Donne dalla A alla Z

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Ventisei racconti tutti dedicati a personaggi femminili, un mondo tutto da scoprire.

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Page 1: Donne dalla A alla Z

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Donne dalla A alla Z

racconti

Massimo Rufo

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Dedicato a tutte le donne della mia vita

Ventisei racconti, tanti quanti le lettere dell’alfabeto. Un

sillabario tutto al femminile. Un mondo che l’autore raffigura

in ventisei ritratti dalle pennellate decise, a volte misteriosi, un

principio ed una fine, dalla A alla Z, per dare un senso

compiuto, senza dimenticare nessuna, non un limite dunque ma

lo struggente desiderio di rappresentarlo, conchiudendo e far

sua una piccola parte del loro universo.

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INDICE

Andrea …………29 settembre 2009…….pag. 3

Benedetta …23 ottobre 2009……………….pag. 27

Clara ………15 luglio 2009……………….pag. 46

Diletta…………8 febbraio 2010 ..…..pag. 65

Ernesta e Esperanza ..16 dicembre 2009…pag. 84

Fiammetta ……....7 agosto 2010…..pag. 100

Giusy ……………….14 maggio 2010…..pag. 112

Hariel………9 dicembre 2009……..pag. 125

Irene ……………..23 aprile 2010……pag. 138

Jasmine………………1 maggio 2010….pag. 147

Krystal…………………12 marzo 2010……pag. 160

Lucrezia…………..… 8 gennaio 2010…...pag. 180

Melania ……………………6 marzo 2010…..pag. 193

Naomi…………..10 settembre 2009….pag. 204

Olga……………….19 settembre 2009……..pag. 211

Petra……………..…2 aprile 2010…….pag. 226

Quintilia ……….8 agosto 2009…….. pag 243

Roberta………15 agosto 2009……..pag. 264

Sophie ………….…29 luglio 2009………..pag. 274

Teresa ……………16 luglio 2010…….pag. 289

Uma………….13 aprile 2010……...pag. 303

Valentine……………21 luglio 2009………..pag. 320

Wilhelmina ………30 maggio 2010……..pag. 327

Xenia…………..9 maggio 2010………..pag. 345

Ylenia …………..…3 luglio 2010…..pag. 358

Zaisha…………8 settembre 2009………….pag. 367

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ANDREA

Erika, la prima insegnante di canto di Andrea, le consigliò di proseguire gli studi in Italia. Andrea, secondo Erika, aveva le doti e la maturità necessarie per affrontare le severe scuole del bel canto italiane. L’allieva parlò con i suoi genitori, per sapere, prima di tutto, se erano d’accordo e se potevano permettersi di mantenerla agli studi in Italia. I genitori furono felici di assecondarla, poiché desiderava fortemente intraprendere la carriera artistica. Le dissero che non doveva preoccuparsi e che avrebbero fatto volentieri dei sacrifici, pur di vederla un giorno sul palco in un’opera di Puccini o di Verdi. Ricevuto il consenso, Andrea si consultò con Erika, che le preparò un curriculum vitae da inviare a due professori, uno di Firenze e l’altra di Roma, presso i quali era necessario far domanda di ammissione ai corsi di perfezionamento vocale. Una ragazza di diciotto anni come Andrea, che viveva nella Germania Ovest, dove, continuamente, sentiva parlare delle bellezze dell’Italia, non stava più nella pelle al solo pensiero. Attese con trepidazione una risposta, che circa un mese dopo giunse da Firenze. Era attesa per un’audizione, ma doveva presentarsi entro pochi giorni. I genitori ed Erika, dopo le ultime raccomandazioni, la accompagnarono alla stazione. Andrea salì sul treno in lacrime, poche ore la separavano dalla città di Firenze, dopo la partenza da Monaco. Il babbo, Peter, salì con lei nello scompartimento per aiutarla con la valigia stracolma e pesante. <<Verremo a trovarti presto>>. Le disse abbracciandola. Il fischio del capostazione annunciò la partenza, Peter scese rapidamente, Andrea si affacciò al finestrino per un ultimo saluto. Mentre, lentamente, vedeva allontanarsi i genitori ed Erika,

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continuava a piangere, era la prima volta che andava in viaggio da sola e capì che le sue non erano solo lacrime di commozione, ma anche di felicità. Si ritrasse e chiuse il finestrino, nello scompartimento c’era soltanto lei. Emise un gran sospiro e prese il libro che aveva messo in borsa per leggerlo durante il viaggio: I dolori del giovane Werner. Giunta a Firenze, nel pomeriggio, acquistò in una bancarella una cartina della città con lo stradario. Uscì dalla stazione trascinandosi dietro con fatica la valigia, e chiese a un vigile urbano dove si trovava Fiesole. Il vigile non capiva, tuttavia intuì dove voleva andare Andrea, e le spiegò a cenni e qualche parola in inglese (ricordi della scuola), che doveva prendere prima un certo numero di bus, che l’avrebbe portata allo Stadio (qui fu molto buffo per spiegare cos’era lo Stadio), e da lì sarebbe dovuta salire su un altro bus che fermava proprio nella piazza di Fiesole. Andrea lo ringraziò, e salì sul primo che fermava poco distante da dove si trovava. Più tardi, sul bus, un ragazzo, che se la cavava abbastanza bene con l’inglese, la avvertì quando doveva scendere, e le diede indicazioni di dove si trovava la fermata del secondo mezzo per Fiesole. Ernesto, così si chiamava il ragazzo, durante il tragitto approfittò per fare conoscenza con Andrea, la quale ebbe la conferma di quanto le avevano detto, a casa, sull’intraprendenza dei giovanotti italiani. Ernesto le lasciò anche un numero di telefono, nel caso avesse avuto bisogno. In realtà, Andrea, lo trovò molto gentile e per niente invadente. Ernesto, stava a Firenze perché qui frequentava l’ultimo anno di architettura; anche lui veniva da fuori, da un paese vicino a Napoli. Ci fu anche il tempo per sapere che Ernesto, la sera, faceva il cameriere in una pizzeria per mantenersi agli studi. “Che bravo, che ragazzo in gamba” pensò Andrea. Giunse un po’ affaticata sulla porta della pensione, che lo stesso maestro le aveva consigliato nella sua risposta. Questa si trovava in una strada in salita, abbastanza distante dalla piazza, dove era scesa. Prese possesso della camera e uscì subito, senza nemmeno disfare la valigia, voleva scoprire subito quel piccolo paese. Era rimasta affascinata, mentre il bus, passando da San Domenico, lungo la strada panoramica che porta a Fiesole, vedeva

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scorrere, sotto di sé, un paesaggio tra i più affascinanti al mondo. Le venne un nodo alla gola, rimase senza fiato; non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere, si sentì fortunata e privilegiata per essere lì. Mentre, per un momento, rivide i volti dei genitori e di Erika, gli occhi si riempirono di lacrime di commozione e gioia. Tornò nella piazza e si guardò intorno, era ancora presto, la cena, le avevano detto, veniva servita alle sette e trenta. Prese una strada in salita, poco distante dalla chiesa che stava alle sue spalle, in piazza, e che avrebbe visitato il giorno dopo. Si avviò a piccoli passi molleggiando leggermente sulle gambe. Poco dopo vide sotto di sé dei giardini, proprio adiacenti alla strada; entrò per visitarli e si accorse che formavano una terrazza verde su Firenze. Rivide il panorama di poco prima, sull’autobus, la collina scendeva dolcemente verso valle, verso la città: ulivi a perdita d’occhio sulle pendici, pini, cipressi, ville circondate di giardini stupendi, e in fondo Firenze, con i tetti rossi e i suoi monumenti, Santa Maria del Fiore, la torre di Giotto, il Bargello, Santa Croce. L’Arno che divide in due la città, e sull’altra sponda: Piazzale Michelangiolo, Santo Spirito, il giardino di Boboli. Andrea non stava più nella pelle, avrebbe voluto già essere lì, tra le strade del centro storico per scoprire tutte le sue bellezze. Riprese la strada per andare ancora più su, in uno stato di eccitazione, e dopo poco raggiunse una piccola piazzetta, poco sotto il convento dei francescani. Si appoggiò al muretto che dava sulla valle e da lì, di nuovo ammirò, sempre più stupita, il paesaggio. Tenendo i gomiti sul muretto appoggiò la testa tra le mani e rimase in contemplazione, assorta in mille pensieri e cercando di immaginare Michelangelo, Dante, Leonardo che si aggiravano per i vicoli e le strade di Firenze. Lì rimase fin quasi l’ora di cena. La mattina dopo, verso le dieci, aveva l’incontro con il maestro Gianpaolo Sestini per l’audizione. Si alzò di buon’ora e subito dopo colazione fece una mezz’ora di corsa. In stanza, prima di andare dal maestro, provò qualche vocalizzo, per scaldare lo “strumento”. Le bastò uscire dieci minuti prima dell’appuntamento, il maestro abitava lì vicino, in una villetta che dava sulla valle dell’Arno, con vista magnifica su Firenze. Venne ad aprirle una donna vestita in maniera casual ma raffinata,

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era Elisabeth, moglie del maestro. <<Buongiorno, sono Andrea…>> non la lasciò finire. <<Sono Elisabeth, prego si accomodi, la stavamo aspettando>>. Le disse con un bel sorriso e in perfetto tedesco <<com’è carina, se la sua voce è come il suo aspetto, il successo sarà assicurato>>. Aggiunse cordialmente. Andrea diventò rossa. <<Lei è veramente gentile, grazie, anche lei è molto carina, e il suo tedesco è perfetto>>. <<Venga, le presento il maestro>>. La fece entrare nel salotto, dove ogni centimetro quadro era occupato da qualcosa, sia in orizzontale sia in verticale, tappeti, poltrone, divani, piccoli tavolini, quadri, libreria, libri dappertutto, dischi, una miriade di cose che rendeva la stanza molto accogliente; accanto alla porta finestra il pianoforte a coda inondato di luce, dove il maestro stava esercitandosi. Interruppe appena le due donne entrarono, e si alzò. <<Benvenuta…Andrea, vero?>> <<Si, molto lieta>>. Il maestro parlava inglese. <<Lo sa che noi, in Italia, il suo nome lo diamo ai maschi? Mi suona strano chiamarla così>>. <<No, onestamente non lo sapevo, ma, mi chiami Carla se vuole>>. Disse sorridendo. <<Ci mancherebbe altro, la chiamerò con il suo nome>> disse sorridendo per la battuta di Andrea <<e allora, mi racconti un po’ di lei, in senso musicale, s’intende>>. Il maestro le parve subito simpatico. Andrea parlò per una mezz’ora. Quando ebbe finito Gianpaolo la invitò accanto al pianoforte. <<Bene! Si trova a suo agio?>> <<Si, credo di si>>. <<Mi dia i suoi spartiti, per favore>>. Il maestro li esaminò con cura e poi ne scelse uno. <<Iniziamo con questa romanza, ha già fatto i vocalizzi questa mattina?>> <<Si>>. <<Brava ragazza, bene, iniziamo!>> Disse sedendosi al pianoforte.

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L’audizione durò circa quaranta minuti e andò benissimo. Sestini accolse Andrea nel suo entourage a pieni voti. Quando usci dalla casa-studio del maestro, Andrea cercò subito una cabina telefonica per comunicare la bella notizia ai genitori e a Erika. Il resto della giornata la dedicò alla scoperta di Firenze. Si trovava in piazza della Signoria, quando le venne in mente Ernesto, era l’unica persona che conosceva in città. “Sono le tre del pomeriggio, speriamo che sia in casa” pensò mentre il telefono di Ernesto squillava libero. <<Pronto!>> disse dall’altro capo una voce assonnata. <<Ciao, sono Andrea>>. <<Chi è Andrea? Io non ti conosco>>. Rispose. <<Ernesto, sono Andrea, non ti ricordi di me?>> <<Non sono Ernesto>>. Disse scocciato l’altro. <<Oh! Scusami, non c’è Ernesto?>> Chiese Andrea. <<Ora te lo chiamo, aspetta>>. Andrea sentì la voce che diceva: <<Ernesto, ti vogliono al telefono>>. Passarono un paio di minuti, Andrea sentì dei fruscii, poi, finalmente. <<Ciao Andrea, che sorpresa, scusa ma stavo dormendo>>. <<A quest’ora?>> <<Già, ieri sera c’erano dei clienti in pizzeria che non volevano più andarsene, festeggiavano uno di loro, insomma un casino!>> Andrea rise. <<Povero Ernesto, ti va un gelato?>> <<Dove sei? Se mi dai il tempo, si>>. <<Sono in Piazza Signoria, sotto la loggia dei Lanzi>>. <<Siamo vicini, aspettami che arrivo in cinque minuti>>. <<Okay>>. Dal quel momento in poi, Andrea ed Ernesto, furono quasi inseparabili, erano diventati buoni amici. Ernesto la lasciava tranquilla perché da quel punto di vista aveva altri gusti. Andrea studiava tutta la mattina e il pomeriggio s'incontrava con il suo amico, il quale le fece scoprire molte cose della città, le fece conoscere locali ed un sacco di gente, tra cui il suo coinquilino Lapo, quello che aveva risposto al telefono la prima volta. Lapo veniva da Anghiari, vicino ad Arezzo: al contrario di Ernesto, stava molto bene economicamente, grazie al babbo gioielliere. Lapo era un ragazzo, per certi versi estroverso, per altri il

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contrario, insomma era strano, ma piaceva molto alle ragazze, anche se non era un bello, lo ritenevano un “tipo”. Certe volte era anche molto divertente, dipendeva dalle serate. Non aveva una gran voglia di studiare, infatti, era indietro con gli esami, circa un anno, ed essendo figlio unico i genitori lo lasciavano stare. “C’è tempo” gli diceva il padre, la mamma lo adorava. In fondo era un bravo ragazzo, non si metteva mai nei guai, come certi suoi coetanei. Andrea rimase colpita da questo ragazzo dall’aria un po’ ribelle. Mentre lui sembrava non accorgersi di lei. Andrea era un caso a sé perché la maggior parte dei ragazzi e ragazze che facevano parte della compagnia di Ernesto e non, facevano tutti l’università, nessuno di loro frequentava il conservatorio e tantomeno una scuola di canto. In breve, Andrea, fu definita l’artista del gruppo, poiché suonava anche molto bene il pianoforte. Certe sere riusciva persino a coinvolgerli nel suo mondo, cantando qualche celebre aria di opere italiane, ma senza, tuttavia, esagerare. Aveva imparato anche delle canzoni moderne e le cantava accompagnandosi al piano, alcuni locali le avevano anche proposto una sorta di contratto, senza sapere che Andrea faceva questo di nascosto dal suo maestro; il quale avrebbe sicuramente disapprovato, per non rischiare di “viziare”la bella voce di soprano di Andrea. Vennero i suoi genitori a trovarla, circa due mesi dopo il suo arrivo. Andrea, per farli stare tranquilli, gli presentò qualcuno dei suoi amici, Ernesto per primo. Parlarono con il maestro Gianpaolo, il quale fece loro i complimenti per Andrea, che secondo lui entro pochi mesi poteva essere pronta per una prima esibizione in pubblico. Sestini era entusiasta e prevedeva, per Andrea, una mirabile carriera. I genitori ripartirono un paio di giorni dopo, promisero ad Andrea di informare di tutto la sua ex maestra Erika. Proprio il giorno della loro partenza, successe l’inaspettato. Lapo le telefonò la sera alla pensione. <<Ciao, sono Lapo, come mai non sei venuta stasera?>> Andrea era stupita e rimase senza fiato per diversi secondi. <<Pronto? Ci sei?>> Andrea ebbe una specie di sussulto <<Si, si…hem! Stavo cercando una cosa, scusa se mi sono distratta>>.

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<<Beh!Grazie mille, scusa se ti ho disturbato!>> Disse Lapo. <<No, scusami tu, è che mi hai preso in un momento…ma non importa, come mai mi hai telefonato?>> <<Perché, è proibito?>> <No, è che…mi sembrava che…insomma, sono sorpresa>>. <<Preferivi ti mandassi un biglietto con un piccione viaggiatore?>> <<Spiritoso, come sempre>>. Andrea s'irrigidì un po’ e disse <<Motivo della telefonata?>> Lapo pensava che Andrea fosse un po’ più mite, a lui piaceva controllare la situazione. <<Andrea, parliamoci chiaro, non vedo il motivo di questa tua reazione, ti ho chiamato tutto qui…>>. <<Ma, se non mi hai neppure chiesto come sto>>. <<Si, è vero, ma non me ne hai dato il tempo>>. Lapo manteneva un tono tranquillo. <<Scusa ma quando sono sorpresa, reagisco in modo non proprio razionale, e poi certe volte, voglio dirti, con il tuo spirito mi fai incaz…scusa!>> Andrea si rese conto che stava esagerando, non era sua abitudine esprimersi così. Probabilmente stava aspettando da qualche tempo che Lapo si mostrasse interessato a lei e questa fu la sua reazione, ma ritrovò subito il suo buonumore e la cordialità di sempre. <<Lapo?>> <<Si?>> <<Cancelliamo, vuoi?>> <<Si okay, in effetti, dopo mesi che ci conosciamo, ti faccio una telefonata alle undici di sera, certe volte do per scontato che si debbano accettare le mie stravaganze, ti chiedo perdono>>. <<Perdonato, sai una cosa? Mi ha fatto piacere>>. <<Uh! Meno male, figuriamoci cosa succedeva se ti fosse dispiaciuto>>. <<Ti assicuro che comunque è strana la mia reazione, non capisco, forse non sono ancora abituata a questo nuovo ambiente, capisci cosa voglio dire?>>. <<Non preoccuparti, ti lascio, vorrai andare a letto. Ti andrebbe di fare una gita al Forte Belvedere domani, c’è una mostra di

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sculture di un artista inglese>>. <<A che ora?>> <<Forse…nel pomeriggio, basta essere lì verso le quattro>>. <<Okay, dove ci vediamo?>> <<Vengo a prenderti con lo scooter>>. <<Che bello! Va bene, a domani>>. <<Buonanotte, un bacio!>>. <<Anche a te, sogni d'oro>>. Come riattaccò il telefono Andrea iniziò a fare salti di gioia, le batteva il cuore, sembrava le scoppiasse il petto, bevve un lungo sorso d’acqua per calmarsi. Si addormentò tardi. La mattina seguente Gianpaolo le disse che la sua voce era più bella del canto dell’usignolo e Andrea pianse dalla felicità. Elisabeth le porse un bicchiere d’acqua <<Cosa c’è Andrea?>> Si era resa conto che la ragazza aveva qualcosa. <<Oh! Elisabeth, sono felice, credo di essere innamorata!>> <<Vivi questi momenti cara, sei così giovane, chi è il fortunato?>> <<Un ragazzo che frequento, che fa parte di una compagnia di amici comuni, e che pensavo non fosse interessato a me, invece ieri sera mi ha invitato a uscire da soli>>. Elisabeth che si sentiva anche un po’ moralmente responsabile per Andrea, fece in modo, con delicatezza, di sapere che tipo di ragazzo fosse, cosa facesse, eccetera. Per quanto seppe, ebbe la sensazione che si trattasse di un bravo ragazzo e si tranquillizzò, in effetti, Lapo lo era. Verso le tre Lapo entrò nella portineria della pensione e chiese di Andrea. L’anziana signora, proprietaria della pensione, gli disse: <<Guardi che non sono ammesse visite nelle camere delle mie pensionanti>>. <<Ci mancherebbe, per chi mi ha preso, me la chiami per favore>>. La vecchietta, rassicurata, fece un largo sorriso e chiamò Andrea con l’interfono <<C’è un signore per lei?>> <<Grazie per il signore>> le disse ridendo Lapo. Poco dopo apparve Andrea di corsa, giù per le scale. <<Ciao!>> disse sorridente a Lapo. <<Ciao, sono un po’ in anticipo?>>

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<<No, no, benissimo, andiamo?>> <<Andiamo>>. <<Buonasera!>> Dissero all’unisono alla signora, mentre uscivano di corsa ridendo. Era una magnifica giornata di Settembre, in cielo neanche una nuvola, faceva caldo. Scendendo verso la città, Andrea non era mai stata su uno scooter, il vento tra i capelli e quel senso di leggera instabilità, quell’ondeggiare, le dava un senso di ebbrezza; teneva le braccia intorno alla vita di Lapo e il contatto fisico del suo seno sul corpo del ragazzo la eccitava, e così Lapo nel sentire il turgido tepore di lei. <<Sai che è bellissimo? Vorrei che non finisse mai>>. Gridò Andrea, Lapo sorrise e, su una curva, piegò un po’ di più, così che Andrea lo strinse più forte per paura di cascare. <<Pazzo! Non lo fare più!>> Disse ridendo. Finita la discesa, Lapo girò a sinistra per seguire la strada lungo l’Affrico, il torrente che confluisce nell’Arno, per passare poi il ponte sul fiume e salire, sul Viale dei Colli, verso Piazzale Michelangiolo. Quando giunse al Piazzale, si fermò per far ammirare il panorama ad Andrea. Lapo le fece da cicerone e con questa scusa la cinse alla vita mentre le indicava il Ponte Vecchio, gli Uffizi, la cupola del Duomo, e si soffermava ogni volta spiegando l’epoca, la storia del monumento, le caratteristiche architettoniche ecc. Si rivelò un pozzo di scienza per Andrea che rimase colpita. <<Sai proprio tutto di Firenze>>. <<Mi piace, comunque studiando architettura è normale>>. <<Già, non ci avevo pensato>>. Lapo la teneva sempre per la vita e per cambiare discorso disse: <<Guarda, là davanti a te, su quella collina…è Fiesole>>. Mentre incuriosita, Andrea, girava la testa, Lapo le dette un bacio sulla guancia, lei lo guardò negli occhi e lo baciò sulle labbra, si abbracciarono per la prima volta, provando un'emozione che ricordarono a lungo. Ripartirono per il Forte, non c’era tanta gente. Quando ebbero finito di vedere le sculture, approfittarono per fare un giro dentro il Forte Belvedere, sbirciando, dall’alto, una parte del Giardino di Boboli, e poterono parlare più in quel pomeriggio che in tutte le

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volte che si erano incontrati insieme con altri amici. La sera trovarono una scusa per stare ancora insieme da soli, e non si fecero vedere dai soliti amici. L’inizio della loro relazione fu travolgente, tuttavia Lapo non voleva farlo sapere agli amici comuni, e Andrea, che si era innamorata follemente di lui, acconsentiva, pur non approvandone i motivi che Lapo adduceva. Conoscendo il suo carattere particolare, Andrea accettava la situazione. La prima sera che fecero l’amore, Andrea gli rivelò che era vergine. In un momento di distrazione della portineria, Lapo era riuscito a salire in camera di Andrea. A causa della “situazione” di Andrea, ci furono lunghissimi preliminari, lei desiderava ardentemente farlo ma aveva paura, Lapo non ne poteva più; a un certo punto scoppiarono a ridere così forte che temerono che l’avessero sentiti dalla portineria. Lapo, dopo due ore che si rotolavano sul letto, sbottò dicendo: <<Si, lasciamo stare, mi fa anche impressione fare l’amore con una che si chiama Andrea. Pensa che il mio compagno di banco delle medie si chiamava come te!>>. Forse queste parole, che sdrammatizzarono la situazione, furono la causa del cedimento di Andrea. Lapo aveva avuto già diverse esperienze e non fu molto dolce con Andrea, che invece avrebbe desiderato in cuor suo, una cosa diversa, almeno nella sua immaginazione; perché aveva atteso abbastanza quel momento. Non fu una vera e propria delusione, per lei, ma ci andò molto vicino. Amava a tal punto Lapo che avrebbe dato una giustificazione a tutto ciò che lo riguardava. Erano le otto di sera, stavano distesi uno accanto all’altra, quando Andrea si alzò dal letto per andare in bagno e si accorse di aver macchiato il lenzuolo. <<Guarda cosa hai fatto!> Disse con tono inquisitore a Lapo. Due vistose macchie di sangue celebravano la perdita della verginità di Andrea. <<E adesso come facciamo?>> Chiese Andrea <<la padrona se ne accorgerà!>>. Il tono di Andrea era, in realtà, molto dolce e si distese sul letto di nuovo, accanto a Lapo, abbracciandolo. <<Non mi era mai successo, lo laveremo!>> Disse il ragazzo. Era l’unica cosa che potevano fare, ma non fu così banale,

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rimase un po’ di alone che Andrea giustificò, scusandosi con la vecchietta, dicendo di avere, quel mese per la prima volta, un ciclo particolare. Dopo questo episodio Lapo e Andrea s'incontravano sempre, tutti i giorni, la sera. Durante il giorno lui preparava un esame importante e lei una prima esibizione alla scuola di musica di Fiesole. Si telefonavano per sentirsi, comunque, vicini, raccontandosi le cose più disparate. Alla fine di Ottobre, pochi giorni prima dell’esibizione di Andrea, le disse che non se la sentiva più, che non sapeva cosa gli era successo, che gli dispiaceva ma non se la sentiva di portare ancora aventi la loro “storia”. Lapo, la lasciò inebetita dal dolore in Piazza della Repubblica. Dopo averle dato il benservito, girò sui tacchi e se ne andò, come se nulla fosse accaduto, senza una spiegazione vera. Mentre Andrea, frastornata e in lacrime, si dirigeva a prendere il bus per tornare a Fiesole, incontrò Ernesto ma non lo riconobbe. <<Ehi!>> Esclamò Ernesto prendendole il braccio <<non si salutano gli amici?>> Aggiunse sorridendo. <<Oh! Ernesto, scusami, non ti avevo visto>>. Andrea teneva la testa bassa, Ernesto si piegò per guardarla nel viso e si accorse che aveva pianto. <<Che succede, bimba! E’ un mese che non ci vediamo e ti ritrovo in lacrime, in mezzo alla strada, insomma per favore spiegami, non sono più il tuo amico? Vieni sediamoci>>. <<Scusami Ernesto…>>. Andrea riprese a piangere, singhiozzando. La gente per strada si voltava o si fermava a domandare. <<No, nulla, non vi preoccupate, sta bene grazie, grazie>>. Diceva Ernesto, mentre si dirigeva con lei, verso i tavoli delle Giubbe Rosse. Ernesto la fece sedere e le ordinò un bicchiere d’acqua, lui prese un caffè. <<Allora, benedetta! Che cosa è tutta questa disperazione?>> <<Lapo mi ha lasciato>>. Rispose Andrea riprendendo a piangere. <<Lapo ti ha lasciato? E da quando stavate insieme? Non ne sapevo nulla>>. <<Non voleva dirlo a nessuno…da Settembre>>. Rispose

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Andrea. <<Come mai? Hai fatto qualcosa? Insomma per quale motivo?>> <<Non mi ha dato nessuna spiegazione, ha detto soltanto che non si sentiva più di stare con me>>. Ernesto, che conosceva molto bene Lapo, non disse ad Andrea riguardo a Lapo che si comportava sempre così con le ragazze: le prendeva e le lasciava nel giro di poco tempo. Si rese conto che Andrea amava sul serio il suo amico e non voleva infierire, anzi cercò di rassicurarla. <<Vedrai che ci ripensa, fa sempre così…>> “Porca miseria, mi dovrei tagliare la lingua certe volte”. <<Che cosa vuoi dire, che ci ripensa?>> Gli chiese Andrea. <<Nooo! Volevo dire che è un ragazzo strano, lo sai, non è cattivo, fa le cose poi si pente, insomma ci vuole un po’ di pazienza>> disse prendendole le mani <<vedrai, tutto si sistema>>. Andrea si asciugò le lacrime e bevve un sorso d’acqua. <<Domani pomeriggio canterò…su…alla scuola di Fiesole, ti andrebbe di venire?>> <<Non vuoi parlarne eh?>> Disse Ernesto. <<No, preferisco di no Ernesto, scusami ma adesso vorrei solo tornare a casa>>. <<Va bene ma promettimi che se verrò domani pomeriggio, domani sera starai con me, in giro, ti va?>> <<Okay, Erny, okay?>>. Si salutarono alla fermata del bus per Fiesole. Il percorso fu, per Andrea, il protrarsi della sofferenza, in un susseguirsi di domande che non trovavano una spiegazione, aumentando, in questo modo la sua angoscia, che traspariva evidente sul suo volto. <<Signorina, si sente male?>> Le chiese una signora vedendola prostrata. <<…No, si, si ho… mal d’auto>>. <<Venga si metta seduta>>. La signora si alzò per farla sedere. <<Non si disturbi, la prego, tra poco sono arrivata>>. <<Va bene, va bene>>. In effetti, due fermate dopo, Andrea scese; entrò nella pensione senza salutare e salì velocemente le scale, si gettò sul letto bocconi e così rimase per più di un’ora.

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Squillò il telefono, si alzò di scatto “è Lapo” pensò. <<Pronto!>> Ma la speranza si spense sul volto. <<C’è il signor Sestini per lei, qui alla reception>>. “Oddio, come faccio, non posso mostrarmi in questo stato”. <<…Gli dica che passerò da lui più tardi, anzi, me lo passi per favore>>. <<Andrea?>> <<Maestro, buonasera, cosa succede? Ero sotto la doccia…>>. <<Nulla d’importante, passavo di qui e volevo chiederti… puoi passare da me verso le sette?>> <<Si, certamente>>. <<Bene a dopo>>. Fu un invito provvidenziale per Andrea, che presa dalla curiosità, distolse la mente da Lapo. Alle sette si presentò dal maestro. Venne ad aprirle la porta proprio lui. <<Buonasera Andrea, accomodati>>. <<Buonasera>>. Elisabeth non era in casa. Si accomodarono nello studio. <<Andrea, come stai, ti trovo un po’ giù, sei preoccupata per domani?>> <<Si, non mi sento benissimo, ma passerà>>. <<Vuoi rinunciare all’esibizione di domani?>> <<Ci mancherebbe, il canto per me è fonte di felicità, come potrei rinunciarvi?>> <<Bene! Il motivo per il quale ti ho chiamata e perché vorrei dare una ritoccatina al programma di domani>>. <<Di cosa si tratta? Siamo in tempo?>> <<Nessun problema, perché la romanza che canterai è abbastanza breve, pensavo di darti anche una parte della Madama Butterfly, la trovo molto adatta alla tua voce, cosa ne pensi?>> <<Beh! Si la conosco perfettamente, sarei felicissima di provare a cantarla in pubblico>>. <<Benissimo, allora non perdiamo altro tempo, ti va di fare una prova adesso?>>. <<Si, va bene>>. Gianpaolo si sedette al suo pianoforte a coda, uno Steinway&Sons, e Andrea si avvicinò mettendosi all’incirca a metà dello strumento. <<Da questo punto>> disse il maestro mostrandole lo spartito, iniziando subito dopo a suonare. Quando venne alla famosa aria, le fece un cenno con la testa, e Andrea

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iniziò: Un… bel di vedremo Levarsi un fil di fumo Dall’estremo confin del mare E poi la nave appare….. Quando terminò, ci fu un applauso alle sue spalle, Elisabeth era rientrata e si era seduta in silenzio, senza che Andrea si accorgesse di lei. <<Brava, sei davvero fantastica>>. Disse. Anche Gianpaolo si unì ai complimenti. <<Sono onorato di averti come allieva>>. Le disse. Andrea non si aspettava una frase del genere e arrossì. <<Bambina mia, dovrai abituarti ai complimenti, sei solo all’inizio>>. Le disse Elisabeth, che si accorse del rossore sulle guance di Andrea. <<Senti, ti va di rimanere a cena con noi?>> <<Non vorrei disturbare>>. <<Niente complimenti, però ti avverto, ci arrangeremo perché sono stata fuori tutto il giorno>>. <<Non deve preoccuparsi>>. La serata trascorse all’insegna del buonumore Gianpaolo e sua moglie mostrarono di essere due persone simpatiche e ad Andrea tornò l’allegria. Inevitabilmente, però, quando si trovò sola nella sua camera, tornò col pensiero a Lapo; non riusciva a darsi pace, pensava fosse a causa sua che Lapo si era stancato di lei, e ripercorreva tutti i giorni, i momenti passati insieme, tuttavia non trovava un segnale che potesse far intravedere in Lapo la decisione di lasciarla. Si addormentò molto tardi e giunse anche in ritardo alla lezione, molto stanca. Gianpaolo le chiese di fare solo dei vocalizzi e la lasciò andare. <<Stai tranquilla, fai le tue cose normalmente, nel senso che non devi pensare che è una giornata speciale, okay?>> <<D’accordo maestro>>. <<Ci vediamo stasera. Buona giornata>. Le disse congedandola. Nel primo pomeriggio, com'erano rimasti d’accordo il giorno

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prima, Ernesto salì a Fiesole e per l’occasione del concerto, la vecchietta sapeva, lo fece salire in camera; Andrea fu felice di vederlo. <<Che bella cameretta che hai>> esclamò Ernesto <<e quella gigantografia al muro di chi è?>> <<Maria Callas, il mio idolo>>. <<Ah!>> Ernesto non sapeva chi fosse, ma fece finta di nulla. <<Stai bene qui?>> <<Si, molto bene, grazie, è tranquillo>>. <<Secondo me dovresti venire a stare in città, se vuoi, posso darti una mano a cercare una buona sistemazione>>. <<Ti ringrazio Ernesto ma per ora è meglio che rimanga qui, vicino al mio maestro, adesso siediti che vorrei fare una cosa prima di uscire>>. <<Bene, hai qualcosa da leggere?>> <<Guarda sul tavolo>>. Andrea aprì gli spartiti e li ripassò mentalmente. Passò un’oretta poi li mise con cura nella borsa a cartella. <<Ti va di fare una passeggiata prima di andare al concerto?>> Chiese a Ernesto. <<Come no, è una vita che non vengo a Fiesole e la faccio volentieri>>. Parlando si ritrovarono al Teatro Romano, proseguirono fino a una piazza che dava sul versante nord, Andrea evitò di parlare di Lapo ed Ernesto non toccò l’argomento, parlavano del più e del meno. Ernesto fece un riferimento storico particolare che suscitò la meraviglia di Andrea. <<Sai che quassù il grande Leonardo da Vinci fece il primo esperimento di volo umano?>> <<Davvero?>> <<Si, sul monte Ceceri, non è distante, ci possiamo arrivare a piedi, se vuoi una volta, ci andiamo>>. <<Mi piacerebbe moltissimo, uh! Si è fatto tardi, devo ancora cambiarmi>>. <<Andiamo, stai tranquilla, tutto bene>>. Giunsero alla scuola di musica in orario, dopo pochi minuti iniziava il concerto che prevedeva l’esibizione di alcuni meritevoli allievi della scuola. Andrea era ospite e avrebbe chiuso la serata. In sala, c’erano

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amici, parenti e professori degli allievi. Iniziò un giovane sedicenne con sonate, per pianoforte, di Beethoven e Mozart. Ogni esibizione suscitava grande entusiasmo da parte del pubblico. Venne il momento di Andrea, era emozionatissima, Ernesto sedeva in sala ed era emozionato anche lui, gli sudavano le mani. Andrea iniziò il suo programma, il pubblico applaudiva al termine di ogni brano, ma quando terminò l’aria della Butterfly, ci fu una vera ovazione: tutti in piedi ad applaudirla. Ernesto si commosse fino alle lacrime, gli applausi non terminavano più, infine Andrea fu costretta a fare un bis. Gianpaolo fu il primo ad andare da lei a congratularsi e, di seguito, allievi, professori, persone del pubblico, Ernesto volle rimanere un po’ in disparte e quando Andrea fu più libera, le andò incontro e la abbracciò commosso, era la prima volta che ascoltava una soprano dal vivo e non aveva mai assistito ad un’opera. <<Non avrei mai immaginato di emozionarmi così, è stato bellissimo, ti ringrazio, brava, brava, brava!>>. Le disse. La melanconia e la speranza di Butterlfly nel “Un Bel dì vedremo…” era nelle corde di Andrea, la quale trasmise alla platea quel particolare momento del suo stato d’animo. La serata terminò con un buffet offerto dalla scuola di musica e Andrea ebbe occasione di conoscere molti musicisti, tra cui anche alcuni affermati che davano concerti in tutto il mondo. Gianpaolo aveva avuto la sua prima conferma, adesso mirava più in alto e aveva già in animo di farla cantare nei teatri di provincia, per darle modo di fare esperienza e affinare le sue doti. Andrea uscì dalla scuola per andare a bere qualcosa con Ernesto, aveva in tasca il biglietto da visita di un giovane violoncellista che aveva circa la sua età. Ogni tanto metteva la mano nella piccola tasca, dove lo custodiva, e lo girava tra le dita. Non le era indifferente, anzi, e ne parlò con Ernesto, il quale da buon pratico che era le disse: chiodo schiaccia chiodo! Dimenticando che Andrea era tedesca e forse non conosceva il significato di certi detti, infatti, gli chiese: <<Che cosa vuol dire?>> Ernesto non seppe trovare di meglio che dare una spiegazione con un altro detto: <<Morto un papa, se ne fa un altro>>. <<Uh! E’ morto il Papa? Quando?>>

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<<Va bene, lasciamo stare…volevo dire che fai bene se ti vedi con quel musicista, ti aiuterà a dimenticare Lapo, almeno>>. <<Ah! Okay ora ho capito…chiodo sch…>> Disse sorridendo Andrea mentre Ernesto la interrompeva. <<Che fai mi prendi in giro adesso, guai a te sai?>> e aggiunse <<comunque, non trovo elegante dare un biglietto da visita a una ragazza, un po’ di fantasia…che diamine!>> <<Hai ragione Erny, guarda, lo strappo>>. Così dicendo lo prese, e lo fece in piccoli pezzettini. <<Brava! Se gli interessi davvero verrà a cercarti>>. <<Guarda che anche Lapo mi ha cercata, come dici tu>>. <<Già, dimenticavo. Santo cielo, ma non saranno mica tutti matti no?>>. Si lasciarono verso mezzanotte, c’era l’ultimo bus. <<Ti chiamo>>. Le disse Ernesto nel salutarla. <<Ciao, grazie per essere venuto>>. Un paio di giorni dopo Andrea ricevette una telefonata da Lapo: <<Vorrei vederti>>. Lapo venne a prenderla e la portò a fare un giro in scooter sul monte Olmo, poco distante da Fiesole; si raggiunge con una bella strada panoramica. Lapo aveva con sé un plaid e convinse Andrea a fare una sosta nel verde, approfittando della bella giornata. Avrebbero approfittato per parlare le disse. Lui fu comunque evasivo e alla fine riuscì ad approfittare di lei, per ben due volte. Andrea pianse. <<Perché piangi?>> <<Non lo so>>. <<Dai, ora smettila, vieni che andiamo, si è fatto tardi>>. La lasciò in piazza, a Fiesole. <<Ci sentiamo domani, okay?>> le disse senza neppure scendere dallo scooter. <<Va bene>>. Rispose Andrea. Passò l’indomani, e altri giorni ancora, ma Lapo non si fece sentire. Andrea era disperata non riusciva a capacitarsi del comportamento di Lapo, saltò perfino una lezione con il maestro, dicendo che stava male. In realtà stette chiusa tutto il giorno in camera, senza neppure mangiare. Un mese dopo lo rivide a una festa, lei era insieme con Ernesto.

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<<Non mi avevi detto che c’era anche lui>>. Disse a Ernesto. <<Ti giuro che non lo sapevo>>. Lapo venne a salutarli. <<Ciao Andrea, come stai?>> Nello stesso tempo offrì la mano a Ernesto che gliela strinse controvoglia. Lapo ebbe una battuta anche per lui: <<Sei un po’ moscio eh?>> <<Meno di te, se è per questo>>. Fu la risposta sardonica di Ernesto, ma lui non raccolse e si girò verso Andrea e le dette un bacio sulle labbra. <<Sei sempre più bella>>. <<Lasciami stare>>. <<Oh senti non sarai mica arrabbiata con me, lo sai che ho questi esami che mi assillano, i miei genitori alle costole, non metterti anche tu adesso!>> Andrea si sentì meschina e gli prese la mano. <<Si, però potresti almeno telefonarmi>>. <<Se ti telefono, poi va a finire che voglio vederti e così addio studio, porca miseria non vedo l’ora di finirla questo cavolo d’università>>. I due ragazzi fecero la pace e non nascosero la loro relazione, si baciarono davanti a tutti, Lapo non voleva più nascondere il suo sentimento per Andrea e lei ne fu felice. Fecero l’amore a casa di Lapo, giacché Ernesto sarebbe rimasto fuori, quella notte. Andrea tornò a cantare con entusiasmo, adesso, anche se Lapo non le telefonava ne conosceva il motivo e stava tranquilla, qualche volta lo chiamava lei ma al telefono lo sentivo freddino. Qualche giorno dopo la festa, Lapo si fece rivedere ma sempre per il solito motivo: fare all’amore. Un giorno Andrea era in centro, a Firenze, per acquistare degli spartiti e lo incontrò abbracciato a un’altra ragazza. Le uscirono gli occhi dalle orbite, lui non si era accorto di Andrea che lo raggiunse di lato e gli bloccò la strada. La ragazza che stava con Lapo si scostò da lui immediatamente, Lapo rimase muto mentre Andrea lo guardava con occhi di fuoco. Furono secondi interminabili, poi Andrea girò le spalle e se ne andò di corsa. Passarono tre mesi, Andrea si esibì in un paio di teatri in opere di Puccini. I risultati non furono entusiasmanti. Andrea soffriva

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molto per Lapo e la sua voce ne risentiva. Era a Fiesole, all’inizio della primavera, quando la chiamò Lapo con una scusa. <<Ciao Andrea, come stai?>> <<Bene!>> <<Mi faresti un favore? Avrei bisogno di una traduzione in tedesco, non dirmi di no, ti prego!>>. Si presentò da lei con una lettera che avrebbe dovuto spedire a una rivista tedesca di architettura. Andrea la tradusse all’istante e gliela rese, Lapo le dette un bacio sulle labbra. <<Grazie, ti va di fare un giro?>>. Andrea si sentì mancare, i suoi occhi si riempirono di lacrime. Lapo la abbracciò e lei non ce la fece a respingerlo. Era tardo pomeriggio, uscirono dal bar, dove stavano seduti per tradurre la lettera. <<Vieni andiamo a casa staremo più tranquilli, per parlare!>>. Ernesto era andato a lavoro e la casa era vuota, Lapo dopo qualche scusa, incominciò a baciarla, lei non riusciva a odiarlo e lo lascò fare. Uscì da sola, mesta, prese il bus e tornò a Fiesole. Gli studi di Andrea erano al limite del disastro, Gianpaolo non si capacitava, le consigliò di interrompere per qualche giorno. <<Forse ti manca il tuo ambiente>> le disse <<perché non torni qualche giorno a casa, a Monaco>>. Andrea non parlava si limitava ad annuire. <<Vuoi che avverta io i tuoi genitori?>> <<Non importa>>. <<Va bene, parti subito, ci vediamo alla fine del mese, cerca di essere qui per il maggio Fiorentino, ci sono diverse cose che vorrei tu vedessi>>. Gianpaolo quando le disse questo, quasi piangeva, era disperato quanto la sua allieva, si sentiva impotente. Aveva capito che Andrea era infelice. <<Le sue corde vocali non c’entrano un bel nulla>>. Disse la sera a cena a Elisabeth. <<Il problema è che non parla, non si confida, come possiamo aiutarla?>> Disse Elisabeth. Andrea partì lo stesso giorno che aveva avuto il colloquio con il maestro. I genitori erano ad aspettarla alla stazione, la sera stessa, Andrea, volle andare a trovare Erika e si confidò con lei. “Bastardo” pensò la sua ex maestra. Passarono diversi giorni e Andrea sembrava aver ritrovato il suo buonumore. Erika, con la scusa del Maggio, disse ad Andrea

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che sarebbe andata con lei, e telefonò lei stessa a Gianpaolo per far prenotare due spettacoli: le Nozze di Figaro e Tosca. Qualche giorno dopo partirono per Firenze. Il Maggio stava per iniziare la sua stagione concertistica e di opere liriche. Alla stazione c’era lo stesso Gianpaolo ad attenderle, dopo le presentazioni con Erika, Gianpaolo si rivolse ad Andrea. <<Bambina, vieni qua!>> l’abbraccio commosse entrambi. <<Sei in splendida forma, hai un aspetto smagliante, se l’aria di Monaco fa questo effetto, farò un viaggetto anche io>>. <<Te lo avevo detto che è spiritoso il mio maestro>>. Disse Andrea rivolgendosi a Erika. <<Andiamo, Elisabeth muore dalla voglia di rivederti e stasera siete nostre ospiti a cena, Elisabeth vorrà fare bella figura e credo che questa cena la stia impegnando tutto il santo giorno>>. Risero tutti e tre. Le lasciò alla pensione raccomandando loro di andare a casa sua verso le sette. Dopo cena, Erika approfittò per parlare più approfonditamente di Andrea, con Gianpaolo, ed ebbe la conferma che Andrea era migliorata e le sue doti promettevano una brillante carriera. La mattina dopo si ritrovarono per una audizione che lasciò Erika molto soddisfatta, tuttavia intuiva che, dietro alla facciata, persistevano ancora dei problemi psicologici per Andrea. Nel pomeriggio Erika chiese ad Andrea se poteva conoscere “questo ragazzo”. Andrea in un primo momento si oppose, poi, dietro le insistenze di Erika, cedette. Chiamò Lapo, il quale fu ben felice di incontrarla, non sapeva che era in compagnia. Le due donne si sedettero da Paskowski, in piazza della Repubblica, e attesero l’arrivo del ragazzo. Lapo giunse con mezz’ora di ritardo, e fu sorpreso di vedere che Andrea era in compagnia. Andrea presentò Lapo a Erika. Lui si sedette tra le due donne e guardandole con un sorrisetto sulle labbra chiese: <<Lei è la maestra di Andrea, mi ha parlato di lei…>>. Erika si portò col busto in avanti e si appoggiò al tavolo. <<Senti ragazzino, sono dovuta venire fin qui, da Monaco, per fermare le tue malefatte, so tutto! Tu devi lasciare in pace Andrea, altrimenti ti denuncio alla polizia, e sappi che andrò a trovare i tuoi genitori per raccontargli che razza di bastardo hanno messo al

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mondo. Se solo provi a toccarla anche solo con un dito, giuro che torno da Monaco, in compagnia questa volta, e stai sicuro che ti pentirai di esser nato>>. <<Cos’è, mi sta minacciando?>> <<No, è una promessa! Stai alla larga!>> Lapo capì benissimo che, dal tono di Erika, non c’era da scherzare. Si alzò e lanciò uno sguardo di odio ad Andrea, che abbassò la testa. Se ne andò senza dire una parola. Passarono una decina d’anni, Andrea, aveva dimenticato Lapo, tuttavia non aveva nessuna relazione stabile, e non aveva deluso le attese dei sui insegnanti. Già da qualche anno faceva tournée in tutto il mondo. Tornò a Firenze, al Teatro Comunale, per Madama Butterfly. L’opera era replicata per i successivi quattro giorni. La sera della prima, Andrea, alla fine della rappresentazione, fu acclamata con una “Standing Ovation”. Andrea era alloggiata al Grand Hotel Excelsior. Dopo la sua esibizione la aspettava una festa in suo onore, Gianpaolo ed Elisabeth, ovviamente, erano tra gli ospiti. Erano cinque anni che non si vedevano. Andrea li accolse con grande affetto. <<Non sei cambiata per niente, bambina, sei splendida!>> Le disse Gianpaolo e aggiunse <<siamo tutti orgogliosi di te>>. La mattina seguente la segretaria di Andrea rispose al telefono della suite. <<Si?...Un momento prego>>. <<Un certo Lapo vuole parlare con te>>. Disse a bassa voce. Andrea si sentì mancare il respiro, ma dopo qualche secondo prese la cornetta del telefono. <<Pronto?>> Disse emozionata. <<Ciao, sono Lapo, ero in platea, sei meravigliosa, non ti ho mai dimenticato>>. <<Lapo, io… non mi aspettavo di sentirti…>>. <<Andrea…devo vederti, sono disperato, in questi anni ho sempre pensato a te ma non sapevo come trovarti, adesso che sei qui…sono sempre innamorato di te, ho capito che sei l’unica donna che conti nella mia vita, ti amo!>> Andrea non poté fare a meno di sedersi, era impallidita a tal punto che la segretaria le chiese preoccupata:

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<<Signorina, c’è qualcosa che non va?>> <<No, non è nulla, ti prego lasciami sola>>. Dall’altra parte Lapo continuava: <<Amore mio, farei qualunque cosa pur di rivederti…>> Andrea ascoltava in silenzio, mentre le lacrime le rigavano il volto, non ricordava più nulla della sofferenza che le aveva provocato anni indietro Lapo, sentiva di amarlo ancora. <<Vieni all’Excelsior, subito!>> <<Arrivo, amore mio>>. Gridò nella cornetta Lapo, facendo sorridere Andrea. Andrea avvisò la reception dell’hotel di lasciarlo salire. Quando, Andrea, aprì la porta della suite e rivide Lapo, le sembrò ancora più bello di quando si erano lasciati. Lui la abbracciò togliendole il respiro, si baciarono sull’ingresso, la passione li travolgeva, Lapo riuscì a chiudere la porta con un calcio, si portarono sul letto senza riuscire a staccare la bocca uno dall’altra; facevano l’amore semivestiti; Andrea era pazza di gioia, Lapo le sembrava sincero, così appassionato, come non lo aveva mai sentito. <<Mi hai fatto soffrire, ti ho aspettata, ti desidero, ti amo!>> Le diceva. Improvvisamente Andrea emise un urlo: <<Nooo!>>. Aveva notato, in un istante di lucidità, la fede matrimoniale che Lapo portava all’anulare. <<Nooo! Nooo!>> Ripeté più volte. Lapo, solo allora, si rese conto, di aver dimenticato la fede al dito e saltò dal letto, si rivestì in fretta e furia e uscì dalla stanza. Corse giù per le scale. Poco dopo Sonia, la segretaria, usciva dall’ascensore, e vide la porta della suite aperta. Entrò e vide prima la confusione nella stanza, e poi Andrea sul letto che piangeva. <<Dio mio! Che cosa è successo? Andrea cosa è successo!>> Ripeteva Sonia senza, tuttavia, ricevere risposta. Per istinto si affacciò alla finestra e vide un uomo correre sul lungarno con la camicia fuori dei pantaloni. “Dio mio!”. Sonia intuì l’accaduto. <<Chiamo la polizia!>> Disse afferrando la cornetta del telefono. <<No!>> la fermò Andrea <<lascia stare, non è nulla, ti prego adesso lasciami sola, torna da me nel pomeriggio, sto bene, ti prego Sonia, va!>>. Andrea piombò nella depressione, si domandava quale

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infernale, perversa, legge cosmica ci accompagni in questo mondo in cui non abbiamo chiesto di venire, se veramente bisognava abbandonare la vita per trovare, finalmente, la pace. Tutto le apparve caduco, marcio, indesiderabile e decise di porre fine alla sua esistenza, aprì la finestra del balconcino della suite e guardò in basso, poi volse lo sguardo di là d’Arno e afferrò la ringhiera del balcone per superarla. <<Andrea!>> Il suo nome gridato da Sonia la bloccò, la segretaria la raggiunse correndo e afferrandola la trascinò nella stanza. Persero l’equilibrio e caddero sulla moquette del pavimento. Sonia, fortunatamente, era tornata indietro per prendere la ventiquattrore che aveva dimenticato. Andrea scoppiò a piangere. <<Non ce la faccio più>>. Diceva tra i singhiozzi. Sonia le prese un bicchiere d’acqua e la costrinse a bere. Finalmente Andrea si calmò e raccontò tutto a Sonia. Fu, per Andrea, una sorta di confessione, si malediva per la sua debolezza, si sentiva plagiata, non voleva più cantare. <<Annulla la replica, inventati qualcosa, di che sono morta>>. Disse tutto questo con rabbia, ad alta voce. Sonia non l’aveva mai vista perdere il controllo, certe volte aveva pensato che Andrea non avesse carattere, tanto era remissiva e accomodante. <<Vai!>> gridò <<cosa aspetti, chiama il teatro, affanc…il mondo, lasciatemi in pace, via! Maledetti!>> Andrea era in preda ad una crisi di nervi, Sonia tentò di calmarla ma ricevette uno spintone che la fece quasi cadere. Andrea afferrò un vaso di cristallo e lo lanciò contro lo specchio della toilette, mandando tutto in frantumi; lanciava ogni cosa le capitasse a portata di mano, urlava dalla rabbia, era come impazzita. Sonia si spaventò ma non voleva lasciarla sola, aprì la porta della stanza in modo che qualcuno sentisse cosa stava accadendo, sperando venissero ad aiutarla. Un cameriere entrò nella stanza e insieme con Sonia, afferrarono, letteralmente, Andrea, mettendola a sedere in una poltroncina. Mentre il cameriere teneva Andrea sotto controllo, Sonia chiamò la reception per chiedere un dottore, il quale arrivò dopo pochi minuti. Decise di dare subito un sedativo ad Andrea. La adagiarono sul letto e si addormentò quasi subito, sotto l’effetto

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del medicinale. Tutto era accaduto così rapidamente che Sonia non sapeva cosa dire, cosa fare, poi chiese alla reception di cambiare stanza ad Andrea. Poco dopo la sollevarono, ancora addormentata, e la portarono nella suite presidenziale. Sonia chiamò Gianpaolo, che conosceva molto bene, e gli chiese di venire. Mancavano poche ore alla rappresentazione di Butterfly. Sonia non sapeva se chiamare il teatro, infine avvisò il direttore artistico, gli disse che molto probabilmente Andrea, quella sera, non avrebbe potuto partecipare. Il direttore la tranquillizzò, sentendola preoccupata, dicendole che avrebbe messo in preallarme la sostituta di Andrea e di risentirsi un paio d’ore prima dell’inizio. Gianpaolo giunse trafelato, sapeva che era successo qualcosa ma non si erano trattenuti al telefono, quando sentì la voce di Sonia disse: <<Vengo subito!>> Intuendo qualcosa di grave. Andrea dormiva ancora, mentre Sonia informava Gianpaolo su tutto l’accaduto, non tralasciando nessun particolare. <<Maledetto! Deve essere quell’uomo che conobbe a Firenze quando venne da me per il corso di perfezionamento, Erika e poi Andrea mi dissero di lui, all’epoca, ti parlo di circa dieci anni fa, maledizione!>> <<Dio mio, povera Andrea>>. Erano le sei del pomeriggio quando Andrea si svegliò, vide Gianpaolo e Sonia che stavano parlando nel salottino. <<Gianpaolo!>> chiamò a bassa voce, il maestro si girò di scatto <<cara>, si avvicinò al letto insieme con Sonia e le prese la mano <<come ti senti?>> <<Mi sento a pezzi, come se avessi fatto la maratona di New York>>. Disse sorridendo, e contagiando gli altri due. <<Vorrei qualcosa da bere>>. Disse. Sonia corse al frigobar e prese dell’acqua minerale che versò in un bicchiere. <<Ecco!>> Disse, porgendoglielo. Andrea si mise a sedere sul letto. <<Mi sento già meglio, scusatemi, vado a fare una doccia>>. <<Okay, ti aspettiamo>>. Sentirono l’acqua scrosciare, dietro la porta del bagno. <<Speriamo che questa vicenda non lasci conseguenze. Già, a suo tempo la sua voce cambiò da renderla quasi irriconoscibile>>.

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Disse Gianpaolo sottovoce. Passò mezz’ora e Andrea non usciva, Sonia andò a bussare alla porta ma non ebbe risposta, tentò di aprire ma la porta era chiusa a chiave. <<Oddio!>> gridò Sonia. Gianpaolo, istintivamente, prese la rincorsa e si scagliò contro la porta, abbattendola. Sonia era nella vasca in un lago di sangue, si era tagliata i polsi con un attrezzo del necessaire. La salvarono per miracolo. Sonia, fortunatamente, aveva lo stesso gruppo sanguigno. Un anno dopo Andrea, dopo un lungo periodo di riposo, sposò il musicista di violoncello, quello del biglietto da visita, che aveva conosciuto anni prima a Firenze, e che andò a trovarla in ospedale quando seppe dell’accaduto dai giornali. Le disse che l’aveva cercata in quei giorni, dieci anni prima: <<Mi avevano detto che eri partita per la Germania. Poi quando sei tornata, non ho avuto più il coraggio di corteggiarti, avevo saputo di quella storia con quel ragazzo di Arezzo e pensavo che mi avresti rifiutato. Ti ho rivista l’altra sera, adesso faccio parte dell’orchestra del Teatro Comunale, e in quel momento ho capito che ti amavo, ma mi mancava ancora il coraggio di venire in camerino per dirtelo. Ti ho amata, fin dal primo momento>>. Andrea non si esibì più in pubblico. Cantava occasionalmente solo per il suo Ruggero, e in seguito anche per i suoi tre figli. 29 settembre 2009

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BENEDETTA Benedetta era nata in una famiglia benestante di Torino. Il padre era titolare di un’azienda che lavorava nell’indotto Fiat. Negli anni d’oro della casa automobilistica, era riuscito a comprare una villetta nella prima periferia della città e uno chalet a Curmayer o Courmayeur, aveva inoltre un discreto conto personale. Come si direbbe, quindi, nello slang popolare: Benedetta aveva trovato la “pappa pronta”, come tanti giovani nati nel dopoguerra. Il padre conosceva personalmente Agnelli, il quale, non si sapeva bene perché, aveva una speciale simpatia per lui. Con questo non vuol dire che Teodoro, il papà di Benedetta, avesse un qualche seppur minimo privilegio nel lavoro, stava simpatico e basta. Agnelli lo portava qualche volta in barca con sé, e lui diventò un bravo velista per far piacere all’avvocato, tutto qui. Naturalmente per il solo fatto che era amico personale del magnate, era solito essere invitato spesso nella buona società torinese. Era intelligente, Teodoro, e riusciva a mascherare molto bene la sua scarsa cultura, tuttavia in fatto di buone maniere non aveva da invidiare niente a nessuno. Se qualcuno introduceva un discorso su un argomento che Teodoro non era in grado di sostenere, dopo cinque minuti la situazione era completamente ribaltata in suo favore, su argomenti a lui più congeniali quali: calcio (grande tifoso della Juventus ovviamente), viaggi, sci, vela. Era talmente bravo a descrivere ciò che gli piaceva, che lo ascoltavano molto volentieri. Evitava, tuttavia, ogni genere di discorso, domanda o commento sull’avvocato, anche se sollecitato, specie dalle donne dei suoi conoscenti o amici. Mamma Lara era una donna così dolce che Teodoro non ricordava di aver mai litigato con lei.

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Benedetta venne al mondo la notte di Natale del millenoventoquarantanove. La città era sotto una candida coltre di neve. Teodoro era nella stanza di Lara, nella clinica privata, dove aveva partorito senza la minima complicazione. Avevano appena portato la bambina a Lara, che la teneva tra le braccia. Erano soli, loro tre. Teodoro, seduto sul letto di Lara, guardava incantato le sue donne. <<Fuori nevica, e non passa nessuno per strada, c’è un'atmosfera magica, buon Natale, tesori miei>>. Disse Teodoro commosso. <<Buon Natale, amore, anche da parte di…allora, come la chiamiamo?>> <<Se per te va bene…Benedetta>>. <<Si, è un bel nome e spero le porti fortuna>>. <<Si, sono sicuro di si, vedessi com’è bello fuori, è di buon auspicio!>> <<Teodoro?>> <<Si?>> <<Devi farmi una promessa, in questa notte di Natale, il Signore ha voluto farci dono di Benedetta>>. <<Dimmi, tesoro>>………………… ………………………. …………………………………

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Massimo Rufo nasce a Velletri (Roma) l’8 settembre 1949.

Già da bambino inizia una vita errabonda. A cinque anni è a Firenze,

dove il padre si è trasferito per lavoro, tuttavia la sua anima, nel tempo, si

dividerà tra le due culture, quella delle origini e Firenze, sua città adottiva. Le

molte esperienze di vita e professionali, i viaggi in mezzo mondo, la vela e il

suo profondo amore per il mare, la lontananza dai figli, lo portano, in

maturità, ad una introspezione che sfocerà nella scrittura. In un primo

momento poesie, che scaturiscono dalla sua penna da emozioni pure. In

seguito si dedica a racconti e romanzi. Non ama molto parlare di se stesso e

non c’è nulla di autobiografico nei suoi scritti, tranne nel racconto di un

viaggio. Il suo primo romanzo: A est e ovest di Greenwich passando per

Caput Mundi.