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CREATIVITÀ, GIOVANI e LAVORO
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CREATIVITÀ, GIOVANI e LAVORO
Una panoramica sul mercato del lavoro e della formazionedei giovani creativi nella Regione Urbana Milanese,realizzata attraverso interviste ad esperti del settore
ottobre 2010
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Il presente studio è stato redatto all’interno del progetto ST-ART UP "Scegliere il futuro
sperimentando il presente" da Milano Metropoli Agenzia Sviluppo (coordinatrice di
progetto: Laura De Venezia; collaboratori: Angiola Bono e Marco Lorenzi; e con il
contributo di: Ruggero Motta, stagista curriculare del Politecnico di Milano) con il
supporto di Daniela Ferrè, Caterina Raia ed il contributo di Francesco Procida per la
Provincia di Milano.
ST-ART UP "Scegliere il futuro sperimentando il presente" è promosso da Provincia di
Milano e finanziato nell'ambito dell'Accordo quadro tra Regione Lombardia e il
Dipartimento per le Politiche giovanili e le Attività sportive della Presidenza del Consiglio
dei Ministri con l’obiettivo di mettere a disposizione della popolazione giovanile del
territorio provinciale luoghi e servizi di orientamento, spazi e occasioni di sviluppo creativo
e di sostegno alla capacità imprenditoriale.
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INDICE
INTRODUZIONE .......................................................................................................................7
LO SCENARIO...........................................................................................................................9
1. CREATIVITÀ E CONTESTO: UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE ........................................................... 9 1.1 Il settore creativo................................................................................................................................... 9
1.2 La rivoluzione creativa ........................................................................................................................ 11
1.3 Professioni creative “tradizionali” ......................................................................................................12
1.4 I creativi come catalizzatori di sviluppo.............................................................................................16
1.5 Come attirare e generare la creatività .............................................................................................. 18
1.6 Quartieri creativi e gentrificazione.....................................................................................................19
2. CREATIVITÀ NEL TERRITORIO: L’ITALIA E MILANO......................................................................... 22
2.1 Il sistema creativo italiano ................................................................................................................. 22 2.2 Roma più creativa di Milano?............................................................................................................ 25
2.3 Il sistema creativo milanese ............................................................................................................... 29
3. OSSERVAZIONI................................................................................. ........................................................ 33
TENDENZE IN ATTO...............................................................................................................34
5.1 Iperspecializzazione e multicompetenza ........................................................................................... 34
5.2 Creativi imprenditori e creativi “artigiani” ...................................................................................... 38
INTERVISTE QUALITATIVE SEMISTRUTTURATE ................................................................43
6.1 Aldo Colonetti (Direttore scientifico IED) ......................................................................................... 43 6.2 Alessandro Guerriero (Presidente e direttore artistico di NABA)................................................... 45
6.3 Franco Origoni (Studio Origoni e Steiner)........................................................................................ 47
6.4 Gianluigi Colin (Art Director Corriere della Sera) ........................................................................... 49
6.5 Giorgio Papetti (Jinglebell Communication) .................................................................................... 50
6.6 Isa Medola e Pietro Riolo (PRM Design)........................................................................................... 52
6.7 Jacopo Perfetti (Art Kitchen).............................................................................................................. 55
6.8 Liliana Forina (Fondatrice Cross Creative) ...................................................................................... 59
6.9 Lodovico Gualzetti (Magut Design) ................................................................................................... 63 6.10 Maria Grazia Mattei (Fondatrice MGM Digital Communication) ............................................... 66
6.11 Milka Pogliani (Direttore Creativo Esecutivo McCann) ................................................................ 68
6.12 Paola Arosio (Camera Nazionale della Moda Italiana)................................................................. 72
6.13 Stefania Casacci (Dissociate)............................................................................................................ 75
6.14 2Roads s.r.l..........................................................................................................................................77
APPENDICE: SCHEDE SINTETICHE DI NUOVE PROFESSIONALITÀ....................................81
BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................................99
RINGRAZIAMENTI............................................................................................................... 101
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INTRODUZIONE
Il presente studio rappresenta il tentativo di ricostruire alcune delle principali dinamiche,
tendenze e criticità che stanno interessando maggiormente, in questo momento, loscenario del mercato del lavoro e della formazione nei settori creativi tipici dell’area
metropolitana milanese.
L’obiettivo è quello di dare, seppure tra le molte differenze che possono sussistere tra le
diverse professioni della creatività milanese, un quadro d’insieme dei cambiamenti in atto
e delle tendenze che accomunano questi settori, cercando inoltre di definire, quando
possibile, alcune ipotetiche figure professionali emergenti (o eventualmente emerse di
recente ma non ancora del tutto codificate o recepite dagli enti di formazione).
Per fare questo, ad un inquadramento generale sulla tematica “creatività” declinata a
livello globale, nazionale e locale, e realizzata attraverso l’analisi di ricerche e saggi
recentemente pubblicati, si è proceduto alla realizzazione di alcune interviste qualitative
semistrutturate a professionisti, esperti ed accademici del settore.
Nonostante alcuni riferimenti e considerazioni derivino dall’analisi di dati numerici e
statistici, i risultati ottenuti e le conclusioni individuate vogliono avere una connotazione
prettamente qualitativa.
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LO SCENARIO
“ …dobbiamo prendere atto di un dato fondamentale: ogni
essere umano è creativo. Non possiamo più sperare di cavarcela sfruttando l’energia creativa del 30-40 per centodella nostra forza lavoro, senza intaccare il restante 70. Al contrario, dobbiamo cercare di costruire una vera e propriasocietà creativa, istituendo meccanismi e politiche chesciolgano le profonde tensioni generate dall’economia creativa.
L’evoluzione da una semplice produzione economica creativa auna struttura sociale creativa è l’unica strada percorribile.”
Richard Florida
1. CREATIVITÀ e CONTESTO: UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE
1.1 Il settore creativo
Nell’ultimo decennio il concetto di creatività è stato continuamente riproposto come un
elemento centrale del dibattito culturale, socio-economico, giuridico e politico; esso
esercita infatti ormai un’influenza così forte e globale da essere considerato
imprescindibile nello studio dello sviluppo della società. Una conferma di questa tendenza
è data, ad esempio, dalla dichiarazione da parte dell’Unione Europea del “2009” come
Anno della creatività e innovazione o dalla longevità del dibattito internazionale, ancora
attuale, che è sorto attorno alle tesi sulla classe creativa espresse dall’economista
americano Richard Florida.E’ un dato incontestabile che la percezione sociale del settore creativo in tutto il mondo sia
quella di un settore in continua e forte crescita specie negli ultimi dieci anni; una
percezione che trova riscontro anche nei numeri.
I dati più aggiornati sulla situazione italiana sono forniti dal Libro bianco sulla creatività
di Walter Santagata, ordinario di Economia della Cultura presso l’Università di Torino.
Santagata fissa la percentuale dei professionisti creativi attorno al 5,72 del totale
e la relativa produzione ad un valore del 4,46 % del PIL.
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In realtà la stessa definizione di creatività e di professioni creative è fonte di un dibattito in
atto, infatti, mentre la ricerca di Santagata si riferisce al settore creativo tradizionale
(design & moda, ICT, arte, musica, cinema, patrimonio culturale e cucina), la ricerca
effettuata dagli economisti Richard Florida e Irene Tinagli, dell’Università di Harvard,
sullo scenario Italiano, considera professioni creative tutte quelle che implicano dei
processi mentali ed intellettuali non ripetitivi e più precisamente che si riferiscono alle due
categorie: riflessione pratica e comunicazione complessa elaborate da Frank Levy
e Richard Murnane nel libro New Division of Labor: How computers are creating the new
job market.
La prima include le professioni che richiedono esperienza di problem solving mentre la
seconda tratta i lavori che prevedono una interazione “faccia a faccia” .
E’ chiaro che, in un’ottica di questo tipo, il settore creativo risulta essere notevolmente più
ampio, arrivando ad occupare almeno il 21 % della forza lavoro italiana (dati ISTAT
2001).
Superando queste differenze d’impostazione ciò che è veramente utile evidenziare è la
crescita dei numeri di questo settore: i dati citati da Tinagli associano al 1991 solo il 9 % di
addetti all’area creativa sul totale (12 punti percentuali in meno rispetto al 2001), ed
evidenziando rispetto allo stesso anno un brusco calo tra impiegati (-18%) ed operai
specializzati (-35%).Certamente i dati presentati in questa ricerca non sono molto recenti, ma evidenziano
comunque un trend così forte da rendere attuali le conclusioni elaborate dai ricercatori.
Per un’ulteriore conferma dovremo aspettare i relativi dati ISTAT che saranno pubblicati a
fine anno.
Tutto ciò evidenzia che, anche se più lentamente rispetto agli altri paesi industrializzati, la
creatività si sta dimostrando un nuovo motore economico, anche per l’Italia.
A prescindere dalle definizioni plausibili di “settore creativo” e alle differenti chiaviinterpretative utilizzate e possibile perciò arrivare ad una conclusione: il fattore creativo
sta diventando trasversale a tutti i settori lavorativi .
Oggigiorno la parola d’ordine per superare la crisi economica in Europa è diventata
innovazione; ma il concetto stesso di innovazione è legato a quello di creatività. Se
guardiamo alla storia dell’uomo risulta evidente come ogni innovazione, sia tecnologica
che sociale, sia stata il frutto di un particolare tipo di “ingegno umano” riconducibile alla
capacità dell’uomo di generare nuove idee in scenari che sembrano invece immutabili.
Nell’ultimo decennio, dato l’aumento sia del numero sia della rilevanza delle professioni
chiaramente legate ad un sapere intellettuale prima che manuale, questa capacità ha
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assunto un importanza ancor più fondamentale. Si può perciò propriamente dire che sia in
atto una vera e propria “rivoluzione creativa” .
1.2 La rivoluzione creativa
Al pari delle rivoluzioni industriali dell’Ottocento, anche la rivoluzione creativa, se
assecondata, potrà diventare catalizzatrice di progresso e mobilità sociale, ma potrà essere
anche generatrice di profondi problemi di adattamento per chi non saprà o non vorrà
trovare il proprio posto nel nuovo paradigma. Nuove professioni stanno nascendo, nuove
competenze sono richieste e nuovi strumenti vengono usati: nuove professioni
significano anzittutto nuove professionalità. Per questo motivo è necessario uno
sforzo anche da parte degli organi di formazione (istituti, università,…) affinché
trasmettano agli studenti un’attitudine ed un insieme di conoscenze e capacità che
permettano loro di inserirsi efficacemente nel nuovo panorama socio-economico.
Mentre numerosi sociologi e antropologi preferiscono parlare di rivoluzione tecnologica o
più recentemente di rivoluzione digitale, ponendo l’accento sull’evoluzione della tecnologia
piuttosto che sul cambiamento degli stili di vita, Don Tapscott e Antony Williams, autori di
Wikinomics, mediano queste due visioni e focalizzano il loro punto di vista sul
cambiamento che ha investito il Web: Internet negli ultimi 5 anni è stata “re-inventata”
divenendo la prima piattaforma globale di “collaborazione” nella storia. Se da una
parte questa evoluzione costituisce un mutamento del comportamento umano, dall’altro
rimane saldamente legata allo sviluppo delle tecnologie 2.0 e delle piattaforme web.
Si affronta qui un paradosso per cui l’introduzione delle nuove tecnologie genera i
cambiamenti degli stili di vita che, d’altro canto, sono la premessa irrinunciabile alla
creazione e allo sviluppo di nuove idee tecnologiche.
Legittimata così la dualità di approccio alla questione, è possibile entrare più nello
specifico: la tecnologia considerata motore dei cambiamenti sociali degli ultimi dieci anni è
quindi la Rete. Le possibilità di scambio d’informazioni che il Web da ai suoi utenti ha
favorito inoltre la nascita di un movimento definito Open Source che sostiene, tra le altre
cose, l’importanza dei processi collaborativi e l’efficacia della condivisione
dell’informazione. La diffusione di questi valori, dapprima all’interno delle grandi aziende
(IBM, HP,..) e successivamente tra il grande pubblico, è stato ad esempio alla base della
nascita delle piattaforme 2.0 e dei social network stessi.
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Quest’ultimo step tecnologico ha accelerato ulteriormente lo spostamento verso una logica
collaborativa di tipo globale ed ha dato la possibilità ad idee, informazioni e, più in
generale, al “sapere” di circolare in modo facile, libero e veloce.
Sulla rete è possibile infatti reperire una grandissima mole di informazione e conoscenza,
si possono ricevere consigli, feedback e contributi su di una propria idea o addirittura
incontrare collaboratori per realizzarla e, come scrive ancora Don Tapscott, “una buona
idea messa su internet può godere di diverse vite a seconda di chi la interpreti”.
Da quando, nel 2005 il termine ‘User generated content ’ è entrato nella piattaforma Web
2.0, e, a seconda del tipo di contenuto, declinato in Youtube (video), Flickr (foto), Delicious
(segnalibri), Soundcloud (musica),… ha dato la possibilità a milioni di utenti di esprimere
la propria creatività e di condividerla con il mondo.
Il Web 2.0 è in sostanza un amplificatore degli intelletti umani come massa critica
generatrice di contenuti e idee che ha dato libero sfogo all’energia creativa accumulata
nella società.
1.3 Professioni creative “tradizionali”
Accertato che la creatività sta contaminando tutte le tipologie di lavoro intellettuale e che,
in generale, coinvolge sempre più persone a livello globale, è possibile prendere in
considerazione il settore creativo nella sua accezione più stretta.
Basandoci sulla letteratura internazionale che ha trattato questo argomento, possiamo
arrivare a definire i tradizionali campi professionali ‘creativi’:
- moda
- arte
- design
- fotografia
- comunicazione
- eventi
- editoria
- industria audiovisiva
- software e ICT
- architettura
Questo macro settore è grossomodo lo stesso a cui ha fatto riferimento Santagata durantela stesura del Libro bianco sulla creatività e Aldo Bonomi nella ricerca " Le tribù creative
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nella città infinita”. Inoltre queste categorie vengono proposte, a volte con delle varianti,
sui principali portali web dedicati alle offerte di lavoro creativo ed alla raccolta di portfolio
digitali, tra i quali www.lavoricreativi.it e www.coroflot.com.
Lavori creativi offre questo tipo di categorie in funzione delle offerte di lavoro:
- art director
- account manager
- account director
- copywriter
- direzione creativa
- eventi- fashion design
- flash developer
- fotografi
- giornalisti
- grafico
- illustratori
- industrial design- interior design
- media planning
- packaging
- produzione video e audio
- produzione e prestampa
- project management
- public relations
- spettacolo
- stage
- strategic planning
- sviluppatori html/asp/php
- web designer
- web editor
- web marketing
- 3d
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Non è chiaro il criterio con il quale sia stato individuato questo cluster di professioni
creative: a ben vedere anche un ricercatore biochimico o un falegname, per esempio,
necessitano di tutte quelle capacità che rientrano nell’intorno del concetto di creatività per
svolgimento della propria professione. Perchè non includerli in una lista delle professioni
creative? E’ possibile fare un distinguo? Esistono differenti “creatività”?
Una distinzione possibile può essere fatta tra creatività puntuale e creatività
trasversale.
Quella che può essere definita creatività puntuale, e che è principalmente finalizzata a
migliorare ed a rendere più efficiente un contesto o un artefatto già esistente e che
solitamente porta ad un’ innovazione di tipo incrementale, è basata su processi,
tecniche e strumenti ben definiti, in molti casi appartenenti esclusivamente al campo
specifico nel quale si sta operando.
Ad esempio un qualsiasi ricercatore scientifico segue delle metodologie di ricerca ben
strutturate e di provata efficacia che gli permettono di far progredire in modo continuo la
ricerca. Allo stesso modo un ingegnere che sviluppa un nuovo brevetto, lo fa applicando
esigenze di strutturazione valide e durature. Per progredire in una ricerca è necessaria
tuttavia una o più ipotesi nuove, cioè una intuizione che ha in sé un dato creativo. Questaipotesi frequentemente genera una produzione di pensiero divergente e quindi creativo, in
quanto conduce a soluzioni nuove e originali che portano il ricercatore a rinunciare a
soluzioni convalidate. La differenza, nella creatività scientifica sta nella necessità che a
questo processo creativo segua una sperimentazione ossia il dato creativo, nato
dall’intuizione venga poi ricondotto a una batteria di test e di prove e quindi ricondotto ad
un ordine strutturato. E’ questa diversa procedura che tende sovente a far ‘dimenticare’ la
grande carica creativa che risiede nella ricerca scientifica.
La creatività trasversale, invece, è finalizzata a creare nuovi contesti, può portare ad un’
innovazione radicale ed è basata su un processo di contaminazione ed
interdisciplinarietà che non richiede necessariamente una conoscenza approfondita del
campo di applicazione.
In effetti le cosiddette professioni creative (quelle dei settori prima citati), sono tutte
maggiormente soggette a questo tipo di creatività per via della loro predisposizione
all’apertura culturale e per la mancanza di regole e processi scientifici a cui attenersi. Il
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fatto stesso di lavorare spesso principalmente sul livello estetico-comunicativo rende i
processi di creazione estremamente vari, precari e mutevoli nel tempo.
Nel Libro bianco sulla creatività Santagata propone cinque possibili modelli d’approccio
all’industria culturale creativa, messi a confronto con quello da lui proposto.
I cinque modelli sono:
- il modello dell’industria culturale che emerge dall’analisi delle attività
economiche legate alla produzione di cultura;
- il modello delle industrie creative in cui, dalla definizione di industrie creative si
cerca di individuare i settori in cui la creatività individuale, l’abilità, il talento sono
l’imput in un processo produttivo;
- il modello delle industrie del Copyright che si struttura in base al grado di
importanza che hanno i diritti di proprietà nel valore totale del bene;
- il modello KEA per la Commissione Europea che definisce e analizza il contributo
economico del settore definito “economia della cultura”. E’ un modello a cerchi
concentrici che parte da un ‘core’ che rappresenta le attività più strettamente
artistiche per arrivare via via a tutte le industrie culturali, creative e connesse;
- modello UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development)
sviluppatosi in occasione della stesura del Report 2008 sull‘ Economia Creativa è basato sulla necessità di misurare lo scambio internazionale di prodotti creativi e
culturali anziché sull’esigenza di misurare i settori di attività economica e
industriale.
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Classificazione dei settori in base ai differenti modelli di industrie culturali e creative ( Libro Bianco sulla creatività)
1.4 I creativi come catalizzatori di sviluppo
Diversi studi socio-urbanistici (Richard Florida, Jane Jacobs, Ann Markusen) hanno
individuato nelle comunità creative, intese anche per estensione come luogo, quartiere,
area ad elevata presenza di professionisti della creatività, un motore fondamentale dello
sviluppo urbano.
Innanzitutto i creativi, in realtà i più bohemien di loro, attuano spesso un processo di
riqualificazione delle aree degradate della città, un processo indipendente ed auto
organizzato come quello avvenuto nell’ex area industriale di New York negli anni ’80.Questi soggetti, molto spesso più artisti e sperimentatori che professionisti imprenditori, si
trasferiscono nelle ex aree industriali o più in generale nei quartieri meno serviti, per via
della loro economicità e dei grandi spazi che di solito offrono. Qui, sfruttando la libertà che
queste location danno, creano delle reti collaborative e generano cultura, modificando allo
stesso tempo l’ambiente fisico che li circonda, rendendolo più vivibile e più prezioso.
Non è un caso che col tempo queste zone raggiungano un costo della vita pari a quello dei
quartieri più lussuosi della città, subendo un rialzo degli affitti e mettendo così fine a quelprocesso di generazione culturale che li caratterizzava.
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Oltre allo sviluppo urbano, le comunità creative contribuiscono anche ad uno sviluppo di
tipo sociale ed economico. Infatti questi quartieri ‘riqualificati’, per la loro dinamicità e
flessibilità, si prestano ottimamente all’integrazione ed alla coesistenza di differenti culture
e stili di vita. Spesso fungono da centro d’attrazione per tutti quelli che non si conformano
in modo completo alla società e che non si sentono accettati dalla città nel suo complesso,
arricchendosi così di una cultura e di una pluralità di voci introvabili nel resto della città e
circondandosi di un’aura di tolleranza unica nel suo genere.
Dal punto di vista economico svolgono invece una fuzione fondamentale quelli che
vengono definiti professionisti della creatività: designer, artigiani, grafici, stilisti,… infatti,
per loro natura, tendono a creare nuove imprese, nuove opportunità di business e/o
intraprendere collaborazioni e consulenze come esterni piuttosto che concentrarsi sulla
ricerca al lavoro dipendente come accade per molti altri settori.
La predisposizione all’imprenditorialità di questi soggetti è dovuta principalmente alle
caratteristiche stesse della professione creativa: intraprendenza, dinamismo,
sperimentazione ed innovazione, ma anche dall’estensione e dalla trasversalità dei settori
interessati alle prestazioni ed ai servizi da loro offerti.
E’ evidente perciò come il numero di nuove imprese create ogni anno possa essere un
ottimo indice dello stato di salute anche dell’economia legata alla creatività di una certaarea. L’Ente Nazionale Canadese di Statistica ( Statistics Canada) ha dimostrato che il
livello culturale di un’area influenza direttamente la sua crescita economica e più
precisamente ad un 1 punto percentuale di crescita nel livello culturale, rispetto alla media
nazionale, corrispondono un 2.5 % di produttività in più ed un 1.5 % di PIL pro capite in
più. E’ quindi facile comprendere l’importanza economica che la produzione culturale e
dei creativi ha per un intero sistema urbano.
Altrettanto interessante è la teoria di Florida su come la classe creativa potrebbe risolvere ilproblema dell’offshoring, un particolare caso di outsourcing in cui un’azienda sposta i
processi produttivi della propria attività in un altro paese, generalmente con manodopera a
basso costo e/o legislazioni più permissive. Una tendenza, iniziata negli anni ’90, che sta
creando disoccupazione e tensione sociale in tutti i paesi industrializzati e non è facile
prevedere un’inversione di tendenza. Secondo il modello di Florida, una forte classe
creativa, agevolata da politiche di governo e locali ed arricchita da un immigrazione di
“cervelli” dall’estero, è in grado di attivare quel circolo virtuoso per cui la generazione di
cultura crea nuove aziende innovative (e quindi nuovi posti di lavoro) ed allo stesso tempo
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aumenta il grado di diversità interno alla società; questa eterogeneità sociale attirerà altri
professionisti che rafforzeranno la classe creativa e il sistema tutto di conseguenza.
1.5 Come attirare e generare la creatività
Risulta quindi fondamentale per una regione urbana che voglia rivitalizzare la propria
economia e migliorare la propria vivibilità, saper attirare e mantenere sul territorio i
soggetti più creativi.
Al riguardo Florida e Tinagli hanno svolto approfondite ricerche giungendo a determinare
le tre fattori o caratteristiche fondamentali dei quartieri creativi che costituiscono i
presupposti per la generazione della creatività. I tre fattori individuati sono Tecnologia,
Talento e Tolleranza (Teoria delle tre T ).
Per spiegare le ragioni che stanno dietro a questa teoria, si può partire da constatazioni di
livello generale.
Innanzitutto statisticamente è stata provata una diretta correlazione tra alta densità
di popolazione e livello d’innovazione tecnologica intesa come numero di brevetti
registrati. Questo significa che i luoghi naturalmente predisposti all’innovazione sono le
grandi città.Risulta chiaro che ad un’elevata densità abitativa corrisponde un’altrettanto
elevata densità di relazioni e di scambi (di qualsiasi tipologia essi siano): le idee e le
conoscenze circolano facilmente e si evolvono in modo molto rapido, vengono rielaborate
creando innovazione.In pratica una comunità è facilmente creativa e produttrice di cultura
quando riesce a raggiungere delle dimensioni critiche per cui si crea al suo interno una
sorta di dialettica, un dialogo stimolante, costruttivo e dinamico.
In secondo luogo si deve tener conto che la creatività prospera nella diversità ed una nuova
cultura è spesso generata dall’incontro di differenti etnie e stili di vita. Come riportato nel
libro The flight of the creative class anche l’editorialista di Business Week Chris Farrel
individua un circolo virtuoso dove la diversità favorisce la creatività e la creatività
incoraggia la diversità e conclude dicendo che entrambi questi elementi “fanno bene al
conto economico”.
Infine si deve guardare al talento, non come ad una risorsa (nel senso economico del
termine) ma come a un flusso. Il talento è veicolato dalle persone che lo posseggono e
che sono sempre meno legate al territorio in cui nascono: gli abitanti del pianeta si
muovono da una città e da un paese all’altro con crescente facilità e rapidità; non ha sensopensare al talento come ad un giacimento di carbone o di silicio. I paesi occidentali (specie
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quelli europei) ad esempio dovranno pur continuare ad acquistare petrolio e materie prime
all’estero ma, se sapranno creare un ambiente stimolante ed accogliente, potranno godere
di un naturale flusso di talento proveniente dai più remoti angoli del globo: gli individui (e
i professionisti della creatività) non sono merci e non seguono necessariamente il solo
flusso monetario. Il talento infatti non è soggetto alle regole del mercato, non lo si può
semplicemente comprare, lo si deve attrarre, secondo Florida, investendo sulle ‘tre T’: si
deve partire da una massa critica di talento autoctono (sviluppo di università e centri di
ricerca), agevolare l’accesso alla tecnologia (facilitare il technology transfer , predisporre
fondi per le start-up) e creare un ambiente eterogeneo e tollerante (internazionalizzazione
e politiche per l’integrazione).
Nel caso degli Stati Uniti possiamo intravedere un esempio concreto dell’applicazione di
questa teoria: il fattore Talento è efficacemente supportato dai campus universitari che
dispongono dei migliori professori al mondo, il fattore Tecnologia è riscontrabile nella
dimensione dei fondi stanziati per la ricerca (di qualsiasi natura essa sia, pubblica o
privata), mentre il fattore Tolleranza è ben rappresentato dal movimento degli anni ’60,
generatore di una cultura di libertà che ancora oggi influenza gran parte della società (Bay
Area, New York City, etc.).
Il risultato finale è la fuga di cervelli, proprio verso gli Stati Uniti (ma ormai non solo), che
caratterizza una buona parte dei paesi democratici da settant’anni a questa parte. La novitàdell’ultimo decennio è che nuovi centri di attrazione della creatività stanno sorgendo: paesi
come la Nuova Zelanda, l’Australia, l’Irlanda e l’Olanda, con una popolazione giovane, una
cultura tollerante e fondi a disposizione della ricerca, sembrano avere le carte in regola per
rubare parte del flusso di talento destinato agli Stati Uniti. In pratica la competizione
globale per il talento è appena iniziata.
1.6 Quartieri creativi e gentrificazione
Si è accennato al forte legame tra livello di creatività di una comunità e performance
economia sostenendo come il supporto allo sviluppo del primo generi un aumento della
seconda, ma è altrettanto importante capire che questa correlazione non è sempre esistita
(non in questi termini almeno) e che, sebbene possa essere una leva per favorire lo
sviluppo, ponga determinati problemi di sostenibilità.
Esemplare in questo senso è la tesi dell’ economista americano Jeremy Rifkin nel libro L’era dell’accesso, pubblicato nel 2001 ma contenente concetti più che mai attuali.
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Nel libro Rifkin parla di tre differenti sfere che agiscono nella società: la sfera economica,
la sfera politica e la sfera culturale. Mentre nel passato i tre soggetti erano in sostanziale
equilibrio, con l’avvento del capitalismo cognitivo e dell’industria dell’intrattenimento, la
sfera economica ha iniziato ad erodere ed inglobare la sfera culturale, mercificandola.
Possiamo trovare diversi esempi di questo processo forzato: nell’ambito musicale colpisce
il caso della Salsa Rumba, nata a Cuba come espressione di protesta contro lo schiavismo e
l’emarginazione, trasformata poi in innocua musica da diffondere nei discopub di tutto il
mondo. Nell’ambito artistico non si possono non considerare i murales, che nati anch’essi
come forma di protesta ed espressione dei giovani emarginati delle metropoli americane,
vengono venduti decontestualizzati nelle galleria d’arte. Questa invasione di campo da
parte della sfera economica sta creando un cortocircuito nella sfera culturale per cui
quest’ultima non ha più il tempo fisiologico di “rigenerarsi” ed è costretta a indirizzarsi da
subito in un ottica di mercato. Mantendo questa tendenza, avverte Rifkin, una nazione,
una città, una comunità rischia di estinguere la propria capacità di generare produzione
intellettuale: è necessario ristabilire i confini tra sfera culturale e sfera economica.
Più recentemente Matteo Pasquinelli, ricercatore della Queen Mary University of London,
ha reinterpretato la questione attraverso una critica del concetto di capitalismo cognitivo e
dei sistemi di conservazione del vantaggio competitivo su cui esso si basa. Il capitalismo
cognitivo è l’evoluzione del capitalismo industriale: la centralità della produzione materialeè sostituita da quella di idee, informazioni e, più in generale, dalla conoscenza. Il vantaggio
competitivo si basa quindi sul possesso e la gestione di queste “risorse”: mentre in passato
il sistema era basato sul concetto di produzione-vendita, ora i player di mercato hanno
l’obiettivo di possedere (possibilmente in modo monopolistico) questi beni immateriali e di
darli in concessione. Questo concetto di rendita è sotto alcuni aspetti paragonabile al
feudalismo medioevale, dove i proprietari terrieri che possedevano tutti gli appezzamenti
coltivabili lasciavano la terra in concessione ai contadini che gli pagavano un affitto: è inquesto modo che i nobili vivevano senza lavorare. Pasquinelli parla infatti di feudalesimo
digitale per spiegare come le grandi piattaforme di internet, ciascuna con un sostanziale
monopolio nel proprio settore (Google come motore di ricerca, Facebook come social
network personale…) stiano facendo profitto attraverso l’esclusiva produzione di valore da
parte dei cosiddetti utenti prosumer (nel senso di producer-consumer ) e dei sostenitori
della Free Culture.
Trasferendo il concetto dall’ambito digitale a quello della città, è possibile applicare tale
tesi alle dinamiche dei quartieri creativi, dove una grande produzione culturale
proveniente dal basso viene spesso sfruttata dal mercato sia a livello locale per far
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accrescere il valore degli immobili e quindi degli affitti, sia a livello globale mercificando
vendendo la cultura stessa. E’ chiaro che in questo processo, a trarne i benefici non è chi ha
effettivamente prodotto valore (la comunità) ma chi l’ha sfruttato secondo il modello della
rendita (corporation, agenzie immobiliari, fondi, etc.) creando un’importante asimmetria,
come la chiama Pasquinelli, oltre che tensione sociale.
Questo fenomeno di rendita culturale è direttamente connesso anche al processo definito
di gentrificazione che avviene in molte città industriali o ex-industriali, per cui un
particolare quartiere popolato da artisti e bohemien (appartenenti quindi alla classe
creativa), responsabili di una produzione culturale diffusa e della riqualificazione “dal
basso” dello stesso, è soggetto ad un nuovo piano di urbanizzazione e/o ri-edificazione
guidato da interessi economici, spesso speculativi: questo processo tende infatti a far
affluire nuovi abitanti ad alto reddito e ad “espellere” i vecchi abitanti a basso reddito, non
potendo più permettersi di risiedervi.
Rebecca Solnit, scrittrice e saggista americana, scrive: “una rovina urbana è un posto che è
caduto al di fuori della vita economica della città, e in qualche modo è una casa ideale per
l’arte, che si dà al di fuori della produzione ordinaria e dal consumo della città.” Con la
gentrificazione la città si riappropria di questi spazi imponendo nuovamente le sue
dinamiche economiche ma allo stesso tempo modificandoli così radicalmente da
comprometterne la spontanea produzione culturale iniziale.Un esempio interessante fornito da Pasquinelli è il progetto Media Spree di Berlino.
Questo progetto intende trasformare l’area sulle rive del fiume Spree, dove attualmente si
svolge l’intera scena musicale underground della città, in un polo per le industrie dei media
(quello che Florida chiamerebbe quartiere creativo). Per promuovere quest’area però, le
riviste delle compagnie d’investimento usano le immagini degli stessi club che intendono
sgomberare, in altre parole sfruttano il valore creato da questi piccoli centri di produzione
creativa ben sapendo però che il successo della loro operazione interromperà questo stessoprocesso di generazione di cultura.
In conclusione è essenziale capire che i centri creativi non sono totalmente pianificabili e
che i più efficaci sono proprio quelli nati spontaneamente e cha hanno a disposizione una
forte dose di libertà. I processi calati dall’alto come i piani di urbanizzazione, devono
tenere sempre conto dei pericoli legati alla gentrificazione ed all’eccessiva
commercializzazione e programmazione di un quartiere creativo: la creazione di cultura
deve poter essere non completamente legata alle dinamiche economiche.
Detto ciò rimane di vitale importanza, per la città e per la sua economia, riuscire a favorire
ed incentivare la nascita e lo sviluppo di questi centri.
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2. CREATIVITÀ NEL TERRITORIO: L’ITALIA e MILANO
2.1 Il sistema creativo italiano
Un buon tentativo di mappatura della situazione creativa italiana è stato fatto da IreneTinagli con la ricerca “ L’Italia nell’era creativa” del 2005.
La metodologia della ricerca si basa su un tentativo di sviluppare ulteriormente la Teoria
delle tre T di Florida, di cui la ricercatrice è stata collaboratrice. Infatti per misurare il
grado di sviluppo di ciascuna delle tre T , vengono presi in considerazione alcuni differenti
parametri e sotto-parametri, statisticamente misurabili, per un totale di 15 differenti indici
di valutazione.
Per determinare il livello di tolleranza vengono ad esempio presi in considerazione ilnumero di immigrati sul totale della popolazione residente e successivamente il numero di
questi che ha frequentato scuole italiane, che ha contratto una matrimonio misto, …
Lo studio è stato effettuato su tutti i capoluoghi di provincia ed ha prodotto una sorta di
graduatoria delle città italiane rappresentata nella seguente heat map.
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La ricerca ha evidenziato ancora una volta come i grandi centri urbani abbiano una marcia
in più nel generare creatività rispetto ai più piccoli capoluoghi di provincia: Roma, Milano,
Bologna, Genova, Firenze e Torino, che sono le città più popolose d’Italia, occupano i primi
posti in classifica, solo Trieste risulta essere un po’ una sorpresa in questo senso, ma la sua
alta concentrazione di centri di ricerca e la spiccata propensione tecnologica giustificano il
quarto posto in classifica.
Altri centri abitativi di piccole dimensioni riescono a posizionarsi bene nella classifica, ma
denotano sempre un disequilibrio nello sviluppo delle tre T per cui città dall’altro profilo
tecnologico soffrono di un ambiente chiuso e con scarsa integrazione oppure, come avviene
spesso nel sud Italia, città dotate di buoni centri di ricerca scontano un arretratezza
tecnologica generale ed una scarsa connettività.
Comparando la situazione italiana con altre realtà europee analizzate secondo lo stesso
modello, si nota che il passaggio all’economia creativa, sebbene stia avvenendo in tutto il
Paese, è caratterizzato da un ritardo e da una minore incisività nella società stessa e si
constata una sostanziale arretratezza per quanto riguarda l’internazionalizzazione ed il
multiculturalismo sia dei centri abitati, sia nello specifico dei centri di ricerca e degli
atenei. L'Italia è inoltre uno dei Paesi europei che più esporta laureati: quattro
volte più che la Germania, la Francia o il Regno Unito. Allo stesso tempo, però, è tra quelli
che meno importano giovani delle stesse caratteristiche. Secondo le stime dell'OCSE, soloun immigrato su dieci in Italia ha un'educazione terziaria: meno della metà degli
immigrati in Spagna, un terzo di quelli che si dirigono verso l'Inghilterra, una percentuale
inferiore anche a quella di chi migra in Grecia.
Il documento più importante sulla situazione del settore creativo italiano rimane però
probabilmente il già citato Libro bianco sulla creatività curato da Walter Santagata,
pubblicato a fine 2009: viene qui fornita una fotografia dettagliata, comprensiva di dati
statistici, che descrive gli attori e le dinamiche di ciascun sottosettore creativo a livellonazionale delineando poi delle proposte d’intervento da parte del governo.
Anche in questo caso vengono confermate linee direttive già proposte in altri Stati: un
maggior coordinamento tra le strutture, un aumento delle componenti internazionali
soprattutto nell’ambito della formazione, il facilitare il ricambio generazionale,
l’incentivare ed agevolare la produzione culturale.
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2.2 Roma più creativa di Milano?
Analizzando la ricerca di Tinagli risulta da subito evidente un dato difficilmente
aspettabile: nella classifica delle città creative Milano è posizionata al secondo posto dietro
Roma che risulta quindi essere la città più creativa secondo i criteri dell’autrice e diFlorida.
Questa conclusione sembra essere in contrasto con il senso comune per cui il capoluogo
Lombardo e tutta l’area ad esso connessa sarebbero il centro nevralgico di settori creativi
quali moda, design e comunicazione.
Una possibile risposta a questa contraddizione viene dalla definizione stessa di settore
creativo che, come già detto, nella teoria di Florida comprende tutti i professionisti in
possesso di laurea o diploma universitario. Questo cambio d’impostazione porta ad una
sopravalutazione del capitale creativo inteso in senso stretto che una città possiede.
Cercando di ridefinire in maniera più precisa il reale rapporto tra il capitale creativo delle
due città, abbiamo eseguito una rapida ricerca all’interno dei database di 2 differenti siti
web specializzati nel mercato del lavoro creativo. Il primo è lavoricreativi.it , il portale
italiano più importante del settore, con diverse migliaia di iscritti, il secondo è invece
coroflot.com, il riferimento online numero uno quando per la condivisione ondine del
proprio portaolio creativo.
La decisione di eseguire questa comparazione su dati reperiti via web ha una sua validità
per due motivi:
- la maggior parte del match domanda-offerta del mercato del lavoro intellettuale
avviene online;
- considerando che il settore creativo è particolarmente pervaso dalle dinamiche e dai
linguaggi del web è chiaro che chi non è in rete è praticamente tagliato fuori dal
mercato.
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I risultati delle ricerche per profili registrati sul sito lavoricreativi.it:
PROFILI UTENTI ISCRITTI TOTALE MILANO ROMA ART DIRECTOR 2201 740
33,6% 410
18,6%
ACCOUNT MANAGER 391 135 34,5% 79 20,2% ACCOUNT DIRECTOR 69 25 36,2% 18 26,1% COPYWRITER 1441 401 27,8% 252 17,5% DIREZIONE CREATIVA 908 275 30,3% 171 18,8% EVENTI 2127 659 31,0% 466 21,9% FASHION DESIGN 607 188 31,0% 89 14,7% FLASH DEVELOPER 332 84 25,3% 53 16,0% FOTOGRAFI 1884 513 27,2% 317 16,8% GIORNALISTI 2387 574 24,0% 582 24,4% GRAFICO 3645 1070 29,4% 641 17,6% ILLUSTRATORI 1812 468 25,8% 309 17,1% INDUSTRIAL DESIGN 662 206 31,1% 100 15,1% INTERIOR DESIGN 641 190 29,6% 110 17,2% MEDIA PLANNING 263 72 27,4% 81 30,8% PACKAGING 600 207 34,5% 67 11,2% PRODUZIONE VIDEO E AUDIO 2157 673 31,2% 520 24,1% PRODUZIONE E PRESTAMPA 717 224 31,2% 145 20,2% PROJECT MANAGEMENT 428 168 39,3% 79 18,5% PUBLIC RELATIONS 954 300 31,4% 192 20,1% SPETTACOLO 1379 416 30,2% 365 26,5% STRATEGIC PLANNING 135 53 39,3% 22 16,3% SVILUPPATORI HTML/ASP/PHP 477 101 21,2% 78 16,4%
WEB DESIGNER 2137 505 23,6% 422 19,7% WEB EDITOR 526 161 30,6% 118 22,4% WEB MARKETING 505 151 29,9% 103 20,4% 3D 803 223 27,8% 177 22,0%
ALTRO 1493 455 30,5% 302 20,2% STAGE 860 270 31,4% 192 22,3% TOTALE
32541
9507
29,2%
6460
19,9%
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E su coroflot.com:
PROFILI UTENTI ISCRITTI ITALIA MILANO ROMA Architettura 142 40 13 design management 203 104 12 exhibition design 107 61 12 fashion apparel 199 69 20 industrial design 668 312 41 interior design 320 121 28 point of purchase 14 8 1 3-d modeling 324 136 19 art direction 313 130 29 environmental graphics 73 29 3 Illustration 380 131 39 interaction design 183 80 16 Packaging 92 45 9 Print 265 102 26 motion graphics 95 32 13
Dai dati si evince un superiorità della città di Milano per quanto riguarda i campi del
fashion, del project management e del disegno industriale. L’unico profilo professionale
maggiormente diffuso a Roma rispetto alla città lombarda, è quello del giornalista.
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Cerchiamo ora di definire il rapporto tra il mercato del lavoro delle due città basandoci
sulle offerte d’impiego pubblicate dalle aziende e dalle agenzie nell’ultimo anno sul sito
lavoricreativi.it :
ANNUNCI AGENZIE TOTALE MILANO ROMA ART DIRECTOR junior 62 34 5 ART DIRECTOR senior 46 15 7 ACCOUNT MANAGER 251 70 52 ACCOUNT DIRECTOR 50 6 12 COPYWRITER junior 29 4 4 COPYWRITER senior 26 9 12 DIREZIONE CREATIVA 5 2 2 EVENTI 64 17 17 FASHION DESIGN 25 7 6 FLASH DEVELOPER 73 29 12 FOTOGRAFI 144 41 20 GIORNALISTI 128 24 41 GRAFICO 298 91 49 ILLUSTRATORI 22 3 5 INDUSTRIAL DESIGN 16 8 1 INTERIOR DESIGN 18 6 1 MEDIA PLANNING 5 1 3 PACKAGING 12 9 0 PRODUZIONE VIDEO E AUDIO 219 75 64 PRODUZIONE E PRESTAMPA 20 9 6 PROJECT MANAGEMENT 25 16 1 PUBLIC RELATIONS 38 16 9 SPETTACOLO 154 52 56 STRATEGIC PLANNING 6 3 1 SVILUPPATORI HTML/ASP/PHP 284 107 71
WEB DESIGNER junior 157 78 18 WEB DESIGNER senior 129 48 21 WEB EDITOR 36 15 14 WEB MARKETING 91 29 20
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3D 54 32 6 ALTRO 263 96 81 STAGE 243 106 77 TOTALE 2993 1058 694
*dati raccolti ad aprile 2010
Anche in questo caso Milano si contraddistingue per una maggiore dinamicità ed ampiezza
dell’offerta lavorativa.
Il ruolo da protagonista di questa città è sottolineato anche da Santagata quando accenna
al metadistretto del design lombardo indicandolo come la realtà più importante a livello
nazionale con oltre 46.000 addetti ed un fatturato annuo di circa 250 milioni di euro.In conclusione, per quanto la fondatezza della metodologia usata da Tinagli sia stata
provata in precedenti studi a livello mondiale e per quanto sia utile in generale per
comprendere le direzioni di sviluppo che ogni città dovrebbe intraprendere per una
crescita equilibrata del suo comparto creativo, tale tipologia di ricerca potrebbe non essere
perfettamente applicabile alla realtà italiana.
2.3 Il sistema creativo milanese
Facendo riferimento al settore creativo tradizionale cerchiamo di definire l’importanza, in
termini di occupazione, che ogni sottocategoria ha per la città di Milano.
Le fonti utilizzate per determinare i valori medi sono:
- Una ricerca statistica ad hoc eseguita sul database del sito lavoricreativi.it, il portale
italiano più importante per quanti riguarda il mercato del lavori creativi.
Nella ricerca sono stati utilizzati due diversi tipi di filtri: il primo riguarda i profili
degli utenti iscritti al sito (era quindi prevista la risposta multipla) mentre il secondo
riguarda gli annunci lavorativi delle aziende nell’arco del 2009; l’ambito geografico
è Milano e provincia.
- La ricerca Tribù creative nella città infinita finanziata dalla camera di commercio e
curata dal consorzio A.A.STER, focalizzata sulla città di Milano e provincia e
pubblicata a fine 2009.
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La ricerca si basava su questionari online veicolati a due bacini sociali diversi anche
se sovrapponibili: il primo è quello delle community internet dei servizi culturali e
della comunicazione, il secondo è quello degli iscritti alla newsletter della Triennale.
Tabella 1 – profili registrati al sito per sottocategoria
lavori creativi.it profili registrati
unità %
Arte 884 12,4
comunicazione 1703 24,0
Design 1499 21,1
Editoria 798 11,2
eventi locali 659 9,3
Fotografia 513 7,2
Audiovisivo 673 9,5
Moda 188 2,6
Software 185 2,6
TOTALE 7102
Tabella 2 – annunci di lavoro pubblicati sul sito per sottocategoria
lavori creativi.it annunci
lavoro %
Arte 55 7,3
comunicazione 197 26,1
Design 194 25,7 Editoria 33 4,4
eventi locali 17 2,3
Fotografia 41 5,4
Audiovisivo 75 9,9
Moda 7 0,9
Software 136 18,0
TOTALE 755
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Tabella 3 – profili del primo bacino d’utenza per sottocategoria
Tribù creative nella città infinita
Internet %
Arte 7,4
Comunicazione 28,6
Design 24,8
Editoria 5,4
Eventi locali n.d
Fotografia 6,7
Audiovisivo 7,1
Moda 4,5
Software 3,8
Tabella 4 – profili del secondo bacino d’utenza per sottocategoria
Tribù creative nella città infinita
Triennale %
Arte 21,8
Comunicazione 25,5
Design 21,8
Editoria 16,4
Eventi locali n.d Fotografia 5,5
Audiovisivo 5,4
Moda 3,6
Software n.d.
Tabella 5 – valori medi
MEDIA %
Arte ~ 10comunicazione ~ 25
Design ~ 23
Editoria ~ 9
eventi locali ~ 10
Fotografia ~ 6
Audiovisivo ~ 8
Moda ~ 3
Software ~ 4
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Le modalità con le quali le ricerche hanno suddiviso la forza lavoro nei diversi settori
creativi non sono identiche e per questo motivo i dati differiscono tra loro.
Tuttavia si può notare che lo scarto tra i risultati delle quattro ricerche generalmente non
supera i 3 punti percentuali ed i casi di eccessiva discordanza sono motivati da situazioni
particolari.
Ad esempio sia il settore Arte che quello Editoria sono risultati estremamente favoriti nella
tabella 4, probabilmente perché la Triennale è molto attiva in questi due campi e tende ad
attrarre i professionisti.
Nel caso del settore “Software” invece, l’altissimo dato riscontrato nella tabella 2 è dovuto
al grande aumento della domanda da parte delle aziende di questo tipo di professionisti,
domanda che però il mercato del lavoro non sembra saper soddisfare.
Infine è importante notare che il valore medio della categoria “Eventi” è basato solamente
sulla tabella 1 e 2 dato che la 3 e la 4 non la prendono in considerazione e che la categoria
“Architettura” è stata tolta per mancanza di dati.
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3. OSSERVAZIONI
La già citata ricerca specifica sulla creatività milanese “Tribù creative nella città infinita”
del consorzio A.A.STER che è stata condotta lungo tutto il 2009 mostra come il settorecreativo abbia reagito alla crisi economica. Questa ricerca individua innanzitutto tre
importanti trasformazioni che coinvolgono il settore: la fusione, la ristrutturazione e la
ricomposizione.
La fusione sta facendo sì che i differenti campi creativi (fotografia, design, grafica,…) si
assemblino in una sorta di nebulosa senza confini ben precisi e che le rispettive
professionalità si dotino di competenze non direttamente riconducibili al settore di
appartenenza, tendenza per altro confermata anche dalle nostre interviste. La
ristrutturazione è il ricambio generazionale forzato dalle nuove tecnologie e dalle nuove
competenze richieste dal mercato che i professionisti più maturi faticano ad assimilare. La
ricomposizione è il termine usato per indicare il cambiamento prossimo dell’etica e dei
valori con i quali i nuovi creativi approcceranno o stanno iniziando ad approcciare la
propria professione.
Oltre a ciò emergono altri tre punti importanti:
- La mancanza di un organismo che rappresenti i lavoratori creativi, che li tuteli e che
garantisca una buona mediazione con gli altri attori del sistema. I grandi attori di
questo sistema faticano spesso a coordinarsi nelle loro azioni e l’assenza di un vero
albo dei professionisti, sebbene offra maggiore libertà, crea dei problemi nella
definizione dei prezzi dei servizi forniti.
- Il fatto che con la crisi la definizione dei ruoli stia venendo meno anche al di fuori
del settore creativo per cui c’è stato un’incrinatura dei processi consolidati. Ilrisultato è che il sistema ora è molto più permeabile ed i professionisti creativi
possono dialogare con attori ed entrare in network a cui prima non avevano
direttamente accesso.
- A conferma di ciò che sostengono Rifkin e Pasquinelli, si denuncia la mancanza di
una dimensione comunitaria, di rapporti sociali e di una produzione culturale
pubblica e libera, che non siano immediatamente finalizzati alla valorizzazione a breve termine e quindi alla mercificazione e la mancanza di spazi gratuiti (o
perlomeno calmierati) dove aggregarsi e generare cultura.
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TENDENZE IN ATTO
5.1 Iperspecializzazione e multicompetenza
Dalle interviste effettuate emergono all’interno del settore creativo due principalitendenze: l’iperspecializzazione e la multicompetenza.
Queste linee direttive stanno modificando i profili professionali e i percorsi formativi,
come si può intuire dai numerosi corsi offerti dalle università e caratterizzati da una
sempre crescente iperspecializzazione.
L’alto livello di specializzazione è infatti riscontrabile in numerosi master e corsi di laurea
magistrale; a titolo di esempio il consorzio POLI.design che si occupa della formazionepost laurea del Politecnico di Milano, organizza annualmente un corso in retail design
nell’ambito del cibo, focalizzato sulla progettazione di un locale pizzeria, un secondo corso
verte invece sulla progettazione di panetterie e gelaterie. Ecco cosa si può leggere sul sito
web: “POLI.design-Consorzio del Politecnico di Milano ha istituito il primo ed unico corso
in Europa di Alta Formazione in "Food Experience Design- Panetteria, Pasticceria &
Gelateria", la specializzazione per progettisti e designer che intendono dedicarsi
all’ideazione dei nuovi spazi per il retail alimentare, in sintonia con l’evoluzione del
mercato e dei linguaggi estetici.”
Sembrerebbe insomma che la specializzazione non sia più relativa solo alle persone da
formare ma sia un requisito che le stesse strutture di formazione cercano di avere,
ritagliandosi delle nicchie di settore ancora inesplorate dal resto del “mercato”.
La specializzazione è d’altra parte una tendenza che persiste da diversi anni: si pensi alla
segmentazione del target da parte delle imprese, fino a raggiungere quella che è definita
mass customization, o alla facoltà del Design dello stesso Politecnico che alla fine degli
anni ‘90 si è strutturata secondo i corsi di design del prodotto, dell’arredo, della
comunicazione e della moda, o ancora ai diversi tipi di ingegneria introdotti nelle
università con il nuovo ordinamento.
Secondo Alessandro Guerriero, presidente e direttore artistico di NABA “alla necessità o
alla voglia di nuove professioni, una richiesta che viene dal mondo aziendale o in
generale dall’esterno, c’è una specie di rispondenza da parte del sistema formativo, in che
modo? Con dei corsi estremamente specializzati e specifici.
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Per esempio basta vedere i titoli che hanno certi master …… c’è il master per “la parte di
dietro dello yacht”… questo cosa vuol dire? Che c’è una parcellizzazione con grado di
apertura bassissimo, di professioni già esistenti. Come dice il professor Andrea Branzi,…
non è possibile inventare delle professioni, si può solo specializzarle, ovvero andare ad
operare all’interno di ‘microcosmi’.”
La ragione principale di questo trend, oltre che nella moltiplicazione dei mercati e dei
settori, sta nel fatto che con l’evoluzione tecnica e tecnologica di molte discipline, il
bagaglio di conoscenze necessaria alla loro padronanza è notevolmente aumentata,
richiedendo così a studenti e neo-professionisti di concentrarsi e focalizzarsi su specifici
argomenti, a discapito di una visione “d’insieme”.
Questo tipo di formazione, negli anni passati, andava incontro alle necessità del mercato
del lavoro che, soprattutto nelle grandi aziende, richiedeva dei professionisti con
competenze specifiche e standardizzate in modo da permettere il loro inserimento con
maggior facilità.
Non completamente in linea è il discorso nel campo della moda. Spiega Paola Arosio della
Camera Nazionale della Moda: “le università milanesi lavorano bene con i loro corsi:
Politecnico, Cattolica, Bocconi si sono anche associate per creare un master in Fashion
Project Management.” Mancano però molte di quelle figure indispensabili per il settore
moda che vanno oltre lo stilista: “Milano, a differenza di New York, di Parigi e di
altri Paesi in questo momento è molto debole sul versante della formazione
di queste figure” .
Nel nuovo contesto della rivoluzione creativa queste competenze standard non sono però
più sufficienti e vanno integrate con delle conoscenze trasversali; è necessario maturareuna capacità di multicompetenza.
A differenza di quanto si potrebbe credere, le due tendenze in atto, superspecializzazione
e multicompetenza non sono in contrapposizione ma agiscono insieme: l’ elemento di
multidisciplinarietà si forma in modo parallelo alla specializzazione ed è costituito spesso
dagli interessi e dalle passioni, spesso approfondite autonomamente al di fuori della
formazione accademica, che “i creativi” sviluppano in modo personale.
Esemplificativo in questo senso è ciò che Liliana Forina, fondatrice di Cross Creative, una
società che applica la creatività cross mediale ai vari tipi oggetti comunicativi,
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dall’intrattenimento alla pubblicità al marketing territoriale dice: “ La nostra web agency è
composta di 5 ragazzi, dei quali, quello che scrive i codici dei siti, è un laureato in filosofia
con la passione per il digitale ed è in grado di fare ottimi mash up tra risorse digitali.
Molto spesso capita invece che gli informatici “puri” non siano in grado di concepire dal
punto di vista comunicativo (e non della tenica) queste architetture web evolute”.
In pratica un profilo professionale standard risulta ormai poco flessibile e poco
interessante e come fa notare ancora Liliana Forina: “il grafico che esce da Brera
magari sa anche fare bene l’illustratore, ma ora come ora se non sa usare anche gli
strumenti web e le tecnologie come il motion picture...” . “ L’account d’altra parte spesso
adesso lo fa l’amministratore delegato – specie nelle piccole realtà dinamiche – , una
figura che è in grado di vendere un progetto complesso, comunicarlo al cliente,
modificarlo se è il caso e suddividere i lavori lungo la filiera”.
Come veicolare la comunicazione con nuovi strumenti lo suggerisce ad esempio Maria
Grazia Mattei di MGM Digital Communication. C’è una nuova figura quanto mai
necessaria ma ancora difficile da trovare, il buzz manager, ovvero un professionista che:
“ abbia le capacità tecniche per gestire in modo adeguato i social media ed allo stesso
tempo sia in grado di mettere in atto, di orchestrare, un’efficace strategia adatta a questi
media. Il buzz manager deve avere la testa nel nuovo, orientata al futuro, deve avere un
impianto classico, avere cultura e conoscere la società, conoscere i mezzi e gli
strumenti con cui operare, avere una sensibilità ‘sperimentale’, saper provare e agire in
senso pratico, creare rumore, creare attenzione. E’ più una figura da nuova
generazione, da chi ha metabolizzato in modo completo le nuove tecnologie, da nativi
digitali insomma. Non è solo un tecnico in grado di usare e maneggiare i new media e
non è nemmeno chi pianifica a tavolino le campagne di comunicazione: con la rete non si
può solo pianificare, i ritmi ed i cambiamenti sono troppo rapidi per seguire un programma, per così dire, teorico”.
E’ in atto in un certo senso una fusione di ruoli , per cui non vi è più chi pianifica e chi
mette in atto ma spesso un unico ruolo, una sola persona che deve conoscere sia degli
aspetti teorici, che avere le competenze pratiche, in modo da poter orchestrare al massimo
tutti gli strumenti e che possa reagire in modo rapido ed efficace ai cambiamenti del web.
Nel campo della moda una figura emersa negli ultimi anni è quella dal cacciatore di
tendenze che, secondo Paola Arosio è “una persona che cerca di capire come si muovono
i consumatori, come si muove la società, come si muovono i giovani, ossia si tratta di
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persone che vanno in giro per il mondo, lo osservano con un approccio sociologico che
poi viene trasformato in tendenza”.
Dice ancora Guerriero: “Riguardo alle professioni, è come se esistessero 2 mondi:
- le tecniche e didattiche predominanti, canonico, atteggiamento positivo e
appartiene alla maggioranza. Ha le sue professioni.
- le avanguardie rivoluzionarie e di minoranza che affrontano un progetto
in modo apocalittico e distruttivo, acido e nervoso, programmaticamente
antagonista, si sviluppa secondo un metodo polemico. E’ sostanzialmente un
progetto di opposizione.”
In effetti i casi in cui uno studente può scegliere le materie ed i corsi da seguire in modo
libero e secondo i propri interessi sono decisamente rari nel sistema italiano, la stragrande
maggioranza dei percorsi formativi sono per così dire obbligati e lasciano poco spazio per
sviluppare interessi trasversali.
Ad esempio Stefania Casacci , giovane designer dello studio Le Dissociate insieme a tre
colleghe del Politecnico di Milano e che ha creato nel 2006 il marchio Sartoria Vico (a
metà strada tra moda e design), lamenta la mancanza, all’interno della facoltà del design,
di alcuni corsi (marketing aziendale e sui processi di distribuzione dei prodotti, nello
specifico). Una volta uscite dall’università con l’idea di creare una propria attività, lequattro giovani imprenditrici hanno dovuto prodigarsi per acquisire queste competenze in
modo autonomo e ognuna si è specializzata in un campo: distribuzione, comunicazione e
ufficio stampa, comunicazione e grafica, produzione. Solo la progettazione è rimasta
competenza collettiva.
E’ chiaro che non tutti gli studenti di design vorranno creare una propria attività ed
avranno quindi bisogno di simili competenze, ma non dare a nessuno la possibilità di
svilupparle può, com’è infatti successo, rendere incompleto il percorso di formazione.La soluzioni sarebbero da una parte aumentare la flessibilità e permettere una maggiore
personalizzazione della carriera scolastica e dall’altra rendere più multidisciplinare la
formazione alla base, introducendo quindi lo studente a diverse tematiche e dandogli poi la
possibilità di approfondirle in modo autonomo.
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5.2 Creativi imprenditori e creativi “artigiani”
Il problema sollevato da Stefania Casacci sulla mancata offerta, da parte dell’università di
competenze imprenditoriali quali i processi di vendita, marketing e distribuzione, fa
parte di una più ampia criticità che pone gli studenti italiani pericolosamente distanti dallacultura d’impresa.
In Italia la creazione di start-up è a livelli inferiori rispetto al resto d’Europa e decisamente
non paragonabili ad altri contesti fortemente innovativi (Stati Uniti in testa); i motivi
ovviamente sono molteplici (scarsi finanziamenti, basso turnover generazionale, etc…) ma
anche il fatto che chi esce dall’università (specie se orientata alla creatività) non
sia in grado ad esempio di creare un business plan da presentare a dei potenziali
investitori, di certo non aiuta.
D’altra parte la volontà stessa di creare una start up deve essere incentivata e
coltivata all’interno delle università, deve essere comunicata come
un’alternativa possibile o addirittura conveniente al lavoro dipendente:
tradurre un’idea creativa in un’idea di business e quindi in un’impresa rappresenta spesso
una scelta vincente anche per il creativo stesso, con ricadute positive sull’occupazione,
sulla competitività e sull’economia in generale del Sistema Paese.
Fa però notare Alessandro Guerriero: “ …allora chi è che ha il coraggio di dire “senti, tu ti
iscrivi qua, fai tre anni, ma nessuno ti garantisce di andare a lavorare, anche se sei
bravissimo” nessuno glielo dice…c’è una specie di ambiguità di fondo che a me… non mi
riguarda, io dico quello che penso… “all'interno di un nuovo progetto ho proposto di
abbandonare l'idea di fare un oggetto uguale per tutti...possiamo pensare, alla rovescia,
di fare un oggetto diverso per ciascuno perché questo ci obbliga all'apprendimento di
materie laterali al design quali la psicologia, l'antropologia...ricominciare a lavorare sul
corpo. Credo bisogna orientarsi anche sulla decrescita. Ad una classe di fashion ho detto:
perché non vi mettete insieme, bisogna affrontare il progetto sia come gruppo che
come singole persone: se prendete un ufficio assieme, potete dividervi i compiti avviare
uno studio immediatamente. Ma questi non sembrano essere problemi che li attraggono:
gli studenti hanno un'immagine precisa di se stessi: diventare Armani, Dolce e
Gabbana…”.
L’ auto-organizzazione, intesa come formazione di piccoli gruppi di lavoro ed in
generale il puntare a diventare libero professionista rappresenta quindi in questomomento una necessità esterna più che una tendenza.
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Si parla di necessità perché, come confermano gran parte degli intervistati, è ancora molto
alto il numero di studenti convinti di uscire dall’università e di inserirsi nel mondo
attraverso rapporti di lavoro di tipo dipendente quasi idealizzati (e riconducibili ad una
visione di modello sociale ed economico legato al passato che sta mutando anche in Italia),
come può essere il grafico o il designer d’arredo all’interno di un’azienda già avviata e
consolidata. Un’idea in contrasto con lo scenario attuale: l’aumento del numero dei
laureati, che giustamente aspirano ad un lavoro in qualche modo adeguato alle competenze
maturate, e la cattiva congiuntura finanziaria non favoriscono le assunzioni a tempo
indeterminato ma bensì stage retribuiti (all’inizio), contratti a progetto e di collaborazione
(strumento di regolamentazione di un rapporto di lavoro spesso utilizzato in maniera
distorta).
Un’altra critica mossa dagli intervistati alla formazione, specie universitaria, in ambito
creativo, è la carenza di “manualità” (intesa anche come “manualità digitale” e,
in senso più allargato, di capacità tecniche), in rapporto con la componente teorica.
Infatti per quanto venga riconosciuta fondamentale una preparazione a livello teorico, è
opinione comune che, nonostante l’impegno profuso, il mondo universitario (e degli
universitari) sia ancora troppo distante dalle imprese e dalle loro necessità in termini
occupazionali.Sempre nel campo della moda, Paola Arosio aggiunge che “ il sistema di formazione per i
giovani è complesso…. Per la produzione non è sufficiente un tecnico qualsiasi di
produzione, ne un controllore di produzione, c’è bisogno di figure preparate che sappiano
come trattare, come tagliare un determinato tessuto e non credo che a tutt’oggi ci siano
corsi specifici su questi temi”…..”Ci sono figure diverse dallo stilista che sono molto
ricercate nel settorema non molto conosciute: bisogna comunicare meglio l’immagine di
queste figure, creare nei giovani l’interesse verso altre figure professionali che possonooffrire sbocchi lavorativi interessanti.” (A riguardo si veda l’elenco proposto nel
paragrafo 6.12 a pag.73)
L’architetto Franco Origoni dello Studio Origoni & Steiner in questo senso parla proprio
di una mancanza di formazione professionale, lacuna aggravata dal fatto che tutto ciò che
ruota attorno al design sta passando da uno spirito puramente industriale nel quale il
progetto viene fatto in modo virtuale e poi mandato in fabbrica per essere concretizzato, ad
uno spirito più di ‘bottega’ dove il sapere lavorare con le mani diventa una competenza
fondamentale. Oltre a ciò sottolinea come: “ Nel passaggio dal mondo universitario a
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quello lavorativo la tesi – se approcciata nel modo giusto – può rappresentare un
prodotto spendibile e rappresentativo”.
PRM design, un’azienda che occupa una decina di professionisti specializzata in
prototipazione di prodotti, lamenta come difficoltà principale di questi ultimi anni quella
di trovare persone preparate che vogliano intraprendere una crescita professionale nel
settore della modellistica, un lavoro che richiede molta “manualità” specializzata oltre che
una profonda conoscenza degli strumenti tecnologici.
Aldo Colonetti , direttore scientifico dello IED, quando parla di una mancanza di
professionalità tecniche pone più l’accento su un altro concetto: “…io credo che una
competenza che debba avere un creativo è quella di una cultura aziendale , cioè quella
di una cultura industriale, ma non nel senso di appiattirsi ad essa, nel senso di avere un
rapporto con la produzione non soltanto di carattere strumentale ma di carattere
conoscitivo: processo, tecnologie, commerciale… molti progettisti anche non giovanissimi
mantengono un rapporto con l’industria inteso come luogo dove produrre invece di luogo
di conoscenza…
… questo lo vedo in senso problematico in tante generazioni.. la nostra generazione ha
comunque una cognizione diretta o indiretta di una cultura industriale: la formazione
filosofica, storica , culturale, metteva al centro la fabbrica e la produzione; magari anche
come oggetto di analisi critica o politica… questo mi ha portato ad avere un rapporto nei
riguardi della cultura industriale diversa da quella che hanno molti giovani progettisti
che vedono la produzione come se fosse altro, come se fosse un luogo dove è necessario
cadere ma poi uscire e poi rientrare solo perché alla fine bisogna comunque lavorare… e
questo credo sia un atteggiamento negativo. Più che una tendenza questa è una necessità
etica e culturale e conoscitiva. In Italia, e parlo di qualcosa di attuale, c’è sempre piùuna richiesta di saperi tecnici e artigianali”.
L’ importanza dei saperi tecnici introduce un altro tema affrontato nel corso delle
interviste, quello della formazione esterna agli atenei universitari: corsi
professionalizzanti, corsi di specializzazione su software specifici, corsi di
programmazione. Fa notare Liliana Forina, amministratrice unica dell’agenzia di
comunicazione creativa Cross Creative, che: “ il comune di Milano fa dei corsi, la regione
corsi di 20, 40, 60 ore nell’ambito delle nuove tecnologie anche con costi bassissimi, senza
ricorrere ad istituti o università di livello accademico.”. “ci sono degli strumenti per i
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quali basta informarsi, andare nei centri… manca però una buona comunicazione,
perché ci sono corsi di 20 ore che costano 80 euro specializzati in web design,
Photoshop… anche se faccio un qualsiasi altro lavoro, vado e comincio, da zero, ad
appropriarmi di strumenti… poi non è che occorra essere tutti artisti; la creatività è
anche uno strumento che può essere declinato a tanti livelli…anche solo per fare
volantini, brochure di qualità, per gente del tuo paese, magari per chi vive fuori città…”
“… Non dobbiamo vedere i mestieri della creatività solo come mestieri di fascia alta…
anche dal basso possono uscire profili creativi”.
In effetti esistono casi di “autoformazione”: come sottolineano Giorgio Papetti di
JingleBell , uno studio di 16 persone che opera nel settore dei videogiochi e degli
applicativi online e dove l’evoluzione dell’azienda ha seguito l’evoluzione dei media e molta
della formazione è avvenuta all’interno dell’azienda: ”il personale interno è spesso
laureato ma non sempre il titolo di studio riguarda il settore in cui sta lavorando, inoltre
ci sono molti casi di completa autoformazione”.
A conferma quindi che i profili professionali nell’ambito della creatività non sono da
ricercare solamente attraverso le istituzioni di formazione consolidate.
Aldo Colonetti è di questo parere e cita, tra l’altro, il modello d’istruzione tedesco nel qualele due differenti tipologie di percorsi formativi (tecnico e teorico), quello
professionalizzante e quello universitario, non sono gerarchizzate come qui in Italia ma si
completano in modo equilibrato riconoscendo la propria interdipendenza.
In conclusione il grande cambiamento a cui la società è sottoposta, fa sì che oggigiorno,
specie nei settori fortemente interessati dalla creatività, non esistano più figure
professionale completamente differenti, scollegate e strettamente gerarchizzate; la rapidaevoluzione tecnologica e sociale vede nascere nuovi mercati, nuovi settori e quindi nuove
opportunità, chiudendone al contempo altre. I professionisti che riusciranno ad avere
successo in questo panorama saranno quelli più flessibili e versatili, quelli sì specializzati,
ma con con un bagaglio di competenze trasversali molto ampie, non necessariamente
ottenute attraverso canali convenzionali.
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INTERVISTE QUALITATIVE SEMISTRUTTURATE
6.1 Aldo Colonetti (Direttore scientifico IED)
Aldo Colonetti, filosofo, storico e teorico dell’arte, del design e dell’architettura ha studiato
con Gillo Dorfles e Enzo Paci. Dal 1998 è Direttore Scientifico IED e dal 1991 è Direttore
della rivista Ottagono. Ha fatto parte del Comitato Scientifico della Triennale di Milano dal
2002 al 2006. Autore di saggi, curatore di mostre ed iniziative culturali, in Italia e
all’estero. Da alcuni anni collabora con Il Corriere della Sera, per cui scrive di design e
architettura. Dal 2009 fa parte del Consiglio Italiano del Design, sotto l’egida dei Ministeri
dei Beni Culturali, degli Esteri e delle Attività Produttive. Dal maggio 2009 fa parte del
Consiglio di Amministrazione del CLAC – Centro Legno e Arredo Cantù.
Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività
“Non si parla di profili ma di necessità conoscitive: un creativo, a breve o medio termine,
non può fare a meno di alcune competenze”
“Credo che una competenza che debba avere un creativo è quella di una culturaaziendale, cioè quella di una cultura industriale, ma non nel senso di appiattirsi ad essa,
nel senso di avere un rapporto con la produzione non soltanto di carattere
strumentale ma di carattere conoscitivo: processi, tecnologie, commerciale,…
proprio la cultura… molti progettisti mantengono oggi un rapporto con l’industria inteso
come luogo dove produrre invece di luogo di conoscenza… è un tema del Paese questo…
questo Paese è sempre stato carente da questo punto di vista, si guardi al modello di
Olivetti o altri che intendeva pur criticamente guardare e relazionarsi con la cultura nonsoltanto come occasione per fare delle cose ma anche per la conoscenza stessa… questo lo
vedo in senso problematico in tante generazioni… la nostra generazione forse ha
comunque una cognizione diretta o indiretta di una cultura industriale: la formazione
filosofica, storica , culturale, metteva al centro la fabbrica e la produzione; magari anche
come oggetto di analisi critica o politica, ma non è nessun tipo di nostalgia ma è… la
conoscenza… nel caso mio più indiretta che diretta, ma questa ha portato ad avere un
rapporto nei riguardi della cultura industriale diversa da quella che hanno molti giovani
progettisti che la considerano come se fosse altro, come se fosse un luogo dove è necessario
cadere, per poi uscire e rientrare di volta in volta (perché alla fine bisogna comunque
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lavorare). Questo credo sia un atteggiamento negativo: più che una tendenza questa è
l’avvertire una necessità etica, culturale e conoscitiva.
Questo non significa che bisogna andare a lavorare in fabbrica, ma sapere che la
produzione è un luogo d’investimento, di capitale costante e variabile, ora il capitale
variabile, cioè il creativo, è fondamentale più di quello costante.
Però ci sono settori produttivi, come la ceramica dove gli investimenti nel capitale costante
è molto rilevante. Tutto questo deve essere preso come fonte informativa: lavorare con la
ceramica è diverso che lavorare con il legno in Brianza; è diverso teoricamente ma è
diverso anche perché la composizione economica è differente, i tempi, la possibilità di
cambiare il processo, … nel settore della ceramica italiana cambiare il processo significa
cambiare i sistemi di produzione: noi siamo leader per sistemi di produzione e tutte le
nostre aziende sono debitrici nei riguardi di questo sistema.
Quindi fare una piastrella in modo diverso, è una scelta non creativa ma una scelta di un
processo che richiede una conoscenza di quell’ambito industriale specifico che richiede poi
di individuare un nuovo percorso.
Oppure l’automobile. Ci sono degli elementi che i nuovi creativi non possono non
conoscere. E questo è molto importante, più della sostenibilità perché la sostenibilità è
data dai processi industriali , non è al di fuori di essi.
In Italia, cosa molto attuale di questi giorni, c’è sempre più una richiesta di saperi
tecnici ed anche artigianali. E non è vero che un ebanista sia meno creativo di product
designer.
E’ necessario fare in modo che i creativi non siano una classe a sé: la creatività dei creativi
da sola non potrà mai generare sviluppo economico ma deve relazionarsi con laproduzione. Allora bisogna mettere assieme i saperi, bisogna che la figura del creativo
intercetti a livello conoscitivo, a livello anche di percorsi paralleli , alcuni ambiti tecnici
precisi ritenuti fondamentali per gli ambiti produttivi di riferimento. Poi bisogna declinare
questo per tutti settori specifici, non solo il legno, il ferro,… insomma qui è il mestiere in
sostanza.
Io non amo molto queste teorie di Florida, è una teoria che ha avuto successo in Italia per
l’ignoranza e la miopia italiana. Quell’analisi veniva da altri mondi… tanto è vero che
usando quel tipo di analisi qualche tempo fa è uscita una strana classifica della creatività….
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Però così usiamo un modello che è scisso da tutti questi elementi. Era un modello
accademico, come dire interessante ma non conteneva spessore conoscitivo vero. Tant’è
vero che una delle polemiche positive in questo ambito fu quella di Bonomi che in un
convegno diceva che oltre alle 3 T ci metterei una quarta che è tipicamente
italiana, che è Territorio, Territorialità, in questa parola ci ritrovi un po’ tutto quello
che dicevamo… saperi verticali… la specificità del tessuto produttivo italiano. Perché se tu
applichi in modo astratto è chiaro che risultiamo un paese disorganizzato, non strutturato
ecc..
Perché Milano ha un ruolo centrale… non è tanto Milano in se, è il contesto e contorno
della città che la rende unica al mondo. Milano è una grande portaerei dove la gente
arriva, passa e poi decolla ed intanto la portaerei non è ferma, va e va a
seconda di come tira il vento. Però questa portaerei non è uno strumento di conflitto
ma di tolleranza… la città è così… e dentro la portaerei c’è la conoscenza che porta poi in
giro…
La formazione è sempre stata per alcuni versi molto astratta, di accademia. Poi anche il
Politecnico, che conosco bene, recentemente ha cercato di cambiare rotta… devo dire che,
per formare un progettista o designer sono sufficienti 3 anni, pero’ se sono 3 anni
profondamente professionalizzanti e su una persona che abbia già una qualche culturadentro… 5 anni sono tanti.. perché 5 anni dovrebbe essere invece un processo completo,
dove gli altri 2 dovrebbero essere 2 anni soprattutto di immersione nella cultura aziendale.
Il modello che cito è quello tedesco, dove la formazione professionale è affidata alle regioni
e lì la formazione professionale non è subordinata o inferiore a quella universitaria, c’è una
compenetrazione. Anche in Francia c’è ad esempio una scuola di modellisti che è
straordinaria e gli architetti vanno lì a reclutare i propri modellisti… in Italia questo
manca.”
6.2 Alessandro Guerriero (Presidente e direttore artistico di NABA)
Alessandro Guerriero nasce a Milano, dove vive e lavora, il 29 gennaio 1943. Nel 1976
fonda Alchimia, uno dei gruppi più vitali nell’evoluzione del design italiano di post-
avanguardia. Nel 1982 gli è stato assegnato il “Compasso d’oro”. Ha pubblicato vari libri
tra cui Elogio del Banale, Progetto Infelice, Disegni Alchimia. Le opere di Alchimia sitrovano al Museo d’Arte Moderna di Kyoto, al Twentieth Century Design Collection e al
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Metropolitan Museum di New York. Ha firmato alcuni progetti d’architettura: Casa della
Felicità per la Famiglia Alessi; la Torre Civica di Gibellina; il Museo d’Arte della Città di
Groningen in Olanda. Ha editato Ollo, rivista senza messaggio. Nel 1995 fa nascere, con
Alberto Biagetti, Futurarium, laboratorio didattico dove il progetto ruota attorno alla
dissolvenza delle discipline.
Oggi è Presidente e Direttore Artistico di NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) a Milano.
Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività
“Non si tratta tanto di nuovi lavori creativi, quanto di vecchi lavori con nuove
professionalità. Nel mondo aziendale o in generale all’esterno degli atenei, si sente la
necessità o la voglia di nuove professioni.
Gli istituti stanno rispondendo a questa richiesta creando dei corsi estremamente
specializzati e specifichi; come sostiene anche Branzi, non è possibile inventare delle
professioni, si può solo specializzarle ovvero andare ad operare all’interno dei
“microcosmi”.”
Un esempio può essere quello della professione di parrucchiere:
“Al di là della specializzazione il parrucchiere è sempre un parrucchiere, cambia il modo incui lo fa: c’è la musica, il dj, l’happy hour,… c’è tutta una serie di mondi che gli girano
intorno e lo complementano (microcosmo) per cui quel parrucchiere non sembra più
essere un parrucchiere, anzi, probabilmente per assurdo non ha nemmeno studiato in una
scuola per parrucchieri… E allora ci sono tante professioni che è possibile fare senza
frequentare una scuola apposita…”
Io personalmente sono per queste professioni e provoco: vuoi fare l’architetto, il designer?
Perfetto, vai a studiare biologia. Abbiamo bisogno di ragionare alla rovescia”.
“Il sistema formativo attuale non funziona: ci sono troppi laureati che si aspettano di
trovare il lavoro per quello che hanno studiato, quando entrano all’università nessuno ha il
coraggio di dirgli che il poi il posto non è assicurato.
Prima soluzione per chi esce dall’università è mettersi assieme in piccoli gruppi.”
Esempi di nuovi lavori creativi:
- “Ivan che inizia “scrivendo sui muri” e poi c’è l’azienda Forst che gli commissiona un
lavoro per 5000 euro”;
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- “Un’azienda di birra che produce e vende una birra per cui ad ogni vendita
corrisponde una bottiglia d’acqua in Africa”
“Io tengo un corso in cui dico, basta fare un oggetto uguale per tutti nel mondo, facciamone
uno diverso per ciascuno. Abituiamo le persone a pensare in questo modo. In senso più
artigianale, orientamento alla decrescita.”;
“Ad una classe di fashion ho detto: perché non vi mettete insieme, sapete che voi se
prendete un ufficio assieme, vi dividete i compiti, ecc.. avete immediatamente uno studio
bello che pronto e che se andate a proporvi trovate lavoro? Ma nessuno sa niente di queste
cose qua: loro entrano e vogliono disegnare Armani, Dolce e Gabbana.
Bisogna puntare di più sulla libera professione, e per questo si deve avere una
formazione a tutto tondo, ci si deve occupare di diversi aspetti; d’altra parte in questo
modo non è si è più in una grande azienda in cui ogni reparto pensa ad una sola cosa.”
6.3 Franco Origoni (Studio Origoni e Steiner)
Franco Origoni, architetto, lavora con Anna Steiner nel campo editoriale e degli
allestimenti. Autore di articoli, saggi e libri, ha collaborato con il Sole 24 ore, inserto
cultura. Ha curato numerose mostre storiche di grafica e monografie di architetti e grafici
italiani, in Italia e all’estero. Collabora con numerose aziende per gli allestimenti. Membro
del Comitato Scientifico della Galleria del Design e dell’arredamento di Cantù, curatore
della pubblicazione e della mostra itinerante sulla storia del Compasso d’Oro ADI (56 città
nel mondo dal 1997 ad oggi). Ha curato la mostra della XVIII, XIX, XX edizione del
Compasso d’Oro ADI in Triennale. Curatore di numerose mostre sul design e sulla
produzione italiana in Italia e all’estero. Collabora con Renzo Piano Building Workshop
nella progettazione delle mostre.
Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività
“Questo è momento di svolta per le professioni. Non c’è crisi di lavoro, specie in
Lombardia; c’è crisi dell’economia. Anche gli studi medio piccoli (5-10 lavoratori) hanno
commesse su diversi lavori ma con scarsa remunerazione.Norman Foster è passato da 1100 a 700 persone.”
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“Il settore della comunicazione di un prodotto attraverso gli allestimenti “tira” ancora. La
progettazione e realizzazione di allestimenti una volta erano erano legati ad un percorso
formativo all’interno della Facoltà di Architettura. Oggi la richiesta d’innovazione nel
settore è legata alla progettualità dei rapporti tra le 2 e le 3 dimensioni:
grafica, architettura e multimedia.”
Il progettista di allestimenti deve essere contemporaneamente un esperto in molte
situazioni ed un grande regista capace di tenere insieme professioni diverse.
Il regista è il primo confidente di tutti i professionisti che collaborano alla realizzazione
dello spettacolo, dagli attori agli elettricisti. Da un lato confidente, dall’altro tiranno.
Deve avere capacità di dare risposte complesse e mediare al contempo.”
I progettisti utilizzano tecniche di comunicazione che rispettano gli assunti gradi di libertà
del visitatore, anche per comunicare elementi molto puntuali (l’importanza dell’
“esperienza” e della “partecipazione” del pubblico di una mostra: l’importanza di toccare i
materiali piuttosto che le “sensazioni immediate dei grandi artifici”, che orami abbiamo nei
nostri salotti. Cinema vs Teatro)”
“Le tendenze attuali del settore sono: suono direzionale, immagine proiettata, odoredirezionale. Esistono veri e prori impianto audio “a pioggia”.”
“E’ la cosa che manca oggi: la formazione non ti insegna a fare le cose con le mani;
formazione universitaria oggigiorno non ha un carattere di formazione professionale”
“Nel passaggio dal mondo universitario a quello lavorativo la tesi può però rappresentare
un prodotto spendibile e rappresentativo”
“Si sta tornando all’artigianato e alla logica della finitura artigianale (poltrona Frau, stampi
in carbonio, etc.): è stato reintrodotto il valore della manualità umana nella produzione.
Più che un ritorno all’artigianato vero e proprio è il ritorno alla bottega che mette assime i
concetti del “produrre” e del “fare innovazione”. La bottega dell’artigiano italiano ha
sempre mischiato il produrre qualcosa con il fare innovazione. (La produzione industriale
incontra la finitura artigianale, ndr)
L’innovazione delle piccole aziende familiari brianzole è stata guidata dal gusto della sfida
nel trovare soluzioni non considerate possibili dagli altri imprenditori che si incontravano
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al bar il sabato mattina, senza un fine realmente competitivo: la ricerca innovativa non è
sempre guidata dalla ricerca del profitto“
6.4 Gianluigi Colin (Art Director Corriere della Sera)
Gianluigi Colin è Art Director e responsabile dell'immagine del Corriere della Sera, per il
quale si occupa di critica della fotografia e scrive di design. Ha insegnato per alcuni anni
all'Istituto di Conservazione dei Beni culturali dell'Università di Parma e all'Università
Cattolica di Milano. Come artista affronta da anni i temi dei linguaggi della comunicazione
contemporanea. La sua è una ricerca artistica dal forte impegno etico e civile che utilizza
materiali esistenti, citazioni continue del vivere quotidiano tra il presente e la memoria. Ha
esposto in numerose città in Italia e all'estero.
Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività
“Il punto di partenza essenziale è avere il quadro di contesto in cui si lavora. Per esempio la
grafica ha molti aspetti: la grafica editoriale è diversa dalla grafica pubblicitaria, da quella
per allestimenti, etc. Settori grafici differenti portano quindi a competenze differenti. Per
tutti vale però un punto: è necessaria una conoscenza di carattere tecnico che vuol
dire saper usare i vari programmi.
Nello specifico della grafica editoriale serve inoltre capire il sistema della
comunicazione, cioè avere un’idea chiara e precisa di chi sono i tuoi interlocutori ed i
tuoi lettori. Nel momento in cui vieni chiamato a lavorare per un giornale devi avere molto
chiaro il linguaggio dentro il quale ti vai a proiettare. Avere chiaro cioè non solamente
l’aspetto finale ma anche il progetto di base, l’aspetto editoriale che viene dall’editore e
coniugare questi elementi con le sue diverse necessità. Ma tutto questo non basta.
Oltre alla competenza puramente tecnica servono sensibilità giornalistica,
sensibilità culturale e, non ultima, capacità di relazione umana, che non è
indifferente.
Ci vogliono delle sensibilità che sono in generale abbastanza rare… e cioè avere una base di
umiltà e di una capacità di ascolto ed una base culturale… aver letto poesie, vedere
mostre, una sensibilità che è il saper cogliere la vita.
Tu puoi impaginare bene nel momento in cui hai letto Tolstoj. Un po’ provocatorio ma ècosì. Io vedo gente che impagina ma che non ha letto un libro… e tu parli di cose che non
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capiscono, non sanno cosa sono... oggi c’era un articolo di questa nuova tendenza della
street art e di un ragazzo di 18 anni inglese che è praticamente un teorico di pensiero e di
aggregazione attorno a questo: allora tu devi avere la sensibilità di saper
intercettare le tendenze della contemporaneità e del quotidiano.
Anche se sei un grafico esterno alla struttura di un giornale, tu devi avere una
competenza che è comunque dettata dalla curiosità a 360°… anche per saper intercettare i
bisogni dei clienti, volta per volta.
In questi anni c’è stato un cambiamento profondo all’interno della professione di grafico
editoriale che è stato prima di tutto di carattere tecnologico. Queste tecnologiche
informatiche hanno portato ad una maggiore complessità: ciascuno è portato a gestire
molte funzioni e deve essere al contempo il collante culturale ed operativo di tutti gli input
che gli arrivano.
Quando parlo dell’aspetto tecnico non mi riferisco esclusivamente ai software per la grafica
e l’impaginazione ma anche, ad esempio, ai database e agli strumenti attraverso cui
dobbiamo scegliere le immagini da pubblicare: hanno incrementato notevolmente la
possibilità di scelta in termini di quantità. E questo, naturalmente, ha modificato le
dinamiche temporali del lavoro. Questa professione richiede perciò, oltre a quanto giàdetto, un alto grado di dinamicità.”
6.5 Giorgio Papetti (Jinglebell Communication)
Fondata nel 1981, la Jinglebell diventa rapidamente una delle più note casa di produzione
musicale per la pubblicità. A metà degli anni '80 abbraccia ormai l'intero ventaglio della
produzione audio pubblicitaria, dai radiocomunicati, al doppiaggio sia a Milano sia in link
con Roma, al sound design. Nel 1991 entra nel neonato settore della multimedialità e
conquista la leadership nella localizzazione dei videogame per i maggiori Editori
internazionali.
Sulla propria attività
Lo studio comprende 16 persone, ci sono poi numerosi collaboratori (registi, traduttori,..)legati allo studio tramite un particolare contratto fatto ad hoc: le risorse interne sono varie
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e comprendono competenze audio, di programmazione, contenutistiche, di managment,
ecc… Questo anche perché in generale tutti i media si stanno fondendo, spesso c’è un
utilizzo contemporaneo di tv, radio e internet, i format stessi spesso vengono presi da un
media e riadattati ad un altro, per cui c’è bisogno delle competenze per farlo.
L’evoluzione dell’azienda ha seguito l’evoluzione dei media: si è partiti dagli spot televisivi,
passando per i videogiochi ed arrivando poi agli applicativi web.
Sui profili professionali
“I programmatori interni si occupano soprattutto di ActionScript e linguaggi di
programmazioni per il web come php; si tratta di una “specializzazione” nel senso che i
programmatori più tradizionali o puri, che lavorano su C++, non ci interessano.
A noi servono programmatori abbastanza versatili che sappiano gestire tutti quei linguaggi
di actionscripting che si usano nei nuovi media e che abbiano anche un minimo di
competenza grafica (in modo da poter dialogare efficacemente con chi fa il design
dell’applicativo).
Le competenze informatiche non sono limitate ai programmatori, anche chi si occupa di
tradurre o chi lavora sui suoni, deve saper gestire formati differenti e saperli convertire in
autonomia.Si tratta di un campo complesso nel quale esistono differenti tipi di formati e protocolli,
per cui è richiesta una conoscenza degli stessi anche a chi non lavora direttamente sui
software. (la maggior parte delle volte queste competenze le si forma in azienda).
Per quanto riguarda i fonici esistono anche qui differenti profili: chi opera nella pubblicità
ha competenze differenti da chi opera nei videogiochi; il primo lavora su tracce musicali di
30 secondi che si integrino con un flusso video (richiede più creatività in senso stretto), il
secondo lavora con migliaia di piccole tracce audio che agiscano in modo dinamico nelcorso del gioco (lavoro un po’ più metodologico e di gestione dei dati). Si tratta anche di
gestire differenti tipi di progetti con diversi gradi di complessità.
Il settore dei videogiochi offre molti sbocchi lavorativi, è un settore sempre in espansione e
non c è molta concorrenza dal punto di vista professionale, per cui è facile trovare lavoro.
Gli italiani in particolare sono molto apprezzati in questo ambito, anche se il mercato
Italiano è abbastanza ristretto (lavorare all’estero).
Per quanto riguarda invece i fonici e gli operatori video c’è una sovrabbondanza di
professionisti: il mercato televisivo e radiofonico è saturo e la crisi ha cancellato diverse
programmazioni.
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In generale si tratta di profili abbastanza specializzati (a volte anche certificati), sia che si
tratti di fonici, di programmatori o di copyrighter, che pero’ devono avere anche delle
competenze tecniche trasversali (tecnologiche ed informatiche,).
C’è una forte selezione interna per cui risulta difficile trovare professionisti soddisfacenti e
di conseguenza c’è un basso turn-over.
Il personale interno è spesso laureato ma non sempre il titolo di studio riguarda il settore
in cui sta lavorando, inoltre ci sono anche casi di completa autoformazione.”
6.6 Isa Medola e Pietro Riolo (PRM Design)
Sulla propria attività
Prm design srl e’ una premiata innovation company milanese, strutturata in aree dedicate
a ricerca e generazione di concept, a sviluppo del design e ingegnerizzazione di prodotto e
ad attività di prototipazione e produzione, nata dall’idea di Isa Medola e Pietro Riolo, due
designer con più di dieci anni di esperienza internazionale con l’azienda Lego.
“Oggi il nostro brand è sinonimo di innovazione. La nostra struttura si fonda su di un
team di esperti composto da 10 elementi con grande esperienza nelle materie tecniche,
scientifiche ed umanistiche. L’obiettivo di Prm design è quello di sostenere l’innovazone
all’interno delle grandi aziende: siamo in grado di sviluppare completamente ed
internamente il processo produttivo: ricerche di mercato, concept e design,
ingegnerizzazione, prototipazione, produzione in outsorcing, comunicazione e beta testing.
Noi nasciamo come srl nel 2006, però le persone che hanno dato vita alla srl erano
designer in attività già da tempo, poi confluiti in questa struttura più complessa e
completa, perché prima i designer si occupavano soprattutto di giocattolo (collaborazione
con Lego). Da allora la srl si è specializzata in altri settori anche se il giocattolo rimane una
nostra specializzazione.
Poi ci siamo dedicati al design in generale, all’elettronica di largo consumo ,al packaging
anche dell’alimentare, dal punto di vista di materiale, ergonomia, riutilizzo del packaging
stesso,…
Abbiamo un approccio dedicato all’industrial design in senso stretto, non ci dedichiamoall’arredo e nemmeno al design di firma: lavoriamo dietro le quinte, siamo di supporto alle
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aziende, b2b, non abbiamo uno stile predominante, ci adattiamo di volta in volta alle
aziende con cui collaboriamo, lavorando in contatto con la parte marketing e R&S
dell’azienda stessa. In questo senso facciamo prototipazione disegno 2D e 3D e disegno a
mano che è una cosa che si è un po’ persa rispetto ai giovani.
Noi cerchiamo di tenere vivo il disegno a mano perché è importante per i clienti perché
mostra il processo di creazione dell’idea.
Poi oltre a questo c’è tutta la parte di ingegnerizzazione e prototipazione.”
Sulla formazione
“Abbiamo diversi canali per portare le persone al nostro interno. Come tipo di formazione
solitamente o è IED o è Politecnico: soprattutto il Politecnico ha la specializzazione in
design & engineering molto interessante per noi, infatti abbiamo un rapporto con il Poli
abbastanza costante.
Lo IED, che è meno forte dalla parte engineering, è però forte dalla parte di concetto e a
volte di disegno a mano.
Si tratta comunque di profili differenti: l’IED è orientata a formare il consulente: molta
importanza all’aspetto di comunicazione e strumenti per comunicare il progetto al cliente,
tecniche di visualizzazione, ecc…Per quanto riguarda il Poli, ovviamente il profilo è più maturo (dura di più) è meno
focalizzato nella parte di visualizzazione ma è molto solido, adatto all’inserimento in
studi.
Poi la variabile su cui si deve lavorare molto è quella del tempo: i ragazzi sono abituati a
lavorare con tempistiche molto dilatate, mentre qui si comprimono molto.
Ci piacerebbe poi entrare in contatto anche con altre realtà e lo stiamo già facendo con
Material ConneXion e con la Camera di Commercio di Milano che ci darà l’opportunità diconoscere anche altri giovani designer da altre scuole: Domus Academy, Naba, Scuola
Politecnica,..
Sicuramente Milano offre molto in questo senso e quindi è giusto anche per noi
approfittarne.”
Sulle competenze e sui profili professionali
“Per le competenze: modellazione concettuale con Rinho e la più funzionale con Pro E, poi
c’è tutto il pacchetto Adobe per il 2d.
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Chiaramente poi ogni persona è più portata per una cosa o per l’altra, sono rari i profili
completi… poi noi qua facciamo dei corsi internamente che hanno l’obiettivo di formare
i nostri ragazzi (ad esempio il corso di sketch).
Anche perché il disegno a mano, gli schizzi, sono uno strumento di comunicazione interna
(brainstorming,..) oltre che di presentazione ai clienti.
Un difficoltà riscontrata in questi anni è il trovare una persona che si dedichi regolarmente
e ben volentieri alla modellistica.
Il profilo del designer non è proprio calzante perché magari aspira ad altro, il modellista
è un lavoro con molta manualità oltre che necessita di saper usare determinati macchinari.
Ovviamente qua i ragazzi vengono formati per saper usare gli strumenti, ma comunque
non è facile trovare qualcuno che ci si dedichi in modo continuativo.
Anche perché chi ha fatto studi di design appunto non aspira a questo tipo di lavoro e chi
esce da scuole più tecniche sono un po’ troppo indietro ad esempio a livello CAD oltretutto
sarebbe comunque auspicabile una conoscenza generale di design…
Adesso stiamo provando a cercare presso questi istituti tecnici ma abbiamo scoperto
che, per come escono da lì, gli mancherebbero le competenze per gestire questi strumenti e
stiamo cercando di approfondire l’argomento con i professori.
Il nostro percorso professionale: entrambi studente all’IED, un corso di formazione diavviamento all’imprenditoria con Formaper e poi ho seguito l’attività di progettazione di
gioiello come collaboratrice. Poi quando abbiamo fondato l’azienda mi sono occupata di
questioni più di gestione e supervisione dei progetti.
Quello che manca nei profili che arrivano, non è di tipo tecnologico perché le tecnologie si
imparano ad usarle qui tutti assieme. E’ più un discorso di fargli acquisire competenze di
tipo gestionale del progetto, in modo che sappiano gestire a tutto tondo un progetto,che sappiano farlo maturare in modo equilibrato.
E’ un settore di competenze che stiamo cercando di far crescere.
Storicamente il designer è sempre stato capace di fare tutto, dall’ideazione al project
management ed effettivamente quasi tutti gli studi di design si sono formati attorno ad una
figura in grado di gestire tutti questi ambiti.
Però un’effettiva capacità di pensare al management in senso allargato, a creare una
società che esca dall’ottica del singolo, che sia maggiormente strutturata… probabilmente
non c’è una formazione in questo senso e non ce né stata nemmeno mai l’esigenza sul
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nostro territorio dove le realtà sono molto piccole e quindi una struttura più articolata
come la nostra non è ancora comune.
Nei vari studi che sono stati fatti sulla realtà milanese è sempre stato confermato che in
percentuale, gli studi che contano più di 10 persone sono infinitamente meno degli studi
composti da 2 o 3 persone; quindi la necessità di design management non è molto alta.
I clienti si interfacciano direttamente con i ragazzi, noi gestiamo solo la parte di approccio
e la parte più amministrativa.
Non esiste una figura come l’accounter pubblicitario, la nostra struttura rimane comunque
molto snella… non abbiamo un commerciale puro perché comunque in questo settore non
credo funzionerebbe molto, io gestisco direttamente i rapporti con i clienti e credo che
questo sia un punto di forza: porto la mia esperienza e quindi la sicurezza, sono in grado di
parlare dei progetti e di spiegarli in modo completo, proprio per via delle mie
competenze… è per questo che un commerciale classico è difficile vederlo in questo
settore… perlomeno a Milano, dove il designer è solitamente in grado di autogestire questi
aspetti dell’attività. Tanto per dire, l’ufficio vendite del designer sono gli aperitivi serali,
quindi non c’è proprio l’idea del commerciale.”
6.7 Jacopo Perfetti (Art Kitchen)
Sulla propria attività
“Art Kitchen è un’organizzazione creativa che promuove e sviluppa progetti artistici,
culturali e sociali attraverso la realizzazione di mostre, eventi, progetti etici e campagne
marketing, con il fine di diffondere l’Arte, creare esperienze e far tamburo del mondo.
Ci relazioniamo con diversi mercati, dal marketing all’arte contemporanea, dove abbiamo
la possibilità di sperimentare sempre nuove forme di interazione con il pubblico, anche se
oggi, soprattutto tra i grandi brand, è difficile trovare partner che abbiano veramente il
coraggio di osare. Quello che li spaventa maggiormente sono i numeri e il famigerato
ritorno sull’investimento.
E’ per questo motivo che ci ritagliamo attività nostre che si relazionano anche con altri
mercati, da quello sociale a quello educativo. Per noi è importante avere sempre nuovistimoli, non a caso i tre dogmi su cui basiamo ogni scelta professionale sono:
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- ARTE : fare solo quello che ci appassiona e in cui crediamo.
- CASH : prevedere sempre un ritorno economico che ci dia la possibilità di sostenere
i nostri progetti.
- GLORY : realizzare progetti a lungo termine che possano costruire un mondo
migliore.
Il progetto perfetto è l’equilibrio delle tre variabili, ma questo accade raramente, spesso
prevale una variabile sulle altre ma sono comunque sempre presenti in Art Kitchen.”
Sui profili professionali
“Nel bene e nel male noi non siamo uno studio di avvocati, quindi la selezione del
personale è sempre molto delicata, non esistono ancora figure istituzionalmente Art
Kitchen, e questo ci dà molte più possibilità di selezione.
Quando scegliamo un collaboratore per un progetto valutiamo più la persona (who) che il
professionista (what), quello che cerchiamo sono più le potenzialità umane che il
curriculum; questo perché dobbiamo avere una visione più a lungo termine rispetto ad uno
studio di avvocati, dobbiamo capire in anticipo cosa faremo in futuro, capire di che
competenza avremo bisogno.
Il tutto è abbastanza difficile perché ogni progetto è una scommessa, o, meglio, un trionfo
della speranza sull’esperienza. Non a caso in Art Kitchen abbiamo figure professionali
molto diverse tra loro, c’è chi ha una laurea in Bocconi, chi in Antropologia e chi non ha
alcun titolo di laurea.
Prendiamo ad esempio Mattia, ha vissuto a Sidney per un anno e mezzo, ha lavorato per Vodafone come creativo, ha un’energia innata, buone vibrazioni, sa cosa vuole fare nella
vita e soprattutto, si riconosce nei valori di Art Kitchen. Questo è più che sufficiente per
essere parte della nostra squadra.
In Art Kitchen non vogliamo chi è già il migliore nel suo settore, vogliamo persone
motivate ad essere i migliori perché sappiamo che con noi possono diventarlo. Per lavorare
in Art Kitchen è necessario avere la consapevolezza di fare il lavoro della propria vita,
altrimenti è una perdita di tempo tanto per lui quanto per noi.
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Cerchiamo solo persone extra-ordinarie (fuori dall’ordinario), non a caso ci definiamo
un’organizzazione professionale di non professionisti. Del resto chi è troppo dentro la
propria professione non inventerà mai nulla di nuovo.
L’età di chi lavora in questo studio va dai 23 ai 28 anni; la media è sui 24.”
“Il fattore soldi è un argomento che in qualsiasi ambito va trattata fin da subito con
esemplare chiarezza. Partendo dal presupposto che i soldi sono una necessità nel momento
in cui strutturiamo una nuova collaborazione in Art Kitchen cerchiamo di garantire una
formula di compenso che soddisfi queste necessità. C’è chi ha bisogno di un rapporto più a
lungo termine e chi legato ad un solo progetto o ad una consulenza. Il compenso non è
altro che un equilibrio tra le necessità del collaboratore e le disponibilità reali della
società.”
Sulla struttura ed organizzazione societaria
“Dare una struttura, tanto societaria quanto organizzativa ad Art Kitchen, è stato, e lo è
tutt’ora, il passaggio più delicato con cui io e Ivan (mio socio) ci confrontiamo ogni giorno.
Per questo motivo abbiamo creato delle linee guida tanto sulla filosofia che sta dietro ad
Art Kitchen quanto sulla struttura di ogni nostro progetto.
La nostra filosofia si fonda su un manifesto (consultabile sul nostro sito
www.artkitchen.org) strutturato in tre punti:
01. We Spread Art (Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo)Noi crediamo nelle nostre idee, nel valore della diversità, nella magia dello stupirsi e
dell’eccezionale. Cerchiamo nuovi orizzonti per nuove strade, soluzioni a problemi non
ancora posti, senza scordare che i sogni non devono trasformarsi in scuse per rimandare o
trascurare ciò che già esiste.
02. We Create Experience (Ordine è disordine con scarsa fantasia)
L’arte è la base di tutto quello che facciamo, ne vogliamo una dimensione popolare, oltre le
elite e gli status quo esistenti. Combattiamo l’ordinarietà e la mediocrità, ricerchiamo lo
stupore e l’emozione, amiamo le sfide, commettere nuovi errori, lavoriamo per passione
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prima che per dovere. Seguiamo i nostri valori e le nostre convinzioni, proponiamo
esperienze solidali, facciamo business etico, intelligente e creativo.
03. We Rock the World (Chi pesta i piedi fa tamburo del mondo)
Sappiamo che i fatti contano mentre le chiacchere fanno solo numero, abbiamo fiato forte
e voglia di andare avanti, di costruire un mondo più giusto senza illusioni, che ogni cosa
prima o poi s’avvera, se non temi gli sbagli, tanto meno gli spintoni.
A livello societario e progettuale invece ci siamo ispirati al modello societario ideato da
Hegel che abbiamo opportunamente declinato in un contesto più contemporaneo e
funzionale. Ogni nostro progetto si struttura su tre ruoli necessari:
- Francia: Chi mette il genio e l’innovazione necessaria alla straordinarietà di un progetto.
- Inghilterra: La parte razionale e di management che segue le fila di un progetto.
- Germania: Chi apporta il Know How di un progetto e segue lo sviluppo pratico.
In definitiva se qualcuno crede in questi valori e condivide questa struttura, è preso.”
Sulle competenze richieste
“In linea generale ad ogni collaboratore chiediamo di condividere i valori su cui si fonda
Art Kitchen e di essere incline al seguire i propri sogni. Nel particolare, ogni progetto o
ruolo prevede competenze dettagliate, sicuramente è necessario:
- Sapere l’inglese.
- Sapere usare strumenti base come Photoshop, Word e la rete.
- Avere buon gusto e, soprattutto, una generale predisposizione positiva nei confronti
della vita.
- Sapersi presentare (la superficie è una promessa).”
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6.8 Liliana Forina (Fondatrice Cross Creative)
Head Producer, Autore e Regista per la tv e i media digitali. Laurea DAMS in
Comunicazioni di Massa con Umberto Eco. Ha lavorato per Mediaset, RaiUno, Raitre,
RaiEducational, Mtv Londra, MT Channel, Discovery Channel. Nel 1996 è stata fondatore eco-direttore di Numero 0 - Merano Tv Festival - Nuovi Format Tv, con il supporto di
RaiTre e gruppo Mediaset. Nel 2007 ha ideato con Laura Tettamanzi il More Than Zero
Crossmedia Festival (1st edition 2008) e alla fine del 2008 ha costituito con Marina Brezza
Cross Creative s.r.l. (novembre 2008).
Sul Software mashup
“Ormai è tutto un mashup (insieme organizzato e cooperativo di software diversi e/o di
elementi software indipendenti che concorrono ad ampliare le funzionalità di un sistema
interattivo digitale, es. sito, applicazione, etc.) di diverse componenti, peròsu certi aspetti
si è ancora indietro, per esempio in SIAE c’è la possibilità di registrare un applicativo però
non se è un mashup.
Quindi in realtà l’intelligenza ora sta nel far dialogare diversi sistemi (google maps, feed
rss,ecc..). Si può poi registrare l’interfaccia ed il marchio, ma non l’applicativo stesso, e
nemmeno l’idea, sono cose non ancora brevettabili.
Quindi teoricamente uno può rifarla con un'altra interfaccia e copiarmi l’idea… in realtà
noi ci stiamo lavorando da 6 mesi (6 mesi di vantaggio sullo sviluppo), ed oltre all’idea di
base abbiamo già organizzato una redazione che fornisce i contenuti e che non si può
“copiare”. In definitiva è comunque difficile copiare pari pari un’idea di servizio e rendersi
competitivi.”
Sullo Studio “Cross Creative”
Cross Creative s.r.l. è una agenzia di comunicazione e consulting crossmedia al servizio di
soggetti istituzionali e privati orientati verso l’open innovation, e il social networking 2.0.
Fondata da due professioniste nel novembre 2008, sviluppa e realizza progetti, applicativi
e format innovativi per il marketing territoriale, l’advertising e il social media marketing.
“Pure cross media creativity significa creatività cross mediale applicata su vari tipi di
oggetti comunicativi che riguardano l’intrattenimento, la pubblicità e format dicomunicazione, il marketing territoriale e al brand entertainment.
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Sono tutte forma nuove di comunicazione che richiedono una serie di professionalità
nuove che ovviamente includono vecchie competenze e nuove competenze.”
Sui nuovi profili professionali
“Tutti giorni ci arrivano curriculum molto buoni e molto “skillati” sia di studenti sia di
professionisti che si propongono come webmaster, ufficio stampa. Ecc..
Però quelle sono figure professionali vecchie, noi guardiamo a quelli con più competenze,
interdisciplinarietà.
Per esempio noi abbiamo l’ufficio stampa ma chi ci lavora deve saper comunicare con tutti
i blogger, gestire una rassegna stampa scaricando da pagine online, ecc.. non ci serve un
ufficio stampa regolare, ma una figura che abbia la capacità di diffondere la notizia tra le
community, che abbia le competenze tecniche per usare gli strumenti.
Questa figura confina con quella del “Community Manager” che è una persona in grado
di entrare in una community ed animarla, trasmettere interessi in modo virale, comunicare
il brand in modo non sospetto, riuscire a creare una reputazione online del brand stesso.
Sono nuove figure di “ufficio stampa” e “public relation”.Cè anche la figura del PR internet, molto ricercato, colui che crea aggregazione rispetto
ad un interesse, che smuove, che crea rumore… il Buzz manager è più legato al marketing
Word of mouth manager, viral manger, ecc… nuove parole date a vecchie funzioni.
Il passaparola è sempre esistito, con la rete tutto questo si amplifica e si può raggiungere il
target ovunque sia nel web.
Questo oltre ai webmaster ed ai web developer, che sono comunque figure abbastanzarecenti con un bagaglio misto di competenze tra cui scrittura di codice ed utilizzo di altre
tecnologie, devono saper caricare un video su tutti i social network, creare un invito
interattivo ma leggero, ecc..”
Intervistatore: < senza definirli degli smanettoni evoluti con un background culturale un
po’ di livello >
“Ecco, la cosa difficile è per esempio trovare degli smanettoni come hai detto tu che
sappiano scrivere bene.
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Per esempio la nosta web agency è composta da 5 ragazzi di cui quello che compila i codici
è un laureato in Filosofia con la passione del digitale ed è in grado di fare mash up.
Molto spesso invece, gli informatici puri non sono in grado di capire queste architetture
evolute.
Poi cè questa figura dell’architetto culturale già venuta fuori nei primi del 2000 ma
tutt’ora sconosciuta.
In realtà l’architetto culturale è colui che fa un impianto per un evento (l’evento non è solo
fisico, può essere in streaming , può essere un barcamp,..) deve quindi sapermi gestire i
diversi aspetti con diverse competenze, dall’organizzazione pura e logistica all’ufficio
stampa , alla parte tecnologica,..
Necessità di figure d’interfaccia per gli eventi, persone che sappiano tenere d’occhio gli
aspetti più tecnici e di compatibilità, affinchè tutto funzioni come da programma,
altrimenti basta una sciocchezza a rendere inutilizzabile tutto.
Si tratta di profili con plurricompetenze che da un lato arricchiscono l’evento , dall’altro
aumentano la complessità generale della gestione dell’evento.
Andando invece verso l’alto, c è la figura ibrida del producer esecutivo e creativo,
(figure specifiche evolute rispetto all’organizzatore e al curatore) persone chedevono saper ricreare un processo o una filiera.
Adesso cè molta scarsità di process manager, ovvero chi sia in grado di capire tutti i
passaggi di un processo creativo di un progetto in generale.
Il content manager è in grado di trovare le sorgenti di contenuto (foto, testi, filmati,
idee, file, eccc..) rispettando l’etica del web, mixarle e formattarle perché abbiano una
propria nuova identità.
L’account spesso adesso lo fa l’amministratore delegato, perché sono le uniche figure ingrado di vendere un progetto complesso, comunicarlo al cliente, modificarlo nel caso e
suddividere il lavoro lungo la filiera.
L’energy manager dà empowerment su varie aree e su varie divisioni, un’empowerment
culturale e lavorativo, ha competenze assolutamente trasversali.
Noi stimoliamo tutti i giovani che ci propongono idee a darci la fattibilità, quali
committenti coinvolgeresti?
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Quindi l’importante adesso è incrociare le competenze creative con la consapevolezza di
produzione e di delivery, quali sono gli elementi di cui hai bisogno?
Sia che tu faccia il community manager, o il web designer tu mi devi dire la tua fonte
d’ispirazione, assicurare che l’idea che stai proponendo è originale.
Un ragazzo si è proposto come managista (manager-regista) perché crea video ecc… pero’
trova anche aziende interessate a svilupparli.
E’ importante capire le comepetenze di cui si ha bisogno, e mettersi nei panni di chi mi
dovrebbe sostenere: perché dovrebbe farlo? Come convincerlo?
Sapersi inserire in queste nuove filiere.
Quando MTV fece il bando di gara per l’head producer in italia non esisteva nemmeno la
figura del producer.
“L’età doveva essere tra i 22 e i 25 anni ma non riuscivano a trovarla perché erano tutti
monocompetenti, alla fine chiamarono me che ne avevo 36 ma ero l’unica con multi
competenze in grado di governare tutto (scrittura, regia, gestione del budget, ecc..)”
Formazione: liceo scientifico (i numeri servono), laurea al Dams con Umberto Eco
(semiologia dei Media), un anno di tecnica audiovisiva, per apprendere la pratica, poi
lavoro come regista a mediaset,… Adesso sicuramente ci sono più possibilità di formazione sull’audiovideo, ma l’audiovideo
non basta più, va declinato con il web ecc..
Adesso è importante una figura che con il pc mi fa le conference call su skype, mi scarica
dei materiali online, mi fa dei video col suo pc, me li carica sui social network, mi sa
lavorare con la grafica.”
Sull’istruzione ed agevolazione della creatività
“Il grafico che esce da Brera ad esempio è un illustratore pero’ non mi sa fare il motion
picture,…
Più che affidarsi ai sindacati delle vecchie professioni, ci si puo’ aggiornare ed aquisire
nuove competenze lavorative semplicemente frequentando dei corsi, anche quelli
organizzati da regione e provincia nell’ambito delle nuove tecnologie, senza ricorrere all’
IED.
Anche perché poi spesso non occorre essere dei super tecnici: nell’ambito
dell’interdisciplinarietà è più importante saper fare un po di tutto che una sola cosa bene
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(es. saper dialogare con diverse figure professionali e poterle gestire in modo efficace,
parlando il loro linguaggio).
Non vediamo i mestieri della creatività solo come quelli di fascia alta: alcune competenze
creative ora sono date per scontate.
Bisognerebbe comunicare meglio questi corsi della provincia e far capire che anche dal
basso, e non solo tra chi esce dal Politecnico, si possono trovare questi profili creativi.
Un po’ sei tu che ti devi far fare e questo in italia secondo me manca: non aspettare che
qualcuno ti chiami ma andare a proporti.
E’ più una questione da lavoratore autonomo, imprenditore di se stesso, i bandi ed i
concorsi sono cmq rari come vere opportunità.
Pensando a tutti i ragazzi che usciranno dall’università e rimarranno a spasso, mi viene da
pensare che sia solo un modo per dare la paga ai professori: bisogna dargli la possibilità di
giocarsela, di sapere come cavarsela, darlgi consapevolezza sugli strumenti per questo
lavoro.
Sicuramente lo sguardo internazionale, sapersi proporre fuori, importante la lingua
assolutamente.
Ad esempio chi sa leggere un bando in inglese dell’unione europea?Se ci fosse un servizio della Provincia sull’interpretazione di alcuni bandi, sicuramente
darebbe la possibilità ai giovani di proporsi ad altri soggetti già sapendo di poter puntare
sul supporto dell’Europa.
Noi premiamo chi è in grado di proporre qualcosa di suo, una sua visione: il creativo deve
avere una sua visione, altrimenti ti proponi come “operai”.
Operai degli strumenti di comunicazione, invece del tornio usano il computer.”
6.9 Lodovico Gualzetti (Magut Design)
Lodovico Gualzetti inizia l'attività lavorativa nel 1977, prima come collaboratore esterno e
poi come dipendente presso una casa editrice, con mansioni di progettista grafico.
Diplomato nel 1981 come assistente grafico ENIPG (Ente Nazionale per l'Istruzione
Professionale Grafica). Dal 1983 lavora come libero professionista, attività che svolgetuttora all'interno del progetto Magut Design occupandosi di progettazione grafica, per
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clienti sia del settore pubblico che di quello privato. Realizza progetti di comunicazione
visiva nei campi della grafica editoriale (libri,riviste), dell'allestimento (convegni, stand,
mostre, sistemi di segnaletica), della grafica per mostre e musei, dell'immagine aziendale
(marchi,marchi di prodotto), della grafica in rete e della comunicazione visiva in genere.
Sull’attività del grafico
“Le cose sono cambiate da quando è nata la facoltà del design sono state attivate lauree
triennali, con il biennio successivo di specializzazione, che affrontano il design secondo
differenti aspetti, però spesso escono studenti che non sono proprio “finiti” dal punto di
vista professionale, ma hanno un’infarinatura su tutto.
In realtà per la nostra attività forse servono figure così come collaboratori; figure più
flessibili da affiancare ai progettisti. Chiaramente rispetto alla grafica, che il nostro core
business, hanno delle lacune non indifferenti.
Io parlo soprattutto dei laureati del politecnico, perché tra chi ha studiato 3 anni (vedi
IED) e chi ha studiato 5, prediligo il secondo perché è più maturo … e poi ha studiato 2
anni in più.
Adesso stiamo facendo un’esperienza un po’ particolare perché l’ultima persona che lavora
qui da noi, che tra l’altro ha cominciato da un paio di giorni, è una ragazza laureata inlettere a Genova e poi ha studiato a Londra comunicazione visiva, e siamo molto curiosi di
capire se questa formazione all’estero può essere più funzionale alle nostre esigenze.
Diciamo che stiamo pensando di aprire una porta sulla formazione extra-italiana.
Inoltre da noi lavora una ragazza per il settore web che viene dal politecnico 3 anni più un
anno di corso della provincia, e lei ha un contratto a progetto; un ragazzo sempre dal poli
che ha fatto 5 anni e con lui abbiamo un accordo su dei lavori che stiamo facendo assieme;
e poi valuteremo …”
Sulle nuove figure e competenze
“L’accento è sulla trasversalità delle competenze e sulla flessibilità. Ad esempio, lavorando
negli allestimenti, lo standard che si usa è il .dwg, mentre una volta disegnavamo tutto a
mano o al computer con altri programmi, quindi fortunatamente i nuovi laureati al
politecnico sanno gestire il .dwg . Se dovessi pensare alle mie esigenze, innanzitutto noi
facciamo fatica a pensare all’internazionalizzazione; quello che consiglio sempre ai ragazzi
è di pensare al mercato europeo, però questo mercato europeo, immagino che verrà, ma
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non so in che forma. Paradossalmente noi non riusciamo a capire (nonostante siamo
inseriti in circuiti e network europei) i prezzi del nostro lavoro praticati negli altri paesi. Io
non so a quanto venga venduto il mio lavoro in Francia, Inghilterra, Germania,…
Per i ragazzi sarebbe interessante che si mettessero già in una situazione di matching con
altri neo laureati stranieri, per noi è difficile anche solo per la lingua…
Quindi l’idea, per il creativo di domani è una figura che parla benissimo l’inglese, la lingua
del lavoro, e che ha contatti in Europa o comunque è in grado di svilupparli; parlo di
contatti al suo livello: per me con il mio studio è anche difficile trovare altri studi disposti a
partnership … per un giovane è molto più facile.
L’altra cosa è che non ci sono figure di rapporto con il cliente (non l’account dell’agenzia di
pubblicità) figure che siano in grado di creare una strategia di rapporto con i clienti o che
siano in grado di cercare clienti; che non siano prettamente formati nel marketing o nelle
agenzie pubblicitarie.
Insomma la capacità di essere un product manager su un lavoro complesso come un
allestimento o una mostra, ecco quella formazione lì, non c’è ancora.
È un po’ la capacità di mettersi in rapporto con il mondo del lavoro, che adesso è diventato
molto più complesso di come era un tempo.
È differente dall’account perché l’account porta a casa di tutto, spesso lavora su
percentuale e quindi tende a non selezionare e a non dialogare in modo completo.In architettura queste figure esistono già, ma d’altra parte l’architettura è un sistema
abbastanza completo e strutturato per quanto riguarda gli strumenti e la regolamentazione
anche dei prezzi. Forse il problema sta proprio qua: il design non si è mai strutturato in
modo completo, non ha regole, è sfuggente, quindi è difficile formare questo tipo di figure.
In realtà il fatto è che le varie discipline del design non hanno dei confini precisi per cui la
stessa immagine del creativo designer è qualcosa di poco definito, con competenze variabili
ed in continuo sviluppo.Il rischio a volte è che si ricada nel tecnico, trovi chi sa usare benissimo uno strumento
informatico, un programma, ma gli manca quel background creativo-culturale tipico del
designer. Quindi in definitiva si deve lavorare sulla creazione di uno STATUS del creativo,
com’è avvenuto in architettura ad esempio. Istituzionalizzare un po’ il design: chi è il
creativo? Chi è il designer?”
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6.10 Maria Grazia Mattei (Fondatrice MGM Digital Communication)
Giornalista e critica d’arte dal 1979, esperta di nuove tecnologie della comunicazione,
Maria Grazia Mattei indaga i territori del digitale nelle sue declinazioni tecnologiche,
sociali, culturali attraverso un’attività critica e di ricerca che interpella gli esponenti e ifenomeni più significativi del cyberspazio. Nel 1995 fonda la MGM Digital Communication,
centro di ricerca, studio e diffusione della cultura dei nuovi media, e nel 2005 dà vita a
Milano a Meet the Media Guru. Numerosi gli ambiti della sua attività: eventi, rassegne,
festival, mostre, pubblicazioni, seminari, convegni di livello internazionale che la vedono
collaborare con prestigiosi enti stranieri, come il Siggraph statunitense, e realtà
istituzionali, formative, culturali e professionali italiane.Attualmente collabora al progetto
della Camera di Commercio di Roma “Padri analogici e figli digitali. Cultura e
cambiamento”.
La comunicazione
“Le nuove figure professionali che ragionano in termini di eventi e comunicazione, devono
saper utilizzare gli strumenti e la rete nel modo giusto devono saper orchestrare;
necessitano di competenza tecnica, sensibilità ma devono anche saper sviluppare una
strategia di comunicazione efficace.
Attualmente tutte le agenzie di PR e di comunicazione in generale sono in crisi, tendono
infatti ad applicare le vecchie procedure e piani di comunicazione anche ai nuovi media:
non hanno compreso la portata rivoluzionaria, anche a livello culturale, che
questi new media e social media possiedono. Chiaramente l’utilizzo errato di questi
strumenti rende la comunicazione inefficace. In particolare in Italia non c’è ancora stata
un’agenzia in grado di comprendere ed utilizzare nel modo giusto questi mezzi. Guardando
all’estero invece esistono dei casi eclatanti come quello di Cory Doctorow, che pubblica i
propri romanzi online, scrive su un blog e che si è auto costruito come personaggio; di
fatto lui e la sua persona costituiscono il brand da promuovere.
Il problema qui non è come si costruisce un sito, come lo si rende accessibile,… ma come
faccio a veicolare la comunicazione? A farla viaggiare? E soprattutto come creo
reputazione online? Con quali strumenti?“
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La circolazione delle idee
“Le idee devono circolare, l’idea non può essere di qualcuno: chi le realizza meglio o prima
vince. L’importante è che l’idea non si fermi. In realtà poi sarebbe meglio per tutti se invece
di rubarci le idee e di copiarci, collaborassimo assieme creando una sorta di piattaforma
open-source. (le dinamiche collaborative sono quelle che creano maggior valore) ed in
un’ottica di competizione globale non possiamo semplicemente pensare al nostro orticello
sperando così di vincere la sfida. L’italia è in una posizione precompetitiva rispetto al
mondo, l’unico modo per competere è allearsi.”
Sulle nuove figure e competenze
“Il buzz manager è una figura quanto mai necessaria ma purtroppo ancora difficile da
trovare. Oggi puoi trovare persone con il “pallino” della tecnologia e di internet, oppure
persone uscite dalle scuole di comunicazione che sappiano creare una strategia di
comunicazione nel modo tradizionale (e quindi adatta solo ai media tradizionali); ma è
impossibile trovare qualcuno che abbia le capacità tecniche per gestire in modo adeguato i
social media ed allo stesso tempo sia in grado di mettere in atto, di orchestrare,
un’efficace strategia adatta a questi media.
Il buzz manager:
- deve avere la testa nel nuovo, orientata al futuro,
- deve avere un impianto classico: avere cultura e conoscere la società,
- conoscere i mezzi e gli strumenti con cui operare,
- avere una sensibilità “sperimentale”, saper provare e agire in senso pratico,
- creare rumore, creare attenzione,- è più da nuova generazione, da chi ha metabolizzato in modo completo le nuove
tecnologie.
Non è solo un tecnico in grado di usare e maneggiare i new media e non è nemmeno chi
pianifica a tavolino le campagne di comunicazione: con la rete non si può solo
pianificare, i ritmi ed i cambiamenti sono troppo rapidi per seguire un
programma per così dire “teorico”.
Infine deve essere polivalente, capire i processi , la società, gli strumenti, deve saper
sperimentare, fare pratica, essere attento all’ascolto.
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(in pratica c’è una fusione dei ruoli, per cui non c’è più chi pianifica e chi mette in atto
ma un unico ruolo, una sola persona che deve essere consapevole sia degli aspetti teorici,
che avere le competenze pratiche, in modo da poter orchestrare al massimo tutti gli
strumenti e da poter reagire in modo rapido ed efficace ai cambiamenti del web).”
“C’è poi il giornalista web. Non si occupa semplicemente di un giornalismo trasportato
nello scenario on-line ma ragiona in un certo modo, sa impaginare in un certo modo,
magari è più audio e visuale e meno scritto, sa diffondere le notizie. Il giornalismo
tradizionale non scomparirà ma diventerà iperlocale, sintetico, che raccoglie le
basi.”
“Il regista digitale e in particolar modo in questi anni, il regista 3D, ha conoscenze di
fotografia, di tecnologia, degli strumenti digitali, il direttore di fotografia ed il regista si
stanno fondendo in un unico ruolo. In Italia mancano competenze tecniche per il cinema
3D. Peraltro il 3D non si adatta bene al genere classico Italiano (commedia,...). Lo stesso
vale per gli autori dei copioni: la storia dei film o degli spot televisivi dovrebbe essere
pensata sapendo già che si utilizzeranno certe tecnologie, in modo da sfruttarle a
dovere.Non ha senso raccontare le stesse cose adattandole ad una tecnologia diversa; (un
po’ come si diceva per il Buzz Manager: nuove tecnologie→ nuove strategie)”
6.11 Milka Pogliani (Direttore Creativo Esecutivo McCann)
Milka Pogliani, piemontese, muove i primi passi quale sceneggiatrice per la Rai e la
pubblicità. Entra poi in J.W. Thompson come copywriter, passando in seguito alla
Benton&Bowles, per lavorare con Gavino Sanna. Arriva in McCann nel 1979 ed è senior
copywriter. Diventa presto direttore creativo esecutivo, sino a coprire l’attuale carica di
presidente e direttore creativo esecutivo McCann Worldgroup, cui si aggiunge, nel 2005,
quella di chairman del Creative Council di McCann Emea (Europe, Middle East & Africa)
Ha partecipato alle giurie dei più importanti Festival internazionali di Advertising (Cannes,
Clio, Golden Drum, ecc) e dal 1999 al 2002 è presidente dell’Art Directors Club Italiano.
“Oggi il mondo della comunicazione è mediamente piatto e chiuso all’ingresso di talento
giovane. E’ chiuso all’interno ma, appunto, anche dall’esterno: mentre una volta c’erano
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molte richieste di persone giovani per fare stages (“vengo da voi così capisco bene il
mestiere…”), adesso non ne arrivano più, nonostante la crisi.
Da fuori arrivano richieste, ma di persone che, a causa delle pesanti ristrutturazioni del
nostro settore, sono sulla piazza. E sono quindi professionisti già avviati.
C’è stato un disamoramento progressivo verso il mondo della pubblicità: mentre gli anni
‘80 erano gli anni del “che bello fare il pubblicitario” adesso il mito è abbastanza caduto,
non c’è più un particolare interesse alle professioni legate alla comunicazione.
Le scuole che formano i nuovi professionisti sono scuole che da un lato garantiscono posti
che poi non ci sono, con corsi molto costosi… “stagisti forever” questo è il titolo triste del
film… e poi - a parte qualche lodevole eccezione - danno una formazione scolastica che
nel nostro mestiere non serve particolarmente. Certo, ci sono delle conoscenze di base che
sono utili ma devi avere più una cultura “camaleontica”, di curiosità, di
approfondimento, di cultura,… che queste scuole non ti danno… ti intruppano, vai alle
lezioncine, ecc..
Non vedo uscire persone che avendo un talento, lo possano far “esplodere” davvero:
arrivano qui con già i difetti di un creativo vecchio: coi paraocchi e standardizzati,
schematizzati.
Le scuole di design e di fashion sono già più interessanti perché lì c’è un talento attivo,
estroverso, una voglia di farcela che poi viene fuori. Sono purtroppo poche le scuole dicomunicazione che mi sembrano all’altezza del mercato.
Che cosa è richiesto oggi dal mercato?
Una preparazione che sia molto eclettica, vasta… devi essere un pensatore, fare strategia
mettere in fila i dati, interpretarli ed arrivare a un’idea forte, originale, impattante e
coerente con la strategia .
Questo non succede ancora purtroppo.
Oggi le persone sono al centro di tutto, noi non siamo più i persuasori occulti di una volta,sono loro che dettano le regole, giocano il nostro gioco con consapevolezza e intelligenza.
Quindi è necessaria una capacità di capire gli stimoli che vengono dalla gente comune.
Le agenzie sono ancora troppo chiuse riguardo alla user content generation e così
rischiamo di diventare solo dei piccoli tecnici.
Una volta si ricercava il talento al di fuori delle scuole, attraverso il passaparola,… ora
anche questo non viene più fatto.
Ad esempio, anni fa uno dei nostri copywriter più brillanti veniva da un’esperienza di
amministratore di condominio!!
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C’è anche molta confusione nei confronti della professione da parte dei giovani: se gli
chiedi cosa vogliono fare non hanno un’idea decisa: ti rispondono con un elenco di cose
che gli piacerebbe fare, di tutto, di più, come diceva il nostro vecchio claim per la Rai.
Evidentemente manca un orientamento preciso, in base al talento.
E’ tornata anche l’insicurezza (un po’ borghese): lo si vede dai discorsi che fanno: “io a
fine mese devo pagare il mutuo dell’appartamento”. Prima non era questo il problema,
dell’appartamento non importava a nessuno, un sottoscala andava bene… Adesso c’è il
tentativo disperato di trovarsi una scrivania con la sedia, da bravo impiegato. Anche se,
ovviamente, capisco l’incertezza e la paura del futuro.
Stranamente quello che bisognerebbe ritrovare è la passione: poi magari vado a far le
pulizie negli uffici, ma io vorrei fare questo.
Da alcune scuole all’estero vedi proprio che escono persone che hanno passione e tanta
freschezza: questa è un’altra cosa che manca, la freschezza, tante cose che vedo invece
sono trite e ritrite, piatte…
E poi manca il coraggio, il dimostrare di avere nervo, di crederci, di discutere anche con il
tuo capo, ecc…
Poi come sempre cerchi di metterti nei panni di queste persone e di giustificazione ce ne
sono… però sono comunque cose che mancano.
Sono tornata da poco dalla giuria di The Cup è una specie di grande gara intercontinentale,che riconosce i lavori migliori e già premiati dal Sudamerica, dall’ Asia, dall’Est,
dall’Europa… e ci sono cose veramente fresche, nuovi modi di usare i media e le
tecnologie.
Qui siamo stati viziati dai budget degli anni ’80 e dal fatto che dovevi fare spot per la tv
altrimenti che creativo eri….
Fuori dall’Italia invece fanno di tutto e la televisione è una piccola parte del media mix..
E poi hanno una capacità di reazione incredibile… qui invece abbiamo tutto acompartimenti, una burocrazia da far invidia allo stato… Se spedisco un brief a Mumbai
dopo 48 ore ho già 9 idee sulla scrivania, Perché? Perché sono più istintivi, meno
incasellati, ancora una volta più freschi..
Io poi non credo più al genio solitario, si tratta solo di lavoro di team.
In Sudamerica ad esempio, all’interno del network McCann hanno preso un’ iniziativa
molto interessante: chiunque abbia una passione (musica, computer,…) una volta ogni 3
mesi può far circolare tutte le idee nuove che ha scoperto… ed è incredibile perché
vengono fuori degli stimoli davvero interessanti, queste persone sono diventate un team
creativo trasversale all’interno del network McCann.
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Anche se qui a Milano siamo quasi tutti italiani, il fatto di avere un network internazionale
ti dà accesso a risorse anche straniere…
Noi spesso mandiamo alcuni dei nostri a fare esperienze in altri paesi, io metà del reparto
creativo, se potessi, lo manderei in India domani mattina…
Quando hai clienti con interessi internazionali è chiaro che devi mettere assieme team
internazionali, ma ormai non è necessario stare nello stesso posto.
Roma è diventata una buona alternativa a Milano ma è ancora “piccola”, e un
po’ provinciale… magari proprio per questo si potrebbe fare qualcosa di interessante, di
diverso rispetto a Milano, anche perché gode comunque di ottimi talenti, oltre che di una
scena importante nel comparto cinema e video. Lì le agenzie sono di dimensioni più
contenute e questo favorisce un modo di lavorare che è molto più di interscambio e più
orizzontale.
A Milano, invece, capita di non vedere una persona per un mese finchè non ci incrociamo
in ascensore…
Sarebbe però importante non separare i reparti, cercare di mantenere frequenti contatti.
Una cosa che qui non si fa e ho visto fare in Inghilterra è che le persone giovani vengono
portate a tutte le riunioni con una funzione di “tappezzeria” dichiarata. E così alla riunione
con il grande CEO di una azienda importante ci sono 2 o 3 ragazzi che ascoltano, imparano
le dinamiche, fanno esperienza di vita ecc…Milano? …il salone del mobile… ormai c’è solo quello, Milano ha perso completamente
qualsiasi egemonia culturale o creativa.
Il Fuorisalone è l’unica manifestazione con qualche spiraglio creativo.
Io vengo da un evento che è stata organizzato ieri sera a Torino: The Museum of
Everything” nato in Inghilterra ed importato al Lingotto da Ginevra Elkann: era una cosa
stupenda, fatto benissimo, allestimento povero ma con delle creatività meravigliose.
Bene, di Milano c’erano 10 persone che io ho riconosciuto, e nessun creativo… e invecec’erano persone da Londra, Parigi, dalla Spagna, dagli Stati Uniti,…
Insomma Milano in questo momento non è una città eccitante, a parte design e
moda… è una piazza che anche sul talento artistico giovane non ha fatto molto.. ma se
non hai la fortuna di trovare un gallerista…. magari è un artista bravissimo, ma cosa puoi
fare? Cosa gli puoi dire?
E’ molto difficile trovare i creativi digitali, non i tecnici, ma chi è in grado di
avere una visione a livello digitale, una competenza creativa digitale.
Ce ne sono pochi e se li contendono in molti… e loro cosa fanno? Si creano i loro gruppi,
ecco questi sono meno interessati alla scrivania…e per noi è uno scouting difficile da fare.
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Una competenza che poi manca è quella della lingua: quanta gente che dice di
saper parlare inglese e poi alla prima riunione…
Per chiudere con ottimismo, che a me non manca mai, questo è il momento del
cambiamento di pelle, è il momento del challenge, è un momento fantastico... se hai
coraggio ti puoi reinventare, poi se sbagli torni indietro, non è quello il problema,
l’importante è provare. Il mondo fuori ha ancora bisogno di noi.”
6.12 Paola Arosio (Camera Nazionale della Moda Italiana)
Sulla propria attività
“La Camera Nazionale della Moda è un’associazione no profit che ha 50 anni di storia;
nasce a Roma, poi con l’arrivo del prét à porter e dell’ampliarsi del mercato, che diventa
fenomeno industriale, si sposta a Milano. L’associazione attraversa un po’ trasversalmente
il settore della moda. Non si tratta di una “Confindustria”, né di una associazione di
categoria ma rappresenta il top di una gamma di aziende che sono alta moda, pret à porter,
servizi, di distribuzione. L’ obiettivo è di promuovere, coordinare, tutelare il made in Italy
della moda.
I due eventi più importanti organizzati dalla Camera Nazionale della Moda sono le 2
settimane di presentazione delle collezioni uomo e donna: collezioni autunno- inverno e
collezioni primavera-estate. Quindi si tratta di 4 eventi all’anno.
La settimana della moda a Milano vuol dire, in numeri, oltre 15000 buyer e oltre 2500
giornalisti che si accreditano da oltre 40 paesi del mondo. E’ quindi un evento più che
significativo a livello internazionale, non solo per la moda ma per l’economia italiana,
considerando poi che la moda è una delle voci che rende attiva la nostra bilancia
economica e serve all’immagine di Milano nel mondo, perché, proprio grazie alla moda,
Milano è conosciuta come portatrice di stile e di eleganza. Parigi e Milano sono le due
capitali della moda. Parigi più per l’alta moda, Milano più per il pret à porter di cui è leader
indiscussa, punto di riferimento internazionale per i calendari degli avvenimenti moda. che
vengono condivisi con Parigi e ai quali il mondo internazionale si deve adeguare. Con
Parigi è stato anche sottoscritto un impegno per l’anticontraffazione.
Complessivamente i maggiori eventi che vengono organizzati sono 9 all’anno e servono a
sottolineare quella che è la vocazione di Milano verso il business aiutando anche ilmomento commerciale della vendita. Abbiamo così creato, oltre alle sfilate, l’anno Moda
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Show Room che è un grande evento di comunicazione e Milano Moda Pre-collezione che
risponde all’esigenza dei buyer di vedere in anticipo dei flash di collezioni perché, in
funzione di questi flash, possano capire se si tratta di una collezione che può interessar
loro, se debbono destinare a una collezione un budget importante, si tratta quindi di un
momento veramente dedicato agli operatori del settore. Anche queste Pre-collezioni sono,
di fatto, un calendario di eventi di presentazione. Infine, l’ultimo evento, il nono, è: Milano
Moda Design. Proprio in occasione del Salone del Mobile la Camera della Moda crea un
calendario Moda Design che presenta prodotti di design creati dal mondo della moda,
Armani per esempio ecc… L’ obiettivo è che , nella miriade di eventi del Salone, vengano
organizzati 30 eventi moda , pubblicati su tutte le riviste del settore, che possono offrire
all’operatore che viene a Milano ed è interessato alla moda design, di orientarsi e saper
dove andare
Infine ci sono gli eventi speciali soprattutto organizzati per aiutare i giovani..
Camera della Moda opera senza contributi statali ma con gli introiti che provengono dalle
quote associative proporzionate al fatturato degli associati, oltre al contributo degli
sponsor per ogni evento particolare. Per essere accettati come soci si viene sottoposti ad
una selezione. Comunque ora che la moda si allarga ai giovani e a molti nuovi creativi c’è
bisogno anche di sostegno pubblico.
Sui profili professionali
Lo stilista è solitamente la professione più ambita e con maggiore fascino per chi decide di
intraprendere una carriera formativa nell’ambito della moda. Gli istituti e le università
tendono spesso perciò ad offrire percorsi di formazione focalizzati su questa figura che,
seppur indispensabile, andrebbe più spesso affiancata da una serie di altre figure
professionali più “tecniche”, spesso erroneamente considerate secondarie.Sarebbe utile a questo scopo cercare di comunicare diversamente al pubblico ed agli
studenti interessati queste diverse professioni, riattualizzando in parte anche la loro
funzione all’interno della filiera produttiva ed il loro significato: un modo per incentivare la
crescita professionale di giovani creativi che meglio riescano a soddisfare le reali ed attuali
necessità del mercato del lavoro del settore moda. Le imprese legate a questo mondo sono
infatti in questo momento alla ricerca di alcuni profili professionali di derivazione
tradizionale: almeno per alcune figure specifiche si avverte infatti l’imminente necessità
di riuscire a dare continuità a certe capacità e saperi che rischiano di non trovare
riscontro in una nuova generazione.
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E’ da sottolineare comunque come quello delle professioni-moda sia un settore variegato e
poco strutturato: non esiste a tutt’oggi in italia una codificazione ufficiale e ciascuna
impresa definisce a suo modo titolo, capacità richieste e ruolo nella filiera di produzione
del valore.
Di seguito alcuni profili di figure di professionali che collaborano per la realizzazione di
una collezione moda: si tratta infatti di una collaborazione stretta ed interconnessa che va
dallo stilista al modellista, all’apparato produttivo al sistema di distribuzione ed analisi del
consumatore.
Modellista - ”Traduce” il disegno dello stilista creando il primo prototipo fisico: è colui
che da forma all’idea di abito. E’ creativo: interpreta l’idea dello stilista. Necessiterebbe di
competenze allargate di storia della moda e del costume, tendenze moda, analisi
sociologica del consumatore oltre che quelle tecniche. Ricercato e, solitamente, ben
retribuito.
Stilyst - Sceglie come abbinare i capi prima di uno sfilata o durante i servizi fotografici.
Figura emergente presente anche nel mondo del forniture e product design. Esistono corsi
di formazione specifici ma generalmente si basa su una sensibilità-moda che è possibileacquisire nel tempo attraverso diverse ed eterogenee esperienze personali nella filiera della
moda.
Sarto - Figura molto tecnica e molto ricercata dalle imprese moda. Necessità di dare
seguito alla première.
Uomo-prodotto - L’uomo-prodotto è una figura cerniera tra chi si occupa delladefinizione dello stile e chi invece della produzione-distribuzione: controlla il processo di
produzione confrontandosi con gli stilisti. E’ colui che si occupa di raccogliere ed
interpretare i segnali che arrivano dal mercato, modificando i dettagli dei capi, a collezione
già realizzata, per avvicinarle al gusto corrente del mercato. Deve saper coniugate
competenze di marketing e creative.
Vetrinista e progettista di punto vendita - La vetrina è uno strumento di
comunicazione fondamentale: il vetrinista non è più semplicemente colui che definisce
cosa e come viene mostrato. E’ una figura creativa in evoluzione infatti che può declinarsi
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in tante forme e può allargare la sua influenza all’interno del negozio per definire il display
di tutto il punto vendita ed oltre, fino a definire gli elementi che coordinano lo stile
progettuale di un’intera catena di negozi. Viene chiamato in diversi modi ma deve saper
coniugare competenze tecnico-creative che solitamente vengono attribuite a certe figure
quali quella del visual merchandiser, dell’architetto, del retail designer, del grafico.
Responsabile showroom - Lo showroom ha un ruolo importante poiché è il punto di
contatto con gli acquirenti e genera feedback per l’azienda moda circa (ha quindi un ruolo
strategico nella definizione commerciale/stilistica futura). Esperto di moda e stile deve
essere precorritore di tendenze (specie se responsabile di un showroom multimarca aperto
ad accogliere giovani stilisti emergenti). Viene coinvolto alla fine della campagna vendita
dalle aziende moda per individuare elementi e caratteristiche del mercato utili per
progettare la nuova collezione.
6.13 Stefania Casacci (Dissociate)
Dissociate si occupa di design e progettazione grafica. Lo studio realizza progetti di
editoria, di identità aziendale, di web e di prodotto integrando differenti tecniche di
rappresentazione (fotografia, grafica e illustrazione) ad una unica metodologia progettuale,
la cultura di progetto. Arrivate al design da percorsi differenti, dopo aver conseguito la
Laurea in Disegno Industriale presso il Politecnico di Milano, Monica Battistella, Stefania
Casacci, Benedetta De Bartolomeis e Cristina Del Buono decidono di lavorare insieme e di
fondare lo studio Dissociate nel marzo 2006.
Oltre a curare progetti su commissione Dissociate ha creato un marchio di maglieria che si
posiziona a metà fra il mondo della Moda e quello del Design: Sartoria Vico.
Sulla propria attività
“Siamo 4 ragazze, tutte originariamente designer, laureate al Politecnico tra il 2003 ed il
2004; siamo partite come studio di design sperando di farlo a 360° poi in realtà abbiamo
fondato il marco di maglieria Sartoria Vico ed ora il 90% del tempo lo dedichiamo a questa
attività. Facciamo anche qualche lavoretto di grafica quando capita, per amici o conoscenti,
ma è poca cosa.
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Ci siamo formate al Politecnico, al tempo non c’erano ancora gli indirizzi per cui abbiamo
fatto un po’ di comunicazione, un po’ di interni ed un po’ di moda.
Dopo la laurea abbiamo iniziato subito a lavorare assieme e produrre cose e nel 2006
abbiamo fondato al società, anno in cui abbiamo anche partecipato al bando “imprese
creative”. I nostri prodotti sono di maglieria e gadget si pongono a metà tra moda e design,
infatti spesso per noi è difficile andare a posizionarli e a proporli ai venditori perché per
alcuni c’è troppo fashion e per altri troppo design. In effetti il nostro approccio non è molto
da “moda”: i nostri prodotti non seguono le stagioni, se piacciono adesso piacciono anche
tra un anno… Attualmente la maggior parte dei punti vendita sono in Italia ma stiamo
cercando di andare anche all’estero. La fascia di prezzo è medio alta.”
Sulla didattica
“Ci occupiamo anche di didattica presso il Poli e la NABA, facciamo workshop di qualche
giorno solitamente nell’ambito della moda.
Poli e NABA sono molto differenti tra di loro il primo da una formazione basata più sulla
teoria e sui classici storici, nella seconda invece c’è molta pratica fin da subito e
l’impostazione è più artistica.
In NABA è molto frequente trovare anche docenti molto giovani o provenienti dall’estero,in generale c’è più movimento e gli studenti si abituano ad aprire la mente, ad essere
stimolati dal nuovo; dal canto suo il Politecnico possiede una solidità che la NABA non ha.
Sono due impostazioni complementari, secondo me dovrebbero fondersi.”
Sulle competenze
“Col tempo anche noi 4, che avevamo la stessa formazione, abbiamo imparato aspecializzarci ognuna in un campo:
- distribuzione
- comunicazione ufficio stampa
- comunicazione e grafica
- produzione
Per quanto riguarda la progettazione chiaramente la facciamo ancora tutte e 4 insieme.
Purtroppo abbiamo scoperto anche che la distribuzione e la produzione prendono molo più
tempo e fatica delle altre due.
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In particolare la distribuzione è molto delicata e difficile da gestire: puoi anche avere un
bellissimo prodotto, ma se non lo fai arrivare in vetrina non lo venderai mai.
In effetti se adesso dovessimo assumere qualcuno, assumeremmo un “bocconiano” o
comunque qualcuno con una formazione di tipo economico e marketing; noi ci siamo
sapute arrangiare, abbiamo sviluppato quasi del tutto autonomamente le altre
competenze che ci servivano, però avere uno specialista che sappia vendere i nostri
prodotti, credo che farebbe la differenza.
Ci sarebbe piaciuto che all’università ci avessero insegnato anche come gestire questi
aspetti dell’attività, sarebbe bello se si potesse fare degi scambi con altre facoltà, poter
assistere alle loro lezioni o perlomeno riuscire a crearsi dei contatti con studenti
specializzati in altri campi.”
6.14 2Roads s.r.l.
2ROADS nasce per promuovere attività legate alla Musica e all’Arte Contemporanea.
Creata a Dicembre del 2006, 2ROADS organizza e gestisce diverse tipologie di iniziative
artistiche e musicali e tutto ciò che è ad esse correlato e funzionale: l’organizzazione di
concerti, festival ed eventi e la gestione di una comunicazione studiata ad hoc per il singolo
progetto ed il suo contesto, coprendo un raggio d’azione che possa esprimere ed esprimersi
in una dimensione che vada oltre il singolo genere musicale e sia capace di venire incontro
alle diverse richieste del pubblico, dei promoter e dei soggetti clienti.
Sull’attività
“Dimensione organico fisso: 4 (1 uomo e 3 donne), il presidente, 2 ragazze operative e 1
ragazza che si occupa della comunicazione web dell’attività. In aggiunta a tanti
freelancer. Cerchaimo di creare un network dislocato geograficamente che supporti
l’attività di house concert.
Tutte sono sempre statie molto appassionati di musica, eventi e spettacoli. La passione
conta tantissimo, è importantissima.
Il presidente è commercialista (continua ad avere anche il suo studio di commercialista).
Katia è laureata in lettere ma ha la passione per internet: ha fatto un master europeo in
mediazione e una laurea a Parigi ed in passato si è occupata delle gare d’appalto.
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L’altra ragazza è laureata in economia e commercio ma è sempre stata molto trasversale
nei suoi lavori, ha fatto la ragioniera per una ditta mentre studiava e poi ha lavorata per
una ditta che l’ha occupata in differenti mansioni. Quindi poi ha pensato di applicare
questa sua multidisciplinarietà a qualcosa che amava.
Il nostro obiettivo è unire più forme d’arte e di comunicazione, remixare,
ibridare, rendere trasversale”
3 anime differenti: musica, arte contemporanea ed editoria.
Musica: organizzazione eventi, comunicazione e promozione, non siamo un’etichetta,
crediamo che sia limitante avere essere un’etichetta perché ti specializzi troppo nei generi.
Al massimo noi aiutiamo a trovare l’etichetta giusta per quel disco e per quell’artista.
Inoltre facciamo la programmazione per 2 locali a milano, curiamo la loro comunicazione,
ci assicuriamo che siano sempre presenti e visibili, teniamo d’occhio la loro concorrenza.
Arte contemporanea: è sempre stata la passione del nostro presidente che tra l’altro aveva
anche prodotto un video artistico. Lui è sempre stato molto inserito nel mondo dell’arte, e
quindi ha poi trasmesso questo aspetto nell’attività
Anche qui si tratta di progetti d’ibridazione cortometraggio più musica ad esempio.
Abbiamo prodotto un cortometraggio poi venduto in un CD nei canali discografici,
accompagnato da un video del backstage e da una mostra fotografica del making of., ilprogetto si chiama “Dovunque adesso”, la regia è di Simone Covini.
Oppure abbiamo fatto una presentazione innovativa in un hotel, proiettando il video nelle
stanze con buffet e lasciando alle persone la libertà di vivere l’albergo.
Editoria: abbiamo appena iniziato ma è un settore che ci interessa molto: come il settore
dell’arte, anche questo è poco dinamico, soprattutto per quanto riguarda la presentazione e
la promozione degli artisti e delle mostre. Dall’HOUSE CONCERT all’HOUSE READING. Anche qui ci interessa la comunicazione dell’editoria, non l’editoria in sé: non siamo
editori.”
I social media sono utilizzati ma nel limite delle loro conoscenze; il budget ridotto non
permette di investire quanto vorrebbero in essi. Usano myspace, twitter, facebook e poi
stanno cercando di implementare un sistema di blog che sia abbastanza flessibile.
Non hanno mai creduto nella settorialità della musica, nella specializzazione dei generi:
loro si occupano della musica e dell’arte a tutto campo. L’ulimo progetto ad esempio sarà
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una mostra di 3 mesi in Triennale Bovisa dove verranno esposti video, film, pezzi d’arte dei
musicisti che si sono dimostrati particolarmente versatili nel mondo artistico.
“In generale questo connubio tra musica ed arte abbiamo visto che è vincente: abbiamo
ottenuto partnership con molti festival ed anche MTV organizzerà 3 giorni a Torino
proprio su questo tema.”
“Per quanto riguarda i nostri collaboratori abbiamo avuto delle esperienze diverse: sia
gente proveniente da master e corsi sullo spettacolo ed organizzazione eventi, sia gente
provenite da altri settori (come d’altronde siamo noi). Possiamo dire che questo non è una
discriminante, anzi spesso le esperienze più deludenti le abbiamo avute da chi si
presentava come già esperto del settore.
L’importante è veramente solo l’entusiasmo, le caratteristiche richieste sarebbero la
passione per il lavoro che si va fare, la curiosità ed una mentalità flessibile che non si
focalizzi sulle cose imparate a scuola ma che le veda solo come strumenti.
Le competenze pratiche sono ad ampio spettro ma mai troppo tecniche, piuttosto si tratta
di saper scrivere bene per i comunicati stampa e sapersi relazionare in generale.
Una cosa che poi ho notato è il fatto che tanta gente che esce dalle scuole di organizzazione
eventi e che non ha mai fatto un lavoro normale in vita sua (quello da 8 ore al giorno perdire), ha difficoltà a programmarsi la giornata di lavoro, rischia di non combinare nulla
semplicemente perché non sa darsi degli orari… alla fine il nostro lavoro è molto elastico,
ad esempio volendo potremmo alzarci a mezzogiorno tutti i giorni, non abbiamo il
cartellino da timbrare…”
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APPENDICE: Schede sintetiche di nuove professionalità a cura di Francesco Procida
DESIGN PRODUCT MANAGER
Risponde a: vertice aziendale
Tipologia e titolo di studio: Preferibilmente laurea 5 anni architettura/design (es.
Politecnico); in alternativa discipline umanistico-artistiche + specializzazione.
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: Creare una strategia di rapporto con i clienti o che siano in
grado di cercare clienti
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Product manager
• Incidenza nel fatturato – oltre il 20%
• Incidenza nella produzione – indiretta ma potenzialmente rilevante
• Collaboratori – può agire da solo
Principali attività richieste alla figura: Rapporti con la clientela; capacità di essere il
driver su commesse complesse (allestimenti, mostre, ecc); interfaccia con la
complessità del mondo professionale di riferimento; dialogo a 360° con
committenza esterna ed “interna”
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
Utilizzo sistemi Autocad e di visualizzazione grafica. La figura parla benissimo
l’inglese, sviluppa capacità contatti professionali a livello internazionale. Sviluppa
internazionalizzazione/ matching professionale per l’azienda.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): basso
Incidenza del lavoro in team: basso
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: alto
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: indiretto
Contatto diretto con cliente/utente finale: Si
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: Si Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: trasversalizzare
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PROGRAMMATORE MULTIMEDIALE
Risponde a: Responsabile produzione
Tipologia e titolo di studio: laurea in discipline tecnico-informatiche, ma anche
diplomati Istituti tecnici elettronico-informatico
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: si occupa soprattutto di ActionScript e linguaggi di
programmazioni per il web come php; si tratta di una “specializzazione” nel senso
che i programmatori più tradizionali o puri, che lavorano su C++, non rientrano
nella figura. Sono programmatori versatili che sappiano gestire tutti quei linguaggi
di actionscripting
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Tecnico
• Incidenza nel fatturato – 20%
• Incidenza nella produzione – Diretta
• Collaboratori – no
Principali attività richieste alla figura: Le attività comprendono competenze audio, di
programmazione, contenutistiche, di managment, ecc..
I generale tutti i media si stanno fondendo, spesso c’è un utilizzo contemporaneo
di tv, radio e internet, i format stessi spesso vengono presi da un media e riadattati
ad un altro, per cui c’è bisogno delle competenze composite e trasversali.
L’evoluzione professionale ha seguito l’evoluzione dei media: dagli spot televisivi,
si passa per i videogiochi fino agli applicativi web, ecc.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
Competenze informatiche: non sono limitate ai programmatori, anche chi si
occupa di tradurre o chi lavora sui suoni, ad esempio, deve saper gestire formati
differenti e saperli convertire in autonomia.
Considerato il campo complesso (esistono differenti tipi di formati e protocolli), è
richiesta una conoscenza degli stessi anche a chi non lavora direttamente sui
software. (la maggior parte delle volte queste competenze le si forma in azienda).
Competenze fonici: esistono differenti profili
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1. chi opera nella pubblicità ha competenze differenti da chi opera nei
videogiochi; il primo lavora su tracce musicali di 30 secondi che si
integrino con un flusso video (richiede più creatività in senso stretto)
2. il secondo lavora con migliaia di piccole tracce audio che agiscano in
modo dinamico nel corso del gioco (lavoro un po’ più metodologico e di
gestione dei dati). Si tratta anche di gestire differenti tipi di progetti con
diversi gradi di complessità.
In generale si tratta di profili abbastanza specializzati (a volte anche certificati), sia
che si tratti di fonici, di programmatori o di copyrighter, che pero’ devono avere
anche delle competenze tecniche trasversali (tecnologiche ed informatiche,).
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): medio
Incidenza del lavoro in team: medio
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: medio
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: alto
Contatto diretto con cliente/utente finale: No
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: No
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: contaminare
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BUZZ MANAGER
Risponde a: vertici aziendale, responsabile comunicazione
Tipologia e titolo di studio: Laurea in sociologia; Scienze umanistiche e letteratura e/o
scienze della comunicazione ma anche design.
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: gestire i social media ed allo stesso tempo mettere in atto,
“orchestrare”, un’efficace strategia adatta agli stessi.
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – manager di staff
• Incidenza nel fatturato – non evidente immediatamente, prospettiva oltre 20%
• Incidenza nella produzione – diretta
• Collaboratori – possono collaborare con la posizione figure specialistiche a
livello tecnico
Principali attività richieste alla figura: usa e gestisce i new media, pianifica le
campagne di comunicazione assecondando i ritmi ed i cambiamenti rapidi della
rete. Segue e comprende i processi e gli strumenti della società tecnologica,
“ascoltando” e sperimentando i nuovi linguaggi. Costituisce una sintesi pratica
tra chi pianifica e chi mette in atto, in un unico ruolo, gli aspetti teorici, che le
competenze pratiche, al fine di orchestrare appunto tutti gli strumenti e “ reagire”
in modo rapido ed efficace ai cambiamenti del web.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
La figura è orientata al futuro; ha un “impianto classico”: ottima base culturale e
conoscenza della società; conosce i mezzi e gli strumenti della rete e delle nuove
tecnologie correlate; possiede sensibilità “sperimentale”, sa provare e agire in
senso pratico; crea “rumore”, crea “attenzione”; fa parte della nuova generazione,
ha metabolizzato in modo completo le nuove tecnologie.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: alto
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: basso,
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in quanto interagisce trasversalmente con l’intero processo
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: elevanto
Contatto diretto con cliente/utente finale: no
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: si
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: orchestrare
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REGISTA DIGITALE
Risponde a: Produttore
Tipologia e titolo di studio: Tipologia e titolo di studio: Le competenze di base
possono essere acquisite a vari livelli. Di preferenza, tuttavia, ha una formazione
specifica orientata alla regia cinematografica, audiovisivi, ecc.
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: Fonde nello stesso ruolo Direttore alla fotografia, regista e
soggettista, secondo le istanze imposte dalle nuove tecnologie 3D
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Regista
• Incidenza nel fatturato – oltre il 30%
• Incidenza nella produzione – elevata
• Collaboratori – tutto lo staff di produzione collabora con la figura
Principali attività richieste alla figura: Imposta e dirige gli impianti dei film, degli spot
televisivi, ecc. presupponendo in partenza l’utilizzo delle nuove tecnologie, in
modo da sfruttarle a dovere. “Racconta” i prodotti assecondando la tecnologia e
non adattandoli ad una tecnologia diversa. Imposta nuove strategie “discorsive”
sulla base dello sviluppo tecnologico.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
Il regista digitale ha conoscenze di fotografia, di tecnologia, degli strumenti digitali
anche molto innovativi.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: alto
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: alto e
diretto
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: alto e diretto
Contatto diretto con cliente/utente finale: si
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: si
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: ripensare
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PROGETTISTA di ALLESTIMENTI
Risponde a: Vertice aziendale. E’ anche un libero professionista
Tipologia e titolo di studio: Architettura; nuove discipline con indirizzo relativo a
tecnologie e materiali, ma anche discipline relative alla comunicazione con
specializzazioni adeguate
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: Progettazione e realizzazione di allestimenti d’innovazione
utilizzando i rapporti tra le 2 e le 3 dimensioni: grafica, architettura e multimedia
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Nonostante la definizione, è sostanzialmente un manager
• Incidenza nel fatturato – superiore al 30%
• Incidenza nella produzione – diretta
• Collaboratori – interagisce e riceve collaborazione da e con tutti i livelli
operativi di riferimento
Principali attività richieste alla figura: E’ contemporaneamente un esperto in molte
situazioni ed un grande regista capace di tenere insieme professioni diverse e i vari
professionisti che collaborano alla realizzazione dell’allestimento, dagli attori agli
elettricisti. Ha capacità di dare risposte complesse e mediare tra i vari livelli
organizzativi.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
La figura utilizza tecniche di comunicazione che valorizzino la libertà del visitatore,
anche per comunicare elementi molto puntuali. Conosce ed applica la finitura
artigianale ed è in grado di utilizzare la manualità nella produzione, coniugandoli ai
concetti di produrre innovando. Divulgazione e comunica attraverso una
semplificazione di elementi complessi.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: alto
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: medio
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: alto
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Contatto diretto con cliente/utente finale: si
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: in parte
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: manipolare
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MODELLISTA di GIOCATTOLI
Risponde a: Responsabile progettazione e Art Director
Tipologia e titolo di studio: Accademie di design; Istituti tecnici; lauree ad indirizzo
tecnico progettuale
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: presentazione ai clienti del processo di creazione del
prototipo che sottende l’idea progettuale
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – tecnico/progettista
• Incidenza nel fatturato – tra 10 e 20 %
• Incidenza nella produzione – media
• Collaboratori – no
Principali attività richieste alla figura: il modellista è un lavoro con molta manualità
(saper disegnare) coniugata con la necessita di saper usare determinati
macchinari. La figura utilizza gli “strumenti”, siano essi tecnologici ovvero empirici
ma dedicandosi all’utilizzo degli stessi in modo continuativo e sistematico.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
Modellazione digitale (Rinho; Pro E; Maya; 3dStudioMax; pacchetto Adobe
grafica 2d; etc.). Conoscenza generale di elementi dei processi di design e
caratteristiche dei materiali. Gestione completa strumenti di progettazione,
modellistica e prototipizzazione.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: alto
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: basso
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: basso
Contatto diretto con cliente/utente finale: si interfaccia con responsabili marketing e
R&S della committenza
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: no
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: disegnare
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COMMUNITY MANAGER
Risponde a: Alta Direzione
Tipologia e titolo di studio: Laurea in Sociologia; Filosofia, con competenze
specifiche relative al web; ovvero in discipline tecniche con ottima base culturale.
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: Finalità della posizione: responsabile delle comunità virtuali,
in grado di entrare in una community, conoscerne il linguaggio, le dinamiche e gli
strumenti di interattività al fine di favorire uno scambio più dinamico e interattivo
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Manager/Direttiva
• Incidenza nel fatturato – 15-20%
• Incidenza nella produzione – 15-20%
• Collaboratori – non necessariamente
Principali attività richieste alla figura: Il community manager comunica un brand on
line, utilizzado i Social media, ovverosia media utilizzato per interazioni sociali
avvalendosi di tecnologie basate sul web. Supporta la democratizzazione della
conoscenza e dell’informazione e trasformando i consumatori di contenuti in
produttori di contenuti. Il C.M. permette di aumentare le possibilità di raggiungere
un grosso numero di consumatori in un numero sempre maggiore di paesi.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
Ottima conoscenza della rete in tutti i suoi aspetti. Utilizzo di Myspace, Facebook e
Twitter, comunemente usati per socializzare e connettere amici, parenti e
dipendenti. Comunicare con tutti i blogger, gestire una rassegna stampa
scaricando da pagine ondine. Gestione strategica di mailing list, i forum di
discussione, i newsgroup, le chat
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): medio
Incidenza del lavoro in team: medio
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: alta
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: media
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Contatto diretto con cliente/utente finale: si
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: no
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: confinare
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ARCHITETTO CULTURALE
Risponde a: Responsabile produzione
Tipologia e titolo di studio: Architettura; Dams; Discipline sociali
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: Finalità della posizione: L’architetto culturale è colui che
realizza l’ impianto per un evento connettendo gli aspetti “fisici” dell’evento stesso,
con altre metodologie quali lo streaming , il barcamp, ecc.
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Middle Manager
• Incidenza nel fatturato – attorno al 20%
• Incidenza nella produzione – attorno al 20%
• Collaboratori – riceve collaborazione anche non funzionalmente diretta da
tutto il team di allestimento
Principali attività richieste alla figura: L ‘A.C. gestisce i diversi aspetti operativi
connettendo le diverse competenze: dall’organizzazione, alla logistica, alla parte
tecnologica, all’ufficio stampa, ecc.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
Interfaccia per gli eventi; collegamento tra gli aspetti più strettamente tecnici e
quelli di tipo “intrinseco” dell’evento; pluricompetenze che da un lato
arricchiscono l’evento , dall’altro aumentano la complessità generale della gestione
dell’evento
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: alto
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: medio
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: medio
Contatto diretto con cliente/utente finale: si
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: si
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: Funzionare
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STYLIST DIRECTOR EDITORIALE
Risponde a: Top Management
Tipologia e titolo di studio: Preferibilmente Laurea in architettura o tecnica con solide
basi culturali
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: Adattare la produzione editoriale ai cambiamenti tecnologici
e ai “gusti” del mercato
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – E’ tendenzialmente un libero professionista
• Incidenza nel fatturato – elevata
• Incidenza nella produzione – elevata
• Collaboratori – Sia diretti che trasversalmente alla produzione
Principali attività richieste alla figura: La figura si pone quale “saldatura” tra le
posizioni di Grafico Art Director ed Editor, inteso nell’accezione anglosassone di
tale attività.Suo scopo principale, dovrebbe consistere nel rendere un “oggetto di
valore” il prodotto editoriale, tale che il fruitore finale desideri “conservarlo” (Es.
riviste Domus , Monocle , etc.). Si tratta pertanto di un’incidenza importante nella
costruzione della cosidetta catena del valore.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
La figura descritta ha conoscenze e capacità di tipo grafico e progettuale, ma
anche fortemente orientate ai concetti di mktg strategico e alla conoscenza dei
materiali, in particolare di quello cartaceo, nonché agli aspetti di R&S ad essi
connessi. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di posizione sopra descritti,
risulta infatti importante anche l’aspetto “tattile” e visivo del prodotto editoriale.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: alto
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: alto
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: alto
Contatto diretto con cliente/utente finale: no
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Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: si
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: valorizzare
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MANAGER EDITORIALE MULTILINGUAGGIO
Risponde a: Direttore editoriale
Tipologia e titolo di studio: Laurea in discipline sia tecniche (ingegneria informatica),
sia umanistiche (sociologia-psicologia- mktg)
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: “Trasmigrare” i contenuti del prodotto editoriale sul web,
secondo le logiche intrinseche di questo linguaggio
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Manager/Libero professionista
• Incidenza nel fatturato – Alta sul versante dello sviluppo del mercato Web
• Incidenza nella produzione – Alta sul versante dello sviluppo del mercato Web
• Collaboratori – non necessariamente diretti
Principali attività richieste alla figura: E’ sempre maggiore lo sviluppo dei prodotti
editoriali sul web. Spesso tuttavia si tratta di un mero posizionamento nella rete dei
contenuti predisposti sulla carta stampata e secondo logiche della carta stampata.
La figura, quindi, rivestirebbe il compito di “plasmare” gli stessi contenuti,
seguendo metodologie, “linguaggi”, aspetti intrinseci del e per il mercato di
riferimento del linguaggio di rete.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
La figura possiede competenze trasversali, in quanto ha l’obiettivo di “far stare in
equilibrio” il prodotto editoriale tra i vari linguaggi. Essa conosce quindi i prodotti
editoriali tradizionali, ma conosce anche e soprattutto il contesto della rete e le sue
modalità espressive. Conosce anche il mercato, e gli aspetti socio-psicologici
correlati.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): medio
Incidenza del lavoro in team: medio
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: media
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: alto
Contatto diretto con cliente/utente finale: indiretto
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Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: no
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: equilibrare
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CREATIVO di CULTURA
Risponde a: Amministratore Delegato e Direttore Marketing e Comunicazione
Tipologia e titolo di studio: accademia delle belle arti / o conservatorio / umanistiche
ed economia
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: ricercare e creare attività commerciali basate su cultura per
l’industria entertainment
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Direttore di progetto o “ Direttore Creativo “
• Incidenza nel fatturato – Alta – Genera essa stessa fatturato
• Incidenza nella produzione – studio progettuale e focus sul target del bene di
consumo
• Collaboratori – segretari di produzione e redazione di ricerca
Principali attività richieste alla figura: creare e ideare contenuti nei contesti di
affluenza, in luoghi dove sia possibile fruire arte e cultura, come ad esempio in
attività culturali legate al patrimonio al territorio e al turismo culturale rivolto a
comuni , associazioni , fondazioni e/o finalizzato al found resing.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
conoscenza del territorio del patrimonio culturale/storico; conoscenza delle
potenzialità e dei deterrenti territoriali e logistici progettuali; capacità di rendere
semplice l’approccio delle masse alla cultura , usando un linguaggio semplice e
affascinante.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: medio
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: alta
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: media
Contatto diretto con cliente/utente finale: media
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: alta
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: sviluppare
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DIRETTORE di PRODUZIONE DIGIAL CARTOONS
Risponde a: Alta Direzione
Tipologia e titolo di studio: Tendenzialmente Dams; Accademie Belle Arti, ma anche
Architettura e/o Alte Scuole di grafica
Definizione dell’occupazione lavorativa
Finalità della posizione: Coordinamento produzione prodotti di animazione
“Dimensioni” della posizione:
• Qualifica – Manager
• Incidenza nel fatturato – Medio/Alta
• Incidenza nella produzione – Alta
• Collaboratori – figura che si interfaccia trasversalmente con tutto il processo
produttivo
Principali attività richieste alla figura: Organizzare e “assemblare” i fattori produttivi
propri dei processi della produzione della cinematografia di animazione.
Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale:
Il Direttore di produzione cartoons conosce senz’altro le tecniche e metodologie
del disegno a fumetti e del disegno animato; queste competenze vanno sviluppate
e integrate nel quadro ei processi produttivi di riferimento.
Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso): alto
Incidenza del lavoro in team: alto
Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: bassa
Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo: basso
Contatto diretto con cliente/utente finale: no
Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni: si
Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale: amalgamare
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BIBLIOGRAFIA
Aldo Bonomi, Le tribù creative nella città infinita, A.A.STER, 2010
Walter Santagata, Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo,
Milano, Università Bocconi editore, 2009
Matteo Pasquinelli, Animal Spirits: A Bestiary of the Commons, Rotterdam: NAi
Publishers / Institute of Network Cultures, 2008
Don Tapscott e Antony Williams, Wikinomics: How Mass Collaboration Changes Everything, Etas, 2007
Giovanna Amadasi, Severino Salvemini, La città creativa – una nuova geografia di
Milano, Egea, 2005
Richard Florida, Irene Tinagli, L’Italia nell’Era Creativa, 2005
Frank Levy, Richard Murnane, The New Division of Labor: How computers are creating
the new job market, Princeton University Press, 2004
Richard Florida, L’ascesa della nuova classe creativa, Mondadori, 2002
Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso, Oscar Mondadori, 2001
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RINGRAZIAMENTI
Il presente studio è stato realizzato grazie alla gentile disponibilità di numerosi
professionisti, esperti ed accademici.
Un ringraziamento speciale va a:
Aldo Colonetti (Direttore scientifico dello IED)
Alessandro Guerriero (Presidente e direttore artistico di NABA)
Franco Origoni (Studio Origoni e Steiner)
Gian Luca Beccari (Argilla Produzioni)
Gianluigi Colin (Art Director Corriere della Sera)
Giorgio Papetti (Jinglebell Communication)
Isa Medola e Pietro Riolo (PRM Design)
Jacopo Perfetti (Art Kitchen)
Liliana Forina (Cross Creative)
Lodovico Gualzetti (Magut Design)
Maria Grazia Mattei (Fondatrice MGM Digital Communication)
Mauro Del Corpo (Presidente M&C Maketing e Comunicazione)
Milka Pogliani (Direttore Creativo Esecutivo McCann)
Paola Arosio (Camera Nazionale della Moda Italiana)
Stefania Casacci (Dissociate)
Tanja Solci (Tanja Solci Studio)
2Roads s.r.l
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