Diario Patrizio e Syusy raccontano Viaggio nell’oltrepò ... · Diario Patrizio e Syusy...

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86 www.turistipercaso.it Diario Patrizio e Syusy raccontano magazine www.turistipercaso.it 87 Diario Patrizio e Syusy raccontano magazine Q uesto itinerario potrebbe ini- ziare da Milano o da Geno- va, così come da Piacenza o da Torino. Sono queste infat- ti le stazioni ferroviarie da cui partire – magari con una bicicletta – per arrivare facilmente a Voghera, la prima tappa del mio giro in Oltrepò, provincia di Pavia. Ma dov’è l’Oltrepò? Sembra una domanda da seconda elementare, ma in- vece siamo in molti ad avere un’idea sfu- mata della collocazione geografica di questa zona. Avete presente la Lombar- dia? Il suo confine meridionale è segnato dal Po, ma la regione “sborda” rispetto al fiume in due punti, con due triangoli: uno è l’Oltrepò a Sud-Ovest, e l’altro è il Bas- so Mantovano a Sud-Est. L’Oltrepò (con o senza accento sulla O) è appunto un triangolo, stretto fra Piemonte ed Emilia, con la Liguria a un passo. E – a proposito di geografia, che hanno tolto dalle mate- rie scolastiche – tutto o quasi dell’Oltre- pò si spiega con la sua collocazione: era la via che dal mare (ligure) portava alla pianura (padana), passando per gli Ap- pennini. Era l’antica Via del Sale, ma tut- ti i commercianti che arrivavano dal ma- re a portare questo alimento essenziale poi non volevano fare il viaggio di ritorno a vuoto, per cui gli antichi abitanti dell’Ol- trepò si sono ingegnati a produrre vino, salumi e altro, per rifornire questo com- mercio. Da qui la vocazione economica- agricola della zona e la sua ricchezza, fa- vorita anche dalla varietà assoluta del territorio: l’Oltrepò parte appunto dalle rive del Po e arriva, verso Sud, a monta- gne anche di 1.700 metri, passando per tutta una serie di colline che, da 1.000 an- ni, sono la patria della vite. LA CASALINGA DI VOGHERA E I SUOI PEPERONI Nel 1966 il Servizio Opinioni RAI commis- sionò un’inchiesta per sapere cosa ca- Viaggio nell Oltrepò Pavese Tra Voghera, le Valli Staffora e Versa, un lembo di Nord ricco di storia e personaggi straordinari pissero le varie categorie socio-econo- mico-geografiche dei termini linguistici usati in TV. Quella che si classificò ulti- ma, la più disinformata, risultò essere la “casalinga di Voghera”. Alberto Arbasino (che è di Voghera) e poi Beniamino Placi- do ci hanno ricamato sopra, e la Casalin- ga di Voghera è diventata emblematica, sinonimo del buon senso comune di bas- sa lega. In Piazza del Duomo (bella Piaz- za, bei portici, purtroppo piena di auto- mobili) a Voghera ho preso appunta- mento con Paola Zanin, che è appunto la Presidente delle Casalinghe di Voghera, che nel frattempo si sono organizzate e auto-rappresentate. Paola è esattamen- te l’incarnazione... della casalinga. O me- glio, dell’evoluzione della casalinga: at- tivissima, spigliatissima eppure ben ra- dicata ai valori basici della madre di fa- miglia. Il dato interessante è che se per anni la casalinga è stata sinonimo di ar- retratezza, di modello femminile perden- VOGHERA Il Duomo della città, dedicato a San Lorenzo. LA SUPER-CASALINGA DI VOGHERA Patrizio e Paola Zanin. te, adesso viceversa Paola è invitata dap- pertutto: all’EXPO, nei salotti e negli spi- gnattamenti televisivi è invitatissima e valorizzatissima. È considerata un’esper- ta nella difficile arte del “fare la spesa” e la vestale dei buoni valori di una volta. Cicli e ricicli storici, flussi e riflussi (ideo- logici)... E a proposito di riflusso (gastri- co): a me i peperoni piacciono ma non li digerisco. Invece pare che il Peperone di Voghera sia ottimo e digeribile. Pao- la, fedele al proprio ruolo di cuoca pro- vetta brava a fare la spesa (ha fatto libri sulla cucina tipica di Voghera) mi accom- pagna agli Orti Sociali della Caritas, do- ve un gruppo di ragazzi con qualche pro- blema viene avviato alle pratiche agrico- le, con molto successo. Il coordinatore è Moreno, il quale ha messo a disposizio- ne la sua terra, che era di suo nonno e che di mestiere faceva l’ortolano. È dav- vero una bella situazione, nella primissi- ma periferia della cittadina che produce ortofrutta dove le casalinghe (e non so- lo) vanno a fare la spesa a chilometro ze- ro. Lì c’è Gianluca di Slow Food, che mi racconta le caratteristiche del pepero- ne autoctono locale. Piccolo, squadra- to, trilobato sotto e quadrilobato sopra, verde e poi giallo quando è maturo, que- sto peperone ha una caratteristica prin- cipale: la polpa dolce e soprattutto soda, con pochissima acqua. Questo lo ren- de perfetto per essere messo sott’olio o sott’aceto (oggi) e lo rendeva ottimo per essere trasportato lungo la famosa Via del Sale. ON THE ROAD BY BIKE Scusate l’inglesismo, ma la pista ciclabi- le tra Voghera e Rivanazzano la chiama- no Greenway, e forse è giusto così, per- ché qui si aspettano soprattutto i turisti stranieri. È recente, molto curata e bel- la. Si tratta di un ramo della ciclabile Lec- Il tartufo dell’Oltrepo Domenica 29 novembre, a Casteggio, presso l’Area Fieristica OltrExpo, si svolgerà la 31esima Fiera del Tartufo e del Miele. Un’occasione per conoscere anche altri prodotti tipici come salumi, insaccati, formaggi e cioccolato. www.oltrepopavese.com.

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Q uesto itinerario potrebbe ini-ziare da Milano o da Geno-va, così come da Piacenza o da Torino. Sono queste infat-ti le stazioni ferroviarie da cui

partire – magari con una bicicletta – per arrivare facilmente a Voghera, la prima tappa del mio giro in Oltrepò, provincia di Pavia. Ma dov’è l’Oltrepò? Sembra una domanda da seconda elementare, ma in-vece siamo in molti ad avere un’idea sfu-mata della collocazione geografica di questa zona. Avete presente la Lombar-dia? Il suo confine meridionale è segnato dal Po, ma la regione “sborda” rispetto al fiume in due punti, con due triangoli: uno è l’Oltrepò a Sud-Ovest, e l’altro è il Bas-so Mantovano a Sud-Est. L’Oltrepò (con o senza accento sulla O) è appunto un triangolo, stretto fra Piemonte ed Emilia, con la Liguria a un passo. E – a proposito di geografia, che hanno tolto dalle mate-rie scolastiche – tutto o quasi dell’Oltre-

pò si spiega con la sua collocazione: era la via che dal mare (ligure) portava alla pianura (padana), passando per gli Ap-pennini. Era l’antica ViadelSale, ma tut-ti i commercianti che arrivavano dal ma-re a portare questo alimento essenziale poi non volevano fare il viaggio di ritorno a vuoto, per cui gli antichi abitanti dell’Ol-trepò si sono ingegnati a produrre vino, salumi e altro, per rifornire questo com-mercio. Da qui la vocazione economica-agricola della zona e la sua ricchezza, fa-vorita anche dalla varietà assoluta del territorio: l’Oltrepò parte appunto dalle rive del Po e arriva, verso Sud, a monta-gne anche di 1.700 metri, passando per tutta una serie di colline che, da 1.000 an-ni, sono la patria della vite. La casaLinga di Voghera e i suoi peperoniNel 1966 il Servizio Opinioni RAI commis-sionò un’inchiesta per sapere cosa ca-

Viaggio nell’oltrepò

paveseTra Voghera, le Valli Staffora

e Versa, un lembo di Nord ricco di storia e personaggi straordinari

pissero le varie categorie socio-econo-mico-geografiche dei termini linguistici usati in TV. Quella che si classificò ulti-ma, la più disinformata, risultò essere la “casalinga di Voghera”. Alberto Arbasino (che è di Voghera) e poi Beniamino Placi-do ci hanno ricamato sopra, e la Casalin-ga di Voghera è diventata emblematica, sinonimo del buon senso comune di bas-sa lega. In Piazza del Duomo (bella Piaz-za, bei portici, purtroppo piena di auto-mobili) a Voghera ho preso appunta-mento con Paola Zanin, che è appunto la Presidente delle Casalinghe di Voghera, che nel frattempo si sono organizzate e auto-rappresentate. Paola è esattamen-te l’incarnazione... della casalinga. O me-glio, dell’evoluzione della casalinga: at-tivissima, spigliatissima eppure ben ra-dicata ai valori basici della madre di fa-miglia. Il dato interessante è che se per anni la casalinga è stata sinonimo di ar-retratezza, di modello femminile perden-

Voghera Il Duomo della città, dedicato a San Lorenzo.

La super-casaLinga di Voghera Patrizio e Paola Zanin.

te, adesso viceversa Paola è invitata dap-pertutto: all’EXPO, nei salotti e negli spi-gnattamenti televisivi è invitatissima e valorizzatissima. È considerata un’esper-ta nella difficile arte del “fare la spesa” e la vestale dei buoni valori di una volta. Cicli e ricicli storici, flussi e riflussi (ideo-logici)... E a proposito di riflusso (gastri-co): a me i peperoni piacciono ma non li digerisco. Invece pare che il PeperonediVoghera sia ottimo e digeribile. Pao-la, fedele al proprio ruolo di cuoca pro-vetta brava a fare la spesa (ha fatto libri sulla cucina tipica di Voghera) mi accom-pagna agli OrtiSocialidella Caritas, do-ve un gruppo di ragazzi con qualche pro-blema viene avviato alle pratiche agrico-le, con molto successo. Il coordinatore è Moreno, il quale ha messo a disposizio-ne la sua terra, che era di suo nonno e che di mestiere faceva l’ortolano. È dav-vero una bella situazione, nella primissi-ma periferia della cittadina che produce ortofrutta dove le casalinghe (e non so-lo) vanno a fare la spesa a chilometro ze-ro. Lì c’è Gianluca di SlowFood, che mi racconta le caratteristiche del pepero-ne autoctono locale. Piccolo, squadra-to, trilobato sotto e quadrilobato sopra, verde e poi giallo quando è maturo, que-sto peperone ha una caratteristica prin-cipale: la polpa dolce e soprattutto soda, con pochissima acqua. Questo lo ren-de perfetto per essere messo sott’olio o sott’aceto (oggi) e lo rendeva ottimo per essere trasportato lungo la famosa Via del Sale.

on the road by bikeScusate l’inglesismo, ma la pista ciclabi-letraVogheraeRivanazzano la chiama-no Greenway, e forse è giusto così, per-ché qui si aspettano soprattutto i turisti stranieri. È recente, molto curata e bel-la. Si tratta di un ramo della ciclabile Lec-

Il tartufo dell’OltrepoDomenica 29 novembre, a Casteggio, presso l’Area Fieristica OltrExpo, si svolgerà la 31esima Fiera del Tartufo e del Miele. Un’occasione per conoscere anche altri prodotti tipici come salumi, insaccati, formaggi e cioccolato. www.oltrepopavese.com.

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co-Milano-Pavia, che ora continua fino a Varzi. Questo tratto è stato ricavato sul-la sede della vecchia ferrovia Voghera-Varzi, inaugurata nel 1931 e assassina-ta (cioè tagliata siccome ramo secco) nel 1966, quando il boom economico ave-va illuso tutti che fosse possibile anda-re in automobile. Comunque, dopo circa sette chilometri e una possibile sosta in un vecchio casello della suddetta ferro-via trasformato in bar-ristorante, si arriva lungo il corso del torrenteStaffora (per i Romani stat foras, per la sua impreve-dibilità) tra Riva e Nazzano, uno in alto e l’altro più in basso, che assieme fanno RivanazzanoTerme. Non si può sbaglia-re: il ristorante della signora Piera è po-co dopo la TorrePentagonale del 1300, dalla parte opposta della strada. Non la-sciatevi ingannare dal nome, “Selvati-co”, non servono selvaggina, è il cogno-me suo e delle sue figlie (una chiacchie-ra, l’altra lavora, cioè una serve in sala e l’altra fatica in cucina). La Piera non se la tira da chef, ma è davvero una vesta-le della cucina dell’Oltrepò: merluzzo in salsa agrodolce di cipolle con uvetta, tor-ta di riso e torta di zucca (salate) e anche pesce agli amaretti (dolci).

iL casteLLo MaLaspinaAlla sera però, arrivati a Varzi, la dige-stione era felicemente ultimata, tanto da fare un salto al caffè del centro che non è un caffè, è proprio un ristorante, e an-che molto buono. Dopodichè, belli bra-sati dal brasato presente dentro e fuori ai ravioli, abbiamo chiesto ospitalità al CastelloMalaspina, in cui gli ospitalissi-mi proprietari (i Conti Odetti, discenden-ti dai Malaspina) stanno attrezzando un servizio di accoglienza, di cui siamo sta-ti i primi entusiasti “sperimentatori”. La mattina dopo, Eleonora, che fa la guida

non legano a macchina, in modo che do-po la prima stagionatura la rete di corda che avvolge il salame (con budello spe-ciale di scrofa danese!) si allenti quanto basta per lasciarlo respirare meglio. Han-no scavato il loro laboratorio sotto terra, hanno drenato l’umidità per creare l’am-biente adatto e – a differenza di quelli del Culatello di Zibello – non hanno climatiz-zato i locali, ma è tutto naturale. Poi c’è la pancetta, grossa, pulita, condita e le-gata a regola d’arte, che in realtà sareb-be “quel che resta” del maiale dopo aver saccheggiato le parti migliori per fare il salame. I risultati, naturalmente, sono in entrambi i casi strepitosi. In effetti la zo-na è popolata da cicloturisti, quindi l’iti-nerario sarebbe perfettamente ciclabile. Confesso che a un certo punto ho mol-lato la bicicletta, perché era troppo fati-

turistica ma ti racconta la storia con la passione di una innamorata del suo ter-ritorio, ci ha portato a vedere Varzi. Anco-ra una volta la parola magica è la Via del Sale e naturalmente, la posizione stra-tegica del paese: tra le provincie di Ge-nova, Piacenza e Milano, lungo il percor-so obbligato delle carovane di commer-cianti. Per questo Varzi è stata coloniz-zata (come del resto Voghera) da celti, li-guri, romani e longobardi. Eleonora ci ha fatto fare una passeggiata lungo i porti-ci, dove si svolgevano fino a poco tem-po fa traffici e mercati, e poi a vedere la TorredelleStreghe, dove nel 1464 sono state rinchiuse dall’Inquisizione 25 di-sgraziate poi assassinate e – tanto per capire che aria tirava da quelle parti nel Medioevo quanto a divisioni e fazioni – la Chiesa dei Rossi e la Chiesa dei Bian-

coso... Infatti l’Oltrepò continua a salire e ad arrampicarsi: dalla ValleStaffora alla ValVersa, fino alla ValTidone.

iL fantasMa di pietroNon sarà la Val d’Aosta, ma anche qui ci sono un sacco di castelli. Per esem-pio quello di Zavattarello, costruito po-co dopo il Mille e poi ampiamente rima-neggiato. Da fuori è maestoso e soprat-tutto incorniciato da un parco di quasi 90 ettari. Dalla sua terrazza si può ammira-re un paesaggio davvero bello, si intrave-de anche il GiardinoAlpinodiPietraCor-va, che conserva varie specie vegetali di alta montagna. Il “personaggio” del ca-stello è naturalmente un fantasma, con una storia terribile, come tutti i fantasmi del resto: Pietro dal Verme (il castello è stato dei Dal Verme dalla fine del 1300 fino a 40 anni fa, quando i discendenti l’hanno ceduto al Comune). Corre l’anno 1485, Pietro è promesso a Chiara Sforza ma non la ama, vuole Cecilia del Maino e la sposa. Ma Cecilia muore e allora si rassegna a sposare Chiara, che però si è offesa e lo assassina... Il giovane sinda-co, Simone, che al fantasma ci crede po-co, giura che non è solo marketing terri-toriale e ha organizzato nel Castello un Museo di Arte Moderna. Proseguo per Canevino, un paesino arrampicato sul-la collina, dove incontro la statua di un personaggio che da queste parti è mol-to popolare e importante: San Colom-bano. È arrivato qui attorno al 600 d.C. dall’Irlanda e ha fondato il Monastero di Bobbio (che adesso è in provincia di Pia-cenza) e un Ordine di monaci-lavoratori-agricoltori, la cui regola poi confluirà nei Benedettini. Nel Novecento il suo corpo fu disseppellito e trasportato dal Mona-stero di Bobbio a Pavia, in una specie di manifestazione di protesta contro il ve-

Stagionato sei mesiUna delle eccellenze gastronomiche della Valle Staffora è il salame: si ottiene dalla macinazione a pasta grossa di carne e grasso suino, con l’aggiunta di sale, pepe nero in grani e noce moscata, e aromatizzato con un infuso di aglio e vino rosso . Viene insaccato in budello legato stretto. Il periodo di stagionatura è minimo di 6-7 mesi.

zaVattareLLo Il castello... del fantasma di Pietro Dal Verme.

chi, Porta Soprana e Porta Sottana. Ma Varzi è famosa soprattutto per il salame. Pare che fosse già un vanto delle mense dei Malaspina (sempre loro). Vado a tro-vare i fratelli Ezio e Alberto Garabello nel loro laboratorio, che sta dietro al nego-zio, dove lavorano il salame e la pancet-ta. Ma come mai a Varzi ci sono molti sa-lami e quasi nessun maiale? Innanzitutto mi dicono che, per il disciplinare di que-sta DOP, i maiali possono provenire an-che dalle regioni vicine (in primis Emilia e Piemonte). In pratica loro usano gli stessi maiali del Prosciutto di Parma, solo che scelgono gli esemplari più grossi e me-no giovani e soprattutto... non usano le cosce per il prosciutto. Ergo: il loro sala-me è fatto con le parti migliori del maiale. Dopodiché i due fratelli (animati da una passione davvero esemplare) usano an-cora una serie di accorgimenti manuali per fare il prodotto migliore: ad esempio

01 Varzi La Torre dell’Orologio del borgo medievale.02 tipicità Impossibile non farsi tentare dai prodotti locali.01

02

orgogLio d’oLtrepò Sua maestà, il maiale: la pancetta coppata, prodotto tipico di Varzi insieme al salame.

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scovo di Piacenza, che voleva interferire con le faccende di queste parti. Proprio qui a Canevino avvenne un miracolo: al passaggio del corpo del Santo un sordo-muto guarì. Ma il bello è che si traman-da che, per festeggiare, i fedeli bevve-ro vino... E in effetti la vocazione del po-sto è proprio la coltivazione della vite e la produzione del vino: Moscato,Pinot,Bonarda,Buttafuoco etc etc. Da queste parti tutto parla di vino, anche il MuseodelcavatappidiMontecalvo, una bizzar-ra raccolta di più di 200 cavatappi di tut-ti i tipi, unico nel suo genere: cavatappi a bilanciere, di legno, di metallo, di osso, con doppie ali, con spazzolino, a forma di Zio Sam, a forma di torchio, di colonna, a farfalla, da muro e da tavola... Abbastan-za vicino, a Rovescala, abita Sergio, che coltiva una vite di croatina, il vitigno tipi-co della Bonarda, che a sua volta è il vino tipico della zona. La cosa eccezionale? La sua vite è vecchia di 109 anni e sembra rinsecchita, ma in realtà produce un’uva ottima: ne cresce meno di un tempo ma è sempre molto pregiata.

iL casteLLo deL partigianoIl vino di Sergio l’ho solo assaggiato: in caso contrario non sarei riuscito ad ar-rampicarmi fino al Castello di Orama-la, a 750 metri d’altezza. Anche questo è opera del Malaspina, e risale al 1000-1100. Il Castello poi ha vissuto anche le vicende della Guerra Partigiana ed è sta-to restaurato dal suo ultimo proprieta-rio, Gigi Panigazzi, che è stato appunto partigiano. Se vi capita, cercate di visi-tarlo quando è animato da un simpatico gruppo di guide, appassionate e in co-stume. Le vicende del Castello sono le-gate alla vicina Abbazia di Sant’Alber-todiButrio. Poi nel convento, 900 an-ni dopo, ci sono stati Don Orione e Fra-

te Avemaria a tenere alta la reputazione della comunità. Adesso tutti i fabbricati sono perfettamente restaurati, compre-sa la cappella con alcuni pregevolissimi affreschi e con la statua di cera in cui so-no stati inglobati i resti mortali del San-to. I frati hanno quattro camere a dispo-sizione dei pellegrini-turisti, oltre che un camerone dove le comitive di passaggio possono farsi il pic-nic da sole, purché alla fine puliscano bene. Il posto è ame-no, e da lì si dipartono molti sentieri per gite e passeggiate.

Le storie di stradeLLaLa prima cosa che si incontra a Stradel-la, in centro, è una torre, l’unico pez-zo delle antiche mura, che ha resistito perché si è riconvertita a campanile. E lì sotto c’è il monumento al personag-gio più famoso della cittadina: Agosti-noDePretis, che dopo essere stato sin-

daco di Stradella è diventato per no-ve volte (quindi più di Andreotti) Presi-dente del Consiglio. Lui, socialista mol-to moderato, è stato l’artefice del primo compromesso storico – da cui il termi-ne “trasformismo” - con il conservato-re Marco Minghetti. Poi ha tolto la fami-gerata tassa sul macinato, ha istituito l’istruzione obbligatoria, gratuita e lai-ca fino ai nove anni. Ma De Pretis non è l’unica personalità di Stradella, c’è an-che PietroTrespidi, un geniale invento-re meccanico che ha trasformato Stra-della nella capitale del motociclismo. È infatti per la sua influenza che sono sor-te diverse marche di motorette, Ardito e Alpino ad esempio. Io ho avuto la fortu-na di incontrare per strada una sorta di sfilata delMotoClubdiStradella, con una serie di modelli strepitosi, perfetta-mente conservati e funzionanti. Gli affa-ri delle varie fabbriche andavano bene,

purtroppo a un certo punto hanno spe-dito un intero bastimento di moto in Ar-gentina, ma Peron ha pensato bene di requisirle per cui sono tutti andati in fal-limento. Ma il terzo personaggio è sen-za dubbio MarianoDallapè, che ha una storia incredibile. Siamo nella seconda metà del 1800, Mariano è trentino, po-verissimo, e parte a piedi per andare a Genova e da lì imbarcarsi per l’Ameri-ca. Qui lavora per guadagnarsi il viag-gio ma si infortuna gravemente: resta zoppo e deve rinunciare al sogno ame-ricano. Torna tristemente verso casa, in Trentino, guadagnandosi da mangiare lungo la strada suonando un organet-to. Arrivato a Stradella l’organetto... si rompe - roba che neanche il libro Cuo-re! - Mariano chiede di aiutarlo ad ag-giustarlo, ma nessuno se lo fila. Allora ci prova lui, accrocca una cosa con tasti vari, molle, mantici usati e... inventa la fisarmonica! Dopodiché comincia a pro-durle, diventa ricco e famoso ed è chia-mato in pompa magna all’EXPO di Pari-gi del 1900, per ricevere un premio. Ne-gli anni seguenti Stradella è la capitale mondiale della fisarmonica: su 10.000 abitanti, 1.200 lavorano nelle varie fab-briche di questo strumento. A Stradel-la resta la fabbricaDallapè, che ha fun-zionato fino a cinque-sei anni fa e ora è un meraviglioso esempio di archeolo-gia industriale. Ma soprattutto a Stra-della c’è un interessante MuseodellaFisarmonica, dove è possibile conosce-re la perizia artigiana dietro questi ma-gnifici strumenti e dove c’è una raccolta di esemplari molto belli, prima fra tut-ti la capostipite di Dallapè, del 1876. A questo punto ho recuperato la mia bi-cicletta e ho ripreso il treno da Stradel-la per Milano...

Patrizio

Bollito mistoUna volta in zona, il bollito misto è un’esperienza gastronomica da non perdere. Si tratta di un piatto di origine piemontese, che un tempo veniva servito il giovedì. La ricetta classica prevede geretto di bue, biancostato di bue, codino di vitello e, a volte, ginocchietto e testina (sempre di vitello) Viene accompagnato con mostarda (rigososamente di Voghera) e un bagnetto di peperoni e cosparso di sale grosso.

VaL di nizza Il castello di Oramala, un fortilizio costruito nel X secolo dalla famiglia Malaspina.

Museo in note Patrizio al Museo della Fisarmonica di Stradella con due artigiani della zona. Per info: www.comune.stradella.pv.it/fisarmonica.php