Diagnostic Update - IDEXX · anemia infettiva, ittero neonatale), anoressia (ittero da inanizione)...
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dott. ssa Sabine LoewerVet•Med•Lab
Divisione di IDEXX Laboratories s.r.l.
Via Quasimodo, 4640013 Castel Maggiore (BO)
Tel: 051-70 94 701 Fax: 051-70 94 702
tico e ittero postepatico/ostruttivo ha lo scopo di limitare il numero
delle diagnosi differenziali possibili.
1.1.1 Iperbilirubinemia preepatica
In un ittero preepatico è la distruzione degli eritrociti (emolisi
intravascolare o extravascolare) ad essere in primo piano. Il
fegato non riesce più ad assorbire e metabolizzare la bilirubina
che perviene in quantità sempre maggiori. Una degradazione
degli eritrociti, se è di intensità sufficiente a provocare un’iperbi-
lirubinemia, è generalmente associata ad anemia evidente (Htc
inferiore a 25%). In presenza di un’emolisi l’anemia è generalmen-
te rigenerativa. All’inizio (nei primi 2 – 4 giorni) si può riscontrare
una lieve reticolocitosi che aumenta nei giorni successivi. In caso
di emolisi aumentano i valori della bilirubina non coniugata, mole-
cola che non riesce a passare attraverso la membrana glomeru-
lare. Ciò nonostante i cani soggetti ad emolisi presentano spesso
bilirubinuria. Questo è dovuto alla capacità dei tubuli renali del
cane di coniugare la bilirubina. Le cause di un ittero preepatico
possono essere: un’anemia emolitica immunomediata primaria
o secondaria (secondaria in seguito all’assunzione di farmaci,
infezioni o neoplasie), infezioni (FeLV, Mycoplasma haemofelis, fi-
lariosi cardiaca, babesie, ehrlichie), danni ossidativi degli eritrociti
(assunzione di cipolla, zinco, ipofosfatemia), riassorbimento ema-
tico (grandi ematomi), etc. Se un paziente presenta contempora-
neamente iperbilirubinemia ed anemia, si deve sempre cercare
innanzitutto una causa preepatica dell’iperbilirubinemia.
I-102-1008
Diagnostic Update
In questa parte del Diagnostic Update ci occuperemo del signifi-
cato patofisiologico degli scostamenti dalla norma dei valori della
bilirubina, degli acidi biliari e dell’ammoniaca.
Data l’importanza delle analisi cito-istopatologiche di campioni
epatici per l’individuazione tempestiva di un’epatopatia, prende-
remo quindi in considerazione alcuni principi generali nell’inter-
pretazione dei risultati cito-istologici dei campioni epatici.
1 Fisiologia e patologia del metabolismo della bilirubina, degli acidi biliari e dell’ammoniaca
1.1 Bilirubina
La bilirubina è un prodotto di scarto delle emoproteine. La sua
fonte principale è costituita infatti dall’emoglobina di eritrociti
vecchi. Essa ha origine nel sistema reticoloendoteliale, dapprima
sotto forma di bilirubina non coniugata, che viene trasportata nel
plasma legata all’albumina. Arrivata nel fegato viene poi coniu-
gata con gli acidi glucuronici, trasportata nei dotti biliari assieme
ad altri componenti della bile ed espulsa negli intestini. Nell’ileo e
nel colon viene infine deconiugata ad opera della flora batterica e
trasformata in urobilinogeno. L’80 – 90 % dell’urobilinogeno viene
eliminato nelle feci sotto forma di stercobilina, mentre il restante
10 – 20 % viene riassorbito dalla circolazione enteroepatica.
L’ittero è una sindrome caratterizzata da iperbilirubinemia e co-
lorito giallastro della pelle, delle mucose e delle sclere in seguito
ad un accumulo di pigmenti biliari. Quando la bilirubina sierica
supera gli 1,5 – 2,0 mg/dl, si parla di plasma o siero itterico. Per
avere un ittero manifesto occorre che la bilirubina sierica superi
i 4 – 5 mg/dl. Il colorito giallastro è riscontrabile soprattutto in
presenza di luce naturale e sugli organi seguenti: sclere, mucose
boccali, padiglioni auricolari, pelle circostante l’ombelico, mucose
del pene e della vagina.
La suddivisione dell’ittero in ittero preepatico/emolitico, ittero epa-
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO PER LE MALATTIE EPATICHE DEL CANE, DEL GATTO (PARTE 2/2) E DEL CAVALLO
Diagnostic Update
Novembre 08
Il fegato si trova in posizione strategica fra il tratto digerente e la circolazione sistemica. Attraverso l’aorta arriva al fegato il
sangue arterioso, rifornendolo di ossigeno. Il sangue venoso invece proviene dagli organi addominali (stomaco, pancreas,
milza e intestino) attraverso la vena porta. Esso trasporta al fegato soprattutto metaboliti e sostanze tossiche, da sottopor-
re a depurazione o a biotrasformazione. Il fegato e la circolazione portale svolgono un ruolo fondamentale, tra l’altro, nel
metabolismo degli acidi biliari, dell’ammoniaca e della bilirubina.
Diagnosi delle malattie epatiche
In molti processi patologici si ha un disturbo della permeabilità
della membrana cellulare. In questo modo è possibile che enzimi
attivi principalmente a livello intracellulare penetrino nel plasma,
dove è possibile rilevarli.
Enzimi epatici specifici nel cavallo
La γ-GT è localizzata soprattutto nelle strutture membranose del
sistema dei dotti biliari. Ha un periodo di vita medio di circa 3
giorni. In presenza di epatopatia viene rilasciata precocemente
e in caso di disturbi metabolici cronici del fegato essa è spesso
l’unico parametro ad aumentare. Il suo valore può continuare a
crescere per 1-2 settimane anche dopo la rimozione della causa
scatenante, così come può aumentare durante la convalescenza
in caso di affaticamento del cavallo. Si può pertanto fare rife-
rimento alla γ-GT per tenere sotto controllo il carico di lavoro
dell’animale.
La GLDH (glutammato deidrogenasi) è un enzima legato ai
mitocondri delle cellule epatiche. Essa è attiva soprattutto a livello
centrolobulare, vale a dire reagisce in maniera molto sensibile
in caso di epatopatie secondarie (colestasi, ipossiemia). Un suo
aumento di più di 3 volte del livello normale è sintomo di epato-
patia acuta con necrosi delle cellule epatiche. In caso di infezioni,
febbre o somministrazione di farmaci la sua crescita è invece
più contenuta. La GLDH ha un periodo di vita medio è di circa 3
giorni.
Altri enzimi
L’ALP (fosfatasi alcalina) è un enzima legato alla membrana
mitocondriale, presente in numerosi organi (cellule epiteliali dei
dotti biliari, osteoblasti). In presenza di colestasi, ma anche in
seguito a somministrazione di alcuni farmaci il suo valore cresce.
Data la maggiore attività del metabolismo osseo in animali in fase
di crescita il valore dell’ALP è fisiologicamente più alto in animali
giovani.
L’AST (aspartato aminotransferasi) ossia GOT (transaminasi
glutammico-ossalacetica) è presente, oltre che nei mitocondri e
nel citoplasma delle cellule epatiche, anche nelle cellule musco-
lari, sicché non può dirsi “specifico del fegato”. Un suo aumento
rilevante è stato osservato nel corso di miopatie di particolare
intensità (mioglobinuria paralitica).
Interpretazione della funzione epatica
Gli acidi biliari vengono sintetizzati negli epatociti a partire dal
colesterolo. Nel cavallo essi vengono rilasciati senza interruzio-
ne nel duodeno (ca. 3l/100 kg p.c.), dove rendono possibile la
digestione dei lipidi, prima di venire parzialmente riassorbiti nella
circolazione enteroepatica. In presenza di malattie epatiche si
verifica un accumulo degli acidi biliari in circolo. La loro determi-
nazione permette quindi di valutare la funzione epatica, ma non il
tipo di malattia epatica in questione.
L’ammoniaca è una sostanza neurotossica che origina dalla
digestione delle proteine nell’intestino. Attraverso la vena porta
essa perviene al fegato, dove viene convertita in urea, sì da poter
venire espulsa attraverso i reni. In caso di disturbi della funzione
epatica la sintesi dell’urea è compromessa e i valori dell’ammo-
niaca nel sangue crescono. Data la sua neurotossicità, esiste il
rischio di un danno alle funzioni del sistema nervoso centrale (sin-
drome epatoencefalica). A causa dell’instabilità dell’ammoniaca
nel sangue, la determinazione va effettuata su plasma da sangue
EDTA, centrifugato e congelato immediatamente dopo il prelievo.
La bilirubina è un prodotto di scarto, non solubile in acqua,
dell’emoglobina. Essa viene trasportata nel fegato legata all’al-
bumina. Qui viene glucuronidata, per venire quindi secreta in
forma solubile nell’intestino assieme alla bile. Da qui può venire
espulsa con le feci o riassorbita nella circolazione enteroepatica.
La bilirubina non è un indicatore specifico per le malattie epa-
tiche, dal momento che i suoi valori possono salire non solo in
presenza di epatopatie, ma anche in caso di emolisi (babesiosi,
anemia infettiva, ittero neonatale), anoressia (ittero da inanizione)
e coliche. Nel cavallo sono stati osservati casi di iperbilirubinemia
persistente in animali altrimenti sani (morbo di Gilbert-Meulengra-
cht, sindrome di Crigler-Najjar).
Le proteine plasmatiche vengono sintetizzate, ad eccezione
delle immunoglobuline, soprattutto nel fegato (l’albumina esclu-
sivamente qui). Nella maggior parte delle malattie epatiche gravi
e/o croniche la sintesi di queste proteine è generalmente ridotta.
La loro misurazione permette di valutare l’attività della sintesi
epatica.
La concentrazione di albumina ha un significato diagnostico
limitato, in quanto la riduzione della sua sintesi ha luogo solo in
una fase avanzata della malattia epatica. Inoltre si può avere una
riduzione della concentrazione di albumina anche in seguito a
nefropatie, enteropatie, versamenti cavitari o carenze alimentari.
In caso di disturbi epatici di grave intensità si può avere una
riduzione della sintesi dei fattori di coagulazione.
Analisi ulteriori
Oltre che dai sintomi clinici e dall’interpretazione degli esami di
laboratorio, si possono ottenere informazioni sulla gravità e sulla
prognosi della malattia per mezzo di analisi ecografiche o di
una biopsia epatica. Prima di effettuare una biopsia si consiglia
sempre di controllare i fattori di coagulazione.
Procedimenti diagnostici disponibili in caso di malattie epatiche
IDEXX Vet•Med•Lab Profilo epatico IUrea (BUN), ALT, ALP, AST (GOT), Gamma-GT, GLDH, Acidi biliari, Bilirubina, Albumina
Profilo epatico II (cani, gatti)Profilo epatico I + Emocromo, Quicktest (PT), aPTT, Elettroforesi sieroproteica
Determinazione dell’ammoniacaAttenzione: Determinazione possibile esclusiva-mente con plasma EDTA congelato
IDEXX VetLab® Suite VetTest® Apparecchiatura d’analisi per chimica a secco
SNAP® Reader Apparecchiatura per analisi di ormoni ed acidi biliari
Coag Dx™ Apparecchiatura per analisi della coagulazione
Andrea Hille Dr. Susi Zintner Consulenza Specialistica Specializzazione in cavalli Cavalli Key Account Manager Medical Advisor
Autori:
1.2 Acidi biliari
Gli acidi biliari (AB) vengono sintetizzati esclusivamente nel fega-
toa partire dal colesterolo. Dopo essere stati coniugati con taurina
o con glicina, gli AB vengono secreti nella bile e conservati in for-
ma concentrata nella cistifellea. In seguito all’assunzione di cibo
la colecistochinina provoca la contrazione della cistifellea con
conseguente trasporto degli AB negli intestini. Qui gli AB svolgo-
no un’importante funzione nella digestione e nell’assorbimento
dei grassi. Nell’ileo gli AB vengono immessi nella circolazione
portale per ritornare così al fegato, dove vengono nuovamente
estratti dalla circolazione stessa. Sebbene la sintesi degli AB
possa essere seriamente pregiudicata in pazienti con gravi ma-
lattie epatiche, esistono diversi fattori responsabili di un aumento
della concentrazione di AB nel sangue: p.es. un’alterazione della
circolazione enteropatica, uno shunt portosistemico (PSS), una
riduzione dell’estrazione degli AB dal sangue ad opera del fegato
o un riflusso degli AB nella circolazione sistemica in seguito
a colestasi. Ne consegue che molti animali affetti da epatite croni-
ca, neoplasia epatica o necrosi epatica grave possono presen-
tare valori elevati degli AB. Gli AB sono in particolare (assieme
all’ammoniaca) fra gli indicatori biochimici più sensibili di uno
shunt portosistemico congenito. La maggior parte dei pazienti
con un’anomalia vascolare portale congenita presenta notevole
aumento dei valori postprandiali degli acidi biliari. Al contrario, in
caso di partecipazione secondaria del fegato dovuta a malattia
primaria non epatica o a somministrazione di glucocorticoidi o di
antiepilettici i valori degli AB sono solitamente aumentati di poco.
Esistono diversi fattori che possono dar luogo a riduzione della
concentrazione degli AB nel siero. Fra questi si possono citare:
anoressia da più di 1 – 2 giorni (con possibile abbassamento del
valore degli AB a digiuno), ritardo nell’evacuazione gastrica, alte-
razioni del periodo di transito intestinale, malassorbimento, gravi
malattie o resezione dell’ileo.
In caso di disturbo della funzione epatica la determinazione degli
AB è un test di screening di routine nella medicina dei piccoli
animali. Il massimo delle informazioni si ottiene con la determina-
zione di un valore a digiuno (da 12 ore) e di un valore postpran-
diale (prelievo 2 ore dopo il pasto). Fra gli alimenti indicati per la
determinazione del valore postprandiale nei cani e nei gatti è par-
ticolarmente adatto un cibo umido a medio contenuto di grassi:
due cucchiaini di cibo per animali sotto i 5 kg p.c. o due cucchiai
per animali più pesanti. In animali soggetti a vomito od anores-
sia si può ricorrere in alternativa alla somministrazione di Takus®
(Pharmacia) con dosaggio 0,3 μg/kg i.m., facendo seguire il
secondo prelievo di sangue 20 minuti dopo la somministrazione.
Risultati erroneamente positivi sono possibili. Nel caso fossero
stati determinati solo valori preprandiali compresi nella norma, si
devono determinare anche i valori postprandiali. A volte si posso-
no avere valori degli AB a digiuno superiori ai valori postprandiali.
Ciò può essere dovuto a contrazioni della cistifellea durante il
digiuno precedente l’esecuzione del test, come pure a variazioni
individuali nell’evacuazione gastrica, nella risposta alla secrezione
1.1.2 Iperbilirubinemia epatica
La causa di un ittero di origine epatica risiede in un disturbo in
uno dei passaggi del trasporto epatocellulare della bilirubina. È
possibile p.es. che dei processi infiammatori abbiano provocato
edema epatocellulare, con conseguente impedimento del flusso
biliare ed ostruzione del sistema dei dotti biliari intraepatici (cole-
stasi). La bilirubina sierica è tuttavia un indicatore poco sensibile
della funzione epatocellulare, in quanto il fegato può continuare
a metabolizzare bilirubina anche molto tempo dopo che le altre
funzioni epatiche sono state compromesse. Un’iperbilirubinemia
di origine epatica rinvia perciò ad una patologia del fegato di gra-
vità medio-alta. Nel gatto le cause più frequenti di un ittero epatico
sono: colangite/colangioepatite, linfosarcoma, lipidosi epatica e
FIP. Nel cane le cause scatenanti di ittero epatico sono soprattutto:
epatite cronica (di origine idiopatica o familiare), linfosarcoma,
necrosi epatica acuta e/o cirrosi. Anche alcuni farmaci (antiepiletti-
ci, trimetoprim/sulfonamidi, carprofene, benzodiazepine) e alcune
malattie sistemiche con componente epatica possono dare
luogo ad ittero. Una colestasi può essere pure dovuta a tossine
batteriche o ad anticorpi diretti contro componenti delle membra-
ne cellulari batteriche (colestasi associata a sepsi). Al contrario
l’atrofia epatica, del tipo frequentemente osservato in animali con
anomalia vascolare portosistemica congenita, non è normalmente
associata ad iperbilirubinemia, anche in presenza di altri sintomi
di un disturbo della funzione epatica (p.es. ipoalbuminemia, valori
dell’urea bassi).
1.1.3 Iperbilirubinemia postepatica
In un ittero postepatico si ha un impedimento meccanico del-
l’escrezione di bilirubina in seguito a problemi a livello intralu-
minale o extraluminale. Esso può essere causato in particolare
da: pancreatite, neoplasie (dotti biliari, pancreas o duodeno),
colelitiasi, rottura della cistifellea o di un dotto biliare con peri-
tonite biliare. A livello clinico la distinzione fra ittero epatico ed
ittero postepatico può essere tutt’altro che facile. Essa è tuttavia
fondamentale, a causa delle differenti strategie terapeutiche dei
due episodi patologici. L’ecografia può essere di notevole aiuto
nella differenziazione di queste due forme itteriche.
2 Citologia ed istologia dei campioni epatici
Una differenziazione delle diverse malattie epatiche sulla base
dei soli sintomi clinici e delle alterazioni di laboratorio in genere
non è possibile. Per un ulteriore chiarimento si procede al prelievo
di campioni epatici per l’analisi citologica ed istologica. Questo
prelievo è indicato non soltanto per porre una diagnosi dettaglia-
ta, ma anche per ottenere informazioni sulla reazione del paziente
alla terapia e sulla progressione della malattia.
L’analisi di materiale ottenuto tramite agoaspirazione (citologia)
è decisamente meno significativa rispetto all’analisi di materiale
ottenuto tramite biopsia (istologia). L’agoaspirazione possiede
tuttavia alcuni vantaggi, come p.es. un rischio emorragico minore
ed un’esecuzione più semplice. Esistono inoltre determinate ma-
lattie, che sono tra le più diffuse, nelle quali un’agoaspirazione ha
spesso valore diagnostico: p.es. linfosarcoma, tumori mastocitari,
lipidosi epatica, alterazioni dovute a corticosteroidi, amiloidosi o
anche carcinoma epatocellulare.
Una biopsia epatica viene prelevata sotto controllo ecografico o
nell’ambito di una laparotomia esplorativa. Prima dell’esecuzione
si consiglia di eseguire un profilo coagulativo, dal momento che
animali soggetti ad epatopatie tendono a sviluppare coagulo-
patie. A scopo profilattico si può somministrare della vitamina K
per via parenterale 24 ore prima del prelievo. Se nonostante la
presenza di una coagulopatia la biopsia non può essere evitata,
può essere utile ricorrere ad una somministrazione di plasma. Se
il campione prelevato non fosse abbastanza grande o fosse poco
rappresentativo della lesione possono insorgere delle difficoltà di
interpretazione dei reperti istologici. Inoltre è frequente assistere
ad interpretazioni divergenti di uno stesso campione da parte di
diversi patologi. È perciò fondamentale che la diagnosi istomor-
fologica concordi anche con i reperti clinici. Anche se l’analisi
istologica di un campione epatico non sempre permette di porre
una diagnosi eziologica, in genere sono comunque possibili le
seguenti affermazioni:
1. Sul tipo di malattia: infiammatoria/necrotica, neoplastica,
vacuolare e vascolare.
2. Sull’estensione della malattia: lieve/media/grave
3. Sull’evoluzione della lesione: acuta o cronica
Le lesioni infiammatorie croniche rappresentano per il patologo
una sfida particolarmente impegnativa, in quanto il fegato mostra
reazioni istologiche simili nei confronti di vari insulti cronici (siano
essi causati da tossine, infezioni o immunostimolazione). Alte-
razioni degenerative delle cellule epatiche, infiltrati infiammatori,
fibrosi e necrosi sono tutte manifestazioni possibili di un processo
infiammatorio. Nell’interpretazione delle alterazioni infiammatorie
va prestata attenzione al tipo di cellule infiammatorie in questione:
mentre all’inizio di un’infiammazione spesso sono presenti dei
granulociti neutrofili (situazione “acuta”), in seguito si aggiungono
di colecistochinina o nel periodo di transito intestinale.
La determinazione degli AB non è indicata in pazienti itterici con
malattie epatobiliari in quanto non fornisce nessuna informazione
supplementare. Un’emolisi grave o una lipemia grave possono
dar luogo a risultati erroneamente bassi. Una particolarità di
cui tener conto è data dai cani di razza Maltese, che possono
presentare valori postprandiali elevati senza per questo soffrire di
una malattia epatobiliare.
Nell’interpretazione dei valori degli AB si deve tener conto di
due limitazioni. In primo luogo la determinazione degli AB non
permette di distinguere diverse malattie epatobiliari fra di loro.
In secondo luogo non esiste praticamente nessuna correlazio-
ne fra l’entità di un aumento degli AB e la gravità di una lesione
istologica o il grado di uno shunt portosistemico. In caso di più
determinazioni degli AB effettuate su un paziente al fine di valu-
tare il progredire della malattia o la reazione alla terapia, è solo il
ritorno a valori normali a costituire un indicatore affidabile per una
remissione clinica.
1.3 Ammoniaca
Nei mitocondri delle cellule epatiche ha luogo la disintossicazione
dall’ammoniaca (NH3) prodotta durante il metabolismo proteico,
che viene convertita in urea (ciclo dell’urea). In caso di insufficien-
za epatica, se il fegato non è più in grado di eliminare l’ammonia-
ca o se è ostacolato il flusso del sangue portale nel fegato (PSS)
si rilevano valori elevati dell’ammoniaca. La significatività della
determinazione dell’ammoniaca è paragonabile a quella della
determinazione degli acidi biliari. Di recente è stato anzi osser-
vato che nella diagnosi di un PSS congenito o acquisito i valori
dell’ammoniaca a digiuno sono un po’ più sensibili e soprattutto
più specifici di quelli degli acidi biliari. Rispetto all’analisi degli aci-
di biliari l’analisi dell’ammoniaca ha tuttavia due limiti: innanzitutto
il campione è piuttosto delicato da maneggiare (importante se
l’analisi non può venire eseguita nello studio veterinario e il cam-
pione debba essere inviato al laboratorio) e nel caso di animali
con encefalopatia l’esecuzione di un test di tolleranza al cloruro di
ammonio, indicato per la valutazione dell’ammoniemia, può dar
luogo ad un peggioramento dei sintomi neurologici.
anche linfociti e macrofagi. La presenza di una fibrosi è sintomo
di una situazione “cronica”. Il grado della fibrosi è in rapporto al
tempo di sopravvivenza: una “bridging fibrosis” (fibrosi a ponte,
vale a dire articolazioni di tessuto connettivo fra le triadi portali
ovvero fra le triadi portali e le vene centrali) è p.es. un segno pro-
gnostico infausto. La presenza di granulociti eosinofili è spesso
indizio di un processo allergico o parassitario.
Anche se non sempre permette una diagnosi eziologica definitiva,
in genere l’analisi istologica fornisce comunque informazioni su
una possibile eziologia. In caso di congestione passiva del fegato
si hanno p.es. lesioni centrolobulari, mentre infezioni come la
salmonellosi o la toxoplasmosi danno luogo a lesioni (multi)focali;
una lesione vacuolare è indizio di un accumulo di lipidi o di glico-
geno, così come il PSS ha i suoi segni istologici caratteristici. Se
necessario si può procedere ad analisi più approfondite: esistono
p.es. colorazioni speciali che aiutano nell’identificazione di deter-
minati agenti infettivi o permettono di valutare il contenuto di rame
di un campione epatico. Inoltre è possibile ricavare campioni per
colture batteriche aerobiche e anaerobiche.
In conclusione si può affermare che, a dispetto dei loro limiti, le
analisi citologiche e istologiche di campioni epatici svolgono una
funzione molto importante per il trattamento di pazienti soggetti
ad un‘epatopatia.
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO NEL CAVALLO
Il fegato, l’organo metabolico più importante, è compreso fra il tratto digerente e la circolazione sistemica. In esso con-
verge direttamente, per mezzo della circolazione portale, la maggior parte delle sostanze assorbite dal tratto gastrointes-
tinale. Qui ha luogo la regolazione del metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine.
Oltre a ciò il fegato è un organo di escrezione (bile, per la dige-
stione dei grassi), di immagazzinamento (glicogeno, vitamine,
elementi traccia), di sintesi (albumina, fibrinogeno, protrombina)
ed è coinvolto nell’immunoregolazione (cellule di Kupffer). Quan-
do più dell’80 % del fegato è danneggiato la funzione epatica è
compromessa. Il fegato possiede tuttavia la singolare capacità di
continuare ad esercitare la sua funzione specifica anche mentre
viene riparato e rigenerato.
Eziologia
Le malattie epatiche sono relativamente frequenti nel cavallo,
anche se il loro decorso in genere non è accompagnato da una
sintomatologia clinica definita. Esse insorgono spesso a livello
secondario, vale a dire come conseguenza di altre malattie (in-
fezioni di origine virale, batterica o parassitaria, steatosi epatica),
ma possono anche venir provocate o direttamente da alimenti
contaminati (micotossine) o da piante velenose. Ne consegue
che l’anamnesi del paziente è di grande importanza ai fini della
terapia.
Sintomi clinici
La sintomatologia clinica di una malattia epatica è spesso aspeci-
fica, quando non del tutto assente. Fra i possibili sintomi citiamo:
apatia, disturbi dell’appetito, perdita di peso, calo delle presta-
zioni, opacità del mantello, dermatosi, sintomi neurologici, ittero,
fotosensibilizzazione, dolori addominali e disturbi della coagula-
zione. Una sintomatologia tipica delle malattie epatiche di partico-
lare intensità è data dai disturbi del comportamento riconducibili
ad una mancata disintossicazione dall’ammoniaca a seguito di
un danno al fegato (sindrome epatoencefalica). Tanto la gravità
dei sintomi clinici quanto il decorso di una malattia epatica pos-
sono variare considerevolmente a seconda della distribuzione,
della localizzazione e dell’entità del danno. In linea di principio
bisogna distinguere fra malattie reversibili (p.es. ingrossamento,
degenerazione grassa del fegato) e danni irreversibili (necrosi):
entrambe le patologie possono presentare una distribuzione
focale (ascessi, neoplasie) o zonale (centrolobulare). Un’epatite
acuta generalizzata porta alla perdita funzionale, accompagnata
di regola da un ingrossamento del fegato, mentre una fibrosi
cronica generalizzata (di cui la cirrosi è lo stadio terminale) non
mostra sintomi clinici fino a che non ha danneggiato almeno l’80
% del fegato. Questo si presenta allora diminuito di volume.
Dr. med. vet. Cécile Rohrer KaiserDiploma ACVIM (Medicina Interna) e ECVIM-CA (Medicina Interna)
Autore:
1.2 Acidi biliari
Gli acidi biliari (AB) vengono sintetizzati esclusivamente nel fega-
toa partire dal colesterolo. Dopo essere stati coniugati con taurina
o con glicina, gli AB vengono secreti nella bile e conservati in for-
ma concentrata nella cistifellea. In seguito all’assunzione di cibo
la colecistochinina provoca la contrazione della cistifellea con
conseguente trasporto degli AB negli intestini. Qui gli AB svolgo-
no un’importante funzione nella digestione e nell’assorbimento
dei grassi. Nell’ileo gli AB vengono immessi nella circolazione
portale per ritornare così al fegato, dove vengono nuovamente
estratti dalla circolazione stessa. Sebbene la sintesi degli AB
possa essere seriamente pregiudicata in pazienti con gravi ma-
lattie epatiche, esistono diversi fattori responsabili di un aumento
della concentrazione di AB nel sangue: p.es. un’alterazione della
circolazione enteropatica, uno shunt portosistemico (PSS), una
riduzione dell’estrazione degli AB dal sangue ad opera del fegato
o un riflusso degli AB nella circolazione sistemica in seguito
a colestasi. Ne consegue che molti animali affetti da epatite croni-
ca, neoplasia epatica o necrosi epatica grave possono presen-
tare valori elevati degli AB. Gli AB sono in particolare (assieme
all’ammoniaca) fra gli indicatori biochimici più sensibili di uno
shunt portosistemico congenito. La maggior parte dei pazienti
con un’anomalia vascolare portale congenita presenta notevole
aumento dei valori postprandiali degli acidi biliari. Al contrario, in
caso di partecipazione secondaria del fegato dovuta a malattia
primaria non epatica o a somministrazione di glucocorticoidi o di
antiepilettici i valori degli AB sono solitamente aumentati di poco.
Esistono diversi fattori che possono dar luogo a riduzione della
concentrazione degli AB nel siero. Fra questi si possono citare:
anoressia da più di 1 – 2 giorni (con possibile abbassamento del
valore degli AB a digiuno), ritardo nell’evacuazione gastrica, alte-
razioni del periodo di transito intestinale, malassorbimento, gravi
malattie o resezione dell’ileo.
In caso di disturbo della funzione epatica la determinazione degli
AB è un test di screening di routine nella medicina dei piccoli
animali. Il massimo delle informazioni si ottiene con la determina-
zione di un valore a digiuno (da 12 ore) e di un valore postpran-
diale (prelievo 2 ore dopo il pasto). Fra gli alimenti indicati per la
determinazione del valore postprandiale nei cani e nei gatti è par-
ticolarmente adatto un cibo umido a medio contenuto di grassi:
due cucchiaini di cibo per animali sotto i 5 kg p.c. o due cucchiai
per animali più pesanti. In animali soggetti a vomito od anores-
sia si può ricorrere in alternativa alla somministrazione di Takus®
(Pharmacia) con dosaggio 0,3 μg/kg i.m., facendo seguire il
secondo prelievo di sangue 20 minuti dopo la somministrazione.
Risultati erroneamente positivi sono possibili. Nel caso fossero
stati determinati solo valori preprandiali compresi nella norma, si
devono determinare anche i valori postprandiali. A volte si posso-
no avere valori degli AB a digiuno superiori ai valori postprandiali.
Ciò può essere dovuto a contrazioni della cistifellea durante il
digiuno precedente l’esecuzione del test, come pure a variazioni
individuali nell’evacuazione gastrica, nella risposta alla secrezione
1.1.2 Iperbilirubinemia epatica
La causa di un ittero di origine epatica risiede in un disturbo in
uno dei passaggi del trasporto epatocellulare della bilirubina. È
possibile p.es. che dei processi infiammatori abbiano provocato
edema epatocellulare, con conseguente impedimento del flusso
biliare ed ostruzione del sistema dei dotti biliari intraepatici (cole-
stasi). La bilirubina sierica è tuttavia un indicatore poco sensibile
della funzione epatocellulare, in quanto il fegato può continuare
a metabolizzare bilirubina anche molto tempo dopo che le altre
funzioni epatiche sono state compromesse. Un’iperbilirubinemia
di origine epatica rinvia perciò ad una patologia del fegato di gra-
vità medio-alta. Nel gatto le cause più frequenti di un ittero epatico
sono: colangite/colangioepatite, linfosarcoma, lipidosi epatica e
FIP. Nel cane le cause scatenanti di ittero epatico sono soprattutto:
epatite cronica (di origine idiopatica o familiare), linfosarcoma,
necrosi epatica acuta e/o cirrosi. Anche alcuni farmaci (antiepiletti-
ci, trimetoprim/sulfonamidi, carprofene, benzodiazepine) e alcune
malattie sistemiche con componente epatica possono dare
luogo ad ittero. Una colestasi può essere pure dovuta a tossine
batteriche o ad anticorpi diretti contro componenti delle membra-
ne cellulari batteriche (colestasi associata a sepsi). Al contrario
l’atrofia epatica, del tipo frequentemente osservato in animali con
anomalia vascolare portosistemica congenita, non è normalmente
associata ad iperbilirubinemia, anche in presenza di altri sintomi
di un disturbo della funzione epatica (p.es. ipoalbuminemia, valori
dell’urea bassi).
1.1.3 Iperbilirubinemia postepatica
In un ittero postepatico si ha un impedimento meccanico del-
l’escrezione di bilirubina in seguito a problemi a livello intralu-
minale o extraluminale. Esso può essere causato in particolare
da: pancreatite, neoplasie (dotti biliari, pancreas o duodeno),
colelitiasi, rottura della cistifellea o di un dotto biliare con peri-
tonite biliare. A livello clinico la distinzione fra ittero epatico ed
ittero postepatico può essere tutt’altro che facile. Essa è tuttavia
fondamentale, a causa delle differenti strategie terapeutiche dei
due episodi patologici. L’ecografia può essere di notevole aiuto
nella differenziazione di queste due forme itteriche.
2 Citologia ed istologia dei campioni epatici
Una differenziazione delle diverse malattie epatiche sulla base
dei soli sintomi clinici e delle alterazioni di laboratorio in genere
non è possibile. Per un ulteriore chiarimento si procede al prelievo
di campioni epatici per l’analisi citologica ed istologica. Questo
prelievo è indicato non soltanto per porre una diagnosi dettaglia-
ta, ma anche per ottenere informazioni sulla reazione del paziente
alla terapia e sulla progressione della malattia.
L’analisi di materiale ottenuto tramite agoaspirazione (citologia)
è decisamente meno significativa rispetto all’analisi di materiale
ottenuto tramite biopsia (istologia). L’agoaspirazione possiede
tuttavia alcuni vantaggi, come p.es. un rischio emorragico minore
ed un’esecuzione più semplice. Esistono inoltre determinate ma-
lattie, che sono tra le più diffuse, nelle quali un’agoaspirazione ha
spesso valore diagnostico: p.es. linfosarcoma, tumori mastocitari,
lipidosi epatica, alterazioni dovute a corticosteroidi, amiloidosi o
anche carcinoma epatocellulare.
Una biopsia epatica viene prelevata sotto controllo ecografico o
nell’ambito di una laparotomia esplorativa. Prima dell’esecuzione
si consiglia di eseguire un profilo coagulativo, dal momento che
animali soggetti ad epatopatie tendono a sviluppare coagulo-
patie. A scopo profilattico si può somministrare della vitamina K
per via parenterale 24 ore prima del prelievo. Se nonostante la
presenza di una coagulopatia la biopsia non può essere evitata,
può essere utile ricorrere ad una somministrazione di plasma. Se
il campione prelevato non fosse abbastanza grande o fosse poco
rappresentativo della lesione possono insorgere delle difficoltà di
interpretazione dei reperti istologici. Inoltre è frequente assistere
ad interpretazioni divergenti di uno stesso campione da parte di
diversi patologi. È perciò fondamentale che la diagnosi istomor-
fologica concordi anche con i reperti clinici. Anche se l’analisi
istologica di un campione epatico non sempre permette di porre
una diagnosi eziologica, in genere sono comunque possibili le
seguenti affermazioni:
1. Sul tipo di malattia: infiammatoria/necrotica, neoplastica,
vacuolare e vascolare.
2. Sull’estensione della malattia: lieve/media/grave
3. Sull’evoluzione della lesione: acuta o cronica
Le lesioni infiammatorie croniche rappresentano per il patologo
una sfida particolarmente impegnativa, in quanto il fegato mostra
reazioni istologiche simili nei confronti di vari insulti cronici (siano
essi causati da tossine, infezioni o immunostimolazione). Alte-
razioni degenerative delle cellule epatiche, infiltrati infiammatori,
fibrosi e necrosi sono tutte manifestazioni possibili di un processo
infiammatorio. Nell’interpretazione delle alterazioni infiammatorie
va prestata attenzione al tipo di cellule infiammatorie in questione:
mentre all’inizio di un’infiammazione spesso sono presenti dei
granulociti neutrofili (situazione “acuta”), in seguito si aggiungono
di colecistochinina o nel periodo di transito intestinale.
La determinazione degli AB non è indicata in pazienti itterici con
malattie epatobiliari in quanto non fornisce nessuna informazione
supplementare. Un’emolisi grave o una lipemia grave possono
dar luogo a risultati erroneamente bassi. Una particolarità di
cui tener conto è data dai cani di razza Maltese, che possono
presentare valori postprandiali elevati senza per questo soffrire di
una malattia epatobiliare.
Nell’interpretazione dei valori degli AB si deve tener conto di
due limitazioni. In primo luogo la determinazione degli AB non
permette di distinguere diverse malattie epatobiliari fra di loro.
In secondo luogo non esiste praticamente nessuna correlazio-
ne fra l’entità di un aumento degli AB e la gravità di una lesione
istologica o il grado di uno shunt portosistemico. In caso di più
determinazioni degli AB effettuate su un paziente al fine di valu-
tare il progredire della malattia o la reazione alla terapia, è solo il
ritorno a valori normali a costituire un indicatore affidabile per una
remissione clinica.
1.3 Ammoniaca
Nei mitocondri delle cellule epatiche ha luogo la disintossicazione
dall’ammoniaca (NH3) prodotta durante il metabolismo proteico,
che viene convertita in urea (ciclo dell’urea). In caso di insufficien-
za epatica, se il fegato non è più in grado di eliminare l’ammonia-
ca o se è ostacolato il flusso del sangue portale nel fegato (PSS)
si rilevano valori elevati dell’ammoniaca. La significatività della
determinazione dell’ammoniaca è paragonabile a quella della
determinazione degli acidi biliari. Di recente è stato anzi osser-
vato che nella diagnosi di un PSS congenito o acquisito i valori
dell’ammoniaca a digiuno sono un po’ più sensibili e soprattutto
più specifici di quelli degli acidi biliari. Rispetto all’analisi degli aci-
di biliari l’analisi dell’ammoniaca ha tuttavia due limiti: innanzitutto
il campione è piuttosto delicato da maneggiare (importante se
l’analisi non può venire eseguita nello studio veterinario e il cam-
pione debba essere inviato al laboratorio) e nel caso di animali
con encefalopatia l’esecuzione di un test di tolleranza al cloruro di
ammonio, indicato per la valutazione dell’ammoniemia, può dar
luogo ad un peggioramento dei sintomi neurologici.
anche linfociti e macrofagi. La presenza di una fibrosi è sintomo
di una situazione “cronica”. Il grado della fibrosi è in rapporto al
tempo di sopravvivenza: una “bridging fibrosis” (fibrosi a ponte,
vale a dire articolazioni di tessuto connettivo fra le triadi portali
ovvero fra le triadi portali e le vene centrali) è p.es. un segno pro-
gnostico infausto. La presenza di granulociti eosinofili è spesso
indizio di un processo allergico o parassitario.
Anche se non sempre permette una diagnosi eziologica definitiva,
in genere l’analisi istologica fornisce comunque informazioni su
una possibile eziologia. In caso di congestione passiva del fegato
si hanno p.es. lesioni centrolobulari, mentre infezioni come la
salmonellosi o la toxoplasmosi danno luogo a lesioni (multi)focali;
una lesione vacuolare è indizio di un accumulo di lipidi o di glico-
geno, così come il PSS ha i suoi segni istologici caratteristici. Se
necessario si può procedere ad analisi più approfondite: esistono
p.es. colorazioni speciali che aiutano nell’identificazione di deter-
minati agenti infettivi o permettono di valutare il contenuto di rame
di un campione epatico. Inoltre è possibile ricavare campioni per
colture batteriche aerobiche e anaerobiche.
In conclusione si può affermare che, a dispetto dei loro limiti, le
analisi citologiche e istologiche di campioni epatici svolgono una
funzione molto importante per il trattamento di pazienti soggetti
ad un‘epatopatia.
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO NEL CAVALLO
Il fegato, l’organo metabolico più importante, è compreso fra il tratto digerente e la circolazione sistemica. In esso con-
verge direttamente, per mezzo della circolazione portale, la maggior parte delle sostanze assorbite dal tratto gastrointes-
tinale. Qui ha luogo la regolazione del metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine.
Oltre a ciò il fegato è un organo di escrezione (bile, per la dige-
stione dei grassi), di immagazzinamento (glicogeno, vitamine,
elementi traccia), di sintesi (albumina, fibrinogeno, protrombina)
ed è coinvolto nell’immunoregolazione (cellule di Kupffer). Quan-
do più dell’80 % del fegato è danneggiato la funzione epatica è
compromessa. Il fegato possiede tuttavia la singolare capacità di
continuare ad esercitare la sua funzione specifica anche mentre
viene riparato e rigenerato.
Eziologia
Le malattie epatiche sono relativamente frequenti nel cavallo,
anche se il loro decorso in genere non è accompagnato da una
sintomatologia clinica definita. Esse insorgono spesso a livello
secondario, vale a dire come conseguenza di altre malattie (in-
fezioni di origine virale, batterica o parassitaria, steatosi epatica),
ma possono anche venir provocate o direttamente da alimenti
contaminati (micotossine) o da piante velenose. Ne consegue
che l’anamnesi del paziente è di grande importanza ai fini della
terapia.
Sintomi clinici
La sintomatologia clinica di una malattia epatica è spesso aspeci-
fica, quando non del tutto assente. Fra i possibili sintomi citiamo:
apatia, disturbi dell’appetito, perdita di peso, calo delle presta-
zioni, opacità del mantello, dermatosi, sintomi neurologici, ittero,
fotosensibilizzazione, dolori addominali e disturbi della coagula-
zione. Una sintomatologia tipica delle malattie epatiche di partico-
lare intensità è data dai disturbi del comportamento riconducibili
ad una mancata disintossicazione dall’ammoniaca a seguito di
un danno al fegato (sindrome epatoencefalica). Tanto la gravità
dei sintomi clinici quanto il decorso di una malattia epatica pos-
sono variare considerevolmente a seconda della distribuzione,
della localizzazione e dell’entità del danno. In linea di principio
bisogna distinguere fra malattie reversibili (p.es. ingrossamento,
degenerazione grassa del fegato) e danni irreversibili (necrosi):
entrambe le patologie possono presentare una distribuzione
focale (ascessi, neoplasie) o zonale (centrolobulare). Un’epatite
acuta generalizzata porta alla perdita funzionale, accompagnata
di regola da un ingrossamento del fegato, mentre una fibrosi
cronica generalizzata (di cui la cirrosi è lo stadio terminale) non
mostra sintomi clinici fino a che non ha danneggiato almeno l’80
% del fegato. Questo si presenta allora diminuito di volume.
Dr. med. vet. Cécile Rohrer KaiserDiploma ACVIM (Medicina Interna) e ECVIM-CA (Medicina Interna)
Autore:
1.2 Acidi biliari
Gli acidi biliari (AB) vengono sintetizzati esclusivamente nel fega-
toa partire dal colesterolo. Dopo essere stati coniugati con taurina
o con glicina, gli AB vengono secreti nella bile e conservati in for-
ma concentrata nella cistifellea. In seguito all’assunzione di cibo
la colecistochinina provoca la contrazione della cistifellea con
conseguente trasporto degli AB negli intestini. Qui gli AB svolgo-
no un’importante funzione nella digestione e nell’assorbimento
dei grassi. Nell’ileo gli AB vengono immessi nella circolazione
portale per ritornare così al fegato, dove vengono nuovamente
estratti dalla circolazione stessa. Sebbene la sintesi degli AB
possa essere seriamente pregiudicata in pazienti con gravi ma-
lattie epatiche, esistono diversi fattori responsabili di un aumento
della concentrazione di AB nel sangue: p.es. un’alterazione della
circolazione enteropatica, uno shunt portosistemico (PSS), una
riduzione dell’estrazione degli AB dal sangue ad opera del fegato
o un riflusso degli AB nella circolazione sistemica in seguito
a colestasi. Ne consegue che molti animali affetti da epatite croni-
ca, neoplasia epatica o necrosi epatica grave possono presen-
tare valori elevati degli AB. Gli AB sono in particolare (assieme
all’ammoniaca) fra gli indicatori biochimici più sensibili di uno
shunt portosistemico congenito. La maggior parte dei pazienti
con un’anomalia vascolare portale congenita presenta notevole
aumento dei valori postprandiali degli acidi biliari. Al contrario, in
caso di partecipazione secondaria del fegato dovuta a malattia
primaria non epatica o a somministrazione di glucocorticoidi o di
antiepilettici i valori degli AB sono solitamente aumentati di poco.
Esistono diversi fattori che possono dar luogo a riduzione della
concentrazione degli AB nel siero. Fra questi si possono citare:
anoressia da più di 1 – 2 giorni (con possibile abbassamento del
valore degli AB a digiuno), ritardo nell’evacuazione gastrica, alte-
razioni del periodo di transito intestinale, malassorbimento, gravi
malattie o resezione dell’ileo.
In caso di disturbo della funzione epatica la determinazione degli
AB è un test di screening di routine nella medicina dei piccoli
animali. Il massimo delle informazioni si ottiene con la determina-
zione di un valore a digiuno (da 12 ore) e di un valore postpran-
diale (prelievo 2 ore dopo il pasto). Fra gli alimenti indicati per la
determinazione del valore postprandiale nei cani e nei gatti è par-
ticolarmente adatto un cibo umido a medio contenuto di grassi:
due cucchiaini di cibo per animali sotto i 5 kg p.c. o due cucchiai
per animali più pesanti. In animali soggetti a vomito od anores-
sia si può ricorrere in alternativa alla somministrazione di Takus®
(Pharmacia) con dosaggio 0,3 μg/kg i.m., facendo seguire il
secondo prelievo di sangue 20 minuti dopo la somministrazione.
Risultati erroneamente positivi sono possibili. Nel caso fossero
stati determinati solo valori preprandiali compresi nella norma, si
devono determinare anche i valori postprandiali. A volte si posso-
no avere valori degli AB a digiuno superiori ai valori postprandiali.
Ciò può essere dovuto a contrazioni della cistifellea durante il
digiuno precedente l’esecuzione del test, come pure a variazioni
individuali nell’evacuazione gastrica, nella risposta alla secrezione
1.1.2 Iperbilirubinemia epatica
La causa di un ittero di origine epatica risiede in un disturbo in
uno dei passaggi del trasporto epatocellulare della bilirubina. È
possibile p.es. che dei processi infiammatori abbiano provocato
edema epatocellulare, con conseguente impedimento del flusso
biliare ed ostruzione del sistema dei dotti biliari intraepatici (cole-
stasi). La bilirubina sierica è tuttavia un indicatore poco sensibile
della funzione epatocellulare, in quanto il fegato può continuare
a metabolizzare bilirubina anche molto tempo dopo che le altre
funzioni epatiche sono state compromesse. Un’iperbilirubinemia
di origine epatica rinvia perciò ad una patologia del fegato di gra-
vità medio-alta. Nel gatto le cause più frequenti di un ittero epatico
sono: colangite/colangioepatite, linfosarcoma, lipidosi epatica e
FIP. Nel cane le cause scatenanti di ittero epatico sono soprattutto:
epatite cronica (di origine idiopatica o familiare), linfosarcoma,
necrosi epatica acuta e/o cirrosi. Anche alcuni farmaci (antiepiletti-
ci, trimetoprim/sulfonamidi, carprofene, benzodiazepine) e alcune
malattie sistemiche con componente epatica possono dare
luogo ad ittero. Una colestasi può essere pure dovuta a tossine
batteriche o ad anticorpi diretti contro componenti delle membra-
ne cellulari batteriche (colestasi associata a sepsi). Al contrario
l’atrofia epatica, del tipo frequentemente osservato in animali con
anomalia vascolare portosistemica congenita, non è normalmente
associata ad iperbilirubinemia, anche in presenza di altri sintomi
di un disturbo della funzione epatica (p.es. ipoalbuminemia, valori
dell’urea bassi).
1.1.3 Iperbilirubinemia postepatica
In un ittero postepatico si ha un impedimento meccanico del-
l’escrezione di bilirubina in seguito a problemi a livello intralu-
minale o extraluminale. Esso può essere causato in particolare
da: pancreatite, neoplasie (dotti biliari, pancreas o duodeno),
colelitiasi, rottura della cistifellea o di un dotto biliare con peri-
tonite biliare. A livello clinico la distinzione fra ittero epatico ed
ittero postepatico può essere tutt’altro che facile. Essa è tuttavia
fondamentale, a causa delle differenti strategie terapeutiche dei
due episodi patologici. L’ecografia può essere di notevole aiuto
nella differenziazione di queste due forme itteriche.
2 Citologia ed istologia dei campioni epatici
Una differenziazione delle diverse malattie epatiche sulla base
dei soli sintomi clinici e delle alterazioni di laboratorio in genere
non è possibile. Per un ulteriore chiarimento si procede al prelievo
di campioni epatici per l’analisi citologica ed istologica. Questo
prelievo è indicato non soltanto per porre una diagnosi dettaglia-
ta, ma anche per ottenere informazioni sulla reazione del paziente
alla terapia e sulla progressione della malattia.
L’analisi di materiale ottenuto tramite agoaspirazione (citologia)
è decisamente meno significativa rispetto all’analisi di materiale
ottenuto tramite biopsia (istologia). L’agoaspirazione possiede
tuttavia alcuni vantaggi, come p.es. un rischio emorragico minore
ed un’esecuzione più semplice. Esistono inoltre determinate ma-
lattie, che sono tra le più diffuse, nelle quali un’agoaspirazione ha
spesso valore diagnostico: p.es. linfosarcoma, tumori mastocitari,
lipidosi epatica, alterazioni dovute a corticosteroidi, amiloidosi o
anche carcinoma epatocellulare.
Una biopsia epatica viene prelevata sotto controllo ecografico o
nell’ambito di una laparotomia esplorativa. Prima dell’esecuzione
si consiglia di eseguire un profilo coagulativo, dal momento che
animali soggetti ad epatopatie tendono a sviluppare coagulo-
patie. A scopo profilattico si può somministrare della vitamina K
per via parenterale 24 ore prima del prelievo. Se nonostante la
presenza di una coagulopatia la biopsia non può essere evitata,
può essere utile ricorrere ad una somministrazione di plasma. Se
il campione prelevato non fosse abbastanza grande o fosse poco
rappresentativo della lesione possono insorgere delle difficoltà di
interpretazione dei reperti istologici. Inoltre è frequente assistere
ad interpretazioni divergenti di uno stesso campione da parte di
diversi patologi. È perciò fondamentale che la diagnosi istomor-
fologica concordi anche con i reperti clinici. Anche se l’analisi
istologica di un campione epatico non sempre permette di porre
una diagnosi eziologica, in genere sono comunque possibili le
seguenti affermazioni:
1. Sul tipo di malattia: infiammatoria/necrotica, neoplastica,
vacuolare e vascolare.
2. Sull’estensione della malattia: lieve/media/grave
3. Sull’evoluzione della lesione: acuta o cronica
Le lesioni infiammatorie croniche rappresentano per il patologo
una sfida particolarmente impegnativa, in quanto il fegato mostra
reazioni istologiche simili nei confronti di vari insulti cronici (siano
essi causati da tossine, infezioni o immunostimolazione). Alte-
razioni degenerative delle cellule epatiche, infiltrati infiammatori,
fibrosi e necrosi sono tutte manifestazioni possibili di un processo
infiammatorio. Nell’interpretazione delle alterazioni infiammatorie
va prestata attenzione al tipo di cellule infiammatorie in questione:
mentre all’inizio di un’infiammazione spesso sono presenti dei
granulociti neutrofili (situazione “acuta”), in seguito si aggiungono
di colecistochinina o nel periodo di transito intestinale.
La determinazione degli AB non è indicata in pazienti itterici con
malattie epatobiliari in quanto non fornisce nessuna informazione
supplementare. Un’emolisi grave o una lipemia grave possono
dar luogo a risultati erroneamente bassi. Una particolarità di
cui tener conto è data dai cani di razza Maltese, che possono
presentare valori postprandiali elevati senza per questo soffrire di
una malattia epatobiliare.
Nell’interpretazione dei valori degli AB si deve tener conto di
due limitazioni. In primo luogo la determinazione degli AB non
permette di distinguere diverse malattie epatobiliari fra di loro.
In secondo luogo non esiste praticamente nessuna correlazio-
ne fra l’entità di un aumento degli AB e la gravità di una lesione
istologica o il grado di uno shunt portosistemico. In caso di più
determinazioni degli AB effettuate su un paziente al fine di valu-
tare il progredire della malattia o la reazione alla terapia, è solo il
ritorno a valori normali a costituire un indicatore affidabile per una
remissione clinica.
1.3 Ammoniaca
Nei mitocondri delle cellule epatiche ha luogo la disintossicazione
dall’ammoniaca (NH3) prodotta durante il metabolismo proteico,
che viene convertita in urea (ciclo dell’urea). In caso di insufficien-
za epatica, se il fegato non è più in grado di eliminare l’ammonia-
ca o se è ostacolato il flusso del sangue portale nel fegato (PSS)
si rilevano valori elevati dell’ammoniaca. La significatività della
determinazione dell’ammoniaca è paragonabile a quella della
determinazione degli acidi biliari. Di recente è stato anzi osser-
vato che nella diagnosi di un PSS congenito o acquisito i valori
dell’ammoniaca a digiuno sono un po’ più sensibili e soprattutto
più specifici di quelli degli acidi biliari. Rispetto all’analisi degli aci-
di biliari l’analisi dell’ammoniaca ha tuttavia due limiti: innanzitutto
il campione è piuttosto delicato da maneggiare (importante se
l’analisi non può venire eseguita nello studio veterinario e il cam-
pione debba essere inviato al laboratorio) e nel caso di animali
con encefalopatia l’esecuzione di un test di tolleranza al cloruro di
ammonio, indicato per la valutazione dell’ammoniemia, può dar
luogo ad un peggioramento dei sintomi neurologici.
anche linfociti e macrofagi. La presenza di una fibrosi è sintomo
di una situazione “cronica”. Il grado della fibrosi è in rapporto al
tempo di sopravvivenza: una “bridging fibrosis” (fibrosi a ponte,
vale a dire articolazioni di tessuto connettivo fra le triadi portali
ovvero fra le triadi portali e le vene centrali) è p.es. un segno pro-
gnostico infausto. La presenza di granulociti eosinofili è spesso
indizio di un processo allergico o parassitario.
Anche se non sempre permette una diagnosi eziologica definitiva,
in genere l’analisi istologica fornisce comunque informazioni su
una possibile eziologia. In caso di congestione passiva del fegato
si hanno p.es. lesioni centrolobulari, mentre infezioni come la
salmonellosi o la toxoplasmosi danno luogo a lesioni (multi)focali;
una lesione vacuolare è indizio di un accumulo di lipidi o di glico-
geno, così come il PSS ha i suoi segni istologici caratteristici. Se
necessario si può procedere ad analisi più approfondite: esistono
p.es. colorazioni speciali che aiutano nell’identificazione di deter-
minati agenti infettivi o permettono di valutare il contenuto di rame
di un campione epatico. Inoltre è possibile ricavare campioni per
colture batteriche aerobiche e anaerobiche.
In conclusione si può affermare che, a dispetto dei loro limiti, le
analisi citologiche e istologiche di campioni epatici svolgono una
funzione molto importante per il trattamento di pazienti soggetti
ad un‘epatopatia.
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO NEL CAVALLO
Il fegato, l’organo metabolico più importante, è compreso fra il tratto digerente e la circolazione sistemica. In esso con-
verge direttamente, per mezzo della circolazione portale, la maggior parte delle sostanze assorbite dal tratto gastrointes-
tinale. Qui ha luogo la regolazione del metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine.
Oltre a ciò il fegato è un organo di escrezione (bile, per la dige-
stione dei grassi), di immagazzinamento (glicogeno, vitamine,
elementi traccia), di sintesi (albumina, fibrinogeno, protrombina)
ed è coinvolto nell’immunoregolazione (cellule di Kupffer). Quan-
do più dell’80 % del fegato è danneggiato la funzione epatica è
compromessa. Il fegato possiede tuttavia la singolare capacità di
continuare ad esercitare la sua funzione specifica anche mentre
viene riparato e rigenerato.
Eziologia
Le malattie epatiche sono relativamente frequenti nel cavallo,
anche se il loro decorso in genere non è accompagnato da una
sintomatologia clinica definita. Esse insorgono spesso a livello
secondario, vale a dire come conseguenza di altre malattie (in-
fezioni di origine virale, batterica o parassitaria, steatosi epatica),
ma possono anche venir provocate o direttamente da alimenti
contaminati (micotossine) o da piante velenose. Ne consegue
che l’anamnesi del paziente è di grande importanza ai fini della
terapia.
Sintomi clinici
La sintomatologia clinica di una malattia epatica è spesso aspeci-
fica, quando non del tutto assente. Fra i possibili sintomi citiamo:
apatia, disturbi dell’appetito, perdita di peso, calo delle presta-
zioni, opacità del mantello, dermatosi, sintomi neurologici, ittero,
fotosensibilizzazione, dolori addominali e disturbi della coagula-
zione. Una sintomatologia tipica delle malattie epatiche di partico-
lare intensità è data dai disturbi del comportamento riconducibili
ad una mancata disintossicazione dall’ammoniaca a seguito di
un danno al fegato (sindrome epatoencefalica). Tanto la gravità
dei sintomi clinici quanto il decorso di una malattia epatica pos-
sono variare considerevolmente a seconda della distribuzione,
della localizzazione e dell’entità del danno. In linea di principio
bisogna distinguere fra malattie reversibili (p.es. ingrossamento,
degenerazione grassa del fegato) e danni irreversibili (necrosi):
entrambe le patologie possono presentare una distribuzione
focale (ascessi, neoplasie) o zonale (centrolobulare). Un’epatite
acuta generalizzata porta alla perdita funzionale, accompagnata
di regola da un ingrossamento del fegato, mentre una fibrosi
cronica generalizzata (di cui la cirrosi è lo stadio terminale) non
mostra sintomi clinici fino a che non ha danneggiato almeno l’80
% del fegato. Questo si presenta allora diminuito di volume.
Dr. med. vet. Cécile Rohrer KaiserDiploma ACVIM (Medicina Interna) e ECVIM-CA (Medicina Interna)
Autore:
dott. ssa Sabine LoewerVet•Med•Lab
Divisione di IDEXX Laboratories s.r.l.
Via Quasimodo, 4640013 Castel Maggiore (BO)
Tel: 051-70 94 701 Fax: 051-70 94 702
tico e ittero postepatico/ostruttivo ha lo scopo di limitare il numero
delle diagnosi differenziali possibili.
1.1.1 Iperbilirubinemia preepatica
In un ittero preepatico è la distruzione degli eritrociti (emolisi
intravascolare o extravascolare) ad essere in primo piano. Il
fegato non riesce più ad assorbire e metabolizzare la bilirubina
che perviene in quantità sempre maggiori. Una degradazione
degli eritrociti, se è di intensità sufficiente a provocare un’iperbi-
lirubinemia, è generalmente associata ad anemia evidente (Htc
inferiore a 25%). In presenza di un’emolisi l’anemia è generalmen-
te rigenerativa. All’inizio (nei primi 2 – 4 giorni) si può riscontrare
una lieve reticolocitosi che aumenta nei giorni successivi. In caso
di emolisi aumentano i valori della bilirubina non coniugata, mole-
cola che non riesce a passare attraverso la membrana glomeru-
lare. Ciò nonostante i cani soggetti ad emolisi presentano spesso
bilirubinuria. Questo è dovuto alla capacità dei tubuli renali del
cane di coniugare la bilirubina. Le cause di un ittero preepatico
possono essere: un’anemia emolitica immunomediata primaria
o secondaria (secondaria in seguito all’assunzione di farmaci,
infezioni o neoplasie), infezioni (FeLV, Mycoplasma haemofelis, fi-
lariosi cardiaca, babesie, ehrlichie), danni ossidativi degli eritrociti
(assunzione di cipolla, zinco, ipofosfatemia), riassorbimento ema-
tico (grandi ematomi), etc. Se un paziente presenta contempora-
neamente iperbilirubinemia ed anemia, si deve sempre cercare
innanzitutto una causa preepatica dell’iperbilirubinemia.
I-102-1008
Diagnostic Update
In questa parte del Diagnostic Update ci occuperemo del signifi-
cato patofisiologico degli scostamenti dalla norma dei valori della
bilirubina, degli acidi biliari e dell’ammoniaca.
Data l’importanza delle analisi cito-istopatologiche di campioni
epatici per l’individuazione tempestiva di un’epatopatia, prende-
remo quindi in considerazione alcuni principi generali nell’inter-
pretazione dei risultati cito-istologici dei campioni epatici.
1 Fisiologia e patologia del metabolismo della bilirubina, degli acidi biliari e dell’ammoniaca
1.1 Bilirubina
La bilirubina è un prodotto di scarto delle emoproteine. La sua
fonte principale è costituita infatti dall’emoglobina di eritrociti
vecchi. Essa ha origine nel sistema reticoloendoteliale, dapprima
sotto forma di bilirubina non coniugata, che viene trasportata nel
plasma legata all’albumina. Arrivata nel fegato viene poi coniu-
gata con gli acidi glucuronici, trasportata nei dotti biliari assieme
ad altri componenti della bile ed espulsa negli intestini. Nell’ileo e
nel colon viene infine deconiugata ad opera della flora batterica e
trasformata in urobilinogeno. L’80 – 90 % dell’urobilinogeno viene
eliminato nelle feci sotto forma di stercobilina, mentre il restante
10 – 20 % viene riassorbito dalla circolazione enteroepatica.
L’ittero è una sindrome caratterizzata da iperbilirubinemia e co-
lorito giallastro della pelle, delle mucose e delle sclere in seguito
ad un accumulo di pigmenti biliari. Quando la bilirubina sierica
supera gli 1,5 – 2,0 mg/dl, si parla di plasma o siero itterico. Per
avere un ittero manifesto occorre che la bilirubina sierica superi
i 4 – 5 mg/dl. Il colorito giallastro è riscontrabile soprattutto in
presenza di luce naturale e sugli organi seguenti: sclere, mucose
boccali, padiglioni auricolari, pelle circostante l’ombelico, mucose
del pene e della vagina.
La suddivisione dell’ittero in ittero preepatico/emolitico, ittero epa-
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO PER LE MALATTIE EPATICHE DEL CANE, DEL GATTO (PARTE 2/2) E DEL CAVALLO
Diagnostic Update
Novembre 08
Il fegato si trova in posizione strategica fra il tratto digerente e la circolazione sistemica. Attraverso l’aorta arriva al fegato il
sangue arterioso, rifornendolo di ossigeno. Il sangue venoso invece proviene dagli organi addominali (stomaco, pancreas,
milza e intestino) attraverso la vena porta. Esso trasporta al fegato soprattutto metaboliti e sostanze tossiche, da sottopor-
re a depurazione o a biotrasformazione. Il fegato e la circolazione portale svolgono un ruolo fondamentale, tra l’altro, nel
metabolismo degli acidi biliari, dell’ammoniaca e della bilirubina.
Diagnosi delle malattie epatiche
In molti processi patologici si ha un disturbo della permeabilità
della membrana cellulare. In questo modo è possibile che enzimi
attivi principalmente a livello intracellulare penetrino nel plasma,
dove è possibile rilevarli.
Enzimi epatici specifici nel cavallo
La γ-GT è localizzata soprattutto nelle strutture membranose del
sistema dei dotti biliari. Ha un periodo di vita medio di circa 3
giorni. In presenza di epatopatia viene rilasciata precocemente
e in caso di disturbi metabolici cronici del fegato essa è spesso
l’unico parametro ad aumentare. Il suo valore può continuare a
crescere per 1-2 settimane anche dopo la rimozione della causa
scatenante, così come può aumentare durante la convalescenza
in caso di affaticamento del cavallo. Si può pertanto fare rife-
rimento alla γ-GT per tenere sotto controllo il carico di lavoro
dell’animale.
La GLDH (glutammato deidrogenasi) è un enzima legato ai
mitocondri delle cellule epatiche. Essa è attiva soprattutto a livello
centrolobulare, vale a dire reagisce in maniera molto sensibile
in caso di epatopatie secondarie (colestasi, ipossiemia). Un suo
aumento di più di 3 volte del livello normale è sintomo di epato-
patia acuta con necrosi delle cellule epatiche. In caso di infezioni,
febbre o somministrazione di farmaci la sua crescita è invece
più contenuta. La GLDH ha un periodo di vita medio è di circa 3
giorni.
Altri enzimi
L’ALP (fosfatasi alcalina) è un enzima legato alla membrana
mitocondriale, presente in numerosi organi (cellule epiteliali dei
dotti biliari, osteoblasti). In presenza di colestasi, ma anche in
seguito a somministrazione di alcuni farmaci il suo valore cresce.
Data la maggiore attività del metabolismo osseo in animali in fase
di crescita il valore dell’ALP è fisiologicamente più alto in animali
giovani.
L’AST (aspartato aminotransferasi) ossia GOT (transaminasi
glutammico-ossalacetica) è presente, oltre che nei mitocondri e
nel citoplasma delle cellule epatiche, anche nelle cellule musco-
lari, sicché non può dirsi “specifico del fegato”. Un suo aumento
rilevante è stato osservato nel corso di miopatie di particolare
intensità (mioglobinuria paralitica).
Interpretazione della funzione epatica
Gli acidi biliari vengono sintetizzati negli epatociti a partire dal
colesterolo. Nel cavallo essi vengono rilasciati senza interruzio-
ne nel duodeno (ca. 3l/100 kg p.c.), dove rendono possibile la
digestione dei lipidi, prima di venire parzialmente riassorbiti nella
circolazione enteroepatica. In presenza di malattie epatiche si
verifica un accumulo degli acidi biliari in circolo. La loro determi-
nazione permette quindi di valutare la funzione epatica, ma non il
tipo di malattia epatica in questione.
L’ammoniaca è una sostanza neurotossica che origina dalla
digestione delle proteine nell’intestino. Attraverso la vena porta
essa perviene al fegato, dove viene convertita in urea, sì da poter
venire espulsa attraverso i reni. In caso di disturbi della funzione
epatica la sintesi dell’urea è compromessa e i valori dell’ammo-
niaca nel sangue crescono. Data la sua neurotossicità, esiste il
rischio di un danno alle funzioni del sistema nervoso centrale (sin-
drome epatoencefalica). A causa dell’instabilità dell’ammoniaca
nel sangue, la determinazione va effettuata su plasma da sangue
EDTA, centrifugato e congelato immediatamente dopo il prelievo.
La bilirubina è un prodotto di scarto, non solubile in acqua,
dell’emoglobina. Essa viene trasportata nel fegato legata all’al-
bumina. Qui viene glucuronidata, per venire quindi secreta in
forma solubile nell’intestino assieme alla bile. Da qui può venire
espulsa con le feci o riassorbita nella circolazione enteroepatica.
La bilirubina non è un indicatore specifico per le malattie epa-
tiche, dal momento che i suoi valori possono salire non solo in
presenza di epatopatie, ma anche in caso di emolisi (babesiosi,
anemia infettiva, ittero neonatale), anoressia (ittero da inanizione)
e coliche. Nel cavallo sono stati osservati casi di iperbilirubinemia
persistente in animali altrimenti sani (morbo di Gilbert-Meulengra-
cht, sindrome di Crigler-Najjar).
Le proteine plasmatiche vengono sintetizzate, ad eccezione
delle immunoglobuline, soprattutto nel fegato (l’albumina esclu-
sivamente qui). Nella maggior parte delle malattie epatiche gravi
e/o croniche la sintesi di queste proteine è generalmente ridotta.
La loro misurazione permette di valutare l’attività della sintesi
epatica.
La concentrazione di albumina ha un significato diagnostico
limitato, in quanto la riduzione della sua sintesi ha luogo solo in
una fase avanzata della malattia epatica. Inoltre si può avere una
riduzione della concentrazione di albumina anche in seguito a
nefropatie, enteropatie, versamenti cavitari o carenze alimentari.
In caso di disturbi epatici di grave intensità si può avere una
riduzione della sintesi dei fattori di coagulazione.
Analisi ulteriori
Oltre che dai sintomi clinici e dall’interpretazione degli esami di
laboratorio, si possono ottenere informazioni sulla gravità e sulla
prognosi della malattia per mezzo di analisi ecografiche o di
una biopsia epatica. Prima di effettuare una biopsia si consiglia
sempre di controllare i fattori di coagulazione.
Procedimenti diagnostici disponibili in caso di malattie epatiche
IDEXX Vet•Med•Lab Profilo epatico IUrea (BUN), ALT, ALP, AST (GOT), Gamma-GT, GLDH, Acidi biliari, Bilirubina, Albumina
Profilo epatico II (cani, gatti)Profilo epatico I + Emocromo, Quicktest (PT), aPTT, Elettroforesi sieroproteica
Determinazione dell’ammoniacaAttenzione: Determinazione possibile esclusiva-mente con plasma EDTA congelato
IDEXX VetLab® Suite VetTest® Apparecchiatura d’analisi per chimica a secco
SNAP® Reader Apparecchiatura per analisi di ormoni ed acidi biliari
Coag Dx™ Apparecchiatura per analisi della coagulazione
Andrea Hille Dr. Susi Zintner Consulenza Specialistica Specializzazione in cavalli Cavalli Key Account Manager Medical Advisor
Autori:
dott. ssa Sabine LoewerVet•Med•Lab
Divisione di IDEXX Laboratories s.r.l.
Via Quasimodo, 4640013 Castel Maggiore (BO)
Tel: 051-70 94 701 Fax: 051-70 94 702
tico e ittero postepatico/ostruttivo ha lo scopo di limitare il numero
delle diagnosi differenziali possibili.
1.1.1 Iperbilirubinemia preepatica
In un ittero preepatico è la distruzione degli eritrociti (emolisi
intravascolare o extravascolare) ad essere in primo piano. Il
fegato non riesce più ad assorbire e metabolizzare la bilirubina
che perviene in quantità sempre maggiori. Una degradazione
degli eritrociti, se è di intensità sufficiente a provocare un’iperbi-
lirubinemia, è generalmente associata ad anemia evidente (Htc
inferiore a 25%). In presenza di un’emolisi l’anemia è generalmen-
te rigenerativa. All’inizio (nei primi 2 – 4 giorni) si può riscontrare
una lieve reticolocitosi che aumenta nei giorni successivi. In caso
di emolisi aumentano i valori della bilirubina non coniugata, mole-
cola che non riesce a passare attraverso la membrana glomeru-
lare. Ciò nonostante i cani soggetti ad emolisi presentano spesso
bilirubinuria. Questo è dovuto alla capacità dei tubuli renali del
cane di coniugare la bilirubina. Le cause di un ittero preepatico
possono essere: un’anemia emolitica immunomediata primaria
o secondaria (secondaria in seguito all’assunzione di farmaci,
infezioni o neoplasie), infezioni (FeLV, Mycoplasma haemofelis, fi-
lariosi cardiaca, babesie, ehrlichie), danni ossidativi degli eritrociti
(assunzione di cipolla, zinco, ipofosfatemia), riassorbimento ema-
tico (grandi ematomi), etc. Se un paziente presenta contempora-
neamente iperbilirubinemia ed anemia, si deve sempre cercare
innanzitutto una causa preepatica dell’iperbilirubinemia.
I-102-1008
Diagnostic Update
In questa parte del Diagnostic Update ci occuperemo del signifi-
cato patofisiologico degli scostamenti dalla norma dei valori della
bilirubina, degli acidi biliari e dell’ammoniaca.
Data l’importanza delle analisi cito-istopatologiche di campioni
epatici per l’individuazione tempestiva di un’epatopatia, prende-
remo quindi in considerazione alcuni principi generali nell’inter-
pretazione dei risultati cito-istologici dei campioni epatici.
1 Fisiologia e patologia del metabolismo della bilirubina, degli acidi biliari e dell’ammoniaca
1.1 Bilirubina
La bilirubina è un prodotto di scarto delle emoproteine. La sua
fonte principale è costituita infatti dall’emoglobina di eritrociti
vecchi. Essa ha origine nel sistema reticoloendoteliale, dapprima
sotto forma di bilirubina non coniugata, che viene trasportata nel
plasma legata all’albumina. Arrivata nel fegato viene poi coniu-
gata con gli acidi glucuronici, trasportata nei dotti biliari assieme
ad altri componenti della bile ed espulsa negli intestini. Nell’ileo e
nel colon viene infine deconiugata ad opera della flora batterica e
trasformata in urobilinogeno. L’80 – 90 % dell’urobilinogeno viene
eliminato nelle feci sotto forma di stercobilina, mentre il restante
10 – 20 % viene riassorbito dalla circolazione enteroepatica.
L’ittero è una sindrome caratterizzata da iperbilirubinemia e co-
lorito giallastro della pelle, delle mucose e delle sclere in seguito
ad un accumulo di pigmenti biliari. Quando la bilirubina sierica
supera gli 1,5 – 2,0 mg/dl, si parla di plasma o siero itterico. Per
avere un ittero manifesto occorre che la bilirubina sierica superi
i 4 – 5 mg/dl. Il colorito giallastro è riscontrabile soprattutto in
presenza di luce naturale e sugli organi seguenti: sclere, mucose
boccali, padiglioni auricolari, pelle circostante l’ombelico, mucose
del pene e della vagina.
La suddivisione dell’ittero in ittero preepatico/emolitico, ittero epa-
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO PER LE MALATTIE EPATICHE DEL CANE, DEL GATTO (PARTE 2/2) E DEL CAVALLO
Diagnostic Update
Novembre 08
Il fegato si trova in posizione strategica fra il tratto digerente e la circolazione sistemica. Attraverso l’aorta arriva al fegato il
sangue arterioso, rifornendolo di ossigeno. Il sangue venoso invece proviene dagli organi addominali (stomaco, pancreas,
milza e intestino) attraverso la vena porta. Esso trasporta al fegato soprattutto metaboliti e sostanze tossiche, da sottopor-
re a depurazione o a biotrasformazione. Il fegato e la circolazione portale svolgono un ruolo fondamentale, tra l’altro, nel
metabolismo degli acidi biliari, dell’ammoniaca e della bilirubina.
Diagnosi delle malattie epatiche
In molti processi patologici si ha un disturbo della permeabilità
della membrana cellulare. In questo modo è possibile che enzimi
attivi principalmente a livello intracellulare penetrino nel plasma,
dove è possibile rilevarli.
Enzimi epatici specifici nel cavallo
La γ-GT è localizzata soprattutto nelle strutture membranose del
sistema dei dotti biliari. Ha un periodo di vita medio di circa 3
giorni. In presenza di epatopatia viene rilasciata precocemente
e in caso di disturbi metabolici cronici del fegato essa è spesso
l’unico parametro ad aumentare. Il suo valore può continuare a
crescere per 1-2 settimane anche dopo la rimozione della causa
scatenante, così come può aumentare durante la convalescenza
in caso di affaticamento del cavallo. Si può pertanto fare rife-
rimento alla γ-GT per tenere sotto controllo il carico di lavoro
dell’animale.
La GLDH (glutammato deidrogenasi) è un enzima legato ai
mitocondri delle cellule epatiche. Essa è attiva soprattutto a livello
centrolobulare, vale a dire reagisce in maniera molto sensibile
in caso di epatopatie secondarie (colestasi, ipossiemia). Un suo
aumento di più di 3 volte del livello normale è sintomo di epato-
patia acuta con necrosi delle cellule epatiche. In caso di infezioni,
febbre o somministrazione di farmaci la sua crescita è invece
più contenuta. La GLDH ha un periodo di vita medio è di circa 3
giorni.
Altri enzimi
L’ALP (fosfatasi alcalina) è un enzima legato alla membrana
mitocondriale, presente in numerosi organi (cellule epiteliali dei
dotti biliari, osteoblasti). In presenza di colestasi, ma anche in
seguito a somministrazione di alcuni farmaci il suo valore cresce.
Data la maggiore attività del metabolismo osseo in animali in fase
di crescita il valore dell’ALP è fisiologicamente più alto in animali
giovani.
L’AST (aspartato aminotransferasi) ossia GOT (transaminasi
glutammico-ossalacetica) è presente, oltre che nei mitocondri e
nel citoplasma delle cellule epatiche, anche nelle cellule musco-
lari, sicché non può dirsi “specifico del fegato”. Un suo aumento
rilevante è stato osservato nel corso di miopatie di particolare
intensità (mioglobinuria paralitica).
Interpretazione della funzione epatica
Gli acidi biliari vengono sintetizzati negli epatociti a partire dal
colesterolo. Nel cavallo essi vengono rilasciati senza interruzio-
ne nel duodeno (ca. 3l/100 kg p.c.), dove rendono possibile la
digestione dei lipidi, prima di venire parzialmente riassorbiti nella
circolazione enteroepatica. In presenza di malattie epatiche si
verifica un accumulo degli acidi biliari in circolo. La loro determi-
nazione permette quindi di valutare la funzione epatica, ma non il
tipo di malattia epatica in questione.
L’ammoniaca è una sostanza neurotossica che origina dalla
digestione delle proteine nell’intestino. Attraverso la vena porta
essa perviene al fegato, dove viene convertita in urea, sì da poter
venire espulsa attraverso i reni. In caso di disturbi della funzione
epatica la sintesi dell’urea è compromessa e i valori dell’ammo-
niaca nel sangue crescono. Data la sua neurotossicità, esiste il
rischio di un danno alle funzioni del sistema nervoso centrale (sin-
drome epatoencefalica). A causa dell’instabilità dell’ammoniaca
nel sangue, la determinazione va effettuata su plasma da sangue
EDTA, centrifugato e congelato immediatamente dopo il prelievo.
La bilirubina è un prodotto di scarto, non solubile in acqua,
dell’emoglobina. Essa viene trasportata nel fegato legata all’al-
bumina. Qui viene glucuronidata, per venire quindi secreta in
forma solubile nell’intestino assieme alla bile. Da qui può venire
espulsa con le feci o riassorbita nella circolazione enteroepatica.
La bilirubina non è un indicatore specifico per le malattie epa-
tiche, dal momento che i suoi valori possono salire non solo in
presenza di epatopatie, ma anche in caso di emolisi (babesiosi,
anemia infettiva, ittero neonatale), anoressia (ittero da inanizione)
e coliche. Nel cavallo sono stati osservati casi di iperbilirubinemia
persistente in animali altrimenti sani (morbo di Gilbert-Meulengra-
cht, sindrome di Crigler-Najjar).
Le proteine plasmatiche vengono sintetizzate, ad eccezione
delle immunoglobuline, soprattutto nel fegato (l’albumina esclu-
sivamente qui). Nella maggior parte delle malattie epatiche gravi
e/o croniche la sintesi di queste proteine è generalmente ridotta.
La loro misurazione permette di valutare l’attività della sintesi
epatica.
La concentrazione di albumina ha un significato diagnostico
limitato, in quanto la riduzione della sua sintesi ha luogo solo in
una fase avanzata della malattia epatica. Inoltre si può avere una
riduzione della concentrazione di albumina anche in seguito a
nefropatie, enteropatie, versamenti cavitari o carenze alimentari.
In caso di disturbi epatici di grave intensità si può avere una
riduzione della sintesi dei fattori di coagulazione.
Analisi ulteriori
Oltre che dai sintomi clinici e dall’interpretazione degli esami di
laboratorio, si possono ottenere informazioni sulla gravità e sulla
prognosi della malattia per mezzo di analisi ecografiche o di
una biopsia epatica. Prima di effettuare una biopsia si consiglia
sempre di controllare i fattori di coagulazione.
Procedimenti diagnostici disponibili in caso di malattie epatiche
IDEXX Vet•Med•Lab Profilo epatico IUrea (BUN), ALT, ALP, AST (GOT), Gamma-GT, GLDH, Acidi biliari, Bilirubina, Albumina
Profilo epatico II (cani, gatti)Profilo epatico I + Emocromo, Quicktest (PT), aPTT, Elettroforesi sieroproteica
Determinazione dell’ammoniacaAttenzione: Determinazione possibile esclusiva-mente con plasma EDTA congelato
IDEXX VetLab® Suite VetTest® Apparecchiatura d’analisi per chimica a secco
SNAP® Reader Apparecchiatura per analisi di ormoni ed acidi biliari
Coag Dx™ Apparecchiatura per analisi della coagulazione
Andrea Hille Dr. Susi Zintner Consulenza Specialistica Specializzazione in cavalli Cavalli Key Account Manager Medical Advisor
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