DOSSIER L’ItaLIa, LE StELLE, La StORIa/10 · Nel consorzio entrarono BPD, Bre-da Finanziaria,...

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di 45 anni italia nello spazio Mentre lo spazio italiano deve difendersi da qualche malalingua, i successi si alternano a battute d’arresto. Intanto è l’industria a tirare avanti, stringendo alleanze, creando nuovi poli e preparandosi a cogliere i frutti di un settore non piú solo destinato alla ricerca, ma anche allo sfruttamento commerciale. Michelangelo De Maria, Lucia Orlando e Giovanni Paoloni in questa puntata raccontano ai lettori di «Storia in Rete» la crescita dell’industria aerospaziale italiana negli anni Settanta 00 | STORIA IN RETE Novembre=Dicembre 2009 DOSSIER L’ITALIA, LE STELLE, LA STORIA/10 L’industria guarda al cielo Giuseppe Occhialini, (1907-1993). Il fisico italiano fu uno dei principali animatori della ricerca spaziale negli anni Settanta e Ottanta L’industria guarda al cielo

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Mentre lo spazio italiano deve difendersi da qualche malalingua, i successi si alternano a battute d’arresto. Intanto è l’industria a tirare avanti, stringendo alleanze, creando nuovi poli e preparandosi a cogliere i frutti di un settore non piú solo destinato alla ricerca, ma anche allo sfruttamento commerciale. Michelangelo De Maria, Lucia Orlando e Giovanni Paoloni in questa puntata raccontano ai lettori di «Storia in Rete» la crescita dell’industria aerospaziale italiana negli anni Settanta

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DOSSIER L’ItaLIa, LE StELLE, La StORIa/10

L’industriaguarda al cielo

Giuseppe Occhialini, (1907-1993). Il fisico italiano fu uno dei principali animatori della ricerca spaziale negli anni Settanta e Ottanta

L’industriaguarda al cielo

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spazio serie messa a punto dalla Scuola di Ingegneria Aerospaziale di Roma, denominata Quirra: trattandosi però di missili il cui sviluppo era stato appena avviato, non era pos-sibile prevederne i costi operativi e l’affidabilità, e ciò portò alla loro esclusione dal programma.

La seconda linea di azione portò fin dall’inizio alla proposta da par-te italiana di esperimenti scienti-fici, da installare dapprima a bor-do dei lanci missilistici di prova, successivamente a bordo dei sa-telliti scientifici. Nella prima fase, vennero accettati due esperimenti italiani, uno progettato da Occhia-lini (Università di Milano) l’altro da Domenico Brini (Università di Bologna); entrambi ebbero esito negativo, per il malfunzionamen-to delle attrezzature sperimentali lanciate, ma questo non indebolì il contributo italiano alla fase suc-cessiva, che invece si svolse con pieno successo. I primi progetti per esperimenti da effettuare con satelliti scientifici vennero presen-tati da Occhialini, Bonetti (Univer-sità di Bari) e Pizzella (Università di Roma): in effetti, Milano, Roma e Bari erano sedi in cui vi era da tempo una tradizione nel campo delle ricerche sui raggi cosmici. La partecipazione italiana all’attività scientifica di ESRO continuò a es-sere collegata a queste personalità. Inoltre la loro rete di rapporti (per-sonali e professionali) a livello in-ternazionale permise la successiva realizzazione di importanti esperi-menti in collaborazione fra le sedi italiane e alcuni laboratori europei, come il CEN di Saclay (Francia) e il Max-Planck-Institut für Extraterre-strische Physik di Monaco (RFT). Il più importante fra questi esperi-menti fu quello noto con l’acroni-mo MiMoSa.

Anche in ELDO i ricercatori ita-liani ottennero risultati tecnico-scientifici di rilievo. Oltre allo svi-luppo del motore di apogeo, essi realizzarono il satellite di prova per lo sfortunato programma PAS.

le attività cui si partecipa contri-buiscono ad accrescere il prestigio nazionale e il ruolo internazionale del Paese. Per l’Italia andava ag-giunto il desiderio, da parte della comunità scientifica, di utilizzare gli impegni assunti dai governi a livello internazionale per assi-curare alle attività nazionali una garanzia di sviluppo: ciò era vero anche per la ricerca spaziale.

Il contributo scientifico italiano a ESRO e ELDO si articolava su due linee di azione: la prima con-sisteva nel mettere a disposizione delle organizzazioni strutture e tecnologie nazionali; la seconda era rappresentata da una parteci-pazione molto attiva nella defini-zione del programma scientifico delle organizzazioni stesse. Per quanto riguarda il primo punto, l’Italia rese disponibile la base di lancio del Salto di Quirra, che fu utilizzata con successo da ESRO per tutta la durata del programma di lanci di razzi sonda; la struttura fu anche oggetto di aspre critiche, nel 1965, nel comitato scientifico-tecnico (STC) di ESRO. Tuttavia si dovette poi riconoscere che i pro-blemi verificatisi nei primi lanci non dipendevano dall’inesperien-za del personale italiano, e ESRO si fece carico di un adeguamento strutturale proposto dallo stesso STC. L’Italia aveva anche proposto l’uso dei vettori appartenenti a una

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2. La partecipazione scientifica

Q uanto det-to finora non deve indurre a sottostima-re il livello e i risultati t e c n i c o -sc i en t i f i c i della parte-

cipazione italiana a ESRO e ELDO nel corso degli anni Sessanta. Que-sta era perfettamente in linea con le ragioni che spingevano tutti gli Stati verso la cooperazione scienti-fica internazionale, così riassunte con sintetica chiarezza da Jean-Jacques Salomon in un documento preparatorio per la prima Conferen-za Ministeriale sulla Scienza tenu-ta dall’OCSE a Parigi il 3-4 ottobre 1963: 1. le ricerche si svolgono in settori per loro propria natura so-vranazionali (meteorologia, ocea-nografia, ecc.); 2. le ricerche neces-sitano di risorse talmente rilevanti da non essere alla portata di un solo Stato (ricerca nucleare, ricerca spaziale, ecc.); 3. le attività scien-tifiche contribuiscono a realizza-re obiettivi più ampi, economici o militari, per i quali gli Stati sono disponibili a unire i loro sforzi; 4.

A sinistra: Francobollo dedicato al poligono missilistico del Salto di Quirra in Sardegna, a destra: francobollo dedicato alla serie di satelliti italiani San Marco

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particolare di commesse pubbli-che. Una delle prime preoccupa-zioni espresse dalla Commissione riguardava l’eccessiva frammenta-zione del settore, e puntava a inco-raggiare un processo di concentra-zione; nel corso di questo processo il controllo sull’industria aerospa-ziale, che era prevalentemente in mano ad alcune imprese private, in particolare la FIAT, passò nelle mani delle partecipazioni statali, pur mantenendo al proprio interno una quota significativa di presenza privata. Così, nel 1967 Finmecca-nica, Montedison, SNIA Viscosa e FIAT crearono la SISTEL, che rilevò il settore missilistico della Contra-ves Italiana. Nel 1969, poi, si ebbe la costituzione di Aeritalia, con la partecipazione paritaria di Finmec-canica e FIAT, attraverso la fusione di FIAT-Divisione Aviazione, Aerfer e Salmoiraghi. Sotto il controllo dell’IRI passò poi la Selenia, dove al 21% di Finmeccanica già presen-te di aggiunse una quota del 49% acquisita da STET.

Una delle conseguenze della crescita del settore fu la nuova rilevanza assunta dalle lobby in-dustriali: tra queste la più rappre-sentativa era l’AIA (di cui si è già parlato). Affermata la necessità di un incremento delle commesse per l’aviazione militare e civile, e considerata l’importanza assunta dalle attività spaziali, l’associazio-ne caldeggiava un orientamento verso “forme più concrete di coo-

La costruzione del satellite fu af-fidata al CRA, che in quello stesso periodo era impegnato nella messa a punto del satellite San Marco. Gli ingegneri del CRA produssero un satellite del peso di 370 kg, in gra-do di eseguire tutte le operazioni previste dalle specifiche contrat-tuali. Purtroppo, a causa delle vi-cende di ELDO, il satellite non poté essere lanciato. Se ne lamentava a ragione il rappresentante italia-no nella riunione del Consiglio di ELDO tenuta l’8 dicembre 1969: “Abbiamo costruito una serie di sa-telliti perfettamente funzionanti, ma nessuno di essi è stato messo in orbita, e non per colpa nostra”.

3. La crescita dell’industria aerospaziale italiana

Nella seconda metà degli anni Sessanta, l’industria aerospazia-le italiana, come in generale l’in-dustria militare di cui era allora parte, conobbe una nuova fase di sviluppo. I caratteri di questa nuo-va fase furono la ristrutturazione complessiva del settore, l’avvio di nuove produzioni anche in setto-ri di punta come l’elettronica, la partecipazione a progetti interna-zionali, e infine l’apertura ai mer-cati. L’inizio di questo periodo fu segnato, nel 1966, dalla costitu-zione della Commissione Intermi-nisteriale per l’Industria Aeronau-tica sotto l’egida del ministero del Bilancio e della Programmazione Economica; la Commissione aveva in particolare il compito di defini-re la politica nazionale riguardo alle collaborazioni europee: queste si presentavano come una valida alternativa alla dipendenza eco-nomica e tecnologica dalle com-messe transatlantiche, nel quadro di un’integrazione nella nascente industria aerospaziale europea. I gruppi industriali italiani chiede-vano, a questo scopo, un’espansio-ne del sostegno statale in termini di stanziamenti di bilancio e in

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perazione internazionale” e iniziò a fare pressioni per assicurare la partecipazione dei gruppi che rap-presentava alle commesse ESRO e ELDO: in quest’ottica essa si fece anche promotrice, presso le indu-strie associate, della costituzione del CIA, per coordinare la loro par-tecipazione ai programmi europei. Nel consorzio entrarono BPD, Bre-da Finanziaria, Contraves Italiana, FIAR, FIAT, Finmeccanica, Monte-catini e Selenia. Veniva inoltre cri-ticato l’orientamento delle attività spaziali italiane, troppo centrate sulla costruzione di satelliti e poco attente alla realizzazione del vet-tore, che costituiva lo scopo prin-cipale di ELDO; così come veniva lamentata l’assenza di una seria programmazione nazionale riguar-do alle attività spaziali, che dan-neggiava la partecipazione italia-na alle iniziative internazionali. Vi era anche la richiesta di una rior-ganizzazione degli organismi pub-blici che si occupavano di ricerca spaziale, e che erano frammentati tra ministero degli Affari Esteri, ministero (senza portafoglio) per la Ricerca Scientifica e CNR: questa suddivisione dava origine a con-flitti di competenze, e soprattutto faceva sì che nessuno si sentisse responsabile per la messa a pun-to di una vera politica di sviluppo del settore. A ben vedere, ciò che veniva sottolineato era non tanto l’assenza di un organismo setto-riale efficiente, quanto la mancan-za di una politica complessiva per l’innovazione tecnologica e per il trasferimento al mondo industriale dei risultati che venivano ottenuti in campo scientifico. L’altra lobby che emerse in questo periodo fu l’ANIE, il cui interesse per le attivi-tà spaziali era legato allo sviluppo delle telecomunicazioni via satel-lite. Anche l’industria elettronica era sorta inizialmente in ambito militare, soprattutto per gestire le importazioni di equipaggiamenti prodotti su licenza o forniti sotto-forma di aiuto economico. Ancora all’inizio degli anni Sessanta essa era ritenuta in grado di produrre

Il satellite artificiale San Marco 2

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spazio italiana in ELDO, la FIAT manten-ne nelle attività dell’organizzazio-ne un profilo elevato. Le capacità acquisite in questi progetti furono del resto molto utili quando, con la crisi del PAS di ELDO, il CIA orientò il proprio interesse verso la partecipa-zione al progetto nazionale SIRIO.

Fra gli altri gruppi italiani che, sempre in ambito CIA, ebbero un ruolo nei programmi ELDO si de-vono ricordare la Selenia, la Mon-tedel (Montecatini Edison Elet-tronica) e la genovese Nuova San Giorgio. Queste aziende avevano grandi capacità nel campo dei ra-dar e delle telecomunicazioni, e ottennero commesse relative al lanciatore e al satellite, nonché ai controlli di terra. Esse ebbero inol-tre importanti contratti anche nel-la produzione di componenti per vari satelliti scientifici nell’abito dei programmi ESRO, partecipan-do alla realizzazione di ESRO I, ESRO II, ESRO IV, COS-B, e HEOS 1 e 2. Nonostante i limiti determinati dalla situazione economica, e dai numerosi punti di crisi organizza-tivi e politici, il settore aveva dun-que realizzato una forte espansio-ne nell’arco dell’intero decennio. Questo sviluppo, avvenuto senza che ve ne fosse una precisa perce-zione nell’opinione pubblica e al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, ebbe un importante rico-noscimento da parte di un gruppo di osservatori europei. Nel maggio 1968 una delegazione speciale di ESRO fu inviata in Italia per veri-ficare sul terreno le condizioni del-l’industria aerospaziale: i delegati, nella loro relazione finale, sottoli-nearono con sorpresa che la rico-gnizione effettuata aveva portato alla luce un’attività che sarebbe altrimenti rimasta nascosta, e che in Italia esistevano grandi capacità industriali, che avrebbero dovuto essere prese in considerazione per la collaborazione con ESRO. (10– Continua)

A cura di Francesco ReaAgenzia Spaziale Italiana

to che l’industria italiana doveva fare i conti con una situazione di scarsità di commesse pubbliche, in un settore in cui queste erano determinanti, e con la crisi che aveva depresso un mercato inter-no già poco brillante. Inoltre la di-pendenza dall’estero che era stata una caratteristica fondamentale dell’industria militare dal cui al-veo quella aerospaziale proveniva, faceva sì che la scelta strategica primaria non fosse all’inizio degli anni Sessanta se produrre su licen-za o sviluppare capacità tecnologi-che proprie, ma piuttosto su quale fosse la migliore partnership su cui puntare: USA o Europa? E chi, in Europa? In ultima analisi, la parte-cipazione dell’industria italiana a ESRO e ELDO consistette nella pre-parazione di una serie di progetti e nella produzione di componenti strumentistiche e scudi termici. Il gruppo industriale maggiormente coinvolto nelle attività europee fu la FIAT: essa partecipò fin dall’ini-zio a ELDO, con contratti per la produzione di componenti destina-te sia al vettore sia al satellite spe-rimentale STV. Per quanto riguarda il primo FIAT ebbe il contratto per gli scudi termici, e per quanto ri-guarda il secondo la costruzione dell’antenna per i dati telemetrici e il controllo remoto. Nonostante i problemi generali della presenza

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soltanto radar e apparecchiature a onde corte per telecomunicazio-ni, oltre a qualche strumentazio-ne per la gestione di dati. Anche in questo campo, però, la crisi del 1963 portò a una ristrutturazione e concentrazione; tuttavia l’indu-stria elettronica sembrava avere prospettive migliori di quella aero-spaziale, perché l’espansione delle telecomunicazioni via satellite pro-metteva l’apertura di nuovi merca-ti: ciò è confermato dai dati sulla produzione del settore, che crebbe enormemente a partire dal 1961, e continuò ad aumentare nonostante la congiuntura economica.

Le vicende dell’industria aero-spaziale italiana, se considerate in un’ottica comparata, non appaio-no molto diverse da quelle di altri Paesi, se non per una più marca-ta tendenza alla concentrazione e per una maggiore consapevolezza dell’importanza e dell’utilità del-la cooperazione europea. Questo dipendeva naturalmente dal fat-

Il logo dell’ESRO e dell’ELDO

Alcune delle aperture degli articoli precedenti dedicati all’Italia nello spazio.