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1 DISPENSA MARKETING TURISTICO, GESTIONE DEI SERVIZI TURISTICI E PROGRAMMAZIONE DI ITINERARI A cura del Prof.re Marco Manzella

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DISPENSA

MARKETING TURISTICO, GESTIONE DEI SERVIZI TURISTICI E PROGRAMMAZIONE DI ITINERARI

A cura del Prof.re Marco Manzella

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IL MARKETING NEL TURISMO

CHE COS’E’ TURISMO

Il turismo è una delle più diffuse attività umane. Chiunque, alla domanda «Cos'è il turismo?", saprebbe dare una risposta almeno parzialmente corretta,

e sempre legata a concetti quali il viaggio, le vacanze, il tempo libero.

Per dare una risposta corretta, e non solo parzialmente, è comunque

necessario considerare che il fenomeno turistico è formato da più componenti:

1. il VIAGGIO, cioè lo spostamento di una o più persone dal luogo di dimora

abituale, comprendente l'insieme dei beni e servizi utilizzati dal viaggiatore,

nonché le relazioni tra il viaggiatore e i fornitori di beni e servizi;

2. la TEMPORANEITÀ, cioè il conseguente ritorno alla dimora abituale. Ciò

porta ad escludere gli emigrati, in quanto questi ultimi tendono a trasferirsi in

modo permanente e non temporaneo;

3. la DURATA, che comprende almeno un pernottamento. Ciò tende ad

escludere dal turismo gli escursionisti, che effettuano trasferimenti che si

concludono con il ritorno alla propria dimora nell'arco di una giornata;

4. il TEMPO LIBERO, o comunque la caratteristica NON ABITUALE del viaggio. È

considerato turista, cioè, chi viaggia per lavoro, ma saltuariamente (ad

esempio l'uomo d'affari che partecipa ad un congresso). Non è considerato turista il trasportatore di merci, perché il suo viaggio è abituale (è la natura

stessa della sua professione).

Sulla base di tali elementi, il TURISMO è l’insieme delle relazioni che si

determinano per lo spostamento temporaneo e non abituale delle persone,

comprendente almeno un pernottamento in località diverse dalla dimora

abituale

In ultima analisi, il turismo è una serie di attività economiche i cui prodotti soddisfano determinati bisogni: di riposo e di svago, di cura, di viaggiare, di conoscere persone e luoghi nuovi, di partecipare a manifestazioni e incontri

(sportivi, religiosi, culturali o d'affari) e così via.

Fino alla prima metà del Novecento il turismo era ancora un fenomeno d’èlite,

che interessava ristrette fasce di popolazione.

Dopo la l’ultima guerra mondiale questa attività ha assunto, nei paesi

sviluppati, le attuali caratteristiche di fenomeno di massa, favorita dalle

migliorate condizioni economiche, dal progresso nei trasporti e dal maggiore

tempo libero a disposizione.

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Occorre distinguere tra turismo attivo (le persone che si muovono dai luoghi

di origine) e turismo ricettivo (le attività di servizio predisposte nelle aree di

destinazione), come va specificata la differenza tra turismo interno (fenomeno

pressoché esclusivo dei Paesi avanzati) e internazionale (che può essere una

importante fonte di reddito per alcune aree dei Paesi meno avanzati).

A seconda dei luoghi di destinazione e degli ambienti visitati, si distinguono

diverse forme di turismo: balneare, montano, lacustre, naturalistico,

avventuroso, termale, religioso, culturale, congressuale.

I fattori che maggiormente incidono nel determinare le fortune turistiche di

una località sono:

le risorse naturali e culturali

l’accessibilità e le infrastrutture le strutture ricettive e i servizi

il marketing

IMPATTO AMBIENTALE E TURISMO SOSTENIBILE

L'attività turistica può arrecare anche danni ambientali: nelle località

turistiche sono frequenti i casi di sovraffollamento, di produzione massiccia

di rifiuti, di eccessiva e sregolata costruzione di case, alberghi e altri edifici,

tutte situazioni che contribuiscono a degradare il paesaggio e l'ambiente, fino

al punto di indurre il declino di quei luoghi.

In Europa questi problemi hanno reso più sensibili cittadini e amministratori, in particolare in alcuni paesi, verso un turismo rispettoso dell'ambiente e della

bellezza dei paesaggi, definito turismo sostenibile. È soprattutto l'Unione

europea che ha attuato iniziative importanti. In primo luogo ha predisposto

la Carta del turismo sostenibile (è possibile ricavarla all’indirizzohttp://www.parks.it/federparchi/carta.europea.turismo.tu02.html ),

alla quale stanno aderendo Comuni e Regioni.

La Carta è una dichiarazione di principi e linee guida per un turismo

e un'organizzazione degli spazi turistici che rispetti e preservi l'ambiente e le

risorse culturali dei luoghi. Queste azioni vanno inoltre nella direzione

dell’"educazione" del turista al rispetto e alla comprensione dei valori e delle

tradizioni degli abitanti dei luoghi visitati e alla cura dell'ambiente locale.

Anche le imprese che si occupano di turismo in località che aderisce alla Carta

(alberghi, agenzie di viaggio, ecc.) devono rifarsi ai principi del turismo

sostenibile. Tra le regioni le prime che hanno aderito alla Carta sono quelle

settentrionali (svedesi, danesi e finlandesi), seguite da Regioni francesi e spagnole. Una seconda iniziativa dell'Unione europea in materia di turismo

sostenibile è la "Bandiera blu per le spiagge”. Ogni anno organizzazioni non

governative (per esempio in Italia Legambiente) provvedono a esaminare la

qualità dell'acqua di balneazione di alcuni litorali nei rispettivi paesi.

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Durante la stagione estiva i campioni di acqua vengono analizzati ogni due

settimane e alle spiagge e ai porti con caratteristiche migliori (secondo i valori

fissati dall'Ue) viene conferita la "bandiera blu". Se l'acqua. è poco sopra il

limite dei valori viene assegnata la "bandiera verde"; se la spiaggia è sotto i valori fissati ottiene la bandiera rossa" e se invece le acque sono pericolose per

la salute si assegna la "bandiera nera". Questa iniziativa ha avuto molto

successo presso i turisti e ha stimolato gli operatori turistici delle diverse

località a migliorare la qualità delle acque, per attirare più visitatori o per non

perderli.

Sempre in Europa sono nati da alcuni anni gli ecomusei, un nuovo tipo di

attrattiva turistica.

In genere si sono sviluppati in aree di montagna e in villaggi rurali, dove sono

stati approntati edifici che presentano attività economiche del passato

(miniere, luoghi dove sono esposti gli attrezzi per la filatura dei tessuti o dei

lavori in campagna...) e percorsi che attraversano antichi villaggi o aree naturali che permettono un'osservazione guidata di aspetti naturalistici (rocce,

piante, animali...) o di percorsi con significato storico (antiche vie del trasporto

del sale, sentieri "della resistenza" utilizzati dai partigiani che combattevano il

nazismo e il fascismo ecc.).

Anche in altre aree del mondo stanno crescendo le iniziative di turismo

sostenibile. Per esempio in Africa meridionale alcuni grandi parchi naturali si

stanno organizzando in senso "ecoturistico”.

Nel Parco Tsodilo (40 000 ettari), nella regione del Kalahari, si stanno

reintroducendo molte specie animali che ora non vi si trovano più, come il

rinoceronte, la giraffa, l'antilope.

Le popolazioni locali (i boscimani) sono state coinvolte nella gestione del parco,

con il compito di gestire le strutture ricettive e i percorsi turistici, che offrono la

possibilità di safari fotografico nella savana, sia l’osservazione di pitture

rupestri molto antiche e di un museo, sia l’acquisto di prodotti artigianali.

Una parte dei discendenti degli antichi boscimani, ormai rimasti in pochi ed

emarginati, hanno così la possibilità di recuperare un buon rapporto con il

proprio territorio e con l’esterno.

CHE COS'E' IL MARKETING AZIENDALE

E’ l'insieme di tutte le attività aziendali che riguardano un prodotto o un

servizio, dalla conoscenza del mercato ed identificazione dei bisogni del

consumatore all'ideazione del prodotto o servizio; dalla produzione alla distribuzione; dalle varie forme di comunicazione alle vendite ed ai controlli di

andamento di mercato sul comportamento dei consumatori e sulle reazioni dei

concorrenti. In sintesi il marketing è la realizzazione delle vendite.

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Analizzare l’aspetto delle vendite significa analizzare il marketing di un’azienda. Il MARKETING viene generalmente considerato l’insieme delle decisioni dello

scegliere a chi vendere, cosa vendere e come vendere

Le decisioni riguardanti A CHI VENDERE vengono definite strategiche, poiché definiscono quali sono i bisogni che l'azienda vuole soddisfare e qual è l'area geografica dei clienti di riferimento; tali decisioni hanno un orizzonte temporale

molto ampio (oltre i cinque anni).

Le decisioni riguardanti COSA VENDERE vengono definite tattiche, poiché

definiscono il prodotto nelle sue caratteristiche, nonché il prezzo di vendita ed

hanno un orizzonte temporale da uno a cinque anni.

Le decisioni riguardanti COME VENDERE, infine, vengono

definite operative, poiché definiscono la pubblicità, cioè le azioni per far conoscere il prodotto, e le modalità di distribuzione del prodotto stesso.

Queste decisioni hanno un orizzonte temporale di uno-due anni. Con il termine

di "orizzonte temporale" si intende il periodo di tempo in cui l'azienda non può

modificare (se non sopportando conseguenze molto negative) una decisione. La Fiat, per esempio, non può decidere oggi di non produrre più automobili per

dedicarsi ad altre attività: la sola notizia che modifica i bisogni di riferimento

porta a notevoli perdite di fiducia da parte dei mercati. Il prodotto ed il prezzo,

viceversa, possono essere modificati anche in pochi anni.

Le decisioni definite tattiche ed operative, cioè quelle riguardanti prodotto,

prezzo, pubblicità e distribuzione, sono denominate, con terminologia anglosassone, marketing-mix. In particolare si parla delle quattro P del

marketing-mix, dalle iniziali delle corrispondenti parole in lingua Inglese:

Product, Price, Promotion, Placing.

Tutte le decisioni, comprese quindi quelle di marketing, si basano sulle

informazioni a disposizione. Nel caso del marketing, le informazioni si basano

sulle ricerche di mercato e riguardano, tra l'altro, le dimensioni del mercato (cioè il numero dei clienti potenziali), le tendenze presenti e future (cioè il

prodotto che i clienti chiedono per soddisfare i propri bisogni) e la quota di

mercato (cioè il rapporto tra le vendite di un'azienda e le vendite totali delle

aziende che vendono il medesimo prodotto).

Il processo di programmazione per lo svolgimento dell'attività di marketing si

riassume e si formalizza nel Piano di marketing.

L'utilità del marketing turistico

Il marketing può essere applicato in tutti i campi. La consapevolezza dell'importanza del turismo per l'intero sistema economico di un dato Paese,

unita alla necessità delle imprese ricettive di saturare la loro capacità ricettiva

e alla necessità delle agenzie di viaggio di collocare sempre nuovi prodotti,

hanno consentito al marketing di entrare nel settore turistico.

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Il ciclo di vita del prodotto

Un'attenzione particolare merita l'analisi del prodotto che ha, come gli esseri

viventi, un ciclo di vita composto da quattro fasi: introduzione, sviluppo,

maturità e declino. L'analisi del ciclo di vita consente a una qualunque azienda

di capire il comportamento da tenere nei confronti dei clienti. Affinché non si

prendano decisioni errate, è però necessario:

1. individuare con precisione l'oggetto dell'analisi. Infatti, il ciclo di vita può

riguardare un prodotto nel senso più ampio o più limitato del termine:

l'automobile come mezzo di trasporto, le automobili prodotte dalla FIAT;

l'automobile "Fiat Punto";

2. individuare il mercato di riferimento di quel prodotto, cioè la domanda (con

gli acquirenti reali e potenziali) e l'offerta (con i produttori e venditori reali e

potenziali);

3. comprendere in quale fase del ciclo di vita il prodotto considerato si trova

Quest’ultimo aspetto va individuato con riferimento alla domanda e

all’offerta del prodotto:

a) l'introduzione è la fase in cui la domanda è molto bassa: pochi

acquistano il prodotto, anche perché non lo conoscono. Il prezzo è di

conseguenza basso;

b) la fase di sviluppo è caratterizzata da un aumento sempre maggiore

della quantità venduta, a fronte quindi di una domanda crescente. Il prezzo

aumenta e il prodotto assume caratteristiche sempre più definitive, seguendo

le preferenze dei consumatori;

c) la fase di maturità viene raggiunta quando tutti i potenziali consumatori acquistano il prodotto, ad un prezzo ormai stabilizzato. I

venditori, per riuscire ad incrementare le vendite, devono offrire un prodotto

sempre migliore, non tanto negli aspetti di base, quanto in elementi prima

considerati secondari o superflui;

d) la fase di declino rappresenta il momento in cui il prodotto viene acquistato sempre meno, in quanto non soddisfa più in modo adeguato il

bisogno.

Il prodotto turistico

Il prodotto turistico può essere considerato un insieme di fattori ambientali e

strumentali; in questo caso ci si riferisce al prodotto inteso come "area

turistica": si parlerà allora di prodotto Italia, di prodotto Lombardia, di prodotto

Milano, ecc.

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Nel caso dell'impresa ricettiva, il prodotto è costituito dall'albergo stesso; nel

caso delle imprese Tour Operator (il settore che più ci interessa) il prodotto

consiste nel pacchetto di viaggio, inteso come un insieme di servizi turistici e

di trasporto.

Nell'applicare il modello del ciclo di vita del prodotto al campo turistico, prendiamo in considerazione una località turistica (prodotto Alghero, per

esempio), in cui:

1. l'introduzione coincide con la scoperta della località come meta turistica;

in tale fase i turisti non sono molti e possono essere considerati dei pionieri

amanti della natura incontaminata; i Tour Operator non sono ancora

intervenuti nella pubblicizzazione della località;

2. lo sviluppo vede un rapido aumento di turisti e i Tour Operator inseriscono la località nei loro cataloghi; è senza dubbio una fase piena di vitalità

caratterizzata dagli investimenti di massa;

3. la maturità vede gli arrivi e le presenze globali di turisti aumentare, ma in

maniera più lenta;

4. il declino, infine, vede un sensibile diminuire degli arrivi dei turisti e quindi

delle presenze nella località. Le cause sono attribuibili al degrado ambientale

rispetto ad altre aree e alla scoperta di altre mete da parte dei Tour Operator.

I turisti chiedono e ottengono sempre di più: non più le spiagge con alberghi

di piccole dimensioni, ma viaggi organizzati dove ci si deve solo preoccupare di

raggiungere l’aeroporto di partenza!

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, molti prodotti sono entrati

nella fase di maturità; per tutti i produttori, quindi, l'aspetto più importante

della gestione non è più la produzione, ma il marketing, cioè soddisfare sempre

più esaurientemente le richieste dei clienti, fino a creare "prodotti" su misura

sempre più personalizzati.

Il turismo non sfugge a questa regola, proponendo viaggi organizzati, ma con combinazioni sempre più specifiche per le diverse esigenze. Si parla, in questi

casi, di orientamento al mercato, cioè di un atteggiamento opposto

all'orientamento al prodotto, sufficiente quando un prodotto è ancora in

fase di sviluppo.

L'orientamento al prodotto è un insieme di decisioni che si basa sulla certezza

della vendita del proprio prodotto. L'orientamento al mercato è un insieme di decisioni che si basa sull'analisi delle richieste specifiche della clientela: il

profitto viene raggiunto soddisfacendo il cliente.

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La Segmentazione

A tale scopo l'insieme dei clienti viene segmentato, cioè diviso in gruppi

omogenei che presentano bisogni omogenei soddisfacibili con un unico

prodotto; tali clienti diventano un target (termine inglese che letteralmente

vuol dire bersaglio), cioè un segmento-obiettivo da raggiungere, utilizzando gli strumenti del marketing-mix. Il mercato turistico viene segmentato sulla base

di elementi quali classe sociale, reddito, età, motivazioni, area geografica di

provenienza, sesso, professione. Così, per quel che concerne l'età, si

distinguono le seguenti fasce:

1. under 13, cioè i bambini fino a 12 anni;

2. teen-ager, cioè ragazzi con età compresa tra 13 e 19 anni

3. giovani con età compresa tra 20 e 26 anni;

4. adulti, con età compresa tra 26 e 60 anni;

5. anziani over 60, cioè con età superiore a 60 anni.

In questa classificazione, prendendo ad esempio in esame il mercato teen-

ager, il prodotto offerto dagli operatori turistici riguarda:

il turismo scolastico

i soggiorni all'estero per lo studio delle lingue.

Dopo aver a lungo studiato il prodotto da pubblicizzare, il responsabile

del marketing deve definire la giusta clientela, ossia quella che, con maggior

probabilità, lo acquisterà. In questo caso il target è rappresentato da studenti

di scuole medie superiori provenienti da famiglie di reddito medio o medio-alto.

Le strategie di marketing

La conoscenza del ciclo di vita del prodotto è importante, perché serve a determinare le giuste strategie in ciascuna fase. Le strategie di marketing

turistico richiedono un'approfondita conoscenza, inerenti:

1. il consumatore, che rappresenta la "domanda" turistica; analizzare la

domanda di turismo significa quindi comprendere le caratteristiche odierne dei

turisti. Lo strumento più usato per capire le necessità del consumatore sono le

ricerche di mercato;

2. il prodotto: grazie alle ricerche di mercato è possibile realizzare un "prodotto" rispondente alle esigenze del consumatore e determinare il relativo

prezzo;

3. la distribuzione del prodotto: cioè le modalità e le tecniche per il

raggiungimento del cliente; la distribuzione del viaggio, per esempio, avviene

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in questo modo: i Tour Operator inviano alle agenzie dettaglianti i cataloghi

relativi ai viaggi da loro prodotti, accompagnati da illustrazioni. I dettaglianti

poi li espongono e li mettono à completa disposizione dei clienti;

4. le attività promozionali e pubblicitarie: la pubblicità è uno strumento

fondamentale del marketing; suo scopo primario è la formazione dell'immagine del prodotto. La pubblicità serve dunque sia a far conoscere il prodotto che a

valorizzarlo. I possibili canali di comunicazione sono:

dépliant

opuscoli

cataloghi

volantini manifesti

vetrine

stampa specializzata

quotidiani audiovisivi

corrispondenza postale diretta

Internet

Gli strumenti del marketing

Gli strumenti del marketing possono essere raggruppati in due categorie:

1. quelli inerenti le indagini e le analisi;

2. quelli inerenti la promozione e la commercializzazione del prodotto.

Le ricerche di mercato costituiscono lo strumento principale per

conoscere il mercato, al fine di trarre valide indicazioni circa la migliore

configurazione da dare al prodotto e alla sua commercializzazione. Le ricerche,

che possono essere condotte desk work (a tavolino) o field work (ricerche campionarie) sono realizzate con una determinata periodicità oppure vengono

svolte una tantum. Tali ricerche possono essere di due tipi e più precisamente

ricerche di carattere quantitativo e ricerche di carattere qualitativo.

Le ricerche di mercato condotte "a tavolino" utilizzano materiale statistico e

altra documentazione; quelle del tipo field work sono ricerche campionarie.

Nelle ricerche di carattere quantitativo viene utilizzato il sondaggio, che può

essere condotto tramite:

l’intervista diretta; l'intervista postale;

l'intervista telefonica.

Quando non bastano più le informazioni di carattere quantitativo, ma occorre

andare a scavare nei comportamenti dei consumatori per scoprirne gli

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atteggiamenti, allora entra in gioco la ricerca motivazionale, che non è

alternativa a quella quantitativa, ma che la integra in modo appropriato.

IL MARKETING: A CHI VENDERE?

Il primo passo che un'azienda deve compiere per operare le proprie scelte è

quello dell'acquisizione delle informazioni necessarie inerenti al mercato, ai

gusti dei clienti, ecc. Le ricerche si articolano nelle seguenti fasi:

determinazione degli obiettivi

raccolta dei dati

analisi dei dati

Premesso che i dati possono essere rappresentati in diversi modi, affinché

siano di facile comprensione, i metodi utilizzati si possono suddividere in due

categorie:

1. rappresentazioni grafiche;

2. rappresentazioni numeriche.

Tra le prime, ricordiamo i diagrammi cartesiani, indicando sull'asse delle

ascisse (asse delle x) il tempo e sull'asse delle ordinate (asse delle y) il

fenomeno analizzato. Per ogni asse, si stabiliscono a priori il numero di dati da

inserire e la scala di rappresentazione; gli ideogrammi, cioè i simboli o le figure; gli istogrammi, cioè i diagrammi raffiguranti superfici, per evidenziare

le differenze quantitative dei fenomeni; i cartogrammi, cioè ad esempio le

cosiddette "torte", per evidenziare in termini statici la diversità delle

grandezze.

Tra le seconde, ricordiamo: i numeri, inseriti in tabelle; i numeri indice,

sempre inseriti in tabelle, utilizzati per calcolare le variazioni relative che intercorrono nel tempo e nello spazio tra due manifestazioni dello stesso

fenomeno (con un valore di riferimento di norma uguale a 100).

LA VALORIZZAZIONE TURISTICA DEL TERRITORIO

Oggi, più che mai, i concetti di turismo e territorio hanno un ruolo economico

di primaria importanza.

Portare avanti un'efficace politica di marketing, che conduca a uno sviluppo

equilibrato del territorio, significa valorizzare l'offerta turistica attraverso un

sistema integrato di comunicazione.

Comunicazione è trasmettere in maniera incisiva un messaggio forte e

durevole nel tempo. Comunicazione territoriale è il sistema delle modalità,

obiettivi, azioni e tempi, finalizzato ad informare e coinvolgere, promuovendo

un’ identità territoriale. Le strategie comunicative si evolvono nel tempo e

modellano le proprie leggi in base alla trasformazione e alla nascita di nuovi

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mezzi.

Una minuziosa analisi territoriale mette in evidenza la necessità di coordinare i

punti di interesse e i servizi turistici in un'ottica innovativa, creando degli

strumenti che mirino alla valorizzazione puntuale degli aspetti peculiari

elevandone la qualità della fruizione.

Lo sviluppo turistico territoriale va perseguito attraverso un'ottica che metta in

risalto il concetto di immagine coordinata, quale strumento di valorizzazione

degli aspetti naturalistici, storici, culturali e dei servizi offerti, le strategie

comunicative e l'identità visiva con la quale si esprime l'univocità di un

territorio.

L'ideazione e la promozione di un'immagine coordinata trasmettono un senso

di appartenenza in grado di consolidare lo "spirito" del territorio; tale approccio

ne accresce sensibilmente l'attrattività, riflettendosi positivamente sulla nascita

di nuove iniziative imprenditoriali in campo turistico.

Un progetto di comunicazione funzionale nasce e si fonda sull'analisi e la

definizione degli obiettivi da perseguire:

rafforzare l'immagine del territorio incrementandone la visibilità e la

commerciabilità a favore del turismo culturale e ambientale;

migliorare il livello qualitativo dell'offerta turistica arricchendo la gamma

dei servizi e contribuendo all'integrazione dei settori culturali, ambientali

ed enogastronomici;

promuovere l'economia turistica attraverso la diversificazione e la

promozione dell'offerta integrata dei sistemi territoriali, la qualificazione

delle infrastrutture ed azioni di marketing territoriale;

tutelare, valorizzare e promuovere i beni territoriali al fine di aumentarne

l'attrattività turistica.

La comunicazione integrata richiede lo sviluppo di strategie che mettano in

relazione proposte di intervento finalizzate alla valorizzazione dei beni culturali

e naturali e al miglioramento del sistema dell'accoglienza e dell'ospitalità. Tale

processo prevede l'elaborazione di un piano di comunicazione contenente

obiettivi e scelte strategiche, azioni e tempi, scelta degli strumenti più adatti a

valorizzare l'identità del territorio. Tale piano si basa sull'adozione strategica di

una comunicazione integrata, ovvero condivisa. L'integrazione è diretta agli

strumenti di comunicazione e soprattutto ai processi che la caratterizzano: chi

comunica deve farlo secondo criteri, strategie e contenuti partecipati.

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L’importanza dell’immagine nella comunicazione turistica

Occorre sottolineare da subito che esiste una differenza fondamentale, in

termini di comunicazione, tra la vendita di un prodotto fisico (auto,

abbigliamento, ecc.) o di un servizio (è il caso del turismo). Stabilita la fondamentale differenza fra prodotti tangibili e non iniziamo con il

definire cosa si intende per COMUNICAZIONE: in altre parole si tratta del

“modo attraverso il quale il potenziale cliente può percepire gli

attributi e il valore del servizio/prodotto”. E nel turismo?

Una vacanza, un soggiorno fieristico, un tour organizzato con guida, non si

vedono, non si toccano, non si mangiano. Esistono soltanto come concetto. A

fare la differenza, anche qui, è proprio la comunicazione. Ogni azienda turistica vende se stessa all’interno del contesto in cui è inserita; sarebbe impossibile

scorporare i due elementi. Per questo motivo, se si è dal lato dell’offerta di

servizi turistici, occorre pianificare un lavoro molto serio di relazione con tutti

gli attori coinvolti nel processo di creazione di valore per il turista.

Così è per le agenzie di viaggio, i tour operators, le guide turistiche, i musei, le istituzioni, i ristoranti, gli stabilimenti balneari e più in generale per tutte quelle

realtà economiche e sociali che risultano coinvolte nell’esperienza turistica. Una

bellissima camera ed una reception impeccabile potrebbero risultare poca cosa

all’interno di un soggiorno in cui non è stato possibile trovare un medico in caso di necessità!

Se pensiamo ad un territorio, ovvero ad una delimitazione geografica

all’interno della quale è possibile trovare servizi e risorse di carattere turistico,

questo possiede sempre e comunque un’immagine precisa agli occhi del potenziale turista: a questo proposito un esempio è il territorio del Chianti,

territorio caro agli inglesi (si pensi alla definizione di “Chiantishire”) e simbolo

della bella vita, della campagna ordinata, del buon mangiare e del bere di

classe. Eppure sono relativamente pochi i turisti che frequentano il territorio, sicuramente molti meno di quelli che affollano le spiagge dei posti più alla

moda del Mediterraneo. Come nel caso di un altro marchio conosciutissimo in

un settore evidentemente diverso, la Rolls-Royce, la comunicazione della

propria identità non è legata in maniera direttamente proporzionale

all’esperienza diretta o indiretta di “consumo” del prodotto. E’ importante sottolineare che il processo di generazione di una identità

(turistica) è agganciata quasi esclusivamente al complesso di valori,

suggestioni, credenze, spesso appartenenti più alla sfera emotiva che a quella

razionale; elementi che negli anni ne definiscono l’immagine (turistica). Sta di fatto che non esiste UN modo di comunicare e UNA scelta esatta per

comunicare la propria identità.

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La comunicazione nel mondo dei servizi

COSTRUZIONE DI UNA BROCHURE (Comunicazione Esterna)

La brochure (a volte nominata anche depliant o più semplicemente catalogo) è

spesso il primo strumento di contatto con il potenziale cliente. In un panorama

come quello attuale in cui esiste una grande abbondanza di informazione, le possibilità di mantenere alta l’attenzione sui propri contenuti sono

sostanzialmente scarse. Per questo è necessario porre la massima attenzione

su tutti quegli elementi che possono contribuire alla definizione di una

identità. Esistono molte opportunità in funzione del modo in cui si desidera presentare la propria attività/prodotto; dalla scelta delle foto allo

stile/forma/proporzione del testo, dalla presenza di elementi grafici

coordinati all’immagine aziendale al tipo di carta utilizzata oltre che alla

dimensione e forma della stessa brochure. In ambito turistico ne segue che

ogni struttura ricettiva è un caso a se stante: un AGRITURISMO MONTANO può decidere di puntare su una presentazione semplice, calda, amicale e magari su

carta reciclata mentre un ALBERGO NEL CENTRO STORICO che punta

sull’”offerta business”, dovrà necessariamente mantenere toni più sobri, uno

stile essenziale, dinamico ed operativo. Le fasi di costruzione di una brochure sono le seguenti: briefing – redazione

testi e raccolta immagini – menabò (architettura di massima) -

approvazione menabò – definitivi – fotoritocco e fotocomposizione

testi – cromalyn (prova di stampa su lastre) - aggiustamenti colori e correzione testi – cianografiche (stampe ottenute dalla sovrapposizione

delle lastre che andranno in stampa, il cyan è un inchiostro di colore blu da cui

il nome cianografiche) - visto si stampi (approvazione definitiva per la

stampa della brochure) - confezione rilegatura. GESTIONE DEL FRONT OFFICE (Comunicazione Interna)

Nel mercato turistico l’immagine di un’azienda è data dalla combinazione di

tutti quei segnali , interni od esterni, che possono concorrere alla creazione di

valore. Normalmente si intende “front office” il servizio a contatto con il

pubblico: la reception alberghiera è il caso tipico, ma anche il personale di banco di una agenzia viaggi e più in generale tutti quei servizi che hanno come

componente principale la relazione diretta con il cliente (sia in forma

personale che mediata, è l’esempio del call-center). La conoscenza del “proprio

mercato” attraverso strumenti di analisi di customer satisfaction (indice di soddisfazione dei clienti) è la base su cui si fonda un servizio efficiente. Una

volta analizzate le tipologie di clientela e le loro specifiche esigenze, si è

potenzialmente capaci di operare una griglia di soluzioni in grado di

rappresentare le interazioni possibili tra azienda e cliente. Questo sistema, apparentemente rigido e faticoso da costruire, può essere invece un ottimo

supporto, specialmente per il personale meno qualificato o più giovane.

La comunicazione interna è il processo di scambio e condivisione di

informazioni all’interno di una organizzazione e la complessità delle relazioni

gerarchiche e di staff al proprio interno aumenta in relazione all’”importanza” dell’azienda (in termini di numero di dipendenti). Nelle aziende più grandi si

può arrivare alla necessità di progettare strumenti “di massa” di comunicazione

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interna. In ambito turistico la questione è relativamente più semplice ma

proprio per questo viene spesso trascurata.

In linea generale sono tre le parole chiave: REGOLARE (trasmettere ordini ed

informazioni finalizzate all’esecuzione di progetti), INTEGRARE (motivare i dipendenti, stimolare l’impegno e creare consenso) e FORMARE (preparare i

dipendenti a svolgere efficientemente e con profitto il loro lavoro).

Fortunatamente il turismo è ancora un settore in cui sono le persone a fare la

differenza! PUBBLICITA’ (Comunicazione Mediata)

Per strumenti di comunicazione mediata intendiamo: CARTA STAMPATA,

RADIO, TV, DIRECT MARKETING, P.R. ed INTERNET. Ma vediamo le

dinamiche precise per ogni strumento in modo da comprenderne costi ed opportunità di utilizzo:

LA STAMPA: basso costo di realizzazione, tiratura-lettori, durata, possibilità di

allegare inserti, buon controllo geografico, controllo risultati attraverso

couponing ed elevata credibilità del mezzo di comunicazione. Il limite di questo mezzo a fronte di una spesa relativamente bassa è che un alto numero

in termini di tiratura non sempre garantisce il raggiungimento del proprio

target di riferimento e l’effettiva consapevolezza dell’incidenza della campagna

pubblicitaria; si pensi solo all’elevato numero di “resi” (edicole) che rientrano

comunque nella tiratura. RADIO: basso costo di realizzazione, basso costo per l’inserzione, scarsa

possibilità di segmentazione degli ascoltatori, scarso controllo dei risultati

(si pensi alla scarsa efficacia dell’AUDIRADIO!) ma buon controllo dell’area di

diffusione. TELEVISIONE: Elevato costo di realizzazione, elevato costo di inserzione,

elevato numero di contatti potenziali, scarsa possibilità di segmentazione

(se non per tipo di trasmissione) e nessun controllo geografico. Croce e delizia

delle grandi agenzie pubblicitarie, lo strumento obbliga a ragionare e scegliere sempre in relazione ai potenziali clienti: se dovessimo promuovere una

struttura congressuale, i quali clienti sono all’incirca un migliaio in tutta Italia,

difficilmente potremmo ipotizzare una campagna televisiva efficiente in termini

economici!

DIRECT MARKETING: Le azioni di direct marketing riguardano tutti quegli strumenti di relazione diretta e nominativa svolte nei confronti della propria

clientela potenziale e basati normalmente sulla posta. La sua efficacia è

subordinata alla qualità delle liste di contatti che si adoperano: un

controllo (qualifica) delle liste incide sul costo ma ripaga ampiamente con una più alta percentuale di successo dell’attività.

PUBBLICHE RELAZIONI: Le pubbliche relazioni sono tutte quelle attività

istituzionali che presiedono alla cura dei rapporti dell’azienda con

interlocutori pubblici, stampa, soggetti privati strategici, partners e consulenti. Non esiste un modo universale di successo in questo campo e

molto è lasciato all’abilità individuale dell’imprenditore.

INTERNET: Se nei primi anni l’importante era esserci. Oggi non basta più!

Oltre a BANNER, SPONSORIZZAZIONI e PROMOZIONE SUI MOTORI DI RICERCA, il sito internet di una azienda ne rappresenta a tutti gli effetti

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l’immagine per il turista, esattamente come per una brochure aziendale. Si

pensi solamente alla facilità di accesso al mezzo e alla sua diffusione.

Che cosa è la Psicologia Turistica?

La Psicologia Turistica è quella branca della Psicologia che studia il

comportamento turistico. Il turista non è nient’ altro che un individuo che si

muove in un ambiente, quello della vacanza o del viaggio, la psicologia turistica continua a studiare l’uomo nel suo ambiente , ma in questo caso è

un’ambiente scelto e molto spesso desiderato. L’azione turistica è fortemente

connotata da componenti emotive, sociali, cognitive, motivazionali, e come tale

offre un ampio spazio di manovra per un’osservazione psicologica dell’individuo.

Gli aspetti più cruciali della psicologia turistica, quelli in cui , secondo me , una

consulenza psicologica può davvero fare la differenza sono:

l’aspettativa: L’aspettativa che un soggetto ha prima di intraprendere un viaggio, ha sempre

costituito un peso rilevante e poiché questa è strettamente collegata

all’immaginario che un soggetto ha di un luogo, il potere d’evocazione

acquisisce un peso importante nella presa di decisione.

Oltre a come un soggetto può immaginare il luogo dove andare, è da osservare come un soggetto immagina se stesso in quel luogo. L’aspettativa di un

viaggio non include solamente il pacchetto turistico che una persona sta per

comprare, ma anche un’immagine di se stesso che ha deciso di sperimentare.

Analizzando come un soggetto si visualizza in una vacanza, si può facilmente ricondurre il tipo di aspettativa che ci si è costruiti al tipo di esperienza nella

quale si è deciso di sperimentarsi

le motivazioni:

Personalmente ho leggermente elaborato la teoria motivazionale dandole un taglio più legato al mercato di riferimento, raggruppandole in tre macroaree:

Motivazioni individuali come il bisogno di rilassarsi e ricaricarsi, inteso non solo

come dolce far niente, ma anche come potersi dedicare a tutto quello che si

definisce piacevole e svago, non avere obblighi e tempi scanditi come di solito

si ha nella vita di tutti i giorni; il bisogno di evasione e fuga dalla quotidianità, la necessità di “staccare la spina”; la ricerca di se stesso, il bisogno di auto-

osservazione ed auto-ascolto, sperimentarsi in un “luogo” nuovo per scoprire

parti diverse del Sé, la necessità di mettersi alla prova, di mettersi in

discussione. Motivazioni interpersonali che possono articolarsi nel rafforzamento delle

relazioni sociali e quindi nel dedicare più tempo alla propria famiglia e ai propri

affetti, rispetto a quanto non si riesca a fare nella quotidianità ed in alcuni casi

riunirsi con parenti lontani; facilità di interazioni sociali, avere la possibilità di fare nuove amicizie, ampliare la propria cerchia di amici, spesso diverse da

quelle con cui siamo abituati a condividere la vita, o avere la possibilità

di sperimentarsi e identificarsi ad un gruppo al quale si appartiene o al quale si

vorrebbe appartenere. Motivazioni sociali quali il prestigio, l’idea di affermare quel Sé ideale che si

rincorre; laregressione, intesa come la possibilità di mettere in atto

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comportamenti che solitamente non s’intraprendono, perché ritenuti infantili o

magari poco socialmente accettati o distanti dall’immagine di se stessi nella

quotidianità; il bisogno di conoscenza, che può essere articolato sia nella

ricerca della cultura intesa come arte e storia, sia come tradizioni di popoli.

la presa di decisione:

C’è un processo naturale dell’individuo che viene messo in atto prima di

intraprendere un’azione. Si parte da una decisione generica, in questo caso la scelta di partire per un viaggio/vacanza, all’acquisizione d’informazioni sulle

possibili mete ed itinerari (ed è proprio in questo punto che negli anni si è

collocato il marketing turistico), alla decisione congiunta nel caso in cui si parli

di viaggio familiare o di gruppo, fino a giungere all’attività in senso specifico dell’esperienza turistica (Francken e Van Raaij 1984).

l’esperienza turistica:

ogni aspetto di questa esperienza è intriso di meccanismi psicologici, dal momento in cui si parte il turista entra in un tempo sospeso in cui si ricercano

sensazioni ed emozioni, si apprezzano e si sperimentano nuovi ritimi. Molto

spesso l’esperienza turistica è accompagnata da sollecitazioni cognitive,

emotive-comportamentali e psicofisiologiche che a volte posso essere percepite

come stressanti. Durante il viaggio il turista si sperimenta in relazioni sociali, che sono il

prodotto dell’identità e dell’atteggiamento del turista immerso in

un’organizzazione; le relazioni tra turisti; le relazioni tra gruppi e quidni

problematiche legate alla leadership, relazioni turisti-locali, relazioni turista-personale di servizio.

il ritorno a casa:

A seconda del grado di benessere e della piacevolezza del viaggio, il momento

del ritorno può essere vissuto come un distacco dall’ambiente più o meno difficile. Questa esperienza è ricca di connotazioni di ricordo e nel momento di

reintroduzione nella quotidianità, il turista si focalizza molto sull’analisi dell

esperienza vissuta. E proprio su questa emotività si possono rafforzare i piani

di fidelizzazioni, si può creare un effetto coda lunga dell’esperienza che sarà

contagiosa verso le persone vicine al turista e sarà determinante anche per le sue scelte di vacanze future.

la soddisfazione:

Riprendendo un concetto espresso da Pearce, la soddisfazione turistica non è il

giudizio di un momento, ma un processo che inizia quando si parte e generalmente termina con rientro a casa, ma può anche continuare per un

tempo indefinito ogni qual volta verrà chiamata in causa quella esperienza.

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IL TURISMO ENOGASTRONOMICO

Il turismo enogastronomico è un nuovo modo di viaggiare che sta

conquistando un numero sempre crescente di appassionati, alla ricerca di

sapori e di tradizioni autentiche. In questo contesto, infatti, il cibo assume un

ruolo nuovo, diventando il medium di un territorio, di una cultura e dei valori

legati alla terra ed alle proprie radici.

I tour enogastronomici, nel nostro Paese, sono all’incirca tanti quanti sono

le località e le mille combinazioni possibili che possono collegarli, visto

l’enorme patrimonio di prodotti tipici che offre la terra, di ricette regionali.

Proprio per tutti questi aspetti possiamo asserire che siamo il paese ideale per

il turismo enogastronomico che è sempre in crescita e i numeri lo possono

confermare.

Ecco il motivo anche del sorgere di molti agriturismi e di percorsi ad hoc creati

secondo una certa logica nel far apprezzare la propria terra a tutti coloro che

vi si recano per scoprire gusti e sapori sempre nuovi.

Il turismo enogastronomico vale cinque miliardi e si conferma, anno dopo

anno, il vero motore della vacanza Made in Italy che è l’unica nel mondo a

poter offrire ben 176 denominazioni di origine riconosciute a livello

comunitario e 4396 specialità tradizionali censite dalle regioni, mentre sono

477 i vini DOC.

Ma cosa vuol dire organizzare, segnalare e promuovere itinerari

enogastronomici?

Organizzare, vuol dire individuare uno o più temi enogastronomici che

motivino la visita all’itinerario; occorre tracciare il percorso del tour secondo le

località che esprimono profondamente la ragione dei temi scelti; individuare

lungo l’itinerario i punti più importanti di tradizione enogastronomica e tutti i

servizi di assistenza al fenomeno enogastronomico che possono aiutarne il

migliore utilizzo.

Segnalare e promuovere, significa dare definizione e visibilità ai tour

enogastronomici, in modo che emergano nella propria forma organizzata

rispetto agli altri mille possibili itinerari spontanei che qualsiasi turista può

effettuare per conto proprio, quindi apporre cartelli che indichino la presenza

di aziende agricole, di rivenditori di prodotti tipici e i luoghi di conservazione

del patrimonio culturale cui i tour enogastronomici fanno riferimento e

chiaramente il percorso da seguire.

Un esempio concreto di itinerari enogastronomici finalizzati a sostenere questo

fenomeno turistico sono le strade del vino, e le strade del gusto e dei sapori.

Il turismo enogastronomico prende sempre più piede anche perchè sono

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cambiate le abitudini del turista, il quale non dedica più tanto tempo alla

vacanza come una volta, soprattutto per un discorso economico, in questo

modo l’amante del viaggiare potrà regalarsi anche una semplice gita fuori

porta in occasione di determinati eventi enogastronomici che ormai sono

onnipresenti nelle varie località della nostra penisola durante tutto l’anno.

E’ consigliabile effettuare questi tour durante il periodo primaverile e

autunnale, i paesaggi regalano colori stupendi e le prelibatezze che si possono

assaporare hanno delle proprietà organolettiche che inebriano anima e corpo.

Molti sono i tour enogastronomici in agriturismi che permettono gite a cavallo

per immergersi meglio nella natura e scoprire anche quello che molti

definiscono “turismo rurale“.

Il turismo enogatronomico, dunque, mira a valorizzare un determinato luogo,

territorio, caratterizzato da profumi, sapori e colori unici nel suo genere.

Ogni itinerario è diverso dall’altro, proprio per la diversità e la varietà che ci

regala il nostro paese.

Ogni regione, ogni provincia, ogni piccolo borgo ha qualcosa da raccontare e lo

fa attraverso i propri prodotti locali, per permettere ai più curiosi di capire

cosa c’è dietro tanta dedizione per la coltura della terra e per meravigliarsi

ancora alla vista di una bella forma di formaggio, o all’assaggio di un buon

bicchiere di vino.

Cosa è Slow Food?

Slow Food è un'associazione internazionale no-profit, conta 100 000 iscritti,

volontari e sostenitori in 150 Paesi, 1500 Condotte - le sedi locali - e una rete

di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala,

sostenibile, di qualità. Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere

l'interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità,

e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni

locali. Il motto di Slow Food è buono, pulito e giusto. Tre aggettivi che definiscono

in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo. Buono

relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un

alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni

identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai

concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di

commercializzazione.

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ALLA SCOPERTA DELLA DOLCE SICILIA

L'influenza della cultura araba ha lasciato in Sicilia profonde tracce non solo

nell'architettura, ma anche nella cucina e, in particolare, nell'arte dolciaria.

Un viaggio in Sicilia consente di scoprire nei sapori di un cannolo di ricotta,

di una cassata o di un gelato, le millenarie stratificazioni lasciate da tutti i

popoli che hanno attraversato l'isola. Gli aspetti più evidenti del carattere della

pasticceria siciliana sono soprattutto due: le profonde radici arabe e il

successivo sviluppo nel chiuso delle cucine conventuali (alcune ricette

fondamentali sono arrivate ad esempio dai Monasteri della SS. Annunciata di

Paternò e di Santa Chiara a Noto). Anche se oggi si ritrova il frutto di queste

lontane esperienze in tutte le pasticcerie dell'isola, alcune località si

distinguono per lavorazioni particolari legate alla tradizione. Il nostro itinerario

ci conduce alla scoperta di golose specialità caratteristiche della costa orientale

della Sicilia, quella che va da Messina a Modica.

PRIMO GIORNO – MATTINA

Il nostro Weekend inizia da Messina, città dalle origini antiche ma dall'aspetto

moderno, ricostruita con criteri antisismici dopo il devastante terremoto

che nel 1908 l'ha rasa al suolo, imitando un altro disastroso sisma, quello del

1783, e purtroppo tanti altri disseminati nell'arco della sua storia. Fondata dai

Calcidesi nella seconda metà del VIII secolo a.C. col nome di Zancle, divenne

colonia di grande importanza strategica e commerciale, data la sua

felicissima posizione dominante lo stretto fra Sicilia e Calabria. Raggiunse la

massima importanza durante il periodo degli Svevi, mentre gli aragonesi la

fecero capitale. Le testimonianze dell'arte normanna, distrutte o alterate da

rifacimenti, sono costituite dall'antico Duomo (in origine del XII secolo) e dalla

coeva basilica di S. Annunziata dei Catalani. La città vanta inoltre un illustre

Museo regionale, che nella sua sezione archeologica rivela con notevoli reperti

l'importanza di Messina nell'antichità. Oltre che per la sua storia e la sua

cultura, questo grande centro urbano è importante (come molti paesi siciliani)

anche per la sua arte culinaria, e in particolare dolciaria. Infatti, prima di

lasciare Messina e dirigerci verso il maestoso Etna, consigliamo una sosta

calorica, per esempio alla pasticceria "Doddis", per assaggiare la tipica

pignolata , uno squisito dolce a forma di pigna.

PRIMO GIORNO – POMERIGGIO

Non troppo lontano da Messina si trova il parco dell'Etna, che merita

certamente una visita. Partiamo quindi in direzione delle pendici del vulcano, e

ci fermiamo a Linguaglossa, dove una strada secondaria, bellissima, lascia il

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paese e si arrampica sulla montagna. Le splendide abetaie lasciano presto il

passo a distese di nera lava. Sulle pendici dell'Etna prospera l'unica

coltivazione italiana di pistacchi che si riflette nelle lavorazioni delle pasticcerie

di tutta la zona che li impiegano pestati o sfarinati nella lavorazione di

numerosi biscotti. Il dolce classico locale è la "pistacchiata" o "fastucata" : i

pistacchi vengono legati al fuoco con zucchero, cannella e profumo di vaniglia.

Si ottengono pezzi simili al croccante o al torrone. Per provare questo dessert

basta andare alla pasticceria "L'Alhambra", dove non si corre certo il rischio di

rimanere delusi. Verso il tardo pomeriggio lasciamo Linguaglossa e ci dirigiamo

verso Acireale, dove passeremo la notte, e nel tragitto ci fermiamo a Giarre,

cittadina situata in una zona dal grande valore paesaggistico. Dalla piazza

principale si può ammirare il grande vulcano in tutta la sua imponenza, e nelle

campagne si incontrano lunghi filari di alberi secolari, terrazzamenti

costruiti dal lavoro di intere generazioni, vigneti e frutteti che sembrano

modellare le pendici dell'Etna, un insieme di piante che offre un incantevole

spettacolo di colori. Queste terre sono inoltre il regno del gelato siciliano:

da Giarre ad Acireale si tramanda infatti la tradizione più autorevole della

morbida crema fredda esportata nel Settecento da Procopio dei Coltelli fino

a Parigi.

PRIMO GIORNO – SERA

In serata arriviamo ad Acireale, centro artigianale e termale a strapiombo

sullo Ionio, immerso in un giardino di limoni ai piedi dell'Etna. In questa parte

della Sicilia, favorita dal clima e dall'altitudine, spicca la produzione di limoni:

prodotto tipico è infatti la marmellata di limoni, utilizzata per innumerevoli

preparazioni dolciarie. Dopo una gustosa cena al ristorante "Panoramico",

suggeriamo una passeggiata nel centro del paese. Qui, immancabile punto

d'incontro per gli appassionati di dolciumi è la piazza del Duomo, invasa ogni

sera dai tavolini dei caffè che servono fino a tarda notte gelati d'ogni tipo e i

classici "schiumoni" al gianduia, al caffè e alla fragola. Per il pernottamento

c'è l'imbarazzo della scelta, sono molti infatti gli alberghi di categoria presenti

in città: dall'hotel "Aloha d'Oro" alla "Perla Jonica", senza dimenticare

l'agriturismo "Il Limoneto", situato in un'antica casa padronale circondata da

agrumeti che presenta una splendida vista sull'Etna e sul Tirreno.

SECONDO GIORNO – MATTINA

Partiamo di buon'ora da Acireale per spostarci verso la vicina Catania, la città

dell'Etna. E con il vulcano che spesso l'ha tradita, facendo scendere le colate di

lava fin dentro le sue mura, la città ha un rapporto intenso. A ricordarcelo c'è il

colore scuro che caratterizza i monumenti, le case, i portoni, spesso realizzati

in pietra lavica. Questo importante nucleo urbano cambiò faccia dall'oggi al

domani, dopo l'eruzione dell'Etna nel 1669 e il terremoto del 1693. I due

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cataclismi obbligarono a ricostruire quasi completamente persino il centro

geografico della città, laddove si erano insediati i Greci e i Normanni avevano

eretto la prima Cattedrale. Si ricorse a precauzioni urbanistiche e a stili più

moderni; si ricorse a quel barocco, per il quale Catania è famosa e del quale si

ha qui un primo assaggio. Prima di cominciare con una breve visita di questa

straordinaria città consigliamo di celebrare il rito mattutino della granita con

brioche, uno spuntino che sostituisce la prima colazione e, spesso, il pranzo di

mezzogiorno. La firma più nota è la Pasticceria "Savia" di via Etnea dove da

103 anni la stessa famiglia continua a eccellere nella tradizionale pasticceria

regionale, che vende anche via Internet, e nei gelati. In particolare sono

famosi i cannoli di ricotta e pistacchi, le cassate, i dolcetti di pasta di

mandorla, i torroni e le olivette candite. Dopo la colazione facciamo la

prima sosta in Piazza del Duomo, cuore della città dell'epoca medievale ma

ormai di aspetto barocco, dove è situata la famosa Fontana dell'Elefante,

progettata da Giovanni Battista Vaccarini, conosciutissimo architetto siciliano.

Dello stesso architetto è il prospetto del Duomo, che a seguito del terremoto

conserva solo alcuni resti del luogo di culto costruito dai Normanni a fine XI

secolo. A dimostrare che sia la chiesa più importante della città ci sono,

all'interno, la tomba di Vincenzo Bellini e il tesoro di Sant'Agata, cui l'edificio è

dedicato. In asse con la facciata della chiesa parte Via Garibaldi, che si

interrompe in corrispondenza di piazza Mazzini, da dove via Auteri conduce a

sinistra al Castello Ursino, il "segno" per eccellenza del passaggio in città

dell'imperatore Federico II di Svevia; gli spazi interni, semplici e razionali come

tutta l'architettura sveva, fanno da cornice al Museo civico, ricca collezione

che dall'epoca romana si spinge sino al Settecento.

SECONDO GIORNO - POMERIGGIO

Per comprendere che fu un vero e proprio piano d'intervento urbanistico ad

indirizzare la ricostruzione di Catania, conviene percorrere alcune strade che

ne sono la dimostrazione. A cominciare dall'ampia via Vittorio Emanuele per

continuare con via Crociferi, dove se non fosse per i resti romani e il Museo

Belliniano tutto parlerebbe dello stile per eccellenza della città: il barocco del

Settecento. Via Vittorio Emanuele è quasi certamente uno degli assi generatori

dell'insediamento antico di Catania, lunghissima arteria che dal mare

dirige a ovest suggerendo l'orientamento della crescita dell'abitato fino al XX

secolo. Il suo aspetto è quindi settecentesco (gli edifici che vi affacciano sono

un buon esempio di barocco locale), ma molti sono i monumenti che

rimandano al passato della città, come ad esempio il Teatro romano e

l'Odeon. Dopo questa via ecco delinearsi via dei Crociferi, altro percorso della

ricostruzione post-terremoto: è il salotto per eccellenza di Catania, cui danno

lustro i prospetti di chiese e conventi di pure linee barocche settecentesche.

Un'altra arteria di primo piano di Catania e via Etnea, la strada più amata dalla

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ricca borghesia dell'Ottocento, una delle più eleganti della città. In questa via

ha avuto sede storica il celebre "Caviezel", negozio aperto nell'Ottocento da

immigrati svizzeri ora trasferitosi in via Cervignano: sono famosi i suoi "pezzi

duri", la cassata gelata, la fetta di cedro, il cannolo gelato, la spuma di

caffè. Là dove il rettifilo di via Etnea si interrompe in corrispondenza di piazza

Stesicoro ci si imbatte in un altro ricordo del passato romano. Sulla sinistra si

riconosce infatti l'Anfiteatro, ultimato nel II secolo utilizzando per la struttura

di base la lava. Inizia poi via Cappuccini, che porta in un angolo di Catania

dove tutto parla della patrona della città. L'ulivo selvatico che fiorisce al centro

di piazza Santo Carcere e la vicina chiesa di sant'Agata al Santo Carcere,

luogo di culto di origini quattrocentesche, ma rimaneggiato in epoca

settecentesca: le reliquie racchiuse nelle teche rimandano alla martire romana,

che sarebbe stata rinchiusa prima del supplizio in un vano sotto la chiesa.

Ancora per via Cappuccini si esce in via Santa Maddalena che, divenuta via

Tomaselli, costeggia a destra Villa Bellini, uno dei polmoni verdi della città,

ideale per riposarsi dalla visita dei monumenti catanesi grazie all'ombra offerta

da specie mediterranee ed esotiche. Dopo questa intensa giornata catanese,

partiamo nel tardo pomeriggio per raggiungere Sortino, centro in provincia di

Siracusa, sul versante orientale dei Monti Iblei, in cui è di particolare interesse

la necropoli di Pantalica.

SECONDO GIORNO SERA

Passiamo la serata e la notte a Sortino, paese dell'entroterra siracusano che

deve la sua notorietà al miele che vi si produce. Si tratta in modo particolare

del miele di timo, conosciuto ed apprezzato sin dall'antichità ed elogiato nei

frammenti poetici di Virgilio, Ovidio, Teocrito. La pianta è quella del Thymus

capitatus dei botanici, che cresce in luoghi aridi e sassosi ed abbonda tra le

cave degli Iblei. Un'erba aromatica grazie alla quale le api danno un miele

profumatissimo e denso chiamato satru, che viene raccolto tra luglio e agosto.

Gli altri tipi di miele caratteristici di questo territorio sono quello di zagara

(fiori d'arancio), che si raccoglie tra maggio e giugno e quello di carrubo.

TERZO GIORNO MATTINA

In questo ultimo giorno di weekend partiamo da Sortino e ci dirigiamo verso

Siracusa, ubicata nella cornice di un suggestivo porto naturale, chiuso a

levante dall'isola di Ortigia (il nucleo urbano più antico) e alle spalle

dall'altopiano dell'Epipoli. Considerata uno dei più importanti centri archeologici

della Magna Grecia, conserva tracce del suo glorioso passato in ogni angolo

della città: il Duomo, dalla facciata barocca, si eleva sul peristilio del tempio

dorico di Athena; in piazza Pancali si trova il Tempio di Apollo con i resti del

santuario dorico degli inizi del VI secolo a. C.; nel quartiere di Neapolis si

possono osservare i resti del Teatro greco, dell'anfiteatro romano e la grande

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ara di Gerone; nella stessa zona è situata la grotta dei Cordari, la più famosa

fra le latomie. Altri esempi della ricchezza archeologica di Siracusa si possono

ammirare al Museo archeologico regionale "Paolo Orsi", il più grande della

Sicilia. In tarda mattinata facciamo una sosta e ci concediamo uno spuntino

che non potrà non terminare con una delle leccornie tipiche. Anche in questa

città infatti, come nella maggior parte dei paesi della regione, la tradizione

culinaria ha una grande rilevanza. La specialità più conosciuta Si chiama

"cuccìa" ed è un piatto "di devozione" di Siracusa diffuso in tutta la Sicilia

occidentale. L'origine è sicuramente araba. Secondo una leggenda durante

una carestia successiva al martirio di Santa Lucia un giorno alcune navi

arrivarono inattese nel porto di Siracusa e lasciarono un provvidenziale carico

di grano. Era il 13 dicembre. Da allora per la festa di Santa Lucia i siracusani

preparano una torta di grano con crema di ricotta, zucca candita, vaniglia e

miele di zagara. La "cuccìa" si può trovare anche nelle pasticcerie della città

durante tutto l'anno, insieme con la caratteristica "cotognata", una soda

marmellata di mele cotogne confezionata nelle tipiche formelle in ceramica di

Caltagirone, e con grande scelta di pasticcini di pasta di mandorle . Un dolce

siracusano particolarissimo e molto diffuso è inoltre la "cubbaita", un morbido

torrone di miele, semi di sesamo e mandorle tritate di antichissima origine. Il

nome è sicuramente arabo: lungo tutta la costa nordafricana, dall'Algeria

all'Egitto, esiste un prodotto analogo chiamato "qubbayt".

TERZO GIORNO POMERIGGIO

Dopo pranzo ci spostiamo a Noto, città di antiche e nobili tradizioni culturali,

ricca di monumenti religiosi e civili, definita "Giardino di Pietra" dal critico

d'arte Cesare Brandi. Noto è riconosciuta la capitale del barocco Siciliano.

Un barocco unico, che cattura la luce e traspare ovunque: nei palazzi, nelle

chiese, nei conventi, nei monasteri, nelle scalinate scenografiche, nelle edicole

sacre, nelle strade nascoste e nei vicoli più modesti. L'entrata al centro storico

si guadagna attraverso la Porta Reale o "Ferdinandea" , di puro stile

ottocentesco, al di là della quale si delinea l'eccezionale arteria principale della

città: il corso Vittorio Emanuele. Seguendo il corso si toccano le piazze centrali.

Prima tappa è piazza Immacolata, dove alla sommità di una splendida

scalinata a tre rampe s'impone la chiesa di San Francesco all'Immaccolata con

l'annesso convento progettato dagli architetti Gagliardi e Sinatra. Proseguendo

lungo il corso, sulla sinistra, quasi a concorrere con l'antistante basilica del

SS. Salvatore, si erge la Chiesa di Santa Chiara, opera del Gagliardi. Siamo

giunti così nel cuore della città barocca: l'area maioris ecclesiae, la grande

piazza, una delle più belle d'Italia, detta piazza del Municipio, attorno alla

quale si prospettano edifici di grande pregio architettonico. La Cattedrale si

erge al culmine di una momumentale scalinata e domina la sottostante

belllissima piazza. Da piazza Municipio si apre a sorpresa, sulla destra, via

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Nicolaci: qui l'effetto scenografico prodotto dall'architettura barocca raggiunge

il suo culmine; su di essa si affaccia, infatti, uno dei più bei palazzi del mondo,

Palazzo Nicolaci del Principe di Villadorata. A Noto però non ci sono soltanto

grandiosi esempi di barocco siciliano: il simbolo gastronomico di Noto è la

mandorla, di cui esistono grandi coltivazioni. Famosa è la preparazione della

"crema di mandorle", ottenuta semplicemente tritando molto finemente le

mandorle crude e mescolandole con zucchero e poca acqua fino a rendere il

prodotto omogeneo e spalmabile. In questo modo l'aroma della mandorla è

esaltato al massimo. Il prodotto viene impiegato per arricchire crostate,

torte, creme e altro. In estate la crema di mandorle, diluita con acqua fredda,

diventa il dissetante e ricercatissimo latte di mandorle. A Noto l'indirizzo più

famoso è il "Caffè Sicilia", nel cui laboratorio nascono esempi ricercatissimi di

grande pasticceria siciliana spediti in tutto il mondo.

TERZO GIORNO SERA

Per cena andiamo a Modica, cittadina in provincia di Regusa. "..Un teatro era il

paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di

gelsomino sul far della sera...". In queste parole del poeta Gesualdo Bufalino

c'è tutta l'atmosfera di Modica. Tra le più pittoresche città della Sicilia, è

situata nella zona meridionale dei monti Iblei ed è divisa in due originali aree:

Modica Alta, le cui costruzioni quasi scalano le rocce della montagna, e

Modica Bassa, giù nella valle, dove un tempo scorrevano i due fiumi Ianni

Mauro e Pozzo dei Pruni, poi ricoperti a causa delle numerosi alluvioni, e dove

oggi si snoda il Corso Umberto, principale strada della città. L'aspetto è

prevalentemente tardo barocco, quasi interamente risalente al dopo-terremoto

(1693). In paese si può gustare un tipo di cioccolata simile a quello che

trovarono gli spagnoli al loro arrivo in Messico, ad esempio andando nel

laboratorio dell'Antica Dolceria Bonajuto, dove si trovano le straordinarie

tavolette di cioccolata modicana. Il procedimento venne introdotto proprio

dagli spagnoli durante la loro dominazione in Sicilia e non è cambiato. I semi di

cacao vengono macinati e ridotti a farina, mescolati con pasta di mais cotta e

lavorati insieme con vaniglia e cannella, fino a quando il burro di cacao non ha

amalgamato tutto. Il cioccolato modicano entra anche nel ripieno degli

"mpanatigghi", singolarissimi pasticcini di pasta frolla farciti con

controfiletto di manzo cotto in forno, tritato e unito a cioccolato fuso,

mandorle tritate, zucchero, uova e chiodi di garofano. Per la cena si consiglia la

"Fattoria delle Torri", mentre per la notte una soluzione di buona qualità è

rappresentata dall'hotel "Bristol".

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IL MARCHIO

Il marchio è un “segno” usato per distinguere i propri prodotti/servizi da quelli

della concorrenza.

Rappresenta uno dei principali elementi dell’immagine dell’azienda e fornisce,

agli occhi della clientela, garanzie di qualità e affidabilità. È quindi una risorsa

preziosa da tutelare e valorizzare.

La principale funzione del marchio è quella di permettere ai consumatori di

identificare un prodotto (sia esso un bene o un servizio) di una determinata

impresa, in modo da distinguerlo da prodotti simili o identici forniti da aziende concorrenti. I marchi svolgono pertanto un ruolo centrale nelle strategie di

marketing e promozione del nome dell'impresa, contribuendo all'affermazione

dell'immagine e della reputazione dei prodotti agli occhi del

consumatore. È attraverso questo processo che un’impresa costruisce un rapporto di fiducia con i propri clienti, che sono anche disposti a pagare un

prezzo più alto per un prodotto contrassegnato da un marchio a loro noto e che

corrisponde alle loro aspettative. Una fiducia che è fondamentale per

l’acquisizione e il mantenimento di quote di mercato.

Inoltre, i marchi forniscono alle imprese un incentivo a investire nel mantenimento e miglioramento della qualità dei prodotti, perché è vitale

che i prodotti contrassegnati da un certo marchio mantengano un'immagine

positiva.

La protezione di un marchio può essere ottenuta anche solo attraverso l’uso. Tuttavia, è consigliabile registrare il marchio presso l’Ufficio Italiano Brevetti e

Marchi (UIBM) in quanto, così facendo, si ottiene una maggiore protezione,

soprattutto in caso di contestazioni o conflitti con altri soggetti.

Un asset da proteggere

Un marchio registrato attribuisce diritti esclusivi che consentono di impedire

l’uso non autorizzato, da parte di altre imprese, dello stesso marchio o di un

marchio simile.

Non registrando il marchio si rischia di compromettere gli investimenti fatti per promuovere la vendita di un prodotto/servizio, in quanto

un'impresa concorrente potrebbe adottare un marchio simile, confondendo i

consumatori che potrebbero dirigersi verso i suoi prodotti/servizi invece che

verso quelli del fornitore originario. Il che, oltre a far diminuire i profitti di quest’ultima impresa, rischia di danneggiarne sia la reputazione che

l'immagine, soprattutto se il prodotto del concorrente è di qualità inferiore.

Una risorsa da valorizzare Un marchio scelto e costruito con cura ha comunque, di per sé, un valore

commerciale. La proprietà industriale del marchio non ricopre infatti solo una

funzione difensiva, ma può essere monetizzata, cioè trasformata secondo un

approccio business oriented. In tale ottica, il marchio costituisce un capitale e può essere oggetto di operazioni di sfruttamento commerciale tramite la

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concessione di licenze, di contratti d'esclusiva, mediante il merchandising e la

sponsorizzazione. Può inoltre essere utilizzato per accedere a nuove fonti

di finanziamento, quali strumenti finanziari tradizionali (mutui, leasing ecc.) o

soluzioni strutturate studiate specificatamente per le esigenze dell’impresa (ad esempio, cartolarizzazioni dei contratti di licenza).

L’ITINERARIO TURISTICO

Definizione del problema TO (Tour Operator), ADV (Agenzie di Viaggio), Enti di Promozione Turistica,

nonché editori di riviste, hanno la necessità di realizzare itinerari turistici per

pubblicizzare le attrattive del territorio, diffonderli in modo capillare

utilizzando tecniche di marketing efficaci e veloci. Ma ….. non li scrivono nello stesso stile:

esistono vari “tipi” di itinerari turistici

Esistono vari stili e tipi di itinerari turistici

A distinguerli, sono:

gli scopi per cui vengono realizzati, il target a cui sono destinati

chi li prepara (TO-AdV-ENTI-EDITORI), la mission aziendale

la forma : cartacea, visuale, digitale

la distribuzione che avranno

TIPI DI ITINERARI:

GENERICO – oppure SINTETICO ANALITICO

TECNICO - oppure “DAY BY DAY”

E tutti possono, anche, essere : TEMATICI

MA COME SCEGLIERE QUALE TIPO FARE?

1) CHE TIPO DI AZIENDA/ENTE LO SCRIVE?

2) DETERMINARE l’OBIETTIVO Domandarsi:

Serve per informare ?

Serve per vendere?

3) DETERMINARE IL TARGET Domandarsi:

A chi serve ? Chi lo leggerà?

ESEMPIO 1 Siete un Ente Turistico e l’itinerario serve per informare sulle bellezze

del territorio? Desiderate attirare turisti :

Dovrete “lavorare” su 4 assi portanti:

individuare il target a cui destinate l’itinerario;

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raccogliere le informazioni relative alla storia del paese, alle

strutture architettoniche, alle tradizioni popolari, la gastronomia,

alle aziende, ecc…

Realizzare un set fotografico delle bellezze naturali e artistiche; scegliere la forma adatta: dépliant, brochure, filmato, sito web,

libretto, ecc…

ESEMPIO 2 Siete un’ADV e l’itinerario serve per vendere un vostro viaggio?

Dovrete “lavorare” su 6 assi portanti:

individuare il target a cui è rivolto l’itinerario;

decidere la forma (cartaceo, web, digitale, ecc…) raccogliere e selezionare materiale utile alla realizzazione

selezionare le foto più interessanti e adatte al messaggio;

esaminare la concorrenza: altri dépliant, cartacei o in rete,

progettare utilizzando una grafica e uno stile accattivante; predisporre i testi definendo la forma migliore a seconda del destinatario.

Simuleremo di essere una ADV.

E “nostro” obiettivo sarà:

Scopo: vendere un viaggio

Target: gruppo di adulti TIPO: itinerario GENERICO

FORMA: cartacea, una pagina max, formato A3

Materiali iconografici ed elementi tecnici: da scegliere ed elaborare solo

tra quelli forniti Distribuzione: postale, a mano in agenzia.

Analisi delle fasi del progetto

Per la realizzazione di questo progetto (un dépliant di alcune pagine con

effettivo invio ai destinatari) in una ADV si seguirebbero queste tappe: la raccolta di informazioni relative alla storia del paese, alle strutture

architettoniche, alle tradizioni popolari, alla gastronomia e alle aziende;

la realizzazione di un set fotografico delle bellezze naturali e artistiche;

l’individuazione del target a cui è rivolto l’itinerario;

la definizione della struttura del dépliant; strutturazione del gruppo aziendale in “gruppo di produzione” (raccolta

indirizzi,…), “gruppo redazionale” (reperimento argomenti, stesura

lettera), “gruppo di grafici” (realizzazione del dépliant);

ricerca di materiale di interesse locale e vario da inserire nel depliant; realizzazione grafica del dépliant;

raccolta di indirizzi e-mail per l’invio del dépliant;

invio tramite e-mail e/o tramite indirizzi di posta tradizionale, fiere.

TIPI DI ITINERARI Va da sé, che questo è il tipico itinerario realizzato per “VENDERE” il

viaggio.

L’itinerario che viene realizzato è strutturato in modo che sia

accattivante, promozionale, suggestivo. Realizzeremo insieme un : ITINERARIO GENERICO

E ora passiamo ad analizzarne le caratteristiche tecniche

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ELEMENTI degli

ITINERARI GENERICI

Per ADV e TO vi sono ELEMENTI OBBLIGATORI, che diventano “contratto

con i clienti”: 1) PERCORSO : la via usata, le soste, i tempi di viaggio, ecc…

2) PERIODO: le date di effettuazione, la stagione, ecc…

3) MEZZI: di trasporto, prenotati, noleggiati (treno,aereo,auto,pullman GT,

ecc…) 4) SERVIZI: alberghi, pasti, visite, escursioni, ecc…

Nota bene: solo TO e ADV devono stare bene attenti a ciò che

divulgano!

1) Gli editori del settore turistico scrivono / pubblicano, su carta e rete : ITINERARI TURISTICI ….

che possono, a ben vedere, essere anch’essi definiti “generici” ma non hanno

necessità di fornire tutti gli elementi della slide precedente. La legge non li

obbliga a fornire tutte quelle informazioni, perché non vendono il viaggio. 2) Gli ENTI TURISTICI … hanno per scopo la promozione del proprio

territorio, realizzano anche loro ITINERARI GENERICI, ma non contengono

tutte le informazioni della slide precedente.

Infatti: non “vendono” il viaggio.

UN ITINERARIO è CHIAMATO GENERICO (oppure SINTETICO)

quando l’indicazione relativa agli elementi che lo compongono è

approssimativa, sintetica.

Ad esempio: non contiene i numeri dei voli o dei treni, gli orari precisi di pasti o soste, il tipo di auto noleggiata, la quantità dei posti sui

pullman noleggiati, il nome della compagnia aerea, dell’aeroporto di

partenza, ecc…

Questi elementi sono invece obbligatori nella prossima tipologia di itinerario, quello analitico.

L’ITINERARIO ANALITICO

Dopo aver letto l’itinerario generico, il cliente può decidere di acquistare

il viaggio. Andrà in un’ADV a chiedere la prenotazione dei servizi, magari altre informazioni.

L’agente viaggio controllerà la disponibilità (ad esempio per sapere se c’è

posto telefonerà al TO, oppure all’hotel, ai fornitori, ecc ecc)

Se ci sarà posto, chiederà al cliente un acconto, perché in quel momento il cliente acquisterà il viaggio (stipula del contratto)

Tempo dopo, l’ADV chiamerà il cliente per dargli i documenti di viaggio e

incassare il saldo del costo totale del viaggio

SOLO In quel momento, gli consegnerà l’ITINERARIO ANALITICO

DEFINIZIONE di

ITINERARIO ANALITICO

Si chiama ITINERARIO ANALITICO quando è completato da tutta l’indicazione precisa di tutti i servizi che sono compresi nel viaggio

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Ad esempio: categorie degli hotel, orari di ritrovo e partenze, voli, treni, tipi di

auto o di pullman noleggiati, classi di volo, aeroporti, vettori, nomi hotel, tipo

di camere, menu ecc.

L’ITINERARIO (DAY BY DAY) o TECNICO

Quando un gruppo di clienti viene accompagnato da un TOUR LEADER

(vale a dire da un “Accompagnatore turistico”) il TO oppure l’ADV gli preparano un tipo di itinerario chiamato DAY BY DAY oppure TECNICO

Contiene, oltre a quanto già detto, anche i riferimenti dei fornitori di

servizi, quali il loro nome, il telefono, l’email, il fax, il nome delle persone

che hanno confermato le prenotazioni, le regole contrattuali stipulate, i nomi e i telefoni delle Guide Turistiche, i codici delle prenotazioni per

Musei o ingressi, ecc ecc

In pratica, contiene tutte le istruzioni per accompagnare il gruppo, ed è un

documento che ha in mano solo il Tour Leader (Accompagnatore Turistico) NOTE

E’ sempre meglio che un itinerario contenga anche una parte “GRAFICA”

, con una mappa del territorio (non tutti i clienti conoscono la geografia)

Già nei “generici” sarebbe meglio indicare i tempi di viaggio, o almeno i

chilometraggi, per descrivere il tempo che richiedono gli spostamenti sui mezzi di trasporto

Esiste una precisa terminologia, un lessico che va utilizzato

E’ preferibile usare sempre parole in lingua italiana, e non gergo tecnico

o inglese (non tutti i clienti capirebbero) Va sempre lasciato un po’ di tempo libero al cliente, indicandolo con:

“TEMPO A DISPOSIZIONE”, “TEMPO LIBERO” oppure (meglio)

“Pomeriggio libero, pomeriggio a disposizione” ecc ecc

LESSICO

TRANSFER

va scritto senza la “T” finale (parola tedesca) In lingua italiana, si

chiama: trasferimento”.

Va specificato “COME”, “con che mezzo”: a piedi, con auto privata, con pullman GT, con mezzo pubblico, con barca, con traghetto…

LESSICO: IL “TEMPO”

Nel GENERICO si usa indicare il tempo così:

- prima mattinata … (es. fino alle 8.00)

- mattina…. (es. da 8.00 a 10.30)

- primo pomeriggio …(es da 13.30) - pomeriggio … (es da 14.00 a 18.00)

- serata …(es, dopo le 20.00)

… ma poi tutto dipende dall’età e dalla nazionalità del cliente….

LESSICO : ATTIVITÀ

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VISITA – ESCURSIONE - TOUR?

- Si definisce “VISITA” quando dura al massimo un giorno o una mezza

giornata, ed è nel territorio più vicino

Si definisce “ESCURSIONE” quando il cliente uscirà dal Comune, per andare a visitare nel territorio circostante una qualche attrattiva turistica, ma a sera si

rientrerà in sede (in genere si tornerà in hotel o si tornerà a casa alla fine del

viaggio)

Si definisce “TOUR” quando il cliente si allontanerà dal territorio, per uno o più giorni, per andare a visitare nel territorio circostante, ma non tornerà a

dormire nel territorio da cui è partito (ad es. cambierà hotel ogni notte

successiva).

LESSICO: PASTI

I pasti vengono indicati così:

- Prima colazione (oppure: Colazione)

- Pranzo (quello di mezzogiorno) - Cena (quella serale)

- Cenone (quello di gala, es. Capodanno)

- Brunch (prima colaz e pranzo insieme)

- Spuntino

- Cestino pranzo

ELEMENTI DEL CONTRATTO

Le Adv e i TO devono obbligatoriamente “chiudere” il testo gli itinerari con :

IL COSTO (e la validità temporale del costo) : QUOTA DI PARTECIPAZIONE , divisa in:

LA QUOTA COMPRENDE..

LA QUOTA NON COMPRENDE…

LESSICO: esempi di “LA QUOTA COMPRENDE”

Trattamento di mezza pensione – pensione completa – B/B – solo

pernottamento (overnight only) in hotel cat… a…(località)

Bus – pullman GT / viaggio ed escursioni on pullman GT con autista –

vitto alloggio e diaria dell’autista – pedaggi autostradali e parcheggi posti a sedere riservati / posti letto riservati in cuccette vagoni letto

posti letto in cabina singola/doppia/turistica…

volo A/R in classe Turistica/Business/ in volo speciale…

Visite ed escursioni come da programma Camere singole/doppie/doppie uso singola/a 3-4 letti con servizi privati..

Servizio Guida come da programma

Nr. Gratuità per il gruppo – sulla base di tot partecipanti

Assicurazione personale R.C. e infortuni – assicurazione bagaglio – assicurazione annullamento

Numero di emergenza attivo 24/24 ore

LESSICO: esempi di “La quota non comprende”

Pranzi di mezzogiorno Bevande a tavola

Prenotazioni e ingressi

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Extra o spese di carattere personale

Mance (N.B. qualche volta SONO comprese nel costo, obbligatorie.. Vedi

Magreb)

Tutto quanto non indicato nella voce “la quote comprende”

L’Unesco nel mondo e il Italia

L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e

la Cultura (in inglese United Nations Educational, Scientific and Cultural

Organization, da cui l'acronimo UNESCO) è stata fondata durante la

Conference of Allied Ministers of Education (CAME) che si è svolta nel

novembre 1945 a Londra .

E’ un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata con lo scopo di

promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni mediante l'istruzione,

la scienza, la cultura, la comunicazione e l'informazione; per promuovere "il

rispetto universale per la giustizia, per lo stato di diritto e per i diritti umani e

le libertà fondamentali" quali sono definite e affermate dalla Carta dei Diritti

Fondamentali delle Nazioni Unite.

L' Italia è stata ammessa a fare parte di suddetta organizzazione l'8

novembre 1947 durante la seconda sessione della Conferenza Generale che si

svolse a Città del Messico e nel 12 luglio 1949 fu istituita la Commissione

Nazionale per l'Educazione, la Scienza e la Cultura. Il riconoscimento dato

dall’Unesco ebbe, per l’Italia, il valore morale di un primo passo verso

l'ammissione dell'Italia all'ONU.

Una delle missioni dell'UNESCO è quella di mantenere una lista di

patrimoni dell'Umanità, importanti culturalmente o dal punto di vista

naturalistico, la cui conservazione e sicurezza è ritenuta importante per la

comunità mondiale.

L’UNESCO ha finora riconosciuto un totale di 1001 siti (777 beni

culturali, 194 naturali e 30 misti) presenti in 161 Paesi del mondo.

h

Attualmente l’Italia è la nazione che detiene il maggior numero di

siti (51) inclusi nella lista dei Patrimoni dell'Umanità.

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1979 Arte Rupestre della Valle Camonica (Bs)

1980 (e 1990) Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e San Paolo fuori le Mura

La Chiesa e il convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie e il “Cenacolo” di Leonardo da Vinci a Milano

1982 Centro storico di Firenze

1987 Venezia e la sua Laguna

1987 Piazza del Duomo a Pisa

1990 Centro Storico di San Gimignano (Si)

1993 I Sassi e il Parco delle Chiese Rupestri di Matera

1994 La città di Vicenza e le ville del Palladio in Veneto

1995 Centro storico di Siena

Centro storico di Napoli

Crespi d'Adda (Bg)

Ferrara, città del Rinascimento, e il Delta del Po

Castel del Monte (Andria)

1996 Trulli di Alberobello (Ba)

Monumenti paleocristiani di Ravenna

Centro storico di Pienza (Si)

1997 La Reggia di Caserta del XVIII con il Parco, l'acquedotto Vanvitelli e il Complesso di San Leucio (spostare a destra)

Residenze Sabaude (Piemonte)

L'Orto botanico di Padova

Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto) (Sp)

Modena: Cattedrale, Torre Civica e Piazza Grande

Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata (Na)

Costiera Amalfitana (Sa)

Villaggio Nuragico di Barumini (Vs)

1998 Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula (Sa)

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Centro Storico di Urbino

Zona Archeologica e Basilica Patriarcale di Aquileia (Ud)

1999 Villa Adriana di Tivoli

2000 Assisi, La Basilica di San Francesco e altri siti Francescani (Pg)

Città di Verona

2001 Villa d’Este di Tivoli

2003 Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia

Monte San Giorgio (Lombardia/Svizzera)

2004 Necropoli Etrusche di Cerveteri e Tarquinia (Roma)

Val d'Orcia (Si)

2006 Genova, le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli

2008 Mantova e Sabbioneta

La ferrovia retica nel paesaggio dell'Albula e del Bernina (Lombardia/Svizzera)

2009 Dolomiti

2011 I longobardi in Italia. Luoghi di potere

Siti palafitticoli preistorici delle Alpi

2013 Ville medicee (Toscana)

2014 Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe - Roero e Monferrato

In Sicilia, sono 7 i siti ritenuti dall’UNESCO Patrimonio per l’Umanità:

1997 Area Archeologica di Agrigento

1997 La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina (En)

2000 Isole Eolie (Me)

2002 Le città tardo barocche del Val di Noto (Caltagirone, Militello in val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli)

2005 Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica

2013 Monte Etna

2015 Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Monreale e Cefalù

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IL TURISMO ACCESSIBILE

Il turismo accessibile consiste nel permettere a tutti di godere di un'esperienza

turistica.

In base alle stime dell'ONU, nel mondo vivono circa 650 milioni di persone disabili. Se si contano anche i loro familiari, ciò significa che circa 2 miliardi di

persone, vale a dire quasi un terzo della popolazione mondiale, sono

direttamente interessate dal problema della disabilità.

Molte persone hanno esigenze di accesso, a prescindere se dovute o meno a una disabilità. Ad esempio, le persone più anziane, meno mobili o quelle con

ausili per la deambulazione hanno esigenze di accesso che possono diventare

serie limitazioni quando sono in vacanza. La popolazione europea sta

invecchiando: entro il 2050 il numero degli over 65 si sarà triplicato rispetto al 2003, mentre quello degli ultraottantenni sarà cinque volte superiore al livello

attuale.

Per queste persone viaggiare può rivelarsi un'impresa. Anche trovare

informazioni sui servizi accessibili, imbarcare i bagagli in aereo, prenotare una stanza adeguata può spesso risultare difficile e costoso e richiedere parecchio

tempo.

Queste cifre rivelano un enorme potenziale di mercato che attualmente

rimane in gran parte sottoutilizzato.

Un mercato mal servito

Rendere i servizi turistici più accessibili è una responsabilità sociale,

ma anche un valido motivo commerciale per promuovere la

competitività del turismo in Europa.

Diverse esperienze dimostrano che a volte basta operare piccoli adeguamenti strutturali, fornire informazioni precise e comprendere le esigenze dei disabili

per accrescere il numero dei visitatori.

Migliorare l'accessibilità dei servizi turistici ne migliora la qualità e li rende

universalmente fruibili, con effetti positivi sulla qualità di vita delle comunità locali.

La Commissione europea persegue questo obiettivo attraverso le seguenti

azioni:

sensibilizzazione dei portatori di interessi e degli operatori economici del

settore del turismo

raccogliere conoscenze sulle richieste e il comportamento dei viaggiatori con

esigenze di accesso particolari e valutare l'impatto economico del turismo

accessibile: uno studio "Economic impact and travel patterns of accessible

tourism in Europe" è stato pubblicato nel giugno 2014

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individuare le opzioni per migliorare la gamma di servizi turistici accessibili

migliorare le competenze specifiche nel settore : uno studio "Mapping skills

and training needs to improve accessibility in tourism services" è stato

pubblicato nel giugno 2014

miglioramento delle informazioni sul turismo accessibile per i disabili

sostegno al turismo sociale: Calypso

TURISMO SOSTENIBILE

E' tempo di vacanze o di un week-end lontano dalla città? Cosa c'è di meglio che trovarsi imbottigliati per ore sulla via del mare, non trovare una spiaggia libera ma solo accessi a pagamento e, infine, ammirare una lunga distesa di opere edilizie costruite a pochi metri dal mare? Per quanto ci riguarda ci siamo pressoché stancati di queste vacanze e siamo andati di persona alla ricerca di soluzioni di turismo sostenibile. Che cosa è il turismo sostenibile? Detto in breve il turismo sostenibile è la presenza di strutture e servizi turistici realizzati in modo tale da non distruggere o penalizzare il panorama, il mare e l'ambiente. Il turismo sostenibile privilegia l'alloggio dei villeggianti nell'entroterra (almeno due chilometri dal mare) lasciando intatta la costa allo stato naturale. I villeggianti possono raggiungere il mare mediante servizi di navettamento in pulman, in bicicletta e godersi il mare immersi nella natura, senza opere in cemento nelle vicinanze e senza l’eccessiva presenza degli stabilimenti balneari. Il turismo sostenibile fa risparmiare sulla spesa per le vacanze. Facciamo qualche esempio. Piuttosto che ricercare costosi alloggi a pochi metri dal mare siamo andati alla ricerca di case in affitto nell'entroterra a 4-5 km dal mare. Costano decisamente meno, in genere sono appartamenti altrimenti chiusi posti al secondo piano delle case di proprietà dei cittadini residenti. Alloggiare in una località dell'entroterra offre ai villeggianti quei servizi urbani a cui siamo stati abituati in città (uffici postali, alimentari a basso costo, telefono, negozi ecc.) senza necessità di duplicare queste attività nelle località di mare. Recarsi al mare in auto o in bicicletta immersi nella natura di una strada provinciale, senza traffico e per pochi chilometri, è sicuramente piacevole se la meta di destinazione è una spiaggia libera, poco affollata e con macchia mediterranea alle spalle. Affittare una casa per l'estate nell’entroterra delle località di mare rappresenta una forma reddito per cittadini del luogo favorendo lo sviluppo sostenibile della zona. Un'alternativa all'affitto arriva dall’accoglienza in agriturismo o in campeggi privi di pesanti strutture in cemento, localizzati a distanza sostenibile dalle spiagge. Volendo fare uno slogan potremmo dire: "scappa al mare, non farti inseguire dalla città". Che senso ha scappare dallo stress urbano per poi ritrovarlo nell'acqua in cui ti immergi? Trovare una spiaggia pulita e proteggerla conviene a tutti. Il turismo sostenibile è un'opportunità di reddito per i cittadini del luogo. Le spiagge italiane sono una fonte di reddito e un valore economico per tutti. Distruggerle con le speculazioni edilizie o privatizzarle non avvantaggia

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nessuno. Il turismo sostenibile protegge le spiagge e fornisce un reddito turistico ai cittadini residenti nell'entroterra sia mediante l'affitto degli alloggi privati come residenze estive (es. secondo piano delle case) sia come crescita del giro di affari nell'indotto commerciale (es. negozi, servizi, attività commerciali già presenti nell'entroterra). Il turismo sostenibile non va contro l’attività edilizia. Con il turismo sostenibile e la crescita della ricchezza distribuita tra le popolazioni residenti aumenterebbe anche la richiesta di nuove costruzioni per migliorare le strutture dell'entroterra senza il rischio di distruggere la bellezza delle coste da cui dipende l'afflusso turistico nella zona. Si chiede semplicemente di evitare la tentazione di costruire sulla costa. E’ inutile e dannoso costruire sulle spiagge o nelle vicinanze mettendo a rischio l’afflusso turistico dell'intera area. Oggi una spiaggia ancora allo stato naturale vale oro ed è fonte di reddito per tutta la comunità locale. In conclusione, qualsiasi opera in cemento che non rispetti la legge danneggia gli interessi di tutti. Denunciare gli abusi edilizi sulle coste è interesse di tutti i cittadini. Durante i mesi estivi non è necessario prendere l'aereo per farsi un bagno a mare a 7.000 km di distanza da casa. Queste spiagge ancora allo stato naturale esistono anche in Italia. Il meridione italiano è ancora ricco di spiagge da proteggere e da custodire.

Tutela: definizioni e concetti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio

In conformità con l’articolo 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo

sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il

patrimonio storico e artistico della Nazione”), il Codice dei beni culturali e del paesaggio ha fissato i concetti guida relativi al pensiero e alle attività sul

patrimonio culturale italiano.

Tutela

La tutela è ogni attività diretta a riconoscere, proteggere e conservare un bene del nostro patrimonio culturale affinché possa essere offerto alla conoscenza e

al godimento collettivi.

Si esplica pertanto in:

riconoscimento, tramite il procedimento di verifica o dichiarazione dell’interesse culturale di un bene, a seconda della sua natura proprietaria;

protezione;

conservazione.

Conservazione

La conservazione è ogni attività svolta con lo scopo di mantenere l’integrità,

l’identità e l’efficienza funzionale di un bene culturale, in maniera coerente,

programmata e coordinata.

Si esplica pertanto in: studio, inteso come conoscenza approfondita del bene culturale;

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prevenzione, intesa come limitazione delle situazioni di rischio connesse al

bene culturale nel suo contesto;

manutenzione, intesa come intervento finalizzato al controllo delle condizioni

del bene culturale per mantenerlo nel tempo;

restauro, inteso come intervento diretto su un bene culturale per recuperarne

l’integrità materiale.

Valorizzazione La valorizzazione è ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza

e di conservazione del patrimonio culturale e ad incrementarne la fruizione

pubblica, così da trasmettere i valori di cui tale patrimonio è portatore.

La tutela è di competenza esclusiva dello Stato, che detta le norme ed emana i provvedimenti amministrativi necessari per garantirla; la valorizzazione è

svolta in maniera concorrente tra Stato e regione, e prevede anche la

partecipazione di soggetti privati.

Dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 22

gennaio 2004, n. 42)

Articolo 1. Principi

[…]

2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a

preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura.

3. Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano

e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la

pubblica fruizione e la valorizzazione. 4. Gli altri soggetti pubblici, nello svolgimento della loro attività, assicurano la

conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale.

5. I privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al

patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono tenuti a garantirne la conservazione.

6. Le attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del

patrimonio culturale indicate ai commi 3, 4 e 5 sono svolte in conformità alla

normativa di tutela.

Articolo 3. Tutela del patrimonio culturale

1. La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività

dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la

conservazione per fini di pubblica fruizione.

2. L'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti

volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale.

Articolo 6. Valorizzazione del patrimonio culturale 1. La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle

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attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad

assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del

patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di

promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In

riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione

degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero

la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. 2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non

pregiudicarne le esigenze.

3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati,

singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.

Articolo 29. Conservazione

1. La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione,

manutenzione e restauro.

2. Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le

situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto.

3. Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento

dell'integrità, dell'efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti.

4. Per restauro si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso

di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel

caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla

normativa vigente, il restauro comprende l'intervento di miglioramento

strutturale. 5. Il Ministero definisce, anche con il concorso delle regioni e con la

collaborazione delle università e degli istituti di ricerca competenti, linee di

indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli di intervento in materia di

conservazione dei beni culturali.

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MILAZZO

LA STORIA

A Milazzo, come su tutta l'Isola, giunsero, si

fermarono e scomparvero le più disparate civiltà; e qui, come altrove, tutti lasciarono magnifici e

splendidi segni della loro presenza, a cominciare

dagli abitatori d'età neolitica.

Sicché a Milazzo i rinvenimenti archeologici spaziano dalle quattro necropoli (età del bronzo e

del ferro ed età greco-romana) ai reperti

dell'insediamento

greco e romano e poi ancora

bizantini, arabi e normanni, angioini e

spagnolì, fino alle memorie d'età

risorgimentale. Reperti e tanta storia che i

pochi cenni da depliant turistico stimolano semmai ad approfondire e leggere per intero.

Di Milazzo si parla tra il IX e l'VIII secolo a.C.,

ovvero fin dall'epoca della colonizzazione

greca. In età romana il nome della città è legato, tra l'altro, alla splendida vittoria che le navi, dotate di "corvi" , del

console Caio Duilio riportarono, nel 260 a.C., sui cartaginesi.

Sotto i bizantinì, Milazzo fu tra le prime sedi vescovili della Sicilia. Venne poi

espugnata dagli arabi che la fortificarono e ne fecero importante centro

commerciale ed agricolo.

A tale periodo, tra il 976 e il 1100, risale il suggestivo Castello che subirà modifiche in epoca normanna, sveva e aragonese. Oggi quelle vetuste mura

accolgono, per via di un capiente anfiteatro, spettacoli e concerti d'alto livello.

Col succedersi dei secoli, si avvicendano a Milazzo i personaggi che hanno fatto

la storia: da Ruggero il Normanno a Federico II di Svevia, ad Alfonso d'Aragona; e poi ancora a Carlo

d'Angiò.

Una passeggiata nella città culturale pone a

contatto con i ruderi del trecentesco palazzo dei Giurati e il Duomo seicentesco; alla metà del XVI

secolo risale la cinta muraria spagnola. Parecchie

le chiese milazzesi degne di una non fugace visita,

a cominciare dal Santuario di S. Francesco da

Paola e quello di S. Antonio da Padova.

Forse fu qui che Ulisse naufrago incontrò il mitico ciclope ed è forse questa la terra dove, secondo la descrizione omerica, pascolavano gli armenti del Dio

Sole. Milazzo tra mito e storia, al di là di una antica rivendicazione che ha

agitato tante località desiderose ed orgogliose d'essere identificate come luogo

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toccato dall'errabondo re di Itaca, vanta comunque le sue vetuste origini. I

riferimenti storici degli antichi cronisti, tra i più autorevoli, fissano la sua

fondazione ad opera dei greci nel 716 a. C., ovvero nell'epoca della prima

colonizzazione della Sicilia.

Per tanta longevità e per origini così nobili, quella che fu dagli antichi chiamata "Aurea Chersoneso" era terra ricca di vegetazione; acque e verde riempivano

le ridenti e fertili pianure ed un clima mitissimo sulle sponde del Tirreno

favoriva, secondo le leggende, il soggiorno degli dei dell'Olimpo.

La "penisola del Sole" costituiva un punto d'approdo per raggiungere le "settesorelle" le magiche isole dove, con Eolo, dio del vento, abitavano ninfe,

satiri giocondi e sileni vogliosi di vino e di appetitose fanciulle.

Di quel mondo di favola, eden pagano ed insieme aspirazione ideale di

comunità che sapevano fantasticare, oggi rimane, a dispetto dell'avanzata,

spesso devastante, del progresso, un sapore indistrutto. Sì, è passata la civiltà industriale, ma non ha cancellato quel che rimane immortale, ovvero la poesia,

il mito, la bellezza e il fascino del paesaggio, le tracce della storia.

E le isole del Dio sono ancora lì, ombre fuggenti nelle notti chiare e negli

assolati mattini d'estate, quando la foschia è nebbia di sogno.

Quel promontorio che si allunga sul mare deve averlo plasmato di certo un Dio, forse Eolo stesso che vi soffiò sopra aure vitali; un dio come quello biblico che

afferra una manciata di terra e la modella per farne un uomo. Così quella

striscia ha l'aria d'essere stata lanciata da sacra mano perché prendesse

forma, quella di un dito che vuol indicare che più in là, lontane tra l'azzurro del

Tirreno, si ergono bellissime le isole dell'arcipelago eoliano, una sorta di divina segnaletica turistica, la meta per un mistico appuntamento, per una pietà

religiosa o una pratica d'amore.

Così forse videro capo Milazzo i primi abitatori dell'età neolitica, presenti per

storiche certezze, per i segni tipici che furono propri di quell'età fuori del

tempo, oscura e pulsante di vita, misteriosa e affascinante come tutta la preistoria, qui o altrove, con quel carico di indecifrabili avanzi che posseggono

la sola certezza dell'incerto.

La millenaria storia di Milazzo comincia nel regno delle ombre, quando la storia

non è ancora storia e ci conduce ai giorni nostri, nell'età che viviamo, palpabile

e certa. Il reale di questa terra cade sotto gli occhi di tutti, soprattutto del gran mondo

che si muove, che gira, che ricerca mito e storia per rendere gradevole la

propria vacanza.

L'Aurea Chersoneso oggi è una perla esaltata dal turismo internazionale.

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Itinerario di visita n. 1

Vaccarella, Borgo, Castello, Marina Garibaldi

IL PALAZZO DEI MARCHESI D’AMICO

L’itinerario si snoda tra la parte alta dell’abitato, il suo quartiere marinaro per

antonomasia ed il suggestivo lungomare di levante. S’inizia con la visita alle

lussuose sale del settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico, residenza di una delle famiglie milazzesi più facoltose, proprietaria sino alla metà del secolo

scorso di alcune tonnare cittadine e di ubertosi vigneti destinati alla produzione

del vino da taglio che Milazzo esportava in abbondanza anche verso i mercati

d’Oltralpe.

Il palazzo, recentemente restaurato, ospita oggi la Biblioteca Comunale (al

secondo piano, dove è possibile ammirare un cospicuo fondo librario arricchito,

tra l’altro, da incunaboli e cinquecentine) ed è sede di frequenti convegni, esposizioni ed incontri culturali, che si svolgono perlopiù al primo piano

(cosiddetto piano nobile), dove pavimentazioni settecentesche, affreschi -

alcuni dei quali risalenti ai primi del Novecento - ed antiche carte da parati

impreziosiscono gli interni di questa austera residenza, la cui facciata,

realizzata nella prima metà del XVIII sec., è ingentilita da pregevoli decorazioni in pietra da taglio.

La facciata settecentesca del Palazzo dei Marchesi D’Amico

Nei locali del piano nobile, ben climatizzati, sono esposti alcuni cimeli

risorgimentali, tra i quali spiccano lo scrittoio ed il letto utilizzati da Giuseppe

Garibaldi nella vicina Merì alla vigilia della storica battaglia di Milazzo del 20

luglio 1860. Interessanti anche un quadro di Menotti Bruno (1898) raffigurante il patriota sen. Domenico Piraino, un ritratto ottocentesco di Giuseppe Garibaldi

recentemente restaurato ed un busto marmoreo di Umberto I, opera dello

scultore milazzese Francesco Greco (1881).

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Palazzo dei Marchesi D’Amico, affreschi del salone centrale del piano

nobile

LA CHIESA DI S. FRANCESCO DI PAOLA

Uscendo dal portale del Palazzo dei Marchesi D’Amico ed incamminandosi verso sinistra si giunge dopo appena dieci metri ad un vicolo in salita (vico Galletti)

che conduce alla storica chiesa di S. Francesco di Paola, ben visibile sullo

sfondo. Annessa all’attiguo convento, venne fondata dall’omonimo santo

intorno al 1464, per poi essere

rimaneggiata nei secoli successivi, da ultimo intorno alla metà del Settecento,

quando venne dotata di un’elegante

facciata impreziosita da decorazioni in

pietra da taglio e di un ciclo di affreschi andato perduto e sostituito da quello

eseguito nel 1914 da Raffaele Severino.

Al 1914 risalgono altresì le artistiche

vetrate realizzate da Salvatore Gregorietti. Tele e pale d’altare

arricchiscono l’aula della chiesa: tra le

altre, una firmata e datata da Letterio

Paladino (1723). Tra le opere d’arte

spiccano un coro ligneo, una statua marmorea della Madonna col Bambino di

scuola gaginiana, recante alla base lo

stemma dei Ventimiglia, ed il simulacro

di San Francesco di Paola, presente in marmo (XVIII sec.) anche nella scalinata

antistante la chiesa, scalinata

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recentemente ampliata con balaustre perfettamente analoghe a quelle originali

situate vicino al portale d’ingresso del tempio.

I Milazzesi sono molto affezionati a questa chiesa per la profonda devozione al loro Santo più caro, patrono della gente di mare, la cui affollatissima

processione (prima domenica di maggio) è seguita il martedì successivo

dall’altra della “Berrettella” (custodita in reliquiario d’argento) che lo stesso

San Francesco indossava in vita. Quest’ultima processione si svolge in parte sul mare e culmina con una breve cerimonia nello specchio d’acqua antistante la

Marina Garibaldi.

L’elegante facciata della chiesa di S. Francesco di Paola

Nella chiesa si conservano i resti di S. Candida, una Martire delle catacombe di

S. Ciriaca in Roma, traslata a Milazzo nel XVIII secolo, come attesta peraltro chiaramente un’antica certificazione di autenticità delle reliquie sottoscritta dal

Vescovo di Porfiria nel 1784. Una Martire dei primi secoli della Chiesa di Roma,

dunque, non la pia, devota ed omonima contemporanea milazzese del Santo di

Paola, cui spesso vengono erroneamente associati questi resti custoditi entro

teca in una cappelluccia ubicata dirimpetto alla Sacrestia, dove invece si può ammirare un pregevolissimo armadio ligneo.

Sotto la pavimentazione, recante iscrizioni sepolcrali di famiglie gentilizie, è

custodita, ma al momento è inaccessibile, la cripta, dove in un cartiglio si legge la data 1770. All’esterno della chiesa, nella facciata laterale rivolta verso nord,

una palla di cannone fa bella mostra di sé a ricordo della nota battaglia

risorgimentale tra le truppe garibaldine e quelle borboniche (20 luglio 1860).

La chiesa custodisce tra le altre la tomba del patriota milazzese sen. Domenico Piraino, vissuto nell’Ottocento.

IL PALAZZO DEL GOVERNATORE

Uscendo dalla chiesa, si consiglia d’imboccare la via in salita intitolata alla memoria di Giuseppe D’Amico Rodriquez, aristocratico milazzese che abitava

nel bel palazzo, purtroppo abbandonato al degrado, che un tempo fu dimora

del governatore, la massima autorità militare di Milazzo.

La costruzione del palazzo, impropriamente denominato «dei Viceré», ebbe

inizio nel 1612 in seguito all’adozione da parte degli amministratori comunali

dell’epoca di una concessione edilizia, che autorizzava Francesco Baeli, primo

proprietario dello storico edificio, ad innalzare il fabbricato, la cui facciata è impreziosita da stupende mensole figurate (i cosiddetti cagnoli).

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Il portale principale del Palazzo del Governatore

L’edificio venne interessato nel tempo da diversi interventi di manutenzione:

documentati quelli del 1724, 1787 e 1811. Gravemente danneggiato dal

terremoto del 28 gennaio 1831, venne ricostruito nelle forme attuali da

Giuseppe D’Amico Rodriquez, che avviò l’acquisizione delle quote di proprietà degli eredi Baeli.

Il Palazzo del Governatore, attualmente di proprietà dell’ente morale “Regina

Margherita”, ebbe tra i suoi illustri ospiti Luigi Filippo d’Orleans, re di Francia

nella prima metà dell’Ottocento. La visita prosegue al più importante bene culturale cittadino, cui si giunge

percorrendo la via Duomo antico, che si imbocca dopo essere passati di fronte

alla chiesetta di S. Gaetano (o Madonna della Catena) ed alla settecentesca

badia benedettina, che ospitò le monache dopo il loro abbandono della città murata.

IL CASTELLO (CITTA’ MURATA)

Cuore della città e sua principale ragion d’essere, il Castello di Milazzo sorge in uno dei pochi luoghi del Mediterraneo ininterrottamente abitati dall’uomo da

almeno cinquemila anni. La possente rocca naturale, da cui prese nome la città

greca, aveva già visto fiorire la civiltà del neolitico, del bronzo e del ferro, e

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continuò ad essere fortezza di primaria importanza per il controllo della costa

settentrionale della Sicilia e del suo mare sotto i Greci, i Romani e i Bizantini,

anche se la natura rocciosa del suolo, il suo declivio ed il suo sconvolgimento

per la costruzione delle cinte bastionate non hanno lasciato traccia alcuna delle fortificazioni erette prima della conquista araba.

Planimetria della città murata (foto d’archivio)

Rimangono soltanto alcune preziose testimonianza di vita quotidiana:

rinvenute casualmente entro il perimetro murario del maniero, attestano la

presenza dell’uomo già in età classica. È il caso, ad esempio, della moneta mamertina rinvenuta nel 2005 nell’area antistante il monastero delle

benedettine e raffigurante il Dio Adranos (III sec. a. C.) o di quella, risalente

ad un secolo prima e coniata dalla zecca di Siracusa, che raffigura un

ippocampo al diritto e la testa di Atena al rovescio. Testimonianze di notevole valore storico che, unitamente ai numerosi conci a vernice nera raccolti dal

piano di calpestio, rendono ormai indifferibile l’esecuzione di nuove campagne

di scavi da parte della Sovrintendenza.

L'ippocampo nella moneta del IV sec. a. C. rinvenuta nella città murata.

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Il Mastio, che sorge sul punto più alto dello sperone roccioso a strapiombo sul

mare e chiude un’ampia ed ariosa corte, ha come suo nucleo più antico la torre

detta “saracena” e come suo ambiente più pregevole l’elegante salone

all’interno del quale si trova un possente camino. Iniziato forse sotto gli Arabi, ampliato dai Normanni, il Mastio assunse la sua struttura attuale (come

rivelano le otto torri angolare e mediane) sotto Federico II di Svevia. Alcuni dei

conci in pietra lavica che ornano le strutture murarie delle torri e del salone

recano ancora oggi i marchi dei lapicidi, geometrici contrassegni che consentivano di riconoscere – e conseguentemente controllare e remunerare –

il lavoro dei singoli maestri impegnati nel cantiere milazzese.

Il Mastio col suggestivo sfondo dell'Etna innevata

(foto by Marco Milazzo)

Successivamente, sotto gli Aragonesi, il Mastio normanno-svevo venne

protetto dal tiro delle armi da fuoco attraverso la costruzione, alla fine del

Quattrocento, della cinta bastionata che lo racchiude (cosiddetta cinta

aragonese). Infine, nel Cinquecento gli Spagnoli, per proteggere la città e la costa dai pirati barbareschi che avevano saccheggiato le Eolie e la Calabria e

per avere un’imprendibile fortezza da cui controllare Messina, innalzarono la

poderosa cinta muraria contraddistinta dalle numerose caditoie destinate alla

difesa piombante.

Con la costruzione della cortina cinquecentesca (cosiddetta cinta spagnola)

l’intero complesso fortificato assunse la fisionomia di una vera e propria città

murata, entro la quale erano ubicati i palazzi del potere, dalle sede municipale

agli uffici giudiziari, cinque-sei edifici di culto, oltre alla chiesa madre innalzata alle soglie del Seicento, e le numerosissime abitazioni civili di coloro i quali

dimoravano all’interno della stessa città murata. Un complesso di fabbricati

pubblici e privati del quale oggi, se si eccettuano l’antico duomo e la

secentesca badia benedettina, non rimangono altro che i perimetri murari di base, solo in parte affioranti in superficie.

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Una suggestiva immagine della cinta spagnola (gentile concessione

SiciliAntica Milazzo)

Imponente e suggestiva, la poderosa cinta spagnola, che comprende la cortina e i due bastioni ad essa affiancati (denominati rispettivamente «di

Santa Maria» e «delle Isole»), è il risultato della progettazione di alcuni dei

migliori ingegneri militari del tempo. Tra questi, il bergamasco Antonio

Ferramolino, al quale si deve la realizzazione di uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi dell’intera città murata: la galleria di contromina del bastione delle

Isole, un lungo e tenebroso cunicolo, ricavato nel perimetro murario dello

stesso bastione, che aveva lo scopo di prevenire gli attacchi delle mine

nemiche, ossia dei tunnel sotterranei realizzati dagli assedianti al fine di

raggiungere la base delle fortificazioni onde collocarvi potenti cariche esplosive capaci di distruggerle. Proprio per prevenire tali attacchi il Ferramolino

consigliò la realizzazione di una galleria di contromina, dove l’assediato

avrebbe pazientemente vigilato ascoltando l’eventuale approssimarsi dei colpi

di piccone della costruenda mina nemica, che, non appena intercettata, sarebbe stata prontamente neutralizzata.

Questo complesso sistema di fortificazioni non venne mai espugnato: non ci

riuscirono neppure gli Spagnoli, che l’avevano eretto, quando tentarono da qui di riconquistare la Sicilia perduta. E lo stesso Garibaldi fermò la sua avanzata

vittoriosa sotto le mura del Castello, finché l’esercito borbonico, per il collasso

dello Stato napoletano, non si arrese.

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Il Duomo antico con il mare di levante sullo sfondo

Cominciò allora il declino della città murata: il Duomo antico, eretto a partire

dal 1607 - è caratterizzato da forti membrature di sapore michelangiolesco, da

una facciata recante meridiana, zodiaco ed una scultura in marmo raffigurante

S. Maria col Bambino, nonché da eleganti geometrie in pietra da taglio di Siracusa tanto all’interno quanto all’esterno, oltre che da altari arricchiti da

stupende tarsie marmoree - fu abbandonato al vandalismo ed al degrado (la

graduale distruzione venne inaugurata dai garibaldini, prima, e dalle truppe del

giovane Regno d’Italia, dopo) mentre il Mastio diventava un carcere, rimanendo tale sino al 1960.

È solo da qualche decennio che la città ha cominciato a riappropriarsi di quello

che un tempo era il suo cuore pulsante. In questi anni, la realizzazione di un teatro all’aperto, i restauri dell’antico Duomo (di cui ancora oggi non si conosce

il nominativo del progettista, mentre si conosce quello dell’architetto nonché

capomastro palermitano - Giuseppe Gasdia - che ne ha diretto il cantiere dal

1615 circa) e quelli parziali di diversi ambienti delle cinte murarie hanno

rappresentato indubbiamente alcuni decisivi passi in avanti in direzione del recupero di una delle fortificazioni più importanti della Sicilia.

ANTICHI REPERTI IN MOSTRA - Entro la Sacrestia dell'antico Duomo è

possibile ammirare la mostra permanente allestita nel 2005 dalla Società Milazzese di Storia Patria (in collaborazione col Comune di Milazzo e la

Sovrintendenza ai BB. CC. e AA. di Messina) sui reperti rinvenuti all’interno del

complesso fortificato: ben 232 antiche monete, bottoni di divise militari, pipe e

fischietti in terracotta, medagliette devozionali, pietre focaie ed antichi proiettili, ditali, e, tra l’altro, la riproduzione dell’orribile “gabbia di Milazzo”

rinvenuta nel 1928 ed oggi custodita presso il Museo Criminologico di Roma.

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Il Castello normanno-svevo-aragonese visto dal fortino dei Castriciani

IL FORTINO DEI CASTRICIANI E LO SCARABEO

Abbandonata la città murata si consiglia una passeggiata lungo le mura

esterne dell’antico maniero. Costeggiando il bastione di S. Maria ci si immette

nel vicoletto che consente di raggiungere il panoramico fortino dei Castriciani con annesso piazzale, la cui denominazione trae origine dagli abitanti di

Castroreale preposti qualche secolo fa alla custodia di questa fortificazione

avanzata. Il fortino, purtroppo in avanzato stato di degrado, è postazione

panoramica privilegiata che consente di gustare la vista mozzafiato delle isole Eolie nonché dell’antico Duomo e delle diverse fortificazioni della città murata

che si innalzano sull’altura rocciosa e selvaggia. Ma soprattutto si può

ammirare la porzione iniziale della penisola milazzese, che si protende sinuosa

tra i due mari di levante e di ponente. E’ consigliata la visita al fortino durante

il tramonto.

Scendendo giù, in direzione sud, si giunge al piazzale dove sorgono le chiese

dell’Immacolata e di S. Rocco, con altri punti panoramici, dai quali si osserva

meglio la città bassa. Tornando indietro (percorso consigliato) si prosegue invece verso le vie Trincera e Papa Giovanni XXIII, ossia lungo la cinta

spagnola della città murata, la cui cortina - collocata tra i possenti bastioni di

S. Maria e delle Isole e caratterizzata dalle numerose caditoie destinate alla

difesa piombante – è fronteggiata dal rivellino avanzato di S. Giovanni, costruito nel 1646 e collegato un tempo alla cortina cinquecentesca o spagnola

da un ponte levatoio, accennato nel corso dei recenti lavori di restauro.

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La penisola milazzese tra i mari di levante e ponente vista dal fortino

dei Castriciani

Superato il bastione delle Isole, un ampio piazzale panoramico consente infine

di osservare il Tono, altro quartiere marinaro di Milazzo, sede un tempo

dell’omonima tonnara, e soprattutto il misterioso “scarabeo”, realizzato lungo le mura di recinzione del Castello verisimilmente in età normanna. Si tratta di

una sorta d'insetto costituito da conci parallelepipedi in pietra lavica, le cui ali

pare abbiano avuto anticamente la funzione di quadranti solari. In tal senso

una serie di studi approfonditi è stata recentemente condotta dallo studioso milazzese Carmelo Fulco, il quale sta provvedendo a rilevare sistematicamente

e periodicamente le varie registrazioni astronomiche allo scopo di svelare

quanto prima il mistero che si nasconde dietro questa suggestiva antica

decorazione in pietra lavica, della quale già alle soglie del Settecento s'ignorava la funzione.

Lo scarabeo (denominato anche «gli occhi di Milazzo»).

Da notare l’ombra riflessa dalla semisfera

dell’occhio destro sull’ellisse rialzata rispetto all’intonaco. Era un

quadrante solare?

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Chiesa del Rosario, particolare degli affreschi di Domenico Giordano

(1789)

CHIESA DEL ROSARIO O S. DOMENICO

Percorrendo la via S. Giuseppe si giunge alla chiesa del Rosario, parte

integrante del vasto convento di S. Domenico fondato, come la stessa chiesa, nel XVI sec. La semplice facciata del tempio fronteggia la scalinata che

conduce all’ingresso principale della città murata. La chiesa, a tre navate

separate da colonne, è sormontata da un elegante ciclo di affreschi firmato e

datato (Domenico Giordano, 1789) e custodisce al proprio interno antiche e pregevoli opere pittoriche (qualcuna attribuita a Filippo Jannelli), tra le quali il

quadro - un tempo nella chiesa dei Cappuccini - raffigurante la Madonna degli

Abbandonati («Nuestra Senora de los desanparados de Valencia»), donata da

alcuni cittadini spagnoli di Valenzia in servizio nella fortezza di Milazzo nel Seicento. Pregevole un paliotto ligneo dipinto in azzurro ed oro recante lo

stemma della nobile famiglia Cumbo. L’aula della chiesa è impreziosita da

lapidi marmoree sepolcrali munite di stemmi ed iscrizioni, da un coro ligneo e,

tra l’altro, da un sarcofago marmoreo risalente al 1625. Si conserva altresì la

statua della Madonna del Rosario, che ad ottobre viene condotta in processione: è stata realizzata dall’artista Luigi Guacci di Lecce nei primi

decenni del Novecento.

Interessanti anche i locali, solo parzialmente recuperati, dell’annesso convento che ospita un elegante chiostro in corso di restauro. Piuttosto elegante il

piccolo oratorio del Nome di Gesù, limitrofo alla chiesa ed arricchito da

numerose opere d’arte.

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IL QUARTIERE MARINARO DI VACCARELLA

Abbandonata la chiesa del Rosario e scendendo lungo l’attigua scalinata (Erta

S. Domenico), si giunge alla pittoresca porzione del lungomare di levante adibita al ricovero delle numerose imbarcazioni da pesca di proprietà degli

abitanti del rione Vaccarella, che recentemente si sono efficacemente riuniti in

sodalizio (Associazione “Nino Salmeri”) allo scopo di rendere più ordinato e

gradevole il litorale. La spiaggia dei pescatori si suddivide oggi in quattro settori, “S. Andrea”, dal nome dell’omonima chiesetta di cui restano soltanto i

ruderi ed una statuita lignea custodita entro teca nella piazzola ubicata lungo il

mare, “Padre Pio”, così è denominata la serie di aiuole ben curate che ospitano

la statua del Santo di Pietralcina, “S. Francesco di Paola”, in prossimità della piccola fortificazione antiaerea costruita durante il secondo conflitto mondiale

ed oggi abbellita da una bella raffigurazione pittorica del Patrono della gente di

mare, e “Madonna della Neve”, quasi dirimpetto alla chiesa di S. Maria

Maggiore.

Procedendo lungo il marciapiede con ringhiera che procede parallelamente alla

spiaggia è possibile osservare il paziente lavoro quotidiano dei pescatori, alcuni

dei quali intenti ad eseguire piccoli interventi di manutenzione alle proprie

imbarcazioni, altri a stendere al sole le proprie reti o a prepararsi alla pesca notturna. Ma soprattutto è possibile gustare la variopinta ed affascinante flotta

di grandi e piccole barche da pesca realizzate perlopiù nei cantieri di valenti

carpentieri navali milazzesi, dai fratelli Providenti a Francesco, Ninài e Stefano

Salmeri, oltre alle barche costruite dall’ancor vivente maestro Caizzone in contrada Grunda.

Tra le numerose barche da pesca, fanno bella mostra di sé gli antichi lavatoi

impiegati sino alla metà del secolo scorso dalle moglie dei Vaccariddòti, i quali mantengono inalterato ancor oggi il loro profondo legame col mare e con la

pesca. Passeggiando al mattino lungo la spiaggia, all’ombra dei profumatissimi

eucalipti e gustandosi la brezza marina, s’incontrano numerosi banchi adibiti

alla rivendita del pesce appena pescato, come

ad esempio le lunghe spatole, catturate grazie all’ausilio del conzo, un mastello di plastica il cui

bordo superiore ospita un cerchio ligneo a sua

volta destinato ad accogliere centinaia di ami

legati a decine e decine di metri di lenza. Il visitatore attento non può non rimanere

colpito dalla maestria dei pescatori-rivenditori

intenti a pulire, con secchi e decisi tagli eseguiti

cogli usuali coltellacci, le spatole acquistate dai clienti.

La passeggiata al lungomare di Vaccarella è resa

ancor più gradevole da un susseguirsi di antichi fabbricati pubblici e privati, contraddistinti da

settecentesche mensole figurate (“cagnoli”) e da

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eleganti portali in pietra da taglio, con facciate dipinte coi tradizionali colori

cittadini, come il «rosino milazzese». Spiccano, tra gli altri, il palazzo

Catanzaro, ubicato a pochi metri dal Palazzo dei Marchesi D’Amico, la casa

Cumbo, la cui facciata si fonde con quella laterale della chiesa di S. Maria Maggiore, ed il diruto Asilo Infantile Calcagno, di proprietà comunale e

terminato nel 1903 in stile neogotico.

La passeggiata a Vaccarella non può non includere una capatina alla romantica spiaggetta della Croce di Mare, che ospita tra gli scogli un’edicola votiva

posta dirimpetto alla graziosa residenza dei Caravello, la quale sembra vigilare

la placida serenità del luogo, sormontato dal panoramico convento dei

Cappuccini e dal monumento funerario del nipote del generale Zumjungen, comandante della piazza di Milazzo durante il tremendo assedio spagnolo

subito da Milazzo nel biennio 1718/19.

Una visita merita infine la chiesa del rione, uno dei luoghi simbolo del Risorgimento milazzese.

La storica chiesa del rione Vaccarella: S. Maria Maggiore

CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE

La bella facciata in stile neoclassico, eseguita verisimilmente nella prima metà

del XIX sec, contrasta con l’interno in stile rococò. Un pregevole ciclo

d’affreschi eseguito da Scipio Manni nel 1762, raffigurante tra l’altro la “cacciata dei mercanti dal tempio”, impreziosisce l’aula, adornata da piacevoli

stucchi ed i cui altari laterali recano invece modesti rivestimenti marmorei.

Nella chiesa si venera la Madonna della Neve, della quale si conserva sull’altare

maggiore un quadro del Settecento ed il cui culto negli ultimi anni è stato oggetto di crescente interesse da parte dei fedeli Milazzesi. Alcuni anni fa è

stata commissionata ad un artista di Ortisei (prov. di Bolzano) un’artistica

statua lignea della Madonna che riproduce fedelmente questo quadro del

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Settecento: intorno al 5 agosto di ogni anno viene condotta per le vie del

quartiere in una suggestiva processione che in gran parte si svolge sul mare,

accompagnata dalle barche dei pescatori del rione: un connubio ben riuscito di

fede e folklore in piena stagione turistica. L’esterno della chiesa – il suo campanile è stato parzialmente demolito in

seguito al terremoto del 1908 - è attorniato da un bel sagrato semicircolare

che ospitò il meritato riposo di Giuseppe Garibaldi dopo le fatiche della

battaglia di Milazzo del 20 luglio 1860.

Tra i tradizionali appuntamenti della Parrocchia di S. Maria Maggiore,

amorevolmente gestita dai Padri del convento di S. Francesco di Paola,

conviene ricordare la suggestiva processione di Gesù Bambino per le vie del quartiere marinaro di Vaccarella (si svolge il giorno dell’Epifania alle 6,00 del

mattino).

Non solo appuntamenti religiosi per i parrocchiani, che in estate, precisamente il sabato che precede la festa della Madonna della Neve, partecipano numerosi,

unitamente ai turisti, alla “Sagra del Pesce”, organizzata dalla U.S. “Giovanni

Cambria”.

VACCARELLA ARCHEOLOGICA

Chissà com’era la vita a Milazzo duemila anni fa, senza traffico frenetico, i-pod,

i-pad ed altre diavolerie di ultima generazione. Diversa, molto diversa,

risponderemmo tutti. Eppure c’è un luogo in cui il tempo pare essersi fermato. E’ Vaccarella, il pittoresco rione marinaro dove da millenni si rinnova

quotidianamente il rito a volte selvaggio della pesca.

Duemila anni fa qui la vita scorreva non molto diversamente da oggi. Come

alla Mezzaluna, questa la denominazione della piazzetta in cui, a due passi dai ruderi dell’Asilo Calcagno, ci accomodiamo ai tavolini del bar per gustarci un

buon gelato. Sotto quei tavolini nel 1998 la Sovrintendenza di Messina riportò

alla luce alcune vasche impermeabilizzate in cui nel I sec. d. C. si eseguiva la

lavorazione del pesce. Interessante il contenuto della vasca “numero 4”, piena

zeppa di resti di tonno. Un po’ più in là, dirimpetto la porta del ristorante, precisamente davanti l’antica fontanella comunale costruita nel 1883, un altro

eccezionale rinvenimento: un deposito di antichissime anfore romane (perlopiù

Dressel 21/22), in cui venivano conservate fette di pesce salato o squisita salsa

di pesce (“garum”), verisimilmente lavorate nelle limitrofe vasche impermeabilizzate. Oggi un nutrito campione di tali reperti è esposto nelle

eleganti sale dell’Antiquarium Archeologico “Domenico Ryolo” di via

Impallomeni.

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Gli scavi alla Mezzaluna: vertebre di tonno (Antiquarium archeologico

"D. Ryolo")

Che Vaccarella fosse un borgo di pescatori già in età classica è testimoniato

dalle recentissime indagini archeologiche eseguite nel palazzotto Lo Miglio (a

due passi dalla chiesa di S. Maria Maggiore), dalle fondazione del quale sono emersi resti di pesce forse simili a quelli rinvenuti nel 2001 in uno scavo

eseguito durante l’allestimento dell’hotel Garibaldi,dove inoltre è stata

rinvenuta una stupenda iscrizione marmorea in latino risalente alla prima età

imperiale romana. Chissà quali altre sorprese ci riserverà in futuro Vaccarella.

LA MARINA GARIBALDI E VIA GIACOMO MEDICI

Lasciata la chiesa di S. Maria Maggiore ci si può immergere nella vastità del lungomare di levante, magari accomodandosi ad una delle numerosissime

panchine della Marina, la passeggiata dei Milazzesi, contraddistinta

dal Monumento ai Caduti del XX luglio 1860inaugurato nel 1897 alla

presenza di Francesco Crispi (è opera dello scultore milazzese Francesco

Greco).

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Una suggestiva veduta della Marina col Castello sullo sfondo

Nel tratto di Vaccarella il lungomare accoglie il pontile “S. Maria Maggiore”,

adibito al ricovero di numerose imbarcazioni da diporto. Numerosi i palazzi e le dimore gentilizie che si affacciano sul lungomare, dal neogotico Palazzo

Siracusa al già citato settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico. La

passeggiata in Marina può essere deviata nel salotto dei Milazzesi, la via

Giacomo Medici, che si apre tra la chiesa di S. Giacomo ed il neoclassico palazzo dei Proto: accessibile solo ai pedoni, questa strada ospita tra gli altri

il palazzo Catanzaro, quello dei Bonaccorsi-Merlo (già

Via Giacomo Medici, salotto di Milazzo

Il Palazzo Municipale, costruito a fine Ottocento su disegni dell’ing.

Giuseppe Ryolo

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Cumbo) recentemente ristrutturato (ospitò nel 1897 Francesco Crispi) e

l’altro palazzo Bonaccorsi, tra i luoghi-simbolo della Milazzo garibaldina.

Quest’ultimo edificio, che ospitò il generale Giacomo Medici, si affaccia con un

bel loggiato al primo piano sulla via Francesco Crispi, dove sorge maestoso il Palazzo Municipale, eretto su progetto dell’ing. milazzese Giuseppe Ryolo

negli anni Ottanta dell’Ottocento. Alle spalle del Municipio, nella piazza

intitolata a Caio Duilio - protagonista della storica vittoria del 260 a. C.(la

prima dei Romani in una battaglia navale) sulla flotta cartaginese nelle acque di Milazzo - l’ala occidentale del Convento dei Carmelitani, con bel portale in

pietra da taglio sormontato dallo stemma dell’ordine, e l’attigua chiesa del

Carmine, al momento chiusa al culto, la cui elegante facciata ospita la

statuina marmorea della Madonna del Carmelo, commissionata dal milazzese

Baldassarre Valenti nel 1632. Tornando alla Marina merita un cenno il monumento - finanziato negli anni Sessanta dalla Regione Siciliana - all’eroico

ammiraglio Luigi Rizzo (1887-1951), il figlio più illustre di Milazzo, il marinaio

più decorato d’Italia che il 10 giugno 1918 (in questo giorno si celebra ogni

anno la festa della Marina Militare italiana) affondò nelle acque di Premuda col suo MAS la corazzata austro-ungarica Santo Stefano.

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Itinerario di visita n. 2

Duomo, piazza Roma, S. Papino e Tono

IL DUOMO DI S. STEFANO

E’ lungo la via Antonino Cumbo Borgia che sorge il nuovo Duomo della città,

intitolato al Patrono S. Stefano ed innalzato negli anni Trenta del Novecento,

anche se i lavori si sarebbero protratti sino alle soglie degli anni Cinquanta.

Architettonicamente modesta, la matrice è impreziosita da una ricca quadreria, in parte proveniente dall’antico Duomo del Castello, come nel caso delle due

tavole gemelle cinquecentesche - opera di Antonello De Saliba, nipote di

Antonello da Messina - raffiguranti i SS. Pietro e Paolo, una delle quali presenta

un cartiglio recante l’anno 1531 e la dicitura «Lu Mastru Antonellu Resaliba

pinsit». Al De Saliba è attribuita anche una “Natività”, che raffigura il Bambino entro una madia, tra la Madonna e S. Giuseppe, un monaco inginocchiato ed

un pastore, tutti sormontati da un Angelo che sorregge un cartiglio recante la

dicitura «Gloria in excelsis Deo».

S. Nicola e storie della sua vita

Dall’antico Duomo proviene anche la pala d’altare, posta lungo la navata di sinistra, raffigurante i SS. Martiri Milazzesi: venne commissionata dagli

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amministratori comunali nel 1622 e raffigura una bella veduta della città.

Dall’antica chiesa dell’Annunziata, della quale entro la città murata sopravvive

soltanto l’abside con decorazioni in pietra da taglio, provengono invece una

tavola quattrocentesca (Antonio Giuffrè, attr.) ed un gruppo marmoreo di scuola gaginiana raffiguranti “L’Annunciazione”. Dalla chiesa di S. Nicola,

ubicata un tempo di fronte l’antico Duomo, giunge infine l’opera pittorica

attribuita ad Antonio Giuffrè “San Nicola e storie della sua vita”,

commissionata, come attesta lo stemma in basso, dall’aristocratica famiglia D’Amico-Anzalone. Completano la quadreria, tra l’altro, due pale d’altare del

Settecento attribuite a Scipio Manni (“Annunciazione” e “Adorazione dei Magi”).

L’opera d’arte maggiormente venerata dai Milazzesi rimane comunque la

statua policroma del Santo Patrono S. Stefano, realizzata nella seconda metà del XVIII sec. e portata in processione ai primi di settembre.

LA NECROPOLI TARDOROMANA E PROTOBIZANTINA

Uscendo dalla Matrice, dirimpetto la facciata principale, è possibile osservare i resti di una necropoli tardoromana e proto bizantina (V-VII sec. d. C.), dove

intorno al 1995 sono state rinvenute alcune anfore commerciali, unitamente a

preziosi braccialetti in osso lavorato, lucerne e ampolle in vetro. Tali corredi

sono oggi custoditi presso l’Antiquarium archeologico di via Impallomeni. Quel

che è possibile osservare, al di sotto della moderna copertura in vetro, è solo una piccola porzione della ben più vasta area archeologica riemersa dagli scavi,

un vero e proprio cimitero monumentale (circa 90 sepolture) mai prima

oggetto di esplorazione archeologica. Interessanti, in particolare, le anfore da

trasporto rinvenute tra le sepolture e riutilizzate per l’inumazione dei bambini.

IL TEATRO TRIFILETTI

Procedendo in direzione nord, dopo aver

costeggiato il sobrio fabbricato - innalzato negli

anni Trenta - che ospita le scuole elementari

intitolate allo storico cittadino Giuseppe Piaggia, si giunge al Teatro Trifiletti, fondato all’inizio del

Novecento dall’omonimo imprenditore, facoltoso

intermediario di vini da taglio prodotti nella Piana

di Milazzo, importatore dalla Gran Bretagna di carboni rivenduti alle industrie del comprensorio

e primo milazzese a credere nel turismo: fondò,

tra l’altro, tre piccole strutture alberghiere.

I tre ordini di palchi del Teatro Trifiletti

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Il teatro, contraddistinto da un’architettura semplice ed essenziale, venne

progettato dall’ing. Letterio Savoja. E’ costituito da una platea e da tre ordini di

palchi incastonati nella caratteristica pianta a ferro di cavallo. Nel foyer sono

visibili i resti del ciclo di affreschi di Carlo Righetto, firmati e datati 1912, anno in cui il teatro venne inaugurato con la rappresentazione del Rigoletto di Verdi

e con una sfavillante illuminazione elettrica, introdotta a Milazzo proprio in quel

periodo.

Negli anni Ottanta la struttura teatrale, per lungo tempo adibita anche a

cinematografo, è stata acquistata dal Comune di Milazzo, che recentemente

l’ha ristrutturata e restituita alla pubblica fruizione.

I GIARDINI DI VILLA VACCARINO

A qualche metro dal Teatro Trifiletti ci si imbatte in due interessanti esempi di

architettura risalenti ai primi decenni del Novecento, il villino Greco, elegante

espressione del Liberty a Milazzo contraddistinto da un’alta torretta, e Villa Vaccarino, costruita alla fine degli anni Venti, su disegni dell’ing. Gaetano

Bonanno, per l’omonimo industriale. La villa, oggi di proprietà comunale ed

attorniata da una ricca ed elegante cancellata esterna, è sede di uffici

giudiziari. Gli interni sono impreziositi da pregevoli decorazioni pittoriche (Michele Amoroso) e stucchi.

Davvero suggestivo è il vasto parco annesso alla villa, dove è possibile

accedere durante gli orari di apertura degli uffici giudiziari. Curiosa la vasca che ripropone la forma della Sicilia, tra piante e fiori di diverso tipo. Osservabili

anche i resti delle fortificazioni annesse all’antico bastione di S. Gennaro, di cui

entro il vasto giardino sopravvive una consistente porzione muraria. Negli anni

Ottanta i giardini di Villa Vaccarino hanno ospitato gradevoli concerti di musica da camera.

LA CHIESETTA DI S. CATERINA

A pochi metri da Villa Vaccarino si apre piazza Roma, recentemente

ripavimentata ed un tempo denominata “Piano di S. Caterina”, dall’omonima

chiesetta che ospita l’antica statua marmorea di S. Caterina di Alessandria,

scolpita verisimilmente nel 1560 da Giuseppe Bottone, capomastro del fabbrica del Duomo di Messina. La scultura, custodita in una nicchia attorniata da

stucchi settecenteschi, rappresenta l’unica opera d’arte significativa della

piccola chiesa, contraddistinta da un’architettura semplice e modesta. Il piccolo

edificio - interamente ricostruito nel Settecento - è stato oggetto di recenti lavori di restauro che hanno riportato alla luce una cripta ed un’acquasantiera

marmorea con l’immagine della titolare.

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IL MONUMENTO AI CADUTI

Al centro di piazza Roma sorge il Monumento ai Caduti della Grande Guerra, realizzato dallo scultore palermitano Nino Geraci nel 1926, vincitore di un

concorso promosso dal Comune di Milazzo: il suo bozzetto, «Roma 18», riuscì

a prevalere su altri 18 bozzetti giudicati da un’autorevole commissione

esaminatrice composta dall’arch. Ernesto Basile, dal critico d’arte Ugo Fleres e dallo scultore Mario Rutelli. «Roma 18» prevedeva una coppia di colonne

doriche in pietra bianca di Comiso, ciascuna delle quali sarebbe stata

impreziosita da tre coppie di rostri bronzei e da una vittoria alata, anch’essa in

bronzo, svettante alla sommità. Tra le due colonne si erge eroicamente il nudo

Milite in bronzo, alto circa 3 metri e contraddistinto da eleganti riproposizioni anatomiche e muscolari, tipiche delle figure atletiche di cui il Geraci era

specialista: egli stesso era un appassionato sportivo. Il Milite è raffigurato

mentre afferra uno scudo col braccio sinistro ed il gladio, tipico dell’antica

Roma dei gladiatori, con la mano destra. In bronzo sono state realizzate anche le laterali are fiammeggianti e le due palme con corona ed elmetto poste ai lati

dell’iscrizione «Ai Milazzesi morti per la Patria».

Eleganti riproposizioni anatomiche e muscolari nel Monumento ai Caduti

Nella primavera del 2012 il Monumento è stato oggetto di restauri che hanno

liberato il Milite e gli altri elementi bronzei - fusi presso la Fonderia Artistica

Chiurazzi di Napoli - dalla verde patina di ossido cui i Milazzesi si erano ormai

abituati.

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iL QUARTIERE DEGLI SPAGNOLI (ANTIQUARIUM ARCHEOLOGICO)

Tracce dell’affascinante mondo dell’antica Roma, e non solo, sono osservabili

anche presso l’Antiquarium archeologico che si raggiunge percorrendo per circa

20 metri la via intitolata all’illustre giurista milazzese Giovan Battista Impallomeni. Qui sorgono le due ali cinquecentesche del Quartiere militare,

che appunto ospitava gli acquartieramenti delle truppe spagnole. In verità, in

passato tali ali, alla cui costruzione non fu estraneo l’ingegnere militare Camillo

Camilliani, erano sovrastate da un primo piano ed unite da una porta (c.d. Porta del Quartiere). Oggi rimangono soltanto i pian terreni della diruta ala

ovest e della restaurata ala est, adibita dalla Sovrintendenza ai BB. CC. e AA.

di Messina ad Antiquarium archeologico, le cui 10 sale raccolgono alcuni dei

numerosissimi reperti rinvenuti a Milazzo perlopiù negli ultimi decenni. La

struttura è stata intitolata al barone ed ingegnere Domenico Ryolo Di Maria (1895-1988), padre dell’archeologia milazzese. Lo spazio museale si articola in

tre grandi sezioni: pre-protostorica, greca e romano-bizantina.

Un reperto archeologico custodito all'Antiquarium

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L’allestimento, come si legge nel pieghevole distribuito all’ingresso, è di tipo

tradizionale con vetrine, pannelli didattici e ricostruzioni. Di seguito riportiamo

quanto si legge nel suddetto pieghevole: «nella sezione preistorica e

protostorica (sale 1-5), si segnala il vasellame proveniente dal villaggio dei Cipressi, nella zona del Borgo (sala 4), e soprattutto dalla grande capanna 1.

Tra i reperti si segnalano due doli di grande formato, di produzione liparese,

un’olla con originale decorazione a dischi, numerose scodelle con ponticello

interno finemente decorate a incisione, vasetti miniaturistici e un’anfora castellucciana a decorazione dipinta geometrica, rara importazione dall’area

etnea.

Nella sezione greca (sale 6-9), solo la prima vetrina ospita una selezione di reperti ricollegabili all’abitato greco, come in tutti i centri a continuità di vita,

poco conosciuto. Le sale successive sono dedicate alle necropoli, oggetto di

ricerche sistematiche in questi ultimi decenni. I numerosissimi corredi

selezionati, databili all’estrema fine del VIII/inizi del VII sec a. C. alla tarda età ellenistica, annoverano ceramiche, terracotte, di varia provenienza, produzione

e pregio, e anche monili e oggetti funzionali all’abbigliamento ed all’igiene. Si

segnalano ceramiche di fabbrica corinzia, attica (a figure nere e a figure

rosse), coloniale (ceramica a bande, a immersione, a vernice nera), ma anche oggetti d’uso quotidiano riutilizzati per il seppellimento dei bambini (anfore,

pentole, olle, idrie).

Una suggestiva ricostruzione didattica delle tipologie sepolcrali più attestate attraverso i secoli occupa integralmente la sala 8. Tra le sepolture si segnalano

la grande osteoteca ricavata in un monoblocco di pietra arenaria locale

contenente una lekane a corpo cuoriforme in ceramica suddipinta bianca della

prima metà del II sec. a. C. utilizzata come cinerario.

Nella successiva sala 9, dedicata ancora alla necropoli ellenistica, si osservino i

modellini fittili di imbarcazione (III sec. a. C.) provenienti da un corredo

funerario che includeva anche un vaso configurato a forma di oca.

Nella sezione romano-bizantina (sala 10) sono esposti i reperti restituiti dagli

scavi più recenti condotti nel settore di abitato di età imperiale parzialmente

esplorato in contrada Vaccarella; rappresentano una curiosità le anfore da trasporto (I a.C.-I d.C.) con resti di salsa di pesce, rinvenute all’interno di un

deposito di stoccaggio rintracciato nell’area dell’attuale piazza Mezzaluna.

Sulla parete si osservi l’interessante iscrizione latina della prima età imperiale, purtroppo lacunosa, primo documento epigrafico restituito dagli scavi.

Si segnalano infine i corredi provenienti dal lembo di necropoli tardo antica-

protobizantina di via Cumbo Borgia, che includono oltre alle anfore commerciali, alcuni preziosi braccialetti in osso lavorato, lucerne e ampolle in

vetro».

LA CHIESA DI SAN PAPINO

Tornando ai piedi del Monumento ai Caduti e proseguendo verso il lungomare

di Ponente ci si imbatte nella piazza intitolata al martire orientale S. Papino, le

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cui spoglie, secondo la tradizione, giunsero miracolosamente sino alla spiaggia

in prossimità della quale furono poi innalzati l’omonima chiesa e - nei primi

decenni del Seicento - l’annesso convento dei Francescani Riformati,

quest’ultimo dotato di un antico chiostro caratterizzato da colonne in arenaria e da frammenti di affreschi in qualche lunetta.

La chiesa, gravemente distrutta dall’assedio del 1718, è stata rimaneggiata

intorno al 1934, allorquando l’arch. Giuseppe Mallandrino ne ridisegnò

elegantemente la facciata, caratterizzata da vistose paraste corinzie e da un portale sormontato da timpano spezzato. Gli interni sono stati riccamente

affrescati, contestualmente al rifacimento della facciata, da Salvatore e Guido

Gregorietti, che hanno rappresentato l’apoteosi di S. Francesco d’Assisi ed

episodi della sua vita.

Nell’abside fanno bella mostra di sé il grandioso altare ligneo di ordine corinzio

con due coppie di colonne poste ai lati di una grande tela del Seicento (Onofrio

Gabrieli, attr.) e con altri piccoli dipinti nelle porzioni laterali, elegante e degno sfondo della magnifica Custodia (tabernacolo) con statuine di santi francescani

finemente scolpite, opera di ebanista del Settecento. La grande tela secentesca

raffigura tra gli altri il titolare, un tempo Patrono della città, in abito da

“cavaliere”, verisimilmente per evidenziare la protezione che il Santo avrebbe

accordato a Milazzo in occasione delle numerose incursioni dei pirati barbareschi susseguitesi nell’età moderna. Ad imitazione di tale raffigurazione

è stato ideato il nuovo simulacro in cartapesta di San Papino cavaliere e

martire, realizzato dal maestro cartapestaio Pietro Balsamo di Francavilla

Fontana (Br) e benedetto nel settembre 2011 dall’Arcivescovo di Messina.

L’aula della chiesa è arricchita tra l’altro da pregevoli monumenti marmorei

funerari risalenti alla metà del XVIII sec., dalla statua di S. Pasquale Baylon

(firmata e datata Francesco Antonio De Mari, 1750) e dal secentesco Crocifisso ligneo (Frate Umile da Petralia?), che lacrimò miracolosamente nel 1798.

IL “S. TOMMASO” E LE TONNARE

Il visitatore che si appresta ad osservare il “San Tommaso”, ossia il palischermo custodito entro recinzione metallica in piazza San Papino,

dovrebbe immaginarlo in piena efficienza, in occasione del calato della Tonnara

del Tono, ossia quando ci si apprestava ad immergere nel mar di Ponente il

complesso ed intricato sistema di reti e di “camere” che avrebbe dovuto catturare i tonni. Un selvaggio rituale, quello della mattanza coi tonni issati ed

infilzati dalle nerborute braccia dei tonnaròti, che a Milazzo si sarebbe

rinnovato per secoli sino alla metà del Novecento: erano ben sei le tonnare e

tonnarelle dislocate lungo le coste della città.

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Il S. Tommaso, una delle più grandi imbarcazioni della Tonnara del Tono,

venne costruito alle soglie del Novecento nel cantiere di uno dei più facoltosi e

valenti carpentieri navali di Milazzo, quel maestro Giovanni Vitali (1852-1939)

che una vecchia fotografia raffigura con i baffi, un viso che sembra tradire un carattere burbero. Nel cantiere di Giovanni Vitali si formò un altro abilissimo

artigiano, il maestro d’ascia Francesco Salmeri (1894-1976), che nel 1937

venne chiamato dagli amministratori della Tonnara del Tono a ristrutturare

proprio il S. Tommaso. Di quell’importante intervento rimane traccia nella data ancor oggi osservabile nella parte posteriore dell’imbarcazione, che da anni

attende una sistemazione adeguata.

LA GROTTA DI POLIFEMO

Da piazza S. Papino, costeggiando il lungomare di Ponente in direzione Nord, ci

si imbatte nella possente rocca del Castello, ai piedi della quale si apre

l’accesso alla mitica Grotta di Polifemo, una grotta naturale che nel Seicento,

come riferisce un coevo memorialista locale, era «capace di cento uomini» ed ospitava la fabbricazione di «polvere e salnitro». Ampliata dal Genio Militare

con lo scavo di nuove gallerie nel 1943, allo scopo di posizionare ulteriori

artiglierie, la Grotta, secondo la tradizione, fu dimora del Ciclope Polifemo,

ragion per cui la spiaggia di Ponente sarebbe stata teatro delle gesta di Ulisse e

Polifemo. Chiusa al pubblico da alcuni decenni, la Grotta ospitò nel secondo dopoguerra un night piuttosto esclusivo.

LA BAIA DEL TONO

Proseguendo ancora verso Nord, si raggiunge il tratto conclusivo del lungomare

di Ponente. E’ la baia del Tono, «’Ngònia» per i Milazzesi, che dunque

preferiscono ancora utilizzare l’antico termine greco (“angolo”) per indicare appunto questo incantevole e meraviglioso angolo della città, in cui la spiaggia,

rettilinea per chilometri, curva tutto ad un tratto, piegandosi col costone

roccioso e con le scogliere in una meravigliosa vista mozzafiato, impreziosita

dall’azzurro e pescosissimo mare del Tono, già sede di una delle tonnare più

grandi di Milazzo.

Affascinante tramonto a Ponente

con le Eolie sullo sfondo

Proprio alle spalle della chiesetta

recentemente restaurata, un tempo

adibita a deposito di reti e cordami nei

mesi di inattività della Tonnara, i pescatori del rione marinaro di

Vaccarella, i tonnaròti, sotto lo

sguardo vigile del “rais” preparavano

l’occorrente in vista della nuova stagione di pesca. Da qui si apre

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ancor oggi, lungo il costone roccioso, un suggestivo sentiero che conduce alle

alte scogliere, dove a ridosso delle spumeggianti onde del mare è possibile

gustare ancor più il meraviglioso panorama, che include una magnifica vista

ravvicinata del Castello e della cittadella fortificata. Lungo il sentiero appena citato, ricco di vegetazione spontanea, alla base di un’edicola votiva,

un’iscrizione marmorea ricorda che quel minuscolo tempietto venne innalzato

nel 1907 «A Maria Consolatrice dai Marinari della Tonnara del Tono».

La baia del Tono e la riviera di Ponente dalle alture della Manica

La piazzetta della ‘Ngònia ospita verso meridione gli antichi magazzini -

ristrutturati appena qualche anno fa - che per secoli offrirono riparo alle

imbarcazioni di tonnara (muciàra, palischermi o bastardi, buddunàru,

portachiàra, gabanèlla, etc.). Di fronte al mare s’innalzano invece i fabbricati appartenuti alle due aristocratiche famiglie proprietarie della Tonnara del Tono,

i D’Amico ed i Calapaj. Il bel palazzotto di questi ultimi, posto accanto alla

chiesetta, fu commissionato nel 1815 da Domenico Calapaj, come si evince da

alcune iscrizioni leggibili nelle decorazioni in pietra da taglio: recentemente è stato oggetto di ristrutturazione. Non molto distante dalla ‘Ngònia sorgono i

bassi fabbricati del residence “La Tonnara”, innalzati all’inizio del Novecento

per ospitare lo “Stabilimento”, ossia i reparti di produzione del tonno all’olio in

scatole di latta, in cui trovavano occupazione perlopiù le mogli dei “Tunìsi”, così si chiamano gli abitanti della contrada.

Alle spalle della chiesetta, in cui è venerato il simulacro della Madonnina nera del Tindari ed entro la quale è stata recentemente riportata alla luce

un’elegante e deliziosa pavimentazione risalente al Settecento, una ripida

scalinata consente di raggiungere a piedi la contrada Manica, dove dalle alture

del Promontorio è possibile gustare un’altra stupenda vista mozzafiato della ‘Ngònia, del Castello e dell’intera riviera di Ponente.

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Itinerario di visita n. 3

Capo Milazzo

LA BARONIA E LA BAIA DI S. ANTONIO

La fondazione di Mylai, ossia della colonia greca, risale al 716 a. C.,

allorquando i calcidesi di Zancle, la vicina Messina, decisero di dotarsi di un avamposto militare avanzato, rafforzando così le proprie difese e mettendo nel

contempo le mani sulla fertilissima Piana e sul porto di Milazzo. La penisola che

si protende verso le Eolie non fu dunque una colonia di popolamento. La vita a

Milazzo è testimoniata infatti sin dalla preistoria. Ne fanno fede ad esempio la

necropoli di tipo protovillanoviano, databile tra il XII e l’XI sec. a. C., dunque alla tarda età del bronzo, rinvenuta da Domenico Ryolo in prossimità di piazza

Roma alle soglie degli anni Cinquanta, o quella emersa di lì a poco ai piedi del

Castello, in prossimità della Grotta di Polifemo, quando tornarono alla luce

sepolture con inumazione entro grandi pithoi deposti orizzontalmente nel

terreno, sepolture databili tra il XV ed il XIII sec. a. C.

La baia di S. Antonio con il sentiero che conduce alla torretta

ottagonale del 1895

I Greci, si sa, in Sicilia prediligevano le alture con panorami mozzafiato. A

Milazzo non fecero eccezione. Attorno all’antico bianco Faro del Capo, tuttora preziosa guida per i naviganti, recenti indagini archeologiche hanno riscontrato

la presenza di numerosi cocci a vernice nera e persino di un coccio (di circa

cm. 8x8) finemente decorato col motivo della greca e con una figurina umana

a vernice nera, raffigurata in cammino accanto ad un anforone. E’ in questo luogo meraviglioso, in questo estremo lembo del Promontorio che dunque,

prima della nascita di Cristo, si svolgeva in parte la vita quotidiana della

Milazzo “greca”: tra l’esplosione della vegetazione spontanea, le bianche rocce

e l’azzurrissimo mare che, baciato dal sole, risalta la sagoma attraente delle

vicine e fascinose isole Eolie. Le centinaia di ulivi secolari disseminati nella

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sterminata proprietà privata dei baroni Baeli-Lucifero, la “Baronia”, risaltano

ancor più la mediterraneità dei luoghi, che è possibile gustare anche attraverso

i ristoranti, le pizzerie ed i camping dislocati nei punti più suggestivi, come la

“Riva Smeralda” ed il “Cirucco”, vere e proprie cittadelle turistiche in cui il visitatore, ospitato anche in appartamenti, camere e bungalow con vista sul

mare, rischia di rimanere stordito dalla straordinaria bellezza dei panorami e

persino dei fondali marini, esplorabili - con l’ausilio del personale esperto del

diving center - attraverso immersioni subacquee mirate alla conoscenza della

fauna e della flora marina e delle meravigliose grotte sottomarine.

I vigneti del Mamertino alla Baronia: sullo sfondo l'altura del Faro.

Proprio accedendo dal camping “Cirucco” è possibile percorrere, a piedi o in mountain bike, il sentiero della Baronia, dove tra gli ulivi secolari ed i vigneti

del “Mamertino” ci si può affacciare per gustare la selvaggia bellezza di Punta

Mazza, con annessa spiaggetta raggiungibile dal mare.

Vista mozzafiato della baia di S. Antonio

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Percorrendo l’estremità della penisola milazzese lungo il versante di Ponente ci si imbatte invece nelle meravigliose sinuosità della Baia di S. Antonio, ove

sorgeva l’omonima tonnarella, dei cui fabbricati rimangono avanzi nella

spiaggetta raggiungibile da un sentiero che s’imbocca lungo la passeggiata panoramica e che conduce ai resti della torretta ottagonale, deliziosa

costruzione neogotica del 1895 (ing. Pasquale Mallandrino), residenza estiva di

un aristocratico milazzese, per lungo tempo creduta erroneamente una torre

militare d’avvistamento, funzione che verisimilmente ebbe invece l’altra (cosiddetta “Torre Longa”) visibile nella strada che conduce al Santuario

rupestre di S. Antonio da Padova. Ed è proprio nella spiaggetta e nel sentiero

appena citati che è possibile osservare reperti archeologici saldatisi da millenni

agli scogli ed ancora le rocce, le stratificazioni geologiche e le conchiglie fossili che hanno attirato sin dalla prima metà dell’Ottocento l’attenzione di autorevoli

geologi e malacologi, come attesta peraltro il monumento a Giuseppe

Sequenza eretto alcuni anni or sono nella soprastante passeggiata, in

prossimità della “Torre Longa”.

Là dove termina la passeggiata, s’imbocca la scalinata che consente di

discendere al Santuario rupestre di S. Antonio, il Santo di Padova che secondo la tradizione, in occasione di una violenta tempesta che rendeva impossibile la

navigazione, fu ospitato da un eremita proprio in questa piccola grotta, dalla

fine del Seicento riccamente decorata con eleganti marmi policromi.

Santuario rupestre di S. Antonio da

Padova:

bassorilievo marmoreo raffigurante un

miracolo del titolare

Particolarmente interessanti l’altare maggiore (1699) ed i medaglioni marmorei

settecenteschi con bassorilievi raffiguranti

episodi della vita del titolare, rappresentato

da una statua attribuita allo scultore

barcellonese Matteo Trovato (1870-1949). Alcune iscrizioni marmoree arricchiscono la

piccola aula della chiesa, dotata di un

semplice portale in pietra da taglio posto

dirimpetto ad una meravigliosa terrazza panoramica che si affaccia sulla baia e sulle

Eolie. Il Santuario nel mese di giugno è meta di devoto pellegrinaggio.

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Fiore del cappero

Risalendo la scalinata del Santuario, accanto al cancello, si apre, in direzione del bianco Faro dei naviganti, uno stretto viottolo tra i tradizionali muri a secco

di Capo Milazzo (“ammacìe”) ed i fichi d’india, al termine del quale, sulla

sinistra, si accede al sentiero che conduce a Punta Messinese, l’estremità del Promontorio e della penisola

milazzese. Qui gli ulivi selvatici

caratterizzano il paesaggio, con ai

loro piedi le giallognole distese in fiore del “Crysantenum

coronarium”, pianta spontanea

tipica del Capo. Non mancano gli

eleganti fiori bianchi della pianta

del cappero, che vegeta indisturbata anche nelle antiche

muraglie della cittadella fortificata,

con la quale la Baronia condivide

pure le tane ed i cunicoli di furbissimi coniglietti selvatici che

scorazzano qua e là. Uno

straordinario punto panoramico rialzato - dove non ci si può sottrarre dallo

scattare una buona fotografia ricordo o dall’osservare i volatili in cielo (barbagianni, piccione torraiolo e gheppio, per citarne alcuni di quelli visibili

tutto l’anno) - coincide con l’inizio della lunga scalinata che discende sino ai

deliziosi “laghetti”, posti nella punta estrema della penisola, dove a sinistra è

possibile ammirare lo Scoglio della Portella (o “Carciofo”), che mostra evidenti i segni delle erosioni provocate dal continuo sbattere delle onde, mentre a

destra campeggia il suggestivo viso di pietra, scultura naturale ricavata nella

bianca roccia, oltre la quale si apre la grotta marina di Gamba di Donna, che

trae la propria denominazione da una selce che dal soffitto s’immerge in mare.