Costruzioni in acciaio e green marketing

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“Costruzioni in acciaio e green marketing: le potenzialità (e i rischi) di un meccanismo virtuoso.” Di Mario Ubiali, Zinco Service Secondo le più recenti statistiche, tra il 2007 e il 2009, i lanci di prodotti definiti “ecocompatibili” sono aumentati del 500%. Non passa giorno senza che in televisione, sui giornali o in un incontro di lavoro si menzionino caratteristiche “verdi” di prodotti e servizi. Si tratta di una generale attenzione al tema della conservazione delle risorse che dovrebbe essere motivo di grande incoraggiamento. Cristina Rapisarda Sassoon, Coordinatrice del Network Sviluppo Sostenibile e consulente di fama mondiale, ha recentemente commentato dalle pagine della Harvard Business Review 1 : “E’ rasserenante osservare questo nuovo scenario, dà motivi di ottimismo e fa passare in secondo piano il fatto che ci siano voluti circa 40 anni perché ci si convincesse della necessità di un nuovo corso.” Ma siamo poi così certi che le resistenze culturali di quei 40 anni siano del tutto superate? Il pendolo della cultura “green” oscilla ampiamente. Oggi esso si trova nella condizione, assai pericolosa, di spostarsi all’estremo opposto del conservatorismo sprecone: il greenwashing. Il termine fu coniato nel 1986 da Jay Westerveld, un ecologista newyorkese stufo delle fasulle campagne ecologiste degli hotel, che avevano preso l’abitudine di consigliare ai propri clienti di non gettare gli asciugamani a terra dopo il primo utilizzo, contribuendo così a conservare risorse preziose. La pratica in realtà mirava al risparmio di costi di gestione e non si inseriva in alcuna politica di ecosostenibilità complessiva. Da allora, il termine greenwashing identifica la tendenza di molte aziende ad utilizzare una presunta etichetta “verde” a scopi puramente commerciali e fondandone l’autenticità su dati e parametri del tutto arbitrari, quando non inesistenti. Oggi rischiamo di passare dall’indifferenza degli ultimi 40 anni ad un’adesione puramente superficiale alle tematiche di ecosostenibilità. 1 C. Rapisarda Sassoon, “Indispensabili indicatori di rotta”, Harvard Business Review (Ed. Italiana), Novembre 2010.

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“Costruzioni in acciaio e green marketing: le potenzialità (e i rischi) di un meccanismo virtuoso.”Di Mario Ubiali, Zinco Service

Secondo le più recenti statistiche, tra il 2007 e il 2009, i lanci di prodotti definiti “ecocompatibili” sono aumentati del 500%. Non passa giorno senza che in televisione, sui giornali o in un incontro di lavoro si menzionino caratteristiche “verdi” di prodotti e servizi. Si tratta di una generale attenzione al tema della conservazione delle risorse che dovrebbe essere motivo di grande incoraggiamento. Cristina Rapisarda Sassoon, Coordinatrice del Network Sviluppo Sostenibile e consulente di fama mondiale, ha recentemente commentato dalle pagine della Harvard Business Review1: “E’ rasserenante osservare questo nuovo scenario, dà motivi di ottimismo e fa passare in secondo piano il fatto che ci siano voluti circa 40 anni perché ci si convincesse della necessità di un nuovo corso.”

Ma siamo poi così certi che le resistenze culturali di quei 40 anni siano del tutto superate? Il pendolo della cultura “green” oscilla ampiamente. Oggi esso si trova nella condizione, assai pericolosa, di spostarsi all’estremo opposto del conservatorismo sprecone: il greenwashing.Il termine fu coniato nel 1986 da Jay Westerveld, un ecologista newyorkese stufo delle fasulle campagne ecologiste degli hotel, che avevano preso l’abitudine di consigliare ai propri clienti di non gettare gli asciugamani a terra dopo il primo utilizzo, contribuendo così a conservare risorse preziose. La pratica in realtà mirava al risparmio di costi di gestione e non si inseriva in alcuna politica di ecosostenibilità complessiva. Da allora, il termine greenwashing identifica la tendenza di molte aziende ad utilizzare una presunta etichetta “verde” a scopi puramente commerciali e fondandone l’autenticità su dati e parametri del tutto arbitrari, quando non inesistenti.Oggi rischiamo di passare dall’indifferenza degli ultimi 40 anni ad un’adesione puramente superficiale alle tematiche di ecosostenibilità.

Acciaio sostenibile: ma chi lo dice?

Che cosa tutto questo abbia a che fare con il mondo delle costruzioni e con il contributo che l’acciaio può giocare nella partita del futuro del pianeta, è presto detto.

L’impiego dell’acciaio nelle costruzioni si inserisce in un ampio movimento mondiale che sta rivoluzionando il modo di intendere i progetti, mettendo in enorme risalto l’importanza dell’impatto ambientale di qualsiasi nuova opera. Termini come “edificio in classe A”, “illuminazione e ventilazione naturali”, “greenroof” e molti altri sono divenuti pilastri del nuovo lessico, utilizzati immancabilmente nella comunicazione relativa ai nuovi progetti. L’inserimento nel contesto ambientale non è più una questione di stile architettonico, né un problema di colori e materiali. Interi edifici sono parzialmente

“occultati” nel ventre di morbide colline, contraddistinti da sistemi di recupero del calore e dell’acqua piovana, isolati al meglio per evitare sprechi energetici. Parallelamente all’evoluzione interna al settore delle costruzioni, si osserva un piu’ ampio fenomeno sociale e normativo. Importanti campagne di opinione, sfocianti anche in regolamenti comunali cogenti, hanno recentemente affrontato il tema del riscaldamento domestico, imponendo

1 C. Rapisarda Sassoon, “Indispensabili indicatori di rotta”, Harvard Business Review (Ed. Italiana), Novembre 2010.

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temperature medie piu’ basse negli edifici, per ridurre l’impatto ambientale dei sistemi di produzione del calore. Per la prima volta nel nostro Paese la promozione di nuovi immobili destinati alla vendita viene basata sul consumo energetico dell’abitazione, classificata con criteri e stili visivi del tutto analoghi a quelli degli elettrodomestici (Classe A, B, etc). Anche l’enorme boom degli impianti fotovoltaici, che pure ha assunto un profilo spesso estraneo alle originarie intenzioni della Comunita’ Europea, si inserisce in una profonda rivoluzione sociale e culturale.

Eppure, a molti sta sfuggendo un aspetto determinante della green revolution: la definizione dei criteri fondamentali in base ai quali si qualifica la ecosostenibilità, sia essa di un progetto, un materiale o un’idea. In altri termini, il panorama del dibattito sulle costruzioni si sta ovviamente spostando sull’asse “verde”, ma come evitare che sia una manovra superficiale e strumentalizzabile, sfociando perlopiù in una massiccia campagna di greenwashing? La verità è che accanto al rischio che non vengano messi a punto e condivisi precisi criteri ce n’è un altro complementare: che le forze in campo per la definizione di sostenibilità brandiscano questo concetto come una clava, gettandosi in una lotta senza quartiere con enti o organizzazioni vissute come “concorrenti”. Il dibattito sui metodi e sui contenuti può quindi divenire un conflitto politico tra entità con agende conflittuali: grandi interessi economici si muovono attorno alle costruzioni, basti pensare al tradizionale conflitto tra cemento ed acciaio. In aggiunta, mentre la confusione sulla definizione di sostenibilità e green aumenta, aumenta la disaffezione del grande pubblico e il fenomeno del greenwashing rischia di convincerci a gettar via il bambino con l’acqua sporca, identificando ciò che è verde come parte di un ingannevole messaggio.

A fotografare con grande accuratezza il momento magmatico e cruciale di questa presa di coscienza e di forma sono Gregory Unruh e Richard Ettenson, entrambi docenti della Thunderbird School of Global Management: “Proprio in questo momento, c’è qualcuno, da qualche parte, che sta definendo il significato di sostenibilità per il vostro settore, industria e categoria di prodotti. Più o meno ovunque si guardi […] la competizione sui temi ambientali sta cambiando. Alla corsa al lancio di prodotti eco-compatibili si sostuisce una battaglia per stabilire che cosa sia innanzitutto un prodotto “verde””2.L’acciaio è protagonista di una di queste invisibili battaglie d’opinione. Il suo impiego nelle costruzioni sarà in futuro sempre più dipendente dalla possibilità della filiera di produzione e trasformazione di proporre questo materiale come componente irrinunciabile in ogni progetto che voglia dirsi ecosostenibile. Ma la guerra per definire l’ecosostenibilità delle costruzioni in acciaio è già iniziata e dal suo esito dipende anche il posizionamento di questo antichissimo materiale nel futuro del nostro Pianeta.

LEED, LCA o ... una Terza Via?

Nel 1993, negli Stati Uniti venne creato un organismo chiamato Green Building Council. Si tratta di una societa’ no-profit basata su membership volontaria che ha lo scopo di “rendere gli edifici verdi disponibili a chiunque nell’arco di una generazione”3. Una missione tutt’altro che semplice e apparentemente molto dispersiva. Al fine di promuovere il design e le costruzioni ecosostenibili, il GBC americano ha creato un sistema di valutazione e certificazione degli edifici e delle comunita’ denominato LEED, acronimo di Leadership in Energy and Environmental Design. In questo sistema di certificazione, si attribuiscono all’edificio valutato una serie di crediti legati ad una complessa matrice di fattori, principalmente raggruppati per grandi temi di rilevanza ecologica (Sostenibilita’ del Sito, Efficienza nell’utilizzo dell’Acqua, Energia ed Atmosfera, Materiali e Risorse, Qualita’ Ambientale degli Interni). In base al totale dei punti attribuiti nella matrice, l’edificio risulta LEED

2 G. Unruh & R. Ettenson, “Competere nella frenesia verde”, Harvard Business Review (Ed. Italiana), Novembre 2010.3 Dichiarazione di intenti dello USGBC tratta dalla homepage www.usgbc.org

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Certified (livello base), oppure Silver, Gold, Platinum. I punteggi ottenuti vengono riassunti, ancora una volta, in una scheda-etichetta che ricorda vagamente le tabelle nutrizionali sulle scatole dei cereali (non che questo sia necessariamente negativo).

Nel complesso mondo della certificazione LEED, che in Italia viene promossa e sostenuta dal Green Building Council Italia, (lanciato nel corso del 2010) la visione olistica del progetto rappresenta per le costruzioni in acciaio una sfida, prima che un facile approdo.

L’impiego dell’acciaio come parte integrante di un edificio risulta infatti un fattore determinante solo nella parte della matrice di valutazione denominata “Materiali e Risorse” e in quella chiamata “Energia ed Atmosfera”. In entrambi i casi, l’acciaio consente di accumulare punti sulla base della propria ampia riciclabilita’ nonche’ provenienza da materiali riciclati. Inoltre, come ad esempio nel caso del cosiddetto cool roofing (lett.: tetto raffreddante), permette di guadagnare punti quando impiegato per elementi costruttivi che contribuiscano a fare risparmiare energia. Purtroppo, lo stesso potrebbe essere detto di altri materiali “concorrenti”, come legno, laterizi o cemento, a patto che se ne dimostri ad esempio la riciclabilita’ e l’impatto diretto sul consumo energetico dell’edificio. Naturalmente, se l’impiego dell’acciaio comporta l’accumulo di punti solo per alcune voci della matrice, cio’ implica anche che il suo ruolo nel quadro complessivo del progetto risulti tendenzialmente ridimensionato. La ricchezza della matrice di valutazione LEED finisce quindi per diluire il forte impatto che le qualita’ dell’acciaio dovrebbero avere su un nuovo edificio.

Dunque per quanto i meccanismi di certificazione degli edifici secondo il LEED siano certamente complessi ed accurati, quello che conta nella valutazione generale dell’impatto che essi avranno sulle costruzioni in acciaio e’ principalmente la loro ampia struttura di rating, che naturalmente costringe l’acciaio ad entrare nelle “caselle” della matrice secondo confini prestabiliti. Questi confini sono, pur nella loro ponderatezza, piuttosto arbitrari e tralasciano alcuni aspetti cruciali della ecosostenibilita’ dell’acciaio. In particolare, alla sua nascita il sistema LEED non prendeva in alcuna considerazione il ciclo di vita complessivo dei materiali, che in realta’ rappresenta l’unica veritiera fotografia della loro impronta ecologica totale.

A questo punto della discussione diviene indispensabile introdurre un altro (l’ennesimo) acronimo: LCA, ovvero Life Cycle Assessment.L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale dello Stato Italiano definisce la Valutazione del Ciclo di Vita “un metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali associati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al fine vita (“dalla Culla alla Tomba”).La rilevanza di tale tecnica risiede principalmente nel suo approccio innovativo che consiste nel valutare tutte le fasi di un processo produttivo come correlate e dipendenti.”4

In altri termini, l’LCA di un prodotto o processo permette di costruire un’ampia ed esauriente fotografia di come esso contribuisca al bilancio ambientale complessivo. Nel caso ad esempio dell’acciaio, il ciclo di vita comincera’ in miniera, oppure presso gli impianti di riciclaggio di rottame, includendo poi i trasporti di materia prima, l’energia necessaria alla trasformazione e cosi’ via di seguito, fino ad arrivare a poter misurare l’impatto ambientale di una tonnellata di acciaio impiegato in un progetto con un preciso corrispettivo, ad esempio, di CO2 emessa.In questa tendenza ad una visione “totale”, il Life Cycle Assessment ricorda vagamente le intenzioni di completezza del sistema LEED, anche se ovviamente il primo si applica a qualsiasi

4 Definizione ufficiale di LCA tratta da www.apat.gov.it

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tipo di processo o prodotto, mentre il secondo e’ stato creato specificamente per gli edifici e le comunita’.Dunque che rapporto esiste tra LCA e LEED? E perche’ questo rapporto ha significato per il futuro green marketing delle costruzioni in acciaio?

Chiariamo subito che l’LCA rappresenta una risposta scientificamente accurata ad una iniziale lacuna del rating LEED, che si preoccupava della sola riciclabilita’ dei materiali impiegati in un edificio, senza prendere in considerazione il fatto che alcuni materiali pienamente riciclabili potessero comunque essere complessivamente poco eco-sostenibili. Basti pensare al legno: e’ ovviamente un’ottima scelta in termini di riciclabilita’ e smaltimento. Ma se per arrivare al mio edificio esso ha comportato la deforestazione, oppure lunghissimi trasporti su gomma, o ancora un enorme dispendio di energia nelle lavorazioni? E’ ancora da considerare un materiale in grado di fruttarmi punti importanti per il rating dell’edificio?La mancanza di una visione articolata del ciclo di vita dei materiali e’ il tallone d’achille dell’acciaio all’interno della certificazione LEED. Avrei dovuto riformulare la frase precedente, invertendone i termini: la debolezza del LEED in campo di LCA e’ il suo tallone d’Achille. Ma la verita’ e’ che a pagarne le conseguenze e’ l’acciaio, non il LEED.Per questo, e’ fondamentale che la filiera delle costruzioni in acciaio eserciti una pressione costante sul Green Building Council affinche’ esso integri l’LCA dei materiali nel sistema di rating.

Sin dal Dicembre del 2006, il Green Building Council statunitense ha in effetti lavorato alacremente all’interno dei propri comitati tecnici ad una integrazione tra LCA e sistema di rating LEED. Alla fine del 2009, venne creato un cosiddetto Pilot Working Group: si trattava di un gruppo di lavoro incaricato di valutare la possibilita’ che nuove voci di “credito” venissero aggiunte a quelle gia’ esistenti nella matrice di punteggio valida per la certificazione LEED. Non e’ un caso se il primo Pilot Credit e’ proprio quello dell’LCA di materiali e montaggi: esso viene al momento testato per comprendere se possa divenire rilevante nel sistema permanente di certificazione LEED5.Questo processo di accreditamento ed integrazione non e’ completo ed e’ lungi dal potersi dire certo.

Oceano Blu, Oceano Rosso: le costruzioni in acciaio riusciranno a nuotare?

Eccoci dunque tornati alle premesse della nostra riflessione: nel panorama economico globale attuale, e’ fondamentale che la filiera delle costruzioni in acciaio riesca ad esprimere il proprio peso nella discussione attorno a cio’ che nei prossimi anni si definira’ ecosostenibile o green. Questo processo di definizione e di inserimento nei sistemi di rating che diverranno rapidamente gli standard nel mondo delle costruzioni dipende in gran parte dalla capacita’ della filiera dell’acciaio per costruzioni di inserirsi in un dibattito che prima ancora che politico e’ essenzialmente tecnico e scientifico. Per evitare il greenwashing (e le sue deleterie conseguenze), e’ indispensabile che il mondo delle costruzioni metalliche produca una letteratura tecnica e scientifica di livello alto, inattaccabile e ben argomentata. In particolare, e’ auspicabile che quanto prima vengano pubblicati esaustivi studi sulla Valutazione del Ciclo di Vita dei prodotti in acciaio, che consentano una chiara comparazione con materiali che con esso sono tradizionalmente in competizione. Questo non bastera’: nel frattempo sara’ indispensabile partecipare al dibattito e farlo dalla prima fila, dai tavoli tecnici e nei gruppi di lavoro che contano. Qualsiasi esempio relativo alla definizione di norme di settore basterebbe ad illustrare questo fondamentale principio di tempismo. Il contributo iniziale di una industria alla

5 Il 15 Settembre 2010, il Green Building Council Americano ha aggiornato il report sul processo di testing del Pilot Credit 1 su LCA di Materiali e Assemblaggi, pubblicandolo sul proprio sito web: http://www.usgbc.org/DisplayPage.aspx?CMSPageID=2104

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definizione degli standard che la riguardano direttamente e’ da sempre un atto di sopravvivenza fondamentale. Senza un intervento tempestivo, il rischio e’ che i sistemi normativi che rappresenteranno la via obbligata verso il futuro vengano scritti da qualcun’altro. “Subire” l’affermazione della certificazione LEED sarebbe un errore madornale ed un’opportunita’ sprecata.

Purtroppo, esistono nel nostro Paese diversi fattori che possono negativamente influenzare la partecipazione proattiva della filiera delle costruzioni in acciaio al dibattito sulla ecosostenibilita’ dei nuovi progetti.

Il primo elemento critico e’ naturalmente l’articolazione complessa della filiera delle costruzioni in acciaio. Non e’ sempre vero che un produttore di acciaio si dedichi esclusivamente alla produzione destinata alle costruzioni metalliche: molti player di questo segmento si occupano indistintamente di tondino per cemento armato e di semilavorati destinati alle costruzioni metalliche. Questa polivalenza e’ una scelta pienamente legittima sotto il profilo competitivo, che consente ovvi equilibri nelle altalene del mercato. D’altro canto, essa produce una classe di “giocatori” tendenzialmente insensibili al tema specifico delle costruzioni in acciaio, che rappresentano una sola sfaccettatura del loro portafoglio di prodotti.La contraddittorieta’ delle agende si estende comunque anche ad altri anelli della filiera. In particolare, esiste un’ampia comunita’ di trasformatori che si occupano di trattamenti sull’acciaio: verniciatori, zincatori a caldo e a freddo ed altri. Queste piccole nicchie di filiera sono da sempre in conflitto tra di loro ed animate da uno spirito corporativista piuttosto difficile da scalfire. C’e’ dunque il rischio che i conflitti interni alla filiera facciano dimenticare l’obiettivo complessivo.Come mi disse una volta durante una riunione un consulente di marketing: “anziche’ preoccuparsi di cucinare una torta piu’ grande, preferiscono litigare su una piccola fetta e su come spartirsela”. Il primo rischio rimane dunque una tendenziale miopia e quindi scarsa coesione della filiera.

C’e’ poi un secondo rischio, anch’esso piuttosto banale, ma non per questo meno rilevante. Nella lotta per accaparrarsi uno spazio nel dibattito sulla ecosostenibilita’ delle costruzioni, la filiera

dell’acciaio si trova gomito a gomito con avversari formidabili. L’industria del cemento prefabbricato, la filiera dell’alluminio, i fabbricanti di vetro, gli specialisti del legno e persino le lobby di architetti ed ingegneri: tutti hanno priorita’ precise e provengono da un background culturale, tecnico e operativo diverso. Questo non li rende avversari in senso etimologico o negativo, se non in alcuni specifici casi: ma certo li rende giocatori di una partita molto complessa, che va gestita sui piani della politica, della tecnica e del marketing.Collegato a questo secondo fattore critico, in Italia ne esiste un terzo: l’assenza di una significativa cultura dell’acciaio impiegato nelle costruzioni. Il grattacielo e’ una creazione statunitense e non e’ un caso che mentre esso aveva origine nella Chicago di fine ‘800, da noi imperavano ancora pietre e mattoni. Anche se le piu’ recenti statistiche europee indicano che la produzione annua pro-

capite di acciaio in Italia e’ attestata su livelli molto alti, cio’ non significa che essa sia destinata alle costruzioni, ma piuttosto all’impiego di questo straordinario materiale in una miriade di altri settori.Dunque anche questo diviene fattore critico: come potremo influenzare i sistemi di rating della ecosostenibilita’ se essi devono in gran parte essere definiti da una comunita’ di progettisti ed ingegneri che sino ad ora ha dimostrato poca sensibilita’ nei confronti dell’acciaio?

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Qualcuno direbbe che sto dimenticando un ulteriore fattore critico: l’attuale grande crisi economica mondiale. Certo, la recessione in atto e’ un fattore di depressione nel settore delle nuove costruzioni. Ma ritengo che la chiave di lettura in questo caso possa essere positiva.I fattori critici che abbiamo attribuito alla filiera delle costruzioni di acciaio e all’attuale dibattito sulla ecosostenibilita’ di edifici e comunita’ sono tutti elementi piuttosto classici di uno scenario da Oceano Rosso. In altri termini, la difficolta’ di influenzare la definizione di cio’ che sara’ considerato green deriva da una situazione di mercato sovraffollata di competitor, tutti in lizza per assicurarsi un posto al sole (metafora piuttosto appropriata in tema ecologico).Tutti desiderano essere i primi e i piu’ influenti giocatori al tavolo del rating verde per le costruzioni del futuro, perche’ dall’esito di questa competizione dipende la possibilita’ di spostarsi a nuotare pacificamente in un Oceano Blu dove i competitor sono quasi scomparsi e il nostro prodotto domina incontrastato.

La buona notizia e’ che nella lotta per la qualifica di prodotto ecosostenibile possono contare fattori assolutamente obiettivi e scientifici. Nessuno sano di mente potrebbe ad esempio immaginare che nel rating LEED l’amianto si possa qualificare come ottimo materiale da costruzione. Lo stesso vale, in modo piu’ sottilmente argomentato, per alcuni tipi di plastiche e forse anche per il diffusissimo cemento armato. C’e’ una giustizia imparziale di fondo nel dibatto sulla ecosostenibilita’ dei materiali: essa dipende da fattori che sono quantificabili, comprensibili e documentabili. Cio’ non toglie che senza uno sforzo coordinato e tempestivo si rischia di non arrivare a mettere sul tavolo alcuni risultati chiari, in tempo per integrarli nei sistemi di classificazione o valutazione del futuro. La crisi economica mondiale rappresenta in questo contesto una grande opportunita’ per la filiera delle costruzioni in acciaio: l’accresciuta attenzione ai costi, sia iniziali che di mantenimento, favorisce un clima nel quale la committenza sara’ sempre piu’ interessata al Ciclo di Vita Complessivo del materiale scelto e alla sua possibilita’ di durare nel tempo, produrre risparmi durante il suo utilizzo ed infine essere ampiamente riciclabile. Se la filiera delle costruzioni in acciaio riuscira’ a sostenere l’integrazione tra LEED ed LCA, sara’ naturale qualificare in senso assai positivo l’acciaio stesso come materiale d’elezione per i grandi progetti che aspirino ad essere certificati Silver, Gold o Platinum. Alcuni isolati casi italiani hanno gia’ mostrato come l’acciaio vinca se il criterio di valutazione del committente e’ legato all’LCA. Auguriamoci che sia solo l’inizio di un cammino ecosostenibile verso il prossimo Oceano Blu.