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Il 2008 è stato proclamato l’Anno Internazionale del Pianeta Terra

dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo scopo del progetto “Pianeta

Terra” è di mostrare le nuove ed emozionanti vie in cui le Scienze della Terra

possono aiutare le generazioni future nel comprendere i cambiamenti del

nostro pianeta e soprattutto nel creare un mondo più sicuro e prosperoso.

L’iniziativa è promossa dal Dipartimento di Scienze della Terra e dal

Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche della Facoltà di Scienze

MFN, va proprio in questa direzione: portare le Scienze della Terra

all’attenzione di tutti attraverso un progetto di diffusione della cultura

geologica.

Responsabile del progetto:

Dr. Giuseppe Mandrone.

Autori della dispensa per la Scuola Secondaria di II grado:

Dr. Pier Luigi Pellegrino e Dr. Ilaria Selvaggio

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INDICE

INTRODUZIONE………………………………………………………………………….2

Descrizione dell’attività: contenuti e obiettivi……………………………………………..3

CONTENUTI PROPEDEUTICI…………………………………………………………..5

La terra e i processi che la trasformano…………………………………………………...5

Le rocce possono avere diverse origini…………………………………………………....7

Il ciclo delle rocce………………………………………………………………………..10

I processi che trasformano il paesaggio…………………………………………………..10

APPROFONDIMENTI…………………………………………………………………...14

I tempi geologici………………………………………………………………………...14

Glossario………………………………………………………………………………..14

Links……………………………………………………………………………………17

Letture consigliate………………………………………………………………………18

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO…………………………………………………...19

Atollo…………………………………………………………………………………...19

Delta fluviale……………………………………………………………………………20

Sacra di San Michele…………………………………………………………………….21

Le radiolariti…………………………………………………………………………….22

Pillow lavas………………………………………………………………………...……23

Pirite e batteri……………………………………………………………………...……24

Scisti……..………………………………………………………………………...……25

Serpentinite....……………………………………………………………………...……26

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 2

INTRODUZIONEINTRODUZIONEINTRODUZIONEINTRODUZIONE

Osservare la superficie del pianeta è come sfogliare un vecchio

libro, di cui le rocce sono pagine che raccontano il loro

passato e quello del nostro pianeta.

E’ questa una delle affermazioni che si trovano nella

Dichiarazione internazionale dei diritti della “Memoria della Terra”

redatta il 13 giugno 1991, a Digne. Il documento, i cui

contenuti non smettono di essere attuali, sottolinea come la

Terra conservi la memoria del proprio passato: nelle rocce si

possono trovare indizi sulla loro formazione e nella

morfologia dei paesaggi c’è la testimonianza degli antichi

processi che li hanno modellati.

E la superficie della Terra è anche quel luogo, unico ed eccezionale, in grado di accogliere, ospitare

e sostentare la vita: per questo l’uomo, insieme agli altri esseri viventi, dipende dalla Terra e ad essa è

indissolubilmente legato.

Lo studio della geologia offre gli strumenti per capire quali

meccanismi hanno originato l’ambiente attuale; si tratta di

processi lentissimi, inimmaginabili se paragonati ai tempi umani,

tanto da fare pensare che il pianeta sia immutabile. Svelare

queste conoscenze ci aiuta a comprendere meglio il rapporto

che lega l’uomo alla Terra, lì dove l’interazione tra i due è più

forte.

L’intervento per le classi della scuola media superiore presenta il

ruolo del geologo come esperto che guida i ragazzi verso la

comprensione di fenomeni passati, per poter meglio interagire

con l’ambiente presente e fornirci così maggiori gradi di

previsione per il futuro: sono le pagine ancora da scrivere e ciò

che sarà scritto dipende anche da noi.

Le rocce sono come pagine di pietra del libro della Terra.

In natura roccia ed esseri viventi intrecciano profondi legami

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 3

Dichiarazione internazionale dei diritti della “Memoria della Terra”.

Il documento, presentato dall’UNESCO, riporta tra i punti principali le direttive fondamentali per la

salvaguardia e la protezione degli ambienti naturali; tutte le autorità nazionali e internazionali

competenti sono esortate ad una presa di coscienza dell’unicità del Pianeta Terra, nella necessità di

attuare politiche di geoconservazione in una visione di sviluppo sostenibile di livello mondiale.

Questo il testo:

1. Così come la vita umana è considerata unica, è giunto il tempo di riconoscere l'unicità della Terra. 2. La Madre Terra ci sostiene; noi siamo legati ad essa, che rappresenta pertanto il legame fra tutti gli uomini per tutta la loro vita. 3. La Terra ha un'età di quattro miliardi di anni ed è la culla della vita, nel corso delle ere geologiche ha subito innumerevoli cambiamenti che hanno determinato la sua lunga evoluzione che ha condotto alla formazione dell'ambiente in cui viviamo attualmente. 4. La nostra storia e quella della terra sono inseparabili; le sue origini e la sua storia sono le nostre, il suo futuro sarà il nostro futuro. 5. La superficie della terra è il nostro ambiente, esso è diverso non solo da quello del passato, ma anche da quello del futuro. Adesso noi siamo compagni della terra e suoi guardiani soltanto momentanei. 6. Come un vecchio albero conserva la registrazione della sua vita, la terra mantiene le "memorie"dei passato scritte nelle sue profondità e nella sua superficie, nelle rocce e nel paesaggio; questa sorta di registrazione può anche essere tradotta. 7. Dobbiamo stare attenti alla necessità di proteggere il nostro patrimonio culturale, le "memorie" del genere umano. E’ giunto il momento di proteggere il patrimonio naturale e l'ambiente fisico, perché il passato della terra non è meno importante di quello dell'uomo. E’ ora per noi d'imparare a conoscere questo patrimonio e quindi leggere questo libro del passato, scritto nelle rocce e nel paesaggio prima del nostro avvento. 8. L'uomo e la terra formano un patrimonio comune. Noi e i governi siamo soltanto custodi di quest'eredità. Tutti gli esseri umani debbono capire che il più piccolo danno arrecato può mutare, distruggere o produrre danni irreversibili. Ogni forma di sviluppo dovrebbe rispettare le singolarità di quest'eredità. 9. I partecipanti al I Convegno Internazionale sulla Conservazione del nostro patrimonio geologico, che ha visto la partecipazione di più di 100 specialisti, provenienti da più di 30 nazioni, chiedono urgentemente a tutte le autorità nazionali e internazionali di dare pieno appoggio alla necessità di tutela del patrimonio della nostra Terra, e di proteggerlo con tutte le misure legali, finanziarie e organizzative che potrebbero essere necessarie.

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Descrizione dell’attività: contenuti e obiettivi

Durante l’incontro gli studenti osserveranno campioni di rocce e immagini di paesaggi: aspetti del

pianeta familiari, forse addirittura banali, che con l’aiuto degli esperti si arricchiranno di significati

nuovi. L’obiettivo è scoprire quali aspetti nascosti del nostro pianeta può svelare lo studio delle

Scienze della Terra.

L’incontro in classe è strutturato in quattro parti e prevede l’utilizzo di un computer e un

videoproiettore o, dove questi non siano presenti, di un proiettore di diapositive (quest’ultimo se

necessario fornito da chi svolgerà l’incontro); saranno utilizzati anche campioni di roccia, portati

dal personale che animerà l’attività.

Le fasi sono descritte di seguito:

1 -Cose mai viste!

Per rompere il ghiaccio, coinvolgere gli studenti e stimolarne la curiosità verrà proposta una serie di

fotografie di rocce scattate al microscopio o immagini da satellite: si tratterà di fotografie a forte

impatto estetico, ma non riconducibili a qualcosa di familiare; come in una sorta di quiz gli studenti

dovranno ipotizzare cosa rappresentano le immagini proposte, dando sfogo all’immaginazione. In

seguito sarà spiegato cosa rappresenta ciascuna immagine, con quale tecnica è stata prodotta e per

quali studi viene utilizzata: il viaggio alla scoperta del pianeta incomincerà così da un insolito punto

di vista.

2-Paesaggi familiari…tutti da scoprire.

In questa seconda parte sarà proposta l’osservazione di paesaggi conosciuti e forse per questo

considerati meno interessanti di luoghi esotici. Anche in questo caso sarà indispensabile il

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coinvolgimento degli studenti, che saranno guidati nella scoperta delle conoscenze che la morfologia

può rivelare: dati sulla storia di un paesaggio e informazioni sul suo ruolo attuale che i geologi, grazie

ai loro studi, sanno decifrare.

3-Una roccia, una storia.

Analogamente al paesaggio, anche le rocce nascondono segreti sul loro passato…ma lo scienziato è

in grado di svelarli. Maneggiando i campioni di roccia i ragazzi potranno osservarne le caratteristiche

macroscopiche: queste sono in grado di fornire le informazioni per una prima classificazione. Ma si

scoprirà che studi approfonditi (come, ad esempio, quelli al microscopio che hanno permesso di

ottenere le immagini viste in precedenza) permettono di capire quanto tempo fa e attraverso quali

processi si è formata una roccia. E ancora, quali sono le sue caratteristiche fisico-chimiche e le sue

relazioni col mondo dei viventi.

4-La Terra e l’uomo.

Lo studio delle rocce è un viaggio di scoperta affascinante, ma come suggerito nelle varie fasi

dell’incontro è anche fondamentale per comprendere l’interazione dell’uomo con il pianeta che lo

ospita. L’ultima fase dell’incontro sarà una riflessione su come la Terra sia in relazione con i viventi

e in particolare con l’uomo. Si citeranno alcuni brevi esempi -come la relazione fra tipi di suolo e

vegetazione o le risorse del sottosuolo- per sottolineare come la superficie inanimata del pianeta sia

alla base della vita: motivo per cui la Terra va rispettata e protetta.

Simon Gurney

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CONTENUTI PROPEDEUTICICONTENUTI PROPEDEUTICICONTENUTI PROPEDEUTICICONTENUTI PROPEDEUTICI

Le rocce che affiorano sulla superficie del pianeta svolgono un ruolo di primaria importanza nel

determinare le forme del paesaggio, eindirettamente i climi, gli habitat naturali.

La presenza stessa dell’uomo su un territorio è condizionata dall’accessibilità dei luoghi che abita; la

cultura e le tradizioni locali sono fortemente legate alla natura geologica del territorio in cui l’uomo

vive ed opera.

Ma che origine hanno le rocce? Da dove vengono? In quale era geologica si sono formate?

Ci sono rocce che hanno la stessa età della Terra (alcuni tipi di meteoriti) e altre che si formano sotto

i nostri occhi (lave incandescenti).

Alcune rocce sono state testimoni dirette di cataclismi e cambiamenti climatici eccezionali e ne

hanno conservato, per migliaia di anni e fino ad oggi, testimonianze uniche: in alcuni calcari si

possono ritrovare impronte o resti di organismi animali ormai scomparsi. Altre conservano segni

indelebili, come cicatrici, degli sforzi compiuti per edificare una catena montuosa: le pieghe e le

fratture nelle rocce metamorfiche. Altre ancora, come i basalti sottomarini, ci “confidano” che il

fondo degli oceani è in continuo movimento o che il Polo Nord e il Polo Sud magnetico si sono

scambiati di posto più volte negli ultimi milioni di anni.

Da questo punto di vista, ecco che le rocce non ci appaiono più come materia statica, ma come

chiavi di lettura delle ere geologiche passate.

La Terra e i processi che la trasformano

Una delle scoperte più rivoluzionarie della geologia

moderna è stata la teoria della tettonica delle

placche.

Wegener fu lo studioso che, osservando le

similitudini tra le linee di costa tra l’Africa e Le

Americhe, e in base ad altri studi sulle affinità tra la

fauna e la flora dei due continenti, per primo

suppose che un tempo quelle due terre facessero

parte di un unico continente chiamato col termine

di Pangea. Paragonò le terre emerse a grosse

Suddivisione schematica degli involucri più superficiali della Terra.

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zattere rigide (placche) galleggianti e in movimento su uno strato più profondo.

Oggi sappiamo che l’involucro più esterno della Terra (litosfera) si comporta rigidamente in risposta

ai continui flussi di materia che avvengono nello strato sottostante (astenosfera) che, alla scala dei

tempi geologici (milioni di anni), reagisce invece in modo plastico.

La litosfera è così suddivisa in 7 principali placche rigide in continuo movimento reciproco

sull’astenosfera.

I limiti tra le diverse placche che formano lo strato più superficiale della Terra non corrispondono ai

limiti di costa degli attuali continenti emersi, ma si possono riconoscere a migliaia di metri di

profondità sotto il livello del mare, oppure nei continenti in corrispondenza di catene montuose

emerse. Nelle zone in cui le placche si allontanano si formano delle dorsali oceaniche. Là dove si

avvicinano, fino a portare allo scontro le placche continentali, si hanno le fosse oceaniche.

Le dorsali oceaniche sono quelle zone in cui l’allontanamento delle placche con velocità relative

dell’ordine di 1-15 cm l’anno provoca l’espansione degli oceani; in questi ambienti, catene di vulcani

sottomarini generano nuova crosta (basalti – lave a pillow).

Al contrario, in corrispondenza delle fosse oceaniche, la crosta viene distrutta: la crosta oceanica è

più pesante e finisce sotto quella continentale (subduzione).

Quando due placche continentali si avvicinano fino a scontrarsi la collisione genera lo sviluppo di

elevate catene montuose.

La storia completa di una catena montuosa come le Alpi è

il risultato di due fenomeni, l'allontanamento e poi

l'avvicinamento di due continenti (o meglio placche):

l'Europa e l'Africa.

In un periodo compreso tra 250 e 300 milioni di anni fa

tutti i continenti erano riuniti, a formare un’unica grande

placca, la Pangea. Successivamente gli spostamenti di

materia nelle profondità sotto la crosta di questo unico

continente cominciarono a distenderla e a spezzarla,

provocando, in milioni di anni, la nascita e l'espansione di

nuovi oceani posti tra le terre emerse. Una delle più recenti

"rotture" (160 - 170 milioni di anni dal presente) ha dato

vita all'Oceano Atlantico e ad un piccolo oceano (oceano

Ligure-Piemontese) che ha poi avuto vita breve. Questo

perchè l'Africa (100 - 80 milioni di anni dal presente)

cambiando rotta cominciò poi ad avvicinarsi all'Europa.

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Questo movimento portò ad una progressiva e completa scomparsa dell'oceano Ligure-Piemontese

e alla successiva collisione dei due continenti, Europa a Nord ed Africa a Sud.

Lo scontro tra i due continenti costrinse in una morsa le rocce che si trovavano nella zona di sutura,

sottoponendole a temperature e pressioni considerevoli. Da una parte quelle che appartenevano

all'oceano (ofioliti e sedimenti di copertura), dall'altra quelle che appartenevano ai due margini

continentali, crosta continentale e sedimenti di copertura. Le forti pressioni e temperature

deformarono fortemente queste rocce e le trasformarono, generando nuove rocce (metamorfismo),

creando pieghe e infine sollevando la catena alpina.

Nella costruzione della catena alpina, quando la compressione e la deformazione raggiunsero la

massima intensità, le rocce che non andarono distrutte nello scontro tra le placche furono ridotte in

cunei e frammenti che si sormontarono e si accavallarono.

Così oggi nella catena alpina si possono trovare a stretto contatto rocce profondamente diverse,

originatesi in ambienti talora molto distanti fra loro.

Le rocce possono avere diverse origini.

Le rocce magmatiche o ignee (dal latino ignis: fuoco)

si formano per il raffreddamento di un magma

incandescente. Quando il magma si raffredda in

superficie si formano rocce vulcaniche (o effusive), ad

esempio basalti, rioliti, ossidiane. Rocce di questo tipo

si ritrovano in prossimità di vulcani attivi oppure

come testimonianze di edifici vulcanici ormai

scomparsi, o ancora sono presenti in abbondanza

lungo le dorsali oceaniche, vere e proprie catene

montuose sommerse dai mari.

Se il magma si raffredda in profondità, si formano

rocce plutoniche (o intrusive), generalmente massicce

e con grossi cristalli, come quelli dei graniti o dei

gabbri.

Il magma fuso, all’interno di una camera magmatica, risale lungo il camino, fuoriesce in superficie sottoforma di e solidificandosi diventa roccia.

edificio vulcanico lava incandescente

camino o condotto

camera magmatica

roccia solida

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L’origine delle rocce sedimentarie è invece legato all’accumulo

progressivo di frammenti di altre rocce. Quando questo accumulo

(detto sedimento) viene sepolto sotto strati di nuovo materiale, la

pressione e la temperatura aumentano di centinaia di volte e

prendono il via alcuni processi fisici (il cui insieme prende il nome

di litificazione o diagenesi) che schiacciano, comprimono i

sedimenti fino a creare una roccia compatta e resistente. Quando

queste trasformazioni non sono così intense da distruggere le

tracce degli animali o dei vegetali che sono rimaste nei sedimenti,

le rocce sedimentarie possono conservare dentro di sé le

testimonianze di organismi estinti da milioni di anni: i fossili.

Tra le rocce sedimentarie le più note sono i calcari, le arenarie, i

gessi e i travertini.

Le rocce metamorfiche, sono i prodotti di trasformazione di rocce già formate.

Nel processo di metamorfismo (dal greco meta-morphos: cambio di forma) le modifiche che

vengono indotte nella roccia riguardano sia i minerali che la costituiscono sia la sua struttura. In

alcuni casi avvengono cambiamenti chimici nei minerali allo stato solido; in altri casi alcuni minerali

possono fondere a causa delle alte temperature e combinandosi dare origine a nuovi minerali.

Possiamo così dire che uno gneiss era in precedenza un granito, una lastra di marmo era un calcare,

una lavagna (ardesia) era un’argilla e così per quasi tutte le rocce metamorfiche.

In quest’ultima categoria rientrano la maggior parte delle rocce che compongono le Alpi (gneiss,

scisti).

In alcuni casi l’originaria stratificazione orizzontale dei sedimenti si conserva anche nelle rocce litificate.

Sequenza ideale di formazione di piega in una roccia metamorfica.

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Il ciclo delle rocce

Le rocce sono i materiali più “riciclati” in natura. Le rocce magmatiche si formano per

raffreddamento di un magma (cristallizzazione). Una volta in superficie le rocce si frammentano per

alterazione chimica e fisica (erosione). Gli agenti atmosferici trasportano i frammenti verso bacini di

accumulo (bacini marini), sul cui fondo si depositano in strati. Con il passare del tempo, l’accumulo

progressivo di materiale aumenta la pressione e la

temperatura, producendo rocce sedimentarie

(litificazione) e più in profondità –dove

temperatura e pressione sono ancora più alte -

rocce metamorfiche (metamorfismo). Saranno i

processi orogenetici a rimettere in gioco le rocce

così formate, portandole in a profondità tali da

farle fondere o riportandole in superficie, dove i

processi erosivi daranno il via a un nuovo ciclo.

I processi di trasformazione del paesaggio

Il paesaggio naturale è estremamente mutevole. In natura esistono processi in grado di cambiare

l’aspetto del paesaggio con velocità non apprezzabili dall’occhio umano. La deriva dei continenti, ad

esempio, o i processi responsabili del sollevamento delle catene montuose agiscono, di norma, per

spostamenti continui e progressivi con velocità di qualche centimetro l’anno. Altri processi, invece,

sono in grado di mutare l’aspetto del territorio in pochi attimi. Le frane di crollo sulle ripide pareti

rocciose agiscono istantaneamente; le eruzioni vulcaniche danno luogo a colate di lava che possono

raggiungere velocità di vari metri al secondo; violente e improvvise frane di fango e detrito

percorrono alvei di piccoli torrenti montuosi con forze devastanti, aprendosi nuovi tracciati in pochi

istanti.

Ecco dunque che la superficie del pianeta Terra muta il proprio aspetto continuamente in un ciclo

ininterrotto, seppure non costante, di genesi, distruzione, trasformazione e rinascita della materia.

Nel modellamento del paesaggio ci sono sia forze che agiscono dall’interno (processi endogeni),

apportando nuova materia sulla superficie, sia forze che agiscono dall’esterno (processi esogeni),

smantellando, distruggendo e spostando la materia.

L’aspetto attuale del paesaggio è il risultato di una combinazione di processi endogeni ed esogeni che

hanno operato nell’arco di milioni di anni, alcuni dei quali tuttora in atto.

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 11

Tra i principali processi esogeni che hanno contribuito e contribuiscono alla morfologia del

territorio piemontese tratteremo brevemente i processi glaciali, fluviali, gravitativi.

Processi glaciali

Dall’epoca della formazione del pianeta Terra (circa 4,5

miliardi di anni fa) ad oggi il clima del pianeta è cambiato

innumerevoli volte. In ere geologiche più recenti sono

stati riconosciuti periodi in cui la temperatura media annua

dell’intero globo era così bassa da favorire lo sviluppo dei

ghiacciai; e periodi mediamente più caldi in cui i ghiacciai

si sono ritirati di estensione e potenza. Nel quaternario

(era geologica che va da 2 milioni di anni fa ad oggi) il

continente europeo ha conosciuto diversi periodi di

espansione e di ritiro glaciale. Poco più di diecimila anni fa

(durante l’ultima massima espansione glaciale), gran parte delle terre emerse del nord-europa era

occupata dai ghiacciai. In Italia le coltri glaciali coprivano per intero i settori alpini.

A circa diecimila anni di distanza dalla fine dell'ultima massima espansione glaciale, poco resta dei

grandi ghiacciai alpini.

Eppure se si eccettua l'avvento dell'uomo o le trasformazioni morfologiche che lo sviluppo urbano

ed industriale hanno comportato, il territorio montano non ha modificato quasi per nulla la propria

identità glaciale.

Come è stato possibile che il ghiaccio, notoriamente più tenero, sia riuscito a scalfire e a modellare

profondamente la dura roccia? Per comprendere come ciò sia avvenuto immaginiamo di trovarci sul

fondo di un ghiacciaio.

Con un meccanismo simile a quello dei corsi d'acqua anche i ghiacciai trasportano un carico

detritico: il trasporto avviene sia sulla superficie che per trascinamento sul fondo.

Coinvolte dal movimento del ghiacciaio e compresse dalle enormi pressioni che si generano sul

fondo, le rocce si sgretolano in frammenti più piccoli e irregolari. Il caotico miscelarsi di frammenti

spigolosi di roccia e ghiaccio opera sul fondovalle e lungo i fianchi vallivi, generando una continua

frizione che porta a modellare anche le rocce più resistenti.

Massima espansione dei ghiacciai 10.000 anni fa in Europa.

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 12

Oltre a generare una continua consunzione delle rocce (che i geologi chiamano “esarazione”) i

ghiacciai alpini, nel loro moto, hanno trasportato enormi quantità di materiale (rocce dalle

dimensioni più disparate) dalle vette verso i settori vallivi. Giunti in pianura e al termine del proprio

corso, i ghiacciai hanno abbandonato il materiale alla

fronte, disponendolo secondo cerchie concentriche

che ricalcavano la geometria di quella che era la

lingua glaciale. Col protrarsi del tempo, l’accumulo di

materiale roccioso alla fronte glaciale ha costituito

delle vere e proprie colline (morene) dalla tipica

forma ad anfiteatro.

Le rocce montonate, i dossi levigati, le profonde

striature , ma anche i più familiari massi erratici e gli

imponenti anfiteatri morenici (quello di Rivoli-

Avigliana o quello di Ivrea), sono alcune delle tracce

glaciali che il paesaggio ha meglio conservato nel

territorio regionale piemontese.

Processi fluviali

L’acqua rivela e cancella le memorie della Terra. Alle nostre latitudini e considerando il territorio

nazionale, l’acqua è uno dei principali agenti di modellamento del paesaggio: scorre tra le rocce,

scava il proprio letto all’interno di esse, le frammenta e le trasporta con sé per chilometri dalle

montagne fino alle pianure. L’acqua, sotto forma di pioggia, comincia un primo blando

rimodellamento dei versanti, mobilizzando piccole particelle di roccia nell’impatto col suolo.

Quando scorre lungo le incisioni dei versanti sotto forma di torrente erode le sponde e il fondo del

proprio alveo, trasportando verso valle i frammenti di roccia che è in grado di strappare. In ambienti

montani le forme più tipiche di accumulo dei detriti sono i conoidi alluvionali (o conoidi di

deiezione), dalla tipica forma a ventaglio, posti dove i torrenti hanno lo sbocco nella valle principale.

Processi gravitativi (frane)

Gli agenti atmosferici (pioggia, acqua, ghiaccio, vento) degradano le superfici rocciose, fratturandole,

alterandole chimicamente, modificandone la resistenza fino a rendere instabili singole pareti

strapiombanti o interi versanti. Su rocce così alterate entra in gioco la forza di gravità, che fa cadere

verso il basso i blocchi di roccia degradati.

Schema esemplificativo di un ghiacciaio e di alcune sue forme caratteristiche

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 13

Una frana è quindi il movimento di un volume di roccia, terreno o sedimenti lungo il versante per

azione della gravità. Alcuni di questi movimenti sono istantanei (le frane di crollo alla base delle

pareti rocciose o le colate

di fango e detriti), altri molto più lenti e impercettibili, anche nel caso in cui a muoversi siano interi

versanti.

Molti tipi di movimenti franosi, in particolare quelli dei versanti alpini, sono difficili da prevedere e,

soprattutto, da prevenire. Per questo motivo rappresentano un importante fattore di rischio

ambientale e di pericolo per la popolazione, a cui si tenta di ovviare con un’oculata pianificazione

territoriale.

Esempio di classificazione delle frane. Secondo la tipologia di movimento del fenomeno si distingue: crollo, ribaltamento, rotazione, scivolamento, liquefazione (Varnes).

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 14

APPROFONDAPPROFONDAPPROFONDAPPROFONDIMENTIIMENTIIMENTIIMENTI

I tempi geologici

La storia della Terra si dipana in tempi davvero troppo ampi per poterli intuire. L’universo si è

formato fra i 15 e i 20 miliardi di anni fa. Il sistema solare, e con esso il nostro pianeta, circa 4,6

miliardi di anni fa.. Le catene montuose impiegano milioni di anni a sollevarsi, mentre un’era glaciale

-in confronto- è breve: dura qualche decina di migliaia d’anni. Le prime cellule viventi comparirono

circa 3,5 miliardi di anni fa e l’uomo è comparso “solo” qualche milione di anni fa (4,5): poco più di

un millesimo del tempo trascorso dalla comparsa della vita.

Se consideriamo l’età della Terra -4,6 milardi di anni- e ipotizziamo che essa abbia solo un giorno di

esistenza, scopriamo che le prime cellule viventi fecero la loro comparsa verso le sei del mattino, ma

riuscirono a organizzarsi in esseri più complessi, i primi organismi pluricellulari, intorno alle 8 di

sera.

Gli ominidi mossero i loro primi passi “a due zampe” solo un paio di minuti prima della

mezzanotte!

Glossario

Alveo: fascia di terreno lungo la quale fluisce un corso d’acqua. Nei periodi di magra può essere

occupato dall’acqua solo parzialmente.

Astenosfera: zona parzialmente fusa del mantello sottostante la litosfera.

Bacino di accumulo: regione di notevole estensione -almeno 10000 km2- luogo di accumulo di una

grande quantità di sedimenti.

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 15

Conoide alluvionale: accumulo di materiale alluvionale allo sbocco vallivo, la forma è caratterizzata

da una tipica forma a ventaglio con l’apice rivolto verso monte.

Cristallizzazione: è l’accrescimento di un solido i cui atomi costituenti si uniscono secondo una

precisa configurazione cristallina. Ne è un esempio la cristallizzazione dei minerali durante il

raffreddamento di un magma.

Dorsale oceanica: Lunga e stretta elevazione posta in corrispondenza di margine divergente tra

placche.

Endogeno: dal greco éndon-génos, “di origine interna”.

Esarazione glaciale: processo erosivo proprio dei ghiacciai.

Esogeno: dal greco eso-genos, “di origine esterna”.

Fossile: resto o traccia di organismo vissuto nel passato.

Fossa: limite (o margine) convergente tra due placche tettoniche adiacenti, qui la crosta terrestre

viene distrutta.

Frana: movimento di un volume di roccia, terreno o sedimenti lungo il versante per azione della

gravità.

Fronte di un ghiacciaio: limite inferiore di un ghiacciaio vallivo, settore che corrisponde

generalmente con la lingua glaciale

Habitat:: insieme delle componenti biotiche ed abiotiche che definiscono le condizioni di vita di un

organismo vivente.

Geosito: Con il termine geosito si indicano i beni geologico-geomorfologici di un territorio intesi

quali elementi di pregio scientifico e ambientale del patrimonio paesaggistico; si tratta di emergenze

paesaggistiche importanti anche per la loro rappresentatività, esemplarità didattica o rarità.

Ghiacciaio: Massa di ghiaccio e neve superficiale che persiste per tutto l’anno e fluisce verso le

quote più basse o verso i propri margini, sotto la spinta del proprio peso.

Glaciazioni: periodi di tempo durante i quali la temperatura del pianeta era più bassa di alcuni gradi

rispetto al presente; questo determinò l'espansione delle calotte glaciali e una conseguente

diminuzione del livello del mare.

Lava: magma che ha raggiunto la superficie. Le lave basaltiche, meno ricche in silice, fuoriescono

con temperature di circa 1000-1200°C; le lave riolitiche, più ricche in silice, a temperature più basse:

800-1200°C.

Lava a cuscino (pillow lava): roccia prodotta dalla solidificazione pressoché istantanea di un

magma basaltico effuso dalle dorsali oceaniche in ambiente sottomarino.

Litificazione o diagenesi: processo che trasforma i sedimenti in roccia, attraverso la

compattazione da carico e la cementazione per precipitazione di sali in soluzione nelle acque.

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Litosfera: è l’involucro superficiale della Terra, costituito dalla crosta e dalla parte più superficiale

del mantello: il suo spessore medio è di circa 100 km.

Magma: materiale roccioso fuso, con temperature comprese fra gli 800° e i 1200° C; quando

raggiunge la superficie prende il nome di lava.

Margine o limite convergente: zona della crosta dove due placche si avvicinano l’una rispetto

all’altra, entrando in collisione. In corrispondenza di questa zona hanno luogo, vulcanismo e

orogenesi.

Margine o limite divergente: zona della crosta dove due placche si allontanano l’una dall’altra;

hanno luogo terremoti e vulcanismo e viene creata nuova litosfera.

Metamorfismo: dal greco meta = cambiamento, morfos = forma, è un processo chimico fisico di

trasformazioni che coinvolgono la struttura e la composizione mineralogica della forma originaria.

Minerale: composto solido inorganico di origine naturale, con composizione chimica definita che

ne determina la forma.

Morena: deposito detritico eterogeneo ad opera di un ghiacciaio.

Morfologia: branca della geologia che studia la conformazione (o aspetto) del territorio.

Orogenesi: dal greco oros = montagna, genesis = nascita, processo endogeno di formazione delle

catene montuose.

Paesaggio: insieme di elementi naturali ed artificiali che caratterizza un determinato territorio o

ambiente.

Piega: deformazione prodotta dall’azione di forze, verticali od orizzontali, su una struttura

originariamente piana. Le pieghe si manifestano tipicamente nelle catene montuose.

Placca: placca litosferica delimitata da margini tettonici ben distinti.

Roccia: aggregato di uno o più minerali.

Roccia montonata: superficie rocciosa striata e modellata dal ghiacciaio, generalmente dal profilo

tipicamente arrotondato.

Sedimenti: materiali depositati sulla superficie terrestre da agenti fisici (venti, acqua, ghiacciai),

chimici (precipitazione da oceani, mari, laghi e corsi d’acqua) o biologici.

Subduzione: processo tettonico secondo il quale una placca viene spinta al di sotto di un’altra

placca fino a fusione.

Tettonica: scienza che studia le modificazioni della crosta terrestre legate agli spostamenti ed alle

deformazioni.

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Links

http://www.anisn.it/geologia2000/:

sezione geologica del sito della associazione italiana insegnanti scienze naturali.

http://www.arpa.piemonte.it/:

sito dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Piemonte.

http://www.geologia.com/index.php:

portale Italiano di scienze della Terra.

http://www.geomorfolab.it/pagine/index_cdg.htm:

pagine relative al Centro Documentazione Geositi, istituito all'interno del dipartimento POLIS dell'

Università di Genova; il centro si configura come strumento scientifico e culturale, finalizzato allo

studio e alla ricerca applicata nel campo della conservazione del patrimonio geologico inteso nella

più ampia accezione del termine.

http://www.geoturismo.it/:

viaggi, escursioni, corsi, presentazioni, convegni sul tema della geologia.

http://www.immaginarioscientifico.it/is3/archivi/luduslab.html:

esperimenti di scienze svolti nei laboratori dello “Science center” di Trieste, in formato pdf; per

le scienze della terra: “Terremoti e vulcani” e “Suoli e sottosuoli”.

http://www.parks.it:

portale italiano sulle aree protette dell’Italia e del mondo.

http://www.provincia.torino.it/territorio/sezioni/difesa_suolo/geositi/geositi:

un progetto di studio e valorizzazione di beni geologico-geomorfologici presenti nel territorio della

Provincia di Torino; è possibile scaricare le due guide ai geositi della provincia..

http://ppp.unipv.it/musei/mineral/esperimenti.htm:

esperimenti sulle scienze della Terra proposti dal museo di mineralogia dell’Università di Pavia.

http://vulcan.fis.uniroma3.it/index_ita.html:

sito sul vulcanismo e sui vulcani italiani del Dipartimento di Fisica "E. Amaldi", Università

Roma Tre.

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Letture consigliate

Qualche lettura interessante fra scienze della terra e scienze della vita:

“Guida alle strutture geologiche”, Roberts J.L., Franco Muzzio editore, 1991, Padova.

“Guide geologiche regionali” a cura della Società Geologica Italiana, Be-Ma editrice, Milano.

“La grande moria dei dinosauri”, Kenneth J. Hsu, Adelphi, Milano 1993.

“La vita meravigliosa”, Stephen J. Gould, Feltrinelli, Milano, 2007.

“L’origine delle specie”, C.Darwin, 1859.

“L’uomo che scoprì il tempo” Jack Repcheck, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004.

“A cosa pensano i calamari” Alain Prochiantz, Einaudi, Torino 1999.

“Zio Tungsteno” Oliver Sacks, Adelphi Milano 2002.

“Storia della Terra” Mac Dougald, Einaudi, Torino 1999.

“Quando i cavalli avevano le dita” Stephen J. Gould, Feltrinelli Milano 2000.

“La misura del mondo”, Daniel Kehlmann, Feltrinelli Milano, 2005.

“Storia sentimentale della scienza”, Nicolas Witkowski, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003.

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 19

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

ATOLLOATOLLOATOLLOATOLLO

Un atollo è un'isola composta da una particolare formazione di terra

emersa e lagune, presente negli oceani Pacifico e Indiano e compresa tra le

latitudini tropicali. Il suo nome deriva da un'espressione dialettale delle

popolazioni autoctone delle Isole Maldive, "Atolu".

Gli atolli si formano quando un'isola vulcanica ha eruzioni di tipo esplosivo particolarmente

violente: il cono viene distrutto ed è possibile che rimangano sopra la superficie marina parte delle

pareti del vulcano mentre lo spazio interno viene invaso dall'acqua, formando così una laguna.

Intorno all'isola nel frattempo, si è formata nel corso dei millenni una barriera corallina, che, in

continua crescita, affiora ed emerge dalla superficie marina, formando bassi fondali al suo interno e

nelle sue immediate vicinanze a causa dell'erosione continua che onde e vento praticano

ininterrottamente sulla formazione corallina più superficiale. Da qui la particolare colorazione

bianco-rosata della sabbia. La Polinesia francese è formata solo da atolli che si differenziano da quelli

più famosi nell'immaginario collettivo, quelli delle Maldive, poiché presentano alture e colline (i coni

vulcanici ricoperti di foreste riemersi in seguito a successive eruzioni). Gli atolli delle Maldive infatti

sono formati solo dall'accumulo di sabbia e non sono più alti di 12-

15 metri sul livello del mare.

Il primo a formulare ipotesi riguardo al processo di formazione degli

atolli fu Charles Darwin.

Atollo corallino in Micronesia

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Dispense - Scuola Secondaria Superiore 20

DELTA FLUVIALE DELTA FLUVIALE DELTA FLUVIALE DELTA FLUVIALE

Un delta fluviale o semplicemente delta è un accumulo di sedimenti, o

corpo sedimentario, che si forma alla foce di un corso d'acqua che

convoglia sedimenti terrigeni in un bacino con una massa d'acqua

relativamente stazionaria (mare o lago). In funzione del tipo di bacino, si

può avere quindi un delta marino o un delta lacustre.

Con il prevalere delle correnti fluviali tendono a formarsi delta digitati e lobati; aumentando di

importanza i processi marini (moto ondoso e correnti costiere) si formano apparati deltizi di forma

cuspidata e arcuata; con la presenza di ampie escursioni di marea si formano delta-estuari ed estuari.

Un delta marino si forma per la combinazione di processi sedimentari fluviali (correnti fluviali) e

marini (moto ondoso, correnti costiere e maree), in condizioni ambientali sia subaeree (emerse) che

subacquee.

Il termine "delta" deriva dalla forma triangolare che molti corpi sedimentari di questo tipo mostrano

in pianta (a somiglianza della quarta lettera dell'alfabeto greco). In realtà, la morfologia e le

dimensioni di un edificio deltizio dipendono da molteplici fattori:

• quantità di sedimento apportato dal fiume (portata solida);

• granulometria del sedimento: principalmente il rapporto tra materiali fini, (argilla e silt,

trasportati prevalentemente in sospensione dalle acque fluviali) e grossolani (sabbie e ghiaie,

trasportate a contatto con il fondo);

• velocità della corrente;

• tipo ed energia dei processi costieri (onde, maree, correnti);

• morfologia del bacino che riceve i sedimenti;

• tasso di subsidenza (abbassamento naturale del suolo).

In particolare, la tipica forma a "delta" si realizza nel caso in cui i processi fluviali tendono a

prevalere su quelli marini (delta "costruttivo") e l'edificio deltizio tende ad avanzare (progradare)

entro il bacino.

Viceversa, la prevalenza dei processi marini determina lo smantellamento dell'edificio deltizio più

rapidamente di quanto si formi, ridistribuendo i sedimenti lungo la costa. In questo caso si forma un

estuario, in cui il canale fluviale sfocia direttamente in mare.

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SACRA DI SAN MICHELESACRA DI SAN MICHELESACRA DI SAN MICHELESACRA DI SAN MICHELE

L’Abbazia di San Michele della Chiusa, monumento simbolo del

Piemonte è la solenne sentinella al confine fra la pianura torinese e la

montagna alpina.

I blocchi di pietra impiegati nella costruzione della Sacra di San Michele

sono stati estratti e lavorati da vari tipi di rocce, quindi trasportati sulla cima del Monte Pirchiriano,

dove alcuni di essi hanno subito una seconda lavorazione a fini decorativi e strutturali. la Sacra di

San Michele costituisce una pregevole collezione di rocce diverse: gli gneiss (con grossi cristalli di

feldspato potassico) formano la gran parte delle scalinate, le prasiniti sono le rocce della chiesa, delle

colonne (bellissimi i capitelli con granati che ornano il portone di ingresso della chiesa), degli archi

rampanti e delle statue dell'abside, mentre il Portale dello Zodiaco è

fatto di pregevoli marmi. Ma vi è una roccia, molto meno nobile

eppure non meno utilizzata nella stessa abbazia che per generazioni

ha fornito abbondante materiale per la costruzione di borgate,

alpeggi e terrazzamenti in tutta la Valle di Susa: il calcescisto. Nella

Sacra essi costruiscono la parte basale dell'edificio su cui poggia la

chiesa in pietra verde. Tra le poche qualità che i calcescisti potevano

offrire al montanaro, la scistosità (ossia la disposizione planare del

minerali metamorfici) ha da sempre fornito ottime lastre naturali da

utilizzarsi come copertura dei tetti (lose). Tanto umili quanto

preziose, queste lastre rappresentano ancor oggi una testimonianza

certamente non artistica ma, a suo modo, di enorme valore storico

ed ecologico.

(testo tratto da “La Sacra di San Michele” collana Natura dentro e fuori le mura CDA&Vivalda edizioni, Torino 2005)

L'alternanza di blocchi rocciosi di diversa natura (le pietre verdi e i calcescisti) "usata" dal punto di vista cromatico diventa un elemento artistico che abbellisce il muro occidentale della Chiesa della Sacra.

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LE RADIOLARITILE RADIOLARITILE RADIOLARITILE RADIOLARITI

Queste curiose rocce rosse che, sono il prodotto di accumulo, sul fondo

di uno scomparso oceano (Ligure-Piemontese), dei resti di piccoli

organismi marini vissuti intorno ai 160 milioni di anni fa.

Il nome delle rocce “radiolariti” deriva dagli organismi che le hanno prodotte: i Radiolari.

I radiolari sono organismi planctonici marini, di forma sferoidale e di piccole dimensioni (al più

pochi millimetri). Il loro scheletro, fatto di silicio (minerale del quarzo), presenta una precisa

simmetria radiale (da qui il nome).

Quando l’organismo moriva le parti molli venivano

decomposte, e sul fondo dell’oceano rimanevano miliardi

di gusci e scheletri silicei di radiolari. Il progressivo

accumulo dei resti di questi organismi è all’origine delle

radiolariti.

Tavola con illustrazioni di radiolari tratta dal libro Kunstformen der Natur (Forme artistiche della natura) di Ernst Haeckel (1904)

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PILLOW LAVAS PILLOW LAVAS PILLOW LAVAS PILLOW LAVAS

Le lave a cuscino (o pillow lavas) sono rocce magmatiche di origine

oceanica che presentano strette analogie con quelle osservate sul fondo

degli oceani in corrispondenza delle dorsali. Qui le lave a cuscino si

formano all'interno di enormi colate basaltiche che si sovrappongono ad

altre rocce magmatiche di origine crostale più profonda (gabbri e

peridotiti) ricoperte a loro volta da sedimenti di mare profondo (peliti).

Queste associazioni litologiche è stata definita con in termine generale di

ofioliti e riconosciute come la testimonianza di un antico ambiente

oceanico, ormai scomparso per effetto dell'orogenesi alpina.

Durante gli episodi vulcanici, il magma lavico (1.200° C) a contatto con l’acqua marina si raffredda

velocemente formando una protusione bulbosa incandescente ricoperta da una pellicola vetrosa. La

pressione del magma ancora fuso, contenuto all’interno del “cuscino” appena formato, preme sulle

pareti interne dilatando e lacerando la pellicola vetrosa esterna lasciando fuoriuscire un'altra

protusione bulbosa di lava fusa .

Questo meccanismo di deposizione impedisce che la protusione lavica si ingrandisca oltre una certa

dimensione, anche se il nucleo può rimanere ancora fuso per un certo periodo di tempo.

Il singolo cuscino lavico è costituito da corpo

allungato, più o meno ellissoidale, con una

lunghezza che può raggiungere i 5-6 metri ed un

diametro non superiore al metro.

Lave a cuscino di neoformazione sul fondo dell’oceano

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PIRITEPIRITEPIRITEPIRITE E E E E BATTERI BATTERI BATTERI BATTERI

Nell’immagine possiamo vedere molto bene la forma dei singoli cristalli di

pirite, un solfuro di ferro.

La forma dei cristalli dipende dalla disposizione degli atomi al loro interno,

che tendono a disporsi formando poliedri il più possibile regolari; in realtà

quando i minerali cristallizzano dal materiale fuso, in cavità o fratture,

devono fare i conti con lo spazio che hanno a disposizione. I primi a

cristallizzare non hanno alcun impedimento solido, e assumono la forma

più regolare. Quelli che si formano vengono dopo si arrangiano sistemandosi negli spazi rimasti,

assumendo forme sempre più irregolari mano a mano che lo spazio viene riempito.

I solfuri vengono sfruttati per l’estrazione di metalli, ma forse pochi sanno che alcuni batteri…se li

mangiano! Alcuni batteri infatti sono in grado di ossidare molti solfuri, fra cui la pirite: ottengono

energia per la propria sopravvivenza da reazioni chimiche (motivo per cui sono chiamati

chemioautotrofi), utilizzando come substrato rocce o sedimenti e la CO2 atmosferica come fonte di

carbonio (tutti i viventi sono fatti di carbonio!): in generale questi processi prendono il nome di

biolisciviazione. Possiamo citare ad esempio il Thiobacillus ferrooxidans, che ossida la pirite e vive

felicemente nelle miniere di solfuri, nelle acque di drenaggio

e in miniere di carbone, dove sono presenti solfuri.

Sono in fase di studio lo sfruttamento di questi batteri a fini

estrattivi, con minor impatto ambientale rispetto ad altri

processi, e il loro utilizzo per la riduzione degli inquinanti

presenti nei siti di estrazione.

Acque nei pressi delle miniere di Rio Tinto(Spagna), colorate dall’ossidazione dei solfuri estratti.

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PIRITE E BATTERI PIRITE E BATTERI PIRITE E BATTERI PIRITE E BATTERI

SCISTI SCISTI SCISTI SCISTI

Gli scisti sono rocce originariamente sedimentarie che sottoposte a processi

metamorfici legati alla formazione delle Alpi (orogenesi alpina). Tali processi

ne hanno modificato la struttura; pressione e temperatura hanno trasformato

le rocce fino a farle sembrare una specie di pasta sfoglia: si sono formati

nuovi minerali che, per le alte pressioni, si sono sviluppati su un piano

preferenziale, risultando così appiattiti.

Rocce di questo tipo si dividono facilmente in lastre e sono utili

all’uomo. In molte località di montagna già anticamente erano usate

per coprire i tetti delle case. Nelle diverse località hanno diversi nomi

dialettali: in Valsesia piove, altrove vengono dette lose.

Ma una roccia scistosa è molto più vicina a voi di quanto possiate

immaginare: si tratta dell’ardesia, uno scisto di colore scuro, usato

per costruire le lavagne che si usano a scuola.

Tetto in “piove” in Valsesia

Foto:Woudloper

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SERPENTINITE SERPENTINITE SERPENTINITE SERPENTINITE

E’ una roccia che deriva dall’alterazione e idratazione delle peridotiti,

costituita da due minerali: serpentino e magnetite. Facciamo un passo

indietro: le peridotiti sono le rocce che costituiscono il mantello; la loro

parziale fusione forma i magmi basaltici, la cui fuoriuscita lungo le dorsali

forma i fondali oceanici. Queste rocce a contatto con l’acqua possono

idratarsi e alterarsi e i minerali che le costituiscono sono trasformati in

altri minerali: serpentino e magnetite.

Le serpentiniti determinano la formazione di i suoli superficiali, poco fertili e

ricchi di elementi tossici quali nichel, cromo e cobalto. La flora è caratterizzata

da un basso numero di specie e dalla frequenza delle crucifere (in particolare i

generi Thlaspi e Cardamine). Fra le specie più interessanti vanno menzionate

Cardamine plumieri, Thlaspi sylvium, Alyssum argenteum e Asplenium cuneifolium.

Il pino uncinato è l'albero che meglio si

adatta agli affioramenti ofiolitici. Prende il

nome dalla forma delle squame delle pigne, munite di vistosi

uncini.

Si tratta di un albero alto fino a 25 metri, che forma boschi molto

fitti; presenta due forme morfologiche distinte: quella arborea, con

tronco eretto e prostrata, con rami striscianti eretti soltanto

all'apice. Vive fino a 2700 metri di quota, anche in luoghi sassosi e

ai margini di altre foreste. È degno di nota il bosco di pino

uncinato di Laval, a Pragelato (Val Chisone, Torino) dove si gli

esemplari adulti hanno età comprese fra i 120 e i 300 anni.

Cardamine plumieri(foto: www.florealpes.com)

Foto:Kevin Walsh

Pino uncinato (foto: Joan Simon)