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Rivista fondata dal Beato Luigi Guanella nel 1892 - Anno CXVIII - numero 2 - II Trimestre 2010 «Il Paradiso è regno che tutti possono conquistare. Ci vuole per questo preghiera e opere buone» don Guanella Periodico edito dalla Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità Opera don Guanella e redatto da Casa Divina Provvidenza in Como Tariffa associazione senza fini di lucro: Poste Italiane SpA, spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n.46) art. 1 comma 2 DCB - Como la divina Provvidenza Provvidenza 2010 2 filo rosso Accoglienza: l’arte del farsi prossimo pag. 11

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Rivista fondata dal Beato Luigi Guanella nel 1892 - Anno CXVIII - numero 2 - II Trimestre 2010

«Il Paradiso è regno che tutti possono conquistare. Ci vuole per questo preghiera e opere buone» don Guanella

Periodico edito dalla Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità Opera don Guanella e redatto da Casa Divina Provvidenza in ComoTariffa associazione senza fini di lucro: Poste Italiane SpA, spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n.46) art. 1 comma 2 DCB - Como

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filo rossoAccoglienza: l’arte del farsi prossimo

pag. 11

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periodico trimestrale fondato dal Beato luigi guanellan. 2 - ii trimestre 2010

LA DIVINA PROVVIDENZA periodico edito dalla Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità Opera Don Guanella

DIREZIONE E AMMINISTRAZIONECasa Divina Provvidenza via Tomaso Grossi 18 - 22100 Como tel. 031 296 711 - fax 031 296 898

sito web: http://www.guanellacomo.it e-mail: [email protected]

Direttore responsabileMario Carrera

Direttore di redazioneAngelo Gottardi

Progetto grafico e impaginazioneGianmario Colciago

Collaboratori di questo numero Gabriele Cantaluppi, Mauro Cecchinato, Michele Cerutti, Evi Crotti, Educatori de "La Grande Corte", Silvia Fasana, Adriano Folonaro, Angelo Gottardi, Luca Rossini, Pino Venerito, Vito Viganò

FotografieArchivio Fotografico Guanelliano, Luca Biagini, Angelo Gottardi, Gabriele Mortin, Giorgio Quaglia

StampaIndustrie Grafiche La Commerciale s.r.l. via Bergamo, 64 - 24047 Treviglio (Bergamo) tel. (+39) 0363 46966 - fax (+39) 0363 1736 email: [email protected]

Autorizzazione Tribunale di Como decreto 27.06.1978 n. 3/48

Tariffa associazione senza fine di lucro: Poste Italiane SpA, spedizione in abb. post. D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27.02.2004, n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Como

CON APPROVAZIONE ECCLESIASTICA

INFORMAZIONICentralino: 031.296.711; Direzione Casa Divina Provvidenza: [email protected] - [email protected]; sito: www.guanellacomo.it; Santuario del Sacro Cuore: [email protected]; sito: www.sacrocuorecomo.it; Museo guanellia-no: 031.296.894 (don Adriano Folonaro); Servizio Civile Volontario: 031.296.783 (sig.ra Elisabetta Caronni); Volontari per RSA: 031.296.774 (sig. Carlo Guffanti); Centro Guanelliano di Pastorale Giovanile: 031.296.783 (don Domenico Scibetta, sig.ra Elisa-betta Caronni); Comunità di Accoglienza Vocazionale: 031.296.795 (don Domenico Scibetta); Centro Missionario Guanelliano: 031.296.811 (sig. Silvio Verga); ExAllievi: 031.296.709 (sig. Adriano Peduzzi).

3 EDITORIALE Lanciarsi diAngeloGottardi

4 DONGUANELLAINEDITO AlessandrinoMazzucchi diGabrieleCantaluppi

6 DONGUANELLANELmONDO Fermarsinonsipuò diMauroCecchinato

8 RICORRENZE Abbiamounachiesapovera... diAdrianoFolonaro

11 fILOROssO Accoglienza:l'artedelfarsiprossimo diLucaRossini,Educatori"LaGrandeCorte", PinoVenerito,VitoViganò

18 DUEsANTIACONfRONTO Santisinasceosidiventa? diEviCrotti

20 NOTIZIEDICAsA Varie

22 LEPAGINEDEGLIAmICI

Sommario Sommario

Rivista fondata dal Beato Luigi Guanella nel 1892 - Anno CXVIII - numero 2 - II Trimestre 2010

«Il Paradiso è regno che tutti possono conquistare. Ci vuole per questo preghiera e opere buone» don Guanella

Periodico edito dalla Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità Opera don Guanella e redatto da Casa Divina Provvidenza in ComoTariffa associazione senza fini di lucro: Poste Italiane SpA, spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n.46) art. 1 comma 2 DCB - Como

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102filo rossoAccoglienza: l’arte del farsi prossimo

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foto di copertina del fotografo Luca Biagini - Milano ([email protected])

in iV di copertina Il santuario Ave regina coelorum meglio cono-sciuto come Madonna di Breglia (Comune di Plesio – Como), costru-ito nella seconda metà del XVIII secolo sul dosso del Gordola, sommità panoramica che domina tutto il centro lago di Como. ( 800 mt.)

Lanciarsi

c ari Amici e Benefattori. Il primo giorno di scuola la maestra Thompson diceva

sempre una bugia amorosa agli alun-ni: “Per me siete tutti uguali”. Ma non era possibile, perché in prima fila sedeva Teddy Stoddard, un ra-gazzo sempre distratto, svogliato, oltre che mal vestito. Non poteva che dargli zero in tutto.Un giorno decise di leggere la cartel-la di Teddy e con sua grande sorpre-sa vi lesse che la maestra di prima classe lo definiva “brillante, sem-pre sorridente”; quella di seconda” eccellente ma si nota tristezza sul volto perché la madre ha una malat-tia terminale”; quella di terza: “sua madre è morta e il papà non si inte-ressa di lui”; quella di quarta: “non mostra nessun interesse e alle volte dorme in classe”.Finalmente aveva capito. Si sentiva colpevole; e peggio si sentì il giorno del proprio compleanno quando gli alunni le fecero tanti regali avvolti in carte variopinte, e Teddy le portò il suo, avvolto in un foglio di giorna-le. La maestra non sapeva se aprirlo di fronte a una scolaresca pronta a deriderlo; ma lo aprì e vi trovò un braccialetto vecchio e un boccettino di profumo a metà. Lei se lo mise davanti a tutti e provò il profumo. Alla fine dell’ora Teddy si trattenne per dire alla maestra:”Oggi lei odo-ra come odorava la mia mamma”. Quando il ragazzo se ne andò, la si-gnora pianse per un’ora. Ma da quel giorno ella non si preoc-cupò più di insegnare le materie sco-lastiche bensì di educare i ragazzi. E alla fine dell’anno Teddy diventò il suo preferito (nonostante la bugia amorosa...), cominciò a rivivere e conseguì ottimi risultati.

Ed

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ria

le

Ti lanci nella vita se incontri angeli che ti alzano sopra i tuoi piedi, quando le tue ali hanno problema per volare.

Un anno dopo la maestra trovò un foglietto sotto la porta di casa su cui si leggeva: “lei è stata la mia migliore maestra”; dopo quattro anni trovò un’altro foglietto con le stesse parole e la notizia che in bre-ve avrebbe avuto un titolo di studio; dopo altri quattro anni si ritrovò con un altro ancora, ma firmato “Theo-dore F. Stoddard, Medico”. Nell’ul-timo lesse che il papà era morto da mesi, che si era fidanzato da tempo e che la invitava a nozze.La maestra Thompson accettò im-mediatamente l’invito e si presentò alle nozze con...il vecchio braccia-letto e profumata con il profumo che Teddy le aveva regalato. Du-rante la festa questi le sussurrò all’orecchio: “Grazie, maestra, per-ché ha creduto in me, mi ha fatto sentire importante e così io mi sono lanciato nell’avventura della vita”. Ma la maestra rispose:”Ti sbagli: sei tu che mi hai insegnato come si educa e che è necessario fare diffe-renze”.Questo racconto, la foto di coperti-na, il “filo rosso” delle pagine cen-trali e un filo “invisibile” di tutti gli articoli confermano che l’accoglien-za spinge a lanciarsi. Così ha fatto don Guanella con Alessandrino ma soprattutto con chi aveva “le ali rot-te” (disabili, anziani, orfani); e così fanno oggi gli Educatori della nostra Casa coi minori in disagio, o i missio-nari come fratel Mauro coi “ragazzi della strada”. Quando avrai letto, caro Amico, pagina per pagina que-sto bel numero de LDP scoprirai che è vero: ti lanci nella vita se incontri angeli che ti alzano sopra i tuoi pie-di, quando le tue ali hanno proble-ma per volare. Aiutaci anche tu nella nostra missione. ■

ANGELOGOTTARDIdirettore

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DON GUANELLA INEDITO

Storia guanelliana

AlessandrinoMazzucchi di Gabriele Cantaluppi

Lo zelo di un parroco...

Potrebbe farci sorride-re la notizia riporta-ta dal “Corriere del

Lario” del 28 agosto 1869: lamenta che nella dioce-si di Como le 325 parroc-chie erano assistite pasto-ralmente solo (!) da 475 sacerdoti effettivamente impegnati. Ma ci viene in aiuto, per capire i tempi, quanto riferisce don Gua-nella stesso descrivendo la sua giornata di parroco a Pianello Lario, ricca di im-pegni pastorali che lo tene-vano occupato dal mattino presto alla sera. Ogni sacerdote entusiasta della sua vocazione de-sidera che altri possano

rispondere alla mede-sima chiamata del

Signore. Di en-tusiasmo era

ricco don Guanella, il nuovo par-roco giunto nel 1881 a

Pianello come successore di

don Coppini. Non avevano

detto di lui qual-che anno prima che

voleva popolare tutta la Valtellina di preti e di mo-nache, tanto era il fervore religioso che aveva suscita-to?Promuovere le vocazioni allo stato ecclesiastico fu sempre un impegno che egli sostenne nel suo mi-nistero sacerdotale, nelle parrocchie prima e nelle sue Case poi.Sapeva però bene che il terreno fertile al germo-gliare di vocazioni doves-se essere curato e anche per questo raccomandava di affidare i fanciulli alle scuole dei sacerdoti e ad essere solleciti a inviarli al catechismo.

… e di un chierichetto

Aveva dieci anni il 26 ago-sto 1888 Alessandrino Maz-zucchi, quando, insieme al fratello Salvatore minore di due anni, fu accolto nel-la Casa della Provvidenza di Como, aperta solo da due anni. Volevano studia-re e quella era la scelta obbligata perché a Pianel-lo non c’erano altre scuole oltre le tre classi elemen-tari. Alessandrino vi aveva frequentato fino alla terza elementare, suscitando

anche l’ammirazione del direttore didattico di Como venuto per gli esami finali. Don Guanella stesso, che era ancora il titolare della parrocchia, aveva suggeri-to questa soluzione. Erano due caratteri com-pletamente diversi: serio e riflessivo il primo, vivace e spensierato il secondo. Del primo così scrive don Piero Pellegrini: “Nulla di ecce-zionale o di strano, se non quell’accumulo insieme, in una personcina snella e regolare, di tante qualità, più spesso negli altri suddi-vise fra più persone”.Tuttavia “non era uno di quegli insipidi bambini, che stan lì, rinsaccati e apatici, e son detti buoni perché non hanno né vita, né spirito e non si muovono mai; egli era, anzi, di spi-riti vivaci; d’intelligenza perspicace e pronta già in evidenza dai primi anni di infanzia”.Era proprio il tipo che pia-ceva a don Guanella. L’ave-va avuto parrocchiano a Pianello quando vi era giun-to nel 1875. Alessandrino aveva allora tre anni e po-teva godere di una famiglia ricca di fede, soprattutto per merito della mamma.

Alessandrino Mazzucchi ritratto

Pianello del Lario una foto di molti anni fa

I due fratelli Alessandrino e don Leonardo ovale sulla loro tomba nel Santuario S.Cuore in Como, realizzata dall’artista Alfredo Vismara

Un giorno, dopo una fervo-rosa predica sul sacerdo-zio, pose il suo cappello sul capo di Alessandrino dicen-do: “Ti piacerebbe così? Ti piacerebbe farti prete?”. L’aveva osservato bene quel bambino. Aveva volu-to entrare presto nel grup-po dei chierichetti ed era fedele al suo turno di ser-vizio all’altare, anche se d’estate occorreva essere presenti alla Messa delle quattro del mattino. Il suo latino era quasi perfetto, e non solo quello della Mes-sa, ma anche quello dei Ve-spri delle altre funzioni re-ligiose. Ma era innamorato di Gesù: sapeva trascorrere molto tempo in adorazione davanti al tabernacolo. Era anche capace di una bella partita al pallone e di stare in allegra compagnia con i suoi compagni, scherzando e accettando le loro burle innocenti, come quando lo chiamavano “grembiulo-ne” per la divisa scolastica troppo ampia rispetto alla sua esile persona.Abituato così presto al sacrificio si immerse pie-namente nella vita della Casa, che certamente non era priva di austerità, tan-to che così la descrive don

Guanella: “Si usavano cibi di polenta, la luce sottilis-sima del petrolio, l’abita-re ambienti e costruzioni da dirsi più casolari che case”.Scriveva ai genitori: “Mi rallegro ogni giorno, un giorno più che l’altro, e ti ringrazio di avermi collo-cato in questo luogo sì pio, sì religioso, insomma qui dove si sta molto bene…”.Dicono gli esperti che i segni di ogni vocazione a qualsiasi stato di vita, non solo a quella ecclesiasti-ca, nascono da due atteg-giamenti: l’attrattiva e l’attitudine. Occorre cioè provare interesse per una determinata scelta, ma al tempo stesso si devono avere le qualità per viver-la.

Alessandrino era certamen-te dotato di caratteristiche tali da segnalarlo come esempio: buon carattere, era amato da tutti; fervida intelligenza, lo rendeva im-pegnato nello studio, ma in modo tale da non rendersi inviso ai compagni. Dove ricopiava più da vicino l’esempio del suo maestro era nel praticare esemplar-mente l’opera di misericor-

dia di visitare gli ammalati. Soprattutto si tratteneva per ore al capezzale di un giovane che era lasciato da parte da tutti per il cattivo odore che emanava il suo corpo colpito da una ingua-ribile malattia.Aveva appena termina-to la sua pietosa opera di assistenza quando, forse anche per vincere il senso di nausea che l’opprimeva per il fetore costretto a respirare, accettò di inau-gurare l’altalena che era stata allestita nel cortile. Un giramento di testa e un tonfo sull’impiantito: non c’era più nulla da fare. Era il giorno di san Luigi, ono-mastico di don Guanella, e aveva chiesto al Signore di farlo morire come lui, martire di carità e modello di innocenza nel suo stesso giorno.La Messa quotidiana, la te-nera devozione all’Eucari-stia e alla Madonna costitu-irono la guida della sua vita fino al dono di sé.Don Guanella era stato alla scuola di don Bosco, che aveva insegnato: "Innamo-rate i giovani all’Eucaristia e alla Madonna e ne avrete dei santi”.

l

Un chierichetto di don Luigi Guanella, parroco a Pianello del Lario (Como), speranza dell’opera di carità nascente.

La Divina Provvidenza4 l 2-2010

La Divina Provvidenza5 l 2-2010

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Fermarsi non si puòdi Mauro Cecchinato

Il progetto di Carità dell’opera don Guanel-la in terra congolese si

svolge dal 1996 nell’area territoriale di Kinshasa su tre degli otto comuni del-la capitale (Matete, Lime-te e Lemba), in un conte-sto sociale poverissimo, ed è rivolta ai cosiddetti “en-fants de la rue”, i bambini di strada.

Una notte per le strade di KinshasaMi piace ricordare la mia prima esperienza con l’equipe mobile. Era un lu-nedì, papà Jean - nostro autista - stava preparan-do l’ambulanza per l’en-nesima uscita, la direzione era il quartiere di Mate-te. Partiamo e raggiungia-

mo il “Point d’eau”, dove ha sede il nostro centro di accoglienza per la not-te, lì ci aspettano gli altri membri dell’equipe, l’in-fermiere, l’educatore e un ex ragazzo di strada ades-so volontario. Entrando dal cancello del “Point d’eau” il saluto dei bambini si fa sentire, sono seduti per terra, gli educatori stanno facendo un po’ d’animazio-ne prima che tutti vadano a coricarsi, materassi ste-si per terra, uno accanto all’altro. Sono già 70 quel-li arrivati, altri arriveran-no, così la notte al sicuro fa meno paura! Dopo una breve sosta ci dirigiamo verso Matete. Ad attender-ci ci sono già una quindici-na di ragazzi, difficile che

manchino all’appuntamen-to. Dopo poco, altri comin-ciano a sbucare, piccoli e grandi, tra loro alcune ra-gazzine non ancora mag-giorenni che per soli 500 franchi congolesi si prosti-tuiscono (1 euro equivale a 1.100 franchi congolesi). Veri e propri “randagi” del-la città, volti tristi, segna-ti dall’alcool e dalla droga, dalla disperazione, sono i “sorciers” come li chia-mano qua, i piccoli strego-ni, cacciati dalle loro stes-se famiglie, che li accusano di essere stregoni, autori di malefici nefasti.Quella sera c’era però una novità: tra il gruppo dell’equipe c’ero anch’io, un “mundele”, l’uomo bianco. Nel frattempo

Fratel Mauro con un ragazzo del Centro

Plateau de Bateké una "payotte" polifunzionale

Lemba - Kinshasa casa della Comunità religio-sa e dei ragazzi di strada

Foto varie lavoro, amicizia, canto nel Centro per ragazzi e ragaz-ze di strada

John, l’infermiere, fa sali-re uno per volta i ragazzi in ambulanza. Alcuni sono feriti e necessitano di pic-cole medicazioni. Coloro che presentano problemi più seri di salute vengo-no portati presso il nostro dispensario per passare la notte, qualcuno dovrà fer-marsi qualche giorno prima di ritornare sulla strada. La malaria è all’ordine del giorno, così pure i problemi intestinali e le infezioni, le ferite da violenze, gli abu-si... stare sulla strada di certo non aiuta. Io mi butto nel dialogo con i ragazzi, il nostro ex ragazzo mi tradu-ce dal Lingala al francese, riesco così a comprende-re meglio le richieste che vengono fatte. Colgo l’oc-casione per invitare alcu-ni ragazzi a prendere con-tatto con i nostri centri, in primo luogo per continuare il dialogo e poi per creare un percorso per recuperare i contatti con la famiglia di origine e favorire le condi-zioni che permettano il ri-entro del ragazzo a casa, vincendo antiche supersti-

zioni. È, questo, un lavoro impegnativo e non facile, che richiede tempo e pa-zienza. Mentre sto parlan-do vedo arrivare una ragaz-zina giovane, sulla schiena un fardello con un bimbo di pochissimi mesi. La sa-luto, mi presento, parla un po’ di francese e riusciamo a scambiare qualche paro-la. Mi dice che è suo figlio e che gli vuole molto bene. Lo guardo, sta dormen-do, la sua testolina cion-dola qui e là a seconda dei movimenti che la mamma fa. "Che fai qui sola duran-te la notte? Lo sai che que-sto posto non è sicuro", le dico. "Ormai ci sono abitua-ta", mi risponde. Le dico di venire nei prossimi giorni al dispensario per valutare lo stato di salute del bam-bino. Mi risponde di sì, ma non mi sembra convinta. Le dico che è ancora giovane e potremo impegnarci per aiutarla a trovare una si-stemazione e contribuire al pagamento della tassa sco-lastica, così potrà termina-re gli studi. Sembra felice della proposta, ci pense-

rà. "Ma adesso dove vai a dormire?" le chiedo infine. "Vado al mercato, mi ri-sponde, lì ci sono le tavo-le di legno, mi sdraio e dor-mo, io e lui, domani poi si vedrà!" Si allontana e il mio pensiero va a lei e al picco-lo, che ne sarà di loro, li ri-vedrò? Ma si sa, arriva l’ora del rientro. Saluto i ragaz-zi rimasti, alcuni sono già sdraiati sul marciapiede o per terra e dormono. Que-sto è uno stralcio di vita di quel che viviamo nelle not-ti inquiete di Kinshasa.

con rinnovato impegno«Fermarsi non si può» di-ceva don Guanella. Quan-ta Carità è stata seminata in questi 15 anni di pre-senza guanelliana in Con-go, quanta Provvidenza il Signore ci ha donato e ci dona continuamente! Ad esempio, sono tanti i volontari che nell’arco dell’anno decidono di vive-re un periodo della propria vita a servizio dei ragazzi di strada.

Vorrei concludere ricordan-do Francis, un bambino di soli 9 anni che il mese scor-so ci ha lasciato dopo al-cuni giorni di sofferenza all’ospedale. Era stato in-vestito da una macchina e l’autista neanche si era fermato. Il ragazzo è rima-sto sulla strada con molte ferite. Gli amici erano ve-nuti a chiamarci per poter-lo soccorrere. Francis è uno dei tanti simboli di que-sta infanzia congolese mal-trattata e rifiutata: la sua scomparsa ci ha richiamato all’impegno di fermare tut-ti quei meccanismi che fe-riscono e offendono la vita, soprattutto a danno dei più deboli e indifesi.

l

DON GUANELLA NEL MONDO

Africa

Fratel Mauro Cecchinato tra

"les enfants de la rue" (i ragazzi

di strada) a Kinshasa nella

R.D. Congo.

La Divina Provvidenza6 l 2-2010

La Divina Provvidenza7 l 2-2010

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Ricorrenze Santo Curato d’Ars

Abbiamo una chiesa poverama abbiamo un santo curato

di Adriano Folonaro

Novello sacerdote, Jean-Baptiste-Ma-rie Vianney, eser-

cita per un triennio il suo apostolato come vicario a Ecully, alla scuola dell’ab-bé Balley, che l’inizierà gradualmente al ministe-ro pastorale. Questi rimar-rà sempre il suo ideale di prete. Esisteva “tra loro un’emulazione di mortifi-cazioni e di preghiere: fa-cevano a chi eccelleva di più per umiltà, austerità e carità”1. La morte dell’ab-bé Balley, avvenuta il 16 dicembre 1817, lasciò di-sorientato Vianney, che si trovò a convidere con il nuovo parroco, Laurent Tripier, figura non certo di asceta: i gusti del giova-ne prete differivano trop-po dai suoi. Decisamente non era il suo compagno di viaggio. Il Vescovo ritenne opportuno trasferirlo, no-minandolo cappellano del villaggio di Ars-en-Dombes, eretta a parrocchia più tar-di, il 25 agosto 1821.È facile perdersi, cercando la strada per Ars-en-Dom-bes. Al piccolissimo paese ci si arriva per strade stret-te, su cui, all’alba, grava

una nebbia leggera. Anche Vianney si perse, la prima volta che venne qui. Si nar-ra che al giovane pastore Antoine Givre, al quale aveva chiesto la strada per il villaggio, Vianney aves-se detto: “Ebbene! Amico mio, tu mi hai indicato la strada per Ars, e io ti in-dicherò quella del cielo”2. Oggi una statua, comune-mente chiamata “il monu-mento dell’incontro”, ri-corda quella prima lontana tappa. Osservando da questo pun-to di vista, l’agglomerato gli appariva grazioso, an-che se di scarsa rilevanza. Qualche casa bassa, dai muri di terra battuta, si serrava senz’ordine intor-no alla chiesa, il cui cam-panile era stato abbattuto ed era sormontata solo da una armatura di travi a sostegno della campa-na; altre abitazioni erano sparse nei paraggi: in tutto una quarantina di famiglie. Unici centri di aggregazio-ne: quattro osterie con re-lative balere. In fondo alla valle sorgeva il castello dei Garets d’Ars. Eccolo, il Vianney, inginoc-

chiato a baciare la sua nuo-va terra: un uomo di tren-tadue anni, piccolo, magro, al quale il vicario generale Courbon aveva detto: “Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia; ce lo porterete voi”3. Era il 13 febbraio 1818. Un ingresso, quello del vica-rio, dietro il barroccio ca-rico della magra eredità di Balley, senza alcun festeg-giamento. Visitò la chiesa, ne con-statò il degrado. “L’altare e il tabernacolo gli fecero pietà”4, scrive il Fourrey. Il sindaco, Antoine Mondy, in seguito dirà: “Abbiamo una chiesa povera, ma pos-sediamo un Curato santo”5. Poi raggiunse la canonica: una casa confortevole, tut-to sommato, in confronto alla case basse del villag-gio. Fin dal primo contatto decise di sbarazzarsi del superfluo trattenendo solo gli utensili indispensabili: una marmitta sospesa so-pra il focolare nel grande camino, una casseruola at-taccata al muro, qualche piatto, alcune tazze posate sui piani di una credenza di fortuna, un cesto per l’in-

Urna le sante spoglie del Curato d'Ars

Giornata del S. Curato ore 22 : riposo ore 1 : levata ore 2 : confessioni donne ore 6 : preghiera ore 7 : Santa Messa ore 8 : confessioni uomini ecc...

Ars Il nuovo santuario e, in primo piano, la vecchia chiesa

salata, uno per il pane... Due o tre sedie attorno ad una vecchia tavola. I poveri si sentiranno a loro agio in questo scenario.Il mattino del 14 febbraio 1818, suonò la campana della Messa. Ars seppe così di avere un nuovo prete.L’attendevano 230 per-sone che, a detta del suo predecessore, rendevano faticoso e frustrante ogni tentativo apostolico, “vi-sta la stupidità e l’inca-pacità di questi esseri di cui la maggior parte non ha che il battesimo che li distingua dalle bestie”6; una situazione morale e religiosa debole. La gente andava poco in chiesa, la profanazione dei giorni fe-stivi era sistematica quan-do il raccolto premeva, frequente la trasgressione della legge di Dio. Una po-polazione “sensibilmente materialista, senza tutta-via diventare antireligio-sa”7, lasciava scritto l’ex certosino Jean Lecourt, già vicario di Ars.E, senza tergiversare lui, il povero pretino che non do-veva essere nemmeno sa-cerdote per lo scarso pro-

fitto negli studi, si mise al lavoro. “Monsignore” ave-va detto al suo Vescovo, “se volete convertire la vostra Diocesi dovete fare di tutti i vostri curati dei santi”. E, questo, fu il suo program-ma. E la santità fu la sua unica arma per convertire le persone, una santità co-struita giorno dopo giorno, tra prove e lotte interiori, interventi demoniaci, de-nuncie al vescovado, criti-che e ironie dei confratelli e molti affronti da parte di una frazione, minima sen-za dubbio ma decisa, della sua parrocchia. La sua pastorale? Stila-ta nei fatti, in più modi: meditando ai piedi del tabernacolo, visitando le famiglie condividendone i problemi, scuotendone l’indolenza con la predi-cazione: “Sarebbe da au-gurarsi che tutti i parroci di campagna predicassero bene come lui”, disse La-cordaire, dopo aver ascol-tato una sua omelia il 4 maggio 1845. E pensare che proprio della predi-cazione dichiarava: “Sono sempre stato debole”. La preparazione dei suoi po-

veri discorsi gli prendeva, di giorno e di notte, lunghe ore di lavoro. A proposito Renard lasciò scritto: “Si chiudeva in sacrestia per scrivere le istruzioni del-la domenica e impararle a mente. Non le componeva, le prendeva dal corso del-le Instructions familières, avendo cura di adattarle ai bisogni dei suoi parroc-chiani. Là, da solo, si eser-citava a smerciarle, predi-cando come se fosse stato sul pulpito”. I suoi discorsi costituivano un intarsio di diversi autori. “L’esame dei quaderni rivela la li-mitatezza dei suoi mezzi, la povertà dello stile, per non parlare della impossi-bile ortografia; nondimeno fu amalgamando senz’ar-te, adattando senza ori-ginalità di pensiero dei testi presi in prestito che si formò progressivamente alla predicazione”, scrive il Fourrey8.E ancora relegandosi nel confessionale, nella vec-chia sacrestia, fino a 14 ore il giorno, indicando nella comunione frequen-te il necessario alimento spirituale, superando il do-

La Divina Provvidenza8 l 2-2010

La Divina Provvidenza9 l 2-2010

2a e ultima parte

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Accoglienza: un sostantivo.Accogliere: un verbo.Difficile da coniugare tra coniugi; tra amici; tra compagni; tra maestro e alunni; tra educatori ed educandi. Noi al Don Guanella ci proviamo, da sempre, fin dalla fondazione della Casa. Perché così ce l’ha insegnato don Guanella. Accogliere come ci accoglie Dio.

Ricorrenze Santo Curato d’Ars

ACCOGLIENZA l’arte del farsi prossimo

dossier a cura di

Luca Rossini

Educatori de “La Grande Corte”

Pino Venerito

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minante rigorismo gianse-nistico-gallicano che ave-va fatto del sacramento il premio di una vita cristiana irreprensibile. Intensifican-do poi momenti pubblici, — messe quotidiane, catechi-smo, vesperi, preghiere del mattino e sera, letture de-vote, rosario, processioni, pellegrinaggi, rogazioni —migliorò la realtà spirituale di Ars, insieme a quella ma-teriale. Diceva che ”nulla è troppo bello per Dio”. Dal suo arrivo nella parrocchia, moltiplicò le iniziative per quanto egli chiamava il “guardaroba del buon Dio”, per rinnovare il ve-stiario liturgico e conserva-re gli oggetti sacri, il mobi-lio, il coro, il campanile, le cappelle, aiutato in questo dal visconte d’Ars.

Trasformò Ars e poi la Dio-cesi da una religiosità for-malistica a una religione in spirito e verità di autentici adoratori, da un atteggia-mento indifferente ai sa-cramenti a un fervore quo-tidiano e reale. Così nel 1827, in occasione del Giu-bileo accordato da Leone XII, in un trasporto di gioia, poteva gridare: “Fratelli miei, Ars non è più Ars, è cambiata. Vi dico franca-mente: ho fatto altri giu-bilei, delle missioni; ma mai ho trovato così buone disposizioni come qui”9.Il senso di incapacità a svolgere il ministero pa-storale rafforzò in lui la necessità di far penitenza. Scelse come strumenti pri-vilegiati il digiuno e le ri-gide pratiche d’ascetismo: il giaciglio fatto di paglie-riccio senza materasso, il rifiuto di ogni comodità, solo poche ore dedicate al riposo e infine l’uso di strumenti per la penitenza

corporale, quali il flagel-lo e il cilicio. Inoltre, per ben quattro volte cercò di fuggire da Ars, sentendosi indegno di continuare un ministero così alto e cari-co di responsabilità. “Da quando fu parroco”, scrive Catherine Lassagne, “desi-derava liberarsi da questo compito; la sua umiltà lo faceva trovare incapace di sostenerlo”. Sempre, però, i suoi parrocchiani riusciro-no a convincerlo a rimane-re e a ritornare al proprio confessionale: “Mi son comportato da bambino”, dirà ancora sei anni prima di morire nel ricordare i suoi tentativi di “fuga”.Contemporaneamente avrebbe voluto seppellirsi in una Trappa o in una Cer-tosa e, nel contempo, dar-si al servizio dei peccatori nel tumulto dell’azione. Tale conflitto sarà la forma di croce riservata al futuro patrono dei parroci di tutto il mondo e l’accompagnerà fino alla morte.

Ad Ars fu letteralmente mangiato dalle anime. Non passarono molti anni che Ars divenne meta di pelle-grinaggi da tutta la Francia. Così il prete ignorante, cui appena ordinato sacerdote non fu concesso la facoltà di confessare, perché rite-nuto troppo scarso in teo-logia morale per saper di-rimere i casi di coscienza, divenne il confessore dei più ostinati peccatori che ad Ars ritrovavano la luce della fede. Il che gli attirò l’astio di diversi curati li-mitrofi. Quello di Ambrieu gli scrisse: “Signore, quan-do si ha come voi teologia così scarsa, non si dovreb-be entrare in confessiona-le”. Ne ricevette questa risposta, di provata umiltà:

“Poiché, Signore, vi inte-ressate alla mia povera anima, aiutatemi dunque a ottenere la grazia che desidero da sì gran tempo, affinché, sostituito in un posto di cui non sono degno a causa della mia ignoran-za, io possa ritirarmi in un angolino, per piangervi la mia povera vita”10.Ma Vianney fu anche apo-stolo della carità. Si preoc-cupò dell’educazione dei fanciulli. Per loro fondò nel 1824 la prima scuo-la gratuita, “Casa Givre”, poi orfanatrofio, chiamato “Providence”. Ben presto affluirono, con le ragazze di Ars, altre dalle parroc-chie vicine.

E fu anche il taumatur-go che a metà del secolo scientista e ateo attirava ammalati nel corpo e nello spirito e genitori angosciati per la mortalità infantile. Muore il 4 agosto 1859. Il corpo è venerato nella par-rocchia di Ars.“È un santo povero”, ebbe a dire Jean-Philippe Nault, attuale rettore del santua-rio di Ars, “e incontrare un povero non fa paura. Come Teresina. Come Bernadet-te. Loro ci dicono: se tu sei povero, io lo sono più di te. Siamo poveri insieme, davanti al Signore”11.

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NOTE1 R. Fourrey, Vita autentica del Curato d’Ars, S. Paolo, 2008, p. 84.2 C. Lassagne, Procès apostolique ne pereant, p. 404.3 C. Lassagne, Petit memoire, 2a redaz., p. 8.4 Cfr. Abbé Raymond, Vie, p. 81.5 Abbé Raymond, Procès de l’Ordinaire, p. 284.6 Arch. Arciv. di Lione, “Rapport sur l’état spirituel et temporel de la succursale d’Ars”, del 6 febbraio 1804.7 Cfr. Compte Prosper Des Garets, Procès de l’Ordinaire, p. 9428 R. Fourrey, Vita autentica del Curato d’Ars, S. Paolo, 2008, pp. 120.121.9 J.F. Renard, trascrizione del Memoire di Catherine Lassagne10 J. Follain, Curato d’Ars. Quando un uomo semplice confonde i sa-pienti, Ediz. S. Paolo s.r.l., 2008, p. 48 11 G. Valente, “Così lontano, così vicino”, 30 Giorni, maggio 2009

Tu mi indichi la strada per Ars, e io ti indico la strada per il Paradiso.

La Divina Provvidenza10 l 2-2010

Page 7: don Guanella PLrovvidenza nrreav la divina · 2016-04-28 · re la notizia riporta-ta dal “Corriere del Lario” del 28 agosto 1869: lamenta che nella dioce-si di Como le 325 parroc-chie

Accogliere significa capire che prima di parlare bisogna ascoltare. Accogliere non è solo un’azione degli educatori, ma anche dei minori che accolgono noi dandoci fiducia.

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Per noi accogliere significa credere che non esistono bambini o ragazzi sba-gliati, ma che si comportano in modo sbagliato perché manca loro un adulto che li sappia guidare.

Educare significa creare una relazione di fiducia, all’interno della quale condividere valori, idea-li, progetti nel rispetto della perso-na che ci sta davanti, non aiutando-la con ricette preconfezionate, ma sostenendola nella continua scoper-ta delle sue potenzialità e capacità.Tutto questo non è possibile se pri-ma non si riesce ad accogliere l’altro come individuo unico e irripetibile con la sua storia e le sue emozioni.Questo è quello che accade all’in-terno del centro educativo di pre-venzione primaria “La Grande Cor-te”. È un servizio attivo da gennaio 2008 che accoglie durante la giorna-ta (pranzo e pomeriggio) minori da-gli 8 ai 17 anni in difficoltà familiari, relazionali e scolastiche.

Le vittorie

C. è un ragazzo di tredici anni, dal carattere impulsivo ma dai modi gentili. E’ stato fermato per ben tre volte in prima media; i suoi genito-ri sono separati e non vanno molto d’accordo. E’ intelligente, sveglio ma confuso un po’ su tutto, la fa-miglia, gli amici, la scuola. Le as-sistenti sociali hanno deciso che è consigliabile un inserimento in “grande corte” per aiutarlo a supe-rare le difficoltà scolastiche e quelle relazionali. Lo conosciamo a febbra-io di due anni fa. Lui si affretta a comunicarci che non vuole proprio

rivederci. Invece insistiamo e deci-de che meritiamo una possibilità! Luigi ed Eleonora lavorano sodo con lui. All’inizio l’obiettivo è quello di ascoltare ogni paura, preoccupazio-ne, sfogo per far capire a C. che noi siamo disposti ad accogliere ogni aspetto della sua persona, senza giudicare. La vittoria con C. costru-ita in due anni di fatica è stata ot-tenere il diploma di licenza media, e vederlo iscriversi ad una scuola professionaleE. è una ragazzina di 12 anni, molto timida, in affido familiare. Viene ac-compagnata dai servizi sociali a co-noscere gli operatori de “La grande corte” circa un anno fa. Ci appare spaesata, ma le ragazze del centro sono così felici che ci sia una nuova ragazza che da subito si mostrano curiose e coinvolgenti. E. inizia a frequentare l’attività informatica, il laboratorio creativo e un pro-gramma di affiancamento didattico perché è dislessica. I risultati sono ottimi: accetta senza resistenze le consegne della scuola, dimostrando di aver acquisito una buona autosti-ma. Qualche settimana fa ha vinto la sua timidezza ed è uscita con le ragazze a fare shopping.Per noi accogliere significa credere che non esistono bambini o ragazzi sbagliati, ma che si comportano in modo sbagliato perché manca loro un adulto che li sappia guidare.

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Educatori de “La Grande Corte”

Accogliere l’altro per riscoprire il senso di ciò che facciamo

Siamo una comunità educativa, accogliamo nove minori adolescenti e preadolescenti in dif-ficoltà familiare, inviati dai servizi sociali e, quasi sempre, su indica-zione del tribunale dei minori. All’interno di questa definizione ci vorremmo distinguere per un’acco-glienza della persona prima che del problema. Partiamo dal principio che c’è sempre qualche sfortuna nella vita di tutti ma che insieme si può più facilmente affrontarla. Un percorso che presuppone il rispetto alla persona, alle sue risorse, alle possibilità che offre e a quelle che può ricevere nella messa in gioco di tutti: dal ragazzo, all’équipe, al contesto. Tutti insieme sulla prima linea della vita, tutti con i nostri di-fetti, i nostri acciacchi, ma anche le nostre capacità.

Le sfortune della vita

Forse partendo dagli acciacchi che accogliamo può sembrare più sem-plice capire che gruppo siamo. Allo-ra pensiamo ad un ‘esempio tipo’: ad una famiglia che rimane senza padre e con una madre in difficol-tà per mille motivi e aggiungiamoci l’adolescenza di un figlio maschio già provato suo malgrado dalle sfor-tune della vita, mischiamo tutto ed il risultato rischia di essere esplosi-vo. Spesso fa un po’ paura e in quel caso

al problema si aggiunge la solitudi-ne.

Fare squadra

Noi vogliamo ragionare in senso op-posto: alla fuga contrapponiamo la vicinanza e ci mettiamo in gioco nella logica di fare squadra insieme. Capitano della squadra è sempre il minore, perché è lui per primo che deve accettare la sfida e la partita; senza la sua intenzione nessuno ri-uscirà in alcun risultato. Ma poiché nessuno vince da solo in squadra si gioca con la famiglia, ci si passa la palla, si condivide un obiettivo; non ultime le opportunità del socia-le inteso sia come servizi, sia come territorio, e così la squadra è ben definita.

Verso l’autonomia

Uno degli ultimi strumenti che ab-biamo affinato è un miniapparta-mento per permettere la conquista dell’autonomia a neo-maggiorenni che arrivano da percorsi difficili come quelli appena descritti. Cre-diamo anche così di aumentare la possibilità di accoglienza a chi ha appena iniziato a lavorare, non ha una famiglia che lo possa sostenere ma vuole sperimentarsi a vivere da solo e soprattutto possa far conto su qualcuno che si interessi a lui ogni qualvolta ce ne sia bisogno. l

Luca Rossini, educatore

L’accoglienza come premessa al possibile

Como, Santuario S.Cuore Particolare del grande affresco di Mario Bogani a sfondo dell'altare dei Beati Luigi Guanella e Chiara BosattaAbbANDoNo

o AuDACiA:

l'accoglienza suggerisce

la scelta

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Tutto è sacro nel tuo fratello. Che varietà e nel colore stesso e nei lineamenti del suo viso! Genti di color bianco, altre di color nero, altre di color rosso o di color olivastro. Tutti recano la medesima impronta di nobiltà. (dLG)

Lo Stato, che tende a governare saggiamente i suoi, pone sua cura attenta alle scuole per averne cittadini industriosi e cristiani esemplari.

(dLG)

Sul sagrato della chiesa parrocchiale di san Gaetano, in via Mac Mahon a Milano, fa bella mostra di sé, dal 1988, un gruppo bronzeo che ritrae don Guanella in una sce-na di vita vissuta. Opera dell’artista Carlo Forzani, realizzato dalla rino-mata Fonderia Artistica Battaglia (il calco in gesso può essere ammirato nell’atrio del Centro Giovanile, qui nella nostra Casa), simboleggia in modo eccellente l’arte di “accoglie-re”. L’episodio è stato conservato, per tanti anni, nella memoria di uno dei piccoli protagonisti raffigurati nel gruppo bronzeo, prima che l’artista la “rappresentasse” al vivo. Si tratta di Pietro Bedont, ex alunno di que-sta Casa e affezionato sostenitore delle opere guanelliane. Il fatto ebbe luogo a Menaggio. Qui don Guanella incontrò papà Bedont, il quale, desolato per la morte della moglie, non sapeva come accudi-re i suoi figlioli rimasti orfani. Don Guanella, con prontezza di spirito, prese i tre bambini e se li portò con sé, due stretti al fianco e il terzo, appunto Pierino, piccolissimo, in braccio. Il volto di don Guanella esprime una grande forza d’animo, le sue braccia “avvolgono” in un vortice di amore i due fratellini, mentre la sorellina si “aggrappa” alla talare e viene quasi trascinata dal passo deciso del Fon-datore: “Andiamo a casa! Andiamo al Padre!”. Per conoscere più in concreto come don Guanella ha praticato l’arte di accoglienza, dobbiamo necessa-

riamente partire dal “sistema pre-ventivo”, intendendo quest’ultimo come una “spiritualità”, cioè un modo particolare di porsi davanti a se stessi, agli altri, al creato e da-vanti a Dio. Alla luce di questa spiri-tualità che si premura che “a nessu-no incolga male di sorta” e che “nel cammino della vita tutti approdino a meta felice” (DLG) accogliere l’al-tro si connota principalmente come un accogliere la persona. Prima an-cora che una presa in carico delle problematiche che l’altro porta con sé, accoglierlo è circondarlo di af-fetto e di premure. Infatti, la perso-na che si sente amata e circondata di tenerezza guarda con occhi diver-si il proprio disagio o problema: non essere soli è già un grande sollievo.Guardando don Guanella scopria-mo che una seconda caratteristica dell’accogliere l’altro è rispettarne la dignità e la libertà: l’educatore non si sostituisce, ma accompagna, sostiene guida e poi responsabilizza l’altro affinché cammini con le pro-prie gambe. «Il maestro nella scuola è come la guida che indirizza il fan-ciullo nel suo cammino. Di tempo in tempo è necessaria la guida, ma il più del viaggio deve percorrerlo solo». È solo un piccolo assaggio del suo pensiero, ma è convincente.Una terza caratteristica di don Gua-nella è che accogliere l’altro è en-trare in un dinamismo “di rete”: con la sua famiglia d’origine e con le istituzioni del territorio. Non è co-struttivo sentirsi unici responsabili. Don Guanella così scrive nell’ope-retta “Nella scuola”, mentre è a

Pino Venerito, sacerdote educatore

L’arte di accogliere

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Pianello Lario (Como) e ripensa all’esperienza di maestro vissuta a Savogno: «Il maestro ricordi che i genitori a lui affidano i figli propri perché ne abbia cura come un buon padre. I governatori della comuni-tà, ossieno le prime autorità ec-clesiastiche o secolari di un luogo, affidano al maestro i figli dei pro-pri amministrati perché li istruisca nel sapere, li educhi alla religione. E lo Stato, che tende a governare saggiamente i suoi, pone sua cura attenta alle scuole per averne cit-tadini industriosi e cristiani esem-plari. Sicché il maestro ha grandi doveri verso alla famiglia, verso al comune, verso alla Chiesa ed allo Stato». Emerge anche l’idea che l’accoglienza della persona in situa-zione di disagio è una attività, come si dice oggi, “a sostegno” della re-sponsabilità genitoriale, familiare, delle istituzioni civili, non in “sosti-tuzione” o a “supplenza”.Immergendoci un po’ di più, sco-priamo che per don Guanella ac-cogliere l’altro era accogliere un

dono di Dio, anzi, accogliere Dio stesso: «Tutti gli uomini della ter-ra sono l’immagine dell’Altissimo”; “Tutto è sacro nel tuo fratello. Che maestà in quella fronte di uomo! Che varietà e nel colore stesso e nei lineamenti del suo viso! Genti di co-lor bianco, altre di color nero, altre di color rosso o di color olivastro. Tutti recano la medesima impronta di nobiltà». Con quale fine? «Condurre le ani-me a Dio: questo è il fine ultimo e l’intendimento della Piccola Casa». Una accoglienza che non si ponga l’obiettivo di condurre a Dio l’altro, non raggiunge in profondità il suo cuore, perché il cuore dell’uomo è abitato, nel profondo, dal desiderio di Dio.Accogliere l’altro è un’arte raffina-ta, un’arte che apprendiamo giorno dopo giorno, lasciandoci guidare dall’esperienza ed educando il no-stro cuore, perché l’arte di acco-gliere è “principalmente opera di cuore”, come direbbe don Guanella.

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Vito Viganò, psicologo

Tu che accogli E’ un complesso stato

d’animo, prezioso modo di essere dentro che si esprime nella dispo-nibilità ad accettare che qualcun altro si avvicini fino al contatto. Si rendono così possibili scambi e in-terazioni, si avvia una relazione. La lontananza impedisce o complica il mettersi in relazione per fare insie-me, che l’accoglienza rende invece vivo e palpitante.

Un accostare benevolo

Delicato e significativo è quel che segue al contatto. I campi di con-centramento d’infausta memo-ria erano in apparenza il massimo dell’accogliere: il treno penetrava fino al centro del lager per deposi-tare i deportati, che non avevano bisogno neppure di spostarsi dalla stazione, a piedi o con un altro mez-

Don Guanella e Pierino in alto Gruppo bronzeo davanti dalla chiesa parrocchiale S.Gaetano di Milano in basso Calco in gesso all'ingresso del Centro Giovanile di Como

P. Alfonso Crippa Superiore generale dell'Opera don Guanella con alcuni bambini del Centro per disabili di Caaguazù (Paraguay)

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in un rapporto durevole l’accoglienza è uno stato interiore da rinnovare, per il rischio sempre incombente che si trascuri, si abbandoni, o peggio si rifiuti la persona in un primo momento fatta oggetto di accoglienza.

il segreto del successo dei grandi della carità è stato l’impatto vibrante e benefico della loro persona, la vivezza del carisma che hanno saputo testi-moniare e condividere.

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zo, per trovarsi nel luogo della loro probabile esecuzione.L’accogliere acquista un senso più profondo e un’impronta di umanità, se si coltiva un intento benevolo, o almeno costruttivo nell’accettare la presenza dell’altro nella sfera della propria realtà. Si accoglie e anzi si abbraccia un avversario per umiliar-lo atterrandolo; si cerca il contatto con un nemico per soffocarlo o pu-gnalarlo; si ospita un prigioniero per scaricargli il disprezzo e l’odio che si nutre per lui. Un intento bene-volo induce a usare l’essere vicini, il contatto creato dall’accoglienza, per offrire, per beneficare, per co-struire insieme.

Una prossimità per relazionarsi

I rituali dell’accoglienza umana pre-vedono che, ricevendo qualcuno, si cominci a offrire qualcosa di piace-vole, un caffè o una bibita, o una ca-ramella a un bambino. Sono cortesie che fanno da espressione simbolica di un impegno condiviso a forme di interazione benevoli e proficue. O almeno così dovrebbe essere.Il trovarsi vicini, a contatto, dà il via a passaggi dall’uno all’altro di contenuti diversi, cose, parole, sen-timenti, secondo attese e disponibi-lità di chi è coinvolto. Meno eviden-te, o del tutto nascosto, è l’impatto spontaneo della qualità di una per-sona sull’altra: ognuno è un nucleo di energia che nei contatti s’irradia in modo automatico tutto attorno.La consistenza di questi passaggi cresce quando l’accoglienza non è un momento passeggero o super-ficiale, ma piuttosto l’avvio di una relazione prolungata, stabile. Come è l’accogliere un malato o un anzia-no in un luogo di cura, un allievo da parte dell’insegnante all’inizio del-

la scuola, un minore in difficoltà in una struttura educativa, un nuovo assunto nell’azienda in cui lavorerà, un neonato nella famiglia in cui gli toccherà di vivere.In un rapporto durevole l’accoglien-za è uno stato interiore da rinno-vare, per il rischio sempre incom-bente che si trascuri, si abbandoni, o peggio si rifiuti la persona in un primo momento fatta oggetto di ac-coglienza.

Uno scambio di cose utili

L’essere in relazione, soprattutto quando si prolunga, permette lo scambio di cose utili: risorse mate-riali per chi ha fame, informazioni per chi impara, cure per il malato, buoni principi per chi va educato, l’accudire a un piccolo non ancora capace di autonomia. L’uno fa dono all’altro di risorse che si possono spartire, contribuendo così a miglio-rare la qualità del vivere.Gli scambi in un accogliere benevolo suppongono condivisioni più intime: si fa dono di se stessi. Ci si coinvolge nel riservare attenzioni e preoccu-pazioni a favore di chi si è accolto. Un impegno di empatia permette di capire cosa vive l’altro e come lo vive, individuando così quel che gli occorre, gli farà piacere, gli sarà be-nefico. Si è attenti in questo modo a risparmiargli il disagio di doni inu-tili, fastidiosi perché ogni dono in qualche modo mette in obbligo chi lo riceve. Con una generosità che si rinnova si condivide il poco o tan-to di cui si dispone, ci si spende occupandosi dei bisogni altrui, con semplicità ed eleganza, senza farlo pesare.

Un inevitabile impatto di sé

E c’è nell’accoglienza una parte si-gnificativa nel dono di sé, forse la più importante, che sfugge perché inconsapevole, spontanea, automa-

tica. Il contatto e già la semplice presenza permettono la connessio-ne degli spiriti, con una inevitabile condivisione delle rispettive realtà interiori. Nel relazionarsi non si può fare a meno di spruzzare tutto at-

torno quel che ognuno sta vivendo e il tipo di persona che riesce ad es-sere. Al di là delle buone intenzioni, consapevoli, non si può evitare di mettere in atto le proprie convinzio-ni, gli stati emotivi da cui si è mossi, finalità e intenti facilmente nascosti anche a se stessi, influenzando così la realtà dell’altro in un modo di-screto ma reale.Non ci si può impedire di condivide-re e di far pesare all’altro le proprie storie, i complessi, a volte gli arzi-gogoli di intenzioni contorte a servi-zio di un egoismo che si ammanta di dedizione altruistica.Le buone intenzioni fanno la parte loro nel mascherare questi impatti meno desiderabili, incolpevoli per-ché non se ne ha coscienza, pur avendone tutta la responsabilità. Sono gli altri in posizione più favo-revole a rendersene conto, per il disagio che risentono, anche se non osano esprimerlo o non ne sono ca-paci.

Accoglienza: la qualità migliore?

Le caratteristiche di un’accoglien-za dignitosa sono dunque molte-plici, esigenti. Occorre l’apertura, l’accettare i rischi che prossimità e contatti possono comportare. Assu-me una dignità tutta umana quando esprime una disponibilità generosa nel condividere il poco o tanto di cui si dispone per alleviare bisogni e disagi, migliorare la qualità del vi-vere. E non è tutto. Accogliendo si impone all’altro la propria presen-za, la qualità della propria persona, l’impatto dei propri vissuti, benefici o problematici. Un’accoglienza sana esige allora l’umiltà di tenere d’oc-chio cosa scappa della propria real-tà personale ad appesantire o detur-pare, se non avvelenare il dono di sé

che si sta facendo.Non ci si improvvisa brave persone. Lavorare sui propri punti deboli, re-golare i propri problemi, occuparsi della propria evoluzione permette di aprirsi e accostarsi agli altri, non solo senza cattive intenzioni, ma an-che senza cattivi odori, senza spruz-zi di influenze penose e problema-tiche. E’ indispensabile soprattutto quando l’accoglienza fa parte della professione, della vocazione o degli ideali che si perseguono.I grandi della carità, come don Gua-nella, sono ammirati per le iniziative di accoglienza, le opere provviden-ziali che sono riusciti a realizzare. Ma il segreto del loro successo è sta-to l’impatto vibrante e benefico del-la loro persona, la vivezza del cari-sma che hanno saputo testimoniare e condividere.Non ci sono dubbi: la condizione cruciale di un accogliere sano e be-nefico è l’essere se stessi il meglio che ognuno può, per favorire così l’immediato star bene di chi è ac-colto nel giro dei propri contatti.

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due santi a confronto: analisi grafologica della dott.ssa Evi Crotti di milano

Santi si nasce o si diventa ?

A nche la santità rispetta l’individualità per cui sembra che Dio voglia permette-re che essa entri in ogni funzione dell’uomo e produca quei frutti. La saggezza e il carisma sociale e interpersonale hanno permesso a papa Wojtyla di supera-

re le barriere diffondendo il pensiero cristiano anche là dove sembrava difficile; è sta-ta questa la prerogativa di Papa Giovanni Paoli II. Potremmo parlare, in questo caso, di una paternità che ha investito tutte le tematiche sociali.La santità per lui non è stato un atto statico o conformista, ma un dono di cui Dio lo ha fornito; essa rimane pertanto un mistero che nessuna mente umana può esplorare.La scrittura con spazi ben equilibrati, con armonia e ritmo grafico dà l’idea di una per-sonalità piena di vitalità e ricca sia a livello intellettivo e umano. Cosciente di avere un dono carismatico particolare, egli ha saputo destare l’interesse cristiano nei giovani, ri-spondendo alle aspettative non solo del popolo, ma anche della Curia Vaticana. Ciò che in questo pontefice stupisce più di ogni altra cosa è il fatto che, pur essendo egli legato ai valori tradizionali delle sue radici e quindi fondamentalmente conserva-tore, non dimostra nulla di ciò. E’ come se, fin da giovane, avesse aperto il suo cuore al mondo intero e avesse fatto cadere un “muro “, che spesso fa da ostacolo all’avvicina-mento alla fede. Papa Wojtyla possiede una mentalità innovatrice, un pensiero fervido, plastico e creativo, disciplinato certo, ma non rigido. La sua scrittura scorre spontane-amente sul foglio dalla sinistra alla destra ed i legamenti tra le lettere vengono verga-ti con gesto originale e anti-modello.Arguto nella discussione e attento osservatore delle cose del mondo, non solo dell’ani-mo ma anche dei bisogni dei popoli, egli sa con abilità non comune aggirare gli ostaco-li, ponderare, riflettere e quindi prendere tempo prima di agire diventando così un pun-to di riferimento sia per i semplici che per i potenti. E’ come se egli facesse proprio un passo del “Magnificat”: “deposuit potentes de sede, et esaltavit humiles”. l

L a santità è un dono e un talento innato che spinge la persona ad allargare la pro-pria affettività, il proprio calore e la disponibilità verso l’altro. Si tratta di un amore universale che spinge a sentirsi parte del mondo. Per il Santo non ci sono

nazioni o popoli diversi; c’è solo un popolo, il popolo di Dio, che non conosce divisio-ni di sorta. Don Guanella ha adottato questo modo di amare, non guardando se la pelle fosse nera, bianca, rossa o gialla ma, osservando la legge dell’amore, si è lasciato guidare da un cuore “materno” che accoglie, abbraccia e si china su ogni persona che ha bisogno.La grafia alta, che scorre sul foglio occupandone tutto lo spazio, a livello simbolico in-dica un uomo d’azione, la cui attività non si ferma nei piccoli “cenacoli”, ma lo porta a una visone operativa che va oltre i limiti della territorialità.Munito di una buona energia vitale (vedi pressione forte sul foglio), si sente sorretto nella fatica e ciò gli permette recuperi repentini delle forze.Non dobbiamo pensare che i Santi siano persone buone, come l’appellativo comune indica, né uomini pacifici che accettano tutto. No! Don Guanella possiede un tempera-mento ben deciso e determinato (vedi forte gesto pressorio sul foglio) e, pur con qual-che calo di resistenza (vedi discendenza del rigo di base) egli mantiene abitualmente una buona stabilità dell’umore.Possiede un pensiero concreto (calibro grande delle lettere) che gli permette di otte-nere ciò che desidera e di arrivare agli scopi puntando molto su una capacità di persua-sione forte, ma anche tenera (grafia inclinata verso destra).Sa essere amorevole e suasivo, ma anche tenace e poco propenso a “mollare l’osso” finché non trovi risposte adeguate; quindi le sue aspirazioni e il suo comportamento hanno come punti fondamentali la delicatezza d’animo e l’amore per il futuro che egli sente di avere già dentro di sé. l

Analisi della scrittura di Giovanni Paolo II del 28.11.1962 a 42 anni Analisi di uno scritto di don Guanella del 12.5.1874 a 32 anni.

Beato Luigi Guanella, sacerdote (1842-1915).

Luigi Guanella nacque a Fraciscio di Campodol-cino in Val San Giacomo (provincia di Sondrio), il 19 dicembre 1842. L’am-biente e la famiglia a cui apparteneva forgiarono in lui un solido carattere: fermezza, temperanza, spirito di sacrificio. Si di-stinse sempre per la sua grande fede, arricchita e alimentata dalla pietà popolare, che imparava stando vicino ai semplici e ai poveri. Nel 1866 ven-ne ordinato sacerdote. Qualche anno dopo, nel 1875, affascinato dal ca-risma salesiano, venne a stare con Don Bosco, che lo nominò direttore del Collegio “Dupraz”, a Trini-tà (Cuneo). Rimase nella Congregazione salesiana solo per tre anni, perché il Signore aveva disposto diversamente: il Vesco-vo di Como, infatti, lo ri-chiamò nella sua Diocesi. Sostenuto dal Vescovo, fondò allora le Congrega-zioni femminili e maschili dedicate al ricovero dei vecchi, dei minorati fisici e psichici; all’assistenza e all’educazione dei fanciul-li e adolescenti poveri e abbandonati; e ad opere varie di apostolato. Morì a Como il 24 ottobre 1915.

Don Enrico Dal Covolo S.D.B. Postulatore generale della famiglia salesiana

Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla, 1920-2005)

Karol Wojtyla nacque a Wadowice, nell’Arcidioce-si di Cracovia, il 18 mag-gio 1920. Il 1° novembre 1946, per l’imposizione delle mani dell’Arcive-scovo, il principe Adam Stephan Sapieha, fu ordi-nato sacerdote. Fu eletto Vescovo di Roma - dopo essere stato Vescovo au-siliare (1958) e poi, per quasi quindici anni, Arci-vescovo di Cracovia - il 16 ottobre 1978. Il Signore lo ha chiamato a sé il 2 apri-le 2005, nei primi Vespri della “Domenica della mi-sericordia”, da lui stesso istituita nella memoria di santa Faustyna Kowalska e della devozione al Cuo-re di Gesù, da lei promos-sa. La vita intera di Karol Wojtyla, sostenuta da speciali doni di grazia, si manifesta come “dono e mistero” (è questo, in ef-fetti, il titolo che egli pose alla propria autobiogra-fia, nel cinquantesimo di ordinazione sacerdotale): “Volgendomi indietro”, confessa Giovanni Paolo, “constato come ‘tutto si tiene’” (p. 39). Karol rico-nosce, alla fine, che ogni cosa nella sua vita era stata pensata “dall’alto”, che fin dall’inizio tutto - proprio tutto - era “dono e mistero”.

Don Enrico Dal Covolo S.D.B. Postulatore generale della famiglia salesiana

La Divina Provvidenza18 l 2-2010

La Divina Provvidenza19 l 2-2010

Evi Crotti è scrittrice, giornalista, psicopedagogista, analista e terapeuta dell’età evolutiva e fondatrice e tuttora direttrice della prima scuola di grafologia ispirata alle intuizioni di Pa-dre Girolamo Moretti, il francescano conventuale di Recanati

che nel 1914, con lo pseudonimo di Umberto Koch, pubblica un Manuale di grafologia che, arricchito nelle varie edizioni, diventa, con il titolo di “Trattato di grafologia - Intelligenza sentimento”, la sua opera fondamentale.

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Don Guanellapresto SANTOdal comunicato stampa

Una importante tappa nel cammino verso la ca-nonizzazione di don Luigi Guanella è stata segnata oggi, 20 aprile 2010, festa della Beata Chiara Bosat-ta. Nella riunione odierna a Roma, presso la Congre-gazione delle Cause per i Santi, la Congregazione ordinaria dei Cardinali ha preso in esame e discusso il materiale riguardante l’esame canonico del pre-sunto miracolo attribuito a don Luigi Guanella, dan-done all’unanimità parere favorevole.[...] “La data della canonizza-zione - scrive il postulatore generale Don Mario Carre-ra - sempre dopo l’approva-zione e il decreto del Santo Padre, sarà proclamata nel Concistoro del febbraio 2011. ora abbiamo un anno di tempo per fare in modo che la canonizzazione del Fondatore diventi rugiada di grazia.” [...]Ricordiamo che la beatifi-cazione di don Luigi Gua-nella era stata ufficializ-zata il 25 ottobre 1964 da papa Paolo VI.

Il 27 aprile si è tenuto l’atteso progetto di gemel-laggio tra la RSA Don Guanella e la Casa del Giova-ne di Pavia, dopo opportuni contatti tra le due équi-

pes educative. La finalità era chiara, cioè permettere un confronto tra le due generazioni: i giovani (l’alfa) che cercano un inserimento nella realtà sociale e gli anziani (l’omega) che lasciano il posto. L’obiettivo sembra rag-giunto, perchè gli uni e gli altri hanno vissuto nella mat-tinata un momento di confronto sul tema del tempo libe-ro. Lo slogan è stato: “Passatempi nei tempi”. Particolare l’abilità di Silvia Bianchi (educatrice della RSA) affianca-ta dagli animatori Matteo Brumana, Angelo Cassaro. Si è riusciti a far scaturire una discussione in cui tutti sono voluti intervenire e confrontarsi. Lo sport è stato l’ele-mento comune. Si è parlato di grandi figure del passa-to e del presente come veicolo di messaggi di solidarie-tà e di pace.

Dopo questo primo momento, i giovani hanno voluto visi-tare il Santuario e pregare sulla tomba di Don Guanella. Il pomeriggio ci si è svagati con il karaoke: canti di ieri e di oggi si sono susseguiti per un’ora nel salone della RSA. Dopo una bella merenda insieme, c’è stato un momento emotivo: posto in mezzo al salone un cuore grande, i gio-vani e gli anziani hanno messo in risalto le emozioni della giornata e tutti hanno voluto esprimersi. La Messa finale è stata un momento forte, dove don Giuseppe Galli ci ha aiutato a guardare, alla luce della Parola, a Gesù, il buon Pastore e, attraverso Lui, al Paradiso. Un “arrivederci alla Casa del Giovane a Pavia” è stato l’invito lanciato da Don Arturo al termine della giornata. Un grazie a lui, Silvia, Angelo, Matteo, Antonella, ai gio-vani, agli anziani e a tutti coloro che hanno affiancato questo progetto con competenza e amore.

Michele Cerutti

Sabato 15 maggio, presso il salone del Centro Guanelliano di Pastorale Gio-vanile, una festa di bambini, accom-

pagnati dalle loro famiglie e da alcune in-segnanti, ha applaudito la premiazione dei vincitori della seconda edizione del Concorso di disegno “I colori della carità”, proposto dal Museo “Don Luigi Guanella” e dal Centro Guanelliano di Pastorale Giova-nile e rivolto agli alunni delle Scuole Pri-marie. Per i più piccoli sono stati premiati la Clas-se Prima della Scuola Primaria “F. Barac-ca” di Como Via Brambilla e Arianna Venco della Scuola Primaria di Como Via XX Set-

tembre; per la Classe Terza Claudia Rast dell’Istituto don Carlo San Martino Villa Olginati di Montano Lucino; per la Classe Quarta Lorenzo Peverelli della Scuola Pri-maria di Lipomo e per la Quinta Luca Ri-gamonti dell’Istituto San Vincenzo di Erba e Giorgio Molteni dell’Istituto don Carlo San Martino Villa Olginati di Montano Lu-cino. A tutti i bambini è stato consegnato un attestato di partecipazione, come rin-graziamento per il loro impegno, oltre ad un colorato segnalibro con una frase della Beata Chiara Bosatta. Il Concorso, aveva lo scopo di stimola-re nei più giovani una riflessione sul tema della carità, uno dei cardini fondamenta-li della spiritualità del Beato Luigi Guanel-la. Inoltre – spiegano gli organizzatori – si è trattato di una importante occasione per valorizzare e far conoscere ai bambini e alle loro famiglie un patrimonio cultura-le e sociale del territorio comasco quale è l’Opera Don Guanella a Como, in partico-lare nell’imminenza della canonizzazione del Fondatore.

Silvia Fasana

notizie di Casa notizie di Casa

Alfa h Ωmegaun gemellaggio

Un confronto tra le due

generazioni: i giovani (l’alfa) che cercano un

inserimento nella realtà sociale e

gli anziani (l’omega) che

lasciano il posto.

I COlORI della carità

Un concorso di disegno per stimolare nei più

giovani una riflessione sul tema della carità, uno dei

cardini fondamentali della spiritualità del Beato

don Luigi Guanella.

alfa e omega

MEETING giovani con don guanellaTra canti, preghiere, cammina-te, riflessioni e molta, molta gioia si è svolto a Como nella nostra Casa Divina Provviden-za, dal 29 maggio al 1 giugno, il "Meeting Giovani con Don Gua-nella - Mission in progress".Grazie, don Domenico, don Ro-berto, suor Pia e collaboratori, per avere portato l'entusiasmo di tanti giovani in Casa e nella città di Como.

I giovani del Meeting con il vescovo di Como mons. Diego ColettiLa Divina Provvidenza20 l 2-2010

La Divina Provvidenza21 l 2-2010

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«Conviene sempre fare un po’ di carità: un povero soccorre l’altro e Dio benedice»don Luigi Guanella

grazie D O N G uA N e L L A

ATTI DI BONTA’

Angela Gronimi, di St. Moritz, ha offerto per le nostre opere Fr. 200.00; Raffaglio Ernesto, di Milano, ha offerto per le nostre opere € 250.00; Perlini Clemente, di Rosate, ha offerto per le nostre opere € 500.00; Bogialli don Mario, di Traona, ha offerto per il suo onoma-stico € 300.00; Gatti Giulio, Lina e Luigia, di Portichetto, hanno offer-to € 106.00, in memoria dei loro cari; Mariella di Como, ha offerto € 500.00 per le nostre opere; Luchini Maria Luisa, di Como, ha offerto € 300.00 per i ragazzi di strada; Ghioldi S.n.C, di Lurago Marinone, ha offerto € 160.00 per il suffragio perpetuo; Rivolta Silvana, di Como, ha offerto € 150.00 per le nostre opere; Ganzetti Giovanni, di Como, ha offerto € 500.00 per la casa di Nazareth come regalo a Bernasconi Maria Raitè; Pagani Felice, di Como, ha offerto € 900.00 per la nostra casa e fratel Orlando; Ghielmetti Livio e Annamaria, di Bellinzona, hanno offerto Fr. 400.00; Arcioni Sandro, di Mandello del Lario, ha offerto € 150.00 per la Santa Pasqua; Keel Ada Valle, di Montorfano, ha offerto € 500.00 per le nostre opere; Moiana Luciano, di Como ha offerto € 1200.00 per le nostre opere di carità; Seveso Confezioni; di Como, ha offerto € 500.00 per le nostre opere; Bonazza Benito, di Milano, ha offerto € 260.00 per le nostre opere.

PIu’ GIORNATe DI PANe

Carazzina Alessandra, Milano, 2gg; Bernasconi Angelo, Como, 2gg; Crucil Maria Rosa, San Pietro al Natisone, 2gg; Frigerio Luciano, Bul-

garograsso, 5gg; Bonanomi Giuseppe, Santa Maria Hoè, 4gg; Buzzi Carlo, Sirone, 3gg; Zanoni Anita, Rho, 4gg; Bagnasco Itala, Carbone-ra, 3gg; M.F., Brunate, 5gg; Albonico Gianni, Como, 3gg.

uNA GIORNATA DI PANe

Ferrario Luigia, Origgio; Canali Redaelli Giovanna, Renate; Peverelli Brambilla Lidia, Grandate; Milani Angela, Casorate Sempione; Cetti Nicolina, Laglio; Carletti Piera, Castenedolo; Di Salvio, Milano; Paga-nini, Como; Molteni Ferruccio, Como; Merazzi Antonietta, Como; Ta-rabini Erba Mariella, Sondrio; Gilardoni Valerio, Limonta; Nardinocchi Giovanna, Zogno; Simonetti Adalgisa, Oderzo; Tosetti Costantino, Grignasco; Venegoni Antonio, Castiglione Olona; Brenna Maria Car-la, Lomazzo; Colli Mario, Grandate; Marzorati Ettore, Lomazzo; Mauri Giuditta, Asso; Redaelli Alberto, Merone; Ronzoni Cerliani Luigia, Mariano Comense; Vago Giuseppina, Fino Mornasco; Angela, Bella-gio; Amanzi Umberto, Cernobbio; Manzotti Graziella, Desio; Mauri Egle Rosa, Bene Lario; Tenca Alfredo, Como; Gadda Flora, Fagnano Olona.

BeNeFATTORI DeFuNTI

Trinza Dirce, Villaguardia; Moltani Maria, Monza; Pavanello Claudio, Milano; Messina Marianna, Milano; Agosti Rosa, Schignano; Mazzola Adelia, Saronno. CONFRATeLLI DeFuNTI

Don Rocco Gigliola, a Fasano (Brindisi).

BORSe DI STuDIO

Borsa di studio “FR. CARLO ELLI II”Borsa di studio “DON MARIO BRUSA”Borsa di studio “DON LUIGI MARNATI”Borsa di studio “DON ROBERTO ISELLA”Borsa di studio “ DOZIO MARIA BAMBINA”

gesti di bontàCome si può aiutare la Casa Divina provviDenza - opera Don Guanella

innanzitutto sostenendo spiritualmente con la vostra preziosa preghiera tutti i suoi operatori; inoltre, potendolo, impegnando parte del vostro tempo a vivere momenti di fraternità e di ami-cizia con i nostri anziani e sofferenti; offrendo per SS.Messe: € 11,00 (giorno libero); € 13,00 (giorno fisso); € 400,00 (gregoriana) in più, contribuendo economicamente alla realizzazione di concreti progetti di bene, con l’offri-re, ad esempio: € 50,00 per una giornata di pane; € 200,00 per collaborare a una borsa di studio per un ragazzo bisognoso; sovvenzionare altri progetti che vengono indicati in questa rivista; e in mille altri modi che il vostro buon cuore vi suggerirà

importante: l’istituto È ente GiuriDiCo può quindi ricevere Donazioni e lasciti testamentari (rr.DD. 2.7.1931 e 11.1.1932)

Per evitare possibili contestazioni si consiglia: per Donazioni di denaro o di beni mobili e immobili, rivolgersi direttamente alla Direzione Casa Divina Provvidenza, Via T. Grossi 18 - 22100 Como - telefono 031.296.711 - fax 031.296.898 - e-mail: [email protected] per testamenti: se trattasi di Legati si può usare la seguente formula: “Io… lascio alla Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità, Opera don Guanella, per la Casa Divi-na Provvidenza in Como, a titolo di legato, la somma di euro ……………… o l’immobile sito in …………… (oppure) gli immobili siti in ……………” (luogo, data e firma leggibile per esteso). Se si vuol nominare la Casa Erede Universale, scrivere: “Io ………… annullando ogni mia precedente disposizione, nomino mio erede universale la Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità, Opera don Guanella, per la Casa Divina Provvidenza di Como” (luogo, data e firma leggibile per esteso).

n.B. Consigliamo di depositare il testamento, scritto di propria mano, presso un notaio di fiducia.

i titolari Di reDDito D’impresa, siano persone fisiche o persone giuridiche, possono dedurre dalla base imponibile rispettivamente dell’IRPEF o dell’IRPEG le offerte fatte a favore dell’Opera don Guanella fino al 2% (due per cento) del loro reddito (art. 65 comma 2 del DPR 22/12/1986, n.917) di cui si consegnerà regolare dichiarazione. oFFerte: c/c postale IBAN IT87 T0760 11090 00000 0041 3229; inoltre bonifici bancari a queste coor-

dinate: c/c Banca Popolare di Sondrio, ag. Como IV Ponte, IBAN IT23 V0569 61090 00000 09018X27 intestato a Casa Divina Provvidenza.

iL Nuovo SiTo iNTerNeT del Santuario del Sacro CuoreBenvenuto nel nuovo sito del Santuario del Sacro cuore! ma soprattutto, benvenuto nel cuore di gesù!Così il Rettore, don Angelo Gottardi, in un breve video, all’apertura della home page, accoglie tutti gli internauti nel sito rinnovato nei contenuti e nella grafica.

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La Divina Provvidenza 23 l 2-2010

La Divina Provvidenza22 l 2-2010

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Dio è con te ogni volta che...

Dio è con te ogni volta che lavori per la pace;ogni volta che fai il primo passo per riconciliarti con chi ti ha offeso;ogni volta che rifiuti la violenza;ogni volta che lotti per la giustizia in favore di chi è oppresso;ogni volta che doni un sorriso;ogni volta che gioisci e soffri con gli altri;ogni volta che regali un gesto di bontà;

ogni volta che ti chini sulle sofferenze altrui;ogni volta che sai dire una parola di conforto e di ottimismo;ogni volta che asciughi una lacrima e doni una carezza;ogni volta che perdoni chi non merita il tuo perdono;ogni volta che fai posto nel tuo cuore a chi non è amato;ogni volta che cammini insieme agli altri, mano nella mano e guardandosi negli occhi.

donGiancarloPravettoni,Oltreilvisibile,editriceNuoveFrontiere,Roma2005,ISBN88-7501-013-7