Cuoio polvere e sudore

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Il primo gol del Regno Unito La prima radiocronaca da Palermo Due inediti racconti che mettono a nudo l'anima del calcio del secolo scorso, profondamente distante da quello di oggi. Due storie che raccontano di uno sport genuino, fatto di intima passione, caratterizzato da tre elementi: cuoio, polvere e sudore.

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AntipodeSport

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Collana diretta da Giuseppe Bagnati

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Casa Editrice Antipodes

Via Toscana, 2

90144 Palermo

www.antipodes.it

[email protected]

ISBN: 978-88-96926-30-7

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INDICE

Nota dell’editore .......................................................................5

Nota dell’Autore .......................................................................7

Dal Football al footbal divorziando dal Rugby ........................9

Bibliografia .............................................................................27

Qui Piana dei Colli...a voi Forcella ........................................29

Bibliografia .............................................................................42

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NOTA DELL’EDITORE

Cuoio, polvere e sudore non è un libro per tutti, non è un libro

che può essere letto scorrendo con lo sguardo le righe e le pagine

che lo compongono.

Al contrario, sono i suoi contenuti che sembrano osservare den-

tro di noi, come se sapessero quali pulsanti della mente toccare

per suscitare emozioni quasi dimenticate, seppellite in angoli

della memoria che ormai ci apparivano solo come un miscuglio

di immagini, odori e ricordi sbiaditi dal tempo.

Due brevi racconti in cui l’autore, che si è nutrito di sport per tutta

la vita, ci ricorda che il calcio di oggi non è più quello genuino del

passato, ovvero quello fatto di intima passione e che non dava cele-

brità a chi buttava il proprio sudore in campi malconci e polverosi.

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NOTA DELL’AUTORE

A ‘El’,

che quotidianamente si domanda

fino a quando vorrò scrivere

e praticare sport.

Mi capirà?Boh!

La propensione a studiare fenomeni ed eventi col pruriginoso in-

tento di andarne a scovare le origini sovente più bizzarre, oppure

particolari vizi e virtù sui quali stranamente i cosiddetti storici non

usano soffermarsi, sta alla base dei due ‘racconti’, parto appunto ge-

mellare di questa pubblicazione. E’ un tuffo nel passato di questo

benedetto calcio, uno degli amanti di secondo letto – capolista in

una classifica che prosegue con pallanuoto e ciclismo - di chi scrive.

Un passato più o meno remoto che resta saldamente ancorato alle

origini inglesi, anche se nel tempo l’ago della sua bussola sia ormai

attratto non più da un polo Nord, bensì da un po’ tutti i continenti.

Basterà costatare che, ad esempio, nella sala dei bottoni del rego-

lamento imposto - prendere o lasciare - è la International Football

Association Board, i cui membri molto democraticamente sono sei,

uno ciascuno per Inghilterra, Scozia, Galles ed Irlanda, gli altri due

per il resto del pianeta. Dunque ciò che dispone l’Ifab - a stretto

contatto con la Fifa, acronimo di Federation Internation Football

Association - è vangelo e c’è ben poco da dissertare su moviole a

bordo campo, sensori nelle porte ed altre diavolerie simili, finchè

non sia l’International Board ad esprimersi ed, eventualmente, a

dare il via libera. Ogni proposta, ogni suggerimento, ogni fanto-

matica soluzione al problema della fallacità puramente umana degli

arbitri… si metta a turno allo sportello dell’Ufficio Proposte, in at-

tesa di una valutazione che trovi una soluzione applicabile e gradita

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in tutti i Paesi del mondo. E… guai se presto si aggregasse Marte!

Chi trasgredisce alla norma, l’abbiamo accennato, esca pure dai

ranghi. Ovvio che nessuno vuole aggiudicare all’Ifab il dono della

infallibità, ma tutto sommato forse non è un male se – almeno nel

calcio – c’è un ente che indichi la via comune da percorrere. Siamo

andati a risalire all’atto di nascita della Football Association albio-

nica che, in una ‘casa del vino’, raccolse i club in fuga del rugby,

ritenuto troppo violento: per carità, non riferite tale giudizio ai rug-

bisti, perché candidamente si autodefiniscono gentlemen dello sport

(e potremmo anche essere d’accordo con loro). Ma abbiamo anche

testimoniato che in Italia la ‘palla ovale’ negli Anni Trenta fu co-

stola della Federcalcio. Ci siamo tuffati nel gergo rigorosamente al-

bionico del calcio e ci siamo allacciati in qualche modo ai tempi

moderni, riferendo della prima radiocronaca di una partita di calcio,

agli albori del secolo ventesimo, fra Palermo e Naples. Ed a quei

tempi nel capoluogo dell’isola c’era anche chi filmava la partita,

come l’impresario commerciale Raffaele Lucarelli, per poi proiet-

tarla nel proprio primordiale esercizio cinematografico. Quel Pa-

lermo era Football Club, erede vedi caso dell’Anglo Panormitan

Cricket and Foot Ball Club; mosse i primi passi su un rettangolo di

gioco tracciato all’interno della Villa Withaker; aveva vestito agli

inizi una divisa metà rossa e metà blu, copiata dal Portsmouth, come

peraltro fa tuttora la società italiana più anziana, ovvero il Genoa.

Ma anche il Catania, il Taranto e la Sambenedettese – anch’essi rap-

presentando città dotate di porto mercantile e dunque aperto alla na-

vigazione commerciale dell’epoca – per strana coincidenza vestono

ancora oggi di rosso e blu. Quel Palermo non a caso partì con un

menu a base di zuppa inglese; i suoi primi esami furono sul fronte

della Mellenge Withaker Cup e dello Challenge Lipton Trophy.

L’autore

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Dal Football al... football

divorziando dal rugby

Storia e terminologia albioniche dello sport

più popolare in Italia, figlio del Regno Unito,

creato il 26 ottobre 1863 nella Freemason Tavern di Londra

da chi riteneva di non sopportare l’aspro menage del ‘rugby’

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A voi footballers

Oggi una delle espressioni mediatiche più ‘in’ nel pianeta sport,

ed in particolare in quello del calcio, è senza dubbio la fioritura di

annuari ed almanacchi che ormai sono oltremodo diffusi e costi-

tuiscono mezzo essenziale che non può non figurare nella biblio-

teca degli addetti ai lavori ed anche in quell’enorme bacino di

utenza che è la tifoseria. Sono volumi zeppi di dati, di curiosità,

insomma di quanto stuzzichi l’interesse di chi lavora o opera nel-

l’ambiente. Unico neo, in questa branca della produzione edito-

riale mirata, è comunque il vezzo di rinnegare o comunque non

riconoscere le vere origini del fenomeno calcio, la sua reale di-

scendenza dal Regno Unito (Inghilterra, Scozia, Galles ed Irlanda

del Nord), la sua origine inglese Doc. Non a caso, le operazioni le

dirige – a livello mondiale – la Federation Internationale de Fo-

otball Association (fondata a Parigi il 21 maggio 1904). Non a

caso, il primo almanacco di tutti i tempi, che si autodefiniva An-

nuario italiano del Football 1913-14, a parte quel ‘Football’, nel-

l’editoriale del Guido Baccani si rivolgeva ai footballers e,

enunciando le (pompose) ‘Leggi del giuoco’, specificava sic et

simpliciter che erano tratte dal ‘Regolamento Inglese’.

Provate ad immaginare la scena. Avevamo inneggiato da poco

al cinquantennale dell’unità d’Italia, non c’eravamo ancora av-

venturati in quella che sarebbe stata la prima guerra mondiale,

nel calcio avevamo visto un’esaltazione dell’orgoglio nazionale,

avevamo riempito a raso il nostro campionato di figli del Regno

Unito e Svizzeri, razziandoli fondamentalmente nelle attività

commerciali e professionali. Ma già litigavamo, perché da più

parti si auspicava un campionato autarchico, che comunque nel-

l’epoca sarebbe stato un sogno.

Sull’onda della più dilagante anglomania fin de siecle – che la-

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Qui Piana dei Colli...

…a voi Forcella

Storia delle prime radiocronache

(con tanto di differita filmata)

quando il calcio era inzuppato nel the Lipton

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Un approccio davvero bizzarro, quello del popolo siciliano con

il fenomeno ‘sport’ in generale e con il calcio in particolare. Made

in Sicily è stato il primo capitano della Nazionale azzurra che però

nel 1910 vestiva di bianco, per opportuna economia; era Francesco

Paolo Calì da Riposto, meglio conosciuto nel tempo come Franz,

divenuto poi anche commissario tecnico. Made in Sicily è stato il

primo vero e grande radiocronista ed aedo del calcio, Nicolò Ca-

rosio da Palermo. Made in Sicily è stato il primo grande accusatore

di combine che costò la conquista del titolo di campione d’Italia al

Torino nel 1927, Francesco Giovanni Glorioso da Francofonte:

roba da far arrossire anche gli scienziati di Moggiopoli o Calciopoli

perché chi promise 25.000 lire allo juventino Gigi Allemandi per

un ‘aiutino’ ne fece sparire 12.500, dopodicchè finì a botte. Made

in Sicily è stato colui che da sempre è definito il più grande fi-

schietto di tutti i tempi nel mondo, Concetto Lo Bello da Siracusa.

E chissà che, spremendo le meningi e raschiando fin sul fondo

nel barile dei ricordi e dell’archivio, non corriamo il rischio di tro-

vare tante altre primogeniture calcistiche nostrane, forse un tantino

originali e casuali, ma pur pesanti e reali sotto l’aspetto storico.

Una su tutte – forse la più singolare – è la prima radiocronaca di

tutti i tempi, con tanto di differita filmata, peraltro con edizioni bis,

che nasce sull’onda di quel particolare “shakeraggio” fra la fertile

imprenditorialità dei siciliani, che ci porta sovente a creare castelli

anche sulla sabbia, e la collaudatissima furbizia dei napoletani, ve-

rosimilmente secondi a nessuno nel tirar fuori trovate originali. E

già, un’artigianale anche perché primordiale radiocronaca che conta

ormai il venerando monte dei cento anni: quasi una storia incredibile,

se non suffragata da cronache e documenti, per quanto si possa

estrarre dalla stampa del tempo. Innanzitutto l’epoca. Inizio del se-

colo ventesimo; il calcio era una disciplina di puro stampo inglese,

riservata ai figli del Regno Unito qui residenti, ed estesa eccezional-

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