Determinazioni di analisi quantitativa organica su scala...

13
Determinazioni di analisi quantitativa organica su scala decimilligrammica A. PIETROGRANDE Istituto di Chimica Farmaceutica dell'Universitil di Padova, Italia È noto come la tendenza attuale dell 'analisi quantitativa organtca sta orientata verso l'impiego di quantità sempre minori di sostanza. Questo orientamento ba portato alla riduzione su scala submilligrammica di alcuni dci micrometodi attuali, che sono caratterizzati comunemente da prelievi di campione situati tra 3 e 5 mg. Tuttavia solo negli ultimi !ijlni si potè giungere allo studio e all'elab c- razionc di metodiche submilligrammicbe, data la precedente scarsa dispo- nibilità di bilance sensibili al decimo di mg, strumenti essenziali per un la- voro su scala così ridotta. È comunque da ricordare, a questo punto, l'in- teressante lavoro di Untenr.aucher ( 1 ) nel quale vengono determinati jodo- metricamente carbonio ed idrogeno su scala decimilligrammica senza pe- sata, venendo definito coo esattezza il rapporto tra questi due elementi nella molecola della sostan?.a organica. Nel 1960 la Mettler di Zurigo ha messo a disposizione dei laboratori due tipi di ultramicrobilancc, contrassegnati dalle sigle UM 6 e UM 7 e re- canti rispettivamente la sensibilità di ± 0,5 e O, l y. Anche la Bunge di Amburgo ha messo in commercio una bilancia con caratteristiche analoghe a quelle della Mettler UM 7. Pure la comparsa di burette che consentono la misurazione di volumi di liquido fino al microlitro o a 1/10 di microlitro ha facilitato l'elaborazione di analisi suhmilligrammiche. Va ricordata la buretta a membrana di Gor- bach con sensibilità 0,1 1.1. l, da Haack. Al momento attuale si può ben dire che questo orientamento della ana- lisi organica sia in pieno sviluppo. È già apparso un certo numero di lavori sull'argomento, fra i quali ricorderò quello di Campiglio ( 2 ) sulla determi- nazione dell'ossigeno su scala di decimo e di centesim(l di milligrammo. In questa comunicazione ripurto i risultati ottenuti su scala decimil- ligrammica nella di gruppi ossialchilici e dell'azoto secondo Unterzaucher. La microdeterminazione dei gruppi ossialchilici è stata og- .Arm. Isl . SU1)er. Sanità (19611) 2. 264·268 .

Transcript of Determinazioni di analisi quantitativa organica su scala...

Determinazioni di analisi quantitativa organica su scala decimilligrammica

A. PIETROGRANDE

Istituto di Chimica Farmaceutica dell'Universitil di Padova, Italia

È noto come la tendenza attuale dell'analisi quantitativa organtca sta orientata verso l'impiego di quantità sempre minori di sostanza. Questo orientamento ba portato alla riduzione su scala submilligrammica di alcuni dci micrometodi attuali, che sono caratterizzati comunemente da prelievi di campione situati tra 3 e 5 mg.

Tuttavia solo negli ultimi !ijlni si potè giungere allo studio e all'elabc­razionc di metodiche submilligrammicbe, data la precedente scarsa dispo­nibilità di bilance sensibili al decimo di mg, strumenti essenziali per un la­voro su scala così ridotta. È comunque da ricordare, a questo punto, l'in­teressante lavoro di Untenr.aucher (1) nel quale vengono determinati jodo­metricamente carbonio ed idrogeno su scala decimilligrammica senza pe­sata, venendo definito coo esattezza il rapporto tra questi due elementi nella molecola della sostan?.a organica.

Nel 1960 la Mettler di Zurigo ha messo a disposizione dei laboratori due tipi di ultramicrobilancc, contrassegnati dalle sigle UM 6 e UM 7 e re­canti rispettivamente la sensibilità di ± 0,5 e O, l y. Anche la Bunge di Amburgo ha messo in commercio una bilancia con caratteristiche analoghe a quelle della Mettler UM 7.

Pure la comparsa di burette che consentono la misurazione di volumi di liquido fino al microlitro o a 1/10 di microlitro ha facilitato l'elaborazione di analisi suhmilligrammiche. Va ricordata la buretta a membrana di Gor­bach con sensibilità 0,1 1.1. l, ~ostruita da Haack.

Al momento attuale si può ben dire che questo orientamento della ana­lisi organica sia in pieno sviluppo. È già apparso un certo numero di lavori sull'argomento, fra i quali ricorderò quello di Campiglio (2) sulla determi­nazione dell'ossigeno su scala di decimo e di centesim(l di milligrammo.

In questa comunicazione ripurto i risultati ottenuti su scala decimil­ligrammica nella determin~zione di gruppi ossialchilici e dell'azoto secondo Unterzaucher. La microdeterminazione dei gruppi ossialchilici è stata og-

.Arm. Isl. SU1)er. Sanità (19611) 2. 264·268 .

PIETROGRANDE 265

getto di numerose ricerche. A partire dal primo metodo realizzato da Pregl (3

) con procedimento gravimetrico e modificato da Viebock e Bre· cher (') mediante una determinazione jodometrica, si è cercato da parte di alcuni uutori di rendere il metodo adatto "per la determinazione in serie.

Viebock e Klintz hanno ideato un apparecchio che, mediante la pos· sibilità di $taccare il palloncino di reazione dal refrigerante a ricadere per l'acido jodidrico, consente una più agevole esecuzione dell'analisi anche per· chè non è più nece!'sario asciugare completamente l' apparecchio tra uu'ana· lisi e l'altra come nel metodo di Pregi, bastando per iniziare una determina· zione che sia ben asciutto il palloncino di reazione (5).

Budcsinsky e Korbl (6) hanno ideato un apparecchio di struttura molto semplice, che perfeziona quello di Viebock e Klint1. e rende più rapida la determinazione, date le sue dimensioni ridotte. Infatti 15 minuti di ebol· lizione sono sufficienti perchè tutto lo joduro di metile venga spostato dal palloncino di reazione e fissato nella soluzione di bromo. Anche qui il pallon· cino di reazione è staccabile e una felice innovazione consiste nell'avere riu· nito al resto dell'apparecchio il recipiente di assorbimento contenente la soluzione di bromo.

Con tale apparecchio furono eseguite nel nostro laboratorio numerose determinazioni con ottimi risultati.

Nel lavoro in serie si giunse tuttavia a stabilire che il contenimento del valore in bianco entro limiti innocui (mi 0,02-0,03 di Na 2S20 3 0,02 N) può essere ottenuto a condizione che per ogni analisi venga utilizzato un palloncino con nuovi reattivi. È inoltre opportuno che il bagno riscaldante il palloncino di reazione venga tenuto a una t emperatura non superiore a 1420 onde evitare che la ebollizione rt\multuosa dell'acido jodidrico con· duca a valori analitici troppo elevati. Un riscaldamento regolare tra 140° e 1420 si potè ottenere immergendo il palloncino in un bagno metallico costituito da lega di W ood.

Le dimensioni ridotte dell'apparecchio e la possibilità di operare con un valore io bianco molto ristretto ci hanno indotti ad impiegare l'appa· recchio di Budesinsky e Korbl in determinazioni su scala decimilligram· mica .

Le pesate, comprese fra 0,3 e 0,6 mg, furono eseguite con una bilancia ultramicro Mettler UM 7. Per la titolazione dello iodio si è impiegato Na!S20 3 in soluzione 0,01 N. Dato che i volumi di soluzione titolante impiegati non relativamente alti, si escluse l'impiego di burette ultramicro, dotate di modesta capacità, bastando comodamente per un'esatta titolaztone le comuni burette della microanalisi.

Un presupposto essenziale per la rletcrminazione su scala decimilli­grammica si è rivelato l'esatto apprezzamento del valore in bianco. Tale valore è praticamente innocuo su scala micro (ml 0,02-0,03 Na2St03 0,02 N)

. l nn. lsl. Super. Sanità (1966) 2. 264 · 268.

266 CONVEGNO DE I MICROA NALISTI

ma va evidentemente valutato con accuratezza passando alla scala sub­milligrammica. È opportuno controllare accuratamente l'a cido jodidrico che verrà impiegato nell 'analisi. Tale controllo va ripetuto per ogni nuova bottiglia di reattivo. Nelle nostre det erminazioni abbiamo impiegato acido jodidrico della ditta C. Erba Milano, t ipo RP Cod . 406831 al 57%, d. 1,71, stabilizzato con ca. 1,5 % di acido ipofosforoso. Il valore in b ianco riscon­trato fu per un primo campione di ml 0,03 e per un secondo di ml 0,06 di Na2S20 a 0,01 N.

· Si potè tuttavia · constatare che valori riscontrati st manten gono as- . solutamente costanti nel t empo per vari campioni di reattivo.

Il metodo elaborato è di e!lecuzione semplice e presenta inoltre il van­t aggio di permettere mediante lo stesso apparecchio l 'esecuzione di analisi su scala milligrammica e submilligrammica .

·Furono eseguite analisi su sostanze di svariata costituzwne e percen­tuale. I risultati sono situati entro il consuet o limite di errore ± 0,30.

- Passando "alla parte sperimentale, vanno riportati i punti salienti della J'rocedura elaborata .

P er ogni nuovo campione di lU si esegue una det erminazione in bianco con lo 'st esso p~ocedimento indicato in seguito nelle det erminazioni. Il vo ­lume ottenuto di Na1S10 3 0,01 N verrà sottratto a quello ottenuto alla fine delle analisi. L 'apparecchio vien e accurat amente lavato all' inizio della se­n e facendo passare per aspirazione l litro di acqua distillata.

Si introducono nell'apparecchio il liq uido di lavaggio e la soluzione di bromo e nel p al­loncino fenolo e fosforo rosso. Si fa poi cadere con cautela la navicella contenente la sostanza e si aggiungono m1 0,75 di HJ. Si fissa il palloncino al refrigerante, nel quale l'acqua non viene fatta circolare. Come gas di trasporto si usa azoto alla velocità di 25 mi al mi­nuto.

Manovrando la vit e di un sostegno mobile si fa salire il bagno, preventivamente por­t ato a 160 °- 165 °, fi.nchè il suo menisco sia all' altezza di quello del liquido contenuto nel palloncino. La temperatura del bagno scende rapidamente a 140 0- 142 ° e facilmente la si può mantenere a questo livello durante la distilla.zione. Trascorsi 10 minuti, il bagno viene abbassato e la soluzione di bromo viene raccolta quantit ativamente in una bevuta contenente acetato sodico al 20 %·

Seguono le operazioni indicat e da Vieb&k- B recher (' ) e la titolazione con NstS203

0,01 N. Si pas~a all'analisi successiva s~accando il palloncino e lavando l'apparecchio come in­

dicato sopra. L'acqua del refrigerante viene sostituita e, dopo introdotti i liquidi di la­vaggio e di assorbiii'lento, un nuovo palloncino con nuovi reattivi e la seconda sost anza viene inserito.

Con una semplice procedura la navicella viene t olta dal palloncino, lavata e seccata.

P er quanto riguarda .la det erminazione decimilligrammica dell'azoto va messa in rilievo una procedura descritta n el 1960 da Gutbier e Boetius (') che si basa sempre sul micrometQdo di Dumas- P regl. Tuttavia, essendo

An n. I si. Super. Sanità (1966) 2. 26, ·268.

')

PIETROGRANDE 267

noti i perfezionamenti apportati al micrometodo originale di Pregi {8) e culminati nell'elaborazione del metodo di Unterzaucher (8), modificato da Manser e Egli (10) , che oggi è il più diffuso ~ei laboratori microanalitici, abbiamo elaborato un'apparecchiatura e una tecnica tali da consentire la determinazione dell'azoto su scala decimilligrammica mediante il suddetto metodo di Unterzaucher. All'apparecchio realizzato, consistente in un'edi­zione su scala ridotta di quello usato in scala micro è stato co1legato l'ultra­microazotometro descritto da Gutbier e Boetms.

Come sorgent~ di CO, si è usato ghiaccio secco e l'esatta valutazione del valore in bianco è stata oggetto di particolari cure. La sua entità è. stata nottlvolmente abbassata semplificando la struttura dell'apparecchio e inse­rendo buoni raccordi e rubinetti da alto vuoto, allo scopo di rendere più rigoros~ la tenuta. In base a numerose determinazioni eseguite senza so­stanza si è riscontrato un valore bianco medio di !J.l l.

Si sono eseguite determinazioni su ~ostanze di diversa struttura e con· tenenti svariate percentuali di azoto. Anche qui si sono eseguite le pesat e con una bilancia Mettler UM 7. Le quantità di sostanza pesate sono per lo più situate tra mg· 0,3 - 0,6 e i voluiQi ottenuti vanno da 30 a 60 !J-1.

I risultati sono tutti situati entro il consueto limite di errore ± 0,30 %­La canna di combustione in quarzo, provvista di tubo laterale, è lun·

ga 40 cm e contiene a partire dal fondo uno strato di 60 mm di rame ridotto e un secondo strato pure di 60 mm di ossido rameico in fili. Per il riscalda­mento della canna si sono impiegati due fornetti operanti rispettivamente a 500 e 850° circa. n rubinetto vicino all'azotometro è provvisto di due tubi eli uscita : uno verso l'est erno, l'altro vers~)'azotometro e presenta due sottili incisioni nel bulbo. L'ultramicroazotometro è quelJo ideato da Gutbier e Boe­tius (') e consente di valutare 1/ 10 di !J.l.

La procedura per eseguire le analisi è stata così sviluppata.

Ogni qualvolta viene rinnovato il riempimento di ghiaccio secco nel Dewa.r, viene ac­curatamente eseguita un'analisi in bianco prima di iniziare la serie delle determinazioni. Come si è detto più avanti l'entità di questo valore è stata in questa serie di esperienze di fLl l. Il montaggio dell'apparecchio viene eseguito con la procedura seguita nel metodo micro. Va solo ricordato che è molto opportuno riscaldare 3-4 ore in corrente di C02 una canna di combustione nuova, tenendo in funzione ambedue i forni fissi.

È importante che l'azotometro sia mantenuto nella più accurata pulizia e che la solu­zione di KOH venga spesso rinnovata. Lo schiumeggiamento viene evitato con l'aggiunta di poche gocce di alcool isoamilico.

Si pesano mg 0,3-0,6 di sostanza, a seconda del contenuto in azoto. La navicella wtra­micro viene sistemata in una più grande (micro). Per introdurre la sostanza nella canna di combustione la CO, viene fatta passare in controcorrente per 5' e durante questo tempo un manicotto contenente ghiaccio secco viene mantenuto sopra la canna in corrispondenza della navicella, per evitare perdite di sostanza, causate dalia corrente calda di CO,. Com­mutando i rubinetti, si verificano se giungono microbolle nell'azotometro. In caso positivo il rubinetto viene lentamente girato fino a consentire alla co~ una velocità di una bolla

.A.nn. lsl. Sur--. Sanilà (1966) 2, 264 ·268.

26R CONVEGNO DEl MICROANALIST I

al secondo, si toglie il manicotto del ghiaccio ~ecco e si inserisce il forno mohil~ (900o) 2 cm dietro la navicella.

Si inserisce la corrente nella cella elettrolitica, reglllandone il voltaggio in modo che in 5-6 minuti vengano fatti passare 2 mi di 0 1 . Anche l'avanzamento del forno mobile viene regolato in modo che la distanza dal forno fisso venga coperta in 5- 6'.

Durante la combustione e il periodo di risciacquamento sarit opportuno controlJare ogni tanto la velocità d elle bolle, che verrà elevata alla frequenza di 20- 25 in 10 secondi verso la fine dell'analisi. Quando le microbolle compaiono nell'azotometro. ~i commuta verso l'esterno il rubinetto a tre vie e si allontana il forno mobile.

La distanza tra l'azotometro e il forno più vicino è notevole (40 cm). Inoltre i forni emanano una quantità di calore modesta causa il loro piccolo volume. Queste considera1:ioni ci hanno indotti a procedere alla lettura del volume di azoto a 5 minuti dalla fine dell e analisi , senza staccare l'azotomctro, portarlo in un luogo fresco ed attendere 15 minuti, come consigliato da Pregi (8

). Dal volumt' di azoto vanno dedotti : l f.Ll (valore in bianco) e la correzione del volume l,l % come consigliato da Pella (11).

Questo per quanto riguarda gli ossialchili e l'azoto, metodi di corrente applicazione. I metodi sono stati già pubblicati in Mikrochimica Acta, ma ho voluto riparlarne per dire soprattutto che l'uso frequente che è stato fatto di essi, li ha collaudati con..notevole sicurezza. Altre estensioni della submilligrammica penso si potranno raggiungere in futuro e a questo pro­blema mi riprometto anch'io di portare qualch e ulteriorP. contributo.

BIBLIOGRAFIA

( 1) J . UNTERZAUCilER. Mikrochim. A cta, 1957, 448. ( 2 ) A. CAMPIGLIO. Mikrochim. Acta, 1964, 114. ( 3 ) F. P RECL. Quantitative organische Mikroanalyst, neubenrbeitet von H. Roth. Sprin­

ger-Verlag, Wien, 1949, S. 216. ( 4) F . VlEBoCK & C. BRECHER. Ber. Deul. Chem. Ges., 63, 3207 (1930). ( 5 ) H . LIEB & W. ScHONICER. Handbuch d. physiol. chem. Analyse, Springer- Verlag., Ber-

lin, 1955, Bd. III. S, 298. ( 8 ) B. Bu nESINSKY & J . KORBJ,. Mikrochim. Acta, 1960, 369. (') G. GUTBIER & M. BOETIUS. Mikrochim. Acta, 1960, 636. ( 0 ) F. PREGL. Quantilative organische Mikroanalyse, neubenrbeitet von H. R oth, Spr in-

ger-Verlag, Wien 1949. S. 85. ( 11) J. UNTERZAUCHER. Chem. Ing. T ech., 22, 128 (1950) ; Mikrochem., 36/37, 706 (1961).

( 10) W. MANSER & A. EGLI. Helv. Chim. Acta, 37, 1048 (1955). ( 11) E. PEL.LA. Z. Anal. Chem., 192, 397 (1963).

.A1m. Isl . &uper. Sunità (1966) 2, 26~ ·26~.

.·•

Recenti sviluppi della microdeterminazione degli alogeni

M. MARZADRO

Reparto di Microanalisi dei Laboratori di Chimica dell'Istituto Superiore di Sanità, Roma, Italia

I metodi classici per la microdeterminazione degli alogeni che sono da anni in uso nei vari Laboratori, sono ancora sempre oggetto di studio per rendere i procedimenti più rapidi e sicuri e di più facile esecuzione, ed anche per consentire la determinazione simultanea di vari elementi e la determi­nazione di qualsiasi tipo di sostanza, anche volatile o di difficile combustione• con uno stesso apparecchio.

I micrometodi nuovi e le numerose modifiche proposte in questi ultimi cinque anni riguardano sia la determinazione del cloro, bromo e iodio, che quella del fluoro.

)IICRODETERMINAZIONE DEL CLORO, BROMO E IODIO

Le ricerche comprendono modifiche !Jia nella mineralizzazione che nella determinazione dello ione alogenico.

Mineralizzazione

La distruzione della sostanza organica con acido nitrico secondo Ca­rius o con acido cromico secondo Baubigny, come pure l'attacco con peros­sido di sodio ed etilenglicol in bomboletta secondo Wurzschmitt sono stati quasi completamente abbandonati.

Fra le modifiche recenti c ' è invece ancora qualche proposta di riduzione con polvere di magnesio (1) o con potassio metallico t2), sia in tubo chiuso (1)

che aperto (2), mentre trova sempre maggior favore la rapida e semplice combustione in bevuta secondo Schoniger (3-15), o simili (16-23) .

La combustione in canna sia in corrente di ossigeno, che in gas tonante secondo Wickbold (24) o in fiamma da un orifizio secondo Radmacher (25) viene riproposta da vari AA. (26·i3), perchè oltr e a una combustione per­fetta permette di determinare con lo stesso apparecchio oltre all'alogeno, anche il carbonio, l' idrogeno e lo zolfo.

An n. /st. Sttper. Sanitlt (1966 ) 2. 269·276 .

270 CONVEGNO DEl MICROANALISTI

Determinazi,one dello ione alogenico.

Per quel che riguarda la determinazione dello ione alogenico, v1 sono alcuni studi che riguardano modifiche della det erminazione gravimetrica secondo Safford e Stragand (44) per assorbimento de1l' alogeno su ret e d'ar­gento e determinazione dell' aumento di peso della rete. Gutbier e Rock­stroh (28) fanno la determinazione' simtiltanea dell'alogeno e del carbonio-idro­geno. inserendo un tubo di assorbimento con lana di argento riscaldata a 580°C, fra la canna di combustione secondo Vecefa ed il tubo di assorbi­mento dell' acqua.

Mitsui e coll. (29) usano granuli d 'argento, molto più attivi della lana d 'argento e Hozumi e Kinoshita (3°) rendono il metodo più preciso introdu ­cendo nella canna di combustione uno strato di ioduro d ' argento riscaldato a 225°C, per cui dal cloro o bromo si libera iodio, che viene assorbito da una rete d'argento a 450°C.

Hozumi e Miura (31) introducono n ella canna anche uno strato di BaCl2

riscaldato a 450°C per consentire anche la det erminazione dello zolfo. Più numerose son,o le ricerche riguardanti i metodi volumetrici - iodo­

metrici, argentometrici, mercurimetrici - ed elettrovolumetrici.

Metodi volumetrici. - Tra le d et erminazioni iodometriche è molto pm semplice quella proposta da Meier (32), che fa passare i gas della combu­stione su ioduro d'argento a 200°C, e determina poi lo iodio liberato secondo L eipert (45).

Una via nuova propongono invece Korbl e coll. (33) con la combustione in corrente di cloro, usata da Mitscherlich per la det erminazione dell'idrogeno e dell'ossigeno, e determinano lo iodio secondo Leipert dopo l'ossidazione a io dato del cloruro di iodio formatosi nella combustione. Il metodo per quanto rapido non è certamente pratico anche perchè richiede di lavorare sotto cappa .

Sempre per la sola determinazione dello iodio, viene proposto da Cam­piglio (34) l'uso del cromato di bario a 600°C come catalizzatore, segue poi la det erminazione secondo Leipert.

Una determinazione simultanea di cloro, bromo e iodio viene descritta da Belcher e Fildes (43) che assorbono in soluzione alcalina di bisolfito i pro­dotti della combustione eseguita in canna vuota e determinano gli alogeni su 3 aliquote. Nella Ja aliquota si det ermina lo iodio secondo I.eipert, nella 2a lo iodio più il bromo per ossidaz10ne con ipoclorito e n ella 3a la somma del cloro, bromo, iodio con ossicianuro di mercurio secondo Viebock.

Nelle det erminazioni argentometriche la titolazione viene generalmente eseguita con nitrato d'argento 0,01 N, e come indicatore viene proposta la diclorofluoresceina (5,8), l'acetato di blu di varia mina (M), l'allume ferrico (l) ed altri (1). Per quanto rigua~da la mineralizzazione, la preferenza è andata al metodo in bevuta.

A nn. / st . Super. Sanità (1966) 2, 269·276 ,

MARZADRO 271

Jenik e coll. (1) fanno l'attacco in tubo chiuso con polvere di magnesio e la titolazione viene eseguita secondo Volhard. Il procedimento è però lungo perchè richiede la filtrazione e il lavaggio del carbone con solfato di alluminio in soluzione satura per deattivare il carbone.

Giesselmann e Hagedorn (5) descrivono una det erminazione simultanea di alogeni e zolfo per combustione in bevuta e titolazione con perclorato di argen­to, indicatore diclorofluoresceina in ambiente di alcool isopropilico. Mazor, Erdey e Meisel (<!) propongono la combustione in tubo aperto e la titolazione in ambiente metilalcoolico con nitrato d 'argento 0,01 N, indicatore blu di variamina. Mazor e coli. (6) fanno la st essa titolazione in ambiente acquoso dopo combustione in bevuta. Downer (8) usa tamponi inorganici. N el 1964 Kainz e Scheidl (27) propongono la combustione in fiamma da un orifizio (Diise) secondo Radmacher : l'alogenuro di argento, precipitato con nitrato d ' argento in eccesso, deve però essere filtrato prima di determinare l'eccesso di soluzione titolata d'argento con soluzione titolata di iòduro di potassio.

In questi ultimi anni ha incontrato sempre maggiori simpatie la determi­nazione mercurimetrica con soluzione titolata di nitrato (46) o perclorato di mer­curio (47), indicatore difenilcarbazone. Le variazioni riguardano la combustione, il tipo di soluzione di assorbimento e l'ambiente nel quale si fa la titolazione.

White, P ella e Dirscherl e Coll. descrivono det erminazioni simultanee di alogeni e zolfo. White (9,10) fa la combustione in bevuta e titola con nitrato di mercurio 0,01 N in soluzione idroalcoolica, Pella (36) fa la combustione in canna e titola col perclorato di mercurio in soluzione alcoolica, mentre Dirscherl e Erne (40-48) propongono la ultramicrodeterminazione per combu­stione in canna e titolazione con perclorato in ambiente di alcool isopropilico.

L'assorbimento con soluzione alcalma di bisolfito viene riproposta da Fildes e Macdonald ( 35) e da Pella (37) . Per migliorare la combustione Pel­la (36,37) propone di bruciare la sostanza sia secondo il principio di Mareck l49)

che usando una canna a spirale (38). Pitrè e Grandi (13) descrivono una determinazione di iodio per combustione

in bevuta e titolazione con perclorato di mercurio, Cook (11) favorisce la combu­stione in bevuta per aggiunta di nitrato di sodio e titola col nitrato di mercurio.

Altre proposte riguardano l' uso di indicatori solidi (50) come una miscela di solfo, difenilcarbazone e urea, l'uso di capsule di polietilene (12) e la deter­minazione di tracce di alogeni. Così Schwab e Tolg (51) usano la ultramicro­bilancia per la pesata, ma fanno la combustione in canna di un'aliquota di una diluizione in solvente volatile. Dopo assorbimento in idrato di bario 0,01 N titolano con EDTA c ftalein-porpora.

Metodi elettrovolumetrici. - Numerose sono le ricerche riguardanti i metodi clettrovolumetrici sia previa fusione con potassio in bomboletta (52)

che dopo combustione in bevuta (4' 14, 15, l 8, 20, 21, M) o in canna (41, 42, 53).

""""'·1st. Huper. Sa11ii<Ì ( 1!!66) 2. 269 ·276 .

272 CONVEGNO DEI MICROANALISTI

Levy (53) si serve della fiamma ossidriea per una combustione migliore, Greenfield e coli. (41 ) invece bruciano in sistema chiuso e Hozumi e Mi­zuno ('2) descrivono la determinazione simultanea di alogeni e zolfo, dosando prima l'alogeno per via potenziometrica e poi lo zolfo per via eomplessome­trica.

Fcnnell e Webb (22) descrivono una determinazione colorimetrica dopo combustione in be"uta speciale di Kirsten e aggiunta di una soluzione di rosso cresolo. Kirsten (19) invece determina l 'estinzione del tiocianato di ferro dopo reazione con tiocianato di mercurio e sale ferrico.

MICRODETERMINAZIONE DEL FLUORO

La microdeterminazione del fluoro è una delle determinazioni più dif­ficili sia per la mineralizzazione della sostanza a causa della stabilità del legame carbonio-fluoro che richiede un attacco energico e spesso tempe­rature molto elevate per la rottura, che per la determinazione dello ione fluoro che è resa delicata dalla presenza di ioni estranei come alogeni, zolfo, fosforo e arsenico. Per evitare l'interferenza degli ioni estranei SI

ricorlle in passato generalmente alla distillaziont! seconrlo Willard e Winter (54).

Alla fine del 1960 Ballczo (55) ha descritto varit- possibilità di det ermi­nazione del fluoro. In questi ultimi anni sono stati fatti molti studi sulla microdeterminazione del fluoro per evitare la distillazione e rendere la deter­minazione più semplice, con le sole due fasi di mineralizzazione e determi­nazione dello ione fluoro.

M incralizzazione

Anche nel caso del fluoro la mineralizzazione può essere eseguita per combustume in tubo chiuso (56), per ossidazione in canna in corrente di ossi­geno con catalizzatore ossido di nichel (57, 58) mescolato ad ossido di ma­gnesio p er l'assorbimento sotto forma di fluoruro di magnesio, oppure in gas tonante (59) o in fiamma (60), ma sono tutti procedimenti complessi ai quali vanno preferiti, quando la natura del prodotto lo permette, le sem­plici combustioni in bevuta (61·70) dopo aggiunta di un ossidante alla sostanza per favorire una migliore combustione.

Determinazione dello tone fluoro.

Per quel che riguarda la microdeterminazione dello ione fluoro si pos­sono seguire procedimenti : gravimetrici, volumetrici e colorimetrici .

I metodi gravimetrici (71) che si basano sulla combustione della sostanza in presenza di minio a 5500C 'e la det erminazione ponderale del fluorocloruro

A111t. 1 •1. SuJ><r. /$a11ilà (1 966) 2. 269·276.

MAR7.ADRO 273

di piombo sono stati quasi completamente abbandonati perchè lunghi e

poco precisi. Una determinazione volumetrica semplicissima del fluoro è quella aci­

dimetrica descritta da Konovalov(62). I prodotti della combustione in be­vuta vengono assorbiti da una soluzione di cloruro di calcio. Si forma fluo­ruro di calcio e acido cloridrico che viene titolato con idrato sodico 0,02N, indicatore Tashiro (rosso di metile più blu di metilene).

Le modifiche proposte in questi ultimi anni riguardano però generalmente la volumetria con sali di torio (56, 59• 6!, 70) per formazione di lacche rosse del nitrato di torio con rosso di alizarina S e con sali di cerio (63, 64) con munsside secondo Brunisholz e Michod (12) o con xilenolarancio secondo Schoniger (64).

N elle determinazioni con sali di torio le variazioni proposte riguardano specialmente il modo di distruzione della sostanza organica. Martin, Floret e Dillier (59) fanno la combustione in gas tonante mentre Gel'man, Korshun e Novozhilova (57) introducono la sostanza nella canna di combustione in un tubetto contenente una miscela di NiO e MgO e riscaldano a 95QOC. Il fluoro viene poi estratto dalla miscela per piroidrolisi a l000°C. Il metodo consente la determinazione simultanea del carbonio-idrogeno e del fluoro .

Gel'man c Larina (58) fanno la determinazione simultanea di azoto e fluoro eseguendo la combustione in corrente di anidride carbonica in una canna per il Dumas e usano per l'ossidazione e l'assorbimento del fluoro la stessa miscela di NiO e MgO sopra descritta.

Kainz e Scheidl (6°) descrivono la combustione in fiamma come già si è detto per la determinazione del cloro e del bromo e titolano usando un tampone glicina-acido perclorico al posto del tampone cloroacetico. Le de­terminazioni con sale di torio sono però molto delicate per il viraggio poco netto e richiedono un'accurata costanza del pH durante la titolazione.

Fra i metodi per titolazione con sali di cerio, quella proposta da Trut­novsky (63) si basa sul m etodo di Brunisholz(12) . La combustione in bevuta, efficace anche nel caso di prodotti trifluorometilici, rende il metodo sem­plice e rapido; però il viraggio è poco netto. La determinazione con solu­zione titolata di cerio e indicatore xilenolarancio e blu di metilene, secondo Schoniger (64), è di facile esecuzione e dà un viraggio dal viola al verde netto.

Numerose sono pure le ricerche riguardanti i metodi per calorimetria e spettrojotometria, sia per decolorazione di lacche che per formazione di com­plessi stabili o per comparsa di un nuovo colore.

Levy e Debal (65) descrivono un metodo di determinazione del fluoro per combustione in fiamma ossidrica e determinazione colorimetrica basata sulla decolorazione del complesso ferri-sulfo-salicilico . Anche Martin, Floret e Dillier (59) propongono l'attacco in fiamma ossidrica ma si servono per la det erminazione colorimetrica del complesso zirconio-alizarina, già usato da Ashley (13), mentre Ferrari e coli. (66) fanno seguire alla combustione in

At~n. I st . Super. Stmif<i ( 1966) 2, 2fi9 ·27G .

274 CONVEGNO DEI MICROANALISTI

bevuta la determinazione basata sulla decolorazione del complesso zirco­nio-eriocromocianina R. Questa determinazione non viene influenzata dal pH che può variare da 7 a ll , però le letture devono essere fatte a tempe­ratura costante.

Metodi calorimetrici con .formazione di complessi stabili col cloroanilato di torio sono stati descritti da Hensley e Barney (74) e da Olson e Shaw (68).

I metodi sono però lunghi ed il secondo richiede anche la ct>ntrifugazione della soluzione.

Johnson c Leonhard (69) descrivono un metodo per combustione in bevuta e calorimetria diretta per forma:~ione di fluoro-cerio-alizarin-com­plexan, di colore blu. La determinazione non viene influen:r.ata dalla pre­senza di alogeni, zolfo o fosforo. Sulla determinazione calorimetrica del sistema lantanio-alizarin-complexan è invece basato il metodo di Frere (15}

che utilizza il metodo di Convey di microdiffusione in capsula di plastica per liberare l'acido fluoridrico.

• • •

Nel reparto di microanalisi di questo Istituto sono state impiegate in -questi ultimi anni le più importànti tecniche di mineralizzazione e di deter-minazione propo8te, all'infuori della combustione in gas tonante e di quella in fiamma, pubblicata da Kainz e Scheidl nel 1964 (60), perchè richiedono apparecchiature complesse in quarzo che non sono di facile fabbricazione.

Dopo numerose esperienze coi vari metodi, 11pesso modificati per poter essere adattati alle nostre esigenze, per il normale lavoro analitico del re­parto, abbiamo fatto le scelte qui sotto specificate.

Per la determinazione del cloro e del bromo usiamo: a} il metodo di combustione in canna di Grote e Krekeler seguita dalla determinazione argentometrica di Wagner e Biihler e b) la determinazione con perclorato di mercurio 0,005 M e indicatore difenilcarbazone in ambiente alcoolico dopQ combustione in bevuta ed assorbimento in 4 mi di acqua e 3 gocce di peridrolo.

La determinazione dello iodio viene eseguita secondo .Leipert, dopo combustione in canna o in bevuta.

Per il fluoro sono state sperimentate sia la determinazione aci~metrica secondo Konovalov che quella per volumctria con sale di cerio e muresside secondo Trutnovsky.

Tutti e due i procedimenti sono però stati abbandonati perchè, per quanto semplici e rapidi, sono delicatissimi per il viraggio poco netto.

Infine, dopo niolte prove, è stato adottato per l 'analisi di routine del fluoro il metodo in uso nel laboratorio del dottor Schoniger, per combustione in bevuta, assorbimento in soluzione titolata di cerio e titolazione dell'ec·

A 1111. Isl . Supu. Sa11ità (1966) 2. 269·276.

' ,..

MARZADRO 275

cesso di soluzione di cerio, con soluzione 0,002 N di Titriplex III in ambiente alcoolico.

È chiaro che ogni qual volta si presenti la necessità, si fa uso dell'at­tacco in Carius, o in bomboletta o per riduzione con metalli, giacchè è sem­pre necessario, anche per le determinazioni di altri elementi, potersi servire di più di un metodo, basato su principi diversi per potersi adattare alla na­tura del prodotto da analizzare.

BIBLIOGRAFfA

(l) J. ]ENlK, M. ]URE<':EK & V. P..\TEK. Collection Czech. Chem. Commun., 25, 1450 (1960). ( 2) L. MA.zon, L. ERDEY & T. MEISEL. Mikrochim. Acta, 1960, 412. (3) W. SCHONIGER. Mikrochim. Acta, 1955, 123. (

4) A . NARA & K. ITo. ]apan Analyst, 11, 454 (1962). Citato in: Anal. Abstrs., 11 , 181

(1964). (8

) G. GIESSELMANN & I. HAGEDORN. Mikrochim. Acta, 1960, 390. (

8) L. MAzon, K. M. PAPAY & P. KLA'JS. Talanta. 10, 557 (1963).

(') S . MIZUKAMJ, T. ]EKI & U. KAsUGAI. Mikrochim. Acta, 1962, 717. (8) T. M. DOWNER, Jr. Microchem. ]., 8, 365 (1964). ( 8) D. C. WHITE. Mikrochim. Acta, 1961, 449.

(10) D. C. WHITE. Mikrochim. Acta, 1962, 807. ( 11) W. A. CooK. Microchem. ]., S. 67 (1961).

(12

) J. PETRANEK & O. RYBA. Collection Czech. Chem. Commun., 29, 2847 (1964). (13) D. PITRt & M. GRANDI. Mikrochim. Acta, 1965, 193. (

1') E. C. 0LSON & A. F. KRIVIS. 1'>ficrochem. ]., 4, 181 (1960).

(18) C. E. Cu!LDS, E. E . MEYERS, .T . CHENG, E. LAFRAMBOISE & R. B. BALODIS. Micro­chem. ]., 1, 266 (1963).

(18

) R. BELCHER, P. GouvERNER & A. M. <:t, MAcDONALD. ]. Chem. Soc., 1962, 1938. (17

) Co. WANG, H. TUAN & YING CH'l . Chem. Bull. (Peking), 1962, 53. Citato in: Anal . .4b$trs., 10, 3713 (1963).

(18) W. J. KIRSTEN. Microchem. }. , 1, 34 (1963). (

11) W. J, KIRSTEN. Z. Anal. Chem., 181 , l (1961).

(20

) J . HASLAM, J. B. HAMILTON & D. C. M. SQUIRRELL. Analyst, 85, 556 (1960). (

21) D. G. NEWMAN & C. TOMLINSON. Mikrochim. Acta, 1961, 73.

(22) T. R. F. W. FENNELL & J. R. WEBB. Z. A nal. Chem., 205. 90 (1964). (23) R. BENNEWITZ. Mikrochim. Acta, 1960, 54. (H) R. WICKBOLD. Angew. Chem., 64, 133 (1952). (Z&) W. RADMACHER & A. HOVEIIATH. Z. Anal. Chem., 181, 77 (1961). ( 28) F. E nRENBERGER. Mikrochim. Acta, 1961 , 590. ( 27) G. KAINZ & F . ScHEIDL. Mikrochim. Acta, 1964, 998. ( 28) G . GuTBIER & G. RocKsTnou. Mikrochim. Acta, 1962, 686. ( 21) T. MITSUI, O. YAMAMOTO & K. YoSHJKAVA. Mikrochim. Acta, 1961 , 521. (30

) K. HoZUMI & S . KINOSHITA. ]apan Analyst, 11 , ll3 (1962). Citat o in: A nal. Abstrs., 11, 182 (1964).

(31) K. HOZl.!MI & H. MIURA. Japan Analyst, 11 , 640 (1962). Citato in : Anal. Abstrs., 11 , 182 (1964).

(32) E . MEIER. Mikrochim. Acta, 1960, 204.

An11 . fs/ . S~tper. Sanità (1966) 2 , 269·276 .

276 CONVEGI\"0 DEl MICROAI\"ALISTI

(33) J. KoRBL, D. MANSFELDOVA & E. VAI\"JCKOVA. Mikrochim. Acta, 1961, 920. (34) A. CAMPIGLIO. Farmaco, t9, 1033 (1964). ( 36) J. E. Fn.DES & A. M. G. MACDOI\"ALD. Anal. Chim. Acta, 24, 121 (1961). (30) E. PELLA. M ikrochim. Acta, t96t , 472. (37) E. PELLA. Mikrochim. Acta, t96t , 916. (38) E. PELLA. M ikrochim. Acta, t965, 369. ( 88) A . D IRSCBERL & F. E RNE. Mikrochim. Acta, t96t , 866. (40) A. DIRSCHERL & F. ERNE. Mikrochim. Acta , 1961, 242. ( 41 ) S. G REENFIELD, R. A. D. SMITH & l. L. JONES. Mikrochim. Acta, t96t , 420. ( 42) K. HozuMJ & K. M IZUNO. ]apan Analyst, t O, 383 (1961). Citato in: Anal. Abstrs., t O,

2323 (1963). (43) R. BELCHER & J . E. F JLDES. A nal. Chim. Acta, 25, 34 (1961). (") H . W. SAFFORD & G. L. STRAGAND. Anal. Chem. , 21, 520 (1961). (46) T h . LEIPERT. Mikrochem. Pregl-Festschrift, t929, 266. (48) F. W. CHENG. Microchem. ] . , l , 537 (1959). (47) N. V. SoKOLOVA, V. A. 0RESTOVA & N. A. NlKOLAYEVA. Z. A nal. K himii, t4, 472 (1959). (48) A. DIRSCHERL & F. E RNE. Mikrochim. Acta, t96t, 402. ( 4&) I. MARECK. ]. Prakt. Chem., t9tt , 713; Bull. Soc. Chim. France, 43, 911 (1928). (60) J. M. CORLISS & J . B. M ILLER. Microchem. ]., 1 , 5 (1963). ( 61) G. SCHWAB & G . TOLG. Z. Anal. Chem. , 205, 29 (1964). ( 62) V. A. KLIMOVA & M. D. V ITALINA. Z. Anal. Khimii, t5, 339 (1960). (63) L. LEVY. Proc. l ntern. Symp. M icrochem. Birmingham Univ. , ll2 (1958). (~) H. H . W I LLARD & D. B. WINTER. ~lnd. Eng. Chem. Anal. Ed., 5, 7 (1933). (

66) H. BALLCZO. ?· A nal. Chem. , t8t , 110 (1961).

( 66) A. A. ABRAMYAN & R. S . SARKISYAN. I ::v. Akad. Nauk. Arm. SSR Ser. Khim. Nauk , t5, 127 (1962). Citat o in : Anal. Abstrs., 9, 5236 (1962).

(57) N. E. GEL'MAN, M. O. KORSHUN & K. I. NovozmLOVA. Z. Anal. Khimii, t5, 222 (1960). ( 68) N. E. GEL'MAN & N. I. LARINA. ]. Anal. Chem. USSR, t8, 950 (1963). (6') F. MARTIN, A. F LORET & M. Dn.LJER. B ull. Soc. Chim. France, t96t , 460. ( 60) G . KAtNZ & F. ScnElDL. Mikrochim. Acta, t964, 998. (61 ) A. J, LEBEDEVA, N. A. N l KOLAEVA & V. A. 0RESTOVA. Z. Anal.K himii, t6, 469 (1961). (12) A. KONOVALOV. l nd. Chim. Beige, 26, 1257 (1961). (63) H. T RUTNOVSKY. Mikrochim . Acta, t96l, 499. (64) W. ScHONJGER. ( in corso di pubblicazione).

(66) R. L EVY & E. DEBAL. Mikrochim . Acta, t962, 224. E. DEBAL. Chim. Anal. 45, 66 (1963). (66) H. J . FERRARI, F. C. GERONIMO & L. M. BRANCONE. Microchem. }., 5, 617 (1961). (67) AL. STEYERMARK, R. R EED KAuP, D. A. PETRAS & E. A. BASS. Microchem. ]., l ,

523 (1959). ( 68) E. C. OLSON & S . R. S n Aw. M icrochem. }. , 5, 101 (1961). (89) C. A . Joul'"SON & M . A. LEONARD. Analyst, 86, 101 (1961). (1°) A. M. G . MAcDOI\"ALD. Analyst, 86, 3 (1961). (11) L . MAzoR . Mikrochim. Acta, t957, 113. (12) G. BRUNISBOLZ & J . l\1Icuoo. Helv. Chim. Acta, 17, 598 (1954). (13) R. P. AsBLEY. Anal. Chem., 12, 834 (1960). ( 74) A. HENSLEY & J. E . BARNEY. Anal. Chem., 12, 828 (1960). (16) F. J , FdRE. Anal. Chem., 31, 644 (1961).

A nn. I s i. S upel'. Sanitl! (1966) 2, 269·276.