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Como ecoinformazioni 231 Giovedi 29 novembre 2001 Lire 5.000 Ecoinformazioni da fare • Periodico settimanale • Sped. in abb. postale - 45% - Comm a 20 b art. 2 Legge 662/96 Filiale di Como. Reg. Trib. Como n. 15/95 del 19.7.95. Direttore responsabile Gianpaolo Rosso • Stampa Gr afica Malima e Ecoinformazioni , viale Masia 34 - 22100 Como tel. 031.571813, fax 031.573320 Troppo spettatori @ La fiaccola delle Madres @ Una sto- ria di morte e di vita @ Contro la violenza della guer- ra @ Far scoppiare la Pace @ Il dram- ma dell’Ecuador @ A Maggiolini @ Azione o reazione? @ Un cammino di libertà @ La non- violenza come pro- getto politico @ La forza della verità @ Calendario Addio alle armi

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Troppo spettatori@ La fiaccola delleMadres @ Una sto-ria di morte e divita @ Contro laviolenza della guer-ra @ Far scoppiarela Pace @ Il dram-ma dell’Ecuador @A Maggiolini @Azione o reazione?@ Un cammino dilibertà @ La non-violenza come pro-getto politico @ Laforza della verità @Calendario

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ECOINFORMAZIONIsettimanaledella provincia di Como

viale Masia, 3422100 Comotel 031.571813fax [email protected]

Sede legalevia Anzani, 922100 Como

DirezioneAntonia Barone,Gianpaolo Rosso

RedattoriLuciana Carnevale(segretaria di redazione),Franco Cavalleri, LorenaForni, Ludovico Lanza,Marco Lorenzini,Samantha Panzeri, SimoneSacerdoti, StefanoVaccaro, Laura Verga(caporedattrice)

CollaboratoriRoberta Altamura, JesBianchi, Tatiana Ceruti,Angelica Erdt, NicolettaGrillo, Micaela Landoni,Francesca Lillia, PaoloPortoghese, Anna Renna

Graficae impaginazioneNatura e comunicazioneComo

Proprietà della testataAssociazioneecoinformazioni - Arci

RegistrazioneTribunale di Comon. 15/95 del 19.07.95

Ci sono buoni motivi per gioire di come è andato il quarto convegno internazionale del Coordinamentocomasco per la Pace che si è svolto a Como dal 16 al 18 novembre. L’Università di Como, un luogo che stentaad essere centrale nel panorama politico della città, ha ospitato una vera e propria moltitudine pacifista: tantii giovani, ma molto numerosi anche i quarantenni, equilibrata la percentuale di genere, quasi assente il mondodella istituzioni politiche.Ha rinvigorito le speranze di tanti vedere centinaia di studenti delle scuole superiori della provincia ascoltareattenti le relazioni di “monumenti” della resistenza mondiale alla violenza neoliberista e quelle altrettantoappassionate di alcuni tra i più autorevoli studiosi e propositori del progetto politico di libertà della nonvio-lenza. Si è vista la gioia e la soddisfazione degli organizzatori che hanno offerto agli spettatori tre giornatesenza intoppi, 30 ore senza una smagliatura nel programma, un condensato di efficienza pacifista, di quelrigore indispensabile per contrastare la violenza di chi la guerra la impone per interesse o stupidità.Eppure qualche amarezza c’è stata, qualche ombra si è vista, anche se le lacrime sono state tutte per l’emozio-ne positiva delle proposte e delle storie di vita e d’azione dei relatori e delle relatrici.La grande kermesse pacifista lariana ancora una volta non ha saputo offrire un momento credibile di dibattito,di definizione non verticistica di azioni future, di dialogo e di contaminazione tra le idee delle associazioni edelle amministrazioni comunali che compongono il coordinamento e che in verità assai poco hanno partecipa-to ai lavori. Persino l’assemblea aperta, svolta la mattina di domenica 18, resa preziosa e utilissima dagliinterventi di Benjamin e Salio, non è stata momento di progettazione collettiva e si è chiusa, complice lamancanza di tempo, senza conclusione alcuna.Ciò ha reso evidente, come già accaduto negli anni precedenti, la distanza di ruolo tra organizzatori e spetta-tori: attivi i primi fino alla fibrillazione, sostanzialmente passivi i secondi, cui nessuna “esposizione” è statarichiesta, neppure quella esilissima che negli anni scorsi proponeva l’adesione a campagne contro la sopraffa-zione dei diritti sindacali nel Sud del pianeta.Così la moltitudine dei partecipanti, che in massima parte non ha voluto neppure aderire all’iniziativa Unostraccio di pace proposta da Emergency (quasi che anche mettersi un piccolo segno bianco fosse schierarsitroppo) è rimasta indistinta, senza voce né proposta, e il risultato del Convegno è stato tutto affidato aglieffetti sicuri, ma labili senza il laboratorio delle azioni individuali, della formazione di una cultura di Pace. @

Mercoledì 28 novembre dalle 9 alle 12 nella sede dell’Arci in via Anzani 9 a Como Radio Popolare attiverà unostudio mobile per un microfono aperto su Como. Tutti i lettori sono inviati a partecipare. Sarà l’occasione perentrare direttamente in contatto con una voce che noi di ecoinformazioni riteniamo essenziale e a cui cerchiamodi dare il nostro piccolo contributo. E proprio perché l’amiamo tanto possiamo esprimere il disaccordo con l’ideadi destinare il ricavato della vendita dei cd delle voci radiofoniche di Genova alla Fondazione nata in memoria dichi a Genova ha perso la vita, ucciso da un poliziotto. Non ci sembra giusto infatti considerare eroe chi invece èstato tragicamente vittima della violenza.

Troppo spettatoriGIANPAOLO ROSSO

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Alle 17.30, mi avvicino alla libre-ria Il portico nei pressi della piazza SanRocco di Cantù. Già dalla vetrina intravedodue teste coperte da un foulard bianco,sono le teste di Hebe de Bonafini, presi-dentessa delle Madres de Plaza de Mayo, edella sua vice Mercedes Colas de Mero. Alloro fianco vedo Alejandro Jaraj del grup-po Sima (Solidarietà Italiana alle MadresArgentine), Claudio Bizzozero, direttore delCoordinamento comasco per la Pace, e

molta altra gente radunatasi in quella li-breria per la presentazione del libro Nonun passo indietro! Storia delle Madres dePlaza de Mayo e per partecipare tutti in-sieme alla piccola marcia che toccherà lealtre due librerie del centro del paese.Entro e comincio a respirare l’emozionedella gente. Piano piano il numero dellepersone aumenta e tra loro i giovani sonosicuramente la componente maggiore. Dopouna breve introduzione di Claudio Bizzoze-ro prende la parola Hebe de Bonafini chepassa alla presentazione vera e propria delloro libro, pubblicato nel ’97 in Argentinama solo ora, e dopo innumerevoli sforzi, inItalia anche grazie al sostegno del Coordi-namento comasco per la Pace. A fianco alei Alejandro Jaraj traduce parola per pa-rola il brevissimo discorso di Hebe. Il libro

racconta la loro storia, la storia delle ma-dri partorite dai loro figli, le madri che da25 anni lottano guardando sempre avanti,sempre al futuro. Loro che si sentono lemadri di tutti. Quando Hebe finisce di par-lare è quasi un arrembaggio ai libri. Fini-scono tutti e tutti si mettono in fila peravere una dedica dalle due Madres più fa-mose. Dopo circa un quarto d’ora, anche sele madri non erano ancora riuscite a soddi-sfare tutti con le loro dediche, ecco che siparte. Le persone escono dalla libreria e siaggiungono a quelle che erano fuori adaspettare senza riuscire ad entrare. In te-sta a questa cinquantina di persone ci sonole due protagoniste e dietro comincianoad accendersi le prime candele. Cammina-re a fianco di venticinque anni di lotta pro-voca sensazioni quasi indescrivibili. Ma leemozioni più forti devono ancora arrivare.Dopo pochi minuti di marcia arriviamo allaseconda tappa del nostro percorso, la li-breria La strada. Entriamo e ci disponiamooccupando ogni angolo dei locali. Qui lemadri trovano ad aspettarle la stampa. L’in-tervista diventa collettiva: le domande ven-gono fatte non solo dal giornalista, ma dallepersone partecipanti all’iniziativa che in-curiosite dalla presenza di questi due per-sonaggi desiderano sapere. Le Madres ri-spondono ben volentieri alla gente. È que-sto il momento più emozionante ed insie-

La fiaccoladelle MadresUna candela accesa per la Pace, una cinquantina di persone hannopartecipato, nel pomeriggio di venerdì 16 novembre, al prologo del convegnodel Coordinamento comasco per la Pace Addio alle armi. Hebe de Bonaffini eMercedes Colas de Mero hanno guidato il percorso e, nelle soste nelle treprincipali librerie di Cantù, è stato presentato il libro Non un passo indietro!

Storia delle Madres de Plaza de Mayo

MARCO FERRARI

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ome il più affascinante. Mentre Hebe e Mer-cedes parlano i brividi salgono dalla schie-na in un sussulto di rispetto per tutto quelloche hanno rappresentato, per quello cheancora adesso rappresentano e per quelloche rappresenteranno per sempre. A starevicino a queste donne ci si sente piccoli esi sente l’immensa forza che ogni loro pa-rola ed ogni loro gesto sprigiona.Finite le domande si può ripartire, la genteesce dalla libreria e comincia a riaccende-re le candele che aveva spento preceden-temente. Si riprende la marcia. Ancora qual-che minuto e dopo aver attraversato la piaz-za centrale di Cantù arriviamo alla terza edultima tappa, entriamo nella libreria Libux.Appena entrati altre persone si accalcanoper acquistare il libro e ricomincia la filaper avere l’ambita dedica di Hebe de Bo-nafini e di Mercedes Colas de Mero. Pianopiano le persone cominciano ad uscire, cisi saluta e ci si dà appuntamento alla seraal convegno del Coordinamento comascoper la Pace.Il prologo e la piccola manifestazione sipuò dire riuscita in pieno: un piccolo ge-sto, ma di grande spessore. @

Questa è una storia di morte, ma èanche una bella storia di vita. Un lungo cam-mino iniziato più di 20 anni fa, nel lontano30 aprile 1977, quando un gruppetto di don-ne coraggiose scese nella piazza principaledi Buenos Aires per esigere giustizia.Correvano anni di piombo e l’Argentina eramartoriata dal terrore dei calci sulle porte,dai ford falcon dei paramilitari, dai fucili Ita-ca, dai sequestri, dalle torture, dal silenzioe dall’indifferenza.Il lungo cammino di quelle donne arriva finoa oggi, quando l’impunità viene sancita acolpi di decreti presidenziali. Il dolore con-tinua a essere lo stesso e la morte in divisaincombe ancora nelle strade.Malgrado tutto loro continuano, lì, nella stes-sa piazza, con i loro fazzoletti al vento, ri-solute, con i segni degli anni sul corpo, mapiù giovani che mai quando si tratta di sfi-dare i potenti.Quale forza speciale muove le Madres di Pla-za de Mayo, come hanno potuto resistereper tanto tempo senza arrendersi?La risposta la danno le stesse protagonistedi questa storia quando confessano che laloro lotta, la loro costanza e l’incredibile

audacia nel continuare a lottare è scaturitada un atto di grande amore, da qualcosa disimile a un parto. Poiché dopo tanto tempotrascorso, dopo migliaia di chilometri per-corsi nella piazza che le ha viste nascere, èevidente che ognuna di loro è stata partori-ta dai propri figli.Da loro hanno ricevuto il nuovo verbo e sisono decise a raccontare al mondo che, pri-ma di essere sequestrati e uccisi, quei ra-gazzi e quelle ragazze meravigliosi eranoimpegnati a cambiare la società, a capovol-gere una storia in cui, da sempre, gli sfrut-tati erano gli stessi e in cui pochi godevanodi privilegi a spese della grande maggioran-za.Furono proprio loro, le Madres di Plaza deMayo, che lentamente, a partire della prati-ca quotidiana, cominciarono a identificarsicon il discorso rivoluzionario portato avantidai loro figli, trasmettendolo alle nuove ge-nerazioni, trasformando una realtà che sem-brava condurre inevitabilmente verso laparalisi in qualcosa di dinamico che nel tem-po è diventato un esempio per tutti coloroche vogliono cambiare questo mondo ingiu-sto.

Una storiadi mor te e di vitaIl prologo del libro Non un passo indietro! Storia delle Madres di Plaza de

Majo presentato da Hebe de Bonafini nell’ambito dell’iniziativa Una candelaaccesa per i desaparecidos

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La rivoluzione dei fazzoletti.La storia di queste donne non è stata perniente facile e tantomeno lineare e sche-matica. Cominciarono ad andare in piazzacon le teste scoperte. Era un piccolo grup-po compatto di donne piene di paura, stan-che di vedersi sbattere in faccia tutte leporte e di sentire scuse, insulti, bugie.Marciavano con la profonda convinzione cheper ogni secondo trascorso aumentavano irischi per la vita dei loro cari sequestrati.Poco tempo dopo iniziarono a usare unfazzoletto bianco (che però aveva la formadi un pannolino bianco), con scritti i nomidei loro figli e delle loro figlie e con ladata della scomparsa.Alcune di loro aggiungevano alla dolorosacoreografia la foto di un ragazzo con ilsorriso di chi vuole impossessarsi del futu-ro o di una ragazza che metteva in mostrala pancetta, segno di una incipiente gravi-danza.«Vivi li hanno portato via, vivi li rivoglia-mo» urlavano le Madres solitarie, in un’Ar-gentina che aveva imparato, a colpi di baio-netta, a non ascoltare, a non vedere, a nonparlare. Loro, in quei momenti di dura re-

pressione, rappresentavano il simbolo piùalto della resistenza.Alla marcia nella piazza si aggiungevanosempre più persone e i militari assassinicominciarono ad avere paura. Così, un gior-no, portarono via Azucena (Azucena Villa-flor De Vincenzi), e anche due suore fran-cesi andarono ad allungare l’elenco deidesaparecidos.In quei momenti tutto sembrava crollare esembrava che il gruppo avrebbe finito coldisperdersi, ma le Madres erano troppo co-raggiose per pensare di fare un passo in-dietro. In quelle circostanze cominciò aprendere forma il pensiero di Hebe (HebeBonafini, attuale presidente dell’Associa-zione).La sua enorme saggezza, rinforzata dai colpiricevuti, la fece diventare il motore orga-nizzativo di cui il movimento aveva biso-gno.Uno dei tanti giovedì in Piazza ci fu unanuova nascita: i pannolini diventarono faz-zoletti bianchi senza portare più i nomi.La foto del proprio figlio, che rendeva lalotta una lotta personale, tornò nell’ambi-to dei ricordi più intimi.Ci fu il miracolo della socializzazione dellamaternità: «Noi siamo le madri di tutti idesaparecidos» disse Hebe facendo fare unenorme salto qualitativo alla lotta.Le Madres sono state le prime a rivendica-re la militanza pacifica operata nelle fab-briche, nelle scuole, nelle università e nel-

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le bidonvilles dai loro figli operai, studentie operatori sociali.Allo stesso tempo, però, hanno accettatosenza ipocrisia la dura ed estrema alterna-tiva di coloro che avevano impugnato learmi in difesa della libertà e della giusti-zia.Ecco perché le Madres affermano: «Da mol-to tempo la nostra Associazione si nutre disangue giovane, di uomini e di donne chelottano per un mondo più giusto; in ognu-no di loro vi sono i desaparecidos che cihanno partorito in questa lotta irrinuncia-bile; i desaparecidos ci hanno insegnatoche non solo si può morire per la rivoluzio-ne, ma in nome della rivoluzione si deveanche imparare ad ammazzare». Quest’ul-tima frase scatenò una grande polemica fratutti coloro che non hanno problemi di co-scienza quando si tratta di appoggiare imovimenti guerriglieri di altri paesi (in cuisi muore e si ammazza), ma che semprecondannano la lotta rivoluzionaria che sisvolge in casa.Le Madres sono state le prime a esigere

«Aparición con vida» (ricomparsa in vitadei desaparecidos), quando i “democraticiubbidienti e vigilati” arrivarono al potere:Alfonsín con le sue leggi di “Obbedienzadovuta” e “Punto finale” e Menem con lavergognosa grazia concessa ai militari as-sassini e ai loro inspiratori: le banche, lachiesa e i partiti politici di destra.Contro tutti costoro hanno lottato e lotta-no ancora le Madres; non solo chiedendogiustizia per i desaparecidos, ma anche tra-sformando la Plaza de Mayo in una tribunaaperta a tutti coloro che hanno qualcosada dire contro lo sfruttamento e l’ingiusti-zia.Ogni giovedì, la marcia delle Madres è di-ventata così la cassa di risonanza dellaprotesta popolare. Per i potenti di ieri e dioggi, le Madres sono soltanto delle “vec-chie pazze”; per quelli della sinistra sotto-messa sono decisamente moleste, per i sin-dacalisti corrotti sono il pungolo perma-nente che denuncia la loro tendenza disempre alla burocratizzazione.Nonostante questo, le Madres non sono sole.

Insieme a loro hanno marciato e marcianodecine di migliaia di giovani che le conside-rano il migliore riferimento etico di un pae-se che sembra avere scelto la frivolizzazionedei costumi, l’impunità e l’amnesia genera-lizzata.Hebe de Bonafini ha dichiarato:«Insieme aquesti giovani tornano alla vita i nostri amatifigli. Queste ragazze e questi ragazzi chescandiscono slogan rivoluzionari e alzanobandiere di lotta ci danno la forza per conti-nuare a marciare affinché la società cambidefinitivamente e si possa costruire l’uomonuovo che sogniamo».Non un passo indietro.«Il cuore solidale delle Madres de Plaza deMayo è grande, così grande da essere in gra-do di attraversare i grossi muri di un carce-re, scavare la terra da sud a nord, da est aovest e consegnare il solco agli sfruttatiperché comincino a costruire il loro futuro».Ho preso queste parole da un volantino scrit-to dai lavoratori statali della provincia diJujuy, nell’estremo nord del paese. Ed è vero,perché lì dove sorge un conflitto operaio, lìdove un latifondista pretende di dissangua-re di più i contadini, c’é sempre qualcunoche convoca le Madres de Plaza de Mayo perrompere il consueto silenzio dei mezzi d’in-formazione.«Dobbiamo chiamare le Madres, loro si mo-biliteranno insieme a noi». Madres con iminatori di Rio Turbio nell’estremo sud delpaese; Madres nel Chaco, insieme ai conta-dini; Madres al fronte della protesta dei sen-za terra di Quimil; Madres in Salta e Jujuy,in marcia con i lavoratori statali; Madres congli ingiustamente chiamati “bambini di stra-da” perché non sono altro che i figli dellamiseria e del capitalismo selvaggio; Madresnelle carceri insieme ai prigionieri politici esociali; Madres che lottano contro la poliziadal “grilletto facile” che assassina senza pietàgli abitanti delle periferie povere della GrandeBuenos Aires.Dove c’è un grido disperato che esige giusti-zia, lì ci sono queste donne incredibili. Ecoloro che vengono ad ascoltarle, non ascol-tano un discorso compassionevole, bensì unproclama pieno di energia, poiché per leMadres «l’unica lotta che si perde è quellache si abbandona».Le Madres sono l’avanguardia nella lotta peri diritti umani in Argentina e in America La-tina. Seguendo il loro esempio sono cresciu-ti in tutto il continente altri gruppi di don-ne e di madri disposti a lottare per i proprifigli imprigionati o fatti scomparire.Inoltre, le Madres de Plaza de Mayo hannopromosso, alcuni anni fa a Parigi, il primoincontro internazionale di donne in lotta cheha visto la presenza di più di quaranta or-ganizzazioni da tutto il mondo.E siccome la solidarietà si alimenta di soli-darietà, nel loro pellegrinaggio per il mondo

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le Madres hanno offerto il loro aiuto lì doveera necessario.Il loro abbraccio si è fatto sentire nella mar-toriata terra palestinese, nella selva Lacan-dona degli zapatisti, nelle miniere delle Astu-rie, negli scioperi della fame dei famigliaridei prigionieri baschi, nella Cuba socialistadi Fidel e della rivoluzione e insieme ai con-tadini dei Sem Terra del Brasile.Le Madres hanno ricevuto decine di ricono-scimenti internazionali per la loro difesa deidiritti umani, ma questo non ha impeditoloro di continuare a esprimere il loro pensie-ro più profondo e radicale, anche di fronte aparlamentari e alti funzionari di tutto ilmondo.Chiarisce Hebe che «coloro con cui comuni-chiamo meglio è la gente del popolo, perchéda lì veniamo ed è con loro che ci sentiamopiù a nostro agio».La cosa veramente singolare di queste don-ne, alcune ottuagenarie ma sempre dinami-che e attive come adolescenti, è il loro per-manente contributo all’ideologia rivoluzio-naria. Lo fanno a tutto campo: non credo-no nell’attuale esercizio del voto perché«molto raramente questo significa elegge-re coloro che faranno qualcosa di buonoper la gente».Non dichiarano guerra alla povertà perché«la vera battaglia bisogna farla contro laricchezza». Sono convinte che «il sociali-smo sia l’unica risposta alla miseria e allarepressione» così come affermano che «lademocrazia in cui proliferino fame e impu-nità è una farsa».La loro scommessa è la mobilitazione per-manente perché «il popolo nelle piazze èl’unica risposta al terrore»; credono since-ramente che «la politica non dovrebbe es-sere una parola che indica qualcosa di brut-to, bensì l’azione più bella compiuta da unessere umano».Le Madres sono fortemente radicali e vi-sceralmente sovversive. Affermano con con-vinzione che «in questo mondo è più de-gno rubare per mangiare che chiedere ele-mosina».Ogni giorno danno il loro contributo allarivolta popolare perché «i popoli hannodiritto di ribellarsi» e non parlano di pau-ra perché sanno che essa «é come un car-cere senza sbarre».Non vogliono sentir parlare della morte deiloro figli; rifiutano l’esumazione dei cada-veri e il riconoscimento dei corpi e nonaccettano funerali né onoranze postume,semplicemente perché «non c’è tomba chepossa racchiudere un rivoluzionario».Durante una visita nelle Asturie, le Madressono state accolte con le seguenti paro-le: «I vostri figli vivono in tutti coloroche lottano per i loro ideali, che resistononelle carceri, che si incatenano davanti allecaserme per non fare il servizio militare».

Per queste amate Madres i loro figli e tutticoloro che vogliono cambiare il mondo nonsono terroristi, non sono assassini ma«sono i più umili e disinteressati militan-ti per la vita e la libertà».Le Madres non condividono parole come“tolleranza” o frasi fatte come “porgerel’altra guancia”, perché «noi Madres sia-mo state fin troppo tolleranti e ci hannorisposto con l’impunità e la menzogna. Daoggi diventeremo le peggiori intollerantifinché non avremo giustizia per i nostri30.000 figli». E siccome per loro «la vitavale vita» si indignano quando scopronoche alcuni familiari hanno accettato il ri-sarcimento economico pari a 200.000 dol-lari offerto dal governo Menem per ognidesaparecido. «Per noi Madres il sangueversato non sarà negoziato».Le Madres non hanno mai voluto accetta-re le offerte pre e post elettorali dei poli-tici. Rifiutano anche le lodi facili di alcu-ne organizzazioni non governative che vo-gliono portare acqua al loro mulino.Non hanno fiducia nella solidarietà “cari-tatevole” se non in quella che nasce dal-l’impegno quotidiano con chi soffre. Nondanno né chiedono tregua e in questo sen-so a dare l’esempio per prima è proprioHebe de Bonafini: «I nostri nemici cerca-no di corromperci attraverso offerte di pat-teggiamento e denaro. Ma con loro noncondivido nessun tavolo; non ho nienteda negoziare; li odio con tutte le mie for-ze perché ci hanno portato via 30.000 fi-gli».Hebe è dura come l’acciaio, ma lascia tra-sparire quella tenerezza di cui parlava ilChe quando marcia insieme alle sue com-

pagne o quando parla davanti a 100.000giovani che la ascoltano con rispetto(come é successo in occasione della ma-nifestazione per il 25° anniversario delgolpe militare).Hebe de Bonafini è un personaggio impre-scindibile di questa storia di amore e diguerra. Da casalinga è diventata oggi laconduttrice naturale di questo movimentorivoluzionario così speciale.Le Madres sono un gruppo che porta mol-tissime proposte, unito nella diversità, maparlare di loro senza Hebe sarebbe quasiimpossibile, perché lei rappresenta l’ingra-naggio indispensabile per far funzionare lamacchina.Le Madres sono disposte a morire marcian-do in Plaza de Mayo e sanno che malgradooggi manchino molte di loro che non han-no resistito a tanto dolore, qualcuno pren-derà il loro testimone. Sono i ragazzi e leragazze nati nei campi di concentramento,in clandestinità o in esilio.Questi figli dei figli sono cresciuti vicinialle Madres, già sanno volare da soli e ri-vendicano le istanze rivoluzionarie dei lorogenitori.Di tutte queste cose e di tante altre anco-ra si parla in questo libro scritto dalle Ma-dres, fatto di testimonianze, discorsi, in-terviste.É la cronaca succinta di una storia univer-sale, quella di un gruppo di donne argenti-ne che un giorno, parafrasando il Che, co-minciarono a marciare, certe che il loropasso non si sarebbe fermato fino al rag-giungimento della vera indipendenza, quel-la per cui milioni di uomini e di donnedonarono la vita e la libertà. @

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Si è aperto venerdì sera a Como nell’aulamagna dell’Università il quarto convegnointernazionale del Coordinamento comascoper la Pace. Dopo l’introduzione di ClaudioBizzozero che ha anche spiegato che il pre-visto collegamento con Kabul per parlare conGino Strada non ci sarebbe stato, perché ilmedico di Emergency è troppo occupato dalsuo lavoro di chirurgo. La parola, per unbreve saluto introduttivo, prima dell’applau-ditissimo spettacolo Kamille va alla guerracon l’intensissimo monologo contro le guer-re per Emergency di Mario Spallino, è anda-ta a Hebe de Bonafini la presidentessa del-le Madri di Plaza de Mayo. Riportiamo alcu-ni passi del suo intervento.

«In un momento di tanta violenza e di tanto orrore sono onorata ed emozio-nata nell’aprire questo convegno che ha come tema una grande utopia, quella dellanonviolenza che merita una grande discussione.Noi, da ventiquattro anni, abbiamo sviluppato una lotta non violenta, ma non per questomeno forte. Mentre venivo qui pensavo ai milioni e milioni di bambini di donne e diuomini che sono vittime dell’irrazionalità della guerra.Io penso che tutte le madri, tutte le donne debbano uscire in strada in ogni parte delpianeta per fermare questa guerra che ci coinvolge tutti.Noi Madres prima di affrontare la tragedia della scomparsa dei nostri figli non credevamoche il conflitto sarebbe durato tanto: chi è oppresso talora non sa cosa sia la libertà. Lalibertà è tante cose (il cielo, la campagna, …), ma ha senso se non è per se stessi, maper gli altri. Mentre violenza è anche negare il diritto alla sanità, al lavoro allo studio.Credo che sia molto importante che questo incontro tratti di come difenderci dalla vio-lenza di paesi imperialisti come gli Stati Uniti che vogliono imporre a tutti la guerra.La lotta delle Madres è d’amore verso i nostri figli. La nostra è una lotta d’amore per unaPace conquistata con coraggio. La nostra marcia da 24 anni, tutti i giovedì dalle 15.30 inPlaza de Mayo, ha il significato di una lotta nonviolenta, ma non per questo meno forte,meno radicale, per la giustizia e per la libertà.Noi Madres, tutte le madri, abbiamo la responsabilità grande di impedire che i nostri figlivadano in guerra. Noi non li abbiamo partoriti per la guerra, ma per la vita, non liabbiamo generati per la morte, ma per la libertà». @

Contro la violenzadella guerraIn un’aula magna dell’Università di Como gremita di pacifisti Hebe deBonafini ha aperto, nella serata di venerdì 16 novembre, il convegno delCoordinamento comasco per la Pace Addio alle armi, la violenza come praticae progetto di libertà. Grande successo per l’intensissimo monologo contro laguerra di Mario Spallino, che ha presentato lo spettacolo per EmergencyKamille va alla guerra

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L’aula magna dell’università è pie-na, una folla di 650 studenti (in parte ac-colti anche in un’altra sala vicina, nellaquale gli interventi sono stati replicati) èvenuta per partecipare alla mattinata disabato 17 novembre, aperta dall’interven-to di don Albino Bizzotto.Bizzotto ha iniziato con una considera-zione di tipo storico: da quando è “scop-piata la pace” nel 1989 la guerra è statasempre più vicina. «Chi conosce la veritàdella guerra - ha detto rivolto al pubblico-: chi spara e lancia bombe o chi sta sottoe riceve le pallottole? Entrambi punti divista sono reali, ma è necessario sceglierequale adottare. Se si vuole un mondo piùgiusto bisogna adottare il punto di vistadelle vittime, che sono nel mondo 4 per-sone su 5. Bisogna entrarci e decidere».Ma come concretizzare questa decisione?Che cosa fare durante la guerra quando lanon violenza funziona prima e dopo, manon “durante”?La risposta di Bizzotto è “entrare” nei con-flitti in solidarietà alle persone che sonovittime. Così sono nati Beati i costruttoridi Pace, dall’idea di entrare disarmati “den-tro” la guerra. E, nel 1992, hanno propo-sto l’operazione Mir Sada, la marcia non-

Farscoppiarela PaceCon un lungo intervento rivolto agli studenti dellescuole superiori che, in silenzio, affollavano l’aulamagna dell’Università di Como, don Albino Bizzotto haportato, sabato 17 novembre, l’esperienza nonviolentadei Beati i Costruttori di Pace al convegno delCoordinamento comasco per la Pace Addio alle armi

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violenta sulla città di Sarajevo sotto asse-dio. Proprio in quell’occasione ci si è resiconto che la guerra non è solo bombe, gra-nate e cecchini, ma la guerra a Sarajevoera anche una città di 300000 abitanti cheerano senza mangiare, riscaldamento e ve-tri, con venti gradi sotto zero. «Ho capitoin quell’occasione - ha detto Bizzotto -che in guerra chi non ha armi non è inuti-le. Perché è fondamentale che ci sianocoloro che rompono le contrapposizioni trale parti». Proprio in una di queste opera-zioni di pace in Bosnia è stato ucciso aMostar Gabriele Moreno, il pacifista di Can-zo, martire della Pace.Anche la guerra contro l’Afganistan portacon sé lo stesso odio e le stesse tragediedi tutte le guerre. Secondo Bizzotto, in-fatti, la guerra con bombardamenti a tap-peto fa solo nuove vittime: siamo inoltrestati resi orfani degli istituti internazio-nali per il mantenimento della pace, dellacostituzione italiana, perfino della Nato,ma soprattutto dell’Onu. «Ormai - ha no-tato don Albino - dell’Onu non si parlanemmeno più e proprio l’Onu avrebbe do-vuto essere lo strumento principe nel per-seguire i terroristi».Bizzotto ha poi posto al pubblico il quesi-to su quale sia il motivo reale di questaguerra nella quale ci troviamo: è per libe-rare l’Afganistan dagli ostacoli per traspor-

tare il petrolio all’oceano Indiano, è pereliminare l’Onu sostituendo un’alleanzaUsa, Russia, Cina, escludendo l’Europa, èper l’industria bellica, è perché Bin Ladenè pericoloso se destabilizza l’Arabia Sau-dita? «Noi siamo cittadini italiani, accet-tiamo che a nome nostro si stiano bom-bardando persone inermi? Non possiamoavere alternative alla pace, non esiste l’al-ternativa tra pace e guerra».Per don Albino, per poter parlare di pace,è il sistema che va cambiato: Bin Ladennon ha niente a che fare con i poveri, èun ricco finanziere, ma poiché è contro lasuperpotenza rischia di divenire il paladi-no dei poveri provocati da questo siste-ma. Ma per fare questo è necessario cam-minare con i poveri.«In un mondo in cui tutto deve servire afare soldi perché è l’economia a realizzarela persona - ha concluso Bizzotto - alloraper l’economia si finisce per fare la guer-ra. Se invece sono i rapporti umani adavere importanza, possiamo fare miracoli.Dobbiamo smettere di dire “Ma non sonoimportante”. Chi è importante per un ma-lato in metastasi? chi sta vicino 24 ore algiorno o l’autorità che lo fa andare sui gior-nali?. Io e voi potremo fare insieme gran-di cose: costruire un mondo in cui la glo-balizzazione non sia quella dei mezzi e del-le cose, ma dei diritti». @

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Più tempo durerà il silenzio, più la guerra parlerà. I poveri ricercano la pacecome frutto della giustizia. Finché non ci sarà giustizia non potrà esserci pace. Per trepersone affette da antrace si scrivono fiume di parole. Immaginate San Siro pieno:queste sono le persone affette tubercolosi nel mondo e che poterebbero guarire con unaparte dell’incasso di un derby.Probabilmente per molti è difficile ubicare l’Ecuador. È un cuneo tra Colombia e Perù nelnord est del Sud America.Ci sono condizioni ottimali per la produzione agricola. Una migliore irrigazione potrebbeportare a produrre dieci volte il fabbisogno della popolazione. Ma con la dollarizzazioneavvenuta nel 2000 abbiamo perso la moneta, il sucre, a causa dell’inflazione (75% nelprimo anno di dollarizzazione). La verità è che il problema non è monetario ma di produ-zione: in Ecuador il costo della vita è come in un paese ricco e i salari sono da quartomondo. L’80 per cento della popolazione ha accesso al 26.5 per cento della ricchezza ilrestante 20 per cento al 73.5.In Ecuador il costo della vita è 423 dollari, il costo perl’alimentazione 260 dollari, a livello di sopravvivenza, lostipendio di un medico specialista 175 dollari.Nel paese la spesa sanitaria pro capite è12 dollari annui(Italia: 1660 dollari), il 26 per cento dei decessi è dibambini con meno di 5 anni, il 42 per cento di minori 45anni. Le cause di morte più frequenti per le giovani don-ne sono aborto, complicazioni del parto, suicidio, inci-denti, tubercolosi, polmonite. Nella nostra zona c’è unamancanza dell’80 per cento di servizi base. Il governo hafatto dono alla popolazione povera di circa 4 dollari almese, di cui solo 11 per cento riesce ad approfittare.«Avevamo due possibilità: mettere la testa sotto terradell’individualismo come lo struzzo, o andare contro cor-rente insieme, come i salmoni. Rafforzare le organizza-zioni popolari che cercano di trasformare la propria vita,il lavoro sanitario come scelta sociali, lo sviluppo di unsistema regionale di salute, formare i tecnici, migliorarel’alimentazione, migliorando la produzione, migliorare l’ap-provvigionamento all’acqua sana. I nostri sforzi sono inutilise qui non si lotta per cambiare la società».Rojas, oltre a tracciare un quadro drammatico della situa-zione in Ecuador, ha posto inoltre alcuni elementi allariflessione dei giovani presenti nell’aula magna dell’Uni-versità invitandoli a rompere il silenzio imposto dall’eco-nomia neoliberista, ad avere fiducia nelle utopie, a ri-spettare e valorizzare le differenze, a costruire futuro ri-cordando che «nessuno è così povero da non avere nullada dare o così ricco o saggio da non avere nulla da rice-vere o da apprendere». @

Il drammadell’EcuadorL’intervento del medico ecuadoriano Carlos Rojas al Convegno delCoordinamento comasco per la Pace Addio alle armi

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Riportiamo di seguito il testo inte-grale della lettera aperta inviata da padreJean-Marie Benjamin al vescovo di ComoAlessandro Maggiolini.

«Eccellenza Rev.ma,Colgo l‘occasione di una mia visita a Comoper presentarLe i miei rispettosi saluti esottoporre alla Sua cortese attenzione al-cune riflessioni a seguito di una recentetrasmissione su Rai uno, alla quale abbia-mo entrambi partecipato.Per i poveri le bombe dei ricchi.Lei sostiene che «bisogna colpire i terrori-sti», e su questo punto sono d‘accordo conLei, ma poi aggiunge anche «ovunque sinascondano», una logica di guerra che nelcontesto giustifica i bombardamenti sul-l‘Afghanistan e su quest‘altro punto nonposso più essere d‘accordo con Lei.È ormai sotto gli occhi del mondo interoche in questa guerra è colpita soprattuttola popolazione civile che, già prima deibombardamenti in corso, viveva in condi-zioni disumane di miseria. Bombardarepopolazioni che sopravvivono in una taleindigenza non mi sembra legittima difesa,ma un vergognoso massacro. Gli occhi spa-

lancati dei bambini afgani, seduti sulle lorocase di fango distrutte dalle bombe, conintorno a loro morte e distruzione; sguardidi ragazzi rassegnati che non capisconoperché debbano pagare un tal prezzo. Nonhanno cibo, non hanno acqua, non hannovestiti o scarpe e non hanno nemmeno piùla forza di piangere i loro morti. Colpirequesta povera gente, come da 11 anni quel-la dell‘Iraq, o sparando su dei ragazzini ebambini palestinesi che tirano delle pie-tre, ammazzandone a centinaia, anche que-sta, probabilmente, è legittima difesa. Sonostati dedicati giorni e giorni di solidarietàe commemorazioni alle vittime innocentidegli attacchi agli Stati Uniti, cosa checondivido e a cui partecipo profondamen-te – mi sembra quanto meno doveroso -,ma non ho sentito una sola frase di com-passione e di addolorato sentimento per levittime civili afgane né negli interventi dileader politici, né nelle dichiarazioni dialcuni prelati rilasciate alla stampa. È veroanche che non sono riuscito a leggere tut-ta la stampa.È per altro percepibile in Europa un cre-scente sentimento in alcuni politici, comepurtroppo anche in alcuni uomini di chie-sa, secondo il quale ci sarebbero delle vit-time innocenti di serie A e delle vittimeinnocenti di serie B.Come mai sono arrabbiati gli arabi?Distrutto dalla guerra del Golfo, poi sotto-messo per 11 anni ad un embargo spieta-to, bombardato nuovamente nel dicembre1998 con raid(s) unilaterali e settimanaliche durano da ben 10 anni e con centinaiadi vittime civili, ecco il popolo irachenoche sopravvive anch‘esso alla malattia, allafame, isolato dal mondo intero, con un

milione e mezzo di morti – tra i quali600.000 bambini (rapporto dell‘Unicef del29 agosto 1999) -. È vero che questo ge-nocidio è stato imposto – così hanno det-to e scritto – per punire Saddam Hussein.Se ho capito bene, quindi, più si uccidequesta povera gente, più si punisce Sad-dam Hussein. Anche questo è probabilmen-te nella logica della legittima difesa o del-la Carta dei Diritti dell‘uomo o della Con-venzione dei diritti del bambino!Il popolo iracheno (soprattutto quello delsud del paese) è contaminato dalla radio-attività provocata dalle armi all‘uranio im-poverito utilizzate dalle forze armate an-glo-americane durante la guerra del Golfo,con conseguenze spaventose sull‘ambien-te oltre che sulla popolazione. È stato det-

A MaggioliniLa lettera aperta di padre Jean-Marie Benjamin alvescovo di Como Alessandro Maggiolini. Benjamin èstato ospite a Como del Coordinamento comasco per laPace per partecipare al quarto convegno internazionaleAddio alla armi

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to: «É solo propaganda del regime irache-no». Però, in 11 anni, nessun paese occi-dentale, nemmeno la Comunità Europea, hamai inviato in Iraq un solo esperto a veri-ficare se tutto ciò fosse “propaganda ira-chena” o drammatica realtà. La commis-sione Affari esteri del Parlamento italianoha emesso una risoluzione votata all‘una-nimità (29 settembre e 16 novembre 1999)che impegnava il Governo a costituire unacommissione scientifica d‘inchiesta sullacontaminazione da uranio 238 in Kossovoed Iraq. Hanno aspettato le prime morti diragazzi italiani tornati dalla Bosnia e dalKossovo, nel gennaio 2001, per costituirela detta commissione. Alcuni mesi dopo,la commissione ha pubblicato il suo rap-porto, ma certo non tutto il rapporto. Ineffetti, oltre alla commissione italiana,anche quella dell‘Unep (Organizzazionedelle Nazioni Unite per l‘Ambiente) e quel-le di altri paesi europei hanno confermatonon solo la presenza di radiazioni da ura-nio 238, ma anche di plutonio e, peggioancora, un inquinamento da sostanze chi-miche micidiali, come ad esempio il cad-mio. In questi ultimi giorni sono morti al-tri due ragazzi italiani tornati dalla Bosniae dal Kossovo. Niente è apparso nella stam-pa! Certo, dato che al momento si sta bom-bardando l‘Afghanistan con le stesse armi,

“farcite” di uranio impoverito, di plutonioe di cadmio, il silenzio dei media è di do-vere. Tutto l‘armamento di Israele è ameri-cano. Cosa sparano un carro armato Abramo un elicottero Apache quando fanno fuo-co contro i palestinesi? Lo chieda agliesperti.Così si bombarda l‘Iraq da 11 anni, si sparasu ragazzini e bambini palestinesi, si bom-barda la Libia, il Sudan, si colpiscono lepopolazioni civili dell‘Afghanistan e poi,sorpresi, ci si chiede come mai sono arrab-biati i paesi arabi?“Proteggere il mondo civileLei ha dichiarato, Eccellenza, di voler pro-teggere la sua gente dai terroristi. È unalodevole determinazione. Non credo comun-que che le bombe, i missili e la morte dimigliaia di innocenti sia la strada giustaper proteggere la sua gente.All‘indomani dell’11 settembre, capi di Sta-to e leader di tutta Europa hanno dichiara-to: «difenderemo la nostra civiltà»; poi sisono resi conto che era proprio questa larisposta che Bin Laden aspettava. Allorahanno cambiato impostazionedicendo:«Questo non è un conflitto di ci-viltà, tanto meno contro l‘Islam, e tutta-via continueremo a bombardare anche du-rante il Ramadan». Dopo aver proclamatoche si trattava di «difendere il mondo civi-le», nella stampa araba si è potuto legge-re: «Loro sono il mondo civile, probabil-mente noi siamo il mondo incivile».Al grande raduno del presidente del Consi-glio, lo scorso 10 novembre in piazza delPopolo a Roma, è stata decretata la difesadel mondo libero e dei valori della demo-crazia. Finalmente una giusta proposta.Purtroppo, però, il metodo non mi sembraquello giusto. Proclamare «di fare la guer-ra per difendere la pace» e allo stesso tem-po confessare sentimenti di amore e di fede,mi sembrano due atteggiamenti conflittua-li. Sarebbe un pò come dire a nostro Si-gnore: «Maestro, noi siamo d‘accordo diperdonare i nostri nemici, anzi possiamoanche amarli, ma in ogni caso dobbiamosterminarli».Vede, Eccellenza, sterminare i talebani ecatturare Bin Laden è come staccare un ditoda una mano, il resto del corpo si trova indecine di paesi, ed ogni bomba che cadesulla testa degli afgani, degli iracheni, deipalestinesi è acqua al mulino per le centi-naia di organizzazioni estremiste che co-stellano i deserti dei paesi arabi. Per «pro-teggere la sua gente» mi permetto di sug-gerire innanzitutto che si fermino le bom-

be, i missili, gli embargo e che cessino leumiliazioni che da troppi anni colpiscono ipaesi arabi.L‘ho già scritto e lo ripeto ancora adesso:il cuore del problema non è soltanto BinLaden e i talebani; il cuore del problema èl‘Arabia Saudita, maggiore alleato degliStati Uniti, poiché nei luoghi santi del-l‘Islam non si può bombardare, inviare trup-pe e, tanto meno, invadere il paese.Erano circa ventimila a piazza del Popolo,ma oltre centomila si trovavano a sfilarecontro la guerra. Effetto boomerang.«La guerra non risolve alcun problema, nonfa che aggravare le cose», ripeteva Gio-vanni Paolo II al presidente Bill Clinton,che gli rispondeva: «(…) Sua Santità nonci ha fatto dimenticare la nostra responsa-bilità».RingraziandoLa per la Sua attenzione, Leinvio i miei rispettosi e fraterni saluti». @

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Il convegno Addio alle armi, organizzato dal Coordinamento co-masco per la Pace si è aperto sabato 17 novembre 2001, con l’incon-tro di padre Jean Marie Benjamin con gli studenti comaschi. Il padre,ex-funzionario dell’Onu, sacerdote dal 1991, provoca da subito glistudenti esortandoli a ricercare le cause di ciò che accade: se ci sonofatti, ci devono essere cause. Da questa affermazione inizia la lungadenuncia ricca di dati esaurienti di Benjamin. «Oggi non si possonoanalizzare le cause, si è immediatamente accusati di essere anti-americani o anti-semiti... -afferma il padre -, dobbiamo chiederci se

ciò che accaduto l’11 settembre è un’azione o una reazione. Ma bisogna poterlo anchedire». Benjamin cita da le monde diplomatique l’articolo l’Adversaire: «Dobbiamo stareattenti a non creare vittime di serie A e vittime di serie B». Bisogna imparare a leggeredietro la cattiva informazione che ci viene offerta: capire che non c’è differenza tra imorti ammazzati dagli effetti collaterali delle bombe occidentali e i morti uccisi daSaddam Hussein. Aljazira è una televisione che mostra realmente ciò che accade, i mortiche si vedono sono morti veri, non come quelli che ci sono stati mostrati il 2 agosto del1990, quando si doveva mostrare Saddam Hussein come assassino: «Saddam non è unchierichetto, ma questi documenti falsi erano stati girati negli studi televisivi statuni-tensi». Benjamin sostiene che noi abbiamo insegnato al mondo il significato di un’infor-mazione democratica, ma poi ce ne siamo dimenticati. Infatti anche questa si inseriscenella logica degli interessi economici e politici.Se in Iraq, a causa di un embargo di 11 anni, di 942mila proiettili all’uranio impoverito,di 135mila tonnellate di bombe, abbiamo la morte di un bambino ogni 8 minuti, “duetorri” che cadono ogni mese, senza contare le malformazioni dei neonati e nessuno neparla, né se ne assume la responsabilità, non si può non chiedersi se ciò che accadeoggi, e che è accaduto l’11 settembre, non sia in qualche modo collegato ad una storiache unisce in qualche modo i paesi islamici. Di fatto il padre racconta la storia di unatragedia annunciata, una tragedia provocata da una situazione di disinteresse totale daparte dell’occidente nei confronti di popolazioni intere. @

Azioneo reazione?Padre Jean Marie Benjamin ha incontrato gli studenticomaschi formulando loro una domanda: «Ciò che èaccaduto l’11 settembre è un’azione o una reazione? Ognimese in Iraq cadono due torri: possiamo accettare cheesistano vittime di serie A e vittime di serie B?»

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La storia di un cammino dall’intimo individuale all’inter-nazionalità è stato ciò che le Madri di Plaza de Mayo hannoraccontato, per voce di Hebe de Bonafini, agli allievi degli isti-tuti superiori comaschi sabato 18 novembre nel corso del con-vegno Addio alle armi organizzato dal Coordinamento comascoper la Pace. La scomparsa del proprio figlio, durante la ferocis-sima dittatura argentina degli anni settanta, ha provocato in14 madri argentine l’esigenza individuale, ancor prima che civi-le, di riunirsi in manifestazione nella piazza antistante il palaz-zo del Governo argentino, il 30 aprile 1977. Questo fu l’inizio diun «percorso in continua evoluzione, come la coscienza dei no-stri figli rivoluzionari», i 30mila desaparecidos argentini. Madriche manifestano per un dolore intimo, in seguito per protestapolitica nonché per denuncia dell’ingiustizia. Il discorso al plu-rale di Hebe fa continuo riferimento al fatto che i loro figli lehanno partorite ad una maternità sociale, come madri di tutti itorturati, prigionieri, scomparsi e ad una coscienza politica diopposizione al sistema e rivoluzione. Le Madri “pongono il cor-po” ormai in tutto il mondo ove ci sia esigenza di giustizia, cosìi figli iraqeni, peruviani, di Belgrado ed altri sono diventati lorofigli.«La vita dei figli vale vita» afferma con forza Hebe. Da qui ilrifiuto totale di musei, riparazioni economiche, monumenti, rie-sumazioni, che sono riferimenti alla morte, è la forza dell’azionedi porre il corpo, di essere individui fisici, che danno vita alladenuncia. Non c’è riparazione che possa riportare il proprio fi-glio o assegnagli un valore, c’è solo la possibilità di non lasciaremorire la loro coscienza politica.Durante una dittatura mancano spazi di libertà, quindi occorreconquistare questi spazi; la piazza è diventata questo spazio dilibertà per le Madri che, da 24 anni, ogni giovedì la occupano conuna mezz’ora di silenzio, seguita da un discorso politico. Hebe avverte i ragazzi italiani: «latelevisione è il peggior secondino della libertà! Questa vi toglie il diritto di scegliere anchele più piccole cose», ma denuncia anche l’utilizzo improprio della stampa, riferendosi inparticolare al totale travisamento delle parole da loro pronunciate, ieri pomeriggio nel corsodella fiaccolata tra le librerie di Cantù, da parte del quotidiano La Provincia. Hebe, dopo averillustrato le ultime conquiste delle Madres, tra cui un’università di formazione alla politica,conclude il proprio intervento mostrando il foulard bianco che portano tutte le Madres, ilfoulard porta una scritta: lotta per la vita non violenta. @

Un camminodi libertàDurante il quarto convegno del Coordinamento comasco per la Pace Addio

alle armi, le Madri di Plaza de Mayo hanno invitato gli studenti comaschi aduna riflessione rivolta alla comprensione e alla valorizzazione della libertà.Raccontando la loro esperienza personale sono state accolte calorosamentedalle ragazze e ragazzi presenti

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Con logica avvincente e stimolanteNanni Salio ha offerto un insieme di rifles-sioni sull’alternativa guerra-pace, sui mo-tivi e gli interessi che sostengono la guer-ra e, soprattutto, sulle possibilità di unpercorso di pace. «Non è facile un discorsostrutturato - ha detto Salio - data la situa-zione caratterizzata da problemi di naturaglobale non separabili tra loro. Gli attualieventi bellici forniscono esempi eclatanti,che appare superfluo commentare, di ciòche una guerra oggi produce: conseguenzesui civili, impatto sull’ambiente. Per l’ar-roganza di una superpotenza che vuole im-porre il proprio modello di potere econo-mico, militare e politico». Salio ha analiz-zato velocemente anche le ultime vicendein Italia: sinistre alla guerra, perché han-no assunto la tesi dominante: non ci sonoalternative. In realtà «non ci sono capaci-tà di trovare alternative». Cosa fare dun-que? Il relatore ha delineato a questo puntola situazione che si è concretizzata negliultimi anni: la realtà di un movimento tran-snazionale formato da organizzazioni nongovernative, associazioni diversificate,spezzoni di sindacato, soggetti vari. Unarealtà dinamica attraversata dalla politicadella nonviolenza, che induce ora a unariflessione critica. Ha subito una battutadi arresto dopo l’11 settembre, ma rimanevitale. Un movimento che costituisce “ilmovimento dei movimenti”, a cui appar-tengono - ha citato Salio - gruppi come laRete Lilliput, ma anche i Social forum, che

La nonviolenzacome progettopoliticoNel pomeriggio di sabato 17 novembre, si è svolta, allapresenza di circa 400 convegnisti, nell’aula magnadell’Università di Como, la sessione La nonviolenza comeprogetto politico del Convegno Addio alle armi delCoordinamento comasco per la Pace

ANNA RENNA

sono riusciti a portare alla luce i problemifrutto di una insensata politica. Ma occor-rono altri passi: riflessione autocritica,evitare di commettere errori, capire (grup-pi no-global) che la violenza nella lottapolitica è un boomerang, soprattutto nellenostre società occidentali. Non è sufficienteperò l’azione di volontariato per trasfor-mare la società, ma occorre trovare moda-lità di collegamento (come una rete) estrutture stabili, creare una propria agen-da e rispettarla indipendentemente dallecontingenze.Soprattutto occorre costruire l’alternativadella pace. Bisogna creare una alternativaalla difesa militare basata sulla prevenzio-ne del conflitto armato, dopo è troppo tar-di. «Se vuoi la pace finanzia la pace». Ne-gli ultimi anni interventi come corpi civili

di pace, caschi bianchi, Donne in Nero sonostati ben più numerosi di quelli delle Na-zioni Unite. È possibile, secondo Salio, chie-dere che una cifra congrua venga destina-ta a questi obiettivi. Ora per queste inizia-tive, zero lire. «Dobbiamo muoverci nelladirezione che imponga alternative al para-digma vinci (che poi è perdi)». Occorre «riu-scire a smuovere le associazioni che ora silimitano alla retorica della pace, non ac-contentarsi della marcia Perugia-Assisi». Maoperare per rimuovere le radici, per esem-pio «agire nei confronti delle banche chefinanziano la guerra». In sintesi «tradurrei nostri ideali in politica quotidiana e atti-va».Antonino Drago ha ripreso il tema del con-vegno dichiarando di volerlo trattare nellamaniera più ampia: «È una questione di

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pensiero politico che non deve essere de-bole come ora. Nonviolenza è pensiero for-te, ideologia, non in senso negativo, mastruttura sistematica di pensiero».Drago ha tratteggiato l’evoluzione del pen-siero della nonviolenza attraversando le fasidi elaborazione indotte dai contributi deiprincipali personaggi di riferimento e met-tendo in luce le diverse dimensioni: etica,religiosa, ecologica, politica.Gandhi, icona assunta a simbolo nel con-vegno, resta trasversale come il principio«unire il personale al politico».Dalle tradizioni religiose, ha sottolineatoDrago, provengono importanti testimonian-ze: Tolstoj (ha scoperto il nesso tra obiezio-ne politica e ispirazione religiosa), La Pira,don Tonino Bello (grande ispirazione reli-giosa), ma Gandhi fa compiere un passo an-cora più forte. Per l’ampiezza della dimen-sione etica: che deve esprimersi attraversol’operatività, che guarda alle conseguenzedel proprio agire, che si ispira al principio«occhio per occhio fa mondo cieco». La non-violenza come etica si ritrova, ha detto Dra-go, anche in don Milani che ha rivolto l’im-pulso etico alla scuola. Etica come manieradi agire in un settore della società.Nell’esplorare anche gli aspetti politici edecologici della nonviolenza, il relatore hasottolineato il problema delle scelte: «Sideve scegliere se si vuole essere nonvio-lenti, se non ci sono scelte tutte le politi-che di nonviolenza perdono senso. Corsaagli armamenti oppure nonviolenza. Ener-gia nucleare oppure energie ecologiche al-ternative».Drago ha citato anche meriti ed errori delsocialismo che non ha saputo indicare al-ternative sul progresso e sulla tecnologia.«La sinistra - ha aggiunto - non ha capitonemmeno l’ecologia, non capisce la dram-maticità della situazione della terra». «Ilproblema di fondo è riuscire a definire unmodello di sviluppo. Parola chiave. Se neparla rarissimamente quasi per sbaglio».Drago ha ricordato, come esempio di suc-cesso, la lunga lotta per l’obiezione di co-scienza (dal ’47 al ’72) che ha portato alladefinizione del servizio alternativo.La Caritas ha svolto una enorme funzioneper qualificare il servizio civile («sono cam-biate anche le curie»). Anche le lotte deglianni ’70 contro il nucleare hanno portatoal successo (grande rispondenza in parti-colare della Puglia che era contro ancheprima di Cernobyl). «I non violenti devonoguardare tutti gli aspetti della società, nonsolo quelli militari». Occorre creare e au-mentare movimenti di base svincolati dal-la politica dei partiti perché, secondo Dra-go, «la forma partito non è praticabile ameno di modificarli (anche i verdi hannodeluso)».

A conclusione il relatore ha auspicato, sul-l’esempio di Pisa, la creazione a Como diun corso di laurea in scienze della pace.Con arguzia e ironia Lidia Menapace, attra-verso esempi ed episodi di vita vissuta, haofferto molti spunti per comprendere la suavisione di pacifismo, che quasi sempre sirapporta alla condizione femminile e aigrandi contributi che le donne hanno ap-portato.La relatrice ha analizzato la natura delmovimento nel quale opera: «Convenzionepermanente di donne contro le guerre».Convenzione come patto per azioni, atti-vità. Non associazione femminista (ce nesono molte): viene tolta efficacia, invececonvenzione che equivale «a uscire da casaper una comune convenienza». «Megliomovimento invece di partito politico (nonriformabile), basato su una cultura intrin-secamente militarista. Non è ineluttabile:si può e si deve rifiutare».Convezione permanente perché bisognauscire dall’episodicità, perché è necessa-ria una forma politica permanente, comepermanente è la guerra. Non c’è un pro-getto di cultura politica che non rigetti ilricorso alla guerra: «Le guerre non risol-vono i conflitti». Si concludono con trat-tati di pace, ma sono «trattati di vittoriae non di pace». «I conflitti esistono, l’im-portante è che si analizzino e li si gover-nino».Mao Valpiana ha sottolineato la dimensio-ne di nonviolenza come progetto politico.«Non dobbiamo dare nulla per scontato»,ha detto, in un mondo in cui «si chiamalibertà duratura una pioggia di bombe eintervento di pace una aggressione».«Nella nonviolenza è insito un concettodi forza», ha sottolineato, «un modo diatteggiarsi nel mondo, (anche verso glianimali)».Valpiana ha citato Gandhi, per il quale lanonviolenza era anche una prospettivapolitica, Aldo Capitini che ha praticato lanon violenza come testimonianza perso-nale durante la resistenza fascista e dopoper la formazione all’organizzazione della

nonviolenza. La grandezza di San France-sco viene sottolineata anche per discor-dare da alcuni (come il vescovo di Como)che lo riterrebbero inadatto come mini-stro della difesa. Non è vero per Valpiana:potrebbe essere il primo grande ministrodella difesa in Europa.La nonviolenza, ha avvertito il relatore,richiede addestramento, ricerca, pratica.«Siamo contro la guerra», ha dichiarato,«ma soprattutto contro la preparazionedella guerra, quando questa scoppia è trop-po tardi».Proprio perché si è sempre impegnati nel-la preparazione degli apparati bellici, Val-piana ha raccomandato innanzitutto la pre-venzione. «Invece della preparazione allaguerra occorre il disarmo unilaterale: qual-cuno deve cominciare». Occorre la prepa-razione delle alternative: è possibile, è giàaccaduto anche se non viene dato dallapolitica alcun credito.«Dal 7 novembre (voto del parlamento)»,ha detto, «dopo 2000 anni di cristianesi-mo viene ancora chiesto agli obiettori digiustificarsi!» Per fortuna, secondo Valpia-na le alternative ci sono: la nonviolenzaha mostrato di essere efficace. Come variepisodi dimostrano: il processo di pacifi-cazione nel Sudafrica, la caduta del muroBerlino. Anche se esistono esempi nega-tivi: la guerra del Kossovo che si sarebbepotuta evitare se Alessandro Lang fossestato ascoltato dall’Europa, quando 10 anniprima aveva sollecitato la pratica dellanonviolenza. Necessità corpi civili di pace,la democratizzazione dell’Onu: proposteche avrebbero portato qualche beneficiose fossero state ascoltate.Occorre, ha esortato Valpiana, dare credi-bilità e sostegno ai movimenti di pace: èpossibile per tutti farlo in tante forme(contributi, partecipazione, attenzione al-l’editoria di settore). Soprattutto, ha con-cluso, occorre definire, per ogni movimen-to, i confini del proprio agire, per non di-sperdersi : «I movimenti devono darsi lestrategie non farsele imporre; anche nellemanifestazioni». @

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ni era diretto contro indios: morti che nonvalevano come gli altri».Dall’America Latina all’Oriente, di dirittinegati si è continuato a discutere con l’eu-roparlamentare Luisa Morgantini, appenarientrata in Italia dal Pakistan. «Per tenereaperta una striscia di futuro in questi gior-ni oscuri, certi che valga la pena di vivereper sostenerci l’un l’altro», la parlamenta-re ha delineato il quadro della situazionetra israeliani e palestinesi, una realtà che,anche dopo i fatti dell’11 settembre, sem-bra destinata a non trovare sbocchi positi-vi a breve termine. Dal progressivo falli-mento degli accordi del ’93 all’escalationdi violenze di quest’ultimo anno, con 189vittime israeliane e più di 800 palestinesi,per quella regione la pace resta un’utopiaogni giorno più fuggevole, schiacciata tra«gli umilianti check-point dell’esercito isra-eliano e le risposte, spesso sbagliate negliultimi mesi, dei palestinesi. Resta comun-que il fatto - ha sottolineato Morgantini -che il ritiro dai territori è avvenuto soloparzialmente, e che ancora il 70 per centodella terra palestinese è sottoposta all’au-torità israeliana. Dal ’92, basti ricordaresolo questo, gli abitanti di Gaza e dellaCisgiordania non possono andare libera-mente a Gerusalemme est che, fino a quel-la data, rappresentava il 35 per cento del-la loro economia».A chiudere il lungo pomeriggio dei pacifi-sti comaschi, le relazioni del medico Car-

los Rojas, dall’Ecuador, e di Hebe de Bona-fini, entrambi impegnati all’interno di re-altà difficili e piene di contraddizioni. Seil primo ha descritto puntualmente le enor-mi difficoltà di un paese che, negli ultimiquindici anni, aderendo ad un modello distato neoliberista si è trovato ad affronta-re grandi difficoltà di tipo economico esociale, con uno spaventoso ampliamentodella forbice tra ricchezza e povertà, Hebede Bonafini, l’appassionata presidentessadelle Madri argentine di Plaza de Mayo,anche in questa occasione non ha rinun-ciato al suo stile indomito, condannandosenza appello la classe politica del suopaese. Con il fazzoletto bianco sui capelli,un simbolo, ormai, di resistenza e di lotta,la Bonafini ha raccontato alcune dellemolte azioni di disobbedienza compiutedalle Madres, soffermandosi poi sull’espe-rienza, inaugurata il 7 aprile dello scorsoanno, della libera Università realizzata dal-l’associazione. Parole, le sue, che non la-sciano spazio ad alcuna possibilità di per-dono per i responsabili delle sparizioni dimassa organizzate durante gli anni delladittatura, né vogliono sentir parlare di ri-sarcimento economico per le tante mortiche in Argentina hanno piegato un’interagenerazione. «Per conquistare la pace, qual-che volta occorre avere in mano un fucile»è stata la sua durissima conclusione. Hebede Bonafini, venticinque anni fa, duranteil regime ha perso un marito e tre figli. @

La forzadella veritàQuasi mille persone, una vera e propria folla, eterogenea e piena di entusiasmo,ha accompagnato la chiusura del convegno Addio alle Armi del coordinamentocomasco per la Pace, domenica 18 novembre. Ad animare l’ultima sessione deilavori, dedicata al tema La forza della verità, gli interventi di Rigoberta Menchù,premio Nobel per la Pace, Luisa Morgantini, parlamentare europea e Donna inNero, del medico ecuadoregno Carlos Rojas e di Hebe de Bonafini, la combattivapresidentessa delle Madres di Plaza de Mayo

LAURA VERGA

Mancavano pochi minuti alle tredi pomeriggio, domenica scorsa 18 novem-bre, quando la gremita platea dell’aulamagna dell’Università di Como ha finalmen-te potuto accogliere, con un caloroso elunghissimo applauso, l’ingresso di Rigo-berta Menchù, premio Nobel per la pace,prima relatrice dell’ultima sessione dei la-vori del congresso Addio alle Armi del Co-ordinamento comasco per la pace.Con indosso i colori accesi tipici del suopaese e la faccia vera, bella e serena dichi è abituato a non fare economia di sestesso, Rigoberta Menchù ha parlato didiritti e di lotta contro l’impunità, «quel-l’impunità amica del silenzio che tantimorti ha sulla coscienza, in ogni parte delmondo». Ricordando la necessità di edu-care i più piccoli ad una visione globaledella realtà, capace di suscitare in ciascu-no la consapevolezza di doversi battereper un futuro più equilibrato, il premioNobel ha ricordato le vittime dell’oppres-sione, dal Cile al Sudafrica, fino al suoGuatemala, ribadendo la sua fiducia nellapersecuzione penale dei responsabili dicrimini contro l’umanità. «Il genocidioperpetrato contro il popolo del Guatema-la, chiuso con la pace del ’96 - ha spiega-to -, è costato 200 mila vittime, 646 mas-sacri collettivi, 200 villaggi distrutti. Iochiedo all’umanità perché tutto questo nonfu evitato. Credo che la risposta stia nelfatto che la maggior parte di questi crimi-

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SABATO24 NOVEMBRE

EconomiaCOMO

Il nodo di Como della reteLilliput invita a parteciparealla Giornata mondiale delnon acquisto (Buy nothingday) 2001 fissata persabato 24 novembreA Como la giornataaderiscono Bilanci digiustizia Como, Gruppo diAcquisto Solidale di Luragod’Erba, CooperativaShongoti di Erba,ecoinformazioni.Sabato 24 novembre, dalle15.00 alle 18.00, aPortatorre, “sfileranno”carrelli della spesa vuoti diprodotti, ma carichi di

volantini e nuove idee;Cristina Quadrio dellacompagnia teatrale “FataMorgana” metterà in scenaburattini ne “Le storie diPulcinella”; alcunianimatori regalerannopalloncini ai bambini perriscoprire la gioia del donoe il valore della gratuità.Dunque vi aspettiamo tuttiin piazza, ma senzaportafogli e carte dicredito, almeno per ungiorno!Per informazioni sullaGiornata del non acquisto2001: Emanuele Bertelli,[email protected], tel.031.657031, GiovannaMontanelli,[email protected], tel.031.307925, Lucia Carretti,tel. 031.302880. Perinformazioni sulla ReteLilliput a [email protected],www.comopace.org/lilliput.

Solidarie-tàCOMO

La quinta edizione dellaGiornata nazionale dellacolletta alimentare,organizzata dalla fondazioneBanco alimentare e dallaCompagnia delle opere, sisvolgerà anche a Comosabato 24 novembre 2001.Nel 2000 nella provincia diComo circa 40 mila cittadinihanno donato viveri per untotale di circa 70 tonnellate(pari a circa 500 milioni dilire) successivamenteridistribuiti ai 33 entibenefici, per un totale di1819 persone bisognose,assistiti dal BancoAlimentare nel nostroterritorio. Hanno prestato laloro opera presso isupermercati oltre 1200

volontari facenti capo aiseguenti decine di gruppi eassociazioniL’obiettivo che si vuoleraggiungere quest’anno è diraccogliere 80 tonnellate diviveri. Nel nostro territoriosi segnalano i 25supermercati appartenentialle catene Bennet,Esselunga , Coop, Standa,Giesse , Il Gigante, Iper eBombardini.

Arte/soli-darietàINVERIGO

Dal 24 novembre al 16dicembre, alla GalleriaTogunà di Inverigo - VillaRomanò c’è la mostra Unvaso per le donne afghanecon la possibilità disostenere la campagnaNafas. Diamo respiro alledonne afghane, promossadalle Donne in nero che, dal1999, collaborano esupportano le donneafghane attraverso Hawca eRawa.

CinemaCIRIMIDOProiezione del film Lalingua del santo di CarloMazzacurati con AntonioAlbanese e FabrizioBentivoglio alle 21 alcinetetaro San GiovanniBosco a cura del Gruppo diinformazione delCoordinamento comasco perla Pace, promosso daassessorato alla Cultura eCentro culturale SanGiovanni Bosco per lasezione La curadell’ambiente del ciclo Oltrelo sguardo, rassegna

itinerante di film etematiche sui diritti umaninel mondo. Seguiràl’intervento di unrappresentante di Libera, suEcomafie. A conclusionedella serata, rinfresco con iprodotti del commercioequo. Per informazioni tel. efax 031.887385.Nel ricco nord-est due amicivivono in modo lento etranquillo i propri giornifuggendo dal ritmo freneticoche li circonda. Un giorno,però, incrociano l’occasionedella vita…@

CinemaLURAGO D’ERBAProiezione del film Laguerra degli Antò diRiccardo Milani con FlavioPistilli e Paolo Setta alle 21nell’oratorio San Luigi in viaManzoni a cura del Gruppo diinformazione delCoordinamento comasco perla Pace, promosso da Alianto,Biblioteca civica e parrocchiadi San Giuseppe per lasezione La realtà difficile delciclo Oltre lo sguardo,rassegna itinerante di film etematiche sui diritti umaninel mondo. Seguiràl’intervento di Mario Saetti,educatore, su Alla ricerca delsenso. A conclusione dellaserata, rinfresco con iprodotti del commercio equo.Per informazioni tel. e fax031.887385.Montesilvano (Pescara),1990: il ristretto contestoesistenziale non può cheammorbare quattro ragazzi,ognuno di nome Antonio, dispirito anarchico-punk, decisia non allinearsi al fatalisticogalleggiare a vuotodell’eterna provincia. Mal’ingenuità dell’agitazione

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messa in atto, oltre a nonrecare grosse soddisfazioni, lipone sulla soglia dellacriminalità. @

MusicaCANZOOltre l’opera alle 21 al TeatroSociale trascrizioni e fantasiedalle opere di Mozart,Rossini, Ponchielli, Bellini eVerdi con gli strumentistidell’Accademia del Lario e ilpianista Vsevolod Dvorkinper la rassegna LarioMusicaciclo di concerti sul territorioprovinciale promossodall’Amministrazioneprovinciale di Comonell’ambito del FestivalAutunno Musicale a Como edai Comuni interessati.Ingresso lire 20 mila. Perinformazioni tel.031.571150, 031.290402.

FesteERBASi va a ballare con il gruppoTempo libero dellacooperativa Noivoiloro,ritrovo alle 20.30 in via SanMaurizio. Per informazionitel. 031.340703.

DOMENICA25 NOVEMBRE

MusicaMENDRISIOConcerto jazz alle 10.30 alristorante bar Liceo in viaMaspoli 37 con il Maria Pattiquartet per Jazz matinée2001 nell’ambito dellarassegna Chi suona?

LUNEDÌ26 NOVEMBRE

LingueCOMOSpagnolo elementare dalle14.30 alle 16 e Tedescoelementare dalle 16 alle17.30 in via Volta 83 alCentro diurno per anzianiper l’Università popolaredell’educazione permanenteorganizzati da Auser, Anteae Comune di Como. Perinformazioni tel.031.239370 e 031.304000.

CucinaCOMOLa primavera alle 15all’Enaip in via Dante conRossano Nistri per il ciclo Atavola nelle festeorganizzato da Auser eAntea, con la collaborazionedel settore Servizi sociali delComune di Como e di CoopLombardia di via Giussaniper l’Università popolare perl’educazione permanente.Questa settimana la cucinadella luna: Crapa pelada eSan Giuseppe frittellaio.Degustazione: frittelle dizucchine, frittata di cicoria,tortelli di mela.

Letteratu-raCOMOI grandi poeti greci elatini. Alceo, Anacreonte edaltri poeti lirici alle15 invia Palestro 17 letture ecommento di brani tradottiin italiano con Enzo

Luraschi per il corso diletteratura classicadell’Università della terzaetà. Per informazioni tel.031.270288.

PsicologiaCOMOPscicosintesi pratica alle 16in via Palestro 17 conCarmen Guarino per il corsodi psicosintesi a curadell’Università della terzaetà.

Informati-caCOMOCorso di videoscrittura alle17 in via Palestro 17 conAngelo Pipero per il corso diinformatica per l’Universitàdella terza età.

CucinaCOMOTutti in cucina dalle 19 alle22 in via Dante 127 primalezione del corso di cucinaamatoriale, in quattrolunedì, organizzato da EnaipLombardia, centro serviziformativi e Associazioneprovinciale cuochi di Como.Ogni lezione si concluderàcon la degustazione deipiatti che lo chef PietroMagenta avrà presentato.Costo del corso lire 350mila. Per informazioni tel.031.302075.

FilosofiaCOMOElogio della ragionevolezzaalle 17.30 nell’aula magnadell’Istituto magistrale TersaCiceri in via Carducci 8 conGiorgio De Michelis, docente

di Scienze dell’informazioneall’Università di Milano,quarta lezione del corso diaggiornamento edivulgazione culturale Legrandi correnti della culturamondiale degli ultimivent’anni organizzato dalGruppo di iniziativaculturale Il Paguro edall’Istituto magistraleTeresa Ciceri, intitolato Laforza del mistero. Il limitidella razionalità. I noniscritti potranno assisterealle singole lezioni versandoil contributo di lire 15 mila.

CinemaCOMOProiezione del film Ál’attaque! di RobertGuediguian alle 20.15 e alle22.15 al cinema Gloria in viaVaresina per la rassegna Ilunedì del cinema Gloria. Losguardo oltre l’orizzonte.Ingresso lire 10 mila, ridottolire 7 mila.Regia Robert Guediguian.Sceneggiatura Jean-LouisMilesi e Robert Guediguian.Fotografia Bernard Cavalie.Montaggio Bernard Sasia.Scenografia MichelVandestien. Musica JaquesMenichetti. Personaggi eInterpreti: Lola ArianeAscaride, signor MoreauPierre Banderet, MartheFrederique Bonnal, HenriPatrick Bonnel, PepèMolitermo Guifa Chang, JeanDo Jeanne Pierre Darroussin,Il nonno Francis Caviglia.Francia 2000, colore, 90minuti.Due amici, soggettisti perprofessione dai caratterimolto diversi, decidono dimettere alla prova lorostessi in una sfida. Riuscirea scrivere un film di

argomento politico. Ledifficoltà non mancano, ledivergenze, le dispute e lericonciliazioni si susseguonofacendo comunque crescerela storia (con tanto dipossibilità alternative) delgarage “Moliterno & Co.”.Gigi e Jean-Do si occupanodella riparazione delle autoche Lola pulisce, mentreMarthe gestisce la parteamministrativa e il nonnoinsegna al nipotino appenanato canzoni italianerivoluzionarie, mentreVanessa e Moulod, altri duecomponenti della bizzarracompagnia, vendono fiori almercato. Ma l’officina è incattive acque e la chiusura èin agguato, una grandemultinazionale minaccial’esistenza dell’aziendafamiliare. La famiglia decideallora di rapire unindustriale che deve loro deldenaro ma non vuolepagarli.«Il mio è cinema politico,ma con humour, popolare. Ilcinema politico di solito nonè per il popolo, io invececredo nell’accoglienza. Nelfilm ci sono le canzonirivoluzionarie (Bella ciao), ilGrand Guignol, Brecht, ilcabaret tedesco degli anni’20, la Commedia dell’Arte. Ilcinema ed il teatro popolarenon sono per imbecilli.Usano soltanto unlinguaggio semplice,rievocano il carnevale, lafesta dove vincono ipoveri». Robert Guediguian@

SaluteBALERNACome testare gli alimenticon la kinesiologia dalle 20alle 22 in via Stazione 1

22

minicorso con TizianaBinaghi, kinesiologa,organizzatodall’Associazione di culturapopolare e dal centroAlchemilla. Costo fr. 85. Perinformazioni tel.004191.6835028.

CucinaBALERNALa sana gola. Corsogourmet dalle 19 alle 21 invia Stazione 1 primo dei treincontri, il lunedì,organizzatidall’Associazione di culturapopolare e dal centroAlchemilla. Costo fr. 130,per non iscritti fr. 170. Perinformazioni tel.004191.6835028.

MARTEDÌ27 NOVEMBRE

LingueCOMOInglese elementare dalle14.30 in via Volta 83 alCentro diurno per anzianiper l’Università popolaredell’educazione permanenteorganizzati da Auser, Anteae Comune di Como. Perinformazioni tel.031.239370 e 031.304000.

StoriaCOMOLa decolonizzazione inAfrica e Medio orientealle15 in via Palestro 17con Adonella MellaSpadavicchia per il corso distoria contemporaneadell’Università della terzaetà. Per informazioni tel.031.270288.

Letteratu-raCOMOIl realismo russo,un’esplosione di genialità:L. N. Tolstoi alle 16 in viaPalestro 17 con KarynaTeresa Kupsto per il corso diletteratura russa del 1800,il romanticismo russodell’Università della terzaetà.

Informati-caCOMOCorso di informatica alle

17 in via Palestro 17 conJana Skuta per l’Universitàdella terza età.

ArteMENAGGIOLa musica in Europa alle15 all’Istituto polifunzinaleEzio Vanoni con EnnioCominetti , Associazionegiovanile musicale per ilXIV corso autunnale 2001Conoscere l’Europa perconoscere l’eurodell’Università della terzaetà Leonardo da Vinci.Dedica musicale: Opera 38di Camille Saint-Saens.

MERCOLEDÌ28 NOVEMBRE

LingueCOMOInglese avanzato dalle14.30 alle 16 e Spagnoloelementare dalle 16 alle17.30 in via Volta 83 alCentro diurno per anzianiper l’Università popolaredell’educazione permanenteorganizzati da Auser, Anteae Comune di Como.Per informazionitel. 031.239370e 031.304000.

SaluteCOMOIgiene orale e prevenzionealle17 in via Palestro 17Maurizio Vandelli,specialista in odontoiatriaper l’angolo della salutedell’Università della terzaetà. Per informazioni tel.031.270288.

Letteratu-raCOMOLa poesia delle piccolecose: la raffinatezza delquotidiano di GuidoGozzano alle15 in viaPalestro 17 con GiuliaGalfetti per l’Universitàdella terza età.

Informati-caCOMOCorso di informatica alle17 in via Palestro 17 conBruno Vigneri per il corso diinformatica per l’Universitàdella terza età.

EconomiaCANTÙImpariamo ad usare l’euroalle 15 all’Enaip in via XIfebbraio 8 incontro diinformazione organizzatodalle Acli in collaborazionecon la cooperativa Questagenerazione.

GIOVEDÌ29 NOVEMBRE

PsicologiaCOMOStudio dei segnigrafologici e lorointerpretazione alle 16 invia Palestro 17 con IdaCarioggia Mascellaro per ilcorso di grafologiadell’Università della terzaetà. Per informazioni tel.031.270288.

Informati-caCOMOCorso di informatica alle17 in via Palestro 17 conBruno Vigneri perl’Università della terza età.

CinemaDESIOProiezione del filmL’uomo della pioggia diFrancis Ford Coppola conMatt Damon e MickeyRourke alle 21 al Liceostatale Maiorana in viaAgnesi 21 a cura del Gruppodi informazione delCoordinamento comasco perla Pace, promossoda Onlus dei popoliper la sezioneGlobalizzazione del cicloOltre lo sguardo, rassegnaitinerante di film etematiche sui diritti umaninel mondo. Seguiràl’intervento di MarzioSambruni, di Boycott!, suLa dittatura dellemultinazionali.A conclusione della serata,rinfresco con i prodotti delcommercio equo.Per informazionitel. e fax 031.887385.Rudy, giovane laureato inlegge, si trova di fronte almicidiale corporativismodelle assicurazioni e senzafarsi intimidire affronta lasua battaglia controavvocati da “mille dollaril’ora”. @

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TeatroBALERNASerata con unraccontatore di storie alle16 nella sala Acp incontrocon Roberto Anglisaninell’ambito della rassegnaSenza confini. Grandi epiccini a teatro organizzatada dicastero Cultura delComune di Chiasso,Associazione culturapopolare di Balerna, Teatrocittà murata di Como eTeatro Pan di Lugano. Perinformazioni tel.004191.6463983.

VENERDÌ30 NOVEMBRE

Letteratu-raCOMOKing Lear di WilliamShakespeare alle 11 in viaPalestro 17 con OrnellaBattarra Veltroni per ilcorso di letteratura inglesedell’Università della terzaetà. Per informazioni tel.031.270288.

FilosofiaCOMOAesthetica in nuce diBenedetto Croce alle 15 invia Palestro 17 lettura eproblemi collaterali cura diAldo Rossini per il corso difilosofia dell’Universitàdella terza età.

AmbienteCOMOIl monte San Giorgio alle16 con MaddalenaBarbesino Montorfano perl’Università della terza età.

Informati-caCOMOCorso di informatica alle17 in via Palestro 17 conJana Skuta per l’Universitàdella terza età.

LibriCOMOVia mala alle 21.15 in viaPalestro 17 presentazionedel libro di AlessandroLucacs organizzata dalgruppo letterario Ácárya.Ingresso libero.

MusicaCOMOConcerto del trio Brahms alle21 nel salone Enrico Musa inviale Cavallotti 7 conPierpaolo Maurizzi al piano,Michele Ballarini al cello eIgor Cantarelli al violino,musiche di Sostakovic eBrahms organizzatodall’Associazione G. Carducci.

DirittiCOMOGolbalizzare i diritti alle20.45 in via Canturina 164dibattito pubblico con KomlaKossi, medico e ArdjanPaçrami, sindacalista,moderatori Graziano Dizioli eVincenzo Bianchi,organizzato dal circoloculturale Libero Fumagalli.Ingresso libero.

SABATO1 DICEMBRE

CinemaCIRIMIDOProiezione del film X-men diBryan Singer con PatrickSteward e Ian Mckellen alle21 al cineteatro San GiovanniBosco a cura del Gruppo diinformazione delCoordinamento comasco perla Pace, promosso daassessorato alla Cultura eCentro culturale San GiovanniBosco per la sezione La curadell’ambiente del ciclo Oltrelo sguardo, rassegnaitinerante di film e tematichesui diritti umani nel mondo.Seguirà l’intervento diClaudio Furlanis, agronomo,su Biotecnologie. Aconclusione della serata,rinfresco con i prodotti delcommercio equo. Perinformazioni tel. e fax031.887385.Gli X-men sono mutanti conpoteri straordinari che dannoloro superiorità, ma lirendono anche dei “diversi”che lottano per i diritti civili.Alterazioni genetiche checreano emarginazione e unasottile linea grigia fra il tuttonero e tutto bianco. @

CinemaVILLA GUARDIAProiezione del film Ilmestiere delle armi diErmanno Olmi con HristoJivkov e Sergio Grammaticoalle 21 al cinema oratorio di

Maccio in via Dante 7 a curadel Gruppo di informazionedel Coordinamento comascoper la Pace, promosso daAmministrazione comunale eoratorio di Maccio per lasezione Il diritto del più fortedel ciclo Oltre lo sguardo,rassegna itinerante di film etematiche sui diritti umaninel mondo. Seguiràl’intervento di MarcoTamborini, ex-Aermacchi, suIl nuovo ordine mondiale. Aconclusione della serata,rinfresco con i prodotti delcommercio equo.Per informazionitel. e fax 031.887385.Novembre 1526. Giovannidelle Bande nere, a soli 28anni, è capitano dell’armatapontificia nella campagnacontro i lanzichenecchi di

Carlo V. Conteso dai principiper la sua grande esperienzanel “mestiere delle armi” esoprattutto nella guerraall’arma bianca, viene traditodall’introduzione delle armida fuoco. @

LibriCANZOLa repubblica delle bananealle 20.30 nella sede dellaComunità montana delTriangolo lariano in viaVittorio Veneto, FabioCarrara, giornalista, presentail libro di Marco Travaglio ePeter Gomez. ParteciperàAntonio Di Pietro,parlamentare europeo eleader dell’Italia dei valori-lista Di Pietro. Informazionitel. 031.3357007.

FesteERBACena della montagna alle19.30 in via San Maurizioorganizzata dal Gruppotempo libero della coop.Noivoiloro. Per informazionitel. 031.640703.

SaluteBALERNACristalloterapia oggi edomenica 2 dicembre dalle9.30 alle 18 in via Stazioneminicorso avanzato conAngelo Balladori, studioso diterapie energetiche,organizzato dall’Associazionedi cultura popolare e dalcentro Alchemilla. Costo fr.240. Per informazioni tel.004191.6835028.