Donna ri-conoscenza

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MUSEO REGIONALE DELLA CERAMICA DI CALTAGIRONE

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Museo Regionale della CEramica di Caltagirone Catalogo della mostra: Donna ri-conoscenza. Sculture, moda e fotografia

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MUSEO REGIONALE DELLA CERAMICA DI CALTAGIRONE

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COORDINAMENTO GENERALE DELLA MOSTRA E ALLESTIMENTO Giovanni PATTI

IN COORGANIZZAZIONE CONComune di Caltagirone, FIDAPA, Galleria Fotografica "Luigi Ghirri", I.I.S. "Carlo Alberto Dalla Chiesa" di Caltagirone e Sicilia Antica

Ri-conoscenza: Paola ROMANO

Giacomo ALESSI Luigi ANGELICO Giuseppe BRANCIFORTI Santina GRIMALDI Francesco NAVANZINO Gianfranco RIDOLFO Filippo ROMANO Michelangela SAMMARTINO DELFINO Ignazio SCARLATELLA Riccardo VARSALLONA Vincenzo VELARDITA

ABITI E ACCESSORI Docenti e alunni corso di Moda, I.P.S.I.A. " Carlo Alberto Dalla Chiesa" di Caltagirone

FOTOGRAFIE Maria CHIRCO Antonella GANDINI Milena GIACOMAZZI Adriana SCALISE

GRAFICA E IMPAGINAZIONE Attilio GERBINO

FOTOGRAFIE DELLE SCULTURE Sebastiano FAVITTA

ORGANIZZAZIONE E COMUNICAZIONEdr. Silvano MARINO, dr. Agostino MESSANA, Sig.ra Maria RUGGIERI tel. 0933 58418 - E-mail:[email protected]

CATERING Istituto Professionale di Stato Servizi Alberghieri Ristorazione di Mineo

SI RINGRAZIA I docenti, gli alunni, le maestranze dell'Istituto Istruzione Superiore "Carlo Alberto Dalla Chiesa" di Caltagirone, il personale del Museo Regionale della Ceramica e la Banca Agricola Popolare di Ragusa, Agenzia di Caltagirone. Un particolare ringraziamento alla famiglia Buscemi Romano per il prestito dell'opera di Paola Romano

TESTIMarina BENEDETTO

Pippo PAPPALARDO

Domenico SEMINERIO

SCULTURE

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DONNA RI-CONOSCENZA di Giovanni PATTI Direttore Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone

Per la prima volta la “Giornata del-la Donna” entra al Museo da prota-gonista. Un segno di ri...conoscenza che quest’anno il Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone ha voluto dedicare alle donne nella ri-correnza della Loro giornata ormai entrata, a pieno titolo, nella storia della società civile.

Un richiamo ancora una volta ac-colto dall’associazionismo cultura-le caltagironese, e dalle eccellenze che lo contraddistinguono, che si pone in continuità ad una succes-sione di eventi culturali di cui l’Isti-tuto si è fatto promotore.

E’ già la terza occasione in cui que-sta Istituzione apre le sue porte e dialoga con le realtà culturali calta-gironesi nella concezione e nell’in-tento di voler riconsiderare il Mu-seo Regionale della Ceramica di Caltagirone non più solo uno stati-co contenitore di raccolte e colle-zioni ma un “luogo” vivo e pulsante di cultura. Di Caltagirone e per Cal-tagirone, della Sicilia e per la Sicilia.

In quest’ottica non poteva certa-mente sfuggire la celebrazione del-la “Giornata della Donna” che, sen-za scadere in facile retorica, nel ri-cordare gli eventi promotori, anche

funesti, rappresenta una data che segna nettamente ed in modo si-gnificativo e pregnante il riscatto sociale e civile delle Donne. Che rimarca il riscatto di una società che ama definirsi civile ed evoluta.

All’entusiasta partecipazione di un-dici Maestri ceramisti che con il Lo-ro lavoro e la Loro creatività hanno sempre dato lustro alla città ed alla sua immagine nel mondo si collega, in tema di ri...conoscenza, un’opera di una Artista caltagironese scom-parsa: Paola ROMANO. A onorare e ri…conoscere, in questa occasione, la memoria e la genialità di una Donna protagonista della storia e della cultura della Sua città.

Con lo stesso entusiasmo l’I.P.S.I.A. Carlo Alberto Dalla Chiesa di Calta-girone e l’I.P.S. Carlo Alberto Dalla Chiesa di Mineo partecipano con la presentazione di abiti ed accessori in ceramica e servizio di accoglien-za il primo, con l’offerta di un tè di benvenuto il secondo. La Galleria Fotografica Luigi Ghirri prende par-te all’evento esponendo interes-santi immagini di quattro fotografe impegnate sul tema.

Un grazie agli Artisti, agli studenti e ai loro docenti nella speranza che

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questa esperienza li abbia e ci ab-bia fatto crescere ancora di più e che essa stessa possa essere repli-cata negli anni a seguire.

Un doveroso grazie all’Amministra-zione Comunale di Caltagirone, agli Istituti scolastici, alle Associazioni ed alla Banca Agricola Popolare di

Ragusa che hanno sostenuto, a va-rio titolo, l’iniziativa. Va riconosciu-to, infine, a tutto il personale del Museo l’impegno ancora una volta profuso e l’attiva partecipazione all’organizzazione ed alla riuscita dell’evento.

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Le mostre allestite al Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone sono l’ulteriore, positivo esempio di una sempre più proficua collaborazione fra le diverse istituzioni che valorizza le realtà artistiche, associative e scolastiche locali. Un modello virtuoso che dimostra come, sia pure con costi irrisori, si possono raggiungere risultati significativi facendo leva sulle potenzialità di una comunità dalle innumerevoli risorse umane e intellettive.

Saluti

di Nicola Bonanno Sindaco della Città di Caltagirone

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DONNA RI-CONOSCENZA MOSTRE, INCONTRI, POESIE E CANTI POPOLARI

Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone, sabato 9 marzo 2013

• Sculture di maestri ceramisti contemporanei

• Collezione di abiti e accessori in ceramica

• Donne che fotografano le donne

Incontro sul tema “Donna Ri-Conoscenza”, interventi: • Prof. Domenico SEMINERIO, scrittore• Dott.ssa Lucia LOTTI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gela• Dott.ssa Enza CILIA, già Direttore del Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone.

Poesie e canti popolari siciliani dell’artista Alfio PATTI

Sezioni della mostra:

La mostra sarà aperta sino al 5 maggio

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DONNA RI-CONOSCENZA di Domenico SEMINERIO Scrittore

Il primo pensiero è quello della gra-titudine. Per le donne. Per tutte le donne. Nel loro molteplice ruolo di compagne, madri, sorelle, figlie, amiche. Necessarie e anzi indispen-sabili, come l’aria o l’acqua. Senza di loro non è possibile vivere, sem-plicemente. Soprattutto di questi tempi. Tempi di cambiamenti pro-fondi, che sconvolgono le vecchie categorie dei ruoli e delle compe-tenze e delineano funzioni nuove, fino a qualche tempo fa impen-sabili, per uomini e donne e che perciò richiedono una concettualiz-zazione nuova dei compiti che cia-scuno deve svolgere per far fronte alle mutate necessità della società contemporanea.

A ben guardare non c’è niente che sia restato uguale rispetto al passa-to, rispetto a pochi decenni fa, quando ancora donne e uomini avevano compiti consolidati nei se-coli. La donna a casa, a svolgere le incombenze domestiche, gli uomi-ni fuori per produrre e sostenere economicamente la famiglia e per provvedere alla difesa. Una divisio-ne del lavoro imposta dalla neces-sità. Fare il pane, lavare i panni, accendere il fuoco e cucinare, cre-scere i figli e occuparsi della loro

educazione, tanto per fare degli esempi. Qualcuno doveva occupar-sene, a tempo pieno.

Se ne occupò la donna, per libera scelta o costrizione, non sappiamo. Forse per permetterle di adempie-re meglio alla fondamentale fun-zione della riproduzione, per pro-teggerla meglio durante le quasi annuali gravidanze, necessarie per assicurare la sopravvivenza stessa della specie, stante l’altissimo tas-so della mortalità infantile e la bas-sa durata media della vita.

Divisione del lavoro e dei compiti che portò anche a una diversifica-zione dei comportamenti. Finì che gli uomini avevano possibilità di fare cose che alle donne erano pro-ibite. Si può dire in ogni campo della vita associata. A stabilizzare i ruoli intervennero anche i sistemi morali scaturiti dalle religioni, di impronta smaccatamente maschili-sta a partire, grosso modo, dalla seconda metà del primo millennio a.C.

La donna è sempre più segregata in casa, con aperture maggiori o mi-nori a seconda delle civiltà, delle condizioni economiche, dei convin-cimenti dei clan di appartenenza.

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La donna, a poco a poco, diventa proprietà esclusiva del dominus, del pater familias, priva di autono-mia e di potere decisionale. Una cosa, un oggetto, da utilizzare a capriccio del padrone, soggetta a una serie lunga di divieti e proibi-zioni. Si arriva, in qualche periodo storico, a mettere in discussione la sua appartenenza al genere uma-no, talché qualcuno pensa che sia priva dell’anima. Persino la sua principale e ineliminabile funzione, quella riproduttiva, legata in qual-che modo alla bellezza fisica che stimola l’omologa funzione maschi-le, viene sottoposta a vincoli, guar-data con sospetto se non addebi-tata come colpa.

La bellezza come instrumentum diaboli e perciò da celare, coprire, negare. Non ci sono deroghe. Le trasgressioni conoscono punizioni dure, esemplari, disumane. La don-na deve semplicemente obbedire. Non è un soggetto pensante. Così per secoli, fin quasi alle soglie della modernità. Anzi, ancora nei tempi della modernità in alcune aree e in certe condizioni sociali e ambien-tali. Ancora ai giorni nostri, seppu-re con ampie aperture e progres-sivi aggiustamenti.

La donna subisce, impara a reggere l’impatto della sopraffazione, rie-sce a ritagliarsi ruolo e potere in forma criptica, celata e artatamen-te negata, dichiaratamente sotto-

messa all’uomo ma esercitando un potere reale, seppur invisibile: un matriarcato non dichiarato e difeso con tutte le sottili arti della dolcez-za, della seduzione, dell’affetto. Era necessario così per sopravvivere, per adempiere all’altissimo ufficio a cui la natura l'ha chiamata. Poi la ventata della modernità, della sof-ferta e sempre in bilico libertà. Ma ancora non ci siamo. L’impianto concettuale che regola i rapporti uomo-donna è ancora, sostanzial-mente, quello vecchio.

Una modernità di facciata che concede libertà più d’apparenza che sostanziali. Libertà concesse, o talvolta conquistate con determi-nazione, da scontare a caro prezzo. Con un aggravio di lavoro e di fa-tica, per prima cosa. Tutto il carico del lavoro domestico, per dire, e in aggiunta il sempre più indispensa-bile lavoro esterno. Qualcosa è cambiato, senza dubbio, e in me-glio. Inutile fare esempi e sciori-nare statistiche amene. Ancora non basta. Ancora non è avvenuto il cambiamento completo nell’accet-tazione concettuale del nuovo ruo-lo della donna, dei nuovi ruoli e perciò del nuovo status a cui è necessario adeguarsi.

Andiamo per linee generali, benin-teso, non tenendo conto di una casistica che è la più varia possibile e che passa attraverso le stratifi-cazioni d’ordine economico, socia-

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le, religioso, ambientale. Ma per-mane la sensazione, anzi la certez-za, che ancora non ci siamo, che ancora il processo di ri-conoscenza, di una più nuova e cogente conoscenza della donna non è avvenuto. Ne fa fede la cronaca, con l’insopportabile stillicidio del femminicidio, con gli innumerevoli esempi delle violenze domestiche che si appalesano di tanto in tanto e che restano per lo più relegate nei recessi del chiacchierio dome-stico. Violenze di tutte le specie, dalle più gravi a quelle meno evidenti ma non per questo meno dolorose, che vengono compiute in una sorta di indifferenza morale generalizzata, che finisce con l’es-sere accettata dalle stesse donne quando si siano invertiti i ruoli: la madre dell’uomo, per dire, accetta con rassegnato distacco il fatto che il figlio picchi la propria moglie; gli altri maschi di casa, padri e fratelli, accettano quasi con lieve fastidio che le loro figlie e sorelle siano picchiate a volte selvaggiamente o umiliate in privato e anche in pubblico.

Se lo sono meritate, il pensiero di fondo, perché qualcosa hanno fat-to e la donna, si sa, va corretta continuamente. Una volta si arriva-va a consigliare al marito: “Quando rientri a casa, picchia tua moglie. Tu non sai il perché, lei sì”. Succede ancora, più spesso di quanto si

creda. Ma, tranne i casi più gravi che finiscono in cronaca, non se ne parla. Non c’è solidarietà per le vittime, le non incolpevoli vittime della mentalità comune. Senza dire che l’uomo manesco finisce col go-dere, nel convincimento palese de-gli altri uomini e larvata di non poche donne, di una considerazio-ne positiva.

Un vero uomo deve farsi obbedire, sempre. A bastonate, se lo ritiene giusto. Un’aureola di superiorità violenta che diventa consustanziale al suo essere uomo, al suo dovere di “fare l’uomo”. Una considera-zione positiva che finisce per l’es-sere accettata, per consuetudine, educazione e malinteso senso del dovere, anche dalle stesse vittime. Una violenza che, trovata com-prensione e giustificazione nelle pareti domestiche, si allarga per cerchi concentrici nelle strade, nel-le città, nel mondo.

Abbiamo bisogno di nuovi parame-tri cognitivi, di un nuovo ordine morale che ribalti categorie con-cettuali non più valide e anzi dan-nose. L’uomo che picchia non è un “vero uomo” ma un uomo dimezza-to che ha bisogno di menar le mani per affermare una superiorità che non ha. L’uomo che picchia è un essere spregevole che va allonta-nato dalle comitive e dalle intimità, perché passibile di riversare la violenza su chiunque metta in dis-

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cussione la sua personalità malata. L’uomo che picchia va condannato dalle leggi morali e dalle leggi umane perché diventa un cattivo esempio per tutti quelli che hanno la ventura di assistere alle sue performances, bimbi compresi, che ne ricavano traumi psichici stabili. L’uomo che picchia non è degno di ricevere il saluto e la confidenza di quanti si sentono, e spesso lo sono, “per bene”.

Ecco, la riprovazione morale di tutti e a tutti i livelli, la condanna sociale generalizzata, da far pesare come un macigno sulle spalle del violen-to: cominciamo da qui. Senza dero-ghe e senza accampare giustifica-zioni. Da parte di nessuno, soprat-tutto da parte delle donne. Soprat-tutto da parte delle istituzioni. Pic-chiare la donna, la propria donna, la madre dei propri figli, deve essere considerato un reato da perseguire d’ufficio, con aggravanti ben pesanti a livello delle pene. E avviare il lavoro di ri-conoscenza delle donne, con l’apporto e l’im-pegno di tutti. Uno sforzo di ri-conoscenza che deve poter portare

a una nuova considerazione del ruolo dell’umanità, dei valori pe-renni legati al suo essere.

Per questa via è possibile appro-dare a un nuovo umanesimo che sottragga l’essere umano, indipen-dentemente dai ruoli, da tutte le superfetazioni indotte dalla moda, dalla massificazione, dalle tradizio-ni, dalla morale corrente, dalla acri-tica accettazione d’una sorte che sembra segnata. Un uomo nuovo, che guardi al mondo con occhi nuovi, che dia agli oggetti e alle cose il valore che hanno. Un uomo che non leghi più l’essere all’avere. E’ possibile. Forse.

Pur con dubbi e tentennamenti vale la pena cominciare il percorso della ri-conoscenza a partire pro-prio dal ruolo della donna, di tutte le donne. Cominciando da noi stessi, nel segreto delle nostre coscienze, nel lavorio della nostra ragione, con l’apporto del buon senso. Questo vuol essere l’invito e l’augurio rivolto a tutti. A tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà.

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RI-CONOSCENZA Paola ROMANO

Giacomo ALESSI

Luigi ANGELICO

Giuseppe BRANCIFORTI

Santina GRIMALDI

Francesco NAVANZINO

Gianfranco RIDOLFO

Filippo ROMANO

DELFINO SAMMARTINO

Ignazio SCARLATELLA

Riccardo VARSALLONA

Vincenzo VELARDITA

DONNA RI-CONOSCENZA SCULTURE DI MAESTRI CERAMISTI CONTEMPORANEI

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RI-CONOSCENZA: Paola ROMANO“Il giorno nel carruggio”

Terracotta dipinta a freddo

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Giacomo ALESSI “Gradisca”

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Luigi ANGELICO “Ricominciare”

Argilla rossa maiolicata

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Giuseppe BRANCIFORTI “La nduppatedda”

dalla novella La coda del diavolo di Giovanni VERGA

Argilla dipinta a tempera

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DELFINO SAMMARTINO “La saggezza, l’ironia e la lungimiranza”

Argilla, smalto stannifero e colori ceramici

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Santina GRIMALDI “Maria”

Figura maiolicata con lustro a terzo fuoco

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Francesco NAVANZINO “Dopo la tempesta”

Argilla dipinta ad acquerelli riducenti e colori ceramici

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Gianfranco RIDOLFO “Se tu fossi libera”

Terracotta patinata

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Filippo ROMANO “Figura distesa”

Terracotta patinata a freddo

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Ignazio SCARLATELLA “Assenza”

Terracotta patinata

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Riccardo VARSALLONA “Madre natura”

Argilla in ambiente riducente

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Vincenzo VELARDITA “Rinascita”

Argilla refrattaria a due cotture e smalti

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COLLEZIONE ABITI E ACCESSORI

Alunni corso di Moda I. I. S. Carlo Alberto Dalla Chiesa

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Alunni corso di Moda I. I. S. Carlo Alberto Dalla Chiesa

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Alunni corso di Moda I. I. S. Carlo Alberto Dalla Chiesa

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C O N T R O C O R R E N T Edi Marina BENEDETTO

Negli occhi hanno gli aeroplani per volare ad alta quota

dove si respira l’aria e la vita non è vuota.

ZUCCHERO, Donne, 1985

Guardo queste donne fotografate da donne. Osservo i volti, le mani, le rughe di quelle ritratte, imma-gino i volti, le mani, le rughe di quelle che hanno scattato le imma-gini. Vi penso. Vi sono grata. Per-ché attraverso questi ritratti penso alle tante donne che conosco, a quelle che ho conosciuto e non sono più, ai valori che mi hanno tramandato, penso a me stessa, a mia madre, a mia figlia.

Talvolta è difficile vivere da donne. E mi sento di dire non per colpa de-gli uomini. Il fastidio sovente stri-scia in me suscitato da altre donne. Perché il mondo delle donne (più di quello maschile) è facile preda di pettegolezzo, mancanza di oggetti-vità, invidia, isteria uterina. Pur-troppo – in questi anni bui – anche volgarità e scarsa stima di sé. Da donna, vorrei attorno a me un mondo fatto solo di donne non omologate. Inquiete. Emancipate. Protese in una ricerca di autono-mia, sicure nel far sentire la loro voce. Cariche di amore, per se

stesse, prima di tutto, e per il loro universo di amici e familiari. Vorrei un mondo di donne ribelli, non agli uomini, ma agli schemi, alle omolo-gazioni, a tutto ciò che è troppo stretto, alle catene antiche, ai pre-giudizi. Sempre in fuga, inseguendo una incessante crescita interiore che le renda – ci renda – forti, sere-ne, appassionate, libere.

Alle artiste donne che hanno foto-grafato donne, alle modelle, a colo-ro (donne e spero molti uomini che vedranno questa mostra) dedico la poesia che segue, un inno alla solarità, all’indipendenza, alla forza interiore, alla vita, scritto, per l’ap-punto, da una donna.

La spensieratezza e’ un caro peccato, caro compagno di strada

e nemico mio caro! Tu negli occhi mi hai spruzzato il riso

e la mazurca mi hai spruzzato nelle vene. Poiché mi hai insegnato

a non serbare l’anello, con chiunque la vita mi sposasse.

A cominciare alla ventura - dalla fine, e a finire - ancor prima di cominciare.

Ad essere come uno stelo, ed essere come l’acciaio.

Nella vita, in cui così poco possiamo, a curare la tristezza con la cioccolata

ed a ridere in faccia ai passanti.

Marina CVETAEVA,

La spensieratezza è un caro peccato, 1918

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DONNE CHE FOTOGRAFANO LE DONNE Quattro fotografe per la Galleria Fotografica "Luigi GHIRRI" di Caltagirone

Maria CHIRCO

Antonella GANDINI

Milena GIACOMAZZI

Adriana SCALISE

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Maria CHIRCO

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Antonella GANDINI

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Milena GIACOMAZZI

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Adriana SCALISE

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FOTOGRAFIA SINGOLARE E FEMMINILE

di Pippo PAPPALARDO

Da tempo frequento e “vivo” la fo-tografia e da tempo incontro i foto-grafi nelle loro opere, nei loro con-vegni, nei loro circoli. Spesso mi sono chiesto se esista una foto-grafia femminile e se, come tale, è riconoscibile. Personalmente non ho trovato risposte convincenti né le donne mi hanno aiutato espres-samente a trovarne.

Di una cosa, però, sono sicuro: ogni qualvolta mi sono imbattuto nella presenza femminile in fotografia ho trovato poca disponibilità per le mie chiacchiere e, piuttosto, risul-tati, ovvero rappresentazioni, con-creti e convincenti. E laddove pre-sumevo di incontrare tenerezze e lirismi, invece, ho scoperto aspe-rità e realistiche quanto dramma-tiche considerazioni.

Se in un’associazione, in una scuo-la, o in una corrente fotografica le donne hanno una loro forte pre-senza e rivestono con personalità questa volontà di essere presenti, allora, potete starne certi, che po-chi saranno i tentativi di barare con la fotografia, o di spacciarla per pit-tura, grafica e barzelletteria di bas-sa qualità. Invece, ivi, ho visto cre-scere l’attenzione dignitosa verso se stessi, quel galateo della visione da tenere sempre presente anche

nei momenti più crudi e più difficili. Ivi ho visto trovare regolarmente ospitalità il punctum di BARTHES, ovvero quel quid che, nell’imma-gine, non puoi ridursi a logos o a studium e non puoi sciogliere, qua-si fosse un insolubile scoglio, nel mare della invocata e perenne razionalità. Ivi, il perturbante che affiora, ancorché nascosto in vari modi nella coscienza di tutti noi, si rende manifesto e si confronta con forza e pretende risolutamente di fare comunione.

Luciana TRAVERSO, fotografa ed insegnante di fotografia per qua-rant’anni sostenne di poter inse-gnare fotografia solo alla donne perché solo loro, regolarmente, hanno il coraggio di puntare l’o-biettivo contro se stesse; quando finalmente si decise ad aprire l’in-segnamento ai maschietti chiamò questa scuola “corso di galateo fotografico”. Di tanto posso essere testimone, e ciò nonostante non riconoscere mai se una foto è fatta da un uomo o da una donna. La mia amica Luciana, però, mi ricorda che la domanda non me la pongo per un quadro o per un film. Si è vero; ma il fatto di non riuscire mai a capire mi inquieta. “Allora siamo a posto” mi risponde la mia amica.

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Antonella GANDINI

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STAMPA: www.tipografiavinci.com COPYRIGHT : Per i testi, le sculture, le creazioni e le fotgrafie:

© 2013, tutti diritti riservati agli autori e agli eredi Paola Romano In copertina, foto di Antonella GANDINI

(in una composizione grafica di Attilio GERBINO con dettagli dalle opere di Luigi ANGELICO e Giacomo ALESSI)

Sul retro l’ingresso del Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone, da una cartolina postale del 1966

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Città di

Caltagirone

Galleria Fotografica Luigi Ghirri Caltagirone

Sicilia Antica Sezione di

Caltagirone

FIDAPA Sezione di

Caltagirone

Istituto Istruzione Superiore C. A. dalla Chiesa Caltagirone

Banca Agricola Popolare di Ragusa Ag. di Caltagirone