De maio medaglioni 1

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Greci-Katundi, Civitas memoranda, vol. 1 D. Giovanni De Maio, nel centenario della Morte. L'Inno alla Trinità

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DON GIOVANNI DE MAIOPOETA E PATRIOTA DIMENTICATO Greci-Katundi, piccola comunit di origini albanesi, unisola linguistica albanese di grande interesse antropologico, insieme alle comunit franco-provenzali di Faeto e Celle S. Vito (Foggia), situata sullappennino Dauno-Irpino, un sito da visitare per la particolare bellezza paesaggistica e per le proposte culturali. Greci, si sempre distinta per limpegno socio-culturale, torna spesso allattenzione dei turisti e studiosi per il suo importante patrimonio arbreshe, unico in Campania. Da anni si cerca di valorizzarla con studi e mostre documentarie. In ordine di tempo la mostra organizzata dallo scrivente dal 14 al 25 agosto 2000 dal titolo: GRECI KATUNDI: I PERCORSI DELLA MEMORIA ha offerto un percorso storico-documentario sulle origini e sviluppo di Greci; intendendo nel contempo di valorizzare uomini illustri come D. Giovanni di Maio, di cui ripubblica i cenni biografici e la prolusione del prof. Michele Di Minno in allegato.La mostra stata arricchita dalla personale dellartista grecese Concetta Lauda sul tema della fiabe popolari arbreshe; la mostra stata inaugurata dalla signora centenaria di Greci. Vi stata la partecipazione dellartista Antonio Gliatta che ha letto la lirica: Inno alla Triade del De Maio.

Don Giovanni DE MAIOA cura di Giovanni Orsogna

Don Giovanni De Maio stata una personalit dal forte carattere per la passione politica e civile, sacerdote impegnato nella pastorale, dalla solida formazione culturale, ha influito notevolmente nella cultura locale di fine secolo, con interessanti contributi nel campo politico, culturale per il riscatto delle plebi del Mezzogiorno.Il fortunato ritrovamento di alcune sue opere, confermano la mia idea, sostenuta per il passato, di trovarsi di fronte a un personaggio che ha fatto della sua vita un dono ed un impegno di spessore civile.Le ricerche da me condotte hanno salvato dalloblo solo alcune sue opere, purtroppo sono andate perdute altre opere, compreso il suo fitto epistolario con personalit del calibro del Maestro Giuseppe Verdi, di Pasquale Stanislao Mancini ed altri.Le liriche Lombra di Giuseppe Giusti agli Italiani . Romanza delle Puglie, Ariano, 1882 e lLInno alla Triade, Ariano, 1883, oggetto dellodierno incontro, del quale il Prof. Michele di Minno ne illustrer con competenzaagli uditori. Questultima lirica fu inviato al maestro Giuseppe Verdi, con lettera aperta per chiedere di metterlo in musica, si tratta di un inno-colloquio tra la sua anima e Dio.D. Giovanni de Maio dei duchi di S. Pietro dei marchesi di Durazzo, nato a Greci il giorno 8-3-1854 da D. Carlo e D. Teresa Norcia, ha chiuso la sua esistenza il 12-9-1905.1Atto di Battesimo di D. Giovanni De Maio (1824-1905): Add 9 marzo 1824 Don Francesco Maria Lauda economo della chiesa Arcipretale del comune di Greci ha battezzato un infante nato ieri alle ore 7 della notte dal sig. Carlo Maio e Teresa Norcia coniugi di detto Comune, al quale si posto nome Giovanni Pasquale. La comare Maddalena Garzillo del fu Tommaso, levatrice. In fede. Giacopo Arciprete Lusi. Archivio Parr.le di Greci, registro di battesimi, anno 1824.Nel cimitero di Greci ancora visibile la tomba del Di Maio con la celebre distico dettato da Pasquale Stanislao Mancini, legato fraternamente alla famiglia De Maio, dove fa espresso riferimento allInno alla Triade:

GIOVANNI DE MAIOPENSATORE E PATRIOTA INSIGNEMORTO A GRECI IL XII SETTEMBRE 1905ALLETA DI 82 ANNIALLUNO E TRINOFORTI INNEGGIASTIO PRODE DELLE LOTTECAMPION NON DOMOMANCINI.

Educato in famiglia gi conosciuta per le forti idee liberali, insieme al padre Carlo, sub le note persecuzioni, per i fatti politici del 1848, subendo la condanna capitale, poi commutata in carcere. Lo stemma di famiglia portava il seguente motto: Libert vo cercando. Suoi fratelli erano larciprete D. Michele de Maio 2D. Michele De Maio, arciprete di Greci scrisse lopuscolo: Novena in onore di Maria SS.ma del Caroseno per D. Michele De Maio preceduta da un cenno storico sopra Greci, del Cav. Lauda Luigi, Napoli, 1865, opera rara e introvabile

, Don Giacinto,personaggi che hanno dato un notevole contributo per la causa dellItalia unita.Don Giovanni lo troviamo nel 1848 tra i fautori delloccupazione delle terre del duca di Bovino; la sorella Vittoria capeggi anche le donne grecesi, nel 1864, nella rivolta popolare per linnalzamento dellalbero della repubblica, contro il governo sabauda, subendone il processo e poi assolta.Il De Maio non ancora sacerdote, verr consacrato solo a tarda et, nel 1860 fece parte del governo provvisorio di Ariano, firmandone i decreti in qualit di segretario.Giovanni De Maio si reso ispiratore dellAccademia o Societ Filosofico-Cristina 3La Riflessione monito mensile ufficiale dellAccademia Filosofico-Cristina Scuola di riflessione sui fatti proprii, diretto dal cav. Fedele Vito Antonio La Penna, Roseto Valfortore, 1877. A. I. num. programma. Lo stesso La Penna ha lasciato scritto una biografia di D. Giovanni De Maio,opera introvabile.

, fondata il 20.8.1867, elevando a scuola di pensiero il sistema della riflessione dei fatti propri, convinto che la lingua pelasgica (albanese) fosse la lingua madre, di cui come afferma tutte le lingue sono figlie. Il sistema si poggiava in un sorta di connubio delle filosofie di Socrate, Pitagora con Vangelo di Cristo. Il programma prevedeva: a- emancipare luomo dallignoranza; b- migliorare la condizione degli operai e delle donne; c- aspirare alla piena emancipazione delle donna; e- risolvere il difficile problema dellunificazione delle lingue, preferendo la lingua pelasgico-indoeuropea.Nella citata Accademia figurava tra i fondatori Vito Antonio La Penna di Roseto Valfortore, lo stesso de Maio, gran maestro, il deputato Salvatore Morelli, il conterraneo Abate Luigi Lauda, consigliere e fungeva da segretario Nicola Norcia di Greci.Nel concludere questi pochi cenni biografici riporto lo stralcio di una lettera di P. S. Mancini, inviata al nostro poeta il 17-7-1863 4Conforti Gerardo, Per la morte di Giovanni Di Maio, Ariano,1905, tip. Tricolle e Riccio, 11 pp.. Il Conforti riporta integralmente la lettera del Mancini, credendo cosa utile per i lettori di Vicum cos la trascrivo:Torino , 17 Luglio 1863Egregio De Maio,
Marted avr luogo il gran processo del Diritto querelato da Napoleone III. Io sar il difensore del Giornale, insieme col deputato Crispi. Lessi con attenzione e con vero rammarico, la vostra lettera, la quale concerneva una luttuosa dipintura delle condizioni di codeste nostre provincie, e richiamava inoltre la mia considerazione sullingiusto abbandono, in cui il governo nazionale lasci voi e la famiglia vostra.Sul primo punto io non posso dirvi altro, se non che pochi sono al pari di me convinti che il novello Governo non ha saputo, ed ancor lontano dal cominciare a conquistare dalle popolazioni del mezzogiorno simpatia e riconoscenza. Molte sono le cause; prime fra tutte la debolezza della Camera, la quale non sa imporre ai ministri una linea di condotta politicamente abile a procacciare al governo Italiano il favore delle masse, e la potente autorit morale, di cui avrebbe bisogno. Io non accuso i miei colleghi: forse essi sono nel vero, ed io nellerrore. Ma non posso pensare che col mio cervello; ed in tutte le occasioni nella Camera,per quanto una voce isolata non pu cambiare le opinioni,n modificare una situazione, non ho mancato di elevarmi contro gli errori governativi, e dimpedire dei nuovi. Profitto della venuta del porgitore, da voi raccomandatomi, e vi mando i miei ultimi discorsi contro la Legge riguardante le imposte sulla ricchezza Mobile, quello sulla Polonia, ed altri; essi vi attesteranno che il deputato del collegio di Ariano tra i pochi fedeli schiettamente ai principi di libert, vergine di servi encomi di qualunque dipendenza; e son certo che questi sentimenti non mi abbandoneranno giammai.Verr dopo il 1 di agosto a passare un mese in Napoli: col spero di vedervi; parleremo pi a lungo dello stato del nostro paese e dei rimedi possibili.Quanto alla vostra famiglia, benemerita della causa liberale e nazionale, essa uno degli esempi viventi dellingiustizia di coloro che reggono il paese. Se io fossi rimasto nellamministrazione della Cassa Ecclesiastica, il vostro posto era gi designato; e son sicuro che pel vostro ingegno e per le vostre patriottiche virt, avreste fatto onore alla mia nomina. Ma quando vidi gli affari prendere un cattivo indirizzo, fui felice di ritirarmi alla vita privata: feci lo stesso dal Ministero Rattazzi, appena mi parve vederlo incamminarsi sul lubrico calle che lo condusse alla funesta calamit di Aspromonte; ed alieno da qualunque ambiziosa lusinga, mi vedrete far sempre altrettanto nella vita, sempre che in pubblici uffizi mi accorger di non poter fare il bene.Ora per sono interamente a vostra disposizione, per usare della poca mia influenza, acci non siate voi e lottimo padre vostro cos bruttamente dimenticati. Venite a trovarmi in Napoli; e ci concerteremo:e prendo impegno di fare tutto quello che possa nei miei mezzi per giovare voi ed alla vostra famiglia. Io sento lobbligo, come patriota, e come amico. Riusciremo a qualche cosa? Almeno noiesauriremo ogni tentativo e non avremo rimorsi.Scrivetemi pure, e parlatemi dello stato del nostro Circondario.Anche quando io non abbia assolutamente tempo per rispondere, ricevo per con piacere lettere savie come le vostre. Stringete per me la mano del vostro padre venerando, e credetemi di cuoreVostro Affezionatissimo amicoP. S. Mancini

:Quanto alla vostra famiglia benemerita della causa liberale e nazionale essa uno degli esempi viventi dellingiustizia di coloro che reggono il paese (). Scrivetemi pure, e parlatemi dello stato del nostro Circondario. Anche quando io non abbia assolutamente tempo per rispondere ricevo sempre con piacere lettere savie e imparzialmente liberali come le vostre. Stringete per me la mano al vostro padre venerando di cuore.D. Gerardo Conforti, pubblicando nel 1905 il necrologio: Per la morte di Giovanni De Maio, ricordava i versi di un poeta albanese che rivolgeva alla gente albanese per la morte di un giovane eroe:E Kianni burra, e Kiani ghiddema lotesa nerrat dieli ce na beie drite.Trad. Piangete o uomini, piangete tutti con calde lacrime ()

Il Conforti cos descrive il nostro poeta:Dalla fronte ampia e maestosa dalla chioma che inanellata gli scendeva sugli omeri, e che dava a lui limmagine di un cavaliere di epoche lontane; dalla statura aitante e signorilmente flessuosa, che imponeva a tutti unaffettuosa devozione, Giovanni De Maio portava, richiuso nel suo spirito, quanto di sapere, quanto di entusiasmo possa contenere un essere umano.Fino allultimo lott il De Maio contro lingiustizia, per laffermazione dei valori cristiani e sostituire la sapienza allignoranza.Una semplice tomba ricorda luomo e il sacerdote,ora le sue poesie sono tramandate, resta la nostra gratitudine ed un cristiano ricordo.

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Scheda bibliografica opere di D. Giovanni De Maio

Lombra di Giuseppe Giusti aglItaliani. Romanza delle Puglie.Giusti dal suo sepolcro, Ariano, 1882, Tip. Educatrice, 13 pp.;

Lombra di Giuseppe Giusti aglItaliani. Romanza delle Puglie.Giusti dal suo sepolcro, Ariano, 1882, tip. Educatrice, 16 pp.; IV ed..

Inno alla Triade, Ariano, 1888, tip. della Societ per Costruzioni ed Industrie, 28 pp.

Lettera a Leone XIII Pontefice Massimo, Ariano, 1882, tip. Educatrice, 13 pp.;

Lettera a Giuseppe Verdi genio vivente dellarmonia moderna, Ariano,1883,Tip. Educatrice Greci, 10.3.1883;

Gli analfabeti sulla riforma della legge elettorale, abolizione dei censi IN LA RIFLESSIONE , o. c., A. I. n. 2 marzo 1878, 41 pp. e segg.;

Riforma degli studi, saggio, s.a., l.t., 1878, opera introvabile.

Opuscolo doccasione, Napoli, 1871. raro.

Lunione dei due mari ossia la nuova strada dalla Calabria al Contado delle Puglie, Ariano, 1874. opera introvabile.

Giovanni Orsogna

L'Inno alla Triadedi Giovanni De Maio

Per mezzo di un caro amico, fortunato ricercatore di opere e di documenti dei passato, meritevoli per la loro particolare importanza di entrare nel circuito culturale della nostra storia letteraria e civile, ho avuto occasione di conoscere l'Inno alla Triade composto nel 1888 da Giovanni De Maio, sacerdote e patriota grecese, vissuto nel secolo scorso (1824 -1905).Nei primi anni della mia giovinezza, parlo degli anni trenta dei secolo XX, sentivo spesso parlare di lui, perch alcune persone che lo avevano conosciuto, ancora affascinati dalla sua grande figura, lo ricordavano come un profondo cultore delle lingue classiche e come un uomo il quale, a somiglianza del Leopardi a Recanati, mal sopportava di vivere "intra una gente zotica e vil, cui nomi strani spesso argomento di riso e di trastullo sono dottrina e saper".

Altre persone invece, confermando la verit delle parole di Cristo "Nemo propheta in patria, lo ricordavano soltanto per le sue reazioni, spesso energiche, al mondo primitivo che lo circondava, reazioni che la malevola tradizione orale paesana, non scevra forse d'invidia, aveva lentamente e aneddoticamente ingrandito, allo scopo di consegnare alla mia e alle generazioni future unimmagine falsa di lui. Noi oggi per siamo in grado di smentire i suoi detrattori e di affermare con certezza che il De Maio fu stimato ed onorato dal mondo intellettuale e politico del suo tempo, per il suo robusto ingegno, per la sua forte personalit e soprattutto per la sua vasta e solida cultura. Alla sua morte, infatti, Pasquale Stanislao Mancini, che con lui aveva diviso il vivace fervore della lotta politica, volle dettare in suo onore l'iscrizione che riportata sulla stele la quale indica la sua tomba nel cimitero di Greci: All'Uno e Trino forte inneggiasti o dell'Arcano Pensier campion non domo".Le parole di questa epigrafe ricordano e nel ricordo esaltano l'Inno alla Triade gi menzionato, unico documento in nostro possesso dell'attivit letteraria del De Maio. Ma questa attivit deve essere stata molto ricca e molto ammirata, dal momento che gli aveva procurato una notoriet che andava ben oltre i confini dei suo paese nato, nel quale le vicende della vita lo avevano costretto a vivere e a lottare per i suoi ideali politici. Alla attendibilit di questa ipotesi porta il suo contributo anche l'Inno suddetto, perch dal suo tessuto tematico ed espositivo emergono delle doti che debbono essere considerate come frutto di faticose conquiste, di precedenti esperienze artistiche e stilistiche.Tra le qualit del suo linguaggio, infatti, quella che desta maggiore ammirazione la disinvolta ma elegante semplicit espressiva la quale, come si sa, un punto non di partenza ma di arrivo.Con l'Inno alla Triade l'autore voleva illustrare, celebrare e proporre un'altra soluzione al grande mistero dell'unit e della trinit di Dio.Ma questo mistero, cos contraddittorio nella sua enunciazione, poteva trovare sul piano razionale una soluzione logica, capace cio di dissolvere e di fugare le difficolt che incontra la mente umana ad ammettere la contemporanea presenza dellunit e della trinit nell' essenza d Dio? La prassi filosofica e teologica del pensiero cristiano ha risposto di s a questa domanda. Secondo la dottrina della Chiesa, infatti, il mistero una verit superiore ma non contraria alla ragione. E se il mistero trinitario una verit, esso non pu considerarsi estraneo all'attivit di ricerca dei nostri intelletti, preordinati a trovare il suo ultimo equilibrio soltanto a contatto con l'affermazione dei suoi inderogabili principi, che sono la misura del reale.Ma forse opportuno qui premettere un breve cenno storico sull'itinerario percorso da questa soprannaturale verit di fede nella storia della Chiesa. Il mistero trinitario, accennato pi volte nei vari episodi dei Vangelo, ha avuto la sua esplicita rivelazione nelle parole di Ges (Matteo 28,19): "Andate adunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.". Da queste parole si desume che la missione salvifica di Cristo era stata progettata dall'unanime volont delle tre Persone, il cui apporto nel momento della sua attuazione aveva attivato l'attributo specifico che le diversificava e le univa armonicamente nel nodo dell'unit. E se nel Vecchio Testamento non si fa chiara intenzione dell'intima essenza di Dio, la ragione risiede forse in questa semplice considerazione: il progetto della redenzione dell'umanit, sul quale si concentra l'attenzione di tutta la dottrina dei Nuovo Testamento, molto pi grande e pi importante della creazione del cosmo e delle sue naturali implicazioni, che rappresentano i presupposti necessari del grande disegno salvifico di Dio. La rivelazione suddetta fatta da Cristo non ha per il carattere di una sterile informazione sull'intima essenza di Dio; essa sottintende un nuovo comandamento fatto all'umanit intera, perch tutte le espressioni del culto di latria, pur rimanendo intatte nel solco della tradizione, si arricchissero e si adeguassero a questa verit rivelata e fossero quindi articolate e personalizzate, dal momento che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo erano protagonisti unitari in ugual misura nel mistero della redenzione dell'uomo. La Chiesa, interprete del volere di Dio, ha rispettato questo comandamento e lo ha attuato sia nel sacrificio eucaristico, nel quale il Figlio - Dio, si offre vittima al Padre - Dio, sia in tutte le altre forme collettive ed individuali di culto, come avviene, per esempio, nella dossologia maggiore e in quella minore.

Nei primi anni del cristianesimo e fino a sant'Agostino, questo mistero fu accolto senza significativi tentativi di sottoporlo all'approvazione della ragione umana. Ma quando apparvero le prime eresie (Ario), si deline subito anche la necessit di affrontare un cos difficile problema sul piano razionale. Col passare dei secoli varie scuole filosofiche e teologiche ipotizzarono che la generazione del Verbo, alla quale fa esplicito riferimento il simbolo Niceno - Costantinopolitano, si fosse attuata nella mente di Dio, puro spirito, la cui primaria attivit certamente il pensiero. La tesi assunse in seguito maggiore forza e suscit i pi ampi consensi quando pensatori e teologi, a sostegno di essa, utilizzarono alcune osservazioni presenti nella Summa contro gentiles e nella Summa Theologiae di San Tommaso.Questa intuizione, forse la pi alta che sia stata conseguita dalla speculazione religiosa, non aveva per con s l'impronta della certezza e non fu mai accolta o concepita come una soluzione definitiva del mistero trinitario. Essa tuttavia incominci ad esercitare nelle menti dei pensatori cattolici il fascino della grande impresa, come quello che spinge gli scalatori a tentare di raggiungere e di conoscere le vette altissime ed inviolate della terra. L'Inno in questi versi, che ricordano vagamente i primi versi del decimo canto del Paradiso dantesco, il poeta sfiora soltanto metodologicamente l'impostazione dantesca di cui era a conoscenza e di cui parleremo tra poco, perch piega subito il suo ragionamento in direzione di una voluta, maggiore intelligibilit popolare del mistero; e quest'impostazione, per cos dire didascalica, determina un indebolimento dell'affiato poetico.

Alla Triade del De Maio, composto pi di un secolo fa, una prova lampante di quanto abbiamo affermato. L'argomento prescelto dall'Autore molto alto, molto arduo e manifesta nella prima parte risvolti quasi illimitati, che coinvolgono la storia della Chiesa, i Concili, i dogmi e le principali verit di fede. Bisogna aggiungere che quasi impossibile tentare un'analisi delle singole strofe e, qualche volta, dei singoli versi, senza affrontare questioni filosofiche e teologiche. Le osservazioni che faremo noi, quindi, saranno solo di ordine artistico, unica via di uscita per un critico che non possiede le cognizioni per cos dire professionali dei De Maio sugli argomenti dottrinali presenti nell'Inno, in questo componimento, scritto in quinari accoppiati secondo lo schema aa - bb - e, il tono poetico sostenuto da una reale tensione spirituale, di natura pi mistica che lirica, perch si risolve nell'esaltazione di tutti gli attributi dogmatici che la fede cristiana riconosce alle singole Persone della SS. Trinit. La rassegna di tali attributi e la loro successione espositiva, che sembrano fatte a caso, sono invece finalizzate a ci che il poeta si proposto di dire nella quinta strofa, nella quale affronta direttamente il problema dell'essenza di Dio:

Il Primo Padre, che vede ed ama

Genera il Verbo, Figlio lo chiama:

Figlio il Secondo, che il Padre vede:Spirito l'Altro, che almo procedeCome alma fiamma dal loro Amor.

In questi versi, che ricordano vagamente i primi versi del decimo canto del Paradiso dantesco, il poeta sfiora soltanto metodologicamente limpostazione dantesca di cui era a conoscenza e di cui parleremo tra poco, perch piega subito il suo ragionamento in direzione di una voluta, maggiore intelligibilit popolare del mistero; e questimpostazione, per cos dire didascalica, determina un indebolimento dellafflato poetico.Il ragionamento dei De Maio non ha per sul piano razionale la chiarezza e la profondit dell'intuizione chiusa da Dante in una sintesi serrata di precisi concetti dialettici, nell'ultimo canto del Paradiso, con la celebre terzina:

o luce etterna che sola in te sidi

sola t'intendi, e da te intelletta

e intendente, te ami ed arridi.

Il presupposto dal quale discende il successivo discorso dantesco rappresentato dalla considerazione che la precipua attivit di Dio puro spirito, come gi abbiamo accennato, pensiero.

Da questa premessa discende la dimostrazione esplicativa del mistero trinitario: Dio pensante il Padre; Dio pensato il Figlio o Verbo; Lamore che procede dal Padre e dal Figlio lo Spirito Santo. Questa soluzione del mistero trinitario, che segna forse la pi alta concordanza della limitata ragione umana con l'infinita Ragione divina e che alle persone prevenute pu sembrare alquanto sofisticata, trova la sua conferma nelle parole del Prologo dei Vangelo di Giovanni: "In principio erat Verbum (pensiero-parola), et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum".

Con la composizione dell'Inno, l'autore era convinto di aver portato a termine la pi importante opera della sua attivit artistica. Per questo motivo egli scrive una lettera a Giuseppe Verdi, per pregare illustre Maestro di mettere in musica L'Inno alla Triade". Per esprimere poi la sua soddisfazione per lopera compiuta e indicare la radice mistica della sua ispirazione, nella stessa lettera l'autore afferma: "Va da pi giorni, per la bocca di tutti un Inno alla Triade, che tra poco far il giro dei mondo, composto "nella quiete della notte tra due testimoni: la sua anima e Dio.Sul piano Strutturale per il componimento lirico non appare unitario; corre infatti, un evidente divario tra la prima parte, (strofe 1 - 10) e la seconda (strofe 11-24), sia dal lato artistico, sia dal lato contenutistico. La caduta della tensione mistica, lirica e l'inatteso cambiamento del materiale poetico, di livello inferiore rispetto a quello della prima parte, determinano una differenza che preclude la possibilit di considerare la seconda parte come una logica e naturale prosecuzione della prima. E questo divario non pu ritenersi sanato dai due lontani versi della quattordicesima strofa, di natura chiaramente occasionale: Ma Italia nega e pi non crede,la Triade, i Dogmi, e l'antica Fede.Questa seconda parte riflette evidentemente il particolare momento storico della Chiesa, determinato dalla perdita del potere temporale. Le grandi polemiche che precedettero questo evento e che continuarono anche dopo con la celebrazione dell'esito fortunato dell'impresa, favorito anche da circostanze storiche europee, generarono una crisi nel campo religioso, la quale aliment e accese maggiormente l'anticlericalismo, sempre presente in Italia dalla Rivoluzione Francese. Per questo stato di cose, il De Maio lamenta l'allontanamento del popolo dalla religione degli avi, ironizza sulle contraddizioni degli avversari della fede e deplora il cattivo stato di conservazione del patrimonio religioso, morale e civile, di cui la Chiesa nei secoli era stata promotrice, custode e garante. Il chiaro intendimento polemico presente in questa sezione dell'Inno ci autorizza per a credere che il poeta abbia voluto confutare le ricorrenti accuse di pesanti responsabilit storiche, di ottuso conservatorismo, di secolare oscurantismo che il pensiero laico rivolgeva al Cristianesimo e alle sue strutture politiche e religiose. Ma un preciso accenno a Satana, presente nella preghiera finale dell'Inno, ci fa credere che questa parte sia anche una risposta all'inno "A Satana" che il Carducci aveva composto nel 1863, aveva pubblicato alcuni anni dopo con i "Giambi e gli epodi" e ripubblicato nel 1882 con la loro ultima edizione. E' appena il caso di rilevare a favore dell'ultima ipotesi, che questa data molto vicina al 1888, anno della composizione dell'Inno alla Triade dei De Maio. Indipendentemente dalle osservazioni di varia natura fatte fin qui, in omaggio alla verit, osservazioni del resto soggettive non definitive e sempre contestabili, concludendo si pu affermare, senza ombra di dubbio, che con questo Inno, pregevole nel suo genere, anche per il taglio moderno messo in rilievo dalla polemica politica, Giovanni De Maio pu a buon diritto far parte della grande e gloriosa schiera degli innografi che hanno illustrato la fede, la storia della Chiesa e della cultura. Greci, 22 agosto 2000

Michele Di Minno

AG I U S E P P E V E R D I

GENIO VIVENTE DELL' ARMONIA MODERNA________________________Il vro Ingegno a detta: di Tllio undono di Dio. Multos et nostra Civitas etGraecia ~tulit sigulares viros: quorumNeminem, nisi juvante, talem fuisseCredendum estARIANOTIPOGRAPIA EDUCATRICE1883

LETTERAAGIUSEPPE VERDIALL ILLUSTRE MAESTRO VERDI

Qui nella terra del Napoletano dove ardono i cuori degli uomini come ardono le viscere di lei, va da pi giorni per le bocche di tutti un Inno alla Triade, che tra poco far forse il giro del mondo. E il potente grido d'Italia espresso dal labbro di uno sconosciuto che vive solitario come un romito nel deserto.Quest'Inno venne da lui concepito poco fa nella quiete solenne della notte tra due testimoni - la sua anima e Dio - , qui in un angolo rimoto delle Puglie che guarda da lontano il bel cielo di Oriente,da cui spunta il mattino il nuovo sole quasi messaggiero delle sue sacre regioni che in muto linguaggio salata col suo sorriso I' Italia.Esso dunque un Inno ispirato che rivela sensibilmente il Verbo di Dio.Onde il sottoscritto - interpetre dei latenti desideri di questa sacra terra di fuoco, ardente quasi come l' antico Oreb di Asia, prega l'Illustre Maestro Verdi che il genio vivente dell'armonia moderna, di mettere inmusica l'Inno alla Triade in omaggio della verit; qffin di dare al suo ideale coi dettati dell'arte divina una nuova incarnazione palpitante di vita e di affetto. Il musico - con la segreta scintilla che lo invade d l'anima al poeta, e rende vivo il suo genio. Il genio del poeta compenetrato per opera,sua da un arcano entusiasmo e tocco dal fuoco sacro della musica, con nuovo accento agita, muove, concita, infiamma, rapisce i cuori di.E perch, dunque l'Inno alla Triade non dovrebbe oggi avere la fortuna di rapire i cuori di tutti, per opera di Verdi che il genio sovrano nella musica? Perch l'Italia non dovrebbe oggi avere nel proprio idioma una nuova -musica sacra, -di indole tutta popolare; - la quale, fosse il vero grido della sua anima ed esprimesse il vero gemito del suo cuore?Con la celeste armonia del canto meglio s'ispira la coscienza del popolo; e si ravviva in essa nel pieno suo splendore il lume che le fu dato da Dio a bene ed a malizia. Senza l'aiuto del canto la coscienza del popolo non coglie mai nella sua integrit e n vede mai in tutta la sua lucentezza l'idea segreta contenuta nei versi.Perci nell'antico Oriente,che fu il sacro depositario del vero rivelato, le divine ispirazioni dei Profeti si comunicavano sempre al popolo per mezzo del, del suono e del canto. E cos lArpa del Libano divenne presso i popoli storica e tradizionale. Per cui poco dopo anco nel mondo Greco e nel mondo Romano furono sempre riputati come due potenti ausiliari dell'idea i versi e il canto.Musica poesia, fanno i miracoli nell'arte. Musica e poesia sono due forme delicatissime che rivelano al vivo a chi intelletto e amore la collera o il sorriso dell'Eterno. Ecco perch il grande Oratore di Arpino dice che niente cos naturale allo spirito nostro, quanto i versi e il canto - nihil tam cognatiim mentibus nostis, quam numeri atque voces. Ecco prch il melliffluo cantore di Solmona, suo compatriota dice che il poet sente nell' animo il.fuoco sacro di Dio che lo agita e lo infiamma: Est Deus in nobis : agitante calescimus illo. Ecco per ch il gran legislatore Licurgo rifece l'animo di Sparta e diede al mondo gli eroi delle Termopili coi canti di Omero, detto da Plinio - Primis doctrinarum parens.Ma Licurgo per fu sotto una nuova forma la seconda figura di Davide; il quale assai prima di lui aveva coi divini suoi canti rifatto lo spirito del popolo Eletto, e lo aveva preparato alla futura redenzione dell' umanit che doveva essere compiuta un giorno sul Golgota dal Figlio dell' Uomo col sublime sacrificio di se stesso. Di quel Davide che per bocca del fiero Astigiano chiamava il re Saul una coronata polve. Eh si! tutto in origine usc dall' O Eh si! tutto in origine usc dall' Oriente e dall' Oriente ancora usc Grecia e Roma, che sono le due pi grandi figure del inondo pagano.Oggi il genio di Verdi non pu stare pizi muto; ma dee pur esso contribuire a liberare il paese dalla servit in cui germe. Questa la missione propria degl' ingegni straordinari, che Dio manda a quando a quando nel mondo come interpreti e banditori della sua legge. Oggi la misura del male gi colma e reclama una nuova riparazione della Provvidenza. A siffatta riparazione straordinaria indispensabile l'opera, di uomini straordinarii, a cui Dio dato perci un ingegno straordinario.Non bisogna poi mai dimenticare, che l'Italia non ancora il vero Inno del popolo, dettato nella dolcissima sua, favella. E pure l' Italia la patria di Dante e di Verdi, e fu salutata da principio come la terra prediletta della musica e della poesia. L'Italia la terra, in cui:

Si aperse in nuovi amor l' Eterno amore.

Deh! l'Illustre Maestro Verdi, a cui il cielo dato una s squisita delicatezza di sentire che nel tenero e nel dolce non pari al mondo, lasci all'umanit quest'altro ricordo e non privi l'Italia di un nuovo parto del suo genio.Lasci all'Italia il vero Inno del popolo, in cui s'in carni il vero ideale dell'avvenire, accompagnato dal concetto primitivo del Cristianesimo, che emana puro come l'alito di Dio dalle pagine eterne del suo gran Libro ispirato. Gli errori che oggi ne appannano il chiarore, domani si dilegueranno come le ombre della notte all' apparire del nuovo sole. La verit eterna, perch la verit Dio. La falsit la negazione di Dio, un'ombra che presto sparisce. Una nuova musica sacra fatta pel popolo sar cantata sempre dal popolo, come un'eco fedele della stia coscienza; e render immortale il nome di chi l' dettata al popolo.con arte pi singolare che rara.Il nome del vero genio che vive sempre nel cuore del popolo, non muore mai. Gl'individui, se ne vanno, le generazioni passano e passano pure in loro compagnia i secoli; ma il nome del vero genio vive sempre nella memoria della posterit, dalla quale troppo spesso riceve ancora come tributo di gratitudine una lagrima di amore un palpito di affetto, un sospiro di tenerezza. Il nome del vero genio insomma si associa nell' anima all'idea del beneficio ricevuto; la quale uno dei pi dolci sentimenti.che il dito, di Dio ha svegliato nel cuor dell' uomo e mai il suo tramonto. Il nome, del vero genio dunque dura nel mondo, quanto dura la coscienza dell'umanit. Unico titolo per della sua immortalit, sempre la vera e non immaginaria utilit della propria opera da tutti sentita e unanimemente approvata dalla coscienza dell'universale. Il sottoscritto non si rivolto allo straniero; perch sa bene che il solo musico d'Italia pu essere fedele interprete dei sentimenti del popolo d'Italia e pu tradurli in nota seconda l'intenzione dell' Arte con quella tinta malinconica che propria della musica italiana.Onde il sottoscritto fede che la sua preghiera sar con animo benevolo accolta dall'Illustre Maestro Verdi; e per coi sensi di una non mentita divozione gli anticipa a nome del popolo i pi vivi ringraziamenti.Il Verdi poi che tanta fama nel mondo lo annoveri da oggi tra i pi teneri e sinceri ammiratori del Suo genio. Il genio di Verdi, una gloria vivente d' Italia, e dritto al l' ammirazione di chi ama sinceramente l'Italia.Il sottoscritto intanto reputa una vera,fortuna la presente favorevole occasione, onde potersi affermare pubblicamente

Della Preclarissima Personadell'Illustre Maestro Verdi

Greci di Puglia 10 marzo 1883

Devotissimo ed ossequentissimo servitorePROF. GIOVANNI DI MAIO

INNO ALLA TRIADE

O Padre, o Figlio, o Primo Amore, O Dio, che spiri in Ogni coreDi pura luce 1' almo affetto: O Sole Eterno, che in ogni petto Viva fai 1' alma col tuo splendor.

O Divin Verbo, tu sei la LuceChe ogni intelletto al ver conduce: Se in fondo all'alma Pi a lei non brilla Un tuo barlume, una scintilla.Senza il tuo lume 1' alma gi muor.

Spirito, Padre, Figlio Divino, Un Dio voi siete, siete Uno e Trino 5Omnia Ipsam facta sunt

: Figlio del Padre, tu sei l'Idea, Sei l'Alto Verbo che il mondo crea, Nulla il creato senza di te.

Allorch il Padre il mondo creaCol suo potere guarda l'Idea,In cui l'imago del mondo brilla E di ogni cosa l' idea sfavilla,Guarda il suo Verbo che tiene in s.

E se da colpa Ei l'uom redime, A s grand'opra ardua e sublime Con Lui che il Primo Alto Fattore, Concorre il Verbo col' Primo Amore,Che il Padre amando al Verbo un.

Per si legge nel gran vangelo Di San Giovanni, che fu dal cielo A1 suo intelletto prima ispirato,

Poi fu ai popoli da lui dettato:Tutto in principio dal Verbo usc .6

I1 mondo, l'uomo ci che fu fatto, Tutto dal nulla un d fu tratto:Ma quanto fatto e quanto esiste idea. Del Verbo che in Lui sussiste E fuor del Verbo l idea non . Nel Verbo il Padre si guarda anch' esso,Vede nel Verbo anche se stesso,Vede nel Verbo tutte le cose,I1 mondo, l'uomo che in esser pose,Vede nel Verbo quanto si f.

Anco di quello che non fatto,Ma Dio potrebbe mettere in atto,Vede nel Verbo chiaro il concetto,I1 divin tipo ch si perfetto,Vede nel Verbo l' idea che - in se: 3Anco Platone, detto per divlno, vide col nudo intel letto questi tipi perfetti delle cose possibili, queste idee archetipe sussistenti ab aeterno nel Logo di Dio, ossia sussistenti nel Verbo secondo la vera fede del Cristianesimo. Platone venne, forse, illuminato dall'antico Oriente dei Profeti; che come primo depositario 'del vero rivelato,avanti all'apparire del Sole qual alba novella balenava di tratto in tratto un'AIma luce lontana, sin l tra le ombre morte del vecchio mondo ideale di Grecia e di Roma. Del resto ben lo afferma Paolo, che senza la divina fiaccola della rivelazione nessuno dei grandi filosofi antichi conobbe certe verit troppo alte quas nemo Principium. hujus saeculi co gnovit. Le verit pi eccelse e per s meno accessibili al corto: vedere della mente umana inferma - a cui quasi ne asconde: i raggi 1'ombra di una grande nube -unigenitus qui est in sinus Patris ipse enarravit- Per Egli dice ego sum qui testimonium perhibeo de me ipso. Eh, il sole non si :-svela mai chiaro come nella propria luce, se non da se stesso quasi faccia a faccia con una visibile apparizione !!

E se da colpa Ei l' uom redimeA s grandopra ardua e sublime:Con Lui che il Primo Alto Fattore,Concorre il Verbo col' Primo Amore,Che il Padre amando al Verbo un.

Per si legge nel gran vangeloDi San Giovanni, che fu dal cieloA1 suo intelIetto prima ispirato,Poi fu ai popoli da lui dettato:Tutto in principio dal Verbo usc (4Cio presente al Padre, ch vede nel Verbo e le cose fatte e le cose che potrebberovolendoesser fatte; vale a dire oltre alle cose da Lui create vede ancora nel Verbo tutte le cose possibili, le quali in mezzo a un s gran mar di luce nella loro eterna idea,in compagnia di quelle omai esistenti gli brillano vive dinanzi allo sguardo omniscio, come se gia fossero pur esse in essere.

).I1 mondo' 1' uomo, ci che fu fatto,Tutto dal nulla un di fu tratto: Ma quanto fatto e quanto esisteE idea. del Verbo che in Lui sussiste E fuor del Verbo idea non .

Nel Verbo il Padre si guarda anch' esso, Vede nel Verbo anche se stesso,Vede nel Verbo tutte le cose,Il mondo, I'uomo che in esser pose, Vede nel Verbo quanto si f.

Anco di quello che non fatto, Ma Dio potrebbe mettere in atto, Vede nel Verbo chiaro il concetto, I1 divin tipo ch' si perfetto,Ve'de nel Verbo 1' idea che in s 6Filius meus es tu, Ego hodie genui te.

.

Ch il possibile a Lui presente 7Idem

Anche il concetto dell' Alta Mente,E un divin tipo, una figuraDove s bella la creatura,A cui 1' Eterno 1' esser non di.

Ci che non muore e ci che muoreTutto del Verbo raggio e splendore,E un immagine che in Lui traluce Come ombra viva della sua luce, Come favilla del suo chiaror.

'Nel Verbo il Padre guardando espressoTutto i1 suo essere in Se riflesso,Amato Lo ama con sommo ardoreE dai Due spira 1' Eterno Amore, Che al Padre e al Verbo pari il candor.

Il Primo Padre, che vede ed ama: Genera il Verbo, Figlio lo chiama 8Idem

-Figlio il Secondo, che il Padre vede:Spirito l'Altro, che Almo procedeCome alma fiamma dal loro Amor.

Anno comune l'arcana unione,Una natura in tre Persone,Una bellezza una sostanza,Una bontade che ogni altra avanza,Un sol potere, un sol valor.

Padre, Figliuolo, Spirito Santo Son gloria eterna di eterno canto- Son degli Angeli e dei cherubi, LInno che si ode sopra le nubi E sopra Efrata s' intese ancor.

Padre, Figliuolo, Spirito Santo Son Dio che asciuga lagrime e pianto, Son Dio che calma, Dio che perdona, Dio che consola ogni persona, Son Dio di pace, son Dio di amor.

Son del creato le tre Corone, Sono uno Dio in tre Persone, Sono l'Immenso, son l'Alto Vero In cui si posa I' alma e il pensiero, Son l'infinito che l'Uno in tre.

L'uomo Lo vede, l'uomo Lo mira, Quando col guardo in s si gira- L'uomo Lo vede in fondo al coreDove fa un' ombra I' Eterno Amore,Quando col guardo discende in s.

L' Italia mia dallo straniero Beve oggi il falso col suo pensiero, Contaminata da sensi pravi, Cieca ripudia le Somme Chiavi, N pi ricorda l'antico ver.

In tutto priva di vera luce Non la guida che al ben conduce;E senza luce inaridita La vera fonte della sua vita E vaga errando col suo pensier.

Boezio, Dante, col sommo VicoLe adombran vivo il vero antico:Tommaso,Anselmo,conAgostinoParlan'profondo dell'Uno e Trino, Parlan del Verbo che all' Uom si un.

Ma Italia nega e pi non crede La Triade, i Dogmi, I' antica Fede: Non crede Cristo, non crede il Cielo, Nega il suo Regno, nega il Vangelo,Il vero antico essa smarr.

Nega i due tipi non mai divisi! E l'Alma gemma stella di Assisi E l'almo giglio fior di Lisbona, Aperti al riso qui ove il si suona ; Ove il candore al Ciel sal.

Nega non ama, n Benedetto, N Domenico granluadre eletto 8Vedi prima nota dell'Inno.

; Che dier al Mondo lume e splendore9Vedi seconda nota dell'Inno.

Quando qui l'alba rise di amore,Quando qui il Sole nuovo appar!

Italia mia, se tu non credi pi 1Uomo -Dio che tu non vedi;Se tu non credi dentro il -tuo core Il Padre, il Figlio, l'Eterno Amore; N credi il mondo che un tempofu,

Perch poi credi Dritto Roman,Divin Poema che sovraumano, Antiche scienze libri, scritture, Storie, lettere, arti, pitture? E vai cercando I' alma virt ?

Solo una mente cieca ed inferma Dice e disdice, nega ed afferma: Nega la causa, crede I' effetto, Afferma il mondo che nel concetto, Ma dopo dice: che Dio non .

Tu, Italia, credi quanto rimiri. Quanto per occhio, per mente giri: Ammetti luomo credi il finito, Poi neghi Dio che I' infinito, Non credi Dio che l Uno in tre.

Seguendo incauta libri stranieri Oggi condanni Dante Alighieri,Il suo poema un nome vanoPer te che neghi il senso arcano, Per te che neghi I' alto saper.

Per te che neghi I' idea divina Di San Tommaso che sua dottrina,Per te che neghi i suoi tre regni,Per te che il lume nel buio spegni E chiami falso il suo pensier.

0 Padre, o Figlio, o Eterno Amore,0 Dio, tu un raggio del tuo splendore Manda su questa tua Roma antica Che oggi a Satana si fatta amica E a Lui d il culto che nega a Te !

0 Italia mia, tu all'Uno e Trino D 'culto, gloria, onor divino Se col tuo cuore a Lui non torni, Di vera gloria giammai ti adorni,Perch ti manca I' antica f!!

Giovanni De Maio

Mons. Filippo Allegro Filippo Allegro (12 maggio 1879 - 2 dicembre 1910 deceduto) Vescovo di Albenga