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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteria

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisterialunedì 26 luglio 2010

Un libro per riempire un vuotoCon l'avvicinarsi dell'anniversario (e quest'anno si celebra il trentennale) arriva puntuale in libreria un testo sulla strage di Bologna. Nella consolidata diatriba tra innocentisti (Semprini, Colombo) e colpevolisti (Bocca) questo saggio, Dossier strage di Bologna La pista segreta, di Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro e François de Quengo de Tonquédec (Giraldi Editore) si colloca su un terreno diverso.Perché lavora su un buco, cioè tenta di coprire, sulla base di materiali raccolti da due commissioni parlamentari con poteri investigativi (un'altra anomalia) il vuoto lasciato dalla scelta di puntare da subito ed esclusivamente sulla "pista nera", rimuovendo il semplice fatto che rispetto alla stagione delle stragi era cambiato il contesto interno e internazionale (la crisi del centrosinistra era sfociata negli equilibri più avanzati del governo di solidarietà internazionale, la caduta dei regimi autoritari dell'area mediterranea aveva favorito il processo di distensione, sancito dagli accordi di Helsinki del 1975).Passando dal macro al micro era evidente che la fascisteria italiana non aveva più né prospettive strategiche né retroterra logistici e organizzativi ma la determinazione degli inquirenti fu senza oscillazioni o tentennamenti.Alla fine sono rimasti in trappola i tre ragazzini dei Nar e la circostanza che ai due che ne avevano maturati i termini sia stata concessa la libertà condizionata dimostra che gli stessi giudici dell'esecuzione della pena condividono questi dubbi. Non ho letto il libro e quindi piuttosto che riciclari materiali d'archivio sulla pista alternativa vi propongo direttamente la scheda editoriale. Nei prossimi giorni tornerò sul tema, ovviamente.Dossier strage di Bologna. La pista segretaAlle 10.25 del 2 agosto 1980 un ordigno esplosivo collocato nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione centrale di Bologna provoca il crollo dell’ala ovest causando 85 morti e oltre 200 feriti. È la strage più grave dell’Italia repubblicana. Nonostante ventisette anni di indagini e processi, di quella strage non sono mai stati individuati né il movente né i mandanti.Tra il 1999 e il 2005, durante i lavori istruttori della Commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi (XIII legislatura) poi con la Commissione d’inchiesta sul dossier Mitrokhin (XIV legislatura) sono emersi elementi di straordinario interesse e del tutto inediti sui collegamenti internazionali del terrorismo italiano e sulle reti operative dei servizi segreti dell’Est nonché dei mukabarat dei principali Paesi arabi durante la Guerra fredda, come Siria, Libano, Libia, Yemen del Sud e Iraq.Grazie a queste informazioni è stato possibile riannodare i fili di una trama tenuta segreta per 25 anni e scoprire le ragioni alla base dell’accordo segreto con la resistenza palestinese, le minacce al governo italiano per la vicenda dei missili di Ortona, i retroscena del traffico di armi messo in piedi dall’Fplp (Fronte popolare per la liberazione della Palestina) attraverso il territorio italiano e disarticolato nel novembre del 1979 così come le manovre segrete avviate dalla nostra intelligence per evitare una grave azione ritorsiva contro il nostro Paese.Il lavoro di ricerca ha permesso di recuperare dagli archivi non solo l’allarme lanciato l’11 luglio 1980 (appena tre settimane prima della strage) dal direttore dell’allora Ucigos sul pericolo di un’azione ritorsiva dell’Fplp per la mancata liberazione del loro dirigente Abu Anzeh Saleh, arrestato e condannato per il traffico dei lanciamissili Sam-7 Strela di Ortona, ma addirittura il nome del terrorista tedesco presente a Bologna il giorno della strage, il tedesco Thomas Kram, del quale mai nulla – dal giorno dell’attentato – era trapelato all’esterno.Dal novembre 2005, proprio sulla base di questi elementi, la Procura di Bologna ha aperto un

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisterianuovo fascicolo d’indagine su una ipotesi investigativa mai approfondita prima di allora. Le investigazioni sono ancora in corso.La prima parte di questo libro delinea questa pista segreta, rimasta insabbiata per 25 anni: una feroce rappresaglia per la rottura dell’accordo tra le autorità di governo italiane e la resistenza palestinese, oggi noto come patto o «lodo Moro», che vedrebbe il coinvolgimento del gruppo terroristico di Carlos, braccio operativo e militare del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Scenario drammaticamente compendiato da un documento, ritrovato dagli autori, rimasto sepolto per quasi un quarto di secolo negli archivi del Tribunale di Venezia.Nella seconda parte del libro si racconta l’inchiesta che, preso l’avvio da un’intervista al manifesto di Thomas Kram dell’agosto 2007, portò a scoprire una manipolazione testuale nel Documento conclusivo di centrosinistra della Mitrokhin di un documento di polizia, utilizzata poi dal terrorista tedesco per spiegare la sua inquietante presenza a Bologna il giorno della strage. Un saggio di chiusura di Gian Paolo Pelizzaro riepiloga proprio i tanti misteri che avvolgono la figura del terrorista tedesco.La terza parte del volume raccoglie le voci degli stessi protagonisti. Si passa così dai legami occulti del Kgb con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina di Wadi Haddad e George Habbash, alle lettere di Francesco Cossiga sul «lodo Moro», agli avvertimenti di Bassam Abu Sharif al governo italiano, ai depistaggi di Abu Ayad, alle numerose interviste di Carlos, di Abu Anzeh Saleh, di Thomas Kram.Per chiudere, e così conoscere, attraverso le interpellanze e le interrogazioni parlamentari, le vivaci, ma poco note, discussioni avvenute nelle aule del Parlamento italiano su una delle pagine più tragiche, misteriose e controverse della storia italiana.

martedì 27 luglio 2010 a 7:47:00 AM | By: ugo maria tassinari

Strage di Bologna, una storia da riscrivere?Abbiamo già dedicato ampia attenzione al volume di Rosario Priore e Giovanni Fasanella "Intrigo internazionale". Per le critiche che gli ha rivolto Nunziata, pasdaran del partito della colpevolezza dei Nar per la strage di Bologna. Per gli apprezzamenti (condizionati ma forti) espressi da Adinolfi sul duro colpo inferto alla vulgata della strategia della tensione. Il convegno di ieri a Roma "Strage di Bologna: una storia da riscrivere", ruotando intorno alle tesi espresse nel libro, è stata l'occasione per l'ex ministro socialista Rino Formica di rilanciare la sua antica tesi sulla responsabilità internazionale delle stragi. Ecco i dispacci dell'Adnkronos sull'incontro. STRAGE BOLOGNA: PRIORE, RIVEDERE STORIA ITALIANA (Adnkronos) - Rivedere la storia italiana sulle stragi ed in particolare su quella di Bologna. Questo è il messaggio lanciato dal giudice Rosario Priore nel corso del convegno 'Strage di Bologna: una storia da riscrivere?' che si è svolto a Roma. «Le stragi sono messaggi -ha spiegato Priore- da governi a governi o da organizzazioni a governi o viceversa. Il nostro governo per un certo tempo ha avuto buone orecchie poi il suo udito è calato». Secondo Rino Formica, ministro dei Trasporti nell'estate del 1980 «la politica forse ha compiuto un errore: quello di non ricercare la verità storica autonomamente rispetto alla verità giudiziaria e paragiudiziaria delle commissioni di inchiesta. L'italia fu terra di guerra fredda accettata e di guerra calda subita. Bisognerà partire dalle verità indicibili raccontate dal giudice Priore al giornalista Fasanella per tentare di forzare il muro del silenzio internazionale, perchè nelle carte italiane, anche se ci fossero, l'interesse dei governatori di oggi è più scarso dei governanti di ieri. Speriamo che la comunità degli storici di nuova generazione non metta la testa sotto la sabbia come fece la generazione della storiografia militante». Al convegno che ha preso le mosse dallo scenario delineato nel libro-intervista di Rosario Priore e Giovanni Fasanella 'Intrigo internazionale' è intervenuto anche l'ex presidente

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriadella commissione stragi Giovanni Pellegrino che ha sottolineato come «riaprendo le indagini si deve mettere in conto di andare verso una nuova verità». Un invito a tutte le forze politiche per arrivare a una verità su quello che accadde la mattina del 2 agosto 1980 è arrivato dalla promotrice dell'incontro la deputata del Pdl Barbara Saltamartini. «La classe politica -ha sottolineato Saltamartini- deve fornire un contributo per arrivare alla verità e sgombrare il campo dalle zone d'ombra. Lo dobbiamo ai famigliari delle vittime e per evitare che stragi come quelle avvenute in passato possano ripetersi. Noi siamo dalla parte di chi cerca la verità».

Da Bologna schegge contro la democraziaCon l'avvicinarsi dell'anniversario (e quest'anno si celebra il trentennale) arrivano puntuali in libreria i testi sulla strage di Bologna. In perfetta logica bipartisan, dopo aver presentato ieri il saggio "innocentista", Dossier strage di Bologna La pista segreta, di Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro e François de Quengo de Tonquédec (Giraldi), oggi proponiamo il testo "colpevolista" di Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi.Anche "Schegge contro la democrazia" (Edizioni Socialmente) si colloca su un terreno diverso rispetto alla produzione editoriale ormai consolidata. Dopo il titanico sforzo di Riccardo Bocca, dalle carte processuali c'è poco da spremere. E quindi i due saggisti bolognesi scavano nella ricchissima miniera dell'ultimo processo per la strage di Brescia, dove decine di ex militanti della destra radicale (e anche qualche terrorista nero) sono stati sentiti come testimoni. E da lì arrivano a disseppellire vecchie carte, accumulate nei fondi di archivi giudiziari e parlamentati lungo l'arco di questi tre decenni. E' in qualche modo un'anomalia che in un processo per un fatto del 1974 si parli di vicende successive, ma è il frutto perverso di una giustizia fuori tempo massimo. Alcune delle primizie del libro sono anticipate in un articolo dell'Unità pubblicato sul blog (peraltro bellissimo) di Antonella Beccaria, una giornalista investigativa dalla produzione editoriale esorbitante. Da Xaaraan (chissà che significa) è possibile scaricare tutti i suoi saggi in pdf. E ce n'è per tutti i gusti: dai bambini di Satana alla Uno bianca, dal sequestro Saronio al caso Juliano (il commissario che aveva incastrato Fachini), dal piano Gelli al processo per l'omicidio Calvi. Buona lettura.

giovedì 29 luglio 2010 a 12:30:00 PM | By: ugo maria tassinari

Luigi Ciavardini, una persona

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaPer la strage di Bologna sono tre i condannati ma l'unico a scontare ancora la pena, che io e tanti altri consideriamo ingiusta, è Luigi Ciavardini. Non richiesto, uno dei collaboratori del blog, Fernando Massimo Adonia, condividendo questo sentimento, mi ha mandato un contributo sulla persona di Luigi, che io pubblico con grande piacere.

Non è lui di Fernando Massimo Adonia«No, non è lui il macellaio di Bologna, Luigi è un uomo buono, a mettere quella maledetta bomba è stato qualcun altro». Giudizio di Paolo Caratossidis su Ciavardini. Parole che sposo totalmente. Credo che né lui, né la Mambro e né Fioravanti siano gli esecutori materiali di quell'atroce mattanza. Lo credo e basta. Non ho prove per ricostruire alcuna verità giudiziaria. Mi spiace. Ho la certezza però che la verità propriamente detta con quella ricostruita in un qualsiasi tribunale non sempre coincidono. Come in questo caso. La mia è pura e semplice fede. Fiducia nel volto e nei modi di Luigi. Tutto in lui a poco a che vedere con la fredda follia di un carnefice. Basterebbe conoscerlo. Il mio primo incontro con lui è stato del tutto fortuito. Qualche anno fa a Roma. Era domenica pomeriggio. Entro un'ora sarei dovuto arrivare alla Stazione Termini per tornare in Sicilia. Non conoscevo gli orari degli autubus e non sapevo neanche chi mi avrebbe potuto accompagnare in auto. Chiesi aiuto a Peppone Bonanno. Mentre parlavo con lui un uomo alto, biondo e con gli occhi azzurri, si propose per un passaggio con una voce gentile e modesta. Accettai ovviamente. Una volta salito in macchina lo ringraziai. E lui non ricambiò. Mi disse anzi che per lui era un dovere, che tra gente della stessa idea era d'obbligo aiutarsi. Quelle parole mi colpirono: erano cariche di semplicità ed energia. Per questo lo ringraziai ancora. Ma lui con un sorriso divertito mi liquidò nuovamente.Finita questa discussione mi ricordai di presentarmi. «Comunque, io sono Fernando, piacere». «Piacere mio, io sono Luigi (pausa) Ciavardini». Che “figura di merda” pensai subito. Lui capì l'imbarazzo e mi disse: «sono venuto più volte a Catania per il comitato “L'ora della Verità”, ma non mi pare di averti mai incontrato». Dovevo rispondere. Mi sono preso di coraggio e gli dissi con tutta franchezza: «Infatti. Non sono mai venuto ad alcuna conferenza. Credo nell'estraneità della destra alla strage. Ma da un po' mi sono rotto a sentir parlare di anni '70, di morti, di tristezza e di presunti maestri che ne sanno sempre più di te». Lui mi disse: «è vero, non posso darti torto». Poi, quasi scusandosi, mi giurò che lui non era quel tipo di reduce. E gli credetti. Parlava in modo diverso da altri. Era pacato, comprensivo, umile. Si percepiva che aveva fatto soffrire e che aveva sofferto altrettanto a sua volta. Mi spiegava che era necessario evitare in tutti modi di ripercorrere quella sua stessa strada, di rifiutare la violenza politica, di rifondare la militanza proprio dall'educazione, dai buoni gesti. Altro che “cattivo maetro”, ero d'innanzi a un saggio.Quella discussioni mi segnò favorevolmente. Ho percepito di avere a che fare con una persona buona, nel vero senso della parola. Di avere accanto un uomo temprato. Stessa sensazione che mi disse di avere avvertito Elisabetta Meggiorin, la madre di Claudio, il barista di Besano (VA) ucciso da un albanese mentre cercava di sedare una rissa. Lei ha parlato di uno sguardo che infonde «serenità». È la sofferenza di quella donna che sigla di veridicità la difesa disperata di Ciavardini. Anche quel giudizio però ha scarso valore in tribunale. Non può bastare. Il dato umano è però che quella strage non appartiene solo ai familiari delle vittime, ma al dolore di una nazione intera. Nessuno sarebbe disposto a spendere una sola parola buona per un «macellaio» dissimulante. È chiaro. Farlo è un'assunzione di responsabilità davanti a tutto il paese. Non è un gioco. Scommettere sull'innocenza di un uomo non è arbitrio, ma l'estremo tentativo di evitare

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriache quella bomba infame possa continuare mietere altre vittime ignare delle dinamiche di quella tragica mattina d'agosto.

giovedì 29 luglio 2010

Dossier Strage Bologna, Signorelli: palestinesi? no, israeliani

La pista palestinese per la strage della stazione divide il fronte innocentista. Mentre va alle stampe un dossier che, lavorando in prevalenza su materiali della Commissione Mitrokhin, accusa un militante tedesco del gruppo Carlos, presente il 2 agosto 1980 a Bologna, nella destra radicale protagonisti degli anni di piombo rilanciano la tesi contrapposta di una responsabilità israeliana. Stefano Carboni, responsabile romano dei socialisti nazionali, il gruppo che si riconosce nella leadership carismatica di Paolo Signorelli, diffonde nei social network un datato (2005) comunicato di Giustizia giusta, l'associazione promossa dal vecchio perseguitato politico (nove anni di carcere preventivo e tre condanne all'ergastolo annullate) che accomuna Bologna e Ustica e ipotizza un ruolo israeliano nelle due stragi. …Ustica 27 giugno: pista “nera” e pista “libica”. Bologna 2 agosto: pista “nera” con conseguente condanna di “quei” colpevoli. Oggi si cerca di riaprire, usando le carte della Commissione Mitriokin e l’ennesima esternazione di Francesco Cossiga, il processo sulla strage indicando una pista “palestinese”. Nessuno a livello e di intelligence e politico ha mai voluto

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaipotizzare l’esistenza di una pista israeliana e per Ustica e per Bologna. Eppure esistono elementi, quanto meno logici, che potrebbero vedere il coinvolgimento dei servizi israeliani. Eppure l’unico attentato degli anni ‘70 di cui si è accertata, anche giudiziariamente, la responsabilità è stato messo a punto dal Mossad che fece esplodere nel cielo di Marghera l’aereo dell’Aviazione militare “Argo 16” per ritorsione contro la presunta politica filo araba tenuta dal Governo italiano… Negli scorsi giorni, invece, in un'intervista a questo blog, Gabriele Adinolfi aveva proposto, a partire dalle riflessioni sul libro di Priore e Fasanella "Intrigo internazionale" un ragionamento su una più ampia responsabilità israeliana sul terrorismo italiano degli anni Settanta.

domenica 1 agosto 2010

Strage di Bologna - Il dossier di "Gli altri"/1 Andrea Colombo è l'autore della Bibbia degli innocentisti sulla strage di Bologna, Storia nera. Per il suo settimanale "Gli altri" ha pubblicato un dossier per il trentennale. Pubblichiamo alcuni dei servizi.30 anni di bugie di Andrea ColomboBologna, 2 agosto 1980, il capitolo più atroce dello stragismo. 85 morti. Fin'ora una sentenza sbagliata e nessuna verità. Perchè? Ottancinque morti, centinaia di vite spezzate, una città pugnalata al petto un paese sconvolto. Dalla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna sono passati tre decenni e la verità è ancora ignota. Non è la sola strage rimasta avvolta nel mistero, però è la sola per cui chi sarebbe delegato almeno a cercare la verità ha smesso di tentare.I magistrati della procura di Bologna e la stessa Associazione dei parenti delle vittime della strage hanno preferito accontentarsi di una verità di comodo, confezionata senza nemmeno troppa cura dai servizi segreti per impedire, in nome della ragion di Stato, che venissero alla luce gli intrighi internazionali che fecero da cornice alla strage.Gli allora ragazzini dei Nar erano il capro espiatorio perfetto. Erano fascisti e addossargli la responsabilità del misfatto avrebbe soddisfatto tutti quelli che da anni ripetevano che le stragi erano fasciste. Erano terroristi, e chi avrebbe mai fatto caso a un ergastolo in più o in meno tra i tanti. Erano privi di ogni potente copertura, e quindi si poteva stare sicuri che nessuno si sarebbe formalizzato a fronte di un impianto processuale che era tutto un'unica, gigantesca falla.Il gioco è riuscito solo a metà e ogni anno che passa riesce sempre meno. Perché non la destra, ma la miglior sinistra di questo paese, a partire dal Manifesto di Rossana Rossanda, non ha accettato il ricatto antifascista e ha gridato forte e chiaro che quella sentenza era sbagliata. Perché prima i dubbi, poi la certezza dell'errore giudiziario si sono fatti sempre più strada tra chiunque abbia avuto a che fare con quella vicenda: giornalisti, storici, magistrati. Perché la verità che a Bologna nessuno cerca continuano a cercarla, da soli, quegli stessi giornalisti, storici e magistrati o ex magistrati. E pazientemente, tassello per tassello, la ricostruiscono.Per la procura di Bologna e per il presidente dell'Associazione parenti delle vittime sono tutti traditori, revisionisti, complici dei fascisti, nemici, da colpire e mettere all'indice. Lo hanno fatto per anni, continueranno a farlo e ce ne dispiace. Ma a quei parenti delle vittime vorremmo lo stesso dire che sbagliano, che chi insegue la verità nascosta da una sentenza che la verità occulta è oggi il loro miglior amico.

Il dossier di "Gli altri"/2 - Strage di Bologna perché sono innocenti Sono passati trent'anni dall'inferno di quel 2 agosto 1980, quando gli orologi della stazione di Bologna si fermarono e 85 vita furono spazzate via dalla più deflagrante e assassina fra le troppe esplosioni che avevano costellato il decennio precedente. È la strage più sanguinosa e feroce. È quasi l'unica di cui non si possa dire, "una strage senza colpevoli", tre persone essendo state condannate in via definitiva per quel misfatto. Ma è anche quella sulla cui matrice regnano più

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriadubbi, e sulla colpevolezza di quei colpevoli ormai giurerebbero in pochi. Ad avanzare quei dubbi non sono stati gli amici degli imputati, non è stata la destra da cui provenivano. I Gasparri che oggi strepitano sono rimasti per anni, anzi decenni, in silenzio, troppo impauriti e troppo calcolatori per prendere una posizione aperta quando non erano in tanti a farlo. A sollevare quei sospetti sulla colpevolezza di Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini è stata per prima la sinistra, sono, stati una testata e una intellettuale militante certo non sospetti di simpatia per i fascisti di qualsivoglia millennio: il manifesto e Rossana Rossanda. Ed è nata dalla sinistra la più importante associazione innocentista, "E se fossero innocenti". Certo, gli imputati erano stati terroristi d'estrema destra, e tuttavia troppe erano le ombre che oscuravano la verità dell'unico teste che inchiodava gli ex militanti dei Nar, Massimo Sparti, malavitoso e nazista. I parenti che smentivano in coro la sua ricostruzione. Le contraddizioni su quei documenti che, Fioravanti gli avrebbe chiesto per Francesca Mambro subito dopo la mattanza. L'assurdità di quella confessione che Fioravanti avrebbe deposto nelle sue infide mani, «Hai sentito che botto? Noi c'eravamo vestiti da tirolesi». Tanto per passare inosservati. La scarcerazione per gravissimi motivi di salute, un cancro allo stato terminale, retroceduto poi, anzi scomparso miracolosamente. La rimozione del direttore del centro clinico che si rifiutava di confermare l'inesistente malattia mortale. L'incendio in cui andarono distrutte le cartelle cliniche incriminate proprio pochi giorni prima che venissero ricontrollate. Le versioni che cambiavano di processo in processo, in una vertiginosa girandola di bugie. Non c'era bisogno di essere fascisti per avvertire l'olezzo dell'intrigo, della manovra torbida nemmeno tanto ben allestita, della costruzione a freddo di un capro espiatorio.Non c'era solo Sparti del resto. Troppo ambigui, per dire poco, gli altri testimoni. Quella Raffaella Furiozzi che all'epoca della strage era una bimba e che disse di essere stata informata di ogni cosa da un fidanzato, nel frattempo deceduto, che a sua volta aveva saputo tutto da una terzafónte. In gergo si dice "de relato de relato" e di solito conta ben poco. Oppure Angelo Izzo, quel galantuomo che nell'80 stava in galera già da cinque anni, non per terrorismo ma per stupro e omicidio, e che uscito di galera ha ucciso altre due donne. Fu lui a fornire l'elemento mancante all'impianto accusatorio: il movente. Fioravanti aveva ammazzato Piersanti Mattarella per conto di Licio Gelli. Aveva eliminato Mino Pecorelli su ordine del venerando. Aveva messo la bomba per conto della loggia. Era il killer della P2 e dunque non c'era più da chiedersi perché, senza mai aver giocato prima col tritolo in vita sua, si fosse risolto a un così efferato crimine. Gli incappucciati ordinavano. Lui eseguiva. Giovanni Falcone, un tipo serio, ascoltò Izzo, poi lo incriminò per falso. Per quei due omicidi, Fioravanti è stato assolto, e anzi in un caso neppure è arrivato al rinvio a giudizio. Gelli non lo ha mai visto in vita sua. Il movente approntato grazie a Izzo, sempre il galantuomo, è caduto.La strage è rimasta "appesa nel vuoto". Senza movente. Senza ragione.Ce n'era più che a sufficienza per dare vita a una campagna innocentisia, e se, all'inizio la sinistra storse parecchio il naso, con gli anni sono stati sempre di più i politici, gli intellettuali, i militanti che dell'innocenza di quei colpevoli si sono convinti. E lo sono anche molti, moltissimi magistrati, anche se devono stare bene attenti a dirlo. Negli anni '90 Guido Salvini, nel quadro dell'ultima inchiesta su piazza Fontana, quella che ha portato all'accertamento delle responsabilità di Freda e Ventura, trovò elementi che scagionavano i Nar e indicavano una pista alternativa. La procura di Bologna lo ha denunciato al Csm, lo ha accusato di "invasione di campo", gli ha dannato la vita e l'esistenza professionale per anni e anni. Sempre in nome della verità e dell'antifascismo, per carità. All'epoca non era facile indicare la direzione in cui avrebbero dovuto indirizzarsi le indagini se non fossero state "impistate" verso i Nar. Negli anni, però di elementi nuovi ne sono emersi eccome. Carlos, il terrorista internazionale, ha trovato

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriamodo di raccontare che alla stazione quel giorno e in quell'ora, c'era un suo uomo Thomas Kram. Non che sia stato lui a mettere la bomba, per carità, tutta una manovra israeliana per incastrarlo, giura Carlos; uno che conosce solo le maniere oblique. Sta di fatto che senza la sua ammissione della presenza di Kram a Bologna non si saprebbe niente, e nemmeno si saprebbe che per le autorità italiane non era affatto un nome ignoto. La sua presenza, anzi, era stata segnalata col massimo di urgenza.Anche Francesco Pazienza, metà agente dei servizi, metà uomo di Gelli, uno di quelli condannati per il cosiddetto "depistaggio", ha detto infine la sua: «Il depistaggio è stato fatto dal Sismi per non far emergere la reale verità della bomba di Bologna. Secondo l'allora procuratore Domenico Sica c'era di mezzo la Libia, e coinvolgerla in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e l'Eni». La ricerca "innocentista", ormai, ha ceduto il passo a quella sulla verità, e il libro di Rosario Priore, il magistrato che indagò su Ustica, e Giovanni Fasanella è un passo importante in quella direzione. Solo da Bologna, purtroppo, nessun dubbio viene accolto, e chi sostiene l'innocenza dei condannati, chi insiste sulla necessità di cercare altrove per non lasciare quel crimine impunito viene trattato da traditore, da "revisionista".Perché per la sinistra la strage di Bologna è stata in effetti uno spartiacque, e lo è ancora. Separa quelli che pensano che difendere l'innocenza degli ex Nar sia politicamente dannoso, o che ritengono, come mi hanno detto in molti, «Sono innocenti, però non sta a noi difenderli. Ognuno si difende i suoi», da quelli per cui le ragioni della verità vengono prima di quelle della convenienza di fazione o dell'antifascismo. Sono due sinistre diverse. Opposte.

lunedì 2 agosto 2010

Dossier Gli altri-3/ La falsa verità su Bologna data in pasto al PciHanno lavorato per tanti anni a inchieste sul terrorismo e su grandi eventi criminali. Ora ci vengono a dire che la verità sulla strage alla stazione di Bologna bisogna cercarla oltre confine. Per il giudice Carlo Mastelloni, quello che ha portato sul banco degli accusati il Mossad per l'abbattimento dell'aereo dei servizi segreti e voleva arrestare Arafat per i traffici d'armi tra Olp e Br, le stragi di Bologna e di Ustica sono collegate e i Nar hanno agito con compiti di appalto in funzione di interessi Usa: "Non credo a coincidenze - dice - penso a Bologna si sia voluto avvertire qualificati ambienti italiani legati ai libici di finirla di fare i gendarmi occulti di Gheddafi". Il terrorista Carlos già alluse a responsabilità Usa e israeliane. "La pista americana prescinde da Carlos. E poi non siamo sempre stati accusati di essere filolibici?". Per Rosario Priore, invece, l'intera vicenda della strategia della tensione va letta per quello che è, una guerra mediterranea combattuta sullo scenario italiano. Il suo libro intervista con Giovanni Fasanella, " Intrigo internazionale " sta facendo molto discutere e un'intervista con il giornalista parlamentare conclude appunto il dossier pubblicato dal settimanale "Gli altri" e curato da Andrea Colombo. Quella falsa verità data in pasto al PCI Giovanni Fasanella - Andrea Colombo Come si fa a parlare dello stragismo italiano, delle bombe, degli anni di piombo, continuando a ignorare tutto quello che c'era intorno, il contesto internazionale, gli interessi delle varie potenze, incluse quelle di "medio calibro" che erano in gioco in quegli anni? Da questa domanda e da questo presupposto sono partiti, per scrivere il loro libro, Intrigo internazionale, Rosario Priore, magistrato di lungo corso, già titolare dell'inchiesta su Ustica, e Giovanni Fasanella, uno dei giornalisti italiani che più metodicamente si è occupato di quella fase storica.Fasanella, come sempre quando si rimette in discussione la verità giudiziaria sulla strage del 2

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaagosto 1980 alla stazione di Bologna, la reazione dell'Associazione dei parenti delle vittime e dei magistrati bolognesi è stata molto dura...Sia il magistrato titolare dell'inchiesta che il presidente dell'Associazione ritengono che la verità giudiziaria sia un dogma inattaccabile. Chiunque osi sollevare un dubbio viene immediatamente tacciato di essere un traditore del popolo, senza rispetto per la verità giudiziaria. Un eretico da mettere al rogo. Il problema, però, è che molte cose sono cambiate dall'anno della sentenza definitiva. Disponiamo di molti elementi in più. Molti archivi sono stati aperti. Molti personaggi hanno raccontato il loro frammento di verità. Pur dando per scontato che le sentenze vanno rispettate, gli elementi che abbiamo oggi in mano ci inducono a pensare che tutta quella chiave di lettura, al di là delle responsabilità dei singoli individui, è stata in qualche modo un teorema. E quali sono le falle di quel teorema?Non tiene conto del contesto internazionale. Si adagia su uno schemino che i sevizi, interessati a non far capire il quadro reale, hanno dato in pasto come un osso all'opposizione, confermando tutto quel che i comunisti avevano detto sulle stragi da piazza Fontana in poi. Gli hanno dato in pasto questo osso, e il Pci si è adagiato. Ma questa verità appare oggi molto fragile e viene messa in discussione da più parti, non solo dalla destra ma da chiunque ragioni con la propria testa. Nessuno chiede la riapertura delle indagini, anche se alcune indagini sono pur state riaperte, ma abbiamo il dovere, l'obbligo morale di approfondire, di cercare la verità. Non una verità che accontenti qualcuno ma la verità. Puoi specificare meglio a quale contesto internazionale fate riferimento?Quello internazionale è appunto il contesto che è sempre stato escluso dalle ricostruzioni sia storiche che giudiziarie che giornalistiche.. Che la violenza politica e il terrorismo, sia di destra che di sinistra, abbiano. una radice interna profonda è incontestabile. Però col solo contesto interno non si spiega tutto. Il quadro è estremamente complesso: la realtà interna ha interagito con un contesto internazionale nel quale c'erano più giocatori, ciascuno con un proprio specifico interesse a soffiare sul fuoco delle nostre tensioni interne. Questo contesto abbiamo ricostruito in intrigo internazionale, con particolare attenzione al ruolo delle piccole e medie potenze, come la Francia, l'Inghilterra, la Rdt, la Cecoslovacchia. Ciascuna di queste piccole o medie potenze perseguiva un proprio interesse.E la strage come si colloca in questo contesto internazionale conflittuale?Direi che si colloca nel quadro del conflitto mediterraneo tra l'Italia da un lato, la Francia e l'Inghilterra dall'altro. Ma tocca anche il conflitto ìsraelo-palestinese. L'Italia aveva fatto con i palestinesi un patto inconfessabile, il lodo Moro, che lasciava ai palestinesi ampia libertà operativa nel nostro paese purché non compissero attentati in Italia. Dopo l'assassinio del protagonista di questo patto, molte cose cambiano; molti equilibri saltano. E tentano di far fuori Gheddafi, perché Ustica questo è: un tentativo di uccidere Gheddafi, e Bologna si collega in qualche modo a Ustica.Sono però due contesti diversi, uno riguarda il confitto tra potenze europee, a la tentata uccisione di Gheddafi e Ustica, l'altro riguarda invece il conflitto israelo-palestinese e il e patto tra Moro e Olp. In quale delle due cornici va a inquadrata la strage di Bologna?Io e Priore abbiamo pareri diversi. Io ritengo che Bologna sia una ritorsione per aver salvato Gheddafi. Priore pensa invece all'ala più radicale dei palestinesi, il che non esclude l'appoggio di manovalanza italiana. In entrambi i casi, comunque, il contesto è quello dei conflitti nell'area mediterranea. Le condanne ai danni dei vertici dei servizi per il depistaggio su Bologna, sono state considerate sempre un indizio della responsabilità diretta degli stessi servizi nella strage. Il che smentirebbe il quadro internazionale...

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaI depistaggi non comportano necessariamente una responsabilità diretta. Il depistaggio viene messo in atto per coprire verità che non si possono dire. Per quanto riguarda Bologna non si poteva confessare quell'accordo particolare con ì palestinesi e per Ustica non potevamo certo dire di aver spifferato a Gheddafi quali erano i corridoi aerei privi della copertura radar Nato. Gli avevano detto che poteva adoperare quei corridoi perché lì i radar non arrivavano. E cosa avremmo fatto se i magistrati avessero accertato che erano stati i francesi, un paese amico, ad abbattere il DC9? Come avremmo potuto non reagire? La mia sensazione è che per questo sia stata costruita una verità giudiziaria che accontentava tutti: confermava le tesi del Pci sulla matrice fascista dello stragismo e allo stesso tempo copriva una verità non rivelabile. Da Bologna, l'ex pm Claudio Nunziata nega però ogni valore a queste ipotesi...Quando vedo magistrati come Armando Spataro, che scrivono libri di 600 pagine per dire non c'è più niente da sapere, mi chiedo: "ma allora che scrivono a fare?". E quando Nunziata accusa Priore di affermare la stessa verità di Valerio Fioravanti, non posso non pensare che anche i magistrati dovrebbero avere la stessa onestà intellettuale e umiltà di Priore. Priore che parte dal riconoscere i limiti delle verità giudiziarie, incluse quelle raggiunte da lui. Dice: "Siamo arrivati solo sino a certo punto", e prova a spiegare perché non si è mai arrivati oltre. E risponde che è stato perché le inchieste erano condizionate da teoremi e chiavi di lettura ideologiche, oppure perché le ragioni della verità erano in contrasto con la ragion di stato. In Italia esiste da sempre questo eterno confitto eterno tra le ragioni della giustizia e della legalità e quelle dell'interesse di Stato.

domenica 1 agosto 2010 Strage di Bologna: Signorelli da imputato a persona offesa

Uno dei manifesti della campagna di "Giustizia giusta" per l'anniversario della strage di Bologna

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaIl professore di filosofia maestro pensatore dell’antagonismo politico di destra figura come persona offesa nell’inchiesta bis sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morte e 200 feriti). Nata nel 2005 dalle emergenze della Commissione Mitrokhin. Signorelli venne accusato di concorso proprio nella strage di Bologna, e anche di essere il mandante degli omicidi Occorsio e Amato. Per questi motivi fu arrestato nel 1980 e scarcerato il 25 luglio 1990, dopo 7 anni di carcere e tre anni di arresti domiciliari,prima di essere assolto da tutte le accuse.Signorelli si è costituito tramite l’avvocato Gabriele Bordoni come persona offesa “atipica”, dopo gli anni passati in carcere nell’ipotesi che vi sia una verità alternativa. Bordoni assiste come persona offesa anche l’Associazione Enzo Tortora. Persona offesa è anche l’Associazione Vittime della Strage. Per la strage sono stati condannati all’ergastolo Francesca Mambro e Valerio “Giusva” Fioravanti, e a 30 anni Luigi Ciavardini, processato a parte perché nel 1980 aveva 17 anni. Tutti e tre facevano parte dei Nar e si sono sempre dichiarati estranei alla strage. Nel 2005, appunto, è stata aperta un’inchiesta bis, in base alle risultanze della commissione Mitrokhin. Un’inchiesta che considera spiegazioni alternative a quelle ratificate dalle sentenze irrevocabili. Al centro di nuovi accertamenti (il fascicolo è contro ignoti) ci sono il terrorismo palestinese e due personaggi: il terrorista internazionale Carlos, conosciuto anche come “lo Sciacallo”, e Tomas Kram, delle“Revolutionaere Zellen” tedesche, esperto di esplosivi e legato allo “Sciacallo”, che pernottò a Bologna all’Hotel Centrale nella notte tra l’1 ed il 2 agosto dove alloggiò dando il proprio vero nome.L'anno scorso, in occasione dell'anniversario della Strage, "Giustizia giusta", l'associazione che fa capo a Paolo Signorelli rilanciò le rivelazioni del presidente emerito Francesco Cossiga, all'epoca dei fatti premier, sui condizionamenti subiti dall'inchiesta fin dalle origini:Il 4 agosto 1980 Francesco Cossiga, al tempo Presidente del Consiglio dei Ministri, dichiarò in Parlamento che l’attentato alla Stazione di Bologna era un attentato “fascista”, sostenendo che “non da oggi si è delineata la tecnica terroristica di timbro fascista…il terrorismo nero ricorre essenzialmente al delitto di strage perché è la strage che provoca paura, allarme, reazioni emotive e impulsive”. Il 15 marzo 1991 Francesco Cossiga, divenuto nel frattempo per meriti di “servizi” Presidente della Repubblica, affermò davanti al Comitato per i Servizi di sicurezza di essersi sbagliato nel definire “fascista” la strage del 2 agosto e, oltre a presentare le scuse ad alcuni inutili parlamentari del Msi per aver addebitato alla “destra” la strage, sostenne che “il giudizio da me espresso allora fu il frutto di errate informazioni che mi furono fornite dai Servizi e dagli organi di polizia…la subcultura e l’intossicazione erano agganciate a forti lobbies politico-finanziarie”. Il 18 marzo 1991 il nostro redattore Paolo Signorelli (già incriminato e poi prosciolto per la strage) fece sapere attraverso le agenzie di stampa di non accettare le “scuse” di Cossiga ritenendole “patetiche, ridicole e volgari”, aggiungendo che le 85 vittime di un ignobile massacro di popolo esigevano che venisse fatta giustizia. “Il balbettio – aggiunse – di Cossiga a proposito di una subcultura operante sotto le direttive di certe lobbies finanziarie e politiche va trasformato in preciso atto di denuncia e di accusa. Altrimenti si abbia il coraggio di tacere”. Dal 1991 l’invito a parlare viene puntualmente rilanciato ogni anno in occasione della ricorrenza della strage senza che l’esimio esternatore (che pure ci ha magistralmente spiegato il modus operandi dei Servizi da lui diretti al tempo in cui era Ministro di Polizia e recentemente raccontato la sua “ verità” su Ustica e Bologna) nulla dica. La redazione di “Giustizia Giusta” ritiene, dunque, inaccettabile il comportamento omertoso tenuto da Cossiga che oltretutto tenta grottescamente di rilanciare il suo convincimento “innocentista” nei confronti di Mambro e Fioravanti fornendo la spalla alle iniziative di quanti a destra, anche attraverso il comitato

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteria“L’Ora della Verità”, cercano di sostenere l’improbabile tesi dello stragismo palestinese a proposito dell’attentato di Bologna, rifiutando di percorrerre altre piste che nel drammatico tic-tac Ustica- Bologna potrebbero ricondurre al Mossad. Il sudario del silenzio che continua a coprire ogni tentativo di ricostruire la strage del 2 agosto ha trasformato il “ragazzino” Luigi Ciavardini nell’unico vero capro espiatorio di una spirale perversa in cui si muovono lobbies di potere, apparati mai deviati e magistrati teorematici. “Giustizia Giusta” si farà ancora una volta promotrice di iniziative forti dirette ad ottenere la rimozione del Segreto di Stato perché si possa giungere a conoscere la verità sulle stragi che con cadenze terrifiche hanno per decenni insanguinato la Colonia Italia.

domenica 1 agosto 2010 a 9:50:00 PM | By: ugo maria tassinari Strage di Bologna, Beccaria: la verità passa per Brescia 2a edizione

E' in libreria ma è anche disponibile on line per il download il libro di Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi, "Schegge contro la democrazia", pubblicato da Socialmente, una casa editrice della Cgil emiliana. Un pamphlet sulla strage della stazione di Bologna tirato giù in poche settimane, grazie al contributo dello Spi, il sindacato pensionati della Cgil, a partire da documenti e testimonianze spesso vecchissimi ma tornati alla ribalta nel processo per la strage di Brescia.In un articolo pubblicato oggi da Liberazione, che al trentennale dedica la copertina odierna, la Beccaria spiega il senso dell'operazione editoriale.

“Non si è indagato abbastanza in questa direzione”, [la pista internazionale, ndb] dicono i sostenitori del fronte “innocentista” a supporto dei neofascisti appartenenti ai Nuclei armati rivoluzionari. Ma in attesa delle risultanze investigative in corso su questo fronte (il cui esito potrebbe giungere entro la fine del 2010), occorre controbattere che a oggi ci sono elementi che

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaconfermano la validità delle sentenze formulate. Sentenze che sì, è vero, condannano la “manovalanza” (eversori neri) e i “fiancheggiatori” (servizi segreti sotto l’egida piduistica), ma che oggi possono essere integrate da ulteriori elementi che stanno uscendo altrove. L’altrove a cui far riferimento è il processo in corso a Brescia per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Iniziato nel dicembre 2008, è un caleidoscopio che racconta una stagione di terrore stragista ben oltre i fatti addebitati agli imputati. Nel corso di decine di udienze, hanno preso la parola ex appartenenti a Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, uomini che sono appartenuti ai servizi segreti, esponenti delle forze dell’ordine che hanno dato un importante contributo alla ricostruzione degli eventi di quegli anni.Il processo di Brescia (ascoltabile integralmente attraverso leregistrazioni pubblicate da Radio Radicale) dà così anche qualche informazione in più per quel che riguarda la strage alla stazione di Bologna".Per gli autori sono due le principali motivazioni che li hanno "spinti ad approfondire la vicenda della strage alla stazione di Bologna, nel libro “Schegge contro la democrazia”: una consapevolezza e una convinzione. La consapevolezza è che dal 2 agosto 1980 fino ai nostri giorni si sono succeduti un numero impressionate di attentati alla verità"."E la convinzione - scrivono Beccaria e Lenzi nel blog dell'associazione dei sacerdoti lavoratori sposati - che oggi, nonostante questi attentati, vi siano ulteriori elementi che, razionalmente e storicamente, confermano il contesto e le responsabilità riconosciuti in undici gradi di giudizio: neofascismo, servizi segreti, massoneria e criminalità organizzata hanno contribuito a creare un quadro di grave minaccia al nostro Stato di diritto. Per attentati alla verità intendiamo non solo gli intralci delle indagini, che hanno finora impedito di scoprire i mandanti della strage (depistaggi per i quali sono stati condannati, tra gli altri, Licio Gelli e i vertici dei servizi segreti militari)".Toccherà riparlarne dopo la lettura.lunedì 2 agosto 2010

Navigando nei siti della destra radicale Per il trentennale della strage di Bologna c'è grande fermento nell'area della destra radicale, decisa a rilanciare le tesi dell'innocenza dei Nar per il massacro alla stazione.Il sito Canti ribelli, il portale della musica non conforme, rilancia il collegamento tra Ustica e Bologna, pubblicando testo e video della canzone degli Imperium.No reporter, il quotidiano online diretto da Gabriele Adinolfi, denunciaun nuovo spettacolo inverecondo. Da una parte quelli che vogliono a tutti i costi, contro ogni evidenza, perpetrare la fandonia della “strage fascista” e dall'altra quelli che finalmente consci dello scenario di guerra internazionale che generò la strategia della tensione e del terrore, ripiegano – a volte persino in buona fede – sul nuovo depistaggio confezionato dal Palazzo: quella della strage palestinese (magari con la complicità dell'ultrasinistra)...

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteria

Il Laboratorio politico Forza uomo, che ruota intorno alla leadership intellettuale del professor Signoreli, diffonde su Facebook un manifesto in cui chiede di rimuovere il segreto di Stato per svelare le responsabilità di usa-Israele, lungo l'asse Ustica-Bologna.Ha agito nello spazio fisico e non nella virtualità Forza nuova, affiggendo decine di striscioni in tutta Italia, per chiedere giustizia e verità sulla strage. Per Gianguido Saletnich, coordinatore laziale e pignolo frequentatore di questo blog, "l'Italia nel 1980 era un campo di battaglia. Ustica è solo uno degli episodi".

lunedì 2 agosto 2010

La destra radicale e l 'ora della verità - 2/ AreAzione è un movimento dell'area identitaria, la frazione della destra radicale che nelle sue espressioni principali, da Milano (spaccando Cuore nero) a Roma (con il Popolo di Roma di Giuliano Castellino) è confluita nel Pdl, sulle posizioni di quella che un tempo fu la destra sociale di Alemanno. Nel suo manifesto sulla strage della stazione il calembour è facile: "E' stato lo Stato ... che chieda scusa".

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteria

Sulla pista israeliana si sofferma con dovizia di particolari l'ex europarlamentare e leader di Forza Nuova, Roberto Fiore.Questo è il dispaccio dell'Ansa: «Nessuno vuole parlare dei legami tra P2 e Mossad illustrati da un protagonista diretto: l'ex spia israeliana Victor Ostrowsky (...) Si è spesso detto che fondamentale è il ruolo della P2 in questi drammatici eventi. Lo è certamente per il depistaggio e per il ruolo egemonico che esercitò in quei mesi in una serie di gravi e sanguinosi accadimenti. Ebbene c'è un elemento che collega la P2 al Mossad. Questo elemento è descritto nel libro di Victor Ostrowski 'The other side of deception'. In questo libro Ostrowski, colonnello del Mossad, racconta di aver fatto un trasporto di armi in Italia con l' aiuto di esponenti della P2 all'inizio del 1980: questo racconto fatto en passant, per noi che sappiamo cosa avvenne nell' agosto di quell'anno, ha un' importanza fondamentale. Tutto era stato preparato prima della strage e pertanto gli organizzatori di questa criminale farsa, cioè i depistaggi attuati dai servizi segreti su Ustica e Bologna, dovevano sapere che qualcosa era imminente. Alla riunione, tenutasi all' aeroporto di Parigi, in cui si decidono i dettagli di quel complotto, partecipa Michael Ledeen, a quei tempi capo della CIA in Italia, oggi importantissimo esponente neoconservative americano, strenuo difensore di Israele ( è dotato di doppia cittadinanza americana e israeliana ). Di Ledeen, per questo suo operare fu chiesta l' immediata espulsione, come 'persona non grata' da parte del Capo dei servizi Italiani Ammiraglio Martini. Nessuno ne chiese l' arresto perchè avrebbe implicato il coinvolgimento nell'inchiesta della strage di uno o forse due servizi segreti 'amici' dell' Italia ed oggi questo signore viene invitato a Porta a Porta o a radio Radicale in qualità di attento politologo». Anche alla maggiore agenzia di stampa sfugge un particolare curioso, che Fiore, descritto come "coinvolto nelle prime indagini" è entrato nel processo per la strage come imputato di banda armata (nel blitz del 28 agosto 1980) e ne è uscito da parte lesa (del depistaggio del Supersismi). Riconosciuto in sentenza come vittima di Gelli, Pazienza e C. Curioso, no? Ma nessuno ne parla. Giustizia Giusta, il comitato che fa capo a Paolo Signorelli, 9 anni di carcere preventivo come ideatore della strage e di altri delitti e poi assolto, denuncia invece lo scarso impegno della magistratura per verificare le dichiarazioni di Carlos, lo “sciacallo”, leader di una banda di

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriasupporto al terrorismo palestinese, a un magistrato della Procura di Bologna, Enrico Cieri:« La strage del 2 agosto, a Bologna, non è opera dei rivoluzionari né dei fascisti, comunque quella è roba della Cia, i servizi segreti italiani e tedeschi lo sanno bene. Il guaio è che l'Italia è una semicolonia degli Stati Uniti, ragion per cui nel vostro Paese non si possono risolvere i tanti misteri... L'Italia dal 1943 è metà pizzeria e metà bordello degli americani, per questo non si risolve nulla... e lo stesso vale per la Germania, semicolonia americana dal 1945».E conclude con amarezza, dopo aver ricostruito nel dettaglio tutti i rallentamenti e le occasioni perse: «Almeno che qualcuno ci spieghi, ci dica perché è proprio così inutile ascoltare Carlos in profondità, dando così modo all’Inquirente di procedere oltre. Avevamo detto un anno fa che volevamo che si arrivasse sino in fondo alle parole dello “sciacallo”, per cancellarle se frutto di mitomania oppure per consentire loro di offrirci qualche tassello in più di verità, sospingendo la nostra Giustizia a riprendere il suo corso, per cercare -in un clima politico meno rovente, questo solo essendo il vantaggio del tempo trascorso- di fare luce, anziché arrestarsi. Dopo un anno di silenzio e di fronte alle scelte di oblio del Governo, urliamo forte la nostra rabbia, per essere una volta ancora chiamati a sopportare di vivere in un Paese che non ha più anima, coscienza civile, anelito di verità e Giustizia. Un Paese che non rispetta il dolore dei suoi figli». A Catania, infine, gli attivisti dello Spazio Libero Cervantes hanno affisso sui pali del centro e in particolare presso la Stazione centrale orologi fermi alle 10.25 per ricordare che l'ora della verità è ancora lontana.

lunedì 2 agosto 2010

Il convitato di pietra

E' un'impresa disperata inseguire i materiali che si accumulano on line e quindi mi limito a postare il link per un pezzo di scrittura dal blog del blocco studentesco di Firenze (non avrebbe senso stralciarne parti) e un manifesto, del gruppo tradizionalista pugliese Azione e Tradizione, fondato a Modugno da Pino Tosca, l'ex ordinovista e poi leader di Europa civiltà approdato al

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriacattolicesimo integrale.E' significativamente dedicato al solo Luigi Ciavardini. Va bene, è l'unico che sta ancora effettivamente scontando la pena, ma dietro questa scelta trapela qualcosa di più, ed è un atteggiamento di fondo diffuso nell'area della destra radicale, che oscilla tra la distratta indifferenza e la più o meno dichiarata ostilità nei confronti degli altri due condannati, Francesco Mambro e Valerio Fioravanti. Che sì, certo, sono innocenti ma hanno ucciso il camerata Mangiameli, e poi si sono completamente distaccati dall'ambiente per approdare alla realtà più antipodica alla fascisteria: i radicali. Cioè un partito globalista, pacifista, antiproibizionista, abortista, filo-eutanasia, ultralibertario e per finire la forza politica più integralmente e orgogliosamente filosionista. E poiché il fronte innocentista di destra si sta spaccando tra "pista palestinese" e "pista israeliana" e la mentalità dietrologica si spreca ...Valerio Fioravanti non se ne preoccupa più di tanto: stasera alle 21 terrà una diretta da Radio radicale con il direttore (ex?) Massimo Bordin, trasmissione che si annuncia interessante e intanto quello che aveva da dire lo ha detto al magazine più venduto, Panorama.«Con la strage di Bologna e con quegli 85 morti noi non c’entriamo niente. E ci siamo stancati di ripeterlo. Se questo Paese non cerca la verità è un altro motivo per tacere». Anche la sentenza sulla strage di Bologna, secondo Fioravanti, andrebbe riletta: «I giudici hanno scritto che noi non siamo gli esecutori materiali della strage… lo hanno messo nero su bianco. Nessuno ci ha mai visto a Bologna, questo hanno scritto, né prima né durante né dopo la strage».

Lo striscione esposto a L'Aquila da Casa Pound

Quell 'estate a Tre Fontane E' in libreria ma è anche disponibile on line per il download il libro di Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi, "Schegge contro la democrazia", pubblicato da Socialmente, una casa editrice della Cgil emiliana. Un pamphlet sulla strage della stazione di Bologna tirato giù in poche settimane, grazie al contributo dello Spi, il sindacato pensionati della Cgil, a partire da documenti e testimonianze spesso vecchissimi ma tornati alla ribalta nel processo per la strage di Brescia. Pur non condividendo la tesi colpevolista del volume, nel rispetto della completezza e del pluralismo dell'informazione che anima questo blog, per gentile concessione degli autori, pubblichiamo il capitolo sulle vacanze siciliane di Fioravanti e Mambro, fino alla vigilia della strage

Alla fine di luglio 1980 Valerio Fioravanti e Francesca Mambro avevano avuto occasione di

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaconoscere, presso la villa di Francesco Mangiameli (ove furono ospiti per circa 10 giorni), Gaspare Cannizzo. Solo negli anni successivi viene accertato che un tale Gaspare Cannizzo risulta essere stato funzionario della Regione Sicilia e massone di un certo rilievo, peraltro collegato con logge siciliane con vasta appartenenza di mafiosi. Dalla relazione redatta nel 1989 dell'Alto Commissario Antimafia sul delitto di Piersanti Mattarella (avvenuto a Palermo l’6 gennaio 1980) si legge che:

“Mangiameli apparteneva all'Ordine Martinista. Di questa adesione, sia pure in maniera imprecisa, aveva infatti parlato Stefano Alberto Volo al dottor [Giovanni] Falcone, riferendo che Mangiameli, nell'estate del 1980, gli aveva proposto di entrare a far parte di un'associazione segreta che si ispirava ai principi dei Templari e del Santo Graal, di cui non gli fece però mai il nome. Nell'associazione avrebbe potuto essere introdotto da Gaspare Cannizzo, da Volo conosciuto nella casa di 'Tre Fontane', nel periodo in cui vi erano ospitati Valerio Fioravanti e la Mambro. Cannizzo è direttore responsabile del periodico palermitano 'Le vie della tradizione', rivista esoterica nella quale scrivono non pochi massoni, e il noto Claudio Mutti.

In seguito all'acquisizione, da parte della Commissione Antimafia nel corso della XI legislatura, delle schede anagrafiche degli iscritti alle logge di via Roma 391 ('Gran loggia d'Italia' di Piazza del Gesù, alias 'Centro Sociologico Italiano'), sequestrate dalla magistratura nel 1986 a Palermo, era stato possibile verificare che un certo Gaspare Cannizzo vi risultava iscritto. L'Ordine Martinista al quale erano affiliati Mangiameli e Cannizzo è strettamente collegato […] alle logge trapanesi di Giovanni Grimaudo, aderenti all'Obbedienza di Mandalari nata con l’aiuto e il riconoscimento di [Giovanni] Alliata di Montereale)”.

Per una persona come Fioravanti, che ha sempre rivendicato la sua lontananza da questo mondo, è una circostanza abbastanza inquietante, della quale è difficile che riesca a fornire una convincente spiegazione.

In Sicilia erano particolarmente presenti comunioni massoniche che si richiamavano all'obbedienza di Piazza del Gesù, in particolare quelle appartenenti al C.A.M.E.A.. Tra gli affiliati alle logge C.A.M.E.A. in Sicilia negli anni Ottanta figuravano numerosi individui ritenuti esponenti di Cosa Nostra. Non è tranquillizzante che in possesso di Alberto Volo sia stato a suo tempo trovato, oltre al documento intestato Vailati, anche una carta di identità intestata ad Angelo Siino, nominativo che negli anni successivi verrà indicato come il ministro dei lavori pubblici della mafia. E lo è ancora meno il fatto che Volo e Mangiameli il 30 agosto 1980 si siano rifugiati nei pressi di Perugia nella casa di Salvatore Davì, sottoposto alla sorveglianza speciale in quella città, in quanto sospettato di appartenenza ad associazione mafiosa. Nominativo che nel 2006 risulta nuovamente inquisito nell’indagine sui pizzini di Provenzano e che potrebbe appartenere (le verifiche sono in corso) alla stessa famiglia di Francesco Davì, indicato dal pentito Marino Mannoia come persona che avrebbe partecipato all’omicidio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, omicidio commesso il 6 gennaio 1980.

Cristiano Fioravanti aveva da tempo dichiarato che ad uccidere Mattarella era stato il fratello Valerio e che l’incarico era stato a lui affidato da un funzionario regionale. Davanti ai giudici palermitani aveva poi ritrattato, ma successivamente aveva riconfermato la circostanza dinanzi al giudice istruttore di Bologna, Leonardo Grassi.

Valerio Fioravanti, benché riconosciuto dalla moglie di Mattarella, fu assolto da quell’omicidio sulla base di una valutazione di Tommaso Buscetta secondo il quale la mafia non avrebbe mai appaltato un delitto di quel genere ad un soggetto esterno.

Massimo Ciancimino recentemente ha riferito di avere saputo dal padre Vito che l’omicidio di Mattarella era stato appaltato dalla mafia “alla manovalanza romana, un po’ delinquenti un po’

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaterroristi” per “uno scambio di favori”. La stessa giustificazione che ne aveva dato Cristiano Fioravanti.

Peraltro l’omicidio Mattarella fu rivendicato con la sigla “Nuclei Fascisti Rivoluzionari”, sigla utilizzata solo in pochissime occasioni e di cui Cristiano Fioravanti ammette la paternità in relazione ad alcuni incendi di autobus realizzati a Roma. La contestuale rivendicazione a nome delle Br risponde a una strategia di confusione già sperimentata in altre occasioni (Mambro ammette di averla utilizzata in occasione dell’assalto al distretto militare di Padova).

Adinolfi/1: ho subito quattro depistaggi Gabriele Adinolfi è uno dei tanti che ha avuto la vita stravolta dalla strage di Bologna. Colpito da mandato di cattura il 26 agosto nel primo blitz contro l'eversione nera e poi il 23 settembre per le attività di Terza posizione (per cui è stato poi condannato) è paradossalmente passato a Bologna dalla condizione processuale di imputato a quella di parte lesa (dal depistaggio dei servizi segreti noto come "operazione terrore dei treni"). A differenza del suo "gemello" politico-processuale Roberto Fiore (che anche se non lo sa nessuno è stato riconosciuto in sentenza come "vittima" di Gelli Pazienza e c.), Adinolfi è rimasto nel limbo: da latitante, infatti, non ha potuto formalizzare la sua richiesta di costituzione come parte civile, comunque ha sopravvissuto al trauma e ha continuato a operare non più come leader politico ma come testa pensante di un'area di destra radicale dinamica e innovativa.Il trentennale della strage è l'occasione per un'intervista di (ahimé) ampissimo respiro, che divido in tre parti.Sei stato di fatto – ma non di diritto – parte lesa per la strage di Bologna in quanto oggetto di un depistaggio dei servizi segreti pidduisti Ad essere precisi sono stato oggetto di quattro depistaggi sulla strage di Bologna .La prima volta fui incluso nel blitz del 28 agosto 1980, cui sfuggii perché non ero a Roma quando venne eseguito. Fu un depistaggio dettato dal dirigente dei servizi interni, Russomanno, per cui vennero utilizzate delle affermazioni di due mitomani, Piergiorgio Farina e Marco Affatigato. Quest'ultimo si rivelò poi continuativamente organico ai servizi. La montatura si sgonfiò in pochi mesi.Immediatamente dopo, con Fiore e Vale e ancor prima di Delle Chiaie, fui oggetto di un depistaggio più serio. I servizi fecero ritrovare sul rapido Taranto-Milano armi, esplosivo (pare che fosse lo stesso di Bologna e si noti che la perizia non era stata ancora eseguita...) e biglietti d'aereo che avrebbero rimandato a noi. Furono lo scompaginamento della loro struttura occulta e il pentimento del maresciallo Sanapo a far saltare la montatura costando poi ai vertici coinvolti, e a Licio Gelli, condanne un po' bizzarre (“calunnia” e “detenzione di armi ed esplosivi”).Il terzo tentativo fu insidioso. Mambro e Fioravanti, per sottrarsi agli esiti della falsa testimonianza di Sparti - su cui si fondarono poi il loro processo e l'assurda condanna che subirono insieme a Luigi Ciavardini - provarono a far rimbalzare l'accusa su di me e Fiore. Sostennero che noi avessimo cercato tramite loro dei documenti falsi, che non ci servivano affatto non essendo né latitanti né clandestini, e che lo avremmo fatto proprio subito dopo la strage. Questo avrebbe spiegato il loro interessamento presso Sparti. Il tutto era così inverosimile e contraddittorio rispetto alle loro intenzioni dell'epoca che non ha convinto nessuno. Ma il tentativo lo fecero. Se li avessero creduti, dall'accusa ci saremmo dovuti difendere noi e loro se la sarebbero cavata tramite questo capolavoro etico.Il quarto depistaggio avvenne nell'estate del 1992, quando, dopo dodici anni di latitanza, ero

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriastato catturato in Austria. Un certo Sinibaldi accusò un insieme di persone, e me tra quelle: messo alle strette crollò e spiegò che era stato imboccato dai servizi segreti militari.Come spieghi quest'accanimento sul tuo ambiente e quello sulla tua persona? Non lo so. Mi sono fatto la convinzione che i servizi e i pool di inquirenti si muovano non per cercare la verità ma per depistare; per questo individuano e cercano d'incastrare dei capri espiatori. Questi capri espiatori sono scelti tra i più deboli, ovvero tra quelli che hanno le spalle meno coperte da gruppi di potere, o che non le hanno affatto. Ragion per cui si devono sempre colpire quelli che non hanno santi in paradiso ed ecco perché si tratta in genere di fascisti o di anarchici o, se la pista diventa internazionale, di arabi.Infine, tra queste categorie, è meglio prendersela, se possibile, con chi non parla un linguaggio compromissorio e conformistico. “Intrigo internazionale” confuta le stragi fasciste Intendiamoci: il libro del dottor Priore e di Fasanella ha due grandi meriti: confuta la menzogna delle stragi fasciste e finalmente legge la Strategia della Tensione per quello che fu: una guerra combattuta in Italia, una Guerra Mediterranea.Ma lì si ferma perché, per timori riverenziali o per limiti umani, non si addentra oltre se non depistando ancora, sia pure su di un livello diverso da quello conosciuto finora, diciamo pure a un livello superiore.Che ne pensi del fatto che Priore sposa la tesi ella strage palestinese?Per te è un depistaggio? La strage palestinese è un non senso e la tesi di colpevolezza sostenuta da qualche anno in qua, cioè da quando lo fece la rivista alleanzina Area, è grottesca.Si sostiene che fu una vendetta per l'arresto del rappresentante in Italia del Fplp Saleh.Orbene Saleh per le sue attività sul nostro territorio era stato condannato a sette anni di reclusione e ne scontò poco più di uno, uscendo, come sempre avviene in questi casi, per via diplomatica e non certo, come vorrebbero suggerirci, per aver spaventato l'Italia.Si tratterebbe secondo altra tesi della vendetta per l'arresto dei tre autonomi Pifano, Nieri e Baumgartner, presi durante il trasporto di armi per i palestinesi. Ora va considerato che i palestinesi non vendicano, perché non ne hanno la forza, i loro che marciscono in prigione, figurarsi se potevano “vendicare” i tre autonomi. Anche la storiella del commando di Carlos, che secondo la tesi avrebbe dovuto agire per conto dei palestinesi commettendo la strage di Bologna, con tanto di terrorista tedesco che la notte dorme in albergo con i suoi documenti, è grottesca.Quindi la pista palestinese, la pista Carlos, la pista Autonomia Operaia non ti convince? Siamo chiaramente di fronte ad un nuovo depistaggio di cui il dott. Priore e i redattori di Area sono probabilmente strumenti inconsapevoli.Io penso che l'apertura degli archivi di molti Stati, le investigazioni di parecchi investigatori e la nuova geografia dei conflitti internazionali abbiano imposto di rileggere la Strategia della Tensione in modo meno grossolano di quanto fatto fino ad oggi; io ritengo che tutto questo abbia letteralmente costretto a imboccare finalmente una pista internazionale. A pista obbligata nuovi depistaggi: contro i vinti ovviamente. I palestinesi e i loro amici, nella fattispecie gli autonomi. Ed ecco che nascono “rivelazioni” cui puntualmente abboccano persone che cercano la verità. Da subito presi posizione contro questo teorema inquinante e mi duole che ci sia chi ha pensato che potesse essere accettabile il rovesciare su degli avversari onorevoli le accuse infamanti di cui il nostro mondo è stato vittima per quarant'anni. Per quanto Pifano sia stato e resti un antifascista viscerale e troglodita ciò non consente a nessun uomo che abbia onore d'infangare il combattente coraggioso e generoso e di accostarlo ad accuse stragistiche.[1-continua]

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaAdinolfi/2: Israele al centro della guerra mediterranea Gabriele Adinolfi ha avuto la vita stravolta dalla strage di Bologna. Ricercato nel primo blitz contro l'eversione nera di fine agosto è passato dalla condizione di imputato a quella di parte lesa (del depistaggio del Supersismi per cui sono condannati Gelli Pazienza Musumeci e Belmonte). Per la condizione di latitante non ha potuto formalizzare la richiesta di costituzione come parte civile. Ma è di fatto anche lui una vittima nel processo per la strage. Come è stato riconosciuto a Roberto Fiore, suo sodale in Terza posizione. Chi credi che abbia commesso la strage di Bologna?Come ho già detto, non posso stabilire se la strage di Bologna sia stata il sugello posto alla conquista avvenuta dei gangli vitali della nostra politica estera ed energetica da parte del partito israeliano, che concludeva così una strategia iniziata dopo la Guerra dei Sei Giorni, se sia addebitabile a chi era stato tradito (la Libia) se sia opera di un'altra potenza attiva nei nostri scenari (Francia, Inghilterra) o se sia infine l'azione di un organismo regolatore supernazionale. Sono certissimo però che non solo non fu una strage fascista ma non fu neppure una strage palestinese, anarchica o ultracomunista.Tu contesti a Priore e Fasanella l'aver minimizzato il ruolo israeliano nella Strategia della Tensione, eppure loro ne parlano. Che vuoi dire?Mi ha lasciato di stucco il modo in cui viene introdotto e liquidato il ruolo di Israele nel libro-inchiesta. Ad un certo punto il giudice Priore scrive “Israele può contare sulle ramificazioni della diaspora ebraica presenti in tutto il mondo. Non è necessario essere un grande Paese per avere un servizio d'informazione molto efficiente. E poi non va dimenticato il rapporto viscerale con gli Usa, grazie alla posizione del ceto ebraico nei gangli più importanti della vita americana, a cominciare da quelli economici, finanziari e culturali”. Accenna poi un paio di volte alla proposta che il Mossad fece alle Brigate Rosse al fine dichiarato di destabilizzare l'Italia. Che Israele volesse destabilizzare l'Italia viene ribadito a più riprese. Sembra la premessa a conclusioni interessanti. Sembra. Però non un cenno all'abbattimento – nel novembre 1973 - dell'Argo 16 con a bordo vertici del nostro controspionaggio rei di avere ecceduto nella politica filoaraba. Non un accenno alla strage di Milano dell'aprile 1973 con l'esecutore venuto dritto dritto da Israele e dotato di armi israeliane. Si parla spesso del ruolo centrale – nel terrorismo rosso – del Superclan che si stabilirà a Parigi fondando l'Istituto Hypérion, ma non una sola parola sui rapporti tra i fondatori e i servizi segreti israeliani.Quando viene trattato il delitto Moro, non c'è alcun accenno alle piste per Tel Aviv che pure furono aperte proprio da Fasanella (e da Rocca) nel loro “Il misterioso intermediario”.Alla fine, la guerra del Mediterraneo sembra un affaire di francesi, libici e palestinesi.Francamente stupefacente questo rifiuto continuativo di trarre le conseguenze dagli indizi e dalle prove che si hanno, per poi rifugiarsi in congetture fuorvianti.Tu credi che si fermino dove dovrebbero addentrarsi: perché?Non ho idea se ci siano pavore o mala fede.Di certo nel libro ci sono affermazioni dettate da preconcetti, da simpatie o antipatie.Ad esempio s'insiste su di un presunto ruolo chiave di Mitterrand e della sua dottrina a sostegno delle BR. Ma la Dottrina-Mitterrand è di fine 1981 mentre il santuario parigino – Hypérion – era attivo soprattutto sotto Giscard, e il delitto Moro precede di tre anni l'elezione di Mitterrand. Sempre restando in Francia, il dott. Priore denunciando la non collaborazione continuativa alle indagini, tesse le lodi di un solo dirigente dei servizi segreti che avrebbe rotto il muro d'omertà: Desmaranches. Ovvero il regista riconosciuto dei depistaggi di Bologna!Infine si mantiene in vita per respirazione artificiale il buon ruolo del Pci berlingueriano che

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriasarebbe stato osteggiato da americani e sovietici. Noi sappiamo, dalle veline della Cia poi rese pubbliche, che gli Usa non osteggiavano affatto Berlinguer e sappiamo pure che fino alla Caduta del Muro Mosca rifornì il Pci di rubli. Ci sono insomma vere e proprie distorsioni che non aiutano affatto ad imboccare vie diritte. Tra queste c'è l'ossessione anti Autonomia Operaia, forse dettata dalla militanza in altri gruppi rivali di sinistra e, infine, c'è la palese, evidente, tangibile, mancanza di esperienza umana per cogliere come si muovono gli uomini nel mondo; cosa che non si può imprigionare in schemi senza scadere nel patetico.Non credi quindi all'eterodirezione programmata del terrorismo di sinistra?Come dissi recentemente, i servizi o le strutture di controllo quasi mai creano le organizzazioni di sana pianta; eventualmente le osservano, le coprono, anche a loro insaputa, le teleguidano, anche a loro insaputa, le utilizzano, infine le liquidano. Però le strutture nascono da input umani, in un humus, in una condizione e da certi caratteri esistenziali.Secondo il libro le strutture che poi costituiranno Hypérion avrebbero creato ex nihilo la lotta armata di estrema sinistra. Altrove e a più riprese si sostiene però che furono i feltrinelliani a produrla. Allora parliamo di produzione dall'alto o di spontaneismo?Dal libro non può uscire la risposta soddisfacente che poi è: tutte e due le cose insieme.C'è un humus, c'è una condizione e ci sono quelli che osservano dall'alto. Nella misura in cui ritengano di lasciar spago lo lasciano, ma chi è legato allo spago generalmente non lo sa, senza contare che a volte lo può anche recidere, magari senza neppure accorgersene.[2-continua]

Adinolfi/3: le Br e il Sim, felice intuizioneCon alcune riflessioni sugli scenari internazionali e i giochi di spie tra potenze regionali disegnati nel libro di Priore e Fasanella si conclude la maxintervista a Gabriele Adinolfi. Nel corso della giornata, intanto, tra faconde intuizioni di Mastelloni (la strage appaltata) e clamorosi dietrofront (Di Pietro) è evidente che sulle nuove piste internazionali si è aperta una partita geo-politica complicata. Chi vivrà vedrà. Però hai tessuto le lodi di molte parti di "Intrigo Internazionale"Gran merito degli autori è il quadro fornito delle strutture internazionali che hanno agito nel caos. Inglesi, francesi, israeliane, libiche. A queste essi aggiungono, come avevo fatto io stesso in passato, le tedesche dell'est e dell'ovest e le ceche. Stabilendo anche i rispettivi ruoli. Praga era un santuario mentre Berlino Est agiva a tutto campo, esattamente come Tel Aviv.Il pregio di questa lettura – probabilmente la più riuscita del libro – sta nel fatto che sostiene che né la Stasi né il Mossad lavoravano per un solo campo (est od ovest) e che ricorda che spesso ci furono contatti, collaborazioni non proprio conformi. Infine si noti che sullo sfondo le due Superpotenze (Usa ed Urss) lasciano fare molto più di quanto facciano direttamente; a loro basta controllare. Ci troviamo insomma in un quadro in cui gli interessi delle medie potenze e i loro conflitti vengono risolti secondo leggi tacite ma evidenti: basta che rispettino le regole fondanti dei macroequilibri. Ed ecco che si spiega perché mai dei Paesi-cerniera, con conseguenti licenze particolari, come la Germania dell'Est e Israele, abbiano avuto una mole e una libertà d'azione nettamente superiore a quelle altrui. Di qui l'inquinamento che svolsero in contemporanea, in stato di rivalità e/o complicità, sulle ali del radicalismo di sinistra.Berlino Est aveva la patente del Cremlino, Tel Aviv potè invece raggiungere e sostenere senza troppa difficoltà gli ambienti ebraici estremistici, solitamente trozkisti od operaisti.Aveva commandos e agitprop già pronti in quantità: bastava agganciarli e manipolarli.Israele e Germania Est più colpevoli di altri? E Israele più della Germania Est? C'è una gerarchia di fatto tra le potenze, questa gerarchia corrisponde quasi in toto alle loro

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaresponsabilità nei crimini e nelle stragi. Ma se definiamo questa gerarchia - che intimorisce chi dovrebbe trarre le conclusioni - ancora non abbiamo concluso l'opera. L'assenza operativa russo-americana da un lato, l'azione di strutture - o di uomini – dall'evidente funzione supernazionale dall'altro, devono indurci a trarre ulteriori conseguenze.Cosa intendi per queste ulteriori conseguenze? Hypérion che cos'è? Francese, americana, israeliana? Probabilmente tutte e tre le cose.Chi protesse Simioni (il fondatore del Superclan poi riparato ad Hypérion)? Gli atlantisti o gli antiatlantisti? O gli uni e gli altri insieme?E che dire di Igor Markevitch, il “grande vecchio” il “direttore d'orchestra” individuato proprio da Fasanella e da Rocca? Non dimentichiamo non solo il ruolo che costui avrebbe avuto negli interrogatori e nella carcerazione di Moro ma quelli che ebbe durante la guerra quando, in Toscana, rappresentava gli interessi francesi ed inglesi presso i servizi tedeschi di controinformazione. E se prendiamo per buona la Relazione Anselmi sul caso Gelli, dobbiamo accettare che sempre in Toscana, e sempre durante la guerra, costui lavorasse al contempo per i comunisti e per i tedeschi e che nel dopoguerra collaborasse con il Cominform e con i serivizi inglesi.Non so quanto ci sia di vero in tutto ciò e neppure m'interessa, è la tendenza che mi preme cogliere. Ovvero che si è passati ad uno stadio di organizzazione supernazionale e mondialista che sovrasta e regolamenta le politiche nazionali e i loro crimini.Un'organizzazione supernazionale? Prendiamo l'abbattimento del Dc-9 sui cieli di Ustica il 27 giugno 1980. Il giudice Priore, che si è occupato del caso, accantona altre piste e propende per l'attacco militare francese ai libici nel nostro cielo. Non so se sia una lettura corretta ma proviamo a darla per buona. Diamo cioè per buono che per ragion di Stato, per evitare di denunciare le responsabilità di un importante alleato, le autorità italiane, subto al corrente, abbiano depistato e taciuto. Questo non spiega minimamente quello che accadde dopo, e che lo stesso giudice ricorda: l'eliminazione di una decina di testimoni, molti dei quali inseriti nei nostri apparati militari, e di un paio di periti. Impensabile che i francesi abbiano eliminato negli anni una dozzina di cittadini italiani, tra cui militari e agenti italiani, che lo abbiano fatto in Italia tranquillamente. Ciò non può essersi verificato senza la cooperazione attiva di strutture italiane che rispondono ad ordini superiori. Ordini superiori che non possono venire da Parigi o, comunque, che non possono venire da interessi francesi ma indicano sicuramente coinvolgiment più alti e più oscuri.Il caso è emblematico ma credo che questa chiave di lettura spieghi anche tante altre vicende misteriose nonché la vera natura di organismi trasversali coperti da troppe parti, come appunto l'Hypérion.Cosa vuoi lasciar intendere? Questo significa che le Brigate Rosse, forse anche per esservisi imbattute, avevano messo a fuoco la presenza di qualcosa d'inquietante cui diedero un'interpretazione purtroppo viziata da nevrosi ideologiche. Parlo di quello che definirono S.I.M. (Stato Imperialista delle Multinazionali) che altro non è se non una sorta di Consiglio d'Amministrazione della politica mondiale che assorbe in sé, orienta, smorza, pilota e adegua le singole parti in conflitto.Prima delle Brigate Rosse a tanto erano giunti gli intellettuali francesi di segno opposto, Drieu La Rochelle già negli anni quaranta, Raymond Abélio negli anni cinquanta. Senza contare l'incessante lavorio di Henry Coston.E quindi? Due, almeno, sono i significati di tutto ciò. Il primo è che politicamente le cose vanno lette e affrontate in modo assai diverso da quello usuale. Per quanto riguarda le stragi, poi, ciò significa

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriache esse resteranno impunite ma ci saranno sempre colpevoli di comodo per chiudere provvisoriamente le pratiche. Forse la mistificazione delle stragi fasciste è agli sgoccioli; ma attenzione a non credere ai colpevoli sostitutivi che saranno sempre e comunque innocenti.I colpevoli comandano: su tutto e tutti. Un quadro agghiacciante! Lo sarebbe se ci lasciassimo inchiodare all'immagine dello stesso, alla sua foto. Ma la realtà è più simile a un film; i fotogrammi in esso esistono ma si muovono, e poi c'è interattività: tutto muta e il quadro generale offre non pochi aspetti interessanti.Se però lo approcciamo con pregiudizi democratici, con fiducie civiche, o se intendiamo modificarlo con strumenti datati, brancoleremo sempre nel buio. Così come facciamo oggi di fronte alle stragi. E' un tutt'uno: cambiare ottica e mentalità non serve solo a fare un minimo di luce sul passato ma anche a illuminare il passo per l'avvenire. (3-fine)

martedì 3 agosto 2010

Dopo il 2 agosto La giornata del trentennale ci consegna per la prima volta l’immagine forte di un Paese diviso sulla verità giudiziaria per la strage di Bologna ma unito nella consapevolezza che comunque sia quella sentenza è quantomeno monca. Sgombriamo subito il campo da chi ha spostato l’agone direttamente sul terreno politico, tra un Di Pietro che invoca la rimozione del segreto di Stato in funzione antiberlusconiana e un Facci che contesta l’assunto “che il Governo vuole prorogare il segreto di Stato per coprire la verità: ecco perché ieri l’Esecutivo è «scappato» e non ha partecipato alla commemorazione della strage”. Non ci interessa l’apertura del trecentododicesimo fronte antiberlusconiano. Ma non va sottovalutato il fatto che anche un convinto colpevolista come il giudice Mastelloni, uno che è riuscito nella straordinaria impresa di perseguire giudiziariamente sia il Mossad (Argo 16) sia Arafat (traffico d’armi Olp-Br), avverta il bisogno di puntellare la sentenza (priva di movente e mandanti e che si è fermata all’individuazione dei colpevoli, per me comunque presunti) definendo entrambi: un messaggio al governo di farla finita con i giochi di sponda con la Libia, affidato dagli Stati Uniti ai ragazzini dei Nar. Spunta così il quarto livello, che è ovviamente sovraordinato al terzo livello (Gelli e Supersismi: condannati per la sola calunnia) e al secondo livello (la direzione strategica individuata nel vertice ordinovista: assolta) e richiede l’individuazione del misterioso intermediario.D’altra parte si fanno consistenti le obiezioni alla pista palestinese che è finora la più consistente e che scopriamo essere oggetto di indagine giudiziaria alternativa da cinque anni. Toccherà quindi mantenere desta l’attenzione su tutte le questioni.

martedì 3 agosto 2010

Affatigato: Mambro e Fioravanti a Bologna c 'erano Nei giorni scorsi Marco Affatigato ha rilasciato una lunga intervista a Paolo Cucchiarelli sul suo ruolo di laison tra Ustica e Bologna, in quanto "vittima del doppio depistaggio". Per l'occasione ha avanzato una sua ipotesi cerchiobottista sulla strage di Bologna. A un'esplicita domanda sulla "proclamata innocenza di Mambro o Fiorvanti" Affatigato risponde: "Personalmente credo nella loro innocenza. A mio parere sono rimasti vittime di un “guet-à-pens” , ovvero di un trabocchetto. Come credo nella loro innocenza penso però che, quel 2 agosto, fossero a Bologna su invito di qualcuno ed è questa “ostinazione” (comprensibile) nel negare di essere a Bologna quel giorno che , a mio avviso, impedisce una esatta ricostruzione dei loro movimenti e magari una miglior lettura della “macchinazione” per far sì che la strage

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriapotesse essere addebitata all’area della destra radicale. E’ necessario ricordare che la “telefonata” al Corriere della Sera addebitata al Colonnello Mannucci Benincasa (SISMI – Capo Centro a Firenze) mi colloca , oltre che morto , quale militante dei NAR . Ora è notorio, sia nell’ambiente della destra radicale che anche in quelli investigativi, che io non ho mai avuto alcun accostamento coi Nar Certamente una mia “scomparsa” avrebbe avuto quale effetto quello di non potermi difendere e quindi anche di accreditare come vera questa tesi “posizionata” dal SISMI. Sugli altri temi dell'intervista torneremo nei prossimi giorni

28 AGOSTO 2010

Speciale 28 agosto/1: Il blitz contro "il vertice dell'eversione nera"Il 26 agosto 1980 sono spiccati 26 ordini di cattura per la banda armata che sarebbe alle spalle degli esecutori della strage di Bologna. Due giorni dopo ne sono eseguiti una ventina. L’impianto accusatorio ricicla il teorema Amato: la direzione strategica del terrorismo nero è costituita dai quadri coperti del mai disciolto Ordine nuovo, i gruppi giovanili e spontaneisti sono terminali periferici della Organizzazione. Solo 5 anni dopo, nel febbraio 1986, il giudice istruttore di Roma Gennaro stabilisce che sulla base delle risultanze processuali, appare forzata la “reductio ad unum”, anche se non può disconoscersi che i dati acquisiti mettono in luce dimensioni contraddittorie, rilevando l’esistenza da un lato di collegamenti e legami tra nuove e vecchie strutture e dall’altro di una miriade di gruppuscoli che si aggregano e si dissolvono rifiutando anche suggerimenti autorevoli Intanto scattano le manette. Per i “professori”: Aldo Semerari, Fabio De Felice, Claudio Mutti, Paolo Signorelli e Massimiliano Fachini, per militanti del Fuan di via Siena: Guido Zappavigna, “Marione” Corsi, Saverio Macrina, Paolo Pizzonia, Franco Corrado; di Costruiamo l’Azione: a Roma Marcello Iannilli e Lele Macchi (che avevano costituito la piccola banda armata del Movimento rivoluzionario popolare), Pierluigi Scarano (scarcerato proprio il 2 agosto e partecipante all’esperienza delle Comunità organiche di popolo con Signorelli, a Rieti Maurizio Neri, a Rovigo Gianluigi Napoli, poi pentito; del primo gruppo di fuoco dei Nar: Francesco Bianco, Alessandro Pucci. I detenuti Dario Pedretti (Fuan) e Sergio Calore (Cla) sono considerati mandanti della strage af fidata a un buttafuori fascista della Bal duina, Chicco Furlotti, secondo un incredibile “pentito”. Il primo depistatore della strage di Bologna è un detenuto per stupro, Giorgio Farina, con un’autentica passione per le “sole”. Al numero due del Sisde, Silverio Russomanno, detenuto per la pubblicazione dei ver bali di Patrizio Peci, racconta la sua storia, accusando Furlotti che ben conosce perché lui fa il disk jockey e l’altro il buttafuori. Torna alla ribalta della cronaca nel no vembre 1993 quando è arrestato per una truffa miliardaria: vendeva ville fantasma sull'Appia incas sando anticipi da 10 a 30 milioni dietro il paravento di quattro immobiliari. Le vittime della truffa sono 200. Tra quelli che si sottraggono alla cattura oltre a Francesca, ricercata per il Fuan, ci sono anche i leader di Tp, Adinolfi e Fiore, che ne avranno la vita segnata.

Blitz 28 agosto/2 - Signorelli: fu Cossiga il mandanteIl 26 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna - su sollecitazione del Governo Cossiga che pretese dare una risposta “politica” alla strage del 2 agosto - emise 28 mandati di cattura nei confronti di militanti della cosiddetta destra radicale accusati di aver ricostituito sotto diverse sigle il disciolto Movimento Politico Ordine Nuovo. Movimento che fu irritualmente messo fuori legge il 23 novembre 1973 da Paolo Emilio Taviani su ripetute e documentate insistenze (vedi “Ordine Nuovo” – Verità e menzogne – Ed. Settimo Sigillo, 2007) da parte di Vittorio Occorsio con il noto (e solo dopo dichiarato) obbiettivo di spingere i militanti privati di dirigenza e di riferimenti organizzativi verso la lotta armata o comunque a compiere azioni eterodirette dai Servizi. Il 28 agosto scattò la retata dei militanti.

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaFu il Questore Russomanno (SISDE) a commissionare in carcere al delinquente comune Piergiorgio Farina le “rivelazioni” che consentirono il blitz. Nessuno ricorda che fu costui ad indicare in Chicco Furlotti l’autore materiale della strage. L’assemblaggio dei nomi dei catturati – tutti romani – fu fatto sulla base del “Rapporto Minozzi” (funzionario della DIGOS di Roma) dell’aprile 1980: da mesi, dunque, i nomi di quei “fascisti” erano “pronti per essere usati”.L’operazione mirata del 28 agosto costituì il primo depistaggio della strage di Bologna.Un anno dopo la magistratura romana, alla quale era stata affidata per competenza l’inchiesta, prosciolse tutti gli imputati per insussistenza del fatto. Ciò non impedì ai servizi di procedere a nuovi depistaggi, quale quello noto come “operazione terrore sui treni ” preparato dal SISMI nel mese di luglio subito dopo l’abbattimento sul cielo di Ustica del DC9 dell’Itavia: una “pista” preconfezionata per una strage ancora non avvenuta!E poi ancora i depistaggi verranno indirizzati usando le stesse tecniche infami nei confronti di Terza Posizione e di Avanguardia Nazionale. Le operazioni “pall mall” e “marlboro” porteranno al cecchinaggio in Bolivia di Pierluigi Pagliai. Cecchinaggio organizzato dal vice-capo dell’Ucigos Alessandro Milioni. (Una chicca a margine. lo sbirro, divenuto nel frattempo per meriti di “servizio” consigliere comunale di AN a Viterbo, mi querelò per diffamazione a mezzo stampa: perse la causa).Ustica 27 giugno: pista “nera” e pista “libica”. Bologna 2 agosto: pista “nera” con conseguente condanna di “quei” colpevoli. Il primo a parlare di stragisti “neri” fu l’ “agente d’influenza”, il picconatore-boia da noi non pianto, Kossiga.Fu lui ventiquattro ore dopo l’esplosione alla Stazione di Bologna ad indicare nei fascisti gli autori della strage. Le dichiarazioni uscite da Palazzo Chigi e poi il 4 agosto in Parlamento diedero il via “alla valanga dei merdaioli che si riverserà da quel momento in poi, con devastanti conseguenze, sui militanti usciti dal Msi (quello – non dimentichiamolo mai – della doppia pena di morte). Una vile, cialtronesca e protratta campagna di stampa che impresse sulla loro pelle il marchio a fuoco di terroristi spietati e sanguinari, proscritti per sempre da ogni attività politica. Questo, anche questo, volle significare quell’ “operazione a regia” che segnò il destino quando non la vita di tanti militanti. Ma questo ai camerieri delle banche ed ai loro complici togati non è fregato mai nulla: quello che a loro interessava - e interessa - è agire nel rispetto cinico della logica della Ragione di Stato targata UsaIsrael. Il 28 agosto: una data dimenticata quando non sconosciuta alla sedicente opinione pubblica, prodotto finito delle operazioni mediatiche. E potrebbe, forse, essa sapere che il Capo di Gladio e dei Nocs diede l’ordine nella stessa mattinata del 2 agosto di far sequestrare dai Carabinieri qualunque ripresa di cineamatori o immagine scattata da fotografi occasionali che potesse immortalare la colonna di fumo grigio-nero mista a polvere d’aspetto bianco-cenere alzatasi per centinaia di metri dalle macerie della sala d’aspetto di 2 classe della Stazione? Il fungo dell’esplosione si disperse lentamente nell’aria spostandosi nella verticale di Piazza Maggiore. La requisizione di nastri registrati e di istantanee assumerà il significato di un’intenzionale sottrazione di prove. La stessa operazione di “pulizia” si ebbe con il “risciacquo” dei portici di Piazza della Loggia subito dopo la strage di Brescia.Sono trascorsi trenta anni da quel 28 agosto che segnò l’inizio della criminalizzazione mirata dell’area antagonista di “destra”. Trenta anni di menzogne segnati dalla commercializzazione del sangue delle vittime della strage e dalla costruzione in laboratorio di altre vittime costrette a pagare per colpe altrui.E che oggi magistrati come Mastelloni e Priore che ebbero gli strumenti di indagare e conoscere vengano a raccontarci di filiere che riconducono alle responsabilità statunitensi e israeliane sulle stragi che hanno insanguinato la Colonia Italia non ci esalta per nulla. Anzi ci fa incazzare oltre modo. Il loro silenzio costrinse allora centinaia di antagonisti a subire l’oltraggio del sequestro e della proscrizione.28 agosto 1980 una data simbolo di una costruita repressione. Ma noi siamo ancora in trincea pronti alla sortita per dare l’ultima spallata a un sistema manovrato da servi, da lenoni, da corrotti, da miserabili, da infami. E da Boia.

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaBlitz 28 agosto/3 - Adinolfi: 30 anni di depistaggi impunitiIl 28 agosto 1980, trent'anni fa, scampai ad una retata repressiva architettata a tavolino e intrapresi una latitanza destinata a durare vent'anni. Il provvedimento per me non fu una vera e propria sorpresa; erano settimane che al telegiornale, quando parlavano della strage di Bologna, sullo sfondo appariva regolarmente la foto di una scritta sui muri con un gigantesco “Terza Posizione”. Tuttavia sembrava che gli inquirenti chiamati disciplinatamente a dare corpo e sostanza al depistaggio suggerito dai tension-makers non avessero ben chiaro il nostro panorama e non sapessero cosa fosse esattamente TP né chi la componesse. Pertanto si poteva auspicare che dietro tutto quel fumo si potesse ancora evitare l'arrosto. Che gli inquirenti avessero le idee confuse ne avremmo avuto una clamorosa conferma meno di un mese più tardi, con il blitz specifico contro Terza Posizione quando una buona metà dei mandati di cattura furono emessi nei confronti di persone che non avevano alcun rapporto con noi. Quel 28 agosto invece furono emessi 28 mandati di cattura che colpivano alla cieca l'intera area della destra radicale, dal Fuan a Costruiamo l'Azione. Tra questi solo due imputati erano di TP: si trattava di me e di Roberto Fiore. Quest'ultimo scampò alla cattura perché, uscito la notte con una ragazza, si era fermato miracolosamente a dormire presso Walter Spedicato.In quanto a me ero al nord. Avevo raggiunto Donatella Bianchi, la direttrice responsabile del nostro giornale, che viveva in Piemonte con suo marito ma si trovava ancora in vacanza con lui in Liguria e, fortunatamente, non era reperibile. Mi aveva cercato per decidere il da farsi in quanto la Digos aveva effettuato una perquisizione nella casa dei suoi genitori al Terminillo, sfondando peraltro la porta e lasciandola aperta ad eventuali saccheggiatori. Ci vedemmo perché dovevamo capire se la perquisizione fosse legata ad un eventuale mandato di cattura, né sapevamo se fosse dovuta alla sua funzione di direttrice responsabile del giornale oppure al fatto di aver ospitato a lungo un giovane bolognese, Luca De Orazi. Su di lui a torto (o forse con artificio) si erano posati i riflettori in quanto, vivendo a Roma dopo esser scappato di casa, ed essendo comunque di Bologna, aveva un profilo da dare in pasto alla pubblica opinione: consentiva di far risaltare “oscuri” contatti tra la città colpita e quella popolata dalla maggior parte di noi capri espiatori del depistaggio.Fu così che quella mattina fui uno dei sei che non vennero arrestati. Gli altri, eccetto i vacanzieri tardivi, vennero tutti catturati nelle rispettive case perché non avevano davvero alcuna ragione di attendersi la retata. Quel blitz fu preparato dal dirigente del servizio segreto del ministero degli interni, il pidduista Russomanno, detenuto in Regina Coeli con l'accusa di aver commesso favoreggiamento indiretto a vantaggio delle Brigate Rosse. In seguito girò la voce che Russomanno con l'accusa a me e a Fiore non c'entrasse affatto perché la sua lista sarebbe stata arricchita all'ultimo momento di alcuni nominativi aggiunti a penna da altri funzionari. Non ho mai avuto conferma di questa versione che aumenta la catena dei misteri che hanno ammantato lo stragismo di (anti)stato. Comunque sia questo fu il primo tentativo di depistaggio nei miei confronti per il massacro di Bologna. Ne sarebbero seguiti altri tre; gli inquinatori avrebbero capitolato solo dodici anni più tardi. 28 agosto 1980: da quel giorno intrapresi una nuova fase di vita che mi avrebbe permesso di contrarre significative esperienze di maturazione che solo chi ha vissuto una latitanza o altre condizioni che annullano l'identità sociale consolidata, creando una sorta di doppio e offrendo la percezione della precarietà quotidiana, ha avuto la fortuna di vivere. Penso magari a una milizia nella Legione Straniera.28 agosto 1980: mi rendo conto oggi che allora mia madre aveva più o meno l'età che ho adesso mentre io avevo un anno e mezzo in meno di quanti mio figlio ne ha ora. Eppure tra noi selvaggina ero un esponente anziano! Intrapresi la latitanza senza alcun organizzazione, senza documenti falsi e senza fondi. Per i primi due mesi prosciugai quel poco che chi mi era caro mi aveva dato, dormendo ogni notte in treno. Feci il pendolare insonne fino a quando non scegliemmo di espatriare – io sciando altri con altri mezzi - e di farci un minimo di posizione stabile e lavorativa (allora era più facile senza una sfilza di

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriadocumenti). Non lasciai subito l'Italia e rimasi politicamente operativo fin quando la serie dei blitz contro il nostro movimento non ci obbligò a cambiar scelta. Non accettai però mai di abbandonare l'impegno in Patria dove tornai scendendovi da clandestino e collezionando così appendici alle condanne associative. All'estero, per questioni di gusto, pur mantenendo un'opportuna quanto indispensabile mobilità tra Austria, Spagna e Inghilterra, feci base con Walter a Parigi.Sono passati trent'anni ma sia la strage sia i depistaggi sono crimini rimasti sempre impuniti.

29 AGOSTO

Speciale 28 agosto/4 - Mancinelli: la fine di un sognoFrancesco Mancinelli aveva meno di 18 anni nella calda estate dell' '80. Aveva già fatto a tempo a farsi cacciare dal Fronte della Gioventù e a cominciare a frequentare l'area movimentista. Stimolato dallo speciale dedicato al blitz del 28 agosto, con le testimonianze di Paolo Signorelli e di Gabriele Adinolfi, ha voluto offrirci una riflessione sulla fine del sogno, vista dal basso. E per non farci mancare nulla, colgo l'occasione per riproporvi quella che ritengo, dal punto di vista dei contenuti, la più bella canzone politica della destra radicale, la sua Generazione '78 (anche se Francesco si considera piùttosto esponente di sinistra nazionale).

Quella calda estate del 1980 … di Francesco MancinelliCi sono alcune stagioni e periodi che rimangono nella memoria piu’ di altri, e si distinguono, si scolpiscono, si differenziano, quasi fermano il tempo lineare. Forse perché in certe stagioni si cresce piu’ in fretta che in altre . O forse perché certi eventi traumatici appartengono piu’ alla dimensione antropologica del rito/mito o meglio ancora ad una rappresentazione sacrale ereditata dalla tragedia greca, dove la presenza di Dioniso si manifesta per cio’ che sta accadendo, visto che, Apollo si è opportunamente assentato dalla scena, completamente paralizzato (… come fa spesso il dio dei giudeo-cristiani in difficoltà); e comunque, Apollo non sarebbe stato nemmeno sufficiente a descrivere l’assurdo che ci ha circondati. Ragionando attentamente sull’assurdo di quella lontana e calda estate dell’ 80, troviamo le tracce di una dissoluzione epocale, a metà tra il grottesco ed il terribile che aleggia periodicamente nella storia del bel paese, l’apoteosi del tradimento, dell’incredibile , dell’inverosimile: dalla strage di Ustica di giugno a quella di Bologna del 2 agosto, le caccia alle streghe scatenata con i blitz del 28 agosto e del 23 settembre fino alla morte/esecuzione di Nanni De Angelis del 5 ottobre.In realtà si tratto’ di una vera e propria “accelerazione” con sorpasso, un punto di svolta, a metà tra il caso e la necessità storica, tra l’avvento del riflusso politico e del neo-ottimsmo craxiano, ma che lascio’ oltre il debito pubblico, strascichi di sangue, di odio, e vittime sparse qua e là, e una società civile disgregata e priva di difese. Eh già, nessuno crede che nella “democraticissima e cristanissima Italia” del 1980, picchettata e presidiata dalla P2 da un lato e dal PCI dall’altro, si potessero realizzare scenari del tutto simili al Cile di Pinochet o all’Argentina di Videla. Eppure eppure …Ancora una volta è toccato al solito Ugo Maria Tassinari sul suo blog “FascinAzione”, di dare ampio spazio ad una ricostruzione puntuale di questa nicchia storiografica opportunamente rimossa da tutti (da destra a sinistra) , dando voce ai protagonisti inquisiti di allora, su tutti Paolo Signorelli e Gabriele Adinolfi ,presenti con altri 37 nella lista dei proscritti del 28 agosto 1980, che hanno perfettamente raccontato le dinamiche occulte e le trame sottili dentro questa Terra occupata e violentata dal 1945, da nemici interni ed esterni. Entrambi mi hanno rammentato, come quel 28 agosto 1980 fu cancellata, con un sol colpo tutta la progettualità antagonista e nazional-rivoluzionaria, che dal 1975-1976 aveva mobilitato centinaia e centinaia di militanti verso "una mutazione antropologica e di metodo dal basso" e verso una strategia politica oltre il neofascismo "di servizio" e contro il sistema di cui la destra nazionale faceva parte integrante. Il secondo colpo fu battuto, un mese dopo, contro cio' che rimaneva di Terza

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriaPosizione, il 23 settembre del 1980, l’ultimo movimento che aveva mantenuto il presidio della piazza, nonostante il cattivo vento. Ripercussioni e effetti indiretti/indesiderati colpirono poi con il tempo, le ali rautiane non-allineate all'interno del MSI e i reduci del mitico Campo Hobbit III, soprattutto dopo le prese di posizioni farisaiche di Pino Rauti (l'articolo di Linea "Non sono tutti camerati", che, di fatto, incolpava l’area extraparlamentare della strage di Bologna) e dopo il suo tutt'altro che "inaspettato" rientro nella segreteria nazionale di Almirante (visto il precedente del ‘69 a pochi mesi dalla strage di Piazza Fontana), per non parlare del suo appoggio acritico alla campagna sulla (doppia) pena di morte per i terroristi di destra.Ma non fini li’. Ci si dimentica come tutto questo contribui’ ad accelerare la deriva anarco-nichilista verso lo spontaneismo armato di decine e decine di giovanissimi , sui quali non si era abbattuta ancora l’infamia di essere loro gli esecutori materiali della strage di Bologna; e che da quel momento non ebbero piu’ tentennamenti o dubbi nel perseguire una via dissolutoria, fuori da qualsiasi strategia e obiettivo politico credibile. Infatti tutti gli spazi di dialogo e sopravvivenza movimentista sembravano definitivamente chiusi, e qualsiasi interlocutore, reputava questa “area figlia di nessuno” come un aggregato anomalo di assassini e terroristi senza scrupoli. La scia di conseguenze che ne’ seguì, lasciò sul terreno morti, decine e decine di esiliati, riempi le carceri di quasi adolescenti , si popolò’ di dissociati e pentiti, addirittura di repentine conversioni religiose, e infine muto’ la fede di alcuni quadri militanti di primo piano, che finirono dall’altra parte della barricata (all’estrema sinistra) e alcuni dei quali sputarono veleno su tutto e tutti; ah, dimenticavo: almeno altri due giovani morti “non presentabili” e non adatti al pantheon dei Cuori Neri : Alessandro Alibrandi e Giorgio Vale.Ora, se per la stragrande maggioranza delle persone comuni, tutto cio’ è irrilevante e tende come valore allo zero, perché appartiene a una storia sbagliata di esaltati e fanatici: e se infine, per una una piccola minoranza di ex-protagonisti, è stato necessario rimuovere tutto opportunamente e in fretta “in nome della ragion di famiglia e stipendio Mediaset ”(piu’ che di Stato), per alcuni rari casi “la questione” è tutt’altro che rimossa. Sta li intatta e immobile, a distanza di trent’anni in attesa di giudizio, come tante altre questioni aperte da decenni , da Portella delle Ginestre alla strage dell’Argo 16 , all’omicidio di Enrico Mattei, tutte scene oscure della stessa tragedia nazionale che attendendo risposta. In cui continuano ad essere assenti guarda caso Apollo e le sue risposte razionali (per non parlare del dio della bibbia…).

6 SETTEMBRE 2010

Strage alla stazione, Carlos è disposto a parlare con i magistratiCarlos, il capo della banda internazionale che ha supportato per 30 anni le frange più radicali del movimento di liberazione nazionale della Palestina, è disposto a collaborare con i magistrati bolognesi che indagano sulla pista internazionale per la strage della Stazione.Cambiando rotta, il n.1 del terrorismo internazionale, detenuto a Parigi per una campagna stragista contro le ferrovie francesi, ha scritto una lettera al suo avvocato italiano, Sandro Clementi, dichiarando superata la vecchia condizione posta, di essere ascoltato da una commissione parlamentare.Come spiega un articolo del "Resto del Carlino" , che ha ricevuto copia della lettera,

"lo Sciacallo è pronto a fare di più. Scrive: "Voglio confermare tutte le mie dichiarazioni sull’argomento davanti a un tribunale italiano, in Italia". Letto fra le righe, come spiegano i due avvocati, è pronto a fornire i dettagli mai detti finora. Ed è pronto a farlo non davanti a una commissione parlamentare (come pure preferirebbe), ma davanti ai magistrati. Non è finita, nel chiudere la lettera aggiunge un particolare nuovo e importante: "La mia ex moglie, Magdalena Cecilia Kopp, può confermare in un tribunale italiano le informazioni che mi ha fornito 30 anni fa su Thomas Kram e Bologna". Dunque, l’ex moglie Kopp

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Dalla strage di Bologna ai blitz contro la fascisteriasaprebbe molte cose. La Kopp, dopo aver tradito il terrorista, è in Germania e collabora da tempo con la giustizia tedesca, ma non con quella italiana. Cosa farà ora?".

giovedì 23 settembre 2010

Il blitz contro Terza posizione e "La rivoluzione è come il vento"Trent'anni fa scattava il blitz, annunciato da giorni, contro Terza posizione, prolungamento e sviluppo della precedente retate del 28 agosto contro il presunto vertice dell'eversione nera. Anche in questo caso un'inchiesta raffazzonata: dei quaranta ordini di cattura emessi e delle 80 perquisizioni, numerosi riguardavano persone che non solo non avevano mai militato in Terza posizione ma addirittura ne erano aperti nemici.Tant'è che ancora al termine del processo finivano condannati anche i fratelli Fioravanti, la Mambro, Cavallini, Sordi e Zani mentre erano assolti dopo quattro anni di carcere preventivo quasi tutti i dirigenti intermedi: Mottironi (Trieste, giudicato dal tribunale dei minorenni) Insabato (Balduina) Buffa (Talenti) Bisini (Aurelio) Zucco (Eur) Piso (Legione) Spedicato (Nucleo centrale).In un documento difensivo scritto dai principali esuli per proporre una comune linea di difesa, Fiore, Adinolfi e Marcello De Angelis dichiarano:

Le accuse non reggono né a rigor di logica né a rigor di legge, ma nel coacervo delle contestazioni di colpa, tra tanto delirio, c'è pur sempre un'affermazione degna di essere presa sul serio, di farci riflettere. Ci si accusa di aver alimentato le speranze, di aver lasciato accumulare energie, e di aver quindi contribuito in parte a che le speranze deluse, le energie compresse, si oppo-nessero drasticamente alla repressione. Questo pu essere vero e deve, per noi, essere argomento di riflessione, di autocritica. Autocritica, si badi bene, fatta fra noi, rivolta alla nostra gente. Ma ci può essere vita senza speranza, senza merito a qualcosa di sereno e di superiore? Aspirammo ad essere angeli-con-la-spada, guardiani e apostoli di una rivoluzione dell'anima, di un'affermazione dello spirito. Il potere ha cercato a tutti i costi di sostituire nelle nostre mani la spada con la pistola. Lo abbiamo rifiutato anche nei momenti più tragici e sanguinosi. Non abbiamo voluto rispondere alla morte con la morte. Abbiamo voluto rispondere con la vita. Forse non siamo stati all'altezza, forse il compito era troppo arduo.

Il testo integrale della memoria difensiva, noto col nome di "La rivoluzione come il vento" è disponibile in formato pdf nella mia pagina di Friendfeed. Una più approfondita riflessione sulla vicenda, a trent'anni dalla triste data, che segna la fine di quel movimento giovanile, è offerta da Gabriele Adinolfi su Noreporter.