Dal mare alla montagna premio nardini 2015

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IV PREMIO GIUSEPPE NARDINI A GIOBBE COVATTA DAL MARE ALLA MONTAGNA iuseppe ardini PREMIO Anno 2015 - Numero Unico - Copia Omaggio - Forte dei Marmi

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I V P R E M I O G I U S E P P E N A R D I N I A G I O B B E C OVAT TA

DAL MARE ALLA

MONTAGNA

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Numero unico

4° premio Giuseppe Nardini 2015

Direttore responsabile: Dino Vené

Progetto editoriale: Francesca Bonin

Progetto grafico e impaginazione: Fiammetta Tongiani

Foto di copertina: Maurizio Stella

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:

Francesca Bonin, Riccardo Tarabella, Lamberto Vannucci, Simone Poli

La presente pubblicazione, in distribuzione gratuita, è stata stampata in

5000 copie con il patrocinio del Comune di Forte dei Marmi in occasione

del 4° Premio Giuseppe Nardini, 12 Luglio 2015

3. Il Sindaco di Forte dei Marmi Umberto Buratti 4. Il Sindaco di Barga Mario Bonini5. L’assessore Alessio Felici8. Programma10. Albo d’ Oro Premio Giuseppe Nardini11. Beppe Nardini Lettera del figlio12. Intervista a Giobbe Covatta14. Luciana Rota15. Tiziano & Leonardo Lera18. La Ciclistica Forte dei Marmi “Che avrà fatto di bono la Terè?”22. Parco Regionale delle Alpi Apuane27. Roggio, Campocatino, Eremo di San Viano28. Vergemoli29. Fornovolasco30. Careggine37. Bosa di Careggine

      iuseppeardini

P R E M I O

Sommario40. Minucciano42. Trofeo Velico Parco Alpi Apuane46. Barga52. Viaggio dentro Barga55. Il calendario degli eventi estivi di Barga57. Bike Tours Gafagnana, Appennino Tosco-Emiliano, Alpi Apuane63. Milvio Mori “Io posseggo 11 biciclette, tutte diverse”67. Forte dei Marmi74. Eventi estivi a Forte dei Marmi77. Bandiera Blu82. Giovani scrittori di Forte dei Marmi84. Forte dei Marmi: Da deposito di marmo a perla della Versilia90. La cucina tradizionale Versilia, Apuane e dintorni97. Emilio Tarabella “La circolare della SITA che passa in Via Piave”98. Contrada Il Ponte 99. Emanuele Tommasi105. Ciclo Pellegrinaggio sui luoghi della memoria Il programma

Con il patrocinio di:

Comune diForte dei Marmi

Comune diMinucciano

Comune diBarga

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Umberto Buratti

IL SALUTO DEL SINDACODI FORTE DEI MARMI

E’ sempre con emozione che ricordo Giuseppe Nardini e il Premio a lui intitolato è l’occasione per rendere omaggio a un cittadino speciale e a un caro amico. Nardini è stato un pun-to di riferimento per l’impegno verso le tematiche ambientali, portate avanti con tenacia e determinazione. Ancora una volta questa manifestazione si svolgerà su un doppio binario: lo sport e la salvaguardia ambientale, essendo legata alla cerimonia del-la Bandiera Blu. Ad accogliere i corridori e podisti gli splendidi sentieri del circondario di Barga, dove quest’anno si svolgerà la manifestazione, che rinnova gli intenti di un felice connu-bio fra la montagna e il mare, tanto caro a Giuseppe. Sarà una giornata da vivere all’aria aperta, a contatto con la natura, in un ideale abbraccio fra il territorio costiero e l’entroterra del-la nostra bella Toscana. Inoltre, da mettere in evidenza anche il ritorno di immagine a livello turistico di una manifestazione come questa. L’amministrazione comunale, unitamente all’as-sociazione Ciclistica Forte dei Marmi, promotrice dell’iniziativa e in collaborazione con il Parco delle Alpi Apuane, parteciperà alla manifestazione, dove la natura e lo sport si ritrovano insie-me per ricordare chi si era fatto portavoce della salvaguardia ambientale. Rivolgo il mio ringraziamento agli organizzatori della manifestazione e a tutti coloro che partecipano a questo evento, ideale e affettuoso saluto a Giuseppe Nardini.

Il Sindaco Umberto Buratti

Foto: Alessandro Moggi per Forte Magazine

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Mario Bonini

IL SALUTO DEL SINDACO DI BARGA

Il Premio Giuseppe Nardini è uno di quei rari momenti in cui si riesce a unire le particolarità del nostro territorio, a far conoscere ed amare le tante sfaccettature di una terra che racchiude in pochi chilometri il verde della montagna ed il blu del mare.Ho avuto il piacere di conoscere Giuseppe e di venire a contatto con il suo entusiasmo e la sua voglia di impegnarsi nella tutela dell’ambiente. Sono orgoglioso di partecipare ad un’ iniziativa che lo ricorda attraverso la celebrazione di quei valori che gli sta-vano tanto a cuore: amore per la natura e promozione del nostro territorio.Un ringraziamento in questo senso deve essere rivolto agli organizzatori che, attraverso il suo ricordo, aiutano a far apprezzare la nostra zona e la nostra tradizione culturale. Una manifestazione importante questa, cresciuta negli anni fino a ricoprire uno spazio rilevante e di spicco. Tutto questo ha un grande valore per noi: non è solo un momento per far conoscere e promuovere il nostro territorio, ma anche per incontrarsi e riflettere su quei valori che Giuseppe ci ha trasmesso.Un saluto di benvenuto va invece ai partecipanti, in particolare a coloro che affronteranno l’impegnativa pedalata, con l’augurio per tutti che questa giornata che unisce sport e memoria rafforzi lo spirito di un territorio e si consolidi nella consapevolezza di una propria identità.

Il SindacoMario Bonini

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Alessio Felici

“Rispe t t iamo l ’ambi en t e e la s c iamo a i nos t r i f i g l i un pae s e mig l i o re”

IL SALUTO DELL’ASSESSORE

Il ricordo di Giuseppe Nardini è sempre vivo e presente in tutta la comunità di Forte dei Marmi, dove è stato una figura di riferi-mento per l’impegno profuso per la salvaguardia dell’ambiente.Quest’anno, essendo diventato “babbo” della piccola Sabrina lo scorso settembre, mi trovo molto più sensibile che in passato nei confronti di questa tematica ed ho rafforzato il mio impegno per uno sviluppo sostenibile del territorio volto a lasciare un paese migliore alle nuove generazioni. La quarta edizione del premio intitolato a Giuseppe, propone diverse attività all’aria aperta im-mersi nella natura, all’insegna del benessere e del connubio tra sport e cultura. Questa sarà l’occasione per rinnovare gli obiettivi da lui perseguiti per tutta la vita, in particolare quello di una felice unione tra la montagna e il mare.Un vero e proprio stile di vita quello di Giuseppe, che ha dedicato buona parte del suo impegno verso la comunità. L’Ammini-strazione Comunale, insieme al Parco delle Alpi Apuane ed all’Associazione Ciclistica Forte dei Marmi, promotrice dell’iniziativa, partecipano con gioia a questa manifestazione, che permette a tutti di trascorrere momenti indimenticabili fra le meraviglie del nostro territorio.Ringrazio quanti hanno profuso il loro impegno per la realizzazione del Premio, che ancora una volta sarà l’omaggio della sua Forte dei Marmi a Giuseppe Nardini.

Assessore all’attuazione del programma di governoAlessio Felici

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Ha cominciato nel settore dell’abbigliamento. Poi ha deciso che avrebbe voluto occuparsi di forniture di arredo per case, uffici e alberghi, con la speranza di “lavorare un po’ meno” e di potersi così occupare con maggiore assiduità dei suoi tre figli.La convinzione di lavorare meno è naufragata quasi subito, ma la scelta professionale si è rivelata vincente. Oggi Tiziano Nar-dini è un imprenditore di successo, titolare di un’azienda leader conosciuta non solo nel nostro paese, ma anche all’estero. Tizia-no, fortemarmino verace dallo sguardo vigile e dal fisico asciut-to, guida con mano sicura un’azienda con più di 20 dipendenti, la Nardini Forniture. Si è fatto conoscere a livello internazionale andando in giro per il mondo a cercare le soluzioni più appeti-bili e di qualità per interni ed esterni e costruendo un rapporto di fiducia con la clientela. Il suo metodo di lavoro parte dallo studio e dalla comprensione dei desideri della persona che si rivolge all’azienda e l’obiettivo ultimo è quello di rispecchiare le esperienze e la sensibilità del cliente, che deve essere sempre soddisfatto. L’arma principale di Tiziano Nardini è il gusto este-tico e secondo lui questa è una dote innata, o si possiede, oppure no, ma certamente può essere affinata curando l’aggiornamento o visitando il mondo come ha fatto lui. Nell’azienda Forniture Nardini, il lavoro di squadra è fondamentale. Infatti Tiziano è riuscito a formare un gruppo di collaboratori affiatati e di quali-tà sul quale può fare affidamento in qualsiasi situazione.Nel corso degli anni Tiziano ha ricevuto molte proposte per aprire uffici di rappresentanza all’estero, ma ha sempre declina-to perché come sostiene lui: “la mia famiglia è la mia forza” ed

il suo istinto gli dice chiaramente di restare a Forte dei Marmi. Tanto, sempre come dice lui...

“Se vogliono, sanno dove trovarmi”!

Tiziano NardiniVia Provinciale, 63

55042 Forte dei marmi (LU)Tel. +39058489895 Fax. +39058489631

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Il principe del gusto

TIZIANO NARDINI

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Nei primi anni del 900’ Forte de’ Marmi era ancora un piccolo borgo di pescatori e gente di mare che dipendeva del comune di Pietrasanta. In quegli anni il paese era in continua crescita e le esigenze della popolazione aumentavano costantemente, tanto da avere necessità di una fonte di approvvigionamento almeno dei farmaci più indispensabili. Dapprima sorse un semplice “ar-madio farmaceutico” all’interno dello storico palazzo Giorgini di Via Stagio Stagi, affidato inizialmente a diversi medici e ac-quistato nel 1913 da Bruno Di Ciolo. L’acquisto dello stabile di via Carducci angolo Via Vittorio Veneto risale al 1920 e l’anno dopo il piano terra era adibito a regola d’arte ad uso commer-ciale, con l’apertura dei due ingressi e delle vetrine. Bruno Di Ciolo aveva così fissato le radici di una delle realtà storiche e commerciali più importanti di Forte dei Marmi, ancora oggi in piena attività. Nel 1964 Bruno passa il testimone ai figli Mario e Lycia, sebbene la sua figura rimanga sempre presente nella gestione della farmacia. Oggi l’attività è gestita dai figli di Ma-rio, Bruno responsabile del settore commerciale e Alessandro di quello amministrativo. Il futuro della Farmacia Di Ciolo è destinato ad andare avanti a gonfie vele, garantito dalle nuove generazioni: Mario e Davide, figli di Bruno, sono già laureati in Farmacia e lavorano nell’azienda di famiglia, Lorenzo ancora laureando e la piccola Alice, figli di Alessandro.

L’unione della famiglia e la passione per il loro lavoro, stimola i Di Ciolo a proseguire con la filosofia di nonno Bruno, fondatore della storica farmacia, nello sviluppo della loro attività. Infatti, a breve verrà inaugurata la nuova Parafarmacia a Querceta pres-so il Centro Commerciale adiacente all’Eurospin…E la storia va avanti!!!

Una famiglia di speziali

FARMACIA DI CIOLO

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Bici daStrada

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COMUNEDI BARGA

COMUNE DI MINUCCIANO

10-11-12 LuGLiO 2015FOrtE dEi MarMi - GraMOLaZZO - BarGa

“QuESta cara dOMENica di LuGLiO”

Premiato 2015 GiOBBE cOVatta

Comune di

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Comune di Forte dei Marmi

- 4° Premio Giuseppe Nardin

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gionale delle Alpi Apuane

- 4° Premio Giuseppe Nardin

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COSTO ISCRIZIONE € 12,00(comprensivo di trasporto e ristoro)

Le iscrizioni chiuderanno il 7/07/2015

4° PrEMiO“GiuSEPPE NardiNi”

Per informazioni: 0584 280292 - 0584 280253 - 0584 280360

PUNTI RACCOLTA ISCRIZIONI (Obbligatoria)- Ufficio Informazioni Turistiche Comune di Forte dei Marmi (c/o Fortino)

- Bar da Pretino, Piazza F.lli Meccheri Località Vaiana, Forte dei Marmi- Edicola Poli, via G. Pascoli n.20 Barga

Comune di

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Comune di Forte dei Marmi

VENERDI 10 LUGLIOOre 21,00 Pineta Emilio Tarabella - Forte dei Marmi - incontro-dibattito: “Lo sport come mezzo di sviluppo e promozione turistica del nostro territorio” Parteciperanno alla serata: Umberto Buratti Sindaco di Forte dei Marmi, Alberto Putamorsi Presidente dell’Ente Parco Alpi Apuane, Giobbe Covatta attore, Luciana Rota giornalista sportiva, Tiziano Lera architetto, Paolo Corchia Presidente Federalberghi Toscana e altri graditi ospiti. Conduttore: Gabriele Altemura Accompagnamento musicale: Dino Mancino

SABATO 11 LUGLIOOre 10,00 Lago di Gramolazzo (Minucciano) - Regata velica: “Trofeo Velico Parco Alpi Apuane Giuseppe Nardini” riservata alla classe Optimist, in collaborazione con il Comitato Circoli Velici Versiliesi Al termine della regata premiazione e consegna del Trofeo al primo classificato.Ore 18,30 Cerimonia Bandiera Blu presso Pontile di Forte dei Marmi, corteo del mare e a seguire alzabandiera.

DOMENICA 12 LUGLIOOre 7,30 Ciclopedalata non agonistica in bici da strada con partenza da Vaiana, Forte dei Marmi e arrivo a BargaOre 9,00 Partenza pullman dalle scuole Ugo Guidi di Vittoria Apuana per tutti coloro che non praticano attività sportive e vogliono partecipare alla manifestazione a Barga.Ore 9,00 Ciclopedalata non agonistica fuoristrada (Mtb) con partenza da Piazzale del Fosso a Barga e ritorno allo stesso con un percorso di 30 km ca.Ore 9,30 Percorso escursionistico Treeking e Nordik Walking con partenza piazzale del Fosso a Barga.Ore 13,00 Cerimonia Bandiera Blu a Barga alla presenza delle autorità.Ore 13,30 Consegna del Premio Giuseppe Nardini a GIOBBE COVATTA. A seguire buffet con prodotti tipici locali offerto a tutti i partecipanti.

Campagna di Informazionea cura dell’O.D.T. del Comunedi Forte dei Marmi

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Albo d’ Oro Premio Giuseppe Nardini

2012Michil Costa

2013Mauro Rosi

2014Licia Colò

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Oh babbo, sinceramente: non me l’aspettavo!..No non mi riferisco a QUELLO, ma a ciò che è avvenuto dopo: la nascita di un premio dedicato a te. Non me l’aspettavo perchè non immaginavo quanto grande fosse l’affetto che provavano nei tuoi confronti i tuoi amici e le persone con cui hai lavorato. Non immaginavo neanche quanto fosse stato importante il lavoro che hai svolto.Insomma, non sapevo quanto fossi importante per loro, per il Parco, ma sapevo quanto lo eri per noi, sapevo quanto lo eri per me. Se dovessero chiedermi quale era il tuo miglior pregio, non avrei dubbi su cosa rispondere: eri un babbo PRESENTE.Tra tutti i momenti in cui “c’eri”, mi piace ricordare tutte le volte che sei venuto a vedermi alle partite di pallone. Prima del fischio d’inizio, noi giocatori, disposti in fila indiana, seguivamo l’arbitro fino a centrocampo. In quel momento, ti cercavo con lo sguardo tra le persone presenti e puntualmente ti trovavo: le più volte in piedi sulla tribuna a braccia incrociate, che già scherzavi con gli altri genitori. Prima mi sembrava una cosa normale, ora invece riflettendoci...beh, era “tanta roba”! Anche quest’anno ci ritroveremo, per la quarta volta, in “questa cara domenica di luglio”. C’è chi verrà in bici da corsa, chi in MTB, chi, munito di bastone e scarponcini, si cimenterà nella camminata, chi verrà col pullman e chi direttamente in macchina.Ognuno, insomma, sceglierà come raggiungere la meta prefissata per la consegna del premio, ma tutti saremo mossi dallo stesso scopo: IL TUO RICORDO.Ciao babbo!

Daniele Nardini

La lettera del f iglio

BEPPE NARDINI

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Il Premio Nardini è un’iniziativa che unisce sport, rispetto per l’ambiente e natura. Che rapporto hai con l’attività sportiva?

Ma mi ha visto fisicamente come sono? Sono una macchina perfetta, il mio corpo è straordinario nei minimi dettagli, è il disegno della muscolatura, ho la tartaruga, non hai visto…? Non ti sei reso conto di tutto questo? Ho vissuto di sport in passato, è stata una fonte di guadagno, sopravvivevo grazie a questo… poi il tempo passa per tutti, ma una volta ero un ra-gazzo molto sportivo, ero un ragazzo che approfittava del suo corpo, ero anche più proporzionato; facevo vela, non tanto a livello agonistico perché, io e l’agonismo non siamo mai andati molto d’accordo. Dal punto di vista didattico però, mi diver-tivo molto a raccontare agli altri sia le vicende sportive sia le strategie per riuscire bene in un certo sport.

In uno dei tuoi ultimi spettacoli “6°” affronti con stile il difficile tema del surriscaldamento del pianeta. Perché hai deciso di mettere in scena questo spettacolo?

Perché no? E’ un argomento di conversazione che non mi pare tanto bizzarro, tantomeno poco funzionale o così poco interessante, mi sembra piuttosto strano che qualcuno non lo faccia, che qualcuno metta in scena uno spettacolo su chi sa quali altre tematiche e non su questa.

Racconti ed ironizzi sui nostri vizi e crimini ambientali che stiamo commettendo e di cui subiranno le conseguenze i nostri figli. Quali sono i principali?

Giobbe Covatta: I principali figli? I principali crimini ambientali...

Ah pensavo i principali figli... Non c’è un crimine ambientale, a parte la propulsione dei fossili e l’immissione nell’atmosfera di ani-dride carbonica che sono un crimine oggettivo. Io credo che i veri crimini ambientali siano quelli di far passare tutto come se fosse normale, l’evitare di raccontare e sensibilizzare le generazioni che vengono, il negazionismo, la superficialità, il non interesse per i dettagli specifici di quello che è l’inquinamento. Noi sorvoliamo su una serie di cose perché nessuno ci dice che sono importanti, nessuno ci dice che hanno un impatto devastante. Il crimine è la negazione, la superficialità, perché se non si crea una coscienza collettiva, che è quello che piacerebbe fare a me, non riusciremo mai a fare qualcosa di concreto per salvaguardare il nostro pia-neta. Ed è chi non fa questo che secondo me, dovrebbe accollarsi il vero crimine ambientale.

A lui i l IV Premio Nardini

INTERVISTA A GIOBBE COVATTA

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Qual è la giornata tipo del Giobbe Covatta rispettoso dell’ambiente?

Nulla di più e nulla di meno di quello che fanno tutti gli altri, faccio un minimo di attenzione, cerco di limitare il 30% di schifezze nell’arco della giornata, per schifezze intendo fare una differenziata riuscendo a risparmiare in questo modo mezzo chilo di CO2, riuscendo in qualche maniera a risparmiare un litro di acqua, e così via. Non sono un eroe, sono uno che ha fatto la sua piccola parte. Se tutti avessero questi piccoli accorgimenti, forse con il mio mezzo litro di acqua e mezzo chilo di CO2 moltiplicato per un certo milione di miliardi di persone, forse, farebbe la differenza. Ovviamente non mi riferisco a coloro che soffrono la fame, che non hanno da mangiare né da bere. Però voglio dire che se tutti quelli che hanno risolto quel problema primario si occupassero di problemi che non sono legati alla sopravvivenza immediata, ma a quella dei loro nipoti, potrebbe già essere fatto molto.

Questa manifestazione unisce anche il mare alla montagna. Sei più un tipo da spiaggia o un camminatore su sentieri di alta quota?

Io e l’alta quota siamo proprio distanti. Sono nato al mare, ho imparato prima ad andare in barca e poi in bicicletta, ho viaggiato per mare, ho navigato, so andare a vela, sono istruttore di sub, ho giocato a pallanuoto, so fare lo sci nautico, ho fatto gli studen-teschi di nuoto, tutto quello che si fa nell’acqua io lo so fare …, tutto quello che si fa a terra… no! Quello che si fa in quota poi mi piace, per carità. Una volta mi è capitato di andare in Nepal ai piedi dell’Himalaya. L’idea di volare con un aeroplanino in mezzo alle montagne (non sopra perché quelle sono migliaia di metri, per cui gli aeroplanini si muovono attorno) era una cosa di una bellezza che ancora ce l’ho negli occhi, detto questo però, non ho nessuna dimestichezza con la montagna.

Concludendo dopo “7 i vizi capitali” e “30 gli articoli della carta dei diritti dell’uomo” ed ora “6°” possiamo affermare con tranquillità che dai i numeri? Quale sarà il prossimo?

Guarda se lo chiedi a mia moglie Paola ti conferma che da circa 57, 58 anni a questa parte do sempre i numeri. Non so quale sarà il prossimo... i 7 nani? ... la carica dei 101? O i 44 gatti…a saperlo.

Gianni Covatta, in arte Giobbe, nato l’11 giugno 1956 è un comico e attore in grado di spaziare in tutti i campi dello spettacolo, riscuotendo sempre un grande successo; amato dal pubblico sia per le sue innate doti comiche, sia per la stra-ordinaria umanità e spontaneità che traspare dal suo modo di essere. Non a caso Giobbe, si è dedicato intensamente all’ impegno umanitario che lo ha portato, dapprima, a diventare uno dei testimonial dell’AMREF (Fondazione Africana per la Medicina e la Ricerca) e, in seguito, a dedicare molto del suo tempo libero ai problemi africani fornendo aiuti concre-ti alla Fondazione per portare a termine i propri progetti. La sua attività professionale è intensissima, e va dal 1991 con lo spettacolo “Parabole Iperboli” ad oggi con lo spettacolo “30” come gli articoli della Dichiarazione dei Diritti Umani. Nel mezzo un susseguirsi di successi, da “ Io e Lui” scritto e diretto da Vincenzo Salemme a “Aria Condizionata” (dal diver-tente sottotitolo “e le balene mo’ stanno incazzate...”), in cui ha affrontato con un monologo il tema della salvaguardia delle balene. Arriverà anche la consacrazione sul piccolo schermo grazie alle divertenti partecipazioni al “ Maurizio Costanzo Show”. Non va dimenticata inoltre la sua produzione editoriale, visto che Giobbe Covatta è uno degli uomini d’oro delle classifiche di vendita facendolo diventare uno dei primi comici a vendere milioni di copie.

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Caffè d’orzo, latte di soia, quattro frollini

LUCIANA ROTA

Hai voluto la bici?Caffè d’orzo, latte di soia, quattro frollini. La dieta Zona. 7 e 30 ti svegli che sei già sveglia. Di notte la giornata l’hai già passata. E ripassata. Scaletta, ospiti, incontri. La frase di un campione e quella di un autore. Innamorato anche lui: un pazzo di bici. Come te, del resto, che è la vita. Di generazione in generazione. C’era una volta papà – Franco – e le confidenze con Fausto Coppi. E la Signora Bruna. Coppi, anche lei. Bruna Ciampolini Coppi. L’unica moglie. Per sempre. Ma questa è un’altra storia. E quindi? Giornalista anche tu di sport, di storie, di marchi ( la Enervit!).Gli amici. Ti svegli e sei pronta. Pedalare. L’adrenalina è servi-ta: giornata di lavoro. Il tuo paesello dorme e la nebbia dirada. Prendi l’uscita “protezione colline” e poi un muro da bucare. Prima della redazione. Il Giro della vita. Mica sempre una corsa rosa però… La tua tappa è la metropoli. Il rifornimento: agli appuntamenti. Da piombo qualche volta sbuca lo studio. O la radio. E si gira. Lavurà è lavurà. Che detto non in dialetto: lavo-rare è lavorare. Ma si era capito. Sempre meglio che pedalare. O forse no. Divagare.Scaletta, saluti, regia virtuale. Un ospite da microfonare. È un ciclista. Professionista. Ha fatto il Giro. Correrà il Tour. Forse anche la Vuelta. Non solo una scelta. È comunque un campione. Il tuo campione. Da intervistare. Inizia lo show. Il talk show. Via il ser-vizio, si ride, si piange. Il ricordo è Wouter Weyland, un ciclista troppo giovane che perde la vita. Sul ciglio della strada. La corsa rosa. La vie en rose. Il brutto, il difficile, il bello, il vero. E Coppi che non da ieri. E Armstrong. Che non da oggi. Domani chissà. Racconti. Senza conti. Il Giornale. Il canale. Aneddoti. Chiedi, indaghi. Lanci il servizio. Adesso sei tu alla Maratona di New York. Finita! Sfinita. Con il telefonino. Son foto di bici, Time Square di luci. Racconti: il tuo è un racconto. Che vale lo sport, la vita che scorre. Campione che emerge, la giornata che corre. Fra bici e passio-ne. Hai voluto fare la giornalista? Adesso pedala.

(Liberamente tratto dal volume 365D – trecentosessantacinque giorni da donna – Silvana Editoriale http://www.365d.it/il-libro/ - 27 febbraio pag 71 Luciana Rota)

Luciana Rota - Giornalista cresciuta alla corte del ciclismo grazie al padre, Franco Rota, inviato de La Notte e intimo amico di Fausto Coppi. Si occupa da sempre di comunicazione nello sport. È stata addetto stampa di diversi team professionistici, di Fede-razioni sportive (4 anni con Franco Ballerini nello staff della FCI), marchi e aziende (per oltre 10 anni responsabile media relations di Enervit Spa). Ha pubblicato per Daniela Piazza (Torino) “La mia vita con Fausto”, saggio sulla vicenda personale della moglie del Campionissimo, Bruna Ciampolini in Coppi. Ha curato alcuni film doc sulla vita di Gino Bartali, Franco Ballerini, Francesco Moser per Bike Channel di Sky. Collabora con Radio rai Trento e con le cronache del quotidiano Il Giornale per il quale cura anche una sezione on line sulla Salute. È una Blogger che sfoga la sua passione per il ciclismo su Cyclemagazine.eu. Impegnata come volontaria per la Onlus Okapia conosce il Congo e i suoi bambini. È una viaggiatrice appassionata: appena può si mette in viaggio. Meglio se su una bicicletta.

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Un mondo unico fatto di mille sfumature

TIZIANO & LEONARDO LERA

Il mio rapporto con la Versilia è stato di amore a prima vista; i miei ricordi sono fatti di luci, profumi e colori unici che solo il rap-porto fra le nostre montagne ed il mare possono creare.Montagne bellissime che scendono alla pianura ed al mare, tramite valli e colline, creando una biodiversità della flora e della fauna ed antropologica raramente riscontrabile in altre zone del mondo.Siamo una razza antica che ha costruito le proprie tradizioni dai piccoli agglomerati Liguri-Apuani, Etruschi e poi romani; queste piccole realtà umane hanno connotato una differenziazione nelle diverse tipicità della cucina che troviamo da Luni fino a Viareg-gio passando attraverso i comuni Versiliesi. Tradizioni e abitudini che purtroppo la società di oggi sta cercando di annichilire tramite leggi create per appiattire e rendere uniforme un dimorfismo che si è strutturato in migliaia di anni. Senza capire che la nostra forza è proprio questa, la forza dei riti, della cultura popolare, dell’essere quello che siamo. In pochi chilometri si passa dal mare alla montagna, dalla spiaggia agli scogli, dal pesce alla carne, dalla lavorazione del marmo, del legno e del bronzo. Un mondo unico fatto di mille sfumature che si stanno uniformando in un unico colore monotono.La Versilia e tutta la costa a ridosso delle Apuane devono unirsi e imporsi sia per mantenere le proprie tradizioni sia per crearne di nuove, coesistendo in armonia, prima che sia troppo tardi.Per questo la mia famiglia cerca, nel suo piccolo, di mantenere e conservare quel crogiolo di culture che hanno portato la nostra costa Apuana a quello che è oggi. Le nostre armi sono la cultura, il riutilizzo delle tecniche architettoniche antiche rifacendoci all’architettura tradizionale dei primi insediamenti turistici costieri, creare il moderno senza impatto estetico-ambientale utilizzando il verde ed i materiali locali.La salvaguardia della nostra zona nasce da ognuno di noi ed è per questo che bisogna combattere per il futuro del territorio e per il futuro dei nostri figli.

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CICLISTICA FORTE DEI MARMI

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I miei studi universitari, combinati con la passione per la bici, mi hanno portato qui in Versilia.Collaboro da anni con una nota azienda che produce integratori alimentari e mi capita spesso di partecipare a convegni ed incon-tri sulla nutrizione, specialmente in ambito sportivo. Quando sono stato invitato a Forte dei Marmi dalla Ciclistica ad esporre le ultime novità sui nostri prodotti non ci ho pensato su molto, ho detto a Beatrice di non prendere impegni per quel weekend, l’avrei portata assieme alle bambine in un paese che avevo visitato da piccolo assieme ai miei genitori e di cui conservavo un tenero ricor-do. Le condizioni che avevo posto per tornare a Forte dei Marmi erano solo due: per prima cosa scoprire il territorio pedalando con la mia “specialissima” e, in secondo luogo, desideravo che Beatrice e le bambine potessero godere della vostra spiaggia e della rinomata accoglienza di cui si sente tanto parlare quando si accenna a Forte dei Marmi.Scoprire al nostro arrivo di alloggiare in una villa appartenuta ad una famosa famiglia che ha scritto la storia del nostro paese ed oggi trasformata in hotel di lusso, ci ha messo subito dell’umore migliore e la cena con i nuovi amici in riva al mare ci ha accom-pagnato nelle braccia di Morfeo con il sorriso sulle labbra.La mattina seguente, facendo attenzione a non svegliare chi ancora dorme beato, lascio l’alloggio e, dopo aver fatto una sostanzio-sa colazione, inforco la bici e mi reco al Pontile, punto di ritrovo per la ciclopedalata. Il cielo è di un azzurro incredibile, non c’è traccia di nuvole e il sole, nonostante siano solo le otto, splende e riscalda l’aria.Siamo una decina, c’è anche una ragazza e ad occhio e croce non mi sembra che ci siano dei fenomeni del pedale.Perché onestamente non è che mi senta in gran forma e fare una figuretta rallentando il gruppo, mi scoccerebbe parecchio.

CHE AVRA’ FATTO DI BONO LA TERE’?

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Rincuorato da questa prima impressione comincio a fare co-noscenza con chi non avevo visto a cena la sera prima. Tutti simpatici ‘sti toscani, anche se mi chiamano dottore e sono un po’ riservati.Tutti pronti, si va? Mi si affianca Francesco, avrà la mia età, qualche chilo in più ma un’ abbronzatura che gli da quell’a-ria salubre di chi vive in mezzo alla natura: “dottore lo vede quel monte lassù? Si quello bianco e grigio mezzo smozzicato. Ecco, tra un po’ glielo facciamo vedé da più vicino”. Ci la-sciamo il mare alle spalle percorrendo una strada che diritta punta verso le montagne. In doppia fila raggiungiamo Ponte di Tavole, dove ci aspettano altri 5 amici e prima di ripartire, ci gustiamo un buon caffè che aiuta a darci la giusta carica.Attraversiamo un paese che si chiama Seravezza e Licio, il più acculturato del gruppo, quando passiamo accanto ad un ma-gnifico palazzo antico, mi mostra lo stemma dei Medici e mi racconta del lodo di papa Leone X e di quanto questo abbia inciso sullo sviluppo di questo territorio. L’invio di Michelan-gelo a sovrintendere all’estrazione del pregiato marmo di que-ste montagne ed il loro trasporto via mare, ecco il perché di quella strada tutta dritta fino al Pontile Caricatore. Ma non

solo il marmo, anche la lavorazione del ferro. I boschi che ricoprono le nostre colline, mi spiega Licio, servivano ad alimentare le fucine dei mastri ferrai che popolavano i borghi lungo il torrente che stiamo affiancando mentre continuiamo a pedalare.Passato il paese di Ruosina si svolta a sinistra e qui la strada comincia a salire, non una salita ripida ed ostica, ma una pendenza dolce che però mette tutti in riga. Le risatine e le chiacchiere che fino ad ora ci avevano accompagnato, adesso lasciano il passo ad un silenzio, il quasi religioso silenzio della salita.Come ho detto non è una pendenza troppo impegnativa e perciò dopo poco, appena preso un passo regolare e abituatici allo sfor-zo, ecco che si ricomincia a parlare, forse anche per distogliere la mente, ma sta di fatto che non sembra neanche più di fare fatica.Vedo Francesco risalire dalle retrovie, mi si affianca e mi dice: “ dottore si ricorda cosa le ho detto stamani? Beh, butti un occhio dopo quel tornante ...”, mi strizza l’occhio e se ne torna dietro. Appena fatta la curva, mi si apre uno scenario mozzafiato, che spettacolo quella montagna violata dall’uomo da cui sono stati estratti nei secoli i marmi per realizzare i più importanti mo-numenti che la storia ricordi. E’ lì, di fronte a me, in tutta la sua maestosità. Questa immagine così carica di forza è come se trasmettesse in me una carica nuova e quasi frastornato da tanta bellezza mi ritrovo a percorrere gli ultimi chilometri di salita in una “trance” surreale.La fine dell’ascesa è annunciata da una galleria chiamata Ci-pollaio, il tempo di metterci un giubbino anti vento, di oltre-passare il tunnel e ci buttiamo in discesa.Quando cominci a goderti il vento sulla faccia e l’ebrezza della velocità, ti senti quasi un corridore vero!Ecco però che la testa del gruppo svolta a sinistra e si ricomin-cia a salire; “La Ceragetta”, indica un cartello. Questa salita non è come la precedente e ti rendi subito conto che qui si durerà fatica.

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Quello che colpisce sono i continui cambiamenti del paesaggio che ci circonda, così come le pendenze che in alcuni tratti ti ob-bligano a salire sui pedali. Entriamo in un bosco di castagni e ci troviamo di fronte un cerbiatto che bruca al ciglio della strada. Rimango un attimo sorpreso. Giuseppe se ne accorge e mi fa: ” dottore qui non c’è da meravigliarsi di fare certi incontri, non lo sente che pace che c’è quassù?”Una serie di tornanti e si svela il cartello visto prima. Alla nostra sinistra vedo il ristorante “La Ceragetta”, che mi dicono essere pellegrinaggio dei locali buongustai. Di fronte ancora un panorama mozzafiato, lo spettacolo offerto dalla vista della Pania secca e dell’“Omo morto”, chiamato così perché la vetta delle montagne ricorda il profilo di un uomo che se ne sta lassù in pace a farsi cullare dal vento. Continuiamo a salire ed io mi doman-do se i miei compagni siano consape-voli della bellezza di questi luoghi o se la consuetudine a percorrerli ne abbia, in un certo senso, attenuato il piacere. Un boschetto di abeti ci fa capire che siamo vicini alla fine della salita, infat-ti una marginetta ci annuncia che le nostre fatiche sono davvero terminate, almeno per un po’. Careggine. Prima sosta. E’ l’ora che assuma il mio ruolo e ricordo a tutti che è il momento di reintegrare un po’ di energie con una barretta energeti-ca, ovviamente della nostra azienda. La Francesca a differenza degli altri ci lascia in custodia la sua bici ed entra in un negozio di generi alimentari, ne esce 3 minuti dopo con un grosso panino farcito con una fetta di formaggio pecorino, mi guarda e mi dice: “ scusi dottore ma a me il dolce stucca, preferisco un bel panino col formaggio”. De gustibus non est disputandum mi vien da pensare, “Ricordatevi che è molto importante anche reidratarsi” dico loro, ma le borracce sono ormai vuote; “la fonte e lì dietro” ci annuncia una signora che ci guarda dal terrazzino ricoperto da una cascata di gerani rossi.”Ciao Nicò” e la salutata con la mano. “Ciao Milvio come stai ?, sempre in forma vedo!” le risponde lei. Io lo guardo incuriosito e lui: “sa dottore, la bici è la mia passione e la prima volta che son venuto quassù sarà stato subito dopo guerra; la seconda intendo, mica la prima, non sono così vecchio,” e ci facciamo una risata. Riempiamo le borracce alla fonte pubblica, un’acqua così fredda mica te l’ aspetti, sarà il caldo che ormai a quest’ora si fa sentire, sarà che siamo tutti sudati, ma quest’acqua è così fredda che i denti sembrano frantumarsi. Mi raccontano che questo è conosciuto come il paese delle streghe e che oltre ad essere un magnifico borgo medievale, in estate organizzano un sacco di manifestazioni paesane molto frequentate ma, visto come è fredda quest’acqua, comincio a credere che qualcosa di magico in questo paese ci sia veramente. Ripartiamo in discesa verso Poggio e rimango colpito da come il sottobosco sia curato e pulito, tant’è che mi immagino a passeggiare con la mia famiglia cercando frutti di bosco e godendo di tanta pace.Da Poggio a Castelnuovo la strada è un po’ più trafficata e ci riporta alla realtà di chi pedalando, deve condividere il percorso stradale con mezzi molto più ingombranti e veloci di noi e per i quali spesso siamo solo un fastidioso ostacolo al loro transito.A Castelnuovo il gruppo si divide. Sei di noi, quelli più allenati, decidono di deviare a destra e percorrere il passo della Formica. “Troppo impegnativo per noi”, mi dice Lamberto. Colgo al volo l’occasione e continuo con il gruppone, pensando a come sia strano dare il nome di un animale così piccolo ad un passo alpino così impervio; poi però mi ricordo dello straordinario rapporto peso-potenza che caratterizza questo animaletto, forse sarà per quello. Ora dobbiamo pensare alla salita che ci riporterà alla gal-leria e da lì giù fino al mare. A proposito, tra i sei c’è anche Francesca che fin qui ha dimostrato di pedalare molto meglio di molti noi maschietti.

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Dopo aver costeggiato il bacino idroelettrico su cui giace l’incantevole paesino dell’Isola Santa, con le sue acque di un intenso turchese, ci ritroviamo all’ingresso della galleria. Li aspettiamo qualche minuto che gli intrepidi sei ci raggiungono.“Oh ma è quasi mezzogiorno! Che avrà fatto di bono la Terè?”. Non ci giurerei ma credo sia stato Manù a dirlo. In un primo momento non ho prestato attenzione a queste parole, forse non ne capivo il significato, ancora non sapevo quanto mi sarebbero divenute care. La galleria del Cipollaio ci riporta in Versilia e si sente quel profumo di salmastro che impregna l’aria e che ti dice che la in fondo c’è il mare e la mia famiglia che mi aspetta. Ma dopo un paio di chilometri il gruppo gira a sinistra. “Un’altra salita?” domando. ”No Dottore, ora si và a trovà la Teré”, mi suggeriscono dal gruppo. La Terè è una splendida signora un po’ in là con gli anni che da sempre vizia, come dicono i miei amici, la maggior parte dei versiliesi doc con la sua cucina. La Terè sulla porta ci accoglie nella sua locanda e con il suo sorriso un po’ approssimativo, ci ordina: “mettete le biciclette ammodino al su posto, bersaglieri che non sete altro!” La Francesca, grazie alla sua sensibilità femminile, capendo il mio momento di sbandamento, si avvicina e mi informa che Beatrice e le bambine sono in spiaggia, dove all’ora di pranzo è riservato un tavolo al ristorante. Posso stare tranquillo, non devono neppure attraversare il viale perchè un sottopasso collega l’hotel alla spiaggia. Ci accomodiamo in una tavolinata con i posti contati che mi fa capire quanto tutto questo fosse già organizzato e subito Lamberto mi fa: ”Vino rosso, vero dottò?. Lo so perchè ho letto che quello rosso fa bene, invece quello bianco mica tanto!”. “Pappardelle alla lepre o tagliatelle ai funghi, poi pollo fritto e coniglio fritto, se volete vi faccio anche una tagliata. Oh, la ciccia un la compro mia al supermercato! E’ quella di Vittò, è roba bona”. Così, con tono professionale e il taccuino nella mano, la Teré prende le comande. Se stessi tenen-do una conferenza sulla corretta alimentazione di uno sportivo, immediatamente dopo una lunga pedalata, fritto e vino non mi sentirei di raccomandarli, ma oggi sono in vacanza e quindi mi adeguo alla situazione. Il pranzo è tutto un susseguirsi di battute, racconti di esperienze vissute in bici e sfottò, come quando Mario mi fa: ”dimmi una cosa, ma per Stefano c’hai nulla? Un lo vedi che un la smove quella bicicletta? Sbuffa pure in discesa…”e giù tutti a ridere. Dopo un caffè e la pancia che mi tira da tanto che è piena, mi affaccio in terrazza e rimango incantato dal panorama, dalla profonda tranquillità che mi infonde e da dietro Renato mi fa: ”Antonè dì la verità, quassù è un paradiso “. Annuisco e penso che stamattina quando siamo partiti, per loro ero il Sig. Dottore ed ora sono Antoné. Sono convinto che sia la bici, con la sua semplicità, ad esaltare l’amicizia tra le persone. Si riparte e alle tre siamo di nuovo al Forte. Saluto tutti, lascio la bici in albergo e raggiungo in spiaggia Beatrice e le bambine e ci facciamo il bagno. “Bea, bimbe, lo vedete quel pizzo di monte? Papà stamani è salito fin lassù in bici e li dietro ho visto il paese delle streghe buone”. Prometto loro che presto tutti assieme andremo a visitarlo e intanto spiego a Beatrice quanto sia stato rapito da quei luoghi e che desidero tornare e programmare una gita nel parco. Beatrice riposa sul lettino, le bambine giocano con la sabbia mentre il sole sta calando nel mare e tutto si ammanta di una luce calda e in questa magica atmosfera ripenso a questa giornata e alla fortuna di averla vissuta. Questa sera dovrò spiegare ad una platea di ciclisti come si devono alimentare prima, durante e dopo le loro uscite in bici e mentre ripasso i miei appunti penso alla Teré. Concordo pienamente con chi ha detto che “la bici è la filosofia di vita che conduce l’uomo verso il recupero di molti valori dispersi negli anni del consumismo più sfrenato e dalla devastazione dell’ambiente.”

Grazie amici della Ciclistica per questa magnifica giornata! Antonello

Fotografie: Maurizio Stella

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PARCO REGIONALEDELLE ALPI APUANE

Fotografia: Giuseppe Nardini

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Le Alpi Apuane rappresentano una delle aree mon-tuose più caratteristiche della penisola italiana per la ricchezza degli ambienti e dei paesaggi custoditi al suo interno.L’antica presenza dell’uomo e delle sue attività, ha lasciato tracce di notevole spessore, disseminando il territorio con importanti testimonianze storiche e culturali. La posizione geografica del massiccio, la sua esposizione e la diversa natura delle rocce, han-no determinato la presenza di ambienti quanto mai vari e contrastanti, dando quella ricchezza floristica e faunistica unica nel suo genere. Le Apuane sono conosciute in tutto il mondo per la bellezza dei propri marmi e delle altre pietre decorative e da costruzio-ne (cipollino, brecce, pietra del Cardoso). Le Apuane sono dunque un complesso orografico di grande sug-gestione sia grazie all’imponenza del massiccio mon-

Montagne uniche, nate dal mare...

Fotografia: Giuseppe Nardini

tuoso, sia per le sue valli profonde e i versanti molto inclinati. Nel tratto di pochi chilometri, a partire dalla breve pianura costiera versiliese, le Apuane s’innalzano fino a sfiorare i duemila metri di altitudine con il M. Pisanino (m 1947).Non sono frequenti in Italia e in Europa i luoghi che possono vantare, come le Alpi Apuane, un patrimonio naturale così straordi-nariamente ricco di paesaggi, di ambienti e di emergenze naturalistiche. Non sono soltanto la flora e la fauna ma anche le rocce, i minerali, i fossili, le strutture tettoniche, le forme superficiali e profonde della Terra, a fornire elementi inconsueti, vari e diffusi di valore ambientale.Le Alpi Apuane rappresentano la più importante “finestra tettonica” della catena appenninica; per effetto dell’erosione, affiorano rocce a basso metamorfismo che nel loro insieme, danno origine al Complesso Metamorfico Apuano, costituito da due unità prin-cipali, l’Unità delle Alpi Apuane e l’Unità di Massa.

I MARMIIl bacino marmifero apuano, unico al mondo per dimensioni e caratteristiche merceologiche, è una formazione ad andamento continuo con un’estensione di circa 10 per 20 Km ed uno spessore che in alcuni punti supera i 400 m. La sua presenza deriva dalla sedimentazione di cospicui depositi calcarei, in alcune zone particolarmente puri, sottoposti per milioni di anni alle forti pressioni e temperature determinate dalle sovrapposizioni di unità tettoniche. In tali condizioni i primitivi calcari sono stati trasformati in marmi saccaroidi e ceroidi dalle straordinarie qualità fisiche, chimiche ed estetiche. All’interno del bacino marmifero sono reperi-bili diverse varietà di pietre da taglio, come lo statuario, il bardiglio, l’ordinario, il venato, l’arabescato, il cipollino, il fior di pesco ed altri meno noti ma non meno belli ed apprezzati.

IL CARSISMOLe Alpi Apuane rappresentano una delle aree carsiche più importanti d’Italia; vi si contano quasi 1000 grotte. Tra le 50 grotte più profonde della penisola, 17 sono apuane, così come tra le 50 più estese in lunghezza, 8 sono apuane. La maggior parte dei feno-meni carsici è dovuta all’azione delle acque d’origine meteorica sulle rocce, principalmente di tipo carbonatico (calcari e dolomie).

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GROTTEUna delle caratteristiche peculiari delle grotte carsiche è che esse sono ornate da concrezioni carbonatiche che formano stalattiti, stalagmiti, vele, colonne ecc. che rendono il paesaggio carsico sotterraneo splendido e surreale.La loro formazione è dovuta al lento depositarsi del carbonato di calcio dalle acque percolanti a stillicidio o a sottilissimi veli. Nel Monte Corchia (1676 m) è degno di particolare rilievo l’Antro del Corchia (o Grotta di Eolo), con oltre 70 km di sviluppo com-plessivo e 1210 metri di dislivello, che figura tra le più grandi grotte italiane come sviluppo longitudinale (1800 m) e addirittura al secondo posto nel mondo per profondità (805 m).

LA FLORASui primi rilievi, esposti a mare, la copertura vegetale è di tipo mediterraneo: dove il terreno è calcareo, fino a 300 m circa di al-titudine è presente la macchia mediterranea a sclerofille sempreverdi, composta oltre che dal leccio (Quercus ilex L.) dal mirto (Myrtus communis L.), dal terebinto (Pistacia terebinthus L.) e dalla fillirea (Phillirea latifolia L.).Procedendo verso l’interno, con l’aumento dell’altitudine, si incontrano i querceto-carpineti ed i cerreto-carpineti, largamente sostituiti dall’uomo con vasti castagneti.Infatti, è ampiamente conosciuta l’importanza che il castagno ha rivestito, soprattutto in passato, nella vita e nell’economia delle popolazioni apuane.A maggiori altitudini si trovano le faggete, con maggiore estensione nel versante settentrionale delle Apuane, nella Garfagnana e nella Lunigiana, da quota 800-900 m fino a 1600-1700 m. La vegetazione delle zone di altitudine è caratterizzata dalla presenza delle brughiere di altitudine.Queste si trovano per lo più nelle Apuane centro-settentrionali, ad esempio a Passo Giovo (tra il Pizzo d’Uccello e la Cresta Gar-nerone) e sono costituite principalmente da due diverse specie di mirtillo (Vaccinium myrtillus L. e V. gaultherioides Bigelow).

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LA FAUNAGrazie alla tutela offerta dall’area protetta, nel corso degli ultimi anni, la fauna selvatica delle Apuane è sensibilmente aumentata nel numero e nella quantità delle specie presenti. Un segno tangibile di questa nuova fase è dato dal ritorno dell’aquila reale che ora vi nidifica stabilmente. Tra i rapaci diurni sono inoltre presenti il falco pellegrino, il gheppio e la poiana mentre tra i notturni, il gufo, il barbagianni, la civetta e l’allocco sono le specie più diffuse. Tra i predatori opportunisti è presente il maestoso corvo imperiale e tra gli abitanti delle quote più elevate spiccano sia il gracchio alpino che il ben più raro gracchio corallino, dal caratteristico becco rosso, divenuto simbolo del Parco. I mammiferi sono oggi rappresentati da alcune specie di pipistrelli, da roditori come il ghiro, lo scoiattolo e il moscardino, dalla lepre, dal capriolo e dal cinghiale, mentre tra i predatori, oltre alla volpe, si contano la faina, la donnola, la puzzola, la martora e il più accomodante tasso che si accontenta anche di vegetali. Il robusto e agile muflone è invece una specie introdotta che tuttavia si è adattata a meraviglia all’ ambiente apuano, tanto da essere osservato piuttosto comunemente. Tra le rarità va segnalata l’arvicola delle nevi, un piccolo roditore giunto in questi luoghi durante gli ultimi eventi glaciali. Nei torrenti non mancano le trote e tra gli anfibi, oltre alla sala-mandra pezzata, sono particolarmente degni di nota sia il tritone alpestre apuano che la salamandrina dagli occhiali; altre rarità sono rappresentate dal geotritone e da un insetto, la Nebria apuana, che risulta distribuito in una ristretta area geografica.

LA PRESENZA UMANAAbitate già nella preistoria da esigui gruppi nomadi di cui si conserva testimonianza grazie al ritrovamento di alcuni oggetti in pietra, la presenza umana sulle Apuane divenne significativa a partire dall’Età del ferro quando sopraggiunsero le prime tribù che si insediarono stabilmente sul territorio. Si trattava di individui appartenenti ad una popolazione dal temperamento tenace che proveniva da occidente e che si insediò in posizione strategica in più zone delle montagne.

AGRICOLTURA E PASTORIZIAPer molto tempo le genti apuane sono sopravvissute grazie ad una agricoltura di sussistenza fondata sulla coltivazione di poche specie alimentari e sull’allevamento di bestiame, prevalentemente ovino e caprino, secondo il tradizionale metodo della transu-manza. In questo contesto, la coltivazione del castagno, il taglio del bosco e successivamente la produzione del carbone vegetale, hanno a lungo rappresentato una significativa integrazione del reddito di molte famiglie. Fino alla prima metà del secolo scorso, l’agricoltura apuana si caratterizzava ancora per lo sfruttamento di aree poste sopra il limite delle abitazioni permanenti e carat-terizzate dalla presenza di insediamenti più o meno sparsi, abitati solo stagionalmente. In quel contesto si svolgeva un insieme complesso ed integrato di attività agro-silvo-pastorali che, al “governamento delle bestie minute e grosse”, alternava coltivazioni a grano, granturco, segale e patate, oltre al taglio della legna e del fieno. Siamo, dunque, in presenza di un agricoltore-allevatore, quasi stanziale che limitava i suoi spostamenti tra due villaggi, uno permanente-accentrato, posto a quota più bassa, l’altro tem-poraneo-sparso posto più in alto.

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VENDITA E RIPARAZIONE ATTREZZATURE PER IL VERDE

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ROGGIO, CAMPOCATINO, EREMO DISAN VIANO

Roggio è una piccola frazione del Comune di Vagli di Sotto che si trova ad 858 metri sul livello del mare. Il territorio è in prevalenza montano alternato da spazi pianeggianti dediti all’a-gricoltura. Il paese è immerso nel verde dei castagneti, i quali un tempo erano considerati una delle più accessibili fonti di so-stentamento. La presenza di rocce di colore rosso nella zona ha dato origine al nome del paese Roggio, benché si trovino anche testimonianze che il paese derivi da un gentilizio romano. La nascita del paese risale a prima dell’anno mille. Per secoli Roggio fu un libero comune rurale, pertanto ebbe proprie leggi, magistrature, propri organismi collegiali di autogoverno e un proprio territorio comunale delimitato da precisi confini ammi-nistrativi. Il territorio offre ai visitatori la possibilità di escursio-ni con panorami mozzafiato e spettacoli naturali come tramonti rossi e fantastiche albe. Molte sono le attrazioni rivolte ai turisti amanti della natura, delle camminate e degli splendidi panora-mi: i monti Tambura, Sumbra e Roccandagia, Campocatino ed il fantastico lago di Vagli che racchiude il celeberrimo “Paese Sommerso di Fabbriche di Careggine”, il quale verrà svuotato nel 2016 ed aperto ai visitatori.Campocatino è una verde conca residua di un antico bacino glaciale: ai margini di un grande prato, bordato da due dossi di origine morenica e sovrastato dalla grande parete Nord Est del-

la Roccandagia, un pittoresco villaggio costituito da tipici ma-nufatti di pietra chiamati “caselli” testimonia una viva attivita’ pastorale in epoca ancor recente. Eremo di S. VianoLa figura di S. Viano e’ avvolta nella leggenda: si sa solamente che egli si ritiro’ da solo a pregare alle falde della Tambura, in quel luogo arido e brullo dove oggi sorge l’Eremo che porta il suo nome. Qui visse gli ultimi anni della sua vita e quando mori’ fu sepolto da mani fraterne. Il suo corpo fu ritrovato dopo molti anni e la popolazione di Vagli di Sopra, volle che fosse eretto a sua memoria l’Eremo attuale incastonato nella roccia. La ri-correnza si festeggia nella seconda domenica di giugno dove la statua lignea di S. Viano viene trasportata in processione fino al chiesino nella conca di Campocatino dove rimane fino alla seconda domenica di settembre quando, al termine dell’antica transumanza dei pastori, la statua viene riaccompagnata in pro-cessione nel percorso inverso.

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Vergemoli sorge nel territorio della Garfagnana, lungo la valle del torrente Turrite di Gallicano. L’economia locale si basa prevalentemente sulla produzione di cereali, foraggi, patate, castagne e sull’allevamento degli ovini. Il nome della località deriva con tutta probabilità dal nome proprio di persona “Virgemulo”, al quale venne associato il doppio genitivo “Veri” o “Viri”. La fondazione del borgo di Vergemoli avvenne durante l’Alto Medioevo e nel corso dei secoli successivi esso si consolidò fino a assumere il suo aspetto attuale. Le prime notizie storiche sull’esistenza del borgo risalgono al X secolo: il borgo è infatti citato in un documento ufficiale con il nome di “Vallis Gemini”, nome che indica la sua particolare posizione geo-grafica, posto a cavallo tra due valli. Sin dal principio Vergemoli venne dominato da famiglie di nobili sottoposte alla diretta influenza della potente città di Lucca. Fino al XV secolo il borgo, oltre a vedersi alternare al governo potenti signorie feudali, fu costretto a subire le lotte di potere tra le città di Firenze, Pisa, Lucca e Modena che in quel periodo interessavano tutto il territorio della Garfagnana. La comunità di Vergemoli potè risollevare le sue sorti economiche e ritrovare la pace e la stabilità politica solo quando la famiglia ferrarese degli Estensi, chia-mata in aiuto dalle popolazioni locali, intervenne pacificando il territorio e annettendo al Ducato di Modena alcuni territori, tra i quali anche quello di Vergemoli. Gli Estensi ristabilirono un clima di pace che permise alla popolazione di Vergemoli di sviluppare la propria economia, incentrandola prevalentemente sull’agricoltura. All’inizio del XVII secolo gli Estensi avviarono i lavori per la ristrutturazione del borgo e per il potenziamento delle antiche fortificazioni difensive. All’inizio del XIX secolo la dominazione estense venne interrotta dall’invasione del territorio operata dalle truppe napoleoniche che occuparono l’intera area fino al 1814, anno in cui Vergemoli ritornò nuovamente nelle mani degli Estensi. Nel 1861 Vergemoli venne annessa al Regno d’Italia dal Re Vittorio Emanuele II di Savoia. Tra i monumenti di maggiore rilievo a Vergemoli citiamo qui la Chiesa di Sant’Antonio, la Chiesa dei Santi Quirico e Giuditta, la Chiesa della Vergine della Neve nella vicina località di Campolemisi, la Fontana Bernarda e la suggestiva Grotta del Vento, uno dei più incantevoli luoghi del “Parco Naturale delle Alpi Apuane”. Tra le numerose manifestazioni che si svolgono periodicamente a Vergemoli segnaliamo la tradizionale “Festa Paesana” che si svolge annualmente a metà del mese di agosto e che prevede lo svolgimento di spettacoli folcloristici e l’allestimento di stand eno-gastronomici per la degustazione degli ottimi prodotti tipici locali.

VERGEMOLI

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Questo piccolo ed antico paese situato in Garfagnana, nel Co-mune di Fabbriche di Vergemoli, vanta origini medievali legate alla lavorazione del ferro, un’attività che si sviluppò con l’arrivo dei Longobardi anche in altri insediamenti delle Apuane. L’abitato si sviluppa in una valle lungo due torrenti ed è circon-dato da boschi lussureggianti; gli fanno da cornice l’imponente Pania della Croce ed il Monte Forato con il suo arco alto circa m.25,00 e una corda di m. 34,00. Poco lontano dal paese si trova la stupefacente Grotta del Vento con i suoi m. 4.500 di sviluppo : i visitatori possono scegliere tra percorsi di diverso impegno per ammirare stalattiti e stalagmiti dai colori fantastici a testimonianza dei metalli presenti nel sottosuolo. Sulle Alpi Apuane ci sono altre grotte turistiche: l’Antro del Corchia, che si trova a Levigliani di Stazzema, sul versante tirrenico; mentre, sul ver-sante della Lunigiana, c’è il complesso Grotte di Equi Terme .A Fornovolasco, per chi ama l’avventura si consiglia una visita al Parco del Battiferro o a quello del Levigliese: qui è possibile sperimentare torrentismo, arrampicata ed escursionismo, oltre che ammirare splendidi esempi di cultura rurale visitando i re-sti di antichi opifici. Il benvenuto nella valle lo da un edificio bianco “aggrappato” alla roccia e tutt’uno con la roccia stessa: l’Eremo di S. Maria ad Martyres a Calomini.Si tratta del Santuario sottoroccia di gran lunga più imponente ed articolato tra quelli presenti sulle Alpi Apuane. La primitiva

chiesa di Calomini era costituita da un semplice muro con cin-que colonne sul fronte che chiudeva il vano dell’ abri; successi-vamente, a partire dal XVII° secolo, la chiesa è stata trasferita poche decine di metri più a monte ed ingrandita nell’attuale edificio perdendo l’originario aspetto di hermitage in abri per uniformarsi ai caratteri di una chiesa tradizionale, mantenendo però, un fascino avvolgente che invita al raccoglimento ed alla meditazione. La chiesa è aperta al culto e vi si svolgono regolar-mente le funzioni religiose.

InformazioniCentro Visite Parco Alpi Apuane P.za Erbe 1 – Castelnuovo Garfagnana (LU)Tel. 0583/644242 – e-mail : [email protected] www.parcapuane.it

FORNOVOLASCO

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CAREGGINE

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Il territorio del Comune di Careggine è situato nel cuore del-la Garfagnana e rappresenta una delle principali porte di acces-so al Parco Regionale delle Alpi Apuane. Grazie alla sua altitudine e alla sua posizione geografica da Ca-reggine è possibile ammirare paesaggi unici e di grande sugge-stione. Il suo altopiano è una rinomata terrazza naturale che si affaccia, da un lato, sui dolci declivi dell’Appennino Tosco-Emi-liano e, dall’altro, sulle maestose vette delle Alpi Apuane. Un territorio ricco di splendidi percorsi montani, immersi in su-perbe foreste di faggi, betulle e castagni. Escursioni a vari livelli di difficoltà si snodano lungo tutta la catena delle Apuane e con-sentono di trascorrere momenti indimenticabili al contatto con una natura incontaminata. Il suo esteso altopiano, compreso tra gli 850 e i 1.000 m di quota, sale dolcemente dal capoluogo ver-so le pendici boscose del Monte Volsci (m. 1.267) per ridiscende-re attraverso le amene località della Foce, Formica e Via Nova; quest’area alterna secolari selve di castagno a praterie di pasco-lo e foraggio, paradiso delle greggi, un tempo numerose ma oggi ridotte a qualche decina di capi. Le suddette località collegano come un tombolo i versanti del Volsci a quelli del Sumbra in un susseguirsi di boschetti di betulle spontanee, che apprezzano in modo particolare i contenuti acidi del suolo e contraccambiano con stupende esplosioni di giallo nella stagione autunnale.

Da quassù, guardando a settentrione, si domina tutto l’altopia-no, mentre a meridione lo sguardo si spinge sino alla media valle del Serchio, distinguendo dietro il profilo della torre cam-panaria di Sassi, Barga, Coreglia e Ghivizzano, sovrastati dalla dorsale appenninica dei monti Giovo e Rondinaio e dalle mor-bide rotondità del Pratofiorito. Potrà sembrare strano, ma Careggine non annovera, nel suo territorio, nessuna delle vette che fanno da corollario al suo ine-guagliabile panorama, eppure malgrado questo detiene un pri-mato di bellezza paesaggistica, grazie alla sua caratteristica di “terrazza naturale”. A sud troviamo il gruppo delle Panie (la “Pietra Pana” già nota a Dante); a nord-ovest il gruppo del Pisanino, Cavallo e Tam-bura (massime quote Apuane, che sfiorano i 2.000 m), mentre a ovest corona l’orizzonte il gruppo del Sella, Fiocca e Sumbra.Il monte Sumbra, col suo caratteristico profilo che raggiunge i 1.764 m, rappresenta la vetta apuana più vicina, resa accessi-bile da una ruotabile sterrata che dalla località Via Nova rag-giunge Col delle Capanne, da cui si può accedere alla vetta con qualche ora di cammino.Secondo lo studioso M. Torriani il toponimo Careggine signifi-cherebbe «casa o tempio della regina». Le prime notizie certe sul paese si hanno già a partire dagli inizi

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del sec. VIII, allorquando un certo Pertuald, di origine longo-barda, vi fondò la chiesa di San Pietro.Attorno all'anno Mille appare per la prima volta nei documenti una famiglia destinata ad avere grandissima importanza nella storia di Careggine: si tratta della famiglia di Fraolmo, caposti-pite dei nobili «Da Careggine» che saranno vassalli di Matilde di Canossa. I «Da Careggine» furono tra quei nobili garfagni-ni che, nel 1228, giurarono fedeltà al papa; ottennero ricono-scimenti importanti dagli imperatori ma furono poi costretti ad assoggettarsi ai lucchesi. Intanto anche la chiesa del paese ha visto crescere di molto la sua importanza: nel sec. XII ha as-sunto il ruolo di pieve e ha alle sue dipendenze lo “spedale” di Isola Santa, il quale, sorto in epoca imprecisata, doveva assistere i pellegrini e i viandanti che dalla Versilia storica, attraverso la Foce di Mosceta, passavano in Garfagnana. Nel XV sec. Ca-reggine, seguendo l’esempio di molte alte terre della Garfagna-na, si sottomise volontariamente agli Estensi di Modena e Reg-gio; farà parte della “vicaria” estense di Camporgiano, salvo brevi parentesi, fino all’unità d’Italia. Il 4 agosto 1524 Careggine fu visitata dal celebre Ludovico Ariosto, allora Governatore della Garfagnana. Proprio ai tempi dell’Ariosto il campanile della chiesa di San Pietro era diventa-to un noto rifugio di banditi. Nel 1549 solo l’ardente predicazio-

ne del padre gesuita Silvestro Landini riuscì a rappacificare i di-versi caporioni delle fazioni locali che si erano sanguinosamente combattute. Tra il 1627 e il 1636 fu costruita l’attuale chiesa parrocchiale, riutilizzando in parte materiali provenienti dalla precedente chiesa altomedievale. Il terremoto del 1920 provocò gravissimi danni anche a Careggine, e danneggiò la stessa chie-sa parrocchiale di San Pietro. Durante i lavori di restauro venne alla luce un antico e misterioso lastrone con bassorilievi primi-tivi, che attualmente si trova murato alla base del campanile.Il Lastrone copriva una tomba disposta ad una certa altezza da terra con all’interno uno scheletro ben conservato. Que-sta “Danza delle Armi” probabilmente copriva la tomba di un soldato longobardo. Sulla lastra sono raffigurati lui elei e i loro enormi sessi, scarpe grosse di feltro e casacche pesanti degli abi-tatori delle selve, che ballano tenendosi per mano, gambe diva-ricate in un passo di gavotta arcaica, le braccia in alto, flesse in un movimento fluido.Mano nella mano come se volessero tenersi l'uno all'altro per non perdersi nello slancio della loro danza, mano nella mano per condividere e mischiare la frenesia che sale dai loro lombi. Mano mano e un pugnale e una lancia nell'altra.La danza di due guerrieri, un maschio guerriero, una femmina guerriera. Due fratelli, due sposi, due amanti, madre e figlio,

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due sconosciuti. Rimane un mistero quello delle due figure. For-se sono il simbolo della partecipazione dell’uomo e della donna alla difesa della propria terra, l’allegoria di uno scontro d’amore o il richiamo di un rito dal significato inafferrabile?Forse non lo sapremo mai. Possiamo solo affermare che anche solo la visita a questa suggestiva lapide merita la salita in quel di Careggine. La popolazione di Careggine si è distribuita nei de-cenni in numerosi villaggi: Fabbriche, Porreta, Mezzana, Iàpori, Le Coste, Colli di Capricchia, Pierdiscini, Salceta, Vianova, La Foce, Capanne e Isola Santa oltre alle numerose località sparse dai nomi fantasiosi e pittoreschi, quali: Permozzo, Apraia, La Calda, Formica, La Gatta, Savognana, Capricchia, Valbòna, Tribbio, Scala, Sassola, Piscinacchio ecc. Nel corso del Sette-cento il territorio comunale fu poi interessato dalla costruzione della strada Vandelli che, proprio dalla frazione di Fabbriche, oggi “Paese Sommerso”, attraversava con un ponte il fiume Edron. Careggine annovera tra le sue frazioni anche il pittore-sco villaggio di Isola Santa, gioiello di architettura apuana, che affonda le sue radici nella preistoria.Segni del suo passato, quali importante “ospitale” per il ricovero di pellegrini e viandanti, sono ancora leggibili nei documenti dell’epoca e in alcune struttura murarie sopravissute all’erosio-ne del tempo. Sulle rive dell’omonimo lago, circondato da boschi

di castagno e da alte montagne, il borgo di Isola Santa è oggi luogo incantevole di villeggiatura in ogni stagione dell'anno. Il borgo poggia sulle rovine dell'antico hospitale, méta di sosta per i viandanti che attraversavano le Apuane, tra la Versilia e la Garfagnana.Le casette di pietra, dai tetti in ardesia, sono quanto resta del nucleo originario, in parte sommerso dalle acque del bacino ar-tificiale. Pittoresco e ben conservato, il paesino offre soggiorni pieni di fascino, per la bellezza dei panorami e il silenzioso fru-scìo delle foreste.Un posto ideale per raccogliere funghi, pescare trote selvatiche e dedicarsi all'escursionismo. Numerosi sentieri si addentrano nella boscaglia verso le cime maestose delle Alpi Apuane, men-tre piacevoli passeggiate sfiorano sorgenti e villaggi abbando-nati. Un destino che accomuna Isola Santa a Fabbriche di Ca-reggine, il cui primo insediamento pare risalire al XIII secolo, quando un gruppo di fabbri ferrai provenienti dal bresciano det-te vita all’attività di lavorazione del ferro estratto dalle viscere delle Apuane, che proseguì fino alla prima metà dell’Ottocento.Nell’immediato dopoguerra, con l’ultimazione della diga a scopo idroelettrico (1947), il territorio dell’alta valle dell’E-dron venne trasformato in lago, e il paese di Fabbriche fu perciò abbandonato e sommerso dall’acque, dalle quali riappare ogni

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dieci anni, in occasione dei lavori di straordinaria manutenzio-ne dell’Enel.La chiesa intitolata a San Teodoro, il campanile, le numerose case del borgo, il ponte sulla storica via Vandelli e il cimitero giacciono in silenzio sul fondo del lago, e vederli riapparire, dal calare lento dell’acque è uno spettacolo di rara suggestione, che si trasforma in una esperienza indimenticabile quando, una vol-ta prosciugate le crete del fondale, e possibile visitare il “ paese fantasma” aggirandosi per le sue strade, calpestate per secoli dall’uomo e oggi mute testimoni della sua storia.Careggine d'Autunno è il posto giusto per la ricerca del Fungo Porcino. Tutto il territorio infatti è un'area per la raccolta dei funghi regolamentata e gestita da un'associazione no-profit del posto, l'associazione Monte Sumbra.Careggine è anche raccolta della Castagna; il suo frutto sim-bolo. I boschi sono ancora curati e moltissimi proprietari nel periodo autunnale riproducono il ciclo della castagna: dalla rac-colta alla macinatura al mulino. Proprio per questo Careggine ospita diversi momenti conviviali dove la castagna, cucinata secondo le antiche ricette, è la regina indiscussa. Famosa la “Festa della Castagna” che si tiene ogni anno la terza domenica di ottobre, dove è possibile assaporare tutti i sapori autunnali.

Oltre al fungo e alla castagnana, non possiamo non accennare ai lamponi, fragole e mirtilli vantano un primato di sapore e qualità. Sempre presenti nell’apprezzata e genuina gastronomia locale sono i formaggi, le castagne, il farro e le polente (farina di mais e di “neccio”, ottenuta dalle castagne secche).Non mancano le carni, che vanno dalla cacciagione (cinghiale e uccellagione) agli ovini locali (agnello e capretto), oltre natural-mente al maiale, particolarmente gustoso nei suoi prodotti tra-

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dizionali: prosciutto, salame, “biroldo”, mondiola e pancetta…insomma, c’è di che deliziare il palato, alla riscoperta dei sapori di un tempo!Careggine ha il suo sport “comunale”: il tiro della forma. Un divertimento che da sempre unisce il tempo libero con la tra-dizione pastorale di questi luoghi. Un gioco, quello del lancio della forma di formaggio per le vie dei borghi, che ha sempre adunato decine di persone convenute anche dai paesi vicini per ammirare la capacità di far collimare forza bruta e abilità nella ricerca di portare più avanti possibile una forma di formaggio più o meno pesante. La più importante manifestazione di Careggine è senz’altro “Alpi Apuane in Festa” che si propone, in un clima festante dal sapore antico, di riscoprire le usanze della tradizione, valoriz-zare i prodotti del territorio e promuovere una natura che dà spettacolo. L’evento si svolge ogni anno per tutto il week end dopo ferragosto e attira turisti da tutta la toscana. Quest'anno è alla sua dodicesima edizione.Careggine nel cuore del Parco Regionale delle Alpi Apuane, ospita il luogo simbolo del parco: il centro agricolo-naturalisti-co “La Bosa”. In questo luogo magico si rende palpabile, nel breve spazio di pochi ettari, quanto di buono e di bello il Parco stesso è riuscito

a realizzare. Il tema è, in questo caso, la ricerca scientifica e l'e-semplificazione didattica della tutela e della conservazione degli organismi viventi, sia delle specie spontanee del territorio, sia delle entità frutto della selezione tradizionale da parte dell'uo-mo, per fini soprattutto agro-alimentari.La Bosa è, nelle Alpi Apuane, il luogo ideale per manifestare a tutti questa attività fondante del Parco Regionale. Tutto questo nella suggestione di un panorama unico, a tratti struggente, e la percezione profonda di un paesaggio agrario ancora integro e testimone di una lunga evoluzione storica. La ruralità conservata e rispettata anche nei suoi valori cultu-rali, tramanda il senso vero e concreto dell'uso durevole delle risorse naturali.

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BOSA DI CAREGGINE

Bosa era un piccolo gruppo di edifici rurali, il più antico dei quali riporta, sulla facciata principale, l’anno 1792 ma le cera-miche rinascimentali ritrovate nei dintorni e la data 1625 su una pietra angolare abbandonata, fanno pensare ad un più antico insediamento. Il nucleo di Bosa si trova lungo l’antica strada di collegamento tra il borgo medievale di Careggine e l’insedia-mento produttivo di Fabbriche di Careggine, sorto sulle rive del torrente Edron per dar sviluppo ad attività siderurgiche colle-gate all’estrazione del ferro; oggi sommerso dal lago artificiale.Il Parco ha voluto accettare la sfida della conservazione della biodiversità delle piante di uso alimentare, salvaguardando –on farm- alcune significative cultivar: l’obbiettivo è mantenere in vita varietà locali e antiche, ad elevato grado di rusticità e adatte alle condizioni ambientali di questi luoghi; recuperare piante alimentari “dimenticate” insieme ai prodotti tipici e ai cibi tra-dizionali significa anche mantenere diversità culturali e ricchez-ze locali. Nel contempo, il Parco si prepara ai cambiamenti cli-matici, dovuti al riscaldamento globale che porta le coltivazioni a spostarsi sempre più a nord e sempre più in altitudine ; ha così qui impiantato un vigneto sperimentale, a 850 m. di quota, che già produce vino di montagna di buona qualità.I prodotti dell’orto si possono trovare nella Bottega interna all’azienda : entrare in questa piccola bottega è come fare un

balzo indietro nel tempo; infatti, vi si possono ammirare stru-menti di lavoro e mobili originali di metà secolo scorso come la “ghiacciaia”o la “statera” .I caratteri principali, di quanto è possibile qui acquistare, sono la filiera corta, le cultivar antiche e locali, le produzioni di nic-chia. Nel laboratorio attiguo, i frutti dei campi e dei boschi di Bosa e dintorni sono trasformati in marmellate, conserve ali-mentari, caramelle o gelée, crema di latte (caramella mou spal-mabile) a cura dell’azienda “Maestà della Formica”.Bosa offre anche percorsi di educazione ambientale e di didatti-ca naturalistica alla scoperta dell’ecodiversità, gettando un pon-te ideale tra la biodiversità e la geodiversità.Il primo itinerario, quello di “paesaggio terrazzato” si sviluppa nell’area agricola dove trovano spazio le collezioni botaniche in campo di singole cultivar (banca genetica in vivo) ma anche la coltivazione estesa di varietà a rischio estinzione (custodia della diversità); questo percorso mostra diffuse opere di terrazzamen-to alla cui base è presente un affioramento naturale di “scaglia toscana”, con strati quasi orizzontali.Il secondo itinerario, quello dei “paesaggi montani” (sentiero “Giuseppe Nardini”) conduce ad un punto panoramico, in lo-calità Monti, dopo 15 minuti di cammino: da qui si possono facilmente vedere le differenze geomorfologiche principali tra

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le Apuane e l’Appennino. Nel nuovo edificio di Bosa è allestito il ”Museo della fauna di ieri e di oggi” che si articola in due sezioni; nella prima, ci sono gli animali tassidermizzati che oggi vivono lungo le cime montuose, le praterie sommitali e i boschi delle Alpi Apuane: dall’aquila reale al lupo, fino ai più piccoli mammiferi, uccelli, rettili e anfibi; nella seconda, dedicata alla Paleontologia del Quaternario ed all’Archeologia preistorica, sono di scena i grandi carnivori ed erbivori, talvolta estinti: si possono ammirare due suggestive ricostruzioni in grandezza naturale dell’Orso delle caverne e del Leone delle caverne in-sieme a reperti originali che testimoniano la loro presenza in questo territorio.Questo spazio accoglie anche l’uomo preistorico con i suoi stru-menti in selce per catturare le prede e preparare il cibo dopo le battute di caccia.Nel vecchio edificio è ospitato il “Museo del castagno” che pro-pone, attraverso pannelli, immagini e vecchi strumenti di lavo-ro, la storia e la tradizione dell’uso del castagno nella cultura materiale e nell’economia rurale delle Alpi Apuane.

Informazioni

Geopark Farm- Centro Visite del Parco Località Bosa - 55030 Careggine (LU)Tel. 340/5200266e-mail [email protected]

Centro Visite di Castelnuovo GarfagnanaP.zza Erbe, 1Tel. 0583/644242 e-mail [email protected] www.labosa.it

Foto e testi dal dèpliant del Parco Alpi Apuane “Geopark Farm”- lo spazio del tempo vissuto- Bosa di Careggine (LU)

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MINUCCIANO

“Gran parte del vasto territorio comunale di Minucciano ap-partiene al Parco Regionale delle Apuane, in cui si trovano al-cune tra le cime più alte della catena. Tra il versante nord del Roccandagia e quello sud del Pisanino, il Tambura ed il Monte Cavallo, si estende il bacino dell’Acqua Bianca mentre quello d Orto di Donna è costituito dal Pizzo D’Uccello, dal versante nord del Pisanino e dal Grondilice. Lo stupendo paesaggio alpe-stre di questo territorio che forma un poligono irregolare posto al confine tra Lunigiana e Garfagnana, consente di effettuare eccezionali escursioni tra i sentieri panoramici che attraversano i boschi percorsi da ruscelli d’acqua purissima. La storia che ruota attorno a queste terre pare abbia origine dalle antiche popolazioni liguri-apuane, di cui sono stati rinvenuti numerosi reperti archeologici. Fra i reperti archeologici di maggior inte-resse sono stati rinvenuti le statue stele: menhir risalenti all’età del bronzo, di cui si possono ammirare le copie in un parco ar-cheologico nei pressi dell’Eremo posto in Minucciano capoluo-go. Ci sono da segnalare due siti archeologici in fase di studio, uno situato nel colle ove sorge la Chiesa Vecchia di Gorfigliano ed uno riferito ad un Ospedale intitolato a San Nicolao risalente intorno alla metà dell’undicesimo secolo, situato alle spalle del Monte Argegna, in località Tea sul tracciato della Via Fran-cigena. Successivamente il territorio fu abitato dai Romani e

certamente dai Longobardi, dei quali si hanno notizie concrete riportate in alcuni documenti originali. Per secoli conteso da potenze vicine, durante l’occupazione franca, Minucciano che sembra prendere il nome dal console romano Quinto Minucio o dal latino Praedium minicianum, fu feudo dei Malaspina, finchè divenne comune autonomo ed ottenne il privilegio di avere una moneta propria nominale (una moneta stabilita per convenzio-ne). Si chiamava “Barbone Minuccianese” e veniva scritta sui documenti che interessavano la vicaria di Minucciano. Corri-spondeva nella realtà a 1/3 dello scudo Lucchese. Dopo il breve ritorno dei Malaspina che governarono per soli quattro anni, con Castruccio Castracani tornò sotto la Repubblica di Lucca. Verso la metà del 1300 il territorio fu ceduto ai Fiorentini, sotto il cui dominio rimase fino al 1369. Quindi, dopo vicende alter-ne, tornò definitivamente a Lucca, che fece di Minucciano Vi-caria a sè stante, mentre le frazioni di Gorfigliano, Gramolazzo, Agliano e Castagnola furono unite alla Vicaria di Castiglione. Quando nel 1818 questa fu soppressa, tutte le località che vi fa-cevano parte furono annesse a Minucciano, formando un’unica unità amministrativa tuttora esistente. Uno spartiacque collino-so divide il territorio del Comune in due parti: la zona della Gar-fagnana ed il versante della Lunigiana, su cui sono distribuite le numerose frazioni del Comune, al centro del quale, arroccato

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sopra uno sperone roccioso, il capoluogo di Minucciano, antico castello medievale. Nella zona si sono conservate molte tradi-zioni popolari, come un’eccezionale gara di falò detti Natalecci a Gorfigliano, dove esiste un bellissimo complesso con Chiesa e Torre del Castello. Queste notizie si trovano in un documento Franco-Longobardo del 793 d.c. Il castello ha avuto origine da un insediamento Romano. Il paese è stato distrutto con il terre-moto del 1920; attualmente la chiesa e il campanile sono stati restaurati da volontari. All’interno della zona sono stati iniziati gli scavi archeologici. In Minucciano esiste il Santuario della Beata Vergine del Soccorso eretto nel 1500. La torre di Minuc-ciano era principale del Castello: venne parzialmente distrutta con il terremoto del 1837, ma in seguito venne ricostruita.”

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TROFEOVELICO

Parco Alpi ApuaneGiuseppe Nardini

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Il Comitato dei Circoli Velici Versiliesi (C.C.V.V.), anche per il 2015, ha inserito nel calendario del Campionato Velico Versiliese, il Trofeo intitolato a Giuseppe Nardini, presidente del Parco delle Alpi Apuane scomparso prematuramente.Il Trofeo, offerto dalla famiglia di Giuseppe, verrà attribuito di volta in volta al vincitore di una regata, quella che verrà reputata la più prestigiosa ed importante della stagione.Quest’ anno è stata unanime la volontà di ripetere l’esperienza che facemmo con Giuseppe, quando decidemmo di “istituire” il “Trofeo Velico Parco Alpi Apuane” e di metterlo in palio nel lago di Gramolazzo, nel cuore, appunto, del Parco stesso. Così l’11 Luglio si correrà questo Trofeo in sua memoria, riservato alla classe Optimist, nella splendida cornice di questo specchio d’acqua che pochissimi conoscono, ma che tutte le volte che lo vedi ti provoca un tuffo al cuore per la sua straordinaria bellezza. Sarà un momento importante soprattutto perché a regattare nel laghetto ci saranno, come allora, i giovanissimi velisti (8-15 anni di età) di questa classe. L’età che Beppe prediligeva, nell’ottica di “formare” quelli che lui chiamava “i futuri guardiani del Parco”. Il significato della attribuzione di un “trofeo velico” a Giuseppe Nardini, infatti, stà tutto nella valenza educativa, costituita dall’in-contro tra lo sport della vela ed il rispetto dell’ambiente, rappresentato appunto dal nostro Parco. Ma questo incontro rappresenta anche qualche cosa di più e, sotto il profilo turistico, rappresenta quell’unione, da molti sempre agognata, ma mai realizzata, tra il turismo della piana versiliese e le Alpi Apuane. Questo Trofeo avrà, nel ricordo di Giuseppe, non solo l’obbiettivo di promuovere una educazione rispettosa dell’ambiente, ma anche di far scoprire agli assidui frequentatori della spiaggia versiliese, che alle loro spalle la natura conserva “qualche cosa di più”. “Non si ama ciò che non si conosce”, dunque è fondamentale far conoscere il nostro Parco, perché è attraverso la visitazione dei paesaggi e delle emergenze naturali che passa la sua tutela, la sua salvezza e la sua conservazione per le generazioni future. Con Giuseppe siamo stati sempre fermamente convinti che l’educazione ambientale, ormai divenuta educazione alla sostenibilità, fosse una parte fondamentale dell’immagine di un’area protetta. Come eravamo altrettanto convinti che la Vela potesse essere considerata la “metafora” dell’educazione moderna, poichè offre alle giovani generazioni il metodo corretto e lo strumento giusto per affrontare un futuro che si presenta quanto mai incerto ed imprevedibile: il veliero raggiunge sempre la sua mèta senza portare traumi alla natura ed all’ambiente, utilizzando il semplice e naturale elemento del vento.

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Questo è il senso che Giuseppe, da Presidente del Parco delle Alpi Apuane, aveva voluto attribuire a questo “Trofeo Velico”.Ma la sua predilezione per lo sport della vela, come sport ecolo-gico fortemente legato ai medesimi valori dell’educazione am-bientale rappresentati dal Parco, si era manifestato prontamente anche quando, come presidente della Contrada del Ponte, aveva immediatamente aderito alla “sfida velica” tra le contrade del Palio dei Micci, che si correva con le tradizionali imbarcazioni della mitica classe U 5.50 stazza nazionale. In questa ultima iniziativa non fummo compresi, ma non fu per noi un momento di resa: come sempre, delle incomprensioni, ci ritenevamo i primi responsabili. Avevamo probabilmente com-messo qualche errore.

Si ricominciava da capo, con nuova lena e nuovo entusiasmo, perché chiaro è sempre stato l’obbiettivo, il progetto finale: promuo-vere sempre di più la conoscenza e quindi l’amore per l’ambiente naturale di cui, come umanità, facciamo parte, per lasciarlo ai nostri figli così come noi l’abbiamo trovato, anzi possibilmente migliorato. Per promuovere questa educazione, proiettata a far crescere nei giovani l’amore per la natura, per il nostro Parco e per rafforzare il loro attaccamento a questa stupenda terra, per fare di loro dei veri “guardiani”, Giuseppe ambiva a realizzare “l’incontro perfetto” tra l’emozione che nasce percorrendo i sentieri delle (nostre) montagne, e quella che ci pervade, cavalcando a vela, spinti solo dalla forza del vento, le onde del (nostro) mare.”

Franco Dazzi

Fotografie per gentile concessione di Franco Dazzi

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BARGA

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Cultura, Tradizione, Paesaggio, Enogastronomia sono le chiavi per scoprire e riscoprire un territorio.Barga, al centro della valle del Serchio, oggi regala al visita-tore la storia fatta di secoli. Oggi è Città Slow e fra i Borghi più Belli d’Italia, vanta il marchio Bandiera Arancione del Touring Club. Riconoscimenti di un modo di vivere, di una qualità della vita che colpiscono le migliaia di turisti che ogni anni visitano il borgo medievale. Una cinta muraria raccoglie le case antiche, storici palazzi, vie lastricate, chiese antiche e il millenario Duomo sulla cima della collina. Un percorso per quanti vogliono vedere la bellezza di un territorio.Arte e Cultura qui convivono in quello che può essere uno dei luoghi di sosta di un percorso che attraversa, taglia, l’intera Valle fra Rocche e Fortificazioni. Un Museo, sorto accanto allo storico Palazzo Pancrazi, oggi sede comunale, raccon-ta questo cammino al visitatore che da Barga può ammira-re questo particolare patrimonio della Valle su fino all’Alta Garfagnana. Un itinerario che diventa anche enogastrono-mico grazie ai prodotti della terra: castagne e farine, miele, verdure, funghi, salumi particolari e formaggi che solo qui si possono trovare e assaporare. Saputi valorizzare da una Città Slow che collabora con la locale Condotta Slow Food nel-la promozione del prodotto tipico, nel proporre iniziative di

degustazione, ma anche di scelta consapevole del cibo come l’acquisto delle verdure di stagione nel Mercato Contadino.Un lavoro lungo l’anno, ma che trova particolari momenti di promozione come la Festa del Centro Storico nell’antico borgo in estate dove convivono mostre di pittura e scultura, concerti, eventi culturali, enogastronomia, mercatini di arti-gianato locale e a tema. Un lavoro in sinergia con la Pro Loco di Barga, le diverse associazioni di commercianti, cittadini attenti al proprio territorio vissuto come positiva risorsa da salvaguardare e promuovere.Nella consapevolezza che l’identità del territorio passa anche attraverso un rafforzamento delle politiche culturali in grado di sviluppare questa identità per poi guardare fuori.Visitatori, turisti possono così trovare un’accoglienza unica, di qualità, fatta di piccole cose spesso dimenticate da chi vive in luoghi più grandi: il patrimonio artistico ben conservato, le degustazioni di vino, olio, miele, prodotti locali, gli appun-tamenti culturali, mostre di pittura ad ogni angolo, il locale caratteristico per uno spuntini, la musica nelle piazze.Un percorso slow fatto di soste, da fare seguendo il tempo del luogo, senza fretta. Per scoprire la bellezza una di una città e del suo ambiente. Barga, posta sui contrafforti dell’Appen-nino Tosco- Emiliano, si erge sopra un colle a quota 410 m

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s.l.m. e viene definita la “Perla della Valle del Serchio” sia per le bellezze artistiche che per la sua collocazione geografica con le Alpi Apuane e la catena appenninica che la circonda-no. Ha inoltre conservato il suo aspetto di bellissimo borgo medioevale. Le sue origini ci sono ignote e incerta è anche l’origine del suo nome. Documentato è invece che nel secolo ottavo era feudo longobardo. Fece poi parte del marchesa-to Toscano e come libero comune ricevette dalla Contessa Matilde di Canossa e dall’Imperatore Federico I Barbarossa ambiti riconoscimenti.Nella seconda metà del XIV sec. si sottopose volontariamen-te alla Repubblica Fiorentina e ad essa rimase sempre fedele nonostante gli attacchi dei Pisani e dei Lucchesi desiderosi di impossessarsene per l’importanza strategica del luogo.Dall’unione con Firenze, durata per 5 secoli, restano tracce importanti nell’architettura dei palazzi e delle chiese del Cen-tro Storico, caratteristico per la sua struttura di castello cinto da mura cui si accede da Porta Reale, Porta Macchiaia e Via di Borgo. Le strade lastricate e le piazze portano tutte al mil-lenario Duomo, dedicato a San Cristoforo, il monumento più importante da visitare. Questo, di stile romanico, del XI sec., si erge sul punto più alto del Centro Storico e offre dal suo piazzale la meravigliosa visione dell’Appennino e delle Alpi Apuane.

Fra gli edifici pubblici il più antico è Palazzo Pretorio adi-bito a Museo Civico che raccoglie interessanti testimonianze della storia locale. La sede del Municipio è Palazzo Pancrazi edificato nella seconda metà del 1500. Del 1500 sono anche Palazzo Angeli che reca ancora lo stemma mediceo e Palazzo Balduini edificato da Balduino, Vescovo di Aversa. Del 1700 sono invece: Palazzo Mordini dove è conservato uno dei più importanti archivi del Risorgimento.Vi nacque infatti Antonio Mordini, prodittatore di Garibaldi in Sicilia, poi deputato e ministro del Regno di Italia, Palazzo Bertacchi che ospitò più volte il Granduca di Toscana e Pa-lazzo Salvi. Centro della vita culturale e sociale del paese fu ed è il “Tea-tro dei Differenti” sorto nel 1688 e ampliato nel 1795, dotato di tre ordini di palchi. Giovanni Pascoli vi pronunciò nel 1911 il famoso discorso “La grande proletaria si è mossa”.Nel Conservatorio di Santa Elisabetta (XV Secolo), in origine un convento di Clarisse, si ammirano il chiostro con il pozzo rettangolare, una pala robbiana raffigurante l’Assunzione e un crocifisso ligneo quattrocentesco.La Chiesa del SS. Crocifisso è uno dei più antichi edifici re-ligiosi esistenti nel centro storico. La caratteristica facciata di gusto tardo cinquecentesco presenta ai lati della porta d’in-

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gresso due statue marmoree, S. Giovanni e S. Caterina.L’interno è a tre navate; gli elementi decorativi in stucchi e oro non sono mai sovrabbondanti e lasciano alla fastosa re-alizzazione dell’altare maggiore il legittimo posto di autore-vole opera artistica. Un bell’esempio di coro ligneo delimita l’area presbiteriale ricca del prezioso arredo dell’altare in le-gno intagliato. L’insieme accoglie la venerata immagine del SS. Crocifisso ed, in basso, teche e reliquiari. Poco fuori dal centro storico, la Chiesa e Convento di San Francesco (XV sec) mostra all’ingresso un bel loggiato e all’interno conserva importanti lavori robbiani.Sempre nel comune di Barga a Castelvecchio Pascoli, si trova la Casa Museo di Giovanni Pascoli in cui è raccolta, in un imponente archivio, tutta la sua opera.La Casa ha ancora gli arredi e la struttura che aveva alla mor-te del poeta, così come è stata conservata dalla sorella Maria e poi dal Comune di Barga.Varie sono le manifestazioni importanti fra cui spiccano il Fe-stival Lirico Internazionale Opera Barga, nel luglio, e il Con-corso Internazionale Barga Jazz in agosto.Come feste del folklore popolare, da ricordare quella della Befana che si tiene il 5 e 6 Gennaio.

RecapitiMunicipioVia di Mezzo, 45 Tel. 0583 72471 – Fax 0583 723745Ufficio Cultura e TurismoTel. 0583 724791www.comune.barga.lu.it [email protected] Informazioni TuristicheVia di Mezzo , 47Tel. 0583 724743 – 800 028497 [email protected] di Massimo Pia

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Una sintesi di bellezza, arte, natura e buongusto. Tra il paesag-gio della Mediavalle e le montagne della Garfagnana si erige la città di Barga, unanimemente definita la “Perla della Valle del Serchio”. I riconoscimenti ufficiali parlano chiaro: Barga è uno dei “Borghi più belli d’Italia”, ha conquistato il marchio “Bandiera Arancione del Touring Club” e anche la definizione di “Cittàslow”.Geograficamente, si trova tra le Alpi Apuane e la catena ap-penninica, a 410 metri sul livello del mare. La qualità della vita che vi si respira colpisce chiunque si inoltri all’interno della sua cinta muraria che protegge palazzi storici, case e chiese antiche. Tutte le vie lastricate conducono al Duomo millenario dedicato a San Cristoforo.Costruito a più riprese, dal XI secolo al XVI secolo, il Duomo di Barga rappresenta l’esempio più illustre dell’architettura ro-manica nella Valle del Serchio; dal suo piazzale non sfugge la meravigliosa visione dell’Appennino e delle Alpi Apuane, con il Monte Forato e i suoi tramonti.I luoghi barghigiani da visitare sono numerosi, come i palazzi e le chiese. Tra i primi, Palazzo Pancrazi, risalente alla metà del 1500, e Palazzo Mordini, dove è presente uno dei più importan-ti archivi del Risorgimento. La Chiesa del Santissimo Crocifisso è uno dei più antichi edifici del centro storico: ai lati della porta

d’ingresso, le due statue di San Giovanni e Santa Caterina raf-forzano l’immagine della facciata del tardo cinquecento.Di notevole interesse anche la Chiesa e Convento di San Fran-cesco, il Conservatorio e la Chiesa di Santa Elisabetta e la Chie-sa della Santissima Annunziata.Per chi ama conoscere le origini della Valle, il Museo Civico del Territorio costituisce uno strumento prezioso: si trova nel Palazzo Pretorio. Tra arte, paesaggio e cultura, la “Perla della Valle del Sarchio” è il luogo ideale dove trascorrere momenti di benessere. Inaccettabile, per il visitatore che approda nell’alta Toscana, non rallentare il passo per ammirare queste bellezze.

LO STILE BARGHIGIANO

La città di Barga porta nel grembo uno stile di vita riconoscibi-le. E’ generato da un mix di arte, cultura e “viver bene”.I prodotti tipici né sono protagonisti: castagne, miele, vino, olio, farine, ortaggi, funghi, formaggi e salumi, ogni cibo viene valo-rizzato dalla filosofia slow, e per il visitatore l’itinerario diventa anche enogastronomico.Con grande frequenza, la locale “Condotta Slow Food” orga-nizza iniziative di degustazione. In estate, nell’antico borgo, avviene la “Festa del Centro Storico”: comprende mostre di

La Perla della Valle del Serchio

VIAGGIO DENTRO BARGA

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pittura e di scultura, concerti, eventi culturali, mercatini di arti-gianato, e un lavoro che impegna l’amministrazione comunale, la Pro Loco e le diverse associazioni.Più in generale, come i molti locali caratteristici, gli appunta-menti culturali sono sempre presenti a ogni angolo.Tra gli eventi spiccano il “Festival Lirico Internazionale Opera Barga”, il “Concorso Internazionale Barga Jazz” e le feste del folclore popolare, come quella della Befana.

IL TEATRO DEI DIFFERENTI

Si tratta di una storia lunga 330 anni. Il 23 aprile del 1668, tra le famiglie più in vista del paese, si costituiva a Barga un’acca-demia denominata degli “Indifferenti”.Pochi anni dopo, il nome si trasformò in “Accademia dei Diffe-renti”. Nel 1689 fu costruito un piccolo teatro: nacque il Teatro dei Differenti, che cento anni dopo venne abbattuto e ricostruito.La ricostruzione passò sotto la direzione del lucchese Michele Lippi. All’interno del teatro vennero realizzati tre ordini di pal-chi e le decorazioni furono eseguite sotto la direzione del Cav. Francesco Fontanesi, pittore e scenografo teatrale noto in tutta Italia.Nella giornata inaugurale, tenutasi il 19 luglio 1795, fu rappre-sentato “Il matrimonio segreto” di Cimarosa e l’opera buffa “Giannina e Bernardone” dello stesso autore. Nel 1911, il 26 novembre, Giovanni Pascoli, vi pronunciò il famoso discorso “La grande proletaria si è mossa”.Il Teatro dei Differenti è il fiore all’occhiello della mondanità barghigiana. Dal 1967 è tornato a vivere un’intensa e prestigio-sa attività lirica e concertistica.Nel 1998, dopo importanti lavori di recupero iniziati dall’am-ministrazione comunale, il Teatro dei Differenti prosegue il suo prestigioso cammino nel mondo della cultura così come indica-to dagli antichi predecessori

CASA MUSEO GIOVANNI PASCOLI

Il poeta lo disse chiaro. Era contento di aver trovato “una bicoc-ca con attorno un po’ d’orto e di selva”. Portò con sé la sorella Maria e il cane Gulì.Nella frazione di Castelvecchio, trascorse gli anni più tranquilli della sua esistenza, dal 1895 sino al 1912. Assieme a lui, la Po-esia è passata da qui, ed anzi, ci ha “vissuto” per lunghi periodi dando alla luce alcuni dei migliori versi del decadentismo italia-no. Questi versi sono rimasti, e con essi anche la “bicocca”, che mantiene le solite vestigia del tempo.Era stata scelta come residenza privata da Giovanni Pascoli. Le

sue pareti hanno assistito alla sistemazione di Myricae (1903), alla creazione dei Primi Poemetti (1897), dei Canti di Castelvec-chio (1903) e dei Poemi Conviviali (1904).Hanno protetto dalle intemperie una mente geniale, quella di Giovanni Pascoli, che ci ha trascorso un periodo di grande pro-duzione poetica coincidente con i riconoscimenti ufficiali tribu-tati dalla critica.Attualmente, Casa Pascoli conserva la struttura, gli arredi, la disposizione degli spazi che aveva al momento della morte del poeta, avvenuta a Bologna il 6 aprile 1912.La sorella Maria aveva conservato con profondo affetto tutti i beni per quarant’anni. Vicino al fratello, riposa nella cappella della villa.Il Comune di Barga, erede dei beni per lascito di Maria Pascoli, ha cura dell’archivio, delle opere e degli edifici attraverso la fi-gura di un conservatore. L’archivio contiene circa 76.000 carte. La biblioteca circa 12.000 volumi.

THE MOST SCOTTISH TOWN ITALY

In Scozia vive e lavora una folta rappresentanza di barghigia-ni emigrati da generazioni. Col tempo, grazie all’indissolubile legame con la Scozia, Barga è diventata “The Most Scottish Town in Italy”.Lo dimostrano i piatti tipici della tradizione scozzese, con la Sagra del Fish & Chips, le musiche di cornamuse e le bande reggimentali scozzesi, il gemellaggio con East Lothian, le visite ufficiali di ambasciatori e consoli britannici, le mostre del pitto-re di fama mondiale John Bellany.Fra le presenze illustri collegate a questa forte amicizia ci sono il presidente del Football Club Kilmarnock, Michael Johnston, la pop star Paolo Nutini, di origini borghigiane e l’attrice Daniela Nardini, molto nota in Gran Bretagna.

BARGA HI-TECH

Sui monumenti del centro storico, si trovano installate le tar-ghette con i codici QR.Tutte le informazioni in esse contenute sono leggibili dagli smartphone forniti di apposito programma e riguardano le ca-ratteristiche e i cenni storici dei monumenti di riferimento, an-dando a sostituire le tradizionali guide turistiche cartacee. Si tratta del primo progetto QR in provincia di Lucca e tra i primi in Toscana.

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LUGLIO

Dal 5 al 14 LuglioFestival Lirico Internazionale Opera Barga. Presentazione della prima esecuzione mondiale in forma scenica dell’oratorio “La caduta di Gerusalemme” di Giovanni Paolo ColonnaInfo: 0583723250 e www.operabarga.it

Dal 11 luglio al 21 luglioFesta del Centro Storico. Musica, gastronomia, mostre, eventi, concerti.

11/12/13/14 luglioFestival letterario “Tra le Righe di Barga”. In collaborazione con Prospettiva Editrice.

24 luglioSolenne e antica “Processione di San Cristoforo”.

25 luglioCelebrazioni in onore del Santo Patrono, San Cristoforo.

28 luglioLa Trebbiatura del grano, a San Pietro in Campo

31 luglio – 11 agostoAspettando San RoccoMusica, gastronomia, mercatini e stand

AGOSTO

1/2/3/4 agostoA (S)passo tra l’Arte. Mostre e artisti nelle piazze e nelle strade della parte antica di Barga.

10 agostoSerata Omaggio a Pascoli a Castelvecchio Pascoli. Musica e Poesia nel Giardino della Casa Museo del poeta sul Colle di Caprona. Concerto e lettura di poesie di Pascoli ad opera di un noto attore di teatro.

15/16 agostoTradizionale Fiera di San Rocco e Santa Maria.

Dal 17 al 31 agostoConcorso internazionale arrangiamento BargaJazz 2013.Dedicato a Pietro Tonolo.Info: 0583724418 e www.bargajazz.it

IL CALENDARIODEGLI EVENTI ESTIVI

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Barga è una cittadina piena di storia posta al centro della Valle del Serchio in provincia di Lucca. La sua è una posizione ideale per giri in bici, percorsi di trekking e Nordic Walking. Adagiata fra le pendici dell’Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi Apuane, in meno di un’ ora si raggiunge il comprensorio sciistico dell’ Abetone e nello stesso tempo si raggiungono le spiagge della Versilia, mentre Lucca è a soli 40 minuti.Sono state tracciate tre diverse tipologie di percorsi da fare in Mountain Bike:

Percorsi verdi: adatti ai neofiti e a chi cerca qualche ora di svago per godere di ottimi panorami, con lievi salite e poca fatica. Percorsi rossi: adatti a chi ha già un minimo d’esperienza e riesce a stare in sella per qualche ora. Percorsi neri: adatti a bikers esperti che resistono sulla sella per un’ intera giornata.

Ogni itinerario prevede delle deviazioni per far si che il giro diventi più facile o più impegnativo, oppure nel caso in cui ci sia bi-sogno di rientrare a causa di peggioramenti meteo improvvisi o eventuali imprevisti.

Per informazioni contattare: Stefano Elmi +39 338 3040271 [email protected] Oriano Gigli +39 347 1148208 [email protected] ciclisti dovranno presentarsi muniti di abbigliamento sportivo adeguato (comprensivo di pantaloncini imbottiti, guanti e scarpe adeguate) e zaino contenente indumenti di ricambio e tutto il necessario per riparasi da vento e acqua.Nel caso ce ne sia bisogno, al cliente verrà fornito: Bicicletta + kit riparazione e casco.Cosa aspettate.....venite sulle colline di Barga a fare un bel giro in Mountain Bike!

Garfagnana, Appennino Tosco-Emiliano, Alpi Apuane

BIKE TOURS

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Barghigiani Da Barga si parte per il giro che tutti i barghigiani, piccoli e grandi, hanno fatto la prima volta che sono saliti in sella ad una bici. Salita dolce e panoramica verso la piccola frazione di Tiglio, discesa per la stessa strada. Per i più temerari invece itinerario di discesa in fuoristrada lungo l’antica mulattiera e rientro nel centro storico della cittadina da porta Macchiaia.dist. 12km - tempo 2/3h - disl.200m

Linea Gotica Sommocolonia è un piccolissimo borgo di origine romana, oggi purtroppo quasi disabitato, da cui si possono ammirare splen-didi panorami di Barga e della Pania della Croce, una delle più suggestive vette delle Alpi Apuane. Il piccolo borgo, da cui pas-sava la Linea Gotica durante la seconda guerra mondiale, è sta-to teatro di una terribile battaglia combattuta il giorno di Santo Stefano del 1944. Ogni anno commemorazioni e visite di redu-ci partigiani, militari alleati ed anche dell’asse o rappresentanti dei vari paesi che combatterono su queste montagne, vengono

Dall’alto in senso orario: Barghigiani, Linea Gotica, Vetricia, Monte Palodina

ricevute e rendono onore ai loro caduti. Nel 2008 Spike Lee, ambientò qui e nei dintorni alcune scene del film “Miracolo a S.Anna”, che parlava delle vicende di un gruppo di milita-ri Afro-Americani della 92° divisione Buffalo.Itinerario per la strada di salita o in alternativa discesa su antica mulattiera che si collega direttamente con la frazione di Ponte di Catagnana e da lì di nuovo a Barga. dist.15km ca - tempo 2/3h - disl.300m

Pascoli Da Barga ci si dirige verso Ponte di Catagnana, antica frazione del comune, le cui costruzioni erano adibite a posta per muli e cavalli, che trasportavano carbone e legna dalla montagna barghigiana. Dopo aver raggiunto l’altra frazione di Castelvec-chio Pascoli, dove è possibile visitare l’antica villa di campagna del poeta Giovanni Pascoli, si sale verso l’abitato di Albiano da dove si gode di un bellissimo panorama sopra Barga. Ritorno sull’itinerario dell’andata o possibilità di fuoristrada at- traverso le vecchie mulattiere. dist. 10Km - tempo 2/3h - disl. 200m

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La Vetricia Da Barga si parte subito in salita per i primi 13km w si passa da quota 400m a 1300m del Rifugio Santi in località la Vetricia, sulle pendici dell’Appennino Tosco-Emiliano. Il ritorno sarà completamente in discesa su strada forestale verso la frazione di Piastroso, per poi risalire un breve tratto verso Tiglio Alto e da lì possibilità di scendere a Barga, sia su asfalto che su mulattiere.dist. 35km - tempo 4/5h - disl. 1300m ca

Monte Palodina Questa volta ci dirigiamo verso la catena montuosa opposta all’Appennino, le Alpi Apuane. Attraversiamo il paese di Galli-cano, superiamo la frazione di Verni e ci inoltriamo in un bosco fitto e ombroso che sfocerà in una radura suggestiva, dove è solito pascolare un cavallo solitario. Da qui per i più esperti è possibile scendere da un single-track impegnativo fino alla fra-zione di Vallico di Sotto, dopo aver attraversato le altre frazioni di S. Luigi e Vallico Sopra. In alternativa una comoda discesa in asfalto ci riporterà alla base della salita, dopo la Foce della

Dall’alto in senso orario: Prade Garfagnine, Grotta del Vento, Garfagnana, Garfagnana Plus

Pompanella e da lì in discesa fino all’antico castello di Trassilico, dove si gode di una vista incredibile sul gruppo montuoso apua-no delle Panie. Discesa e leggera salita per il rientro a Barga.dist. 50km - tempo 5/6h - disl. 1500m

Prade Garfagnine Il giro che ci porterà ai pascoli appenninici delle Prade Gar-fagnine si snoda in salita.Una parte è in asfalto e una parte in fuoristrada su vie forestali, dopo aver attraversato il paese di Sommocolonia, il colle Lama, poi Calabaia, entreremo nei vec-chi pascoli utilizzati dai pastori dei comuni di Fosciandora e di Barga.Qui comincia la discesa verso le frazioni del comune di Fosciandora. Rientro a Barga su asfalto attraversando la frazio-ne di Castelvecchio Pascoli.dist. 35km ca - tempo 4/5h - disl. 1100

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Grotta del Vento Un giro ad anello in prevalenza in asfalto per raggiungere la Grotta del Vento, una delle grotte turisti- che più importanti delle Apuane, ma anche d’Italia. Possibilità di visitarla con gui-da. Per giungervi si affronteranno i suggestivi tornanti stile Alp d’Huez, che sovrastano il lago di Trombacco e che conducono al paese di Vergemoli. Rientro attraversando la frazione di For-novolasco posta ai bordi del torrente Turrite, con acqua che scorre limpida e ghiacciata anche a ferragosto. dist. 45km - tempo 4/5h - disl. 900/1000 m

Garfagnana Il classico giro della Garfagnana completamente su strade asfal-tate, costeggiando prima l’Appennino e poi le Alpi Apuane.Si partirà da Barga per salire dolcemente sul lato sinistro della Valle del Serchio arrivando sino al paese di Piazza al Serchio, da qui discesa sul lato sinistro della valle toccando l’antica Roc-ca Estense di Camporgiano e poi giù di nuovo verso il capoluo-go, Castelnuovo, a seguire un tranquillo rientro verso Barga. dist. 60km ca - tempo 4-5h - disl. 800m

Garfagnana Plus Stesso giro del precedente ma con una deviazione di 20 km pri-ma in salita verso il paese di Careggine (il comune più alto del-la provincia) e a seguire una stupenda discesa, verso il piccolo borgo di Isola Santa, con una vista unica da mozzare il fiato sul gruppo delle Panie nel mezzo del parco delle Alpi Apuane. dist.80km ca - tempo 5-6h - disl. 1500 m

Giro del Diavolo Si parte da Barga, si raggiunge la Vetricia e da lì il Passo del Sal-tello (1600m). Tramite una strada bianca che si snoda a cavallo della Toscana e dell’Emilia Romagna, si raggiunge San Pelle-grino in Alpe (il più alto paese di tutto l’Appennino). Passeremo

dalla località detta “Giro del Diavolo”: la leggenda racconta che il diavolo, irritato dalla resistenza di San Pellegrino alle tenta-zioni, lo schiaffeggiasse facendolo ruotare tre volte su se stesso. In questa località, i devoti si recavano trasportando un sasso sulle spalle, depositandolo lì dopo aver compiuto 3 giri del luogo della tentazione del Santo. La grandezza del masso è stabilita in funzione della gravità del peccato. Al Giro del Diavolo si trova-no migliaia di sassi trasportati dai devoti nei secoli.Da San Pellegrino si raggiunge il rifugio Burigone, dove avremo la possibilità di riposare e pranzare. Una volta ripartiti avremo la scelta di percorrere due diverse discese, una più bella dell’al-tra, per raggiungere l’abitato del Sillico. Rientro a Barga in di-scesa e leggera salita. dist. 70km ca - tempo 6/7h - disl. 1500 m

Giro dell’Appennino Tosco-Emiliano E’ giro per l’80% in fuoristrada. Tre salite lunghe e importanti, ma altrettante discese per divertirsi e una sosta al Casone di Profecchia, dove troverete dei tortelli col miglior ragù di tutto l’arco appenninico e oltre. Gran parte del percorso si svolge so-pra i 1.000 metri di quota, la nostra cima Coppi sarà il passo del Giovarello a 1.700, da affrontare col passo del Saltello (1.600m) già nelle gambe.Dopo una sosta ritroviamo una discesa che “in-ganna” e di nuovo salita nella foresta di Campaiana, sino ad arrivare al terzo passo di giornata, Sella di Campaiana (1500m). Da qui rientro fino al fondovalle. dist. 100km tempo 7/8 h disl. 1800/2000 m

Giro della Garfagnana in mountain bike Si parte da Barga e si arriva al culmine della Garfagnana, a Campocatino (1000m), una conca di origine glaciale sovrastata dalla parete rocciosa della Roccandagia (1700m). Non si pedala a quote elevate, e per l’80% del percorso siamo in fuoristrada fra boschi di castagni. Rientro di sali e scendi diverso dall’itine-rario dell’andata. dist. 80km tempo 6/7h disl. 1500 m

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“O ragazzi, ma lo togliete quel canchero dal pontile?”

IL SOGNO DI NADIA

I fratelli David e Marco Vaiani, insieme al padre Piero, hanno esaudito il volere di mamma Nadia, stufa di vedere lo stato di abbandono di uno dei locali storici di Forte Dei Mar-mi. Stiamo parlando dell’ex Forte Forte, divenuto recentemente White e che tra poco avrà un nuovo aspetto e dei nuovi gestori: l’idea della famiglia Vaiani, già titolare del Bistrot, dell’Osteria del Mare e di Fratellini’s, è quella di ricreare in un unico ambiente, un connubio perfetto tra tradizione ed innovazione, ritornando al metodo di lavoro delle baracchine che per molti anni hanno venduto e cucinato il pescato per tutti coloro che decidevano di fermarvi-si. La volontà è quella di avere nello stesso locale una parte commerciale dedicata alla vendita del pesce, come in una normale pescheria, ma con la peculiarità che il pesce possa essere cucinato sul posto come accadeva un secolo fa. La molla vera che ha spinto la famiglia Vaiani a dare una nuova veste all’ex White, è stata proprio mamma Nadia che, fino all’ultimo, ha spro-nato il marito e i figli a “levare quel canchero dal pontile”. Oggi finalmente, grazie alla sua idea, il sogno è coronato con la prossima apertura del...

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Amicizia, solidarietà e natura

VELO CLUB MAGGI 1906

Anche quest’anno siamo orgogliosi di fare parte del Premio Giu-seppe Nardini, grande presidente del Parco delle Alpi Apuane, soprattutto amico nostro, di Forte dei Marmi e della montagna Versiliese. Ed è proprio da persone come lui che nasce la nostra ispirazione per il nuovo “VELO CLUB MAGGI 1906”. Al mo-mento siamo un centinaio di tesserati tra cicloturisti, cicloama-tori e soci sostenitori, che oltre alla “smisurata passione” per le due ruote, condividiamo tre valori per noi fondamentali: ami-cizia, solidarietà e rispetto per la natura e l’ambiente. Grazie al forte entusiasmo e partecipazione abbiamo deciso di intrapren-dere questa nuova avventura fatta di tanti progetti ed obbiettivi, alcuni tra l’altro già raggiunti. Abbiamo collaborato per rea-lizzare “servizio mobilità garantita”, un mezzo di trasporto ad uso gratuito per le persone disabili e svantaggiate. “Diabete no limits “, “ Arco de alegria”, un progetto per aiutare i bambini boliviani promosso dall’associazione “Ancora In Viaggio-Mau-ro Talini”. Ma le nostre ambizioni sono grandi, quindi vi invi-tiamo a seguirci sulla nostra pagina Facebook: Cicli Maggi per essere aggiornati sulle nostre iniziative e per dare ad una bici 1000 speranze....REALIZZABILI!!

Viale Morin 83/aForte Dei Marmi

55042 - LUTel. 0584 89529

www.ciclimaggi.it [email protected]

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Era la primavera del 1952 quando incontrai per la prima volta la bicicletta. Avevo dodici anni e per motivi di salute dovetti abbandonare la scuola, quindi mio padre mi mandò a fare il “ragazzo di bottega” presso l’officina di Ottorino Buffoni a Ca-panne di Montignoso dove si riparavano le biciclette. In quei tempi, per spostarci, non usavamo le automobili o i motorini, ma proprio le biciclette e quindi ce n’erano tantissime in giro e tantissime si rompevano e dovevano essere riparate: camere d’a-ria da aggiustare (non da sostituire), catene da saldare, manubri da raddrizzare, insomma, tutto ciò che era necessario affinché le persone potessero continuare a muoversi e contribuire al grande boom economico che da lì a pochi anni avrebbe portato il no-stro paese ad essere, da semplice nazione ai margini dello scac-chiere internazionale, la settima potenza mondiale.L’esperienza da Ottorino Buffoni fece nascere in me la passione per la bicicletta, imparai tutto su di lei, come aggiustarla, come aumentarne le prestazioni, come assemblarne una con pezzi di recupero ma soprattutto come amarla in tutta la sua interezza. Vedere il mondo da una bicicletta è un’esperienza che tutti do-vrebbero fare: in bicicletta non si va né troppo forte né troppo piano e quindi si ha il tempo di vivere il mondo, di osservarlo, senza rumori innaturali, solo con il fruscio del vento tra i rag-gi delle ruote ed il nostro respiro; chi ama la bicicletta troverà

sempre, anche nell’angolo più sperduto della terra, un altro ap-passionato e sarà subito sintonia, senso di appartenenza e affia-tamento. Io posseggo 11 biciclette, tutte diverse, tutte uniche, come unici sono tutti coloro che usano regolarmente la biciclet-ta, siano essi dei professionisti o degli appassionati cicloamatori come me, perché tutti loro conoscono la fatica, sanno cosa vuol dire raggiungere dei traguardi con il sudore, con il dolore, ma con la consapevolezza che se sono riusciti ad arrivare fino a lì, il merito sta nella loro tenacia e determinazione.L’amore per la bicicletta non si è fermato nell’Officina di Ot-torino, ma mi ha accompagnato nel mio girovagare nel mondo per motivi di lavoro. Questo vorrei raccontarvi, tutti gli avveni-menti della mia vita dove in un modo o nell’altro la bicicletta è stata la protagonista.Iniziamo….1954, ho quattordici anni, è l’anno nell’arrivo della TV in Ita-lia, ma è anche l’anno dei Mondiali di calcio. Tutti si incontra-no al Bar Bonotti a Ponte di Montignoso per guardare l’Italia giocare e non era difficile trovare 30 o 40 biciclette in fila fuori dal bar, perché tutti erano dentro a vedere la tv. Una sera, finita la partita, trovammo tutti una sgradita sorpresa: due carabinieri che controllavano le biciclette fecero, se non mi ricordo male, almeno una decina di multe per irregolarità riscontrate sulle bi-ciclette: a qualcuno non funzionava il campanello, a qualcun’al-

Io posse g go 11 biciclette, tutte diverse

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tro il fanale anteriore ad altri ancora il fanalino posteriore; Ad uno di noi fecero la multa perché secondo loro la bicicletta era senza freni e non servì a niente spiegargli che aveva il mozzo con freno a contropedale, non ci fu verso, i due carabinieri gli fecero la multa. Quell’uomo ero io!1964, penisola del Sinai – Egitto, un posto chiamato Belaym. Lavoravo con una società italiana alla costruzione di tubazio-ni petrolifere che collegavano diverse piattaforme in mare. Un giorno, nel magazzino della società, trovai una vecchia biciclet-ta. Era una Bianchi dei primissimi anni del dopoguerra, con freni a bacchetta e cerchioni larghi 5/6 centimetri. La bicicletta era in pessime condizioni, con raggi tagliati e copertoni e ca-mere d’aria rovinati. Decisi che quella bicicletta aveva il diritto di “tornare in servizio”, quindi cominciai a cercare i pezzi di ricambio al Cairo e a Suez, senza successo. Allora scrissi una lettera alla Società con cui lavoravo, chiedendo se era possibile che mi spedissero dall’Italia i pezzi necessari per riparare la bi-cicletta. Sapevo che la mia lettera era un’azione disperata anche perché in quegli anni non era affatto facile che i miei desideri fossero esauditi. Invece mi sbagliavo perchè dopo tre mesi arrivò tutto quello che serviva per riparare la vecchia Bianchi. Così dopo pochi giorni la bici era di nuovo in pista. La usai per più di un anno per andare a lavorare, percorrendo ogni giorno 20 chilometri tra i cavalletti dei pozzi di estrazione e il deserto color ocra. Quando avevo il vento a favore, teso, riuscivo a fare il per-corso anche in 35 minuti. Quelle poche persone che incrociavo durante la mia pedalata, mi guardavano come fossi un marziano.1965 mese di settembre. Mentre io e i miei colleghi eravamo

a cena, si presentarono due giovanotti impolverati e stanchi e con un perfetto stile inglese. Ci raccontarono che a circa 15 chilometri verso nord-est, lungo la pista che portava su a Santa Caterina (Monte Sinai), il loro pulmino era rimasto insabbiato con un loro compagno a bordo. Mentre i due si rifocillavano, io e il nostro meccanico preparammo la Jeep con tutto ciò che serviva per risolvere il problema. Partimmo alla ricerca del mal-capitato e lo trovammo pressappoco dove avevano detto i due ragazzi e cominciammo le operazioni di salvataggio del pul-mino. Trovammo immediatamente il problema: si era rotta la frizione. Quella notte tornammo a casa alle due con il terzo inglese e il pulmino a rimorchio. La mattina seguente, riparato il loro mezzo, i tre ragazzi decisero di non andare a Santa Ca-terina, ma di ritornare al Cairo dove fissammo un incontro nei giorni seguenti. Ci incontrammo al ristorante dell’ Hotel Hilton del Cairo davanti a una buonissima bistecca di cammello con cipolle fritte e decidemmo di andare con loro ad El Alamein. Durante il viaggio entrammo in argomento biciclette, dato che loro ne portavano sempre un paio agganciate al pulmino. Finì che io e il più giovane di loro ci sfidammo a una piccola gara in bicicletta. Il punto di partenza della sfida era il cimitero inglese, avremmo percorso la Q33 fino al cimitero italiano e poi sarem-mo tornati indietro, circa 16 chilometri tutti in pianura. Anche se la distanza non era enorme e le biciclette erano di tipo spor-tivo con un cambio a 4/5 rocchetti, dovete tener presente che nessuno di noi era equipaggiato per una gara e faceva un caldo terribile. Così partimmo. All’andata il vento era a favore e l’in-glese cercò di sfiancarmi con due o tre strappi, ma il suo intento fallì, perché io riuscii a rintuzzare tutti i suoi tentativi di allungo. Il bello doveva ancora arrivare. Arrivati al Mausoleo italiano invertimmo la marcia e subito ci accorgemmo che il vento con-trario avrebbe reso gli ultimi 8 chilometri veramente duri. Il vento era forte e teso, un muro d’aria che ci tratteneva come se non volesse farci arrivare al traguardo, lottavamo contro la fatica e il sudore. L’inglese cercò di staccarmi e scattò, io rimasi lì staccato, ma a ruota. Proseguimmo così per 2-3 chilometri. A metà strada il mio avversario mise un rapporto più agile, vidi la possibilità di batterlo: rimasi con il rapporto più lungo, scopren-do le mie doti di passista. Infatti la velocità diminuì e io cercai di andare avanti con il mio passo regolare, senza strattoni, sen-za accelerazioni e così poco a poco mangiai metri su metri al suddito di sua maestà Elisabetta II arrivando al traguardo con almeno 100 metri di vantaggio. Era fatta. Avevo vinto. Anni pri-ma l’Italia aveva perso quella battaglia, ma quel giorno, almeno per noi, eravamo riusciti a riscattarci con una gara in bicicletta. Tutti contenti andammo a berci una bibita fresca.1977 Nigeria, zona sud. A quel tempo lavoravo alla costruzione

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perché dopo tanti anni passati all’estero ero rientrato a lavorare in Italia. Andavo in bicicletta tutte le domeniche, cercando di rimanere in forma e ben allenato. Partecipai anche al Giro delle Alpi Apuane e ad altre ciclo passeggiate. Quel giorno, il 6 Set-tembre, partimmo da Massa alle tre di notte in 40 persone in pullman per poter arrivare a Milano alle sette e partecipare alla Milano - San Remo per cicloamatori. Alla partenza eravamo 1500 provenienti da ogni parte del mondo. All’inizio si pedalava tutti ordinati dietro al direttore di gara che stabiliva l’andatura e noi della Massaflex cercammo di rimanere ben “intruppati” insieme. Fino a Ovada tutto procedette regolarmente, ma lungo la salita del Turchino la situazione divenne molto confusa e nes-suno riuscì più a capire niente. A Varazze ci fermammo tutti per 20 minuti, i più previdenti cercarono di riempire le borracce e fare scorta di viveri. Ripartimmo tutti insieme, ma da Savona le cose si fecero veramente difficili, eravamo tutti stremati, anche se mancavano ancora parecchi chilometri. In quell’ultimo tratto accaddero cose molto curiose, la più esilarante fu quando stava-mo affrontando la salita di Capo Cervo, i ciclisti sorpassarono un’ “apetta” carica di taniche piene d’acqua. Tutti accorgendosi di ciò si ammassarono intorno allo sventurato mezzo ed in pochi minuti, sotto lo sguardo del suo incredulo autista, gli svuotam-mo l’intero carico. Ormai la gara si era trasformata in un “si salvi chi può”. Arrivai a San Remo stremato e mi ci vollero più di tre giorni per riprendermi del tutto. Avevo percorso troppi chilometri, non lo feci mai più!2007 Mese di febbraio, sud del Belgio. Ero andato in Belgio per lavoro e non mi ero certo dimenticato di portarmi al seguito la mia fidata bicicletta da corsa e l’attrezzatura. Una domenica decisi di andare dalle parti di Basrtogne, ma mentre percorre-vo le piste ciclabili immerse nella foresta dell’Ardenne, bucai una ruota. Dopo una decina di chilometri bucai un’altra ruota. Comincia a preoccuparmi perché le camere d’aria erano finite e io ero ancora lontano parecchi chilometri dalla macchina, se avessi bucato nuovamente non avrei saputo come risolvere. In-fatti, proprio mentre facevo queste considerazioni, mi accorsi che avevo forato di nuovo e che quindi ero a piedi. Mi guardai attorno e vidi una macchina che stava entrando in un cancello e decisi di seguirla. Tra gli alberi intravidi una casa e decisi di andare a chiedere aiuto. Trovai un signore molto gentile che mi aiutò a cambiare la camera d’aria e me ne diede un’altra di scorta, raccomandandosi di non passare dalla pista ciclabile in quanto, sebbene fosse obbligatorio, questa era piena di spine pericolose che foravano le biciclette. Dopo una settimana tornai da quel signore per riportargli le due camere d’aria nuove!

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di oleodotto. Percorrevo tutti i giorni una strada piena di don-ne che con i loro bambini attaccati alla schiena e in testa un enorme tegame pieno di frutta, andavano al mercato del paese a diversi chilometri di distanza. Un giorno vidi una di quelle donne che mi colpì particolarmente aveva anche lei un bimbo sulla schiena e un tegame di frutta in testa, ma era anche incin-ta e accanto c’era un uomo con una bicicletta che la seguiva. Fermai subito la macchina (una Fiat Campagnola) e feci cenno alla donna di salire con tutti i sui bagagli. Dopo una breve esita-zione accettò di buon grado il passaggio, ma a quel punto anche l’uomo voleva un passaggio facendomi cenno di voler caricare anche la bicicletta. Questo mi fece imbestialire: “No! Tu no!” gli dissi in perfetto italiano e la faccia da perfetto ciclista incazzato “la bicicletta tu ce l’hai, quindi pedala!”. Ne nacque una di-scussione animata in due lingue. A un certo punto intervenne la donna e con un tono molto arrabbiato si scagliò contro l’uomo che avrebbe dovuto essere suo marito. Capì che la donna era d’accordo con me e l’uomo fu costretto a capitolare e mi fece cenno di andare pure. L’Africa ha bisogno di tante cose e una di queste, a mio modesto avviso, sarebbe quello di regalare a loro qualche milione di biciclette particolarmente attrezzate: da donna!1982 6 settembre. Mi iscrissi alla società massese Massaflex gui-data dall’allora Presidente Isacco Azzali. Quell’anno fu speciale

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La nostra storia

BAGNO GIULIANA

Il Bagno Giuliana si chiama così dal 1920, anno di nascita di Giuliana Cesarali che, con il marito Roberto, ha gestito lo stabi-limento per quarant’ anni con professionalità e passione. Il rispetto della tradizione e l’adeguatezza dei servizi ci consen-tono di offrire ai nostri ospiti un soggiorno che proponga ampi spazi fra i posti ombra, strutture sportive, bar, ristorazione, ani-mazione per bambini, scuola di nuoto in mare con istruttori FIN, mantenendo l’immagine storica di Forte dei Marmi con la presenza di vaste aree di giardino e di prato ed essenze botani-che tipiche della macchia mediterranea che creano una fresca oasi verde ad un passo dalla spiaggia.

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FORTE DEI MARMI

IL TERRITORIO E L’AMBIENTE NATURALE

Forte dei Marmi è un comune di circa 8.000 abitanti situato in Versilia sul litorale della provincia di Lucca.Immersi nelle acque dell’alto Tirreno si può godere di un panorama unico: le Alpi Apuane fanno da cornice e proteggono dai venti, rendendo il clima particolarmente mite sia in estate che in inverno.La lunga spiaggia pianeggiante di sabbia finissima ed il mare che degrada dolcemente verso il largo ren dono Forte dei Marmi luogo ideale di vacanza per tutti, soprattutto per i bambini. Nella zona della spiaggia libera, al confine con il Cinquale, si possono ancora oggi ammirare le dune, residuo dell’antico paesaggio della Versilia preceden te lo sviluppo turistico-balneare, che rimane qui sal vaguardato all’interno di un’oasi del WWF. L’impegno profuso dal Comune nella tutela e con servazione dell’ambiente naturale ha permesso di ottenere importanti ricono-scimenti, quali il conferi mento della Bandiera Blu per la qualità delle acque di balneazione e dei servizi sulla spiaggia, nonché la certifi cazione EMAS per la corretta gestione ambientale dei servizi resi ai cittadini. Oltre alle sue indiscutibili bellezze naturalisti-che ed alla sua felice posizione, Forte dei Marmi è anche un luogo dal fascino esclusivo ed è ideale punto di partenza per escursioni nel resto della Toscana. Foto: Roberto Merlo da In volo sulla Versilia www.edizionimontealtissimo.com

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LA STORIA

Le originiForte dei Marmi deve il suo nome all’unione dei due elementi che ne caratterizzano la storia: il Fortino, situato nel centro del paese, ed i marmi delle Alpi Apuane, distanti appena 20 km.Le origini di Forte dei Marmi si possono ricondurre alla costru-zione nel ‘500 della “Via di Marina” che collegava l’entroterra con uno scalo marittimo sulla costa; la costruzione della Via fu seguita dal maestro scultore Donato Benti, collaboratore di Michelangelo Buonarroti, che dalle Apuane ricavava il marmo per le sue opere d’arte. Il paese si sviluppa intorno al Fortino, un edificio costruito per volontà del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena nel 1788 per proteggere la costa dalle scorribande dei corsari. Il 1914 fu l’anno della grande svolta: a seguito della proposta presentata in Parlamento dall’O-norevole Giovanni Montauti, con la legge n. 327 del 26 aprile, si sanzionò il distacco della frazione fortemarmina dal Comune di Pietrasanta e l’istituzione dell’autonomo Comune di Forte dei Marmi. Nello stemma fu inserito il Fortino come simbolo della comunità.

Il FortinoIl progetto iniziale del Fortino risale al 1785 ed è opera di Fede-rigo Barbolani, governatore di Livorno, concreto artefice e pro-gettista della costruzione del forte per la sicurezza ed il controllo delle coste, come voluto dal Granduca. Il progetto prevedeva “a terreno il Magazeno della Dogana, la stanza per la Contumacia, Scuderia e il luogo da riporre i Foraggi; primo piano Alloggio del Castellano, per il Guardia della Dogana e superiormente la Ca-serma, sua Cucina, stanza per il Cannoniere, Piatta-forma; S.ta Barbera, e la cisterna colle sue appartenenze”. Oltre alla preva-lente funzione di difesa, la struttura architettonica venne usata come magazzino dei marmi durante il periodo in cui il pontile era utilizzato come scalo commerciale per la pietra proveniente dalle vicine Alpi Apuane e già tanto apprezzata nel ‘500 dallo stesso Michelangelo Buonarroti. Divenuto Palazzo Littorio negli anni ’20, il Fortino subì alcune modifiche, tra le quali una diversa strutturazione del tetto, un complessivo innalzamento dell’edi-ficio e l’inserimento di balconi, uno nella parte anteriore e due all’ingresso dell’edificio. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Fortino fu parzialmente danneggiato dai bombardamenti. Alla fine della guerra, lo stesso fu occupato dal Comitato di Libe-razione Nazionale e trasformato nel “Palazzo del Popolo”. Nel 1957 il Fortino divenne Ufficio Postale. Dal 1997 è sede del Mu-seo della Satira e della Caricatura. Nel 1998, a seguito di un atto di permuta con l’amministrazione delle Poste Italiane, il Fortino è divenuto proprietà del Comune di Forte dei Marmi che lo ha destinato, dopo una profonda ristrutturazione, a sede espositiva. Fotografia: Sara Giannotti

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Lo sviluppo balneareDa borgo di pescatori e deposito di marmi, all’inizio del XX secolo il paese diventa meta frequentata dai nobili toscani per le “bagnature”. Nascono i primi stabilimenti balneari e le prime pensioni per i villeggianti. Forte dei Marmi diventa così una località turistica molto rinomata: un nutrito gruppo di esponenti del mondo culturale e artistico, della nobiltà, della politica e dell’eco-nomia, sceglie Forte dei Marmi come meta di soggiorno. Negli anni Venti Dazzi, Carrà, Carena, Soffici, Gentile, Pea e Viani si ritrovano qui nelle sere estive. Nel decennio successivo gli artisti scelgono per i loro incontri il Quarto Platano, oggi Caffè Roma, a pochi passi dal Fortino.

Il PontileNella seconda metà dell’ottocento Forte dei Marmi era uno snodo cruciale per lo scalo dei marmi. Il materiale veniva portato dalle vicine Apuane fino alla spiaggia per poi essere caricato sui navicelli per mezzo di chiatte, oppure tirando in secca con i buoi i bastimenti. Si avvertì la necessità di costruire un ponte caricatore, che agevolasse il carico dei bastimenti senza che questi doves-sero essere tirati in secca, complicando e rallentando le operazioni. Tra l’agosto 1876 e il febbraio 1877 venne realizzato il pontile caricatore su progetto dell’ing. Giovanni Costantini. La lunghezza del molo raggiunse i 257,75 metri, sostenuto da 216 piloni di pino di 135 cm di diametro ciascuno. In cima venne collocata una potente gru, chiamata “Mancina” perché il suo movimento rotatorio era sempre verso sinistra; aveva una portata di 20 tonnellate per caricare il marmo sulle imbarcazioni. Nel 1932 il ponte fu allungato fino a circa 290 metri dalla battigia. Il pontile contribuì in maniera determinante alla crescita economica e al conse-guente sviluppo demografico di Forte dei Marmi e rimase in funzione anche durante la Seconda Guerra Mondiale, fino a quando fu distrutto dai tedeschi nel 1943 a causa dei colpi di mitragliatrice e dalle mine poste su ciascun pilone.Nell’immediato dopoguerra, la ricostruzione del pontile divenne subito una priorità per la cittadinanza e le amministrazioni co-munali. I lavori per la realizzazione del nuovo pontile, così come lo conosciamo oggi, cominciarono nel 1955 e il 18 maggio 1958 l’allora sindaco Antonio Molino inaugurò la nuova opera. Il pontile, in cemento armato, misura 275 metri di lunghezza; nei primi 235 metri la larghezza è di 5 metri e di 8 negli ultimi 40. E’ la meta prediletta dei fortemarmini di tutte le generazioni e passeggiata immancabile per chi soggiorna a Forte dei Marmi. (testo tratto da “Il Ponte caricatore” di Giorgio Giannelli, 2008)

Fotografia: Maurizio Stella

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LA CULTURA

Villa BertelliPolo culturale di Forte dei Marmi è Villa Bertelli, una bellissima villa di fine Ottocento sita a Vittoria Apuana, frazione del Comu-ne. La villa fu costruita a Forte dei Marmi nel 1896, destinata a essere la sede direzionale della Società Italiana Prodotti Esplodenti (SIPE) e per agevolare il carico delle mine destinate all’estero, fu dotata di un pontile collegato al mare. Alla fine del primo conflitto mondiale, la SIPE affrontò un periodo di crisi economica, dovuto alla minor richiesta di mine; per questo motivo la fabbrica chiuse e solo nel 1926 la villa riprese vita, dopo essere stata acquistata da Ilio Bertelli, che la trasformò in un albergo. Dopo la cessazione dell’attività, nei primi anni 2000, Villa Bertelli fu acquistata dal Comune che ne restaurò le sale e il parco circostante. Oggi è sede di numerose iniziative culturali quali mostre, spettacoli, concerti e presentazioni di libri. Nelle sue sale espositive hanno trovato dimora temporanea le opere di artisti del calibro di Giuliano Vangi, Novello Finotti, nonché una collettiva proveniente dalla Gal-leria degli Uffizi. All’interno della villa è altresì custodita la Donazione Dazzi, un compendio di quadri, disegni, sculture, album fotografici, lettere autografe e saggi, donati negli anni ’80 dalla famiglia del maestro Arturo Dazzi al Comune di Forte dei Marmi.

Museo della Satira e della CaricaturaPresso il Fortino di Piazza Garibaldi ha sede il Museo della Sa-tira e della Caricatura che ha raccolto l’eredità culturalmente viva e propositiva del Premio “Satira Politica”, creato nel 1973; oggi è centro di conservazione, raccolta e studio di tutti i ma-teriali concernenti la storia della satira e della caricatura mon-diale. Il patrimonio museale è stato costruito negli anni grazie a varie donazioni di fondi e collezioni private, ad acquisizioni di disegni originali contemporanei o del passato, ad una biblioteca specializzata, nonché alle collaborazioni con le più prestigiose testate satiriche del mondo e con associazioni di cartoonists e musei stranieri. Negli anni ha esportato mostre in molte città italiane ed europee. Forte dei Marmi è ormai unanimemente riconosciuta come la capitale mondiale della Satira Politica. Il Premio, organizzato dal Comune di Forte dei Marmi attraverso un Comitato, è assegnato ogni anno nel mese di settembre e la premiazione si svolge presso la Capannina di Franceschi. La Giuria, formata da esperti e giornalisti delle più importanti testate nazionali, seleziona in maniera autonoma i vincitori dei vari premi che normalmente vengono assegnati per le seguenti sezioni: grafica, letteratura, giornalismo, spettacolo, iniziative speciali e tesi di laurea.

Fotografia: Alessio Bazzichi

Fotografia: Maurizio Stella

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Casa Museo Ugo GuidiDal 2005 “Casa della Memoria”, oggi la Casa Museo Ugo Guidi rappresenta la più importante testimonianza della stagione cul-turale del ‘900 a Forte dei Marmi: la famiglia dell’importante scultore toscano ha mantenuto inalterati gli ambienti di soggiorno e lavoro dello scultore scomparso nel 1977. Qui sono rimaste intatte le opere e il ricordo delle relazioni tra l’artista ospitante e gli amici artisti, letterati e poeti. Infatti la casa di Ugo Guidi fu un luogo di incontro per uomini di cultura, come Rosai, Santi, Funi, Mirko, Greco, Migneco, Cagli, Treccani, Dallapiccola, Cassinari, Gatto, Maccari, Bueno, Soffici, Papini e molti altri. Oggi la casa offre la visione di oltre 600 tra sculture e opere grafiche di Ugo Guidi. La casa dal 2007 è diventata luogo di cultura in cui vengono allestite mostre di artisti del ‘900 e contemporanei, di giovani promettenti, di studenti di Accademie e Istituti superiori. Il museo collabora con il Ministero dei Beni Artistici e Culturali, la Regione Toscana, ICOM e AMACI. La casa-museo è stata inserita nelle Giornate di Primavera del FAI (Fondo Ambiente Italiano) e segnalata da Italia Nostra tra le piccole realtà museali d’eccellenza in Italia. Il Museo Ugo Guidi (MUG) è luogo d’arte e cultura.

LO SPORT

In ogni stagione dell’anno, numerose sono le possibilità per gli amanti dell’attività fisica: oltre agli impianti sportivi comunali che ospitano, tra l’altro, la squadra di hockey campione d’Italia nelle stagioni 2013/2014 e 2014/2015, varie sono le opportu-nità offerte dal territorio: vela, canoa, nuoto, tennis, golf, skate, bocce, ciclismo e molto altro ancora. Il paese è una meta ambi-ta anche dagli amanti del surf, soprattutto in inverno, quando le mareggiate rendono la zona adatta a cavalcare le onde. La lunga pista ciclabile che costeggia il lungomare, affiancata da splendide palme e oleandri, è ottima per una rilassante passeg-giata in bicicletta o per un po’ di jogging. Proprio l’impegno dimostrato nella promozione dello sport ha portato all’ambito riconoscimento di “Città Europea dello Sport” nel 2013. Im-portanti sono anche le manifestazioni sportive che si svolgono ogni anno a Forte dei Marmi, come il Trofeo Buffoni di cicli-smo, gara internazionale pre-mondiale che, nel mese di settembre, richiama partecipanti da ogni parte del mondo; il Rally del Ciocco, con partenza nelle strade cittadine; il Trofeo Alpi Apuane - Memorial Dott. A. Aliboni, torneo giovanile di calcio in-ternazionale. Da Forte dei Marmi, infine, si raggiungono in breve tempo le Alpi Apuane e si passa così facilmente dal mare alla montagna, accontentando i gusti di tutti.

LO SHOPPING

Happening imperdibile del mercoledì mattina (da Pasqua a otto bre, anche la domenica mat tina) è il mercato di Piazza Marconi: abbigliamento e non solo, dalle marche all’ultima moda ai prodotti di qualità a basso costo. Per uno shopping più esclusivo, il centro commerciale a cielo aperto: firme prestigiose del mondo della moda nazionale ed internazionale occupano le vetrine delle vie centrali del paese. Nel secondo weekend di ogni mese, in Piazza Dante, i visitatori potranno curiosa re fra i banchi del mercato dell’antiquariato per trovarvi pregevoli monili, mobili, pezzi rari e da collezione.

Fotografia: Federico Neri

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IL TEMPO LIBERO E LA VITA NOTTURNA

Le sere d’estate a Forte dei Marmi si passano a passeggio nel-le vie del centro, tra le vetrine delle boutique, mangiando un buon gelato oppure gustando le famose schiacciatine di Valè. Numerosi sono i locali dove fermarsi per un aperitivo o cenare in tranquillità, prima di una bella passeggiata notturna sul Pon-tile. Ricco il calendario degli spettacoli nel teatro estivo di Villa Bertelli, dove si esibiscono ogni anno cantanti e attori di fama internazionale.

La CapanninaPer gli amanti del divertimento notturno non può mancare una serata alla “Capannina di Franceschi”, locale storico di Forte dei Marmi, nato nel 1929 da un’idea di Achille Franceschi. Da vecchio capanno di attrezzi a punto di incontro di intellettuali e di giovani, dopo essere stato distrutto da un incendio nel 1939, il locale è stato ricostruito con l’aspetto che oggi conosciamo. “La Capannina” è rimasta negli anni il cuore del divertimento fortemarmino, con la sua sala da ballo, la sua pista e il suo palco su cui si alternano artisti di fama internazionale con numeri di cabaret, pianobar ed esibizioni di dj.

LE TRADIZIONI

Sant’ErmetePatrono del Comune di Forte dei Marmi è Sant’Ermete, liberto romano morto martire nel 120 d.C. In suo onore il 26 agosto una proces sione con corteo storico accompagna le sacre reli-quie dal palazzo comunale alla Chiesa de dicata al Santo. Il 27 agosto in Piazza Garibaldi è accesa la “Focata”, un grande falò in origine destinato ad avvertire la po polazione montana del pericolo degli attacchi dei pirati e successivamente, a partire dai pri mi anni dell’Ottocento, a disfarsi del legno dei vecchi arredi non più utilizzati dalle famiglie fortemarmine. I cittadini, in-fatti, si trovavano nel cuore della città e dopo aver accatastato il materiale raccolto, appiccavano il fuoco alla presenza di tutti i partecipanti. La manifesta zione, considerata un momento di incontro e di festa, è stata negli anni costantemente rie vocata per mantenere vivo lo spirito e la vo lontà di aggregazione della cittadinanza. Il 28 agosto, giornata del Santo, i fortemarmi ni e i turisti possono passeggiare e curiosare tra le numerose banca-relle del tradizionale merca to. A conclusione dei festeggiamenti, in serata, l’incantesimo è assicurato da un sugge stivo spettacolo pirotecnico.

Fotografia: Alessio Bazzichi

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Palio dei BagniIl Palio dei Bagni fu organizzato per la prima volta da Giorgio Giannelli e Urbano Polacci nel 1952 e dopo un periodo di so-spensione, la tra dizione è stata recuperata dall’Ammi nistrazione Comunale nel 2007. A pochi metri dalla costa, ben visibili dal Pontile, dalla riva del mare o da imbarcazioni oltre le boe, si di sputa una sentita competizione tra i bagnini degli stabilimenti balneari di Forte dei Marmi. Il prestigio della manifestazione è senz’altro dovuto alla tradizione versiliese, dove generazioni di ba gnini hanno sfidato, a bordo delle proprie imbarcazioni, le onde mari ne per salvare vite umane. Il pattino, simbolo e strumen-to della gara e dell’identità fortemar mina, può essere tradizionale o a “banana”; questo particolare mo dello fu brevettato nel 1985 dal ma estro d’ascia, falegname, pittore e designer Luigi Aliboni.

“Vivere su quella costa, tra il mare e la montagna in mezzo a calme profonde ed improvvise violente tempeste, è come vivere dentro una poesia di Shelley. Si cammina attraverso una bellezza fantasmagorica e trasparente.” (A. Huxley, 1929)

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Comune di Camaiore

Comune di Forte dei Marmi

7° MARATONINA DEI TRE PONTILI

Km 21,097 sul lungomaredella Versilia

GARA INTERNAZIONALE

DOMENICA20 SETTEMBRE 2015

Modalità di iscrizioneLe schede di iscrizione o loro fotocopie, accuratamente compilate in ogni sua parte, dovranno pervenire, unitamente alla ricevuta di avvenuto pagamento, entro i termini d’iscrizione:

• on-line: sul sito www.mysdam.net/store/data-entry_31214.do • a mezzo posta a: SDAM SRL – Via F. Paciotto 6A – 43124 Alberi di Vigatto (PR) • a mezzo telefax: al n . Fax: 0587 240030 • via email a: [email protected] • presso i punti convenzionati entro il 11/09/2015 • presso la Pineta Fleming a Forte dei Marmi, solo il giorno 19 settembre 2015 dalle ore 16.00 alle ore 19.00 con pagamento in contanti.

PER INFORMAZIONI E REGOLAMENTO CONSULTARE IL SITO

www. t repont i l i . i tQuote di iscrizione(atleti residenti in Italia):

Quote di iscrizione(atleti residenti all’estero):

• € 20,00 dal 1/05 al 14/07 2015• € 25,00 dal 15/07 al 20/08 2015• € 30,00 dal 21/08 al 16/09 2015• € 40,00 sabato 19 settembre 2015

• € 30,00 fi no al 16/09/2015

+ € 10,00 cauzione chip + € 10,00 cauzione chip

Versilia

Marina di Pietrasanta

Forte dei Marmi Lido di Camaiore

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Comune di Camaiore

Comune di Forte dei Marmi

7° MARATONINA DEI TRE PONTILI

Km 21,097 sul lungomaredella Versilia

GARA INTERNAZIONALE

DOMENICA20 SETTEMBRE 2015

Modalità di iscrizioneLe schede di iscrizione o loro fotocopie, accuratamente compilate in ogni sua parte, dovranno pervenire, unitamente alla ricevuta di avvenuto pagamento, entro i termini d’iscrizione:

• on-line: sul sito www.mysdam.net/store/data-entry_31214.do • a mezzo posta a: SDAM SRL – Via F. Paciotto 6A – 43124 Alberi di Vigatto (PR) • a mezzo telefax: al n . Fax: 0587 240030 • via email a: [email protected] • presso i punti convenzionati entro il 11/09/2015 • presso la Pineta Fleming a Forte dei Marmi, solo il giorno 19 settembre 2015 dalle ore 16.00 alle ore 19.00 con pagamento in contanti.

PER INFORMAZIONI E REGOLAMENTO CONSULTARE IL SITO

www. t repont i l i . i tQuote di iscrizione(atleti residenti in Italia):

Quote di iscrizione(atleti residenti all’estero):

• € 20,00 dal 1/05 al 14/07 2015• € 25,00 dal 15/07 al 20/08 2015• € 30,00 dal 21/08 al 16/09 2015• € 40,00 sabato 19 settembre 2015

• € 30,00 fi no al 16/09/2015

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Versilia

Marina di Pietrasanta

Forte dei Marmi Lido di Camaiore

La Bandiera Blu è un riconoscimento internazionale, istituito nel 1987 (Anno europeo dell’Ambiente), che viene assegnato ogni anno in 48 paesi, inizialmente solo europei, più recente-mente anche extra-europei, con il supporto e la partecipazione delle due agenzie dell’ONU: UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) e UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo) con cui la FEE ha sottoscritto un Protocollo di partnership globale. Bandiera Blu è un eco-label volontario as-segnato alle località turistiche balneari che rispettano criteri re-lativi alla gestione sostenibile del territorio. Obiettivo principale di questo programma, è quello di indirizzare la politica di ge-stione locale di numerose località rivierasche, verso un processo di sostenibilità ambientale. Il Programma Bandiera Blu, Eco-la-bel Internazionale per la certificazione della qualità ambientale delle località rivierasche, si è affermato ed è attualmente ricono-sciuto in tutto il Mondo, sia dai turisti che dagli operatori turisti-ci, come un valido eco-label relativamente al turismo sostenibile in località turistiche marine e lacustri. “Bandiera Blu” è con-dotto dall’organizzazione non-governativa e no-profit “Founda-tion for Environmental Education” (FEE). Tale Programma è operativo in Europa dal 1987; con l’inizio del nuovo secolo la FEE ha sottoscritto un Protocollo di partnership globale con il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) quin-

di, un Protocollo d’Intesa con l’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite (UNWTO), di cui è anche mem-bro affiliato, per cui il Programma inizialmente europeo è stato esteso in 48 paesi in tutto il Mondo. L’obiettivo principale del Programma Bandiera Blu, è quello di promuovere nei comuni rivieraschi una conduzione sostenibile del territorio attraverso una serie di indicazioni che mettono alla base delle scelte po-litiche, l’attenzione e la cura per l’ambiente. I criteri del Pro-gramma vengono aggiornati periodicamente, in modo tale da spingere le amministrazioni locali partecipanti ad impegnarsi per risolvere e migliorare nel tempo, le problematiche relative alla gestione del territorio al fine di una attenta salvaguardia dell’ambiente. La valutazione delle auto-candidature, inviate ogni anno compilando uno specifico questionario e allegando idonea documentazione a supporto, avviene attraverso i lavo-ri di una Commissione di Giuria, all’interno della quale sono presenti rappresentanti di enti istituzionali quali Presidenza del Consiglio-Dipartimento del Turismo, Ministero delle Attività Agricole e Forestali, Comando Generale delle Capitanerie di Porto, ENEA, ISPRA, Coordinamento Assessorati al Turismo delle Regioni, DECOS, Università della Tuscia, nonché da organismi privati, quali la Federazione Nazionale Nuoto – Se-zione Salvamento, i Sindacati Balneari SIB-Confcommercio e

Venticinque anni di riconoscimenti al Comune di Forte dei Mar mi

BANDIERA BLU

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FIBA-Confesercenti, che ne condividono il fine e l’approccio metodologico. Già da alcuni anni, per la valutazione delle can-didature, è stato introdotto l’iter procedurale certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001-2000. Il Questionario Bandiera Blu si compone di 12 sezioni: Notizie di carattere generale, la spiaggia, qualità delle acque di balneazione, depurazione del-le acque reflue, gestione dei rifiuti, educazione ambientale ed informazione, iniziative ambientali, certificazione ambientale, turismo, lo stabilimento balneare, pesca professionale, adempi-menti. Di queste, la prima sezione riveste valenza meramente qualitativa, in quanto vengono richieste notizie di carattere ge-nerale, utili comunque per le successive valutazioni quantitative delle altre sezioni; viene anche richiesto un supporto cartogra-fico del territorio comunale d’interesse, con evidenziata l’ubica-zione di quelle infrastrutture necessarie per l’idoneità comples-siva del sito e che saranno oggetto di verifiche successive in loco da parte di soggetti istituzionali e della FEE stessa. La FEE ha potuto contare fino allo scorso anno per le verifiche sul territo-rio, sulla collaborazione del Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente per quanto attiene la depurazione, da quest’anno per le visite di verifica sui litorali, ha il supporto del Corpo delle Capitanerie di Porto. La qualità delle acque di balneazione è un criterio imperativo: solo le località le cui acque sono risultate eccellenti nella stagione precedente, possono presentare la can-didatura. Per quanto riguarda la depurazione, solo località con impianto di depurazione almeno con trattamento secondario possono procedere nel percorso di valutazione. In particolare, inoltre, non vengono prese in considerazione località che non abbiano almeno l’80% dell’allaccio in fognatura delle acque reflue, dell’intero territorio della località candidata. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, recentemente è stato richiesto un incremento nella percentuale di raccolta differenziata mi-nima per l’accesso alle valutazioni. È evidente come al centro delle diverse problematiche diversificate, è posta, in maniera trasversale, la necessità di garantire la massima vivibilità del territorio che si manifesta attraverso una serie di interventi (la depurazione delle acque reflue; la gestione dei rifiuti con parti-colare attenzione alla raccolta differenziata e ai rifiuti pericolosi, quali batterie esauste ed oli usati; la regolamentazione del traffi-co veicolare, anche attraverso l’istituzione di aree pedonali, piste ciclabili, parcheggi decentrati e bus-navetta; la cura dell’arredo ed il decoro urbano; la sicurezza ed i servizi in spiaggia). Nel corso della stagione estiva, tutte le località insignite della Bandiera Blu, sono oggetto di visite di controllo, al fine di verifi-care la conformità ai criteri stabiliti dal Programma. La partecipazione dei Comuni al programma Bandiera Blu è gratuita, sia per quanto attiene la valutazione e la certificazione

che per le visite di controllo che sono totalmente a carico della FEE. Nei venti anni nei quali il Programma Bandiera Blu ha accompagnato tanti dei Comuni rivieraschi italiani, è stato pos-sibile verificare un’evoluzione significativamente positiva delle condizioni di vivibilità dei Comuni stessi, pur con un incremen-to delle pressioni esercitate dall’aumento del numero di turisti che frequentano tali località. (fonte sito web FEE Italia)

La Bandiera Blu a Forte dei Marmi

Il Comune di Forte dei Marmi ha ottenuto il riconoscimento della Bandiera Blu dal 1990 ininterrottamente fino ad oggi. Inizialmente i criteri di valutazione si basavano essenzialmente sulla qualità delle acque di balneazione e sulle metodologie or-ganizzative delle spiagge per la fruizione balneare.Nel corso degli anni, con la crescita della notorietà dell’ambito vessillo, sono parimenti cresciuti i criteri di valutazione fino a toccare a 360° tutte le attività ed i servizi caratteristici di una località turistico-balneare analizzati sotto gli aspetti della soste-nibilità e dell’accessibilità.Punto di forza per il nostro comune, oltre ad una qualità del-le acque di balneazione valutata “eccellente” ai sensi del Dlgs 116/2008, è stata la crescita continua nel tempo della raccolta differenziata dei rifiuti, criterio a cui la FEE ha dato sempre maggior peso, assestatasi alla fine del 2014 ad oltre il 70%. A questo dato sostanziale se ne associa un’altro strategico rappre-sentato dalla riduzione del totale dei rifiuti prodotti. Altro punto di forza è stato da sempre rappresentato dagli eventi e manife-stazioni connessi con l’educazione ambientale, la sostenibilità, la crescita delle conoscenze dell’ambiente marino sia dal punto di vista ludico-sportivo che della sicurezza.

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Il contributo di Giorgio Salvatori alla Bandiera Blu

Grande risalto hanno avuto in questo frangente tutte le attività ricreative/educative svolte nell’ambito delle Colonie Estive, all’in-terno delle quali ha dato il suo appassionato contributo in qualità di istruttore e animatore il nostro Giorgio Salvatori, recentemen-te scomparso a causa di un fatale incidente accaduto nel corso di un’escursione in montagna: altra grande sua passione. In questo ultimi anni le varie attività dedicate alle edizioni della Bandiera Blu, hanno spesso ruotato attorno alla figura di Giorgio: dal coordinamento degli studenti stagisti del Liceo Carducci di Viareggio, ai vari laboratori dedicati alla marineria svolti alla Spiaggia dei Bambini, in tutte le manifestazioni in cui c’era bisogno di uno speaker per coinvolgere le persone presenti, basti ricordare il Palio dei Bagni, l’alzabandiera presso il Rifugio CAI Forte dei Marmi Alpe della Grotta, e non ultimo il Premio Nardini, durante i quali ha fornito il proprio contributo con semplicità, dedizione e professionalità.Da quest’anno la Bandiera Blu dovrà andare avanti anche senza di lui, però di una cosa siamo convinti…che da lassù Giorgio, con lo zainetto in spalla, in sella alla sua bici e fischiettando come al suo solito, troverà il modo di guidarci sulla giusta strada!

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La Pizzeria da Valé, situata nel cuore di Forte dei Marmi, è un punto di riferimento per i residenti del Forte ma anche un luogo da visitare per i turisti e i personaggi famosi in vacanza in Versi-lia. Le celebri focaccine rotonde, sempre calde e cotte al punto giusto, sono una vera e propria delizia per il palato.La pizzeria è nata e cresciuta grazie all’amore e alla semplicità di nonno Valentino Ruglioni, che partendo da un semplice loca-le in Piazza Garibaldi in cui vendeva pizze, schiacciata e cecina, hai poi creato nel tempo una vera e propria attività tutt’ora in espansione. “Nostro nonno Valentino ha inventato le focacci-ne rotonde perché i clienti le volevano sempre calde, allora lui decise di tagliare a pezzetti la tradizionale focaccia lunga cotta nella teglia per infornarle”, dichiara la nipote Sandra Nardini.

Pizzeria da ValéPiazza Giuseppe Garibaldi, 4Forte dei Marmi - LuccaTelefono: 0584 89361

Aperta dal 1922 ha visto crescere generazioni su generazioni

LE STORICHE FOCACCINE DI VALE’FAMOSE IN TUTTO IL MONDO

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GIOVANI SCRITTORI

DI FORTEDEI MARMI

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Immaginate un Michelangelo sgomento che, aggirandosi nelle zone dove poi sorgerà Forte dei Marmi, esclamava “Solo palu-di!”. Tale si presentava il luogo allo sfortunato artista che, do-vendo inviare il marmo di Seravezza a Firenze per la facciata di S. Lorenzo, si apprestava a realizzare la via del marmo (attuale via Provinciale) tra infinite difficoltà.La fine del Settecento, complice una situazione sanitaria miglio-re, vede la costruzione del Fortino, mentre per la nascita di un vero e proprio centro abitato bisognerà attendere gli anni Venti dell’Ottocento quando i vari Zarri, Tonini e Nardini costruisco-no le prime case del Forte. Il paese rivela da subito una vocazione economica e turistica: economica perché il commercio del marmo la fa da padrone, turistica perché già allora la gente si reca in Marina le bagna-ture.Persone facoltose arrivano da città più o meno lontane per de-dicarsi ai bagni di mare e alle cure elioterapiche, del resto i be-nefici della talassoterapia sono già noti da tempo.La scelta di questi personaggi appare in un certo senso un po’ curiosa: considerate che Viareggio è già una meta ambita, ben frequentata, centro di gran moda a livello nazionale ed europeo.Cosa spinge alcuni signori ad abbandonare Viareggio per il Forte? Sicuramente alla base c’è il desiderio di distinguersi, di rifuggire dai luoghi di massa per cercare un posto rude, vero e incontaminato.Come si capisce dalle numerose istanze degli abitanti del Forte le difficoltà quotidiane sono molte: le strade spesso impratica-bili, il servizio postale discontinuo, la pompa del pozzo, donato dal granduca nel 1843, si guasta continuamente.Nelle istanze si fanno richieste per il benessere degli abitanti del villaggio ma anche per i turisti che accorrono numerosi nella stagione delle bagnature.Alle difficoltà del vivere quotidiano aggiungete il fatto che il pa-ese è un vero e proprio deposito di marmo a cielo aperto. De-posito che sarà destinato a diventare nel giro di un centinaio di anni la perla della Versilia.Alla metà dell’Ottocento non esistono ancora alberghi e pensio-ni, così le famiglie di turisti soggiornano presso gli affittacamere.Ovviamente gli stabilimenti balneari come intendiamo oggi con

cabine e ombrelloni ancora non ci sono. Ci si limita a installare sulla spiaggia delle baracche, delle capanne di frasche dove le persone trovano il ristoro dell’ombra. All’epoca è essenziale che uomini e donne facciano le bagnature separatamente, pena la multa e la perdita dell’onore! Al Forte il luogo dei bagni per gli uomini è a ponente del pontile, mentre quello delle donne a levante.Tuttavia per le signore che in quel periodo prendono i bagni nelle vicinanze del ponte caricatore c’è un problema non da poco, almeno all’epoca: sono continuamente messe in imbaraz-zo dagli ignudi.Chi sono questi ignudi? Semplicemente i lavoratori del marmo e i marinai che trafficano ogni giorno sul ponte, e che accaldati sono soliti spogliarsi e svolgere le loro mansioni mezzi nudi.Tutto ciò con disappunto delle signore, o forse dei loro mariti.Nel 1878 nasce al Forte il primo stabilimento balneare: Angiolo Lucchetti, autorizzato dalla Giunta, può aprire i battenti.Lo stabilimento si trova a un centinaio di metri a levante del ponte caricatore ed è costituito da strutture in legno issate su pali piantati nell’acqua, secondo la moda viaregginaCi sono diversi salotti e un caffè-buffet, si possono praticare gio-chi leciti, ma tassativa è la separazione di uomini e donne du-rante le bagnature.In quegli anni nascono anche le prime pensioni, tanto per fare qualche nome la Pensione Idone, Pensione Gobbi e Villa Il Vi-gnolo (oggi Hotel Regina) famosa per aver ospitato Thomas Mann. Forte dei Marmi nel corso dell’Ottocento cresce, il piccolo vil-laggio sta prendendo sempre più l’aspetto di una pittoresca lo-calità turistica. Si intensificano i servizi: sono gli anni delle pri-me pensioni, dei caffè e dei divertimenti.Se i fortemarmini nelle bettole giocano il fiasco, i villeggianti si dilettano col biliardo.Sulla spiaggia dopo i bagni di mare si può passare il tempo a cavalcare, passeggiare nella macchia retrostante o osservare i pescatori che tirano la sciabica.Alla fine dell’Ottocento arrivano i primi stranieri al Forte. Sono per lo più tedeschi e con il loro stile di vita disinibito sconvolgo-no gli abitanti del villaggio a tal punto da essere definiti barbari.

Tessa Nardini e Stefania Neri

FORTE DEI MARMI:DA DEPOSITO DI MARMO A PERLA DELLA VERSILIA

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Sono alla ricerca di un luogo incontaminato e trovano il loro pa-radiso a levante del ponte caricatore, in una zona leggermente decentrata che in seguito verrà chiamata Roma Imperiale. Ma come arrivano al Forte i barbari?Il medico veronese Carlo Vanzetti, convinto sostenitore delle cure eliotepariche e della talassoterapia, vede nel Forte il luogo ideale per il raggiungimento del benessere fisico. L’uomo lavora a Firenze con il tedesco Edgar Kurz. I due, dalle idee liberali e attenti al sociale, seguono gratuitamente i poveri che non possono permettersi le cure mediche. A questo scopo fondano un poliambulatorio nel palazzo Buondelmonti in piaz-za Santa Trinita e per rientrare nelle spese affittano “L’ambu-latorio per gli illegali ma frequentatissimi duelli d’onore”. Pare che anche D’Annunzio abbia usufruito di questo servizio.Vanzetti è anche il punto di riferimento di una colonia di artisti e intellettuali tedeschi residenti a Firenze, i quali seguiranno di buon grado l’affascinante dottore al Forte. Kurz acquista due lotti di arenile nel 1899 dal marchese Gio-vanni Battista Niccolini, uno per sé e uno per la sorella Isolde. Vanzetti invece acquista un lotto davanti l’odierno Hotel Prin-cipe; sfogliando la stampa locale è stato possibile risalire al suo ultimo proprietario, Callisto Tanzi il patron della Parmalat. Dopo poco arriva la costruzione delle tre case ad opera del ca-

pomastro Francesco Tognocchi. Quella di Kurz è una bella casa con grandi terrazze, immersa nella pineta e sfiorata dal mare durante i giorni di tempesta. Dobbiamo immaginare un ambiente diverso da quello attua-le, un vero paradiso incontaminato dove le prime abitazioni immerse nella pineta comune si affacciano direttamente sul-la spiaggia, data l’assenza del viale a mare. Nel 1907 la villa viene venduta e ampliata dai nuovi proprietari che dopo qual-che anno la trasformano in albergo, Pensione Villa Elena, che conserva tuttora parte della decorazione parietale realizzata da Erwin Kurz, il fratello artista di Edgar. Isolde invece vive tra Firenze e Forte dei Marmi, è una nota scrittrice e attorno a lei gravitano artisti e storici dell’arte stra-nieri.Il suo grazioso villino è decorato internamente dall’amico pit-tore Hildebrand, mentre Rӧmer scolpisce i pesci visibili sulla porta di ingresso. Sulla spiaggia un pianoforte allieta i tramonti della colonia tedesca e “Intorno allo strumento, al ritorno dalle gite in barca a vela, verso il tramonto, si scatenavano le danze. Usciti dal bagno in mare, nudi come quando si erano immersi, si ammantavano in leggeri pepli candidi, alla maniera dei Greci e, di fronte al magico anfiteatro delle Apuane, si compiacevano di danze, inchini e accostamenti”.

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Isolde ama Forte dei Marmi e alcuni versi dedicati alla cittadina potete trovarli nella piazzetta che porta il suo nome: “A For-te dei Marmi non si invecchia. Le lunghe incandescenti estati strappano via tutte le ferite e restituiscono una giovinezza sana e spensierata”. I tedeschi trascorrono le loro estati spensieratamente, felici di aver scoperto l’Eden, il paradiso terrestre incontaminato capace di mantenere vivi il genio artistico e la salute fisica.Adolf von Hildebrand lascia la Germania per Firenze dove compra il convento di San Francesco di Paola. Arriva al Forte poco dopo Vanzetti e i Kurz e Carl Sattler costruisce per lui un’abitazione sul mare nel 1902.Sul lido sabbioso del Forte nascono amicizie e collaborazioni importanti, l’artista Adolf von Hildebrand progetta per amici e conoscenti diverse abitazioni, aiutato dall’architetto e futuro genero Carl Sattler. E’ Hildebrand che fa scoprire il Forte ad Anton Dohrn, l’illustre biologo tedesco amico di Darwin. I due si conoscono a Napoli dove Dohrn aveva fondato la stazione zoologica, la cui biblio-teca era decorata con un ciclo di affreschi da Hildebrand e dal compagno Hans von Marées. Maria Magdalena Baranowska è moglie di Dohrn e per lei Carl Sattler costruisce Villa Thalassa nel 1903-1904; l’edificio si af-

faccia sulla spiaggia, inconfondibile con la sua meridiana e lo stemma di famiglia in facciata.Poco lontano dai Dohrn domina la spiaggia la villa della fami-glia Siemens, Villa Apuana. Viene costruita nel 1899 dall’ar-chitetto Carl Sattler per Herta Harries von Siemens, figlia del magnate tedesco delle acciaierie e moglie del chimico Karl Die-tich Harries.L’architettura della casa si ispira alle ville rinascimentali italia-ne: doppia scalinata che conduce all’ingresso formato da tre for-nici, piano rialzato sotto il quale sono ricavati alloggi di servizio, le due ali laterali e il corpo centrale rientrante.La casa ha svariati locali ma un solo bagno con vasca perchè si può usufruire della grande vasca del mare, dice Herta Siemens.La decorazione della sala da pranzo è realizzata da Adolf von Hildebrand, si tratta di una serie di affreschi che esprimono l’es-senza di Forte dei Marmi: nella parete verso il mare realizza una rappresentazione metaforica del mare, nella parete verso monte una rappresentazione metaforica delle montagne. Infatti il Forte che cos’è se non una lingua di terra tra il mare e le montagne?La proprietà del terreno all’epoca arrivava fino all’inizio di via Leonardo da Vinci ed è ancora visibile un pilastro di accesso alla tenuta; per avere un’idea dell’estensione pensate che la casa padronale, ossia Villa Apuana, dista circa 1 km dal pilastro.

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Quella che oggi è considerata la via più bella del Forte, un tempo era una pineta con una sola casa al suo interno, ovvero la casa del fattore (oggi Villa S. Maria) con stalle, la casa del contadino e una vivaio di acclimatazione per piante asiatiche. Il complesso di edifici viene realizzato secondo la tipologia delle abitazioni rurali toscane con altana ad uso essiccatoio, scale esterne, logge ed annessi vari.Carl Sattler fa un ultimo intervento nel 1905 per la costruzione del ponticello sul fosso di via Leonardo da Vinci e nel 1907 presenta il salatissimo conto: lire 42.759,85!! La spesa lievita ul-teriormente per l’acquisto degli arredi provenienti dalla casa di Pietrasanta del Conte Digerini Nuti (vecchio proprietario del terreno) e la sistemazione del giardino corredato da una statua di Sargant e una fontana.Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale spazza via questa sta-gione epica e felice.Il Regio Governo italiano sequestra i beni dei cittadini au-stro-ungarici e i barbari abbandonano il Forte. Isolde torna a Monaco, Edgar Kurz nel frattempo è morto, i Dohrn e i Sie-mens vedono confiscati i loro beni.Alla fine della guerra il figlio di Anton Dohrn riesce a riscattare i suoi ampi possedimenti che andavano da via Leonardo da Vinci alla Caranna, e li vende a lotti nel corso degli anni. I Siemens

invece perdono tutto.Nello stesso periodo, oltre ai tedeschi, tra gli estimatori del pae-se ci sono persone di diverse nazionalità.Frequentatore del Forte ancora prima dei Kurz e di Vanzetti è il pittore svizzero Arnold Böcklin. Soggiorna diverse volte presso Villa Helvetia (viale Morin 121) come ricorda l’iscrizione pre-sente in facciata “Arnold Böcklin illustre pittore soggiornava in questa casa negli anni 1892 1895 1898”; proprietaria dell’im-mobile è Virginia Hoz, vedova Maggi. I numerosi viaggi in Italia influenzano notevolmente i paesaggi dell’artista svizzero creando un’atmosfera romantica e simbo-lica: luoghi onirici, architetture classiche e creature misteriose popolano i suoi quadri. L’opera più celebre è l’Isola dei Morti riprodotta diverse volte per accontentare i numerosi ammirato-ri. Un articolo uscito lo scorso anno sul sito della rivista Focus evidenzia quanto Hitler apprezzasse l’opera, sborsa infatti una cifra altissima per esporla nel proprio studio e poi nel bunker dove si rifugia. Sembra che anche Lenin e D’Annunzio ne ab-biano posseduto una copia.Toccante è la vicenda che vede protagonista una famiglia di origine russa, quella di Gabriella Radziwillowicz (1856-1941), moglie di un ingegnere ferroviario, che visita l’Eden di Forte dei Marmi grazie alla famiglia Dohrn, di cui è lontana parente.

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Innamoratasi della spiaggia compra l’abitazione del dottor Kurz e parte del terreno circostante. E’ il 1907: la guerra e la rivolu-zione russa sono vicine. Gli avvenimenti politici costringono la famiglia di Gabriella a espatriare in Italia per vivere in quella che è rimasta l’unica proprietà di famiglia, per avere un po’ di liquidità viene venduta una piccola porzione di lotto ad un vicino che desidera un vialetto di accesso al mare. Gabriella e la figlia Sofia conoscono diverse lingue e con l’arrivo del Giubileo ospitano pellegrini e amici; nel 1926 nasce l’idea di ampliare e sopraelevare l’edificio per trasformarlo in albergo. Ecco la storia della Pensione Villa Elena, così chiamata in onore della nipote di Gabriella.Singer e Sargant sono due artisti attivi al Forte all’inizio del secolo, i cui nomi sono talmente simili che la gente per molti anni ha continuato a confonderli.John Singer Sargent vive a Firenze e arriva insieme ai Kurz e Vanzetti, invece Francis William Sargant è al Forte qualche anno dopo. Costruirà un’architettura particolarissima chiamata Il Conventino, circondata da un vasto appezzamento di terreno, vendu-ta poi al conte Enea Silvio Piccolomini. Sargant è ricordato per aver fatto una statua nella villa dei Siemens. Raffigura una fanciulla a cavallo di una tartaruga e pare che come modella abbia usato una giovane fortemarmina.Per la gente del Forte non c’è molta differenza tra i tedeschi e gli altri stranieri, sono tutti chiamati barbari. Il loro punto di ritrovo, oltre alla spiaggia, è la casa di Veneranda Bertoli (Hotel Bellonda,) dove molti artisti passano l’estate a pensione. Contrapposti ai barbari ci sono i selvaggi anche loro artisti e anche loro “scandalosi”, ma di origine italica.

Stefania Neri – Tessa Nardini (Il brano riporta estratti di Torre di Venere; vita, morte e miracoli al Forte dei Marmi, Ed. Pacini, Pisa, 2014)Fotografie: collezione Luigi Ciambelli

Oggi il Forte d’inverno è quasi deserto. Tanti di noi hanno venduto, le casette sono state trasformate in ville tutte ugua-li, tutte bianche, e rigorosamente tutte chiuse. Ma sotto la cenere il fuoco brucia sempre e noi questo “fuoco”, questa essenza fortemarmina siamo andate a trovarla dove ancora sopravvive…Dopo aver passato molti mesi a sfogliare faldo-ni polverosi abbiamo deciso di uscire tra la gente. Nelle no-stre ricerche avevamo raccolto molto materiale, documenti, foto storiche ma era come se mancasse qualcosa: mancava il calore della vita vissuta, la spontaneità della parola. Per capire l’essenza di un paese è fondamentale ascoltare le per-sone che lo hanno vissuto.Stefania Neri e Tessa Nardini sono giovani donne laureate in storia dell’arte, frequentatici di archivi e appassionate di storia locale. Insieme “inventano” Galatea Versilia, realtà che si occupa di iniziative culturali sul territorio. Stefania e Tessa trovano la fortuna in bicicletta e con la bicicletta si dirigono verso un futuro roseo.

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NonsoloSerchio si propone come connubio tra sport e natura attraverso escursioni condotte nei pae-saggi della Valle del Serchio, della Piana pisano-versiliese, dei Monti Pisani e d’Oltre Serchio, delle Alpi Apuane, della Garfagnana, delle isole dell’arcipelago toscano, trasmettendoti la cura, il rispetto e la valorizzazione dell’ambiente.Applicandoci in un’attività sportiva quale quella del Nordic Walking si ha la chiave di lettura di una attività escursionistica correlata al benessere psico-fisico, oltre ad una opportunità di socializzazione di persone accomunate dalla voglia di star bene, all’aperto in completa sintonia con la natura.Il Nordic Walking pratica sportiva è nata in Finlandia come allenamento estivo degli atleti di sci nordico. E’ uno sport emergente che sta suscitando interesse in tutto il mondo data la facilità con cui

può essere praticato da tutti, in ogni luogo ed in ogni stagione.Con il Nordic Walking viene praticata una camminata con appositi bastoncini, consentendo in modo facile e naturale il raggiun-gimento o il mantenimento di una buona condizione fisica, tonificando la propria muscolatura che viene stimolata fino al 90%.Inoltre con il Nordic Walking è possibile avere un maggior consumo calorico rispetto alla normale camminata, riducendo i rischi legati agli aumenti di peso, aumentando la resistenza aerobica, migliorando la coordinazione e offrendosi come tecnica antistress, contro il logorio della vita moderna.Al termine di un percorso formativo alla conoscenza della disciplina, il nordic walker sarà in grado di praticare lo sport in comple-ta autonomia o aggregandosi al gruppo di Nonsoloserchio, partecipare ad allenamenti, escursioni, soggiorni verdi all’insegna del benessere…Non ti resta che provare per credere!!!

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Fra i fattori che determinano l’identità di un qualsiasi gruppo etnico o culturale, la gastronomia è tendenzialmente caratte-rizzata da una grande immutabilità. Infatti, se il contatto con dominatori, mercanti, pellegrini può in qualche modo ed in va-rie misure influire sulla lingua, sulla narrativa popolare o sul tipo di abbigliamento, difficilmente porterà ad innovazioni o a cambiamenti in campo culinario. Ciò vale soprattutto per le po-polazioni rurali, presso le quali, data la povertà e l’isolamento, sono sopravvissute tradizioni antichissime, dettate non solo dal clima e dalle caratteristiche fisiche del territorio, ma soprattutto da motivazioni culturali, ossia dall’insieme di usi e costumi che distinguono una determinata comunità da quelle che la circon-dano. Infatti ciò che definisce l’identità culturale di un certo territorio in campo gastronomico non è tanto cosa si cucina, ma in che modo lo si cucina.Il territorio che prenderemo in esame comprende le aree cono-sciute coi nomi di Lunigiana, Garfagnana, e Versilia che, dal punto di vista storico e soprattutto “culturale”, cioè prendendo in esame usi e costumi tradizionali, comprendono la parte set-tentrionale della provincia di Lucca (a nord di Viareggio e della Valfreddana) e le provinvce di Massa Carrara e La Spezia.Oggi il turista rimarrà spiazzato da queste affermazioni e si dirà: Ma come? Si tratta di aree appartenenti a due regioni di-

verse! In realtà, come molti sanno, i confini amministrativi non coincidono quasi mai con quelli “reali” e, nel nostro caso ne è un esempio lampante la gastronomia.

L’area apuanaPer brevità e richiamandoci alla storia del territorio, chiame-remo la zona di Versilia, Garfagnana e Lunigiana col nome di area apuana. Di quest’area non fa parte la Lucchesia, termine che, se usato correttamente dal punto di vista degli usi e costumi più radicati, indica la Piana e le Colline attorno a Lucca, e non l’intera provincia lucchese. L’area apuana è caratterizzata, oggi come in passato, da una no-tevole omogeneità che coinvolge vari settori: quello linguistico, quello etnografico, quello folclorico, quello socio-economico, quello architettonico e quello gastronomico, nel quale questa unitarietà è più evidente che in altri. Parlando della cucina di questi luoghi, viene spesso chiamato in causa il triplice influsso ligure-emiliano-toscano, ma a chi cono-sce la vera cucina locale non sfugge il fatto che in realtà questo è, anche dal punto di vista culinario, un territorio omogeneo. Infatti è sbagliato parlare di cucine di Lunigiana, Versilia e Gar-fagnana, in quanto quella riscontrabile in tali territori è un’u-nica cucina, all’interno della quale è possibile individuare solo

Versilia, Apuane e dintor ni - Michele Ar manini

LA CUCINA TRADIZIONALE

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ti e trattorie tradizionali della zona, dalla costa alle montagne, noterà certamente delle notevoli differenze rispetto alla cucina toscana propriamente detta, sia per la presenza di preparazioni estranee a quella cultura gastronomica, sia, soprattutto, per il fatto che nell’area apuana non sono tradizionali molti dei piat-ti tipici della valle dell’Arno, della Piana di Lucca, della costa da Viareggio a Orbetello o dell’Appennino dalla Val di Lima all’Amiata. Sicuramente c’è chi noterà che la cultura (gastronomica e non solo) più vicina a quella del nostro territorio è quella ligure, soprattutto del Levante e dell’Oltregiogo, e quella delle cosid-dette Quattro Province. Infatti la gastronomia del bacino del Magra, dell’alta e media valle del Serchio e delle Alpi Apuane, fino a Barga, Coreglia A., Pescaglia e Camaiore caratterizzata da ravioli, torte salate, ripieni eccetera, è molto lontana da quel-la lucchese, viareggina e toscana in genere e molto più affine a quella della Riviera e dell’Appennino liguri. Ma attenzione: esistono molte differenze anche fra la cucina di Val di Vara o Cinque Terre, che sono parte della Lunigiana, e quella del Ti-

delle varianti, spesso influenzate solo da fattori logistici come ad esempio la maggior presenza di pesce nella cucina di un centro di mare e l’abbondanza di prodotti del bosco e del sottobosco in quella di un centro montano.Ovviamente oggi nei ristoranti è possibile ordinare ciò che si vuole, ed è un’ottima cosa. Ma spesso, soprattutto nelle località turistiche più affollate, il rischio è che il turista non si renda conto dell’effettiva cultura culinaria di quei luoghi, pensando che lì siano tradizionali piatti che in realtà non fanno parte del repertorio locale, della “cucina delle nonne”, insomma. Questo rischia di appiattire un tantino la “biodiversità gastro-nomica” di cui è ricco, ricchissimo il nostro Paese, che è amato dai turisti di tutto il mondo proprio per l’estrema varietà di pa-esaggi, culture, idiomi e… cibi!Anche la cucina toscana non è identica in tutta la regione, ma cambia leggermente da luogo a luogo. Tuttavia, seppur nelle sue numerose varianti, è evidente che un certo “filo” che ac-comuna la maggior parte del territorio regionale. Chi invece si avventura nella ricerca di piatti tipici nei numerosi ristoran-

Dall’alto: focaccetta di farina di castagne cotta nei testi, si nota l’impronta delle foglie usate come carta-forno - i tordelli, il piatto della festa - pane cotto nel testo su foglie di castagno - polentina di farina di castagneNella pagina precedente: panzanelle o sgabei cucinati come un tempo

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gullio, parte dell’area genovese. Si può quindi affermare che la nostra zona ha una cultura eno-gastronomica propria e dall’identità molto marcata.

Assaggiando qua e làPassando in rassegna alcuni piatti tipici della cucina locale, si nota come la loro diffusione ricopra tutto il territorio, fungendo spesso da discriminante con le aree vicine.Piatto principe della cucina festiva, i ravioli (tordelli, tordeli, tor-dedi, tordei, turdei, raviei o ravië), sono diffusi in tutta l’area di Versilia, Garfagnana e Lunigiana, dove sono sempre ripieni di carne, verdure e spesso mollica di pane, molto simili quindi ai celebri ravioli genovesi, ma molto diversi sia dai tortellini emi-liani che da quelli toscani. I nostri ravioli sono diffusissimi a sud fino a Coreglia Antelminelli, Camaiore e Pescaglia, mentre nella Val di Lima, nelle Colline lucchesi e nella Piana di Lucca il ripieno è composto principalmente dalla carne, mai abbinata alle verdure. La torta d’erbe (o d’erbi), preparazione salata a base di verdure, formaggio, olio e sfoglia di farina di grano, parente povera della pasqualina genovese, è uno dei piatti più tipici dalla Val di Vara

alla Val di Magra ed alle Apuane. Infatti, anche per quel che riguarda il tradizionale trattamento a cui vengono sottoposte le verdure prima di essere inserite fra le due sfoglie troviamo ricette molto simili fino all’estremo sud delle Alpi Apuane. La particolarità principale sta nel fatto che in tutta la zona le foglie di bietole o erbetti (erbe spontanee primaverili) vengono smi-nuzzate e poste sotto sale, in modo che spurghino i liquidi in eccesso ed in modo da non doverle bollire o passare in padella. Questo avviene non solo nella torta d’erbi di Pontremoli e del resto della Lunigiana (ad esempio a Fivizzano, Aulla, Borghet-to Vara, Levanto, Varese Ligure), ma pure nel chiucco o torta d’erbi di Casoli, Metato e Greppolungo di Camaiore, nella torta d’erbucci di Pomezzana di Stazzema o in quella garfagnina.Anche la torta di riso subisce minime variazioni fra Val di Ma-gra e Val di Vara, così come le varie torte di patate, compresa la torta baciocca, tipica dell’alta Val di Vara ma molto simile alla torta di patate crude dell’alta Val di Magra: in entrambi i casi le patate vengono messe sotto sale come abbiamo visto fare con gli erbetti. Più a sud questa tradizione continua con le torte salate di riso o di riso e verdure della Versilia (torta putta di Pietrasan-ta, Forte, Stazzema e Seravezza, torta di pepe di Camaiore e della parte nord del comune di Massarosa) e della Garfagnana, (torte di riso, di riso e verdure e torte di patate cucinate fino a Pescaglia e Borgo a Mozzano). Dallo spezzino alla Garfagnana ed alla Versilia sono poi molto diffuse le torte di farro, preparate anche nell’alta Val di Magra (torta di famiglia) o di grano (Castagnetoli di Mulazzo e Santa Maria di Sesta Godano). Fortissime analogie si notano poi fra alcune varianti della versiliese torta putta (termine usato anche in Garfagnana e Lunigiana, aputo=dal sapore forte) e la torta di latte dell’alta Val di Magra, così come fra la scarpaccia di Ca-maiore, Pescaglia e Stiava e la barbotta o erbadela lunigianese. Nei comuni di Framura e Deiva Marina, amministrativamente spezzini ma già culturalmente affini all’area del Tigullio, scom-paiono gran parte di queste torte tradizionali, lasciando il posto a quelle tipicamente genovesi (pasqualina, polpettone di verdu-re o di patate ecc.). Forti analogie fra Lunigiana, Versilia e Garfagnana si hanno poi nelle preparazioni a base di farina di castagne: la pattona cotta sotto al testo nella Val di Magra è identica a quella cotta nello stesso modo in Val di Vara, così come i cian, caccìn o castagnas-si cotti nei testelli di terracotta in tutta la Lunigiana sono molto simili ai castignà, bollenti, ciacci o necci (nomi diversi per la stessa preparazione) che nella bassa Val di Magra, nelle Apuane centrali e meridionali ed in Garfagnana vengono cotti coi testi oggi di ferro, ma un tempo anche qui di terracotta. La polenta di farina di castagne, specialmente quella consumata

I testi, antico metodo di cottura

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assieme a latte o panna, era presente in tutta l’area, nonostante i diversi nomi con cui era designata da zona a zona (brindoli, friz-zi, frascadè, puta in Lunigiana; manifati di castagne, póta, men-ni, manafregoli/manafregori nel massese ed in Versilia; mani-fregoli, pappini,frincoli, menni o nini in Garfagnana e media Valle del Serchio) e lo stesso si può dire della polenta di gran-turco cotta assieme a cavoli ed altri ortaggi, nota come polenta incatenata (Carrara, Fivizzano, Sarzana, La Spezia), polenta ficca (Massa), frascadei (alta Val di Magra), puccia (alta Val di Vara), polenta e cói (medie valli Magra-Vara), meschia (Casola), incavolata/infarinata (Versilia e Garfagnana), intruglia (Versi-lia), menotafoli/manufatoli (Barga), brigiaglióli o scacciagatti (Coreglia A.), manifati (Montignoso). Come vediamo a seconda delle zone gli stessi termini possono indicare piatti diversi, mentre lo stesso piatto può assumere più nomi (spesso cambiando da frazione a frazione), come le focac-cette azzime, cioè senza lievito, di farina di grano cotte nei testi, siano essi di terracotta o di ferro. Dalle alte Valli di Vara e Ma-gra fino alle Apuane meridionali questa sorta di pane primitivo è diffusa in ogni paese, anche se con tanti nomi diversi: testaroli, tasteroli, testaroi, testarei, testaò, panigacci, panigazzi (valli di Magra e Vara); pattone/fugaccette (Massa); cian di grano (Fi-vizzano); crisciolette/fugaccette/migliecci (Garfagnana, Barga, Apuane meridionali); migliecci/fugaccette (Versilia). Più a sud e più a est (Lucchesia e Valdilima) questo piatto è sco-nosciuto e con i testi si cuociono tradizionalmente solo i necci di

farina di castagne (in pochi centri di Valdilima e alta Valfredda-na a contatto con la nostra zona qualcuno ricorda preparazioni simili ma con farina di granturco). Altro piccolo esempio che riguarda non il piatto, ma la sua de-nominazione: le palline di polenta condite con sughi vari, in Versilia, Garfagnana e Lunigiana si chiamano matuffi, mataluffi o matauffi, e così fino al comune di Coreglia Antelminelli, a Pescaglia e Camaiore e fino a Corsanico di Massarosa, mentre a Viareggio, Massarosa, in Valfreddana, a Lucca e dintorni ed in Valdilima sono invece conosciuti come pallette, così come nel Pisano e nel resto della Toscana.Un importante elemento ligure nella nostra cucina è invece l’u-tilizzo, come condimento da primi piatti, del pesto, celebre salsa a base di basilico tradizionale lungo tutto l’arco della Liguria storica, da Nizza e il suo entroterra fino alle Apuane: in Luni-giana il testarolo o tasterolo veniva condito con il pist, un pesto di basilico, prezzemolo, aglio, olio e a volte noci, identico nel nome e nella composizione al pisto o pistə alla massese con cui a Massa si condiscono le lasagne (losanghe di pasta lessate). L’u-sanza di aggiungere prezzemolo al basilico (e noci al posto dei pinoli) nel pesto è stata recentemente riscontrata anche in Val di Vara e in numerosi altri luoghi della Liguria centro-orientale, ed anche alcune massaie versiliesi preparavano e preparano un condimento simile che veniva conservato sotto abbondante olio d’oliva. Esisteva pure, fino almeno a qualche decennio fa, una versione del pesto tradizionale garfagnina. Nel borgo di Mise-

Torta d’erbi nel testo

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glia (Carrara) nel pist viene inserita anche un’erba aromatica che cresce spontaneamente sulle rupi sovrastanti il paese e che le massaie mantengono segreta. Da Viareggio e Lucca in poi, invece, il pesto lo si ritrova solo nei locali, come effetto della diffusione “globale” di alcune ricette a livello di ristorazione, ma non è un piatto della cucina “familiare”, tradizionale, come lo è invece in Versilia, Lunigiana e Garfagnana. Le differenze con la cucina toscana interessano anche i pochi piatti di pesce della cucina tradizionale apuana. Sì, pochi, per-ché nonostante la nostra zona “confini” col mare per un lungo tratto, i nostri avi, in Versilia, nelle Cinque Terre, nel Golfo, sono sempre stati contadini e solo alcuni di loro e solo nel secolo scorso, sono diventati marinai o pescatori. Ovviamente i nostri pesci tipici sono quelli poveri, quindi pesce azzurro, in primis le acciughe, e pesci conservati: salacche, aringhe, stoccafisso e baccalà. Per la vigilia di Natale, dalla Garfagnana alla Versilia ed alla Lunigiana (fino oltre le Cinque Terre), è tradizione cu-cinare il baccalà marinato: pezzetti di baccalà ammollati, infa-rinati, fritti in olio e poi immersi in una marinata composta da olio, aceto, rosmarino, aglio e a volte salvia (e tra Montignoso e Levanto anche salsa di pomodoro) e passati in padella per far sfumare l’aceto. Il baccalà marinato si consuma freddo, dopo almeno 12 ore. Questo piatto è tipico fino al Camaiorese ed alle colline di Mommio, Corsanico, Bargecchia, è noto pure nel Pescaglino, mentre più a sud e più ad ovest, quindi già a Viareg-gio e in Lucchesia, non si conosce questa tradizione. Il baccalà marinato in Versilia (Stiava, Camaiore, Pietrasanta, Querceta, Seravezza, Stazzema, Forte dei Marmi), in Garfagnana ed in al-

cune case di Montignoso è “bianco” ed è assai simile al baccalà con l’agliata genovese; la versione massese-carrarese-spezzina che prevede il pomodoro è frutto di un’evoluzione relativamen-te recente. In Versilia e a Montignoso (e in alcune famiglie di Massa) era tradizionale della Vigilia di Natale pure il baccalà lesso condito con aglio, erbette, olio e noci sgusciate e tritate: anche questo richiama un piatto genovese, il baccalà aa cam-panassa.A Viareggio, dove quindi il baccalà marinato non è conosciu-to, esiste invece, come a Livorno e Pisa, e non solo a livello di ristorazione, la tradizione del famoso cacciucco, che nella Versi-lia vera e propria non rientra certamente nel novero dei “piatti delle nonne”.Passando agli insaccati, nell’area apuana era quasi sconosciuto il salame: da noi c’è la mortadella nostrale o mundióla (o mon-dióla), insaccato simile alla salsiccia da consumarsi dopo una stagionatura medio-breve, tradizionale dalle alte valli di Vara e Magra fino al torrente Fegana sul versante appenninico della Valle del Serchio, nonché fino a Diecimo, Colognora, Gello, Pescaglia, Nocchi, Camaiore e Stiava sulle apuane e sulla costa. La mortadella o mondiola (anche l’alternanza dei due nomi per preparazioni identiche o molto simili caratterizza tutta l’area dalle Apuane meridionali all’alta Vara) è completamente sco-nosciuta in Valfreddana, Valdilima, a Viareggio, Massarosa e nella Piana di Lucca, dove è tradizionale il salametto, di impa-sto molto simile al salame toscano e da consumarsi dopo lunga stagionatura, sconosciuto nella nostra zona. Anche sulla costa a partire da Framura e in generale nel Genovese la mortadella nostrale è pressoché sconosciuta, eccetto in Val Graveglia ed in parte della Val Petronio, dove sarà giunta forse per i contatti con la confinante Val di Vara. Più ad ovest, in alta Valle Scrivia (con qualche sconfinamento in alta Polcevera e in Val Borbera), esiste invece la mustardella, insaccato per alcuni aspetti simile al nostro ma assai diverso per la composizione (che comprende anche carne bovina) e per il consumo (tradizionalmente la mu-stardella veniva spesso cotta a fette in padella).Chiudiamo, ovviamente, con i dolci. La pasimata, in Lucchesia è un semplice pane con semi di anice. In bassa Garfagnana, invece, questo nome indica un dolce con zucchero, noci, uvetta, anice, a volte canditi ecc., che in Versilia e nella zona di Barga e Coreglia si chiama fogaccia di Pasqua ed in alta e gran parte della media Garfagnana (fino almeno al Sillico e alle frazioni di Castelnuovo) crescenta, termine tipico anche in Val di Ma-gra (ch’rsenta), dove abbiamo anche fogaccia dolce, così come a Carrara, Sarzana, Golfo della Spezia e bassa Vara. La parola pasimata indica il dolce garfagnino-versiliese, e non il pane lucchese, anche in numerosi centri, i più appartati, delle

Torta baciocca, con patate inserite da crude nel ripieno

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Apuane meridionali (Torcigliano, Pieve, Montebello, Lombri-ci, Greppolungo, Casoli, Metato, Santa Lucia, Culla, Pascoso, San Rocco, Focchia, Motrone, San Romano, Gioviano, Rocca, Villa a Roggio, Pescaglia e Convalle). In Val di Vara abbiamo preparazioni assai simili, che vanno sotto il nome di panduse (pandolce), ma a differenza di Genova, dove esso è tradizionale esclusivamente del periodo natalizio, anche nella zona di Varese Ligure veniva preparato pure per Pasqua. La pasimata lucchese è molto diffusa a Viareggio, in Valdilima e sulle Pizzorne.Al contrario, i tipici pani lucchesi come il buccellato ed i panuc-ciori (che sono il tipico pan di ramerino toscano), non vengono cucinati in Garfagnana, Versilia e Apuane meridionali, dove quelle parole assumono significati diversi. Nella zona di Borgo a Mozzano panuccioro è sinonimo di criscente, piccolo pane fatto per i bambini, mentre buccellato in Garfagnana ed in tutta la Lunigiana, è sinonimo di “dolce” in genere. Il termine ramaìn ricompare in Lunigiana, ma naturalmente anche qui indica dol-ci lievitati molto diversi dal pan di ramerino toscano.In Lunigiana e in Garfagnana, sono tradizionali del periodo pa-squale le torte di noci e nocciole, diffuse fino al Pescaglino (San Rocco, Pascoso...), alla zona del Borgo (Motrone, Gioviano, San Romano) e a quella di Coreglia (Lucignana, Tereglio), ma sco-nosciute in Valfreddana e più a est (Montefegatesi, Valdilima).Si tratta solo di alcuni esempi, ma si potrebbe proseguire a lungo! Ristoranti a parte, dove ormai si trovano anche piatti “regionali” o “nazionali”, anche la mancanza nella vera tra-dizione locale di alcuni piatti tipici di altre aree contribuisce a

distinguere la cucina della nostra zona da quelle contigue (in primis dall’area lucchese e da quella genovese): la panzanella toscana (molto diffusa nella vicina Lucchesia) è completamente sconosciuta alla tradizione lunigianese, versiliese e garfagnina, come è stato messo in evidenza da recenti studi dell’Università di Firenze; infatti da Camaiore e Pescaglia il termine panza-nella è l’equivalente del lunigianese sgabeo (pasta di pane fritta da consumarsi con salumi e formaggi); inoltre a nord di Lucca scompare completamente anche la tradizione toscana del pane senza sale. Il nome pansotti, che indica i ravioli di magro nel levante ge-novese, è sconosciuto in tutta la Lunigiana, comprese la Val di Vara e la Riviera fino a Framura. Allo stesso modo anche il termine genovese prebuggiun (insieme di erbe spontanee com-mestibili), varca i confini della provincia spezzina solo a Deiva e Framura, ma non in Val di Vara, dove, fino a Varese e Maissana, il termine locale è erbette o erbetti, come in tutta la Lunigiana, la Garfagnana e la Versilia. La stessa differenziazione fra l’area apuana e quelle limitrofe, si nota anche nella denominazione di alcune singole erbe, animali e oggetti legati alla pastorizia, al lavoro nei campi o nelle selve o alla vita domestica. Questo aspetto è importante, dato che se-condo gli studiosi queste categorie di nomi sono di per se molto conservative e possono dirci tanto su fasi molto antiche della storia linguistica di una comunità.

Fotografie: Simona Pierotti

Michele Armanini è da sempre appassionato allo studio dell’area apuo-spe-zino-lunigianese e garfagnino-versiliese, nella quale vive e dove si diramano le radici della sua famiglia.Si laurea in storia antica presso l’Università di Pisa nel 2006, con una tesi sui Liguri apuani, che si aggiudica il premio speciale degli storici lunigianesi al Premio Lunigiana Storica.Membro dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri e dell’Istituto Storico Lucchese, collabora con università e istituti di ricerca, conduce inchieste e interviste sul campo ed è autore di diversi articoli storico-archeologici e linguistico-etnografici.In questo volume l’Autore ha voluto riordinare, in maniera organica, i dati forniti dai numerosissimi contributi scientifici che sono stati prodotti sulla storia del primo millennio a.C. in Lunigiana (province della Spezia e Massa Carrara), Garfagnana e Versilia (parte centro-settentrionale della provincia di Lucca).Grazie all’esame di ogni singolo sito archeologico e a una coerente lettura in chiave storica, Ligures apuani si propone come punto di riferimento, fino ad oggi mancante, per lo studio del popolamento preromano dell’area.

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Villa Grey, Hotel 4 stelle, nasce sul lungomare di Forte dei Marmi dalla ristrutturazione di un’elegante residenza versiliese di villeg-giatura fin de siècle. Incorniciata da un giardino mediterraneo e dotata di un comodo parcheggio privato, la Villa domina il mare antistante con la bellissima ed esclusiva spiaggia di proprietà a disposizione degli ospiti e della clientela esterna: i Bagni Villa Grey.Nel restauro, la proprietà ha voluto recuperare l’atmosfera accogliente, luminosa ed esclusiva degli ambienti originari, affidandosi a Culti e alla competenza del direttore creativo Alessandro Agrati, che ha scelto personalmente arredamento e complementi con passione e sapienza. Gli ambienti comuni, ricchi di fascino, avvolgono l’ospite in un’atmosfera elegante e confortevole, in spazi pieni di luce. Assieme alla competenza e alla cortesia del personale, ogni dettaglio è studiato per rendere la vostra permanenza piacevole e indimenticabile. Le 19 camere di Villa Grey si affacciano sullo splendido panorama marino o sul giardino, con vista delle Alpi Apuane: alcune sono dotate di un grazioso balcone vista mare. L’Hotel offre tutta una serie di servizi orientati alla cura ed al comfort del cliente, tra i quali una caffetteria ed un elegante ristorante affacciato sul giardino. Villa Grey è anche una stupen-da location dove poter organizzare eventi privati come piccoli matrimoni e riunioni di lavoro, riservando l’intera struttura. Villa Grey è aperta tutto l’anno: lasciatevi accogliere nei suoi ambienti ricchi di fascino per una vacanza in villa indimenticabile, dove il calore umano e le attenzioni nei confronti degli ospiti sono protagonisti.

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LA SPIAGGIA DI FORTE DEI MARMI

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La circolare della SITA che passa in Via Piave

EMILIO TARABELLA

Una circolare della SITA che fosse passata da via Piave e che avesse avuto fermate prestabilite al Mercato coperto, e poi an-che in Piazza Garibaldi, per fermarsi infine in piazza Dante, forse sarebbe stato il mezzo prescelto da Emilio per raggiun-gere da casa sua il centro del Forte e per scendere, quando più lo avesse gradito, alla fermata del Palazzo Comunale. Da un attivissimo novantenne, quale Emilio era, ci si sarebbe potuto aspettare anche una scelta a favore della mobilità pubblica in quanto l’età purtroppo non è uno scherzo e qualche acciacco in-filatosi nel posto sbagliato, spesso costringe a conformarsi adat-tandosi alle circostanze, ma Emilio la sua soluzione alla mobilità “l’avèa bèlla e tròva” comunque: La bicicletta ! Una genialità e una competenza posta al servizio del Paese, ser-vita in bicicletta, su due ruote con partenza da via Piave e arrivo dove lo richiamava il Cuore; proprio in bici, ancora dinamico, energico, deciso, vigile sotto un paio di occhialoni neri che lo “facèvino somiglià” a un centauro, accompagnato da fogli ric-chi di sogni trasformati in appunti, ricchi di idee e di intuizioni, trasportate con leggerezza da un luogo all’altro del paese, solo per rispondere al richiamo del servizio: i ragazzi e la scuola, l’ultimo suo sogno e lavoro, nel luogo che adesso è stato a Lui intitolato, già parco Fleming, già Pizzo del Giannino, interrotto bruscamente e per sempre il 29 agosto 2014! Un ciclista, quindi, un previdente e sicuro utente della strada, che per più rapidamente muoversi e assicurare così la sua pre-senza nei luoghi dove la sua attività diventava assolutamente necessaria, utilizzava il mezzo più sano ed adatto al nostro Paese e che quando arrivava al Palazzo Comunale, non aveva nem-meno il tempo di posteggiare e di “chiùde la bici” che subito attorno a Lui si creava il capannello di persone che sentivano il bisogno di “scambià du parole” e di essere rassicurati di un suo intervento su questa o quella questione che fosse un evento da fà, un articolo da scrìve, un compleanno da ricordà, una traccia del passato del Forte da tirà fòra di cui Lui era e resta il custode più rassicurante e puntuale. Gli eventi dedicati ai ricordi, al 50enario e al 100enario del Pa-ese, i suoi video, le sue riprese storiche, le sue feste e i suoi libri, le sue musiche, i suoi spettacoli, le sue lezioni, le sue competenze enormi, sempre portate con gran riserbo e gusto, ironia e mai

malinconia, in presenza di un imperativa voglia di vivere da assaporare in ogni momento, anche se negli ultimi suoi anni, era stato costretto dalle circostanze a lasciare la sua amata sof-fitta, andando ad abitare un po’ decentrato nella sua storica via Piave.Ricordiamolo dunque così, che lasciata la bicicletta al palo della fermata di via Piave, decide di prendere la circolare della SITA per una nuova destinazione, con l’augurio che quella stessa bi-cicletta venga raccolta da un altro paesano per continuare a servire come Lui il Paese, perche Miliètto, questo Paese lo aveva abituato troppo bene e perché questi paesani avevano ancora bisogno di Lui.

Grazie Emilio, buon viaggio!

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GIUSEPPE NARDINI...Per noi Beppe di Pretino...

CONTRADA IL PONTE

Parlare di Beppe.... È una parola! Troppo poco lo spazio di queste pagine per dire tutto...Un Amico che il destino ci ha tolto... Lasciando un vuoto incolmabile... Ricordiamolo così dedicandogli questi versi....

Davanti a casa sulla soglia nella rugiada del mattinotimida si agita una foglia

è lei che mi indica il cammino.

Volgo lo sguardo al Tuo sentieroquello che porta su alle vettee già percorro col pensiero

la Pania, il Corchia, le Saette.

In ogni flutto dei torrentiche scendon giù dalle montagne

rivedo gli occhi tuoi lucenticon il color delle castagne.

In ogni ramo, ogni cortecciarisuanan le tue parole lievi

che in tutti i cuori facean brecciacome il candore delle nevi.

Sulla campagna fino al marecome una forte tramontana

il tuo ricordo fa sognare tutti gli amici di Vaiana.

Udite Gente! Io ve lo dicoaccanto al falco pellegrino

vola il sorriso del nostro Amicoil Grande Beppe di Pretino!

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Io e Beppe, quante cose in comune... !

EMANUELE TOMMASI

Parlare di Giuseppe Nardini significa ripercorrere gran parte della mia vita, in cui Giuseppe è stato molto più di un amico. Da lui, infatti, ho imparato innanzitutto l’amore e il rispetto per l’ambiente, ma anche la passione per la contrada di Forte dei Marmi al “Palio dei Micci”: “Il Ponte”, che rappresenta anche la frazione della Vaiana, dove sono nato e cresciuto. L’appartenenza alla parrocchia di Querceta, e non di Forte dei Marmi, ha permesso alla Vaiana di essere inserita nel Palio dei Micci, la caratteristica manifestazione della frazione seravezzina. Con Giuseppe abbiamo condiviso anni di partecipazione e ancora oggi ricordo quanto ammirassi quel ragazzo più grande di me cosi dedito alla tutela dell’ambiente. Da lui ho avuto l’insegnamento che in seguito è divenuto un vero e proprio impegno, tanto da avermi portato oggi, a ricoprire l’incarico di Assessore all’ambiente del Comune di Forte dei Marmi. La nascita vera e propria della mia ammirazione verso Beppe risale ai primi anni ’80, quando lui, consigliere comunale, aveva intrapreso una battaglia, insieme a tanti altri, contro la “marmettola” nel fiume Versilia. E se il nostro torrente oggi è tornato a vivere, parte del merito è anche suo. Ma le crociate ambientaliste non si sono fermate qui. Ricordo quella contro l’inceneritore e il primo progetto per la raccolta differenziata, ma ricordo anche la passione per il Parco delle Apuane, il tempo passato insieme a lui alle riunioni di contrada o alle partite del torneo di calcio, dove mi parlava dei mufloni e dei rapaci. La contrada Il Ponte, comunque, è stata la costante della sua vita e per il quale Giuseppe ha ricoperto diversi incarichi, culminati con la nomina per un triennio a presidente. Io sono stato consigliere durante la sua dirigenza e sono tutt’ora vicepresidente. La contrada, gioia e dolore, passione ed eter-no amore, una realtà locale che racchiude centinaia di persone in un associazionismo unico nella sua specie, con gli sbandieratori, i musici e i figuranti, fra i quali troviamo il neonato e l’anziano di 90 anni. Infine, la passione per le due ruote. Mi diceva sem-pre: “Tommy, la bicicletta sarà il mezzo del futuro!”; parole che mi tornano in mente spesso, confermando quello che già sapevo, ossia che sono il mezzo ecologico per eccellenza e aiutano a mantenersi in buona salute. Grazie Beppe

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AVGVSTVS DAY SPA

AVGVSTVS BEACH CLVB

RISTORANTE BAMBAISSA

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AVGVSTVS DAY SPA

AVGVSTVS BEACH CLVB

RISTORANTE BAMBAISSA

L’Augustus Hotel & Resort, con le sue ville, il suo parco e la sua storia è pro-

tagonista indiscusso di Forte dei Marmi e della Versilia.

Nel 1926 Edoardo Agnelli, figlio del Senatore Giovanni, fondatore della FIAT

e padre di Gianni, acquistò la neo-rinascimentale Villa Costanza, fatta costru-

ire dall’ammiraglio Morin all’inizio del Novecento. Nasce la conosciutissima

Villa Agnelli, dove la grande famiglia di Torino trascorse lunghe e letterarie

villeggiature per più di trent’anni. La presenza della famiglia Agnelli, costante

fino agli anni Sessanta, contribuì ad attrarre a Forte dei Marmi esponenti

dell’alta borghesia e dell’aristocrazia di tutta Italia, inaugurando un modello

di villeggiatura dallo stile ricercato ed esclusivo del cosiddetto “vivere in villa”.

Oggi la Villa Agnelli è l’Hotel Augustus Lido, una delle ville centrali dell’Au-

gustus Hotel & Resort, nato agli inizi degli anni Cinquanta, dalla trasforma-

zione di un’altra famosa villa, dallo stile caro all’élite artistica che frequentava

la zona e che era molto attenta alle istanze del Movimento Moderno. Primo

nucleo della nascita dell’Augustus Hotel & Resort è infatti Villa Pesenti, gioiel-

lo del nuovo stile modernista. Successivamente Augusta Pesenti nel 1953 alzò

di un piano la villa originale trasformandola nell’Augustus Hotel, per oltre

venti anni l’unico hotel De Luxe dell’intera Versilia. Attorno a questa strut-

tura principale, caratterizzata da balconi utilizzati come veri e propri salotti

all’aperto, furono costruite negli anni successivi nel grande parco sette ville,

realizzate da artisti e architetti di cui la signora Augusta fu mecenate. Una

piscina gioiello inserita nell’angolo più lussureggiante del giardino e, dalla se-

conda metà d egli anni Sessanta, la Nave, moderna struttura immersa nella

pineta caratterizzata da lunghi camminamenti terrazzati che ricordano i ponti

delle navi da crociera, completano l’Augustus Hotel & Resort. Oggi la Nave

ospita anche il Wellness center, con un’innovativa Day Spa e una grande pale-

stra realizzata in collaborazione con Technogym per rendere il soggiorno una

vera occasione di benessere.

Un soggiorno che ancora oggi mantiene le caratteristiche di esclusività e ri-

servatezza, grazie al sottopasso, tutt’oggi unico in tutta la Versilia, che solo gli

Agnelli poterono costruire per raggiungere la spiaggia per evitare l’attraver-

samento del viale a mare. Lo stabilimento balneare, nato inizialmente come

capanno sulla spiaggia e hangar di ricovero dell’idrovolante di famiglia, è ora

dotato di piscina di acqua salata riscaldata, idromassaggio, oltre 100 tende

attrezzate, possibilità di praticare molti sport acquatici, due ristoranti e sala

convegni. La sera il ristorante Bambaissa, con veranda sul mare, è una delle

cucine più raffinate della Versilia, particolarmente indicato per feste esclusive

e cene in spiaggia a lume di candela.

La famiglia Maschietto, protagonista sin dagli anni ’50 della storia del re-

sort, gestisce ancora oggi l’Augustus Hotel & Resort e l’altro hotel di famiglia,

l’Hermitage, all’interno di un bellissimo parco a due passi dal centro di Forte

dei Marmi.

La Dolce Vita di Forte Dei Mar mi in dimore di char me a Cinque Stelle

AVGVSTVS HOTEL & RESORTE LE SUE VILLE STORICHE:

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Una volta, affittare o vendere una casa significava dedicare tempo ed energie per soddisfare i propri clienti. E questo è ciò che faceva e fa l’Agenzia Mazzini dal 1986. La sua attività ha cercato di operare da sempre con tre caratteristiche molto importanti: professionalità, disponibilità e competenza. Col passare del tempo l’Agenzia Mazzini ha saputo rinnovarsi, adattandosi alle nuove modalità lavorative, passando dal contatto interpersonale a quello tramite utenze e-mail. Anno dopo anno, accumulando servizi fotografici delle case da affittare o vendere, l’Agenzia si è dotata di un archivio che è a completa disposizione di tutti quei clienti, potenziali e non, che vogliono passare le proprie vacanze in Versilia. Ogni cliente è speciale, al punto di rendere le sue esigenze e le sue necessità la priorità del personale dell’Agenzia. Chiunque voglia avere maggiori informazioni di quelle descritte fino ad ora, non deve far altro che chiedere in giro a chi conosce l’Agenzia: il risultato sarà una descrizione di tutte quelle buone qualità che contraddistinguono da anni l’Agenzia Mazzini.

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VITTORIA APUANA OGGI

Nella Forte dei Marmi dei primi del secolo scorso in località Vittoria Apuana e precisamente nel luogo dove ora sorge il Quarto Platano si trovava un chiosco dove vendevano bibite e granite chiamato dagli abitanti del luogo “la Righetta” .Nei primi anni 50 al suo posto la famiglia Giari costruì l’attuale stabile dove venne aperto un bar gelateria da tutti conosciuto come “Bar Giari”. Nel 1978 la famiglia Tartaglia già proprietaria di altri noti locali cittadini rilevò l’attività ed in seguito comprò lo sta-bile che venne attentamente ristrutturato per riaprire al pubblico nell’agosto del 2002 sotto la denominazione “Quarto Platano”, in onore di quel movimento letterario che vide i sui maggiori protagonisti villeggiare proprio in questa località balneare.Grazie ai sui grandi spazi, sia interni che esterni, il locale riesce a soddisfare i propri clienti dalle prime luci del mattino fino a notte fonda per tutti i giorni dell’ anno, offrendo molteplici servizi : caffetteria-pasticceria produzione propria-ristorante-pizzeria-ame-rican bar. Ad oggi possiamo affermare che il Quarto Platano è il cuore pulsante della vita paesana di Vittoria Apuana.

Viale Giuseppe Mazzini, 20455042 Località Vittoria Apuana

Forte dei Marmi

Fotografia: Maurizio Stella

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La Società Cooperativa Morelli nasce nel 1962 come azienda di facchinaggio. Nel corso di oltre 50 anni di attività, è cresciuta e si è espansa su altri settori, e oggi offre servizi specializzati di pulizia e igiene, logistica, cura ambientale, gestione del cliente. La nostra struttura societaria, che conta su un organico di quasi 500 persone, permette a ciascun socio di coordinare e controllare direttamente il proprio settore di competenza, garantendo così una qualità sempre elevata dei servizi erogati.La nostra cooperativa combina l’esperienza maturata nella gestione con un coordinamento integrato nella struttura tecnica ed organizzativa. All’alta qualità dei servizi si affianca così l’efficacia di un interlocutore unico, in grado di conoscere a fondo il cliente e capace di progettare un’offerta completa a partire dalle sue specifiche necessità.I servizi offerti dalla Società Cooperativa Morelli sono garantiti da un Modello di Gestione certificato secondo le attuali norme vigenti, come da politica aziendale di tutela della qualità e sicurezza sui luoghi di lavoro e rispetto dell’ambiente, oltreché della persona e dell’immagine aziendale.Le aziende nostre clienti, per esigenze di competitività, devono concentrare al massimo la propria attenzione sul loro core business, demandando all’esterno tutti i servizi di supporto.Tutto ciò richiede che detti servizi siano affidati a strutture in grado di assicurarne il completo espletamento secondo criteri e mo-dalità condivisi con il management aziendale del cliente.

Ser vizi di manutenzione per aziende pubbliche e private

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Ciclo Pelle g rinag gio sui luoghi della memoria

CICLOPEDALATA

Raggiungere pedalando i luoghi che rammentano episodi già lontani nel tempo e figure insostituibili e uniche tra le vittime della guerra di liberazione, sarà per tutti i partecipanti, un evento da segnare nel proprio personale curriculum di ciclista. Non nomi di passi alpini o di luoghi storici battuti dai grandi campioni del passato, ma nomi di eroi, veri e propri versiliesi che hanno dato la vita per le loro Comunità e per il sentimento di amore per la libertà dalle oppressioni. Raggiungere una ad una, in un susseguirsi di paesaggi familiari, così vicini tra loro, il busto artistico, la tomba e le chiese, sui quali sono scritti i loro nomi per sempre, nel 70 ° anniversario dalla Liberazione, sarà riportarli al rispetto e alla considerazione che è loro dovuta e sarà un’immancabile prova dell’esistenza della memoria.Pensiamoci, ad una certa età la propria memoria può anche svanire, rendersi labile e incerta, ma la memoria collettiva, se rin-frescata e accudita, agisce per lungo tempo, anche per sempre. Ecco la ragione per cui si organizza un ciclo pellegrinaggio: per riappropriarci dei nomi, dei volti, della storia e delle ragioni che portarono agli eventi e che oggi, in questo nostro tempo, vogliamo rammentare con i loro nomi:Amos Paoli, M.O.V. M, partigiano differentemente abile ( busto a Riomagno, ucciso dai nazifascisti il 27 giugno 1944 sul Monte Quiesa); Gino Lombardi, primo comandante partigiano (tomba cimitero di Ruosina, ucciso a Sarzana durante uno scontro con militi della Guardia Nazionale Fascista il 21 aprile 1944 );Don Innocenzo Lazzeri, M.O.M.C (Casa natale a Pontestazzemese, ucciso dai nazifascisti a S.Anna di Stazzema il 12 agosto 1944); Don Fiore Menguzzo, M.O.M.C. ( Chiesa di San Rocco di Mulina di Stazzema, ucciso dai nazifascisti a Mulina di Stazzema il 12 agosto 1944);

Un’ iniziativa patrocinata dai comuni di Seravezza e Stazzema, promossa da Associazione Ciclistica Forte dei Marmi in collabo-razione con la Fondazione Vittorio Veneto e il Gruppo Labaro Martiri di Mulina di Stazzema. Con semplicità, senza enfasi, in pantaloncini da corridori, come per dire, veniamo a trovarvi come siamo, durante un impegno sportivo, come semplicemente viviamo nel concepire una vita semplice, fatta di poche cose essenziali, di presenze alle cose che contano e sui luoghi della memoria. Una semplice sentita e voluta testimonianza di affetto NEL 70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE.

PROGRAMMASabato 8 agosto Incontro sulla memoria del 70° anniversariodella liberazione della Versilia.Ore 21.00 Piazza Carducci a Seravezza Interverranno: il Sindaco di Seravezza Ettore Neri,il Sindaco di Stazzema Maurizio Verona, MonsignorDanilo D’Angiolo e ricercatori esperti nell’ambito dellastoria contemporanea.Domenica 9 agosto Ciclopedalata Ripa – Stazzema. Ritrovo ore 8.00 Piazza Europa a Ripa

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Speravamo di festeggiare, in occasione del 4° Premio Giuseppe Nardini, la realizzazione e l’inizio dell’attività della “Casa della Salute Croce Verde Forte dei Marmi”, nella certezza che l’evento avrebbe contribuito a rendere più importante l’omaggio alla memoria di Beppe, socio dell’associazione e splendida figura di fortemarmino, esempio di solidarietà e condivisione verso tutti coloro che “avevano bisogno”.Così non è stato! Peccato!La tenacia e la determinazione che spinge l’Associazione a non abbassare la guardia sono, in parte, il frutto della spinta e dell’in-citamento di tutte quelle persone che, quotidianamente, ci fanno sentire la loro vicinanza, ma è anche la consapevolezza che questa struttura non è solo indispensabile per la nostra Comunità, ma anche, se non di più’, una garanzia di sicurezza socio sanitaria che viene garantita e messa a disposizione della nostra colonia villeggiante!Il progetto in itinere rimane tale e quale. Così come, per la prossima stagione, la Croce Verde continuerà a garantire “Una Vacan-za Sicura”, impegnandovi maggiori risorse umane, più attenzione e…più condivisione.Questo “ prezioso fiore all’occhiello “ è giunto fino a noi grazie alla lungimiranza, la determinazione, l’impegno, il sacrificio, la solidarietà di uomini e donne che, in momenti non certo facili, sia economicamente che politicamente, non hanno voluto voltarsi dall’altra parte e si sono fatti, invece, carico dei bisogni del loro prossimo. Tutto questo non viene sempre preso in considerazione ed apprezzato come si meriterebbe, ma la Croce Verde c’è! Sempre e comunque!Ecco perché, in occasione di questo evento che ricorda il nostro socio, compaesano ed amico Giuseppe Nardini, per noi Beppe, prendendo spunto dalla sua conclamata generosità, dal suo generoso altruismo e dal suo immenso amore per questo paese, voglia-mo rivolgere un invito a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, prenderanno parte a questo ricordo, di farsi carico di sostenere moralmente e materialmente la nostra, la loro associazione: La Croce Verde!Contribuiranno così a rendere Forte dei Marmi sempre di più un luogo speciale per una “Vacanza Sicura”.Beppe ne sarebbe particolarmente felice!Tanti cari auguri per un grande successo del Premio e…soprattutto un affettuoso ideale abbraccio a chi ha avuto il piacere e l’o-nore di averlo avuto come amico prima e socio poi. Ciao Beppe!

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Centro Legno Ambiente è una società cooperativa in grado di fornire, da oltre 30 anni, alla committenza pubblica e privata lavori specializzati di forestazione e servizi connessi, realizzazione del verde pubblico e privato, idraulica forestale, consolidamento di versanti mediante opere di bioingegneria naturalistica, difesa ambientale, bonifica idraulica, laghetti antincendio, strade urbane e forestali, recupero manufatti edili. A completamento delle attività realizzate forniamo servizi di manutenzione e gestione del verde in parchi, giardini, fossi, canali, banchine e scarpate stradali oltre alla disponibilità di pronto intervento con uomini e mezzi a prevenzione o a seguito di eventi calamitosi per il ripristino della viabilità e l’eliminazione dei pericoli. Infine ci occupiamo della commercializzazione e vendita di legna da ardere di essenze forti quali cerro e faggio per stufe, caminetti e forni, e pali di castagno e pino impregnati in autoclave ad alta pressione per la realizzazione di staccionate, recinzioni, pergole, tettoie, palizzate, palificate, viminate, briglie e canalette.Grazie alla nostra esperienza trentennale abbiamo imparato a sviluppare e perfezionare i nostri metodi di lavoro per offrire le migliori prestazioni. La qualità per noi è una priorità e significa ricercare materiali affidabili, robusti e durevoli affinché il prezzo del prodotto o servizio rifletta il suo effettivo valore. L’esperienza tecnica e professionale, l’attrezzatura in nostro possesso e i lavori fino ad oggi eseguiti ci hanno permesso di ottenere numerose certificazioni attestanti le nostre capacità professionali aziendali.Perché desideriamo condividere sempre nuove idee, servizi e tecnologie a vantaggio del cliente, che tradotto significa prezzi, rapi-dità e efficienza in costante miglioramento.

Trent’anni di esperienza

CENTRO LEGNO AMBIENTE

Sede Legale e AmministrativaCastelnuovo di Garfagnana, LuccaTel + 39 0583644200Fax +39 0583641013

Sede di PisaTel +39 050 3146527Sede di LuccaTel +39 0583 469144

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E’ dal 1991 che il “Bike Club U.O.E.I. di Pietrasanta fa attività cicloturistica, prima in Mountain Bike (MTB) ed in seguito anche con le Bici da Corsa (BDC). L’intento del gruppo è di favorire l’uso della bicicletta come mezzo di aggregazione e svago per il tempo libero effettuando itinerari lungo i sentieri e strade delle nostre montagne senza escludere però uscite più importanti nelle provincie limitrofe come Massa-Carrara, La Spezia, Lucca inoltrandosi anche su Genova, Piacenza, Parma, Modena, Bologna, Pisa e Livorno. Alcuni dei nostri associati fanno parte anche del Gruppo MTB C.A.I. di Lucca e di tanto in tanto partecipano alle loro fantastiche uscite sui monti della Garfagnana, della Lucchesia e del Pisano. La volontà del “Bike Club” è quella di allargare le amicizie organizzando uscite con altri gruppi ciclistici come la “Ciclistica Forte dei Marmi” e il “Versilia MTB”. Una parte del gruppo partecipa a Gran Fondo cicloturistiche del circuito U.I.S.P. che si svolgono in ambito toscano, riuscendo così a vivere esperienze anche al di fuori del proprio territorio di appartenenza, confrontandosi con le problematiche di altri gruppi cicloturi-stici. Ben presto sono entrate a far parte del Club anche le donne, le quali hanno una buona preparazione tanto da partecipare a granfondo e ottenendo ottimi risultati nelle classifiche. I prossimi obiettivi che ci siamo posti sono: un fine settimana sullo Stelvio, il giro dell’Abetone, il Parco dell’Orecchiella ed il giro del monte Cimone. Di idee ce ne sono molte, la volontà è quella di pedalare divertendosi con il principio di fondo del sano convivere. Perché il Bike Club U.O.E.I. è una grande famiglia, dove sono accolti tutti quelli che hanno...

“IL PIACERE DI PEDALARE INSIEME”

BIKE CLUB U.O.E . I .

Il piacere di pedalare insieme

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Mario Alberti, classe 1964, dice: “la casa è molto più che realizzazione è cuore, anima, amicizia e famiglia “ e affronta il suo me-stiere con spirito di confronto per realizzare cose belle da ammirare nel tempo…….L’impresa “Mario Alberti” nasce nel 1988 e nel corso degli anni si è specializza nella lavorazione del cemento armato in tutte le sue forma: case, piscine, capannoni industriali, complessi residenziali ed altro ancora, crescendo e maturando esperienza anche grazie alla collaborazione di validi tecnici del settore ed imprese che hanno creduto nelle sue qualità.Il titolare Mario Alberti, classe 1964, dice: “il mio lavoro si basa tutto nella fondazione “ e affronta il suo mestiere con spirito di confronto per realizzare cose belle da ammirare nel tempo…….Ha cominciato a apprendere i segreti del suo lavoro da giovanissimo, decidendo di emergere e farsi apprezzare nel mondo del lavoro di allora che era una “scatola chiusa” composta da artigiani gelosi delle loro tecniche e dei loro segreti. A quel tempo non era semplice imparare da datori di lavoro che difficilmente erano disponibili ad insegnare alle nuove leve l’arte del mestiere che veniva tramandata di generazione in generazione. Oggi Mario è ancora alla guida della ditta, affiancato dal figlio geometra, il quale è sempre pronto a supportare l’attività del padre, ma che ha come grande passione la musica e la voglia di rincorrere i suoi sogni di un giovane ragazzo che comincia ad assaporare le soddisfazioni del palcoscenico.In tutti questi anni la ditta non ha cambiato il modo di interpretare il lavoro. Grazie alla continua ricerca di soluzioni tecniche e tecnologiche nella finitura, all’esperienza maturata negli anni e alla conoscenza dei nuovi materiali, è passata dalla sola realizzazione dello scheletro della casa, alla realizzazione di opere complete in collabora-zione con tecnici e privati che formano un team propositivo guidato dalla passione di costruire opere belle e durature nel tempo.Il lavoro dell’azienda infatti si completa con la collaborazione di artigiani, fabbri, idraulici, elettricisti, imbianchini, falegnami, giardinieri, decoratori, ecc., coi quali riesce a dare ai clienti un servizio a 360°.

Mario Alberti

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[ cell. 335 5266049 ]

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Page 114: Dal mare alla montagna premio nardini 2015

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