Durante noi - Dopo di noi

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TRIMESTRALE iscritto al n° 789 del Registro Periodici, Tribunale di Lucca - Direttore Responsabile: Vera Caruso n° 1 anno 2012 cinque per mille alla cooperativa C.RE.A. Il codice fiscale è 00985350461 - Grazie Via Virgilio 222 55049 Viareggio Tel. 0584 384077 Fax 0584 397773 [email protected] www.coopcrea.it CREA soc. coop. sociale Per il nuovo centro diurno di Camaiore, donazioni IBAN IT09 P061 6024 8000 0002 3156 C00 Cimbilium - Kamaleonti La ragion d’essere della nostra cooperativa, il motivo iniziale per cui ci siamo costituiti, insieme ma forse anche prima della “necessità di cercare continuità di occupazione lavorativa”, è stato un forte sentimento di giustizia, il bisogno di tenere sempre presente il destino degli emarginati e fra questi includevamo le persone disabili, spesso oggetto di discriminazione e di esclusione, stigmatizzate come diversi, diversi rispetto a chissà quale giusta e rassicurante normalità. La cooperativa CREA si è costituita negli anni ’80, sotto una forte spinta motivazionale. Erano anni in cui si intendeva lavorare per un mondo migliore per tutti incluse le persone disabili. Non ci sarebbe stato bene-essere se non poteva essere per tutti e forte era l’urgenza di fare, per sé ma anche per gli altri. A partire dalla riflessione sui progetti di vita, sulle capacità residue, sulle abilità sociali, sulla diversità come valore, il nostro obiettivo era costruire percorsi di vita “che dal disagio conducessero all’agio”. Negli anni fra il 1988 e il 1999 nasce e si sviluppa il progetto del centro diurno come “laboratorio delle differenze” per garantire alle persone disabili progettazione individualizzata, lavoro in piccoli gruppi, attività artigianali differenziate e rinnovate nel tempo, in un’ottica di sviluppo della partecipazione attiva degli utenti e delle loro famiglie, di integrazione e di scambio con le comunità. Negli anni ’90, diamo vita ad una nuova cooperativa, CREA Impresa, con l’idea e l’impegno di pensare all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, partendo dalla consapevolezza che l’integrazione passa dal lavoro, e nell’ambito della L. 381/91 che istituisce le cooperative sociali di tipo B, intendiamo realizzare progetti per lo svolgimento di attività diverse: pulizia del verde, delle spiagge e degli ambienti, arredo urbano, gestione di strutture turistiche: Rimane irrealizzato il desiderio di aprire un “barino” o un piccolo ristorante da gestire con i disabili. Dagli esordi ad oggi la CREA ha visto un forte sviluppo nella gestione dei servizi per disabili e più in generale nella gestione dei servizi socio sanitari ed educativi. Negli anni, con difficoltà e fatica abbiamo adattato il sogno alla realtà e investito capitale umano ed economico in un’impresa sociale che in quel sogno crede ancora. Il tempo è passato velocemente e con molti cambiamenti; oggi è più che mai necessario uno sforzo e un impegno progettuale: quasi due anni fa abbiamo messo in piedi un gruppo di ricerca sullo stato attuale del mondo delle persone disabili e delle loro famiglie nella provincia di Lucca. I risultati di quella ricerca sono stati presentati in un convegno e sulla base di quel lavoro vogliamo oggi proporre una riflessione che coinvolga associazioni, familiari, soggetti pubblici e privati e formulare una proposta concreta di servizi diversi, vorremmo che questo foglio potesse diventare un cantiere aperto a partire dal quale costruire un progetto nuovo. Il rischio che oggi corriamo è grosso, la riduzione a livello nazionale degli stanziamenti dei fondi destinati alla non autosufficienza in questi ultimi anni è stata notevole; la nostra Regione fino ad oggi ha sopperito in qualche modo con dotazioni proprie ma è ormai certo che sarà applicato un taglio lineare del 4% a tutta la spesa sanitaria misurata sul rendiconto del 2010. Si ridurranno le prestazioni a favore delle persone più bisognose per contenere al massimo la spesa sanitaria e assistenziale. Inoltre, a seguito della recente manovra Monti, non verranno più riconosciute alcune prestazioni sociali agevolate, alcuni benefici fiscali, alcune prestazioni assistenziali. Come è possibile realizzare politiche di integrazione e pari opportunità se gli interventi sociali e sanitari sono considerati una passività da ridurre e tagliare, come è possibile anche solo immaginare futuro senza investire nel sociale? Le associazioni di rappresentanza delle persone disabili come la FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) hanno più volte protestato e chiesto di rilanciare investimenti strutturali nel sociale mettendo in guardia sul “pericolo rappresentato dall’andare verso una società caritatevole in cui non esiste più il diritto ma solo il bisogno ed il servizio viene sostituito dall’intervento compassionevole”, un salto all’indietro di oltre 40 anni; mentre studiosi, politici e amministratori ci dicono che cooperative, famiglie, persone, dovrebbero fare di questa crisi economica un’occasione per ridisegnare il proprio modo di lavorare e di vivere. Allora raccogliamo la sfida: vogliamo immaginare un mondo diverso, un nuovo modello di società, considerare il lavoro un bene da difendere, i disabili e gli stranieri un bene comune come l’ambiente è un bene comune e la città è un bene comune. «Se non sono me stesso chi lo sarà per me? Ma se sarò solo per me, chi mai sarò? E se non ora quando? » (Hillel il Vecchio): questa frase usata dal movimento delle donne costituitosi un anno fa per opporsi al degrado culturale e sociale che il nostro Paese sta attraversando, riassume bene il nostro sentire, in un continuo rimando fra ieri e oggi, sempre più attuale diventa la necessità di non arrendersi e di ritornare ai valori costitutivi. Il clima sociale è a rischio, la qualità della vita è a rischio, i diritti sono a rischio, anche a causa della crisi economica mondiale che ha investito l’Italia. Oggi, nuovamente, la disabilità è la cartina di tornasole della nostra società e quello che viene fatto contro la persona disabile torna ad essere un attacco contro ciascuno di noi e contro la possibilità di continuare una civile convivenza. La storia si crea e noi vogliamo creare una storia diversa, con la certezza che una strada nuova può passare solo dal mettere insieme le forze di chi, con motivazioni diverse, crede nella persona e nei diritti. Vera Caruso, presidente CREA La storia Si CREA L’obiettivo di sempre: passare dal disagio all’agio durante noi dopo di noi

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La storia Si CREAL’obiettivo di sempre: passare dal disagio all’agio

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TRIMESTRALE iscritto al n° 789 del Registro Periodici, Tribunale di Lucca - Direttore Responsabile: Vera Caruso n° 1 anno 2012

cinqueper

millealla cooperativa C.RE.A. Il codice fiscale è 00985350461 - Grazie

Via Virgilio 22255049 Viareggio

Tel. 0584 384077Fax 0584 [email protected]

CREA soc. coop. sociale

Per il nuovo centro diurno di Camaiore, donazioni IBAN IT09 P061 6024 8000 0002

3156 C00Cimbilium - Kamaleonti

La ragion d’essere della nostra cooperativa, il motivo iniziale per cui ci siamo costituiti, insieme ma forse anche prima della “necessità di cercare continuità di occupazione lavorativa”, è stato un forte sentimento di giustizia, il bisogno di tenere sempre presente il destino degli emarginati e fra questi includevamo le persone disabili, spesso oggetto di discriminazione e di esclusione, stigmatizzate come diversi, diversi rispetto a chissà quale giusta e rassicurante normalità. La cooperativa CREA si è costituita negli anni ’80, sotto una forte spinta motivazionale. Erano anni in cui si intendeva lavorare per un mondo migliore per tutti incluse le persone disabili. Non ci sarebbe stato bene-essere se non poteva essere per tutti e forte era l’urgenza di fare, per sé ma anche per gli altri. A partire dalla riflessione sui progetti di vita, sulle capacità residue, sulle abilità sociali, sulla diversità come valore, il nostro obiettivo era costruire percorsi di vita “che dal disagio conducessero all’agio”. Negli anni fra il 1988 e il 1999 nasce e si sviluppa il progetto del centro diurno come “laboratorio delle differenze” per garantire alle persone disabili progettazione individualizzata, lavoro in piccoli gruppi, attività artigianali differenziate e rinnovate nel tempo, in un’ottica di sviluppo della partecipazione attiva degli utenti e delle loro famiglie, di integrazione e di scambio con le comunità. Negli anni ’90, diamo vita ad una nuova cooperativa, CREA Impresa, con l’idea e l’impegno di pensare all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, partendo dalla consapevolezza che l’integrazione passa dal lavoro, e nell’ambito della L. 381/91 che istituisce le cooperative sociali di tipo B, intendiamo realizzare progetti per lo svolgimento di attività diverse: pulizia del verde, delle spiagge e degli ambienti, arredo urbano, gestione di strutture turistiche: Rimane irrealizzato il desiderio di aprire un “barino” o un piccolo ristorante da gestire con i disabili. Dagli esordi ad oggi la CREA ha visto un forte sviluppo nella gestione dei servizi per disabili e più in generale nella gestione dei servizi socio sanitari ed educativi. Negli anni, con difficoltà e fatica abbiamo adattato il sogno alla realtà e investito capitale umano ed economico in un’impresa sociale che in quel sogno crede ancora. Il tempo è passato velocemente e con molti cambiamenti; oggi è più che mai necessario uno sforzo e un impegno progettuale: quasi due anni fa abbiamo messo in piedi un gruppo di ricerca sullo stato attuale del mondo delle persone disabili e delle loro famiglie nella provincia di Lucca. I risultati di quella ricerca sono stati presentati in un convegno e sulla base di quel lavoro vogliamo oggi proporre una riflessione che coinvolga associazioni, familiari, soggetti pubblici e privati e formulare una proposta concreta di servizi diversi, vorremmo che questo foglio potesse diventare un cantiere aperto a partire dal quale costruire un progetto nuovo. Il rischio che oggi corriamo è grosso, la riduzione a livello nazionale degli stanziamenti dei fondi destinati alla non autosufficienza in questi ultimi anni è stata notevole; la nostra Regione fino ad oggi ha sopperito in

qualche modo con dotazioni proprie ma è ormai certo che sarà applicato un taglio lineare del 4% a tutta la spesa sanitaria misurata sul rendiconto del 2010. Si ridurranno le prestazioni a favore delle persone più bisognose per contenere al massimo la spesa sanitaria e assistenziale. Inoltre, a seguito della recente manovra Monti, non verranno più riconosciute alcune prestazioni sociali agevolate, alcuni benefici fiscali, alcune prestazioni assistenziali. Come è possibile realizzare politiche di integrazione e pari opportunità se gli interventi sociali e sanitari sono considerati una passività da ridurre e tagliare, come è possibile anche solo immaginare futuro senza investire nel sociale? Le associazioni di rappresentanza delle persone disabili come la FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) hanno più volte protestato e chiesto di rilanciare investimenti strutturali nel sociale mettendo in guardia sul “pericolo rappresentato dall’andare verso una società caritatevole in cui non esiste più il diritto ma solo il bisogno ed il servizio viene sostituito dall’intervento compassionevole”, un salto all’indietro di oltre 40 anni; mentre studiosi, politici e amministratori ci dicono che cooperative, famiglie, persone, dovrebbero fare di questa crisi economica un’occasione per ridisegnare il proprio modo di lavorare e di vivere. Allora raccogliamo la sfida: vogliamo immaginare un mondo diverso, un nuovo modello di società, considerare il lavoro un bene da difendere, i disabili e gli stranieri un bene comune come l’ambiente è un bene comune e la città è un bene comune. «Se non sono me stesso chi lo sarà per me? Ma se

sarò solo per me, chi mai sarò? E se non ora quando? » (Hillel il Vecchio): questa frase usata dal movimento delle donne costituitosi un anno fa per opporsi al degrado culturale e sociale che il nostro Paese sta attraversando, riassume bene il nostro sentire, in un continuo rimando fra ieri e oggi, sempre più attuale diventa la necessità di non arrendersi e di ritornare ai valori costitutivi. Il clima sociale è a rischio, la qualità della vita è a rischio, i diritti sono a rischio, anche a causa della crisi economica mondiale che ha investito l’Italia. Oggi, nuovamente, la disabilità è la cartina di tornasole della nostra società e quello che viene fatto contro la persona disabile torna ad essere un attacco contro ciascuno di noi e contro la possibilità di continuare una civile convivenza. La storia si crea e noi vogliamo creare una storia diversa, con la certezza che una strada nuova può passare solo dal mettere insieme le forze di chi, con motivazioni diverse, crede nella persona e nei diritti.

Vera Caruso, presidente CREA

La storia Si CREA

L’obiettivo di sempre: passare dal disagio all’agio

durante noi dopo di noi

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Dal ‘dopo di noi’ al ‘durante noi’La ricerca in provincia di LuccaNei timori e nelle paure dei familiari dei disabili per il ‘dopo di noi’, si nascondono ansie e preoccupazioni riguardanti il ‘durante noi’, ovvero il presente o il futuro più immediato. La ricerca ha infatti messo in luce come genitori, fratelli e sorelle siano preoccupati del domani, ma soprattutto dell’oggi, nella convinzione che nella quotidianità è possibile preparare adeguatamente il ‘dopo di noi’. Inoltre nel presente si possono verificare episodi (infortuni, difficoltà impreviste o stress) che possono rendere complicata o impossibile la gestione e la cura dei disabili anche solo per un breve periodo.

La ricerca della Cooperativa C.RE.A nel 2010 ha riguardato tutto il territorio della provincia di Lucca e ha raccolto gli effettivi bisogni delle famiglie, mappato servizi e opportunità del territorio, individuato linee guida per produrre risposte concrete al problema del ‘dopo di noi’. Si è voluto comprendere e analizzare questo tratto dell’arco di vita dei disabili e delle loro famiglie ricostruendo:- le opportunità e i servizi presenti sul territorio della provincia di Lucca;- il vissuto dei familiari rispetto al ‘dopo di noi’ e al ‘durante noi’;- le opinioni di operatori e attori istituzionali. Il coinvolgimento delle persone nella ricerca è servito per definire nella maniera più fedele possibile i bisogni, le necessità, le aspettative delle famiglie (ma anche dei

decisori e degli operatori) in merito al ‘dopo di noi’.Sono stati coinvolti: a) 63 associazioni e 17 cooperative con interviste telefoniche; b) 62 familiari e 17 operatori del terzo settore con focus group; c) 24 referenti Asl 2 e ASL 12, e referenti di associazioni e cooperative con interviste semi-strutturate. Le conclusioni sono state presentate in un convegno (Fondazione Banca del Monte, Lucca, ottobre 2010) e in un articolo sulla rivista “Prospettive Sociali e Sanitarie” n. 4-5-2011.

La ricerca ha quindi messo in luce ansie, preoccupazioni e aspettative rivolte certamente al futuro (‘dopo di noi’), ma anche al presente (‘durante noi’).

I familiari, in maniera inattesa per il gruppo che ha realizzato la ricerca, hanno descritto con forza ed intensità anche la quotidianità (ovvero la gestione, la cura e la custodia dei disabili nel presente). Essi hanno raccontato e spiegato di temere solo in parte la loro morte o quella del loro coniuge (evento in seguito al quale si dovrà lasciare solo il figlio disabile, ma anche rimanere soli o lasciare solo il coniuge con il figlio disabile). È emerso quindi che nell’oggi (‘durante noi’) sono più frequenti: a) il timore che accadano eventi improvvisi e imprevedibili, anche non gravi, ma comunque in grado di mettere in crisi un nucleo familiare come un infortunio o difficoltà logistiche; b) la preoccupazione dello stress e della stanchezza che possono riguardare chi si prende cura di un disabile e che rischiano di portare all’esaurimento (burn out) di uno o di entrambe i genitori.

Cosa sperano e cosa chiedono le famiglie? In seguito a questo forte interesse per il ‘durante noi’ i

suggerimenti offerti da familiari (e operatori/referenti) per migliorare i servizi si sono focalizzati in molti casi sulla forte necessità di avere, già da oggi, più strutture per dare opportunità ai disabili e alle famiglie stesse. In diversi casi i genitori hanno proposto strutture per il ‘durante noi’, per esigenze non programmabili e con trattamenti flessibili, strutture dove si possa insomma preparare il ‘dopo di noi’. I genitori, ma anche gli operatori, hanno quindi aiutato a ricostruire la necessità di alloggi e servizi (di cura dei disabili, ma anche informativi per i genitori) che aiutino le persone per dare sollievo in momenti di emergenza e dove i disabili possano prepararsi a periodi di vita successivi. Le strutture dovrebbero quindi poter garantire una residenzialità anche temporanea. È questa quindi la forte richiesta a cui rispondere. CREA intende gradualmente cercare nel ‘durante noi’ soluzioni che rendano possibile un ‘dopo di noi’ meno incerto di quello attuale, dando alle famiglie alcune prime “ruote di scorta” per farli sentire meno soli e creare maggiore fiducia nel futuro.

Filippo Ciucci, ricercatore

FONDAZIONI DI PARTECIPAZIONELa Fondazione di Partecipazione si caratterizza per la presenza di uno scopo, definito al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo da parte dei soci fondatori e immodificabile nel tempo e per la partecipazione di una pluralità di soggetti sia pubblici che privati che condividono le finalità della fondazione e vi partecipano apportando beni mobili, immobili, denaro, servizi. In Italia alcune Regioni stanno ripensando interventi a favore del ‘dopo di noi’, il periodo di vita del disabile successivo alla scomparsa dei genitori, sperimentando proprio la Fondazione di Partecipazione.Anche la Regione Toscana si è interessata negli ultimi anni di definire tale istituto nel campo assistenziale e per la realizzazione di forme di tutela delle persone disabili. Un primo interessamento al tema è già presente nella L.R. 41/2005, dove all’art. 55 si stabilisce che tra i servizi e gli interventi destinati alle persone disabili è inclusa “la realizzazione di progetti innovativi e servizi finalizzati alla realizzazione di modalità di vita indipendente, di soluzioni abitative autonome e parafamiliari”. Nel 2007 la Regione fornisce le linee guida, che indicano agli enti locali, agli organismi del terzo settore e alle famiglie, la struttura organizzativa patrimoniale che dovranno assumere le Fondazioni per il ‘dopo di noi’ per essere “accreditate” dalla Regione. Viene proposto un modello misto, costituito da soggetti pubblici e privati.

Col Piano Sanitario e Sociale Integrato Regionale 2012-2015 una delle sfide che si pone la Regione Toscana in merito alla disabilità è di favorire la diffusione di percorsi sul ‘dopo di noi’ e di progetti sulla vita indipendente per emancipare e migliorare le opportunità dell’individuo una volta venuti meno i principali caregivers. f c

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Una vita condizionata: non sentirsi soli è la cosa essenzialeLa ricerca realizzata da CREA nel 2010, ci ha permesso incontrare le famiglie in un clima di apertura e informalità. Madri, padri, fratelli e sorelle hanno avuto modo di raccontare e confrontarsi sulle esperienze del vivere con un proprio congiunto disabile….pensando al domani.Per noi è stata un’esperienza profonda e coinvolgente, nelle trame di storie uniche, abbiamo ritrovato echi e risonanze comuni.Ritornavano con regolarità temi, sentimenti, timori, ma anche desideri, speranze, voglia di partecipare e contribuire alla costruzione di una visione.

Le preoccupazioni prevalenti sono riferite alla rottura del legame: legame di cura in cui i familiari si vedono difficilmente sostituibili «noi sappiamo di cosa ha bisogno», e si teme il venir meno di una qualità affettiva del legame «…nostro figlio non sa fare a meno di noi…ha difficoltà a stare senza la madre». Compare spesso anche la consapevolezza della dipendenza reciproca che si crea: «se mia figlia non è con me non mi sento tranquilla….»

Questo legame, così profondo e coinvolgente, tende ad essere totalizzante: «una vita condizionata» dicono i familiari, e questo aspetto influenza una dimensione particolare della dinamica familiare, il ruolo e le aspettative nei confronti dei fratelli: «il carico», «il peso»,…. «l’eredità scomoda» che, ovviamente, non si riferiscono alla persona ma all’impatto che il suo handicap ha sulla vita…e sulla qualità della vita di chi se ne prende cura. Guardando ai numeri sulla disabilità in Versilia (box pag. 2) appare evidente che il carico assistenziale grava prevalentemente sulle famiglie, e quindi a volte la percezione è che non ci sia scelta, nonostante la consapevolezza, e a volte la rivendicazione, di un diritto ad una certa qualità di vita anche per i familiare.Anche gli operatori intervistati testimoniano queste

ansie, le colgono con molta empatia: «I genitori dicono di non voler lasciare ai figli, parenti questo carico non indifferente, ma alla fine le soluzioni cadono sempre sulla famiglia, e forse è la scelta che li tranquillizza di più. La funzione di sostegno è affidata e ricade, in percentuale maggiore, alla cerchia di parentela»

Un ulteriore vissuto che accomuna le famiglie è il senso di solitudine, rispetto al dopo, ma anche nella quotidianità.Sembra una solitudine inevitabile e non solo dovuta alla propria insostituibilità; è la solitudine dell’“irracontabile”, dell’“indicibilità” dell’esperienza, forse non ci sono le parole per descrivere cosa si vive, e quindi è diffuso il sentimento di non poter essere compresi nella complessità e profondità dell’esperienza di avere un figlio disabile.

Contestualmente a questo quadro, apparentemente dis-sperante… emergono importanti risorse: le reti di supporto, la rete dei servizi, le opportunità del territorio. i desideri, le consapevolezze, il senso che insieme le famiglie possono “contare” nella progettazione e realizzazione di servizi per il ‘dopo di noi’.

Le reti sono i sistemi di supporto sui quali «si può contare». «Ho un fratello gemello con il quale condivido molto, il lavoro….ma non ho mai avuto la comprensione e il sostegno adeguati. E’ facile ottenere degli aiuti dai genitori con le stesse problematiche» «non sentirsi soli è la cosa essenziale….ecco che nascono le associazioni dei familiari»Le associazioni di genitori diventano il luogo dove “si condivide” un’esperienza così importante, dove ci si sente compresi; diventano i contesti dove si progetta, ci si organizza, ci si fa carico dell’oggi e si pensa al domani. La ricchezza di queste realtà sul territorio è un segnale di grande vitalità delle famiglie che esprimono atteggiamenti propositivi, anche rivendicativi, ma che non si ripiegano su se stesse. Le associazioni rappresentano un rifermento importantissimo, sia di supporto ai genitori (nel condividere un’esperienza) sia perché riuscendo a dare risposte concrete a bisogni pressanti dell’oggi, lavoro, socializzazione, tempo libero ecc, diventano dei

potenziali punti di riferimento anche per il ‘dopo di noi’.Le reti formali, rappresentate dal sistema dei servizi sociosanitari, diventano sistemi di supporto laddove riescono a “dare valore” al bisogno e a stabilire relazioni di fiducia con i familiari. Rispetto al ‘dopo di noi’ quello che fa la differenza è la qualità della relazione e della “fiducia” costruita prima. Parecchi operatori dei servizi riconoscono che molte famiglie non hanno fiducia, «si fidano di più delle associazioni che dei servizi», gli interlocutori significativi diventano gli operatori delle cooperative (e i servizi vengono percepiti “delle” cooperative). La fiducia si costruisce nel tempo e le famiglie riconoscono e danno fiducia a chi ha con loro un rapporto quotidiano. E’ la “confidenza” (conoscenza e fiducia) che fa la differenza fra l’oggi e il dopo. E per costruire un ‘dopo di noi’ questi sono aspetti importanti da tener presente.

Sempre in merito alle reti è importante segnalare che la soglia dei 18 anni rappresenta una transizione importante per le famiglie. “L’organizzatore sociale” rappresentato dalla scuola, il sistema dei servizi sociosanitari che si rivolgono alla fascia di età 0-18 anni lasciano un vuoto. Sembrano mancare i punti di riferimento, per molti ragazzi e ragazze le giornate diventano improvvisamente vuote, le figure di riferimento sociosanitario che hanno seguito le famiglie dall’inizio della loro vicenda complessa e dolorosa non ci sono più e spesso diventa difficile identificarne di nuove. «18 anni sono un po’ una pietra miliare di cambiamento grosso,…viene meno la scuola, gli appoggi riabilitativi, le famiglie acquisiscono maggior consapevolezza …… depressiva.» dice il responsabile di un servizio, e in queste parole si coglie ancora una volta il senso di solitudine delle famiglie. Si deve ricostruire da capo un tessuto sociale, i genitori si mettono alla ricerca di iniziative che colmino il vuoto lasciato dalla scuola, e le associazioni che organizzano attività e fanno intravedere un futuro, diventano dei punti di riferimento molto importanti.

Gabriella De Pietro, psicologa

I desideri e le speranze dei familiari Case famiglia, strutture piccole e radicate sul territorio sembrano le ipotesi più rassicuranti per le famiglie:

- strutture liberanti, non luoghi che escludono e “rinchiudono”: «Una casa con altri disabili, con qualcuno che li aiuta, però avere anche uno scopo, un lavorino piccino, un motivo per alzarsi la mattina…»- con operatori qualificati e “fidati”. - che promuovano le loro autonomie e le diverse abilità: «Una struttura in un punto nevralgico dove i ragazzi possono fare la spesa, utilizzare i servizi, e altre cose un autonomia»- inserimenti “affettivi” in contesti piccoli e protetti che i figli già conoscono e nei quali si muovono agevolmente:“ «Il mio sogno è trovare altre famiglie che decidano di mettersi insieme, che trovino spazi, anche da condividere, nei quali mio figlio cresca e invecchi e dopo la mia morte rimanga in un posto che conosce.»- l’accesso anche ‘durante’ ad una struttura “del futuro” darebbe sicurezza e assolverebbe a diversi tipi di compiti, tra i quali quello di consentire periodi di ”separazione” in cui ci si abitua al reciproco distacco e alla lontananza «Quando i genitori ci sono ancora per abituarli a vivere da soli» , «Farebbe bene anche ai familiari, non è che li vogliamo mandare via…si ammalano anche i familiari e sarebbe un alleggerimento anche per le famiglie».

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... a proposito di autonomiaUno dei problemi della maggioranza dei ragazzi disabili medio-gravi è che vivono la vita che genitori, insegnanti, amici e conoscenti ritengono che loro possano fare. Una vita protetta nella quale il più delle volte qualcun altro si sostituisce al soggetto nelle scelte e nelle azioni quotidiane. Così l’identità delle persone disabili si costruisce sulla base di ciò che è pensabile dalle persone più vicine e che vogliono loro bene.

I percorsi di educazione all’autonomia cercano di superare questo snodo cruciale. Attraverso l‘acquisizione di precise competenze si costruisce in profondità un’identità di sé stessi come “capaci di svolgere in autonomia una serie di azioni, come raggiungere da soli la scuola o il centro, realizzare acquisti, organizzare una serata al cinema o una pizza con gli amici ecc.”. Si sviluppano per ciascuno le “autonomie possibili”.

I progetti più diffusi di educazione all’autonomia hanno a che fare con:- l’autonomia esterna (orientamento e comportamento stradale sicuro, comunicazione, uso del denaro, uso dei servizi pubblici). - l’autonomia personale ed abitativa (lavarsi, vestirsi, mettere in ordine, fare la spesa, preparare i pasti, pulire e riordinare l’ambiente). Tutto questo realizzato attraverso attività motivanti

e divertenti, in un piccolo gruppo con un operatore specializzato e uno o più volontari.

L’appartenenza ad un gruppo di persone con problemi analoghi consente di sperimentare relazioni realmente paritarie all’interno delle quali si impara ad identificare ed esprimere i propri gusti, desideri, sentimenti, a trovare un proprio spazio e a riconoscere lo spazio degli altri, a collaborare ma anche a litigare e poi trovare un accordo.

I genitori, contestualmente, hanno spazi dedicati per affrontare insieme il difficile compito del “lasciare andare”, riconoscere i cambiamenti che via via si presentano nei loro figli e gestire le loro richieste di autonomia .

Il metodo più accreditato in Italia per l’educazione all’autonomia viene dall’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) che da anni sviluppa progetti rivolti a persone con sindrome di Down e patologie affini e forma operatori in tutta Italia. Per saperne di più: AIPD www.aipd.it; AIPD Versilia www.aipdversilia.org; Associazione Down Lucca www.associazionedownlucca.it.

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Il diritto di diventare adultiNuove opportunità per le fasi di crescitaCome raccontare il lavoro e la vita nei centri diurni e nelle strutture comunitarie per disabili rendendo l’idea di luoghi e spazi dove il ‘durante noi’ e ‘dopo di noi’ sono già il presente? E’ fondamentale valorizzare il percorso che offriamo alle persone in quanto inizio di nuove opportunità e non “fine di qualcosa”. Tutti abbiamo un punto di partenza comune. La famiglia e la scuola dell’obbligo contrassegnano e accompagnano le nostre prime tappe come individui. Diventare adulti significa compiere passi di crescita che ogni volta ci aprono a nuove fasi della vita. E’ questo che pensiamo che siano i nostri centri: nuove opportunità per le fasi di crescita e di cammino verso l’adultità, per persone che per vari motivi non possono accedere direttamente, dopo la tappa comune a tutti famiglia–scuola, a percorsi di vita già “disegnati”, perchè hanno bisogno di sostegno nel “disegnarli”.Avvertiamo spesso, da parte delle famiglie di persone disabili, il forte disagio, lo smarrimento e la resistenza ad affrontare il momento della fine della scuola dell’obbligo. E’ comprensibilmente difficile viverlo come conclusione di un percorso che ne apre un altro. Perché i percorsi “già disegnati” non sono adatti, perché c’è bisogno di un po’ di tempo in più per maturare la strada da intraprendere, perché alcune strade incutono timore e perplessità. Così a volte le famiglie vivono questi momenti di difficoltà in solitudine. Come fare ad evitare che si crei quel momento di vuoto che spinge alcuni a tenere i ragazzi a casa, amati e custoditi, ma che poi allunga di qualche anno i tempi in cui necessariamente occorre “riaffacciarsi” e riprendere i passi di crescita che conducono al diritto di diventare adulti? Come riuscire a comunicare la preziosa opportunità che rappresentano alcuni dei nostri servizi ?

Nei percorsi “già disegnati” alla fine della scuola dell’obbligo è consuetudine andare a visitare, durante le “giornate aperte” le situazioni che aprono alle nuove fasi per agevolare le scelte dei figli rispetto agli indirizzi scolastici da prendere. Anche, e a maggior ragione, per i familiari di ragazzi disabili che devono compiere una scelta delicata, spesso necessariamente presa in prima persona al posto del figlio, sarebbe secondo noi positivo poter accedere e conoscere soluzioni e prospettive disegnate “diversamente”. Quindi anche i nostri centri potrebbero essere aperti in collaborazione con gli istituti scolastici, nel corso dell’anno, a chi esce dal mondo della scuola per illustrare, informare, sostenere, orientare. CREA offre servizi alle persone disabili e alle loro famiglie. Questi servizi sono l’inizio di una nuova fase di vita adulta per molti individui, fanno parte del loro percorso di vita così come per altri individui il mondo del lavoro. Hanno l’obiettivo di supportare le persone nel diventare protagoniste dei propri scenari, di accompagnarle con costanza e perseveranza nei loro percorsi di crescita ma anche di offrire opportunità di divertimento, esperienza, leggerezza, relazione. I servizi devono necessariamente essere dinamici. Crescere e rinnovarsi con le persone che li abitano. Cambiare con loro. Luoghi dove si accoglie, si ascolta, dai bisogni, si differenziano le attività in base ai fruitori, si media, si stimola, si integra, si progetta, si sostiene , si alleggerisce, si offrono nuovi ed altri punti di vista, si rafforza, si incoraggia, si motiva, si rimotiva, si lavora con le mani e con il cuore, si predilige l’incontro con gli altri alla solitudine…. e si fa gruppo.

Se a volte il cambiamento e la crescita individuale

auspicata passa attraverso tenaci e ricercate progettazioni individualizzate, altre volte arriva improvvisamente da attività che non ti saresti mai aspettato….. E’ la forza del gruppo che attiva energie, noi possiamo essere stimolanti ma spesso è lo stesso gruppo di utenti che ha in sé risorse insospettabili.F. è una persona ipovedente che non era mai uscita la sera perché paradossalmente aveva paura del buio. Grazie al laboratorio del teatro dove si è confrontata con movimenti anche individuali da eseguire in uno spazio ristretto e in penombra ha preso confidenza con le potenzialità del proprio corpo, fiducia nel gruppo ed in se stessa. Dopo questa esperienza ha iniziato quindi ad uscire la sera a mangiare la pizza. C. pur essendo attratto dal cavallo, aveva paura a salirci sopra. Dopo un lungo periodo di osservazione, di un lavoro importante degli operatori del centro e dell’esperto di equitazione C. è riuscito con grande coraggio ad uscire dal maneggio conducendo il calesse davanti agli occhi meravigliati dei familiari.Cosa ha voluto dire per A. partecipare al laboratorio di ceramica che si è tenuto presso le scuole? Tornare al centro e far vedere ai compagni il disegno fatto dai bambini sull’attività di ceramica dedicato al maestro A.E che dire di G. che dopo anni e anni di frequenza del centro diurno si è trovata purtroppo sola per la perdita della madre che si occupava di lei. Avrebbe potuto essere un baratro ma si sono aperte le porte della Comunità Residenziale ed ha trovato una numerosa, calorosa ed accogliente famiglia. E nel passaggio a questa nuova fase della sua vita è stata accompagnata dagli operatori e dai suoi vecchi amici del Centro.

Anna, Barbara, Carla, Giulia, Serenacoordinatrici servizi H

Redazione:Barbara Argentieri, Cristiano Barducci, Vera Caruso, Duri Cuonz, Serena Del Cima, Anna Greco, Andrea Peruzzi, Luigi Sonnenfeld Hanno partecipato a questo numero:Anna Greco, Barbara Cardella, Carla Giunta, Filippo Ciucci, Gabriella De Pietro, Giulia Guidugli, Serena Del Cima, Vera Caruso

Grafica e impaginazione:Duri Cuonz - Cooperativa C.RE.A

Consulente per la comunicazione:Barbara Argentieri

Smodem è consultabile su www.coopcrea.it Stampa Artigrafiche Pezzini, Viareggio

A Camaiore i tappeti di segatura sono un appuntamento molto importante per gli abitanti e per il Centro Diurno. Quindi abbiamo contattato alcuni tappetari che ci hanno tramandato le loro conoscenze ben contenti di avere altri gruppi che portavano avanti la tradizione. E dal 2000 ogni anno al centro si lavora per realizzare, la sera del Corpus Domini, un tappeto di segatura. Questo momento diventa una grossa vetrina per i disegni fatti all’interno del centro. E che soddisfazione rivedere il proprio disegno sulla strada così bello e così grande. Negli ultimi anni si sono uniti anche alcuni genitori che collaborano in tutte le fasi. E’ proprio un bel lavoro di gruppo perché c’è chi progetta, chi disegna, chi scartavetra, chi taglia, chi staccia la segatura, chi la colora ed infine chi la sera stessa realizza l’opera. Ultimi ma non per importanza, tutti coloro che sostengono il gruppo durante tutto il percorso che altrimenti sarebbe molto molto faticoso!

L’orario dei centri diurni è 9 alle 16. Le attività sono di laboratorio (telaio, ceramica, impagliatura, computer, pittura), motorie (palestra, piscina, cavallo), di socializzazione (musica, teatro, uscite, etc) e di cura della propria persona. Ben presto però all’interno delle assemblee degli utenti del centro c’era chi chiedeva di andare a mangiare la pizza, chi voleva fare la gita di due giorni, chi voleva partecipare a mercatini ed ad altre iniziative promosse dalle Associazioni del territorio che in genere si svolgono il sabato e la domenica. C’era che chiedeva di rappresentare uno spettacolo di teatro, chi voleva andare a vedere un concerto del suo cantante preferito ecc. Nel corso del tempo così i centri si sono adeguati ed aperti non solo a nuove esperienze, ma anche a nuovi orari che vanno incontro agli interessi di ogni singola persona e della sua famiglia.

All’inizio la Galleria delle Differenze era solo un’idea: rendere visibili a un potenziale visitatore certi aspetti della personalità degli ospiti e della loro creatività. Oggi in questo spazio si portano in primo piano forme e colori scaturiti direttamente dalla pura fantasia dell’ospite; da una creatività libera da qualunque filtro. In breve si tratta di Arte. Da qui il nome di “Galleria” associato alla parola “Differenza”; da qui l’idea di fondere, confondere, confrontare l’esperienza/espressione di artisti “veri” con quella dei “nostri”. Abbiamo alle spalle circa trenta mostre, parecchie opere apprezzate dai numerosi visitatori. Ci siamo anche abituati a vedere, ai nostri vernissage, genitori dall’aria incredula aggirarsi tra le opere mormorando «non credevo che mio figlio fosse un artista». Ma quello che ci interessa molto di più, e che ci spinge a continuare, è che molti ospiti ci chiedono con una certa insistenza: «Ma quando si fa la prossima mostra?»

Dal Servizio di Assistenza Scolastica agli alunni disabili nelle scuole emerge quanto il rapporto con l’operatore CREA sia vissuto con vicinanza ed empatia dalle famiglie. Questo perché il suo intervento si rivolge ad uno spazio fondamentale della quotidianità della vita scolastica e personale del bambino. Coadiuvando gli insegnanti, gli operatori di questo servizio promuovono interventi educativi basati sulla mediazione nella relazione fra i pari e di rinforzo sulle competenze sociali e sulle autonomie personali. Inoltre l’operatore risulta essere un punto di riferimento importante poiché l’intervento è calibrato sulle esigenze specifiche di ogni singolo alunno assistito.