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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Venerdì 10 Marzo 2017 Fondato nel 1847 - anno XXii n. 48 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI delle Libertà ROSSI-MOSCA A PAGINA 2 Non si chiama Merlino, si chiama Angelino POLITICA CAPONE A PAGINA 3 Più Iva e migranti, l’Ue strangola l’Italia PRIMO PIANO SOLA A PAGINA 4 Se il lavoro è premiato con un tablet ECONOMIA di ARTURO DIACONALE Carota per i ricchi stranieri, bastone per i poveri italiani Il Governo propone un condono di fatto per attirare i milionari stranieri ma non modifica la linea del torchio fiscale per le masse di contribuenti che hanno come unico capitale il proprio lavoro Il garantismo che non impedisce l’azzoppamento di Renzi N on c’è bisogno di convertirsi al renzismo per ipotizzare che l’in- chiesta sulla Consip sia destinata a finire con un nulla di fatto dal punto di vista giudiziario. Basta essere con- vinti che le garanzie previste dalla Costituzione e dai Codici valgono sempre, sia per gli amici che per gli avversari, per prevedere che passata la bufera perfetta tra fughe di noti- zie da Procure e settori del mondo investigativo e fase precongressuale del Partito Democratico il polverone mediatico sulla vicenda si poserà senza grandi danni di natura proces- suale. Sia per quanto riguarda l’im- prenditore Alfredo Romeo, non nuovo a storie del genere, sia per quanto riguarda tutti gli altri perso- naggi finiti nel tritatutto del circo mediatico-giudiziario. La consapevolezza che il finale a bolla di sapone è probabile e che es- sere garantisti significa difendere le garanzie anche dei garantisti a cor- rente alternata e dei giustizialisti più o meno pentiti... Continua a pagina 2 POLITICA-CULTURA Vittorio Sgarbi: il liberale libertino MELLINI a pagina 7 Continua a pagina 2 che pure conosce addirittura la tassa sull’ombra e la tassa sulla tassa, credo proprio di sì. Ed è l’ennesima prova che il Governo e di conse- guenza l’Italia... S econdo notizie di stampa, studiosi di diversa estrazione hanno messo nero su bianco delle proposte mi- ranti ad introdurre “le tasse legate all’età”, come felicemente le ha bat- tezzate il Corriere della Sera. Alla base c’è l’idea perversa di discrimi- nare i contribuenti secondo la data di nascita. Non so se si tratti di una novità assoluta nel mondo. In mate- ria di tributi non si può mai dire, perché nel corso della storia i gover- nanti hanno tassato tutto il tassabile, con una fantasia tanto incontenibile quanto imprevedibile. Ma in Italia, di PIETRO DI MUCCIO de QUATTRO La perversione fiscale dei governanti Continua a pagina 2 Beppe Grillo, per pavidità, per igno- ranza o, semplicemente, perché non sa quale sia la sua vera missione di rappresentante della volontà demo- cratica che l’ha eletta collocandola, perciò stesso, in una dimensione di- versa dalle condizioni di qualsiasi cit- tadino, a cominciare da stipendi, vitalizi e agevolazioni. Semplice, no? Invece la cagnara mediatica le si leva contro sempre più forte svento- lando il vessillo dell’anticasta talché lo stesso fondista mette in rilievo le responsabilità del circo mediatico nella crescita spasmodica della dele- gittimazione del sistema politico par- lamentare, offrendo su un piatto d’argento ai grillini la probabile vit- toria elettorale. E il bello è che argu- tamente il nostro direttore li ha Dilettanti allo sbaraglio, e i professionisti? V ista da Milano, la crisi sistemica italiota si riassume nell’ingorgo colossale delle automobili, l’altra sera, creato dall’incredibilmente sba- gliato, cioè inutile, sciopero dei mezzi prendendo di mezzo (scusate il milanesismo) pure la festa della donna: un doppio errore. Strana- mente, ma non tanto, quella giornata così sbagliata mi ha fatto scivolare il pensiero verso analogie politico-me- diatiche, anche perché questo otto marzo aveva avuto una specie di marchio, di cifra, di conduzione cri- tica dall’ottimo Angelo Panebianco sul Corriere della Sera che spiegava come e qualmente la classe politica attuale, tutta, stesse lavorando per di PAOLO PILLITTERI definiti dilettanti allo sbaraglio. Vero, verissimo. Ma se allarghiamo il qua- dro politico, invero deprimente, ci accorgeremo subito che i politici e la loro mission sono delegittimati day by day, domeniche comprese, dal nuovo spettacolo di varietà...

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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Venerdì 10 Marzo 2017Fondato nel 1847 - anno XXii n. 48 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI

delle Libertà

ROSSI-MOSCA A PAGINA 2

Non si chiama Merlino,

si chiama Angelino

POLITICA

CAPONE A PAGINA 3

Più Iva e migranti,

l’Ue strangola l’Italia

PRIMO PIANO

SOLA A PAGINA 4

Se il lavoro

è premiato con un tablet

ECONOMIA

di ARTURO DIACONALE

Carota per i ricchi stranieri, bastone per i poveri italiani

Il Governo propone un condono di fatto per attirare i milionari stranieri ma non modifica la lineadel torchio fiscale per le masse di contribuenti che hanno come unico capitale il proprio lavoro

Il garantismo che non impediscel’azzoppamento

di Renzi

Non c’è bisogno di convertirsi alrenzismo per ipotizzare che l’in-

chiesta sulla Consip sia destinata afinire con un nulla di fatto dal puntodi vista giudiziario. Basta essere con-vinti che le garanzie previste dallaCostituzione e dai Codici valgonosempre, sia per gli amici che per gliavversari, per prevedere che passatala bufera perfetta tra fughe di noti-zie da Procure e settori del mondoinvestigativo e fase precongressualedel Partito Democratico il polveronemediatico sulla vicenda si poseràsenza grandi danni di natura proces-suale. Sia per quanto riguarda l’im-prenditore Alfredo Romeo, nonnuovo a storie del genere, sia perquanto riguarda tutti gli altri perso-naggi finiti nel tritatutto del circomediatico-giudiziario.

La consapevolezza che il finale abolla di sapone è probabile e che es-sere garantisti significa difendere legaranzie anche dei garantisti a cor-rente alternata e dei giustizialisti piùo meno pentiti...

Continua a pagina 2

POLITICA-CULTURA

Vittorio Sgarbi:

il liberale libertino

MELLINI

a pagina 7

Continua a pagina 2

che pure conosce addirittura la tassasull’ombra e la tassa sulla tassa,credo proprio di sì. Ed è l’ennesimaprova che il Governo e di conse-guenza l’Italia...

Secondo notizie di stampa, studiosidi diversa estrazione hanno messo

nero su bianco delle proposte mi-ranti ad introdurre “le tasse legateall’età”, come felicemente le ha bat-tezzate il Corriere della Sera. Allabase c’è l’idea perversa di discrimi-nare i contribuenti secondo la datadi nascita. Non so se si tratti di unanovità assoluta nel mondo. In mate-ria di tributi non si può mai dire,perché nel corso della storia i gover-nanti hanno tassato tutto il tassabile,con una fantasia tanto incontenibilequanto imprevedibile. Ma in Italia,

di PIETRO DI MUCCIO de QUATTRO

La perversione fiscale dei governanti

Continua a pagina 2

Beppe Grillo, per pavidità, per igno-ranza o, semplicemente, perché nonsa quale sia la sua vera missione dirappresentante della volontà demo-cratica che l’ha eletta collocandola,perciò stesso, in una dimensione di-versa dalle condizioni di qualsiasi cit-tadino, a cominciare da stipendi,vitalizi e agevolazioni. Semplice, no?

Invece la cagnara mediatica le sileva contro sempre più forte svento-lando il vessillo dell’anticasta talchélo stesso fondista mette in rilievo leresponsabilità del circo mediaticonella crescita spasmodica della dele-gittimazione del sistema politico par-lamentare, offrendo su un piattod’argento ai grillini la probabile vit-toria elettorale. E il bello è che argu-tamente il nostro direttore li ha

Dilettanti allo sbaraglio, e i professionisti?

Vista da Milano, la crisi sistemicaitaliota si riassume nell’ingorgo

colossale delle automobili, l’altrasera, creato dall’incredibilmente sba-gliato, cioè inutile, sciopero deimezzi prendendo di mezzo (scusate ilmilanesismo) pure la festa delladonna: un doppio errore. Strana-mente, ma non tanto, quella giornatacosì sbagliata mi ha fatto scivolare ilpensiero verso analogie politico-me-diatiche, anche perché questo ottomarzo aveva avuto una specie dimarchio, di cifra, di conduzione cri-tica dall’ottimo Angelo Panebiancosul Corriere della Sera che spiegavacome e qualmente la classe politicaattuale, tutta, stesse lavorando per

di PAOLO PILLITTERI

definiti dilettanti allo sbaraglio. Vero,verissimo. Ma se allarghiamo il qua-dro politico, invero deprimente, ciaccorgeremo subito che i politici e laloro mission sono delegittimati dayby day, domeniche comprese, dalnuovo spettacolo di varietà...

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Ha sbagliato nome Paolo Genti-loni, il Mago dell’immigrazione

non è Merlino ma Angelino, infatti èstato Alfano a inventarsi la magia di“Mare Nostrum”.

È da “Mare nostrum” che la si-tuazione è precipitata in un cul-de-sac scellerato, disperato e pericoloso.Dunque il Premier corregga il tiroquando invoca la bacchetta magica,perché se è vero che oramai il guaioè compiuto, è altrettanto vero che celo siamo cercato. Con “Mare No-strum”, che per onore del vero portal’incipit di Enrico Letta, oltreché diAlfano, abbiamo infatti dato il via alpiù grande esodo migratorio verso lenostre coste.

Fu proprio per quella operazioneche partì il messaggio, tanto sba-gliato quanto scriteriato, di una ac-

coglienza illimitata, incontrollata eassicurata in Italia. Ecco perché daquel momento il flusso migratorionon solo è aumentato progressiva-mente, ma si è identificato in unafuga indiscriminata di tutto e tutti.Del resto, non è un caso che dalle ve-rifiche risulti che solo una minimaparte dei migranti accolti sia in fugada guerre e persecuzioni e dunqueabbia diritto all’asilo. Insomma, danoi arriva chiunque; anzi, siamo noiche andiamo a prenderli per intro-durli in Italia senza poi avere unostraccio di progetto vero sull’acco-glienza, il controllo e la gestione delfenomeno.

Perché, a dirla tutta, il disastroreale che abbiamo combinato è statoquello di non sapere programmarené accoglienza, né controllo, né inte-grazione, né soprattutto l’eventualeespulsione. Ecco perché arrivano,

forniscono spesso dati anagrafici fa-sulli e poi in larga parte fuggono daicentri, sparpagliandosi per l’Italiacome sconosciuti, abbandonati esbandati. In buona sostanza è un pa-taracchio rischioso, che sta creandonon solamente tensioni sociali al li-mite della rivolta, ma problemi dicosti e di gestione enormi, conside-rata la ristrettezza dei nostri contipubblici.

È chiaro, infatti, che riempire i ter-ritori d’immigrati intruppandoli incentri disorganizzati, con tempi di at-tesa enormi per un’identificazionecerta che quasi mai può arrivare, èsemplicemente scriteriato. Oltretuttogran parte di questi immigrati ofugge dai centri clandestinamente, ofinisce in pasto alla malavita, o pro-

testa per le condizioni di vita talvoltadisumane, affidate ai loschi affaridelle cooperative di gestione createad hoc per sfruttare il fenomeno.Come se non bastasse, per fronteg-giare l’emergenza e offrire assistenzaai profughi, si è stravolto il già pre-cario sistema pubblico dei servizi so-ciali. Per questo motivo sulle case,sulla sanità, sulle provvidenze locali,si stanno inevitabilmente e in qual-che modo sottraendo diritti agli ita-liani.

Ecco perché la protesta dei citta-dini sale sempre di più, per non par-lare dei rischi sulla sicurezzaterritoriale che sono cresciuti espo-nenzialmente. La verità è che siamofiniti, anzi ci siamo cacciati scrite-riatamente, in un guaio epocale dal

quale non sappiamo, non possiamoe soprattutto non vogliamo uscire.Invocare l’Europa più che risibile èinutile; l’Europa non ci considera, ciha sempre lasciati soli, le espulsionisono difficilissime, i costi salgono egli afflussi pure. Oltretutto questiafflussi non finiranno, perché neiluoghi di partenza le guerre e i fo-colai purtroppo resteranno perchissà quanto tempo ancora. Eccoperché servirebbe un blocco navale,un programma di aiuti in loco, unmessaggio forte di stop alle partenzeorganizzate dai criminali scafisti.Altro che Mago Merlino, baste-rebbe un po’ di buon senso e deter-minatezza, altrimenti continuandocosì i guai cresceranno e sarannodolori.

di ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA

ex Pm Antonio Ingroia, finito indagato e sputta-nato sui media perché: “Qualcuno ha dato la no-tizia che mi riguarda in pasto alla stampa”. Lalegge del contrappasso ogni tanto fa centro.

C’è però chi tiene il punto, metti un PiercamilloDavigo ai vertici dell’Associazione nazionale magi-strati, una fonte inesauribile per antiche e nuoverappresentazioni del mitico circo. Nel talk-showdell’immortale Bianca Berlinguer (e dove sennò?)ha liquidato né più né meno che il buon Andrea Or-lando: “Il ministro della Giustizia è quello che contameno di tutti gli altri. Tutti gli altri ministri hannopotere politico di nomina e di revoca nei rispettiviministeri prefetti, ambasciatori, generali, e così via.Lui no. Il suo solo compito è dare alla magistraturamezzi e risorse. Tutto il resto lo gestiscono in indi-pendenza e autonomia il Csm e l’Anm”.

Forse è per questo che l’ancora ministro Or-lando si candida alla segreteria del Partito Demo-cratico, abbandonando il posto di via Arenula.Peccato abbia capito troppo tardi che è quello checonta di meno. Anche lui un dilettante allo sbara-glio? Fate voi.

PAOLO PILLITTERI

2 L’OPINIONE delle Libertà venerdì 10 marzo 2017Politica

...sono alla disperazione, sebbene (sebbene!) nel-l’ultimo anno le entrate fiscali siano aumentatedel 3,3 per cento, superando i 450 miliardi.

Il Governo e di conseguenza l’Italia sono ter-rorizzati dal dover trovare 20 miliardi nel 2018 e23 miliardi nel 2019 per scongiurare lo scattodelle cosiddette, eufemisticamente, clausole di sal-vaguardia, cioè l’aumento automatico dell’Ivaverso aliquote repressive. Gli studiosi in questioneprovengono dagli ambienti accademici e gover-nativi. Secondo le parole di uno di loro, “l’idea èdi ancorare la pressione fiscale non solo al red-dito ma anche all’età. A parità di reddito il gio-vane pagherebbe meno dell’anziano”.

Lo scopo di tale creativa innovazione fiscalenon è, a quanto sembra, strettamente economicoe tributario, ma morale e sociale, un aggettivo,quest’ultimo, che secondo un mio aforisma per-verte il sostantivo nel suo contrario. Infatti, di-chiara lo stesso studioso, “il nostro obiettivo èridurre il disagio giovanile”. Nobile scopo perse-guito con ignobile mezzo. Ed eccone il perché. Maqui le strade si dividono. Lo studioso della Boc-coni e del Pd pensa di accollare allo Stato la per-dita di gettito, ovviamente con altre tasse e lasolita lotta all’evasione. Gli studiosi della Luiss(della Luiss!) sono consapevoli che lo Stato è conl’acqua alla gola e quindi non può fare a menodelle entrate che perderebbe esonerando i giovanidall’imposta sul reddito oppure riducendogliela.Pertanto sono costretti ad inventarsi una com-pensazione: le imposte tolte ai giovani le caricanosui vecchi. Non più Enea porta sulle spalle An-chise, bensì il padre Anchise si accolla il figlioEnea. Accadrebbe dunque che un ottantenne, ma-gari pensionato monoreddito a 20mila eurol’anno, pagherebbe più Irpef di un trentenne nellestessa posizione tributaria. Dove siano la moralitàe la socialità di una tale misura fiscale, sfugge. Giàoggi gli anziani mantengono figli e nipoti loro.Devono mantenere pure gli altrui?

Sergio Ricossa, un maestro degli economisti li-

segue dalla prima

...non esclude la convinzione che da un puntodi vista politico la faccenda non sarà affattoindolore. Ovviamente per Matteo Renzi, che èil parafulmine di tutta la storia , e del sistemache l’ex premier ha messo in piedi nel suotriennio di “uomo solo al comando”. La spre-giudicatezza con cui uno dei due sfidanti allasegreteria, cioè il magistrato in aspettativa Mi-chele Emiliano, usa la vicenda Consip per met-tere in difficoltà Renzi e il suo sistema dipotere, non è affatto inefficace. La vicendapotrà anche finire con un nulla di fatto sulpiano giudiziario, ma sul piano politico, pro-prio a causa della utilizzazione che ne vienefatta nella battaglia congressuale del Pd, lasciaun segno indelebile sull’immagine dell’ex Pre-sidente del Consiglio e del suo sistema di po-tere.

Con Consip Renzi perde la carica innova-tiva che continuava ad avere anche dopo lasconfitta referendaria del 4 dicembre e diventauno dei simboli di quel passato fatto di intrec-cio stretto tra politica e affari che tutti i popu-listi e giustizialisti antisistema dicono a paroledi voler eliminare. Non è casuale che MicheleEmiliano stia tentando di caratterizzarsi comeil candidato alla segreteria del Pd in sintoniacon le posizioni di Beppe Grillo. Di fatto il suogiustizialismo populista è in tutto simile aquello grillino e favorisce l’azione del Movi-mento Cinque Stelle teso a dimostrare come siaarrivato il momento di rottamare chi si era pre-sentato al Paese come il grande rottamatore.

Un risultato politico di questo genere ha uneffetto devastante infinitamente più grande diun qualsiasi rinvio a giudizio destinato a finirein una assoluzione magari in secondo grado. Erischia di diventare l’azzoppamento definitivodi Matteo Renzi.

ARTURO DIACONALE

beri e liberali, ripeteva che chiunque è capace di in-ventare nuove tasse, essendo facilissimo colpire allacieca o con avvedutezza gl’inermi contribuenti. Perla verità Ricossa al “chiunque” aggiungeva un epi-teto, parlando in generale. Agli escogitatori di tri-buti d’ogni epoca ed estrazione giova semprericordare il Maestro dei maestri in materia, il vec-chio Adam Smith, secondo il quale “non c’è arteche il governo apprende prima, di quella di pro-sciugare il denaro dalle tasche del popolo”.

Infine, tali proposte fiscali, già irrazionali in sé,non passano neppure il vaglio di costituzionalitàperché contrarie anche all’uguaglianza legale im-posta dagli articoli 3 e 53 della Costituzione. Di-scriminano i cittadini proprio con riguardo alcardine della cittadinanza, cioè alla capacità con-tributiva degli individui, né più né meno dei “con-tributi di solidarietà” imposti ai soli redditi dapensione anziché a tutti i redditi personali.

PIETRO DI MUCCIO de QUATTRO

...degli imperversanti talk-show cui loro stessipartecipano attirati come le api su un miele vele-noso, cioè avvelenato dall’insieme di quell’orgiaspettacolare ululante sotto il vessillo di cui sopra.Cosicché i “professionisti” della politica diven-tano a loro volta dei dilettanti allo sbaraglio di sestessi. Complimenti.

Attenzione! Il cupio dissolvi in atto non è af-fatto casuale, in virtù anche dei professionisti me-diatici che sanno perfettamente cosa stianofacendo e che cosa ne deriverà con l’affossamentodei politici da un lato e la vittoria dell’antipoliticadall’altro proprio perché incarnata dalla secondasottospecie di dilettanti allo sbaraglio, il M5S. Mail paesaggio del quadro giornaliero deprimentecontiene altre figure, con le loro figuracce in pub-blico, osservando certi angoli della tela dove gliantichi trionfi del circo mediatico-giudiziario inazione da un quarto di secolo, e azionato spessis-simo dagli stessi giudici, rivelano alcuni loroesemplari, fra cui spicca il profilo del leggendario

Il garantismo che non impedisce

l’azzoppamento di Renzi

Dilettanti allo sbaraglio, e i professionisti?

La perversione fiscale dei governanti

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Non si chiama Merlino, si chiama Angelino

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Per spiegare il fenomeno fisicodella rifrazione con un modello

meccanico, possiamo usare l’esem-pio di un’automobile, la quale, pro-cedendo su una strada asfaltata, a uncerto punto mette due ruote oltre ilciglio stradale coperto di sabbia. Leruote nella sabbia cominciano a gi-rare a una velocità più bassa rispettoa quelle sull’asfalto, cosicché l’auto-mobile cambia direzione, perché leruote, a seconda del fondo, vanno a“due velocità” diverse tra loro. Ilconcetto delle “due velocità” è di-ventato molto popolare anche sottol’aspetto politico, perché in questigiorni se n’è parlato come rimedioalla crisi in cui è immersa l’Unioneeuropea. La quale rischia, sia che ri-manga così com’è, sia che assumauna struttura a due velocità, di cam-biare direzione. E tra le varie traiet-torie non è da escludere una nettainversione di marcia, la quale po-trebbe portarne alla dissoluzione delprogetto di integrazione europea.

I quattro più grandi Paesi del-l’Unione europea, Italia, Francia,Germania e Spagna, per bocca deiloro capi di governo hanno capitoche il momento è estremamente deli-cato. Reso tale non solo da una crisieconomica che è stata la più dura daitempi del Dopoguerra, ma anche daun populismo montante, che pro-mette sicurezza a tutti attraverso ilritorno alle vecchie sovranità nazio-nali. Fatte di confini certi, poco po-rosi e “ornati” di muri, se questodovesse dare una serenità maggiorealla gente.

Tra chi esce dall’Unione (GranBretagna). Chi alza nuove muragliedel ventunesimo oltreoceano(Trump). Chi si prende pezzi di altrenazioni (Putin), i Paesi europei si tro-vano stretti anche da pressioniesterne non proprio confortanti, lequali richiedono una “massa critica”di un certo peso per bilanciarle. Persalvare il progetto europeo, si è pen-sato a una integrazione a velocità

differenziate, perché la composizioneattuale dell’architettura dell’Unionesta rendendo i passaggi troppo lenti,tanto da farne risultare offuscata lameta. E si è deciso di iniziare da unodei capisaldi di qualsiasi “corpo sta-tuale”: la difesa comune.

Il sistema “funzionalista”, volutoe pensato da Monnet, in base alquale si sarebbero dovute staccarepiccoli pezzi alla volta di sovranità aisingoli stati, pare essere in soffe-renza; per la riluttanza degli statistessi a cedere prerogative e poteri.L’Unione europea è sempre rimastaun'organizzazione internazionale po-litica ed economica a carattere so-vranazionale, che comprende 28Paesi membri indipendenti e demo-cratici. Mai una vera federazione.Tanto è vero che, fin dai suoi albori,si è sottolineato che gli stati nazio-

nali hanno pensato di arrivare aduna costruzione istituzionale tale dagarantirgli di applicare “Smith al-l’estero e Keynes in patria” .

Sappiamo come è andata e sta an-dando, consci che molti problemiesistono, e che qualcosa vada rivisto.

Qualcuno parla di una “rivisita-zione” del Trattato di Maastricht,del “Fiscal compact” o del vincolodel 3 per cento. Altri propongono diporre l’accento su una Europa piùsociale; quella del welfare miglioredel mondo, che l’ha fatta diventareun unicum planetario per giustiziasociale e uguaglianza. E che cerchi dismarcarsi dal dogma neoliberista im-perate, il quale pare chiedere sacrificicontinui in nome della “stabilità”. Lavicenda della Grecia, inoltre, non haerto aiutato l’immagine di un’Eu-ropa solidale; capace di coniugare il

rigore etico dei conti, con la giustasolidarietà nei confronti di un po-polo che, allo stato dei fatti, è statocostretto a vivere in una situazionedi enorme indigenza. Però, qualchemito va sfatato. Qualche storiellaraccontata dai populisti da mega-fono andrebbe presa per quella cheè: ovvero, pura propaganda negativafatta pro domo propria.

A qualcuno andrebbe ricordatoche i cari Stati-Nazione, durantetutto il Novecento, ci hanno portatoa due guerre mondiali, 70 milioni dimorti e un genocidio. E che daquando esiste un embrione di Eu-ropa Unita, questo non c’è più stato.Come ricordato dai Radicali italiani,nonostante gli allarmi antiaerei te-nuti sempre accesi dalle varie Le Pen,oggi l’Unione europea è il primomercato al mondo. I redditi pro-ca-pite dei suoi cittadini sono i più altidel pianeta. Sul nostro territorio si ri-spettano la dignità umana, la libertàindividuale, la democrazia, l’ugua-glianza, lo stato di diritto, i diritti

umani. Abbiamo co-struito uno spazio ditolleranza, pluralismo enon discriminazione.Poco? Non direi, visti iprecedenti.

Chi vede nell’Eurosolo una disgrazia, do-vrebbe avere il coraggiodi dire cosa sarebbe suc-cesso se la valuta del-l’Italia (la stessa Italiache perde, non da ora,potenza industriale e hauna differenza territo-riale tra Nord e Sud delPaese che continua adallargarsi) fosse stata lalira. Buona per esseresvalutata al fine di otte-nere delle boccate di os-sigeno attraverso leesportazioni, ma nonuna garanzia di stabilitàcontro le speculazioni.

Basterà un’Europa adue velocità per un ri-

lancio del progetto sognato e artico-lato da Spinelli? Non si sa, ma si do-vrebbe sperarlo. Senza continuare aprocedere per “convergenze paral-lele” che stanno portando alla de-riva. Un modo coraggioso ed“eretico” per cambiare passo, sa-rebbe quello di cambiare linguaggio,prospettiva e orizzonte. Rimettendoin circolo una parola importante: fe-deralismo. Come ricordato da LuigiEinaudi in un suo articolo (“Il mitodello stato sovrano”), gli Stati Unitid’America sono vissuti sotto due co-stituzioni. “La prima disposta dalCongresso del 1776 e approvatadagli Stati nel febbraio 1781, la se-conda approvata dalla convenzionenazionale il 17 settembre 1787 edentrata in vigore nel 1788. Sotto laprima l’unione nuovissima minacciòben presto di dissolversi; sotto la se-conda gli Stati Uniti divennero gi-ganti. Ma la prima parlava diconfederazione ed unione dei 13Stati […] e dichiarava che ogni Statoconserva la sua sovranità, la sua li-bertà ed indipendenza ed ogni po-tere, giurisdizione e diritto nonespressamente delegati a governo fe-derale. La seconda invece non par-lava più di unione tra Stati sovrani,non era più un accordo tra governiindipendenti; ma derivava da un attodi volontà di un intero popolo, ilquale creava un nuovo Stato diversoe superiore agli antichi Stati […].Ecco sostituito al contratto, all’ac-cordo fra Stati sovrani per regolarealcune materie di interesse comune,l’atto di sovranità del popolo ameri-cano tutto intero. […]. La radice delmale stava nella sovranità e nell’in-dipendenza dei 13 Stati”.

È questa la strada che dovrebberosegnare i più importanti Paesi d’Eu-ropa, per aprire un nuovo orizzonte,una nuova sfida verso un federali-smo, che, come diceva uno dei suoimassimi studiosi, Hendrik Brug-mans, “ha la pretesa di apportare so-luzioni concrete per problemiconcreti che dobbiamo risolvere adogni costo”.

Due sentenze della Corte di Stra-sburgo creano di fatto la spac-

catura tra Europa ricca e povera. Infatti, mentre l’Italia viene ripe-

tutamente condannata per espulsionidi migranti irregolari, di controgiunge una sentenza a favore del-l’espulsione di una famiglia cristiana(di origine siriana) operata dal Bel-gio (nel caso è stato negato lo statusdi rifugiato politico). E mentre que-ste sentenze spalancano la vie a unadiversa politica d’accoglienza, l’Ita-lia sforna un decreto di riforma dellepolitiche del lavoro: riconoscendo lostatus di disoccupato anche a chi nonha mai lavorato. Due pericolosissimiprecedenti che sommati potrebberotrasformare l’Italia nella favelas (ocampo profughi) d’Europa. Visto chel’assegno di disoccupazione raggiun-gerebbe prima alcuni segmenti so-ciali e poi i veri poveri. E questemisure scattano mentre s’impennal’indice di disagio sociale.

Infatti il “misery index” stilatodalla Confcommercio è in netto au-mento, riportando l’Italia al trend dipovertà che vedemmo nel periodoprima del 2015: la ripresa economicadell’Italia non c’è.

Il misery index della Confcom-mercio misura mensilmente il disagiosociale causato dalla disoccupazioneestesa (ovvero si considerano i disoc-cupati, i cassintegrati e gli scorag-giati, o disoccupati atavici), tuttomesso in correlazione con la varia-zione percentuale dei prezzi dei benie servizi ad alta frequenza d’acqui-sto: l’indice in questione a gennaio èsalito a 20,3 punti dai 19,4 punti didicembre 2016. L’Italia va peggio delprevisto, mentre la politica chiude(come da uso varato in epoca Mario

Monti) sia i cordoni della borsa percreare lavoro che quelli del creditoper aiutare imprese e famiglie. L’ada-gio è chiaro: si ascolterà la gentedopo il congresso del Partito Demo-cratico, soprattutto la gente dovrà ri-manere in apnea sino a dopo lepolitiche del 2018.

Per dirla in soldoni, all’epocadella tanto vituperata Prima Repub-blica s’aiutava la gente prima di con-

gressi ed elezioni. Oggi, che è in vogalo “stringi-cinghia” sul modello tede-sco, si lascia la gente senza soldi e la-voro aspettando il nuovo Governo.E le uniche risorse disponibili ven-gono impiegate per garantire l’acco-glienza, soprattutto vengono gestitedai gruppi di potere deputati ad ac-cogliere e ospitare. A questo va ag-giunto che il Governo sta decidendose spostare al 24 per cento l’Iva (e

dall’Unione europea ci permettereb-bero anche di sforare il 25 percento). Secondo il Centro studi diUnimpresa, l’incremento si tradur-rebbe in un costo aggiuntivo per lefamiglie italiane pari a 414 euro. Undocumento di lavoro della Commis-sione europea (la relazione è datata22 febbraio 2017, ma è stata ripor-tata dalla stampa solo qualchegiorno dopo, intorno al 7 marzo) ha

ipotizzato l’aumento dell’aliquota Iva(imposta sul valore aggiunto) perl’Italia a oltre il 24 per cento. Secondole simulazioni della Commissione eu-ropea, un eventuale incremento del-l’Iva genererebbe un aumento delreddito disponibile fino al 3 per centoper le fasce più basse, a patto che lerisorse vengano destinate a un creditod’imposta per il lavoro dipendente.

Il documento della Commissioneconclude che “uno spostamento otti-male del carico fiscale verso i con-sumi potrebbe ridurre ulteriormentel’onere fiscale sul lavoro e favorire lalotta contro la povertà e la disugua-glianza”. Ma un’analisi del Centrostudi di Unimpresa (lo studio si basasui dati del ministero dell’Economiae della Corte dei conti) ha quantifi-cato in disastro l’impatto di un even-tuale aumento dell’Iva dall’attuale22 al 24 per cento.

Sorge davvero il dubbio che unaparte della classe dirigente italianaparteggi per il nemico, ovvero bloc-care economicamente il Paese perportarlo al fallimento presso un tri-bunale europeo. In questa logica,viene accolta dall’Esecutivo Genti-loni come una manna dal cielo ognimisura tesa a scongiurare ripresa eabbassamento delle tasse. Del restoGentiloni ha garantito all’Unione eu-ropea che ogni migrante espulsodalla ricca Europa troverà ospitalitàin Italia. Del resto l’Italia è calata de-mograficamente, chi la abita non èpiù concorrenziale sul lavoro, e qual-cuno reputa giusto che i beni degliitaliani vengano tutti usati per gestirele varie emergenze.

3l’opinione delle libertàPrimo Piano

di RuggieRo capone

venerdì 10 marzo 2017

Più Iva e migranti, l’Ue strangola l’Italia

di Raffaele Tedesco L’orizzonte europeo

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La valorizzazione del lavoro crea-tivo in Italia è una bufala. Una

fake news. Non esiste. Ciò vale inparticolare per quei pro-fessionisti che operanonell’ambito della comu-nicazione e del GraphicDesign. Solitamente agiocare allo sfascio, nelsettore, sono gli impren-ditori micragnosi chepuntano ad avere pro-dotti ben fatti a prezzi dafame. Quando però a farela parte dello sfruttatore è un entepubblico è scandaloso. È il caso delComune di Trieste che ha pubblicato,nell’ambito dell’iniziativa “InventoTrieste” (su Facebook esiste anche uncontro-gruppo chiamato “Proposterifiutate da Invento Trieste” in cuicreativi e grafici di tutta Italia si sonodivertiti a scimmiottare con proposteironiche e spassose l’iniziativa uffi-ciale del comune friulano, e di cui

pubblichiamo alcune immagini); unbando di concorso per la creazionedi un claim, di un marchio-logotipo edi una clip audiovisiva da utilizzareper promuovere l’immagine turisticadella città. A parte l’anomalia dellarichiesta che non prevede un pianodi comunicazione integrato che“metta in linea” il disegno graficocon lo slogan e con il video promo-zionale, ci si aspetterebbe quanto

meno che le opereselezionate venganoadeguatamente pa-gate. Invece, a leg-gere il regolamentodel concorso, siresta di stucco: aivincitori delle sin-gole categorie diconcorso sarà as-segnato in premioun tablet ciascuno.Roba da matti!Visto che si trattadi opere dell’inge-gno perché alloranon essere creativifino in fondo? Me-glio un prosciuttoSan Daniele o unaforma di formag-gio Liptauer al

posto di uno scontatodispositivo elettro-nico. Così si fa il maledel lavoro in Italia,non il bene.

Tanto per inten-derci: a prezzi cor-renti un tablet lo siacquista anche a 70euro, mentre per lasola creazione di un

marchio-logotipo da destinare a unamedia azienda, stando alle tariffe in-dicative stilate da AssoComunica-zione nel 1996 e aggiornate al 2012,occorrerebbero 28mila euro. Chescendono a 20mila euro nello spe-ciale listino dei cosiddetti “morti difame” (Mdf), cioè quei professionistiche pur di prendere la commessa sa-rebbero pronti a tutto, prezzi strac-ciati compresi. Perché accadequesto? Probabilmente ha ragionechi dice che è colpa della categoriache non ha saputo educare la clien-tela al valore del lavoro. Certamentela crisi economica c’ha messo del suoper costringere gli operatori ad ab-bassare l’offerta talvolta oltre la so-glia della sostenibilità. Ma arrivareall’impudenza di retribuire il lavoro“in natura” con un apparecchiettoda quattro soldi significa non aver ri-spetto per lo sforzo intellettuale.

Il bando, attualmente aperto - sichiuderà il prossimo 31 marzo - èun’offesa alla decenza. Ma non èl’unica. Già nel 2014 destò scandalol’improvvida iniziativa dell’Agenziadi Protezione dell’Ambiente dellaValle d’Aosta che pensò bene di met-tere a concorso l’assunzione di dueesperti che avrebbero dovuto pre-stare gratuitamente la loro collabo-

razione professionale. Il bando vennepoi sospeso a seguito dello sdegnoche suscitò nell’opinione pubblica.Ora, non si chiede all’amministra-zione triestina di sprecare denaropubblico come accadde a Salerno nel2011 quando, per iniziativa del sin-daco Vincenzo De Luca oggi gover-natore della Campania, venneaffidato al designer di fama interna-zionale Massimo Vignelli il compitodi rifare il logo della città. La star delGraphic Design, con tanto di studioa New York, si beccò un compensodi 200mila euro per fare una “cio-feca” che, per sua stessaammissione, bisognava fareun certo sforzo per vedernetutti gli elementi evocativicontenuti all’interno. Eneppure ripetere l’infaustaesperienza dell’allora mini-stro dei Beni culturali Fran-cesco Rutelli che, nel 2007,presentò alla Borsa Inter-nazionale del Turismo unlogo per la promozione delturismo in Italia costato100mila euro ma che, pervalutazione unanime dellacritica, aveva una graficascadente, al punto che l’as-sessore al Turismo del Ve-

neto chiese al ministro di oscurare lepagine relative alla regione venetaper ridurre il danno d’immagine cheda quella rappresentazione ne sa-rebbe derivato.

Ma prendere per fame chi lavoranon è giusto. Soprattutto se si con-sidera che nel settore dei creativimoltissimi sono giovani. Poi ci si la-menta della fuga dei cervelli. Se èquesta la considerazione che si hadel lavoro in Italia, il Governo fac-cia l’unica cosa utile: biglietti aereiper l’estero di sola andata, gratis pertutti.

4 l’oPiNioNE delle libertà Economia - Lavoro Venerdì 10 marzo 2017

Se il lavoro è premiato con un tabletdi Cristofaro sola

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L’Era dei contrari a tutto. Non miè mai piaciuto essere “anti”

qualcosa per partito preso o sceltaideologica. Non mi piacciono,quindi, gli odi viscerali che si con-densano ieri e oggi nell’antiberlusco-nismo militante,nell’antiglobalizzazione a prescin-dere (malgrado che, grazie a essa,centinaia di milioni di individuisiano usciti dalla povertà assoluta),nell’antirenzismo militante di scis-sionisti e avversari politici. Essere“anti” a tutti i costi significa inbuona sostanza accecarsi da solicome coloro che Dio vuole perdere.Davvero siamo portati a credere chea Matteo Renzi convenga il propor-zionale denominato “Consultellum”(definizione orribilis, come l’annoomonimo - così definito da Elisa-betta d’Inghilterra, in cui morì DianaSpencer)? Cioè, una sorta di “ori-gami” costituzionale ottenuto daparte del sarto della Consulta perprogressivo découpage delle prece-

denti norme elettorali? A me pareun’assurdità, francamente. A chi in-teressa (a un decisionista come lui,poi!) avere una situazione di fatto in-governabile il giorno dopo le ele-zioni, che condurrà come ai beivecchi tempi dell’onnipotente BalenaBianca a estenuanti contrattazionicon la miriade di partitini sopravvis-suti? In realtà, per Matteo Renzi e ilPd l’unica via d’uscita oggettiva èconcordare alla svelta con M5S lariedizione del Mattarellum più omeno rivisitato.

Per due ordini di motivi. Il primo,dare maggiore spazio a chi dissentema non abbandona la nave, riser-vando loro un comodo strapuntinosia nell’aliquota proporzionale, sianei collegi uninominali sul tipo:“vinca il migliore”. Ma, a Grillo con-viene fare una cosa analoga: i suoiranghi sono affollati di troppe per-

sone elette che non producono nes-sun valore aggiunto e non sono unsolido traino di consensi elettoraliper il Movimento, essendo per lo piùimpreparati dal punto di vista dellegestioni amministrative e assai pococarismatici. Quindi, per ridare nuovalinfa vitale al Movimento non ci sa-rebbe nulla di meglio che aprire allasocietà civile, scegliendo per i collegiuninominali personalità di spicco daaffiliare a un non-partito di massa, incui contano (a parole!) soltanto lecose da fare per il Paese e per gli ita-liani. Partito Democratico e Movi-mento 5 Stelle potrebbero approvarsida soli, senza nemmeno chiederel’aiuto di imbarazzanti centristi comeAngelino Alfano e Denis Verdini, lanuova-vecchia norma elettorale, di-sarticolando per di più i disperatitentativi di Berlusconi per una destraunita. In questo, a ben vedere, vali-

damente supportati da Lega e Fra-telli d’Italia.

E qui, forse, varrebbe la pena dianalizzare questa miscela alla nitro-glicerina, fatta di populisti e di(pseudo)stabilizzatori: i primi, anti-Ue e anti-Euro. I secondi orientatimagari a fare la voce grossa con Bru-xelles e Francoforte, ma senza maiminacciare alcun tipo di scissione odi denuncia unilaterale dei Trattati.Questi ultimi certamente da miglio-rare. Ma nessuno sa come. Del resto:come si possono azzardare propostein merito prima del fatidico votofrancese di maggio e di quello tede-sco di ottobre, in cui anche la Fraudi Germania rischia il posto? Da noi,invece, si mettono in scena le soliteliti da pollaio. Invece di riflettere se-riamente su di una migrazione folle eincontrollata, in cui chi non ha nes-sun diritto all’asilo si vede gratificatodi fatto di un permesso permanentedi soggiorno, poiché l’italico sistemadi accoglienza e di asilo ha mo-struose falle sul piano pratico e giu-ridico. Certo, una grande mano in

discesa (in base alle denunce di Fron-tex) ce la dà chi finanzia generosa-mente le flotte delle onlus cheprelevano i migranti sulle coste libi-che. In base a quale umanitarismonon è ben chiaro.

Anche perché, nessuna regola difiltraggio (Quote? Visti consolari?) èprevista nei loro Paesi di origine chenon solo non sono in guerra ma che,addirittura, avrebbero immense ri-sorse naturali a loro disposizione peruguagliare il reddito nazionale pro-capite a quello dei Paesi del Golfoproduttori di petrolio. Le onlus e icattolici provassero a chiedersi per-ché centinaia di milioni di creatureindifese, donne e bambini, vengonoabbandonate al potere di distruzionee di assassinio di leadership violente(dov’è l’Onu? Dove sono i suoi caschiblu?), mentre molti giovani in ottimasalute vengono clandestinamenteesportati verso i confini marittimi co-muni della Ue! Da dove provengonoquei miliardi di dollari che servono apagare gli schiavisti? Attenti al Lupo-Isis, direbbe qualcuno!

5l’oPinionE delle libertàvenerdì 10 marzo 2017

Il Risiko elettoraledi Maurizio Bonanni

Politica

Avolte basta solo una foto, sol-tanto una foto, a rivelare piena-

mente le caratteristiche che animanoil soggetto fotografato. Se si guardaattentamente la foto fatta durante ilrecente viaggio negli Usa di Matteodi Rignano sull’Arno ci si accorgeche non c’è solo il piccolo Napoleoneitaliano, in piedi, di spalle di fronte auno stadio che sembra stracolmo dispettatori. C’è tutto il suo essere cheè quello di considerarsi grande, indi-spensabile, unico, dinanzi al quale lefolle non possono non essere cheplaudenti e felici. Ma c’è anchel’esatto contrario come quello d’es-sere un piccolo uomo che usa mes-saggi subliminali per presentare unarealtà che vive solo nella sua testa.

La foto, se viene ingrandita construmenti idonei, mostra uno stadiopiù che semivuoto. Quella foto,quindi, è bugiarda e il nostro conti-nua ad essere l’imbroglione cheormai conosciamo bene perché hariempito l’Italia di frottole e menzo-gne varie. Lui sembra scambiare ter-ribilmente la realtà con i suoi sogni eli scodella, senza ritegno, convintoche si possano e debbano realizzare.Così ha fatto col referendum del 4dicembre che ha voluto lui, superconvinto di poterlo vincere alla

grande, per essere incoronato inmodo indiscutibile “padrone” del-l’Italia.

Solo uno come lui poteva utiliz-zare quella foto chiaramente falsa.Solo lui poteva essere capace di pre-sentarcela per, come si dice in Cala-

bria, “allampare i viddani” (sbalor-dire la gente di campagna) com’è suaprassi costante. L’ultimo esempio c’èlo ha dato quando parlando dei pro-blemi del padre ha esclamato che “seè colpevole chiedo il doppio dellapena” ben sapendo che la pena per

un reato non la decide lui ma èquella prevista dal codice penale vi-gente. Quindi è stata solo e soltantouna smargiassata senza il rischio dipagare dazio.

Ma a lui interessa sbalordire chilo ascolta e, quindi, ha fatto né più

né meno di quanto fatto prima del4 dicembre, quando pensò fosseopportuno dire che, se avesse per-duto la partita, non solo si sarebbedimesso dal ruolo di Premier maavrebbe addirittura lasciato la po-litica come dichiarò anche la suaavatar, tale Maria Elena “Etruria”,che interrogata dalla Annunziatarispose che non c’erano dubbi sulloro abbandono della politica.

In pratica quella foto che ci haspinto ad una riflessione è la con-ferma che il lupo perde il pelo manon il vizio. Ma noi siamo ormaipiù che stanchi e non riusciamo piùa sopportare bugie, menzogne,iperboli e i suoi “issimi” appiccicatia tutto. Ed è per questo che purnon sopportando il D’Alema, redi-vivo, ci sentiamo di applaudire isuoi sforzi tesi a liberare il PartitoDemocratico dall’infezione ren-ziana che, oltre ad essere il fruttodi un egocentrismo smisurato èanche il prodotto di un qualunqui-smo da bar dello sport che ha vistol’apice quando parlava di “seg-giole” in meno al Senato e di ri-forma che riduceva i costi e i postialla politica.

E a noi non ci resta che cantargli“te c’hanno mai mannato a quelpaese?”. Beh, sarebbe ora che ci an-dasse.

La foto rivelatrice dell’ego del mancato ducettodi Giovanni alvaro

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Èuna lettura vissuta sullosfondo familiare e soprattuttoal femminile quella che VincenzoDi Michele dà dell’eccidio di Ce-falonia. Nel suo nuovo romanzostorico “Cefalonia, Io e la mia sto-ria” (Editore il Cerchio), Di Mi-chele rilegge una delle pagine piùbuie della storia italiana da unaprospettiva diversa: le angosce e leattese delle mamme e delle mogliche attendevano il ritorno dalfronte dei loro cari. Partendo dafatti realmente accaduti, lo storicoe saggista rivive in prima personagli avvenimenti di quel settembredel 1943 quando l’esercito ita-liano, dopo la proclamazione del-l’armistizio, si dissolse nel nulla. “Il dramma della Seconda

guerra mondiale e quella crudelecarneficina di Cefalonia vengononarrate attraverso le voci e le te-stimonianze di quelle mamme e diquelle mogli che attendevano il ri-torno dal fronte dei loro figli omariti”, spiega l’autore. Nel suoracconto vissuto a pelle, Di Mi-chele narra in prima persona le at-tese della sua famiglia. “Ci sono levoci di mia bisnonna, di mianonna e di mia mamma che hannovissuto con angosciosa trepida-zione tanti e poi tanti anni. Un’at-tesa di veder tornare ‘il loro caro’che poi al dunque è stata vana”,aggiunge Di Michele. Ma c’èanche “il racconto, preso da undiario inedito, di quel soldato cheha fatto di tutto per sopravviverealla tragedia della guerra pur difar ritorno a casa per riabbrac-ciare la propria moglie e quella fi-glia di 7 anni che non aveva maiconosciuto”.La ricostruzione della strategia

militare passa in secondo pianoper lasciare spazio a un drammapersonale che porta ad un rac-conto autobiografico. In una nar-razione personale e con piglio atratti provocatorio, l’autorechiama in causa il lettore met-tendo in evidenza il passato delsuo Paese, che è anche il passatosofferto di tante famiglie italianeche hanno avuto un disperso inguerra. I fatti storici, letti con lelenti della vicenda personale, as-sumono nuovi contorni e nuoveprospettive. E il risultato non è

per nulla scontato. A par-tire proprio da come il ge-nerale Antonio Gandin erasolito rivolgersi ai proprisoldati: “Dodicimila figlidi mamma tutti obbedientiagli ordini” per arrivare acome e perché quellastrage di Cefalonia stra-colma di sangue e viteumane stroncate nel fioredegli anni, di certo si po-teva evitare.

Vincenzo Di Michele(1962), libri pubblicati:“La famiglia di fatto”,un’analisi della convivenzamore uxorio; Io prigio-niero in Russia, oltre50.000 copie e vincitore dipremi alla memoria sto-rica; “Guidare oggi”, unmanuale per le problemati-che stradali; “Mussolinifinto prigioniero al GranSasso”, una revisione sto-rica sulla prigionia delDuce a Campo Impera-tore; “Pino Wilson, verocapitano d’altri tempi”, labiografia ufficiale dellostorico calciatore dellaLazio campione d’Italianel 1974; “Come sciogliereun matrimonio alla SacraRota”, un’inchiesta sull’iterdi annullamento dei matri-moni innanzi ai Tribunaliecclesiastici; “L’ultimo se-greto di Mussolini”, quelpatto sottobanco tra Ba-doglio e i tedeschi e i re-troscena dell’operazioneQuercia sulla liberazionedi Mussolini; “The last se-cret of Mussolini”, the un-dercounter pact betweenBadoglio and the Ger-mans. “Cefalonia, Io e lamia storia”, un raccontoautobiografico sullo sfondodegli avvenimenti bellicidell’eccidio di Cefaloniadel settembre 1943.

(*) Gli organi di stampa,giornali e riviste tematiche,che desiderano riceverecopia omaggio del libroper recensirlo possono ri-chiederlo a [email protected].

Vagando con il telecomando allaricerca del quasi impossibile,

mi è capitato di vedere VittorioSgarbi, intervistato da un Tizio,uno dei soliti, anche un po’ antipa-ticuccio.Ecco: chi cerca trova. Vittorio

Sgarbi è uno dei pochissimi esem-plari superstiti, genere tutt’altroche protetto, di liberali ancora re-peribili tra quelli che hanno ac-cesso nei media. Lo lascianoparlare, consentono che la gente loconosca perché lo scambiano per

un tipo “bastian contrario”. Che ècosa ben diversa da quello che in-vece è: un personaggio controcor-rente, un liberale. Inoltre Vittoriodà l’impressione di non prendersisul serio. Invece è estremamentecoerente. Forse si sente più che unliberale, un libertino, che è poi laversione settecentesca del liberale.E non è poco.È l’unico in Italia, tra quelli che

hanno voce, ad aver capito che c’èun Partito dei Magistrati, che cisono magistrati pericolosi, esibizio-nisti, arroganti. E lo dice senza re-more e timore. E poi è, nientemeno,

una persona colta, chenon ha messo la suacultura all’ammasso.Una cultura, appunto,liberale e libertina. Èl’unico che, deputato inParlamento, votò con-tro l’abolizione dellanecessità di una autoriz-zazione per procederein giudizio contro i par-lamentari. Cioè l’unicoche aveva capito la sto-ria che stavamo (estiamo) vivendo. Potràsembrare scettico e, ma-gari, incapace di impe-gno politico. Non lotroveremo mai alla testa(e, magari, nemmeno incoda) di un partito. Mal’impegno con se stessolo sente fortemente. Basta questo per do-

verlo ringraziare.

7l’oPinione delle libertà

Nel nuovo romanzo “Cefalonia, Io e la mia storia”, Vincenzo Di Michele ripercorre i fatti del settembre ’43 con un racconto autobiografico su una delle pagine più buie della storia italiana

di MauRo Mellini

di Redazione

venerdì 10 marzo 2017

La sofferenza delle famiglie, delle mamme e delle mogli nell’eccidio di Cefalonia

Politica - Cultura

Vittorio Sgarbi: il liberale libertino

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