto di concentrazione inalcune misurazioni effettuate in Solfatara in di-versi punti di misura nelle vicinanze della fuma-rola denominata “Bocca Grande”Fonte: ENEA

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energetico è maggiore. L’ENEA costruiscei suoi mini-nasi denominati TinyNose a par-tire da un piccolo array di sensori polime-rici sviluppati ad hoc e da nodi per reti disensori commerciali, sviluppati da spin-offdell’Università della California a Berkeley.Per tali nodi è stato sviluppato un sistemaoperativo volto all’efficienza energeticadenominato TinyOS per il quale ENEA svi-luppa componenti software in grado diinterfacciare i propri sensori e curare la ca-tena di acquisizione del dato fino alla suapresentazione, via web, all’utente finale.Ai fini dell’efficienza energetica si sonorivelati decisivi gli studi intrapresi nel re-cente passato dal gruppo sensoristica diPortici del Dipartimento Tecnologie Fisi-che e Nuovi Materiali su sensori nano-strutturati operanti a temperatura am-biente [Dif01]. Questi, a differenza deiclassici sensori a ossidi metallici operantiad alte temperature, grazie alla reattivitàpotenziata della loro superficie nanostrut-turata, garantiscono consumi significati-vamente più contenuti oltre a semplifica-re l’elettronica di pilotaggio e condizio-namento del segnale. Infine, è da notarecome il consumo legato alla trasmissionedei dati in questi nodi sensoriali sia signi-ficativamente più elevato di quello lega-to a operazioni di computing; per questomotivo sono in corso degli studi, pressogli stessi laboratori ENEA, al fine di inte-grare componenti “intelligenti” all’inter-no dei nodi TinyNose. In questo modoogni nodo sarà in grado di valutare la si-gnificatività del dato e decidere per la suatrasmissione in tempo reale o per l’imma-gazzinamento per operazioni di mediastatistica. Allo stesso tempo i nodi saran-no in grado di modificare autonomamen-te la frequenza di campionamento perrealizzare ulteriori risparmi energetici,adattandola alla situazione rilevata. Le ri-cerche in atto hanno già permesso lo svi-luppo di prototipi in grado ad esempio

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Il futuro del naso: reti di nasi elettronici

Le applicazioni sensoristiche evolvono sem-pre di più verso la misurazione distribui-ta e pervasiva delle grandezze ottenutamediante la moltiplicazione degli elemen-ti e la loro dislocazione nell’ambiente damisurare. Nel prossimo futuro dobbiamoattenderci il fiorire di applicazioni pervasi-ve con nodi sensoriali sempre più piccolied efficienti. Nel contesto specifico di que-sto articolo è bene sottolineare come inalcune applicazioni, in special modo quel-le relative alla misura della qualità dell’a-ria e dell’inquinamento atmosferico, sussi-sta la necessità, per ragioni fluidodinami-che, di dotarsi di una vera e propria retedi rilevatori che, cooperando, siano in gra-do di ricostruire l’“immagine” olfattivadell’ambiente in cui sono immersi. Sullabase di queste indicazioni l’ENEA ha pro-posto lo sviluppo di una rete di piccoli na-si elettronici cooperanti via collegamentoradio [Dev02]. Dislocati con una topolo-gia detta mesh, i nasi fanno pervenire leinformazioni acquisite a distanze moltomaggiori di quelle ottenibili mediante unatopologia classica a stella. Le informazionivengono infatti fatte “rimbalzare” su mol-teplici nodi della rete mediante protocol-li di routing multihop fino ad un nodo pri-mario, tipicamente costituito da un PC,denominato data sink. In questo tipo diapplicazione è fondamentale implementa-re politiche di misurazione orientate al-l’efficienza energetica. I nodi infatti sonoalimentati a batteria in modo da renderesemplice il loro dispiegamento in ambien-ti inizialmente non destinati ad ospitarli.Inoltre, per evitare il rapido esaurimentodelle batterie, le piattaforme operativeospitanti i sensori e i loro sistemi operati-vi sono progettate per garantire consumibassissimi e transizioni veloci tra gli stati“dormienti” e quelli attivi in cui il consumo

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razione e pretrattamento della miscelaodorosa in un ottica biomimetica, altri an-cora esplorano l’utilizzo di meccanismi disensing differenti da array di sensori otticialla spettrometria a mobilità ionica minia-turizzata. L’utilizzo massivo dell’elettroni-ca flessibile, inoltre, potrebbe portare inpochi decenni all’integrazione di tali di-spositivi negli elettrodomestici o in prodot-ti di uso comune come esempio un frigori-fero capace di individuare cibi che stannodeperendo o packaging intelligenti in gra-do di monitorare in continuo lo stato diconservazione di farmaci, protesi e altri be-ni strategici. La sfida più affascinante re-sta la possibilità di utilizzare tali architet-ture in ambito biomedicale ai fini sopra-tutto della realizzazione di strumenti sem-plici, poco costosi, non invasivi, per la dia-gnosi precoce delle patologie.

di valutare la presenza di particolari spe-cie di composti volatili (terpeni, acetone,etanolo ecc.).Da un punto di vista applicativo l’obietti-vo condiviso dai ricercatori in questo cam-po è la realizzazione di nasi elettronici do-tati di un gran numero di sensori capaci dimisurazioni significative in un numero am-pio di applicazioni che, anche se inquadra-te in scenari di riferimento, possano attri-buire una certa flessibilità al naso stesso.In questa visione, sarà possibile produrre,per esempio, un naso elettronico per ap-plicazioni alimentari consumer che possapassare dall’analisi qualitativa di oli, ai vinipiuttosto che ai formaggi una volta cari-cata on-board l’opportuna libreria per pat-tern recognition. Alcuni gruppi, come ab-biamo accennato, stanno esplorando lapossibilità di integrare meccanismi di aspi-

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Una metrica per l’olfatto

Negli studi sui sistemi di visione o su quelli audio, gli stimoli sono classificabili in termini difrequenze. Questo consente di “costruire” dei sistemi di riferimento in cui ogni punto rappre-senta uno stimolo diverso. In termini semplificati basta pensare alla base RGB per i colori.Molti studiosi si sono posti il problema della esistenza di un analogo sistema di riferimento perl’olfatto: esiste o no (e perché allora?) una base per i sistemi olfattivi? Recentemente R. Had-dad e i suoi collaboratori sembra siano riusciti a dare una risposta positiva a tale quesito (Na-ture Methods, Dec. 2007). Hanno infatti proposto una base costituita da 1664 descrittori mo-lecolari che sembra siano in grado di rappresentare qualsiasi stimolo olfattivo.Ciò apre una nuova pagina per i sistemi di controllo elettronico dell’olfatto, perché appare orapossibile lavorare su un sistema di riferimento teorico e non empirico.

Bibliografia– [Dev01] S. De Vito, E. Massera, L. Quercia, G. Di

Francia, Analysis of volcanic gases by means ofelectronic nose, Sensors and Actuators B, Volu-me 127, Issue 1, 2007, Pag. 36-41.

– [Dif01] Di Francia G, Quercia L, Rea I, MaddalenaP, Lettieri S Nanostructure reactivity: Confinementenergy and charge transfer in porous silicon. Sen-sors and Actuators B, Vol 111 Pag. 117-124.

– [Dev02] S. De Vito, E. Massera, G. Burrasca, D. Del-la Sala, G. Di Francia, Enabling Distributed VOC

Sensing Applications: Toward Tinynose, A Poly-meric Wireless E-Nose, Sensors and MicrosystemsProceedings of the 12th Italian Conference Na-ples, Italy, 12-14 February 2007.

– [Tur01] A. Turner, N. Magan, Electronic noses anddisease diagnostics, Nature Reviews Microbiology,Vol. 2, 2004, Pag. 161-166.

– [Wei01] F. Rock, N. Barsan, U. Weimar, ElectronicNose: Current Status and Future Trends, Chemi-cal Review, 108 2), 2008, Pag. 705-725.

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dal Mondo

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200990

World EnergyOutlook 2008

I consumi energetici globali so-no ormai insostenibili e accele-rano pericolosamente il riscal-damento globale: ora più chemai servono politiche mirate. Il “World Energy Outlook2008”, compendio annuale del-l’IEA di riferimento nel campodelle politiche energetiche, at-tinge all’esperienza di un altroanno turbolento per i mercatidell’energia presentando nuo-ve proiezioni energetiche al2030, per singola regione e perciascuna fonte energetica, te-nendo conto dei dati e dellepolitiche più recenti.Il WEO 2008 si concentra in par-ticolare sulla questione dellaproduzione di petrolio e di gas,

cro

nache delle riserve disponibili, dei co-

sti e degli investimenti nell’estra-zione e sugli scenari climatici po-st-2012, secondo due scenari diemissioni a 550 parti per milio-ne (ppm) e a 450 ppm all’oriz-zonte del 2030. Le questioni pre-sentano sfide finanziarie politi-che e tecniche di tali dimensionida richiedere impegni moltoforti e convergenti da più parti.In estrema sintesi il petrolio abassi costi è finito, l’offerta nonriuscirà più a soddisfare la do-manda, la tendenza attuale delsistema energetico non è piùsostenibile ambientalmente,economicamente e socialmen-te. Ne consegue che serve su-bito – come ha affermato No-buo Tanaka, direttore dell’IEAalla presentazione a Londra nelnovembre scorso – l’avvio diuna rivoluzione energetica glo-bale a basso contenuto di car-bonio, nonostante la crisi eco-nomica in atto, soprattutto pernon aggravare nel breve-me-dio periodo la probabile crisidegli approvvigionamenti ener-getici mondiali e nel lungo pe-riodo quella ambientale.Il Rapporto ha l’obiettivo di for-nire un’analisi degli scenarienergetici al 2030 che sia d’aiu-to ai responsabili politici mon-diali per valutare e affrontarele attuali sfide poste dal peg-gioramento delle prospettivedi approvvigionamento, dal-l’aumento dei prezzi dell’ener-gia e delle emissioni di gas a ef-fetto serra. Ma ciò che vienefuori dalle pagine del docu-mento è decisamente preoccu-pante: a causa dei trend di con-sumi insostenibili i gas serra au-menteranno inesorabilmenteportando ad un rialzo dellatemperatura media globale di6 °C sul lungo termine. Si pre-vede che la CO2 legata al con-sumo energetico aumenteràdel 45% da oggi al 2030, arri-vando a 41 miliardi di tonnel-late, tre quarti dei quali dovutia Cina, India e Medio Orienteed il 97% dai paesi non OCSE.

Il WEO 2008 auspica un approc-cio politico ibrido che punti sulcommercio di quote di emissio-ni, accordi settoriali e misurenazionali e che includa un mixdi energie alternative, il nuclea-re e centrali a combustibili fos-sili attrezzate con tecnologie,quali la cattura e lo stoccaggiodel carbonio (carbon captureand storage, CCS).Per ottenere ciò sono necessariinvestimenti di 4,1 trilioni didollari (lo 0,2% del Pil mondia-le annuo) da destinare alle in-frastrutture relative, ma anchea misure di efficienza energe-tica. Come ha spiegato Tanaka,c‘è bisogno di un´azione con-certata tra i maggiori emetti-tori perché i paesi OCSE da solinon possono portare il mondonello scenario da 450 ppm, an-che se riducessero le loro emis-sioni a zero. Infatti per raggiun-gere un tale risultato è neces-sario un rapido aumento del-l´utilizzo di energia a basseemissioni che permetta di arri-vare al 36% del mix di energiaprimaria globale nel 2030. E inquesto caso gli investimentiglobali energetici sarebbero su-periori: 9,3 trilioni di dollari (lo0,6% del Pil mondiale annuo)con un risparmio di carburan-te totale di 5,8 trilioni.Le Sessioni della XV Conferenzadelle Parti della Convenzionesui Cambiamenti Climatici, chesi terranno a Copenhagen a fi-ne 2009, rappresentano un’op-portunità di straordinaria im-portanza per negoziare unanuova serie di accordi e norma-tive contro il cambiamento cli-matico globale per il periodosuccessivo al 2012 (ultimo an-no del primo periodo previstodal Protocollo di Kyoto). La con-ferenza dovrà organizzare unastruttura per la cooperazionea lungo termine che orienti ilmondo verso un insieme di po-litiche ben definite con unobiettivo chiaro e quantificatoper la stabilizzazione dei gas aeffetto serra nell’atmosfera.

dal Mondo

World Energy Outlook2008

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cro

nache

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Politica integratasul cambiamento

climatico

Ribadendo l'obiettivo di ridu-zione delle emissioni di gasserra per limitare l'aumentodella temperatura media en-tro i 2 °C, il Parlamento ha for-mulato le proprie raccoman-dazioni per una futura politicaintegrata dell'UE sul cambia-mento climatico. La relazioneapprovata il 3 febbraio con-tiene una serie di misure intutti i settori e chiede di defi-nire un'agenda d'interventoper il periodo 2009-2014. Tra queste si sollecitano azio-ni riguardo al sistema di scam-

bio di quote di emissioni, lagestione delle risorse idriche eil trattamento dei rifiuti, non-ché la tutela della salute. Si sostengono la promozionedelle nuove tecnologie, le mi-sure nel settore dell'istruzio-ne, della formazione e dellacomunicazione e si chiede an-che la creazione di una «co-munità europea delle energierinnovabili» e il sostegno allosviluppo di tecnologie di tra-sporto ecocompatibili, comevetture a idrogeno, elettriche,a pile a combustibile, ibride oa biocarburante.A livello locale e regionale do-vrebbero essere promosse: lemisure di efficienza energeti-ca per giungere ad un consu-mo netto di energia nullo ne-gli edifici privati, commercialie pubblici; il riciclaggio dei ri-fiuti potenziando le infrastrut-ture per i punti di raccolta; unamobilità maggiormente soste-nibile nelle città e nelle areerurali; l'attuazione di interven-ti di adattamento al cambia-mento climatico; la produzio-ne e il consumo di cibo localee regionale. Il Parlamento sollecita inoltrela Commissione e gli Statimembri dell'UE a sostenerel'invito ONU per un "GreenNew Deal" e invita, infine, icompetenti organi del Parla-mento europeo a redigere epubblicare una versione dellarelazione «destinata al letto-re comune», entro tre mesidalla sua adozione.

Energia: interconnessioni e

rigassificatoriL'Unione importa oggi il 50%dell'energia che consuma e ta-le percentuale potrebbe rag-

giungere il 70% nel 2030. È perciò necessario un «radi-cale mutamento» della politi-ca energetica per raggiunge-re gli obiettivi principali del-l’Unione Europea che riguar-dano la sicurezza dell'approv-vigionamento, la solidarietàtra gli Stati membri, la lotta alcambiamento climatico e lacompetitività. Il Parlamento, con la relazio-ne approvata il 3 febbraio, in-vita gli Stati membri a consi-derare il riesame strategicoquale base per l'attuazione diuna politica energetica perl'Europa e la definizione di unpiano d'azione ambizioso peril periodo 2010-2012. Su questa linea la relazioneesprime il proprio sostegno aiprogetti finalizzati a diversifi-care le fonti e le rotte di ap-provvigionamento e, nella fat-tispecie, allo lo sviluppo di uncorridoio meridionale per ilgas comprendente il progettoNabucco, l'interconnettoreTurchia-Grecia-Italia (ITGI) e ilprogetto South Stream.Ritiene inoltre che tutti gli Sta-ti membri debbano poter di-sporre di impianti di liquefa-zione nei paesi produttori e diterminali GNL e unità galleg-gianti di rigassificazione nel-l'UE.Si sollecitano inoltre, grandi in-vestimenti infrastrutturali, unarete energetica comune, pia-ni anticrisi e più intense rela-zioni con il Mediterraneo e laRussia.Infine, rilevando l'importan-za del nucleare e di garantir-ne un uso sicuro, si ritiene tas-sativo stabilire un quadro co-munitario per la sicurezza del-le centrali nucleari e si invo-ca, al contempo, il risparmioenergetico e l'uso di fonti rin-novabili.

dall’Unione Europea

dall’UnioneEuropea

Politica integratasul cambiamento

climatico

Energia:interconnessioni e

rigassificatori

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dall’Italia

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200992

L'Italia aderiscea IRENA

L’Italia ha aderito a I.R.E.N.A.,che sta per International Re-newable Energy Agency, l’A-genzia Internazionale per losviluppo delle fonti rinnova-bili sottoscrivendone, il 28gennaio a Bonn, l’atto costi-tutivo insieme ad altri 75 pae-si, a testimonianza dell’impe-gno della comunità interna-zionale per il rafforzamentodella collaborazione nelle po-litiche e nei programmi per unapprovvigionamento energe-tico sicuro e sostenibile. L’adesione dell’Italia – ha af-femato il ministro degli Este-ri Franco Frattini – è dettata

cro

nache

dalla convinzione che una ri-sposta efficace alla sfida ener-getico-ambientale passi, da unlato attraverso la promozionedelle fonti rinnovabili e, dal-l’altro, attraverso la creazionedi un nuovo sistema di gover-nance mondiale. Nel quadro delle priorità del-la Presidenza italiana del G8in materia ambientale e di svi-luppo sostenibile, l’Italia ha ac-colto con favore la costituzio-ne di I.R.E.N.A. quale contribu-to alla diffusione di best prac-tices ed allo sviluppo di nuovesoluzioni tecnologiche, non-ché al trasferimento tecnolo-gico a favore dei paesi in viadi sviluppo. Tra i firmatari, oltre ai moltipaesi europei ci sono anchepaesi in via di sviluppo africa-ni, come Ghana, Nigeria eUganda, asiatici, come Coreae Filippine, e latino-america-ni, come Guatemala, Cile e Ar-gentina.

Sicenea: il sole nel futuro

della SiciliaSensibilizzare sui temi dellosviluppo sostenibile e dellefonti rinnovabili ed aggiorna-re progettisti, Pubblica Ammi-nistrazione, mondo delle im-prese e scuola: sono gli obiet-tivi del programma SICENEApresentato a Palermo, il 28 ot-tobre, nell’ambito del conve-gno “Il Sole nel futuro dellaSicilia” organizzato dalla Re-gione Sicilia e dall’ENEA. In collaborazione con partnerscientifici, quali Università diPalermo e Politecnico di Mila-no, Ordini e Collegi professio-

nali, Province regionali, Istitu-to Regionale per il Finanzia-mento alle Industrie in Sicilia(IRFIS), Assolterm e liberi pro-fessionisti, finora sono statiaggiornati oltre 3.500 addet-ti locali, tra progettisti ed ope-ratori sulle tecnologie del fo-tovoltaico, del solare termico,dell’energy management edella certificazione energeti-ca degli edifici. Sono state, inoltre, realizzatecampagne informative e ma-teriale tecnico e divulgativo,diffuso anche attraverso il por-tale www.sicenea.itSICENEA ha attivato un Uffi-cio Energia in ciascuna Provin-cia della Regione, con tecniciformati da ENEA, dando vitaad una rete regionale che, co-me quelle già realizzate inLombardia e in Toscana, potràsupportare la Regione per l’in-centivazione, il monitoraggioe la pianificazione energetica. Iniziative che permetterannoalla Sicilia di creare nuove im-prese e occupazione in settoriinnovativi e strategici, cometestimoniano le industrie STMicroelectronics e MoncadaEnergy, impegnate nella ricer-ca di nuovi materiali fotovol-taici.Nel corso del convegno sonostati premiati i lavori di 30 re-ti di scuole siciliane che han-no partecipato al progetto“Sicilia, educarsi al futuro” erealizzato, tra l’altro, progettidi cooperazione per fornireenergia elettrica solare a scuo-le e ospedali africani con im-pianti fotovoltaici finanziatidagli stessi studenti.

dall’Italia

L’Italia aderiscea IRENA

Sicienea:il sole nel futuro

della Sicilia

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nache

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200993

Bicentenario del padre

dell'evoluzionismoIl 12 febbraio si è festeggiatoil bicentenario della nascita diCharles Darwin e a novembresi celebreranno i 150 anni dal-la pubblicazione de L'originedelle specie (1859), la sua ope-ra più importante in cui formu-la la teoria dell'evoluzione.Biologo, geologo e zoologo, ilbritannico Darwin è il padredella teoria dell'evoluzione del-le specie animali e vegetali perselezione naturale ed è celebreper aver teorizzato la discen-denza di tutti i primati da unantenato comune. L'interesseper la sua teoria fu da subitoenorme: la prima edizione dellibro, stampata in 1.250 copie,

andò esaurita in appena duegiorni. Nel testo veniva formu-lata con assoluto rigore scien-tifico, per la prima volta nellastoria della biologia, una teo-ria evolutiva che metteva in di-scussione il principio secondocui ogni specie sarebbe il risul-tato di un atto autonomo del-la creazione divina. SecondoDarwin è invece l'ambiente cheopera una selezione naturalescegliendo le forme più adat-te a lasciare una progenie ca-pace di assicurare la sopravvi-venza della specie. Nella sede dell’ENEA di Roma,il 4 febbraio, si è svolto il Semi-nario “Il dinosauro e il topo.1809-2009 Charles Darwin: l’av-vicendamento delle specie”.Alcuni ricercatori ENEA, appas-sionati di storia della scienza,hanno ripercorso la teoria e lastoria dello scienziato britan-nico riproponendole in una in-teressante chiave divulgativacon l’aiuto di immagini e filma-ti. Dopo un’introduzione sullarivoluzionaria idea dell’evolu-zionismo, sul contesto cultura-le nel quale venne formulata,sulle prove scientifiche e le po-lemiche che ne sono seguite, siè svolta una narrazione, in for-ma di oratorio, che ha dato vo-ce alle persone che furono vi-cine all’uomo e allo scienziato,e che condivisero l’avventura,la passione, i conflitti, la vita diCharles Darwin.

Prototipo vetturaUrb-E

L’ENEA ha presentato, a dicem-bre all’ultimo “Motor Show”di Bologna, Urban easy, un pro-totipo di city car in grado di ri-durre i consumi e l’inquinamen-to rendendo più fluido il traf-fico in città.Il nome del prototipo, Urb-e(Urban easy), deriva dalla vo-cazione urbana del mezzo edalla facilità di impiego, in

quanto non ha marce, nè fri-zione, il motore termico e l’ac-cumulo elettrico sono comple-tamente gestiti dall’elettroni-ca di bordo e, non ultimo, i su-percondensatori impiegati alposto delle tradizionali batteriedurano quanto la vettura ridu-cendo al minimo i problemi dimanutenzione. La vettura èstata realizzata presso il CRENEA della Casaccia in collabo-razione con le Università di Ro-ma La Sapienza e Roma Tre. Lanovità assoluta della Urb-e ènel sistema ibrido costituito dacomponenti commerciali perabbattere i costi di produzio-ne. Il motore termico non ècollegato alle ruote ma servesolo a produrre elettricità at-traverso l'alternatore. Le ruo-te motrici sono quelle anterio-ri e sono mosse dal motoreelettrico. Una centralina pro-grammata governa i compo-nenti del sistema di trazionemodulando la potenza del mo-tore termico e l'eventuale suospegnimento. Il telaio è tubola-re, la carrozzeria è a pannelliasportabili e sostituibili. Il con-sumo, da verificare nelle pros-sime campagne di misura, è daprogetto di 50 km per litro.Le prestazioni, idonee all'usoin città, sono: velocità massima70 km/h, superiore a quantoconsentito ma utile per motividi sicurezza; accelerazione sod-disfacente; recupero di energiain frenata; marcia in modalitàsolo elettrico (limitata a un chi-lometro) per i tratti congestio-nati o per le aree protette co-me parcheggi coperti, comples-si ospedaliere, zone affollate.Le ridotte dimensioni della vet-tura assicurano, inoltre, un’otti-ma manovrabilità garantendoquindi una riduzione del traf-fico cittadino. Sono previsti sviluppi del pro-totipo con alimentazione abioetanolo e con la sostituzionedel motore termico con unacella a combustibile.

dall’ENEA

dall’ENEA

Bicentenariodel padre

dell’evoluzionismo

Prototipo vettura Urb-E

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Eventi

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200994

EWEC (EuropeanWind Energy

Conference) 2009

Anno dopo anno, la conferenzaed esposizione dell’energia eo-lica più importane d’Europa, ve-de crescere i partecipanti, che aMilano nel 2007 furono 5.000,l’anno scorso a Bruxelles 6.000e quest’anno a Marsiglia, dal 16al 19 marzo, sicuramente di più,provenienti da tutto il mondo.Una conferenza del genere of-fre l’opportunità di avere unarassegna esaustiva degli ultimisviluppi della tecnologia e lapossibilità di ampliare le colla-borazioni tra operatori pubbli-ci, industriali, consulenti e ge-stori delle società elettrichecoinvolte nella produzione, tra-

cro

nache smissione e distribuzione dell’e-

nergia.L’Italia, come paese europeo inposizione avanzata, almeno intermini di mercato, con quasi4.000 MW installati, è osservatacon molto interesse dagli ope-ratori internazionali del setto-re e, anche per questa ragione,gli organizzatori della manife-stazione hanno ritenuto oppor-tuno invitare Luciano Pirazzidell’ENEA a illustrare nella ses-sione “Leading EU Markets:achieving the vision” il quadrolegislativo, la situazione indu-striale e le prospettive future.In questa rassegna internazio-nale, la prima, dopo l’accordodei paesi membri, sulla direttivadelle fonti rinnovabili, l’Europasi presenta ancora come farodel settore e approfittando del-la presenza contemporanea dipolitici e leader industriali si do-vrà fare tutto il possibile perchéla nuova legge sia implemen-tata adeguatamente nei 27 Sta-ti, affinché ciascuno dia il pro-prio contributo per un futuropiù sostenibile. Tra l’altro, a da-re maggior lustro all’evento, so-no da poco apparse le statisti-che relative alla potenza eolicainstallata e connessa alla reteelettrica nel mondo nel 2008.Anche nell’anno appena tra-scorso, l’eolico è andato oltrele più ottimistiche previsioni,con circa 27.000 MW installatiche si aggiungono ai 94.000MW precedenti, portando lapotenza complessiva in eserci-zio a oltre 120.000 MW.

World EnergySummit ad Abu

DhabiSi è tenuta ad Abu Dhabi, dal19 al 21 gennaio, la secondaedizione del “World FutureEnergy Summit” (WFES), rite-nuto il più importante appun-tamento internazionale in ma-teria di strategie e politiche nel

campo delle energie rinnova-bili nell’ottica di un futuro piùsostenibile. Il Summit è statoaperto da Sultan Ahmed Al Ja-ber, amministratore delegatodella compagnia elettrica Ma-sdar (l’azienda che ha organiz-zato l’evento ed è attiva nellosviluppo delle tecnologie per laproduzione di energia da fontirinnovabili e la riduzione delleemissioni prodotte dalle cen-trali termoelettriche) ed è pro-seguito con annunci e contri-buti di rappresentanti del mon-do politico, industriale e dellaricerca. Tra gli intervenuti, Lui-gi Paganetto, Presidente dell’E-NEA, ha parlato della necessitàdi “fare sistema” tra ricerca, isti-tuzioni e industria per avere lapossibilità di creare laboratoricongiunti con alcuni paesi delGolfo, che possono diventare at-tori e produttori di nuove tec-nologie. Un esempio concreto,ha sottolineato Paganetto, èmettere insieme le tecnologieper la gestione dei rifiuti, per lamobilità dei trasporti e per laproduzione di energia pulita inun grande progetto di ‘Città So-stenibile’ quello per 40.000 abi-tanti previsto da Masdar.L’ENEA con la sua capacità di in-tegrazione di tecnologie e com-petenze è in grado di raccoglie-re tale sfida e di competere conaltri organismi di ricerca a livel-lo internazionale su obiettivi digrande complessità come que-sto proposto da Masdar.Tutti gli interventi hanno con-cordato sull’attenzione a duenecessità: lo sviluppo di energierinnovabili e la riduzione delleemissioni di gas serra. Alla mani-festazione di Abu Dhabi è sta-to aperto, per la prima volta, unpadiglione italiano con treaziende nel settore delle ener-gie rinnovabili: Solar Venturese i suoi partner; Solar XXI (Con-sorzio produttore di un innova-tivo collettore per impianti so-lari termodinamici); Sedna (So-cietà di progettazione impian-ti energie rinnovabili).

Eventi

EWEC (European Wind Energy

Conference) 2009

World Energy Summitad Abu Dhabi

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nache

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200995

Letture

Letture

Impianti nucleari

Nuvole e sciacquoni

Sei gradi

Impianti nucleariMaurizio Cumo

Casa Editrice Università La Sapienza, Roma, dicembre2008, pagine 976, d 60,00

La necessità di ridurre la dipen-denza da fonti di energia sog-gette a tensioni sui prezzi e ivincoli internazionali sulleemissioni dei gas serra hannorinnovato, nello scenario ener-getico mondiale, l’interesseverso l’energia nucleare. Lafonte nucleare ha tutti i requi-siti per fornire risposte effica-ci, già oggi contribuisce per il16% ai consumi mondiali dienergia elettrica ed è una del-le poche fonti in grado di pro-

durre elettricità su vasta scalanel rispetto dei limiti alle emis-sioni di gas serra.Il costo del kWh nucleare è me-no sensibile alle variazioni diprezzo della materia prima, l’u-ranio, rispetto a quanto acca-de per le fonti fossili; l’affida-bilità della fonte nucleare è di-mostrata dal funzionamentodi centinaia di reattori europeie americani, mentre nuove ver-sioni vengono sviluppate perla produzione congiunta dielettricità e calore per usi civili,quali dissalazione dell’acqua dimare, e industriali.Lo stato dell’arte, oggi, è rap-presentato dai reattori di “IIIgenerazione”, sviluppati nelcorso degli anni 90 e all’iniziodel 21° secolo. I reattori cosid-detti di “IV generazione”, i cuiprototipi si prevede sarannorealizzati verso il 2030, sonostudiati per conseguire un piùalto livello di sicurezza e con-sentire un considerevole incre-mento dell’energia estraibiledal combustibile, rispetto aquanto avviene ora, garanten-do una disponibilità di energiaper migliaia di anni. Realizzazioni commerciali piùa breve termine sono in via disviluppo con modifiche mino-ri ai reattori di III generazione(generazione III+).Questi sono, con un rapidosguardo, scenario e aspettati-ve nel momento in cui vienepubblicata la terza edizione dellibro “Impianti nucleari” delProf. Cumo, integrata rispettoalle precedenti dai risultati del-l’esperienza operativa venten-nale di un gran numero di im-pianti. Nel volume sono espostigli sviluppi recenti e i program-mi di nuove filiere nucleari, esono riportati anche argomen-ti che introducono e indirizza-no le ricerche per lo sviluppofuturo della IV generazione disistemi nucleari.

L’opera, pur essendo concepi-ta per gli studenti di ingegne-ria nucleare con le necessariecognizioni matematiche, fisi-che e chimiche, ha la peculia-rità di presentare i vari argo-menti in modo comprensibileanche per chi non ha quellecognizioni e salta le formulee le parti più strettamenteprogettuali. Il volume quindi, come sotto-lineato nella prefazione, for-nisce indicazioni utili anche aoperatori industriali, deciso-ri pubblici e lettori colti e cu-riosi. Sono “impianti nucleari” i reat-tori, le centrali atomiche, lefabbriche di combustibile, gliimpianti di arricchimento del-l’uranio, di ritrattamento delcombustibile irraggiato, di trat-tamento e condizionamentodei rifiuti, i depositi superficia-li e quelli geologici ecc., inclusetutte le apparecchiature ine-renti al ciclo di produzione dienergia da fissione e alle altreapplicazioni nucleari.La materia, profondamente in-terdisciplinare e in continuaevoluzione, richiede all’inge-gnere nucleare un aggiorna-mento continuo e il volume, afronte di questa esigenza, af-fronta tutti i temi e le proble-matiche di interesse insisten-do sugli aspetti salienti e po-nendo in evidenza le caratte-ristiche suscettibili di sviluppifuturi. Gli argomenti esposti formanocosì un quadro ben definito ericco di sollecitazioni per lo stu-dente di ingegneria energeti-ca e nucleare.Particolare rilievo è dato aglisviluppi nel campo della sicu-rezza, e quest’enfasi non è daconsiderare eccessiva ma ne-cessaria invece per formare l’at-teggiamento mentale dell’in-gegnere nucleare. (AntoninoDattola)

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Nuvole e sciacquoni

Come usare meglio l’acquain casa e in città

Giulio Conte

Edizioni Ambiente, luglio 2008,pagine: 208, d 20,00

L’acqua è l’oro blu del terzomillennio, capace di scatenareconflitti come già accade per ilpetrolio. L’acqua non è infini-ta, e se quasi un miliardo dipersone non ne ha a sufficienzaper soddisfare le necessità pri-marie, nei paesi dell’Occidentesviluppato spesso la si sprecacon grande indifferenza. La tesi di questo libro è che siainvece possibile ridurre note-volmente i consumi idrici do-mestici e l’inquinamento da es-si provocato, senza per questorinunciare ai livelli di comfortcui siamo da tempo abituati. Per farlo è però necessario in-nescare una piccola “rivolu-zione” che, prima che tecni-ca e politica, è culturale: peresempio non usare acqua po-tabile per scaricare un WC eriprendere la pratica di accu-mulare e riutilizzare le acquepiovane.Giulio Conte, biologo espertonel campo della gestione delleacque e delle risorse naturali,con questa manuale analizzale strategie che sono stateadottate nei secoli per la ge-stione domestica e urbana del-l’acqua, e spiega come oggi siapossibile usarla in modo più in-telligente. Si concentra, per-ciò, sugli usi civili e domesticidell’acqua che, sebbene com-portino consumi di gran lun-ga inferiori rispetto a quelliagricoli, sono in continua e ra-pida crescita. L’uso domestico è poi quelloche ha bisogno di acque di mi-

glior qualità, che diventanosempre più scarse a causa del-l’inquinamento provocato inlarga misura proprio dagli sca-richi urbani. È quindi urgente rivedere ilmodello di gestione idrico finqui applicato. Il libro, illustrando nel detta-glio le soluzioni più semplici einnovative per il risparmio e lamigliore gestione dell’acquanelle abitazioni e in città, puòrappresentare una vera e pro-pria guida all’uso sostenibiledelle risorse idriche.

Sei gradiMark Lynas

Fazi editore, settembre 2008,pagine 342, d 18,00

Nel 2001 l’IPCC (il ComitatoIntergovernativo sui Cambia-menti Climatici, Nobel per laPace nel 2007) pubblicò unostudio sconvolgente in cui siprevedeva che, senza cam-biamenti, entro la fine del se-colo la temperatura globalesarebbe aumentata da unminimo di 1,4 a un massimo5,8 °C.Colpito dalla previsione iltrentacinquenne Mark Lynas,giornalista e scrittore, laurea-to in Storia politica all'Univer-sità di Edimburgo, che vive aOxford e ha come passionelo studio dei cambiamenti cli-matici, comincia a raccoglie-re dati sulle possibili conse-guenze. Collaboratore di rivi-ste e di quotidiani prestigio-si, diviene famoso in tutto ilmondo per questo saggioapocalittico Nel suo libro Lynas, descrive,grado per grado, le conse-guenze di un tale cambiamen-to climatico sulla Terra e riper-corre, per ogni grado della

scala proiettata nell´ultimorapporto dall´IPCC, i muta-menti a cui andremmo incon-tro sulla base delle ultime ri-cerche scientifiche. Con ungrado in più niente più granosul mercato mondiale; con 2gradi distruzione delle barrie-re coralline; con 3 gradi con-tinue tempeste di sabbia suParigi; con 4 gradi New Yorksommersa dall'acqua; con 5gradi lotta fra i superstiti deidisastri climatici; infine, con 6gradi in più, ritorno al perio-do cretaceo.Come fare ipotesi realistichedi fronte a uno scenario chepotrebbe vedere una terraspopolata e largamente de-serta, bruciata dai raggi delsole sempre meno schermatidallo strato di ozono, le po-polazioni addensate solo at-torno ai Poli, e il mare chesputa verso il cielo i gas vele-nosi prodotti dalla putrefazio-ne dei suoi fondali. Non occorre, peraltro, arriva-re a sei gradi per cominciarea chiedersi quale società po-trà sopravvivere agli effettipiù duri del riscaldamentoglobale. Si avranno governi costretti ascelte sempre più difficili, perfar fronte ad emergenze sem-pre più drammatiche, e nonpotranno che affermarsi regi-mi sempre più autoritari emeno liberali.La maggioranza dei climato-logi è, comunque, in allarme;alcuni gridano alla catastro-fe, pochi altri minimizzano di-cendo che i modelli al compu-ter non sono esperimenti, maipotesi per preparare e spa-ventare l’umanità al peggio.Il libro ha ispirato un docu-mentario del National Geo-graphic Channel, che è statoanche presentato al Festivaldella Scienza, all'Auditoriumdi Roma.

Letture

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200996

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