Diritto Amministrativo Casetta (1)
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Riassunto
di
DIRITTO
AMMINISTRATIVO
Elio Casetta
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CAPITOLO 1: LAMMINISTRAZIONE ED IL SUO DIRITTO
1. La nozione di pubblica amministrazione.
AMMINISTRAZIONE non di per s un concetto giuridico: il termine indica la cura in concreto di
interessi, ed riferibile ad un qualsiasi soggetto (persona giuridica, pubblica o privata, o individuo) che
svolge unattivit volta alla soddisfazione di interessi correlati ai fini che il soggetto si propone di
perseguire.
Questo il concetto di amministrazione-attivit, ossia il concetto di AMMINISTRAZIONE IN SENSO
OGGETTIVO,
ed intimamente legato alla nozione di AMMINISTRAZIONE IN SENSO SOGGETTIVO, in quanto
amministrativa lattivit posta in essere dalle persone giuridiche pubbliche e dagli organi che hanno
competenza alla cura degli interessi dei soggetti pubblici.
Luno e laltro concetto si completano a vicenda e nessuno dei due pu esistere a prescindere dallaltro.
Nel quadro tracciato dalla Costituzione, accanto agli organi tipicamente amministrativi, sono presenti
organi facenti capo al potere legislativo e giudiziario; lattivit amministrativa in senso soggettivo viene,
dunque, esercitata anche da organi cui istituzionalmente non competerebbe; lamministrazione in senso
soggettivo a sua volta esercita anche funzioni diverse da quelle istituzionalmente proprie.
Ne deriva che la nozione di amministrazione in senso soggettivo non coincide con quella di amministrazione
in senso oggettivo: non solo perch lamministrazione in senso oggettivo si riscontra anche al di fuori delle
persone giuridiche pubbliche, ma anche perch, allinterno di queste, non tutta lattivit posta in essere
attivit amministrativa.
Inoltre, atteso che questultima si estrinseca in atti che si distinguono per la loro forma, possibile
individuare una nozione di amministrazione formale. Ci suscita particolari problemi: esistono categorie di
atti che, dal punto di vista formale, appartengono allamministrazione, ma da punto di vista oggettivo, sono
atti normativi (es. regolamento); gli stessi organi, dunque, con le medesime forme, svolgono attivit di
diversa natura.
Ci premesso, occorre sottolineare che gi agli albori della civilt umana era esistente una sorta di attivit
amministrativa, anche se non vi era unorganizzazione amministrativa specifica e gli interessi da essa curati
coincidevano con quelli di colui che si era imposto al governo della comunit.
Nellera feudale, in particolare, le funzioni amministrative venivano espletate soprattutto sulla base di un
diritto ereditario e gli interessi privati si intrecciavano strettamente con quelli pubblici.
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Nel periodo successivo degli Stati moderni, il principio della separazione dei poteri risultava ancora
inattuato, seppur percepibile in nuce. Invero, la struttura ed i poteri dellamministrazione riflettevano i
caratteri degli Stati (es. negli Stati dellassolutismo illuminato si introdussero forme di tutela anche nei
confronti degli atti sovrani). Successivamente alla rivoluzione francese, laumento delle dimensioni
dellamministrazione, non solo a livello nazionale, si leg al moltiplicarsi delle esigenze che lo Stato doveva
soddisfare, le quali, a loro volta, dipendevano dalle nuove richieste avanzate da classi sociali prima relegate
ai margini della societ.
Amministrazione in senso soggettivo, dunque, equivale a dire ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA, ed
proprio allorganizzazione che la nostra Costituzione dedica la sua lacunosa disciplina. Infatti, nonostante la
sez. II del titolo III (dedicato al Governo) della parte II sia intitolata La pubblica amministrazione, lart. 97
fa riferimento allorganizzazione dei pubblici uffici.
In tal senso, sembrerebbe quasi accolta la concezione cavouriana dellamministrazione facente capo al
governo, responsabile di fronte al parlamento; concezione accentratrice, in cui lamministrazione
soprattutto amministrazione dello Stato. Si tratterebbe, per, di uninterpretazione contraddetta
dallaffermazione costituzionale (art. 5) del principio di autonomia e della sua realizzazione attraverso la
possibilit per gli enti territoriali (regioni, citt metropolitane, province e comuni: art. 114) di darsi un
indirizzo politico-amministrativo non in sintonia con quello del governo dello Stato; a ci deve aggiungersi
la moltiplicazione dei soggetti pubblici associativi dovuta ad una pluralit di fattori connessi allo sviluppo
della nostra societ ed alla correlativa espansione dellattivit amministrativa (c.d. amministrazione per
enti).
Il legislatore tenta oggi di ridimensionare questa situazione, sia trasformando molti soggetti pubblici in
soggetti privati, sia istituendo soggetti privati con il compito di perseguire finalit pubblicistiche. In tal
modo, il problema solo apparentemente risolto: nelle ipotesi in cui il controllo di tali persone giuridiche
permane in mano pubblica, si pu dubitare che alla trasformazione formalmente privatistica corrisponda
una natura sostanziale effettivamente privatistica. Sotto diverso aspetto, rilevante un ulteriore
fenomeno: la tendenza dellamministrazione di avvalersi dellausilio di soggetti privati preesistenti per lo
svolgimento di compiti pubblicistici. In questo caso, appare difficile tracciare gli esatti confini dello spettro
soggettivo dellamministrazione.
Esiste dunque un problema circa la DEFINIZIONE NORMATIVA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, che
daltronde, non pu ricavarsi dalle scarne disposizioni della Carta costituzionale, tanto che si arrivati a
dilatare il significato della normativa costituzionale in materia di P.A. fino a ricomprenderne pi di una: non
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si dovrebbe parlare di P.A., ma di Pubbliche Amministrazioni (secondo unespressione che si rinviene
nellart. 97, c. III, Cost.), in quanto il concetto dovrebbe diversificarsi a seconda dei fini in vista dei quali esso
dovrebbe essere usato!
Neppure a livello di fonti primarie si pu, poi, parlare di definizioni legislative della P.A. Le leggi, infatti,
sono tutte finalizzate, ossia recano definizioni valide solo entro lambito della specifica disciplina che le
concerne.
In ogni caso la definizione pi ampia e attendibile appare quella riguardante la normativa
sullordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (decreto lgs. 165/2001), per
Amministrazioni pubbliche sintendono (art. 1): Tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli
istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunit montane ed i loro consorzi ed
associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari (ora Agenzie territoriali per la
casa), le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e le loro associazioni, tutti gli enti
pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio
sanitario nazionale, lagenzia per la rappresentanza nazionale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le
agenzie di cui al d.lgs. 300/1999.
Essa non comprende gli enti pubblici economici per il semplice fatto che il rapporto di lavoro dei loro
dipendenti era gi sottoposto ad una disciplina privatistica. Pur trovandoci in presenza di pi definizioni (e
questultima sembra la pi ampia ed attendibile), manca per la definizione.
2. La pubblica amministrazione dopo lentrata in vigore della Costituzione, i suoi mali recenti e i rimedi
posti in atto. In particolare : il problema della riforma della pubblica amministrazione
Il numero degli enti pubblici mutevole nel tempo e di conseguenza lambito della P.A. tende, nei vari
momenti storici, ad estendersi o a contrarsi.
Inoltre, anche allinterno della stessa amministrazione si verificano mutamenti di grande rilievo.
Per risalire alle cause di tali fenomeni occorre riportarsi allentrata in vigore della Costituzione. La brevit
della durata dei governi succedutisi alla guida dello Stato e lampliamento del numero degli uffici e degli
organici delle amministrazioni ministeriali inizialmente provocarono la sottrazione di competenze
appartenenti ai singoli ministri che vennero attribuite al neo-istituito ruolo della dirigenza. Lapparato
dirigenziale fu al centro di un palese tentativo (purtroppo in gran parte riuscito) di addomesticamento,
realizzato mediante la collocazione, nei posti di maggiore importanza dellamministrazione dello Stato e
degli enti da questo controllati, di persone politicamente legate ai partiti di governo. Tale crescita dei partiti
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e della necessit di maggiori finanziamenti ha determinato la commissione di reati contro la P.A.,
provocando una dura reazione dellopinione pubblica.
Ecco che a partire dalla fine degli anni 80 si messa mano alla stagione delle RIFORME.
Innanzitutto,
il legislatore si mosso nella direzione dellattuazione di norme e principi costituzionali in materia
amministrativa (es. legge sul procedimento amministrativo 241/1990 ispirata allart. 97 Cost. e la
legge sulle autonomie locali 242/1990), riguardanti lattivit
sia con il D.Lgs 165/2001 riguardanti lorganizzazione.
Le leggi 57/1997 (Bassanini 1), 127/1997 (Bassanini bis) e 191/1998 (Bassanini ter) rappresentano,
poi, tre esempi di rilevanti modifiche dellattivit e dellorganizzazione amministrativa. Queste
leggi, ed in particolare la prima, hanno lo scopo di attuare un notevole decentramento di poteri,
conferendo molte funzioni statali alle regioni ed agli enti locali, riservando solo alcune e
fondamentali materie allo Stato ed introducendo il principio di sussidiariet.
Unincisiva riforma costituzionale stata compiuta con la L.Cost. 3/2001 di modifica del Titolo V,
parte II, Cost.
Un radicale mutamento dellazione amministrativa dovrebbe derivare poi dallimpiego dei nuovi
strumenti legati allo sviluppo tecnologico e dal conseguente potenziamento del c.d. e-government
nellambito dei rapporti con cittadini ed imprese ,d.lgs. 82/2005: codice dellamministrazione
digitale, che attribuisce numerosi diritti ai cittadini, tra cui quello di usare le tecnologie nei rapporti
con lamministrazione, di accedere agli atti per via telematica, di effettuare pagamenti in forma
digitale e di comunicare via e-mail.
Tra gli strumenti che vengono messi a disposizione bisogna ricordare la firma digitale e la carta
didentit elettronica.
3. La nozione di diritto amministrativo
diritto amministrativo la disciplina giuridica della P.A. nella sua organizzazione, nei beni e nellattivit ad
essa peculiari e nei rapporti che, esercitando tale attivit, sinstaurano con gli altri soggetti
dellordinamento. Gli Stati caratterizzati dalla presenza di un corpo di regole amministrative distinte dal
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diritto comune sono detti Stati a regime amministrativo. La rivoluzione francese generalmente ritenuta la
svolta decisiva ai fini della nascita del diritto amministrativo in senso moderno. Se intesa nel senso di
rinvenire in quella fase storica una data precisa, individuata nellemanazione della Costituzione francese del
1799, tale opinione, tuttavia, non pu essere condivisa: infatti, quella Costituzione non introdusse una
frattura con il passato come ci si poteva attendere; il diritto amministrativo, infatti, nacque come
sommatoria di pi accadimenti, taluno dei quali risalente nei secoli e con provenienze statali diverse.
Linstaurazione di un diritto amministrativo si afferm poco a poco senza che, in Francia ed altrove, se ne
avesse piena coscienza. Ci non di meno, va riconosciuto che la rivoluzione francese costitu un tassello
decisivo per la formazione del diritto amministrativo, in quanto, ispirandosi ai principi dellIlluminismo,
condusse allavvento della borghesia ed allaffermazione del ruolo centrale del potere legislativo,
espressione della volont popolare, determinando la subordinazione dellamministrazione (potere
esecutivo) alla legge. La rivoluzione francese, inoltre, afferm definitivamente il principio della divisione dei
poteri. La distinzione (invero gi presente nel700 e riproposta nella Costituzione di Cadice del 1812) tra
amministrazione e giurisdizione fece s che lautoritativit dellazione amministrativa si svincolasse dal
rispetto delle forme giurisdizionali: in tal modo sfumavano le garanzie a favore del privato proprie del
processo, ma il fenomeno era in parte compensato dallapplicazione del principio di legalit, il quale, oltre a
riconoscere diritti anche ai cittadini, ostava allarbitrio del sovrano, che in precedenza poteva emanare atti
del tutto svincolati dal rispetto della legge. Il diritto amministrativo si diffuse, quindi, in Europa in
concomitanza con lestensione del modello di amministrazione napoleonica, estremamente accentrata.
Questo nuovo diritto rimase sostanzialmente immutato cos nel periodo della Restaurazione come nelle
esperienze liberali e borghesi successive. Per quanto attiene in particolare allItalia, nel 1859 si era
completata la legislazione amministrativa piemontese e, dopo lunit, nel 1865, si uniform la legislazione
nei territori annessi con le c.d. leggi di unificazione. Seppure comunemente accettata non appare
giustificabile linclusione nel diritto amministrativo dellattivit giurisdizionale posta in essere da organi non
appartenenti alla P.A.: proprio perch esercitano giurisdizione, tali organi godono di unindipendenza (art.
108 Cost.) che per definizione inammissibile negli organi amministrativi svolgenti esclusivamente attivit
amministrativa. Ci non di meno, lo studio della disciplina del processo che coinvolge lamministrazione
affianca e completa quella del diritto amministrativo sostanziale, anche in ragione dellapporto fornito
dallelaborazione giurisprudenziale allaffinamento di molteplici istituti di diritto sostanziale. Negli Stati a
regime amministrativo, lattivit della P.A. non si esaurisce nella sola attivit di diritto pubblico. Si assiste,
infatti, allespansione dellattivit di diritto privato della P.A. stessa: lattivit amministrativa pu essere
esercitata dai soggetti pubblici tanto nelle forme del diritto pubblico, quanto nelle forme del diritto privato.
Si tratta di una distinzione di estremo rilievo, sia per la differente disciplina inerente ciascuna di tali forme,
sia per la frequente compresenza di forme pubblicistiche e privatistiche (contratti c.d. ad evidenza
pubblica). Occorre domandarsi se la normazione concernente gli atti di diritto privato della P.A. possa
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essere attratta nel diritto amministrativo. La risposta in linea di principio negativa: i principi che regolano
la relativa attivit sono propri del diritto privato. Opposta conclusione va formulata per le norme che
riguardano lattivit amministrativa preordinata alla formazione della volont contrattuale
dellamministrazione (c.d. procedimento ad evidenza pubblica). Lart. 1, comma 1bis, l. 241/1990, dispone
che la pubblica amministrazione, nelladozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme
di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. Tale norma sembra: consentire che lazione
amministrativa sia retta da norme di diritto privato e non solo che lamministrazione usi strumenti
privatistici, com naturale che faccia in quanto soggetto dotato di capacit di diritto privato; individuare
nel carattere dellautoritativit e non nella natura pubblica o privata dellatto la linea di demarcazione
tra attivit amministrativa retta dal diritto amministrativo ed attivit retta dal diritto privato; limitare larea
dellapplicazione del diritto privato al settore degli atti non autoritativi; configurare il diritto privato come la
regola dellattivit che si esplica mediante atti non autoritativi, senza che risultino necessarie ulteriori
prescrizioni normative; la legge pu tuttavia disporre diversamente, prevedendo una disciplina diversa da
quella privatistica e riespandendo larea della disciplina pubblicistica; riservare a contrario lapplicazione
delle norme di diritto pubblico allarea degli atti autoritativi, in coerenza con il principio di legalit, senza
alcuna intromissione del diritto privato. La norma probabilmente ispirata ad un favor nei confronti del
diritto privato, che aprirebbe la via ad un rapporto di parit tra amministrazione e cittadino: limposizione
di regole di diritto privato senza eliminare i poteri di supremazia dellamministrazione, tuttavia, non crea
magicamente rapporti paritari; piuttosto linsussistenza di questi rapporti nei confronti
dellamministrazione che dovrebbe spingere verso lapplicazione di garanzie pubblicistiche. In ogni caso,
configurando come paritarie le relazioni inserite in un certo ambito, si deve considerare anche il possibile
effetto di spostamento della giurisdizione dal giudice amministrativo a quello ordinario. La rilevanza della
disposizione dipende dallinterpretazione dellinciso salvo che la legge disponga diversamente e del
concetto di autoritativit. Con riferimento a questultimo punto, la tesi per cui sarebbero autoritativi solo i
provvedimenti limitativi della sfera del privato (es. espropriazioni) porterebbe alla soggezione al diritto
privato di un ampio spettro dellattivit amministrativa; essa non convince, in quanto si verrebbero a
privare i cittadini, soprattutto se terzi rispetto alla conclusione di un contratto, delle garanzie tipiche del
diritto pubblico. Al riguardo sufficiente osservare quanto dispone il comma I ter: I soggetti privati
preposti allesercizio di attivit amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma I, il quale a
sua volta stabilisce che Lattivit amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed retta da criteri
di economicit, di efficacia, di pubblicit e di trasparenza secondo le modalit previste dalla presente legge
e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonch dai principi dellordinamento
comunitario. In particolare, auspicabile che la disposizione contenuta nel comma 1 bis venga applicata in
senso riduttivo e venga considerata come norma che non elimina la necessit di un procedimento di
formazione della volont amministrativa che rispetti i vincoli pubblicistici. La tesi secondo cui tale comma
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intenda riferirsi alluso di strumenti privatistici e non, pi in generale, allimpiego di norme privatistiche,
sembra, infatti, la pi corretta. Daltro canto, posto che il diritto privato si applica solo agli atti non
autoritativi, si dovrebbe escludere limpiego di norme codicistiche con riferimento allattivit autoritativa
dellamministrazione (es. principio di buona fede e correttezza). Una seconda ed opposta ipotesi
interpretativa quella che ritiene tutti i poteri amministrativi autoritativi: la norma troverebbe in tal modo
applicazione solo nei casi in cui lamministrazione non eserciti poteri conferiti dalla legge. comunque
possibile che si registri la tendenza ad allargare a dismisura larea della non autoritativit, per annettervi
tutti gli atti che producono effetti ampliativi della sfera giuridica del privato. Anche se interpretato in tal
senso, tale comma suscita comunque perplessit, atteso che non sempre gli effetti pratici raggiungibili
mediante un contratto (es. locazione) corrispondono a quelli conseguibili attraverso un provvedimento
(concessione di un bene pubblico), che la tutela degli interessi implicati potrebbe risultare diminuita e che
permane il limite costituito dal principio di legalit che impedisce allamministrazione una piena libert di
scelta. La legittimit dellazione amministrativa deve, dunque, essere verificata alla luce di questi criteri.
Disciplinata in parte dal c.c. poi lattivit amministrativa che determina la costituzione di status, di
capacit e di rapporti di diritto privato (c.d. amministrazione pubblica del diritto privato). Anche i rapporti
tra diritto penale e diritto amministrativo si sono fatti pi stretti. Negli ultimi decenni molti reati sono stati
depenalizzati per diventare illeciti amministrativi, pur essendo rimasta immutata la relativa fattispecie.
Quella che era una norma incriminatrice, e dunque una norma penale, oggi una norma amministrativa. Si
poi molto discusso in passato sulla distinzione tra diritto amministrativo ed altri rami del diritto, senza
per raggiungere risultati appaganti. In realt, se ci si interroga in ordine allesistenza di complessi di norme
che abbiano assunto con il tempo una loro autonomia nei confronti del diritto amministrativo, riesce
difficile dimostrare che lattivit dello Stato e degli enti pubblici possano non condividere i principi di quella
legislazione amministrativa da cui sono generati. Si dunque di fronte ad un diritto amministrativo speciale
( diritto amministrativo, dunque, anche una parte del diritto regionale o degli enti locali). Problema
distinto , invece, quello del confine tra diritto amministrativo (compreso quello speciale) e rami del diritto
diversi. La principale questione riguarda il diritto costituzionale, cui sono state dedicate molte indagini,
tutte fondate sulla frase di Pellegrino Rossi per cui tutti i rami del diritto trovano, nel diritto costituzionale, i
loro titres de chapitre. Sulla base di ci, si pu affermare che nel diritto amministrativo vi una
normativa che ha principi generali coincidenti con quelli del diritto costituzionale. Ci vuol dire che ci sono
parti dei due diritti che condividono i medesimi principi: nel diritto non esistono, dunque, steccati
invalicabili e quello della distinzione uno pseudo problema la cui linea di confine solo convenzionale. Il
concetto di diritto amministrativo anche impiegato per indicare la scienza che si occupa dello stesso. Lo
sviluppo di tale scienza ha accompagnato la creazione degli Stati nazionali ed avvenuto soprattutto in
Francia ed in Germania. A dire il vero, la scienza del diritto amministrativo ha trovato in Italia il suo
precursore: Gian Domenico Romagnosi, che gi nel 1814 pubblic i Principi fondamentali del diritto
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amministrativo onde tesserne le istituzioni. Tale opera, in cui era affermata la necessit di fondare
unautonoma scienza del diritto amministrativo in Italia non ha avuto seguito, forse perch in anticipo sugli
indirizzi dottrinali del suo tempo. Nello Stato costituzionale inglese, in particolare, la tradizione liberale del
potere e la centralit del Parlamento ostarono allintroduzione di un diritto specifico dellazione
amministrativa, sicch i rapporti tra privati ed amministrazione erano (e sono) equiparati a quelli tra privati.
Lapparato amministrativo inglese il frutto di una formazione lenta e progressiva: molte funzioni
amministrative in passato erano, infatti, esercitate dal parlamento; solo in epoca recente si sono sviluppati
corpi amministrativi per rispondere alle crescenti esigenze della societ. In Francia, le prime elaborazioni di
una scienza di diritto amministrativo furono impostate su modelli di diritto privato e sulla teorizzazione
della giurisprudenza dominante del Conseil dEtat. In Germania, la scienza del diritto amministrativo si
affermata solo verso la met dellOttocento, inserendosi nel movimento culturale c.d. Pandettistica, volto
ad elaborare le fonti del diritto romano ad uso moderno ed a costruire cos lunit sistematica del diritto. Le
concezioni tedesche influenzarono molto la dottrina italiana, la quale, con la fine del secolo, trov in
Orlando il propugnatore di una nuova scuola volta alla ricostruzione del diritto pubblico attraverso il
metodo giuridico (rifondazione di una scienza giuridica dalla quale eliminare ogni considerazione spuria,
relativa a politica, sociologia ed economia). Questimpostazione ebbe unenorme influenza sullo sviluppo
successivo della scienza amministrativa italiana ed apparve strettamente legata allassetto dello Stato del
tempo; ci comport il rischio che lopera di sistemazione teorica conducesse ad elaborazioni indipendenti
dalla realt storica. Il metodo seguito dagli appartenenti della Scuola di diritto pubblico comportava, infatti,
una sorta di chiusura nei confronti della realt della storia e della politica, in quanto ritenute irrazionali. I
radicali mutamenti nei primi decenni del secolo richiesero, per, unevoluzione negli schemi metodologici
della Scuola. Bench tale metodo non fu decisamente accantonato, si affacciarono anche nuove proposte,
le quali recepivano la necessit di volgere lattenzione alla realt ed alla storia e di verificare le soluzioni nel
concreto. In questo quadro ebbero influenza rilevante non tanto la concezione gradualistica
dellordinamento giuridico (favorevole sia allautonomia del diritto pubblico sia allemancipazione
dellamministrazione rispetto al modello giurisdizionale) propugnata da Kelsen, quanto soprattutto la teoria
istituzionale proposta da Santi Romano e lindirizzo realistico. In particolare, listituzionalismo ruppe con il
positivismo giuridico e port alla ribalta il tema dellorganizzazione amministrativa, evidenziando in essa la
nozione di ordinamento giuridico interno; da parte sua, il realismo giuridico, caratterizzato dallabbandono
dellapriorismo teorico, si contrappose nettamente alla corrente del formalismo giuridico (fondato su
schemi formalistici ed improbabili definizioni astratte e neutrali dellamministrazione), in cui si rinchiuse
parte della dottrina dei primi decenni del secolo. Quando si afferma che il metodo giuridico dominante in
Italia dalla fine del secolo scorso in poi stato abbandonato dalla dottrina pi recente bisogna distinguere.
Laffermazione non pu condividersi per quanto riguarda la formulazione di concetti giuridici: il diritto
amministrativo, infatti, ha presentato e presenta ancor oggi un materiale legislativo sparso e disorganico,
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spesso legato a circostanze occasionali; ne consegue la necessit dellelaborazione o rielaborazione di
concetti generali e delluso di quelli preesistenti, la cui validit non si attenua nel tempo e permette di dare
sistematicit a norme che ne sono prive. Si tratta, semmai, di aggiornare i concetti elaborati nel passato,
che appaiono ancor oggi irrinunciabili. Daltro lato, occorre per notare che il metodo giuridico appare oggi
assai meno soddisfacente che in passato, in quanto troppo ancorato per la sua stessa origine a schemi
privatistici. Se vero che il frammentarsi della legislazione non pu prescindere da unopera di
sistemazione mediante concetti generali, non , infatti, men vero che la necessit di rivedere
limpostazione metodologica generale affonda le sue radici soprattutto nella rapida evoluzione della societ
civile, prima ancora che in motivazioni squisitamente teorico-scientifiche. Di fronte a tale situazione,
logico che il sempre maggior collegamento tra fattori economici, sociologici e politici con la disciplina
dellattivit amministrativa imponga alla scienza del diritto amministrativo odierna la conoscenza e
lutilizzazione di nozioni extragiuridiche, necessarie per la comprensione della realt oggetto di analisi.
Daltra parte la P.A. essa stessa fatta oggetto di studi da parte di cultori di discipline non giuridici (es.
politologi, storici). La scienza del diritto amministrativo dei nostri giorni deve poi confrontarsi con alcuni
dati: non esiste solo il potere statale, ma sussistono altri poteri che devono rapportarsi ad un ordinamento
generale; il diritto amministrativo sempre pi spesso prodotto delle fonti comunitarie; le aree di privilegio
dello Stato vanno progressivamente restringendosi e risultano occupate dal diritto comune, secondo un
processo che tende ad avvicinare gli ordinamenti continentali a quello anglosassone. Lautoritariet non
pare destinata a soccombere e, dunque, un diritto speciale in questo senso deve pur sempre rimanere; ci
devessere salutato con favore nella misura in cui assicura forme di tutela aggiuntive in capo ai cittadini.
Lamministrazione comunitaria ed il diritto amministrativo comunitario
Le organizzazioni internazionali sono dotate di una propria struttura amministrativa e spesso intrattengono
relazioni con gli Stati e le amministrazioni nazionali. Tra tali organizzazioni, maggiore importanza riveste
lUE in quanto vasto il settore della disciplina dellattivit amministrativa posta da fonti comunitarie (in
particolare, direttive e regolamenti). Il moltiplicarsi di tale normativa offre esempi rilevanti di
condizionamento dellazione amministrativa ad opera di fonti comunitarie (c.d. diritto amministrativo
comunitario). Sul punto occorre per intendersi: la formula diritto amministrativo comunitario indica le
regole comuni ai vari diritti amministrativi degli stati membri prodotte da fonti comunitarie che prevalgono
sui diritti interni; essa esprime il fenomeno dellintegrazione tra ordinamento comunitario ed ordinamenti
nazionali, garantito dal principio della prevalenza del diritto comunitario. Nelle ipotesi in cui il diritto
amministrativo comunitario sia mediato dal diritto interno di recepimento, questultimo che costituisce il
parametro di legittimit dellattivit amministrativa, anche se simile a quello degli altri Stati, perch
attuativo della stessa disciplina: si tratta, dunque, di un diritto amministrativo nazionale. Nei casi di
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regolamenti, di norme del Trattato e di direttive self-executing, che esplicano effetti immediati, il diritto si
applica direttamente alle amministrazioni nazionali: tale disciplina diviene direttamente parametro di
legittimit dellattivit amministrativa italiana e dunque diviene diritto amministrativo che devessere
studiato dalla scienza del diritto italiano. Si profila certamente una prospettiva di unificazione di parte del
diritto amministrativo europeo guidato dal diritto comunitario in modo pi o meno immediato; soprattutto
si modifica la definizione di diritto amministrativo, il quale comprende tutta la disciplina
dellamministrazione, della sua attivit e della sua organizzazione che trovi diretta applicazione nel nostro
ordinamento, indipendentemente dalla collocazione ordinamentale della sua fonte. Tra gli esempi di
normativa italiana di fonte comunitaria si ricordino quelle degli aiuti di Stato e di tutela dei consumatori.
Uninfluenza crescente in alcuni settori del diritto amministrativo destinata a produrre la Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, firmata il 4 novembre 1950 a
Roma dai Paesi aderenti al Consiglio dEuropa, richiamata dallart. 6 Trattato UE, dal preambolo e dallart.
52 della Carta di Nizza ed attuata in Italia con l. 848/1955. La giurisprudenza tende a dare rilievo alla
Convenzione, sia mediante il meccanismo della disapplicazione della norma interna contrastante sia
affermando la necessit (alla luce dellart. 117 Cost.) di sollevare la questione di costituzionalit delle
norme rispetto ad esse difformi. Ulteriore passo avanti stato, poi, compiuto con il Trattato di Nizza del
febbraio 2001, ratificato con l. 102/2002; tra i protocolli allegati sono di particolare rilievo quelli attinenti
allallargamento dellUnione. A Nizza stata pure proclamata la Carta dei diritti fondamentali dellUE (si
articola in 6 capi: dignit, libert, uguaglianza, solidariet, cittadinanza e giustizia), atto che potrebbe dare
ulteriore impulso al processo di integrazione comunitaria, riaffermando diritti gi riconosciuti dalla
giurisprudenza comunitaria. La Corte cost. (sent. 2002) ha affermato che essa, anche se priva di efficacia
giuridica, ha carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti europei. La CIG del 2004 a Bruxelles
ha approvato la Costituzione europea, trattato che ha la funzione di costituire il fondamento dellUE e che
incorpora la Carta dei diritti fondamentali. Il processo di ratifica ha per subito una battuta darresto per il
rifiuto (giugno 2005) di Francia ed Olanda; in seguito a tale fallimento si provveduto a firmare, nel 2007
(dovr essere ratificato entro il 2009), il Trattato di Lisbona, modificativo del trattato sullUnione europea e
del trattato che istituisce la Comunit europea, senza tuttavia sostituirli. I due principali trattati dell'Unione
vengono ridenominati: "Trattato sull'Unione europea" e "trattato sul funzionamento dell'Unione europea".
Il diritto amministrativo comunitario solo quello avente ad oggetto lamministrazione comunitaria. Tale
diritto pu tuttavia rilevare ai fini del diritto amministrativo italiano: esso, derivando dalla sintesi del diritto
dei paesi membri, pu trasformarsi in uno strumento di circolazione di modelli giuridici. Non si pu, infatti,
escludere che istituti propri di quel diritto, magari mutuati da esperienze lontane, possano influenzare il
nostro ordinamento. Per amministrazione comunitaria sintende linsieme degli organismi e delle istituzioni
dellUE cui affidato il compito di svolgere lattivit amministrativa e di emanare i relativi atti. Il suo studio
importante anche per la conoscenza dellattivit italiana per diversi motivi. In primo luogo il moltiplicarsi
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dei compiti dellUE impone lo sviluppo dei raccordi tra istituzioni comunitarie ed amministrazioni nazionali
ed induce ad una modifica delle competenze di queste ultime e della loro organizzazione. Di estremo
rilievo, in tal senso, il principio di sussidiariet, il quale (normale lazione del livello di governo inferiore
e pi vicino ai cittadini; il livello superiore di governo pu intervenire solo se lazione del primo non
consente la cura degli interessi affidati) presenta due facce: garantista a favore del decentramento e dei
poteri locali, ai quali sono riservate le competenze salvo che non siano in grado di assicurare la
realizzazione degli obiettivi che devono perseguire; agevola processi di accentramento a favore del livello di
governo superiore, consentendo a questultimo di agire anche al di l delle competenze ad esso attribuite
ogni qual volta lazione comunitaria si presenti come la pi efficace. Introdotto nel nostro ordinamento
dalla l. 59/97 (costituzionalizzato con l. cost. 3/2001), tale principio stato consacrato nel Trattato istitutivo
della CE e costituisce una regola di riparto delle competenze tra Stati membri e Unione. In particolare, nei
settori di competenza concorrente, esso consente allUE di intervenire solo e nella misura in cui gli
obiettivi dellazione prevista non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati e possano essere
meglio realizzati a livello comunitario, a motivo delle dimensioni e degli effetti dellazione stessa. La
presenza dellamministrazione comunitaria determina, infine, un mutamento del ruolo delle
amministrazioni nazionali, le quali sono spesso chiamate a svolgere compiti esecutivi delle decisioni
adottate dallamministrazione comunitaria (es. lAgea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, attua le
decisioni comunitarie erogando contributi finanziari a favore dei produttori). Ci determina una
complicazione del procedimento amministrativo: si assiste, infatti, alla partecipazione ad esso sia delle
amministrazioni italiane sia dellamministrazione comunitaria, che emana latto finale destinato a produrre
effetti per i cittadini; situazione che crea anche dubbi ed incertezze in ordine al giudice (nazionale o
comunitario) al quale debba rivolgersi il privato leso dallazione procedimentale. Non bisogna poi
dimenticare il profilo della responsabilit, che pone difficili questioni in ordine allindividuazione,
nellipotesi di coamministrazione, del soggetto cui il cittadino pu rivolgersi per ottenere il risarcimento dei
danni patiti. Lesecuzione di molte decisioni spetta alle amministrazioni nazionali ai sensi dellart. 10
Trattato CE, sicch mancando una funzione esecutiva-attuativa comunitaria, non nemmeno possibile
individuare il potere comunitario competente a svolgere quella funzione. Con ci il problema non risolto,
poich lo stesso dato positivo che conferma a livello comunitario sia presente unattivit di esecuzione-
attuazione di norme (es. artt. 202 e 211 Trattato CE). Si deve quindi distinguere tra esecuzione in via diretta
(modello caratterizzato da funzioni svolte direttamente dalla Comunit. In particolare, la Commissione si
avvale di apparati esecutivi, di uffici e di comitati (oltre mille), creati spesso in maniera non organica,
mediante decisioni ad hoc, anche a motivo dellassenza di una riserva di legge in materia di organizzazione
che avrebbe imposto uno sviluppo pi omogeneo. La necessit di non ampliare eccessivamente le funzioni
della Commissione ha poi determinato la scelta di diversificare le strutture chiamate a svolgere funzioni
amministrative) ed esecuzione in via indiretta (questa avviene avvalendosi della collaborazione degli Stati
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membri. Il modello iniziale era proprio quello di una Comunit che non esegue, ma fa fare agli Stati
membri). Per quanto riguarda il problema della definizione, sotto il profilo soggettivo, dellamministrazione
comunitaria, esso di non facile soluzione in quanto lindividuazione di un potere esecutivo si scontra con
la difficolt di separare nettamente i compiti del Consiglio da quelli della Commissione. In tal senso, assume
comunque ruolo centrale la Commissione, cui espressamente gli artt. 202 e 211 Trattato CE attribuiscono
compiti di esecuzione delle norme comunitarie. Tuttavia, si pu affermare solo in linea tendenziale che la
funzione esecutiva esercitata dalla Commissione, poich le funzioni normative ed amministrative sono
distribuite tra questa ed il Consiglio.
CAPITOLO 2: ORDINAMENTO GIURIDICO ED AMMINISTRAZIONE
Diritto amministrativo, ordinamento giuridico, amministrazione nella Costituzione
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In via approssimativa, con il termine ordinamento giuridico generale si indica lassetto giuridico e
linsieme delle norme giuridiche che si riferiscono ad un particolare gruppo sociale. Lo studio
dellorganizzazione dei gruppi sociali interessa varie discipline scientifiche (storia, sociologia), ma dal
punto di vista giuridico lattenzione si appunta sulle organizzazioni dotate di un certo grado di stabilit, alle
quali si ricollega la produzione di una particolare categoria di norme (appunto giuridiche), vincolanti ed in
grado di prevalere sulle altre regole di comportamento. Feconda la concezione istituzionale del diritto, la
quale pone lequivalenza tra ordinamento giuridico ed istituzione, intesa come ente o corpo sociale (Santi
Romano), e concepisce il diritto non come semplice complesso di norme, ma come organizzazione di un
ente sociale. In primo luogo, non riconducendo il fenomeno giuridico al mero elemento normativo, essa
appare applicabile ad un diritto che, come quello amministrativo, caratterizzato dalla disorganicit del
panorama legislativo e dalla presenza di principi non scritti. Compito essenziale dellordinamento generale
quello di fornire soluzioni ai conflitti di interessi che possono sorgere tra gli stessi, riconoscendo o
attribuendo loro possibilit dazione. Oltre a ci, e ancor prima, esso deve riconoscere o istituire i soggetti
dellordinamento stesso. In questo senso, lamministrazione non altro che uno tra i molti soggetti
dellordinamento e si presenta sullo scenario giuridico priva di qualsiasi posizione di supremazia. A loro
volta, alcuni tra i soggetti giuridici possono dar vita ad ordinamenti giuridici derivati, caratterizzati da una
propria normazione. Le norme di questi ultimi sono riconosciute dallordinamento generale solo se sono
rispettate alcune condizioni da esso poste. , infatti, lordinamento generale che garantisce la soluzione dei
conflitti intersoggettivi ed accorda protezione agli interessi, predisponendo in primo luogo un soggetto, il
giudice, cui attribuisce il potere di tutelare lordinamento attuandone le norme. Molte delle norme che
riconoscono e limitano i soggetti dellordinamento sono costituite da prescrizioni costituzionali (es. art. 33).
E, quindi, necessario muovere da essa per il fatto che le sue prescrizioni prevalgono sulle norme prodotte
dalle altre fonti del diritto. La Costituzione si occupa dellamministrazione nella parte II del titolo III. Queste
disposizioni non esauriscono il complesso delle norme costituzionali in tema di amministrazione: oltre a
quelle presenti nel titolo III sez. I, relative al governo (in particolare art. 95), si ricordano gli artt. 5, 28, 52,
114, le norme sui servizi pubblici, la responsabilit (art. 28) e le altre disposizioni applicabili
allamministrazione, anche se non dettate direttamente per essa (es. eguaglianza). Dal quadro normativo
costituzionale emergono diversi modelli di amministrazione, nessuno dei quali pu assurgere al rango di
modello principale. Ai sensi dellart. 98, lamministrazione pare in primo luogo direttamente legata alla
collettivit nazionale, al cui servizio i suoi impiegati sono posti. Lart. 5, poi, esprime il modello, sviluppato
nel titolo V della parte II, caratterizzato dal disegno del decentramento amministrativo e della promozione
delle autonomie locali, capaci di esprimere un proprio indirizzo politico-amministrativo. Ancora diverso lo
schema proposto dallart. 97, che contiene una riserva di legge e mira a sottrarre lamministrazione al
controllo politico del governo tipico del periodo storico che ha preceduto lentrata in vigore della
Costituzione: unamministrazione, dunque, indipendente dal governo e che si legittima per la sua
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imparzialit ed efficienza. Lart. 97 pone limiti anche al legislatore, il quale pu incidere
sullamministrazione solo dettando regole per la disciplina della sua organizzazione. Da tale disposizione
non emerge n limmagine di unamministrazione braccio esecutivo del potere legislativo o del governo
n quella di unamministrazione completamente autonoma. Al riguardo va notato come sullo sfondo sia
costantemente presente la questione del rapporto tra amministrazione, governo e politica. Lidea di
amministrazione servente al governo pare scaturire dallart. 95, ove si dispone che il Presidente del
Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne responsabile, mantiene lunit di
indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando lattivit dei ministri; ciascun ministro a
capo di un settore dellamministrazione ed responsabile degli atti del proprio dicastero. Individuando una
precisa responsabilit ministeriale, questa norma pare implicare lintroduzione della politica
nellamministrazione sulla quale il ministro-politico, proprio perch personalmente responsabile, deve pur
poter incidere. Il governo, assieme al Parlamento, esprime un indirizzo, qualificato dallart. 95 come
politico ed amministrativo. Lindirizzo politico pu definirsi come la direzione politica dello Stato e,
quindi, come quel complesso di manifestazioni di volont in funzione del conseguimento di un fine unico, le
quali comportano la determinazione di un impulso unitario e di coordinazione affinch i vari compiti statali
si svolgano in modo armonico, mentre lindirizzo amministrativo, che devessere stabilito nel rispetto
dellindirizzo politico, consiste nella prefissione di obiettivi dellazione amministrativa. Il momento
amministrativo non dunque totalmente estraneo al governo; per converso, posto che il governo
espressione delle forze politiche di maggioranza, allorch esso si ingerisca nellamministrazione, vi
introduce un elemento di politicit. Tutto ci mostra come non sia affatto chiara la distinzione tra
amministrazione e politica. Lamministrazione non si scinde chiaramente, dunque, dal governare e punto di
incontro tradizionale il ministro, unico organo a un tempo politico ed amministrativo. Tuttavia, lindagine
pu essere estesa considerando il rapporto con la politica intesa in senso pi ampio e, cio, come la
funzione orientativa del bene comune. Interessante latteggiamento della scienza del diritto in ordine al
problema dei rapporti tra amministrazione e politica. Il tema della politica in quanto tale stato espunto
dallorizzonte concettuale della pubblicistica a partire da Vittorio Emanuele Orlando, alla fine dell800, dalla
Scuola italiana di diritto pubblico: la politica veniva considerata come elemento contaminatore della
purezza del metodo giuridico. Il rischio del formalismo immediato: dalla neutralit delle categorie
giuridiche breve il passo che conduce alla cristallizzazione di un modello di Stato insensibile alle vicende
politiche e sociali. Limportanza del momento politico nellambito giuridico, invece, stato analizzato dai
costituzionalisti, non fosse altro perch la Costituzione che si occupa di garantire il libero gioco della vita
politica. Un modello differente, con copertura costituzionale solo parziale, infine costituito dalle
autonomie funzionali (universit, istituzioni scolastiche e camere di commercio: le prime due sono
richiamate rispettivamente dagli artt. 33 e 117): si tratta di soggetti ai quali non riferibile lautonomia di
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indirizzo politico, muniti di autonomia molto accentuata e legittimati ad essere titolari di attribuzioni
amministrative in deroga al meccanismo ex art. 118 Cost.
Per quanto attiene specificatamente alla burocrazia, in nessuna prescrizione la Costituzione vuole la
sterilizzazione politica dei funzionari pubblici, n viene ostacolata lappartenenza degli stessi a forze
politiche antagoniste rispetto a quelle al potere. A smentire il carattere meramente servente
dellamministrazione nei confronti della politica, inoltre, sufficiente ricordare lart. 97, il quale, riferendosi
alle attribuzioni dei funzionari, riconosce al personale burocratico anche competenze esterne e decisionali,
n le limita ai soli funzionari onorari, quali i ministri. Lart. 97 rende, inoltre, indipendente lamministrazione
dal governo, sottraendo parte dellorganizzazione amministrativa alle scelte dello stesso e ponendola al
riparo da radicali mutamenti organizzativi decisi dal governo, espressione della maggioranza. A ci deve
aggiungersi la recente istituzione di alcune amministrazioni quali le autorit o amministrazioni
indipendenti che non dipendono direttamente dallesecutivo. Sussiste per lesigenza che
lamministrazione sia leale verso la forza politica che detiene la maggioranza parlamentare. Ci premesso,
occorre comunque precisare che lordinamento stesso introduce una tendenziale distinzione tra i due
ambiti, soprattutto in occasione della disciplina dellorganizzazione del lavoro presso le pubbliche
amministrazioni (d.lgs. 165/2001), la quale mira a delimitare le attribuzioni della componente politica
dellamministrazione (organi di governo, cui spettano i poteri di indirizzo politico-amministrativo), rispetto
a quelle della componente non politica, in particolare del vertice dirigenziale, sul presupposto che un
organo non politico possa agire in modo maggiormente imparziale (perch liberato da preoccupazioni di
ricerca del consenso politico) ed efficiente. Il significato del decreto del 2001 non quello di riservare
lattivit di indirizzo ai soli organi politici, ma di identificare i contenuti dellattivit, qualificata come
indirizzo politico-amministrativo, sottratta ai dirigenti, ai quali unattivit di indirizzo comunque spetta.
Lattuale normativa sullorganizzazione pubblica pare non tanto orientata a realizzare unimprobabile netta
separazione tra politica ed amministrazione, quanto caratterizzata per il suo significato garantista rispetto
a ci che essa esclude: la trasformazione dellamministrazione in apparato subordinato agli organi politici.
Questi ultimi possono controllare ed indirizzare il livello pi alto dellamministrazione (la dirigenza) solo
utilizzando gli strumenti di cui al decreto del 2001 (in particolare: prefissione di obiettivi e verifica dei
risultati), i quali siano compatibili con il riconoscimento di poteri di gestione autonoma alla dirigenza stessa.
Se vero che i politici hanno perso spazi in termini di gestione diretta, essi mantengono comunque
limportante potere di conferire gli incarichi ai dirigenti. La legge configura, in alcuni casi, la sussistenza di
uno stretto vincolo fiduciario tra organo politico e vertice dirigenziale, tale che, ad esempio, gli incarichi
cessano decorsi 90 gg. dal voto sulla fiducia al nuovo esecutivo (spoils system). In queste ipotesi la
separatezza tra politica ed amministrazione risulta nettamente attenuata. Unulteriore ipotesi quella
riferita alle nomine degli organi di vertice e dei componenti dei consigli di amministrazione o degli organi
equiparati presso enti, societ controllate o partecipate dallo Stato ed agenzie: quelle conferite dal governo
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o dai ministri nei 6 mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura o nel mese antecedente lo
scioglimento anticipato delle camere, possono essere confermate, revocate, modificate o rinnovate entro 6
mesi dal voto sulla fiducia del governo. Poich il meccanismo dello spoils system, adottato anche da alcuni
ordinamenti regionali, aveva assunto dimensioni notevoli, esso ha affrontato il vaglio di legittimit
costituzionale da parte della Consulta. Questa, con sent. 2006, ha stabilito che la previsione di un
meccanismo di valutazione tecnica della professionalit e competenza dei nominati non si configura come
misura costituzionalmente vincolata atteso che la regola per cui le cariche affidate intuitu personae dagli
organi politici cessano allatto dellinsediamento di nuovi organi politici mira a consentire a questi ultimi la
possibilit di rinnovarle, scegliendo soggetti idonei a garantire lefficienza ed il buon andamento dellazione
amministrativa. In seguito, la Corte costituzionale ha, tuttavia, dichiarato la contrariet agli artt. 97 e 98
Cost., non solo dellazzeramento automatico dellintera dirigenza, ma anche dellestensione dei meccanismi
di spoils system alla dirigenza di livello generale, ritenendo che questi ultimi trasformassero
illegittimamente la dipendenza funzionale del dirigente in una dipendenza politica e creassero
inammissibili condizioni di precariet; invece necessario far precedere la cessazione dellincarico da una
previa fase di verifica. Un settore in cui lorgano politico dotato di ampi poteri gestionali quello
ambientale, ove il ministro titolare di importanti competenze in materia di danno ambientale e di
autorizzazioni ambientali. Riflesso del problematico rapporto tra politica, amministrazione e diritto
amministrativo costituito dalla distinzione tra atti amministrativi ed atti politici. Questi ultimi sono
sottratti al sindacato del giudice amministrativo in forza della l. 5992/1889, istitutiva della sez. IV del
Consiglio di Stato. Per altro verso, questa conseguenza il riflesso del fatto che gli atti politici si pongono al
di fuori dellarea del principio di legalit. Tale regime non contrasta con lart. 113 Cost. (contro gli atti della
P.A., e non contro gli atti amministrativi, sempre ammessa la tutela dei diritti e degli interessi legittimi)
solo perch gli atti politici, anche quando emanati dal governo, data la loro discrezionalit ed il carattere
libero del loro fine, non ledono diritti soggettivi o interessi legittimi, le uniche situazioni alle quali
lordinamento assicura tutela giurisdizionale. Quali esempi di atti politici che rivestono la forma
amministrativa possono ricordarsi le deliberazioni dei decreti legge e dei decreti legislativi, la
determinazione di porre la questione di fiducia, lo scioglimento dei consigli regionali. Linsindacabilit di
alcuni atti politici risulta erosa dal giudice comunitario che ammette la responsabilit dello Stato per
mancata attuazione delle direttive. Nel diritto amministrativo stata elaborata la categoria degli atti di alta
amministrazione (es. provvedimenti di nomina di direttori generali delle aziende ospedaliere), caratterizzati
da amplissima discrezionalit, considerati lanello di collegamento tra indirizzo politico ed attivit
amministrativa e soggetti alla legge ed al sindacato giurisdizionale. Sotto il profilo teorico, latto di alta
amministrazione si caratterizza in quanto riveste la rilevante funzione di raccordo tra indirizzo politico (di
pertinenza dello Stato-comunit) con lattivit amministrativa (riferibile allo Stato-amministrazione). Sotto il
punto di vista pratico, la distinzione tra atti di alta amministrazione ed atti amministrativi in senso stretto
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poco importante, perch gli uni e gli altri sono egualmente sottoposti al sindacato del giudice. Al pi si pu
notare che, almeno secondo lelaborazione giurisprudenziale, tale attivit alta non perch spetta al
vertice dellapparato burocratico (non , infatti, considerata di alta amministrazione lattivit dei dirigenti),
bens perch involge criteri e scelte politico-amministrative riservate agli organi politici.
I principi costituzionali della P.A.: la responsabilit
Il principio di responsabilit enunciato dallart. 28 Cost.: I funzionari ed i dipendenti dello Stato e degli
enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti
compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilit civile si estende allo Stato ed agli enti pubblici.
Invero, il principio di responsabilit pu essere inteso in senso ancor pi ampio (ma in questa accezione non
sembra riconducibile allart. 28), ossia come corrispondenza tra chi decide e chi risponde. Il termine
responsabilit, pi in generale, spesso utilizzato dalla normativa, in particolare quella regionale, secondo
un significato differente da quello di cui allart. 28, ove il costituente si riferisce allassoggettabilit ad una
sanzione dellautore di un illecito. Si parla spesso, infatti, di responsabilit per indicare il soggetto che deve
rendere conto del complesso dellattivit di un ufficio ad esso facente capo. In questa direzione, pu anche
essere letta la legge sul procedimento amministrativo che ha previsto listituzione della figura del
responsabile del procedimento, anche se non pu considerarsi unapplicazione dellart. 28 Cost.: il
responsabile del procedimento, infatti, soddisfa unesigenza di trasparenza e di identificabilit di un
contraddittore allinterno dellamministrazione procedente che sia individuabile e contattabile dal
cittadino, nel segno del superamento del principio dellimpersonalit dellapparato amministrativo. Il
principio di responsabilit, in senso lato, non pare, per, possa essere surrogato dallapplicazione di altri
principi. Recenti e molteplici leggi hanno introdotto le autorit o amministrazioni indipendenti, organismi
pubblici caratterizzati da un alto grado di imparzialit e soggetti unicamente alla legge, che proprio in
ragione della loro indipendenza dallesecutivo non rispondono politicamente allo stesso, ma neppure ad
altri soggetti, il che ha suscitato fondati dubbi in ordine alla legittimit costituzionale della scelta
amministrativa, in quanto amministrazioni senza responsabilit.
Il principio di legalit
Il principio di legalit esprime lesigenza che lamministrazione sia assoggettata alla legge, anche se esso
applicabile non solo allamministrazione, ma a qualunque potere pubblico. Inteso in tal senso, il principio di
legalit si ricollega allidea della legge quale espressione della volont generale e, quindi, risponde
allimmagine dellamministrazione esecutrice della legge. Nel nostro ordinamento giuridico convivono pi
concezioni del principio di legalit:
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Come non contraddittoriet dellatto amministrativo rispetto alla legge: si parla in tal caso di
preferenza della legge: es. lart. 4 disp. prel. c.c. per il quale i regolamenti amministrativi non
possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge; con l. del 1865 si prevede altres
lobbligo per il giudice ordinario di disapplicare gli atti amministrativi ed i regolamenti non conformi alle
leggi. Tale accezione di legalit, la prima ad essere proposta dal punto di vista storico, corrisponde
allidea di unamministrazione che pu fare ci che non sia impedito dalla legge.
Come conformit formale: il principio di legalit pu anche richiedere qualcosa di pi rispetto alla non
contraddittoriet e, cio, lesigenza che lazione amministrativa abbia uno specifico fondamento
legislativo. In tal caso si parla di conformit formale: il rapporto tra legge ed amministrazione
impostato non solo sul divieto di questultima di contraddire la legge, ma anche sul dovere della stessa
di agire nelle ipotesi ed entro i limiti fissati dalla legge. In questa prospettiva, molti dubbi suscita il
riconoscimento di poteri impliciti in capo allamministrazione.
Come conformit sostanziale: per quanto riguarda i provvedimenti amministrativi, al di l del principio
di legalit inteso come conformit formale, esiste quello della conformit sostanziale, inteso come la
necessit che lamministrazione agisca non solo entro i limiti di legge, ma anche in conformit della
disciplina sostanziale posta dalla legge stessa, la quale incide anche sulle modalit di esercizio
dellazione e, dunque, penetra allinterno dellesercizio del potere. Questa concezione si ricava dalle
ipotesi in cui la Costituzione prevede una riserva di legge, bench sussistano alcune differenze tra
questultima e principio di legalit. La riserva di legge riguarda il rapporto tra Costituzione, legge ed
amministrazione e delimita lesercizio del potere normativo spettante allesecutivo: la sua violazione
comporta lillegittimit costituzionale della legge. Il principio di legalit, invece, attiene al rapporto tra
legge ed attivit complessiva della P.A., dunque anche quella non normativa: il mancato rispetto di tale
principio determina lillegittimit dellazione amministrativa. Parte della dottrina ha proposto una
definizione pi ristretta del principio di legalit: esso atterrebbe alla sola attivit che si esprime in atti
aventi caratteri autoritativi e che abbiano come correlato una situazione giuridica del privato, su cui
incidano con effetto di estinzione o di limitazione, mentre laddove lattivit amministrativa non esprime
tale momento dialettico, il principio non ha ragione di essere applicato. Pur considerando le diversit
tra riserva di legge e principio di legalit, indubbio che la riserva di legge finisce col confondersi con il
principio di legalit inteso nel senso sostanziale. Pi in particolare, ci accade considerando la riserva di
legge non solo nel suo aspetto negativo (esclusione di fonti subordinate), ma soprattutto in quello
positivo (obbligo per il legislatore di disciplinare pi o meno compiutamente la materia riservata), da
cui discende il vincolo di stabilire limitazioni in ordine al contenuto del potere.
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Il principio di legalit in senso sostanziale ripropone la difficolt di contemperare due esigenze diverse: da
un lato, quella di garantire e di tutelare i privati, che richiede una disciplina legislativa che penetri
allinterno della sfera del potere amministrativo; dallaltro, quella di lasciare spazi adeguati dazione
allamministrazione, evitando il rischio di uneccessiva vincolatezza della sua attivit che diverrebbe
incapace di adattarsi alle diverse situazioni concrete e danneggerebbe il cittadino. Al riguardo, chiaro che
la legge non potrebbe sempre prevedere tutto e, pertanto, uno spazio di valutazione per lamministrazione
deve esistere. Si tratta per di coniugare questo spazio con il principio di legalit. In primo luogo, va chiarito
che la possibilit dellamministrazione di agire in assenza di disposizioni legislative sussiste solo nellambito
dellesercizio del potere: lattribuzione dei poteri che possono condizionare i diritti dei privati , infatti,
sempre effettuata dalla legge. Nessun dubbio, quindi, che lamministrazione sia in tal senso sempre
soggetta alla legge. Il problema delleventuale mancato rispetto del principio di legalit attiene, dunque, al
piano del condizionamento legislativo dellesercizio del potere. In tale ambito i parametri ai quali lattivit
amministrativa deve fare riferimento sono pi ampi della sola legge in senso formale, per cui si parla in
dottrina non solo di legalit, ma anche di legittimit (conformit del provvedimento e dellazione
amministrativa a parametri anche diversi dalla legge ancorch alla stessa pur sempre collegati; si pensi alle
norme regolamentari). Tra questi parametri sono da annoverare anche regole non scritte, le quali
presiedono allo svolgimento della funzione amministrativa e sono collegate alla legge (sono, dunque, regole
giuridiche) nel senso che la loro funzione di garantire che il potere sia esercitato nel caso concreto in
conformit con lo scopo fissato dalla legge stessa, anche se il loro contenuto definibile volta per volta con
riferimento alla situazione specifica. Per il fatto che il potere si concretizza nel provvedimento, si
comprende perch il principio di legalit si risolva in quello di tipicit dei provvedimenti amministrativi: se
lamministrazione pu esercitare i soli poteri autoritativi attribuiti dalla legge, essa pu emanare solo i
provvedimenti stabiliti in modo tassativo dalla legge stessa. Il principio di legalit richiamato dallart. 1
della l. 241/1990, ai sensi del quale lattivit amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed
retta da criteri di economicit, di efficacia di pubblicit e di trasparenza secondo le modalit previste dalla
stessa legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonch dai principi
dellordinamento comunitario. Il comma 3 chiarisce che il rispetto di tali principi va assicurato anche dai
soggetti privati preposti allesercizio di attivit amministrative. Per quanto riguarda gli atti di natura non
autoritativa, invece, lamministrazione agisce secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge
disponga diversamente. Questultima norma difficilmente pu essere interpretata nel senso di svincolare
lattivit amministrativa non autoritativa dal rispetto dei principi costituzionali e da quelli espressi nella
legge stessa, ma pu comunque aprire la via allimpiego di strumenti privati per il conseguimento di finalit
pubbliche senza necessit di previsione legislativa. La legge del 1990 prosegue disponendo che non
annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti
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qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non comunque
annullabile per mancata comunicazione dellavvio del procedimento qualora lamministrazione dimostri in
giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato. , quindi, evidente che il mancato rispetto di alcune regole dellagire amministrativo pu
divenire irrilevante sotto il profilo dellannullabilit dellatto, cos dequotando il principio di legalit. Per
quanto attiene ai rapporti tra legge ed attivit amministrativa, occorre infine richiamare il principio del
giusto procedimento, elaborato dalla Consulta nel 1962 ed avente la dignit di principio generale
dellordinamento: esso esprime lesigenza che, nel caso di incisione di diritti, vi sia una distinzione tra il
disporre in astratto con legge ed il provvedere in concreto con atto alla stregua della disciplina astratta,
mettendo i privati interessati in condizioni di esporre le proprie ragioni sia a tutela del proprio interesse, sia
a titolo di collaborazione nellinteresse pubblico.
Il principio di imparzialit e principio di buon andamento
Lart. 97 Cost. pone due principi allamministrazione: principio di buon andamento dellamministrazione e
principio di imparzialit. Comune ad entrambi il problema del loro campo di applicazione: la norma,
infatti, sembra riferirli esclusivamente allorganizzazione amministrativa. Dottrina e giurisprudenza hanno
affermato la natura precettiva, e non programmatica, della norma costituzionale, la quale pone una riserva
di legge. La portata dellarticolo stata poi estesa non solo dalla legge, ma anche dallamministrazione, ivi
compresa quella non statale. Per quanto concerne il principio di imparzialit, esso, in negativo, esprime il
dovere dellamministrazione di non discriminare la posizione dei soggetti coinvolti dalla sua azione nel
perseguimento degli interessi affidati alla sua cura. Il principio postula altres un comportamento attivo
volto alla realizzazione di un assetto imparziale dei rapporti. Al fine di cogliere il concetto di imparzialit,
occorre porre mente al fatto che lamministrazione deve perseguire quegli interessi pubblici che la legge
determina e definisce: pertanto, in questo caso, lamministrazione parziale. Imparzialit non significa,
dunque, assenza di un orientamento dellamministrazione, anche se esige che essa sia posta al riparo da
indebite interferenze. In secondo luogo, va ricordato che limparzialit operante a diversi livelli.
Limparzialit impone innanzitutto che lamministrazione sia strutturata in modo da assicurare una
condizione oggettiva di aparzialit. Sotto questo profilo, il precetto costituzionale si rivolge sia al legislatore,
sia allamministrazione in quanto ponga la disciplina della propria organizzazione e le concrete misure di
organizzazione; in tal senso la norma costituzionale conterrebbe una riserva di organizzazione in capo
allesecutivo. Applicazioni specifiche del principio sono la posizione dei pubblici impiegati, al servizio
esclusivo della Nazione (art. 98 Cost.) e non di interessi partigiani; lobbligo di astensione in capo ai titolari
di pubblici uffici quando devono decidere questioni alle quali siano interessati; il principio per cui, con
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riferimento allimpresa che agisce in condizioni di monopolio legale, le amministrazioni devono erogare i
servizi pubblici a favore di tutti i soggetti che ne abbiano titolo, senza distinzioni e discriminazioni. Il
principio di imparzialit impone, poi, il criterio del pubblico concorso per laccesso ai pubblici uffici e la
presenza di una commissione giudicatrice formata prevalentemente da tecnici. Lazione
dellamministrazione potrebbe essere parziale anche se posta in essere da unorganizzazione imparziale: il
principio va, quindi, riferito anche allattivit. Strettamente connesso allimparzialit il principio della
predeterminazione dei criteri e delle modalit cui le amministrazioni si devono attenere nelle scelte
successive, il quale consente di verificare la rispondenza delle scelte concrete ai criteri che
lamministrazione ha prefissato (c.d. autolimite). Tale principio , in via primaria, rivolto ad assicurare la
trasparenza dellattivit amministrativa, ma facilita anche losservanza del principio di imparzialit.
Lautolimite disciplinato dallart. 21 l. 241/1990 e trova applicazione nelle ipotesi di erogazioni pubbliche
senza corrispettivo allorch i criteri e le modalit cui attenersi non siano gi stati fissati dal legislatore,
vietando allamministrazione di poter procedere in via puntuale e concreta senza la previa previsione in via
generale di criteri e modalit medesimi. Essi vanno pubblicati e la loro osservanza deve risultare dal
provvedimento. Tutto ci premesso, sembrerebbe che il principio di imparzialit si risolva nel dovere di
evitare disparit di trattamento. Tuttavia non sempre lazione amministrativa tale da consentire un
confronto con altre situazioni analoghe ovvero la soddisfazione nella medesima misura di tutti gli interessi
coinvolti. In tali ipotesi, dunque, il principio di imparzialit postula qualcosa di differente: esso attiene alla
decisione in s considerata piuttosto che allattivit complessiva dellamministrazione e pu tradursi in una
serie di regole specifiche dellazione la cui ottemperanza garantisce unattivit imparziale sul piano
sostanziale quando vi sia spazio per ladozione di una scelta. Con riferimento allattivit, il principio di
imparzialit assume, dunque, un significato diverso da quello che riveste in ordine allorganizzazione, ove vi
lesigenza astratta che gli interessi siano considerati. Occorre individuare le regole la cui osservanza
garantisce la scelta imparziale in presenza di una pluralit di interessi implicati. La parzialit, in particolare,
ricorre quando sussiste un ingiustificato pregiudizio o unindebita interferenza di alcuni interessi;
limparzialit, riferita allattivit di scelta concreta, sidentifica invece nella congruit delle valutazioni finali
e delle modalit dellazione prescelte: tale congruit devessere definita tenendo conto degli interessi
implicati, di quelli tutelati dalla legge e degli altri elementi che possono condizionare lazione
amministrativa. Proprio perch lamministrazione parte in quanto agisce in vista di un interesse in grado
di prevalere (quello pubblico), necessario dunque che la sua attivit sia sottoposta al principio di
imparzialit, affinch il suo agire come parte risulti da un lato sottratto alle deviazioni indebite e dallaltro
ragionevole. Quanto alla compatibilit del principio di imparzialit con quello di legalit, lamministrazione
imparziale quella che rispetta la legge. Il principio di buon andamento impone che lamministrazione
agisca nel modo pi adeguato e conveniente possibile. Si sostenuto in dottrina che il risvolto giuridico del
buon andamento costituito dallattribuzione di mezzi giuridici elastici allamministrazione e che il criterio
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di elasticit trova applicazione con riferimento sia al contenuto dellattivit, sia al suo modo di farsi.
Applicazione del principio di buon andamento, nella disciplina del lavoro presso le pubbliche
amministrazioni, lesigenza della razionale distribuzione del personale nelle carriere e della
corrispondenza tra livello retributivo e qualifica esercitata. Il problema del buon andamento non devessere
confuso con quello del dovere funzionale di buona amministrazione a carico dei pubblici dipendenti (T.U.
enti locali): peraltro tale dovere non pu andare al di l di ci che alla diligenza di un amministratore di
qualit media pu essere richiesto. Il buon andamento va, invece, riferito alla P.A. nel suo complesso: non
al funzionario, ma allente; in tal senso un importante cenno al dovere di buona amministrazione dellente
comunque contenuto in una sent. della Cassazione del 1999. La Carta di Nizza, con riferimento ai rapporti
con istituzioni ed organi dellUE, sancisce il diritto ad una buona amministrazione. La nozione sembra
distanziarsi da quella dellart. 97, anche perch configura in termini di diritto un valore che la nostra
Costituzione sembra invece considerare come legato allinteresse pubblico. La dottrina ha spesso invocato
una lettura unitaria dei principi di imparzialit e buon andamento di cui allart.97. Secondo altra dottrina,
tuttavia, nella definizione di attivit amministrativa si deve registrare sul piano legislativo unaccentuazione
del profilo dellefficacia (intesa come idoneit a conseguire gli obiettivi proposti) e delleconomicit, che
strettamente si collegano al buon andamento, mentre non richiamata limparzialit.
Criteri di efficacia, economicit, efficienza, pubblicit e trasparenza
Accanto ai principi tradizionali di buon andamento e di imparzialit, lamministrazione deve attenersi anche
ai criteri di economicit, efficacia, efficienza, pubblicit e trasparenza. Molti di essi sono contemplati nella l.
241/1990, secondo cui lattivit amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed retta da criteri di
economicit, di efficacia, di pubblicit e di trasparenza secondo le modalit previste dalla presente legge e
dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonch dai principi dellordinamento
comunitario. Essi costituiscono la traduzione di principi costituzionali, diventando parametri giuridici
dellattivit e dellorganizzazione amministrativa:
Criterio di efficienza: necessit di misurare il rapporto tra il risultato dellazione organizzativa e la
quantit di risorse impiegate per ottenere quel dato risultato, il quale costituisce la capacit di
unorganizzazione complessa di raggiungere i propri obiettivi attraverso la combinazione ottimale dei
fattori produttivi. Per una maggiore efficienza, ex l. del 1990, le amministrazioni incentivano luso della
telematica nei rapporti interni ed in quelli con i privati.
Criterio di efficacia: collegato al rapporto tra ci che si effettivamente realizzato e quanto si sarebbe
dovuto realizzare sulla base di un piano o programma. Pertanto, efficienza ed efficacia non coincidono:
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unamministrazione che possa utilizzare pochissimi mezzi potrebbe essere efficiente, ma non efficace,
cos come unattivit efficace perch raggiunge gli obiettivi prefissi non necessariamente efficiente.
Criteri di pubblicit e di trasparenza: possono essere riferiti sia allattivit sia allorganizzazione e,
dunque, alla duplice declinazione del termine amministrazione. I due concetti costituiscono
applicazione del principio di imparzialit ed appaiono molto simili. Un possibile criterio per differenziarli
rinvenibile allinterno della l. del 1990, che, quando richiama la pubblicit, fa riferimento alle attivit
che lamministrazione deve compiere per comunicare ai cittadini notizie, dati ed atti. In ogni caso, ad
essi, possono essere ricondotti molteplici istituti, tra i quali il diritto di accesso, la pubblicit degli atti,
lobbligo di pubblicare direttive e programmi.
La legislazione (d.lgs. 82/2005) valorizza gli strumenti digitali per la disponibilit, la gestione e la fruizione
delle informazioni. In particolare, i cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere luso delle
tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di
pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto da tale decreto. Le pubbliche amministrazioni, poi,
utilizzano le tecnologie dellinformazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di
efficienza, efficacia, economicit, imparzialit, trasparenza, semplificazione e partecipazione. Esse adottano
le tecnologie dellinformazione e della comunicazione nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e
tra queste ed i privati e garantiscono, nel rispetto delle vigenti normative, laccesso alla consultazione, la
circolazione e lo scambio di dati ed informazioni. Lampiezza degli istituti che possono essere configurati
come espressione dei principi di pubblicit e di trasparenza rischia di frustrare la loro effettiva rilevanza,
trasformandole in formule dotate essenzialmente di valenza descrittiva. In via approssimativa pu
affermarsi che la trasparenza e la pubblicit si contrappongono alla condizione di non conoscibilit e di
segretezza, la quale in grado di celare favoritismi, disfunzioni e pi in generale illegittimit. Il principio del
buon andamento non sempre facilmente compatibile con lottica della legalit. Il conflitto destinato a
proporsi con crescente intensit nellattuale momento storico, caratterizzato dallintroduzione a livello
normativo di istituti legati ai valori dellefficienza e dellefficacia (i quali, ad esempio, richiedono la garanzia
del raggiungimento del risultato). Lamministrazione non pu comunque essere identificata con
unorganizzazione che devessere responsabilizzata solo sui risultati: la presenza di interessi generali da
curare e lutilizzo di risorse pubbliche non lo consentono. Ci non significa per che leccessivo
condizionamento normativo, riflesso del principio di legalit, dellamministrazione non deve essere
profondamente rimeditato, al fine di contemperarlo con le esigenze del buon andamento, ma si tratta
appunto di contemperare, non di imporre principi incompatibili con la natura dellamministrazione. Un
diverso tipo di conflitto pu profilarsi fra trasparenza ed esigenze di efficienza e di prontezza dellazione
amministrativa: queste ultime, infatti, risultano spesso in contrasto con i doveri che lamministrazione deve
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osservare onde rendere intelligibile la propria azione e visibile la propria struttura. Tale contrasto deve per
essere attentamente valutato. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, ad esempio, consente la
consapevole partecipazione al procedimento da parte del cittadino, il quale depositer memorie ed
osservazioni pertinenti allamministrazione procedente, che potr acquisire tutta una serie di informazioni
con minor sforzo e maggiore rapidit di quanto avverrebbe con il solo impiego dei normali poteri istruttori.
Losservazione secondo cui la pubblicit e la trasparenza possono confliggere con altri principi riflette la
difficolt di far coesistere buon andamento ed imparzialit e consente di affrontare lulteriore questione del
limite entro il quale possono considerarsi applicabili alla P.A. criteri, quali efficacia ed efficienza, elaborati
ed applicati con riferimento allattivit imprenditoriale privata. La pubblicit e la trasparenza, tuttavia,
informano di s solo lamministrazione, in quanto sono un riflesso diretto del suo essere pubblica e
responsabile della cura di interessi generali; si aggiunga che lattivit in vista di interessi pubblici comporta
limpiego di denaro pubblico e di risorse collettive, onde non pu essere celata ai contribuenti la modalit
del suo farsi.
Principi di azionabilit di situazioni giuridiche e di sindacabilit di atti amministrativi
Lart. 24, comma I, Cost. stabilisce che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed
interessi legittimi. Lart. 113 Cost. dispone che contro gli atti della P.A. sempre ammessa la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o
amministrativa. Tale tutela non pu essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per
determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti
della P.A. nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. Tale disciplina esprime lesigenza che ogni atto
della P.A. possa essere oggetto di sindacato da parte di un giudice e che tale sindacato attenga a qualsiasi
tipo di vizio di legittimit: si tratta del principio di azionabilit delle situazioni giuridiche dei cittadini nei
confronti dellamministrazione e del principio di sindacabilit degli atti amministrativi. La circostanza che
si parli di atti della P.A. spiega la sindacabilit anche degli atti regolamentari che, pur provenendo dalla P.A.,
non hanno i caratteri tradizionali degli atti amministrativi (puntualit e concretezza). Risulta, dunque,
irrilevante, ai fini del sindacato, la funzione esplicata (normativa o amministrativa) dellamministrazione
mediante i propri atti. Giova, infine, notare che, secondo la Corte costituzionale, la norma in esame non
impedisce lemanazione delle c.d. leggi provvedimento (hanno contenuto puntuale e concreto alla stessa
stregua dei provvedimenti amministrativi), purch sia rispettato il canone di ragionevolezza. Ladozione di
tali leggi determina, per, limpossibilit per il cittadino di ottenere la tutela giurisdizionale delle proprie
situazioni giuridiche davanti al giudice amministrativo ovvero davanti al giudice ordinario, potendo la legge
provvedimento essere sindacata solo dalla Corte costituzionale, alla quale non possibile proporre
direttamente ricorso da parte dei soggetti privati lesi. A questo proposito emerge il problema della riserva
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di amministrazione: ci si deve chiedere se esista un ambito di attivit riservato alla P.A. Di riserva
dellamministrazione potrebbe, in primo luogo, parlarsi nei confronti della funzione giurisdizionale: esiste,
infatti, un ambito sottratto al sindacato dei giudici, ordinari ed amministrativi, costituito dal merito (vi un
difetto assoluto di giurisdizione). In taluni casi, per, lordinamento dispone il superamento di tale riserva,
prevedendo che il giudice amministrativo abbia giurisdizione di merito, la quale consente di sindacare
lopportunit delle scelte amministrative. Lidea di una riserva di funzione amministrativa nei confronti di
un ambito sottratto alla disciplina legislativa e riservato allamministrazione, sembra, invece, confliggere
con tutta una serie di principi, tra cui in primis quello di preferenza della legge che informa il nostro
ordinamento giuridico. Una riserva di amministrazione non pare desumibile dallart. 113 Cost. ed a
conferma di ci sufficiente richiamare lammissibilit delle leggi provvedimento. Daltro canto, la
possibilit che siano emanate leggi con contenuto concreto pare desumersi a contrario dalla stessa
Costituzione, la quale solo in taluni casi prevede espressamente il carattere della generalit della legge. N
la riserva di amministrazione pare ricavabile dal principio del giusto processo (se il legislatore decide di
limitare diritti dei singoli deve prevedere ipotesi astratte e predisporre un procedimento amministrativo
nellambito del quale i privati possano intervenire per esporre le proprie ragioni). Esso stato, infatti,
qualificato dalla Corte costituzionale come principio generale dellordinamento e, di conseguenza, non
ritenuto vincolante per il legislatore statale, che pu derogarvi e dunque limitare la sfera di operativit
dellamministrazione. Ciononostante pare possa essere sostenuta la tesi dellesistenza di un momento
amministrativo non comprimibile dal legislatore. Al riguardo devessere ricordata lopinione di Nigro
secondo cui lart. 97, il quale prevede una riserva di legge, rappresenterebbe una riserva di funzione
organizzativa anche a favore dellesecutivo. Ora, sembra che pure il procedimento amministrativo possa
essere considerato come una forma di organizzazione. La Corte costituzionale ha affermato che se vero
che il procedimento amministrativo non coincide con uno specifico ambito materiale di competenza, in
quanto modo di esercizio delle diverse competenze, anche vero che la disciplina dei vari procedimenti
dovr essere affidata a fonti statali o a fonti regionali, a seconda che gli stessi attengano allesercizio di
competenze materiali proprie dello Stato o delle Regioni. Di conseguenza, se il procedimento
organizzazione ed esiste una riserva di funzione organizzativa a favore dellesecutivo, deve dedursi la
sussistenza di un ambito di scelte non comprimibile dal legislatore che agisca in sostituzione
dellamministrazione. A nostro giudizio, una legge che disponesse in via puntuale e concreta, sostituendosi
allamministrazione, in una situazione caratterizzata dalla presenza di pi interessi di cui occorre effettuare
una ponderazione, violerebbe il principio di imparzialit cui il legislatore vincolato in tema di attivit
amministrativa. In particolare, una lettura estensiva dellart. 97 consente di affermare che la legge deve
non solo predisporre lorganizzazione amministrativa necessaria al raggiungimento dei fini dellimparzialit
e del buon andamento, ma anche astenersi dallintervenire rendendo di fatto non imparziale lattivit di
scelta effettuata in concreto in vista di interessi pubblici. Si configura cos una riserva di ponderazione degli
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interessi che postula, tra laltro, una particolare struttura del procedimento, nellambito del quale acquista
rilievo essenziale listruttoria. Un caso diverso di riserva a favore dellamministrazione, relativo per
allesercizio della funzione regolamentare, emerge dallart. 117, comma VI, che riconosce la potest
regolamentare regionale in ogni materia diversa da quelle di competenza statale e la potest
regolamentare di comuni, province e citt metropolitane in ordine alla disciplina dellorganizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite. Questultima riserva va coordinata con la disposizione secondo
cui le funzioni fondamentali degli enti locali sono oggetto anche di disciplina statale (art. 117, comma II);
per quanto attiene alle regioni, si tratta poi di verificare se il potere regolamentare spetti alla giunta ovvero
anche al consiglio (organo avente competenza legislativa). La legge 241/1990 (art. 21 octies), prevedendo
che, in taluni casi, non annullabile un provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o
sulla forma degli atti, potrebbe porsi in contrasto con le norme di cui agli artt. 24 e 113: ove si ritenga che, a
fronte della norma violata, sussista una posizione giuridica costituzionalmente tutelata (interesse
legittimo), infatti, al cittadino che ne sia portatore sarebbe negato il diritto di reazione processuale, cos
escludendo la tutela giurisdizionale, il che non ammesso dallart. 113. Per salvar