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N. 904 DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori NENCINI, TOTARO, FARAONE, RIZZOTTI, BUCCARELLA, BINI e BINETTI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 OTTOBRE 2018 Riconoscimento della disprassia come disabilità ai fini dell’inclusione scolastica e accademica, dell’integrazione sociale e dell’inserimento professionale nonché del conseguimento della patente di guida Senato della Repubblica XVIII LEGISLATURA TIPOGRAFIA DEL SENATO

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N. 904

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori NENCINI, TOTARO, FARAONE, RIZZOTTI,BUCCARELLA, BINI e BINETTI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 OTTOBRE 2018

Riconoscimento della disprassia come disabilità ai fini dell’inclusionescolastica e accademica, dell’integrazione sociale e dell’inserimentoprofessionale nonché del conseguimento della patente di guida

Senato della Repubblica X V I I I L E G I S L AT U R A

TIPOGRAFIA DEL SENATO

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ONOREVOLI SENATORI. – La disprassia del-l’età evolutiva è attualmente definita comeun disturbo dello sviluppo di «high level»,la cui etiologia ha basi neurali, o anche di-sturbo del neurosviluppo (Gomez e Sirigu,2015, EACD) che si manifesta con molte-plici difficoltà, che interferiscono spesso inmodo significativo con le attività della vitaquotidiana e con gli apprendimenti. La dia-gnosi di disprassia si effettua sulla base deicriteri diagnostici indicati dall’InternationalClassification of Diseases-ICD 10 o dalDiagnostic and Statistical Manual of mentaldisorders-DSM-5.

L’ICD 10 (pag. 255) parla di disturboevolutivo specifico della funzione motoria(F82) ed elenca in tale disturbo:

la sindrome del bambino goffo, i disturbievolutivi della coordinazione e la disprassiaevolutiva. La disprassia evolutiva è dunqueinclusa nel disturbo evolutivo specifico dellafunzione motoria (F82) e interferisce signi-ficativamente con il profilo scolastico e conle attività quotidiane.

I criteri diagnostici di ICD 10 sono:

a) un punteggio ad un test standardiz-zato di coordinazione motoria fine e grosso-lana che è almeno due deviazioni standardal di sotto del livello atteso in base all’etàcronologica del bambino e al suo livello in-tellettivo generale;

b) il disturbo descritto nel criterio a)interferisce significativamente con il profiloscolastico e con le attività quotidiane;

c) non vi è una condizione neurologiadiagnosticabile;

d) criterio di esclusione frequentementeutilizzato: quoziente d’intelligenza (QI) infe-riore a settanta, valutato con un test standar-dizzato somministrato individualmente.

Vale precisare che l’Organizzazione mon-diale della sanità (OMS) sta pubblicando lanuova classificazione internazionale dellemalattie: ICD-11 sarà presentato all’Assem-blea mondiale della sanità nel maggio 2019per l’adozione da parte degli Stati membried entrerà in vigore il 1° gennaio 2022.

I criteri indicati nel DSM-5 per la dia-gnosi di disprassia-DCD (315.4) sono i se-guenti:

a) l’acquisizione e l’esecuzione di atti-vità motorie coordinate risultano notevol-mente inferiori rispetto a quanto atteso con-siderate l’età cronologica dell’individuo el’opportunità che l’individuo ha avuto di ap-prendere e utilizzare tali abilità. Le difficoltàsi manifestano con goffaggine (per esempiocadere o sbattere contro oggetti), così comecon lentezza e imprecisione nello svolgi-mento delle attività motorie (per esempio af-ferrare un oggetto, usare forbici o posate,scrivere a mano, guidare la bicicletta o par-tecipare ad attività sportive);

b) il deficit delle abilità motorie indi-cato nel criterio a) interferisce in modo si-gnificativo e persistente con le attività dellavita quotidiana adeguate all’età cronologica(per esempio nella cura e nel mantenimentodi sé) e ha un impatto sulla produttività sco-lastica, sulle attività preprofessionali e pro-fessionali, sul tempo libero e il gioco;

c) l’esordio dei sintomi avviene nelprimo periodo dello sviluppo.

La prevalenza stimata del disturbo è indi-cata fra il 5 e il 6 per cento, il che significache in ogni classe ci si attende almeno unalunno con disprassia-DCD ed è più comunenei maschi, con un rapporto che varia dadue a uno, a sette a uno. Secondo uno stu-dio osservazionale britannico di Dyspraxia

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Foundation, la diagnosi giunge più tardiva-mente nel sesso femminile, talvolta in ado-lescenza o in età adulta. Può essere presentein concomitanza con altre problematiche,quali il deficit di attenzione/iperattività(ADHD), il disturbo dello spettro autistico, idisturbi specifici dell’apprendimento.

Le manifestazioni della disprassia-DCDsono eterogenee ed è importante che am-biente famigliare, educativo e sanitario col-laborino, sia per una diagnosi precoce, siaper attivare nei diversi contesti un approcciointegrato (Sabbadini, 2013), che tenga contodelle specifiche difficoltà del bambino e del-l’evoluzione nel tempo della problematica,che permane in percentuali elevate nell’ado-lescenza e in età adulta.

Rispetto alle manifestazioni della dispras-sia-DCD le raccomandazioni della EuropeanAcademy of Childhood Disability (EACD),del 2011, fanno riferimento alla classifica-zione ICF (International Classification ofFunctioning, Disabilty and Health), sia perla valutazione che per la pianificazione degliinterventi. L’ICF considera sia il funziona-mento e la disabilità (funzioni e strutturecorporee, attività della vita quotidiana e par-tecipazione), sia i fattori contestuali (perso-nali e ambientali).

I soggetti con disprassia hanno problemi(non necessariamente e sempre coesistenti)nei seguenti ambiti:

rappresentazioni mentali (rappresentarsil’oggetto su cui agire, programmare le se-quenze dei movimenti - memoria procedu-rale - e memorizzazione; difficoltà a mante-nere la concentrazione per lunghi periodi;facile stancabilità; difficoltà a concentrarsi inpresenza di rumori di fondo);

prassie fini e grossolane (coordinazionemotoria; abbottonare, fare i lacci dellescarpe, infilare perline, infilare chiodini, an-dare in bicicletta, saltare, fare le scale, starein equilibrio, vestirsi e svestirsi, lavarsi identi, presa della penna e degli strumentigrafici);

integrazione bimanuale (uso di forchettae coltello, ritagliare con le forbici un foglioe ruotarlo mentre l’altra mano apre e chiudeper tagliare, tenere il foglio con una manomentre l’altra scrive o disegna);

distretto oro-buccale (controllo oro/la-bio-facciale, salivazione, controllo mandibo-lare, masticazione, difficoltà nella pronunciadi alcuni vocaboli, balbuzie, confusione nel-l’organizzazione delle frasi, ripetizioni, ral-lentamenti, interruzioni durante la produ-zione verbale, difficoltà a pronunciare cor-rettamente le sillabe, le parole, disturbonella prosodia);

lateralità (tardo o mancato sviluppodella lateralità);

difficoltà visuo-percettive (difficoltà amantenere un contatto visivo, ad individuarela costanza della forma, difficoltà a ricono-scere la direzionalità di forme simili, diffi-coltà a compiere rotazioni mentali di figure);

tatto e propriocezione (sovra/sottostimaal tatto, alla temperatura, al suono, all’odore,al gusto, alla luce, al dolore, localizzazionedel dolore sul proprio corpo);

difficoltà di percezione del tempo, spa-zio e ritmo (difficoltà a giudicare le di-stanze, difficoltà a sapere dove ci troviamoin relazione agli altri e agli oggetti, ci siperde con facilità, difficoltà a distingueredestra da sinistra, difficoltà a copiare dallalavagna al foglio sul quaderno, difficoltà apianificare la giornata, difficoltà a «misu-rare» il tempo a disposizione nello svolgi-mento per esempio di un compito in classe,ad eseguire sequenze di consegne);

emotività (difficoltà a controllare lostato emotivo - agitazione, irrequietezza -,sofferenza nel corpo per esprimere le emo-zioni - tra cui mal di stomaco, mal di testa-, difficoltà di riconoscimento delle emo-zioni in sé e negli altri).

Tutto ciò ha ripercussioni significativa-mente negative sulle attività della vita quo-tidiana, sulla produttività scolastica, sultempo libero e sul gioco, sulle relazioni so-

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ciali e, nel tempo, sulle attività preprofessio-nali e professionali, sulla guida di autovei-coli.

Il primo ambiente in cui il bambino/ra-gazzo con disprassia manifesta le propriedifficoltà dopo la famiglia, è quello scola-stico. Nel 2017 Dyspraxia Foundation UKha stilato un documento (Early Years Fact-sheet – Dyspraxia Foundation UK AnnualGeneral Meeting Living with Dyspraxia/DCD – Londra, 24 giugno 2017) da cuiemerge:

Difficoltà a scuola

Scuola dell’infanzia

Difficoltà di tipo motorio:

difficoltà di coordinamento;difficoltà nei giochi con la palla;sbatte contro oggetti, mobili, persone,

fa cadere oggetti;inciampa e cade facilmente;difficoltà a salire e scendere scale velo-

cemente;difficoltà ad imparare ad andare in bi-

cicletta;mancanza di energia;scarse abilità motorie: sviluppo della

scrittura, utilizzo del materiale scolasticocome righelli e forbici;

difficoltà a vestirsi e svestirsi, ad esem-pio allacciare le stringhe delle scarpe o ab-bottonarsi;

mancanza di senso del pericolo, adesempio nell’attraversamento di una stradatrafficata;

difficoltà nell’uso delle posate, special-mente tagliare il cibo con un coltello.

Difficoltà di tipo non motorio:

uso corretto del linguaggio;difficoltà nell’organizzazione personale;difficoltà nel ricordare regole ed istru-

zioni;problemi del sonno.

Conseguentemente:

lezioni con giochi/musica ed educa-zione motoria sono spesso difficoltose. Ilbambino può presentare difficoltà nell’ar-rampicarsi su attrezzature ginniche o stri-sciare all’interno di un tunnel, camminarelungo una linea retta, seguire delle sequenze,comprendere percorsi. Spesso vi può essereuna sottostima del senso del pericolo. Li-vello di partecipazione molto limitato;

ritardo nell’acquisizione della domi-nanza con lateralità ambivalente: utilizzo dientrambe le mani per tenere una matita osvolgere un lavoro motorio fine;

scarse abilità grafiche: difficoltà nel-l’imparare a formare le lettere e a scrivere.Mancanza di forza (o forza eccessiva) dellamano e difficoltà a mantenere l’impugnatura(può avere una impugnatura scomposta), idisegni e le produzioni artistiche presentanocaratteristiche di immaturità;

difficoltà nell’uso di attrezzature inclasse, nel tagliare la carta e utilizzare leforbici, infilare perline, chiodini, incollaremateriali;

lentezza nel vestirsi/spogliarsi – in par-ticolare per indossare o togliere le scarpe,allacciare i bottoni, indossare cappotti;

difficoltà ad aprire e chiudere rubinetti,a regolare la temperatura dell’acqua, diffi-coltà a pulirsi correttamente in bagno;

difficoltà nello stare seduto a lungo:spesso si muove per l’aula, si agita di con-tinuo ed ha difficoltà a concentrarsi suun’attività;

maggior frequenza rispetto agli altribambini di cadute e maggior tendenza ad in-ciampare;

lentezza o difficoltà ad imparare nuovimovimenti come saltare o saltellare, a starein equilibrio su un piede solo, oppure nuo-tare. Il bambino sembra non essere in gradodi imparare un movimento istintivamente, habisogno che le capacità gli vengano inse-gnate (meglio se mostrate visivamente anzi-ché spiegate a voce);

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difficoltà nella consapevolezza spazialee nel rispetto delle distanze – può stare ec-cessivamente vicino alle altre persone o nonsapere come muoversi in una stanza duranteun gioco e rimane fermo in una zona limi-tata. Urta le persone e gli oggetti in classe osul banco. Da ciò può derivare anche qual-che difficoltà nel relazionarsi coi pari;

difficoltà durante i pasti: mangia inmodo disordinato, ha difficoltà a utilizzarele posate e preferisce portare il cibo allabocca con le mani. Può non gradire la con-sistenza di alcuni cibi;

scarse competenze percettive – trovadifficoltà nell’assemblare sagome, puzzle, in-castri e giochi di costruzioni;

scarse capacità di ascolto – sembranon ascoltare e ha difficoltà a seguire sem-plici istruzioni;

scarsa resistenza fisica – si stanca fa-cilmente ed è spesso frustrato con se stesso;

scarse competenze linguistiche – puòavere uno sviluppo ritardato della parola odel linguaggio. Presenta difficoltà a com-prendere i modi di dire, i cosiddetti doppisensi, le metafore e i proverbi, con tendenzaa prendere tutto «alla lettera».

Strategie a supporto:

il bambino ha bisogno di supervisione eincoraggiamento per rimanere focalizzato suun determinato compito;

la sedia dovrebbe permettere al bam-bino di poggiare entrambi i piedi di piattosul pavimento. Il bambino deve essere inco-raggiato a sedersi mantenendo una posturaeretta;

non si devono assegnare mai al bam-bino più di due istruzioni alla volta (cosid-detto doppio compito) e ci si deve assicurareche sia pronto per ricevere le istruzionistesse prima di impartirle;

dare il maggior incoraggiamento e ri-scontro positivo possibile. È fondamentaleche il bambino non perda autostima. Conce-

dere tempi aggiuntivi per il completamentodi un’attività;

è necessario relazionarsi con professio-nisti medici competenti per ricevere consiglisu come agire in classe e nella predisposi-zione del setting pedagogico.

Scuola primaria:

difficoltà nella scrittura manuale – sianel tratteggiare le lettere che nella velocità.Il lavoro appare disordinato. Ha difficoltà aseguire in classe, a completare il lavoro, ri-esce a scrivere solo poche linee o frasi. Lamano si stanca facilmente;

compromissione della percezione visivae spaziale con conseguente difficoltà nellaletto-scrittura, nel riconoscimento delle let-tere, nel «tenere il segno» durante la letturadi un testo, difficoltà a copiare disegni geo-metrici pur avendo l’originale sotto gli oc-chi, difficoltà nel lavoro con immagini, nellavoro di traslazione o di rotazione di piani,di figure geometriche, nel costruire collega-menti tra figure diverse, incolonnare i nu-meri nelle addizioni; difficoltà di compren-sione dei concetti matematici (sommare, sot-trarre, dividere e moltiplicare sono concettiin sé spaziali) e nell’apprendimento dellenozioni di storia (tempo, date), geografia(fenomeni fisici);

le lezioni di ginnastica sono spesso dif-ficili – il bambino fa fatica nelle attivitàche comportano corsa, salto, afferrare, col-pire o calciare una palla, arrampicarsi oscendere da attrezzi o sbarre. Ha difficoltàcon i giochi di squadra, a capire e ricordarele regole, ad ascoltare le istruzioni;

difficoltà nell’uso dell’attrezzatura sco-lastica come righelli, forbici, compassi, go-niometri, eccetera;

lento a vestirsi e svestirsi, ad esempionel cambiarsi per le lezioni di educazione fi-sica, allacciarsi le scarpe, abbottonarsi, infi-lare un giaccone;

difficoltà a rimanere seduto – può starescomposto sulla sedia e tendere a sdraiarsisul banco, può vagare in classe o muoversi

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continuamente pur restando al posto. Siagita e può disturbare gli altri;

difficoltà a mantenere gli spazi propri –i lavori vengono sparsi sul banco, gli stru-menti usati in educazione fisica vengono la-sciati in giro;

difficoltà di attenzione, fatica a focaliz-zarsi su una attività o possibilità di concen-trarsi su un compito solo per un tempo li-mitato;

scarse abilità di organizzazione – di-mentica di portare i compiti, i libri o gli av-visi a casa e viceversa, generalmente pastic-ciati, perde oggetti. Scarsa pianificazione perle verifiche in classe. Ha problemi ad adat-tarsi al nuovo anno scolastico o alla routinescolastica;

cade e inciampa – più spesso di altribambini;

scarsa concezione degli spazi – sbattecontro oggetti in classe, fa cadere oggettidal banco o sbatte contro altre persone;

scarsa memoria a breve termine – dif-ficoltà a ricordare o seguire istruzioni, di-mentica cosa deve fare come compito percasa, difficoltà a copiare dalla lavagna o ascrivere sotto dettatura;

facile affaticabilità, con conseguente ne-cessità di pause di ristoro (da rispettare);

difficoltà nella socializzazione – spessointerpreta le cose alla lettera;

emotivo – spesso a disagio. Il disagiospesso si manifesta con malessere, emicra-nia, nausea;

il bambino potrebbe aver bisogno di su-pervisione e incoraggiamento per rimaneresui compiti assegnati.

Strategie a supporto:

assicurare una buona posizione seduta– dovrebbe consentire al bambino di tenereentrambi i piedi appoggiati al pavimento e ilbambino dovrebbe essere incoraggiato amantenere una postura eretta;

rendere disponibili fogli con le attivitàsvolte in modo da ridurre la quantità di

scrittura necessaria e se necessario scrivere icompiti sul diario;

scomporre le attività e i compiti in pic-cole parti;

non dare al bambino più di tre-quattroistruzioni per volta e assicurarsi che sia pre-parato per le istruzioni prima di dargliele.Siate preparati a dover ripetere le istruzionipiù volte;

fornire quanto più incoraggiamento eapprezzamento possibile. È vitale che ilbambino non perda la propria autostima;

concedere più tempo per il completa-mento di un compito;

tenere in considerazione che le diffi-coltà possono essere più apparenti durantegli scatti di crescita;

promuovere un coordinamento tra me-dici professionisti per fornire indicazioni econsigli sulle disposizioni in classe e per lelezioni di educazione fisica.

Scuola secondaria:

le abilità motorie appaiono inferiori ri-spetto a quelle dei coetanei ed i movimentiappaiono maldestri;

persistono difficoltà rilevanti durante lelezioni di educazione motoria, nei giochi disquadra e/o negli sport di squadra;

permangono difficoltà nella scrittura amano, sia in termini di leggibilità, sia in ter-mini di velocità di scrittura;

permangono difficoltà nell’area mate-matica, con particolare riferimento alle diffi-coltà correlate ai concetti astratti e possibileconseguente criticità nella comprensione diproblemi e di funzioni e/o nello svolgi-mento;

appaiono scarse le abilità relate allamotricità fine, quali, ad esempio, quelle ne-cessarie per il corretto utilizzo di materialescolastico specifico (squadre, riga, com-passo, penne a china, gomma, eccetera) in-dispensabile nelle lezioni di educazione tec-nica e di geometria;

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residuano difficoltà a vestirsi/svestirsi,abbottonarsi, chiudere le zip, allacciare lestringhe delle scarpe, eccetera;

risulta scarsa la competenza nel valu-tare le distanze e le velocità;

appare deficitaria la consapevolezzaspaziale sia negli spazi ampi, quali palestrae cortile, sia negli spazi piccoli, come il fo-glio di educazione tecnica o la pagina delquaderno di geometria;

emerge facile faticabilità a scuola;risultano scarse le capacità di organiz-

zazione del materiale (predisporre il mate-riale necessario per preparare lo zaino in au-tonomia), dei compiti a casa, della gestionedelle comunicazioni sul diario scolastico edegli avvisi, frequentemente il materiale ogli oggetti vengono persi e/o dimenticati;

risultano scarse le abilità di copia e dimemorizzazione a breve termine (scritturasotto dettatura, capacità di prendere appuntidurante le lezioni);

possono manifestarsi scarse capacità re-lazionali di socializzazione coi pari (rischiodi isolamento e di essere vittima di bulli-smo);

appare fragile la flessibilità, con conse-guente scarsa capacità di adattarsi a situa-zioni nuove e insolite;

emerge una certa fragilità di compren-sione, che si manifesta con difficoltà a com-prendere i modi di dire, le metafore e i pro-verbi, con tendenza a prendere tutto «allalettera».

Si comprende dunque come per gli alun-ni/studenti con disprassia, indipendentementeda comorbilità con altri disturbi, sia fonda-mentale la figura dell’adulto di riferimento,che nell’ambiente scolastico è rappresentatodall’insegnante di sostegno.

La giornata dell’alunno con disprassia èuna successione ininterrotta di gesti com-plessi che necessitano di organizzazioneprassica e spaziale, che non fanno altro chemetterlo in difficoltà, svelano le sue incapa-cità, divorano le sue risorse attenzionali, fi-

niscono per peggiorare inevitabilmente i suoiritardi nel corso della giornata. La posta ingioco non è solo l’apprendimento di qualchesapere, un voto al compito in classe o ilpassare ad una classe superiore, in gioco viè anche il rischio di sviluppare bassa auto-stima, di sentirsi inadeguati o incapaci, conconseguente aumentato rischio di deviareverso un atteggiamento di rinuncia, ritiro eabbandono, oppure al contrario verso moda-lità provocatorie, nel momento in cui l’am-biente scolastico non risulta accogliente (sianell’orario di lezione, sia durante la ricrea-zione, le pause e lo sport).

Troppo spesso, infatti, ai docenti e aglistessi insegnanti di sostegno mancano lecompetenze necessarie per svolgere adegua-tamente il proprio compito. Di seguito al-cuni commenti di educatrici di scuola ma-terna e di insegnanti di scuola primaria chenon riconoscono la disabilità dei loro alunni:«sembra un pagliaccio, non sta mai fermo,si distrae in continuazione. Non si applicacome dovrebbe»; «è sempre conciato da farpaura, si infila la scarpa destra al posto dellasinistra e viceversa, la camicia gli penzolafuori dai pantaloni, si infila la maglietta alcontrario. A casa sua madre lo veste e cosìnon impara. Io lascio che si arrangi da solo,ma impiega un secolo e poi rinuncia»; «nongli interessano i lavori che facciamo inclasse, non vuole fare i puzzle, non disegna,non vuole tagliare con le forbici. Non è so-cievole, non guarda nemmeno in faccia isuoi compagni»; «è un bambino simpatico,ma a casa non lo educano. Non sa andare inbagno da solo. Quando mangia è un disa-stro. Non vuole applicarsi»; «ha una calli-grafia pessima, non riesce a scrivere inmodo ordinato, stando nelle righe. In mate-matica non riesce a incolonnare i numeri. Sistanca subito. È un bambino sveglio, po-trebbe applicarsi di più». È evidente, in que-ste parole delle insegnanti, la mancata con-sapevolezza dell’origine neurobiologica deiproblemi del bambino. In Italia, dove la di-

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sprassia non è riconosciuta come disabilità,la legislazione pone l’accento sull’inclu-sione, ma i nostri insegnanti spesso non pos-seggono adeguata formazione. È fondamen-tale invece che essi conoscano le modalitàdi apprendimento degli alunni e studenti di-sprassici e su di esse calibrino la loro azionedidattica, avvalendosi di strategie alternativee di strumenti compensativi, tra cui i mezziinformatici o per esempio consentendo cheil bambino o ragazzo disprassico svolga la-voro orale più che scritto.

Le difficoltà del soggetto disprassico nonterminano con l’uscita dalla scuola. La di-sprassia, per quanto possa compensarsi conadeguate strategie di supporto, persiste an-che in età adulta:

persistono difficoltà organizzative e dif-ficoltà nelle relazioni sociali;

scarsa capacità di pianificazione e diorganizzazione;

senso del tempo;problemi visuo-percettivi (guidare, giu-

dicare le distanze e la profondità, parcheg-giare l’auto);

stancabilità (nei lavori manuali adesempio);

difficoltà nella gestione finanziaria;cura della persona;difficoltà nei lavori domestici e nella

preparazione dei pasti.

In Italia la disprassia in sé non è consi-derata disabilità.

Secondo la prospettiva ICF (InternationalClassification of Functioning, 2010) la disa-bilità viene definita come la conseguenza oil risultato di una complessa relazione tra lacondizione di salute di un individuo e i fat-tori personali e i fattori ambientali che rap-presentano le circostanze in cui vive l’indi-viduo.

La classificazione ICF, detta anche classi-ficazione dello stato di salute, fornisce unadefinizione di disabilità a contrario: l’indivi-duo «sano» si identifica come «individuo instato di benessere psicofisico» ribaltando, di

fatto, la concezione di stato di salute. Il con-cetto di disabilità identifica così le difficoltàdi funzionamento della persona sia a livellopersonale che nella partecipazione sociale.

In questa classificazione i fattori biome-dici e patologici non sono gli unici presi inconsiderazione, ma si considera anche l’in-terazione sociale: l’approccio, così, diventamultiprospettico: biologico, personale, so-ciale. La stessa terminologia usata è indicedi questo cambiamento di prospettiva, inquanto ai termini di menomazione, disabilitàed handicap (ICIDH – International Classi-fication of Impairments, Disabilities andHandicaps, 1980), che attestavano un ap-proccio essenzialmente medicalista, si sosti-tuiscono i termini di strutture corporee, atti-vità e partecipazione.

Di fatto lo standard diventa più com-plesso, in quanto si considerano anche i fat-tori sociali e non più solo quelli organici.

Si riporta di seguito l’articolo 1 dellaConvenzione delle Nazioni Unite sui dirittidelle persone con disabilità del 2006: «Perpersone con disabilità si intendono coloroche presentano durature menomazioni fisi-che, mentali, intellettive o sensoriali che, ininterazione con barriere di diversa natura,possono ostacolare la loro piena ed effettivapartecipazione nella società su base di ugua-glianza con gli altri».

Ed ancora, la Corte costituzionale, consentenza n. 80 del 2010 così statuisce: «I di-sabili non costituiscono un gruppo omoge-neo. Vi sono, infatti, forme diverse di disa-bilità: alcune hanno carattere lieve ed altregravi. Per ognuna di esse è necessario, per-tanto, individuare meccanismi di rimozionedegli ostacoli che tengano conto della tipo-logia di handicap da cui risulti essere affettain concreto una persona».

Orbene, le norme esistenti nel quadro nor-mativo italiano disciplinano, in modo peral-tro totalmente insufficiente, inadeguato eparziale, esclusivamente il settore scolastico,dimodoché, alla maggiore età o comunque

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all’ingresso nel mondo professionale, il sog-getto disprassico non ha alcuna tutela.

La disprassia, in sé, è una disabilità edunque un disturbo del neurosviluppo cheimpatta, in modo straordinariamente signifi-cativo, sulle attività della vita quotidiana esugli apprendimenti; pur coinvolgendo, comeesposto, circa il 6 per cento della popola-zione, troppo spesso la disprassia non vienericonosciuta. Ai genitori, preoccupati dal ri-tardo che il figlio presenta nello sviluppo,troppi educatori di scuola materna e pediatririspondono che ogni bambino ha i suoitempi e conviene aspettare. Si perdono cosìanni preziosi. Fondamentale, al contrario, èuna diagnosi precoce. La disprassia, vera di-sabilità nascosta, è ignorata. Una volta iden-tificata, in genere con ritardo, manca un nu-mero sufficientemente adeguato di struttured’intervento, i centri specializzati per la curadel disturbo sono pochissimi sul territorionazionale e generalmente i tempi di attesasono eccessivamente lunghi (spesso a paga-mento). Anche i servizi territoriali di neu-ropsichiatria infantile (in LombardiaUONPIA – unità operative di neuropsichia-tria dell’infanzia e dell’adolescenza) nonhanno preparazione specifica e lavoranosotto organico. Talvolta la diagnosi è tardivaperché misconosciuta. Il bambino dispras-sico non è considerato abbastanza grave dameritare un intervento terapeutico. Di lui cisi ricorda solo quando il suo comportamentodiventa evidentemente disturbato e danneg-gia gli altri bambini (tant’è che la disprassiain comorbilità con disturbi comportamentali– cioè quando ha un impatto sociale – è ri-conosciuta come disabilità ai fini applicatividella legge n. 104 del 1992.

La preparazione dei pediatri di base,che per primi possono dare il «campanellod’allarme», sarebbe di importanza strategicaai fini di una diagnosi precoce. Ciò consen-tirebbe anche un risparmio delle risorse delServizio sanitario nazionale in quanto pedia-tri informati focalizzerebbero subito la fi-

gura specialistica cui inviare il bambino intenera età per procedere alla diagnosi pre-coce e alla conseguente attività di riabilita-zione.

L’inadeguatezza del sistema italiano è de-terminata dall’inesistenza di norme che di-sciplinino specificamente il disturbo e che loriconoscano in sé come disabilità (ciò, a dif-ferenza di quanto accade nel sistema norma-tivo inglese e francese, canadese e austra-liano); dalla mancanza di norme che impon-gano agli insegnanti, in presenza di diagnosidi disprassia, non solo l’adozione di pianididattici personalizzati ma che indichinoquali strumenti compensativi e misure di-spensative adottare, quale didattica. Inoltre,non esiste alcun coordinamento tra l’équipesanitaria (neuropsichiatria infantile-NPI, fi-siatri, terapisti, riabilitatori), la scuola (diri-gente scolastico, insegnanti, consiglio diclasse) e la famiglia. A quest’ultimo ri-guardo, anzi, si segnala la grande difficoltàdelle famiglie ad interagire con la scuolache si limita, nelle migliori delle ipotesi, aricondurre gli alunni/studenti con disprassianell’area BES (bisogni educativi speciali),trascurando in maniera significativa la disa-bilità prassica-spaziale. La disprassia è unadisabilità nascosta (dr. Amanda Kirby, Thehidden handicap, Souvenir Press, 2011), undisturbo poco conosciuto anche in ambitoclinico e di qui la fatica delle famiglie a farcomprendere le difficoltà dei propri figli agliinsegnanti, agli allenatori sportivi, ai medicicon cui si viene in contatto anche solo oc-casionalmente (ad esempio presso il prontosoccorso, nelle visite di controllo eccetera).

In Italia, si ribadisce, la disprassia in sénon è riconosciuta come disabilità. Conse-guentemente solo se la disprassia si presentain comorbilità con disturbi quali disturbi dellinguaggio, dell’apprendimento, disturbo dadeficit di attenzione/iperattività ADHD, di-sturbi dello spettro autistico, problemi di re-golazione emozionale e comportamentale evia dicendo (questi sì riconosciuti come di-

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sabilità) – il soggetto disprassico ha accesso(previa certificazione) alla legge n. 104 del1992 (procedura per l’integrazione scola-stica) con conseguente obbligo per la scuoladi predisporre le risorse professionali neces-sarie (insegnante di sostegno+educatore) e diadottare il PEI (piano educativo individualiz-zato); di fatto, pur in presenza di PEI, gliinsegnanti sono impreparati alla relativa re-dazione, soprattutto nei contenuti. L’accessoalla procedura per l’integrazione scolasticaex legge n. 104 del 1992 avviene su certifi-cazione della commissione medica ATS, sulpresupposto della cosiddetta diagnosi funzio-nale (questo almeno sarà sintantoché nonentrerà in vigore il decreto legislativo n. 66del 2017) redatta dal NPI:

se la disprassia si presenta sola, non incomorbilità, la direttiva del Ministro dell’i-struzione, dell’università e della ricerca 27dicembre 2012 sui cosiddetti BES (bisognieducativi speciali) colloca la disprassia nel-l’area 2 dei cosiddetti disturbi evolutivi spe-cifici. Ad una prima lettura, la direttiva BESsembrerebbe estendere il diritto ad usufruiredelle stesse misure previste dalla leggen. 170 del 2010 (disturbi specifici di appren-dimento-DSA) anche alle problematichecome la disprassia che possono compromet-tere il percorso scolastico. Invero, successi-vamente, il Ministero ha compiuto un passoindietro;

innanzitutto, la circolare del Ministerodell’istruzione, dell’università e della ricercan. 8 del 2013 ha precisato che in assenza dicertificazione di disabilità (legge n. 104 del1992) o di diagnosi DSA (legge n. 170 del2010) «...È necessario che l’attivazione diun percorso individualizzato e personalizzatoper un alunno con BES sia deliberata dalCDC – o dal team docenti (all’unanimità?A maggioranza? nota del redattore-ndr) –dando luogo al PDP (piano didattico perso-nalizzato – ndr) [....] i quali motiverannoopportunamente, verbalizzandole, le deci-sioni assunte sulla base di considerazioni

psicopedagogiche (?) e didattiche; ciò al finedi evitare contenzioso»;

e ancora, la successiva nota del Mini-stero dell’istruzione, dell’università e dellaricerca n. 2563 del 22 novembre 2013 ha ul-teriormente precisato che «nel caso di diffi-coltà non meglio specificate (cioè, in buonasostanza, in assenza di certificazione leggen. 104 del 1992 o di diagnosi DSA – ndr)soltanto qualora nell’ambito del CDC o delteam docenti si concordi (all’unanimità –ndr) di valutare l’efficacia di strumenti spe-cifici, questo potrà comportare l’adozione equindi la compilazione di un PDP, con even-tuali strumenti compensativi e/o misure di-spensative. Si ribadisce che, anche in pre-senza di richieste dei genitori accompagnateda diagnosi che però non danno diritto allacertificazione di disabilità o di DSA, il CDCè autonomo nel decidere se formulare o nonformulare un PDP, avendo cura di verbaliz-zare le motivazioni della decisione. È quindipeculiare facoltà dei CDC o dei team do-centi individuare casi specifici per i quali siautile attivare percorsi di studio individualiz-zati e personalizzati, formalizzati nel PDP, lacui validità rimane comunque circoscritta al-l’anno scolastico di riferimento».

E dunque, in relazione agli alunni/studentinon disabili e non DSA (quindi disprassiariconosciuto come BES/disturbo evolutivospecifico di cui all’area 2 della citata diret-tiva del 2012) la circolare ministeriale n. 8del 2013 ha corretto quanto dichiarato ini-zialmente dalla direttiva del Ministero del2012: il disposto della legge n. 170 del 2010(DSA) si applica esclusivamente agli alunni/studenti con diagnosi di DSA; per gli altri(non DSA/non disabili) la nota del Ministerodell’istruzione, dell’università e della ricercadel 22 novembre 2013 (protocollo n. 2563)(che chiarisce la circolare ministeriale n. 8del 2013) stabilisce che il CDC può adottareun PDP ad hoc.

Nello stesso solco, il Ministero, con re-cente circolare del 17 maggio 2018 (proto-

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collo n. 1143) e con riferimento agli «ulte-riori BES» (cioè coloro che non hanno cer-tificazione ex legge n. 104 del 1992, né dia-gnosi DSA ex legge n. 170 del 2010, cioè ilcaso di disprassia pura di cui all’area 2 dellacitata direttiva BES del 2012) esplicita ilprincipio per cui non occorre la dichiara-zione di ulteriori BES in alunni con svantag-gio o disagio di qualunque tipo, né è neces-saria la formulazione di PDP per il successoeducativo di ognuno («I docenti e i dirigentiche contribuiscono a realizzare una scuola diqualità, equa e inclusiva, vanno oltre le eti-chette e, senza la necessità di avere alcunaclassificazione con “BES” o di redigerepiani didattici personalizzati, riconoscono evalorizzano le diverse normalità, per indivi-duare, informando e coinvolgendo costante-mente le famiglie, le strategie più adeguate afavorire l’apprendimento e l’educazione diogni alunno loro affidato»). In buona so-stanza, si vogliono eliminare le «etichette»,ma solo per gli «ulteriori BES». Ferme re-stando le garanzie della legge n. 104 del1992 (certificazione di disabilità) e dellalegge n. 170 del 2010 (diagnosi di DSA),per esclusione, secondo la circolare, è vie-tata l’individuazione di alunni con ulterioriBES (individuazione che è operata dal con-siglio di classe e non dall’azienda sanitarialocale sic....) ed è vietata l’adozione delconseguente PDP. Fermo restando che ilprincipio per essere tale dovrebbe riguardareanche alunni con disabilità e DSA, in unascuola pubblica, se si deve agevolare qual-cuno per motivi personali di qualunque tipo,occorre qualcosa di oggettivo (certificazione/diagnosi), pena il rischio di precipitare neifavoritismi o nel disconoscimento del valorelegale dei titoli di studio. Sennonché, sirammenta che gli alunni con ulteriori BES,in forza della direttiva ministeriale del 27dicembre 2012, devono godere di «strumentidispensativi e misure compensative». E al-lora come individuare un alunno al qualeconcedere tali agevolazioni senza qualcosa

di oggettivo, come, nel caso dei BES, al-meno la delibera del consiglio di classe ed ilconseguente PDP in cui tali misure sono in-dicate?

Tale circolare, a nostro parere, è inoltre il-legittima per contrasto con fonte normativasuperiore – la direttiva ministeriale del2012 – ed altresì con la Convenzione delleNazioni Unite sui diritti delle persone condisabilità, in particolare articolo 4, paragrafo3, secondo cui tutti gli atti normativi concer-nenti l’inclusione delle persone con disabi-lità devono almeno ricevere un parere nelmondo associativo della disabilità.

In relazione all’inserimento lavorativo: lalegge n. 68 del 1999 (norme per il diritto allavoro dei disabili) promuove l’inserimentolavorativo delle persone incluse nelle cosid-dette categorie protette. La legge si applicaagli individui in età lavorativa affetti da mi-norazioni fisiche, psichiche o sensoriali, oportatori di handicap intellettivo che impor-tino una riduzione della capacità lavorativasuperiore al 45 per cento (ed anche agli in-validi del lavoro con invalidità superiore al33 per cento, a non vedenti, sordomuti, vit-time di terrorismo e criminalità organizzataeccetera).

Il presente disegno di legge si proponepertanto di riconoscere autonomia alla dia-gnosi di disprassia e specificità di tratta-mento legislativo, riabilitativo e scolastico.

I passaggi che deve compiere il medicospecialista ai fini dell’applicazione degli ar-ticoli 3 e 7 del presente disegno di leggesono più precisamente due:

1) diagnosi di disprassia (indipendente-mente da comorbilità con altri disturbi, ma èsufficiente che ci sia una diagnosi di di-sprassia);

2) valutare in concreto e in relazione alcaso singolo, il grado di compromissionedelle abilità quotidiane (esempio: grado diautonomia da quattro a dieci anni: cam-mina? Parla? Gioca da solo? Gioca con icoetanei? Mangia da solo? Si lava da solo?

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Si veste da solo? Va a scuola o all’oratorio dasolo? I quesiti standard potrebbero essere og-getto di elaborazione successiva alla legge edessere inseriti nelle linee guida della legge).

A questo punto, è il medico specialistache stabilisce quale disciplina sia più appro-priata per il caso singolo e dunque:

nei casi di compromissione più severa (e,si ribadisce, anche in assenza di comorbilità), siaccede alla legge n. 104 del 1992 (piano educa-tivo indiviudalizzato-PEI + insegnante di soste-gno + educatore) – in tal caso la disprassiaassurge a disabilità di per sé;

nei casi meno gravi, di minor compro-missione delle abilità riconducibili all’etàdel soggetto, si procede con l’obbligo diPDP + strumenti compensativi + tutor.

Laddove poi la disprassia si associ in co-morbilità ad altri disturbi o si presenti inquadro DSA, resta ferma la possibilità,come peraltro accade allo stato attuale, diaccedere rispettivamente alla legge n. 104del 1992 e alla legge n. 170 del 2010.

Profili di diritto comparato

Francia

In Francia la legge n° 2005-102 dell’11febbraio 2005 riconosce i disturbi cosiddetti«DYS» (disprassia, dislessia, disortografia,discalculia ecc.) come «handicaps cogni-tivi». Secondo legge, ogni disturbo che li-mita le capacità della persona risultando in-validante rispetto ad alcune attività quoti-diane è considerato come un handicap, chesia fisico, psichico, psicologico, mentale ocognitivo. Esiste un servizio pubblico chemira ad accogliere, informare ed orientare lefamiglie ed è la MDPH (Maison départe-mentale des personnes handicapées). Nelcaso della disprassia, la MDPH valuta ilgrado di severità del disturbo, identificandole difficoltà che questo determina, nonchél’impatto sulla vita familiare, l’apprendi-

mento e i risultati scolastici, e determina lanecessità di un progetto personalizzato di-dattico. Viene elaborato un PPC (Plan Per-sonnel de Compensation).

Aspetti positivi:

– mette in collegamento l’aspetto medicocon la difficoltà che il diprassico incontranella vita di comunità (in primis nellascuola);

– il sostegno – che è previsto a tempopieno e non parziale come in Italia – è ga-rantito anche per i casi di disprassia pura enon solo in caso di comorbilità. Questo sispiega perché la disprassia, in Francia, è ri-conosciuta in sé come disabilità, in quantodetermina una fatica organizzativa enormedell’alunno/studente.

Punti critici:

– non è corretto considerare la disprassiacome disabilità cognitiva poiché ciò noncorrisponde al dato clinico. Non sarebbe co-munque opportuno riportare nel nostro ordi-namento questa impostazione anche per leconseguenze che tale definizione avrebbe nelnostro sistema scolastico ai fini del conse-guimento di un valido titolo di studio (PEIdifferenziato che conduce ad attestato di cre-dito formativo anziché licenza media o di-ploma);

– il sistema scolastico francese prevede,per tutti i DYS, classi e scuole differenziate.In Italia siamo orgogliosi di aver abolito lescuole speciali e le classi differenziali dap-prima nel 1977 (legge n. 517 del 1977) equindi definitivamente, per ogni ordine egrado di scuola, nel 1992 (legge n. 104 del1992), introducendo i princìpi (prima) di in-tegrazione e (poi) di inclusione scolastica.

Inghilterra

In Inghilterra le norme rilevanti sono con-tenute nello Special Educational Needs

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(SEN) Disability Act del 2001, nel Childrenand Families Act del 2014, nonché nelleSpecial Educational Needs and DisabilityRegulations del 2014.

Il sistema scolastico inglese prevede che ibambini con bisogni educativi speciali sianoinseriti in scuole tradizionali.

Le famiglie che ritengano che i propri fi-gli abbiano esigenze educative speciali, pos-sono contattare una serie di figure istituzio-nali: in particolare, il coordinatore SEN (co-siddetto «SENCO») nella scuola o nell’asiloe un consiglio locale se il bambino non fre-quenta una scuola o un asilo. Inoltre è di-sponibile su tutto il territorio del Paese unservizio di informazione, consulenza e sup-porto (IAS) locale, che offre assistenza inmateria di disabilità e bisogni educativi spe-ciali.

L’aiuto offerto agli alunni/studenti è varia-bile e può andare dal riconoscimento di unsupporto SEN a scuola, come una sempliceattività di logopedia, alla predisposizione diun piano di educazione, salute e cura (Edu-cation, Health and Care-EHC plan), desti-nato a bambini e giovani fino a venticinqueanni che hanno esigenze più complesse. L’a-iuto è offerto sin dall’età di due anni delbambino.

Il piano educativo, sanitario e assisten-ziale (EHC) è rivolto a bambini e giovani dietà compresa sino ai venticinque anni che

hanno bisogno di maggiore sostegno diquanto non sia disponibile attraverso il sup-porto SEN. La valutazione è effettuata daun’apposita autorità locale a richiesta dellafamiglia, ma anche di medici, operatori sa-nitari, insegnanti, nonché dallo stesso inte-ressato una volta compiuti i sedici anni. Ilpiano è stilato in contradditorio con la fami-glia e in caso di disaccordo è possibile pre-sentare un ricorso al tribunale speciale per ibisogni educativi e l’invalidità. È inoltre ri-conosciuto un sostegno economico a chi ab-bia un EHC (personal budget).

Aspetti positivi:

è previsto un sostegno sin dall’età pre-scolare (due anni) e fino al compimento deiventicinque anni di età, ovvero (idealmente)a completamento degli studi universitari;

la predisposizione del piano educativo, sa-nitario e assistenziale, redatto sulla base ditutte le informazioni rilevanti (che riguar-dino gli aspetti clinici, psicologici, educatividell’interessato, eccetera) prevede un con-fronto tra famiglie, scuola e interessato e unaggiornamento a più riprese;

la previsione di un sostegno di naturaeconomica può essere amministrato diretta-mente dalla famiglia o conferito alla scuola,ma sempre utilizzato secondo le indicazionidella famiglia.

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Riconoscimento e definizionedella disprassia)

1. La presente legge riconosce la dispras-sia quale disturbo evolutivo della coordina-zione motoria (Developmental CoordinationDisorder-DCD) che implica, con incidenza eintensità variabile da soggetto a soggetto,anche in relazione all’età, e pur in presenzadi capacità cognitive adeguate, una disabilitàpermanente che è causa di difficoltà di ap-prendimento, di relazione o di integrazionelavorativa e tale da determinare un processodi svantaggio sociale o di emarginazione.

2. Ai fini della presente legge, si intendeper disprassia/DCD un disturbo del neuro-sviluppo che si manifesta con molteplici dif-ficoltà che interferiscono spesso in modo si-gnificativo con le attività della vita quoti-diana e con gli apprendimenti.

3. Nell’interpretazione della definizione dicui al comma 2 si tiene conto dell’evolu-zione delle conoscenze scientifiche in mate-ria.

Art. 2.

(Finalità)

1. La presente legge tutela i soggetti condisprassia/DCD con le seguenti finalità:

a) garantire il diritto alla salute, all’i-struzione, all’integrazione sociale e lavora-tiva nonché i diritti di pari opportunità e dinon discriminazione;

b) favorire la diagnosi precoce e per-corsi sanitari riabilitativi;

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c) favorire ed incrementare i programmidi formazione e aggiornamento del perso-nale medico e sanitario, in primis i medicipediatri, e dei terapisti riabilitatori;

d) favorire l’inclusione e il successoscolastico e accademico, anche attraversopercorsi didattici e misure di supporto, ga-rantire una formazione adeguata e promuo-vere lo sviluppo delle potenzialità;

e) ridurre i disagi relazionali ed emo-zionali;

f) adottare forme di verifica e di valu-tazione adeguate alle necessità formative de-gli studenti;

g) preparare gli insegnanti per sensibi-lizzare i genitori nei confronti delle proble-matiche connesse alla disprassia/DCD;

h) incrementare la comunicazione e lacollaborazione tra famiglia, scuola, univer-sità, servizi sanitari e associazioni ricono-sciute e maggiormente rappresentative delladisprassia/DCD, durante il percorso di istru-zione e di formazione;

i) assicurare eguali opportunità di svi-luppo delle capacità in ambito sociale e pro-fessionale;

l) promuovere l’inserimento e l’integra-zione sociale e lavorativa nel mondo profes-sionale attraverso servizi di sostegno e dicollocamento mirato, favorendo altresì la co-municazione e la collaborazione tra i servizisanitari e le associazioni riconosciute e mag-giormente rappresentative della disprassia/DCD e le aziende, prevedendo forme di age-volazione fiscale ed esoneri per le aziendemaggiormente collaborative che stipulino«contratti di solidarietà» o che prevedano inorganigramma figure professionali di tuto-ring.

Art. 3.

(Diagnosi)

1. La diagnosi di disprassia/DCD è effet-tuata dal medico specialista nell’ambito dei

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trattamenti specialistici già assicurati dalServizio sanitario nazionale (SSN) a legisla-zione vigente o, in alternativa, qualora nonsia possibile effettuare la diagnosi nell’am-bito dei trattamenti specialistici già assicu-rati dal SSN, ovvero questa non possa inter-venire entro tre mesi, la medesima diagnosipuò essere effettuata da specialisti o strut-ture accreditate.

2. La diagnosi di disprassia/DCD di cui alcomma 1, in relazione al grado di compro-missione delle abilità motorio-prassiche, lin-guistiche e verbali del singolo caso concretoaccertato dal medico specialista, produce al-ternativamente i seguenti effetti:

a) anche indipendentemente da comor-bilità con altri disturbi, dà accesso alle pro-cedure di integrazione scolastica di cui allalegge 5 febbraio 1992, n. 104;

b) in difetto, nel caso singolo e con-creto, dei presupposti applicativi della legge5 febbraio 1992, n. 104, dà diritto allo stu-dente a strumenti compensativi e misure di-spensative nel percorso scolastico e accade-mico. In tal caso, le istituzioni scolastiche eaccademiche hanno l’obbligo di predisporree di attivare in modo tempestivo le misureeducative e didattiche di supporto di cui al-l’articolo 4 della presente legge, di redigeree di attuare piani educativi personalizzatiche prevedano altresì l’affiancamento dellostudente con la figura di un tutor che losupporta e lo segue nel percorso scolastico eaccademico;

c) in caso di comorbilità con quadro didisturbi specifici di apprendimento-DSA, re-sta ferma la possibilità di accedere alla di-sciplina di cui alla legge 8 ottobre 2010,n. 170.

Art. 4.

(Misure educative e didattiche di supporto)

1. Gli studenti con diagnosi di disprassia/DCD hanno diritto di fruire di appositi prov-

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vedimenti dispensativi e compensativi non-ché di flessibilità didattica nel corso dei ci-cli di istruzione e formazione e negli studiuniversitari.

2. Agli studenti con diagnosi di dispras-sia/DCD le istituzioni scolastiche, a valeresulle risorse specifiche e disponibili a legi-slazione vigente iscritte nello stato di previ-sione del Ministero dell’istruzione, dell’uni-versità e della ricerca, garantiscono:

a) l’uso di una didattica individualiz-zata e personalizzata, con forme efficaci eflessibili di lavoro scolastico che tengonoconto anche delle caratteristiche peculiaridei soggetti, adottando una metodologia euna strategia educativa adeguate;

b) l’introduzione di strumenti compen-sativi, compresi i mezzi di apprendimentoalternativi e le tecnologie informatiche, non-ché misure dispensative da alcune presta-zioni non essenziali ai fini della qualità deiconcetti da apprendere;

c) per l’insegnamento delle lingue stra-niere, l’uso di strumenti compensativi chefavoriscono la comunicazione verbale e cheassicurano ritmi graduali di apprendimento,prevedendo anche, ove risulti utile, la possi-bilità dell’esonero.

3. Le misure di cui al presente articolosono sottoposte periodicamente a monitorag-gio per valutarne l’efficacia e il raggiungi-mento degli obiettivi.

4. Agli studenti con diagnosi di dispras-sia/DCD sono garantite, durante il percorsodi istruzione e di formazione scolastica euniversitaria, adeguate forme di verifica e divalutazione, anche per quanto concerne gliesami di Stato e di ammissione all’univer-sità, gli esami universitari e i concorsi pub-blici.

Art. 5.

(Formazione nella scuola)

1. Nell’ambito dei programmi di forma-zione del personale docente e dirigenziale

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delle scuole di ogni ordine e grado, com-presa la scuola dell’infanzia, è assicurataun’adeguata preparazione riguardo alle pro-blematiche relative alla disprassia/DCD, fi-nalizzata ad acquisire la competenza per in-dividuarne precocemente i segnali e la con-seguente capacità di applicare strategie di-dattiche, metodologiche e valutative ade-guate.

Art. 6.

(Misure a favore dei familiari)

1. In difetto, nel caso singolo e concreto,e al di fuori dei presupposti applicativi dellalegge 5 febbraio 1992, n. 104, la diagnosi didisprassia/DCD di cui all’articolo 3 dellapresente legge dà diritto di usufruire di oraridi lavoro flessibili ai familiari fino al primogrado di studenti con disprassia/DCD delprimo ciclo di istruzione, comprendente lascuola primaria e la scuola secondaria diprimo grado, che siano impegnati nell’ac-compagnamento alla riabilitazione e nell’as-sistenza alle attività scolastiche a casa.

2. Le modalità di esercizio del diritto dicui al comma 1 sono determinate dai con-tratti collettivi nazionali di lavoro dei com-parti interessati e non devono comportarenuovi o maggiori oneri a carico della fi-nanza pubblica.

Art. 7.

(Integrazione lavorativa)

1. La diagnosi di disprassia/DCD di cuiall’articolo 3, comma 1, in relazione algrado di compromissione delle abilità moto-rio-prassiche, linguistiche e verbali del sin-golo caso concreto accertato dal medico spe-cialista produce, alternativamente, i seguentieffetti ai fini dell’integrazione lavorativa:

a) anche indipendentemente da comor-bilità con altri disturbi e ferma restando la

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valutazione dell’incidenza del disturbo sullaconcreta capacità lavorativa, consente l’atti-vazione delle procedure per il riconosci-mento dell’invalidità civile ai sensi dellalegge 12 marzo 1999, n. 68, ai fini del col-locamento mirato e delle assunzioni obbliga-torie in quote di riserva di cui agli articoli 2e 3 della medesima legge n. 68 del 1999;

b) in difetto, nel caso singolo e con-creto, dei presupposti applicativi della legge12 marzo 1999, n. 68, dà diritto all’affianca-mento in azienda di un responsabile delle ri-sorse umane opportunamente formato inqualità di tutor che, a partire dallo svolgi-mento del colloquio di lavoro e, successiva-mente, nell’assegnazione e nello svolgi-mento delle mansioni lavorative, segue e so-stiene il lavoratore con disprassia/DCD.

Art. 8.

(Patente di guida)

1. Per i candidati al conseguimento dellapatente di guida delle categorie A e B condiagnosi di disprassia/DCD, l’accertamentodei requisiti fisici e psichici di cui all’arti-colo 119, comma 2, del codice della strada,di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992,n. 285, è effettuato dalla commissione me-dica locale territorialmente competente, inte-grata da un medico specialista inerente allacondizione del soggetto, previa presenta-zione della certificazione di diagnosi di di-sprassia/DCD di cui all’articolo 3 della pre-sente legge.

2. La certificazione medico-specialistica,rilasciata ai fini del comma 1 del presentearticolo, indica specificamente per ciascunsoggetto candidato con quali modalità deveessere sostenuto l’esame di teoria, che puòessere, in particolare, un esame orale oppureinformatizzato, con adattamenti, tempi ag-giuntivi, domande a risposta secca e nonmultipla nonché ausilio di files audio, e in-dica altresì i dispositivi di guida che devono

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essere utilizzati per lo svolgimento dell’e-same pratico, tra i quali: cambio automatico,sterzo adattato a joystick, comandi di svoltavocali o specchietti retrovisori ingranditi.

3. La commissione medica di cui alcomma 1 indica nel certificato di idoneitàquali sono i dispositivi di guida che il can-didato deve utilizzare. Le eventuali modifi-che devono essere riportate sul foglio rosa esuccessivamente sulla patente di guida.

4. Dopo il riconoscimento di idoneità e ilrilascio del foglio rosa, il candidato puòesercitarsi alla guida e sostenere gli esamiteorici e pratici per il conseguimento dellapatente utilizzando veicoli con gli adatta-menti prescritti. In fase di esame pratico, èfacoltà dell’ingegnere della motorizzazionecivile confermare gli adattamenti prescrittidalla commissione medica ai sensi delcomma 3 o prevederne di diversi. Lo stessocandidato può richiedere adattamenti diversida quelli che la commissione medica ha pre-scritto.

5. Nella patente di guida sono riportati gliadattamenti definitivi necessari alla guidadei veicoli. I soggetti con disprassia/DCDche conseguono la patente di guida possonocondurre solo i veicoli provvisti di tali di-spositivi di guida.

Art. 9.

(Disposizioni di attuazione)

1. Con decreto del Ministro per la fami-glia e le disabilità e del Ministro dell’istru-zione, dell’università e della ricerca, di con-certo con il Ministro della salute, il Ministrodel lavoro e delle politiche sociali e il Mi-nistro delle infrastrutture e dei trasporti, pre-via intesa in sede di Conferenza permanenteper i rapporti tra lo Stato, le regioni e leprovince autonome di Trento e di Bolzano,si provvede, entro quattro mesi dalla data dientrata in vigore della presente legge, adadottare linee guida per: la predisposizione

Atti parlamentari – 20 – Senato della Repubblica – N. 904

XVIII LEGISLATURA – DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

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di protocolli regionali per l’attività di dia-gnosi precoce di cui all’articolo 3; l’identi-ficazione degli strumenti compensativi, dellemisure educative e didattiche di supporto dicui all’articolo 4; l’individuazione delle mo-dalità di formazione dei docenti e dei diri-genti scolastici di cui all’articolo 5; l’indivi-duazione dei servizi di sostegno e di collo-camento lavorativo mirato, delle modalità diformazione del personale addetto alle risorsedel personale nelle aziende ai fini dell’inte-grazione lavorativa di cui all’articolo 7; l’in-dividuazione delle modalità di svolgimentodegli esami orali e pratici di guida e dei di-spositivi di guida di adattamento di cui al-l’articolo 8.

Atti parlamentari – 21 – Senato della Repubblica – N. 904

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