CORTE COSTITUZIONALE - Gazzetta Ufficiale

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1 a SERIE SPECIALE Spediz. abb. post. 45% - art. 2, comma 20/b Legge 23-12-1996, n. 662 - Filiale di Roma Anno 145 o Ð Numero 12 PARTE PRIMA Roma - Mercoled|©, 24 marzo 2004 SI PUBBLICA IL MERCOLEDIé DIREZIONE E REDAZIONE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - UFFICIO PUBBLICAZIONE LEGGI E DECRETI - VIA ARENULA 70 - 00100 ROMA AMMINISTRAZIONE PRESSO L'ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO - LIBRERIA DELLO STATO - PIAZZA G. VERDI 10 - 00100 ROMA - CENTRALINO 06 85081 CORTE COSTITUZIONALE

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1 a SER I E SPEC IALE

Spediz. abb. post. 45% - art. 2, comma 20/bLegge 23-12-1996, n. 662 - Filiale di Roma

Anno 145o Ð Numero 12

PARTE PRIMA Roma - Mercoled|© , 24 marzo 2004 SI PUBBLICA IL MERCOLEDIé

DIREZIONE E REDAZIONE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - UFFICIO PUBBLICAZIONE LEGGI E DECRETI - VIA ARENULA 70 - 00100 ROMAAMMINISTRAZIONE PRESSO L'ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO - LIBRERIA DELLO STATO - PIAZZA G. VERDI 10 - 00100 ROMA - CENTRALINO 06 85081

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SENTENZE ED ORDINANZE DELLA CORTE

n. 98. Sentenza 10 - 18 marzo 2004.

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Sanzioni amministrative - Ricorso in opposizione all'ordinanza-ingiunzione - Proposizionecon deposito in cancelleria e non anche a mezzo del servizio postale - Irragionevole limi-tazione del diritto alla tutela giurisdizionale - Illegittimita© costituzionale in parte qua.

^ Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22.^ Costituzione, artt. 3 e 24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 15

n. 99. Ordinanza 10 - 18 marzo 2004.

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Regione Campania - Caccia - Norme regionali - Specie cacciabili nel territorio regionale -Stagione venatoria - Anticipazione al 1� settembre (in luogo della terza domenica disettembre) - Omessa previsione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna selva-tica - Lamentato superamento dei limiti consentiti dalla legge nazionale con indirettaviolazione della normativa comunitaria - Difetto di motivazione sulla rilevanza dellaquestione - Manifesta inammissibilita© .

^ Legge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15, art. 49, comma 1, lettera e).^ Costituzione, art. 117, primo e secondo comma, lettera s); legge 11 febbraio 1992,

n. 157, art. 18; direttiva 79/409/CEE del Consiglio 2 aprile 1979 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 18

n. 100. Ordinanza 10 - 18 marzo 2004.

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Previdenza e assistenza - Indennita© di mobilita© - Licenziamento di lavoratori gia© intimatoma non ancora produttivo di effetti alla data dell'11 agosto 1991 (data di entrata invigore della legge n. 223 del 1991) - Esclusione del diritto al trattamento di mobilita© -Prospettata disparita© , rispetto ai lavoratori nella condizione di disoccupazione specialeaventi titolo alla iscrizione nelle liste di mobilita© - Questione basata sulle evenienzedel concreto giudizio di provenienza - Manifesta inammissibilita© .

^ Legge 23 luglio 1991, n. 223, artt. 16, comma 4, e 22, comma 7.^ Costituzione, artt. 3 e 38 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 22

n. 101. Ordinanza 10 - 18 marzo 2004.

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Giudizio possessorio - Incompatibilita© del giudice - Incompatibilita© del giudice del meritopossessorio, il quale abbia deciso in esito alla fase sommaria, a decidere sulla basedell'identico materiale probatorio, gia© disponibile nella fase sommaria - Mancata pre-visione - Assunto contrasto con il principio di ragionevolezza e con il diritto di difesa -Questione sostanzialmente coincidente con altra gia© respinta - Manifesta infondatezza.

^ Cod. proc. civ., art. 51.^ Costituzione, artt. 3 e 24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 25

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n. 102. Ordinanza 10 - 18 marzo 2004.

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Prova testimoniale - Divieto di esaminare come testimone la personaoffesa costituita parte civile - Mancata previsione - Prospettata violazione del princi-pio di parita© fra le parti nel processo - Questione identica ad altra gia© esaminata -Manifesta infondatezza.

^ Cod. proc. pen., art. 497, comma 2.^ Costituzione, artt. 3 e 24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 27

ATTI DI PROMOVIMENTO DEL GIUDIZIO DELLA CORTE

n. 28. Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato in cancelleria il 3 marzo2004 (della Regione siciliana).

Bilancio e contabilita© pubblica - Norme della legge finanziaria 2004 - Estensione alleregioni a statuto speciale ed alle province autonome delle disposizioni, previste per leregioni a statuto ordinario, riguardanti la possibilita© del ricorso all'indebitamento soloper finanziare le spese di investimento (con precisa indicazione delle tipologie delleoperazioni che costituiscono rispettivamente indebitamento ed investimento, i procedi-menti di controllo e l'attribuzione al Ministro dell'economia e delle finanze di disporremodifiche alle tipologie) - Ricorso della Regione siciliana - Denunciata lesione delleattribuzioni della Regione in materia di autonomia finanziaria in base allo statuto -Violazione della clausola di salvaguardia prevista dall'art. 10 della legge costituzio-nale n. 3/2001 a favore delle regioni a statuto speciale - Violazione del principio diautonomia legislativa e regolamentare della Regione - In subordine: Illegittimita© costi-tuzionale dell'intero impianto per mancanza di coerenza con i principi costituzionalisanciti al fine di garantire l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa previsti dallostatuto e dalla Costituzione.

^ Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 21; in subordine: legge 24 dicembre2003, n. 350, art. 3, commi da 16 a 20.

^ Costituzione artt. 117, quarto comma, 118 e 119; statuto della Regione sicilianaartt. 14, lett. o) e p), 20 e 36; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10 ý 31

n. 1. Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 19 gennaio 2004 (dellaRegione Veneto).

Assistenza e beneficenza pubblica - Disciplina dei criteri e delle modalita© di concessione deifinanziamenti per la realizzazione di progetti sperimentali nel campo della disabilita©previsti dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 - Direttiva del Ministero del lavoro edelle politiche sociali - Contrasto con quanto disposto dall'art. 41-ter della leggen. 104/1992 circa i criteri, le modalita© per la presentazione e la valutazione dei pro-getti, nonche con i criteri di riparto delle somme stanziate - Ricorso per conflitto diattribuzione proposto dalla Regione Veneto - Mancato coinvolgimento nell'iter proce-dimentale della Conferenza unificata ex art. 8 d.lgs. n. 281/1997 - Adozione del prov-vedimento con atto normativo (direttiva) diverso da quello previsto dall'art. 41-terdella legge n. 104/1992 (decreto) con conseguente non sottoponibilita© al controllo dellaCorte dei conti - Surrettizio esercizio di potesta© regolamentare non piu© spettante alloStato dopo la legge costituzionale n. 3/2001 - Lesione delle attribuzioni riconosciutealle Regioni - Mancata previsione di meccanismi di coordinamento tra Stato e Regioniin funzione della determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni concer-nente i diritti civili e sociali - Mancato rispetto del principio di sussidiarieta© verticale -Contrasto con il riparto costituzionale delle funzioni amministrative e violazione delprincipio di leale collaborazione.

^ Direttiva del Ministero del lavoro 23 settembre 2003.^ Costituzione, artt. 5, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 34

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n. 2. Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 28 gennaio 2004 (dellaRegione autonoma Valle d'Aosta).

Assistenza e beneficenza pubblica - Disciplina dei criteri e delle modalita© di concessione deifinanziamenti per la realizzazione di progetti sperimentali nel campo della disabilita©previsti dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 - Direttiva del Ministero del lavoro edelle politiche sociali - Contrasto con quanto disposto dall'art. 41-ter della leggen. 104/1992 circa i criteri, le modalita© per la presentazione e la valutazione dei pro-getti, nonche con i criteri di riparto delle somme stanziate - Ricorso per conflitto diattribuzione proposto dalla Regione autonoma Valle d'Aosta - Mancato coinvolgi-mento nell'iter procedimentale della Conferenza unificata ex art. 8 d.lgs. n. 281/1997- Difetto di consultazione - Adozione del provvedimento con atto normativo (direttiva)diverso da quello previsto dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 (decreto) con conse-guente non sottoponibilita© al controllo della Corte dei conti - Lesione delle attribuzioniriconosciute alla Regione autonoma Valle d'Aosta in materia di assistenza e benefi-cenza pubblica - Contrasto con il riparto costituzionale delle funzioni amministrativee violazione del principio di leale collaborazione.

^ Direttiva del Ministero del lavoro 23 settembre 2003.^ Costituzione, artt. 5, 97, 117 e 118; statuto della Regione autonoma Valle d'Aosta

artt. 3 e 4, in relazione all'art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992, n. 104, all'art. 17della legge 23 agosto 1988, n. 400, e al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Assistenza e beneficenza pubblica - Disciplina dei criteri e delle modalita© di concessione deifinanziamenti per la realizzazione di progetti sperimentali nel campo della disabilita©previsti dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 - Direttiva del Ministero del lavoro edelle politiche sociali - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regioneautonoma Valle d'Aosta - Contrasto con quanto disposto dall'art. 41-ter della leggen. 104/1992 circa i criteri, le modalita© per la presentazione e la valutazione dei pro-getti, nonche con i criteri di riparto delle somme stanziate - Mancato coinvolgimentonell'iter procedimentale della Conferenza unificata ex art. 8 d.lgs. n. 281/1997 -Difetto di consultazione - Lesione delle attribuzioni riconosciute alla Regione auto-noma Valle d'Aosta in materia di assistenza e beneficenza pubblica - Violazione dellaprescrizione che vieta allo Stato di adottare regolamenti in materie diverse da quelledi legislazione esclusiva - Mancato rispetto del principio di sussidiarieta© verticale -Contrasto con il riparto costituzionale delle funzioni amministrative e violazione delprincipio di leale collaborazione.

^ Direttiva del Ministero del lavoro 23 settembre 2003.^ Costituzione, artt. 3, 5, 32, 97, 117 e 118; statuto della Regione autonoma Valle

d'Aosta artt. 3 e 4, in relazione al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed aldecreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 39

n. 145. Ordinanza del tribunale di Milano del 23 giugno 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo,nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il terminedi cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Irragione-vole disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu© gravi - Lesionedel principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dal-l'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 42

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n. 146. Ordinanza del Tribunale di Milano del 24 giugno 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo,nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il terminedi cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Attribu-zione alla polizia giudiziaria di un potere autonomo e superiore rispetto a quello rico-nosciuto alla autorita© giudiziaria - Disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reatoanaloghe o di maggiore gravita© - Carenza del requisito della necessita© ed urgenza perl'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati adincidere sulla liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiuntodall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 44

nn. 147 e 148. Ordinanze ö di contenuto sostanzialmente identico ö del Tribunale di Milano del7 luglio 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo,nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il terminedi cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Attribu-zione alla polizia giudiziaria di un potere autonomo e superiore rispetto a quello rico-nosciuto alla autorita© giudiziaria - Irragionevole disparita© di trattamento rispetto adipotesi di reato analoghe o piu© gravi - Lesione del principio della riserva di giurisdi-zione in materia di liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dal-l'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 45

nn. da 149 a 154. Ordinanze ö di contenuto sostenzialmente identico ö del Tribunale di Milanodel 16 luglio 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo,nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il terminedi cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Disparita©di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu© gravi - Carenza del requisitodella necessita© ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedi-menti provvisori destinati ad incidere sulla liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dal-l'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 49

n. 155. Ordinanza del Tribunale di Milano dell'11 agosto 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo,nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il terminedi cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Disparita©di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu© gravi - Carenza del requisitodella necessita© ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedi-menti provvisori destinati ad incidere sulla liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dal-l'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 51

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n. 156. Ordinanza del Tribunale di Milano del 15 settembre 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo,nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il terminedi cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Irragione-vole disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu© gravi - Lesionedel principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dal-l'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 52

n. 157. Ordinanza del Tribunale di Milano del 31 ottobre 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento nel territorio dello Stato, inviolazione dell'ordine di allontanamento impartito dal questore - Arresto obbligatorioin flagranza - Convalida - Rito direttissimo - Prevista immediata espulsione dello stra-niero prima dello svolgimento del procedimento penale - Previsti provvedimenti delquestore al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione - Lesione del diritto didifesa - Contrasto con i principi del giusto processo - Violazione del principio di pre-sunzione di non colpevolezza - Contrasto con il principio di autonomia ed indipendenzadella magistratura.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies,aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (e di conseguenzadegli artt. 13, commi 3 e 13, e 17 del medesimo decreto legislativo).

^ Costituzione, artt. 24, 27, 104 e 111 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 54

n. 158. Ordinanza della Corte di cassazione del 26 novembre 2003.

Misure di prevenzione - Decreto della Corte d'appello in materia di misure di prevenzione -Ricorso in Cassazione - Motivi - Ammissibilita© del ricorso per violazione di legge -Esclusione per vizio di illogicita© manifesta della motivazione - Contrasto con il princi-pio di ragionevolezza - Lesione del diritto di difesa.

^ Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma undicesimo.^ Costituzione, artt. 3 e 24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 55

n. 159. Ordinanza del Tribunale di L'Aquila del 20 gennaio 2004.

Procedimento civile - Correzione delle sentenze e delle ordinanze - Sentenza di primo gradoaffetta da errore materiale (in specie, da erronea indicazione di una delle parti) - Cor-rezione mediante procedimento ex art. 288 cod. proc. civ. da parte dello stesso giudiceche l'ha pronunciata - Possibilita© per le sole sentenze contro le quali non sia stato pro-posto appello - Disparita© di trattamento (quanto alla possibilita© di provvisoria esecu-zione) rispetto alle sentenze non affette da errore materiale o ancora appellabili - Irra-gionevolezza - Contrasto con il diritto ad agire in executivis ed a realizzare il propriointeresse in tempi ragionevoli.

^ Codice di procedura civile, art. 287.^ Costituzione, artt. 3, 24 e 111 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 62

n. 160. Ordinanza del Tribunale di Lecce del 13 gennaio 2004.

Processo penale - Difensore d'ufficio - Ipotesi di nomina del difensore d'ufficio nel corso delgiudizio - Individuazione del sostituto da parte del giudice soltanto nell'ambito di unelenco predisposto dal consiglio dell'ordine forense - Disparita© di trattamento rispettoad ipotesi analoghe - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Violazione del prin-cipio della ragionevole durata del processo.

^ Codice di procedura penale, art. 97, comma 4.^ Costituzione, artt. 3 e 111, secondo comma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 69

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n. 161. Ordinanza del Tribunale di Firenze del 19 settembre 2003.

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Modifiche normative -Possibilita© per le parti di formulare la richiesta di cui all'art. 444 cod. proc. pen., comenovellato, anche nei processi penali in corso di dibattimento, nei quali risulti decorsoil termine previsto dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen. - Sospensione del dibatti-mento, su richiesta dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorniper valutare l'opportunita© della richiesta - Decorrenza del termine per richiedere lasospensione del processo dalla prima udienza utile anziche dalla vigenza della legge -Contrasto con le finalita© deflattive del rito speciale - Pregiudizio dei diritti della partecivile - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio della ragione-vole durata del processo.

^ Legge 12 giugno 2003, n. 134, artt. 1 e 5, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3 e 111 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 72

n. 162. Ordinanza del Tribunale di Firenze del 23 settembre 2003.

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Modifiche normative -Possibilita© per le parti di formulare la richiesta di cui all'art. 444 cod. proc. pen., comenovellato, anche nei processi penali in corso di dibattimento, nei quali risulti decorsoil termine previsto dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen. - Sospensione del dibatti-mento, su richiesta dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorniper valutare l'opportunita© della richiesta - Decorrenza del termine per richiedere lasospensione del processo dalla prima udienza utile anziche dalla vigenza della legge -Contrasto con le finalita© deflattive del rito speciale - Pregiudizio dei diritti della partecivile - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio della ragione-vole durata del processo.

^ Legge 12 giugno 2003, n. 134, artt. 1 e 5, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3 e 111 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 76

nn. da 163 a 165. Ordinanze ö di contenuto sostanzialmente identico ö del Tribunale di Firenzedel 25 settembre 2003.

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Modifiche normative -Possibilita© per le parti di formulare la richiesta di cui all'art. 444 cod. proc. pen., comenovellato, anche nei processi penali in corso di dibattimento, nei quali risulti decorsoil termine previsto dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen. - Sospensione del dibatti-mento, su richiesta dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorniper valutare l'opportunita© della richiesta - Decorrenza del termine per richiedere lasospensione del processo dalla prima udienza utile anziche dalla vigenza della legge -Contrasto con le finalita© deflattive del rito speciale - Pregiudizio dei diritti della partecivile - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio della ragione-vole durata del processo.

^ Legge 12 giugno 2003, n. 134, artt. 1 e 5, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3 e 111 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 77

n. 166. Ordinanza del Tribunale di Torre Annunziata, sez. distaccata di Castellammare di Stabia,del 9 dicembre 2003.

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Disciplina (come novel-lata dalla legge n. 134/2003) - Inapplicabilita© nei procedimenti instaurati nei confrontidei recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma, cod. pen., qualora la pena superi dueanni soli o congiunti a pena pecuniaria - Ingiustificata disparita© di trattamento traimputati - Contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.

^ Codice di procedura penale art. 444, comma 1-bis, aggiunto dall'art. 1, comma 1,della legge 12 giugno 2003, n. 134.

^ Costituzione, artt. 3 e 111, secondo comma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 78

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n. 167. Ordinanza del Tribunale di Napoli del 17 settembre 2003.

Espropriazione per pubblica utilita© - Occupazione usurpativa - Limitazione dell'azione delproprietario al solo risarcimento del danno - Estensione dei criteri di piu© contenutadeterminazione del quantum risarcitorio, con esclusione della riduzione del 40% e conl'incremento del 10%, anche alle stesse ipotesi di occupazione usurpativa di suoli edifi-catori di proprieta© privata poste in essere sino al 30 settembre 1996 in assenza di prov-vedimento dichiarativo di pubblica utilita© , di ipotesi di sopravvenuto annullamento giu-risdizionale del provvedimento dichiarativo di pubblica utilita© ovvero in ipotesi di irre-versibile destinazione dei suoli privati per l'avvenuta realizzazione dell'opera pubblicaverificatesi a termini di efficacia dello stesso provvedimento gia© scaduti - Incidenzasul principio di uguaglianza - Violazione del diritto di azione, del diritto di proprieta©e del principio del giusto indennizzo in caso di espropriazione - Incidenza sul principiodi capacita© contributiva - Eccesso di delega - Contrasto con i principi di responsabilita©e di buon andamento della pubblica amministrazione e di controllo della Corte deiconti sulla responsabilita© amministrativo-contabile - Violazione dei principi del giustoprocesso.

^ Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325, art. 55, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3, 24, 42, commi secondo e terzo, 53, 76, 97, 100, secondo comma,

e 11 (recte: 111).

Espropriazione per pubblica utilita© - Occupazioni d'urgenza gia© poste in essere alla data dientrata in vigore delle leggi nn. 385/1980 e 42/1985 - Proroghe dei termini - Esten-sione retroattiva anche ai procedimenti in corso alle scadenze previste dalle singoleleggi ed efficacia pure in assenza di atti dichiarativi delle amministrazioni precedenti- Incidenza sul diritto di azione, sul diritto di proprieta© e sul principio del giusto inden-nizzo in caso di espropriazione - Violazione di principi di responsabilita© della pubblicaamministrazione e di buon andamento, di controllo della Corte dei conti sulla respon-sabilita© amministrativo-contabile - Violazione dei principi del giusto processo.

^ Legge 1� agosto 2002, n. 166, art. 4.^ Costituzione, artt. 24, 28, 42, commi secondo e terzo, 97, 100, secondo comma, e 111 Pag. 83

n. 168. Ordinanza del Tribunale di Gela del 2 ottobre 2003.

Spese di giustizia - Patrocinio a spese dello Stato - Ricorso avverso i provvedimenti dirigetto dell'istanza di ammissione al beneficio - Prevista competenza del giudice incomposizione monocratica - Eccesso di delega.

^ Decreto legislativo 30 maggio 2001 (recte: 2002), n. 113, art. 99, comma 3.^ Costituzione, art. 76.

In via subordinata: Spese di giustizia - Patrocinio a spese dello Stato - Ricorso avverso iprovvedimenti di rigetto dell'istanza di ammissione al beneficio - Prevista competenzadel giudice in composizione monocratica - Contrasto con il principio di ragionevolezza.

^ Decreto legislativo 30 maggio 2001 (recte: 2002), n. 113, art. 99, comma 3.^ Costituzione, art. 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 92

n. 169. Ordinanza del T.A.R. per la Puglia del 13 novembre 2003.

Straniero - Espulsione amministrativa - Revoca del provvedimento - Esclusione in caso dilavoratore extracomunitario sottoposto a procedimento penale per delitto non colposoovvero destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento allafrontiera a mezzo della forza pubblica - Violazione del principio di uguaglianza sottoil profilo dell'eguale trattamento di situazioni non omogenee - Irragionevolezza.

^ Legge 9 ottobre 2002, n. 222, art. 1, comma 8, lett. a).^ Costituzione, art. 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 94

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n. 170. Ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Bari del 16 dicembre 2003.Ordinamento penitenziario - Sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale

della pena detentiva - Ammissione al beneficio delle persone condannate che abbianosubito la revoca, per fatto colpevole, di una misura alternativa alla detenzione - Ingiu-stificata disparita© di trattamento rispetto ai condannati ammessi alle misure alterna-tive alla detenzione (per i quali la sospensione non si applica) - Violazione del principiodi finalita© rieducativa della pena.

^ Legge 1� agosto 2003, n. 207, art. 1, comma 3, lett. d).^ Costituzione, artt. 3 e 27, comma secondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 96

n. 171. Ordinanza del giudice di pace di Genzano di Roma del 16 settembre 2003.Procedimento civile - Procedimento davanti al giudice di pace - Giudizio secondo equita© -

Esclusione per le controversie relative ai contratti conclusi ex art. 1342 cod. civ. (c.d.contratti di massa), pur se di valore inferiore a millecento euro - Violazione del princi-pio di eguaglianza - Ingiustificata disparita© di trattamento in danno dei contraentipiu© deboli - Violazione del diritto di difesa - Lesione del diritto dei consumatori al giu-dizio secondo equita© entro i limiti di valore previsti - Incidenza sulla possibilita© deisoggetti non abbienti di difendersi senza spese dinanzi al giudice di pace.

^ Decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge7 aprile 2003, n. 63, art. 1.

^ Costituzione, artt. 3 e 24 (in relazione agli artt. 82 e 113, vecchio testo, del cod. proc. civ.) ý 99

n. 172. Ordinanza del giudice di pace di Genzano di Roma del 16 settembre 2003.Procedimento civile - Procedimento davanti al giudice di pace - Giudizio secondo equita© -

Esclusione per le controversie relative ai contratti conclusi ex art. 1342 cod. civ.(c.d. contratti di massa), pur se di valore inferiore a millecento euro - Violazione delprincipio di eguaglianza - Ingiustificata disparita© di trattamento in danno dei con-traenti piu© deboli - Violazione del diritto di difesa - Lesione del diritto dei consumatorial giudizio secondo equita© entro i limiti di valore previsti - Incidenza sulla possibilita©dei soggetti non abbienti di difendersi senza spese dinanzi al giudice di pace.

^ Decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge7 aprile 2003, n. 63, art. 1.

^ Costituzione, artt. 3 e 24 (in relazione agli artt. 82 e 113, vecchio testo, del cod. proc. civ.) ý 102

n. 173. Ordinanza del giudice di pace di Taurianova del 18 settembre 2003.Processo penale - Procedimento dinanzi al giudice di pace - Decreto di citazione a giudizio

disposto dalla polizia giudiziaria - Avviso all'imputato della facolta© di presentaredomanda di oblazione - Mancata previsione - Incidenza sul principio di uguaglianza.

^ Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 20.^ Costituzione, art. 30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 105

n. 174. Ordinanza del giudice di pace di Venezia del 29 settembre 2003.Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso

il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente diversare presso la cancelleria una somma pari alla meta© del massimo edittale della san-zione inflitta dall'organo accertatore - Contrasto con il principio di irretroattivita©della legge (ove l'onere sia ritenuto applicabile anche alle infrazioni commesse primadel 13 agosto 2003) - Violazione del diritto di azione e difesa - Lesione della garanziadi mezzi difensivi per i non abbienti - Contrasto con il ûdiritto alla parita© indipenden-temente dalle condizioni personali e socialiý - Sottrazione di fatto della funzione giuri-sdizionale ai giudici (ove il mancato versamento della cauzione venga inteso comeragione di irricevibilita© del ricorso da parte dei cancellieri).

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis,comma 3, introdotto dalla legge 1� agosto 2003, n. 214.

^ Costituzione, artt. 3, 24, commi primo, secondo e terzo, 25 e 102, primo comma ý 106

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n. 175. Ordinanza del giudice di pace di Brindisi del 10 novembre 2003.Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso

il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente diversare presso la cancelleria una somma pari alla meta© del massimo edittale della san-zione inflitta dall'organo accertatore - Deteriore posizione del cittadino ricorrenterispetto all'Amministrazione convenuta - Penalizzazione del ricorso all'Autorita© giudi-ziaria per favorire quello al Prefetto - Compressione della tutela giurisdizionale deicittadini meno abbienti - Reintroduzione dell'istituto del solve et repete - Lesione deiprincipi in tema di ricorsi giurisdizionali avverso le sanzioni amministrative - Contra-sto con il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli economico-sociali limita-tivi di fatto della liberta© e dell'eguaglianza.

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, intro-dotto dalla legge 1� agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modifica-zioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151.

^ Costituzione, artt. 2, 3 e 24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 109

n. 176. Ordinanza del giudice di pace di Velletri del 27 novembre 2003.Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il

verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente di ver-sare presso la cancelleria una somma pari alla meta© del massimo edittale della sanzioneinflitta dall'organo accertatore - Violazione del principio di uguaglianza - Discrimina-zione ingiusta tra soggetti abbienti e non abbienti - Lesione del diritto di difesa - Con-trasto con il divieto di limitazioni alla tutela giurisdizionale contro gli atti della Pub-blica Amministrazione - Richiamo alla sentenza n. 80/1966 della Corte costituzionale.

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis,comma 3, introdotto dall'art. 1-septies della legge 1� agosto 2003, n. 214 [recte: intro-dotto dall'art. 4, comma 1-septies, del d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito, conmodifiche, nella legge 1� agosto 2003, n. 214].

^ Costituzione, artt. 3, 24 e 113 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 111

n. 177. Ordinanza del giudice di pace di Bra del 16 dicembre 2003.Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il

verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente di ver-sare presso la cancelleria una somma pari alla meta© del massimo edittale della sanzioneinflitta dall'organo accertatore - Discriminazione tra soggetti abbienti e meno abbienti -Violazione del principio di uguaglianza - Compressione della tutela giurisdizionale edel diritto di difesa - Contrasto con la garanzia di mezzi difensivi per i non abbienti.

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, comma 3[introdotto dall'art. 4, comma 1-septies, del d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito,con modifiche, nella legge 1� agosto 2003, n. 214].

^ Costituzione, artt. 3 e 24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 113

n. 178. Ordinanza del T.A.R. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, del 19 dicembre 2003.Sanita© pubblica - Regione Puglia - Prestazioni sanitarie erogate da strutture pubbliche e

private convenzionate - Volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo con-cordato fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998 e il relativo limitedi spesa a carico del servizio sanitario regionale - Previsione della remunerazione didetti volumi di prestazioni con le regressioni tariffarie fissate dalla giunta regionale -Irragionevolezza - Incidenza sul buon andamento della pubblica amministrazione -Violazione dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia(liberta© di scelta dell'utente, efficace competizione tra le strutture accreditate edequiordinazione delle tasse, economicita© della scelta in conseguenza di valutazionicomparative tra qualita© e costi.

^ Legge Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4, art. 30, comma 4.^ Costituzione, artt. 3, 97 e 117 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ý 114

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n. 179. Ordinanza del T.A.R. per la Toscana del 14 ottobre 2003.

Imposte e tasse - Tassa sui marmi - Determinazione dell'aliquota massima mediante regola-mento comunale - Mancata indicazione di parametri sufficienti per delimitare ladiscrezionalita© dei comuni - Violazione del principio di riserva di legge in materia diprestazioni patrimoniali imposte - Violazione del principio di libera circolazione deibeni tra le Regioni.

^ Legge 15 luglio 1911, n. 749, articolo unico, come modificato dall'art. 55, comma 18,legge 27 dicembre 1997, n. 449; d.l. 26 gennaio 1999, n. 8, art. 2, comma 2-ter, neltesto introdotto dalla legge di conversione 25 marzo 1999, n. 75.

^ Costituzione, artt. 23 e 120 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 132

n. 272. Ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia del 13 feb-braio 2004.

Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana -Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Desi-gnazione da parte del Presidente della Regione siciliana - Possibilita© di permanenzain carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conseguente permanenza diuna composizione mista di magistrati laici e togati in sede giurisdizionale - Contrastocon lo statuto regionale che non prevede una sezione specializzata del giudice specialene una composizione collegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consigliodi Stato - Violazione dei principi costituzionali sulla funzione giurisdizionale inassenza di deroghe per la Regione Siciliana con norme di rango costituzionale - Ingiu-stificata differenziazione dell'organo giudicante e dell'esercizio della giurisdizione suuna parte del territorio nazionale - Incidenza sul diritto di difesa e sul principio ditutela giurisdizionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della Sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 108, primo e secondo comma, 113, secondocomma; statuto Regione siciliana, art. 23.

Subordinatamente - Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa dellaRegione siciliana - Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezionegiurisdizionale - Designazione da parte del Presidente della Regione siciliana - Possi-bilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conse-guente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrastocon lo statuto regionale che non prevede una sezione specializzata del giudice specialene una composizione collegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consigliodi Stato da localizzare in Sicilia - Ingiustificata diversa disciplina rispetto alla compo-sizione dell'Alta Corte nonche a quella delle sezioni della Corte dei conti per laRegione siciliana.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

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^ Statuto Regione siciliana, art. 23 in relazione all'art. 24, primo comma, e all'art. 23,terzo comma, del medesimo statuto e del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e agli artt. 90e 91, secondo comma, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.

In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regionesiciliana - Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizio-nale - Designazione da parte del Presidente della Regione siciliana - Possibilita© di per-manenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conseguente perma-nenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statutoregionale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una compo-sizione collegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato dalocalizzare nella Regione siciliana - Violazione del divieto di revisione della giurisdi-zione del Consiglio di Stato.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, VI disposizione transitoria; statuto Regione siciliana, art. 23, primocomma.

In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regionesiciliana - Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale- Designazione da parte del Presidente della Regione siciliana - Possibilita© di permanenzain carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conseguente permanenza di unacomposizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statuto regionale chenon prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegialediversa da quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare nellaRegione siciliana - Violazione delle norme costituzionali sull'uniformita© dell'eserciziodella giurisdizione e dell'organizzazione della giustizia sul territorio nazionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 5, 117, primo comma, secondo comma, lett. l), e 120, secondocomma; statuto Regione siciliana, art. 14, primo comma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 134

n. 273. Ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia del 26 feb-braio 2004.

Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Com-posizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazioneda parte del Presidente della Regione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica perun sessennio dalla data del giuramento - Conseguente permanenza di una composizionemista di magistrati laici e togati in sede giurisdizionale - Contrasto con lo statuto regio-nale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizionecollegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato - Violazione deiprincipi costituzionali sulla funzione giurisdizionale in assenza di deroghe per la Regionesiciliana con norme di rango costituzionale - Ingiustificata differenziazione dell'organogiudicante e dell'esercizio della giurisdizione su una parte del territorio nazionale - Inci-denza sul diritto di difesa e sul principio di tutela giurisdizionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della Sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 108, primo e secondo comma, 113, secondocomma; statuto Regione siciliana, art. 23.

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Subordinatamente - Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa dellaRegione siciliana - Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezionegiurisdizionale - Designazione da parte del Presidente della Regione siciliana - Possi-bilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conse-guente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrastocon lo statuto regionale che non prevede una sezione specializzata del giudice specialene una composizione collegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consigliodi Stato da localizzare in Sicilia - Ingiustificata diversa disciplina rispetto alla compo-sizione dell'Alta Corte nonche a quella delle sezioni della Corte dei conti per laRegione siciliana e del Tribunale regionale di giustizia amministrativa della RegioneTrentino-Alto Adige.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Statuto Regione siciliana, art. 23 in relazione all'art. 24, primo comma, e all'art. 23,terzo comma, del medesimo statuto e del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e agli artt. 90e 91, secondo comma, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.

In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regionesiciliana - Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizio-nale - Designazione da parte del Presidente della Regione siciliana - Possibilita© di per-manenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conseguente perma-nenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statutoregionale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una compo-sizione collegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato dalocalizzare nella Regione siciliana - Violazione del divieto di revisione della giurisdi-zione del Consiglio di Stato.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, VI disposizione transitoria; statuto Regione siciliana, art. 23, primocomma.

In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regionesiciliana - Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizio-nale - Designazione da parte del Presidente della Regione siciliana - Possibilita© di per-manenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conseguente perma-nenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statutoregionale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una compo-sizione collegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato dalocalizzare nella Regione siciliana - Violazione delle norme costituzionali sull'unifor-mita© dell'esercizio delle giurisdizioni e dell'organizzazione della giustizia sul territorionazionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma,6, secondo comma, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý,nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivatamente, in partequa, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 5, 117, primo comma, secondo comma, lett. l), e 120, secondocomma; statuto Regione siciliana, art. 14, primo comma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 164

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SENTENZE ED ORDINANZE DELLA CORTE

n. 98

Sentenza 10 - 18 marzo 2004

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Sanzioni amministrative - Ricorso in opposizione all'ordinanza-ingiunzione - Proposizione con deposito in cancelle-ria e non anche a mezzo del servizio postale - Irragionevole limitazione del diritto alla tutela giurisdizionale -Illegittimita© costituzionale in parte qua.

^ Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22.^ Costituzione, artt. 3 e 24.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;

Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero AlbertoCAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE,Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita© costituzionale dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistemapenale), promosso con ordinanza del 1� aprile 2003 dalla Corte di cassazione nel procedimento civile vertentetra Simone Giampaolo e la Prefettura di Firenze, iscritta al n. 497 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nellaGazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, 1� serie speciale, dell'anno 2003.

Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 2004 il giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

La Corte di cassazione, con ordinanza del 18 dicembre 2002, depositata il 1� aprile 2003, ha sollevato, in rife-rimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita© costituzionale dell'art. 22 della legge24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non consente l'utilizzo del serviziopostale per la proposizione del ricorso in opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione.

Premette il giudice a quo che la sentenza ö avverso la quale e© stato proposto ricorso per cassazione ö con laquale il giudice di pace di Firenze ha dichiarato l'inammissibilita© di un'opposizione ad un'ordinanza-ingiunzioneproposta a mezzo del servizio postale e© coerente con il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimita© ,

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secondo cui il ricorso in opposizione contro le ordinanze-ingiunzione che irrogano sanzioni amministrative nonpuo© essere inoltrato al giudice competente con plico postale, ma deve essere depositato presso la cancelleria, conconsegna a mani del cancelliere. E cio© in quanto il deposito di atti puo© essere effettuato a mezzo del serviziopostale solo quando vi sia una norma che espressamente preveda tale modalita© di presentazione.

Ritiene, peraltro, il medesimo giudice che la mancanza, nella specie, di una disposizione che consenta all'in-giunto di provvedere al deposito del ricorso mediante invio per posta, in plico raccomandato, si ponga in contra-sto con i principi sanciti negli artt. 3 e 24 della Costituzione, sulla scorta delle medesime considerazioni in virtu©delle quali la Corte costituzionale, nella sentenza n. 520 del 2002, e© pervenuta alla declaratoria di illegittimita©costituzionale dell'art. 22, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processotributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), intema di deposito del ricorso alle commissioni tributarie.

Al riguardo il rimettente sottolinea che il modello procedimentale adottato dal legislatore in tema di opposi-zione all'ordinanza-ingiunzione e© estremamente semplificato e che, in particolare, l'attivita© successiva al depositodel ricorso, indirizzata alla instaurazione del contraddittorio, e© interamente devoluta alla cancelleria, che prov-vede a notificare alle parti il ricorso con il decreto di fissazione dell'udienza. Rispetto ad una struttura proces-suale cos|© agile, la previsione della consegna brevi manu quale unica modalita© di presentazione del ricorso stessorappresenterebbe ûun formalismo non solo inutile ed anacronistico, ma anche estremamente gravoso per l'oppo-nenteý.

Si tratterebbe, in definitiva, di un modello procedimentale molto piu© simile a quello previsto per il ricorso percassazione (nel quale e© consentito il deposito del ricorso a mezzo del servizio postale) che a quello proprio del pro-cesso del lavoro (nel quale tale possibilita© non e© data), cosicche la diversita© di disciplina rispetto al primo, in partequa, risulterebbe, anche sotto tale aspetto, priva di ragionevolezza, tanto piu© che ö per la natura stessa dellematerie oggetto del procedimento in questione ö l'ufficio competente a decidere sull'opposizione e© spesso situatoin un luogo diverso, e talvolta assai distante, da quello di residenza del ricorrente.

Considerato in diritto

1. ö La Corte di cassazione dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimita© costi-tuzionale dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui nonconsente che il ricorso in opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione possa essere proposto a mezzo del serviziopostale, in alternativa al deposito presso la cancelleria del giudice competente.

La previsione, quale unica modalita© di introduzione del giudizio, della consegna personale del ricorso in manidel cancelliere sarebbe ö ad avviso del rimettente ö non coerente con la struttura semplificata del procedimentoe tale da ostacolare irragionevolmente l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale da parte del destinatariodella sanzione.

2. ö La questione e© fondata.

Questa Corte ha costantemente affermato l'esigenza, di carattere costituzionale, che le norme che determi-nano cause di inammissibilita© degli atti introduttivi dei giudizi siano in armonia con lo specifico sistema proces-suale cui si riferiscono e non frappongano ostacoli all'esercizio del diritto di difesa non giustificati dal preminenteinteresse pubblico ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata (si veda, da ultimo,la sentenza n. 520 del 2002).

Non vi e© dubbio, d'altra parte, che il procedimento di opposizione all'ordinanza-ingiunzione di pagamento,quale disciplinato dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, si caratterizzi per una semplicita© di forme deltutto peculiare, all'evidenza intesa a rendere il piu© possibile agevole l'accesso alla tutela giurisdizionale nella spe-cifica materia.

Una volta introdotto il giudizio, mediante il deposito in cancelleria del ricorso con l'allegata ordinanza(art. 22, terzo comma), l'opponente ö cui e© data facolta© di stare in giudizio personalmente (art. 23, quarto

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comma) ö non e© infatti gravato da alcun ulteriore incombente al fine della instaurazione del contraddittorio,essendo fatto carico alla cancelleria di provvedere alla notificazione alle parti del ricorso stesso e del decreto delgiudice contenente la fissazione dell'udienza di comparizione (art. 23, secondo comma). All'udienza i mezzi diprova necessari sono disposti dal giudice anche d'ufficio e la citazione dei testimoni ö cui pure si provvede d'uf-ficio, cos|© come ad ogni comunicazione e notificazione nel corso del processo (art. 23, nono comma) ö puo© esseredisposta anche senza formulazione di capitoli (art. 23, sesto comma). Gli atti del processo e la decisione ö adulteriore conferma della volonta© legislativa di favorire il ricorso alla tutela giurisdizionale, nella materia delle san-zioni amministrative, nonostante il valore generalmente modesto della controversia ö sono infine esenti da ognitassa e imposta (art. 23, decimo comma).

In relazione a tale semplificata struttura processuale, la previsione del necessario accesso dell'opponente (odel suo procuratore) alla cancelleria del giudice competente al fine di depositare personalmente il ricorso ö conesclusione della possibilita© di utilizzo, a tale scopo, del servizio postale, viceversa largamente impiegato dallaparte pubblica per le proprie comunicazioni e notifiche ö appare non solo incongrua nel suo formalismo, e per-cio© lesiva del generale canone di ragionevolezza, ma altres|© tale da rappresentare ö in palese contrasto con laratio legis ö fattore di dissuasione anche di natura economica dall'utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale, inconsiderazione tra l'altro dei costi, del tutto estranei alla funzionalita© del giudizio, che l'intervento personalepuo© comportare nei casi, certamente non infrequenti, in cui il foro dell'opposizione non coincida con il luogo diresidenza dell'opponente.

Le esigenze di certezza che il deposito personale mira a realizzare riguardo all'instaurazione del rapportoprocessuale, possono d'altra parte essere allo stesso modo garantite attraverso l'utilizzo del plico raccomandato,espressamente previsto ad analoghi fini dallo stesso codice di rito (art. 134 disp. att. cod. proc. civ.). Con la preci-sazione che ö alla stregua dei principi enunciati in tema di procedimenti notificatori nelle sentenze di questaCorte n. 28 del 2004 e n. 477 del 2002 ö l'opposizione dovra© ritenersi tempestiva purche la spedizione del plicosia intervenuta entro il termine previsto dal primo comma dell'art. 22 in esame.

3. ö In ragione del rilevato contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, va conclusivamente dichiaratal'illegittimita© costituzionale della norma denunciata, nella parte in cui non consente l'utilizzo del servizio postaleal fine del deposito del ricorso in opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l'illegittimita© costituzionale dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistemapenale), nella parte in cui non consente l'utilizzo del servizio postale per la proposizione dell'opposizione.

Cos|© deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2004.

Il Presidente: Zagrebelsky

Il redattore: Marini

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 18 marzo 2004.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

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n. 99

Ordinanza 10 - 18 marzo 2004

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Regione Campania - Caccia - Norme regionali - Specie cacciabili nel territorio regionale - Stagione venatoria -Anticipazione al 1� settembre (in luogo della terza domenica di settembre) - Omessa previsione del pareredell'Istituto nazionale per la fauna selvatica - Lamentato superamento dei limiti consentiti dalla legge nazionalecon indiretta violazione della normativa comunitaria - Difetto di motivazione sulla rilevanza della questione -Manifesta inammissibilita© .

^ Legge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15, art. 49, comma 1, lettera e).^ Costituzione, art. 117, primo e secondo comma, lettera s); legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18; direttiva

79/409/CEE del Consiglio 2 aprile 1979.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;

Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero AlbertoCAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimita© costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera a), della legge della Regione Campania10 aprile 1996, n. 8 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attivita© venatoria in Campa-nia), come modificato dall'art. 49, comma 1, lettera e), della legge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15(Legge finanziaria regionale per l'anno 2002), promosso con ordinanza del 10 aprile 2003 dal Tribunale ammini-strativo regionale per la Campania sul ricorso proposto dall'Associazione Italiana per il World Wide Fund forNature ö Onlus (WWF Italia) ed altra contro la Regione Campania ed altri, iscritta al n. 607 del registro ordi-nanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, 1� serie speciale, dell'anno 2003.

Visti gli atti di costituzione del WWF Italia Onlus e di Della Pietra Giuseppe ed altri nonche l'atto di inter-vento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 20 gennaio 2004 il giudice relatore Fernanda Contri;

Udito l'avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso dall'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature öOnlus (WWF Italia) contro la Regione Campania (con l'intervento ad adiuvandum della Lega Antivivisezione e adopponendum dell'Unione Nazionale delle Associazioni Venatorie nonche di Della Pietra Giuseppe ed altri) per l'an-nullamento, previa sospensione, del calendario venatorio della Regione Campania per l'annata 2002-2003, il Tribu-nale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, ha sollevato, con ordinanza del 10 aprile 2003, que-stione di legittimita© costituzionale dell'art. 49, comma 1, lettera e), della legge della Regione Campania 26 luglio2002, n. 15 (Legge finanziaria regionale per l'anno 2002), ovvero dell'art. 16, comma 1, lettera a), della legge dellaRegione Campania 10 aprile 1996, n. 8 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attivita© venato-ria in Campania), come modificato dal suddetto art. 49, comma 1, lettera e), della legge campana n. 15 del 2002,per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione all'art. 18 della legge 11 feb-braio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), nonche percontrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione alla direttiva 79/409/CEE del Consiglio del2 aprile 1979;

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che il suddetto art. 49, comma 1, lettera e), della legge campana n. 15 del 2002 ha modificato l'art. 16della legge regionale n. 8 del 1996 prevedendo l'anticipazione della apertura della caccia al 1� settembre, in luogodella terza domenica di settembre originariamente prevista nella lettera a) del predetto art. 16 per le specie ivielencate (quaglia, tortora, merlo, allodola, starna, pernice rossa, etc.);

che la norma censurata, nel fissare il termine di apertura dell'esercizio venatorio per alcune specie al1� settembre dell'anno, senza prevedere il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), amplierebbela durata della stagione venatoria oltre i limiti consentiti dalla legge nazionale, sia sotto il profilo dell'entita© com-plessiva della stagione venatoria, sia sotto il profilo del superamento dei periodi dell'anno, prima ed oltre i qualisi svolge ancora o si inizia l'attivita© riproduttiva dell'avifauna, che la normativa nazionale considera invalicabili,violando, indirettamente, anche la normativa comunitaria (in particolare l'art. 7.4 della direttiva 79/409/CEE);

che il Tribunale rimettente premette che la controversia ha ad oggetto il calendario venatorio per l'annata2002-2003 assunto dalla amministrazione regionale ö con la delibera di giunta n. 3628 del 26 luglio 2002 ö inattuazione dell'art. 24 della legge regionale n. 8 del 1996;

che il calendario venatorio campano indicava tra l'altro, nella sua originaria formulazione, al primocapoverso, lettera a), le specie cacciabili dal 1� al 15 settembre 2002 (colombaccio, ghiandaia, merlo, quaglia, tor-tora; ed un solo capo per specie in tutto il periodo per: starna, lepre comune, fagiano);

che con decreto presidenziale n. 4004 del 28 agosto 2002 il t.a.r. ha disposto la sospensione dell'attoimpugnato, confermata con l'ordinanza collegiale n. 4022 del 4 settembre del 2002;

che il rimettente riferisce che, con delibera n. 4063 dell'11 settembre 2002, la giunta regionale della Cam-pania avrebbe modificato il calendario venatorio allegato alla delibera n. 3628 del 26 luglio 2002, sostituendo ilprimo capoverso, lettera a), del primo deliberato, nel senso che le specie colombaccio, ghiandaia, merlo, quagliae tortora sono considerate cacciabili dall'8 al 15 settembre 2002 (e non piu© , come nella originaria delibera, dal1� al 15 settembre 2002), con integrale conferma, per il resto, della prima delibera del 26 luglio 2002;

che il t.a.r. riferisce che avverso la nuova determinazione il WWF Italia ha proposto motivi aggiunti eche e© intervenuta la legge regionale Campania 26 luglio 2002, n. 15, la quale, all'art. 49, ha modificato l'art. 16della legge regionale n. 8 del 1996, prevedendo, tra l'altro, l'anticipazione dell'apertura della caccia al 1� settem-bre, in luogo della terza domenica di settembre originariamente prevista;

che il rimettente riferisce altres|© di aver evidenziato, nella motivazione dell'ordinanza di sospensionen. 4022 del 4 settembre 2002, che il complessivo meccanismo procedimentale previsto dalla legge regionale n. 8del 1996 ö e in particolare dall'art. 24 della suddetta legge, che prevede l'adozione del calendario venatorio entroil 15 giugno dell'anno e comunque entro un termine ragionevole e compatibile con le esigenze di regolamentazionee disciplina preventive della stagione venatoria ö non consentiva una immediata operativita© della novella legisla-tiva, per cui, in presenza di un calendario venatorio gia© adottato nel luglio 2002 sulla base della legge regionaleallora vigente, la nuova norma anticipatoria dell'apertura della caccia per talune specie cacciabili avrebbe potutotrovare concreta applicazione solo per il successivo calendario venatorio, relativo all'annata 2003-2004;

che, tuttavia, la giunta regionale, nella successiva delibera n. 4063 dell'11 settembre 2002, avrebbe richia-mato al primo ûvistoý del preambolo motivazionale, proprio l'art. 49 della legge regionale n. 15 del 2002, ûchemodifica i periodi di caccia stabiliti dall'art. 16 della legge regionale n. 8 del 1996 per alcune specie della faunapresenti in Campaniaý;

che il rimettente considera pertanto rilevante la questione di legittimita© costituzionale, prospettata dalWWF, ma che ritiene ûdi proporre anche d'ufficioý, dell'art. 49, comma 1, lettera e), della legge regionale dellaCampania n. 15 del 2002, in quanto quest'ultima disposizione integrerebbe la base giuridica del complessivo deli-berato regionale costituito dalla delibera n. 3628 del 26 luglio 2002 come modificata dalla successiva deliberan. 4063 dell'11 settembre 2002;

che il t.a.r. Campania sottolinea che in base alla legge regionale n. 8 del 1996 l'anticipazione del calenda-rio venatorio al 1� settembre costituiva l'eccezione, sottoposta a previo provvedimento autorizzatorio regionale,sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), come d'altra parte previsto dall'art. 18, comma 2, dellalegge statale n. 157 del 1992, mentre nel sistema introdotto dalla legge regionale n. 15 del 2002 diviene la regola,esclusa ogni autorizzazione specifica sul punto;

che la legge regionale violerebbe pertanto l'art. 18, comma 2, della legge statale n. 157 del 1992, in baseal quale il termine iniziale della terza domenica di settembre puo© essere modificato per determinate specie in rela-zione a situazioni ambientali delle diverse realta© territoriali su autorizzazione regionale previo parere dell'INFS;

che ha depositato atto di intervento il World Wide Fund for Nature ö Onlus (WWF Italia), ricorrentenel giudizio a quo, per chiedere l'accoglimento della questione di costituzionalita© sollevata dal t.a.r. Campania,

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richiamando, in particolare, le pronunce di questa Corte n. 536 del 2002, n. 226 e n. 227 del 2003, nelle quali si e©sottolineato che la tutela dell'ambiente e© un valore costituzionalmente protetto in funzione del quale lo Statopuo© dettare standard uniformi di tutela della fauna sull'intero territorio nazionale;

che ha depositato atto di intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dal-l'Avvocatura generale dello Stato, al fine di sostenere la fondatezza della questione di legittimita© sollevata dalt.a.r. Campania, richiamando quanto gia© esposto in relazione ad altra questione riguardante il medesimo attolegislativo, discussa all'udienza pubblica del 4 febbraio [recte: 25 marzo] 2003 (reg. ric. n. 71 del 2002) in seguitoad impugnazione in via diretta del Presidente del Consiglio dei ministri;

che hanno depositato atto di intervento Della Pietra Giuseppe ed altri, intervenienti ad opponendum nelgiudizio a quo, per chiedere che la questione sollevata dal t.a.r. Campania sia dichiarata infondata, sottolineando,tra l'altro, che il calendario venatorio sottoposto al vaglio del t.a.r. rimettente aveva esaurito la sua vita giuridicaalla fine del gennaio 2003, con conseguente palese cessazione della materia del contendere, e che comunque erastato modificato da successivi atti regionali sui quali non avrebbe inciso la disposizione censurata che, anchesecondo il rimettente, avrebbe potuto trovare concreta applicazione solo per il futuro e non rispetto al calendariovenatorio gia© adottato per la stagione 2002-2003;

che in prossimita© dell'udienza pubblica il WWF Italia ha depositato memoria, insistendo per l'accogli-mento della questione di costituzionalita© sollevata dal t.a.r. Campania, richiamando, in particolare, la sentenzadi questa Corte n. 311 del 2003, con la quale e© stata dichiarata l'illegittimita© costituzionale della previsione conte-nuta nella norma regionale oggetto del presente giudizio che prorogava al û28 febbraioý l'originario termine delû31 gennaioý per l'esercizio della caccia di diverse specie (art. 49, comma 1, lettera f), della legge regionale cam-pana n. 15 del 2002).

Considerato che la questione di legittimita© costituzionale ha ad oggetto l'art. 49, comma 1, lettera e), dellalegge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15 (Legge finanziaria regionale per l'anno 2002), il quale hamodificato l'art. 16 della legge regionale 10 aprile 1996, n. 8 (Norme per la protezione della fauna selvatica edisciplina dell'attivita© venatoria in Campania), prevedendo l'anticipazione della apertura della caccia al 1� settem-bre, in luogo della terza domenica di settembre originariamente prevista nella lettera a) del predetto art. 16 perle specie ivi elencate (quaglia, tortora, merlo, allodola, starna, pernice rossa, coniglio selvatico, lepre comune,fagiano);

che il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, giudice rimettente, ritieneche la norma censurata contrasti con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazioneall'art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per ilprelievo venatorio), il quale, per le specie sopra considerate, prevede la terza domenica di settembre come termineiniziale per l'attivita© venatoria, modificabile con autorizzazione regionale, previo parere dell'Istituto nazionaleper la fauna selvatica, per determinate specie in relazione a situazioni ambientali delle diverse realta© territoriali;

che la norma censurata sarebbe altres|© in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, inrelazione alla direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979;

che il giudice rimettente ritiene che l'art. 49 della legge campana 26 luglio 2002, n. 15, non trovi applica-zione rispetto al calendario venatorio campano per la stagione 2002-2003, approvato dalla giunta regionale conla delibera n. 3628 del 26 luglio 2002 (Approvazione del calendario venatorio 2002/2003), di cui si chiede l'annul-lamento nel giudizio a quo con riferimento, tra l'altro, alla previsione contenuta nel primo capoverso, lettera a),che indica le specie cacciabili dal 1� settembre al 15 settembre 2002 (colombaccio, ghiandaia, merlo, quaglia, tor-tora; ed un solo capo per specie in tutto il periodo per: starna, lepre comune, fagiano);

che, secondo il giudice a quo, l'art. 49, comma 1, lettera e), della legge regionale della Campania n. 15del 2002 sarebbe pero© richiamato al primo ûvistoý del preambolo motivazionale della successiva delibera dellagiunta regionale n. 4063 dell'11 settembre 2002, che avrebbe modificato il calendario venatorio allegato alla deli-bera n. 3628 del 26 luglio 2002, sostituendo il primo capoverso, lettera a), del primo deliberato, nel senso che lespecie colombaccio, ghiandaia, merlo, quaglia e tortora sono considerate cacciabili dall'8 al 15 settembre 2002,con integrale conferma, per il resto, della prima delibera del 26 luglio 2002;

che, a giudizio del rimettente, la questione di legittimita© costituzionale sarebbe rilevante, in quanto lanorma censurata integrerebbe il presupposto giuridico del complessivo deliberato regionale costituito dalla deli-bera n. 3628 del 26 luglio 2002, come modificata dalla successiva delibera n. 4063 dell'11 settembre 2002;

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che, tuttavia, il giudice a quo, nel richiamare la delibera n. 4063 dell'11 settembre 2002, annette ad essa ilcontenuto di una precedente delibera della giunta regionale del 9 settembre 2002, n. 4039 (Riformulazione calen-dario venatorio annata 2002-2003 in esecuzione sentenza Tar n. 4022 del 4/199/2002), la quale, richiamando alprimo ûvistoý del preambolo motivazionale l'art. 49, comma 1, lettera e), della legge regionale della Campanian. 15 del 2002, sostituiva la previsione contenuta nel primo capoverso, lettera a), della delibera n. 3628 del 2002,stabilendo che potessero essere cacciate dall'11 settembre 2002 le specie colombaccio, ghiandaia, merlo, quagliae tortora;

che avverso tale delibera il WWF Italia, ricorrente nel giudizio a quo, ha proposto motivi aggiunti conatto del 10 settembre 2002, chiedendone l'annullamento anche in relazione alla parte in cui essa consentiva la cac-cia delle specie sopra menzionate dall'8 [recte: 11] settembre 2002;

che la suddetta previsione e© stata modificata dalla giunta regionale campana con la delibera n. 4063dell'11 settembre 2002 (Delibera regionale 4039 del 9 settembre 2002 - Differimento termini), la quale prevede,diversamente da quanto si evince dalla ordinanza di rimessione, il differimento al 15 settembre 2002 dell'iniziodell'attivita© venatoria ûper tutte le specie cacciabili ad eccezione del cinghiale per il quale l'apertura resta fissatail 2 ottobre 2002ý;

che anche avverso questa delibera il WWF Italia, ricorrente nel giudizio a quo, ha proposto motiviaggiunti con atto del 5 novembre 2002, chiedendone l'annullamento in quanto essa, pur allineando la data diapertura della stagione venatoria alla terza domenica di settembre (come previsto dal citato art. 18 della legge sta-tale n. 157 del 1992), richiama la rimanente parte del calendario venatorio regionale, oggetto di ulteriori censurenel procedimento pendente davanti al t.a.r. Campania;

che, dunque, il giudice rimettente, nel motivare sulla rilevanza della questione, pur citando la deliberan. 4063 dell'11 settembre 2002, non tiene conto del contenuto di essa, che prevede l'apertura della caccia nel terri-torio regionale a partire dal 15 settembre 2002 (coincidente con la terza domenica del mese), in conformita© conquanto previsto dalla normativa nazionale, facendo invece esplicito e motivato riferimento al contenuto della deli-bera n. 4039 del 9 settembre 2002;

che l'erronea considerazione del contenuto del complessivo deliberato regionale costituito dalla deliberan. 3628 del 26 luglio 2002 come modificata dalle richiamate successive delibere inficia la ricostruzione propostadal giudice a quo per sostenere la rilevanza della questione;

che la motivazione sulla rilevanza appare pertanto carente, in assenza di qualsiasi riferimento alla previ-sione, contenuta nella citata delibera n. 4063 dell'11 settembre 2002, del differimento al 15 settembre 2002 dell'ini-zio dell'attivita© venatoria nel territorio campano.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la manifesta inammissibilita© della questione di legittimita© costituzionale dell'art. 49, comma 1, lette-ra e), della legge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15 (Legge finanziaria regionale per l'anno 2002), solle-vata, in riferimento all'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Tribunale ammini-strativo regionale per la Campania, sede di Napoli, con l'ordinanza in epigrafe.

Cos|© deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2004.

Il Presidente: Zagrebelsky

Il redattore: Contri

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 18 marzo 2004.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

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Ordinanza 10 - 18 marzo 2004

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Previdenza e assistenza - Indennita© di mobilita© - Licenziamento di lavoratori gia© intimato ma non ancora produttivodi effetti alla data dell'11 agosto 1991 (data di entrata in vigore della legge n. 223 del 1991) - Esclusione deldiritto al trattamento di mobilita© - Prospettata disparita© , rispetto ai lavoratori nella condizione di disoccupa-zione speciale aventi titolo alla iscrizione nelle liste di mobilita© - Questione basata sulle evenienze del concretogiudizio di provenienza - Manifesta inammissibilita© .

^ Legge 23 luglio 1991, n. 223, artt. 16, comma 4, e 22, comma 7.^ Costituzione, artt. 3 e 38.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;

Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero AlbertoCAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE,Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimita© costituzionale degli artt. 16, comma 4, e 22, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223(Norme in materia di cassa integrazione, mobilita© , trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive dellacomunita© europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), promosso conordinanza del 19 dicembre 2002 dal Tribunale di Napoli sugli appelli riuniti promossi da Corcione Michele edaltri contro INPS, iscritta al n. 104 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repub-blica n. 12, 1� serie speciale, dell'anno 2003.

Visti l'atto di costituzione dell'INPS nonche l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 2004 il giudice relatore Francesco Amirante;

Uditi l'avvocato Giuseppe Fabiani per l'INPS e l'avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente delConsiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di un giudizio di appello avverso la sentenza pretorile, che aveva negato ad alcunilavoratori l'applicabilita© dell'art. 22 della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione,mobilita© , trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della comunita© europea, avviamento al lavoro edaltre disposizioni in materia di mercato del lavoro), in quanto il loro licenziamento, intimato con preavviso il9 agosto 1991, non era ancora efficace alla data di entrata in vigore della legge, il Tribunale di Napoli, con ordi-nanza del 19 dicembre 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questioni di legitti-mita© costituzionale: a) dell'art. 16, comma 4, della legge n. 223 del 1991, nella parte in cui non consente di perce-pire il trattamento di mobilita© ai lavoratori licenziati prima dell'entrata in vigore della legge n. 223 del 1991(11 agosto 1991), ma per i quali l'effetto risolutivo del rapporto si e© verificato solo in epoca successiva; b) del-l'art. 22, comma 7, della stessa legge, nella parte in cui attribuisce il diritto all'indennita© di mobilita© solo ai lavo-ratori che, alla data predetta, gia© godevano della disoccupazione speciale e non anche a coloro che non ne usufrui-vano per essere il loro licenziamento (gia© intimato) non ancora produttivo di effetti alla data dell'11 agosto 1991;

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che il giudice a quo specifica di aver riunito due distinti appelli concernenti, rispettivamente, un gruppodi lavoratori ai quali, come accertato a seguito di istruttoria compiuta nel corso del giudizio di gravame, la comu-nicazione del licenziamento era pervenuta dopo la data di entrata in vigore della legge n. 223 del 1991 ed altritre lavoratori per i quali l'intimazione del licenziamento doveva invece ritenersi come intervenuta anteriormente;

che il remittente giudica infondato l'appello dei primi, in quanto basato esclusivamente sull'art. 22,comma 7, legge n. 223 del 1991, mentre la fattispecie avrebbe invece dovuto essere ricompresa nella normativa aregime della legge citata, ma afferma essergli inibito, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, decidere nel sensosuddetto la controversia, perche vincolato sia alle deduzioni di parte sia al giudicato che si e© formato sul punto;

che il Tribunale individua quindi, nel combinato disposto degli artt. 16, comma 4, e 22, comma 7, dellalegge n. 223 del 1991, tre possibili situazioni soggettive: 1) lavoratori ai quali il licenziamento e© stato intimatoprima dell'entrata in vigore della legge n. 223 del 1991 e i cui effetti si sono prodotti anteriormente alla entratain vigore della legge stessa, cui si applica il regime transitorio di cui all'art. 22, comma 7, della legge n. 223 del1991; 2) lavoratori ai quali il licenziamento e© stato intimato dopo l'entrata in vigore della legge n. 223 del 1991 ei cui effetti si sono prodotti in un momento successivo, soggetti integralmente alla nuova disciplina a regime; 3)lavoratori ai quali il licenziamento e© stato intimato prima dell'entrata in vigore della legge n. 223 del 1991, ma icui effetti si sono prodotti dopo tale data;

che, secondo il remittente, tale ultima categoria (in cui egli colloca la maggioranza degli appellanti) puo©beneficiare in via transitoria del solo trattamento di disoccupazione speciale, la cui disciplina continua ad appli-carsi in virtu© della specifica clausola di salvezza contenuta nell'art. 16, comma 4, della legge n. 223 del 1991 enon del piu© favorevole regime di cui all'art. 22, comma 7 (che consente a quei lavoratori che, prima della entratain vigore della legge n. 223 del 1991, avevano titolo alla disoccupazione speciale di essere iscritti nelle liste dimobilita© , con diritto a percepire la relativa indennita© nella misura iniziale pari al trattamento speciale di disoccu-pazione da essi precedentemente percepito, per un periodo non superiore a centottanta giorni);

che sarebbe percio© ravvisabile una disparita© di trattamento tra questi ultimi lavoratori e quelli apparte-nenti alle due prime categorie anzidette, accentuata dalla previsione di un trattamento deteriore proprio per queilavoratori, destinatari di un licenziamento anteriore all'entrata in vigore della legge medesima, cessati dal lavoroin un momento successivo per aver prestato la loro opera durante il preavviso, in tal modo penalizzati rispettoai licenziati ûin troncoý, i quali si trovano immediatamente nelle condizioni per godere della disoccupazione spe-ciale, ai sensi dell'art. 22, comma 7, citato;

che, oltre alle indicate violazioni dell'art. 3 Cost., risulterebbe anche vulnerato l'art. 38 Cost., in quanto,per i lavoratori in argomento, la misura del trattamento di disoccupazione involontaria sarebbe inferiore all'in-dennita© di mobilita© ;

che e© intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generaledello Stato, preliminarmente eccependo l'inammissibilita© della questione, per la contraddizione insita nell'averrilevato l'esistenza del giudicato sollevando nel contempo il dubbio di costituzionalita© ;

che, nel merito, l'Avvocatura osserva come la domanda dei lavoratori fosse comunque diretta a percepirel'indennita© di mobilita© e non il trattamento speciale di disoccupazione, con la conseguente, riduttiva ed erroneaqualificazione giuridica della domanda da parte del Tribunale, che inoltre non avrebbe neppure esplorato la pos-sibilita© di un'interpretazione adeguatrice;

che nel giudizio davanti a questa Corte si e© costituito l'INPS, concludendo per l'infondatezza della que-stione poiche ö premesso che l'art. 16, comma 4, sarebbe espressione del principio d'irretroattivita© ö la trasfor-mazione del trattamento di disoccupazione nella nuova indennita© di mobilita© , prevista dall'art. 22, comma 7,non risulterebbe irragionevole o lesiva della parita© di trattamento, in quanto, oltre ad essere subordinata a speci-fici presupposti, avrebbe un ambito soggettivo ed oggettivo limitato nel tempo e nel territorio;

che, quanto all'art. 38 Cost., l'INPS ricorda come tra le prestazioni erogate dall'assicurazione contro ladisoccupazione vadano inclusi, oltre all'indennita© di mobilita© , anche i trattamenti ordinari e speciali di disoccupa-zione per altri settori dell'attivita© produttiva (industria, edilizia ed agricoltura), da ritenere comunque adeguati,a meno di non seguire l'ottica del remittente, per cui tutte le prestazioni di disoccupazione diverse dall'indennita©di mobilita© dovrebbero essere stimate non rispondenti al precetto costituzionale evocato.

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Considerato che nell'ordinanza di rimessione si afferma che tutti i licenziamenti erano stati intimati conpreavviso in data 9 agosto 1991 e che durante il relativo periodo i lavoratori avevano prestato la loro opera;

che, di conseguenza, il pretore aveva ritenuto che i licenziamenti avessero prodotto i loro effetti successi-vamente all'11 agosto 1991, data di entrata in vigore della legge n. 223 del 1991;

che ö sia pure con riferimento non tanto alla scadenza del preavviso, come ritenuto dal primo, bens|©alle date di ricevimento delle lettere di recesso, tutte fuorche tre successive all'11 agosto 1991 ö il remittenteafferma ûla diretta applicazione della nuova disciplina della mobilita© ý e non della disciplina transitoria previstadall'art. 22, comma 7, della legge citata, alla situazione dei lavoratori cos|© accertata, sostenendo pero© che taleapplicazione gli e© preclusa perche gli appellanti hanno sempre fondato le proprie pretese esclusivamente sul pre-detto comma 7 dell'art. 22;

che l'individuazione di una categoria di lavoratori da considerare licenziati prima dell'entrata in vigoredella legge n. 223 del 1991 ö perche a tale periodo risale la spedizione delle lettere di licenziamento ö come tito-lari soltanto ed illegittimamente del diritto all'indennita© di disoccupazione, contraddice l'assunto dello stesso Tri-bunale, secondo il quale cio© che conta e© la ricezione dell'atto, e contrasta con la disciplina del licenziamento conpreavviso;

che da quanto rilevato risulta che il giudice a quo ha costruito le questioni di legittimita© costituzionalenon sull'interpretazione della legge nella sua astrattezza, bens|© sulle evenienze, da lui stesso ritenute patologiche,del concreto giudizio devolutogli, con le preclusioni verificatesi in grado di appello;

che di quanto detto si ha riprova constatando che la pronuncia additiva postulata, proprio perchemodellata in tesi sul caso singolo e non sulla legge astrattamente considerata, introdurrebbe nell'ordinamentocontraddizioni insuperabili;

che, pertanto, le questioni sono manifestamente inammissibili.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la manifesta inammissibilita© delle questioni di legittimita© costituzionale degli artt. 16, comma 4, e 22,comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilita© , trattamenti di disoccu-pazione, attuazione di direttive della comunita© europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mer-cato del lavoro), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli con l'ordinanzain epigrafe.

Cos|© deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2004.

Il Presidente: Zagrebelsky

Il redattore: Amirante

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 18 marzo 2004.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

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n. 101

Ordinanza 10 - 18 marzo 2004

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Giudizio possessorio - Incompatibilita© del giudice - Incompatibilita© del giudice del merito possessorio, il quale abbiadeciso in esito alla fase sommaria, a decidere sulla base dell'identico materiale probatorio, gia© disponibile nellafase sommaria - Mancata previsione - Assunto contrasto con il principio di ragionevolezza e con il diritto didifesa - Questione sostanzialmente coincidente con altra gia© respinta - Manifesta infondatezza.

^ Cod. proc. civ., art. 51.^ Costituzione, artt. 3 e 24.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto

CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE,Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimita© costituzionale dell'art. 51 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del9 aprile 2003 dal Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, nel procedimento civile vertente tra AMBIENT2000 di Marzetti e C. s.n.c. e Lorena Beccaceci ed altro, iscritta al n. 442 del registro ordinanze 2003 e pubblicatanella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, 1� serie speciale, dell'anno 2003.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 2004 il giudice relatore Franco Bile;Ritenuto che il Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, in composizione monocratica, nel corso della

fase di merito di un giudizio possessorio ö seguita al rigetto nella fase sommaria del provvedimento interdittaleda parte del medesimo giudice, con decisione peraltro riformata in sede di reclamo dal collegio, che ha concessola reintegrazione nel possesso, e dopo il rigetto da parte del Presidente del Tribunale della richiesta di astensioneproposta dallo stesso magistrato ö ha sollevato, con ordinanza emessa il 9 aprile 2003, in riferimento agli artt. 3e 24 della Costituzione, questione di legittimita© costituzionale dell'art. 51 del codice di procedura civile, ûlimitata-mente alla mancata previsione dell'incompatibilita© del giudice, il quale abbia concesso o negato i primi provvedi-menti possessori, con provvedimento interinale riformato dal giudice del reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc.civ., a decidere nella fase del merito possessorio sulla base dell'identico materiale probatorio gia© disponibile nellafase sommariaý;

che osserva il rimettente come la questione di legittimita© costituzionale non sia preclusa dall'ordinanzadi questa Corte n. 220 del 2000, secondo la quale, da un lato, gli atti di istruzione esperiti nel rito sommario assu-mono una ûvalenza tutta propria, intesa a consentire valutazioni meramente sommarie, indispensabili (e suffi-cienti) in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento (provvisorio) richiesto (art. 669-sexies cod. proc.civ.), ma normalmente inidonei di per se a consentire la decisione definitiva della causaý, e, dall'altro lato, il mate-riale istruttorio del giudizio a cognizione ordinaria e© ûniente affatto necessariamente identico a quello acquisitosenza formalita© nella precedente faseý;

che infatti secondo il giudice a quo ö essendo costantemente affermata dalla giurisprudenza la possibi-lita© di utilizzare nel giudizio di merito, con valore di testimonianza, le prove assunte nella fase sommaria con leformalita© proprie del giudizio di cognizione ordinaria ö a ûcoloro i quali dubitano quantomeno dell'utilita© pra-tica di separare le fasi del giudizio possessorio nella maggioranza dei casi concretiý si pone, tra l'altro, l'opzione(seguita nella specie dallo stesso rimettente) di esperire nella fase sommaria un'istruttoria avente caratteri di com-

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pletezza anche dal punto di vista formale, al fine di limitare un'eventuale appendice istruttoria nel giudizio sulûmerito possessorioý alle sole domande connesse (ad esempio, di risarcimento dei danni), con la conseguenzache la decisione del giudizio di merito sulla base dello stesso materiale probatorio gia© acquisito formalmente egia© valutato nella fase sommaria non costituisce una mera eventualita© , bens|© una realta© processuale;

che, pertanto, la norma impugnata si pone in contrasto: a) con il principio di ragionevolezza, poicheviene svuotata di qualsiasi effettiva tutela la funzione che dovrebbe avere la fase di merito, essendo incongruoaspettarsi, nella materia possessoria, che il giudice, dopo avere concesso o negato i primi provvedimenti, e senzache il materiale probatorio al suo esame muti, smentisca se stesso decidendo in senso contrario rispetto al suoprimo provvedimento; b) con il diritto di difesa, sotto il profilo della vanificazione dell'ottenuta riforma, in sededi reclamo, del provvedimento emesso dal giudice monocratico a seguito della fase sommaria, poiche l'esito delreclamo verrebbe sovvertito dalla decisione di merito dello stesso giudice monocratico, verosimilmente conferma-tiva del proprio precedente provvedimento; c) sempre con il diritto di difesa, dal momento che lo svolgimentodel giudizio a cognizione ordinaria innanzi ad un giudice che si e© gia© pronunciato nella fase sommaria obiettiva-mente turberebbe l'atmosfera di imparzialita© che in ogni giudizio deve non solo esistere, ma anche apparireall'esterno, non costituendo a tal fine rimedio idoneo il ricorso a dichiarazioni di astensione;

che e© intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvoca-tura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilita© e, comunque, di infondatezzadella sollevata questione.

Considerato che questa Corte (con ordinanza n. 220 del 2000, cui il medesimo rimettente fa espressorichiamo, seppure al fine di ritenerla non preclusiva per la riproposizione dell'odierno incidente di costituziona-lita© ) ha dichiarato la manifesta infondatezza di altra questione sostanzialmente coincidente con la presente, asuo tempo sollevata ö in riferimento agli stessi parametri ö dai Pretori di Vibo Valentia e di Palmi, con analo-ghe motivazioni riguardanti l'asserita ûidentita© , in entrambe le fasi in cui il giudizio possessorio necessariamentesi articola, sia della res iudicanda, sia della valenza della relativa istruzione probatoriaý;

che, in quella sede, e© stato sottolineato come sia del tutto privo di consistenza il dubbio circa la configu-rabilita© di una situazione di incompatibilita© del giudice del merito possessorio a conoscere in via ordinaria dopoessersi gia© pronunciato nella precedente fase, essendo parimenti da escludere che al giudice stesso possano deri-vare vincoli dall'esito del reclamo avverso il provvedimento da lui gia© reso in sede interdittale; e come, in partico-lare, sia palesemente erroneo attribuire alla fase di merito ö caratterizzata dalla compiuta esplicazione della dia-lettica processuale delle parti e dalla cognizione piena su un materiale istruttorio niente affatto necessariamenteidentico a quello acquisito senza formalita© nella precedente fase ö un contenuto formale e sostanziale di merapedissequa duplicazione di giudizio vertente su una medesima res iudicanda;

che l'esclusione di una necessaria identita© del materiale probatorio acquisito nelle due fasi (in termini diinevitabile conseguenza processuale imposta dalla norma) comporta che quella ûidentica dignita© e valenza proba-toria ricollegata all'esperimento di tutte le formalita© richieste per il giudizio di cognizione ordinaria gia© nella fasesommariaý ö che il rimettente presenta come ûrealta© processualeý, idonea a superare la precedente pronunciadi manifesta infondatezza ö si configura invece come mera eventualita© fattuale, derivante da una scelta operatadal giudicante circa le forme e le modalita© dell'assunzione delle persone ascoltate nella fase sommaria;

che evidentemente una tale prassi non puo© precludere l'acquisizione nella fase di merito di ulteriori prove(in ordine alla domanda principale o ad altre domande connesse), richieste dalle parti anche alla luce di quantoemerso dall'eventuale esperimento del reclamo avverso il provvedimento interdittale;

che deve, dunque, ribadirsi l'impossibilita© di descrivere il giudizio di merito come valutazione operatasulla stessa res iudicanda, per la diversita© del thema decidendum della fase sommaria ö comprensiva del reclamoö rispetto a quella successiva (ordinanza n. 126 del 1998), completata non solo dal nuovo apporto probatorio,ma anche dalle ulteriori considerazioni svolte dalle parti, quantomeno in sede di comparsa conclusionale, memo-rie di replica e discussione orale (ordinanza n. 168 del 2000);

che la sollevata questione e© , pertanto, manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integra-tive per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

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Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita© costituzionale dell'art. 51 del codice di proceduracivile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi,con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Cos|© deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2004.

Il Presidente: Zagrebelsky

Il redattore: Bile

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 18 marzo 2004.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

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n. 102

Ordinanza 10 - 18 marzo 2004

Giudizio di legittimita© costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Prova testimoniale - Divieto di esaminare come testimone la persona offesa costituita parte civile -Mancata previsione - Prospettata violazione del principio di parita© fra le parti nel processo - Questione identicaad altra gia© esaminata - Manifesta infondatezza.

^ Cod. proc. pen., art. 497, comma 2.^ Costituzione, artt. 3 e 24.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto

CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE,Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimita© costituzionale dell'art. 497, comma 2, del codice di procedura penale, promosso, nel-l'ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Portogruaro, con ordinanzadel 12 dicembre 2002, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica n. 14, 1� serie speciale, dell'anno 2003.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 2004 il giudice relatore Guido Neppi Modona.Ritenuto che con ordinanza del 12 dicembre 2002 il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Portogruaro,

ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita© costituzionale dell'art. 497,comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il divieto di esaminare come testimone

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la persona offesa dal reato costituita parte civile, con la conseguenza di sottoporla, nonostante sia interessataall'esito del giudizio, all'obbligo di dire la verita© e di prestare ûgiuramentoý, cos|© consentendo, ûdi fatto, che laprova della colpevolezza dell'imputato si basi esclusivamente o quasi esclusivamente sulle sue dichiarazioniý;

che il Tribunale ö premesso che la questione e© stata prospettata dalla difesa degli imputati ö ritiene chela disciplina censurata determini una situazione processuale di squilibrio tra le parti, in violazione degli artt. 3 e24 Cost.;

che in particolare il rimettente rileva, in relazione al valore da attribuire alla deposizione della personaoffesa, che la giurisprudenza di legittimita© per un verso ha affermato che tale testimonianza deve essere valutataûcon ogni opportuna cautelaý e che puo© ûessere assunta, come fonte di prova, unicamente se venga sottoposta a[un] riscontro di credibilita© oggettiva e soggettivaý, ûsorretto da adeguata e coerente giustificazioneý; dall'altro,seguendo un indirizzo ûmeno rigorosoý, ha ritenuto che ûpuo© attribuirsi piena efficacia probatoria alla testimo-nianza della persona offesa dal reato qualora ne sia accertata l'intrinseca coerenza logica, anche quando essacostituisca l'unica prova e manchino elementi esterni di riscontroý;

che, ûnella praticaý, la ûstragrande maggioranzaý dei procedimenti penali che hanno origine da unadenuncia-querela presentata dalla parte lesa si fonderebbe soltanto ûsulla prova fornita dalla deposizione del que-relante-persona offesa, quasi sempre costituitosi parte civileý, ovvero sulle deposizioni dei suoi prossimi congiuntiper i quali neppure e© previsto il divieto di testimoniare o la facolta© di astenersi dal deporre ûcome per i prossimicongiunti dell'imputatoý;

che percio© , ove il giudice applicasse i principi sulla valutazione della testimonianza della persona offesadapprima menzionati, il processo penale quasi sempre ûsi dovrebbe concludere con l'assoluzione dell'imputatoý;di contro, se il giudice basasse la sua motivazione di condanna esclusivamente sugli elementi di prova forniti dallapersona offesa, ûne verrebbe (e di fatto ne viene) fortemente inficiato il principio di uguaglianza fra le partiý;

che, in definitiva, il rimettente, pur dando atto che analoga questione, sollevata in relazione all'art. 197,comma 1, lettera c), cod. proc. pen., e© stata dichiarata manifestamente infondata da questa Corte con ordinanzan. 115 del 1992, vorrebbe che la deposizione della persona offesa fosse assunta con modalita© che consentano diattribuirle lo stesso valore delle dichiarazioni dell'imputato;

che nel giudizio e© intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvoca-tura generale dello Stato, osservando che la questione e© nella sostanza uguale alle altre gia© piu© volte esaminate edichiarate infondate dalla Corte;

che, d'altra parte, dalla stessa ordinanza di rimessione emerge come non vi sia affatto bisogno di intro-durre nell'ordinamento una preclusione alla testimonianza della parte civile, dal momento che la giurisprudenzaha oramai individuato canoni e criteri per scongiurare l'evenienza di un'acritica acquisizione al processo di dichia-razioni la cui obiettivita© non sia accertata.

Considerato che il rimettente solleva questione di legittimita© costituzionale dell'art. 497, comma 2, del codicedi procedura penale, nella parte in cui non pone il divieto di esaminare come testimone la persona offesa dal reatocostituita parte civile e consente cos|© che la prova della colpevolezza dell'imputato si fondi esclusivamente su taledeposizione, determinando una situazione processuale di squilibrio tra le parti, in violazione degli artt. 3 e 24della Costituzione;

che la medesima questione, sollevata dallo stesso rimettente sulla base di identiche argomentazioni, e©stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 82 del 2004;

che in tale ordinanza questa Corte ha gia© avuto modo di rilevare come, malgrado il rimettente formal-mente censuri l'art. 497, comma 2, cod. proc. pen., la questione e© posta negli stessi termini di quelle, dichiaratemanifestamente infondate con le ordinanze n. 115 del 1992 e n. 374 del 1994, e infondate con le sentenze n. 2 del1973 e n. 190 del 1971, che hanno avuto ad oggetto gli artt. 197 e 208 cod. proc. pen., ovvero l'analoga disciplinadel codice del 1930;

che, non avendo questa Corte motivo di discostarsi dalle ragioni poste a base delle pronunce sopra men-zionate, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integra-tive per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

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Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita© costituzionale dell'art. 497, comma 2, del codicedi procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Venezia, sezionedistaccata di Portogruaro, con l'ordinanza in epigrafe.

Cos|© deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2004.

Il Presidente: Zagrebelsky

Il redattore: Neppi Modona

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 18 marzo 2004.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

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ATTI DI PROMOVIMENTO DEL GIUDIZIO DELLA CORTE

n. 28

Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato in cancelleria il 3 marzo 2004(della Regione siciliana)

Bilancio e contabilita© pubblica - Norme della legge finanziaria 2004 - Estensione alle regioni a statuto speciale edalle province autonome delle disposizioni, previste per le regioni a statuto ordinario, riguardanti la possibilita©del ricorso all'indebitamento solo per finanziare le spese di investimento (con precisa indicazione delle tipologiedelle operazioni che costituiscono rispettivamente indebitamento ed investimento, i procedimenti di controllo el'attribuzione al Ministro dell'economia e delle finanze di disporre modifiche alle tipologie) - Ricorso dellaRegione siciliana - Denunciata lesione delle attribuzioni della Regione in materia di autonomia finanziaria inbase allo statuto - Violazione della clausola di salvaguardia prevista dall'art. 10 della legge costituzionalen. 3/2001 a favore delle regioni a statuto speciale - Violazione del principio di autonomia legislativa e regola-mentare della Regione - In subordine: Illegittimita© costituzionale dell'intero impianto per mancanza di coerenzacon i principi costituzionali sanciti al fine di garantire l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa previstidallo statuto e dalla Costituzione.

^ Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 21; in subordine: legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3,commi da 16 a 20.

^ Costituzione artt. 117, quarto comma, 118 e 119; statuto della Regione siciliana artt. 14, lett. o) e p), 20 e 36;legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.

Ricorso della Regione siciliana, in persona del presidente pro tempore on. dott. Salvatore Cuffaro, rappresen-tato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv.Michele Arcadipane e dall'avv. Giovanni Carapezza Figlia, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'ufficiodella Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione dellagiunta regionale n. 37 del 19 febbraio 2004.

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi,presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per ladichiarazione di illegittimita© costituzionale dell'art. 3, comma 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e in quantone e© disposta la applicazione nei confronti delle Regioni a statuto speciale, e pertanto, per quanto qui rileva, nei con-fronti della Regione siciliana, dello stesso art. 3, commi da 16 a 20, della medesima legge 24 dicembre 2003, n. 350,pubblicata nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 27 dicembre 2003, n. 299.

F a t t o

La legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante ûDisposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennaledello Stato (legge finanziaria 2004).ý, dopo aver sancito, all'art. 3, comma 16, che, in conformita© al dettato del-l'art. 119, comma 6, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario e gli altri enti indicati ûpossono ricorrereall'indebitamento solo per finanziare spese di investimentoý, ed aver provveduto, ai commi 17 e 18, ad indivi-duare, attraverso una puntuale elencazione delle relative tipologie, quali operazioni costituiscono rispettivamenteindebitamento ed investimento, a fissare, al comma 19, regole procedimentali finalizzate al controllo delle prescri-zioni recate, e ad attribuire, al comma 20, al Ministro dell'economia e delle finanze la potesta© di disporre modifi-che alle indicate tipologie, cos|© , al comma 21, statuisce: ûAi fini della tutela dell'unita© economica della Repubblicae nel quadro del coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 119 e 120 della Costituzione, le disposi-zioni dei commi da 16 a 20 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bol-zano, nonche agli enti e agli organismi individuati nel comma 16 siti nei loro territori.ý.

La disposizione teste© riportata, e in quanto ne e© disposta la applicazione nei confronti della Regione siciliana,i commi da 16 a 20 dell'art. 3 della stessa legge 24 dicembre 2003, n. 350, appaiono lesivi delle attribuzioni dellaRegione siciliana e dell'autonomia alla stessa statutariamente riconosciuta, e, palesandosi costituzionalmente ille-gittimi, vengono censurati per le seguenti ragioni di

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D i r i t t o

Violazione degli articoli 14, lett. o) e p), 20 e 36 dello Statuto della Regione siciliana, degli articoli 117,comma 4, 118 e 119 della Costituzione e dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Ed invero va considerato che, pur ritenendo vincolante anche per le Autonomie speciali il principio deldivieto di indebitamento per spese correnti sancito dal novellato art. 119, comma 6, della Costituzione ö supe-rando in tal modo una lettura strettamente letterale dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,recante ûModifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzioneý, e privilegiando, di contro, una interpreta-zione logico-sistematica che consenta una lettura armonica dell'intero testo costituzionale, rispettosa della plura-lita© dei valori e dei principi sanciti e destinati a coesistere ed a trovare attuazione in una pratica concordanza önon puo© ammettersi, o, piu© correttamente, non puo© ritenersi costituzionalmente legittima, la estensione, sancitacon legge ordinaria, alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, delle disposi-zioni dei commi da 16 a 20 dell'art. 3 della legge 350 del 2003, miranti all'attuazione - peraltro, come in prosieguosi dara© conto, arbitraria - del richiamato principio costituzionale.

Ed invero, richiamando la fondamentale distinzione fra principio e regola, va asserito che l'attuazione delrichiamato principio costituzionale non puo© che essere rimessa alle regole operative da dettarsi autonomamenteed in concreto da parte di ciascuna Regione a statuto speciale.

In altri termini l'attuazione del principio costituzionale di che trattasi, al contempo prescrittivo e program-matico, ricade sotto la responsabilita© della singola Autonomia speciale che, nel legittimo esercizio delle propriecompetenze, ne regolera© l'applicazione nel rispetto dei principi e delle nozioni contabili vigenti.

Il censurato comma 21 viola in particolare gli articoli 14, lett. o) e p), e 36 dello Statuto della Regione sici-liana, poiche contrasta con la riconosciuta imputazione alla competenza legislativa esclusiva regionale del sistemacontabile della Regione medesima e degli enti (locali e strumentali) della stessa, ed incide in senso riduttivo sullaautonomia finanziaria regionale.

Lede altres|© l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che, ponendo una clausola di salvaguar-dia delle attribuzioni delle Autonomie speciali, prevede che sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposi-zioni recate dalla stessa legge costituzionale si applicano alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonomedi Trento e di Bolzano ûper le parti in cui prevedono forme di autonomia piu© ampie rispetto a quelle attribuiteý,e viola il novellato art. 117 della Costituzione poiche incide sostanzialmente su di una materia (la finanza regio-nale e degli enti locali e strumentali riferibili al relativo territorio) attribuita alla sfera di competenza legislativagenerale-residuale riconosciuta in via esclusiva alle Regioni.

Laddove, poi, per pura ipotesi, codesta ecc.ma Corte dovesse ritenere non fondata la questione di legittimita©proposta, o comunque non accogliere le censure esplicitate avverso l'art. 3, comma 21, va rilevato che le disposi-zioni recate dai commi da 16 a 20 dello stesso articolo ö parimenti impugnate ö si palesano esse stesse costitu-zionalmente illegittime in forza delle seguenti considerazioni.

Il comma 16, innanzitutto, estende indebitamente l'ambito dei soggetti che, ai sensi del dettato costituzionale,ûpossono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento.ý.

Detto principio, invero, dalla norma di riferimento (art. 119, comma 6, Cost.), e© posto con esclusivo riguardoai ûcomuni, le province, le citta© metropolitane e le regioniý, mentre la disposizione oggetto di censura si riferiscealle regioni a statuto ordinario, agli enti locali, alle aziende ed agli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172,comma 1, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, (e cioe© comuni, province,citta© metropolitane, comunita© montane, comunita© isolane o di arcipelago, unioni di comuni, consorzi cui parteci-pano enti locali, con esclusione di quelli a rilevanza economica ed imprenditoriale e di quelli per la gestione deiservizi sociali, aziende speciali e istituzioni) ad eccezione delle societa© di capitali costituite per l'esercizio di servizipubblici.

In tal modo risulta illegittimamente compressa la potesta© legislativa regionale cui certamente e© ascrivibile, inrelazione agli enti non individuati dalla richiamata norma costituzionale, la competenza a porre una eventualedisciplina che estenda l'ambito dei destinatari del recato principio.

In relazione al comma 17 si osserva che attraverso l'elencazione arbitrariamente proposta si intende indivi-duare una nozione di indebitamento che non trova riscontro nei principi del diritto finanziario.

Ed invero, in via generale, la nozione di indebitamento si collega a quelle operazioni suscettibili di creazionedi risorse aggiuntive a copertura di una maggiore capacita© di spesa; il diritto positivo, poi (cfr. art. 6, comma 7,punto 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, recante ûRiforma di alcune norme di contabilita© generale dello Statoin materia di bilancioý, e, per quanto attiene all'ordinamento contabile della Regione siciliana, art. 1, comma 13,

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lett. b) della legge regionale 8 luglio 1977, n. 47, recante ûNorme in materia di bilancio e contabilita© della Regionesiciliana) ricollega la medesima nozione al ûrisultato differenziale tra tutte le entrate e le spese, escluse le opera-zioni riguardanti le partecipazioni azionarie ed i conferimenti, nonche la concessione e riscossione di crediti e l'ac-censione e rimborso di prestiti (``indebitamento o accrescimento netto'').ý.

La disposta elencazione, peraltro, non appare in alcun modo esaustiva della nozione, e sotto tale profiloappare assolutamente irragionevole rispetto al principio costituzionalmente imposto, che e© da ritenere immediata-mente vincolante per gli enti individuati dall'art. 119, comma 6, della Costituzione, a prescindere dallo strumentoprescelto per l'acquisizione della risorsa finanziaria

La mancata ricomprensione, poi, nella elencazione effettuata dal comma 18 al fine di individuare le attivita©che ûai fini di cui all'art. 119, sesto comma, della Costituzione, costituiscono investimentoý di tutta una serie diinterventi in conto capitale, quali, ad esempio, i trasferimenti alle imprese, o soprattutto, i cofinanziamenti regio-nali di programmi comunitari concernenti la ricerca o comunque relativi a beni immateriali, che viceversa, certa-mente rientrano nella nozione di investimento ö oltreche frutto di una valutazione assolutamente arbitraria epalesemente erronea - lede le attribuzioni regionali poiche determina una ingiustificata ed illegittima limitazioneall'espletamento delle competenze amministrative spettanti ai sensi dell'art. 20 dello Statuto e öper quanto inesso non compreso in virtu© dell'ivi adottato criterio del parallelismo - dell'art. 118 della Costituzione, in quantoapplicabile ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001.

Ed invero il ritenere che talune tipologie di spesa, pacificamente qualificabili di investimento in forza dellanozione universalmente adottata sotto il profilo giuridico-contabile, siano soggette ad un vincolo restrittivo circail loro finanziamento, per la sola mancata inclusione nella elencazione del comma 18, comprime indebitamentele scelte relative all'esercizio della attribuita attivita© amministrativa.

La disposizione censurata disattende inoltre la definizione di investimento di cui al Regolamento del Consi-glio dell'Unione europea n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regio-nali nella comunita© , ed in particolare quanto sancito nell'allegato A, punto 1.19, lettera c), secondo cui vannomodificati taluni concetti basilari, ûad esempio ampliando il concetto di investimento per tener conto dell'am-montare della spesa sulla ricerca e sviluppo o della spesa in materia di istruzione.ý.

Addirittura paradossale appare poi il disposto del comma 19, che rimette all'istituto finanziatore ö soggettoprivato che esercita imprenditorialmente attivita© bancaria o di intermediazione finanziaria ö il controllo sull'ope-rato dell'Ente Regione, dotato di potesta© pubblicistiche finanche in materia creditizia.

Infine il potere ascritto al Ministro dell'economia e delle finanze dal comma 20, appare non tanto di coordi-namento ö profilo sotto il quale solamente, forse, potrebbe ritenersi legittimamente imputato ö quanto norma-tivo, poiche essendo finalizzato alla modifica delle disposizioni recate, ed incidendo dunque sulle nozioni di inde-bitamento e di investimento quali risultano dall'individuazione delle tipologie di cui ai precedenti commi 17 e18, determina in concreto l'ampiezza degli ambiti operativi rimessi all'autonomia regionale, sia nel campo delleacquisizioni di risorse, che in materia di spesa.

L'attribuito potere non sembra rispettare dunque i limiti fissati da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 376 del2003) secondo cui i puntuali poteri di ordine amministrativo che, laddove strettamente necessari, possono puressere previsti allo scopo di garantire la realizzazione della finalita© di coordinamento finanziario ûdevono essereconfigurati in modo consono all'esistenza di sfere di autonomia, costituzionalmente garantite, rispetto a cui l'azio-ne di coordinamento non puo© mai eccedere i limiti, al di la© dei quali si trasformerebbe in attivita© di direzione oin indebito condizionamento dell'attivita© degli enti autonomi.ý.

La disposizione censurata appare porsi altres|© in aperta contraddizione con quanto rilevato nella richiamatasentenza che testualmente asserisce che e© ûescluso che si attribuisca al Ministero il potere di incidere sulle scelteautonome degli enti quanto alla provvista o all'impiego delle loro risorse, effettuate nei limiti dei principi di armo-nizzazione stabiliti dalle leggi statali, o peggio, di adottare determinazioni discrezionali che possano concretarsiin trattamenti di favore o di sfavore nei confronti di singoli enti.ý.

L'intero impianto normativo censurato appare dunque assolutamente privo di quella indispensabile coerenzarispetto ai principi costituzionalmente sanciti al fine di garantire l'autonomia finanziaria di entrata e di spesariconosciuta in capo alla Regione siciliana sin dalle determinazioni statutarie, e riaffermata con valenza generaleed in riferimento a tutti gli Enti che costituiscono la Repubblica, dall'art. 119 della Costituzione.

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P. Q. M.

Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita© costituzionaledelle norme impugnate, in quanto lesive delle attribuzioni della Regione siciliana e dell'autonomia alla stessa statuta-riamente riconosciuta, e, poste in essere in violazione degli articoli 14, lett. o) e p), 20 e 36 dello Statuto della Regionesiciliana, degli articoli 117, comma 4, 118 e 119 della Costituzione e dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre2001, n. 3.

Con riserva di ulteriori deduzioni.

Si deposita con il presente atto: autorizzazione a ricorrere (deliberazione della giunta regionale n. 37 del 19 feb-braio 2004).

Palermo, add|© 23 febbraio 2004

Avv. Michele Arcadipane - Avv. Giovanni Carapezza Figlia

04C0303

n. 1

Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 19 gennaio 2004(della Regione Veneto)

Assistenza e beneficenza pubblica - Disciplina dei criteri e delle modalita© di concessione dei finanziamenti per la rea-lizzazione di progetti sperimentali nel campo della disabilita© previsti dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 -Direttiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Contrasto con quanto disposto dall'art. 41-ter dellalegge n. 104/1992 circa i criteri, le modalita© per la presentazione e la valutazione dei progetti, nonche con i cri-teri di riparto delle somme stanziate - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Veneto -Mancato coinvolgimento nell'iter procedimentale della Conferenza unificata ex art. 8 d.lgs. n. 281/1997 - Ado-zione del provvedimento con atto normativo (direttiva) diverso da quello previsto dall'art. 41-ter della leggen. 104/1992 (decreto) con conseguente non sottoponibilita© al controllo della Corte dei conti - Surrettizio eserci-zio di potesta© regolamentare non piu© spettante allo Stato dopo la legge costituzionale n. 3/2001 - Lesione delleattribuzioni riconosciute alle Regioni - Mancata previsione di meccanismi di coordinamento tra Stato e Regioniin funzione della determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni concernente i diritti civili esociali - Mancato rispetto del principio di sussidiarieta© verticale - Contrasto con il riparto costituzionale dellefunzioni amministrative e violazione del principio di leale collaborazione.

^ Direttiva del Ministero del lavoro 23 settembre 2003.^ Costituzione, artt. 5, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.

Ricorso promosso dalla regione del Veneto, in persona dell'avv. Fabio Gava vice presidente pro tempore dellagiunta regionale (in assenza del presidente), autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa 30 dicembre2003, n. 4309, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv. prof. MarioBertolissi del Foro di Padova, Romano Morra (coordinatore dell'Avvocatura regionale) del Foro di Venezia eLuigi Manzi del Foro di Roma, presso quest'ultimo dorniciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5.

Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappre-sentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, via dei Portoghesi, 12 - Roma, per la dichiarazioneche non spetta allo Stato stabilire con direttiva la promozione e il coordinamento dei progetti sperimentali aventiad oggetto la realizzazione, il potenziamento e l'ampliamento di piani di azione a valenza socio-assistenziale, edin particolare, strutture di accoglienza per persone in situazione di handicap grave, prive di adeguata assistenzafamiliare anche al fine di favorirne condizioni di maggiore autonomia e di vita indipendente, in quanto la Regionee© titolare, per Costituzione, di competenze ricadenti in un simile ambito materiale, e per il conseguente annulla-mento della direttiva 23 settembre 2003 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, recante ûDisciplina deicriteri e delle modalita© di concessione di finanziamenti per la realizzazione di progetti sperimentali, di cuiall'art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992, n. 104ý, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, 12 novembre2003, n. 263, per violazione degli artt. 5, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.

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Fatto e Diritto

1. ö L'art. 41-ter della legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicap-pate del 5 febbraio 1992, n. 104, ebbe a disporre, a proposito dei ûprogetti sperimentaliý, che ûil Ministro per lasolidarieta© sociale promuove e coordina progetti sperimentali ...ý (primo comma): inoltre, che, ûcon propriodecreto, d'intesa con la Conferenza unificata ..., definisce i criteri e le modalita© per la presentazione e la valuta-zione dei progetti sperimentali di cui al comma 1 nonche i criteri per la ripartizione dei fondi stanziati per il finan-ziamento dei progetti di cui al presente articoloý (secondo comma).

Tale disposto e© stato concepito nella vigenza dell'originario art. 117 Cost., il quale assegnava la ûbeneficenzapubblicaý alla potesta© legislativa di carattere concorrente; sicche, e© in tale prospettiva che e© stata adottata (oltretutto, piuttosto che un decreto, ai sensi del citato art. 41-ter) la direttiva 23 settembre 2003 del Ministero dellavoro e delle politiche sociali, recante ûDisciplina dei criteri e delle modalita© di concessione di finanziamentiper la realizzazione di progetti sperimentali, di cui all'art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992, n. 104ý (in GazzettaUfficiale, serie generale, 12 novembre 2003, n. 263: atto impugnato) (all. 2).

L'adozione di tale direttiva ha determinato una immediata presa di posizione ad opera del Coordinamentointerregionale degli assessori alle politiche sociali, i quali, attraverso il loro presidente, hanno manifestato al pre-sidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome l'esigenza di discutere a tale livello delladirettiva ministeriale, dal momento che essa appariva escludere ûle Regioni dai processi decisionali sui temi dellepolitiche socialiý, in contrasto con quanto ûsancito, dalle recenti modifiche del titolo V della Costituzioneý (all. 3).

Sulla scorta di questo impulso, il presidente Ghigo ha sottoposto alla Conferenza dei presidenti del 4 dicem-bre 2003 la direttiva in questione, Conferenza la quale ûha deliberato all'unanimita© l'impugnativa del provvedi-mento innanzi alle competenti autorita© giurisdizionali da parte di tutte le regioni e delle province autonomeý(ex all. 4).

Di cio© il medesimo presidente informava il Ministro per gli affari regionali, rilevando il mancato ûrispettodelle competenze istituzionali previste dal nuovo titolo V della Costituzioneý (all. 5).

2. ö Ove si considerino nel loro insieme le vicende suesposte e gli atti che le documentano, non si fatica acomprendere come la direttiva 23 settembre 2003 sia da considerare non conforme a sistema per una serie artico-lata di ragioni: ragioni che riguardano la legge n. 104/1992 e, soprattutto, il dettato costituzionale.

Eé vero, infatti, che: 1) non e© stato adottato un decreto, ma una direttiva, diversamente da quanto stabilitodall'art. 41-ter della legge quadro del 1992; 2) la direttiva, in quanto tale, e© sfuggita al controllo della Corte deiconti, che invece appone il visto sui decreti; 3) non si e© proceduto ad informare e, tanto meno, a coinvolgere, laConferenza unificata: qui pure in violazione della legge n. 104/1992.

Ed e© vero, altres|© , che, se si considerano gli enunciati costituzionali: 1) le procedure concretamente utilizzatevanificano ogni forma di ûgovernance istituzionaleý, la quale impone il rispetto dei livelli di sussidiarieta© verti-cale, con la conseguenza che vanno rimesse alle regioni e alle autonomie locali le decisioni programmatorie sullapiu© idonea collocazione dei servizi e dei presidi anche di carattere sperimentale, e cio© in specie la© dove gli stessirichiedono il consolidamento delle risorse finanziarie e umane per la prosecuzione temporale delle attivita© postein essere sul piano sperimentale; 2) alla regione spetta l'esercizio della potesta© legislativa residuale-esclusiva inmateria di ûbeneficenza pubblicaý (ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.). Lo Stato puo© soltanto provvederealla ûdeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono esseregarantiti su tutto il territorio nazionaleý (ai sensi dell'art. 117, secondo comma. lett. m, Cost.), determinazionefinora non ottemperata con atti di normazione ad hoc che nello specifico non sono nemmeno surrogabili da un'at-tivita© ricognitivo-interpretativa incentrata sulla legislazione vigente.

3. ö A scanso di equivoci vale la pena di rilevare, in primo luogo, che la direttiva indicata in epigrafe e©senz'altro un atto idoneo a radicare l'odierno conflitto di attribuzione, dal momento che esso si sostanzia, indi-

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pendentemente dalla qualificazione formale che se ne voglia dare e del rispetto o mancato rispetto dell'art. 41-terdella legge n. 104/1992, come atto comunque lesivo, che produce una ûmenomazioneý delle attribuzioni regionali(v., per tutti. L. Paladin, Diritto costituzionale, 1998, Padova, spec. 799).

4. ö Cio© posto, si deve sottolineare, nel merito, che una soluzione corretta della questione sottopostaall'ecc.ma Corte presuppone che non ci si soffermi soltanto e principalmente sull'ordine formale delle competenzedelineato dalla legge quadro del 1992, ma che si consideri, piuttosto che il profilo formale appunto, la dinamicadelle competenze che si sostanzia in relazioni fra ordinamenti: dello Stato, della regione e delle autonomie locali.In altre parole, in gioco non entra soltanto la determinazione dello Stato di impiegare una certa quantita© dirisorse per favorire la realizzazione di progetti sperimentali, dal momento che cio© necessariamente determinauna serie di ricadute su regioni e autonomie locali, le quali hanno gia© in atto un sistema di assistenza sociale,strutturato in rapporto alle caratteristiche della propria popolazione, alle relative esigenze, agli obiettivi politicidi settore perseguiti, coerente con le risorse finanziarie e umane disponibili. Questo sistema viene, infatti, necessa-riamente ad essere modificato dagli interventi innovativi e sperimentali previsti dalla legge n. 104/1992 per le rica-dute economiche, organizzative e di programmazione che questi determinano per loro natura.

Per convincersi dell'assunto, e© sufficiente leggere l'art. 2, primo comma, della direttiva, il quale stabilisce cheûi progetti ammessi al finanziamento secondo le modalita© previste dalla presente direttiva devono riguardare pro-grammi innovativi e sperimentali concernenti la realizzazione, il potenziamento e l'ampliamento di piani di azionea valenza socio-assistenziale, ed, in particolare, strutture di accoglienza per persone in situazione di handicapgrave, prive di adeguata assistenza familiare, anche al fine di favorirne condizioni di maggior autonomia e di vitaindipendenteý.

Eé fuori discussione che la progettazione in discorso non puo© verosimilmente risolversi in una attivita© desti-nata a consumare risorse pubbliche (nel caso, dello Stato) prive di alcun seguito applicativo: se cos|© fosse si confi-gurerebbe, oltretutto, il piu© classico dei danni erariali. Cio© puo© significare quantomeno che la citata attivita© e larealizzazione dei progetti sperimentali determinano, come conseguenza, la necessita© che regione ed autonomielocali consolidino risorse finanziarie e umane per la prosecuzione temporale delle attivita© poste in essere.

L'insieme di queste considerazioni induce a ritenere che il potere esercitato dallo Stato in sede di adozionedella direttiva impugnata sia in contrasto con gli artt. 5, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.

5. ö Per quanto sia forse ancora prematuro pretendere una limpida lettura delle piu© recenti innovazioni costi-tuzionali, e© tuttavia certo che esse hanno aperto nuove prospettive nella direzione del potenziamento della tuteladelle situazioni giuridiche soggettive previste dalla parte prima della legge fondamentale: tant'e© che qualcuno haassegnato alla Corte il compito di ûpervenire alla formazione di una concordanza pratica che renda accettabile ilriparto delle competenze e assicuri un alto standard di costituzionalita© all'ordinamentoý (cos|© , S. Mangiameli,Sull'arte di definire le materie dopo la riforma del titolo V della Costituzione, in Le Regioni, n. 1/2003, 345).

Piu© precisamente, quando in gioco e© la tutela di diritti costituzionali di prestazione ö com'e© nel casoconcreto ö, e© indispensabile che, se esiste un concorso di enti nella sopportazione delle spese, cio© comporti l'in-sorgere di rapporti tra i relativi ordinamenti, a prescindere di per se© dalla circostanza che si tratti, sul piano fun-zionale, di competenze ripartite. E se questo ordine di considerazioni poteva valere nella vigenza dell'originarioart. 117 Cost., il quale ö lo si e© accennato ö attribuiva la ûbeneficenza pubblicaý alla legislazione regionale ditipo concorrente, esso vale ben piu© oggi, dal momento che il novellato art. 117 prevede, da un lato, che la ûbene-ficenza pubblicaý (non nominata) appartenga alla potesta© legislativa regionale di carattere residuale-esclusivo(ex quarto comma) e, d'altro lato, che spetti comunque alla legge dello Stato provvedere in via esclusiva allaûdeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garan-titi su tutto il territorio nazionaleý (ex secondo comma, lett. m).

Certo ö e la dottrina non ha mancato di evidenziarlo ö, la Costituzione non ha previsto meccanismi dicoordinamento tra ordinamento statale e ordinamento regionale in funzione di una corretta attuazione del-l'art. 117, secondo comma, lett. m), Cost.: con cio© contraddicendo elementari esigenze di razionalita© concreta.Ancora, si puo© anche convenire sul fatto che i livelli essenziali possano essere ricavati dalla legislazione vigente,anche se cio© pare davvero problematico ove si abbia un senso minimamente adeguato della realta© . Tuttavia,

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ammesso e non concesso che tutto questo abbia un suo autonomo e generalissimo rilievo, si deve convenire che,nel caso di specie, non vi e© alcuna ûdeterminazioneý con cui operare un utile raffronto: sia perche© predetermina-zione non vi e© stata sia perche non e© ricavabile, per quanto e© dato sapere, aliunde.

Non di meno, e© indispensabile stabilire una relazione tra prestazioni da erogare e bisogni da soddisfare edefinire, ex ante e non ex post, la sostenibilita© economico-finanziaria delle decisioni assunte (anche in ossequioagli artt. 81, quarto comma, e 97 Cost.), che, essendo interordinamentali, debbono discendere da un coordinato,e non gia© unilaterale, esercizio delle competenze statali e regionali individuate ö come si e© accennato ö dagliartt. 117, secondo comma, lett. m), e 117, quarto comma, Cost.

Sotto questo profilo, non v'e© dubbio che la direttiva 23 settenibre 2003 del Ministero del lavoro e delle politi-che sociali collide direttamente con le citate disposizioni costituzionali.

Inutile dire che la censura poc'anzi delineata apre la strada ad una censura ulteriore, consistente nel fatto chelo Stato non ha operato, in sede di adozione dell'atto qui impugnato, del rispetto del principio costituzionale dileale collaborazione ne di sussidiarieta© verticale: in violazione, dunque, degli artt. 5, 114, 117, 118, primo e quartocomma, 119 e 120, secondo comma (ancorche quest ultimo riguardi di per se i poteri sostitutivi).

6. ö L'adozione della direttiva che disciplina i criteri e le modalita© di concessione di finanziamenti per la rea-lizzazione di progetti sperimentali viola, infatti, il principio di leale collaborazione, derivante dall'art. 5 Cost. erichiamato ora espressamente dall'art. 120 Cost. e, quindi, l'autonomia regionale.

La ripartizione delle funzioni tra Stato, regioni e autonomie locali puo© ricostruirsi, alla luce della Costitu-zione, delle norme costituzionali e di rilievo costituzionale, non solo facendo riferimento al principio di compe-tenza, come enucleato e investigato dalla dottrina che si e© dedicata a ricondurre a sistema l'ordinamento regio-nale, soprattutto dopo la concreta attuazione del titolo V, ma anche a quello di sussidiarieta© .

L'assetto dei rapporti tra gli enti costitutivi della Repubblica, ai sensi dell'art. 5 Cost., che aveva dimostratola tendenza ad accrescere la sua gia© notevole complessita© prima delle piu© recenti riforme costituzionali, sembraoggi ingovernabile senza un'attivita© di coordinamento e partecipazione dei diversi soggetti istituzionali, stantel'impossibilita© di individuare ambiti di materie prive di una qualche interferenza reciproca o necessario collega-mento.

Si puo© dire anzi, che lo stesso ambito di autonomia regionale perderebbe di senso nell'attuale quadro dell'as-setto delle competenze legislative, amministrative e finanziarie senza la concreta applicazione del principio di lealecollaborazione, che appunto presuppone una sovrapposizione di ambiti di intervento nelle medesimo materie.

La necessaria effettiva partecipazione delle regioni e delle autonomie locali alle scelte operate a livello nazio-nale destinate ad incidere sull'esercizio delle loro competenze, sia che si traducano in atti normativi sia che si con-cretizzino in atti amministrativi, viene per lo piu© prevista nel nostro ordinamento all'interno della ConferenzaStato-regioni, della Conferenza Stato-citta© e autonomie locali e della Conferenza unificata. Com'e© noto, le primedue sono state istitituite da d.P.C.m. (rispettivamente dai d.P.C.m. 12 ottobre 1983 e 2 luglio 1996) e poi discipli-nate dal d.lgs. n. 281/1997, mentre la Conferenza e© stata introdotta da quest'ultimo atto normativo.

Si deve precisare, pero© , che il coinvolgimento nella procedura di adozione di atti normativi, amministrativi o,in senso piu© ampio, di decisioni politiche, pur disciplinato e contemplato dalle medesime disposizioni assume unsenso profondamente diverso a seconda dell'esercizio della specifica funzione e dell'ambito di materia in cui siversa nel caso concreto, alla luce del piu© complessivo quadro delle competenze statali, regionali e locali.

In altre parole, ove alla regione in una determinata materia, o ambito di materia, venga riconosciuta unasfera di autonomia piu© ampia, con la titolarita© di funzioni legislative e amministrative e la relativa responsabilita©finanziaria, il coinvolgimento nell'adozione delle decisioni assunte dallo Stato centrale perde ogni minimo trattodi opportunita© politica per assumere quello della olibligatorieta© istituzionale poiche trova fondamento, oltre chenell'art. 5 Cost., anche nelle disposizioni che prevedono la competenza legislativa, amministrativa e finanziariadella regione, e, quindi negli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost.

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Nel caso di specie, per quanto si e© detto supra e non si intende qui inutilmente ripetere, l'atto adottato dalMinistero del lavoro e delle politiche sociali e© atto che certamente viene ad incidere e a condizionare sotto molte-plici aspetti il sistema dell'assistenza tracciato, per volere del costituente, da scelte di carattere locale e regionalenell'esercizio delle ampie funzioni normative e amministrative loro riconosciute.

Ora, il tenore della direttiva e la sua procedura di adozione escludono le regioni e gli enti locali dalle deci-sioni connesse alle concessioni di finanziamento per progetti sperimentali in materia di assistenza.

In particolare, il mancato coinvolgimento della Conferenza unificata, pure stabilito dall'art. 41-ter della leggen. 104/1992, evidenzia la violazione del principio di leale collaborazione e, dunque, per quanto si e© detto, l'autono-mia regionale costituzionalmente riconosciuta.

7. ö Il dato fattuale e ordinamentale incontestabile, cui ha dato origine la direttiva ministeriale in que-stione, costituito dall'aver lo Stato disposto senza minimamente considerare la ûrealta© regionaleý, implica la vio-lazione, sotto ulteriore e autonomo profilo, delle seguenti disposizioni della legge fondamentale:

a) dell'art. 118 Cost., in quanto risulta coartata la decisione amministrativa della regione;

b) dell'art. 119 Cost., dal momento che la medesima non e© stata posta in condizione di esercitare in modoconsapevole e libero la propria funzione di reperimento delle risorse e di determinazione delle spese;

c) dell'art. 97 Cost., poiche risulta pregiudicato il buon andamento dell'attivita© amministrativa regionale.

8. ö Nel configurare le proprie argomentazioni a sostegno dell'odierno conflitto la difesa della regione hacercato di dimostrare come la direttiva impugnata non abbia basi costituzionali, e cio© in particolare sulla scortadi una incontestabile premessa: che l'art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e© stato posto in essere sullabase dell'originario art. 117 Cost., il quale dava una differente qualificazione, in termini di riparto della potesta©legislativa tra Stato e regione della materia ûbeneficenza pubblicaý. Il corollario e© il seguente: il citato art. 41-tere© da considerarsi o abrogato o affetto da illegittimita© costituzionale sopravvenuta.

Nel caso in cui codesta ecc.ma Corte ritenesse tutt'ora vigente la previsione de qua, la Regione chiede che lamedesima sollevi davanti a se, come giudice a quo, la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 41-ter dellalegge 5 febbraio 1992, n. 104, tra l'altro perche in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. 171, lett. m), lettoin combinato disposto con l'art. 117, quarto comma, Cost.

P. Q. M.

La Regione del Veneto chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale:

dichiari che non spetta allo Stato stabilire con direttiva la promozione e il coordinamento dei progetti speri-mentali aventi ad oggetto la realizzazione, il potenziamento e l'ampliamento di piani di azione a valenza socio-assi-stenziale, ed in particolare, strutture di accoglienza per persone in situazione di handicap grave, prive di adeguata assi-stenza familiare anche al fine di favorirne condizioni di maggiore autonomia e di vita indipendente, in quanto laRegione e© titolare, per Costituzione, di competenze ricadenti in un simile ambito materiale,

e, di conseguenza, annulli la direttiva 23 settembre 2003 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,recante ûDisciplina dei criteri e delle modalita© di concessione di finanziamenti per la realizzazione di progetti speri-mentali, di cui all'art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992, n. 104ý, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale,12 novembre 2003, n. 263, per violazione degli artt. 5, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.

Padova-Roma, add|© 8 gennaio 2004

Avv. prof. Mario Bertolissi - Avv. Romano Morra - Avv. Luigi Manzi

04C0171

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n. 2

Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 28 gennaio 2004(della Regione autonoma Valle d'Aosta)

Assistenza e beneficenza pubblica - Disciplina dei criteri e delle modalita© di concessione dei finanziamenti per la rea-lizzazione di progetti sperimentali nel campo della disabilita© previsti dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 -Direttiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Contrasto con quanto disposto dall'art. 41-ter dellalegge n. 104/1992 circa i criteri, le modalita© per la presentazione e la valutazione dei progetti, nonche con i cri-teri di riparto delle somme stanziate - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione autonomaValle d'Aosta - Mancato coinvolgimento nell'iter procedimentale della Conferenza unificata ex art. 8 d.lgs.n. 281/1997 - Difetto di consultazione - Adozione del provvedimento con atto normativo (direttiva) diverso daquello previsto dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 (decreto) con conseguente non sottoponibilita© al con-trollo della Corte dei conti - Lesione delle attribuzioni riconosciute alla Regione autonoma Valle d'Aosta inmateria di assistenza e beneficenza pubblica - Contrasto con il riparto costituzionale delle funzioni amministra-tive e violazione del principio di leale collaborazione.

^ Direttiva del Ministero del lavoro 23 settembre 2003.^ Costituzione, artt. 5, 97, 117 e 118; statuto della Regione autonoma Valle d'Aosta artt. 3 e 4, in relazione

all'art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992, n. 104, all'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e al decretolegislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Assistenza e beneficenza pubblica - Disciplina dei criteri e delle modalita© di concessione dei finanziamenti per la rea-lizzazione di progetti sperimentali nel campo della disabilita© previsti dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 -Direttiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dallaRegione autonoma Valle d'Aosta - Contrasto con quanto disposto dall'art. 41-ter della legge n. 104/1992 circai criteri, le modalita© per la presentazione e la valutazione dei progetti, nonche con i criteri di riparto dellesomme stanziate - Mancato coinvolgimento nell'iter procedimentale della Conferenza unificata ex art. 8 d.lgs.n. 281/1997 - Difetto di consultazione - Lesione delle attribuzioni riconosciute alla Regione autonoma Valled'Aosta in materia di assistenza e beneficenza pubblica - Violazione della prescrizione che vieta allo Stato diadottare regolamenti in materie diverse da quelle di legislazione esclusiva - Mancato rispetto del principio disussidiarieta© verticale - Contrasto con il riparto costituzionale delle funzioni amministrative e violazione delprincipio di leale collaborazione.

^ Direttiva del Ministero del lavoro 23 settembre 2003.^ Costituzione, artt. 3, 5, 32, 97, 117 e 118; statuto della Regione autonoma Valle d'Aosta artt. 3 e 4, in rela-

zione al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta, in persona del presidente della Regione e legale rappresen-tante pro tempore, sig. Carlo Perrin, rappresentata e difesa, giusta delega a margine del presente atto ed in virtu©di deliberazione di giunta regionale n. 4988 del 22 dicembre 2003 (all. 1) di autorizzazione a stare in giudizio,dagli avv. proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, e con questi elettivamente domiciliata presso lo stu-dio del secondo in Roma, via Bocca di Leone n. 78.

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, a seguito e per l'effetto della direttiva del Ministrodel lavoro e delle politiche sociali 23 settembre 2003, recante ûDisciplina dei criteri e delle modalita© di concessionedi finanziamenti per la realizzazione di progetti sperimentali, di cui all'art. 41-ter della legge 5 febbraio 1992,n. 104ý, in Gazzetta Ufficiale n. 263 del 12 novembre 2003 (all. 2).

Con legge 5 febbraio 1992, n. 104, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, S.O. n. 39 del 17 febbraio 1992, ûLegge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappateý, sono stati demandati al Mini-stero per gli affari sociali, oggi Ministero del lavoro e delle politiche sociali, una serie di compiti, tra cui, ai sensidell'art. 41-ter (articolo aggiunto dall'art. 1, legge 21 maggio 1998, n. 162), quello di promuovere e coordinareûprogetti sperimentali aventi per oggetto gli interventi previsti dagli articoli 10, 23, 25 e 26ý della stessa leggen. 104/1992, e di definire a tale scopo ûcon proprio decreto, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ... i criteri e le modalita© per la presentazione e la valutazioneý di taliprogetti sperimentali, ûnonche i criteri per la ripartizione dei fondi stanziati per il finanziamento dei progettiý inquestione.

Trattasi, come specificato nelle premesse della direttiva contestata, di ûprogetti innovativi nel campo delladisabilita© ý, quali, ad esempio, la realizzazione o l'ampliamento ö da parte di comuni, anche consorziati tra loroo con le Province, di Unioni di comuni, di Comunita© montane e di ASL, eventualmente con il coinvolgimento di

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enti, associazioni, fondazioni, IPAB, enti di patronato, societa© cooperative e organizzazioni di volontariato ö dicomunita© -alloggio e di centri socioriabilitativi per persone con handicap in situazione di gravita© (cfr. art. 10, leggen. 104/1992).

L'art. 41-ter, legge n. 104/1992, e© chiaro nel precisare che i criteri di presentazione e valutazione di tali pro-getti e di ripartizione dei relativi finanziamenti debbano essere stabiliti dal Ministro competente con appositodecreto adottato d'intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni-Citta© ed autonomie locali, istituita ai sensidell'art. 8, d.lgs. n. 281/1997, per svolgere una serie di funzioni in relazione a materie e i compiti di interessecomune delle Regioni, delle Province, dei comuni e delle comunita© montane.

La direttiva ministeriale 23 settembre 2003 si richiama in premessa praticamente a tutte le disposizioni di cuialla normativa citata, per tentare di fondarvi un improbabile quadro normativo a supporto delle proprie prescri-zioni. In realta© essa, operando una illegittima invasione delle competenze regionali in materia di ûassistenza ebeneficenza pubblicaý, risulta gravemente violativa delle prerogative costituzionali della ricorrente Regione Auto-noma Valle d'Aosta, e si configura conseguentemente illegittima per i seguenti motivi di

D i r i t t o

1. ö Quanto alla direttiva nella sua interezza: violazione degli artt. 5, 97, 117 e 118 Cost., e degli artt. 3 e 4,legge cost. n. 4/1948, in relazione all'art. 41-ter, legge 5 febbraio 1992, n. 104, all'art. 17, legge 23 agosto 1988,n. 400, ed al d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Difetto di consultazione; violazione del principio di leale collabora-zione. La lesione delle prerogative costituzionali che le regioni vantano nella materia oggetto della direttiva mini-steriale 23 settembre 2003 si e© concretata anzi tutto nella fase di elaborazione della direttiva stessa.

Ammesso e non concesso, infatti, che la determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse disponibili perla realizzazione dei progetti ex legge n. 104/1992 appartenga ancora allo Stato, e per esso al Ministro per le poli-tiche sociali, pur dopo la riforma costituzionale del 2001, in ogni caso, in considerazione del fatto che ne e© inevi-tabilmente coinvolta anche la programmazione regionale, tali criteri avrebbero dovuto essere stabiliti soltantodopo avere formalmente seguito il procedimento collaborativo di cui alla legge n. 104/1992 (cfr., in tal senso,Corte cost., 10 dicembre 1998, n. 398; cfr. anche Corte 28 dicembre 1995, n. 520, in Giur. cost., 1995, 4361).

Appare con tutta evidenza come il provvedimento che qui si contesta sia stato emanato in totale spregio dellechiarissime indicazioni provenienti dal legislatore.

In primo luogo, esso ha assunto il nomen di ûdirettiva ministerialeý, mentre l'art. 41-ter, legge n. 104/1992,stabiliva espressamente che dovesse trattarsi di un decreto. Si tratta, in realta© , di un atto sostanzialmente regola-mentare, adottato senza garantire la partecipazione delle regioni e province autonome, cos|© come previstodall'art. 41-ter, legge n. 104/1992, e violativo dell'art. 17, legge n. 400/1988, dal momento che, non avendo assuntola forma del regolamento, elude di fatto la prescrizione che vieta allo Stato di adottare regolamenti nelle materiediverse da quelle di legislazione statale esclusiva (art. 117, comma 6, Cost.).

In secondo luogo, ancora una volta in palese violazione dell'art. 41-ter citato, esso non e© stato preceduto dalraggiungimento della prescritta intesa con la Conferenza unificata, non essendo stata questa neppure consultata.

Risulta dunque gravemente violato il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, elaborato neglianni da codesta ecc.ma Corte, che deve ûgovernare i rapporti fra lo Stato e le Regioni nelle materie e in relazionealle attivita© in cui le rispettive competenze concorrano o si intersechino, imponendo un contemperamento deirispettivi interessiý (cfr., ad es., Corte cost., 18 luglio 1997, n. 242, in Cons. St., 1997, II, 1099; Corte cost., 14dicembre 1998, n. 408; Corte cost., 10 dicembre 1998, n. 398; Corte cost., 10 febbraio 1997, n. 19, in Giur. cost.,1997, 142; Corte cost., 23 dicembre 1994, n. 444, in Giur. cost., 1994, 3876; Corte cost., 10 novembre 1992,n. 427, in Giur. cost., 1992, 3980).

Anche a voler prescindere dal problema relativo alla ulteriore utilizzabilita© dell'art. 41-ter, legge n. 104/1992,alla luce del nuovo titolo V, ed in particolare dell'art. 117, commi 3 e 6, Cost., risulta evidente che la violazionedello specifico procedimento di consultazione e intesa con la Conferenza unificata, e quindi del principio di lealecollaborazione, rendono illegittima la compressione dei poteri delle Regioni e delle Province autonome. La man-canza di questo procedimento ûconcertatoý, infatti, ridonda in violazione delle competenze costituzionalmentegarantite alla Regione ricorrente (cfr., ex multis Corte cost., 27 marzo 2003, n. 88; Corte cost., 24 ottobre 2001,n. 342; Corte cost., 12 luglio 2001, n. 244; Corte cost., 20 giugno 2002, n. 255; Corte cost., 22 febbraio 1984,n. 39; Corte cost., 15 luglio 1985, n. 206; Corte cost., 31 marzo 1994, n. 116).

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2. ö Quanto alla direttiva nella sua interezza: violazione degli artt. 3, 5, 32, 97, 117 e 118 Cost., e degli artt. 3e 4, legge cost. n. 4/1948, in riferimento al d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, ed al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Difettodi consultazione; violazione del principio di leale collaborazione e del principio di sussidiarieta© .

Il fatto che nella fase preparatoria della direttiva che qui si contesta non siano state coinvolte nelle debiteforme le Regioni risulta tanto piu© grave ove solo si consideri che:

a) la materia ö rientrante nel settore ûassistenza e beneficenza pubblicaý ö e© espressamente riservatadagli artt. 3, comma 1, lett. i), e 4 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4/1948) alle compe-tenze legislative concorrenti ed amministrative della Regione ricorrente;

b) successivamente, l'art. 131, d.lgs. n. 112/1998, ha ribadito il conferimento alle Regioni delle funzioni edei compiti nella materia dei servizi sociali;

c) ai sensi del nuovo titolo V della Costituzione (art. 117, comma 2, lett. m), allo Stato sono riservateesclusivamente le funzioni in materia di ûdeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritticivili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionaleý, mentre al di fuori di tale limite ognipotesta© legislativa e regolamentare spetta di diritto alle Regioni (art. 117, commi 4 e 6, Cost.), ivi comprese, invirtu© dell'art. 10, legge cost. 3/2001, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome.

Non puo© ragionevolmente sostenersi che la direttiva ministeriale di cui si discute costituisca legittimo eserci-zio del potere regolamentare statale in tema di determinazione dei livelli essenziali di assistenza. Valga in propo-sito quanto gia© chiarito recentemente da codesta ec.ma Corte costituzionale, nella sentenza 27 marzo 2003,n. 88. L'art. 54, legge finanziaria per l'anno 2003, nel confermare per il futuro l'utilizzabilita© dei livelli essenzialidi assistenza previsti dall'art. 1, comma 6, d.lgs. 502/1992 e succ. modif., ha affermato che ûle prestazioni ricondu-cibili ai suddetti livelli di assistenza e garantite dal Servizio sanitario nazionaleý sono quelle di cui al d.P.C.m.29 novembre 2001, e ha previsto esplicitamente che eventuali modifiche al decreto appena citato debbano essereûdefinite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con la Conferenza permanente per i rap-porti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonomeý.

Cio© premesso, la Corte ha precisato che, al di la© di ogni valutazione di merito sul procedimento configurato,resta indubbio che in tutto il settore sanitario ed assistenziale esiste attualmente una precisa procedura, indivi-duata con fonte legislativa, per la determinazione di quanto previsto dall'art. 117, comma 2, lett. m), Cost., e chequesta determinazione e© appunto gia© intervenuta con il d.P.C.m. 29 novembre 2001.

Risulterebbe dunque del tutto infondata anche la pretesa che la direttiva ministeriale, adottata da un organoe con procedura radicalmente difforme da quella cos|© disciplinata, possa essere ritenuta espressiva del potere sta-tale garantito dall'art. 117, comma 2, lett. m), Cost. Di qui la palese incostituzionalita© di un atto sostanzialmenteregolamentare, quale quello di cui si discute, adottato ö in spregio al dettato dell'art. 117, comma 6, Cost. ö inmateria non riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Codesta ecc.ma Corte, peraltro, ha gia© da tempo illustrato e reiterato, anche nel sistema regionale anteriorealla revisione costituzionale, l'insegnamento per cui un regolamento, pur configurato in pretesa esecuzione dileggi statali, non puo© porre norme intese a limitare la sfera delle competenze delle Regioni in materie ad esseattribuite (cfr. Corte cost., 6 febbraio 1991, n. 49, in Le Regioni, 1992, 231; Corte cost., 13 maggio 1991, n. 204,in Giur. cost., 1991, 1853; Corte cost., 31 ottobre 1991, n. 391, in Cons. St., 1991, II, 1654; Corte cost., 19 novembre1992, n. 461, in Giur. cost., 1992, 4152. Ebbene, le disposizioni contenute nella direttiva contestata, nel disciplinarepuntualmente le modalita© con le quali le domande di finanziamento debbono essere presentate a pena di inammis-sibilita© , nonche nel fissare i criteri in base ai quali i finanziamenti possono essere concessi ö demandando aduna commissione appositamente costituita il compito di vagliare le domande ed assegnare i finanziamenti sullabase di tali criteri ö, evidentemente comprimono oltre modo l'autonomia regionale, alla quale non e© lasciatoalcuno spazio di compartecipazione. Persino nella composizione della Commissione tecnica deputata alla valuta-zione delle domande di finanziamento le Regioni non hanno trovato alcuno spazio: di detta Commissione fannoparte, ai sensi dell'art. 6 della direttiva, oltre al direttore generale della direzione generale per le tematiche fami-liari e sociali e la tutela dei diritti dei minori, quattro esperti nel campo delle disabilita© , di cui uno designato dall'ANCI.

Anche sotto questo profilo, dunque, si conferma l'esorbitanza della direttiva impugnata dalla sfera di attribu-zioni riservate allo Stato.

A cio© si aggiunga che la sostituzione del livello di governo regionale con uno meno vicino agli interessioggetto dell'intervento vulnera anche il principio di sussidiarieta© , che e© alla base del conferimento di funzioni alleRegioni e agli enti locali e che costituisce un principio informatore del rapporto tra i diversi livelli territoriali digoverno, oggi recepito anche in sede costituzionale.

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P. Q. M.

La Regione autonoma Valle d'Aosta, come sopra rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costitu-zionale voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, stabilirecon propria direttiva, adottata senza previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8, d.lgs. n. 281/1997, lemodalita© di presentazione ed i criteri di valutazione dei progetti, nonche le modalita© di ripartizione delle risorse dicui alla legge n. 104/1992, per i profili illustrati nel presente ricorso, e per l'effetto annullare l'atto qui impugnato nellasua interezza per violazione delle norme statutarie e legislative e dei principi citati in epigrafe.

Milano-Roma, add|© 8 gennaio 2004

Avv. prof. Giuseppe Franco Ferri - avv. prof. Massimo Luciani

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n. 145

Ordinanza del 23 giugno 2003 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 febbraio 2004)emessa dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Fatah Djamel

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Statoin violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arrestoobbligatorio in flagranza - Irragionevole disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu©gravi - Lesione del principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13 della legge30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13.

Il TRIBUNALE

Visti gli atti del procedimento n. 21280/03 RGNR nei confronti di Fatah Djamel alias Mounir Ben AhmedBen Othmane Trabelsi;

Premesso che il medesimo e© stato tratto in arresto in date 21 giugno 2003 in flagranza del reato previsto epunito dall'art. 14, comma 5-ter d.lg. 286/199 come modificato dalla legge 189/02, e presentato all'odiernaudienza per la convalida, essendogli contestato di essersi trattenuto sul territorio dello Stato in violazione degliordini di allontanamento del Prefetto di Imperia in date 18 e 29 novembre 2002; il p.m. ha chiesto la convalidadell' arresto; emergono profili di incostituzionalita© nella disciplina delineata dall'art. 14, comma 5-ter e quinquiesdel decreto citato sotto il profilo del contrasto con gli artt. 13 e 3 Cost., che paiono non manifestamente infondatie rilevanti ai fini del decidere, con conseguente necessita© di sottoporre detta normativa alla valutazione dellaCorte costituzionale;

O s s e r v a

L'art. 13 Cost. prevede che qualsiasi restrizione della liberta© personale possa essere disposta solo in base adatto motivato dell'a.g. secondo modalita© e in relazione a casi tassativamente indicati dalla legge; solo in ipotesieccezionali, connotate da necessita© ed urgenza, e© previsto che l'autorita© di pubblica, sicurezza possa adottareprovvedimenti provvisoriamente limitativi della liberta© personale, da sottoporre entro termini brevi alla convalidadell'a.g., previa comunicazione alla medesima entro un termine altrettanto ristretto.

La disciplina costituzionale dunque attribuisce in via esclusiva all'autorita© giudiziaria il potere di limitare laliberta© personale, riconoscendosi all'autorita© di p.s. solamente la possibilita© di applicare anticipatamente detterestrizioni con successivi valutazione, da parte dell'autorita© giudiziaria a cio© deputata, dell'effettiva legittimita© del-l'operato urgente e necessitato.

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Deve pertanto escludersi che all' autorita© di p.s. sia attribuito il potere di incidere sulla sfera della liberta© per-sonale autonomo rispetto a quello dell'a.g.

La disciplina contenuta negli articoli sopra indicati appare in conflitto con il sistema delineato dalla Cartacostituzionale in quanto attribuisce alla p.s. poteri in concreto piu© estesi rispetto a quelli del giudice; infatti, difronte al dovere della p.s. di procedere all'arresto nei casi indicati dalla norma, non e© riconosciuto all'autorita© giu-diziaria alcun potere di limitazione della liberta© personale in quanto il reato introdotto dai commi 5-ter e 5-quin-quies e© illecito contravvenzionale, rispetto al quale e© legislativamente preclusa la possibilita© di applicare misurecautelari.

Posto che il provvedimento coercitivo in esame non puo© conseguire il suo scopo naturale (anticipare gli effettidi una misura cautelare eventualmente ritenuta necessaria dal giudice), sfuggono del tutto le ragioni che giustifi-cano una pur breve privazione della liberta© personale tramite un arresto i cui effetti sono destinati a cessare nel-l'immediato.

Ne puo© dirsi che l'arresto sia finalizzato alla successiva instaurazione ö ed immediata definizione ö del giu-dizio direttissimo posto che:

il giudizio direttissimo non e© ancorato al presupposto della detenzione, bensi a quello della particolareevidenza della prova (cfr artt. 449, 450 c.p.p.; art. 6 legge 122/1993);

anche in tale rito sono previste norme che consentono all'imputato di chiedere termine, di comparire edifendersi in giudizio oltre che di impugnare un'eventuale sentenza di condanna.

Infine, l'arresto obbligatorio in fiagranza e© giustificato dalla gravita© delle violazioni e dall'allarme socialeconseguente; inoltre, trattandosi esclusivamente di delitti, viene in considerazione essenzialmente l'elemento psi-cologico del dolo, cioe© della deliberata volonta© dell'agente di violare la legge.

Orbene, la natura (arresto) e la modestia (da sei mesi a un anno) della sanzione comminata nella fattispecielegislativa nonche la punibilita© a titolo di mera colpa inducono ad avvicinare il reato de quo ai numerosissimi reaticontravvenzionali in relazione ai quali e© escluso non solo l'obbligo, ma anche la facolta© di arresto; onde la disci-plina introduce un'ingiustificata disparita© di trattamento rispetto a quello ö assai meno afflittivo ö previstoper tutti gli autori di reati contravvenzionali anche di maggiore gravita© .

P.Q.M.

Visti gli artt. 134 Cost, 23 e segg. legge 87/1953;

Dichiara rilevante e non manifestamente idata la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies d.l.vo 286/1998 come sostituito dalla legge 189/2002 nella parte in cui prevede che per il reato previstodal comma 5-ter sia obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, per violazione degli artt. 3 e 13 Cost.;

Dispone la trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale;

Ordina l'immediata liberazione di Fatah Djamel alias Mounir Ben Ahmed Ben Othmane Trabelsi se non detenutoper altra causa;

Sospende il giudizio di convalida sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita© costituzionale;

Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri noncheper la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Milano, add|© 23 giugno 2003

Il giudice: Bertoja

04C0299

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n. 146

Ordinanza del 24 giugno 2003 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 febbraio 2004)emessa dal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Solza Marco Roberto

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Statoin violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arrestoobbligatorio in flagranza - Attribuzione alla polizia giudiziaria di un potere autonomo e superiore rispetto aquello riconosciuto alla autorita© giudiziaria - Disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe odi maggiore gravita© - Carenza del requisito della necessita© ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giu-diziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13 della legge30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.

Il TRIBUNALE

Provvedendo d'ufficio ha pronunciato la seguente ordinanza.Solza Marco Roberto e© stato tratto in arresto in flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter in d.lgs.

n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, in data 23 giiugno 2003 e presentato all'odierna udienzaper il giudizio di convalida e contestuale giudizio direttissimo, per essersi trattenuto nel territorioello Stato in vio-lazione dell'ordine impartito dal questore di Milano notificatogli in data 13 giugno 2003.

Sentite la pubblica accusa e la difesa in udienza di convalida.Invero non si puo© non rilevare come appaia ravvisabile un contrasto tra l'art. 14, comma 5-quinquies e gli

artt. 13 e 3 della Costituzione.Preliminarmente, giova evidenziare sul punto che gia© in passato il giudice delle leggi ha senz'altro ritenuto

ammissibile in diritto il sindacato sulle scelte del legislatore in materia di selezione dei casi legittimanti l'arrestoobbligatorio in flagranza (cfr. ord. Corte costituzionale n. 92/260).

Nel merito

Il contrasto con l'art. 13 appare sorgere, laddove tale norma statuisce che ûla liberta© personale e© inviolabileý,prevedendo che solo ûin casi di necessita© e urgenza ... l'autorita© di pubblica sicurezza puo© adottare provvedimentiprovvisori ...ý di carattere restrittivo della liberta© personale da sottoporsi al giudizio di convalida.

Si osserva, infatti, come la norma in esame introduca nell'ordinamento un'ipotesi di arresto in flagranza perun reato contravvenzionale che appare del tutto eccezionale rispetto alla disciplina ordinaria della materia (cfr.le ipotesi di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p.), estendendo in tal modo la possibilita© di intervento coercitivo ûd'ur-genzaý ad una situazione di fatto dallo stesso legislatore reputata del tutto difforme e meno grave rispetto a tuttele altre ipotesi gia© previste dalla legge;

Si evidenzia inoltre, sotto altro profilo, che alla fattispecie di reato in parola non risulta applicabile alcunamisura cautelare; ed invero se il comma terzo dell'art. 13 Cost. viene a configurare il potere di iniziativa dell'auto-rita© di pubblica sicurezza in materia come una forma eccezionale di anticipazione dell'intervento del giudice, nellafattispecie in questione sembra, invece, configurarsi un'ipotesi di attribuzione diretta alle autorita© di polizia diun autonomo potere di coercizione (consistente nella concreta possibilita© di imporre una limitazione della liberta©personale per un periodo che arriva sino alle 48 ore), che se e© vero che e© soggetto al controllo successivo dell'auto-rita© giudiziaria, tuttavia non trova alcuna corrispondenza funzionale in un potere riconosciuto dalla legge in capoal giudice (unico soggetto cui e© invece riconosciuto dalla Carta costituzionale il potere di incidere sulla liberta©delle persone).

In relazione poi alla specifica statuizione di ûobbligatorieta© ý dell'arresto, va segnalata l'evidente disparita© ditrattamento che viene a configurarsi tra l'ipotesi in esame rispetto a quella di cui all'art. 13, comma 13-ter dellamedesima legge, in cui si prevede un'ipotesi di arresto meramente facoltativo (e come tale assoggettata ad unapiu© complessa valutazione, ai sensi dell'art. 381 comma quarto c.p.p., gia© da parte della autorita© di polizia proce-

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denti) sia all'ipotesi di cui all'art. 13, comma 13 sostanzialmente analoga a quella qui in esame, sia addiritturaall'ipotesi di cui all'art. 13, comma 13-bis (sempre nella stessa materia) sanzionata come delitto, con una pena dauno a quattro anni di reclusione e per la quale parrebbe quindi anche prevista la possibilita© di applicazione dimisure cautelari: pertanto anche per questo aspetto la norma in esame non appare rispettosa dei limiti dellastretta ûnecessita© ý previsti dall'art. 13, comma terzo, Cost.

Alla luce delle argomentazioni teste© esposte ritiene questo giudice che sussistano seri dubbi di legittimita©costituzionale della norma in esame, e che da cio© consegna la necessita© di sospensione del procedimento inoggetto per sottoporre la questione al giudice delle leggi.

La necessita© di sospensione del procedimento impone comunque l'immediata remissione in liberta© dell'impu-tato in assenza di adeguato titolo detentivo.

P. Q. M.

Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953;Solleva questione di legittimita© costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, legge n. 289/2002 nella parte in

cui prevede per il reato previsto comma 5-ter l'arresto obbligatorio dell'indagato, per violazione degli artt. 3 e 13,comma terzo della Costituzione;

Dispone l'immediata liberazione dell'arrestato se non detenuto per altro;Sospende il presente procedimento e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche notificata ai

Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Milano, add|© 23 giugno 2003

Il giudice: Cucciniello

04C0300

nn. 147 e 148

Ordinanze ö di contenuto sostanzialmente identico ö emesse il 7 luglio 2003 (pervenute alla Corte costituzionale il18 febbraio 2004) dal Tribunale di Milano nei procedimenti penali rispettivamente a carico di: Cobenas Valen-zuela Alberto (R.O. 147/2004); Muhamed Yahya (R.O. 148/2004).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Statoin violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arrestoobbligatorio in flagranza - Attribuzione alla polizia giudiziaria di un potere autonomo e superiore rispetto aquello riconosciuto alla autorita© giudiziaria - Irragionevole disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reatoanaloghe o piu© gravi - Lesione del principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13 della legge30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.

IL TRIBUNALE

Provvedendo d'ufficio ha pronunciato la seguente ordinanza.Cobenas Valenzuela Alberto e© stato tratto in arresto in flagranza, tra l'altro, del reato di cui all'art. 14,

comma 5-ter in relazione all'art. 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, in data6 luglio 2003 e presentato all'odierna udienza per il giudizio di convalida, venendogli contestato di essersi tratte-nuto nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di Milano.

In sede di udienza, il p.m. ha richiesto la convalida dell'arresto ed il difensore si e© rimesso alla decisione deltribunale.

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Il tribunale, peraltro, chiamato a convalidare l'operato della polizia giudiziaria sulla base della previsionenormativa introdotta con l'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 non puo© non rilevare profili diincostituzionalita© che non appaiono manifestamente infondati e che sembra pertanto indispensabile sottoporreal vaglio della Corte costituzionale

A) Ravvisabile contrasto tra l'art. 14, comma 5-quinquies e gli artt. 13 e 3 della Costituzione.

Si osserva, in primo luogo, che l'art. 13 della Costituzione, dopo avere stabilito al primo comma che ûlaliberta© personale e© inviolabileý, ammette al secondo comma che restrizioni alla detta liberta© (detenzione, ispe-zione e perquisizione) siano operabili solo ûper atto motivato dell'autorita© giudiziariaý e, al terzo comma, con-sente all'autorita© di pubblica sicurezza ûin casi eccezionali di necessita© ed urgenzaý di adottare ûprovvedimentiprovvisoriý, ûche devono essere comunicati (...) all'autorita© giudiziariaý e che ûsi intendono revocati e restanoprivi di ogni effettoý ûse questa non li convalidaý.

Sembra corretto ritenere che la norma attribuisca alla sola autorita© giudiziaria la competenza ad operarerestrizioni della liberta© personale, invece riservando all'autorita© di pubblica sicurezza non una analoga, seppurpiu© limitata competenza, ma solo il potere di intervenire in supplenza ed anticipazione dell'operato dell'autorita©giudiziaria quando questa, per l'urgenza del caso, non sia in grado di intervenire tempestivamente. Depongonoin questa direzione la ûprovvisorieta© ý del provvedimento adottato dall'autorita© di pubblica sicurezza, provvedi-mento percio© destinato fin dall'origine ad essere trasformato e superato da altro atto; la ûeccezionalita© ý dei casi,evidenziante la natura essenzialmente derogatoria dell'intervento della polizia rispetto al principio generale del-l'intervento dell'autorita© giudiziaria; la perdita di ogni effetto del provvedimento adottato dall'autorita© di pubblicasicurezza, qualora questo non sia tempestivamente comunicato e convalidato; la stessa configurazione dell'attodell'autorita© giudiziaria come atto di ûconvalidaý, che e© atto, di norma, inteso come diretto all'eliminazione deivizi insiti in un precedente atto invalido.

Conforto a questa lettura si rinviene in pronunce della Corte costituzionale della Corte di cassazione e nelladisciplina che il legislatore ha voluto adottare nel codice di procedura penale.

La Corte costituzionale ha avuto modo di osservare che:

vi e© una regola, che attribuisce all'autorita© giudiziaria la competenza ad emettere provvedimenti coerci-tivi della liberta© personale, ed una eccezione, rappresentata dal fatto ûin se previsto dal testo costituzionale, chegli organi di polizia debbono provvedere in sostituzione dell'autorita© giudiziariaý e che ûl'obbligo del decretomotivato di convalida e© disposto nell'art. 13, comma terzo della Costituzione per ogni provvedimento provvisoriopreso dall'autorita© di pubblica sicurezza in sostituzione del giudice e quindi per ogni provvedimento di arresto(obbligatorio o facoltativo) o di fermoý (Corte cost. n. 71/173);

le finalita© sottese all'arresto in flagranza sono perseguibili ûsoltanto attraverso l'immediato interventodell'autorita© di polizia in temporanea vece dell'autorita© giudiziaria, lontana normalmente dalla flagranza o quasiflagranza dei reatiý (Corte cost. n. 89/503).

La Corte di cassazione ha affermato che:

nel caso di arresto in flagranza (secondo la sentenza 14 luglio 1971, n. 173, della Corte costituzionale) iltitolo legittimo della detenzione e© costituito da una fattispecie complessa, in cui l'attivita© della polizia giudiziariadeve collegarsi al provvedimento di convalida dell'autorita© giudiziaria, il quale soltanto costituisce l'atto con cuisi esercita il controllo della legittimita© dell'operato della polizia giudiziaria e, ad un tempo, il titolo formale delladetenzione stessa, cui la legge conferisce efficacia ex tunc (Cass. n. 73/297).

Il sistema introdotto dal legislatore con il vigente codice di procedura penale prevede infine che la polizia giu-diziaria che ha eseguito l'arresto:

ne dia immediata notizia al pubblico ministero (art. 386, primo comma c.p.p.);

ponga l'arrestato a disposizione del pubblico ministero al piu© presto e comunque non oltre ventiquattroore dall'arresto (art. 386, terzo comma c.p.p.), a pena di inefficacia dell'arresto medesimo (art. 386, ultimo commac.p.p.).

E correlativamente, attribuisce al pubblico ministero il potere/dovere di sindacare da subito l'operato dellapolizia giudiziaria:

sotto il profilo della legittimita© , disponendo l'immediata liberazione della persona che sia stata arrestataal di fuori dei casi consentiti (art. 389 c.p.p.);

sotto il profilo dell'insussistenza di esigenze cautelari, disponendo, anche in questo caso, l'immediataliberazione dell'arrestato (art. 121 disp. att. c.p.p.).

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Anche le scelte operate dal legislatore nella materia in oggetto sembrano dunque orientate inequivocabil-mente nel senso di configurare l'operato della polizia giudiziaria come mera anticipazione dell'attivita© giuridicadell'autorita© giudiziaria, la quale, infatti, in tempi tassativamente assai brevi, e© chiamata ad essere investita dellaquestione e ad intervenire con le piu© ampie valutazioni, anche e soprattutto se dissonanti rispetto a quelle dellapolizia medesima.

Una lettura nel senso anzidetto appare del resto in linea con quanto affermato, sia pure con riferimento aproblematica diversa, dalla Corte costituzionale, secondo la quale ûla presentazione per il giudizio direttissimoda parte degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria non rappresenta una attivita© ad iniziativa della polizia giu-diziaria ma una sorta di attivita© delegata del pubblico ministero che si esplica sotto il costante controllo di que-st'ultimo, al quale deve essere data immediata notizia dell'arresto e che e© tenuto a formulare l'imputazioneý(Corte cost. n. 98/374).

In sintesi, sembra corretto concludere che sia il tenore letterale della norma, sia l'orientamento interpretativoespresso con le decisioni citate, sia l'impostazione che l'ordinamento positivo e© andato via via assumendo neltempo, soprattutto nell'ambito del procedimento penale, convergono nell'escludere che l'art. 13 Costituzione attri-buisca all'autorita© di pubblica sicurezza un autonomo potere di limitazione della liberta© personale, mentre inveceinducono a ritenere che esso legittimi l'anzidetto potere esclusivamente in quanto anticipazione e supplenza delpotere dell'autorita© giudiziaria: con l'ovvia, necessaria conseguenza che all'autorita© di pubblica sicurezza nonpuo© essere conferito un potere piu© esteso di quello riconosciuto all'autorita© giudiziaria.

Ebbene, nei confronti di chi sia indagato per il reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998,come recentemente modificato, l'autorita© giudiziaria non dispone di alcun potere di limitazione della liberta© per-sonale in quanto:

l'illecito e© configurato come contravvenzione punita con pena dell'arresto da sei mesi ad un anno e dun-que, in quanto tale, risulta completamente estraneo alla previsione degli artt. 272 e seguenti c.p.p. in materia dimisure cautelari;

non si rinvengono norme speciali che consentano l'applicazione di misura cautelare in deroga alle anzi-dette disposizioni generali.

Appare dunque seriamente ipotizzabile un contrasto dell'art. 14, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dallalegge n. 286/1998, nella parte in cui, attribuendo alla polizia giudiziaria il potere/dovere di procedere all'arresto(per giunta obbligatorio) dell'indagato, conferisce alla stessa un potere autonomo e superiore rispetto a quello dicui dispone l'autorita© giudiziaria.

Non vale ad escludere la sussistenza di un ravvisabile contrasto tra la norma in esame e l'art. 13 Costituzionela considerazione che, attraverso l'attivazione dell'art. 121 disp. att. c.p.p., la liberta© dell'indagato verrebbecomunque salvaguardata: il meccanismo approntato dalle disposizioni del codice di procedura penale e© s|© conge-gnato in modo da determinare il tempestivo intervento dell'autorita© giudiziaria ma certamente non e© idoneo adimpedire che una sia pur temporanea limitazione della liberta© personale abbia luogo: trattandosi di una limita-zione che, come si e© detto, appare consentita dalla legge in contrasto con la previsione dell'art. 13 Cost., non sem-bra che possano avere rilievo ûsoglie quantitativeý piu© o meno basse, soprattutto considerando che la limitazioneviene arrecata nella forma piu© grave, quella della detenzione.

Ma, in verita© , si ha perfino ragione di dubitare che l'art. 14 d.lgs. n. 286/1998 introduca una implicita manecessaria deroga all'art. 121 disp. att. c.p.p., la© ove dispone che ûsi procede con rito direttissimoý. Invero, seb-bene non sia astrattamente da escludere che un giudizio direttissimo possa celebrarsi, entro quarantotto ore, neiconfronti di indagato rimesso in liberta© , si deve prendere atto del fatto che la norma non disciplina in alcun modocome, nei ristrettissimi tempi anzidetti, debba essere formulata la contestazione da parte del pubblico ministero,la stessa debba essere portata a conoscenza dell'imputato e questi debba essere convenuto in giudizio: e lasciadunque desumere che la ratio ad essa sottostante sia in realta© quella di condurre l'imputato al giudizio direttis-simo in stato di detenzione.

Ebbene, interpretata in questo senso, la norma risulterebbe ancor piu© in contrasto con le disposizioni costitu-zionali perche:

prevederebbe in sostanza che il pubblico ministero abdichi al suo potere/dovere di controllare, almenosotto il profilo della sussistenza di esigenze cautelari, l'operato della polizia giudiziaria, facendogli in tal mododismettere la funzione assegnatagli dalla Costituzione, e, corrispondentemente, esalterebbe ancor piu© l'espansionedei poteri della polizia giudiziaria, con ancora piu© accentuato contrasto con l'art. 13 Costituzione;

introdurrebbe una grave disparita© di trattamento tra la persona che, arrestata per il reato in considera-zione (contravvenzione punita con pena edittale non particolarmente afflittiva) e certamente non soggetta all'ap-

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plicazione di alcuna misura cautelare, si vedrebbe comunque esposta alla concreta possibilita© di necessaria deten-zione fino a quarantotto ore; e la persona che, arrestata per delitto ben piu© grave ma rientrante nella disciplinagenerale, potrebbe confidare in una tempestiva liberazione sebbene per l'illecito commesso sia astrattamenteapplicabile perfino la custodia in carcere: con conseguente violazione dell'art. 3 Costituzione.

Il tutto, si noti, in un contesto nel quale le esigenze di carattere amministrativo potrebbero comunque essereadeguatamente salvaguardate, atteso che, espressamente, la norma stabilisce che ûal fine di assicurare l'esecuzionedell'espulsioneý, il questore puo© disporre il trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza tempo-ranea (art. 14, comma 5-quinquies).

B) Ravvisabile contrasto tra l'art. 14, comma 5-quinquies e l'art. 3 della Costituzione.Sotto diverso ed ulteriore profilo la previsione dell'art. 14, comma 5-quinquies, appare suscettibile di censura.La disposizione in esame, infatti, introduce la previsione dell'arresto obbligatorio nei confronti di chi sia

indagato del reato previsto dal precedente comma 5-ter.Ora, e© ben vero che la valutazione circa la gravita© del fatto e la conseguente necessita© di procedere comunque

all'arresto di chi ne appaia responsabile, e© valutazione rimessa al discrezionale apprezzamento del legislatore,come tale sottratto in genere ad un giudizio di costituzionalita© in relazione all'eventuale violazione dell'art. 3 dellaCostituzione.

Nel caso di specie, peraltro, il confronto tra le diverse fattispecie e© cos|© ravvicinato e stringente da far appa-rire possibile una diversa soluzione.

Invero, l'art. 13, comma 13-ter, introduce l'arresto facoltativo (in tal senso sembra corretto intendere l'espres-sione ûe© sempre consentitoý):

in relazione al reato previsto dal precedente comma 13, che, in quanto sostanziantesi nella condottadello straniero espulso che fa rientro nello Stato ed in quanto punito con pena identica a quella comminata alreato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, appare valutato dal legislatore di pari gravita© , per sostanziale omogeneita©della condotta e per identita© di sanzione;

in relazione al reato previsto dal precedente comma 13-bis, che, nella stessa, evidente valutazione dellegislatore, e© assai piu© grave, trattandosi di trasgressipne ad un divieto espresso dal giudice, configurato comedelitto punito con pena della reclusione fino a quattro anni e dunque perfino suscettibile di applicazione di misuracautelare.

Sembra dunque corretto ritenere che l'art. 14, comma 5-quinquies, prevedendo l'arresto obbligatorio del con-travventore, riservi al medesimo un trattamento decisamente piu© afflittivo di quello riservato, per fatti analoghio addirittura piu© gravi, nel medesimo testo normativo, senza che, dalle norme, sia desumibile la sussistenza diuna indicazione di ragionevolezza di una simile scelta.

Per i motivi ora esposti, ritiene questo tribunale che sussistano seri dubbi di legittimita© della norma in esamee che, da cio© , consegna la© necessita© di sospensione del procedimento per sottoporre la questione al giudice delleleggi.

La necessita© di sospensione del procedimento impone comunque l'immediata remissione in liberta© dell'impu-tato in mancanza di adeguato titolo detentivo.

P.Q.M.

Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953;Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 14,

comma 5-quinquies, legge n. 189/2002 nella parte in cui prevede, per il reato previsto al comma 5-ter, l'arresto obbli-gatorio dell'indagato, per violazione degli artt. 3 e 13 comma terzo della Costituzione.

Dispone l'immediata remissione in liberta© dell'imputato, limitatamente al reato qui in considerazione, e fermarestando l'adozione di misura cautelare per la violazione dell'art. 12, legge n. 197/1991.

Sospende il procedimento quanto alla contestazione del reato di cui all'art. 14, d.lgs. n. 286/1998 e ordina la tra-smissione degli atti alla Corte costituzionale.

Milano, add|© 7 luglio 2003

Il giudice: Zucchetti

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nn. da 149 a 154

Ordinanze ö di contenuto sostenzialmente identico ö emesse il 16 luglio 2003 (pervenute alla Corte costituzionale il18 febbraio 2004) dal Tribunale di Milano nei procedimenti penali rispettivamente a carico di: Fladan Fouad(R.O. n. 149/2004; Messaoud Mohsen (R.O. n. 150/2004); El Batouili Sahdi (R.O. n. 151/2004); RamirezCesar (R.O. n. 152/2004); Olivera Atencia Jim Richard (R.O. n. 153/2004); Bravo Villalta Jorge Armando(R.O. n. 154/2004).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Statoin violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arrestoobbligatorio in flagranza - Disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu© gravi - Carenzadel requisito della necessita© ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvi-sori destinati ad incidere sulla liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13 della legge30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.

IL TRIBUNALE

Ha pronunciato la seguente ordinanza.

Fladan Fouad e© stato tratto in arresto in data 9 luglio 2003 in flagranza del reato di cui all'art. l4, comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. l89/2002, e in pari data presentato in giudizio dal p.m.per il rito direttissimo in conformita© al comma 5-quinquies della medesima legge.

A seguito di rituale convalida dell'arresto e richiesta di termini a difesa, il giudizio e© stato riassunto in dataodierna per il relativo giudizio di merito.

Atteso che l'instaurato giudizio direttissimo trova dunque il suo necessario presupposto nell'intervenuto arre-sto (obbligatorio) in flagranza, questo giudice ritiene evidentemente pregiudiziale ai fini della prosecuzione deldibattimento la risoluzione della eccezione di legittimita© costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, della leggein oggetto (gia© sollevata con ordinanza 23 novembre 2002) nella parte in cui prevede appunto l'arresto obbligato-rio della persona colta nella flagranza del reato di cui al menzionato comma 5-ter.

Si fa qui riferimento ai principi fondamentali indicati dall'art. 13 della Carta costituzionale, assolutamenteintangibili per il legislatore ordinario e come tali evidentemente preclusivi di ogni forma di interpretazione esten-siva dei limiti e delle condizioni ivi previsti per l'imposizione di misure restrittive della liberta© personale, ponendoin particolare l'attenzione sul comma 3, dell'art. 13 Cost. laddove espressamente si prevede che solo ûin casi dinecessita© e urgenza ... l'autorita© di pubblica sicurezza puo© adottare provvedimenti provvisori...ý di carattererestrittivo della liberta© personale da sottoporsi al giudizio di convalida.ý.

Sul punto, in via preliminare, va ricordato come gia© in passato il giudice delle leggi abbia senzaltro ritenutoammissibile in diritto il sindacato sulle scelte del legislatore in materia di selezione dei casi legittimanti l'arrestoobbligatorio in flagranza.

Nel merito, in via generale:

va rilevato innanzitutto come la previsione all'esame introduca nell'ordinamento una ipotesi di arresto inflagranza per un reato contravvenzionale assolutamente eccezionale rispetto alla disciplina ordinaria della mate-ria (le ipotesi di cui agli articoli 380 e 381 c.p.p.), che viene ad estendere la possibilita© di intervento coercitivoûd'urgenzaý ad una situazione di fatto dallo stesso legislatore reputata del tutto difforme e meno grave rispettoa tutte le altre ipotesi gia© previste dalla legge (in realta© un unico precedente in tal senso parrebbe ravvisabile nellaprevisione di cui all'art. 6 legge n. 205/1993 in relazione al porto di strumenti atti ad offendere, ipotesi manifesta-mente costruita intorno ad una ritenuta esigenza di tutela del bene primario della incolumita© fisica delle personein situazioni identificate come ûdi pericolo potenzialeý ö fermo restando che pur in tale caso la legittimita© del-l'intervento coercitivo rimane comunque affidata, attraverso il meccanismo della facoltativita© dell'arresto, ad ungiudizio di effettiva pericolosita© in concreto);

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sotto diverso profilo va altres|© sottolineato che alla fattispecie di reato qui in contestazione non risultaapplicabile alcuna misura cautelare: in tal senso, se il comma 3 dell'art. 13 Cost. viene a configurare il potere diiniziativa dell'autorita© di pubblica sicurezza in materia come una forma eccezionale di ûanticipazioneý dell'inter-vento del giudice, nel caso di specie parrebbe invece prospettarsi un'ipotesi di attribuzione diretta alle autorita©di polizia di un autonomo potere di coercizione (sotto il profilo della concreta possibilita© di imporre una limita-zione della liberta© personale per un tempo che arriva fino a quarantotto ore), certo soggetto al controllo succes-sivo della autorita© giudiziaria ma che non trova alcuna corrispondenza funzionale in un potere riconosciuto dallalegge in capo al giudice (unico soggetto cui e© invece riconosciuto dalla Carta costituzionale il potere di incideresulla liberta© delle persone);

sul punto si ritiene di poter fare tra l'altro diretto rinvio alle motivazioni dell'ordinanza C.cost.n. 305/1996 con cui veniva dichiarata non fondata l'eccezione di legittimita© costituzionale relativa alla previsionedi arresto facoltativo di cui all'art. 189 d.lgs. n. 285/1992 sull'esplicito presupposto che trattandosi di misura pre-cautelare provvisoria essa puo© essere adottata solo sulla ragionevole prognosi di una sua trasformazione ope iudi-cis in una misura cautelare piu© stabileý (atteso che nell'ipotesi menzionata, come tutte le altre richiamate a con-fronto in motivazione con l'unica ûeccezioneý di cui all'art. 4 legge n. 110/1975 gia© sopra esaminata, si verte inmateria di ûdelittoý per cui risultano applicabili i meccanismi derogatori previsti in via generale dall'art. 291,comma 5, c.p.p.).

Piu© in particolare, in relazione alla specifica previsione di ûobbligatorieta© ý dell'arresto, va sottolineata l'evi-dente disparita© di trattamento che viene a delinearsi tra l'ipotesi all'esame rispetto a quella di cui all'art. 13-terdella medesima legge, in cui si prevede un'ipotesi di arresto meramente facoltativo (e come tale assoggettata aduna piu© complessa valutazione, ai sensi dell'art. 381, comma 4, c.p.p., gia© da parte delle autorita© di polizia proce-denti) sia nell'ipotesi di cui all'art. 13 sostanzialmente analoga a quella qui in esame, sia addirittura nell'ipotesidi cui all'art. 13-bis (sempre nella medesima materia) sanzionata come delitto, con una pena da uno a quattro annidi reclusione e per la quale sarebbe quindi anche prevista la possibilita© di applicazione di misure cautelari: anchesotto tale profilo allora la norma qui all'esame non appare rispettosa dei limiti di ûstretta necessita© ý previsti dal-l'art. l, comma 3, cost.

Per tali motivi ritiene questo giudice che possano effettivamente proporsi seri dubbi di legittimita© costituzio-nale della norma qui all'esame, in generale rispetto alla previsione di un potere di arresto in flagranza di reatoper un fatto che non consente l'applicazione di alcuna misura cautelare, in particolare e comunque rispetto allaconfigurazione dell'esercizio di tale potere come obbligatorio.

P. Q. M.

Visti gli articoli 134 Cost. e 23 legge n. 1287/53;

Dichiara rilevante e non manifestamente infondatala questione di legittimita© costituzionale dell'art. 1, comma 5-quinquies legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater l'arresto obbliga-torio dell'autore del fatto, per violazione degli articoli 3 e 13, comma 3, della Costituzione nei termini espressi in moti-vazione.

Sospende il presente procedimento e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Milano, add|© 16 luglio 2003

Il giudice: Perozziello

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n. 155

Ordinanza dell'11 agosto 2003 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 febbraio 2004) emessadal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Sanchez Garcia Carlos Augusto

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Statoin violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arrestoobbligatorio in flagranza - Disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu© gravi - Carenzadel requisito della necessita© ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvi-sori destinati ad incidere sulla liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13 della legge30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.

IL TRIBUNALE

Pronunciando d'ufficio sulla questione di illegittimita© costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs.n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dell'inda-gato in flagranza di reato, per violazione degli articoli 3 e 13 Cost.,

Ha pronunciato la seguente ordinanza.

Sanchez Garcia Carlos Augusto e© stato tratto in arresto in flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter,e presentato dal p.m. all'odierna udienza in stato di detenzione per la convalida dell'arresto e il conseguente giu-dizio di merito nelle forme del rito direttissimo.

In materia questo giudice ha sollevato eccezione di illegittimita© costituzionale gia© con ordinanza 23 novembre2002, per motivi che vengono di seguito integralmente richiamati, in riferimento ai principi fondamentali indicatidall'art. 13 della Carta costituzionale, da ritenersi assolutamente intangibili per il legislatore ordinario e come talievidentemente preclusivi di ogni forma di interpretazione estensiva dei limiti e delle condizioni ivi previsti perl'imposizione di misure restrittive della liberta© personale.

In particolare si ritiene qui che l'attenzione vada posta sul comma 3, dell'art. 13 Cost., laddove espressamentesi prevede che solo ûin casi di necessita© e urgenza... l'autorita© di pubblica sicurezza puo© adottare provvedimentiprovvisori...ý di carattere restrittivo della liberta© personale da sottoporsi al giudizio di convalida.ý.

Sul punto, in via preliminare, va ricordato come gia© in passato il giudice delle leggi abbia senzaltro ritenutoammissibile in diritto il sindacato sulle scelte del legislatore in materia di selezione dei casi legittimanti l'arrestoobbligatorio in flagranza.

Il seguito del testo dell'ordinanza e© perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblicata in precedenza(Reg. ord. n. 149/2004).

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n. 156

Ordinanza del 15 settembre 2003 emessa dal Tribunale di Milanonel procedimento penale a carico di Rodriguez Mendis Adriano

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Statoin violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arrestoobbligatorio in flagranza - Irragionevole disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu©gravi - Lesione del principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta© personale.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13 della legge30 luglio 2002, n. 189.

^ Costituzione, artt. 3 e 13.

IL TRIBUNALE

Visti gli atti del procedimento n. 30918/03 RGNR nei confronti di Rodriguez Mendis Adriano;

Premesso che:

il medesimo e© stato tratto in arresto in data 13 settembre 2003 in flagranza del reato previsto e punitodall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/02, e presentato all'odiernaudienza per la convalida, essendogli contestato di essersi trattenuto sul territorio dello Stato in violazione dell'Or-dine del Questore di Milano 3 maggio 2003;

il p.m. ha chiesto la convalida dell'arresto;

emergono profili di incostituzionalita© nella disciplina delineata dall'art. 14, comma 5-ter, e quinquies deldecreto citato sotto il profilo del contrasto con gli artt. 13 e 3 Cost., che paiono non manifestamente infondati erilevanti ai fini del decidere, con conseguente necessita© di sottoporre detta normativa alla valutazione della Cortecostituzionale;

O s s e r v a

L'art. 13 Cost. prevede che qualsiasi restrizione della liberta© personale possa essere disposta solo in base adatto motivato dell'a.g. secondo modalita© e in relazione a casi tassativamente indicati dalla legge; solo in ipotesieccezionali, connotate da necessita© ed urgenza; e© previsto che l'autorita© di pubblica sicurezza possa adottare prov-vedimenti provvisoriamente limitativi della liberta© personale, da sottoporre entro termini brevi alla convalida del-l'a.g., previa comunicazione alla medesima entro un termine altrettanto ristretto.

La disciplina costituzionale dunque attribuisce in via esclusiva all'autorita© giudiziaria il potere di limitare laliberta© personale, riconoscendosi all'autorita© di P.S. solamente la possibilita© di applicare anticipatamente detterestrizioni con successiva valutazione, da parte dell'autorita© giudiziaria a cio© deputata, dell'effettiva legittimita©dell'operato urgente e necessitato.

Deve pertanto escludersi che all'autorita© di P.S. sia attribuito il potere di incidere sulla sfera della liberta© per-sonale autonomo rispetto a quello dell'a.g.

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La disciplina contenuta negli articoli sopra indicati appare in conflitto con il sistema delineato dalla Cartacostituzionale in quanto attribuisce alla p.g. poteri in concreto piu© estesi rispetto a quelli del giudice: infatti, difronte al dovere della p.g. di procedere all'arresto nei casi indicati dalla norma, non e© riconosciuto all'autorita© giu-diziaria alcun potere di limitazione della liberta© personale in quanto il reato introdotto dai commi 5-ter e 5-quin-quies e© illecito contravverizionale, rispetto al quale e© legislativamente preclusa la possibilita© di applicare misurecautelari.

Posto che il provvedimento coercitivo in esame non puo© conseguire il suo scopo naturale (anticipare gli effettidi una misura cautelare eventualmente ritenuta necessaria dal giudice), sfuggono del tutto le ragioni che giustifi-cano una pur breve privazione della liberta© personale tramite un arresto i cui effetti sono destinati a cessare nel-l'immediato.

Ne© puo© dirsi che l'arresto sia finalizzato alla successiva instaurazione ö ed immediata definizione ö del giu-dizio direttissimo posto che:

il giudizio direttissimo non e© ancorato al presupposto della detenzione, bens|© a quello della particolareevidenza della prova (cfr. artt. 449, 450 c.p.p.; art. 6 legge 122/1993);

anche in tale rito sono previste norme che consentono all'imputato di chiedere termine, di comparire edifendersi in giudizio oltre che di impugnare un'eventuale sentenza di condanna.

Infine, l'arresto obbligatorio in flagranza e© giustificato dalla gravita© delle violazioni e dall'allarme socialeconseguente; inoltre, trattandosi esclusivamente di delitti, viene in considerazione essenzialmente l'elemento psi-cologico del dolo, cioe© della deliberata volonta© dell'agente di violare la legge.

Orbene, la natura (arresto) e la modestia (da sei mesi a un anno) della sanzione comminata nella fattispecielegislativa nonche la punibilita© a titolo di mera colpa inducono ad avvicinare il reato de quo ai numerosissimi reaticontravvenzionali in relazione ai quali e© escluso non solo l'obbligo, ma anche la facolta© di arresto; onde la disci-plina introduce un'ingiustificata disparita© di trattamento rispetto a quello ö assai meno afflittivo ö previstoper tutti gli autori di reati contravvenzionali anche di maggiore gravita© .

P. Q. M.

Visti gli artt. 134 Cost, 23 e segg. legge 87/1953;

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 14, comma,5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 come sostituito dalla legge 189/02, nella parte in cui prevede che per il reato previstodal comma 5-ter sia obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, per violazione degli artt. 3 e 13 Cost.;

Dispone la trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale;

Ordina l'immediata liberazione di Rodriguez Mendis Adriano se non detenuto per altra causa;

Sospende il giudizio di convalida sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita© costituzionale;

Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri noncheper la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Milano, add|© 15 settembre 2003

Il giudice: Bertoja

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n. 157

Ordinanza del 31 ottobre 2003 emessa dal Tribunale di Milanonel procedimento penale a carico di Allak Mohamed

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine diallontanamento impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Convalida - Rito direttissimo - Pre-vista immediata espulsione dello straniero prima dello svolgimento del procedimento penale - Previsti provvedi-menti del questore al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione - Lesione del diritto di difesa - Contrastocon i principi del giusto processo - Violazione del principio di presunzione di non colpevolezza - Contrasto conil principio di autonomia ed indipendenza della magistratura.

^ Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1,della legge 30 luglio 2002, n. 189 (e di conseguenza degli artt. 13, commi 3 e 13, e 17 del medesimo decretolegislativo).

^ Costituzione, artt. 24, 27, 104 e 111.

IL TRIBUNALE

Nel procedimento emarginato ha pronunciato la seguente ordinanza.Allak Mohanied e© stato tratto in arresto in flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter/quinquies, d.lgs.

n. 286/1998, come modificato dalla legge 189/2002, e presentato all'udienza del 18 giugno 2003 per il giudizio diconvalida e contestuale giudizio direttissimo, per essersi trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'or-dine impartito dal Questore di Torino notificato in data 22 aprile 2003.

Convalidato l'arresto, prima dell'apertura del dibattimento, la difesa sollevava questione di illegittimita© costi-tuzionale della norma in parola per contrasto con gli artt. 24, 27, 104 e 111 Cost.

Invero non si puo© non rilevare come appaia ravvisabile un contrasto tra l'art. 14, comma 5-ter/quinquies,d.lvo n. 286/1998 cos|© come modificato dalla legge 189/02 (e di conseguenza degli artt. 13 comma 13, 13 comma3 e 17 della medesima legge) e gli articoli della Costituzione sopra indicati.

La normativa citata infatti consentendo l'espulsione immediata dello straniero prima dello svolgimento del pro-cedimento penale a suo carico appare lesiva del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Cost., dei principi del giu-sto processo affermati dall'art. 111 Cost., e segnatamente instaurazione di un rituale contraddittorio e formazioneorale della prova innanzi al giudice del dibattimento, nonche del disposto dell'art. 27 Cost. posto che il soggetto coin-volto nella vicenda processuale subisce di fatto in modo anticipato rispetto al momento dell'accertamento di specifi-che responsabilita© penali degli effetti negativi, costituiti, per l'appunto, dall'espulsione dal territorio dello Stato.

Ancora, a parere di questo giudice, sussiste anche un profilo di incostituzionalita© concernente il raccordo trai provvedimenti dell'autorita© amministrativa e quelli dell'autorita© giudiziaria, posto che con la normativa in esamel'esercizio di facolta© processuali difensive e© materia sottratta alla valutazione del giudice del processo e rimessa aquella del questore, cio© in evidente contrasto con il disposto dell'art. 104 Cost. laddove configura la Magistraturacome ûordine autonomo ed indipendente da altro potereý.

Ritenuto che ai fini del presente giudizio non appaia manifestamente infondata tale questione di illegittimita©costituzionale e che la stessa sia rilevante ai fini del presente giudizio.

P. Q. M.

Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge 87/53;Solleva, accogliendo l'eccezione della difesa, questione di legittimita© costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,

quinquies del d.lvo n. 286/1998 cosi come modificato dalla legge 189/02 (e di conseguenza degli artt. 13 comma 13,13 comma 3 e 17 della medesima legge), per violazione degli artt., gli artt. 24, 27, 104 e 111 Cost.;

Sospende il presente procedimento e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche comunicata ai

Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Milano, add|© 31 ottobre 2003Il giudice: Cucciniello

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n. 158

Ordinanza del 26 novembre 2003 emessa dalla Corte di cassazionesul ricorso proposto da Guttadauro Carlo Salvatore

Misure di prevenzione - Decreto della Corte d'appello in materia di misure di prevenzione - Ricorso in Cassazione -Motivi - Ammissibilita© del ricorso per violazione di legge - Esclusione per vizio di illogicita© manifesta dellamotivazione - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Lesione del diritto di difesa.

^ Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma undicesimo.^ Costituzione, artt. 3 e 24.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Guttadauro Carlo Salvatore, nato a Bagheriain data 29 marzo 1956, avverso il decreto emesso in data 8 luglio 2002 dalla Corte di appello di Palermo;

Udita la relazione fatta dal consigliere dott. Giantranco Riggio;

Esaminati gli atti;

Sentite le conclusioni del p.g., dott. Gioacchino Izzo, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Ritenuto in fatto

Con decreto del 21 maggio 2001, il Tribunale di Palermo disponeva l'applicazione della misura di prevenzionedella sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di quattro anni nei confronti di Guttadauro CarloSalvatore, al quale era imposto l'obbligo di versamento di una cauzione di cento milioni di lire, e respingeva larichiesta del p.m. rivolta ad ottenere la confisca di beni mobili e immobili appartenenti al proposto o dei qualilo stesso aveva la disponibilita© .

Pronunciando sugli appelli del Guttadauro e del p.m., la Corte di appello di Palermo, con decreto dell'8luglio 2002, confermava l'applicazione della misura di prevenzione personale e, a norma dell'art. 2-ter della legge31 maggio 1965, n. 575, disponeva il sequestro e la contestuale confisca delle azioni della Sud Pesca S.p.A., dellequali il Guttadauro era titolare, senza che fosse dimostrata la legittima provenienza.

La corte territoriale riteneva accertata la pericolosita© sociale attuale del proposto sulla base della sentenzaemessa il 2 marzo 2002 dal Tribunale di Palermo, con la quale il Guttadauro era stato condannato alla pena didieci anni di reclusione perche riconosciuto responsabile del delitto di cui all'art. 416-bis c.p., osservando che taledecisione, pur non essendo irrevocabile, conteneva precisi e puntuali elementi di prova, tra i quali attendibilidichiarazioni accusatorie di piu© collaboratori di giustizia, che dovevano essere utilizzati nel procedimento di pre-venzione a dimostrazione della pericolosita© qualificata del proposto quale indiziato di appartenente all'associa-zione di stampo mafioso denominata ûcosa nostraý. Quanto alla misura di prevenzione patrimoniale, la Cortedi merito esaminava la documentazione acquisita e riteneva che soltanto la partecipazione azionaria alla SudPesca S.p.A. fosse derivata da mezzi finanziari di provenienza illecita.

Il difensore del Guttadauro proponeva ricorso per Cassazione chiedendo l'annullamento del decreto per iseguenti motivi: a) violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p., in relazione agli artt. 1 e 2 della legge 31 mag-gio 1965, n. 575, sull'assunto che il giudice della prevenzione non aveva valutato criticamente gli elementi di provaacquisiti nel processo penale, omettendo, cos|© , di osservare il principio dell'autonomia tra processo penale e pro-cedimento di prevenzione: inoltre, per escludere l'attualita© della pericolosita© sociale, non era stato tenuto contodel fatto che il proposto si era trasferito in Turchia dal 1986 e che dal 1991 era stabilmente residente in tale Paese,onde l'accertamento relativo all'abituale dimora nel Comune di Bagheria era il risultato di argomentazioni logichee giuridiche viziate dall'utilizzazione di premesse del tutto inconducenti; b) violazione dell'art. 606, comma 1,lett. b), in relazione all'art. 597 c.p.p., per la ragione che la corte palermitana, dopo avere considerato non condi-visibile l'impostazione dell'impugnazione del p.m., che tendeva alla confisca indiscriminata di tutti i beni del Gut-tadauro in relazione alle illecite modalita© di mantenimento e di accrescimento del patrimonio, in dipendenza della

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qualita© di indiziato di appartenenza all'associazione mafiosa, aveva, poi, superato i limiti del devolutum proce-dendo alla verifica della provenienza illecita delle risorse impiegate nell'acquisizione delle azioni della soc. SudPesca; c) violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p., in relazione agli artt. 2-ter e segg. della legge n. 575del 1965, sul rilievo che la corte era incorsa in una serie di errori nella valutazione della documentazione in attie nella ricostruzione del patrimonio del Guttadauro.

Nella sua requisitoria scritta, il procuratore generale presso questa corte chiedeva il rigetto del ricorso, osser-vando che il sindacato di legittimita© sui provvedimenti in materia di prevenzione e© limitato al vizio di violazionedi legge e dunque, a norma dell'art. 4 della legge n. 1423 del 1956, non si estende al controllo dell'adeguatezza edella coerenza logica dell'iter giustificativo della decisione: precisava che, in ogni caso, il decreto impugnatorisulta sorretto da una motivazione corretta e del tutto correlata alle risultanze in atti, valutate nel quadro di prin-cipi normativi esattamente interpretati ed applicati.

Con motivi aggiunti del 24 settembre 2003, la difesa del ricorrente contestava il contenuto della requisitoriadel procuratore generale e sviluppava le censure formulate contro il decreto impugnato relativamente alla viola-zione del principio di autonomia del procedimento di prevenzione rispetto al processo penale, all'accertamentodel luogo di residenza e di dimora abituale del proposto, alle numerose contraddizioni e agli errori di calcolo nellaricostruzione della provenienza delle risorse patrimoniali.

Considerato in diritto

1. ö Preliminarmente deve osservarsi che, benche nei motivi del ricorso e nei motivi aggiunti la difesa delproposto non abbia fatto mai riferimento al vizio di illogicita© manifesta della motivazione indicato nell'art. 606,comma 1, lett. e) c.p.p., la maggior parte delle censure mosse contro il provvedimento impugnato attengono allacongruenza logica del discorso giustificativo della decisione impugnata, dato che l'effettivo contenuto critico del-l'impugnazione e© diretto a porre in discussione l'adeguatezza logica delle linee argomentative lungo le quali si e©sviluppato il ragionamento seguito dalla corte di merito nella valutazione degli indizi tratti dalle chiamate di cor-reo acquisite nel processo penale, nell'accertamento del luogo in cui si e© manifestata la pericolosita© sociale delGuttadauro e dell'attualita© della stessa, nonche nell'apprezzamento delle risultanze probatorie riguardanti le fontidel reddito e, in particolare, la provenienza delle risorse finanziarie investite nella S.p.A Sud Pesca.

2. ö Eé necessario, quindi, stabilire se il tipo di censure formulate dal ricorrente possa ritenersi compreso,o non, nell'ambito del sindacato della motivazione demandato alla Corte di legittimita© in materia di misure diprevenzione personale e patrimoniale.

L'art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, dopo avere disposto, al comma undicesimo, che ûavverso ildecreto della Corte d'appello e© ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge, da parte del pubblico mini-stero e dell'interessato, entro dieci giorniý, precisa, nel comma immediatamente successivo, che ûsalvo quanto e©stabilito nella presente legge, per la proposizione e la decisione dei ricorsi, si osservano, in quanto applicabili,le norme del codice di procedura penale riguardanti la proposizione e la decisione dei ricorsi relativi all'applica-zione delle misure di sicurezzaý. Tale normativa e© indubbiamente applicabile non solo alle misure di prevenzionepersonale previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, contenente disposizioni contro la mafia, ma anche allemisure di prevenzione patrimoniale, introdotte dalla stessa legge, per effetto dell'esplicito rinvio contenuto nel-l'art. 3-ter, che, per le impugnazioni, richiama l'art. 4 della legge del 1956.

Va anche chiarito che il rinvio del comma dodicesimo dell'art. 4, riguardante originariamente le norme delcodice del 1930 vigente all'epoca in cui e© stata emanata la legge n. 1423 del 1956, ha ad oggetto attualmente ledisposizioni del codice del 1988, come e© comprovato dall'art. 208 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, contenente unanorma di coordinamento per effetto della quale quando sono richiamati istituti o disposizioni del codice abrogato,il richiamo si intende riferito agli istituti o alle disposizioni del codice vigente, che disciplinano la corrispondentemateria.

Il richiamo al codice vigente in tema di impugnazioni di provvedimenti applicativi di misure di prevenzionetrova, peraltro, un limite espresso nella clausola di sussidiarieta© enunciata nell'ultimo comma dell'art. 4, che rendeapplicabile la disciplina codicistica soltanto quando la legge n. 1423 del 1956 non disponga diversamente (ûsalvo

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quanto e© stabilito nella presente legge ...ý). Sulla base di tale dato normativo, secondo la communis opinio,il ricorso in cassazione contro i provvedimenti anzidetti e© ammesso soltanto per violazione di legge, in quanto ilprincipio di specialita© impedisce di ricavare dall'art. 606, comma 1, del codice vigente la disciplina dei vizi denun-ciabili dinanzi alla corte di legittimita© in materia di prevenzione.

3. ö Il tema di indagine si risolve, dunque, nel verificare se il vizio di illogicita© manifesta della motivazione, checorrisponde al prevalente contenuto critico del ricorso del Guttadauro, sia o non ricompreso nella violazione dilegge, che l'art. 4, comma 11, della legge n. 1423 del 1956 considera quale unico motivo proponibile nel ricorso inCassazione avverso i decreti emessi, in sede di appello, in tema di misure di prevenzione personali o patrimoniali.

Sull'argomento si e© formato, negli ultimi anni, un indirizzo giurisprudenziale uniforme che esclude l'illogicita©manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., dai vizi riconducibili nella tipologiadella violazione di legge.

In materia di misure di prevenzione, questa corte ha ripetutamente stabilito che il ricorso per Cassazione e©ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell'art. 4, decimo comma (divenuto undicesimocomma per effetto delle modifiche introdotte dalla legge 26 marzo 2001, n. 128), della legge 27 dicembre 1956,n. 1423, richiamato dall'art. 3-ter, secondo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575. Ne consegue che, in temadi sindacato sulla motivazione, e© esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita© l'ipotesi dell'illogicita©manifesta di cui all'art. 606 lett. e) c.p.p., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motiva-zione inesistente o meramente apparente, qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decretomotivato imposto al giudice d'appello dal nono comma del predetto art. 4 della legge 1423/56 (Cass., Sez. VI,26 giugno 2002, Paggiarin, rv. 222754; Sez. II, 3 febbraio 2000, Ingraldi ed altro, rv. 215556; Sez. II, 6 mag-gio 1999, Sannino, rv. 213852; Sez. I, 2 ottobre 1997, P.G. in proc. Nocera ed altri, rv. 209129). In questa stessaprospettiva interpretativa, e© stato chiarito che ö parallelamente all'analoga previsione dell'art. 311, comma 2,c.p.p. riguardante l'ammissibilita© dei ricorso per saltum per sola violazione di legge relativamente alle misure cau-telari personali ö col ricorso per cassazione contro i decreti della Corte d'appello i vizi della motivazione devonoritenersi sindacabili, oltre che in caso di mancanza della motivazione, nelle ipotesi nelle quali essa risulti del tuttopriva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicita© , al punto da risultare meramente apparente,o sia assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero quandole linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da farerisultare oscure le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura di prevenzione (Cass., Sez. I, 21 gen-naio 1999, Barbangelo, rv. 212946).

La non sindacabilita© dell'illogicita© manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606 lett. e) c.p.p., rappre-senta un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita© con riguardo a tutti i casi nei quali il ricorso inCassazione e© limitato al vizio di violazione di legge. Tale rigorosa limitazione e© stata costantemente affermatasia per il ricorso per saltum ex art. 311, comma 2, c.p.p. in materia di misure cautelari personali (cfr., ex plurimisCass., Sez. I, 9 aprile 1999, Zanzarelli, rv. 213383; Sez. V, 24 febbraio 1999, Pacini Battaglia, rv. 212876; Sez. I,20 marzo 1998, rv. 210566; Sez. III, 12 giugno 1998, Suraci, rv. 211552; Sez. I, 13 novembre 1997, Denaro, rv.209833; Sez. V, 16 ottobre 1996, Camaggi, rv. 206150; Sez. VI, 26 giugno 1996, Acampora, rv. 205897; Sez. I,21 marzo 1996, Sciuto, rv. 204693; Sez. II, 21 febbraio 1996, Campanale, rv. 202457) sia per il ricorso previsto dal-l'art. 325 c.p.p. in tema di misure cautelari reali (Cass., Sez. VI, 18 ottobre 1999, Albanese, rv. 214953; Sez. V,8 maggio 1998, Monelli, rv. 210934; Sez. I, 12 novembre 1997, Icicli, rv. 208944; Sez. II, 4 giugno 1997, Baisi, rv.209595; Sez. I, 1� luglio 1994, Bavaglini, rv. 199325).

La costanza di tale linea interpretativa, per cui dal ricorso in Cassazione per violazione di legge resta esclusala sindacabilita© dei vizi logici della motivazione di cui all'art. 606 lett. e) c.p.p., risulta di tale compattezza da darevita ad un vero e proprio ûdiritto viventeý, che ha trovato recente espressione nella decisione delle sezioni unitedi questa corte, con cui, in materia di liquidazione dei compensi spettanti ai difensori di persone ammesse alpatrocinio a spese dello Stato, e© stato ribadito che il ricorso in Cassazione e© esperibile ûsolo per violazione dilegge, non anche per vizio di motivazione, a meno che questa sia mancante o meramente apparenteý (Cass., Sez.Un., 28 maggio 2003, n. 25080, Pellegrino).

4. ö Questo collegio non ignora che nella dottrina processualpenalistica prevale l'opinione favorevole all'in-quadramento nella violazione di legge di tutti i vizi logici della motivazione, nell'ottica del motivo di ricorso pre-figurato dall'art. 606 lett. c) del codice vigente, e che ö in riferimento alla materia delle misure di prevenzione ö

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si ritiene, pressoche unanimemente, che il ricorso per violazione di legge, previsto dall'art. 4 della legge n. 1423 del1956, sia esperibile anche per far valere, a norma dell'art. 606 lett. e), l'illogicita© manifesta della motivazione deldecreto di secondo grado contenente la decisione sulla richiesta di applicazione di misure di prevenzione personalio patrimoniali.

La tesi interpretativa non puo© essere condivisa, per la ragione che, oltre a non essere sorretta da argomenticonvincenti e adeguatamente sviluppati, e© contraddetta da elementi di inequivoca valenza logica e sistematicadesumibili dalla peculiare configurazione che i vizi logici della motivazione hanno ricevuto nel codice del 1988.Come emerge dalle univoche indicazioni contenute nella Relazione al Progetto preliminare e dalla struttura delladisciplina dettata dal primo comma dell'art. 606, detti vizi, che inficiano la base razionale del discorso giustifica-tivo della pronuncia giudiziale, sono stati specificamente tipizzati e, nella lett. e), hanno assunto piena autonomianell'elencazione dei motivi di ricorso per Cassazione, mentre, nel sistema processuale abrogato, acquistavano rile-vanza soltanto ûattraverso il riferimento ai casi di nullita© della sentenzaý (rel. prog. prel., p. 133).

Nel codice vigente, il distacco dei vizi della motivazione dalla figura della violazione di legge (sub speciedell'inosservanza di norme stabilite a pena di nullita© ) e© certamente avvenuto per l'ipotesi di illogicita© manifestae solo parzialmente per quella di motivazione omessa. La prima corrisponde al mancato rispetto dei canoni epi-stemologici e valutativi, che, regolando il ragionamento del giudice, sono imposti da norme di legge (principal-mente dall'art. 192 c.p.p.), ma non sono presidiati da una diretta sanzione di nullita© , potendosi denunciare nelgiudizio di legittimita© l'incongruenza logica delle decisioni, contrastanti con detti canoni, soltanto per il tramitedell'espressa previsione dello specifico motivo di ricorso di cui all'art. 606 lett. e), che riconosce rilevanza alvizio logico risultante dal testo del provvedimento impugnato. Invece, l'ipotesi della mancanza di motivazione,pur essendo inclusa nel citato art. 606 lett. e), non ha perduto l'intrinseca consistenza del vizio di violazione dilegge, che vale ad accomunarlo al motivo di ricorso enunciato nella lett. c) del medesimo art. 606, in quanto ilcaso di motivazione omessa, o meramente apparente, e© sempre correlato alla trasgressione di precise norme pro-cessuali, le quali, specificando il precetto costituzionale di cui all'art. 111, comma 6, della Carta costituzionale,stabiliscono l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, facendo derivare dall'inosservanzadi esso la nullita© dell'atto. A questa particolare categoria di norme processuali appartengono l'art. 125, comma3, riguardante, in generale, i provvedimenti del giudice, l'art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis), relativo alle misurecautelari personali, l'art. 546, comma 1, lett. e), concernente le sentenze, e, per quanto interessa in questa sede,l'art. 4, comma 10, della legge n. 1423 del 1956, secondo cui la Corte d'appello provvede con decreto motivatosulle impugnazioni.

Le considerazioni teste svolte rivelano dunque ö in piena consonanza con il consolidato indirizzo della giu-risprudenza di legittimita© ö che, in materia di misure di prevenzione personali e patrimoniali, il ricorso in Cassa-zione per violazione di legge e© esperibile soltanto per denunciare la mancanza di motivazione e non anche il viziodi illogicita© manifesta di cui all'art. 606 lett. e) del codice vigente.

5. ö A questo punto dell'indagine, deve porsi il problema se tale disciplina sia rispondente alle condizionirichieste dai precetti costituzionali per l'esercizio del diritto di difesa, in termini adeguati rispetto ai valori e agliinteressi giuridici coinvolti, e se la limitazione dell'esperibilita© del ricorso per Cassazione possa trovare razionalecollocazione nel sistema processuale vigente.

A giudizio di questa Corte, sono giustificati dubbi motivati sulla compatibilita© con le norme della Costitu-zione della disposizione di cui all'art. 4, comma 11, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nella parte in cui nonprevede la sindacabilita© in Cassazione del vizio di illogicita© manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606,comma 1, lett. e) c.p.p., per le misure di prevenzione personale e, attraverso il richiamo contenuto nell'art. 3-ter,secondo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, per le misure di prevenzione patrimoniale.

Deve osservarsi, anzitutto, che le misure di prevenzione, denominate praeter o ante delictum perche prescin-dono dalla commissione di un precedente reato, sono sorte all'interno del diritto amministrativo come strumentodi difesa sociale mirante a prevenire il compimento di reati ad opera di categorie di persone considerate socialmentepericolose: la loro applicazione implica limitazioni, anche rilevanti, della liberta© personale, accompagnate sovente,nella recente legislazione diretta a fronteggiare la criminalita© organizzata, da misure di natura patrimoniale.

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L'entrata in vigore della Costituzione repubblicana ha suscitato un acceso dibattito sulla compatibilita© dellemisure di prevenzione con le garanzie riconosciute dalla Carta fondamentale, inducendo la dottrina penalisticaalla ricerca di un punto di equilibrio tra garanzie costituzionali e difesa sociale: e non a caso la materia della pre-venzione ha formato oggetto di reiterati interventi della Corte costituzionale sin dalle prime pronunce emesse apartire dal 1956. Le decisioni del Giudice delle leggi hanno dato l'avvio ad un processo evolutivo della disciplinadelle misure di prevenzione tendente a svincolare tale materia dal terreno amministrativo e a ricondurla, sul pianosostanziale, nell'ambito dei principi fondamentali del diritto penale (legalita© e determinatezza delle previsioni nor-mative: cfr. Corte cost., 23 giugno 1956, n. 2; 3 luglio 1956, n. 11; 22 dicembre 1980, n. 177) e, sul piano procedi-mentale, all'interno della giurisdizione, con il presidio delle garanzie che a questa ineriscono.

In particolare, per quanto concerne il processo di prevenzione, costituiscono tappe fondamentali dell'evo-luzione della disciplina le sentenze della Corte costituzionale con le quali e© stata ritenuta obbligatoria l'assi-stenza del difensore (sent. 25 maggio 1970, n. 76) ed e© stato riconosciuto il principio del contraddittorio qualecanone del procedimento di prevenzione, con la precisazione, fornita con decisione interpretativa di rigetto,che l'invito a comparire e© equiparabile all'atto di contestazione dell'accusa nel processo ordinario, sicche essonon puo© limitarsi all'indicazione della misura di cui e© stata proposta l'applicazione, ma deve anche indicaregli elementi sui quali vertera© il giudizio di tribunale, sia pure nei limiti consentiti dal collegamento dellamisura di prevenzione ad un complesso di comportamenti del soggetto e non a fatti singolarmente determinati(sent. 25 marzo 1975, n. 69).

Il percorso avviato in direzione della piena giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione e© segnatodai seguenti passaggi salienti:

a) in dottrina e in giurisprudenza si ritiene che la decisione, formalmente denominata decreto, abbianatura sostanziale ed efficacia di sentenza, in quanto conclude una fase del giudizio ed e© soggetta ad appello e aricorso per Cassazione, ossia alle medesime impugnazioni previste contro le sentenze (Cass., Sez. I, 16 aprile1996, Biron e altri; Sez. I, 14 ottobre 1988, Olivieri, rv. 179719; Sez. I, 21 dicembre 1984, De Cicco, rv. 167525;Sez. I, 14 gennaio 1980, Garonfolo, rv. 144576;

b) la natura del decreto si riflette sulla dimensione dell'obbligo della motivazione, che deve essere imper-niata su elementi indizianti, realmente sintomatici della pericolosita© sociale ed ancorati a fatti obiettivi, conl'esclusione di valutazioni puramente soggettive ed incontrollabili (Corte cost., 7 dicembre 1994, n. 419, e 22dicembre 1980, n. 177; Cass., Sez. V, 14 dicembre 1998, Musso; Sez. I, 8 marzo 1994, Scaduto; Sez. VI, 24 marzo1993, Bertuca, rv. 194196; Sez. I, 1� giugno 1990, Franco, rv. 184901);

c) nel procedimento di prevenzione, e© operante la regola della correlazione della decisione con gli adde-biti contestati, imposta dalla necessita© di osservare i principi del contraddittorio e della tutela dei diritti di difesa(Cass., Sez. I, 11 novembre 1985, Nicoletti, rv. 171475; Sez. I, 10 marzo 1986, Scarantino, rv. 172302);

d) anche nel procedimento di prevenzione e© ammissibile la rimessione ex art. 45 c.p.p., in virtu© dellanatura pienamente giurisdizionale di esso, che postula l'esistenza di un giudice indipendente e imparziale (Cass.,Sez. I, 9 febbraio 2000, Tiani, rv. 216005; Sez. I, 9 gennaio 1998, Bardellino, rv. 210233);

e) nell'ottica del giusto processo, il principio di neutralita© -terzieta© del giudice rende applicabile l'istitutodella ricusazione quando il giudice, chiamato a decidere sulla responsabilita© dell'imputato, abbia espresso, nelprocedimento di prevenzione, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti della medesima persona(Corte cost., 14 luglio 2000, n. 283, che ha dichiarato la parziale illegittimita© costituzionale dell'art. 37, comma 1,c.p.p.): identico principio e© indubbiamente operante nell'ipotesi inversa a quella esaminata in detta pronuncia diincostituzionalita© , onde la ricusazione e© sicuramente esperibile allorche il procedimento di prevenzione pendadinanzi ad un giudice che ha gia© giudicato, in un processo penale, la stessa persona per i medesimi fatti.

6. ö A conclusione dell'esame dello sviluppo evolutivo del procedimento di prevenzione, e© da ritenere chequesto, pur mantenendo le proprie peculiari connotazioni, sia ormai pervenuto ad una compiuta giurisdizionaliz-zazione e ad una piena assimilazione al processo ordinario di cognizione, essendo caratterizzato, al pari di que-st'ultimo, dai principi coessenziali al giusto processo, identificati dal novellato art. 111 Cost. nella presenza diun giudice terzo e imparziale e nel contraddittorio delle parti in posizione di parita© . Va sottolineato, del resto,che la spinta verso tale equiparazione corrisponde ad una necessita© logica e giuridica dettata dalla natura dei beni

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giuridici sui quali incidono le misure praeter delictum, il cui contenuto si traduce, nella sostanza, in rilevanti limi-tazioni di diritti costituzionalmente protetti, primo tra tutti quello della liberta© personale proclamata ûinviolabileýdal primo comma dell'art. 13 Cost.: di talche la potesta© di prevenzione non puo© prescindere dall'osservanza dellegaranzie che sono proprie del processo e di riflesso, per quanto concerne le impugnazioni, deve essere assicuratoil controllo effettivo e reale delle decisioni limitative della liberta© personale.

Quest'ultima notazione permette di esprimere argomentati dubbi sulla rispondenza al canone di ragionevo-lezza di cui all'art. 3 Cost. della disposizione dell'art. 4, comma 11, della legge 1423 del 1956, che, escludendol'ammissibilita© del ricorso in Cassazione per illogicita© manifesta della motivazione, configura un assetto norma-tivo incoerente rispetto al fine primario perseguito, consistente nella tutela da provvedimenti illegittimamentelimitativi della liberta© personale. In altri termini, il sindacato di legittimita© previsto in materia di misure di pre-venzione, circoscritto alla sola esistenza della motivazione e deprivato della possibilita© di controllare la con-gruenza della struttura logica della stessa, determina un'evidente contrazione del livello di effettivita© della tutelaapprestata dall'art. 13 Cost. alla liberta© della persona: sicche risulta configurabile il vizio legislativo della ûinade-guatezzaý, che, secondo autorevole dottrina, rappresenta una specie della ûirragionevolezzaý denunciabile quandoûvengono utilizzati strumenti legislativi che pecchino palesemente per difetto o per eccesso, o comunque per man-canza di proporzione, rispetto all'obiettivo avuto di mira, apparendo, rispettivamente, insufficienti, oppure ultro-nei, o comunque tali da ingenerare disparita© la cui incongruita© sia di immediata evidenzaý.

L'irragionevolezza della normativa vigente acquista piu© spiccato spessore quando si considera che un similedeficit di effettivita© della tutela assicurata dal ricorso per Cassazione rappresenta una conseguenza dell'entratain vigore del codice del 1988 e non era, invece, riscontrabile con il codice del 1930. Infatti, tenuto conto che nelsistema processuale abrogato mancava una tipizzazione autonoma dei vizi logici della motivazione tra i casi diricorribilita© in Cassazione, va sottolineato che l'ambito del sindacato di legittimita© sugli stessi doveva essere rica-vato dal coordinamento dell'art. 524, comma 1, che elencava i motivi di ricorso, con l'art. 475, che indicava lecause di nullita© della sentenza: la prima disposizione prevedeva, al n. 3, come motivo di ricorso la ûinosservanzadelle norme di questo codice stabilite a pena di nullita© , di inammissibilita© o di decadenzaý; la seconda disposi-zione sanciva la nullita© della sentenza ûse manca o e© contraddittoria la motivazioneý. Pertanto, poiche nellanozione di contraddittorieta© venivano ricompresi anche i vizi logici della motivazione originati dalla difformita©dai canoni epistemologici che presiedono al ragionamento del giudice, dottrina e giurisprudenza ritenevano con-cordemente che i vizi logici fossero suscettibili di sindacato di legittimita© perche riconducibili nella violazione dilegge prevista come motivo di ricorso dall'art. 524, comma 1, n. 3. Ne deriva che la disposizione di cui all'attualeart. 4, comma 11, della legge n. 1423 del 1956, allorche era inserita nell'ordinamento processuale delineato dalcodice del 1930, non precludeva il controllo in Cassazione di quei vizi logici della motivazione che oggi sonoinquadrabili nella figura della illogicita© manifesta, tant'e© che, proprio in materia di misure di prevenzione, nellagiurisprudenza di questa Corte era stato riconosciuto che non si sottrae al controllo di legittimita© la congruita©sul piano logico della motivazione adottata dal giudice di merito circa la sussistenza del fatto ritenuto indiziante,ne quello circa l'idoneita© di detto fatto ad essere assunto come indice di pericolosita© sociale (Cass., Sez. I, 27 feb-braio 1989, Castrogiovanni, rv. 181061).

Le precedenti considerazioni confermano la piena plausibilita© del dubbio di legittimita© costituzionale, nell'ot-tica del canone di ragionevolezza ex art. 3 Cost., per la precisa ragione che ö con andamento esattamente contra-rio al processo di progressiva giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione ö il passaggio dal vecchioal nuovo codice ha segnato un arretramento del livello di tutela offerto dal ricorso per Cassazione in conseguenzadell'eliminazione della possibilita© di censurare dinanzi al giudice di legittimita© l'illogicita© manifesta della motiva-zione dei provvedimenti applicativi delle misure praeter delictum. Di talche siffatta incoerenza dell'art. 4,comma 11, della legge n. 1423 del 1956, nella portata precettiva assunta a seguito dell'entrata in vigore del codicedel 1988, puo© essere motivatamente inclusa nella figura della ûirragionevolezza sopravvenutaý, nota alla dottrinacostituzionalistica ed affiorante in talune pronunce della Corte costituzionale.

Ulteriori argomenti contribuiscono a rafforzare il convincimento di questa Corte sulla non manifesta infon-datezza della questione di legittimita© costituzionale dell'art. 4, comma 11, della legge n. 1423 del 1956, nella partein cui esclude il ricorso in Cassazione per l'illogicita© manifesta della motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1,lett. e) c.p.p.

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Invero, premesso che l'ultimo comma del citato art. 4 rinvia, per la proposizione e la decisione dei ricorsi, intema di prevenzione, alle norme del codice di procedura penale riguardanti la proposizione e la decisione deiricorsi relativi all'applicazione delle misure di sicurezza, deve porsi in risalto che, col codice abrogato, esistevapiena equiparazione di disciplina delle due materie relativamente all'ambito di sindacabilita© in sede di legittimita©dei vizi di motivazione delle decisioni: col codice vigente, invece, mentre in ordine alle misure di sicurezza ilricorso per Cassazione e© esteso all'illogicita© manifesta della motivazione in forza del combinato disposto degliartt. 678, comma 1, e 666, comma 6, c.p.p., detto vizio, essendo escluso dalla violazione di legge, non e© deducibilecome motivo di ricorso contro le decisioni di secondo grado relative alle misure praeter delictum, con un'evidentedisparita© normativa priva di base razionale.

Inoltre, deve considerarsi che i provvedimenti previsti dall'art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, modifi-cato dall'art. 1 del d.l. 20 agosto 2001, n. 336, convertito nella legge 19 ottobre 2001, n. 377, in relazione a con-dotte violente poste in essere in occasione di manifestazioni sportive, sono comunemente qualificati come misuredi prevenzione, sia pure con caratteri di autonomia e di atipicita© , e che il comma 4 dello stesso art. 6 prevede l'im-pugnabilita© in Cassazione dell'ordinanza di convalida, senza limitazioni di sorta, onde con il ricorso puo© esserededotta anche l'illogicita© manifesta della motivazione della decisione impugnata. Ne segue che, anche sotto taleparticolare profilo, e© ravvisabile una disparita© di disciplina normativa sprovvista di giustificazione razionale: etale diversita© di trattamento normativo appare tanto piu© inspiegabile quando si considera che le misure di preven-zione previste dalla legge n. 1423 del 1956 e dalla legge n. 575 del 1965 sovente comportano limitazioni dellaliberta© personale molto piu© incisive di quelle provocate dall'applicazione delle misure regolate dall'art. 6 dellalegge n. 401 del 1989.

7. ö In conclusione, alla stregua di tutte le argomentazioni sin qui svolte, deve dichiararsi rilevante e nonmanifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimita© costituzio-nale dell'art. 4, comma 11, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nella parte in cui, limitando alla sola violazionedi legge il ricorso contro il decreto della Corte d'appello in materia di misure di prevenzione, esclude la sindacabi-lita© del vizio di illogicita© manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p.

A norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve dichiararsi la sospensione del procedimento e devedisporsi l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale: inoltre, la cancelleria provvedera© alla noti-fica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e alla comunicazionedella stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

P. Q. M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questionedi legittimita© costituzionale dell'art. 4, comma 11, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nella parte in cui, limitandoalla sola violazione di legge il ricorso contro il decreto della Corte d'appello in materia di misure di prevenzione,esclude la ricorribilita© in Cassazione per vizio di illogicita© manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1,lett. e) c.p.p.

Sospende il presente procedimento.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Cos|© deciso in Roma il 24 ottobre 2003.

Il Presidente: Silvestri

Il consigliere relatore: Riggio

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n. 159

Ordinanza del 20 gennaio 2004 emessa dal Tribunale di L'Aquilanel procedimento civile vertente tra Di Simone Carlo e De Nuntiis Andrea ed altro

Procedimento civile - Correzione delle sentenze e delle ordinanze - Sentenza di primo grado affetta da errore mate-riale (in specie, da erronea indicazione di una delle parti) - Correzione mediante procedimento ex art. 288cod. proc. civ. da parte dello stesso giudice che l'ha pronunciata - Possibilita© per le sole sentenze contro le qualinon sia stato proposto appello - Disparita© di trattamento (quanto alla possibilita© di provvisoria esecuzione)rispetto alle sentenze non affette da errore materiale o ancora appellabili - Irragionevolezza - Contrasto con ildiritto ad agire in executivis ed a realizzare il proprio interesse in tempi ragionevoli.

^ Codice di procedura civile, art. 287.^ Costituzione, artt. 3, 24 e 111.

IL TRIBUNALE

Letti gli atti e i documenti del procedimento, a scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza del29 dicembre 2003, ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento di correzione di errore materiale della sen-tenza n. 835/2003 emessa in data 1� ottobre 2003, da questo Tribunale nella causa iscritta al n. 1282/2002 delR.G.A.C., tra Di Simone Carlo, elettivamente domiciliato in L'Aquila, via S. Teresa n. 5, presso lo studio dell'avv.Riccardo Lopardi, che lo rappresenta e difende per procura apposta a margine del ricorso per ingiunzione depo-sitata presso la cancelleria di questo Tribunale in data 1� luglio 2002; ricorrente, e De Nuntiis Andrea e De Nun-tiis Daniele, elettivamente domiciliati in L'Aquila, via G. D'Annunzio n. 4, presso lo studio dell'avv. PiermicheleDe Matteis, che li rappresenta e difende unitamente all'avv. Silvio Tarquini per procura apposta in calce all'attodi citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n. 165/2002 emesso in data 3 luglio 2002 da questo Tribunale;resistenti.

F a t t o

In data 3 luglio 2002 il Tribunale di L'Aquila, in composizione monocratica, ha emesso in favore di Carlo DiSimone l'ingiunzione n. 165/2002, avverso cui gli ingiunti Andrea De Nuntiis e Daniele De Nuntiis hanno propo-sto opposizione con atto di citazione notificato in data 6 settembre 2002.

Con la sentenza n. 835/2003 in data 1� ottobre 2003 il Tribunale di L'Aquila, in composizione monocratica,ha rigettato l'opposizione ex art. 645 c.p.c., condannando gli opponenti alle spese del giudizio.

Con ricorso depositato in data 5 dicembre 2003, Carlo Di Simone, premesso che il Tribunale di L'Aquila e©incorso in errore materiale consistente nell'appellare l'opposto, Carlo Di Simone, come ûCarlo De Simoneý nel-l'intestazione, nel dispositivo e nella motivazione della suddetta sentenza n. 835/2003, ha proposto istanza percheil medesimo Tribunale provveda alla correzione nell'intestazione, nel dispositivo e nella motivazione dell'erroremateriale in cui e© incorso.

Fissata con decreto la comparizione delle parti innanzi al giudice designato dal Presidente del Tribunale,all'udienza del 29 dicembre 2003 si sono costituiti Andrea De Nuntiis e Daniele De Nuntiis che hanno rilevatocome avverso la sentenza di cui si domanda la correzione di errore materiale sia stato proposto appello in data13 ottobre 2003, anteriormente quindi alla presentazione dell'istanza di correzione di errore materiale e, conse-guentemente hanno chiesto che venga dichiarata l'inammissibilita© del procedimento, con condanna alle spese delricorrente.

All'udienza di comparizione delle parti il ricorrente ha depositato memoria difensiva, rilevando come, aseguito della riforma del codice di rito del 1990, che ha previsto la provvisoria esecutivita© delle sentenze di primogrado, o si ammette la possibilita© per il giudice di primo grado di procedere alla correzione dell'errore materialeanche laddove sia stato proposto appello, ovvero deve ritenersi che la norma di cui all'art. 287 c.p.c. si ponga incontrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost. laddove impedisce al ricorrente di conseguire prima che venga deciso l'ap-pello quanto gli spetterebbe in base alla statuizione del giudice di prime cure.

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D i r i t t o

1. ö Come noto, la sentenza puo© essere affetta da errori che possono investire non solo il giudizio, ma anchel'espressione di detto giudizio. Il codice di rito prevede cos|© , agli artt. 287 e 288, la correzione degli errori cheattengono alla formazione dell'atto, che vengono definiti ûerrori materialiý, in detta espressione sintetica com-prendendo espressamente anche le omissioni e gli errori di calcolo (art. 287 c.p.c.).

In particolare, l'inesatta indicazione del cognome di una delle parti nell'intestazione della sentenza, cos|©come nel testo e nel dispositivo della stessa, deve essere considerato un mero errore materiale, emendabile con laprocedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza stessa ovvero dai provvedimentida essa richiamati (o comunque compiuti o intervenuti nel corso del processo) ovvero ancora dagli atti processualisia inequivocabilmente individuabile la parte inesattamente indicata e sia, pertanto, possibile stabilire che la pro-nuncia e© stata emessa (anche) nei suoi confronti (cfr. Cass. civ., Sez. III, 24 maggio 2003, n. 8242; Cass. civ, Sez.III, 5 luglio 2001, n. 9077). Si verte, pertanto, senz'altro in un'ipotesi di errore materiale nel caso all'esame di que-sto giudice, in cui da tutti gli atti di causa si evince inequivocabilmente che il cognome dell'odierno ricorrente e©ûDi Simoneý, e non ûDe Simoneý, come erroneamente indicato nell'intera sentenza n. 835/2003 emessa ai sensidell'art. 281-sexies c.p.c. all'udienza del 1� ottobre 2003 da questo Tribunale in composizione monocratica.

Ai sensi dell'art. 287 c.p.c. il provvedimento deve essere pronunciato dallo stesso giudice ö inteso come uffi-cio giudiziario (cfr. Cass. civ., Sez. III, 14 aprile 1995, n 4285) ö che ha pronunciato la sentenza (in tal sensoanche la precisazione ûqualora egli sia incorsoý), fatta eccezione per l'avvenuta proposizione dell'appello. In talcaso, infatti, si ritiene che la correzione non costituirebbe oggetto di un procedimento apposito, ma competerebbeal giudice dell'appello ö cui puo© essere chiesta anche implicitamente, ossia senza necessita© di proposizione di unespresso motivo di appello (cfr. Cass. civ., Sez. L, 16 maggio 2003, n. 7706; Cass. civ., Sez. II, 21 ottobre 1998,n. 10447; Cass. civ., Sez. I, 22 novembre 1991, n. 12574; Cass. civ., Sez. III, 18 gennaio 1979, n. 374; Cass. civ.,Sez. II, 2 agosto 1978, n. 3815; Cass. civ., Sez. III, 27 aprile 1978, n. 1979; Cass. civ., Sez. III, 14 dicembre 1970,n. 2678; Cass. civ., Sez. III, 21 marzo 1970, n. 767). Da cio© quello che deve ritenersi essere il diritto vivente fadiscendere l'inammissibilita© ö ovvero, per alcuni, l'improcedibilita© per difetto di interesse (cfr. Cass. civ., Sez. I,25 agosto 1997, n. 7950) ö del procedimento in parola laddove la sentenza sia stata gravata da appello ö o, perlo meno, laddove l'istanza di correzione sia stata depositata nella cancelleria del giudice che ha emesso la sen-tenza da correggere dopo che si e© determinata l'effettiva pendenza del giudizio di appello (cfr. Trib. Verona,ord. 15 aprile 1995, in Giur. it., 1995, I, c. 682).

Non ignora questo giudice che in dottrina, preliminarmente ed ineccepibilmente rilevato che vi e© interessedella parte a chiedere la correzione dell'errore materiale da cui sia affetta la sentenza di primo grado prima e indi-pendentemente dalla pronuncia sull'appello, si e ritenuto che l'inciso ûcontro le quali sia stato proposto appelloýpotrebbe essere inteso nel senso di limitare ai casi di non proposizione dell'appello la competenza del potere dicorrezione al giudice che ha pronunciato la sentenza, dovendosi cioe© mettere detto inciso in relazione al succes-sivo ûdallo stesso giudice che le ha pronunciateý, sicche negli altri casi detto potere spetterebbe, con analogo pro-cedimento e provvedimento (ordinanza ovvero decreto in caso di accordo delle parti), al giudice investito dell'ap-pello.

Orbene, benche si tratti di un apprezzabile sforzo ermeneutico, basato sull'esigenza ineludibile (pur se e© lecitoritenere raramente avvertita nella prassi), di consentire la correzione dell'errore anche se e© stato proposto appello,tale opinione non solo non ha avuto seguito da parte della giurisprudenza ö se si fa eccezione per un'isolata pro-nuncia in tal senso (cfr. App. Roma, Sez. II, ord. 29 aprile 2002, in Giur. romana, 2002, p. 375) ö ma che pro-pone un criterio ermeneutico in aperto contrasto con la disciplina dell'istituto cos|© come disegnata dal codice diprocedura civile.

Il codice di procedura civile vigente ö a differenza di quanto aveva fatto l'art. 473 del codice di rito del 1865ö ha inteso affermare il principio fondamentale secondo cui la correzione degli atti (sentenze e ordinanze nonrevocabili, per espressa previsione di legge; ma anche decreti, in via analogica e per giurisprudenza pacifica) e©funzionalmente di competenza del giudice (nel senso ö come si e© gia© detto ö di ufficio giudiziario) che li ha adot-tati, mentre il giudice dell'appello puo© conoscere dello stesso solo in considerazione del piu© generale potete devo-lutivo conseguente alla proposizione dell'impugnazione. E, a ben vedere, nella mancanza di detto potere devolu-tivo in relazione al ricorso per cassazione si rinviene la ragione per cui deve escludersi il potere di correzione daparte della Corte di cassazione degli errori materiali della sentenza impugnata innanzi alla stessa (cfr. Cass. civ.,Sez. III, 6 aprile 1998, n. 3551).

Ad avviso di questo giudice, infatti, non si puo© non concordare con l'opinione, del tutto maggioritaria,secondo cui l'appello ûassorbeý il procedimento di correzione (cfr., in giurisprudenza, Cass. civ., Sez. III, 27 luglio

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2001, n. 10289; Cass. civ., Sez. L, 6 febbraio 1995, n 1348; Cass. civ., Sez. I, 18 febbraio 1986, n. 951) esclusiva-mente per ragioni di economia processuale: non ravvisandosi nel sistema voluto dal legislatore del 1940 ragionidi ordine generale o sistematico che potessero richiedere l'autonoma instaurazione del procedimento di correzioneladdove fosse stato proposto appello, si e© inteso evitare che la parte interessata dovesse necessariamente intro-durre un autonomo procedimento per conseguire la correzione della sentenza. Proprio per tale ragione, pero© ,non e© possibile considerare la competenza ö e il potere di correzione che ne deriva ö del giudice di appellodisgiuntamente dall'efficacia sostitutiva dell'appello, efficacia che si esprime esclusivamente con la pronuncia sudetta impugnazione.

L'appello, infatti, e© un'impugnazione che conduce alla rescissione della sentenza, indipendentemente dallaconferma o dalla modifica del comando contenuto nella sentenza impugnata. Se e© vero, quindi, che ûe© la sostan-ziale identita© di poteri tra il giudice di primo grado e il giudice di appelloý che rende possibile la sottrazione, sep-pure in via eccezionale, della correzione degli errori materiali al giudice cui funzionalmente compete, l'eserciziodi detto potere non potra© che avvenire nella forma tipica dell'impugnazione, ossia la sentenza.

In altri termini, ritenuta la funzione per cos|© dire ûsurrogatoriaý della proposizione dell'appello rispetto alricorso al procedimento di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c. ö ed in tal senso, del resto, si e© espresso lo stesso giudicedelle leggi nel ritenere non rilevante la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 287 c.p.c. nella parte in cuinon ammette la correzione del decreto ingiuntivo, laddove lo stesso sia stato opposto, poiche e© cos|© soggetto adun riesame sostitutivo (cfr. Corte cost., 17 novembre 1994, n. 393) ö l'esercizio del potere di correzione da partedel giudice di appello dovra© necessariamente avvenire secondo modalita© e regole proprie della disciplina dettatadal codice di rito per le impugnazioni. E cio© , a ben vedere, non e© il frutto di una concezione che tenda a confon-dere tra impugnazione e correzione, ma trova anche un preciso riscontro nel procedimento come dettato dal-l'art. 288 c.p.c., che chiaramente ö ad avviso di questo giudice ö disegna un procedimento in cui il provvedi-mento di correzione sia adottato ûdallo stesso giudice che le ha pronunciateý, come appunto recita il precedenteart. 287.

In primo luogo, infatti, l'ultimo comma dell'art. 288 c.p.c. prevede espressamente la possibilita© di impugna-zione delle parti corrette. Ove si ammettesse un procedimento autonomo di correzione da parte del giudice diappello, da emettersi con ordinanza (o con decreto, in ipotesi di accordo delle parti), dovrebbe anche ammettersil'impugnazione delle parti corrette ö seppure nei limiti sanciti dalla giurisprudenza di legittimita© (cfr. Cass. civ.,Sez. I, 9 settembre 2002, n. 13075; Cass. civ., Sez. I, 3 maggio 1996, n. 4096; Cass. civ., Sez. I, 8 marzo 1996,n. 1843) ö innanzi allo stesso giudice (inteso, anche in questo caso, come ufficio giudiziario) che tale correzioneha effettuato, in contrasto con il principio di ordine generale secondo cui competente per l'appello e© il giudice digrado superiore a quello che ha pronunciato la sentenza di primo grado. Vero e© , infatti, che la decisione impu-gnata e© quella emessa dal giudice di prime cure, ma l'esigenza di impugnazione sorgerebbe dalla correzione effet-tuata dallo stesso giudice che dovrebbe decidere sull'appello della stessa in relazione alle parti corrette.

In secondo luogo, poi, il comma 2 dell'art. 288 c.p.c. prevede l'annotazione sull'originale del provvedimentodell'ordinanza (e, deve ritenersi, pur nel silenzio del legislatore, del decreto) di correzione.

Orbene, nel disegno sistematico del nostro codice l'annotazione della correzione e© prevista proprio perche si e©in presenza di un'ordinanza o di un decreto adottati dallo stesso ufficio che ha emesso il provvedimento anno-tando. Il codice di rito, infatti, non prevede l'annotazione a margine dei provvedimenti del giudice di quelli pro-nunciati dal giudice dell'impugnazione. In particolare, con riferimento proprio all'ipotesi della sentenza di appelloche, quale che sia la statuizione assunta, corregga l'errore materiale commesso dal giudice di prime cure, non e©prevista l'annotazione a margine della sentenza impugnata e corretta in sede di pronuncia sull'impugnazione. Ladecisione dei giudice di appello si sostituisce a quella di primo grado anche laddove si sia limitata a disporre lacorrezione dell'errore materiale, proprio in considerazione del potere devolutivo conseguente alla proposizionedell'impugnazione che non viene meno anche in tal caso, e alla formazione errata dell'atto del giudice di primogrado si sostituisce quella corretta del giudice di appello.

Ed e© proprio per dette ragioni che, anche laddove il giudice di appello rigetti ovvero dichiari l'improcedibilita©o l'inammissibilita© dell'appello (cfr., per un'ipotesi di inammissibilita© dell'appello incidentale proposto, unitamentealla correzione, Cass. civ., Sez. II, 21 ottobre 1998, n. 10447), lo stesso potra© (anzi, senz'altro dovra© ) decidere,con la sentenza che detta statuizione contenga, sulla correzione anche implicitamente richiesta ö mentre laddoveil processo di appello sia stato cancellato dal ruolo, si rendera© necessaria una riassunzione ai soli fini della pro-nuncia (con sentenza) sulla correzione.

In sintesi, se e© possibile la devoluzione al giudice dell'appello, unitamente alla conoscenza dell'intera causa, equindi del potere di incidere sull'atto, anche del potere di incidere sulla formazione dell'atto stesso, provvedendo

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alla correzione di eventuali errori materiali in cui sia incorso il giudice di prime cure, non e© ipotizzabile attraversoil procedimento analogico ex art. 12 disp. att. c.c. un procedimento incidentale disciplinato dagli artt. 287 e 288c.p.c. innanzi al giudice dell'appello.

Il potere di incidere sull'espressione errata del giudizio con un autonomo provvedimento compete cos|© , per ildiritto vivente, funzionalmente ed esclusivamente al giudice (ufficio giudiziario) che tale provvedimento ha adottato.

2. ö A ben vedere, pero© , la previsione per cui la correzione degli errori materiali fosse ammissibile solo conriferimento alle sentenze ûcontro cui non sia stato proposto appelloý era coerente ad un sistema in cui la sentenzadi primo grado non era provvisoriamente esecutiva, se non in quei casi ö originariamente del tutto eccezionaliö in cui cio© fosse espressamente previsto dalla legge, i quali, proprio in quanto tali, non hanno posto problemaalcuno di contrasto con il nuovo ordinamento sancito dalla Costituzione della Repubblica. Sistema che ha rettoanche alla provvisoria esecutivita© delle sentenze del giudice del lavoro, che comunque costituiva un'eccezione,per quanto numericamente rilevante, al regime generale sancito dal testo antevigente dell'art. 282 c.p.c.

La situazione, pero© , non puo© ritenersi piu© tale nell'attuale ordinamento processuale in cui l'art. 282 c.p.c., neltesto sostituito dall'art. 33 della legge 26 novembre 1990, n. 353, prevede che ûLa sentenza di primo grado e© prov-visoriamente esecutiva tra le partiý ed in cui, correlativamente, l'art. 337 c.p.c., nel testo novellato dall'art. 49della citata legge n. 353/1990, stabilisce che ûL'esecuzione della sentenza non e© sospesa per effetto dell'impugna-zione di essaý.

Successivamente all'entrata in vigore della novella del 1990, infatti, in un sistema processuale in cui la regolae© quella della provvisoria esecutivita© della sentenza di primo grado, la limitazione della possibilita© di correggeregli errori materiali da cui la stessa risulti affetta alle sole ipotesi in cui contro la stessa non sia stato propostoappello, determina infatti un'incoerenza sistematica ö non piu© limitata ai casi eccezionali (sebbene certo ormainon piu© rari alla vigilia della riforma), che si pone in evidente contrasto con il parametro di cui all'art. 3,comma 2, Cost. sotto il profilo tanto della disparita© di trattamento di situazioni giuridiche sostanziali del tuttouguali, quanto sotto il profilo dell'irragionevolezza.

Come si e© detto, gli errori emendabili con lo speciale procedimento di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c. non atten-gono all'atto, bens|© solo alla formazione dell'atto. Orbene, se e© vero che le posizioni sostanziali delle parti e il giu-dizio non sono in discussione, appare del tutto irragionevole impedire l'esecuzione per la sola ragione che sia statoproposto appello e, conseguentemente, imponendosi a colui che ha visto riconoscere un proprio diritto di doverattendere la decisione sull'appello (o, comunque, altra definizione anche solo in rito di detto processo) per poterporre in esecuzione una sentenza.

Il sistema processuale attuale viene cos|© a determinare una disparita© di trattamento sotto il profilo della pos-sibilita© di provvisoria esecuzione tra le sentenze affette da errore materiale e quelle che non lo sono. Sotto questopunto di vista, poi, il contrasto con il parametro del comma 2 dell'art. 3 Cost. non viene meno in considerazionedel fatto che, proprio per la presenza dell'errore materiale, si venga a determinare la distinzione delle situazionigiuridiche in esame, poiche ö come si e© visto sopra ö sotto il profilo della statuizione giudiziale, ossia del dictumdel giudice, le due fattispecie sono del tutto identiche, incidendo l'errore materiale solo sulla formazionedell'espressione grafica della devisione e, proprio per questo, essendone prevista la possibilita© di correzione conun procedimento di carattere non decisorio.

Si viene inoltre a determinare, forse in maniera piu© evidente, una disparita© di trattamento anche rispetto allasentenza che, pur affetta da errore materiale, sia pero© appellabile. Eé ormai opinione del tutto prevalente in dot-trina, e al contempo costituisce dato del tutto acquisito in giurisprudenza, infatti, quello secondo cui e© ammissi-bile il procedimento di correzione avverso sentenze per cui non siano scaduti i termini per l'impugnazione ö e,quindi, non passate in giudicato (cfr. Cass. civ., Sez. II, 22 luglio 1966, n. 1997; Cass. civ., Sez. II, 10 novembre1960, n. 3009; sebbene implicitamente, Cass. civ., Sez. I, 18 febbraio 1986, n. 951; Cass. civ., Sez. I, 21 dicembre1984, n. 6658; Cass. civ., Sez. I, 18 ottobre 1982, n. 5405).

L'art. 287 c.p.c., laddove impedisce al cittadino di iniziare il processo di esecuzione, come facoltizzato dallageneralizzata previsione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado nel nostro ordinamento pro-cessuale, solo perche l'atto in cui e© contenuta l'inequivoca statuizione del giudice e© affetto da errore materiale, sipone in contrasto anche con il comma 1 dell'art. 24 Cost., secondo cui ûognuno puo© agire in giudizio per la tuteladei propri diritti [...]ý, vera e propria norma cardine del sistema della tutela giurisdizionale.

Ormai non sussistono dubbi che ûil processo esecutivo e© esercizio di una genuina attivita© giurisdizionale, seb-bene svolgentesi in forme diverse da quelle di cognizioneý. Conseguentemente, risulta acquisito che il diritto costi-tuzionale di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti attiene anche l'esecuzione forzata, che e© realizzata nelnostro ordinamento a mezzo di un vero e proprio processo giurisdizionale. In altri termini, anche chi agisce insede esecutiva esercita un'azione ed ûentrambi i processi, di cognizione e di esecuzione, concorrono in eguale

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misura alla realizzazione della funzione giurisdizionaleý, come tiene anche la Corte europea dei diritti dell'Uomo(cfr. sentenze 26 febbraio 1993, Billi; 23 novembre 1993, Scopelliti; 21 maggio 1996, Anziello; 26 settembre 1996,Di Pede e Zappia), sicche la disposizione di cui al comma 1 dell'art. 287 c.p.c. si pone in contrasto con il principiosupremo del nostro ordinamento sancito dall'art. 24, comma 1, Cost. nel momento stesso in cui, in un sistemaprocessuale che sancisce l'esecuzione delle sentenze di primo grado anche laddove non passate in cosa giudicata,impedisce l'esercizio del proprio diritto di credito in sede esecutiva (ossia, l'esercizio dell'azione esecutiva).

Non puo© non rilevarsi, poi, che, se il sistema processuale afferma che ûLa sentenza di primo grado e© provvi-soriamente esecutiva tra le partiý e se anche il processo di esecuzione concorre alla realizzazione della funzionegiurisdizionale, considerato peraltro che l'effettiva soddisfazione di un diritto si consegue solo con l'esecuzione(spontanea o forzata), deve ritenersi il contrasto del primo comma dell'art. 287 c.p.c. nella parte in cui esclude lacorrezione delle sentenze avverso cui sia stato proposto appello anche con il precetto costituzionale dell'art. 111.

Considerato l'attuale sistema processuale caratterizzato dalla possibilita© di conseguire la realizzazione delproprio diritto anche sulla base di una statuizione contenuta in una sentenza non definitiva, solo laddove fossepossibile conseguire la correzione pur in pendenza del giudizio di appello, e quindi la possibilita© di esercitarel'azione esecutiva, verrebbe effettivamente conseguita la realizzazione del proprio diritto in un termine ragione-vole. E il contrasto della norma in parola anche con il parametro di cui all'art. 111 Cost. risultera© ancor piu© evi-dente laddove si consideri che la parte interessata, al solo fine di allontanare nel tempo la concreta incidenza sullesituazioni sostanziali degli effetti voluti dalla sentenza di primo grado, sebbene non ûfedelmenteý riprodotti neldocumento, potrebbe introdurre un appello anche ictu oculi palesemente infondato, se non addirittura inammissi-bile o improcedibile.

In sintesi, ad avviso di questo giudice, deve ritenersi non manifestamente infondata la questione di legittimita©costituzionale del comma 1 dell'art. 287 c.p.c. nella parte in cui limita la facolta© della parte di avvalersi del proce-dimento di correzione degli errori materiali solo alle ûsentenze contro le quali non sia stato proposto appelloý e,conseguentemente, esclude che le sentenze appellate possano essere corrette ûdallo stesso giudice che le ha pro-nunciateý autonomamente dalla decisione dell'appello per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.

Per mera completezza di motivazione si rileva che, in verita© , poiche la sentenza di condanna al pagamento diuna somma di denaro o all'adempimento di altro obbligo o al risarcimento dei danni, da liquidarsi successiva-mente, e© titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni del debitore (art. 2818 c.c.), e tale era anche a prescin-dere dalla provvisoria esecuzione, ad avviso di questo giudice, sussisteva il contrasto dell'art. 287, comma 1,c.p.c. con i parametri di cui agli art. 3, comma 2, Cost. anche nella vigenza del vecchio testo dell'art. 282. Nellimitare il ricorso al procedimento di correzione alle sole sentenze non appellate, l'art. 287 c.p.c. impedisce l'iscri-zione di ipoteca giudiziale a fronte di una statuizione giudiziale chiara nel suo contenuto, ma errata nella suaespressione grafica, per la sola ragione che avverso la stessa fosse stato proposto appello e che, per detta ragionee© preclusa all'interessato la possibilita© di conseguire la correzione dell'errore materiale della sentenza. Ed il casodi errore del nominativo di una delle parti e© in questo caso quanto mai emblematico.

3. ö La suddetta questione di legittimita© costituzionale deve ritenersi ammissibile e rilevante ai sensi del-l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

La Corte costituzionale gia© nel passato ha ritenuto ammissibile in sede di procedimento di correzione dierrore materiale il giudizio incidentale di legittimita© costituzionale (cfr. Corte cost., 7 novembre 1994, n. 393):infatti, nel ritenere non rilevante la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 287 c.p.c. per contrasto conl'art. 3 Cost. laddove non preveda la possibilita© di correzione del decreto ingiuntivo, poiche nel caso di specie ilmedesimo era stato opposto, la Corte ha con tutta evidenza preliminarmente ö seppure implicitamente övagliato positivamente il profilo dell'ammissibilita© della questione sottoposta al suo vaglio.

Al riguardo e© opportuno inoltre rilevare che, poiche ö come si e© detto ö il procedimento di correzione dierrore materiale non incide sull'atto, ma sull'espressione dello stesso, si ritiene che si tratti di un provvedimentodi tipo amministrativo con la funzione di ripristinare la corrispondenza tra quanto la sentenza ha inteso dichia-rare e quanto formalmente dichiarato (cfr. Cass. civ., SU., 6 febbraio 1983, n. 1104; Cass. civ., Sez. I, 11 aprile1986, n. 2568), ma con detta espressione si intende porre in evidenza esclusivamente come il procedimento inparola abbia natura ordinatoria e non decisoria (cfr. Cass. civ., Sez. I, 6 settembre 1993, n. 9356; Cass. civ.,Sez. II, 7 gennaio 1974, n. 28).

Deve ritenersi, poi, la rilevanza della questione di legittimita© costituzionale sottoposta da questo giudice alvaglio della Corte costituzionale, poiche, laddove non venisse dichiarata l'incostituzionalita© della norma del-l'art. 287 c.p.c. nella parte in cui prevede che la correzione dell'errore materiale possa riguardare solo ûLe sen-

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tenze contro le quali non sia proposto appelloý, questo Tribunale dovrebbe dichiarare l'inammissibilita© (ovverol'improcedibilita© ) del procedimento introdotto da Carlo Di Simone con il ricorso in data 5 dicembre 2003. Solu-zione questa che ö e© opportuno ripetere ö si imporrebbe alla luce non solo della lettera della legge, ma anchedel diritto vivente e dell'impossibilita© di affermare in via analogica un autonomo procedimento (e potere) di corre-zione da parte del giudice di appello, ma che verrebbe a determinare un'innegabile compressione dei rilevanti inte-ressi delle parti.

Come correttamente osservato in dottrina, infatti, ûcorreggere anche prima che il processo di formazione delgiudizio si sia concluso non e© senza interesse, poiche il documento non e© condizionato nella sua esistenza dallacreazione del giudicato formaleý In altri termini, poiche l'errore materiale e© per definizione estraneo alla volonta©del giudicante, attenendo all'attivita© di rappresentazione grafica della pronuncia nei termini voluti, di per se sussi-sterebbe l'interesse della parte a conseguire la realizzazione di detta conformita© .

In particolare, poi, in relazione all'ipotesi all'esame di questo giudice, la rilevanza della questione di legitti-mita© costituzionale dell'art. 287 c.p.c. nei termini sopra tratteggiati deriva anche dalla discussione se, in caso dirigetto dell'opposizione, il titolo per agire esecutivamente nei confronti dell'intimato sia costituito dal decreto(relativamente a capitale, accessori e spese del monitorio) ovvero dalla sentenza.

Secondo l'opinione assolutamente maggioritaria in dottrina, la sentenza di rigetto dell'opposizione, in quantoresa a seguito di una cognizione piena, e non piu© limitata soltanto alle prospettazioni del creditore, prende ilposto dell'ingiunzione, che di fronte alla pronuncia di merito si presenta recessiva ed inidonea alla sopravvivenza.Orbene, laddove si dovesse condividere detto indirizzo prevalente secondo cui la sentenza di rigetto dell'opposi-zione e© una sentenza di condanna che assorbe le statuizioni di condanna (capitale, interesse e spese) contenutenel decreto ingiuntivo, e quindi alla stessa si sostituisce anche in caso di rigetto (tesi cui, peraltro, sembrerebbeaderire la suddetta sentenza n. 393/1994 della Corte costituzionale laddove definisce il giudizio di opposizionecome ûriesame [...] interamente sostitutivoý), appare evidente l'interesse del ricorrente a conseguire la correzionee, quindi, la rilevanza della questione di legittimita© costituzionale prospettata.

Come si e© detto, in favore di Carlo Di Simone questo Tribunale ha emesso in data 3 luglio 2002 il decretoingiuntivo n. 145/2002 nei confronti di Andrea De Nuntiis e Daniele De Nuntiis, avverso cui gli ingiunti hannoproposto opposizione. Tale giudizio si e© concluso con la sentenza n. 385/2003 in data 1� ottobre 2003 che ha riget-tato l'opposizione. Ritenendo che l'ingiunzione viene assorbita dalla sentenza pronunciata all'esito del giudizioex art. 645 c.p.c. e che solo questa costituisca il titolo esecutivo anche per la condanna pronunciata con il decreto,e© di tutta evidenza come la presenza di un errore materiale della sentenza di rigetto dell'opposizione, e in partico-lare l'erronea indicazione in ogni parte del testo della stessa del nominativo di colui che ha beneficiato della con-danna, impedisca a colui che pure ha visto il proprio diritto riconosciuto e consacrato nel titolo di poter conse-guire in via esecutiva la condanna che successivamente al rigetto dell'opposizione deve ritenersi portata da dettasentenza. Il giudice dell'opposizione, infatti, e© incorso in errore materiale, avendo appellato nell'intero testo dellasentenza n. 385/2003 l'opposto come ûCarlo De Simoneý, anziche come Carlo Di Simone, ma a questi e© preclusoil ricorso al procedimento di correzione di errore materiale innanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sen-tenza come previsto dagli artt. 287 e 288 c.p.c., per essere stato proposto appello avverso la stessa.

Eé appena il caso di rilevare che, dato il requisito della letteralita© del titolo esecutivo, l'errore materiale da cuisia affetta la sentenza impedirebbe l'esecuzione: circostanza questa tanto piu© evidente laddove, come nel caso inesame, l'errore attenga proprio al cognome del debitore.

Tale opinione prevalente sembra smentita dalla lettera della legge: infatti, il comma 1 dell'art. 653 c.p.c. pre-scrive che: ûSe l'opposizione e© rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva [...] ildecreto, che non ne sia gia© munito, acquista efficacia esecutivaý. Si e© cos|© ritenuto che, a seguito del rigetto del-l'opposizione ex art. 645 c.p.c., quella che viene posta in esecuzione e© l'ingiunzione portata dal decreto (cfr. Cass.civ., Sez. III, 3 giugno 1978, n. 2795; Cass. civ., Sez. I, 30 dicembre 1968, n. 4082, che richiama come decisioneconforme la sentenza n. 120/1945; opinione che e© implicitamente, seguita anche da App. Venezia, 25 marzo1999, in Giur. it., 1999, c. 1616, secondo cui, in caso di appello avverso la sentenza di rigetto dell'opposizione adecreto ingiuntivo, i poteri di sospensione del giudice di appello troverebbero fondamento nell'art. 649 c.p.c., enon direttamente nell'art. 283 c.p.c.). E benche non sia certo questa la sede per ripercorrere tutte le letture dateper conciliare la lettera della legge con ûi suggerimenti della ragioneý, non puo© non considerarsi che, anche lad-dove si dovesse condividere tale opinione, cio© nondimeno dovrebbe ugualmente ritenersi la rilevanza della que-stione di legittimita© costituzionale dell'art. 287 c.p.c. prospettata con la presente ordinanza. La sentenza di rigettodell'opposizione, infatti, puo© contenere altre statuizioni di condanna diverse rispetto a quelle del decreto ingiun-

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tivo, per le quali la stessa comunque costituisce (l'unico) titolo esecutivo, tra cui quella in ordine alle spese del giu-dizio di opposizione ö come appunto nel caso all'esame di questo giudice. Conseguentemente, anche ritenendoche Carlo Di Simone potrebbe comunque pone in esecuzione il decreto ingiuntivo n. 165/2002, divenuto definiti-vamente esecutivo ai sensi dell'art. 653 c.p.c., sussiste comunque l'interesse dello stesso a conseguire la correzionedella sentenza di rigetto dell'opposizione a fini esecutivi, anche solo limitatamente alla condanna alle spese delgiudizio di opposizione. Deve ritenersi, pertanto, la rilevanza della questione di costituzionalita© dell'art. 287c.p.c. nei termini di cui si e© detto, sopra.

Al riguardo non ignora questo giudice che il supremo collegio ha ritenuto che ûnel sistema processualevigente si deve ritenere che il ``capo'' della sentenza relativo alle spese del giudizio e© accessorio rispetto a quellocon il quale e© stato definito il giudizioý, sicche ûper l'esecutorieta© del ``capo'' della sentenza relativo alla condannaalle spese del giudizio, occorre risalire al regime di esecutorieta© della sentenza che definisce il giudizio. Infattiper aversi esecutorieta© della sentenza nella parte relativa alla condanna alle spese e© necessario che la sentenzasul ``capo'' principale sia provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 282 c.p.c., oppure sia esecutiva per esplicitaprevisione di legge (come ad esempio nell'ipotesi indicata dall'art. 431 dello stesso codice)ý (cos|© Cass. civ.,Sez. II, 12 luglio 2000, n. 9326, richiamando quali precedenti Cass. civ., Sez. III, 24 maggio 1993, n. 5837 e Cass.civ., Sez. III, 13 luglio 1971, n. 229; cfr. anche Cass. civ., Sez. I, 6 febbraio 1999, n. 1037). E sulla scorta di detteargomentazioni si afferma che la sentenza che rigetta la domanda e condanni alle spese ûnon e© titolo che da©``luogo'' (come si esprime l'art. 474 c.p.c.) all'esecuzione, in quanto non accede ad una decisione di condannaprovvisoriamente esecutiva in base all'art. 282 c.p.c., essendo la decisione sul capo principale non di condannama di semplice rigetto della domandaý (cos|© Cass. civ., Sez. II, 12 luglio 2000, n. 9326). Sennonche la conclusionecui perviene, pur partendo da premesse condivise in dottrina e giurisprudenza, tale sentenza della suprema Cortedi cassazione ö peraltro non condiviso dalla prevalente giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Treviso, ord.26 marzo 2003, in Giur. it., 2003, Parte I, p. 1381; Trib. Udine, 8 aprile 2002, in Giur. it., 2003, p. 1171) e che,per cio© solo, non puo© dirsi essere il diritto vivente ö risente delle argomentazioni (e del dibattito dottrinale) svol-tosi nei riguardi del vecchio testo dell'art. 282 c.p.c., che prevedeva l'apposizione di una clausola di provvisoriaesecutorieta© e quando si riteneva che la clausola dovesse intendersi concessa anche per le spese a meno di un'e-spressa esclusione (cfr. Cass. civ., Sez. II, 13 luglio 1971, n. 2291; Cass. civ., Sez. II, 8 marzo 1952, n. 1302), e pro-prio per questo a tale sistema si addice. Nell'attuale ordinamento processuale, invece, se difficilmente puo© dubi-tarsi che, sulla scorta del diritto vivente, i capi di accertamento o costitutivi non possono godere di un'anticipa-zione dell'efficacia ex artt. 2908 e 2909 c.c. ad un momento anteriore al passaggio in giudicato, in ordine inveceai capi condannatori accessori ben puo© sussistere la provvisoria esecutorieta© ûin virtu© dell'immediata efficaciaendoprocedimentale della pronuncia di condanna, anche quindi di condanna alle speseý.

A voler ragionare diversamente, infatti, il capo sulle spese diverrebbe esecutivo solo con il passaggio in giudi-cato della sentenza (e il problema dovrebbe essere prospettato, nei medesimi termini, anche per le sentenze diappello di rigetto dell'impugnazione e condanna alle spese). Come lucidamente rilevato in dottrina, pero© , talesoluzione determina una disparita© di trattamento tra attore e convenuto, poiche l'attore ö nel caso di una sen-tenza di condanna ö potrebbe ottenere, unitamente alla soddisfazione del diritto sostanziale, anche la soddisfa-zione delle spese giudiziali anticipate, mente il convenuto non avrebbe diritto alla rifusione delle spese se non almomento della definitivita© del provvedimento che gliele riconosce. A questa potrebbe aggiungersi l'ipotesi deldifensore antistatario ex art. 93, comma 1, c.p.c., il quale sarebbe costretto ad attendere il passaggio in giudicatoper l'esecuzione del solo capo relativo alle spese, in virtu© del quale egli diviene titolare di un autonomo rapportoche si instaura direttamente con la parte soccombente (cfr. Cass. civ., Sez. III, 20 settembre 2002, n. 13752; Cass.civ., Sez. III, 10 dicembre 2001, n. 15571), ma ben potrebbe non esserlo per l'eventuale impugnazione.

In tale prospettiva, quindi, solo l'accoglimento della questione di legittimita© costituzionale dell'art. 287 c.p.c.prospettata da questo giudice consentirebbe il vaglio dell'istanza di correzione presentata in data 5 dicembre2003 e, quindi, permetterebbe a Carlo Di Simone di conseguire in via esecutiva, prima della decisione del giudiziosull'appello, quanto riconosciuto in favore dello stesso dalla sentenza n. 385/2002 di questo Tribunale. Diversa-mente, questo giudice dovrebbe dichiarare l'inammissibilita© (ovvero l'improcedibilita© ) del ricorso in esame e CarloDi Simone, erroneamente indicato come ûCarlo De Simoneý nel testo e nel dispositivo della sentenza suddetta,non potrebbe utilizzare detta sentenza come titolo esecutivo e dovrebbe attendere la decisione sull'appello propo-sto in data 13 ottobre 2003 da Andrea De Nuntiis e Daniele De Nuntiis.

Si impone, pertanto, la rimessione alla Corte costituzionale perche valuti la legittimita© costituzionale del-l'art. 287 c.p.c. con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 24 e 111 della Carta.

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P. Q. M.

Visto l'art. 134 Cost. e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87:

dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 287c.p.c. con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost. nella parte in cui prevede che ûLe sentenze contro le quali non siastato proposto appelloý possono essere corrette con il procedimento di cui al successivo art. 288 ûdallo stesso giudiceche le ha pronunciateý qualora questi sia incorso in errori materiali;

dispone l'immediata trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale;

sospende il presente procedimento;

ordina che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata alle parti e al Presidente del Consigliodei ministri, nonche comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati.

L'Aquila, add|© 19 gennaio 2004

Il giudice: Montanaro

04C0322

n. 160

Ordinanza del 13 gennaio 2004 emessa dal Tribunale di Leccenel procedimento penale a carico di De Luca Adriano

Processo penale - Difensore d'ufficio - Ipotesi di nomina del difensore d'ufficio nel corso del giudizio - Individua-zione del sostituto da parte del giudice soltanto nell'ambito di un elenco predisposto dal consiglio dell'ordineforense - Disparita© di trattamento rispetto ad ipotesi analoghe - Contrasto con il principio di ragionevolezza -Violazione del principio della ragionevole durata del processo.

^ Codice di procedura penale, art. 97, comma 4.^ Costituzione, artt. 3 e 111, secondo comma.

IL TRIBUNALE

Chiamato il presente procedimento;Verificata la costituzione delle parti;Rilevato che il difensore dell'imputato non e© presente all'odierna udienza;Considerato che, a norma dell'art. 97, comma 4, c.p.p., occorre provvedere alla sua sostituzione con altro

difensore ö immediatamente reperibile ö iscritto nell'elenco di cui al comma 2 del medesimo articolo;Rilevato che, tra i vari avvocati presenti in aula, nessuno risulta iscritto nell'elenco suddetto;

O s s e r va

Secondo il sistema inequivocabilmente introdotto dal vigente art. 97, comma 4, c.p.p., in caso di situazionicome quella appena verificatasi, il giudice del dibattimento dovrebbe ö a quanto pare ö incaricare l'ufficiale giu-diudiziario di reperire, nelle aule adiacenti o nei corridoi del tribunale, un avvocato iscritto nell'elenco di cuiall'art. 97, comma 2, c.p.p. poiche© , secondo l'ultimo periodo del citato art. 97, comma 4, c.p.p., ûnel corso del giu-dizio puo© essere nominato sostituto solo un difensore iscritto nell'elenco di cui al comma 2ý e cio© impedisce al giu-dice di avvalersi, ai fini della sostituzione, di uno dei tanti difensori presenti in aula, non iscritti nell'elenco in que-stione: infatti, la violazione di tale norma processuale mediante l'eventuale designazione di un sostituto noniscritto in detto elenco, concretando un'ipotesi di inosservanza di disposizione concernente ûl'assistenza e la rap-presentanza dell'imputatoý, produrrebbe una nullita© di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p.

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Sennonche© , appare esser sfuggito al legislatore che, specialmente in tribunali di dimensioni ridotte come que-sto, tale ricerca di un avvocato iscritto nell'elenco si rivela spesso infruttuosa, soprattutto se effettuata ad un'oratarda, in cui l'unico processo ancora da celebrare e© proprio quello che necessita la presenza di un avvocato iscrittonell'elenco in questione.

Ne consegue che, in tale ipotesi, il giudice dovrebbe sospendere il processo e chiedere, tramite la cancelleria,all'ufficio centralizzato di cui al comma 2 dell'art. 97 c.p.p. il nominativo di un avvocato cui spetta ö in quelladata ö il turno di reperibilita© a norma del medesimo comma 2.

Tale soluzione, comunque di per se estremamente farraginosa e defatigante. non appare pero© conforme alladisciplina introdotta dalla legge n. 60/2001 in materia di difesa d'ufficio.

Ed invero, non puo© farsi a meno di rilevare, in primo luogo, che l'avvocato cos|© eventualmente rintracciatonon riveste certamente i requisiti richiesti dall'art. 97, comma 4, c.p.p., non potendo evidentemente definirsiûimmediatoý il suo reperimento.

In secondo luogo, e decisivamente, occorre evidenziare che i nominativi dell'elenco di cui al comma 2 del-l'art. 97 c.p.p. sono a disposizione su richiesta dell'autorita© giudiziaria solo ûai fini della nominaý a difensore d'uf-ficio ex art. 97 comma 1 - 2 - 3, c.p.p. e non anche per la chiamata a sostituire il difensore titolare (di fiducia od'ufficio) gia© nominato; ne consegue che non esiste, secondo l'attuale sistema, un loro onere di reperibilita© per lasostituzione ex art. 97, comma 4, cp.p.

A questo punto, in mancanza di difensore abilitato, non resta al giudice che rinviare il processo ad altra data,con le seguenti aberranti conseguenze:

l'attivita© processuale prevista per l'udienza prefissata non puo© essere svolta;

gli eventuali testimoni non possono essere esaminati e sono costretti a tornare un'altra volta;

la trattazione del processo subisce un incontrollabile slittamento sino a che la descritta situazione osta-tiva non viene rimossa;

infine, occorre dare avviso della data del rinvio ö con ulteriore perdita di tempo e di energie, attesaanche l'imprevedibilita© degli esiti delle notifiche ö sia al difensore assente, sia all'imputato eventualmente noncomparso.

Eé di tutta evidenza come tali conseguenze siano assolutamente inaccettabili e, soprattutto, incompatibili conil principio della ûragionevole durata del processoý sancito dal comma 2 dell'art. 111 Cost.

Ed invero, vigente tale principio di rango costituzionale, la legge ordinaria (nella specie l'art. 97, comma 4,c.p.p.) non puo© far dipendere i tempi del processo dall'occasionale reperimento o meno di un soggetto qualificato(avvocato iscritto nell'elenco di cui all'art. 97, comma 2, c.p.p.) che non e© tenuto ad essere presente e non ha alcunonere di immediata reperibilita© .

Certo, e© pur vero che sarebbe tenuto ad essere presente il difensore titolare dell'imputato, il quale rimane ilprimo responsabile della situazione di stallo determinatasi, ma tale sua condotta non viene adeguatamente presain considerazione dal nostro codice di rito, che si limita a prendere atto della possibilita© ö tutt'altro che infre-quente ö che egli ûnon sia stato reperito, non sia comparso o abbia abbandonato la difesaý; il titolare della difesache, ingiustificatamente, non compaia all'udienza sara© , al piu© , passibile di sanzioni disciplinari ex art. 105 c.p.p.,ma tale rimedio appare del tutto inadeguato rispetto all'obiettivo primario di garantire la costante presenza deldifensore, anche in considerazione del fatto che ogni sanzione e© comunque rimessa al consiglio dell'ordine e, cioe© ,all'organo rappresentativo degli stessi avvocati, i quali, a loro volta, rappresentano una parte processuale (impu-tato) che puo© avere interesse a prolungare la durata del processo, sia, in genere, per ottenere una pronuncia diproscioglimento a seguito dell'estinzione del reato per prescrizione, sia per allontanare l'esecuzione della penadefinitiva, nei particolari casi di quadro probatorio a carico del prevenuto estremamente evidente e difficilmentecontrovertibile.

Pertanto, in assenza di un sistema di turnazione degli avvocati che preveda la loro immediata reperibilita© perle sostituzioni ex art. 97, comma 4, c.p.p. (avvocato iscritto nell'elenco costantemente presente in aula, prontoall'immediata sostituzione e retribuito per tale suo servizio), l'attuale empirico sistema delle sostituzioni affidatealla buona sorte puo© rientrare nell'alveo della legittimita© costituzionale solo ove si elimini l'ultimo periodo del-l'art. 97, comma 4, c.p.p. (che richiede il requisito dell'iscrizione nell' elenco di cui al precedente comma 2 ai finidella sostituzione del difensore assente nel giudizio), sicuramente incostituzionale per contrasto con il citato prin-cipio di cui all'art. 111 Cost.

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Del resto, gia© in altre occasioni la Corte costituzionale ha fatto riferimento al principio della ûragionevoledurata del processoý di cui all'art. 111 Cost. come parametro alla luce del quale vagliare la legittimita© costituzio-nale di norme di legge ordinaria: cfr. sentenze nn. 78/2002, 336/2002 e n. 69/2003, nonche ordinanze n. 486/2002, n. 305/2001 e 501/2000.

Mutando prospettiva, il suddetto periodo dell'art. 97, comma 4, c.p.p. si appalesa contrastante con la nostraCostituzione anche sotto altro e diverso profilo.

Ed invero, rileva questo giudice che il requisito dell'iscrizione nell'elenco di cui al comma 2 dell'art. 97 c.p.p.ai fini della sostituzione e© dalla norma in questione richiesto esclusivamente per la fase del ûgiudizioý e non ancheper le fasi antecedenti (indagini ed udienza preliminare) o susseguenti (esecuzione).

Orbene, non puo© farsi a meno di osservare come tale differenziazione sia priva di qualsivoglia valido fonda-mento giustificativo.

Se, infatti, il legislatore ö come sembra doversi ipotizzare ö ha voluto assicurare all'imputato una difesatecnica dotata di certi standards qualitativi (quelli necessari per l'iscrizione nell'elenco in questione) in una deter-minata fase, perche considerata piu© ûdelicataý e impegnativa delle altre, non si comprende la ragione per cui haindividuato tale fase nel giudizio, che racchiude ö in senso stretto e proprio ö tutta l'attivita© processuale cheva dai provvedimenti di cui all'art. 465 c.p.p. sino all'emissione della sentenza.

Certo, e© pur vero che all'esito del giudizio, nei suoi vari gradi, verra© emessa la definitiva pronuncia in ordinealla responsabilita© penale dell'imputato, tuttavia non va sottaciuto che, sovente, l'oggetto delle altre fasi rivesteun'importanza anche maggiore di quella del giudizio stesso.

In particolare, dell'estrema importanza ö ad esempio ö dell'udienza preliminare nell'attuale sistema proces-suale nessuno puo© oggi seriamente dubitare, tanto che lo stesso legislatore, con la legge n. 479/1999, ha anticipatoa tale fase ö proprio in considerazione del ruolo di grande rilievo rivestito in essa dalla difesa tecnica ö l'opera-tivita© di tutta la disciplina inerente l'assoluta impossibilita© a comparire del difensore e dell'imputato.

In proposito, senza dilungarsi circa il vigente regime delle preclusioni per la deducibilita© di questioni ed ecce-zioni di vario tipo in udienza preliminare, basti osservare che ö a parte la temporanea e transitoria deroga previ-sta dall'art. 5 della legge n. 134/2003 ö proprio con la presentazione delle conclusioni in chiusura di udienza pre-liminare medesima scadono i termini, previsti a pena di decadenza dagli artt. 438, comma 2, e 446, comma 1,c.p.p., per la presentazione delle richieste di definizione del processo ex artt. 438-442 c.p.p. o ex art. 444 c.p.p.: e©evidente come la presentazione (o la mancata presentazione) di istanze di tal fatta sia idonea a produrre effettiirreversibili che la successiva fase del giudizio non potra© mai modificare, per l'ovvia ragione che, se nessuna di taliistanze viene presentata, nel giudizio esse non sono piu© proponibili, mentre, nel caso contrario che alcuna di taliistanze venga presentata, allora il giudizio non ha proprio luogo.

A differenza del carattere irreversibile delle molte scelte effettuate in udienza preliminare, gli esiti del giudiziodi primo grado potranno invece essere sempre contestati e sottoposti a rivisitazione dalla difesa, tramite lo stru-mento dell'impugnazione, che potra© essere proposta sia dall'imputato che dal difensore titolare non comparsonel precedente grado di giudizio.

Parimenti, non puo© essere sottovalutata l'importanza della fase dell'esecuzione (nella quale pure non e© richie-sta l'iscrizione nell'elenco dell'art. 97, comma 2, c.p.p. del difensore chiamato a sostituire il titolare assente), ovesi consideri che i provvedimenti emessi ex art. 666 c.p.p. vanno spesso ad incidere in maniera anche profondasulle sentenze irrevocabili: basti pensare, fra gli esempi di modifica piu© incisiva, al riconoscimento del vincolodella continuazione ex art. 671 cp.p., alla revoca di benefici quali la sospensione condizionale della pena exart. 674 c.p.p. e, soprattutto, alla revoca totale della sentenza stessa di condanna ex art. 673 c.p.p.

Pertanto, l'ultimo periodo dell'art. 97, comma 4, (che prevede un regime particolare per la sostituzione deldifensore nel giudizio, diverso rispetto a quello relativo alle altri fasi procedimentali) appare sicuramente incosti-tuzionale anche per contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., che impone al legislatoreordinario di trattare in modo uguale le situazioni omogenee fra loro ed in modo razionalmente e giustificatamentedifferente le situazioni disomogenee fra loro.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, essendo la prospettata questione senza dubbio rilevante per ilpresente giudizio, che non puo© essere definito indipendentemente dalla risoluzione della medesima, in quantogiunto in un momento processuale in cui occorre fare applicazione dell'art. 97, comma 4, c.p.p., questo giudiceritiene di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita© costituzionale relativa all'ultimo periodo dell'art. 97,comma 4, c.p.p. per contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 111, comma 2, Cost. e, pertanto, di dover trasmet-tere gli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione di detta questione.

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P. Q. M.

Visti gli artt. 134 Cost., 1 legge Cost. n. 1/1948, 23 legge n.87/1953 e 1 delibera C. cost. 16 marzo 1956;Solleva la questione di legittimita© costituzionale relativa all'art. 97, comma 4, c.p.p. nella parte in cui prevede che

ûnel corso del giudizio puo© essere nominato sostituto solo un difensore iscritto nell'elenco di cui al comma 2ý, per con-trasto con gli artt. 3 e 111, comma 2, Cost. e, pertanto,

Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale affinche assuma le determinazioni di propria competenza;Ordina la sospensione del presente procedimento fino alla data della prossima udienza, che sara© fissata, con

avviso a tutte le parti ed ai loro difensori, non appena la Corte adita dara© comunicazione a questo giudice della propriadecisione sulla prospettata questione;

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito, nonche per la notifica della presente ordinanza al Presidentedel Consiglio dei ministri, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, all'imputato ed al suo difensore;

Dispone altres|© che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale unitamente alla presente ordinanza ed allaprova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'art. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953.

Il giudice: Malagnino

04C0323

n. 161

Ordinanza del 19 settembre 2003 emessa dal Tribunale di Firenzenel procedimento penale a carico di Chefdeville Olivier ed altro

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Modifiche normative - Possibilita© per le parti diformulare la richiesta di cui all'art. 444 cod. proc. pen., come novellato, anche nei processi penali in corso didibattimento, nei quali risulti decorso il termine previsto dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen. - Sospensionedel dibattimento, su richiesta dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni per valutarel'opportunita© della richiesta - Decorrenza del termine per richiedere la sospensione del processo dalla primaudienza utile anziche dalla vigenza della legge - Contrasto con le finalita© deflattive del rito speciale - Pregiudi-zio dei diritti della parte civile - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio della ragione-vole durata del processo.

^ Legge 12 giugno 2003, n. 134, artt. 1 e 5, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3 e 111.

IL TRIBUNALE

Premesso che i difensori di Olivier Chefdeville e Giancarlo Cometti, imputati dei reati di cui agli artt. 7 e 58d.P.R. 19 marzo 1956, nn. 303 e 590 c.p., hanno chiesto la sospensione del processo ai sensi dell'art. 5, secondocomma, legge 12 giugno 2003, n. 134.

O s s e r v a

L'art. 5, legge 12 giugno 2003, n. 134, stabilisce che l'imputato, o il suo difensore munito di procura speciale,ed il pubblico ministero, nella prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge, possonochiedere l'applicazione della pena, ai sensi dell'art. 444 c.c.p., come novellato dalla stessa legge, anche nei processipenali dei quali sia in corso il dibattimento ed anche se sia decorso il termine previsto dall'art. 446, comma 1,c.p.p. La facolta© e© concessa anche quando sia gia© stata presentata tale richiesta, ma vi sia stato il dissenso daparte del pubblico ministero o la richiesta sia stata rigettata da parte del giudice, e sempre che la nuova richiestanon costituisca mera riproposizone della precedente. Su richiesta dell'imputato il dibattimento e© sospeso per unperiodo non inferiore a quarantacinque giorni per valutare l'opportunita© della richiesta e durante tale periodosono sospesi i termini di prescrizione e di custodia cautelare. La richiesta di sospensione ö ad avviso di questo

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giudice e della maggioranza delle pronunce sulla questione finora note, fra le quali numerose di questo tribunaleö puo© essere avanzata dal difensore del contumace o dell'assente anche se non munito di procura speciale, datoche la legge richiede la procura speciale solo per la richiesta di applicazione della pena, non per quella di sospen-sione, ed in forza della regola secondo la quale tali categorie di imputati sono rappresentati dal difensore, oggiallocata negli artt. 420-quater e 420-quinquies c.p.p. e richiamata, quanto al dibattimento, dall'art. 484 c.p.p.Peraltro, nel caso di specie, il difensore di Chefdecille ha, fin dalla sua nomina, procura speciale a chiedere l'appli-cazione della pena.

Il giudicante dubita della legittimita© costituzionale della norma per contrasto con gli articoli 3 e 111 dellaCostituzione.

Quanto all'art. 3, ed in ispecie al principio di ragionevolezza che per consolidatissima elaborazione della giu-risprudenza costituzionale da esso viene dedotto, la norma non appare ragionevole a) perche consente di formu-lare la richiesta anche oltre il termine fissato dall'art. 446, primo comma c.p.p.; quanto all'art. 111, il contrastosussiste b) perche la norma impone, su richiesta dell'imputato, una sospensione di quarantacinque giorni, fis-sando il termine di decorrenza dalla prima udienza utile successiva alla data di pubblicazione della legge.

Sub a. Il cosiddetto patteggiamento e© stato introdotto nel codice di rito vigente per determinare un effettodeflattivo del processo penale: si e© concesso alle parti di concordare la pena per evitare i costi in termini di tempo,di risorse umane e finanziarie che il rito ordinario comporta; in cambio di tale risparmio, l'imputato gode diuno sconto di un terzo della pena. La finalita© indicata e© stata ribadita anche dalla corte costituzionale con la sen-tenza n. 129 del 1993, in cui si afferma, con riferimento ai riti speciali, che ûl'interesse dell'imputato a beneficiaredei vantaggi conseguenti a tali giudizi in tanto rileva, in quanto egli rinunzia al dibattimento e venga percio© effet-tivamente adottata una sequenza procedimentale che consenta di raggiungere l'obiettivo di una rapida definizionedel processoý, deducendone la legittimita© costituzionale della preclusione dei riti speciali in caso di contestazionesuppletiva. Se questa e© la finalita© dell'applicazione della pena, lo sbarramento previsto dall'art. 446 primo commae© necessario per garantire che la finalita© venga nel concreto perseguita. La novella opera, per i processi in corsoal momento della sua entrata in vigore, una scelta del tutto contraria: consente infatti il ricorso al rito specialein ogni momento, perfino quando sia stato dichiarato chiuso il dibattimento e ci si trovi gia© in fase di discussione.Consente, cioe© , la riduzione della pena anche a chi non ha fatto risparmiare alcuna risorsa allo stato, e cio© appareirragionevole e contrasta coli le finalita© del rito speciale, cioe© la rapida definizione del singolo processo e l'effi-cienza complessiva del sistema giudiziario penale, oggi costituzionalmente valorizzate dall'art. 111 Cost.

Sub b. La sospensione per quarantacinque giorni del processo contrasta, ad avviso del giudicante, conl'art. 111 appena richiamato oltre che, sotto diverso profilo, con l'art. 3 della Cost. Il contrasto con il principiodella ragionevole durata del processo appare chiaro se si da© della riformata norma costituzionale una lettura cheabbia riguardo non solo all'interesse di ogni singolo imputato, ma anche a quello di tutte le altre parti processuali,dello stato e dei cittadini in generale. Infatti, se la speditezza processuale si intendesse come forma di tutela delsingolo imputato, la richiesta di rito alternativo avanzata nel corso di un processo in cui l'istruttoria dibattimen-tale sia iniziata o addirittura terminata, non incontrerebbe ostacoli nell'art. 111 Cost., dal momento che il singoloimputato, a seconda dei casi, ha interesse ad un processo piu© lungo nella speranza della prescrizione del reato,oppure piu© breve, attraverso riti alternativi, quando la prescrizione sia ancora lontana. Si ritiene, invece, piu© fon-data una lettura del principio della ragionevole durata del processo quale garanzia dell'intera collettivita© , sullascorta delle considerazioni che seguono.

In primo luogo si osserva che la regola di cui si discute e© contenuta nel secondo comma dell'art. 111, relativoa tutti i processi, non solo a quello penale. Cio© evidenzia in maniera chiara che il principio non puo© essere intesosolo come funzionale agli interessi di una sola delle parti di uno solo dei vari tipi di processo che il nostro ordina-mento prevede. Sono i commi successivi della norma che si occupano specificamente del processo penale e cheprevedono garanzie dell'imputato, nessuna delle quali, tuttavia, e© delineata in maniera tale da derogare aperta-mente alla regola generale della ragionevole durata. Unica di tali garanzie che in qualche modo s'interseca con ilprincipio generale e© quella inerente il diritto dell'imputato a disporre del tempo e delle condizioni necessarie apreparare la sua difesa, che tuttavia riguarda il merito dell'accusa, non la semplice strategia processuale, e sarebbepercio© richiamata a sproposito nella materia di cui si sta discutendo, soprattutto quando il punto di scontro frale due esigenze si situa, come avviene applicando la norma transitoria, a dibattimento iniziato o perfino concluso,cioe© in un momento in cui l'imputato ha ormai impostato od anche attuato la sua linea difensiva.

L'interpretazione dell'art. 111 Cost. che collega il principio della ragionevole durata non ai contingenti inte-ressi dell'imputato, ma a quello della collettivita© , si avvalora poi alla luce della produzione legislativa che ha fattoseguito alla modifica della norma costituzionale. Si consideri che la legge 24 marzo 2001, n. 89, che consente alleparti un'equa riparazione allorche il processo abbia avuto una durata eccessiva, indipendentemente dalle ragioni

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che l'abbiano determinata, attribuisce il diritto all'equa riparazione non solo all'imputato, ma anche alla partecivile. Da cio© si evince che la ragionevole durata del processo penale non e© un diritto solo dell'imputato, ma anchedelle altre parti processuali, ivi compresa la parte civile, il che costituisce chiaro indice della sua natura di princi-pio generale, non di forma di tutela di una parte.

Se poi si ha riguardo agli effetti concreti della norma denunciata nello svolgimento dei processi, l'implausibi-lita© della lettura del principio della ragionevole durata come tutela del solo imputato, da questi disponibile erinunciabile discrezionalmente, risulta ancor piu© chiara. Si consideri che nell'attuale sistema i poteri istruttori, econseguentemente quelli decisori, del giudice sono stati ampiamente ridotti in favore di quelli delle parti. Ognivolta che sia disposta la rinnovazione del dibattimento, l'istruttoria dibattimentale deve ricominciare da capo,salvo nel caso in cui le parti prestino il consenso alla lettura degli atti in precedenza svolti. Percio© , se il processoha piu© imputati, di cui solo uno chieda la sospensione, ai sensi dell'art. 5, comma 2 della legge 134 citata, il giu-dice deve, innanzitutto, stabilire se proseguire il giudizio nei confronti dei coimputati, stralciando la posizionedel richiedente ö opzione che sembra la piu© corretta alla luce dell'attuale formulazione dell'art. 18. lett. b),c.p.p., ma che puo© rivelarsi inutile, se il rito alternativo non viene concretamente richiesto, con dispendio di ener-gie e di attivita© processuali; oppure se, anziche sospendere il processo anche nei confronti dei coimputati, rinvianoin attesa del decorso dei quarantacinque giorni prescritti. In quest'ultimo caso, se l'interessato poi chiede l'appli-cazione della pena, l'accoglimento dell'istanza rende il giudice incompatibile a giudicare gli altri coimputati, men-tre il rigetto della richiesta lo rende ugualmente incompatibile a giudicare l'imputato: se non si procede allo stral-cio gia© al momento della richiesta di sospensione, quindi, il processo, per la parte che prosegue con rito ordinario,deve in ogni caso iniziare ex novo innanzi ad altro giudice, con rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. In talenon vi e© speditezza processuale ne per l'interessato ne per i coimputati, ma, al contrario, una dilatazione dei tempidella decisione. La cosa e© particolarmente evidente quando l'istruttoria e© gia© esaurita: ad una decisione con ritoordinario ormai certa nel tempo, si sostituisce un'attivita© interlocutoria di sospensione che potrebbe concludersicon il rigetto della richiesta di applicazione della pena e con la necessita© di iniziare nuovamente il processo conrito ordinario, in caso di unico imputato; oppure, se vi sono piu© imputati ed uno solo chiede il rito alternativo,con lo stralcio delle posizioni degii eventuali coimputati, per i quali il processo ricomincerebbe, anche se fosseormai conclusa l'istruttoria.

Il giudicante non ignora che la corte costituzionale, con sentenza n. 266 del 1992, ha affermato che ûl'applica-zione della pena concordata con il pubblico ministero da uno solo degli imputati di concorso nel medesimo reatocostituisce un procedimento congegnato come pattuizione tra imputato richiedente e parte pubblica, in ordine alquale e previsto un controllo giurisdizionale che non include pero© la valutazione delle posizioni dei coimputatiý.La questione, tuttavia, era stata esaminata solo con riferimento all'art. 3 Cost. ed inoltre era relativa ad unadisposizione ordinaria e non all'introduzione di una norma transitoria, come quella oggi denunciata, che miraad applicare l'istituto a tutti i procedimenti in corso, anche se in fase dibattimentale, sicche quella oggi sollevatae© questione nuova e diversa. Inoltre la sentenza citata era antecedente alla riforma dell'art. 111 Cost.

Sempre in punto di effetti concreti delle norme impugnate, si osserva, ancora, che, nel caso di applicazionedella pena in corso di giudizio, l'esercizio del diritto di azione della parte civile costituita, garantito dall'art. 24Cost., viene oltremodo sacrificato, giacche tutta l'attivita© processuale fino a quel momento svolta si vanifica nelmerito e puo© portare solo alla condanna alle spese, in forza della sentenza n. 443 del 1990 della Corte costituzio-nale. E se e vero che il giudice delle leggi ha risolto nel limitato senso indicato il problema relativo all'esclusionedella parte civile nel rito de quo, e© anche vero che, di nuovo, la decisione si riferiva al sistema ordinario di applica-zione della pena e non ad una norma transitoria, come quella in esame, che interviene a disciplinare un giudizioin corso in cui la parte civile sta gia© esercitando o addirittura ha gia© del tutto esercitato il proprio diritto di azione.Sicche anche sotto tale aspetto la frustrazione dei diritti della parte civile e della ragionevole durata ö ancheper essa ö del processo finisce con il violare i principi di ragionevolezza e di ragionevole durata stabiliti dagliartt. 3 e 111 Cost.

Sia in astratto che in concreto, percio© , una norma, quale quella di cui si discute, che consente all'imputato didilazionare ad libitum per ben quarantacinque giorni il giudizio, senza alcuna conseguenza negativa in caso dimancato ricorso al patteggiamento, ad avviso del giudicante stride in maniera evidente con il principio dellaragionevole durata del processo letto come interesse dell'intera collettivita© .

Il contrasto appare poi ancor piu© chiaro, e risulta assai poco ragionevole la disciplina della novella, con ulte-riore violazione dell'art. 3 Cost., in relazione alla decorrenza del termine per udienza richiedere la sospensione

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del processo dalla prima udienza utile, anziche dalla pubblicazione della legge. Sotto tale profilo si osserva cheogni cittadino e© tenuto a conoscere le leggi pubblicate. Pertanto ogni imputato e© stato posto in grado, nelmomento in cui la legge in esame e© stata pubblicata, di valutare l'opportunita© di avvalersi della pena concordata,tanto piu© se si considera che ogni imputato e© assistito da un difensore, sicche ha avuto modo di consultarsi conquesti per valutare l'opportunita© di avvalersi della novella. La concessione di un termine di durata notevole,decorrente dalla prima udienza anziche dalla vigenza della legge, appare irragionevole. Tale irragionevolezzarisulta di tutta evidenza allorche la fase istruttoria sia esaurita o il processo sia addirittura in fase di discussione,e, quindi, l'imputato abbia potuto valutare tutto il materiale probatorio e rendersi conto della convenienza even-tuale di concordare la pena. Una volta accertato che il rapporto esistente tra imputato e difensore consente adentrambi di valutare momento per momento le opportunita© di scelte processuali e che, dunque, non v'e© lesionedel diritto di difesa se si dispone che l'imputato, alla prima udienza utile, debba dichiarare se intende patteggiareo no, anziche chiedere un lungo termine di riflessione, deve ritenersi che la sospensione obbligatoria incida ö sipassi il bisticcio ö irragionevolmente sulla ragionevole durata del processo. Nel bilanciamento tra l'interesse del-l'imputato e l'interesse generale alla ragionevole durata del processo sembra debba prevalere quest'ultimo, nonindiscriminatamente il primo.

Ancora, lo spatium deliberandi obbligatorio appare istituto nuovo, quantomeno nell'ambito del processopenale contrastante le soluzioni adottate anche di recente dal legislatore: si consideri, ad esempio, che la legge25 giugno 1999, n. 205, che ha introdotto la procedibilita© a querela per il reato di furto, nella disciplina transitoriadell'esercizio del diritto di querela per i reati commessi prima dell'entrata in vigore della legge stessa, di cuiall'art. 19, non prevedeva, per i processi pendenti, alcuna sospensione automatica del processo per un temponecessario a decidere se proporre querela, ma solo un obbligo di informazione della persona offesa circa la facolta©di esercitare tale diritto e la decorrenza del termine di cui all'art. 124 c.p. dal momento in cui veniva ricevuta l'in-formazione che se l'interessato era presente all'udienza, si identificava con l'udienza stessa. Per i processi relativia fatti anteriori all'entrata in vigore della legge, ma iniziati successivamente all'entrata in vigore stessa, la leggeö in coerenza con l'obbligo di conoscenza delle norme ö non prevedeva invece alcuna informazione ed il termineper proporre querela decorreva dall'entrata in vigore della legge. La norma che si denuncia ha invece operatoscelte diverse senza alcuna ragione apparente o cogente, ma ö sembra di capire ö per mero ed ingiustificatofavor nei confronti degli imputati anche di gravi reati.

In punto di rilevanza si osserva innanzitutto che la richiesta viene proposta a termine di entrata in vigoredella legge ampiamente trascorso, e che dunque il suo accoglimento dipende dall'esistenza della norma di favoredella cui dubbia costituzionalita© si e© appena detto. Va poi aggiunto che, pur avendo, in questo processo, tutti gliimputati fatto la richiesta, e non essendovi parti civili la cui posizione sarebbe pregiudicata, nondimeno il giudi-cante dovrebbe oggi sospendere il processo per consentire di decidere se avvalersi della novella, e cio© comporte-rebbe l'applicazione diretta al caso portato al suo esame di una norma la cui costituzionalita© e© dubbia in generale,essendo quelle relative alle posizioni di altri soggetti processuali solo delle argomentazioni volte a dimostrare laportata generale del principio della ragionevole durata del processo; applicazione, quella della norma ritenutaincostituzionale, che inciderebbe sulla ragionevole durata di questo processo.

P. Q. M.

Vista la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; ritenutala nonmanifestamente infondata e rilevante ai fini del presente giudizio, solleva la questione di legittimita© costituzionale del-l'art. 1 e dell'art. 5, commi primo e secondo, della legge 12 giugno 2003, n. 134 per contrasto con gli artt. 3 e 111 dellaCostituzione nei limiti e nei termini di cui in motivazione.

Sospende il giudizio in corso.Ordina trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presi-

denti delle due Camere del parlamento.

Firenze, add|© 19 settembre 2003

Il giudice: Lamberti

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n. 162

Ordinanza del 23 settembre 2003 emessa dal Tribunale di Firenzenel procedimento penale a carico di Zepponi Tullio ed altri

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Modifiche normative - Possibilita© per le parti diformulare la richiesta di cui all'art. 444 cod. proc. pen., come novellato, anche nei processi penali in corso didibattimento, nei quali risulti decorso il termine previsto dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen. - Sospensionedel dibattimento, su richiesta dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni per valutarel'opportunita© della richiesta - Decorrenza del termine per richiedere la sospensione del processo dalla primaudienza utile anziche dalla vigenza della legge - Contrasto con le finalita© deflattive del rito speciale - Pregiudi-zio dei diritti della parte civile - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio della ragione-vole durata del processo.

^ Legge 12 giugno 2003, n. 134, artt. 1 e 5, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3 e 111.

IL TRIBUNALE

Premesso che Zepponi Tullio, Annamaria Cannata, Paolo Rossi e Michele Le Vice, imputati del reato di cuiall'art. 20 legge 28 febbraio 1985, n. 47, hanno chiesto la sospensione del processo ai sensi dell'art. 5, secondocomma, legge 12 giugno 2003, n. 134.

O s s e r v a

L'art. 5, legge 12 giugno 2003, n. 134, stabilisce che l'imputato, o il suo difensore munito di procura speciale,ed il pubblico ministero, nella prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge, possonochiedere l'applicazione della pena, ai sensi dell'art. 444 c.c.p., come novellato dalla stessa legge, anche nei processipenali dei quali sia in corso il dibattimento ed anche se sia decorso il termine previsto dall'art. 446, comma 1,c.p.p. La facolta© e© concessa anche quando sia gia© stata presentata tale richiesta, ma vi sia stato il dissenso daparte del pubblico ministero o la richiesta sia stata rigettata da parte del giudice, e sempre che la nuova richiestanon costituisca mera riproposizone della precedente. Su richiesta dell'imputato il dibattimento e© sospeso per unperiodo non inferiore a quarantacinque giorni per valutare l'opportunita© della richiesta e durante tale periodosono sospesi i termini di prescrizione e di custodia cautelare. La richiesta di sospensione ö ad avviso di questogiudice e della maggioranza delle pronunce sulla questione finora note, fra le quali numerose di questo tribunaleö puo© essere avanzata dal difensore del contumace o dell'assente anche se non munito di procura speciale, datoche la legge richiede la procura speciale solo per la richiesta di applicazione della pena, non per quella di sospen-sione, ed in forza della regola secondo la quale tali categorie di imputati sono rappresentati dal difensore, oggiallocata negli articoli 420-quater e 420-quinquies c.p.p. e richiamata, quanto al dibattimento, dall'art. 484 c.p.p.Peraltro, nel caso di specie, sono oggi comparsi tutti gli imputati e tutti hanno personalmente richiesto la sospen-sione del processo.

Il giudicante dubita della legittimita© costituzionale della norma per contrasto con gli articoli 3 e 111 dellaCostituzione.

Il seguito del testo dell'ordinanza e© perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblicata in precedenza(Reg. ord. n. 161/2004).

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nn. da 163 a 165

Ordinanze ö di contenuto sostanzialmente identico ö emesse il 25 settembre 2003 dal Tribunale di Firenze nei proce-dimenti penali rispettivamente a carico di El Khaerchoufi Hicham (R.O. n. 163/2004); Galilei Gianni (R.O.n. 164/2004); Orlando Maria Antonietta (R.O. n. 165/2004).

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Modifiche normative - Possibilita© per le parti diformulare la richiesta di cui all'art. 444 cod. proc. pen., come novellato, anche nei processi penali in corso didibattimento, nei quali risulti decorso il termine previsto dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen. - Sospensionedel dibattimento, su richiesta dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni per valutarel'opportunita© della richiesta - Decorrenza del termine per richiedere la sospensione del processo dalla primaudienza utile anziche dalla vigenza della legge - Contrasto con le finalita© deflattive del rito speciale - Pregiudi-zio dei diritti della parte civile - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio della ragione-vole durata del processo.

^ Legge 12 giugno 2003, n. 134, artt. 1 e 5, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3 e 111.

IL TRIBUNALE

Premesso che il difensore di Hicham El Khaerchoufi, imputato del reato di danneggiamento aggravato,munito di procura speciale ai sensi dell'art. 444 c.p.p., ha chiesto la sospensione del processo ai sensi dell'art. 5,secondo comma, legge 12 giugno 2003, n. 134.

O s s e r v a

L'art. 5, legge 12 giugno 2003, n. 134, stabilisce che l'imputato, o il suo difensore munito di procura speciale,ed il pubblico ministero, nella prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge, possanochiedere l'applicazione della pena, ai sensi dell'art. 444 c.c.p., come novellato dalla stessa legge, anche nei processipenali dei quali sia in corso il dibattimento ed anche se sia decorso il termine previsto dall'art. 446, comma 1,c.p.p. La facolta© e© concessa anche quando sia gia© stata presentata tale richiesta, ma vi sia stato il dissenso daparte del pubblico ministero o la richiesta sia stata rigettata da parte del giudice, e sempre che la nuova richiestanon costituisca mera riproposizione della precedente. Su richiesta dell'imputato il dibattimento e© sospeso per unperiodo non inferiore a quarantacinque giorni per valutare l'opportunita© della richiesta e durante tale periodosono sospesi i termini di prescrizione e di custodia cautelare.

Il giudicante dubita della legittimita© costituzionale della norma per contrasto con gli articoli 3 e 111 dellaCostituzione.

Il seguito del testo dell'ordinanza e© perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblicata in precedenza(Reg. ord. n. 161/2004).

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n. 166

Ordinanza del 9 dicembre 2003 emessa dal Tribunale di Torre Annunziatasez. distaccata di Castellammare di Stabia, nel procedimento penale a carico di De Cesare Giuseppe

Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Disciplina (come novellata dalla legge n. 134/2003) - Inapplicabilita© nei procedimenti instaurati nei confronti dei recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma,cod. pen., qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria - Ingiustificata disparita© di tratta-mento tra imputati - Contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.

^ Codice di procedura penale art. 444, comma 1-bis, aggiunto dall'art. 1, comma 1, della legge 12 giugno 2003,n. 134.

^ Costituzione, artt. 3 e 111, secondo comma.

IL TRIBUNALE

Ha emesso la seguente ordinanza ex artt. 134 Cost. e 23 ss. legge 11 marzo 1953, n. 87.

L'imputato De Cesare Giuseppe, nato a Castellammare di Stabia il 2 febbraio 1974, e© stato rinviato a giudi-zio n. 393/2003 per i reati previsti dagli artt. 628 cod. pen., 582-585, comma 1 c.p. in relazione all'art. 576 c.p.analiticamente descritti nel decreto che dispone il giudizio, con la recidiva reiterata infraquiquennale.

Dopo aver richiesto la sospensione del processo ai sensi dell'art. 5 della legge n. 143/2003 egli, detenuto perquesta causa e presente in udienza ha chiesto, a mezzo del proprio difensore, di accedere per tutti i reati conte-stati, unificati dal vincolo della continuazione, al rito alternativo del cd. ûpatteggiamento allargatoý, proponendol'applicazione di una pena complessiva, come ridotta per il rito, di anni due e mesi sei di reclusione ed euro mille-seicento di multa. Il pubblico ministero ha manifestato il proprio consenso.

L'imputato, tuttavia, come si evince dal tenore della contestazione e del casellario giudiziale e© gravato dallarecidiva reiterata; quindi, non puo© formulare richieste di applicazione su richiesta di una pena finale detentiva,congiunta alla pena pecuniaria, superiore ai due anni di reclusione. Il comma 1-bis dell'art. 444 c.p.p., come modi-ficato dalla legge n. 134/2003, dispone, infatti che ûSono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimentiper i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, nonche quelli contro coloro che siano stati dichiarati delin-quenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma, del codice penale, qua-lora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniariaý.

Il Tribunale ritiene che non sia manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionale del-l'art. 444, comma 1-bis c.p.p. nella parte in cui esclude l'applicazione integrale del comma 1 dell'art. 444 c.p.p. aiprocedimenti nei confronti dei recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma codice penale, limitandola, invece, allerichieste di pena contenute nei due anni di pena detentiva (sola o congiunta a pena pecuniaria), per contrastocon l'art. 3 della Costituzione, laddove sancisce il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, e percontrasto con l'art. 111, comma 2 ultimo inciso della Cost. laddove dispone che ûla legge assicura la ragionevoledurata del processoý, incostituzionalita© dovuta alla inosservanza del principio di ragionevolezza nell'eserciziodella funzione legislativa costantemente sancito dalla giurisprudenza costituzionale.

Appare evidente la rilevanza della questione nel presente giudizio posto che l'indicata esclusione soggettivaporta a ritenere inammissibile la richiesta. Considerato, infatti, l'inequivoca esclusione del recidivo ai sensi dell-l'art. 99, comma 4, c.p.p. disposta dell'art. 444, comma 1-bis, c.p.p. dall'applicazione concordata con il pubblicoministero della pena superiore ai due anni di reclusione, non appare in alcun modo possibile effettuare unadiversa interpretazione delle norme che consente di delineare un quadro normativo dell'istituto del patteggia-mento allargato coerente con i menzionati principi costituzionali.

Il procedimento speciale dell'applicazione della pena su richiesta ha piu© volte superato il vaglio di costituzio-nalita© con diverse pronunce della Corte costituzionale (vedi sentenza n. 266 del 1992). L'ambito applicativodell'istituto ha trovato in passato una linea di demarcazione esclusivamente nella quantita© di pena irrogabile inconcreto, prescindendo totalmente sia dalla natura del reato (non essendo prevista alcuna esclusione in base alsuo titolo) sia dalle caratteristiche soggettive del proponente, con la sola eccezione dell'imputato minorenne.

In questa sede interessa principalmente la compatibilita© con le norme costituzionali della preclusione sogget-tiva di chi sia gravato da recidiva reiterata (art. 99, comma 4, c.p.p.) nell'accesso al patteggiamento allargato.

Non vi e© dubbio che spetti al legislatore regolare l'ambito applicativo dei riti alternativi potendo effettuarescelte legislative finalizzate ad ampliare o restringere lo spazio operativo riservato agli stessi. Non e© stato mai

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seriamente messo in dubbio, infatti, che fosse legittima l'originaria esclusione del patteggiamento per i delittipuniti con pena detentiva superiore ai due anni, dando prevalenza all'interesse statale ad un pieno accertamentodei fatti-reato piu© gravi ed all'integrale applicazione del trattamento sanzionatorio applicabile rispetto all'inte-resse pubblico ad una deflazione dei procedimenti penali mediante la rinuncia all'istruttoria dibattimentale ed algiudizio di appello.

Altrettanto indubbia e© , pero© , la necessita© che le esclusioni ed i divieti siano ispirati alla salvaguardia di inte-ressi meritevoli di tutela effettivamente pregiudicati dal ricorso a questo procedimento a carattere para-negoziale.Solo in quest'ultimo caso, infatti, possono trovare giustificazione esclusioni e divieti che, da un lato precludonol'accesso al rito da parte di determinate categorie di soggetti in ragioni di qualita© giuridiche soggettive o della qua-lita© della contestazione loro mossa, dall'altro impediscono la possibilita© di definizione anticipata di procedimentiper i quali si rivela superflua l'istruttoria dibattimentale.

L'esame della compatibilita© dell'esclusione soggettiva prevista dall'attuale art. 444, comma 2, c.p.p. conl'art. 3 e con l'art. 111 della costituzione consiste, ad avviso del Tribunale, nel verificare se gli elementi strutturalie gli effetti peculiari della sentenza di patteggiamento in una qualche misura possano giustificare un trattamentodiverso del recidivo che commette un altro reato (art. 99, comma 4, c.p.) rispetto all'imputato incensurato o gra-vato da una recidiva, semplice, specifica o infraquinquennale, ma non reiterate. Non e© in discussione, ovviamente,quanto alla prospettata violazione dell'art. 3 Cost. il fatto che il rispetto del principio di uguaglianza sancito dal-l'art. 3 delle Costituzione imponga identita© di trattamento di situazioni uguali e consenta ö o imponga ö diver-sita© di trattamento di situazioni disuguali. Cio© che e© in verifica e© l'individuazione di un razionale collegamentotra la condizione soggettiva escludente e l'istituto del patteggiamento allargato introdotto dalla leggen. 134/2003, ovvero la ricerca della ratio legis dell'esclusione e la valutazione della congruita© tra mezzi e scopo.

Nel vagliare le possibili ragioni sottostanti alla scelta legislativa impugnata va innanzitutto osservato chel'esclusione del recidivo reiterato dal patteggiamento allargato non appare giustificata da un interesse dello Statoall'irrogazione integrale di una pena congrua secondo i parametri dettati dall'art. 133 c.p. ed idonea alla rieduca-zione del condannato (art. 27, comma terzo, Cost.), da realizzarsi evitando che gli incentivi all'accesso ai riti alter-nativi consistenti in riduzioni di pena, rispondenti ad esigenze di speditezza e semplificazione del procedimentopenale, possano pregiudicare la funzione generalpreventiva e specialpreventiva della pena. Non solo, infatti, chisi trova nelle condizioni previste dall'art. 99, comma 4 c.p. puo© accedere al patteggiamento ordinario ed esseredestinatario di altri riti alternativi con effetti premiali (es. decreto penale di condanna) relativamente a reati diminore gravita© , ma soprattutto puo© chiedere unilateralmente l'accesso al rito abbreviato ottenendo la riduzionedi un terzo della pena, qualsiasi sia la pena irrogabile, conseguendo per altra via il beneficio premiale delle ridu-zione frazionaria della pena.

Il legislatore, in sostanza, ha gia© rinunciato all'indefettibilita© dell'applicazione integrale del trattamento san-zionatorio introducendo in via generalizzata, per qualsiasi reato e qualsiasi categoria soggettiva di imputati, unrito a scopo deflattivo (il giudizio abbreviato) che, tra l'altro, risulta meno snello rispetto al patteggiamento inquanto comporta la possibilita© di integrazioni probatorie, consente, salvo eccezioni, l'impugnazione per motividi merito e richiede un corposo impegno valutativo e motivazionale da parte dell'organo decidente.

La ragione delle restrizioni della portata del patteggiamento non puo© neppure essere ricercata altrove, ovveronella volonta© di precludere l'accesso dell'imputato gravato da recidiva reiterata ai vantaggi del patteggiamentoordinario quali la mancanza di un accertamento esplicito delle responsabilita© penale dell'imputato, la mancatairrogazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza ö con l'eccezione della confisca ö, la mancatavalenza della sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 444 c.p.p. nei giudizi civili o amministrativi, nel mancatorecupero delle spese processuali, nel sacrificio degli interessi della parte civile all'accertamento del danno ed alsuo ristoro senza ricorrere ad un separato giudizio civile.

Non vanno assolutamente trascurate, infatti, le radicali diversita© tra l'istituto del patteggiamento tradizionalee quello del patteggiamento allargato. Mentre il primo prevede dei benefici ulteriori rispetto al rito abbreviatoö accessibile anche ai soggetti di cui all'art. 99, comma 4 c.p. ö, come l'estinzione del reato per la mancata com-missione di un nuovo delitto nel termine di cinque anni o di una contravvenzione della medesima indole nel ter-mine di due anni (art. 445, comma 2, c.p.p.), la mancata irrogazione delle pene accessorie e delle misure di sicu-rezza con l'eccezione della confisca, la non condannabilita© al pagamento delle spese processuali, il secondo, invecenon comporta analoghe restrizioni effettuali: la sentenza di patteggiamento ad una pena detentiva (da sola o con-giunta a pena pecuniaria ragguagliata) superiore ai due anni applica anche le pene accessorie eventualmente pre-viste, le misure di sicurezza, nonche condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali; soprattutto, noncomporta l'estinzione del reato condizionata alla mancata recidiva futura (art. 445 c.p.p. nell'attuale formula-zione).

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Paradossalmente, sembrerebbe piu© razionale una differenziazione tra imputati incensurati ed imputati reci-divi di segno opposto, che comporti una esclusione di questi ultimi, non dal patteggiamento allargato, ma daivantaggi specifici di quello ordinario: l'uno si traduce in una mera riduzione della pena, mentre l'altro consenteanche al recidivo di evitare le conseguenze derivanti da una sentenza di condanna descritte dall'art. 445 c.p.p.,inclusa l'applicazione delle misure di sicurezza (cosa particolarmente discutibile nel caso del delinquente abituale,professionale o per tendenza, per i quali l'art. 216 c.p. prevede in via generale l'applicazione della misura di sicu-rezza). In questo senso potrebbe apparire ragionevole, e non contrastante con l'art. 3 Cost., una normativa checonsente sia agli imputati incensurati, o recidivi semplici, sia agli imputati recidivi reiterati, o dichiarati delin-quenti abituali, professionali o per tendenza, di concordare con il pubblico ministero l'applicazione di una penaper reati puniti in concreto fino e cinque anni, limitando, pero© , la disapplicazione delle pene accessorie e dellemisure di sicurezze (relativamente ai reati meno gravi) solo per i primi e non anche per i secondi.

Del tutto irrilevante, inoltre, per giustificare l'esclusione del recidivo dal patteggiamento allargato, e© il pre-giudizio subito dalla parte civile, escluse dal processo penale ed obbligata ad attivare un separato giudizio civile,posto che per la stessa nessuna differenza in termini di effetti processuali ha l'avere come controparte un incensu-rato o un recidivo, avendo la stessa nel procedimento a carico dell'uno o dell'altro i medesimi poteri processualie le stesse identiche aspettative di risarcimento.

Quanto al carattere negoziale del rito del patteggiamento, nel quale le parti rinunciano a verificare in dibatti-mento il materiale probatorio raccolto, propongono al giudice un giudizio di comparazione tra circostanze atte-nuanti e circostanze aggravanti, propongono di applicare una pena concordata e concordano la quantita© di ridu-zione della pena applicabile per la rinuncia al dibattimento ed al giudizio di appello, non si vede come le prece-denti condanne possano giustificare l'inibizione al recidivo (ed al pubblico ministero) di tale poterepare-contrattuale, posto che in nessun modo esse incidono sulla capacita© giuridica e naturale delle parti di effet-tuare scelte inerenti la determinazione della pena o di rinunciare ad un accertamento completo dei fatti.

Anche sotto il profilo dell'opportunita© di attribuire alle parti poteri (limitatamente) dispositivi del processo,appare ragionevole restringere la possibilita© di negoziazioni preventive della pena e di rinuncia ad un accerta-mento pieno delle risultanze istruttorie per ragioni inerenti la quantita© di pena irrogata (ben potendo il legislatorenon voler incrementare i poteri dispositivi delle parti con contestuale riduzione dei poteri di controllo del giudice)o, in misura minore, per la tipologia del reato (es. un reato ad accertamento presuntivamente complesso potrebberendere inopportuno un controllo del giudice limitato all'accertamento negativo ex art. 129 c.p.p., sebbene il titolodel reato, in se considerato, non preclude mai il patteggiamento ordinario), mentre non si ravvisa alcuna ragioneper sottrarre alle parti la possibilita© di una negoziazione della pena in relazione alla qualita© soggettiva dell'impu-tato.

Quanto all'imputato minorenne, unico esempio di esclusione soggettiva dal patteggiamento (ma non dal ritoabbreviato), disciplinata dall'art. 25 del d.P.R. n. 448 del 1988, e© stata ritenuta dalla Corte costituzionale non irra-gionevole per la specificita© del processo penale minorile ove il giudice e© dotato di amplissimi poteri, essendo pre-viste numerose misure che, in adesione alle finalita© di recupero della personalita© del minore ancora in evoluzione,possono condurre il processo verso epiloghi diversi da quelli propri del giudizio ordinario (perdono giudiziale,sospensione del processo e messa alla prova, sentenza di non luogo a procedere per irrilevanze del fatto, estesoambito applicativo delle sanzioni sostitutive). Il patteggiamento, precludendo l'uso di questi strumenti, finirebbecon il frustrare le finalita© proprie del processo minorile e si porrebbe in contrasto con i principi fondamentalidel processo minorile (sent. Corte cost. n. 135/1995). Appare quasi superfluo aggiungere che tali esigenze pecu-liari sono del tutto assenti nel processo a carico del recidivo, ne appare possibile individuarne altre ritenute meri-tevoli di tutela da parte dell'ordinamento, posto che non vi e© nessuna norma processuale specifica per tale catego-ria di soggetti.

Resta, in conclusione, quale unica possibile giustificazione della disuguaglianze di trattamento l'interessedello Stato ad un riconoscimento esplicito della responsabilita© penale dell'imputato. Non va tuttavia sovrappostatale esigenza con quello di uno svolgimento pubblico del processo penale. A quest'ultimo argomento, svolto dalTribunale di Roma in composizione collegiale, V Sezione penale (ordinanza del 1� luglio 2003) inter alia per pro-spettare la possibile incostituzionalita© del patteggiamento allargato, appare agevole replicare che anche il ritoabbreviato prevede lo svolgimento del rito secondo le forme della camera di consiglio, sebbene non siano previstilimiti di pena o analoghe preclusioni soggettive.

L'interesse ad un accertamento esplicito del fatto e del suo collegamento con l'imputato, tuttavia, a frontedella sostanziale equiparazione di tutti gli effetti penali della sentenza di patteggiamento allargato ad una sen-

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tenza di condanna (con l'esclusione indicata della valenza nei giudizi civili o amministrativi), finisce con l'assu-mere una connotazione di ordine squisitamente morale con valenza sociale, storica, o politica. Anche tale inte-resse, quindi, puo© trovare una giustificazione, al massimo, oltre che per i reati di maggiore gravita© (stabilitasecondo il decisivo criterio della pena irrogabile in concreto), al piu© per reati che, sebbene equiparati quoad poe-nam ad altri che consentono di addivenire al patteggiamento allargato, per loro natura, riguardando fatti di parti-colare allarme sociale (criminalita© organizzata, terrorismo ecc.), rendono opportuno dal punto di vista politico illoro compiuto accertamento mediante un provvedimento giurisdizionale analitico, laddove per il procedimentoche ha quale unica peculiarita© la qualita© soggettiva di recidivo ai sensi dell'art. 90, comma 4, c.p. tale interessesembra insussistente.

In conclusione, quindi, il legislatore potrebbe discrezionalmente delimitare l'ambito applicativo dell'istituto,differenziando i poteri di scelta degli imputati in ragione della gravita© o della tipologia del reato compiuto, manon in ragione delle loro qualita© soggettive che non sembrano in se idonee ad imporre una indefettibile afferma-zione positiva della responsabilita© .

Di carattere assolutamente marginale appare, infine, la non inserzione della sentenza di patteggiamentoallargato nei certificati del casellario giudiziale ad uso privato e, come tale, inidonea a giustificare una preclusioneintegrale al rito (artt. 686-689, comma 2, lett. a), n. 5 c.p.p., materia attualmente regolata dagli artt. 24 e 25 delt.u. in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativicarichi pendenti introdotto con d.P.R. n. 313/2002). Peraltro, anche la non iscrizione in tale certificato apparediscutibile, almeno per la sentenza di applicazione di una pena detentiva superiore ai due anni con contestualeapplicazione di pene accessorie o di misure di sicurezza, le quali dovrebbero essere inserite nel certificato rila-sciato all'interessato ex art. 686, comma 1, n. 3 e n. 2 (attualmente art. 3 del t.u.). Anche a voler ritenere (a) chelo Stato abbia interesse ad evitare che una sentenza di patteggiamento allargato pronunciata nei confronti di unimputato recidivo non venga annotata nel certificato penale su richiesta dell'interessato, (b) e che il diritto vigenteescluda la menzione di tale sentenza nel certificato penale, mezzo certamente piu© idoneo allo scopo appare l'elimi-nazione della sentenza di patteggiamento allargato dall'elenco delle eccezioni poste alla regola della generaleannotazione nel certificato di tutte le iscrizioni previste dall'art. 686 c.p.p. (attuale art. 3 del t.u.). Peraltro, in virtu©dell'indiscriminato richiamo operato dall'art. 689, comma 2, lett. a), n. 5) c.p.p. (attuale art. 25 t.u.) la non anno-tazione della sentenza di patteggiamento allargato nel certificato ad uso privato appare discutibile, posto cheper accedere alla soluzione interpretativa opposta risulta sufficiente attribuire a tale disposizione la funzione dirinvio fisso all'art. 445 c.p.p. nella sua formulazione anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 134/2003,e non quella di rinvio mobile al duplice rito attualmente regolato dagli artt. 444 e ss.

Le argomentazioni svolte da altra Autorita© giudiziaria per affermare la manifesta infondatezza dell'eccezionedi legittimita© costituzionale sollevata dalla difesa di contrarieta© all'art. 3 della Costituzione dell'esclusione dal pat-teggiamento allargato dei procedimenti relativi ai reati di cui all'art. 51, comma 3-bis c.p.p., non solo nonappaiono estensibili al caso in esame, in quanto poste a giustificazione dell'esclusione oggettiva per titolo di reatoe non di quella soggettiva per la qualita© di recidivo reiterato, ma afferiscono tutte a questioni inerenti il tratta-mento sanzionatorio comminato in fase cognitiva o applicato durante l'esecuzione (il giudice dell'udienza prelimi-nare presso il Tribunale di Bologna, Ufficio ö ordinanze del 10 luglio 2003 ö fa riferimento a ûbenefici, sanzionisostitutive, misure alternative alla detenzione, regole e divieti sulla coercizione personaleý), laddove l'istituto delpatteggiamento allargato non inerisce le sanzioni sostitutive, non le misure alternative, non riguarda l'applica-zione di misure di coercizione personale, ne, soprattutto, costituisce in senso proprio un beneficio (come lasospensione condizionale, l'amnistia, l'indulto, il perdono giudiziale, ecc., l'estinzione del reato in caso di mancatarecidiva successiva prevista dal patteggiamento ordinario), ma un rito premiale.

La differenza non assume carattere puramente linguistico se si considera da un lato che, come in precedenzaindicato, il medesimo effetto premiale della riduzione della pena e© raggiungibile aliunde mediante la richiesta (uni-laterale) di rito abbreviato, senza alcuna esclusione soggettiva, dall'altro che il patteggiamento (ordinario ed allar-gato), come il decreto penale di condanna, costituisce un rito azionabile anche dal pubblico ministero nell'inte-resse dello Stato ad una definizione accelerata dal procedimento penale mediante rinuncia ad una frazione dipotesta© punitiva ed all'efficacia extrapenale (salvo il giudizio di responsabilita© disciplinare) della sentenza definito-ria del giudizio penale.

Eé proprio sotto quest'ultimo profilo che si palesa la non manifesta infondatezza dell'illegittimita© costituzio-nale delle esclusioni soggettive del patteggiamento allargato per contrasto con l'art. 111, comma secondo, ultimoinciso, della Costituzione, laddove esse precludono la definizione rapida di numerosi procedimenti penali senzaricorso alle fasi del rinvio a giudizio e dell'istruttoria dibattimentale ed all'eventuale, ma ricorrente, giudizio di

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appello, con ricadute di sistema anche sui tempi di svolgimento dei procedimenti penali per i quali si palesa neces-sario o opportuno l'espletamento dell'istruttoria dibattimentale. Appare corretto ritenere, infatti, che il precettodell'ûassicurazione della ragionevole durata del processoý non si limiti a fondare un diritto costituzionale del sin-golo cittadino parte privata del procedimento civile, penale, amministrativo, contabile, tributario esercitatile con-tro l'introduzione di norme processuali che comportino una ingiustificata dilatazione dello specifico procedi-mento di cui e© egli e© parte, ma anche il divieto di introdurre altre disposizioni ordinamentali, prive di adeguatagiustificazione o non supportate da un'adeguata predisposizione di mezzi, che abbiano una ricaduta indiretta suitempi del processo. L'ampia formula adoperata dal legislatore costituzionale, sembra, per altro, introdurre un pre-cetto che, in quanto diretto ad orientare l'attivita© normativa ordinaria avente ad oggetto il processo in tutte lesue manifestazioni (inclusa la predisposizione di mezzi adeguati al suo svolgimento) e© destinato a rendere effettivala realizzazione di altri diritti ed obblighi costituzionali (diritto alla tutela giurisdizionale, diritto-dovere della rie-ducazione del condannato, tutela dei diritti fondamentali, obbligatorieta© dell'azione penale), che possono esserepregiudicati dalla lentezza del processo.

Sotto quest'ultimo punto di vista, quindi, le limitazioni prive di adeguate giustificazioni o intrinsecamenteirrazionali della possibilita© delle parti di contribuire attraverso un'attivita© deflattiva alla riduzione della duratacomplessiva dei procedimenti penali appaiono in contrasto con il principio della durata ragionevole dei processi,soprattutto se si considerano le peculiarita© del processo penale, caratterizzato da una interdipendenza funzionaleed effettuale tra riti alternativi e dibattimento ordinario, che vede il successo nella vita giudiziaria dei primi inci-dere sulla ragionevole durata del secondo e la brevita© o i ritardi del dibattimento incentivare o disincentivare ilricorso ai procedimenti alternativi.

Appare in conclusione quanto meno dubbia la compatibilita© delle esclusioni soggettive per chi e© gravato darecidiva reiterate, oppure dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza dalle richieste di applica-zione della pena superiore a due anni sia per la violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 dellaCostituzione, senza una effettiva ragione a fondamento della disparita© di trattamento tra imputati del medesimoreato nell'accesso al rito sia per la violazione dell'ulteriore principio della durata ragionevole del processo sancitodall'art. 111, comma secondo, della Costituzione.

Ai sensi dell'art. 159 c.p. vanno sospesi i termini di prescrizione dei reati contestati all'imputato.

P.Q.M.

Vista la legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;

Ritenuta rilevante ai fini del presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita© costitu-zionale dell'art. 444, comma 1-bis, del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 1, comma 1 delle legge12 giugno 2003, n. 134, per contrasto con gli artt. 3 e 111 della Costituzione, nei termini e nei limiti di cui in motiva-zione;

Sospende il giudizio in corso;

Sospende il termine di prescrizione dei reati;

Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presi-denti delle due Camere del Parlamento.

Castellammare di Stabia, add|© 9 dicembre 2003

Il giudice: Serra D'Aquino

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n. 167

Ordinanza del 17 settembre 2003 emessa dal Tribunale di Napolinel procedimento civile vertente tra Eredi di Ulisse Emilio ed altri e comune di Ercolano

Espropriazione per pubblica utilita© - Occupazione usurpativa - Limitazione dell'azione del proprietario al solo risar-cimento del danno - Estensione dei criteri di piu© contenuta determinazione del quantum risarcitorio, con esclu-sione della riduzione del 40% e con l'incremento del 10%, anche alle stesse ipotesi di occupazione usurpativadi suoli edificatori di proprieta© privata poste in essere sino al 30 settembre 1996 in assenza di provvedimentodichiarativo di pubblica utilita© , di ipotesi di sopravvenuto annullamento giurisdizionale del provvedimentodichiarativo di pubblica utilita© ovvero in ipotesi di irreversibile destinazione dei suoli privati per l'avvenuta rea-lizzazione dell'opera pubblica verificatesi a termini di efficacia dello stesso provvedimento gia© scaduti - Inci-denza sul principio di uguaglianza - Violazione del diritto di azione, del diritto di proprieta© e del principio delgiusto indennizzo in caso di espropriazione - Incidenza sul principio di capacita© contributiva - Eccesso didelega - Contrasto con i principi di responsabilita© e di buon andamento della pubblica amministrazione e dicontrollo della Corte dei conti sulla responsabilita© amministrativo-contabile - Violazione dei principi del giustoprocesso.

^ Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325, art. 55, commi 1 e 2.^ Costituzione, artt. 3, 24, 42, commi secondo e terzo, 53, 76, 97, 100, secondo comma, e 11 (recte: 111).

Espropriazione per pubblica utilita© - Occupazioni d'urgenza gia© poste in essere alla data di entrata in vigore delleleggi nn. 385/1980 e 42/1985 - Proroghe dei termini - Estensione retroattiva anche ai procedimenti in corso allescadenze previste dalle singole leggi ed efficacia pure in assenza di atti dichiarativi delle amministrazioni prece-denti - Incidenza sul diritto di azione, sul diritto di proprieta© e sul principio del giusto indennizzo in caso diespropriazione - Violazione di principi di responsabilita© della pubblica amministrazione e di buon andamento,di controllo della Corte dei conti sulla responsabilita© amministrativo-contabile - Violazione dei principi del giu-sto processo.

^ Legge 1� agosto 2002, n. 166, art. 4.^ Costituzione, artt. 24, 28, 42, commi secondo e terzo, 97, 100, secondo comma, e 111.

IL TRIBUNALE

Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 1109/1995 del ruolo generale affari con-tenziosi dell'anno 1995, avente ad oggetto: pagamento indennita© per occupazione legittima e risarcimento deldanno per successiva acquisizione in mancanza di decreto di espropriazione, tra: Eredi Ulisse Emilio, sigg.reMaria ed Elvira Ulisse nonche Giuliana Varone vedova Ulisse ed Egilda, Marco e Stefano Ulisse, quali eredi diFulvio Ulisse e Silvia Terracini vedova Ulisse, quale erede di Claudio Ulisse, elettivamente domiciliati in VicoEquense (NA) alla piazza Umberto I n. 21 presso l'avv. Domenico Zeno che li rappresenta e difende giusta man-dato in atti; attori, e comune di Ercolano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato edifeso, anche disgiuntamente, dagli avv. Sergio Soria, Andrea Scognamiglio ed Antonio Oliviero presso cui eletti-vamente domicilia in Ercolano (NA) presso la Casa Comunale al corso Resina n. 39 giusta mandato in atti e deli-bera 140 del 6 febbraio 1995), convenuto;

Nonche Sannino Nicola, elettivamente domiciliato in Portici (NA) alla via Roma n. 20 presso l'avv. RenatoD'Esposito che lo rappresenta e difende giusta mandato in atti, interventore.

Vista la propria sentenza, pronunciata in pari data, con la quale e© stato dichiarato inammissibile l'interventodi Sannino Nicola perche ha avuto luogo dopo che erano state precisate le conclusioni e dopo che la causa erastata rimessa dal giudice istruttore al collegio, in violazione dell'art. 268 c.p.c.;

Rilevato che e© necessaria ulteriore istruttoria, per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni degliattori Eredi Ulisse, anche in relazione alla questione di legittimita© costituzionale, sollevata dagli stessi, dell'art. 55,primo e secondo comma, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 325 e dell'art. 4, legge 1� agosto 2002, n. 166;

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Letti gli atti rileva:

F a t t o

Con atto di citazione notificato l'11 gennaio 1995 gli eredi Ulisse Emilio, Sigg.re Maria ed Elvira Ulisse, non-che Giuliana Marone ved. Ulisse ed Egilda, Marco e Stefano Ulisse, quali eredi di Fulvio Ulisse, e Silvia Terracinived. Ulisse, quale erede di Claudio Ulisse, esponevano in fatto che il comune di Ercolano, in virtu© di decreto dioccupazione temporanea e d'urgenza n. 126/87 del 29 dicembre 1987 aveva proceduto in data 22 febbraio 1988ad immettersi nel possesso di suoli di loro comune proprieta© ai fini della realizzazione della nuova strada viaPanoramica - via Caprile; che dopo tale occupazione per causa di pubblica utilita© , la stessa amministrazionecomunale non aveva dato corso alla esecuzione della stessa opera pubblica e che, peraltro, decorso il terminetriennale di legittimita© di tale occupazione, non aveva poi emanato il decreto di espropriazione definitivo, mentrel'avvenuta irreversibile trasformazione dei loro fondi, ormai gia© concretizzatasi alla data di notificazione dellostesso atto di citazione, lasciava individuare, nella specie, gli estremi del risarcimento del danno per equivalentepecuniario in misura pari al valore di mercato degli stessi suoli; convenivano, pertanto, la predetta amministra-zione comunale innanzi al Tribunale di Napoli al fine di sentirla condannare al pagamento dell'indennita© lorospettante per il triennio di occupazione legittima ed al risarcimento del danno per la perdita della proprieta© inmisura pari al pieno valore venale della stessa.

Il comune convenuto resisteva alla domanda formulando eccezioni in ordine alla propria legittimazione pas-siva, in ordine alla legittimazione attiva degli attori, in ordine alla decorrenza e asserita proroga ex art. 14,secondo comma, d.lgs. 29 dicembre 1987, n. 534 e art. 22, legge 20 maggio 1991, n. 158 dei termini di efficaciadella predetta occupazione temporanea e d'urgenza ed in alternativa in ordine alla prescrizione del diritto degliattori e, infine, circa la natura edificatoria dei suoli oggetto di acquisizione.

Non negava, peraltro, l'amministrazione comunale, che la dichiarazione di pubblica utilita© dell'opera inoggetto (nuova strada via Panoramica - via Caprile) doveva individuarsi nel provvedimento consiliare di approva-zione del relativo progetto adottato dal c.c. in data 10 novembre 1983 con deliberazione n. 58, poi ribadita condeliberazione c.c. n. 214 del 6 marzo 1984. Parimenti l'amministrazione non negava non essere mai intervenuto ildecreto di espropriazione definitivo e di aver integralmente trasformato i suoli in oggetto attraverso la materialerealizzazione dell'opera stradale a suo tempo approvata.

Acquisita documentazione circa la esclusiva legittimazione di tutti gli attori, tutti eredi dell'originario unicoproprietario dei suoli in oggetto, Emilio Ulisse e tutti comproprietari degli stessi suoli in virtu© di tale comunioneereditaria, ed acquisita altres|© documentazione in ordine ai predetti provvedimenti del comune di Ercolano e rela-tivi atti procedimentali e progettuali in ordine a precedenti atti interruttivi della asserita prescrizione, il g.i., suistanza degli attori disponeva CTU per la valutazione dei suoli in oggetto.

Nel frattempo sopravveniva l'entrata in vigore della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Finanziaria 1996) recanteall'art. 1, comma 65, il nuovo comma 6 dell'art. 5-bis, 11 luglio 1992, n. 333 convertito in legge 8 agosto 1992,n. 359 che, in relazione alla fattispecie di creazione giurisprudenziale di cosiddetta ûaccessione invertitaý, e cioe©di occupazione di suoli edificatori privati sulla base di valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilita© nonseguita pero© da decreto di esproprio definitiva, parificava integralmente la misura del risarcimento del danno,per tali casi di illecito aquiliano, alla medesima misura dell'indennita© di espropriazione dovuta per i casi di acqui-sizione della proprieta© privata secundum legem ed in conformita© dei principi di cui all'art. 42 Cost.

Come e© noto, sempre durante la pendenza della presente causa, tale sopravvenuta disposizione di leggeveniva denunciata da diversi Tribunali e Corti di merito e rimessa all'esame della Corte costituzionale in relazionea plurimi profili di contrasto con disposizioni di rango costituzionale ed in particolare, tra gli altri, segnatamentecon gli artt. 3, 24, 42 e 97 Cost. Tra le altre ordinanze di rimessione, l'ordinanza della Corte di appello di Salernopronunciata in data 8 febbraio 1996 (in G.U. n. 17 del 14 aprile 1996) oltre a rilevare altri profili di non manifestainfondatezza del contrasto della predetta disposizione del comma 6, art. 5-bis, legge n. 359/1992 con l'art. 3 Cost.,espressamente si riferiva (come va sin d'ora sottolineato in relazione a quanto appresso si dira© ) anche agli effettidella norma sul piano della successione delle leggi nel tempo, stante l'espressa applicabilita© della nuova disciplinaanche alle controversie in corso, alla ûdisparita© di trattamento tra cittadini anch'essi oggetto di occupazioni illegit-time di suoli di loro proprieta© le cui controversie si siano rapidamente definite con la condanna della p.a. al risar-cimento del danno pari al valore della proprieta© ablata e a tutte le altre conseguenze pregiudizievoli derivate dal-l'illecito, e cittadini la cui vertenza, invece, sia tuttora in corso di giudizio di primo o di secondo grado. Invero,con la disposta applicazione della norma denunciata anche ai giudizi in corso ed a tutti i casi in cui la determina-

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zione del danno non sia divenuta definitiva, si addossa al cittadino la conseguenza di un disservizio del ramo giu-stizia la cui responsabilita© appartiene interamente a chi all'efficienza e celerita© di tal ramo di servizi avrebbedovuto provvedere e che, viceversa, ha mantenuto in stato di inefficienza e di quasi paralisi, con una durata diprocessi di insopportabile ampiezza temporale, specie nelle sedi giudiziarie di grosse proporzioni. Donde chi abbiaavuto la ventura di risiedere nell'ambito di una sede giudiziaria minore ove si amministri giustizia in tempi relati-vamente brevi, pur avendo iniziato il giudizio coevamente ad altro utente che rientri nella competenza di una sedecongestionata, avra© ottenuto come risultato, per la medesima causa, iniziata nel medesimo tempo, il pieno risarci-mento, mentre l'altro utente vedra© la stessa materia trattata e definita in modo diverso ed economicamente pre-giudizievole. Onde lo Stato si carica di una doppia iniquita© a danno della uguaglianza dei cittadini, quella dinon provvedere per una sollecita ed eguale giustizia in termini temporali e di ricavare un vantaggio economicodalla sua stessa inefficienza applicando ai processi, non definiti per sua inettitudine, ma iniziati sull'applicazionedi una ben precisa anteriore disposizione di legge, una norma nuova, successiva alla proposizione del giudizioche danneggia solo i protagonisti dei processi ancora in corso e non quelli non coevamente iniziati e sollecita-mente definiti. Mai come in questi casi di patente iniquita© dovrebbe il Legislatore sentire il dovere morale e costi-tuzionale di porre sul medesimo piano di parita© , garantito dall'art. 3 della Costituzione tutti i cittadini e stabilireche norme siffatte valgono solo per il futuro e cioe© per le espropriazioni e le occupazioni successive alla entratain vigore della leggeý.

Con la nota sentenza n. 369 del 17 ottobre 1996 la Corte costituzionale dichiarava l'illegittimita© del citatocomma 6 dell'art. 5-bis n. 332/1992 convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359 come sostituito dall'art. 1, comma 65,legge 28 dicembre 1995, n. 549, giudicandone il contrasto con gli artt. 3, 24, 42 e 97 Cost. e con riferimento allairrazionale parificazione della misura di risarcimento del danno nei casi di accessione invertita e, quindi, dell'ac-quisizione non iure della proprieta© privata, alla medesima misura dell'indennita© di espropriazione, dovuta nei casidi acquisizione secundum legem e ritenendo cos|© ûassorbita ogni altra censura delle autorita© rimettentiý.

Sempre durante la pendenza della causa che ne occupa sopravveniva, quindi, la legge 23 dicembre 1996n. 662 (legge finanziaria 1997) che, all'art. 3, comma 65 aggiungeva il comma 7-bis all'art. 5-bis della leggen. 359/1992 inteso a ridisciplinare la misura del risarcimento del danno per i casi di accessione invertita.

Espletata nel frattempo la CTU, con la propria relazione, il consulente si adeguava alle nuove disposizioni dilegge ordinaria e, pertanto, accertata con valutazioni che questo giudice deve integralmente condividere, cos|©come gia© condivise dal g.i. del Tribunale di Napoli, la natura edificatoria dei suoli in oggetto, ne determinava dap-prima l'integrale valore in comune commercio, rapportandolo con esatti criteri ai correnti valori di mercato, e,poi, calcolava la misura del risarcimento del danno subito dagli attori per la perdita della proprieta© degli stessisuoli secondo i criteri introdotti dal citato comma 7-bis, art. 5-bis, legge n. 359/1992 come aggiunto dall'art. 3,comma 65, legge 23 dicembre 1996, n. 662, e pacificamente applicabile, sotto il profilo temporale, anche per i casidi accessione invertita verificatisi anteriormente, anche ai giudizi in corso e non ancora definiti con sentenza pas-sata in giudicato e cio© per il medesimo espresso dettato normativo.

Con ordinanza ex art. 186-quater c.p.c., il g.i. sulla base della medesima consulenza ed in parziale accogli-mento della relativa istanza degli attori, condannava il Comune di Ercolano a pagare la complessiva somma diL. 398.492.029 oltre interessi, di cui L. 45.672.329 per occupazione legittima e L. 353.819.700 per la perdita dellaproprieta© dei suoli irreversibilmente occupati con l'opera pubblica e cio© in espressa applicazione, al caso di specie,della sopravvenuta disposizione del citato comma 7-bis, art. 5-bis, legge n. 359/1992, disattendendo, altres|© , conargomentazioni che questo giudice condivide, la tesi del Comune convenuto secondo la quale all'occupazione diurgenza in oggetto avrebbero dovuto tenersi all'epoca applicabili le disposizioni di proroga dell'art. 14, secondocomma d.l. n. 534/1987 e dell'art. 22 legge n. 158/1991, trattandosi, invece, di proroghe interessanti, alla streguadella legislazione all'epoca vigente (mentre degli effetti della sopravvenuta legge 1� agosto 2002, n. 166 art. 4mette conto occuparsi in seguito), esclusivamente le occupazioni di urgenza gia© prorogate dalla legge 1� marzo1985, n. 42 e, quindi, non applicabili al decreto di occupazione di urgenza n. 126/1987 del quale si tratta. Fissava,quindi, con la stessa ordinanza l'udienza per la precisazione delle conclusioni.

In tale udienza, mentre il Comune di Ercolano concludeva affinche il Tribunale con la sentenza definitivarevocasse o riformasse la predetta ordinanza ex art. 186-quater c.p.c., gli attori, a loro volta, instavano per la con-danna del Comune di Ercolano al pagamento dell'integrale valore di mercato dei suoli di loro proprieta© , sia dedu-cendo l'inapplicabilita© al caso di specie del comma 7-bis, art. 5-bis, legge n. 359/1992, sotto profili di merito esia domandando in subordine che il Tribunale volesse valutare la non manifesta infondatezza di gradate questionidi illegittimita© costituzionale della stessa disposizione di legge ordinaria ove mai ritenuta applicabile alla presentecontroversia in relazione agli artt. 3, 24, 28, 42 e 97 Cost. Sulle trascritte conclusioni la causa veniva rimessa alcollegio.

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Istituite le sezioni stralcio del Tribunale e trasferita la causa alla cognizione di questo G.O.A. (innanzi alquale si costituiva quale interventore l'affittuario del fondo Sannino Nicola, il cui intervento va dichiarato inam-missibile con separata sentenza non definitiva ex art. 279 c.p.c.), le parti hanno da ultimo ripetuto le conclusioniall'udienza del 26 novembre 2002 nella quale il Comune di Ercolano ha ribadito le proprie istanze cos|© come gliattori hanno richiamato le proprie conclusioni e ribadito, in linea principale che il comma 7-bis, art. 5-bis, leggen. 359/1992 non sarebbe applicabile nella presente controversia per ragioni di merito e che, comunque, ove maie subordinatamente il Tribunale avesse nondimeno ritenuto applicabile tale disposizione al caso in esame, allorain tale subordinato caso, la stessa avrebbe dovuto rimettersi all'esame della Corte costituzionale sotto diversi pro-fili di contrasto con gli artt. 3, 24, 28, 42, 53, 97, 100, secondo comma, e anche 111 Cost., quest'ultimo nel testodi cui alla legge costituzionale n. 2/1999.

Con le comparse conclusionali le parti hanno illustrato tali conclusioni ed in particolare, gli eredi Ulisse ledette questioni di costituzionalita© da essi sollevate in via subordinata.

Dopo la riservata in decisione e© entrato in vigore il d.lgs. n. 325/2001 che all'art. 55, con disposizione transi-toria e finale, ridisciplina la materia delle occupazioni senza titolo anteriori al 30 settembre 1996 parificando,quanto a conseguenze economiche risarcitorie, all'ipotesi della mera mancanza del decreto di espropriazioneanche l'ipotesi di assenza del provvedimento dichiarativo della pubblica utilita© e riconducendo entrambe le ipo-tesi, quanto a natura dell'azione consentita al privato e quanto a determinazione della misura del risarcimentodel danno, sotto disciplina positiva in tutto analoga a quella del comma 7-bis, art. 5-bis, legge n. 359/1992 conte-stualmente abrogato.

Va, infine, osservato che, sempre durante la pendenza del giudizio, ad incidere sul merito della decisione, inrelazione al principio elaborato dalla giurisprudenza del g.a. secondo il quale le proroghe disposte in via legisla-tiva dei termini di scadenza delle occupazioni di urgenza non possono non rilevare anche ai fini della prorogaimplicita dei termini di scadenza delle relative dichiarazioni di pubblica utilita© (Cons. Stato, Sez. V 28 dicembre,n. 6435), e© anche intervenuta la legge 1� agosto 2002 n. 166 che all'art. 4, con esplicito ûeffetto retroattivoý haconferito legittimita© alle pregresse occupazioni illegittime riferendo le proroghe dei termini di scadenza delle occu-pazioni di urgenza stabilite dall'art. 5, legge n. 385/l980 e dalla analoga legislazione successiva, fino all'art. 22,legge n. 158/1991, ûanche ai procedimenti espropriativi in corso alle scadenze previste dalle singole leggiý.

D i r i t t o

Non vi e© dubbio che nella specie si controverta in ordine all'avvenuta acquisizione, da parte del Comune diErcolano, di suoli di proprieta© degli attori aventi inequivocabile destinazione edificatoria e che l'opera stradale,per effetto della cui realizzazione tale irreversibile acquisizione si e© verificata, fu oggetto di dichiarazione di pub-blica utilita© adottata dal Comune di Ercolano con deliberazione C.C. n. 58 del 20 dicembre 1983 laddove anchea voler ritenere che il provvedimento affievolitivo debba rinvenirsi nella successiva deliberazione C.C. n. 214 del26 marzo 1984 anche in tal caso nulla ne rimarrebbe modificato ai fini del merito che interessa.

Tesi principale degli attori, infatti, e© che, poiche l'irreversibile destinazione dei loro fondi all'opera in oggetto,cos|© come accertato dal CTU e confermato dal Comune di Ercolano, si e© verificata nel giugno 1992 e, poiche atale data erano, comunque, abbondantemente scaduti i termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilita©con conseguente caducazione dei relativi effetti affievolitivi ex art. 13 legge fondamentale n. 2359/1865 (sicche e©poi irrilevante stabilire se il provvedimento dichiarativo della pubblica utilita© debba individuarsi nella successivadelibera C.C. n. 214/1984 piuttosto che nella precedente n. 58/1983, giacche anche rispetto alla seconda i predettitermini sarebbero risultati da tempo gia© scaduti nel giugno 92), ecco che il comma 7-bis dell'art. 5-bis della leggen. 359/1992 non sarebbe applicabile alla presente controversia in quanto espressamente dettato, in conformita©dei principi ispiratori desumibili dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 369/1996, per i soli casi diaccessione invertita in senso tecnico, e cioe© quando l'acquisizione in proprieta© all'Ente astrattamente titolare delpotere espropriativo sia avvenuta in costanza di valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilita© e di perma-nenza di tale potere mentre non sarebbe applicabile nei casi di occupazione usurpativa, tale essendo quello delcaso in esame, in quanto l'irreversibile destinazione si sarebbe verificata a termini di efficacia del provvedimentodichiarativo della pubblica utilita© ormai scaduti (Cass. Civ. Sez. I, 16 luglio 1997, n. 6515; 26 agosto 1997,n. 7998; 10 gennaio 1998, n. 148; 12 dicembre 2001, n. 15710).

In subordine rispetto a tale principale tesi di merito e cioe© per il caso in cui questo giudice avesse invece rite-nuto che anche una volta scaduti i termini di efficacia del provvedimento affievolitivo anche in tal caso la succes-siva acquisizione alla P.A. dei suoli irreversibilmente destinati all'opera pubblica sarebbe ricaduta sotto la disci-

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plina del quantum risarcitorio introdotto dal comma 7-bis dell'art. 5-bis legge n. 359/1992, allora per tale caso gliattori gradatamente deducono la non manifesta infondatezza della questione di contrasto della stessa disposizionedi legge ordinaria con gli artt. 3, 24, 28, 42, 53 e 97 Cost. sotto profili di irrazionale parificazione di fattispecieprofondamente diverse, di violazione del principio di legalita© degli atti della P.A. aventi effetti appropriativi dibeni privati, di iniqua e non proporzionale ne progressiva distribuzione degli oneri di contenimento della spesapubblica e, infine, sotto profili di contrasto con i principi di responsabilita© esterna e di buon andamento.

Sempre in linea subordinata e per la stessa ipotesi interpretativa del comma 7-bis, art. 5-bis, leggen. 359/1992, vigente alla data della riservata in decisione, gli attori ne deducono, inoltre, altro profilo di contrastocon gli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost. in relazione alla sopravvenienza della stessa disposizione di legge ordinaria adisciplinare fattispecie di responsabilita© aquiliana e quindi diritto di credito, gia© sub judice da epoca assai ante-riore, cos|© riprendendo anche le argomentazioni svolte dalla Corte di appello di Salerno con la citata ordinanzadell'8 febbraio 1996 a proposito dell'analoga previsione retroattiva dell'art 1, comma 65, legge n. 549/1995, peral-tro, come si e© visto in fatto, non espressamente esaminate dalla Corte costituzionale con la citata sentenzan. 369/1996 in quanto giudicate assorbite dalla maggiore pronuncia dichiarativa dell'integrale illegittimita© costitu-zionale dello stesso art. 1, comma 65, legge 28 dicembre 1995 n. 549 indipendentemente dai piu© specifici profilidi legittimita© della stessa norma sul piano ûdiacronicoý.

Ora, al fine di esaminare tali questioni prospettate in via subordinata, che in effetti, risorgono a rilevanzaprincipale ai fini della decisione del merito della presente causa per effetto della sopravvenuta entrata in vigoredel citato d.lgs. n. 325/2001, sembrano necessarie le seguenti preliminari osservazioni.

Come e© noto, in relazione ai principi esposti in motivazione dalla citata sentenza Corte cost n. 369/1996,indubbiamente ispirati a valorizzare la legittimita© del momento iniziale della fattispecie acquisitiva nei casidi accessione invertita in senso tecnico, e cioe© quando l'acquisizione della proprieta© privata, sia pure in difettodi decreto di esproprio e quindi non iure e per effetto di illecito aquiliano si verifichi nondimeno a fronte divalido ed efficace provvedimento affievolitivo del diritto dominicale dei soggetti passivi dell'illecito, e cioe© incostanza di efficace e valida dichiarazione di pubblica utilita© dell'opera ivi realizzata, il comma 65 dell'art. 3legge n. 662/1996 introduttivo del comma 7-bis art. 5-bis legge n. 359/1992 ha poi definito la misura del quan-tum da corrispondersi al privato proprietario per tali casi di responsabilita© aquiliana, sebbene in via derivativasul piano logico dai medesimi criteri previsti per la determinazione dell'indennita© di esproprio, nondimenocon disciplina autonoma caratterizzata dall'assenza dell'abbattimento del 40% dall'incremento della sommanella misura del 10%.

Ora, non sembra esservi dubbio che la legittimita© costituzionale di tale nuova disposizione di legge ordinaria,in relazione agli artt. 3, 42 e 97 Cost. risiedeva proprio, con manifesto scrimine rispetto alla disciplina anterior-mente introdotta dall'art. 1, comma 65, legge n. 549/1995 e caducata dalla citata sentenza Corte cost. n.369/1996, in due connotati fondamentali: da un lato, nella scongiurata irrazionalita© della parificazione dellamisura del credito per risarcimento del danno alla misura dell'indennita© di espropriazione e, dall'altro lato, nellaindividuazione, all'interno della causa giuridico-amministrativa della dichiarazione di pubblica utilita© , degliestremi sufficienti, non soltanto a generare il fenomeno traslativo della proprieta© privata, ma anche a giustificarela riconduzione a termini di ûequita© ý, e non di piena equivalenza con il valore di mercato del bene, del quantumrisarcitorio spettante per tali casi al proprietario dell'area acquisita dalla P.A.

Sicche appare ovvio corollario di tali principi la fermezza con la quale la giurisprudenza civile di merito e laCorte di cassazione hanno poi escluso dall'ambito di applicabilita© del nuovo comma 7-bis art. 5-bis leggen. 359/1992 le ipotesi in cui, al momento dell'acquisto da parte della P.A., l'aflievolimento del diritto di proprieta©debba escludersi in radice sia perche mai intervenuto sia perche caducato ex tunc per effetto di annullamento insede giurisdizionale amministrativa o sia perche scaduto di efficacia ex art. 13 legge fondamentale n. 2359/1865.

Ora, alla luce delle risultanze degli atti di questa causa, non vi e© dubbio che l'irreversibile trasformazione deisuoli degli attori si e© verificata soltanto dopo e assai posteriormente (nel giugno 1992) rispetto alla data di sca-denza dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilita© sicche© , alla luce del diritto positivo applicabilesino al 30 giugno 2003 e, cos|© come concretamente interpretato dalla giurisprudenza civile, altrettanto non vi e©dubbio che nella specie risultasse fondata la tesi principale degli attori, non ponendosi affatto a questo giudice,per difetto di rilevanza, ne le questioni di legittimita© costituzionale da essi sollevate sotto i profili di cui soprane, in conseguenza, l'altra prospettata sul piano diacronico della successione delle leggi nel tempo.

Risorgono tuttavia a rilevanza le questioni di illegittimita© costituzionale sollevate dagli attori per effetto dellasopravvenuta entrata in vigore dell'art. 55 d.lgs. n. 325/2001, al quale vanno ora riferite le stesse questioni ed altrerilevabili di ufficio, nonche dell'art. 4 legge 1� agosto 2002 n. 166, rispetto al quale possono sollevarsi altrettantidubbi di legittimita© costituzionale ex artt. 3, 24, 28, 42, secondo e terzo comma, 97 e 111 Cost. in relazione alla

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rilevanza della stessa sopravvenuta disposizione ai fini del merito di questa causa, sintetizzabile nel palese rilievoche l'effetto retroattivo di tale sopravvenuta disposizione di legge ordinaria incide sui termini di efficacia delladichiarazione di pubblica utilita© in argomento e quindi sul titolo e sulla causa petendi della domanda degli erediUlisse.

La disposizione di legge ordinaria da ultimo citata, secondo l'indicato orientamento del Consiglio di Stato inordine agli effetti impliciti dei medesimi provvedimenti legislativi di proroga delle occupazioni di urgenza, daintendersi riferiti anche ai termini delle corrispondenti dichiarazioni di pubblica utilita© , sopravviene a conferire aposteriori il crisma della legalita© e legittimita© alle occupazioni di urgenza che, come quella in argomento, dove-vano reputarsi gia© scadute sin da epoca assai anteriore alla stessa legge 1� agosto 2002 n. 166 (nella specie, in par-ticolare, sin dal 22 febbraio 1991).

In tale interpretazione, la stessa norma dell'art. 4 citata legge n. 166/2002, sembra a questo giudice in contra-sto con l'art. 24 Cost., nei medesimi profili infra illustrati sub n. 2 in relazione all'art. 55 d.lgs. n. 325/2001(sopravvenendo la norma a stravolgere la causa petendi di domande civili gia© sub judice, con conseguente vulnusdel diritto di difesa), con l'art. 42, secondo e terzo comma, Cost., traducendosi nell'attribuzione a posteriori dilegalita© a fenomeni puramente e semplicemente occupativi della proprieta© privata e nella elusione del principio,di rilevanza costituzionale, di previa determinazione dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilita© ,con gli art. 28 e 97 Cost. in relazione alla disposta irrilevanza di evidenti e conclamate responsabilita© amministra-tivo - contabili sorte per effetto della illegittima occupazione di aree private e di conseguenti occupazioni usurpa-tive cos|© da evidenziare profili di illegittimita© anche ex art. 100, secondo comma Cost.

Alla stessa disposizione dell'art. 4 legge n. 166/2002, stante la omogeneita© teleologica con l'art. 55 d.lgs.n. 325/2001, del quale occorre occuparsi piu© ampiamente, possono inoltre riferirsi anche gli stessi profili di dubi-tabile legittimita© costituzionale che devono prospettarsi con riferimento a tale disposizione del nuovo T.U. sull'e-spropriazione per pubblica utilita© .

Come riferito in fatto, dopo che la presente causa era stata riservata in decisione all'udienza del 26 novembre2002, e© , poi, entrato in vigore il d.lgs. 8 giugno 2001 n. 325 recante ûTesto Unico delle disposizioni legislative inmateria di espropriazione per pubblica utilita© ý che, all'art. 55, inserito nel Titolo V destinato alle norme finali etransitorie, sotto la rubrica ûOccupazioni senza titolo, anteriori al 30 settembre 1996ý testualmente dispone:

û1) Nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilita© , in assenza di valido edefficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilita© alla data del 30 settembre 1996, ai finidella determinazione del risarcimento del danno si applicano i criteri previsti dall'art. 43, con esclusione dellariduzione del quaranta per cento e con l'incremento dell'importo nella misura del dieci per centoý.

û2) Il comma 1 si applica anche ai giudizi pendenti alla data dell'1� gennaio 1997ý.A fronte di tale nuova disposizione di legge ordinaria, all'interno della quale (a parte l'oscurita© del richiamo

all'art. 43 dello stesso T.U., giacche il seguito dell'articolo lascia invece intendere come risultino richiamati i cri-teri dei primi due commi dell'art. 37), non vi e© dubbio che il legislatore abbia voluto far confluire anche le ipotesidi occupazione cosiddetta usurpativa (come evidenziato dal richiamo al caso di ûassenza del valido ed efficaceprovvedimento ... dichiarativo della pubblica utilita© alla data del 30 settembre 1996ý), ricollocandola ora ex novoall'interno di disciplina positiva in tutto analoga a quella previgente, ma riservata dal comma 7-bis art. 5-bis leggen. 359/1992 ai soli casi di accessione invertita in senso tecnico (come reso evidente dall'ultimo inciso del primocomma della disposizione in parola, contenente esplicito richiamo della ûesclusione della riduzione del quarantaper centoý e del ûincremento dell'importo nella misura del dieci per centoý), sembra chiaro a questo giudice comeriacquistino altrettanto ex novo rilevanza le questioni di costituzionalita© sollevate dagli attori sia sotto i plurimiprofili di illegittimita© riconducibili alla irrazionale parificazione dell'occupazione usurpativa alla accessione inver-tita, prescindendo la nuova norma dalla stessa esistenza e, quindi, a fortiori dalla validita© e dalla efficacia delladichiarazione di pubblica utilita© e sia sotto i segnalati profili della successione delle leggi nel tempo, interessantisoprattutto il seondo comma della stessa nuova disposizione.

Infatti, quanto alla rilevanza ai fini della decisione del merito della causa delle medesime questioni sollevatedagli attori in via subordinata ed oggi di ufficio riferibili da questo Tribunale alla nuova citata disposizione dilegge ordinaria dell'art. 55, d.lgs. n. 325/2001, nel frattempo entrata in vigore, non vi e© dubbio che, in applicazionedi quest'ultima, poiche e© pacifico che l'irreversibile occupazione acquisitiva dei suoli Ulisse avvenne in data ante-riore al 30 settembre 1996, e poiche era altrettanto pacifico che il richiamo alla piu© grave ipotesi di responsabilita©dell'assenza assoluta del provvedimento dichiarativo della pubblica utilita© assorbe e contiene, come il piu© il meno,l'ipotesi della gia© avvenuta scadenza dei termini di efficacia di tale provvedimento alla data della realizzazionedell'opera e di irreversibile destinazione del suolo del privato, questo giudice dovrebbe oggi negare ingresso alladomanda di maggiori danni, sulla quale gli attori hanno insistito con le conclusioni principali di merito (d'altra

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parte in conformita© dell'anteriore ûdiritto viventeý) e confermare puramente e semplicemente l'ordinanza ex art.186-quater c.p.c. pronunciata dal g.i. in data 23 luglio 1997 in applicazione di criteri di valutazione del quantumrisarcibile anteriormente non coerenti con la disposizione previgente del comma 7-bis art. 5-bis leggen. 359/1992, trattandosi in effetti di dichiarazione di pubblica utilita© la cui efficacia era gia© scaduta prima dell'ir-reversibile destinazione dei suoli degli attori all'opera stradale in oggetto, ma oggi resi applicabili ex post anchee addirittura ai casi di occupazione cosiddetta usurpativa.

Pertanto, appare a questo Tribunale non manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionaledello stesso art. 55 d.lgs. n. 325/2001 sol che vi si riferiscano, mutatis mutandis, i diversi profili di contrasto congli artt. 3, 24, 28, 53, 97, 100, secondo comma, e 111 Cost. sottolineati dagli attori. Sono poi comunque rilevabilidi ufficio altri profili ex artt. 42 e 76 Cost.

D'altra parte a seri dubbi sulla legittimita© costituzionale della norma di legge ordinaria oggi sopravvenuta inrelazione agli artt.3, 24, 42, 53 e 97 Cost., gia© conduce il rilievo che con l'estensione dei criteri risarcitori gia© riser-vati ai soli casi di accessione invertita in senso tecnico anche alle ipotesi di totale assenza della dichiarazione dipubblica utilita© , viene meno il movente logico fondamentale enunciato da Corte cost. n. 369/1996 ai fini della giu-stificazione e del fondamento di costituzionalita© della determinazione in via legislativa di un ammontare del risar-cimento del danno per i casi di occupazione senza titolo di suoli privati da parte della P.A. per causa di pubblicautilita© in misura piu© contenuta rispetto al valore di mercato del bene.

Tale enunciazione della Corte costituzionale, infatti, cos|© come, nel contesto della medesima sentenzan. 369/1996, ebbe a definire, per converso, l'iter argomentativo della declaratoria di illegittimita© dell'art. 1comma 5 legge n. 549/1995, cos|© pure ne individuo© i limiti logico-giuridici, consentendo al legislatore ordinariodi ravvisare, nella legittimita© del momento iniziale dell'occupazione e nella permanenza della situazione affievoli-tiva del diritto dominicale al momento del fenomeno traslativo - ablatorio, gli estremi giustificativi, sotto il pro-filo costituzionale, della creazione, quale fattispecie autonoma, dell'accessione invertita in senso tecnico come fat-tispecie caratterizzata dalla definizione in via legislativa del contenuto economico del diritto al risarcimento deldanno, relativamente al quale il principio dell'integrale ristoro non ha in se stesso copertura costituzionale,secondo criteri di equita© e non di piena equivalenza al valore di mercato del bene oggetto di acquisizione.

Sembra, dunque, evidente che, venendo meno, per effetto dell'art. 55, primo comma citato T.U., approvatocon d.lgs. n. 325/2001, il riferimento di tale ûaffievolimentoý del contenuto economico del credito del privato aipredetti estremi giustificativi, ne rimane compromessa l'ossatura logico-giuridica dell'istituto. In particolare, lanuova norma di legge ordinaria sopravvenuta appare denunciabile e va rimessa all'esame della Corte costituzio-nale in relazione ai seguenti profili di illegittimita© ex artt. 3, 24, 28, 42, 53, 76, 97, 100, secondo comma, e 111Cost., che sembrano a questo giudice non manifestamente infondati.

Infatti, il citato art. 55, primo comma, d.lgs. n. 325/2001 sembra in contrasto:

1) con l'art. 3 Cost., sotto un primo profilo intrinseco in quanto vi vengono parificate, quanto a conse-guenze patrimoniali, ipotesi di responsabilita© aquiliana della PA. del tutto difformi quanto ad oggetto del vulnuse quanto a fonti di responsabilita© , come e© reso palese dalla indiscriminata equiparazione sia dei casi di meraassenza del decreto di espropriazione definitivo e sia di totale mancanza della dichiarazione di pubblica utilita© ,Pertanto, vi risultano accomunate ipotesi di responsabilita© ex delictu da reputarsi pacificamente diverse e nonrazionalmente equiparabili gia© alla stregua delle motivazioni della citata sentenza Corte cost. n. 369/1996, trat-tandosi di ipotesi del tutto difformi quanto ad oggetto del vulnus (diritto soggettivo perfetto di proprieta© nei casiai quali la norma estende oggi l'applicazione dei detti criteri risarcitori del quantum, e diritto affievolito negli altricasi e cioe© quando sia mancato soltanto il decreto di espropriazione, ma vi sia stata e sia efficace la dichiarazionedi pubblica utilita© ) e quanto a fonte di responsabilita© (pura e semplice occupazione usurpativa del fondo privatonel primo caso e mero omesso completamento del rituale procedimento espropriativo pur validamente avviato,nel secondo caso) senza che emergano ad evidenza le plausibili ragioni di tale parificazione che giunge, dunque,manifestamente irrazionale; sotto un secondo profilo estrinseco, in quanto la soppressione della rilevanza scrimi-nante attribuita nel previgente sistema agli effetti della dichiarazione di pubblica utilita© si risolve ora, per i casidi occupazione usurpativa, nella creazione di un ingiustificato privilegio per la P.A. che, pur essendo responsabileiure privatorum di fatto illecito puro e semplice, risponde ora in maniera limitata e per definizione soltanto inparte del danno arrecato, e cio© a differenza di ogni altro soggetto;

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2) con l'art. 24 Cost. in quanto la facolta© di azione reale restitutoria, anteriormente ammessa per i casi dioccupazione usurpativa, di cui era predicato l'integrita© del risarcimento per il caso di optata proposizionedell'azione obbligatoria, viene soppressa dalla norma e resa inammissibile anche con efficacia retroattiva, conconseguente vulnus del diritto di difesa del proprietario;

3) con l'art. 42, secondo e terzo comma Cost. in quanto la limitazione della tutela del proprietario alsolo risarcimento del danno anche nell'ipotesi di occupazione usurpativa e l'estensione dei criteri risarcitori ridut-tivi della responsabilita© della P.A. anche a tali ipotesi, che si pongono al di fuori della causa giuridica della dichia-rata ed efficace pubblica utilita© , vulnerano il principio di legalita© legittimando a posteriori il fatto arbitrario e pre-scindono dai ûmotivi di interesse generaleý che costituiscono l'unica legittima fonte per l'acquisizione di beni pri-vati contro la volonta© del proprietario;

4) con l'art. 53 Cost., stante l'evidente effetto redistributivo realizzato di fatto dalla norma in esame chefinisce per concretizzare risultati di contenimento della spesa pubblica trasferendone il costo soltanto a caricodei privati gia© titolari di diritto di credito all'integrale risarcimento del danno subito per effetto di anteriori occu-pazioni usurpative ovvero di occupazioni senza titolo verificatesi in via definitiva a termini di efficacia del provve-dimento dichiarativo della pubblica utilita© ormai scaduti (come nel caso in esame), e cioe© in casi nei quali la leggeordinaria previgente assicurava loro tale diritto di credito in termini di piena equivalenza al valore venale delbene;

5) con gli artt. 28 e 97 Cost. nonche in definitiva con l'art. 100, secondo comma Cost., in relazione alprincipio di responsabilita© esterna ed al principio di buon andamento della P.A. laddove, con scelta legislativache appare del tutto ingiustificata ed immotivata, vi vengono equiparate, sul piano delle conseguenze civilistiche,ma quindi indirettamente anche sul piano delle conseguenze amministrativo-contabili, le accessioni invertite insenso tecnico e le occupazioni usurpative, e, dunque, anche le ipotesi di puri e semplici illeciti civili e amministra-tivi verificatisi non gia© per mera complicazione procedimentale di fattispecie acquisitive validamente e lecitamentesorte ed avviate, sebbene non concluse con il provvedimento tipico finale, bens|© originate da meri arbitri di ammi-nistratori e funzionari o, comunque da meri comportamenti usurpativi non altrimenti giustificabili dall'Ordina-mento e ora portati a sanatoria ex post sul piano delle conseguenze civilistiche e sia, inevitabilmente, su quellodelle connesse responsabilita© amministrativo-contabili. Sanatoria che, in definitiva, non appare affatto legittima,risolvendosi nel ribaltare le conseguenze dell'arbitrio anziche a carico di colui che l'ha commesso, a carico delsoggetto passivo dell'arbitrio stesso, evidenziando la sostanziale elusione o, comunque, limitando il sindacatodella Corte de conti su tali atti arbitrari;

6) nei subordinati profili ex art. 76 Cost., l'inciso ûo dichiarativo della pubblica utilita© ý che figura nellanorma denunciata, rivela eccesso di delega rispetto alla legge 8 marzo 1999 n. 50 art. 7.

Alla stregua del ûdiritto viventeý elaborato dalla giurisprudenza civile e concretamente applicato all'attodella formazione della stessa legge di delega, sembra, infatti, da escludere che, in tale sede, nel conferire alGoverno il potere di riordinare la materia ed armonizzare le singole disposizioni (lett. d) citato art. 7 leggen. 50/1999) le Camere abbiano inteso autorizzarlo a stravolgere il principio, ormai formatosi quale jus receptum,che sin dove giungono gli effetti della dichiarazione di pubblica utilita© sino a quello stesso limite vi e© accessioneinvertita mentre al di la© di tali limiti, vi e© usurpazione pura e semplice, alla quale l'ordinamento reagisce appre-stando per il proprietario usurpato l'integrale tutela del diritto comune sia reale che risarcitoria.

A fronte della nuova disposizione di legge ordinaria, infine, riacquista valenza sia sotto il profilo della rile-vanza ai fini della decisione del merito della presente causa sia sotto il profilo della non manifesta infondatezza,anche l'altra e subordinata questione di illegittimita© costituzionale sollevata dagli attori con riferimento agli effettidella successione delle leggi nel tempo, oggi riferibile al citato art. 55, d.lgs. n. 325/2001 e con riguardo al secondocomma dello stesso articolo.

Quanto alla rilevanza della questione non possono sussistere dubbi giacche© la presente causa risultava effetti-vamente pendente alla data del 1� gennaio 1997.

Quanto ai profili di contrasto di tale sopravvenuta disposizione di legge con gli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost.,proprio nella parte in cui l'espresso dettato normativo la rende applicabile ai giudizi in corso (secondo comma),sembra a questo Tribunale di non poter che condividere le osservazioni svolte al riguardo nella riportata ordi-nanza della Corte di appello di Salerno dell'8 febbraio 1996 che questo giudice fa proprie anche ai fini della moti-vazione della presente ordinanza di rimessione su tale specifico punto.

D'altra parte, in relazione al contraddittorio gia© instauratosi su tali profili innanzi alla Corte costituzionalenel contesto del giudizio di legittimita© poi definito con la citata sentenza n. 369/1996, che tale specifica questioneebbe a ritenere assorbita, l'osservazione secondo la quale ûla diversita© di trattamento sul piano diacronico sarebbeeffetto diretto e fisiologico della successione delle leggi nel tempo cos|© da non integrare violazione del principio

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di eguaglianzaý, non sembra condivisibile e, comunque, non esauriente in quanto il problema non si pone sulpiano degli effetti naturali della successione delle leggi nel tempo bens|© nel senso di stabilire se il perseguimentodi tali effetti da parte del legislatore ordinario, con conseguente creazione delle dette ipotesi di disparita© , costitui-sca legittimo esercizio della potesta© legislativa o se, piuttosto, non decada, oltre che in violazione degli artt. 3,24 e 111 Cost. anche in violazione dell'art. 53 Cost. sotto i profili gia© piu© sopra sottolineati, caricando soltantotaluni privati dell'onere implicito di concorrere, essi e non altri, al contenimento della spesa pubblica e, tra l'altro,interessando di tali maggiori oneri proprio quei cittadini che gia© hanno visto disattesa la propria domanda di giu-stizia a causa dell'eccessiva durata dei processi civili.

Aggiungasi, quanto ai profili ex art. 111 Cost., che non sembra affatto riconducibile sotto il principio delûgiusto processoý l'operato del legislatore ordinario che, in pendenza di giudizio per responsabilita© aquiliana lacui causa petendi, sia pure concretamente riferita (come nel caso in esame) a petitum di natura obbligatoria enon reale, era anteriormente conformata dall'ordinamento quale fonte di legittima pretesa restitutoria reale (dacui la incontroversa pienezza dell'equivalente pecuniario risarcitorio domandabile in tali casi), intervenga a stra-volgere non soltanto l'ammontare del petitum risarcitorio riconoscibile al privato (il che pure sembra che gia©basterebbe al denunciato contrasto), ma anche a stravolgere, in predicato implicito, la natura stessa dell'azionesotto il profilo della causa petendi, riconducendo l'occupazione usurpativa sotto la disciplina dell'accessione inver-tita per legittima e dichiarata causa di pubblica utilita© che nel diritto vivente era tutt'altra cosa, laddove in giuri-sprudenza non si dubitava della diversita© di causa petendi, e non soltanto di petitum, nelle due diverse ipotesi(Cass. Civ. Sez. I, 12 dicembre 2001, n. 15687).

P. Q. M.

Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sospende il giudizio sino all'esito della decisione della Corte costi-tuzionale;

Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione delle prospettate questioni di illegit-timita© costituzionale e precisamente:

1) dell'art. 55, primo e secondo comma, del d.lgs. 8 giugno 2001 n. 325 recante ûTesto Unico delle disposi-zioni in materia di espropriazione per pubblica utilita© ý per contrasto della stessa norma denunciata con gli art. 3, 24,42, secondo e terzo comma, 53, 76, 97, 100, secondo comma e 11 della Costituzione della Repubblica italiana nellaparte in cui, anche per le ipotesi di occupazione usurpativa limita l'azione del proprietario al solo risarcimento deldanno ed estende l'applicazione dei criteri di piu© contenuta determinazione del quantum risarcitorio, con esclusionedella riduzione del 40% e con l'incremento del 10%, anche alle stesse ipotesi di occupazione usurpativa di suoli edifica-tori di proprieta© privata poste in essere sino al 30 settembre 1996 in assenza di provvedimento dichiarativo dellapubblica utilita© e, dunque, a maggior ragione, nelle ipotesi di sopravvenuto annullamento giurisdizionale delprovvedimento dichiarativo della pubblica utilita© ovvero nelle ipotesi in cui l'irreversibile destinazione dei suoli privatiper l'avvenuta realizzazione dell'opera pubblica si sia verificata a termini di efficacia dello stesso provvedimentoaffievolitivo gia© scaduti;

2) dell'art. 4 legge 1� agosto 2002, n. 166 per contrasto della stessa norma denunciata con gli artt. 24, 28,42,secondo e terzo comma, 97, 100, secondo comma, e 111 della Costituzione della Repubblica italiana nella parte incui, con effetto retroattivo, attribuisce, a posteriori, legittimita© , affermandovi riferite le proroghe espressamente dispo-ste con precedente legislazione ed espressamente limitate alle occupazioni di urgenza gia© in essere alle date dell'entratain vigore delle leggi n. 385/1980 e n. 42/1985 a tutte le occupazioni di urgenza in corso alle scadenze previste dallestesse singole leggi di proroga, dichiarandole, inoltre, efficaci anche in assenza di atti dichiarativi delle amministra-zioni procedenti e cos|© incidendo per implicito anche sui termini di efficacia delle corrispondenti dichiarazioni dipubblica utilita© .

Dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, alle parti costituite nonche al Presidentedel Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Cos|© deciso in Napoli, il 15 luglio 2003.

Il giudice on. aggregato: Palma

04C0328

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n. 168

Ordinanza del 2 ottobre 2003 emessa dal Tribunale di Gelasull'istanza proposta da Bonvissuto Gianluca

Spese di giustizia - Patrocinio a spese dello Stato - Ricorso avverso i provvedimenti di rigetto dell'istanza di ammis-sione al beneficio - Prevista competenza del giudice in composizione monocratica - Eccesso di delega.

^ Decreto legislativo 30 maggio 2001 (recte: 2002), n. 113, art. 99, comma 3.^ Costituzione, art. 76.

In via subordinata: Spese di giustizia - Patrocinio a spese dello Stato - Ricorso avverso i provvedimenti di rigetto del-l'istanza di ammissione al beneficio - Prevista competenza del giudice in composizione monocratica - Contrastocon il principio di ragionevolezza.

^ Decreto legislativo 30 maggio 2001 (recte: 2002), n. 113, art. 99, comma 3.^ Costituzione, art. 3.

IL TRIBUNALE

Visto il ricorso avanzato da Bonvissuto Gianluca avverso il decreto emesso dall'intestato tribunale in compo-sizione collegiale in data 21 febbraio 2003, con cui, ai sensi dell'art. 112, comma 2, d.lgs. 113/2002, e© stato revo-cato il decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, gia© accordato nel procedimento penale a caricodel predetto, pendente innanzi al cennato organo giurisdizionale (n. 1299/2001 R.G.T.);

Visto il provvedimento di designazione spiccato dal presidente del Tribunale;

Udite le parti nell'udienza in camera di consiglio del 18 settembre 2003;

Ritenuto che avverso il decreto con cui e© revocato il provvedimento di ammissione al patrocinio a spese delloStato, sulla base delle informazioni richieste, ex art. 96, comma 3, d.lgs. 113/2002, al questore, alla Direzione inve-stigativa antimafia ad alla Direzione nazionale antimafia, deve ammettersi ricorso, ai sensi del primo comma del-l'art. 99 d.lgs. 113/2001, ûdavanti al presidente del tribunale o al presidente della corte d'appello ai quali appar-tiene il magistrato che ha emesso il decretoý, essendo riservata dall'art. 113 d.lgs. citato l'impugnativa tout courtalla Corte di cassazione, solo per l'ipotesi di revoca disposta su richiesta proveniente dall'ufficio finanziario (vediCass. pen. s.u. 24 novembre 1999 n. 25, nonche la relazione illustrativa al testo unico sulle spese di giustizia,pag. 46);

Ritenuto, poi, che il comma 3 del cennato art. 99, prescrivendo che ûil processo e© quello speciale previsto pergli onorari di avvocato e l'ufficio procede in composizione monocratica prevede ora una competenza dell'organogiudiziario monocratico, di cui non vi e© tuttavia traccia alcuna nella disciplina previgente, disponendo infatti gliormai abrogati commi 4 e 5 dell'art. 6 legge 217/1990 (come modificati dalla legge 134/2001), che l'interessatopuo© proporre ricorso ûdavanti al tribunale o alla corte d'appello ai quali appartiene il giudice che ha emesso ildecreto di rigetto dell'istanzaý, intendendosi pacificamente il giudice del gravame quale organo collegiale, sullabase dei rinvio procedurale ivi contenuto all'art. 29 legge 794/1942, laddove si prevede espressamente ûla compa-rizione degli interessati davanti al collegio in camera di consiglioý;

che l'art. 7 legge 50/1999 (come modificato dall'art. 1 della legge 340/2000) ö disposizione peraltroodiernamente abrogata dall'art. 23 comma 3, legge 229/2003 ö, nel disporre il riordino della materia che cioccupa mediante l'emanazione di un testo unico, comprendente ö in un unico contesto ö le disposizioni legisla-tive e regolamentari, si e© limitato a delegare al Governo la facolta© di emanare un decreto legislativo e un regola-mento di delegificazione, attenendosi ai criteri e principi direttivi indicati analiticamente nel comma 2 della dettanorma;

che tra tali criteri direttivi ö oltre alla previsione di una delegificazione delle norme di legge concernentigli aspetti organizzativi e procedimentale (lett. a) e una espresso riferimento alla sola materia universitaria(lett. g) entrambi privi di rilevanza alcuna in questa sede ö il legislatore delegato si e© limitato a prescrivere laûpuntuale individuazione del testo vigente delle normeý (lett. b), la ûesplicita indicazione delle norme abrogate,anche implicitamente, da successive disposizioni (lett. c), il coordinamento formale del testo delle disposizionivigenti apportando nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica esistematica della normativa anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativoý (lett. d), la ûesplicita

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indicazione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigoreý (lett. e) ed, infine, laûesplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non richiamate, che regolano la materia oggetto di dele-gificazione con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unicoý (lett. f);

che, dunque, all'interno dei principi direttivi espressi dalla suddetta delega, all'evidenza non si rinviene laprevisione della facolta© di modificare i criteri di riparto della competenza tra il giudice monocratico e quello col-legiale, in tema di giudizi di opposizione avverso i provvedimenti di rigetto dell'istanza di ammissione al patroci-nio a spese dello Stato o di revoca dell'ammissione gia© disposta, resi nell'ambito di un processo penale, al contra-rio di quanto ad esempio e© stato anche recentemente previsto dalla lettera b) dell'art. 12 della legge 366/2001,con cui si e© conferita delega al Governo per introdurre nuove norme di procedura in materia societaria (vedid.lgs. 5/2003), ovvero dalla lett. a) dell'art. 16 della legge 273/2002, attraverso cui l'esecutivo e© stato deputatoall'istituzione di sezioni dei tribunali specializzate in materia di proprieta© industriale e intellettuale (vedi d.lgs.168/2003);

che in direzione contraria, non vale invocare ö come si mostra persuasa la detta relazione ministerialeal testo unico in parola ö, l'esigenza di armonizzazione della disciplina oggetto di riordino con la sopravvenutariforma del giudice unico (d.lgs. 51/1998), laddove si prevede la competenza dell'organo monocratico ûcomeregola generale se non derogata da norme ad hocý, poiche come visto supra, di una tale volonta© armonizzatricetra la materia, in discussione e quella, di natura strettamente processuale, oggetto del cennato decreto legislativo,non vi e© traccia alcuna nella citata legge delega, dovendo trovare luogo la ridetta esigenza di omogeneizzazionenormativa solo all'interno e nei limiti delle singole discipline oggetto di riordino;

che, peraltro, sul punto non e© neppure convincente richiamare ö come ritiene di dover fare sempre lacennata relazione ministeriale (pag. 71) ö l'art. 50, lett. c) del d.lgs. 274/2000, laddove si prevede, nell'ambitodei giudizi dinnanzi al giudice di pace, la facolta© di delega delle funzioni di pubblico ministero nei procedimentidi opposizione al decreto di liquidazione dei compensi emesso da quest'ultimo magistrato, poiche siffatta normanella sua formulazione, per un verso, non puo© definirsi idonea ad attribuire al giudice di pace una competenzanella materia ö oggi pacificamente riconosciuta, infatti, al tribunale in composizione monocratica (vedi art. 170T.U. 115/2002), senza che si sia resa necessaria per vero alcuna abrogazione di norme ö e, per altro verso, atte-nendo la medesima disposizione esclusivamente al tema della liquidazione dei compensi agli ausiliari del magi-strato, non puo© di certo essere richiamata quale unico parametro di riferimento in sede di revisione della disci-plina processuale concernente la ben distinta e differenziata materia del patrocinio a spese dello Stato;

che, pertanto, deve ritenersi non manifestamente infondata la questione di costituzionalita© dell'art. 99comma 3 d.lgs. 113/2001 nella parte in cui dispone che nel processo di opposizione avverso il provvedimento dirigetto dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio ovvero di revoca del decreto gia© accordato, l'ufficio giudi-ziario procede in composizione monocratica, per contrarieta© all'art. 76 della Costituzione, avendo il legislatoredelegato ecceduto rispetto alla delega conferitagli nell'art. 7 legge 50/1999 (come modificato dall'art. 1 della legge340/2000);

Ritenuto, inoltre, in via subordinata, che la norma censurata, prevedendo la descritta competenza di unorgano monocratico in sede di giudizio di opposizione avverso provvedimenti emessi anche dal collegio (del tribu-nale o della corte d'appello), si mostra contraria al canone di ragionevolezza, cos|© impingendo nella violazionedell'art. 3 Cost., ingiustificatamente attribuendo ö per la prima volta nell'ordinamento ö ad un giudicemonocratico (indefettibilmente dotato di un bagaglio culturale e di esperienza professionale inferiore a quellodella terna di magistrati che compone il collegio) la potesta© di sindacare i provvedimenti di un organo giudicantecollegiale;

che, invero, non e© dato ravvisare nel sistema processuale vigente alcuna fattispecie in cui, alla decisioneemessa da un organo giurisdizionale in composizione collegiale segua, in sede di gravame avverso la stessa, ladevoluzione della trattazione dell'affare ad un organo monocratico, potendosi ricordare ö limitatamente al ritocivile e senza pretesa di completezza ö, che sono soggette ad impugnazione innanzi ad un organo indefettibil-mente collegiale (id est la Corte d'appello) tutte le sentenze del tribunale in composizione collegiale (art. 341c.p.c)., come i decreti impugnabili emessi dal tribunale fallimentare (artt. 29, comma secondo e 119 commasecondo r.d. 267/1942), nonche, in forza del generale rinvio di cui all'at. 739 c.p c, tutti i decreti emessi dal collegionei procedimenti c.d. in camera di consiglio;

Ritenuto, infine, che entrambe le questioni di costituzionalita© sopra esposte sono altres|© rilevanti, trattandosiqui di individuare, in via pregiudiziale di ogni altra statuizione, quale debba essere la composizione ö collegialeo monocratica ö dell'organo giurisdizionale chiamato a pronunciarsi sulla opposizione avanzata da BonvissutoGianluca avverso il decreto di revoca dell'ammissione al patrocino a spese dello Stato, emesso dal Tribunale diGela in composizione collegiale;

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P. Q. M.

Visti gli artt, 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 Cost., la questione di legittimita© costi-

tuzionale dell'art. 99, comma 3, d.lgs. n. 113/2001, nella parte in cui dispone che nel processo di opposizione avversoil provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ovvero di revoca del decretogia© accordato, l'ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.

Dichiara, altresi, in via subordinata, rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 Cost., la que-stione di legittimita© costituzionale dell'art. 99, comma 3, d.lgs. n. 113/2001, nella parte in cui dispone che nel processodi opposizione avverso il provvedimento adottato dal collegio, di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a spesedello Stato ovvero di revoca del decreto gia© accordato, l'ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.

Sospende il giudizio in corso.Dispone la trasmissione degli atti alla Corte, costituzionale ed ordina che, a cura della cancelleria, la presente

ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche comunicata ai Presidenti della Cameradei deputati e del Senato della Repubblica ed alle parti costituite.

Gela, add|© 2 ottobre 2003.

Il giudice designato: Fichera

04C0329

n. 169

Ordinanza del 13 novembre 2003 emessa dal T.A.R. per la Pugliasul ricorso proposto da Dell'Erba Gaetano ed altro contro la Prefettura di Bari ed altra

Straniero - Espulsione amministrativa - Revoca del provvedimento - Esclusione in caso di lavoratore extracomunita-rio sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo ovvero destinatario di un provvedimento di espul-sione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica - Violazione del principio di ugua-glianza sotto il profilo dell'eguale trattamento di situazioni non omogenee - Irragionevolezza.

^ Legge 9 ottobre 2002, n. 222, art. 1, comma 8, lett. a).^ Costituzione, art. 3.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1458/2003 presentato dai sigg. Dell'Erba Gaetano edHamdi Kullolli, rappresentati e difesi dagli avvocati Massimo F. Ingravalle e Gianluca Rusconi ed elettivamentedomiciliati presso il primo in Bari, via Argiro n. 25;

Contro la Prefettura e la Questura di Bari, in persona di prefetto e del questore in carica, rappresentati edifesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato; per l'annullamento previa sospensiva:

del decreto del vice Prefetto Vicario di Bari prot. n. 3468 del 14 luglio 2003, con cui e© stata respinta ladomanda di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario Hamdi Kullolli;

del connesso atto del Questore di Bari del 9 luglio 2003;di ogni altro atto presupposto, antecedente e successivo ed, in particolare, del decreto prefettizzio del 18 ago-

sto 2003 n. 3468.Visto il ricorso con i relativi allegati;Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;Visti gli atti tutti della causa;Udito nella camera di consiglio del 13 novembre 2003, il relatore Cons. Pietro Morea e uditi altres|© l'avv. A.

Arzano, in delega dell'avv. Massimo F. Ingravalle, nonche l'avv. Gianluca Rusconi per i ricorrenti;Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

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Fatto e diritto

Osserva il collegio che la presente controversia riguarda la legittimita© o meno, previa delibazione delladomanda incidentale di sospensiva, del decreto del Prefetto di Bari, prot. 3468 del 14 luglio 2003, con cui e© statarespinta la domanda di regolarizzazione presentata, ai sensi dell'art. 1 della legge 9 ottobre 2002, n. 222, daldatore di lavoro del lavoratore extracomunitario ricorrente, nonche degli altri atti amministrativi connessi indicatiin epigrafe.

L'impugnato decreto prefettizio del 14 luglio 2003 costituisce, in realta© , mera applicazione della rigorosadisposizione normativa contenuta nell'art. 1, comma 8, lettera a), della citata legge 9 ottobre 2000, n. 222 (di con-versione, con modificazioni, del decreto legge 9 settembre 2002, n. 195), che esclude dalla ûregolarizzazioneý(introdotta dalla medesima legge) i lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali non possa essere dispostala revoca del provvedimento di espulsione gia© emesso in loro danno, in quanto statuito con la modalita© di accom-pagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

Con l'ordinanza cautelare pronunciata in esito alla camera di consiglio del 13 novembre 2003, la Sezione haaccolto ad tempus (sino alla restituzione degli atti del giudizio da parte della Corte costituzionale in seguito alladecisione della questione di legittimita© costituzionale sollevata con separata ordinanza) l'istanza di sospensivapresentata in via incidentale, dal sig. Hamdi Kullolli.

Rileva il Tribunale che la soprarichiamata norma dell'art. 1, ottavo comma, lettera a) della legge 9 ottobre2002 n. 222 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari) ö sta-tuente che ûle disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extra-comunitari, nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal man-cato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in pre-senza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale; la revoca ... non puo© essere in ogni caso dispostanell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto noncolposo ... ovvero risulti detinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontieraa mezzo della forza pubblica ...ý ö suscita seri dubbi circa la sua conformita© all'art. 3, primo comma, della Cartacostituzionale.

Il collegio intende, quindi, valorizzare la questione di legittimita© costituzionale, in parte qua, dell'art. 1, ottavocomma, lettera a), della legge 9 ottobre 2002 n. 222 proposta dai ricorrenti poiche lo stesso sembra porsi in con-trasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione ö che, notoriamente, vieta anche lalegislatore di trattare in modo eguale situazioni soggettive profondamente diverse ö nella misura in cui sbrigati-vamente equipara, ai fini dell'aprioristica esclusione dalla ûregolarizzazioneý (precludendo la possibilita© di attri-buire rilievo all'esistenza di circostanze obiettive attestanti l'avvenuto inserimento sociale dello straniero), la bendifferente posizione dell'extracomunitario che sia stato destinatario di un provvedimento di espulsione medianteaccompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per motivi di ordine pubblico o di sicurezza delloStato o perche ritenuto socialmente pericoloso, con quella del lavoratore extracomunitario che (come di consuetoavviene) si sia semplicemente trattenuto nel territorio dello Stato Italiano oltre il termine di quindici giorni fissatonell'intimazione scritta di espulsione o sia entrato clandestinamente nel territorio dello Stato privo di un validodocumento d'identita© , non commettendo reati e senza renderli in alcun modo concretamente pericoloso per lasicurezza pubblica.

In tal modo, la norma appare porsi anche in contrasto con il generale precetto, desumibile dallo stesso art. 3della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte legislative.

La sollevata questione di legittimita© costituzionale appare rilevante ö gia© nella fase cautelare del presentegiudizio ö in quanto, da un lato, in base alla delibazione sommaria tipica della trattazione dell'incidente disospensione, le censure prospettate nel ricorso appaiono prive di pregio giuridico in quanto l'impugnato decretodel Prefetto di Bari del 14 luglio 2003 costituisce ö come detto ö mera applicazione della soprariportata disposi-zione normativa e, dall'altro, l'esecuzione degli atti amministrativi gravati sarebbe suscettibile di provocare l'irre-versibile e gravissimo pregiudizio delle posizioni giuridiche soggettive del ricorrente.

Insomma, la presente fase cautelare della controversia, ad avviso del Collegio, non puo© essere definita indi-pendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di legittimita© costituzionale (che, per le ragioni sinteti-camente indicate, appare non manifestamente infondata), dal momento che l'istanza di sospensione dell'efficaciadei provvedimenti impugnati dovra© essere definitivamente accolta oppure respinta, a seconda che la disposizionenormativa denunciata sara© o meno dichiarata incostituzionale (in parte qua) nella sede competente.

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P. Q. M.

Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza dellasollevata questione di legittimita© costituzionale, ordina la sospensione dell'ulteriore corso del giudizio iniziatocon il ricorso indicato in epigrafe e deferisce alla Corte costituzionale la definizione della costituzionalita© , inparte qua, dell'art. 1, ottavo comma, lettera a), della legge 9 ottobre 2002 n. 222 in relazione all'art. 3 dellaCarta costituzionale.

Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente delConsiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Cos|© deciso in Bari nella camera di consiglio del 13 novembre 2003.

Il presidente: Perrelli

Il consigliere relatore-estensore: Mofrea

04C0330

n. 170

Ordinanza del 16 dicembre 2003 emessa dal Tribunale di sorveglianza di Barisul reclamo proposto dal pubblico ministero

Ordinamento penitenziario - Sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva -Ammissione al beneficio delle persone condannate che abbiano subito la revoca, per fatto colpevole, di unamisura alternativa alla detenzione - Ingiustificata disparita© di trattamento rispetto ai condannati ammessi allemisure alternative alla detenzione (per i quali la sospensione non si applica) - Violazione del principio di finalita©rieducativa della pena.

^ Legge 1� agosto 2003, n. 207, art. 1, comma 3, lett. d).^ Costituzione, artt. 3 e 27, comma secondo.

IL TRIBUNALE

A scioglimento della riserva espressa all'udienza del 27 novembre 2003 nel procedimento avente ad oggetto ilreclamo del pubblico ministero avvero l'ordinanza in data 23 settembre 2003 del magistrato di sorveglianza diBari di concessione del beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva ai sensi dellalegge n. 207/2003 nei confronti di Martinelli Giovanni, nato a Bari il 15 ottobre 1967, residente in Ceglie delCampo, v. S. Pietro Martire n. 50;

Sentite le parti,

Su conforme parere del S.P.G.;

Ha emesso la seguente ordinanza.

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I n f a t t o

Con ordinanza in data 20.20.2003, il magistrato di sorveglianza di Bari concedeva a Martinelli Giovanni, inepigrafe generalizzato, il beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della penadetentiva, ai sensi della legge n. 207/2003, in relazione alla condanna di cui al provv. cum. 3.8.99 p.g. Corte app.Bari.

Con atto pervenuto in data 24 ottobre 2003, il p.m. presso il Tribunale di Bari proponeva reclamo avverso lapredetta ordinanza ai sensi dell'art. 2, comma 2, legge succitata, lamentando l'errata applicazione della legge inquestione nella parte in cui il magistrato di sorveglianza aveva ritenuto di applicare il beneficio anche a soggettonei confronti del quale fosse intervenuto un provvedimento di revoca di misura alternativa; e cio© , in contrastocon l'art. 1, comma 3, lett. d) della legge n. 204/2003 che, escludendo dal beneficio della sospensione dell'esecuzio-ne della parte finale della pena detentiva le persone che, dopo la condanna, fossero state ammesse a misure alter-native alla detenzione, poneva una preclusione anche nei confronti di coloro che ö come il Ferrara ö purammessi a misure alternative, ne avessero successivamente subito la revoca.

Per tali motivi il p.m. reclamate chiedeva al Tribunale di sorveglianza la riforma del provvedimento impu-gnato o, in subordine, la proposizione della questione di legittimita© costituzionale dell'art. 1, comma 3, lett. d),nella parte in cui consente che la sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentivaoperi anche nei confronti della persona condannata che abbia subito la revoca di una misura alternativa alladetenzione.

I n d i r i t t o

Ad avviso del collegio, la questione appare rilevante e non manifestamente infondata.

Invero, l'art. 1, comma 3, lett. d), della legge n. 207/2003 esclude dalla concessione del beneficio dellasospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva le persone che, dopo la condanna, sianostate ammesse a misure alternative alla detenzione; e© il caso del Martinelli che, con ordinanza di questo Tribu-nale di sorveglianza in data 10 ottobre 2002, fu ammesso al regime della semiliberta© , subendo poi la revocadel beneficio.

Ora, l'art. 7 della legge n. 207/2003 (che testualmente prevede che ûLe disposizioni della presente legge siapplicano nei confronti dei condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione della pena alla datadi entrata in vigore della medesimaý), ha solo il valore di norma di chiusura, destinata ad individuare il criteriotemporale per l'applicazione del beneficio di nuova istituzione, ma non anche di individuare le condizioni sostan-ziali, soggettive ed oggettive, per l'ammissione e/o l'esclusione del beneficio, che sono invece previste dall'art. 1della legge in questione. La lettera d) di tale articolo prevede, tra le condizioni ostative, l'ammissione del condan-nato ad una misura alternativa alla detenzione, ma non anche l'attualita© di tale condizione: pertanto, la condi-zione ostativa deve ritenersi integrata anche nei confronti dei condannati nei cui confronti la misura alternativaalla detenzione sia stata revocata successivamente all'ammissione.

Una diversa interpretazione della norma ö fondata sul dato meramente letterale ö appare in contrasto conla Costituzione, perche a© ncora ad un dato meramente temporale (essere o meno sottoposto a misura alternativaalla data di entrata in vigore della legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in tal mododipendente da una circostanza meramente aleatoria, in violazione del principio di ragionevolezza. Per altro verso,poi, essa discrimina, ingiustamente la condizione di chi, essendo stato ammesso a misura alternativa alla deten-zione, non abbia subito la revoca della stessa e che pertanto, avendo rispettato le prescrizioni di legge, verrebbeescluso dal beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, a differenza di chiabbia subito la revoca di misura alternativa che, al contrario, potrebbe fruire di detto beneficio.

Tale interpretazione appare in contrasto con il principio di uguaglianza dei cittadini di cui all'art. 3 dellaCostituzione: se e© vero, infatti, che tale principio viene pur sempre rispettato quando le situazioni disciplinatediversamente non siano identiche fra loro, e© anche vero, pero© , che nel caso in esame la condizione del condannato

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cui sia stata revocata una misura alternativa e© diversa, ma senz'altro deteriore, rispetto a quella di chi, ammesso amisura alternativa, non ne abbia subito la revoca. Il primo dunque, pur trovandosi in una situazione soggettiva-mente deteriore rispetto al secondo, potrebbe pero© ugualmente fruire del beneficio, con una vistosa ed ingiustifi-cata disparita© di trattamento rispetto a chi, originariamente nella sua stessa condizione, abbia invece tenuto uncomportamento osservante delle prescrizioni, come tale in teoria meritevole di maggiore tutela (e che pertantosarebbe addirittura legittimato al perverso gioco di farsi revocare la misura alternativa pur di fruire in seguitodella sospensione condizionata dell'esecuzione della pena!).

Ne consegue che il mancato inserimento tra le cause ostative alla concessione del beneficio introdotto dallalegge n. 207/2003, delle ipotesi di cui all'art. 58-quater, legge n. 354/1975 appare per un verso irragionevole(l'art. 58-quater vieta infatti la concessione di misure le cui prescrizioni sono ben piu© rigorose di quelle del benefi-cio de quo, sicche non appare razionale un sistema che, a fronte di determinati comportamenti del condannato,gli neghi per in certo periodo dei benefici penitenziari, ma nel contempo gli riconosca il diritto di ottenerne imme-diatamente un altro piu© favorevole), e per altro verso contrastante con i principi di uguaglianza e di finalita© riedu-cativa della pena (la legge de qua difatti, pare concedere al condannato autore di trasgressioni agli obblighi o per-sino di reati in corso di misura alternativa ö cioe© ad un soggetto rivelatosi per facta concludentia poco affidabileö un beneficio che, contestualmente, nega invece al condannato che, essendo stato ammesso a misura alternativae non avendo commesso violazioni, si presenta sicuramente come piu© meritevole), sicche, in definitiva, non mani-festamente infondata appare la questione di legittimita© costituzionale della disposizione de qua nella parte in cuiconsente l'ammissione al beneficio di coloro i quali abbiano subito la revoca, per fatto colpevole, della misuraalternativa.

Infine, in punto di rilevanza va evidenziato che la decisione della presente questione appare determinante aifini della pronuncia di questo Collegio in ordine al proposto reclamo.

P. Q. M.

Applicato l'art. 23 ella legge 11 marzo 1953, n. 87,

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 1,comma 3, lett. d), della legge n. 207/2003, in riferimento agli artt. 3 e 27, secondo comma, della Costituzione, nellaparte in cui consente l'ammissione al beneficio di coloro i quali abbiano subito la revoca, per fatto colpevole, dellamisura alternativa.

Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Sospende il procedimento avente ad oggetto il reclamo del p.m. presso il Tribunale di Bari avverso l'ordinanza indata 20 ottobre 2003 del magistrato di sorveglianza di Bari con cui e© stato concesso a Martinelli Giovanni, in a.g., ilbeneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva di cui al provv. cum.p.g. C. app. Bari 3 agosto 1999;

Riserva la definizione del suddetto procedimento all'esito della decisione della Corte costituzionale.

Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consigliodei ministri nonche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Bari, add|© 27 novembre 2003

Il Presidente: D'Addetta

L'estensore: Daloiso

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n. 171

Ordinanza del 16 settembre 2003 emessa dal giudice di pace di Genzano di Romanel procedimento civile vertente tra Ricci Renzo e Lloyd Adriatico S.p.a.

Procedimento civile - Procedimento davanti al giudice di pace - Giudizio secondo equita© - Esclusione per le contro-versie relative ai contratti conclusi ex art. 1342 cod. civ. (c.d. contratti di massa), pur se di valore inferiore amillecento euro - Violazione del principio di eguaglianza - Ingiustificata disparita© di trattamento in danno deicontraenti piu© deboli - Violazione del diritto di difesa - Lesione del diritto dei consumatori al giudizio secondoequita© entro i limiti di valore previsti - Incidenza sulla possibilita© dei soggetti non abbienti di difendersi senzaspese dinanzi al giudice di pace.

^ Decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 7 aprile 2003, n. 63, art. 1.^ Costituzione, artt. 3 e 24 (in relazione agli artt. 82 e 113, vecchio testo, del cod. proc. civ.).

IL GIUDICE DI PACE

Nella causa tra Ricci Renzo contro Lloyd Adriatico S.p.a.

A scioglimento della riserva formulata all'udienza del 13 maggio 2003, in relazione alla eccezione di legitti-mita© costituzionale dell'art. 1 della legge 7 aprile 2003, n. 63, sollevata dal Ricci, ha emesso la seguente ordinanza.

Fatto e diritto

Con atto di citazione per l'udienza del 31 marzo 2003 il Ricci Renzo conveniva innanzi codesto giudicante ilLloyd Adriatico Assicurazioni S.p.a. per veder riconosciuto il proprio diritto alla ripetizione della somma dieuro 492,56 indebitamente versata dall'attore alla societa© convenuta in esecuzione di un contratto di assicurazioneRCA per la propria autovettura Ford Fiesta targata RM 72022Z, durante gli anni dal 1995 al 2000.

Il tutto in relazione alla pronuncia del 27 febbraio 2002 del Consiglio di Stato che ha confermato la multacomminata dall'Autorita© Garante per la concorrenza al Lloyd Adriatico (unitamente ad altre Compagnie di assi-curazione) per costituzione di un cartello, vietato dalla legge, al fine di aumentare i costi delle polizze assicurative.

All'udienza del 1� aprile 2003, dopo la costituzione del convenuto, la causa veniva rinviata per controdedu-zioni dell'attore al 13 maggio 2003 ed a detta udienza l'attore stesso presentava eccezione di incostituzionalita© del-l'art. 1 della legge n. 68/2003, per violazione degli artt. 3 (ragionevolezza ed uguaglianza), 24 (diritto alla difesa),77 (principi di straordinaria necessita© ed urgenza), 101, 102, 104 (funzioni costituzionalmente riservate al poteregiudiziario).

La questione di incostituzionalita© sollevata appare innanzitutto rilevante ai fini della decisione del presentegiudizio in quanto da essa dipende la applicabilita© o meno alla fattispecie in esame del principio di equita© ex pree-sistente art. 113 c.c.p. Essa inoltre appare non manifestamente infondata, al di la© anche delle specifiche argomen-tazioni dell'attore, per le seguenti

Motivazioni

Il giudizio di equita© necessaria ex art. 113 c.c.p. e© stato soggetto, nel nostro ordinamento, com'e© noto, ad unasignificativa estensione, sia quantitativa che qualitativa.

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Quanto al primo aspetto vanno ricordate:

la legge n. 398/1984 che amplio© la competenza per valore del giudice conciliatore innalzandola aL. 1.000.000 e lasciando inalterato il diritto/dovere dello stesso conciliatore a decidere secondo equita© , sino allimite massimo della sua competenza;

la legge n. 374/1991, istitutiva del giudice di pace, che ha ampliato tale diritto/dovere sino al limite divalore di due milioni di lire italiane;

la stessa legge n. 84/2003, il cui art. 1 e© oggi oggetto di censura, che ha ritoccato verso l'alto, sia pure dipoco, questo valore portandolo ad euro 1100 (pari a 2.130.000 vecchie lire).

Quanto al secondo aspetto, quello qualitativo, va ricordata la pronuncia delle sez. unite della suprema Corten. 716/1999 che, innovando o quantomeno definendo autorevolmente una linea di orientamento precedentementecontrastata, ha sentenziato che ûIl g.d.p., nelle pronunce secondo equita© , non e© tenuto al rispetto dei principiregolatori della materia, ne dei principi generali dell'ordinamento giuridico, ma soltanto all'osservanza dellenorme costituzionali o comunitarie ...ý.

Il favore con il quale il nostro ordinamento guarda all'allargamento della equita© necessaria ha molteplicimotivazioni. Vi e© certo una esigenza di economia processuale per le dispute di valore minore, ma senza dubbiodella stessa rilevanza sono ragioni di giustizia sostanziale (del caso concreto) che mirano a tutelare il diritto alladifesa dei cittadini, ponendolo a riparo, nei suddetti casi di limitato valore, da una complessa e dispendiosa atti-vita© giudiziaria (sia pure soltanto eventuale) attraverso la previsione della non appellabilita© delle sentenza resesecondo equita© .

In aggiunta, l'esistenza di una componente di garanzia verso i soggetti non abbienti (economicamentedeboli), insita nei meccanismi del giudizio secondo equita© , e© evidenziata sia dalla esenzione prevista per il contri-buto unificato, sia dalla norma dell'art. 82 c.p.c., primo comma, che, nella versione precedente alla istituzionedel g.d.p., consentiva alla parte di stare in giudizio personalmente innanzi al conciliatore (coincidenza assolutaquindi tra questa facolta© e la pronuncia secondo equita© ). Istituito il g.d.p. ed ampliato sino a due milioni di lireil giudizio di equita© , la possibilita© di stare in giudizio personalmente e© rimasta inalterata sino ad un milione di lire,ma tale diritto e© stato esteso, sia pure attraverso la previsione di un provvedimento del g.d.p. che ûin considera-zione della natura e della entita© della causaý puo© autorizzare la parte a stare in giudizio personalmente, anchenelle cause eccedenti il suddetto valore.

Tale previsione, pur esistente precedentemente per i giudizi innanzi il pretore, non vi e© dubbio oggi si colleghioggettivamente alle altre norme sul giudizio di equita© .

Si potrebbe dire insomma che il diritto alla difesa costituzionalmente garantito trova nel nostro ordinamentogiuridico diverse formulazioni ed espressioni e che il combinato disposto delle norme sul giudizio di equita© ex pre-cedente art. 113 c.p.c., sulla possibilita© di stare in giudizio personalmente nelle cause che non superino il valoredi un milione di lire, e sulla esenzione dalle spese di giustizia, identifichi una delle particolari configurazioni deldiritto alla difesa costituzionalmente garantito.

Quella cioe© di rivolgersi al g.d.p. per vedere definite nel merito le cause di valore non superiore al tetto defi-nito, sulla base di un giudizio di equita© , senza dover affrontare spese di iscrizione a ruolo, senza dover affrontarele lunghe e costose pratiche per una eventuale causa in appello e, almeno per la cause di valore non superiore almilione, senza i costi di un legale.

Questa particolare configurazione del diritto alla difesa appare ûconsustanzialeý all'istituto del giudice dipace che diventa cos|© , per le cause sino al valore definito, il giudice dell'equita© . Quanto sopra e© per converso dimo-strato dal fatto che quelle materie nelle quali il legislatore ha inteso non riconoscere questo diritto (e cioe© non pre-vedere il giudizio secondo equita© ) non sono ricomprese nell'ambito della competenza del g.d.p., come ad esempiole cause di lavoro, o in materia locatizia.

Fatta questa lunga premessa, e tenuto conto, per quanto specificamente riguarda le fattispecie concrete delleripetizioni di indebito chieste alle compagnie di assicurazione RCA in collegamento con la nota pronuncia del-l'Antitrust, che la sentenza n. 14475/2002 della Corte di cassazione ha riconfermato la competenza del g.d.p.,appare non manifestamente infondata l'ipotesi che la norma censurata violi il principio di eguaglianza ed il dirittodi difesa ex artt. 3 e 24 della Costituzione.

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Per quanto riguarda la violazione del principio di eguaglianza, essa infatti introduce una disparita© di tratta-mento nei giudizi innanzi al g.d.p. che non appare giustificata da una specificita© della materia, ma da una specifi-cita© del contenitore giuridico, che potrebbe essere applicata da parte del contraente piu© ûforteý a qualsiasi tipolo-gia di transizione commerciale, con danno evidente dei contraenti piu© deboli (i consumatori).

Basti pensare a qualsiasi forma di vendita rateale di beni o servizi (libri, palestre, beni di consumo durevolie non) che gia© sono in gran parte, ma ancor piu© potrebbero essere in futuro ricondotte artatamente entro l'ambitodel 1342 codice civile al fine di evitare i giudizi secondo equita© .

Gia© questa osservazione sembra far giustizia delle piu© volta evocata esigenza di standardizzazione per i giu-dizi relativi a tipologie di servizi che riguardano una grande massa di utenti (come appunto le assicurazioni, i tele-foni, l'elettricita© ...). La norma del 1342 puo© ricoprire infatti anche il contratto di adesione del Club XYZ chegestisce la piscina sotto casa: dove© allora questa ratio?

Ma c'e© di piu© , proprio per i servizi a maggior rilevanza (assicurazione, telefono, elettricita© , fornitura di gas edi acqua ...) la configurazione del diritto alla difesa di cui si e© parlato, che tutela il contraente per definizionepiu© debole, costituisce un valore primario da garantire; cio© in considerazione del fatto che per la maggior partedi questi contratti di massa e© invalsa ormai la regola o la prassi di non far piu© sottoscrivere le norme del contrattoal consumatore, ma di rinviare lo stesso a libretti prestampati o addirittura a regolamenti predeterminati da altrisoggetti e difficilmente accessibili al normale consumatore, sia dal punto di vista materiale che di ûcomprensioneýdegli articolati. Se a questa circostanza si aggiunge l'altra che il normale consumatore non puo© fare a meno diquesti servizi (per la RCA vi e© addirittura un obbligo giuridico), si giustifica, al contrario, pienamente, la ratiodel diritto ad un giudizio secondo equita© , con i limiti di valore previsti, per garantire al consumatore una giustiziadel caso concreto e non fondata sulla necessaria e puntuale applicazione delle regole del diritto formale o peggiosui complessi apparati di regole che le Grandi imprese che gestiscono questi servizi sono in grado di (e spessohanno interesse a) formulare.

In ogni caso la norma censurata appare in contrasto con il terzo comma dell'art. 24 della Costituzione, rite-nendosi da parte di codesto giudice che il combinato disposto degli artt. 82 e 113 (precedente formulazione)c.p.c. nonche delle correlate norme sulle spese di giustizia, rappresentati uno degli istituti previsti al fine di garan-tire senza spese la difesa si soggetti non abbienti innanzi al g.d.p., sino alla completa definizione delle questionedi merito. Possibilita© vanificata da un (sia pur eventuale) gravame in sede di appello.

Il giudizio in corso va quindi sospeso ed a norma della legge n. 87/1953 i relativi atti vanno trasmessi allaCorte costituzionale.

P. Q. M.

Ordina la sospensione del giudizio instaurato da Ricci Renzo nei confronti di Lloyd Adriatico S.p.a. ed iscritto aln. 84/2003 r.g.a.c.;

Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Ordina la notifica della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche la suacomunicazione al Presidente del Senato e della Camera dei deputati;

Da© mandato alla cancelleria.

Genzano di Roma, add|© 8 settembre 2003

Il giudice di pace: Chiaromonte

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n. 172

Ordinanza del 16 settembre 2003 emessa dal giudice di pace di Genzano di Romanel procedimento civile vertente tra Ricci Renzo e Lloyd Adriatico S.p.a.

Procedimento civile - Procedimento davanti al giudice di pace - Giudizio secondo equita© - Esclusione per le contro-versie relative ai contratti conclusi ex art. 1342 cod. civ. (c.d. contratti di massa), pur se di valore inferiore amillecento euro - Violazione del principio di eguaglianza - Ingiustificata disparita© di trattamento in danno deicontraenti piu© deboli - Violazione del diritto di difesa - Lesione del diritto dei consumatori al giudizio secondoequita© entro i limiti di valore previsti - Incidenza sulla possibilita© dei soggetti non abbienti di difendersi senzaspese dinanzi al giudice di pace.

^ Decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 7 aprile 2003, n. 63, art. 1.^ Costituzione, artt. 3 e 24 (in relazione agli artt. 82 e 113, vecchio testo, del cod. proc. civ.).

IL GIUDICE DI PACE

Nella causa tra Ricci Renzo contro Lloyd Adriatico S.p.a.

A scioglimento della riserva formulata all'udienza del 13 maggio 2003, in relazione alla eccezione di legitti-mita© costituzionale dell'art. 1 della legge 7 aprile 2003, n. 63, sollevata dal Ricci, ha emesso la seguente ordinanza.

Fatto e diritto

Con atto di citazione per l'udienza del 31 marzo 2003 il Ricci Renzo conveniva innanzi codesto giudicante ilLloyd Adriatico Assicurazioni S.p.a. per veder riconosciuto il proprio diritto alla ripetizione della somma dieuro 426,75 indebitamente versata dall'attore alla societa© convenuta in esecuzione di un contratto di assicurazioneRCA per la propria autovettura Lancia Y10 Junior targata AC 340 WJ, durante gli anni dal 1995 al 2000.

Il tutto in relazione alla pronuncia del 27 febbraio 2002 del Consiglio di Stato che ha confermato la multacomminata dall'Autorita© Garante per la concorrenza al Lloyd Adriatico (unitamente ad altre Compagnie di assi-curazione) per costituzione di un cartello, vietato dalla legge, al fine di aumentare i costi delle polizze assicurative.

All'udienza del 1� aprile 2003, dopo la costituzione del convenuto, la causa veniva rinviata per controdedu-zioni dell'attore al 13 maggio 2003 ed a detta udienza l'attore stesso presentava eccezione di incostituzionalita© del-l'art. 1 della legge n. 68/2003, per violazione degli artt. 3 (ragionevolezza ed uguaglianza), 24 (diritto alla difesa),77 (principi di straordinaria necessita© ed urgenza), 101, 102, 104 (funzioni costituzionalmente riservate al poteregiudiziario).

La questione di incostituzionalita© sollevata appare innanzitutto rilevante ai fini della decisione del presentegiudizio in quanto da essa dipende la applicabilita© o meno alla fattispecie in esame del principio di equita© ex pree-sistente art. 113 c.c.p. Essa inoltre appare non manifestamente infondata, al di la© anche delle specifiche argomen-tazioni dell'attore, per le seguenti

Motivazioni

Il giudizio di equita© necessaria ex art. 113 c.c.p. e© stato soggetto, nel nostro ordinamento, com'e© noto, ad unasignificativa estensione, sia quantitativa che qualitativa.

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Quanto al primo aspetto vanno ricordate:

la legge n. 398/1984 che amplio© la competenza per valore del giudice conciliatore innalzandola aL. 1.000.000 e lasciando inalterato il diritto/dovere dello stesso conciliatore a decidere secondo equita© , sino allimite massimo della sua competenza;

la legge n. 374/1991, istitutiva del giudice di pace, che ha ampliato tale diritto/dovere sino al limite divalore di due milioni di lire italiane;

la stessa legge n. 84/2003, il cui art. 1 e© oggi oggetto di censura, che ha ritoccato verso l'alto, sia pure dipoco, questo valore portandolo ad euro 1100 (pari a 2.130.000 vecchie lire).

Quanto al secondo aspetto, quello qualitativo, va ricordata la pronuncia delle sez. unite della suprema Corten. 716/1999 che, innovando o quantomeno definendo autorevolmente una linea di orientamento precedentementecontrastata, ha sentenziato che ûIl g.d.p., nelle pronunce secondo equita© , non e© tenuto al rispetto dei principiregolatori della materia, ne dei principi generali dell'ordinamento giuridico, ma soltanto all'osservanza dellenorme costituzionali o comunitarie ...ý.

Il favore con il quale il nostro ordinamento guarda all'allargamento della equita© necessaria ha molteplicimotivazioni. Vi e© certo una esigenza di economia processuale per le dispute di valore minore, ma senza dubbiodella stessa rilevanza sono ragioni di giustizia sostanziale (del caso concreto) che mirano a tutelare il diritto alladifesa dei cittadini, ponendolo a riparo, nei suddetti casi di limitato valore, da una complessa e dispendiosa atti-vita© giudiziaria (sia pure soltanto eventuale) attraverso la previsione della non appellabilita© delle sentenza resesecondo equita© .

In aggiunta, l'esistenza di una componente di garanzia verso i soggetti non abbienti (economicamentedeboli), insita nei meccanismi del giudizio secondo equita© , e© evidenziata sia dalla esenzione prevista per il contri-buto unificato, sia dalla norma dell'art. 82 c.p.c., primo comma, che, nella versione precedente alla istituzionedel g.d.p., consentiva alla parte di stare in giudizio personalmente innanzi al conciliatore (coincidenza assolutaquindi tra questa facolta© e la pronuncia secondo equita© ). Istituito il g.d.p. ed ampliato sino a due milioni di lireil giudizio di equita© , la possibilita© di stare in giudizio personalmente e© rimasta inalterata sino ad un milione di lire,ma tale diritto e© stato esteso, sia pure attraverso la previsione di un provvedimento del g.d.p. che ûin considera-zione della natura e della entita© della causaý puo© autorizzare la parte a stare in giudizio personalmente, anchenelle cause eccedenti il suddetto valore.

Tale previsione, pur esistente precedentemente per i giudizi innanzi il pretore, non vi e© dubbio oggi si colleghioggettivamente alle altre norme sul giudizio di equita© .

Si potrebbe dire insomma che il diritto alla difesa costituzionalmente garantito trova nel nostro ordinamentogiuridico diverse formulazioni ed espressioni e che il combinato disposto delle norme sul giudizio di equita© ex pre-cedente art. 113 c.p.c., sulla possibilita© di stare in giudizio personalmente nelle cause che non superino il valoredi un milione di lire, e sulla esenzione dalle spese di giustizia, identifichi una delle particolari configurazioni deldiritto alla difesa costituzionalmente garantito.

Quella cioe© di rivolgersi al g.d.p. per vedere definite nel merito le cause di valore non superiore al tetto defi-nito, sulla base di un giudizio di equita© , senza dover affrontare spese di iscrizione a ruolo, senza dover affrontarele lunghe e costose pratiche per una eventuale causa in appello e, almeno per la cause di valore non superiore almilione, senza i costi di un legale.

Questa particolare configurazione del diritto alla difesa appare ûconsustanzialeý all'istituto del giudice dipace che diventa cos|© , per le cause sino al valore definito, il giudice dell'equita© . Quanto sopra e© per converso dimo-strato dal fatto che quelle materie nelle quali il legislatore ha inteso non riconoscere questo diritto (e cioe© non pre-vedere il giudizio secondo equita© ) non sono ricomprese nell'ambito della competenza del g.d.p., come ad esempiole cause di lavoro, o in materia locatizia.

Fatta questa lunga premessa, e tenuto conto, per quanto specificamente riguarda le fattispecie concrete delleripetizioni di indebito chieste alle compagnie di assicurazione RCA in collegamento con la nota pronuncia del-

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l'Antitrust, che la sentenza n. 14475/2002 della Corte di cassazione ha riconfermato la competenza del g.d.p.,appare non manifestamente infondata l'ipotesi che la norma censurata violi il principio di eguaglianza ed il dirittodi difesa ex artt. 3 e 24 della Costituzione.

Per quanto riguarda la violazione del principio di eguaglianza, essa infatti introduce una disparita© di tratta-mento nei giudizi innanzi al g.d.p. che non appare giustificata da una specificita© della materia, ma da una specifi-cita© del contenitore giuridico, che potrebbe essere applicata da parte del contraente piu© ûforteý a qualsiasi tipolo-gia di transizione commerciale, con danno evidente dei contraenti piu© deboli (i consumatori).

Basti pensare a qualsiasi forma di vendita rateale di beni o servizi (libri, palestre, beni di consumo durevolie non) che gia© sono in gran parte, ma ancor piu© potrebbero essere in futuro ricondotte artatamente entro l'ambitodel 1342 codice civile al fine di evitare i giudizi secondo equita© .

Gia© questa osservazione sembra far giustizia delle piu© volta evocata esigenza di standardizzazione per i giu-dizi relativi a tipologie di servizi che riguardano una grande massa di utenti (come appunto le assicurazioni, i tele-foni, l'elettricita© ...). La norma del 1342 puo© ricoprire infatti anche il contratto di adesione del Club XYZ chegestisce la piscina sotto casa: dove© allora questa ratio?

Ma c'e© di piu© , proprio per i servizi a maggior rilevanza (assicurazione, telefono, elettricita© , fornitura di gas edi acqua ...) la configurazione del diritto alla difesa di cui si e© parlato, che tutela il contraente per definizionepiu© debole, costituisce un valore primario da garantire; cio© in considerazione del fatto che per la maggior partedi questi contratti di massa e© invalsa ormai la regola o la prassi di non far piu© sottoscrivere le norme del contrattoal consumatore, ma di rinviare lo stesso a libretti prestampati o addirittura a regolamenti predeterminati da altrisoggetti e difficilmente accessibili al normale consumatore, sia dal punto di vista materiale che di ûcomprensioneýdegli articolati. Se a questa circostanza si aggiunge l'altra che il normale consumatore non puo© fare a meno diquesti servizi (per la RCA vi e© addirittura un obbligo giuridico), si giustifica, al contrario, pienamente, la ratiodel diritto ad un giudizio secondo equita© , con i limiti di valore previsti, per garantire al consumatore una giustiziadel caso concreto e non fondata sulla necessaria e puntuale applicazione delle regole del diritto formale o peggiosui complessi apparati di regole che le Grandi imprese che gestiscono questi servizi sono in grado di (e spessohanno interesse a) formulare.

In ogni caso la norma censurata appare in contrasto con il terzo comma dell'art. 24 della Costituzione, rite-nendosi da parte di codesto giudice che il combinato disposto degli artt. 82 e 113 (precedente formulazione)c.p.c. nonche delle correlate norme sulle spese di giustizia, rappresentati uno degli istituti previsti al fine di garan-tire senza spese la difesa si soggetti non abbienti innanzi al g.d.p., sino alla completa definizione delle questionedi merito. Possibilita© vanificata da un (sia pur eventuale) gravame in sede di appello.

Il giudizio in corso va quindi sospeso ed a norma della legge n. 87/1953 i relativi atti vanno trasmessi allaCorte costituzionale.

P. Q. M.

Ordina la sospensione del giudizio instaurato da Ricci Renzo nei confronti di Lloyd Adriatico S.p.a. ed iscritto aln. 85/2003 r.g.a.c.;

Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Ordina la notifica della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche la suacomunicazione al Presidente del Senato e della Camera dei deputati;

Da© mandato alla cancelleria.

Genzano di Roma, add|© 8 settembre 2003

Il giudice di pace: Chiaromonte

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n. 173

Ordinanza del 18 settembre 2003 emessa dal giudice di pace di Taurianovanel procedimento penale a carico di Reitano Rocco.

Processo penale - Procedimento dinanzi al giudice di pace - Decreto di citazione a giudizio disposto dalla polizia giu-diziaria - Avviso all'imputato della facolta© di presentare domanda di oblazione - Mancata previsione - Inci-denza sul principio di uguaglianza.

^ Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 20.^ Costituzione, art. 30.

IL GIUDICE DI PACE

In merito alle eccezioni sollevate dalla difesa ritiene:

a) valido il decreto di citazione per quanto attiene alle fonti di prova ed ai testi, in quanto la relazione diservizio a cui si fa riferimento e© espressamente indicata ed in essa sono contenuti i nominativi dei testi;

b) la notifica, all'imputato, con relata su separato foglio, e© da intendersi perfezionata e valida in quantospecifica e contenente tutti i riferimenti relativi all'atto notificato.

In merito alla questione di legittimita© costituzionale dell'art. 20 decreto legislativo n. 274/2000, nella parte incui non prevede a pena di nullita© l'indicazione della facolta© di avvalersi della oblazione, questo giudice ritieneche possa ravvisarsi un affievolimento del diritto di difesa anche alla luce dell'art. 2, dello stesso decreto, rite-nendo quindi di essere in presenza di un vuoto normativo.

P. Q. M.

Accoglie la richiesta della difesa non ritenendola manifestamente infondata.

Pone la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 20 decreto-legge n. 274 del 28 agosto 2000 nellaparte in cui non prevede che all'imputato debba essere dato, a pena di nullita© , avvertimento della facolta© di usu-fruire, prima dell'apertura del dibattimento, dell'istituto dell'oblazione, anche con riferimento all'art. 3 dellaCostituzione.

Ordina pertanto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il presente procedimento.

Il presente verbale viene chiuso alle ore 12,50.

Il giudice: firma illeggibile

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n. 174

Ordinanza del 29 settembre 2003 emessa dal giudice di pace di Venezia nel procedimento civilevertente tra Lancioli Domenico e Comune di Venezia

Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accerta-mento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma parialla meta© del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Contrasto con il principio diirretroattivita© della legge (ove l'onere sia ritenuto applicabile anche alle infrazioni commesse prima del 13 ago-sto 2003) - Violazione del diritto di azione e difesa - Lesione della garanzia di mezzi difensivi per i nonabbienti - Contrasto con il ûdiritto alla parita© indipendentemente dalle condizioni personali e socialiý - Sottra-zione di fatto della funzione giurisdizionale ai giudici (ove il mancato versamento della cauzione venga intesocome ragione di irricevibilita© del ricorso da parte dei cancellieri).

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, comma 3, introdotto dalla legge1� agosto 2003, n. 214.

^ Costituzione, artt. 3, 24, commi primo, secondo e terzo, 25 e 102, primo comma.

IL GIUDICE DI PACE

Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nel giudizio promosso dal dott.Domenico Lancioli (R.G. n. 266/2003) mediante ricorso depositato il 15 settembre 2003 in cancelleria;

Contro il Comune di Venezia, con il quale il ricorrente si opponeva alla sanzione amministrativa inflittagliper violazione dell'art. 142/98 del c.d.s., adducendo la irregolare contestazione della violazione amministrativa.

Risulta che il ricorrente ha depositato il ricorso in data 15 settembre 2003 dopo avere tentato di depositarlouna prima volta in data 8 settembre dello stesso anno, ma di non averlo potuto depositare, in quanto la cancelle-ria, sulla base della legge, condizionava la presentazione del ricorso alla prova dell'avvenuto deposito dellasomma pari alla meta© del massimo della sanzione prevista per la violazione inflittagli.

Con tale ricorso l'opponente, oltre a lamentare l'irregolare contestazione dell'illecito e altre irregolarita© cheavrebbero determinato la annullabilita© del verbale, sollevava eccezioni attorno al rifiuto di ricevere il deposito del-l'atto da parte della cancelleria dell'ufficio, se non fosse stato accompagnato dalla prova dell'avvenuto pagamentodel predetto deposito previsto dall'art. 204-bis, comma 3, cos|© come introdotto della legge n. 214 del 1� agosto2003 recante modifiche e integrazioni al codice della strada.

Circa quest'ultimo punto il ricorrente osservava:

1) che il verbale della contravvenzione per cui egli presentava il ricorso era del 3 maggio 2003, quindiantecedente alla legge n. 214 del 2003 entrata m vigore successivamente.

2) che i termini per la presentazione del ricorso erano stati sospesi durante il periodo feriale.

3) che era comunque stato gia© deciso da altri giudici di pace di altri uffici, anche con sentenza la inappli-cabilita© di tale deposito alle violazioni antecedenti all'agosto 2003.

4) che il rifiuto di accettare il ricorso portato a mano era illegittimo perche ostacolava il suo diritto aduna tempestiva difesa, e che lo aveva costretto a inoltrare il ricorso stesso per posta.

5) che la previsione legislativa che imponeva il deposito a pena di inammissibilita© , era illegittimo anchecostituzionalmente per contrasto con gli artt. 3 e 25 della Costituzione.

Il giudice di pace emetteva in data 15 settembre 2003 decreto di fissazione di udienza per il giorno 16 dicem-bre 2003 disponendo la notifica del ricorso-decreto alle parti.

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Tanto premesso vale osservare:

La norma di cui all'art. 204-bis, comma 3, del c.d.s. (introdotta con la legge n. 151 del 1� agosto 2003, stabili-sce che il versamento della somma pari alla meta© del massimo edittale della sanzione inflitta, deve essere fatto apena di inammissibilita© all'atto del deposito del ricorso.

Eé chiaro che tale inammissibilita© deve essere dichiarata dal giudice. Se il legislatore avesse parlato di irricevi-bilita© potrebbe opinarsi che sia l'addetto alla cancelleria a decidere. Ma a questo punto occorrerebbe indagare setale condizione sia compatibile con la norma costituzionale di cui all'art. 102, primo comma, la quale stabilisceche la funzione giurisdizionale (e quindi l'interpretazione della legge) e© affidata ai magistrati. Rimettere dunquead un cancelliere il giudizio sulla ammissibilita© o anche sulla ricevebilita© di un ricorso sembra non sia stata lavolonta© del legislatore.

Sorge comunque dubbio, se la norma fosse diversamente interpretata, sulla costituzionalita© della normastessa.

La stampa ha dato notizia che tale questione di illegittimita© costituzionale e© stata gia© sollevata dal giudice dipace di Roma, per contrasto con l'art. 25 della Costituzione (che stabilisce il principio della non retroattivita© dellalegge). La norma in parola non dice se l'obbligo del deposito, ante causa, si applichi anche a quei ricorsi che ven-gono proposti contro violazioni anteriori alla sua entrata in vigore. Orbene su questo punto sembra a questo giu-dice di pace di Venezia che dovendosi interpretare la legge in parola cioe© il comma 3 del nuovo art. 204-bis delc.d.s., alla luce dei principi costituzionali e in particolare dell'art. 25 della Costituzione, vada interpretata nelsenso che si applica alle sole violazioni commesse dopo la entrata in vigore della legge stessa e cioe© dopo il 15 ago-sto 2003.

Il caso che ci riguarda concerne una contravvenzione del 3 maggio 2003 e quindi antecedente.

Dovrebbe quindi essere chiaro almeno per questa causa che la norma dell'art. 204-bis, cioe© l'obbligo deldeposito ante causa non si pone.

Tuttavia, se la legge in parola dovesse interpretarsi diversamente, sorge il dubbio non manifestamente infon-dato della sua illegittimita© costituzionale rispetto all'art. 25 della Carta costituzionale.

Al di la© di questo aspetto del problema, l'incostituzionalita© appare non manifestamente infondata anche sottoun altro profilo accennato dall'opponente, e cioe© per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in particolarecon i suoi primi tre commi.

Il primo comma dell'art. 24 della Carta costituzionale stabilisce il diritto per tutti di agire in giudizio per latutela dei propri diritti e interessi legittimi.

Il secondo comma dichiara che il diritto alla difesa e© inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Il terzo comma dichiara che sono assicurati ai non abbienti i mezzi per agire o difendersi davanti ad ogni giu-risdizione.

Eé quanto mai evidente che la norma del nuovo art. 204-bis del c.d.s., stabilisce un obbligo per tutti di pagareun deposito pari alla meta© del massimo edittale (somma che puo© essere anche molto elevata) a carico di chi pre-senta un ricorso in opposizione a sanzione amministrativa al giudice di pace, e quindi vuole agire in giudizio perla tutela dei propri diritti o interessi legittimi.

Ne© puo© sfuggire che tale onere che impedisce o affievolisce in modo notevole il diritto del cittadino alla difesae© stato posto dal legislatore solo per i ricorsi in materia di opposizione a sanzione amministrativa avanti il giudicedi pace, e non invece per i ricorsi analoghi per i quali e© competente il tribunale (in materia urbanistica, difesadella flora e della fauna e della flora ecc.).

Si e© voluto cioe© stabilire una norma che limita il diritto alla difesa in giudizio come eccezione alla regola, enei soli casi di infrazioni al codice della strada e solo quando il ricorso sia fatto avanti il giudice di pace.

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Da qui si comprende, anche perche se ne e© parlato nella stampa nazionale e specializzata, come tale norma dichiara natura processuale, sia stata introdotta in una legge di diritto sostanziale quale il codice della strada, nongia© per esigenze di legittimita© ma solo per scoraggiare i cittadini dal presentare ricorso contro le violazioni ammi-nistrative, che sommergevano alcuni uffici (specie quello di Roma) da valanghe di ricorsi.

Esigenza cui il legislatore poteva far fronte certamente in altra maniera senza ûcolpire nel mucchioý come hafatto, impedendo ai cittadini che hanno ragione o credono di avere ragione,di rivolgersi alla giustizia di Stato.

Tanto piu© che vi e© un'altra norma della Costituzione che potrebbe scontrarsi con l'art. 204-bis del nuovoc.d.s.. Trattasi dell'art. 3 della Costituzione che garantisce il diritto alla parita© , indipendentemente dalle condi-zioni personali e sociali.

Questo diritto appare violato dall' art. 204-bis del c.d.s. nella sua formulazione attuale, in quanto prevede ildeposito in pratica di una cauzione a carico di chiunque, senza guardare al reddito della persona, e senza che que-sta possa incorrere al gratuito patrocinio, trattandosi di un deposito cauzionale, non di una spesa di giustizia.

Infine la norma in esame appare anche in contrasto con l'art. 102 della Costituzione perche sottrae di fatto lafunzione giurisdizionale ai giudici, attribuendola in materia di opposizione a sanzioni amministrative ai cancel-lieri. Infatti se la norma in questione, viene interpretata, come lo e© stato sinora, nel senso che la inammissibilita©viene intesa come irricevibilita© , e questa interpretazione viene lasciata ai cancellieri, sicche questi ultimi di fattosi possono legittimamente rifiutare di ricevere un ricorso sottraendolo al giudizio dell magistrato che puo© dichia-rarlo inammissibile, almeno dopo averlo letto.

P. Q. M.

Visto il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa in particolare al verbale di contestazione n. X-233212393 maggio 2003, della Polizia municipale di Venezia, depositato il 15 settembre 2003 dal dott. Domenico Lancioli.

Visto l'allegato ricorso depositato in pari data dallo stesso Lancioli con il quale il medesimo chiede che sia dichia-rata la illegittimita© del rifiuto e diniego di accettazione e deposito del ricorso, e nel quale l'opponente solleva eccezionedi illegittimita© costituzionale per contrasto tra l'art. 204-bis del c.d.s. e l'art. 3 della Costituzione il nonche 25 dellamedesima.

Visto l'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948.

Ritenuta non manifestamente infondata la questione di illegittimita© costituzionale dell'art. 204-bis, comma 3, delcodice della strada, cos|© come introdotto con legge 1� agosto 2003, n. 214, in riferimento agli artt. 24, primo, secondoe terzo comma, della Costituzione, nonche 3 della stessa nonche 25 della stessa nonche 102, primo comma, dellastessa, Costituzione, nei termini sopra descritti.

Sospende il giudizio relativo alla causa r.g. 266/2003, e rimette gli atti di causa alla Corte costituzionale, per ladecisione sulle questioni sollevate.

Manda alla cancelleria di provvedere alle comunicazioni di legge.

Venezia, add|© 29 settembre 2003

Il giudice di pace: Ascoli

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n. 175

Ordinanza del 10 novembre 2003 emessa dal giudice di pace di Brindisinel procedimento civile vertente tra Giuliani Carmine e Sindaco di Brindisi

Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accerta-mento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma parialla meta© del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Deteriore posizione del cittadinoricorrente rispetto all'Amministrazione convenuta - Penalizzazione del ricorso all'Autorita© giudiziaria per favo-rire quello al Prefetto - Compressione della tutela giurisdizionale dei cittadini meno abbienti - Reintroduzionedell'istituto del solve et repete - Lesione dei principi in tema di ricorsi giurisdizionali avverso le sanzioni ammi-nistrative - Contrasto con il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli economico-sociali limitativi difatto della liberta© e dell'eguaglianza.

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, introdotto dalla legge 1� agosto2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151.

^ Costituzione, artt. 2, 3 e 24.

IL GIUDICE DI PACE

Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta in data 27 ottobre 2003 al n. 1137 delR.G.A.C. dell'anno 2003, tra Giuliani Carmine, residente in Brindisi alla Corte Belvedere, 2, in giudizio di per-sona, opponente;

Contro sindaco di Brindisi, domiciliato per la carica in Brindisi, piazza Matteotti, Palazzo di Citta© , opposto.

F a t t o

In data 4 settembre 2003 alle ore 10,28 in Brindisi alla via Conserva, presso il civico 18, un ausiliario del traf-fico del Comune di Brindisi accertava con verbale n. 17671/M la violazione dell'art. 7, comma 1, del codice dellastrada, nei confronti di Giuliani Carmine, assente, in quanto ûsostava senza esporre il titolo di pagamentoý. Ver-bale da intendersi conosciuto il giorno stesso della sua elevazione.

Giuliani Carmine ricorre a questo giudice deducendo di essere titolare di un permesso di sosta rilasciato dallaMultiservizi, societa© che gestisce le zone ove la sosta e© a pagamento, e chiede l'annullamento dell'atto irrogativodella sanzione.

D i r i t t o

Esaminati gli atti, questo giudice rileva come il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa sia stato depo-sitato nella cancelleria del giudice di pace di Brindisi in data 17 settembre 2003 senza il versamento presso la dettacancelleria di una somma pari alla meta© del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore.

Tale obbligo e© previsto, a pena di inammissibilita© del ricorso, dall'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile1992, n. 285 (codice della strada), introdotto dalla legge 1� agosto 2003, n. 214 (che ha convertito in legge, conmodificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151).

Detta legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003, supplemento ordinario n. 133, e©entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione e, pertanto, deve essere osservata, sebbenecontrastante con l'art. 4 del r.d. 10 marzo 1910, n. 149, tutt'ora in vigore, che vieta alle cancellerie di ricevere ver-samenti in denaro. Ne appare possibile, cos|© come vorrebbe la circolare del 13 agosto 2003 del Ministero dellagiustizia, far prevalere una fonte secondaria (art. 4, r.d. n. 149/1910) su una disposizione (art. 204-bis del decretolegislativo 30 aprile 1992, n. 285) non solo successiva, ma introdotta da fonte primaria.

Questo giudice ritiene che l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge1� agosto 2003, n. 214 (che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151), siacostituzionalmente illegittimo, e solleva d'ufficio questione di legittimita© costituzionale nei termini che seguono:

Rilevanza.

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Il giudizio non puo© essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita© costitu-zionale, in quanto, se questo giudice applicasse la detta norma, dovrebbe dichiarare inammissibile il ricorso;mentre, ove si ritenesse la stessa in contrasto con la Costituzione, il ricorso potra© essere esaminato nel merito.

Non manifesta infondatezza.Violazione degli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione.La norma in questione:

1) riserva una diversa e vessata posizione al cittadino che ricorre al giudice, rispetto alla P.A. convenuta,che ha ora il vantaggio del versamento della cauzione (iniquo perche a tutela di un interesse di una parte incausa), e che, a differenza dell'opponente, in caso di vittoria, ha immediatamente a propria disposizione;

2) discrimina e penalizza il ricorso ad un soggetto ûterzoý, l'autorita© giudiziaria, per favorire il ricorso alPrefetto, soggetto ûparteý, e quindi ûparzialeý per antonomasia;

3) riduce il ricorso al giudice di pace ad un mezzo di tutela legato alla disponibilita© economica del sog-getto leso dal provvedimento autoritativo, rendendo schiavo il cittadino meno abbiente, e limitandolo nella sceltadella sede ove tutelare i propri diritti; consentendo il ricorso alla imparziale autorita© giudiziaria solo a coloro inpossesso di una somma di denaro addirittura doppia rispetto a quella che consentirebbe di conciliare mediantepagamento in misura ridotta, e relegando i meno abbienti al negletto ricorso al prefetto;

4) rappresenta un ingiustificabile ostacolo e la piu© grave compressione della piena ed incondizionata tutela deidiritti, ancor piu© perche si impone nella sola sede giurisdizionale; calpesta i primi tre commi dell'art. 24 della Costitu-zione, reintroducendo l'istituto del solve et repete (gia© dichiarato incostituzionale con sent. 31 marzo 1961, n. 21);

5) inducendo di fatto i meno abbienti a desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale, ecostringendoli a presentare ricorso al prefetto, preclude loro l'unico mezzo di tutela ove vige il principio della soc-combenza, con la conseguenza che, in caso di accoglimento dell'opposizione, il prefetto non liquidera© loro le even-tuali competenze legali sostenute e neppure le spese vive;

6) si pone in contrasto con i principi che sorreggono l'istituto del ricorso avverso le sanzioni amministrativein sede giurisdizionale, quali l'esenzione da qualsiasi contributo per l'instaurazione del giudizio e la possibilita© di starein giudizio personalmente: principi posti proprio al fine di rendere tale istituto accessibile da tutti e senza spese;

7) la norma incriminata e© ancor piu© censurabile alla luce del comma 2 dell'art. 3 della Costituzione, lad-dove e© sancito che il compito della Repubblica e© proprio quello di rimuovere, non gia© di creare, gli ostacoli diordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta© e l'ugualianza dei cittadini, impediscono il pieno svi-luppo della persona umana.

P. Q. M.

Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;Considerato che il giudizio non puo© essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legitti-

mita© costituzionale;Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della stessa;Solleva d'ufficio la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992,

n. 285, introdotto dalla legge 1� agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge27 giugno 2003, n. 151;

Per contrasto con gli artt. 3, 2 e 24 della Costituzione della Repubblica italiana;Nella parte in cui prevede che, all'atto del deposito del ricorso, il ricorrente debba versare presso la cancelleria del

giudice di pace, a pena di inammissibilita© del ricorso, una somma pari alla meta© del massimo edittale della sanzioneinflitta dall'organo accertatore;

Sospende il presente giudizio n. 1137 del R.G.A.C. dell'anno 2003;Manda alla cancelleria:

di provvedere alla immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e di comuni-

carla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Brindisi, add|© 10 novembre 2003

Il giudice di pace: Guarini

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n. 176

Ordinanza del 27 novembre 2003 emessa dal giudice di pace di Velletri nel procedimento civilevertente tra Bagaglini Daniele e Ministero dell'interno - Commissariato di P.S. di Velletri

Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accerta-mento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma parialla meta© del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Violazione del principio di ugua-glianza - Discriminazione ingiusta tra soggetti abbienti e non abbienti - Lesione del diritto di difesa - Contrastocon il divieto di limitazioni alla tutela giurisdizionale contro gli atti della Pubblica Amministrazione - Richiamoalla sentenza n. 80/1966 della Corte costituzionale.

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, comma 3, introdotto dall'art. 1-septies della legge 1� agosto 2003, n. 214 [recte: introdotto dall'art. 4, comma 1-septies, del d.l. 27 giu-gno 2003, n. 151, convertito, con modifiche, nella legge 1� agosto 2003, n. 214].

^ Costituzione, artt. 3, 24 e 113.

IL GIUDICE DI PACE

Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile n. 961/03 R.G.A.C. ad oggetto ûopposizione a san-zione amministativaý, promossa da Bagaglini Daniele (avv. Daniela Caponi) contro Ministero dell'interno - Com-missariato di P.S. di Velletri avverso tre sommari processi verbali di contestazione senza numero del 6 settembre2003, redatti rispettivamente per violazione degli artt. 171, commi 1, 2 e 3, 180, comma 1, lettera d), nonche 180,commi 6 e 7 e 181 commi 1 e 3 del decreto legislativo n. 285/1992 (codice della strada) per violazioni rilevate inLariano (Roma) a bordo di ciclomotore.

F a t t o

In sede di ricorso depositato il 28 ottobre 2003, Bagaglini Daniele deduceva:

1) l'illegittimita© della decurtazione di 10 punti sulla patente di guida, quale sanzione accessoria alla vio-lazione dell'art. 171, commi 1, 2 e 3 c.d.s., essendo in tal caso prevista la detrazione di soli cinque punti;

2) l'erronea applicazione dell'art. 180, commi 6 e 7, c.d.s., in quanto i commi applicati non prevedono ilpossesso del certificato di idoneita© tecnica da parte del conducente del motociclo;

3) l'insussistenza della violazione dell'art. 181, commi 1 e 3, c.d.s., in assenza di obbligo di esposizione delcontrassegno di circolazione per i ciclomotori.

Concludeva per l'annullamento dei verbali opposti.

D i r i t t o

Il ricorso e© stato depositato in cancelleria in difetto del pedissequo versamento delle somme ûpari alla meta©del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accettatoreý, previsto dall'art. 204-bis, comma 3, c.d.s.introdotto dalla legge n. 214/2003.

Il punto rileva che il mancato versamento comporta declaratoria d'ufficio dell'inammissibilita© del ricorso,onde appare non conforme al dettato costituzionale l'art. 204-bis, comma 3, c.d.s., cos|© come inserito dalla leggen. 214/2003.

Ritiene, pertanto, il giudicante la sussistenza dei presupposti per sollevare la questione di legittimita© costitu-zionale dell'art. 204-bis, c.d.s., nella parte in cui (comma 3) sottopone all'ammissibilita© del ricorso il versamentodelle ripetute somme.

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M o t i v i

Violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione:

con l'introduzione dell'art. 204-bis, comma 3, il legislatore ha posto a carico del cittadino un onere cheproduce un'ingiusta distinzione tra abbienti e non abbienti, condizionando questi ultimi nell'esercizio dei lorodiritti mediante tale previsione legislativa;

Violazione del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione:

la Corte costituzionale, con sentenza n. 80/1996, aveva gia© chiarito come non sia consentito, nellavigenza della Costituzione, condizionare il diritto alla tutela giurisdizionale del cittadino ad oneri che tendanoa soddisfare interessi estranei allo scopo di ûassicurare al processo uno svolgimento meglio conforme allasua funzione, conducendo al risultato di precludere od ostacolare gravemente l'esperimento della tutela giuri-sdizionaleý. Per quanto, vinto il ricorso, il cittadino possa riavere la disponibilita© delle somme versate, e© pursempre costretto a privarsene per la durata del processo: il che, oltre a realizzare la distinzione tra classisocio-economiche, tende a creare supine accettazioni di eventuali abusi e comunque remore al diritto dellatutela giurisdizionale;

Violazione del divieto di eslcusioni o limitazioni della tutela giurisdizionale contro gli atti della Pubblicaamministrazione sancito dall'art. 113 della Costituzione:

con la cauzione introdotta consegue il contrasto anche con l'art. 113 della Costituzione; appare,invero, ictu oculi come l'art. 204-bis sia finalizzato a rendere piu© difficili i ricorsi contro la Pubblica ammini-strazione nei cui confronti limita la tutela dei cittadini e, sostanzialmente, condiziona la tutela giurisdizionaledei singoli.

P. Q. M.

Solleva eccezione di legittimita© costituzionale dell'art. 204-bis del decreto legislativo n. 285/1992 cos|© come intro-dotto dall'art. 1-septies della legge n. 214/2003 per violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione a cagione dellesuesposte motivazioni;

Consegue che:

letti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;

ritenuta rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione sollevata;

Sospende il presente procedimento;

Dispone a cura della cancelleria:

la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

la notificazione della presente ordinanza ai procuratori delle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri edai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato.

Velletri, add|© 25 novembre 2003

Il giudice di pace: Rocchietti March

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n. 177

Ordinanza del 16 dicembre 2003 emessa dal giudice di pace di Bra nel procedimento civilevertente tra Sobrino Edoardo e Prefettura di Cuneo

Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accerta-mento - Condizioni di ammissibilita© - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma parialla meta© del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Discriminazione tra soggettiabbienti e meno abbienti - Violazione del principio di uguaglianza - Compressione della tutela giurisdizionalee del diritto di difesa - Contrasto con la garanzia di mezzi difensivi per i non abbienti.

^ Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, comma 3 [introdotto dall'art. 4,comma 1-septies, del d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modifiche, nella legge 1� agosto 2003,n. 214].

^ Costituzione, artt. 3 e 24.

IL GIUDICE DI PACE

Esaminata la richiesta della difesa l'opponente, Sobrino Edoardo, volta a provocare la trasmissione degli attialla Corte costituzionale per veder riconosciuta l'illegittimita© dell'art. 204-bis, comma 3, decreto legislativon. 285/1992 con la contestuale sospensione del processo in corso;

Ritenuto, che ricorrono i presupposti previsti dall'art. 23, legge n. 87/1953 ed in particolare che la sollevataeccezione di legittimita© costituzionale e© fondata, in quanto, detta norma, prevedendo che, all'atto del depositodel ricorso, il ricorrente debba versare presso la cancelleria del giudice di pace, una cauzione pari alla meta© delmassimo edittale della sanzione inflitta, contrasta palesemente con gli artt. 3 e 24 della Costituzione:

con l'art. 3 della Costituzione perche introduce una vistosa discriminazione tra soggetti abbienti e menoabbienti, i quali ultimi si troveranno in seria difficolta© se non addirittura nell'impossibilita© di versare la cauzione,la cui entita© e© tutt'altro che contenuta e quindi non accessibile a tutti;

con l'art. 24 della Costituzione perche, in conseguenza di quanto sopra, indebitamente comprime ilricorso alla tutela giurisdizionale e, quindi, il diritto di difesa.

Si osserva che le sanzioni previste dalla legge n. 214/2003, nel loro massimo, vanno da un minimo di e 137,55ad e 16.000,00 (art. 23 comma 7 e 13-bis). Statisticamente, la violazione piu© ricorrente e© quella prevista e punitadall'art. 142 commi 8 e 9 (limite di velocita© ) e la sanzione del massimo e© pari rispettivamente ad e 550,20 e ade 1376,55. Da questi dati si evince che il cittadino che volesse opporsi alla contestazione della violazione di dettenorme, dovrebbe, per presentare ricorso innanzi al giudice di pace, effettuare un deposito cauzionale pari ade 225,10 o ad e 688,27. Pertanto, ci si pone il problema di quanti cittadini italiani abbiano la possibilita© di versaredette cauzioni per chiedere giustizia.

L'art. 3 della Carta costituzionale afferma che tutti i cittadini hanno pari dignita© sociale e sono ugualidavanti alla legge, mentre per l'art. 24 della Costituzione tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propridiritti ed interessi legittimi;

Inoltre, sono assicurati ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. Ma il cit-tadino, padre di famiglia, di professione operaio, ad esempio, non puo© certamente ricorrere al giudice di pace segli verra© contestata la violazione dell'art. 142, comma 9, c.d.s. poiche dovrebbe versare un deposito cauzionale die 688,27 che rappresenta oltre la meta© del suo compenso mensile!

Il deposito cauzionale e© sicuramente contrario all'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi allo Stato ed unmodo per impedire al cittadino di tutelarsi giudizialmente. Questo strumento e© sicuramente deflattivo ma, proprioper questo incostituzionale, avendo drasticamente ridotto il numero delle opposizioni alle sanzioni amministrativeex art. 22 legge n. 689/1981.

Occorre, d'altronde, rammentare che, a preservazione dei principi fondamentali contenuti negli articoli sud-detti la Corte costituzionale (sentenza 29 novembre 1960 n. 67) dichiaro© costituzionalmente illegittimo l'art. 98c.p.c., proprio perche prevedeva il potere del giudice di imporre una cauzione alla parte, pena l'estinzione del giu-dizio. E, sempre la Consulta, con sentenza n. 21/1961, abol|© la cosiddetta clausola solve et repete, cioe© l'obbligodi pagare comunque i tributi richiesti dall'Amministrazione finanziaria per poter agire in giudizio.

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P. Q. M.

Dichiara nonmanifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita© dell'art. 204-bis, comma 3, d.lgs. n. 285/1992.

Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente processo.

Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Prefetto di Cuneo, al Presidente delConsiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Bra, add|© 16 dicembre 2003

Il giudice di pace: Pontone

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n. 178

Ordinanza del 19 dicembre 2003, emessa dal T.A.R. per la Puglia, sezione staccata di Leccesul ricorso proposto da Centro Diagnostico Salentino contro Azienda U.S.L. Lecce 1 ed altri

Sanita© pubblica - Regione Puglia - Prestazioni sanitarie erogate da strutture pubbliche e private convenzionate -Volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato fissato in misura corrispondente a quellierogati nel 1998 e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale - Previsione della remune-razione di detti volumi di prestazioni con le regressioni tariffarie fissate dalla giunta regionale - Irragionevo-lezza - Incidenza sul buon andamento della pubblica amministrazione - Violazione dei principi fondamentalistabiliti dalla legislazione statale in materia (liberta© di scelta dell'utente, efficace competizione tra le struttureaccreditate ed equiordinazione delle tasse, economicita© della scelta in conseguenza di valutazioni comparativetra qualita© e costi.

^ Legge Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4, art. 30, comma 4.^ Costituzione, artt. 3, 97 e 117.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Ha pronunciato la seguente sentenza;

Visto il ricorso 1794/2003 proposto da: Centro Diagnostico Salentino, rappresentato e difeso da: TolomeoAdriano, Conte Manlio, con domicilio eletto in Lecce, via Augusto Imperatore, 16, presso Tolomeo Adriano;

Contro:

Azienda U.S.L. LE1 rappresentato e difeso da: Pappalepore Vito Aurelio con domicilio eletto in Lecce,p.tta S. Giovanni dei Fiorentini, 9, presso Garrisi Giovanni;

Regione Puglia - Bari rappresentato e difeso da: Portaluri Pier Luigi, Ancora Luciano, con domicilioeletto in Lecce, via Imbriani, 24, presso Portaluri Pier Luigi;

e nei confronti di: Laboratorio analisi Pignatelli;

e nei confronti di: Studio radiologico Quarta Colosso, rappresentato e difeso da: Matteo Ada, PatarnelloFabio, con domicilio eletto in Lecce, via S. Francesco d'Assisi, 33, presso Matteo Ada;

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione:

della delib. D.G. AUSL LE1, 31 marzo 2003, n. 1278 e dell'allegato contratto per adesione sottoscrittocon riserva dal ricorrente;

di ogni atto connesso, consequenziale e presupposto e tra questi, ove occorra, della delib. GRP n. 1073del 16 luglio 2002 e della delib. ARES n. 20/02, nonche delle delibb. GRP nn. 1392/01, 310/02 e 2242/02, delladirettiva dell'Assessorato regionale alla sanita© n. 24/1293/2 del 4 marzo 2003 e della nota Ares n. 1364 del24 marzo 2003;

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e per il risarcimento del danno.Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;Visto l'atto di costituzione in giudizio di: Azienda Usl LE1, Regione Puglia, Studio radiologico Quarta

Colosso;Vista la domanda cautelare prodotta dalla parte ricorrente;Visti i motivi aggiunti dedotti avverso la delibera della giunta regionale 4 settembre 2003 n. 1326, con la

quale e© stato adottato il ûDocumento di indirizzo economico-funzionale dei Servizio sanitario regionale per il2003 e triennale 2003-2005ý, nonche ogni atto consequenziale;

Visti i motivi aggiunti dedotti avverso la delibera dell'Azienda unita© sanitaria locale LE1, 22 ottobre 2003n. 3677, con la quale e© stata data applicazione alla delibera della giunta regionale n. 1326 del 2003;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;Visti gli atti tutti della causa;Udito nella Camera di consiglio del 10 dicembre 2003 il relatore cons. Antonio Cavallari e uditi altres|©

l'avv. Gianluigi Pellegrino e l'avv. prof., Ernesto Sticchi-Damiani, in sostituzione degli avv. Adriano Tolomeo eManlio Conte, l'avv. Petruzzi, in sostituzione degli avv. Ada Matteo e Fabio Patarnello, l'avv. prof. Pierluigi Por-taluri e l'avv. Luciano Ancora;

Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:Il Centro Diagnostico Salentino, struttura operante in regime di accreditamento provvisorio col Servizio

sanitario regionale per l'erogazione di prestazioni specialistiche ambulatoriali, ha proposto ricorso straordinarioal Presidente della Repubblica chiedendo l'annullamento:

della delibera della A.U.S.L. LE1, 31 marzo 2003 n. 1278 relativa alla determinazione del piano delleprestazioni specialistiche ambulatoriali da acquisire attraverso l'apporto dei professionisti e strutture private inregime di accreditamento provvisorio per l'anno 2003. Determinazione dei tetti massimi si spesaý;

del contratto relativo alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per l'anno 2003 che lastruttura ricorrente si e© impegnata ad erogare;

delle deliberazioni della giunta regionale 16 luglio 2002, n. 1073, 15 ottore 2001, n. 1392, 8 aprile 2002, n.310, 23 dicembre 2002, n. 2242 nonche della delibera dell'Ares 7 marzo 2002 n. 20, della direttiva dell'Assessoratoregionale alla sanita© 4 marzo 2003, n. 24/1293/2 e della nota Ares 24 marzo 2003, n. 1364.

Ha chiesto altres|© il risarcimento del danno.Con atto notificato il 9 e 10 settembre 2003 lo Studio radiologico Quarta Colosso ha chiesto la trasposizione

della controversia in sede giurisdizionale; tanto e© avvenuto con atto notificato l'11 settembre 2003 e depositato il16 settembre 2003.

Deduce i seguenti motivi:incompetenza. Eccesso di potere. Violazione della normativa di settore;eccesso di potere sotto molteplici profili. Carenza assoluta del presupposto. Violazione delle statuizioni

espresse dal Consiglio di Stato con sentenza n. 499/03. Illegittimita© derivata;violazione della complessiva normativa di settore. Violazione del piano sanitario nazionale quanto alla

destinazione delle risorse.violazione art. 5, lett. e) d.lgs. n. 229/1999;violazione della normativa di settore. Violazione art. 8-quinquies, lett. d), d.lgs. 502/1992 e succ. mod.;violazione art. 11, legge regionale 32/01: Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Irrazionalita© , con-

traddittorieta© , disparita© di trattamento;violazione di legge ed eccesso di potere sotto ulteriori profili;illegittimita© derivante dalla illegitimita© costituzionale della normativa richiamata;

Conclude per l'accoglimento dei ricorso ed il risarcimento del danno.Si costituiscono in giudizio la Regione Puglia e la Azienda, unita© sanitaria locale LE1 deducendo in ordine

alla infondatezza delle censure dedotte.Si costituisce altres|© lo Studio radiologico dr. Quarta Colosso s.a.s.

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La struttura ricorrente propone altres|© motivi aggiunti nei confronti della delibera della giunta regionale4 settembre 2003 n. 326 recante il ûDocumento di indirizzo economico-funzionale dei SSR per il 2003 e triennale2003-2005ý nonche degli atti connessi.

Deduce l'illegittimita© derivata dai vizi censurati con l'atto introduttivo.

Con i motivi aggiunti notificati il 19 e 20 novembre 2003 vengono infine impugnati la delibera dell'Azienda USLLE1, 22 ottobre 2003, n. 3677, con la quale e© stata data applicazione alla delibera della giunta regionale n. 1326 del2003, il contratto per adesione sottoscritto con riserva dalla struttura ricorrente ed ogni altro atto connesso.

Viene dedotta l'illegittimita© derivata ed autonoma delle determinazioni da ultimo assunte.

Conclude reiterando la richiesta di accoglimento del ricorso.

In varie memorie la AUSL LE1 e la Regione Puglia argomentano sull'infondatezza delle censure dedotte.

Nella Camera di consiglio del 10 dicembre 2003 la causa e© stata ritenuta per la decisione di merito con sen-tenza in forma semplificata, ai sensi dell'art. 21 comma undicesimo, e 26, comma quarto, della legge n. 1034 del1971, cos|© come modificato dalla legge n. 205 del 2000.

D i r i t t o

A - Le censure sollevate nel ricorso in ordine alla assegnazione di risorse economiche per l'acquisto, da partedei Servizio sanitario regionale, di prestazioni specialistiche ambuiatoriali da privati impongono l'esame deiseguenti profili: a) la competenza a disporre, ai vari livelli, l'assegnazione di risorse per lo svolgimento dellediverse attivita© che spettano al Servizio sanitario regionale; b) la posizione rivestita dalle istituzioni private nel-l'ambito dei Servizio sanitario regionale; c) le modalita© di finanziamento delle istituzioni pubbliche e di quelle pri-vate; d) i criteri preposti alla ripartizione delle risorse economiche fra le varie finalita© perseguite dal Servizio sani-tario regionale, nonche all'assegnazione delle stesse all'assistenza specialistica ambulatoriale e quindi alla determi-nazione dei tetti di spesa relativi all'acquisto di prestazioni specialistiche ambulatoriali da privati.

B - In ordine alla competenza all'assegnazione delle risorse si osserva quanto segue.

I. ö L'art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede, nei commi 7, 7-bis e 7-ter (abrogati espressamente dall'art. 4,comma 3, del d.lgs. n. 229 del 1999) che:

a) le prestazioni, sia di degenza che ambulatoriali, da rendere a fronte del finanziamento erogato nellamisura dell'80% dei costi sopportati nell'anno precedente,devono formare oggetto di apposito piano annuale pre-ventivo che, tenuto conto della tariffazione, ne stabilisca quantita© presunte e tipologia in relazione alle necessita©che piu© convenientemente possono essere soddisfatte nella sede pubblica. Tale preventivo forma oggetto di con-trattazione fra regione e unita© sanitarie locali, da una parte, e azienda ospedaliera e pres|© di ospedalieri con auto-nomia economico-finanziaria, dall'altra;

b) la remunerazione a tariffa delle prestazioni effettuate rappresenta la base di calcolo ai fini del congua-glio in positivo o in negativo dell'acconto, assegnato nella misura sopra indicata;

c) il sistema di finanziamento di cui sopra, valido per l'anno 1995, dovra© essere progressivamente supe-rato nell'arco di un triennio, al termine del quale si dovra© accedere esclusivamente al sistema della remunerazionea prestazione degli erogatori pubblici e privati.

Tali disposizioni si occupano del piano annuale preventivo delle prestazioni sanitarie e della correlata con-trattazione che si svolge all'interno delle istituzioni pubbliche (cioe© la regione e le unita© sanitarie locali da unaparte, azienda ospedaliera e pres|© di ospedalieri con autonomia economico-finanziaria, dall'altra) ai fini delladeterminazione di tale piano; si tratta dunque di una contrattazione sui generis, sarebbe piu© corretto parlare delconcorso di piu© soggetti pubblici nell'adozione di un programma.

Nel disegnare il sistema l'art. 2 comma 8 della legge n. 549 dei 1995 aggiunge una ulteriore tessera stabilendoche: Analogamente a quanto gia© previsto per le aziende ed i presidi ospedalieri dall'articolo 4, commi 7, 7-bis e7-ter, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dall'art. 6, comma 5, della legge 23 dicem-bre 1994, n. 724, nell'ambito dei nuovi rapporti instaurati ai sensi dell'art. 8, comma 5, del decreto legislativo 30dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, ferma restando la facolta© di libera scelta, leregioni e le unita© sanitarie locali, sulla base di indicazioni regionali, contrattano, sentite le organizzazioni di cate-

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goria maggiormente rappresentative, con le strutture pubbliche e private ed i professionisti eroganti prestazionisanitarie un piano annuale preventivo che ne stabilisca quantita© presunte e tipologia, anche ai fini degli oneri dasostenere.

La norma in esame, superando la parziale disciplina dell'art. 4 commi 7, 7-bis e 7-ter, prevede quindi che leregioni e le unita© sanitarie locali definiscono convenzionalmente con le strutture pubbliche, con quelle private econ i professionisti che erogano prestazioni sanitarie il piano annuale preventivo delle prestazioni, cos|© determi-nando la spesa da affrontare.

L'art. l comma 32 della legge n. 662 dei 1996 prevede che: ûLe regioni, per l'esercizio 1997, nell'ambito dellefunzioni previste dall'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni,individuano, nel rispetto dei livelli di spesa stabiliti per l'anno 1996, le quantita© e le tipologie di prestazioni sanita-rie che possono essere erogate nelle strutture pubbliche e in quelle private. La contrattazione dei piani annualipreventivi, di cui all'art. 6, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ed all'art. 2, comma 8, della legge 28dicembre 1995, n. 549, deve essere realizzata in conformita© alle predette indicazioni, con la fissazione del limitemassimo di spesa sostenibileý.

La norma ribadisce quindi che la contrattazione investe il piano delle prestazioni da rendere e quindi la spesada affrontare; in un momento precedente, tuttavia, si colloca la individuazione delle quantita© e tipologie delle pre-stazioni sanitarie che possono essere erogate, individuazione operata nel rispetto dei livelli di spesa stabiliti.

L'art. 32 comma 8 della legge n. 449 dei 1997 delimita con maggiore precisione le diverse sfere ed attribu-zioni, attribuendo rilievo preminente alla ûcompatibilita© finanziariaý; prevede infatti che: ûLe regioni, in attua-zione della programmazione sanitaria ed in coerenza con gli indici di cui all'art. 2, comma 5, della legge 28 dicem-bre 1995, n. 549, e successive modificazioni, individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pub-blica e privata, ivi compresi i presidi ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limitimassimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle prestazioni, nonche gliindirizzi e le modalita© per la contrattazione di cui all'art. 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662ý.

La determinazione, per ogni istituzione sanitaria o per gruppi di istituzioni, della spesa che deve essere sop-portata e delle prestazioni che devono essere rese spetta esclusivamente alla regione; in questo campo non v'e© spa-zio per una determinazione convenzionale.

Eé questo un percorso piu© logico, in quanto l'apporto delle istituzioni sanitarie pubbliche e private non puo©certamente influire sulla quota dei Fondo sanitario nazionale messa a disposizione della singola regione e per-tanto sulla consequenziale determinazione relativa al livello della spesa regionale.

Eé ben vero che le istituzioni sanitarie pubbliche e private nonche le organizzazioni di categoria maggiormenterappresentative potrebbero (queste ultime con un apporto consultivo) concorrere a formare la decisione relativaal riparto delle risorse disponibili fra i vari settori di impiego.

Tale modalita© di amministrazione concordata, contemplata dalla normativa precedente, e© stata pero© esclusadalla disposizione in esame, che (evidentemente per la difficolta© di procedere secondo un modulo che subordinil'operare all'accordo degli interessati in un settore nel quale la divergenza degli interessi e© notevole e cos|© pure laconflittualita© ) attribuisce il relativo potere in esclusiva alla regione, sicche questa determina, per ogni istituzioneo gruppo di istituzioni, il preventivo delle prestazioni e quindi il limite massimo di spesa sostenibile.

La regione stabilisce inoltre ûgli indirizzi e le modalita© per la contrattazione di cui all'art. 1, comma 32, dellalegge 23 dicembre 1996, n. 662ý.

Questa norma, attribuendo alla regione il potere di fissare gli indirizzi e le modalita© della contrattazione, evi-denzia che altri devono applicare tali indirizzi e modalita© , cioe© che alla contrattazione devono procedere le unita©sanitarie locali.

L'ambito della contrattazione, seppure definito letteralmente col richiamo dell'art. 1 comma 32 della leggen. 662 dei 1996 e quindi delle disposizioni cui questo rimena (l'art. 6, comma 5, della legge 23 dicembre 1994,n. 724, che ha sostituito il comma 7 e inserito i commi 7-bis e 7-ter nell'art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992 normepoi abrogate dall'art. 4, comma 3 del d.lgs. n. 229 del 1999 - e l'art. 2, comma 8, della legge 28 dicembre 1995,n. 549), e© circoscritto all'applicazione dei citati indirizzi, sul presupposto della determinazione da parte dellaregione e dell'ammontare della spesa per ciascuna istituzione sanitaria o gruppo di istituzioni e della quantita© diprestazioni da rendere.

Tali indirizzi possono ragionevolmente ricondursi alla determinazione delle piu© varie modalita© della spesanell'ambito della unita© sanitaria locale; ad esempio al frazionamento del tetto in limiti di spesa mensili, alla

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assenza di un tetto di spesa o alla fissazione di tetti piu© elevati per le strutture che accettino di rendere le presta-zioni con una remunerazione ridotta rispetto alle tariffe, alle modalita© della regressione tariffaria (cioe© delle ridu-zioni dei corrispettivi tariffari una volta che si siano superati determinati scaglioni), che la unita© sanitaria localee la singola istituzione possono determinare convenzionalmente in applicazione degli indirizzi regionali.

II. ö All'insieme normativo delineato nulla aggiunge il d.lgs. n. 229 del 1999 quanto alla centralita© delladeterminazione regionale attinente al volume delle prestazioni che il Servizio sanitario regionale si impegna adacquistare nell'anno e quindi al volume della spesa da sostenere nello stesso periodo.

Il testo in questione, infatti, accenna al ûvolume complessivo di attivita© ý di assistenza sanitaria nell'art. 8-quinquies, comma 1 lett. d), senza nulla dire in ordine alla competenza a determinare lo stesso.

La radicazione nella Regione, in via esclusiva, della competenza a determinare i volumi delle prestazioni daacquistare deriva dalla spettanza a tale ente della funzione relativa alla formazione del proprio bilancio e quindialla determinazione della entita© della spesa sanitaria; la stessa e© confermata dalla previsione del d.lgs. n. 502 del1992, art. 8-quater, comma 3 lett. b), relativa al ûfabbisogno ... della programmazione regionaleý dall'assenza diogni riferimento a tale funzione nell'ambito delle previsioni relative alla cosiddetta ûcontrattazioneý.

Eé invece oggetto di una diversa disciplina il ruolo della regione e delle unita© sanitarie locali nel procedimentoche termina con la formazione degli accordi e contratti individuali.

L'art. 8-quinquies, nel primo comma, prevede che le regioni individuano le responsabilita© riservate allaregione e quelle attribuite alle unita© sanitarie locali nella definizione degli accordi contrattuali; definiscono, inol-tre, gli indirizzi per la formulazione dei programmi di attivita© delle strutture interessate, con l'indicazione dellefunzioni e delle attivita© da potenziare e da depotenziare, ed i criteri per la determinazione della remunerazionedelle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato.

La stessa disposizione, nel secondo comma, prevede poi che la regione e le unita© sanitarie locali definisconoaccordi con le strutture pubbliche ed equiparate e stipulano contratti con quelle private e con i professionistiaccreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che fissano (fral'altro) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell'ambito territoriale della medesima unita©sanitaria locale si impegnano ad assicurare e il corrispettivo preventivato a fronte delle attivita© concordate.

La nuova disciplina conferma, dunque, la natura programmatoria dei compiti attribuiti alla Regione, inve-stendo sia la Regione che le unita© sanitarie locali della funzione attuativa e quindi lasciando spazio alla attribu-zione delle relative attivita© alle unita© san|© tarie locali.

Viene infine espressamente limitato l'ambito della ûcontrattazioneý, intesa come apporto dell'altro con-traente alla definizione del contenuto dei contratto, in senso conforme al risultato raggiunto dalla interpretazionesistematica delle precedenti disposizioni. Dato che spetta, in via esclusiva, alla Regione stabilire il volume com-plessivo delle prestazioni sanitarie da erogare e la ripartizione delle risorse finanziarie fra i diversi ambiti territo-riali, che spetta comunque all'Autorita© (Regione o AUSL) suddividere l'assegnazione complessiva fra i diversirami di attivita© , l'unica fase suscettibile di ulteriore indagine e© quella della ripartizione delle risorse fra le variestrutture, pubbliche e private operanti nei diversi rami dell'assistenza sanitaria.

L'art. 8-quinquies comma 2 del d.lgs. n. 502 del 1992 stabilisce che gli accordi con le strutture pubbliche e i con-tratti con le strutture private vengono stipulati, ûanche attraverso valutazioni comparative della qualita© e dei costiý.

Posto che le modalita© logistico-organizzative nella erogazione delle prestazioni devono essere conformi aquanto determinato ai sensi dell'art. 8-quater in sede di accreditamento e che la qualita© della assistenza deveessere tale da superare i controlli previsti dall'art. 8-octies, l'unico ambito suscettibile di ûvalutazione compara-tivaý e© quello dei ûcostiý; per le stesse ragioni l'unico ambito suscettibile di ûcontrattazioneý e© quello dei ûcostiý.

L'Amministrazione, prima di contrattare, stabilisce il volume di prestazioni da acquistare e, dopo aver con-trattato, deve aver acquistato il volume fissato; deve inoltre contrattare con le varie strutture contemporanea-mente e deve sottoporre a tutte le stesse condizioni (per la necessita© che la trasparenza e l'imparzialita© informinotutte le attiv|© ta© , privatistiche e pubblicistiche, dell'Amministrazione); tutto cio© comporta che ai privati venganosottoposte condizioni standard (relative a tetti di spesa, regressioni delle tariffe in relazione all'aumento dei tettodi spesa ecc..) e che questi possano solo accettare o meno (contra C. di S., Sez. V, 31 gennaio 2003 n. 499).

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Un ambito piu© ampio puo© avere l'apporto che le organizzazioni rappresentative delle strutture private e deiprofessionisti possono fornire nel raggiungimento di ûeventualiý intese, proprio per la natura colletiva di tali sog-getti e degli interessi in gioco; tali elementi, previsti dall'art. 8-quinquies, comma 2, sono tuttavia solo eventualie cio© ne determina l'irrilevanza ai fini della presente analisi.

III. ö Il quadro normativo e© completato dall'art. 20 comma 4 e dall'art. 25, commi 1 e 2 della legge dellaRegione Puglia n. 28 del 2000.

La prima disposizione stabilisce che: û...e© competenza dei direttori generali delle ASL, nell'ambito di quantodefinito dalla programmazione regionale, definire le attivita© da potenziare e da depotenziare, nonche il volumemassimo di prestazioni, distinto per tipologia e per modalita© di assistenza, che le strutture presenti nell'ambitoterritoriale della medesima unita© sanitaria locale si impegnano ad assicurareý; l'art. 25 citato prevede che:

û1. ö A norma del d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni di cui agli articoli 8-quater, quinquies esexies del d.lgs. n. 229/1999, i limiti di remunerazione per le prestazioni interessanti l'assistenza specialistica eospedaliera erogate da soggetti privati provvisoriamente accreditati sono determinati, di norma annualmente, nel-l'ambito dei documento di indirizzo economico-funzionale che costituisce atto di indirizzo, coordinamento e pro-grammazione in materia sanitaria della Regione Puglia.

2. ö Nell'ambito delle linee e dei limiti fissati dalla programmazione regionale, a norma dell'art. 8-quinquiesdel d.lgs. n. 229/1999, alle Aziende sanitarie territoriali compete l'individuazione dei soggetti interessati tra quelli dicui al comma 1 del presente articolo, l'individuazione delle funzioni e delle attivita© da potenziare e depotenziare, la defi-nizione dei volumi, della tipologia e delle modalita© di erogazione delle prestazioni richieste, gli accordi contrattualicon detti soggetti e la verifica dei loro rispetto anche in materia di appropriatezza delle prestazioni erogateý.

IV. ö La competenza cos|© attribuita alle aziende sanitarie (in relazione alla determinazione delle quantita© diprestazioni da acquistare dal settore pubblico, dalle stesse amministrato, e da quello privato) non e© lesiva del prin-cipio di imparzialita© sancito dall'art. 97 della Costituzione perche, contestualmente, il legislatore fissa le regoleche disciplinano il finanziamento delle strutture e quindi l'acquisto delle prestazioni; la violazione di tali regolenon equivale alla inesistenza delle stesse, sicche comporta l'illegittimita© degli atti amministrativi cos|© posti inessere non l'illegittimita© costituzionale delle norme che prevedono il cumulo in capo allo stesso soggetto dell'eser-cizio di funzioni amministrative e della erogazione di prestazioni sanitarie.

D'altro canto, si deve osservare che tale cumulo costituisce l'essenza del Servizio sanitario nazionale, chenecessariamente svolge funzioni amministrative ed eroga prestazioni sanitarie (ipotizzare lo svolgimento dellefunzioni da parte di un soggetto sovraordinato alle aziende unita© sanitarie locali, cioe© dalla regione, non portaalla soluzione del lamentato conflitto di interessi, ma alla riproposizione della stessa situazione con altre connota-zioni soggettive, dato che il soggetto da ultimo preposto alla gestione del sistema sanitario e quindi dei relativobilancio, in ambito regionale, e© proprio la regione); il cumulo in esame, infine, appare coerente coi principio disussidiarieta© (che porta ad affidare la gestione degli interessi collettivi ai soggetti istituzionali piu© vicini ai porta-tori dei medesimi), cui sono ispirate le piu© recenti scelte istituzionali.

C. ö Quanto alla posizione rivestita dalle istituzioni sanitarie private nell'ambito del Servizio sanitarionazionale si osserva quanto segue. L'art. 8, comma 5 del d.lgs. n. 502 dei 1992 prevedeva che: ûL'unita© sanitarialocale assicura ai cittadini la erogazione delle prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative, di dia-gnostica strumentale e di laboratorio ed ospedaliere contemplate dai livelli di assistenza secondo gli indirizzi dellaprogrammazione e le disposizioni regionali. Allo scopo si avvale dei propri presidi, nonche delle aziende e degliistituti ed enti di cui all'art. 4, delle istituzioni sanitarie pubbliche, ivi compresi gli ospedali militari, o private,ad integrazione delle strutture pubbliche, e dei professionisti con i quali intrattiene appositi rapporti fondati sullacorresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa, con l'eccezione dei medici dimedicina generale e dei pediatri di libera scelta.

L'art. 6, comma 7, della legge n. 724 del 1994 ha poi soppresso le parole ûsulla base di criteri di integrazionecon il servizio pubblicoý (invero le parole dell'art. 8, comma 5 citato erano ad integrazione del servizio pubblico).

L'art. 8-bis comma 1, d.lgs. n. 502 del 1992 (inserito dal d.lgs. n. 229 del 1999) ha previsto che: ûLe regioniassicurano i livelli essenziali e uniformi di assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi dei presidi direttamentegestiti dalle aziende unita© sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti diricovero e cura a carattere scientifico, nonche di soggetti accreditati ai sensi dell'art. 8-quater, nel rispetto degliaccordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquiesý.

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L'art. 8-sexies, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992 menziona le strutture che erogano assistenza sanitariaospedaliera e ambulatoriale a carico dei SSN, senza distinguere fra strutture pubbliche e strutture private; l'unicadifferenza e© costituita dal fatto che le regioni e le unita© sanitarie locali definiscono accordi con le strutture pubbli-che ed equiparate, stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, secondo la previsionedei precedente art. 8-quinquies comma 2.

In base all'art. 8-quater comma 1 dei medesimo testo sia le strutture pubbliche che quelle private operanosubordinatamente all'accreditamento istituzionale.

In via transitoria, l'art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994 prevedeva che ûper il biennio 1995-1996 l'ac-creditamento opera comunque nei confronti dei soggetti convenzionati e dei soggetti eroganti prestazioni di altaspecialita© in regime di assistenza indiretta regolata da leggi regionali alla data di entrata in vigore dei citatodecreto legislativo n. 502 del 1992, che accettino il sistema della remunerazione a prestazione sulla base dellecitate tariffeý; nella Regione Puglia la situazione transitoria e© stata disciplinata dall'art. 30, comma 2, della leggeregionale n. 4 del 2003, secondo il quale ûl'accreditamento transitorio di cui all'art. 6, comma 6, della 23 dicembre1994, n. 724, e© prorogato fino all'attuazione delle procedure di cui all'art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992 e succes-sive modificazioniý, (procedure relative all'accreditamento delle strutture sanitarie).

L'equiordinazione delle strutture pubbliche e di quelle private risulta infine dalle solenni affermazioni conte-nute nell'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 4 del 2003, secondo il quale: La Regione Puglia garantisce lalibera scelta dei cittadini ai fini dell'accesso alle prestazioni sanitarie nell'ambito della programmazione regionalee dell'organizzazione dei servizi del sistema sanitario regionale, comprendente tutte le strutture pubbliche e pri-vate accreditate ex art. 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni, e nel-l'ambito degli accordi e contratti di cui all'art. 8-quinquiesý.

L'unica differenza fra i presidi sanitari pubblici e quelli privati e© da individuare nel dovere dei primi di ren-dere, nei limiti determinati dall'assetto strutturale ed organizzativo, le prestazioni sanitarie richieste o necessarie,prestazioni che, per contro, i secondi devono rendere solo nei limiti stabiliti nel contratto.

Se le strutture pubbliche e quelle private prestano entrambe un servizio pubblico, soltanto queste ultime loprestano nei limiti stabiliti contrattualmente.

Nessuna differenza invece sussiste sotto il profilo della diversa ûentita© ý dei servizio pubblico da rendere, equindi della complessita© strutturale che deve essere assunta in funzione della necessita© di dover garantire presta-zioni che presuppongono la disponibilita© di attrezzature specialistiche e l'adibizione alle stesse di personale chene assicuri il funzionamento nell'arco delle 24 ore.

Questo aspetto problematico si risolve, infatti, nella remunerativita© delle previsioni tariffarie.

Se l'operativita© di strutture del genere costituisce un dovere per la branca pubblica del Servizio sanitario,misure economiche di vario genere hanno assicurato l'equiordinazione delle strutture pubbliche e di quelle privateanche sotto il profilo in questione.

La Regione Puglia, ad esempio, con la deliberazione del Consiglio regionale n. 995 del 1995, ha suddiviso lestrutture ospedaliere pubbliche e private in quattro fasce, a seconda della presenza della terapia intensiva e delnumero delle alte specialita© , prevedendo una decurtazione del compenso tariffario decrescente in funzione dellamaggiore complessita© della struttura.

La complessita© della struttura (che renda pssibile l'erogazione di prestazioni onerose, non remunerate inmodo adeguato dalla tariffa prevista e quindi sostenibili solo da un settore che non persegua fini di lucro, cioe©da quello pubblico) non costituisce poi un elemento atto a differenziare i presidi pubblici da quelli privati nelcampo delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, come dimostra l'esistenza di strutture private che eroganole prestazioni piu© complesse (tomografie assiali computerizzate dell'ultima generazione, rese da apparecchiatureaperte, e risonanze magnetiche nucleari).

Tutto cio© comprova la remunerativita© delle tariffe e delle misure correttive delle stesse (adottate nel campoospedaliero), la volonta© del legislatore di prestare l'assistenza sanitaria anche con l'intervento dell'iniziativa eco-nomica privata (per l'insufficienza delle strutture pubbliche) e quindi la equiordinazione delle strutture pubblichee di quelle private, necessaria in un sistema che veda nella concorrenza uno stimolo al miglioramento.

D. ö In ordine al finanziamento delle strutture, pubbliche e private, che erogano prestazioni sanitarie siosserva quanto segue.

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I. ö L'art. 6 comma 5 della legge n. 724 del 1994 stabiliva che le regioni dovessero disciplinare le modalita© difinanziamento delle aziende ospedaliere sulla base di vari principi, fra i quali l'attribuzione, da parte delle regionistesse, per l'anno 1995 di una quota del Fondo sanitario destinata alla copertura parziale delle spese necessarieper la gestione, determinata nella misura dell'80 per cento dei costi complessivi dell'anno precedente, decurtatidell'eventuale disavanzo di gestione; che la remunerazione a tariffa delle prestazioni effettuate rappresentava labase di calcolo ai fini del conguaglio in positivo o in negativo dell'acconto erogato; che il sistema di finanziamentobasato su acconti commisurati alle spese di gestione ûdovra© essere progressivamente superato nell'arco di untriennio, al termine dei quale si dovra© accedere esclusivamente al sistema della remunerazione a prestazione deglierogatori pubblici e privatiý.

L'art. 8-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992 recita: ûIn attuazione di quanto previsto dal comma 1,la regione e le unita© sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualita© e dei costi, definisconoaccordi con le strutture pubbliche ed equiparate, e stipulano contratti con quelle private e con i professionistiaccreditati, che indicano:

d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attivita© concordate, globalmente risultante dalla applica-zione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell'accordo, da verificare aconsuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attivita© effettivamente svolte secondo le indicazioni regionalidi cui al comma 1, lettera d).

Il successivo art. 8-sexies, comma 1, recita: ûLe strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatorialea carico dei Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negliaccordi contrattuali di cui all'art. 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attivita© svoltenell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. Ai fini della determinazione del finanziamento globaledelle singole strutture, le funzioni assistenziali di cui al comma 2 sono remunerate in base al costo standard diproduzione dei programma di assistenza, mentre le attivita© di cui al comma 4 sono remunerate in base a tariffepredefinite per prestazione.ý.

Le unita© sanitarie locali, costituite in aziende (enti erogatori al tempo stesso di spesa e di servizi, questi attra-verso i propri presidi), sono finanziate (in quanto enti cui e© commessa la tutela delle esigenze sanitarie della popo-lazione residente nell'ambito territoriale di competenza) sulla base di una quota capitaria ûcorrettaý in relazionealle caratteristiche della popolazione residente, ai sensi dell'art. 2 comma 2-sexies lett. d) del d.lgs. n. 502 del1992, e ûinformano la propria attivita© a criteri di efficacia, efficienza ed economicita© e sono tenute al rispettodel vincolo di bilancio, attraverso l'equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarieý, aisensi dell'art. 3, comma 1-ter del medesimo testo.

Le aziende ospedaliere (enti erogatori di servizi) devono chiudere il proprio bilancio in pareggio, ai sensi del-l'art. 4, comma 8 del d.lgs. n. 502 del 1992.

In base al successivo nono comma gli ospedali che non siano costituiti in azienda ospedaliera conservano lanatura di presidi dell'unita© sanitaria locale ed agli stessi e© attribuita autonomia economico-finanziaria con conta-bilita© separata all'interno del bilancio dell'unita© sanitaria locale, con l'introduzione delle disposizioni previsteper le aziende ospedaliere, in quanto applicabili.

Fra tali disposizioni deve essere ricompresa quella relativa al pareggio del bilancio, in quanto il relativoobbligo e© stato esteso ai presidi ospedalieri delle aziende unita© sanitarie locali, dotati di autonomia economico--finanziaria e contabilita© separata all'interno del bilancio dell'azienda unita© sanitaria locale, dall'art. 32 comma 7della legge n. 449 del 1997.

L'art. 8-sexies comma 1 del d.lgs. n. 502 del 1992 (si ripete) prevede che: ûLe strutture che erogano assistenzaospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare glo-bale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all'art. 8-quinquies e determinato in base alle funzioniassistenziali e alle attivita© svolte nell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. Ai fini della determi-nazione del finanziamento globale delle singole strutture, le funzioni assistenziali di cui al comma 2 sono remune-rate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza, mentre le attivita© di cui al comma 4(attivita© assistenziali relative ad episodi di assistenza ospedaliera per acuti erogata in regime di degenza ordinariae di day hospital nonche alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale) sono remunerate in base atariffe predefinite per prestazioneý.

In sintesi i principi generali dell'ordinamento statuale stabiliscono che i presidi del Servizio sanitario nazio-nale, siano essi pubblici o privati, sono su un piano di parita© e che tale parita© e© assicurata dal finanziamento di

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tali strutture secondo un ammontare globale predefinito determinato in relazione alle remunerazioni (secondo letariffe) corrispondenti alle prestazioni (di assistenza ospedaliera, con degenza o meno, e di assistenza specialisticaambulatoriale) che l'unita© sanitaria locale acquista (in base all'accordo o al contratto) da ogni struttura.

II. ö La legge regionale n. 38 del 1994 prevede, nell'art. 7 comma 1, che il Fondo sanitario regionale e© ripar-tito fra le unita© sanitarie locali (enti erogatori al tempo stesso di spesa e di servizi) sulla base di quote capitarie(determinate con riferimento alla entita© della popolazione residente nell'ambito territoriale della USL ed attri-buendo specifico peso ad altri elementi); nell'art. 8 comma 1 stabilisce che alle aziende ospedaliere e© assegnatoun finanziamento pari al 60 per cento dei costi complessivi delle prestazioni che l'azienda e© in condizione di ero-gare e nel successivo comma 2 prevede che le spese di gestione non coperte sono finanziate attraverso varie fontifra le quali gli introiti derivanti dalla remunerazione delle prestazioni erogate, sulla base delle tariffe stabilite; inmodo analogo (cioe© con finanziamenti correlati alle spese di gestione) sono formati i bilanci dei presidi pubblici,non costituiti in aziende, ai quali e© riferibile il successivo art. 21, che prevede per le fondamentali strutture dellaUSL autonomi ûbudgetsý, strutturati secondo il ûbudgetý generale.

L'art. 7 della legge regionale n. 32 del 2001 prevede, nel primo comma, che le aziende unita© sanitarie localiiscrivono in bilancio, fra i ricavi, le assegnazioni disposte dalla giunta regionale; nel secondo comma che leaziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici iscrivono tra i ricavi il minorimporto fra il tetto di remunerazione fissato per l'anno precedente e il valore delle prestazioni erogate (anchedeterminate in via provvisoria), nonche ulteriori poste relative al costo ed alla qualita© delle prestazioni rese.

In tal modo le aziende ospedaliere e gli IRCCS pubblici (cioe© le aziende ospedaliere ûPoliclinicoý di Bari eûOspedali Riunitiý di Foggia e gli IRCCS ûOncologicoý e ûDe Bellisý) vengono finanziati (sostanzialmente) inbase al valore delle prestazioni rese, in in base ai costi sopportati; cos|© non e© invece per le altre strutture sanitariepubbliche.

Per queste (si precisa che le strutture pubbliche del Sistema sanitario regionale in Puglia, oltre le aziendeospedaliere ûPoliclinicoý di Bari e ûOspedali Riunitiý di Foggia e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scienti-fico ûOncologicoý e ûDe Bellisý, sono quelle gestite dalle AUSL) l'art. 12 comma 1 della legge regionale n. 32del 2001 prevede l'obbligo delle aziende unita© sanitarie locali di garantire l'equilibrio economico dei singoli presidiospedalieri dalle stesse gestiti, determinando il valore delle prestazioni rese sulla base delle tariffe agli stessi rico-nosciute, senza tuttavia nulla stabilire in ordine alla formazione dei bilanci, cioe© al finanziamento delle presta-zioni rese in base al valore delle medesime.

L'art. 30 comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003 stabilisce che: ûA norma dell'art. 8-quinquies, comma 1,lettera d), del d.lgs. n. 502/1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni ecce-denti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativolimite di spesa a carico del Servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffariefissate dalla giunta regionaleý.

Detta norma sembrerebbe aver posto sullo stesso piano le strutture pubbliche e quelle private, aver previstoprogrammi preventivi concordati relativi a volumi di prestazioni e limiti di spesa anche nei confronti delle strut-ture pubbliche e quindi il finanziamento delle stesse in base alla remunerazione delle prestazioni rese.

Cos|© , pero© , non e© .

L'assenza di qualsiasi modifica alle disposizioni della legge regionale n. 38 del 1994 che disciplinano la for-mazione dei bilanci dei presidi ospedalieri e il finanziamento degli stessi, nonche agli artt. 7 e 12, comma 1, dellalegge regionale n. 32 del 2001 porta a ritenere che siano stati disciplinati i conti economici delle strutture privatee delle strutture pubbliche costituite in azienda, cioe© che la norma in questione abbia regolato i volumi di attivita©ed i limiti di spesa nei confronti delle strutture pubbliche che analoga disciplina conoscevano anche nel passato(le aziende ospedaliere ûPoliclinicoý e ûOspedali Riunitiý nonche gli Istituti di ricovero e cura a carattere scienti-fico ûOncologicoý e ûDe Bellisý).

Tale sistema non e© stato (nel necessario rispetto della legge regionale) significativamente modificato dalledelibere della giunta regionale n. 1800 del 1998, n. 1003 del 1999, n. 1832 del 1999, n. 1392 del 2001, n. 1073 del2002 e n. 1326 del 2003, contenenti i documenti di indirizzo economico-funzionale, rispettivamente, per il 1998,1999, 2001, 2002, 2003.

Sono stati previsti tetti massimi di remunerazione solo nei confronti delle strutture private (compresi gli entiecclesiastici e gli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico privati), delle aziende ospedaliere (fino alla sop-pressione delle stesse) e degli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico pubblici.

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Nei confronti delle aziende unita© sanitarie locali (che amministrano tutti i presidi ospedalieri non eretti inaziende autonome, cioe© ora sostanzialmente tutti i presidi ospedalieri pubblici nella Regione Puglia) il finanzia-mento e© avvenuto per ûquote capitarieý, cioe© in relazione alla entita© numerica della popolazione residente nel ter-ritorio di ciascuna USL; una indistinta assegnazione finanziaria ha quindi riguardato tutte le attivita© sanitarie.

A sua volta ciascuna USL non stabilisce, per le prestazioni remunerabili in base ad una tariffa predetermi-nata, la quantita© da acquistare (e quindi remunerabile) da ciascun presidio ospedaliero; questo anche in base alledisposizioni della legge regionale n. 32 del 2001, che, negli artt. 7 e 12, prevede un bilancio consolidato dellaAUSL (nel quale confluiscono i dati delle varie gestioni) articolato nella iscrizione fra i ricavi delle assegnazionidella giunta regionale, mentre non prevede, per i vari presidi ospedalieri, la formazione di un autonomo bilancioche iscriva fra i ricavi il valore delle prestazioni rese e quindi sia finanziato in tal modo.

III. ö Eé opportuno, a questo punto, sottolineare che la valutazione della serie di disposizioni regionali(da ultimo l'art. 28 della legge regionale n. 4 del 2003) relativa al ripiano (ex post) dei disavanzi sanitari e© estraneaal presente giudizio in quanto disciplina un fenomeno diverso dall'assegnazione (ex ante) delle risorse finanziariealle strutture sanitarie, cioe© dall'assegnazione alle strutture private di tetti di spesa (cioe© di stanziamenti chesaranno erogati in relazione alla quantita© di prestazioni rese) a fronte dell'assegnazione alle AUSL, e quindi allestrutture pubbliche da queste amministrate, di finanziamenti in relazione ai costi previsti.

Gli atti relativi al ripiano dei disavanzi sanitari attengono inoltre ad un complesso di atti amministrativi cheinterviene in un momento successivo a quello sottoposto all'esame di questo giudice e quindi irrilevante ai fini diquesto giudizio.

Infine si deve osservare che tale ripiano consegue alla incapacita© delle strutture pubbliche di far fronte aicosti attraverso i ricavi, dimostra l'incapacita© delle strutture pubbliche di adeguarsi alle leggi del mercato (inade-guatezza giustificata solo in piccola parte dalla diversita© dei fini perseguiti attraverso le strutture pubbliche delservizio sanitario, e cioe© dal dovere delle strutture pubbliche di erogare le prestazioni anche oltre il limite di spesaassegnato), ma proprio per questo comprova il tentativo dello Stato e delle regioni di costruire un sistema sanita-rio teso al pareggio di spese ed entrate, aperto agli investimenti dei privati e quindi fondato sulla equiordinazionedegli uni e degli altri.

In altre parole, l'insieme normativo prevede come elemento essenziale del sistema sanitario il finanziamentodelle strutture pubbliche e private attraverso la remunerazione delle prestazioni rese (art. 8-quinquies, comma 2lett. d) e art. 8-sexies comma 1 del d.lgs. n. 502 del 1992); il ripiano del disavanzo delle strutture (possibile solonei confronti di quelle pubbliche) non assume rilievo patologico soltanto se e© transitorio (cioe© accompagna l'ade-guamento delle strutture pubbliche) o concilia la natura pubblica e le specifiche funzioni di queste con il criteriodel finanziamento in base alle prestazioni rese (funzione, peraltro, che ben potrebbe essere assolta con la previ-sione di criteri di remunerazione delle prestazioni rese oltre il tetto assegnato,in applicazione del dispostodell'art. 8-quinquies, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 502 del 1992); ha invece carattere patologico se e© finalizzatoad ovviare all'incapacita© del settore pubblico di adeguare i costi al valore delle prestazioni rese.

IV. ö Cio© premesso, si osserva che il rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato eracondizione espressa della legittimita© costituzionale delle leggi regionali relative alle materie in cui il potere legisla-tivo e© ripartito fra Stato e Regioni, in base al vecchio testo dell'art. 117 della Costituzione, e tale continua adessere in base al nuovo testo risultante dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto il potere di fissare i prin-cipi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente (e fra queste rientra la ûtutela della saluteý) e© riservatoalla legislazione statale; sussistono quindi fondati dubbi sulla conformita© ai principi fondamentali della legisla-zione statale e quindi sulla legittimita© costituzionale del sistema di finanziamento delle strutture sanitarie pubbli-che (quanto alle prestazioni remunerabili in base ad una tariffa predeterminata ) previsto dalla legislazione regio-nale pugliese.

La questione di legittimita© costituzionale sarebbe, tuttavia, rilevante se l'assegnazione di risorse finanziarieper le prestazioni di specialistica ambulatoriale erogate da privati e la fissazione dei relativi tetti di remunerazionefossero state influenzate dalla necessita© di finanziare i costi complessivi delle prestazioni che le strutture pubblichesono in grado di erogare, cioe© i costi complessivi di tali strutture, indipendentemente dalle remunerazioni corri-spondenti alle prestazioni dalle stesse strutture erogate, con la conseguenza che le strutture pubbliche venganoad essere finanziate in gran parte in relazione ai costi, le strutture private ottengano invece la remunerazione delleprestazioni rese in riferimento a tetti massimi invalicabili fissati in funzione non della quantita© globale di presta-zioni specialistiche ambulatoriali che il Servizio sanitario regionale prevede di dover erogare e della domanda ditali prestazioni rivolta alle strutture private (sicche© , pur nel rispetto delle esigenze di bilancio e quindi della neces-

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sita© di fissare tetti massimi di remunerazione, siano soddisfatte le esigenze della ûlibera sceltaý ö ûI cittadini eser-citano la libera scelta del luogo di cura e dei professionisti nell'ambito dei soggetti accreditati con cui siano statidefiniti appositi accordi contrattualiý secondo l'art. 8-bis comma 2 del d.lgs. n. 502 del 1999 ö e del gioco dellaconcorrenza ö ûefficace competizione fra le strutture accreditateý,secondo l'art. 8-quater, comma 3 lett. b), deld.lgs. n. 502 del 1992 ö e siano quindi rispettati i principi fondamentali della legislazione dello Stato), ma delladisponibilita© residuale di risorse.

Si deve tuttavia escludere che tale difformita© , rispetto al principio fondamentale sancito dalla legislazionenazionale in ordine al finanziamento delle strutture pubbliche e di quelle private e quindi alle condizioni che per-mettano al settore privato di competere liberamente col settore pubblico nel campo della assistenza sanitaria,abbia determinato la residualita© dei tetti fissati per le strutture private; cio© per quanto si dira© al successivo para-grafo E. punto IV.

E. I. ö L'esame del Collegio deve ora investire i criteri preposti al riparto delle risorse economiche fra levarie finalita© perseguite dal Servizio sanitario regionale e quindi alla determinazione dei tetti di spesa relativiall'acquisto di prestazioni specialistiche ambulatoriali da privati.

L'unico indirizzo che la legislazione nazionale fornisce in ordine a questo secondo aspetto conferma (se ve nefosse bisogno) la equiordinazione delle strutture pubbliche e di quelle private; l'art. 8-quinquies comma 2 deld.lgs. n. 502 del 1992, infatti, prevede che gli accordi con le strutture pubbliche ed i contrati con le strutture pri-vate, relativi al volume massimo di prestazioni che le stesse si impegnano a rendere, vengono definiti ûancheattraverso valutazioni comparative della qualita© e dei costiý.

II. ö La disciplina legislativa dettata dalla Regione Puglia, in proposito, inizia con l'art. 25 della legge regio-nale n. 28 del 2000, che nei commi 3 e 4 prevede: û3. Fino a diversa deliberazione da parte della giunta regionale,da adottarsi nell'ambito del documento di indirizzo economico-funzionale in materia sanitaria per l'anno 2001 etriennale 2001-2003, nei confronti dei soggetti privati provvisoriamente accreditati si applicano le disposizioni e itetti di remunerazione previsti dalla deliberazione di giunta regionale 27 dicembre 1999, n. 1832.

4. Le regressioni tariffarie, nella misura e secondo le progressioni fissate dalla deliberazione di giunta regio-nale 15 luglio 1999, n. 1003, trovano applicazione, sempre nei limiti invalicabili del tetto massimo di remunera-zione, a partire dal volume di prestazioni complessivamente erogate nel 1998, fatti salvi i depotenziamenti gia©determinati dal direttore generale della ASL, territorialmente competenteý.

L'art. 11 della legge regionale n. 32 del 2001, nei commi 3 e 4, prevede che: û3. I direttori generali delleaziende sanitarie verificano, entro il 31 marzo 2002, il volume di attivita© svolto da ciascun soggetto privato prov-visoriamente accreditato nell'anno 2001 e la qualita© dei risultati conseguiti.

4. I direttori generali, nel rispetto delle capacita© erogative, anche potenziali, delle strutture pubbliche e inpresenza di capacita© produttiva complessiva superiore al fabbisogno, determinata con riferimento alle prestazionierogate nell'ambito degli accordi contrattuali nell'anno 2001, entro la data di cui al comma 3 del presente articolo,attraverso gli accordi e i contratti di cui all'art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni, pon-gono, a decorrere dall'anno 2002, a carico del servizio sanitario regionale un volume di attivita© comunque nonsuperiore al fabbisognoý.

L'art. 9 della legge regionale n. 20 del 2002 prevede che: û1. I direttori generali delle aziende unita© sanitarielocali adeguano i tetti di spesa per l'anno 2003 per prestazioni erogate dalle strutture transitoriamente accreditatein relazione agli adempimenti di cui all'art. 11 della legge regionale n. 32/2001, con le riduzioni connesse alleesclusioni e limitazioni contenute negli atti di definizione dei livelli essenziali di assistenza e nel rispetto delleintese intervenute a livello regionale e approvate dalla giunta regionale.ý.

L'art. 30, comma 4, della legge regionale n. 4 del 2003 stabilisce che: ûA norma dell'art. 8-quinquies,comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 502/1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di presta-zioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, eil relativo limite di spesa a carico del Servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressionitariffarie fissate dalla giunta regionaleý.

Il successivo quinto comma prevede poi una disciplina transitoria, secondo la quale: ûFino all'approvazioneda parte della giunta regionale del documento annuale e triennale di indirizzo economico-funzionale del Serviziosanitario regionale, per l'anno di riferimento, nei confronti di tutte le strutture private transitoriamente accredi-

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tate sono confermati i tetti di remunerazione fissati,anche in nome e per conto delle altre aziende del Serviziosanitario regionale, dall'AUSL nel cui ambito amministrativo insiste la sede legale o principale della struttura pri-vata interessata, con riferimento all'anno precedenteý.

Infine il sesto comma stabilisce che: ûNei contratti con le strutture private, le AUSL fissano i volumi e letipologie di prestazioni, in coerenza con quanto previsto al comma 4, e i volumi eccedenti remunerabili, nelrispetto dei limiti massimi annuali di spesa sostenibile fissati dalla Regioneý.

III. ö I documenti di indirizzo economico-funzionale del Servizio sanitario regionale, adottati dalla giuntaregionale, hanno disciplinato il punto nella seguente maniera.

La delibera della giunta regionale n. 1800 del 1998 impone ai direttori delle AUSL di determinare il budgetdelle prestazioni ed i tetti massimi di spesa per ciascuna struttura o persona esercitante attivita© specialistica con-venzionata in misura complessiva non superiore a quella indicata al n. 18 della narrativa, che fissa la spesa perprestazioni specialistiche ambulatoriali ûinterne ed esterneý entro i limiti tendenziali definiti dalle medie nazionali(2,2-2,5%)ý.

La delibera della giunta regionale n. 1003 del 1999, recante il documento di indirizzo economico-funzionaledel Servizio sanitario regionale per il 1999, ha ripartito il Fondo sanitario regionale assegnando le risorse nellamisura del 5% alla prevenzione, del 43% alla assistenza distrettuale o territoriale (comprendente l'assistenza far-maceutica e quella specialistica, l'assistenza agli anziani, la medicina di base ed altre forme residuali di assi-stenza), del 52% alla assistenza ospedaliera (in quanto si e© ritenuta non sostenibile una repentina riduzione dellerisorse destinate a tale forma di assistenza al 46,5% previsto nell'ambito del piano di riparto del Servizio sanitarionazionale per il 1999 ûstanti le evidenti rigidita© strutturali derivanti dagli oneri consolidati connessi a livello ospe-daliero dell'assistenzaý ö cos|© a pag. 23 della delibera).

La stessa delibera fissa, a pag 24, per l'acquisto di prestazioni specialistiche ambulatoriali da privati (in tuttele branche, cioe© laboratori di analisi, radiologia, medicina nucleare, fisiokinesiterapia, branche a visita, secondol'elencazione di pag. 30) la somma di L. 164 miliardi (corrispondente, secondo la stessa delibera n. 1003 del1999, all'importo massimo programmato per il 1998 dalla delibera n. 1800 del 1998), somma lievitata aL. 182 miliardi alle pagine 25 e 26.

A pag. 27 della citata delibera, infine, si esplicita che L. 182 miliardi corrispondono alla quota capitaria diL. 44.660; questa somma viene quindi destinata, pro-capite, per l'assistenza specialistica da privati, a fronte dellaspesa sopportata per le stesse prestazioni nel 1998, pari a L. 38.510 pro-capite, globalmente L. 157 miliardi (sop-portata, secondo la stessa delibera n. 1003 del 1999, al lordo delle regressioni tariffarie previste dalla delibera dellagiunta regionale n. 74 del 1999, delibera annullata da questo Tribunale con la sentenza 6 novembre 1999, n. 746,che prevedeva la remunerazione integrale delle prestazioni erogate nel periodo 1� gennaio 1998/30 settembre1998, mentre per il periodo 1� ottobre 1998/31 dicembre 1998 era prevista la decurtazione del 25 per cento per lestrutture ed i professionisti operanti nelle branche a visita e del 50 per cento per i soggetti operanti nelle altrebranche specialistiche).

Tale assegnazione e© stata poi portata a L. 202 miliardi, sempre per il 1999, con la delibera della giunta regio-nale 27 dicembre 1999, n. 1832.

La delibera della giunta regionale 5 ottobre 2001, n. 1392 (contenente il documento di indirizzo economico--funzionale per il Servizio sanitario regionale per il 2001) ha destinato all'acquisto di prestazioni specialistiche edi diagnostica strumentale da privati L. 212 miliardi, incrementando del 5% l'analogo stanziamento contenutonella delibera n. 1832 del 1999 e portando la quota capitaria a L. 51.940 (pag. 11 della delibera).

La delibera della giunta regionale 16 luglio 2002, n. 1073 (contenente il documento di indirizzo economico--funzionale del Servizio sanitario regionale per il 2002) parte dal presupposto che il Fondo sanitario regionale e©stato impiegato (nel 2000, secondo la letterale espressione contenuta a pag. 15) per il 3,1% nella prevenzione, il43,1% nell'assistenza territoriale, il 53,8% nell'assistenza ospedaliera, a fronte delle percentuali del 5%, 43% e52% (rispettivamente) previste nella delibera n. 1003 del 1999 (che contiene il documento di indirizzo econo-mico-funzionale per il Servizio sanitario regionale per il 1999 e le assegnazioni alle aziende sanitarie per lo stessoanno) e delle percentuali nazionali del 3,6%, 46,6%, 49,8%.

Prevede la ripartizione del Fondo, nel 2002, secondo le percentuali del 3,4% alla prevenzione, del 43,8% allaassistenza territoriale (comprendente l'assistenza specialistica) e del 52,8% alla assistenza ospedaliera.

Destina tuttavia all'acquisto di prestazioni specialistiche ambulatoriali da privati la stessa somma previstadalla delibera n. 1392 del 2001 (punto 2.b della parte dispositiva).

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La delibera della giunta regionale 4 settembre 2003, n. 1326, recante ûDocumento di indirizzo economico--funzionale del Servizio sanitario regionale per il 2003 e triennale 2003-2005ý prevede che il tetto complessivo dispesa regionale, per l'acquisto di prestazioni specialistiche dal settore privato, venga incrementato del 4,02%, pariall'aumento del fondo sanitario regionale tra il 2002 e il 2003, passando di conseguenza da Mld 212,0 a 220,5Mld di Lire, pari ad e 113.894,621.

Si stabilisce altres|© che le Aziende USL, nell'attribuzione dei tetti di spesa (comprensivi delle prestazioni daerogare in regime di regressione tariffaria) prevedano un aumento complessivo del 4,02% rispetto ai tetti di spesariferiti al 2001, cos|© come confermati per il 2002 in esecuzione della legge regionale n. 32 del 2001; dall'aumentodel 4,02% sono escluse le strutture operanti nelle branche di terapia fisica e riabilitativa.

IV. ö Riepilogando, l'art. 25, commi 3 e 4, della legge regionale n. 28 del 2000 stabilisce che, fino a diversadeliberazione della giunta regionale, nei confronti dei soggetti privati provvisoriamente accreditati si applicanole disposizioni e i tetti di remunerazione previsti dalla deliberazione della giunta regionale 27 dicembre 1999,n. 1832 (cioe© L. 202 miliardi); e che, all'interno di questo limite insuperabile, le regressioni tariffarie (previste dalladeliberazione della giunta regionale n. 1003 del 1999) si applicano a partire dal volume di prestazioni complessiva-mente erogate nel 1998.

Premesso che il dato monetario fino al quale la struttura privata e© remunerata a tariffa intera ed a partire dalquale si applicano le regressioni tariffarie previste si ottiene applicando alle prestazioni rese nel 1998 le tariffevigenti nel momento in cui si opera (come e© pacifico e come si desume dal riferimento legislativo al ûvolume diprestazioni complessivamente erogate nel 1998ý), nell'interpretare la norma si deve tener conto che per il 1998,se la delibera della giunta regionale n. 1800 del 1998 e le successive integrazioni hanno previsto un tetto di spesaglobale per le prestazioni di specialistica ambulatoriale e la delibera della giunta regionale n. 74 del 1999 ha previ-sto una limitazione delle remunerazioni per i mesi di ottobre, novembre e dicembre, nessuna limitazione in con-creto ha operato (per la tardivita© degli atti adottati ö in esecuzione della delibera della giunta regionale n. 1800del 1998 e delle successive integrazioni ö al fine di determinare il tetto di spesa assegnato ad ogni struttura edancor piu© della delibera della giunta regionale n. 74 del 1999, che ha previsto la remunerazione integrale delle pre-stazioni rese fino al 30 settembre e riduzioni della remunerazione per quelle rese successivamente, ma e© interve-nuta il 16 febbraio 1999 e per questo e© stata annullata da questo Tribunale con la sentenza 6 novembre 1999,n. 746); in conclusione la capacita© produttiva delle strutture private, nel 1998, si e© potuta esplicare senza limiti.

La giunta regionale ha poi esercitato, con la delibera 15 ottobre 2001, n. 1392, il potere attribuitole dal-l'art. 25, comma 3, della legge regionale n. 28 del 2000, portando per il 2001 il tetto globale di spesa a L. 212,1miliardi, fermo restando che il tetto massimo di remunerazione a tariffa intera era costituito dal valore attualedelle prestazioni rese nel 1998 (art. 25 comma 4 della legge regionale n. 28 del 2000); la maggiore disponibilita©del 5% (pari a L. 10,1 miliardi) era quindi destinata a remunerare ûcon l'applicazione degli abbattimenti tariffariprevistiý ûle sole tipologie di prestazioni aggiuntive specificamente richieste dalla USLý (pag. 12 della delibera).

Lo stanziamento delle somme per l'acquisto di prestazioni specialistiche da privati con riferimento ad unperiodo in cui le strutture private hanno esplicato la propria capacita© produttiva avendo come solo limite ladomanda, sicche non si puo© definire residuale (rispetto alle risorse che richiede il finanziamento delle strutturepubbliche in base ai costi sopportati dalle stesse) l'ammontare delle risorse destinate alle strutture private e quindidipendente dall'indicato sistema di finanziamento delle strutture pubbliche la fissazione dei tetti di spesa per lestrutture private, ha portato questo Tribunale a ritenere (nella sentenza 15 maggio 2002, n. 1887) irrilevante laquestione di costituzionalita© (per il contrasto con l'art. 117, cioe© col principio fondamentale della legislazione sta-tale relativo alla equiordinazione delle strutture pubbliche e di quelle private ö sancito dall'art. 8-bis, comma 1,e dall'art. 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992 ö, nonche col principio fondamentale relativo al finanziamento dellestrutture pubbliche e private, che erogano prestazioni sanitarie tariffabili, con un ammontare globale corrispon-dente al valore delle prestazioni rese ö sancito dall'art. 8-sexies, comma 1 del d.lgs. n. 502 del 1992) degli artt. 7e 8 della legge regionale n. 38 del 1994 e degli artt. 7 e 12 della legge regionale n. 32 del 2001 (nelle parti in cui talinorme non prevedono l'erogazione ai presidi ospedalieri solo delle remunerazioni corrispondenti alle prestazionirese); cio© in quanto l'assunzione, come termine di riferimento dell'entita© del tetto di remunerazione a tariffa interadelle strutture private, del volume di attivita© svolta in un periodo nel quale tali strutture avevano esplicato senzalimiti la propria capacita© produttiva escludeva che su tale assegnazione avesse influito (rendendola residualerispetto a quella delle strutture pubbliche) il sistema di finanziamento di queste ultime in base ai costi e non alvalore della produzione.

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La stessa sentenza ha ritenuto irrilevante la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 11, comma 4, dellalegge regionale 5 dicembre 2001, n. 32, secondo la quale i direttori generali, entro il 31 marzo di ogni anno,devono procedere all'assestamento delle previsioni relative al fabbisogno di prestazioni sanitarie ûnel rispettodelle capacita© erogative, anche potenziali, delle strutture pubblicheý.

Il contrasto fra tale norma ed il principio fondamentale della legislazione statale relativo alla equiordina-zione delle strutture pubbliche e private, che erogano prestazioni sanitarie (sancito negli artt. 8-bis e 8-sexies deld.lgs. n. 502 del 1992) e© stato infatti ritenuto irrilevante in quanto gli atti in quella sede impugnati non erano statiadottati in applicazione della norma regionale indicata.

Parimenti irrilevante devono essere ritenute le indicate questioni nel presente giudizio.

Dagli atti impugnati, infatti,non risulta che l'assegazione finanziaria relativa all'acquisto di prestazioni spe-cialistiche da privati sia stata disposta in base a disponibilita© residue, cioe© solo dopo aver soddisfatto le esigenzedelle strutture pubbliche.

Pur essendo stato assunto ûil pieno impiego dei potenziali erogativi delle strutture pubblicheý a presuppostodella delibera della giunta regionale n. 1073 del 2002 (punto 2.b della parte dispositiva), l'assenza di qualsiasi analisi,negli atti regionali, in ordine ai citati ûpotenziali erogativiý non permette di stabilire se tali atti abbiano fatto appli-cazione dell'art. 11, comma 4, della legge regionale n. 32 del 2001, perseguendo l'obiettivo di assicurare il pienoimpiego delle strutture pubbliche ed utilizzando le strutture private solo per soddisfare la domanda eccedente.

V. ö La tendenziale completezza dell'esame impone di valutare la conformita© dell'ordinamento regionale alprincipio sancito dall'art. 8-quater, comma 1 lett. d), del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo il quale le regioni devonofissare i ûcriteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi diprestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attivita© e delconcorso allo stesso da parte di ciascuna strutturaý.

Il Collegio ritiene che tali criteri non debbano necessariamente consentire a ciascun soggetto di accedere allastruttura che preferisce in qualsiasi giorno in quanto il principio della libera scelta, sancito dal legislatore nazio-nale, va salvaguardato in un quadro piu© ampio, che comprende necessariamente le esigenze finanziarie.

Il diritto alla salute, di cui all'art. 32 della Costituzione, e© tutelato non incondizionatamente ma compatibil-mente con altre esigenze, prima fra tutte quella relativa alla disponibilita© dei mezzi finanziari, tutelata dall'art. 81della Costituzione.

Le limitazioni derivanti al diritto alla salute dalla limitatezza delle risorse finanziarie disponibili sono statepiu© volte sottoposte al vaglio della Corte costituzionale, che ne ha sempre ritenuto la legittimita© (vedi Corte costi-tuzionale 16 ottobre 1990, n. 455; 3 giugno 1992, n. 247; 15 luglio 1994, n. 304; 24 luglio 1995, n. 416), con esclu-sione di quelle che incidono sul ûnucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambitoinviolabile della dignita© umanaý (Corte costituzionale 20 novembre 2000, n. 509).

Sulla base di tali considerazioni si deve ritenere che il legislatore nazionale abbia inteso assicurare una ragio-nevole elasticita© dei tetti di spesa fissati per le singole strutture, in vista della necessita© di erogare un volume diprestazioni superiore a quello programmato.

Se, tuttavia, i limiti di bilancio sono ineludibili, non si puo© negare il potere delle Regioni di impostare le pro-prie previsioni di bilancio in termini rigidi e quindi di escludere l'acquisto di prestazioni sanitarie oltre il volumeprogrammato; questo in ossequio al dettato dell'art. 119 della Costituzione, secondo il quale le Regioni hannoûautonomia finanziaria di entrata e di spesaý.

Se tale eventualita© si verifichi e siano rese da strutture private prestazioni richieste sul ricettario del Serviziosanitario nazionale e cioe© richieste dal Servizio sanitario nazionale, prestazioni quindi da remunerare, la situa-zione rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 2041 del codice civile.

Da un lato, quindi, la previsione del legislatore nazionale in ordine alla fissazione dei criteri per la remunera-zione delle prestazioni rese oltre il volume programmato deve essere intesa alla luce della necessaria previsionedi limiti di spesa certi e non elastici (in ossequio al principio sancito dall'art. 81 della Costituzione), dall'altro e©presente nell'ordinamento una norma che permette la remunerazione (entro determinati limiti) delle prestazioniin esame (anche in difetto di somme stanziate in bilancio per la specifica esigenza); tutto cio© consente di escluderequalsiasi dubbio sulla legittimita© costituzionale delle norme di legge regionale che non hanno previsto i criteri diremunerazione di prestazioni sanitarie rese oltre le entita© programmate, nonche sulla legittimita© degli atti ammini-strativi adottati in esecuzione delle norme indicate.

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L'art. 30, comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003 ha stabilito di acquistare un volume di prestazioni paria quello erogato nel 1998 (nel quale le strutture private, si ripete, hanno esplicato la propria capacita© produttivasenza limiti), prevedendo altres|© l'acquisto di un ulteriore volume con le regressioni tariffarie fissate dalla giuntaregionale.

Il successivo sesto comma ha confermato che nei contratti con le strutture private deve essere contemplatol'acquisto di un volume di prestazioni corrispondente per tipologia a quanto erogato nel 1998, prevedendo altres|©che le prestazioni eccedenti devono essere contenute nei ûlimiti massimi annuali di spesa fissati dalla Regioneý(evidentemente a seguito dell'applicazione delle regressioni tariffarie menzionate nel precedente quarto comma).

Questo modulo, anche se letteralmente prevede la determinazione di acquistare un determinato volume diprestazioni ed i criteri per la remunerazione delle prestazioni rese oltre tale volume, fissando un limite di spesainsuperabile quantifica il volume di prestazioni che si e© programmato di acquistare (una parte a tariffa intera, ilresto con regressioni) e non prevede quindi criteri per la remunerazione di prestazioni rese oltre il limite program-mato.

Si e© detto, tuttavia, della conformita© di tale disciplina ai principi sanciti dalla legislazione nazionale.

VI. ö La contestazione della legittimita© costituzionale delle norme regionali impone di valutare un altro pro-filo dell'insieme normativo.

L'art. 30, comma 4, della legge regionale n. 4 del 2003 prevede che: ûA norma dell'art. 8-quinquies, comma 1,lettera d), del d.lgs. n. 502/1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni ecce-denti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativolimite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffariefissate dalla giunta regionaleý.

Il successivo sesto comma prevede che le prestazioni eccedenti sono remunerate (con le regressioni tariffariefissate dalla giunta regionale) ûnei limiti massimi annuali di spesa sostenibile fissati dalla Regioneý.

La norma stabilisce, quindi,che il limite di spesa per l'acquisto di prestazioni sanitarie da remunerare a tariffaintera e© pari al valore attuale (determinato cioe© in base alle tariffe vigenti al momento di applicazione della legge)del volume di prestazioni erogato nel 1998; oltre tale volume le prestazioni sono remunerate con le regressionitariffarie fissate dalla giunta regionale, nei limiti massimi di spesa fissati dalla stessa Regione.

Tali disposizioni riproducono il contenuto dell'art. 25, commi 3 e 4, della legge regionale n. 28 del 2000,secondo i quali la giunta regionale aveva il potere di fissare, in seno al documento di indirizzo economico-funzio-nale in materia sanitaria, i limiti massimi annuali di spesa, mentre l'entita© della remunerazione a tariffa interaera pari al valore ûattualeý delle prestazioni rese nel 1998.

Le differenze fra i due corpi normativi attengono:

a) al regime delle regressioni tariffarie, in quanto l'art. 25, comma 4 della legge regionale n. 28 del 2000prevede che queste operino ûnella misura e secondo le progressioni fissate dalla deliberazione della giunta regio-nale 15 luglio 1999, n. 1003ý, mentre l'art. 30, comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003 attribuisce alla giuntaregionale il compito di fissare la misura delle regressioni stesse;

b) al regime transitorio, che in base all'art. 25, comma 3 della legge regionale n. 28 del 2000 comporta l'ap-plicazione delle disposizioni e dei tetti di remunerazione previsti dalla deliberazione della giunta regionalen. 1832 del 1999 (L. 202 miliardi), mentre in base all'art. 30, comma 5 della legge regionale n. 4 del 2003 comportal'applicazione dei tetti di remunerazione fissati nell'anno precedente.

Poiche il regime transitorio previsto dall'art. 30, comma 5 citato, con l'applicazione nel 2003 dei tetti di remu-nerazione fissati per il 2002 dalla delibera della giunta regionale n. 1073 del 2002 (in misura pari all'ammontarefissato per il 2001 dalla delibera della giunta regionale n. 1392 del 2001, cioe© L. 212,1 miliardi), si e© esaurito nelcorso dello stesso anno 2003, dato che la giunta regionale (con la delibera 4 settembre 2003, n. 1326) ha incremen-tato il tetto globale di spesa nella misura del 4,02% portandolo da L. 212,1 miliardi a L. 220,5 miliardi, si puo© rite-nere lo stesso ininfluente sulla controversia in esame.

In sintesi, il regime attuale si articola nell'innalzamento del tetto globale di spesa (portato a L. 220,5 miliardi)e in una curva meno accentuata delle regressioni tariffarie, dato che la delibera della giunta n. 1326 del 2003 haprevisto la remunerazione pari all'85% della tariffa (invece del 70% stabilito nella deliberazione della giunta regio-nale n. 1003 del 1999) per le prestazioni erogate oltre il valore attuale della produzione del 1998 e fino al 110%

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dello stesso valore, pari al 70% della tariffa (invece del 50% stabilito nella delibera citata) per le prestazioni ero-gate dal 111% al 120% del valore della produzione del 1998, pari al 60% della tariffa (invece del 40%) per le presta-zioni erogate oltre il 120% della produzione del 1998, fino al limite costituito dal tetto insuperabile.

Tale miglior trattamento non esclude, pero© , che nel 2003 l'assegnazione di risorse finanziarie per l'acquisto diprestazioni specialistiche ambulatoriali da privati a tariffa intera sia determinata con riferimento al volume delleprestazioni rese da tale settore nel 1998 senza alcuna valutazione dell'andamento, negli anni, della domanda diprestazioni specialistiche rivolta al settore privato; cos|© pure l'ammontare globale della spesa per l'acquisto delleprestazioni in parola ha avuto degli incrementi determinati nelle varie delibere della giunta regionale senza alcunaanalisi del fenomeno specifico, cioe© della entita© della domanda di prestazioni specialistiche rivolta alle struttureprivate provvisoriamente accreditate; per tutte si richiama la delibera della giunta regionale n. 1326 del 2003,che incrementa (del 4,02%) la spesa per l'acquisto di prestazioni specialistiche dal settore privato in misura ûpariall'aumento del fondo sanitario regionale tra il 2002 e il 2003ý (pag.12 della delibera). In tal modo non si tienein alcun conto l'andamento della domanda negli anni successivi al 1998, andamento che mostra (in base al fattu-rato delle varie strutture private, giunto nella grande maggioranza dei casi ai limiti di spesa assegnati prima delmese di dicembre, come risulta dalla certificazione acquisita nel giudizio n. 1060 del 2003; da tale certificazionerisulta che il laboratorio ricorrente, nel 2002, ha raggiunto il tetto fissato per la remunerazione al 100% a settem-bre e dopo non ha piu© chiesto alla AUSL la remunerazione per prestazioni rese) il divario esistente fra ladomanda di prestazioni specialistiche rivolta alle strutture private e l'assegnazione di somme per l'acquisto daparte del Servizio sanitario regionale di tali prestazioni.

Eé ben vero che la tutela della ûlibera sceltaý (prevista dall'art. 8-bis del d.lgs. n. 502 del 1992) da partedell'utente incontra un limite nelle disponibilita© finanziarie e che l'amministrazione puo© fissare tetti di spesa dilivello inferiore rispetto al volume di prestazioni che una determinata struttura (o l'insieme delle strutture accredi-tate) puo© erogare (art. 8-quater, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992); e© altrettanto vero, pero© , che l'insieme delleprestazioni che il Servizio sanitario regionale deve rendere e deve, quindi, acquistare da strutture pubbliche o pri-vate deve essere suddiviso fra le une e le altre in base alle esigenze primarie di assicurare la liberta© di sceltadell'utente (art. 8-bis, comma 2, del d.lgs.n. 502 del 1992), l'efficace competizione fra le strutture accreditate(art. 8-quater, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 502 del 1992), nonche tendenzialmente l'acquisto a seguito di valuta-zioni comparative della qualita© e dei costi (art. 8-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992).

Non si intende con cio© affermare (si ripete) che all'utente deve essere assicurata fino all'ultimo giorno del-l'anno la possibilita© di scegliere la struttura pubblica o privata cui rivolgersi, poiche questo comporterebbe laimpossibilita© di fissare dei tetti e globali e individuali per ogni struttura, ma che la determinazione del limite dispesa globale deve tener conto dell'andamento della domanda (come anche la fissazione del tetto assegnato adogni struttura. Invero i vizi rilevati affiiggono la determinazione dei tetti ö insuperabile e della remunerazioneal 100% della tariffa ö per ogni struttura in virtu© del legame di consequenzialita© esistente fra la determinazionedel tetto globale e quella dei tetti individuali, dato che l'erronea quantificazione del tetto globale non puo© chedeterminare l'erroneita© dei tetti individuali).

VII. ö Si osserva quanto segue in ordine al rilievo che ha la valutazione comparativa della qualita© e dei costinelle strutture pubbliche ed in quelle private e, in assenza di tale valutazione, l'analisi dell'andamento delladomanda di prestazioni specialistiche ambulatoriali alle strutture private, in funzione della razionalita© delle scelte,dell'economicita© delle stesse, della tutela della liberta© di scelta dell'utente, della competizione fra il settore pub-blico e quello privato. Dagli atti acquisiti nel giudizio n. 1060 del 2003 risulta che i dati piu© analitici sono statiespressi, dalle aziende unita© sanitarie locali, nella elaborazione dei budgets generale e delle singole strutture(invero gli artt. 18 e 20 della legge regionale n. 38 del 1994 formulano precise indicazioni in ordine alla forma-zione dei budgets quali ûallegati necessari del bilancio economico preventivoý, mentre i documenti di ûbudgetýacquisiti riguardano dati consuntivi); una rappresentazione meno analitica e© , invece, nel bilancio di esercizio, datoche questo documento esprime dati relativi alla totalita© delle prestazioni rese dai vari distretti e dai vari presidiospedalieri, senza evidenziare gli apporti di ciascuna specialita© per ogni struttura.

Dall'esame degli atti acquisiti risulta che sono stati oggetto di specifica valutazione i dati relativi al numerodelle prestazioni rese da ciascuna unita© operativa, il valore della somma delle prestazioni rese da ciascuna unita© ,il costo globale di ogni unita© operativa.

Si e© quindi nelle condizioni di conoscere (con una semplice operazione aritmetica, non effettuata ma effettua-bile) il costo (medio) delle prestazioni rese.

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Manca, negli elaborati contabili delle aziende unita© sanitarie locali, una analisi (ne, in base al contenuto degliatti impugnati, risulta che un'analisi del genere sia stata compiuta in sede regionale) relativa al costo globale delleprestazioni specialistiche ambulatoriali rese dai privati, alla somma di tali prestazioni e quindi al costo mediodelle stesse (fermo restando che il dato del costo medio delle prestazioni non e© molto indicativo, attesa la grandevarieta© delle medesime, sicche sarebbero maggiormente indicativi i dati attinenti a grandi raggruppamenti di pre-stazioni).

Eé mancato quindi l'apprestamento degli strumenti contabili cui fa riferimento l'art. 5, comma 5, lett. d), deld.lgs. n. 502 del 1992, che prescrive ûla tenuta di una contabilita© analitica per centri di costo e responsabilita© checonsenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultatiý.

Si deve a questo punto osservare che, se il valore delle prestazioni sanitarie rese da una struttura operativapubblica e© superiore al costo della struttura stessa, non e© detto che la utilita© della valutazione comparativa e© percio© stesso da escludere e deve essere acquisito come il migliore possibile l'assetto che salvaguarda il livello opera-tivo raggiunto da quella struttura pubblica. Il valore della produzione e© stato, infatti, determinato con l'applica-zione integrale delle tariffe, mentre le strutture private operano, oltre un certo limite, con regressioni tariffarie,sicche il confronto e© sempre utile.

Tale valutazione comparativa, finalizzata ad assicurare la competizione fra le strutture accreditate (cioe© lamigliore utilizzazione delle risorse economiche attraverso il continuo miglioramento degli assetti produttivi) non-che la liberta© di scelta dell'utente ö nei limiti prima accennati ö (le due finalita© si integrano in quanto, esempli-ficando schematicamente, se il Servizio sanitario regionale compra da chi offre i prezzi piu© bassi, questo presta-tore eroghera© i propri servizi solo se assicurera© la qualita© degli stessi, in quanto l'utente, libero di scegliere, lirichiedera© solo se li riterra© soddisfacenti), non puo© evidentemente prescindere dalla rigidita© dell'assetto delle strut-ture sanitarie pubbliche (i cui costi sono in gran parte relativi al personale) e dalla difficolta© di analizzare un feno-meno appena accennato, in quanto la domanda di prestazioni specialistiche ambulatoriali al settore privato nonsi e© potuta esplicare liberamente per effetto dei tetti fissati negli anni passati.

La difficolta© dell'analisi e© tuttavia superabile con l'utilizzazione di strumenti di indagine diversi dal merorecepimento dell'esistente, quali possono essere l'individuazione del periodo (nel corso dell'anno) in cui e© statoraggiunto, da ciascuna struttura, il tetto di remunerazione a tariffa intera ed il ricorso a proiezioni (relativeall'anno) fondate sulla sintesi dei dati relativi all'intera regione, in modo da stabilire (seppure con l'approssima-zione delle indagini basate su proiezioni) l'andamento della domanda in questione.

Il rilievo da attribuire alla rigidita© strutturale del sistema sanitario pubblico e© poi una questione di politicasociale ed economica, da risolvere con l'individuazione di correttivi (come il ripianamento del passivo per unperiodo predeterminato, in modo che il correttivo sia temporaneo e cioe© finalizzato al superamento della fasepatologica) al principio della necessaria corrispondenza del finanziamento delle strutture al valore della produ-zione.

Il sistema delineato dal legislatore nazionale, si ripete, e© finalizzato alla migliore utilizzazione delle risorseeconomiche e il cardine di tale sistema e© costituito dalla corrispondenza del valore della produzione tariffabile(quale e© quella ospedaliera e quella specialistica ambulatoriale) all'entita© dei finanziamenti erogati alle struttureproduttive, finanziamenti che per le strutture pubbliche (come per quelle private) devono assumere la natura diremunerazioni.

Corollario di tale assunto e© l'acquisto delle prestazioni in base ad una valutazione comparativa dei costi edella qualita© .

Un sistema che alla valutazione comparativa non procede, perche evidentemente non ritiene di poter utiliz-zare i dati rivenienti dalla comparazione per la rigidita© strutturale dell'organizzazione sanitaria pubblica (rigidita©strutturale su cui, peraltro, interviene perseguendo l'obiettivo della razionalizzazione della rete ospedaliera conle delibere della giunta regionale 26 luglio 2002, n. 1086, 2 agosto 2002, n. 1987, 30 settembre 2002, n. 1429),non puo© esimersi tuttavia dal formare le proprie scelte per il settore privato nell'osservanza dei principi fonda-mentali dettati dalla legislazione statale nella materia.

VIII. ö Nella parte relativa alla determinazione del tetto cosiddetto ûmontanteý, fino al quale la remunera-zione e© erogata in misura pari al 100% delle tariffe previste, le determinazioni amministrative sono vincolate dal-l'art. 30, comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003, che fissa questo tetto della spesa globale in misura corri-spondente al valore attuale delle prestazioni erogate nel 1998.

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La illegittimita© delle determinazioni amministrative puo© essere ritenuta solo dopo che la Corte costituzionaleabbia ritenuto la illegittimita© della norma indicata, sicche il presente giudizio deve essere sospeso con la rimes-sione degli atti al giudice delle leggi. Ragioni di opportunita© impongono, inoltre, di sospendere il giudizio anchenella parte relativa alla determinazione del limite di spesa globale e del tetto insuperabile per la struttura ricor-rente, determinazioni operate, rispettivamente, dalla delibera della giunta regionale n. 1326 del 2003 e dallaAUSL Le 1, da ultimo, con la deliberazione 22 ottobre 2003, n. 3677, determinazioni non vincolate da una normadi legge regionale.

In conclusione il collegio sospetta che l'art. 30, comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003 v|© oli il principiodi razionalita© delle scelte sancito dagli artt. 3 (in funzione dell'eguaglianza) e 97 (in funzione della bonta© dell'azio-ne amministrativa) della Costituzione, nonche l'art. 117 della Costituzione in quanto contraddice vari principifondamentali sanciti dalla legislazione statale nella materia; infatti, l'insieme delle prestazioni specialisticheambulatoriali che il Servizio sanitario regionale deve rendere e deve, quindi, acquistare da strutture pubbliche oprivate deve essere suddiviso fra le une e le altre in base alle esigenze primarie di assicurare la liberta© di sceltadell'utente (art. 8-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992), l'efficace competizione fra le strutture accreditate(art. 8-quater, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 502 del 1992) e quindi l'equiordinazione delle stesse (sancita dal-l'art. 8-bis, comma 1, e dall'art. 8-sexies, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992), nonche l'economicita© della scelta,dovendo l'acquisto conseguire anche a valutazioni comparative della qualita© e dei costi (art. 8-quinquies,comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992).

Il dubbio di costituzionalita© che questo collegio nutre in riferimento all'art. 117 della Costituzione (con speci-fico riguardo alle norme che sanciscono l'equiordinazione delle strutture pubbliche e di quelle private) non e©escluso dalla circostanza che l'art. 30, comma 4, della legge regionale n. 4 del 2003 prevede che i patti relativi aprogrammi comprendenti volumi di prestazioni pari a quelli erogati nel 1998 riguardino sia le strutture pubblicheche quelle private; cio© perche tali accordi, in base alla legislazione regionale, non intercorrono con i presidi ospe-dalieri amministrati dalle AUSL, cioe© la stragrande maggioranza delle strutture ospedaliere pubbliche (le strut-ture ospedaliere pubbliche non amministrate dalle AUSL sono le aziende ospedaliere ûPoliclinicoý di Bari,ûOspedali Riunitiý di Foggia e gli IRCCS ûOncologicoý e ûDe Bellisý).

Infine, e© indubbia la rilevanza della questione di legittimita© costituzionale dell'art. 30, comma 4 della leggeregionale n. 4 del 2003, nella parte in cui prevede che le AUSL stipulano con le strutture private patti relativi aprogrammi comprendenti prestazioni sanitarie per volumi pari a quelli erogati nel 1998, da remunerare a tariffaintera.

La dichiarazione di illegittimita© costituzionale di questa norma, infatti, comporterebbe (si ripete) la illegitti-mita© per i vizi dedotti nel terzo, quarto e quinto motivo e quindi l'annullamento degli atti impugnati (relativi aitetti di spesa fissati per il 2003), che di quella norma fanno applicazione nella parte in cui vengono fissati i limitidella remunerazione da erogare in misura pari al 100% delle tariffe.

In conclusione, il giudizio deve essere sospeso, dovendo essere rimessa alla Corte costituzionale, con ordi-nanza, la questione della conformita© dell'art. 30, comma 4 della legge regionale n. 4 del 2003 agli artt. 3, 97 e117 della Costituzione.

Per ragioni di opportunita© il giudizio va anche sospeso nella parte relativa alla contestazione del tetto insupe-rabile, fissato con la deliberazione della AUSL LE1, 22 ottobre 2003, n. 3677, in esecuzione di quanto dispostodalla giunta regionale con la deliberazione 4 settembre 2003, n. 1326 (nell'esercizio del potere attribuito dal-l'art. 30, commi 5 e 6, della legge regionale n. 4 del 2003).

P. Q. M.

Solleva la questione della legittimita© costituzionale dell'art. 30, comma 4, della legge regionale della Puglia n. 4del 2003 per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione.

Sospende il giudizio in corso e dispone che, a cura della segreteria, gli atti del giudizio siano trasmessi alla Cortecostituzionale e che il presente atto sia notificato alle parti ed al presidente della giunta regionale della Puglia e siacomunicato al presidente del consiglio regionale della Puglia.

Cos|© deciso in Lecce, nella camera di consiglio dell'11 dicembre 2003.

Il Presidente ed estensore: Cavallari

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n. 179

Ordinanza del 14 ottobre 2003 emessa dal T.A.R. per la Toscana sul ricorso propostoda Carbonera Marmi S.r.l. ed altre contro il comune di Carrara

Imposte e tasse - Tassa sui marmi - Determinazione dell'aliquota massima mediante regolamento comunale - Man-cata indicazione di parametri sufficienti per delimitare la discrezionalita© dei comuni - Violazione del principiodi riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte - Violazione del principio di libera circolazionedei beni tra le Regioni.

^ Legge 15 luglio 1911, n. 749, articolo unico, come modificato dall'art. 55, comma 18, legge 27 dicembre 1997,n. 449; d.l. 26 gennaio 1999, n. 8, art. 2, comma 2-ter, nel testo introdotto dalla legge di conversione25 marzo 1999, n. 75.

^ Costituzione, artt. 23 e 120.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1552/1999, proposto da Carbonera Marmi S.r.l., OscarDaffe Sa, Marmobon S.r.l., Idealmarmi S.r.l., Mlm Monterosa S.r.l., Marmi Kappa S.n.c., Fraccari MarmiS.n.c. in persona dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentate e difese dagli avvocati Alberto Marconi e FabioColzi e presso lo studio elettivamente domiciliate, in Firenze, via San Gallo n. 76;

Contro il comune di Carrara, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli, avv. Lino Buselli eFranco Batistoni Ferrara ed elettivamente domiciliato, in Firenze, via Lavagnini 14 (studio avv. Gianfranco Nesi);

Per l'annullamento delle deliberazioni del consiglio comunale: n. 29 in data 23 marzo 1999, pubblicata il 27marzo successivo e divenuta efficace il 6 aprile 1999, avente ad oggetto approvazione del regolamento per lariscossione della tassa sui marmi; n. 30 in data 23 marzo 1999, pubblicata il 27 marzo successivo e divenuta effi-cace il 6 aprile 1999, avente ad oggetto approvazione ai sensi della legge 15 luglio 1911, n. 749 della misura dellatassa sui marmi per l'anno 1999;

Nonche per l'annullamento di ogni atto preparatorio, presupposto, consequenziale o comunque connesso e inparticolare dei pareri della Commissione marmi in data 22 marzo e 23 marzo 1999;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti depositati l'8 giugno 2001 e proposti, dalle medesime istanti sopra citate, per l'annulla-mento della deliberazione del c.c. n. 198 del 23 marzo 2001, avente ad oggetto approvazione, ai sensi della leggen. 749/1911 e successive modificazioni e integrazioni, della misura della tassa sui marmi dal 1� gennaio 2001;

Visto l'atto di costituzione giudizio del comune intimato;

Viste le memorie difensive delle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore, per la pubblica udienza del 27 maggio 2003, il cons. Domenico Lundini;

Uditi, all'udienza predetta, gli avv. Marconi e Colzi per le ricorrenti e l'avv. Batistoni per il comune di Carrara;

Ritenuto e considerato quanto segue:

Ritenuto, preliminarmente, che debba essere disattesa l'eccezione d'inammissibilita© di ricorsointroduttivo mossa dall'Amministrazione resistente, dovendosi infatti riconoscere l'interesse e la legittima-zione delle istanti (trattandosi di societa© pacificamente operanti nel settore marmifero ed acquirenti datitolari di cava in Comune di Carrara, o da imprese commerciali locali, di blocchi o scaglie di marmodestinate ad essere trasportate al di fuori del territorio del comune predetto) ad impugnare il provvedi-mento immediatamente lesivo (cfr. C.d.S., VI, n. 289 del 18 febbraio 1997) ö unitamente all'atto regola-mentare presupposto ö di determinazione delle tariffe di applicazione della tassa sui marmi di cui all'arti-colo unico della legge 15 luglio 1911, n. 749 e successive modificazioni e integrazioni;

Ritenuto che le censure sollevate (peraltro in via subordinata), sia nel ricorso introduttivo che nei motiviaggiunti, di mancata determinazione, nel regolamento impugnato, dell'aliquota massima della tassa sui marmi,appare infondata, posto che l'art. 52, comma 1 del d.lgs. n. 446/1997, richiamato dalle ricorrenti, esclude tale ele-mento dalla competenza regolamentare dei comuni in materia tributaria;

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Ritenuto altres|© :

che l'enunciazione dei criteri stabiliti per l'individuazione della misura del tributo (esigenze di spesa ine-rente direttamente e indirettamente all'industria dei marmi e loro derivati, e prevista sia per l'adozione di misuredi sostegno che per neutralizzare o lenire conseguenze negative derivanti dall'impatto di tale industria sull'am-biente naturale e socioeconomico) costituisce riferimento sostanzialmente aderente all'enunciato dell'art. 2,comma 2-ter della legge n. 75/1999;

che il parametro aggiuntivo dell'inflazione costituisce previsione ragionevole e comunque forma di auto-limitazione che il comune si e© imposto;

che le parti sociali che dovevano essere sentite ai fini della determinazione delle norme regolamentarinella materia che ne occupa sono state concretamente individuate e convocate dal comune di Carrara in sede distudio e preparazione del regolamento stesso;

che il d.l. n. 8/1999 ha differito al 31 marzo 1999 il termine per l'approvazione del bilancio di previsione1999 degli enti locali, per l'approvazione dei regolamenti e delle aliquote d'imposta per i tributi e servizi, locali,stabilendo altres|© che tali regolamenti, aliquote e tariffe hanno effetto dal 1� gennaio 1999; che anche negli annisuccessivi i normali termini per detti adempimenti sono slittati per effetto di disposizioni legislative;

Ritenuto quindi che le censure mosse con riferimento a quanto sopra siano prive di fondamento;

Considerato tuttavia che altra censura mossa (peraltro in via prioritaria e principale) dalle istanti societa© faleva sull'addotta illegittimita© , costituzionale della legge n. 749/1911, e che in effetti la questione di costituzionalita©della legge stessa (e successive modifiche ed integrazioni) non appare al collegio manifestamente infondata.Invero, le prestazioni patrimoniali imposte, nel novero delle quali rientra indubbiamente anche la c.d. tassa suimarmi di cui all'articolo unico della legge n. 749/1911, debbono essere istituite ûin base alla leggeý, ai sensi del-l'art. 23 della Costituzione.

Cio© identifica una riserva relativa di legge, di modo che, anche quando per il tributo e© concretamente previstauna disciplina normativa secondaria di un ente locale, la fonte primaria deve comunque delimitare l'ambitodiscrezionale del potere impositivo con riferimento, per quanto in questa sede particolarmente interessa, al quan-tum del prelievo tributario. Ebbene, la legge n. 749/1911, nel testo vigente dopo le modifiche apportate dal-l'art. 55, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, non prevede parametri per la determinazione dellamisura massima della tariffa relativa alla tassa in questione; ne appare sufficiente a restringere la discrezionalita©dell'ente impositore, nella determinazione del quantum del tributo, il riferimento legislativo alla previa consulta-zione delle ûparti socialiý, posto che criteri delimitativi della specie sembrano al collegio semmai sufficienti abilanciare ed orientare l'ambito di scelta relativo all'entita© della prestazione imposta quando quest'ultima assumala connotazione di una prestazione connessa ad un servizio ed in certo modo corrispettiva dello stesso (cfr. Cortecostituzionale n. 180/1996 e n. 90/1994); non invece laddove e© vaga ed imprecisata la destinazione del proventodel tributo. Anche poi a tener conto della disciplina della tassa in questione risultante dall'art. 2, comma 2-ter,della legge n. 75 del 25 marzo 1999 (ma gli atti impugnati sono ad essa precedenti), non sembra al collegio che ilmero riferimento ûalle esigenze della spesa comunale inerente direttamente o indirettamente alle attivita© del set-tore marmifero localeý, sia idoneo e sufficiente, nella sua genericita© , ad orientare il potere impositivo in terminitali da sottrarre la disciplina legislativa in questione al sospetto di illegittimita© per violazione dell'art. 23 dellaCostituzione;

Ritenuto, sotto un ulteriore e diverso profilo, che la disciplina legislativa di cui si e© detto, riguardante la tassasui marmi a favore del comune di Carrara, sembra congegnata, ad avviso del collegio, in quanto la tassa e© ûappli-cata e riscossa dal comune all'uscita del marmo dai suoi confiniý, in termini tali da configurare un tributo che,pur avendo ad oggetto i marmi e loro derivati, opera concretamente come una sorta di ûdazio di esportazioneý,in possibile violazione dell'art. 120 della Costituzione e quindi del principio (rafforzato anche dalla normativaûcomunitariaý) di liberta© di circolazione delle cose e delle merci all'interno del territorio nazionale;

Ritenuta evidentemente rilevante la questione di legittimita© costituzionale dell'articolo unico della leggen. 749 del 15 luglio 1911, come modificata dall'art. 55, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e del-l'art. 2, comma 2-ter, d.l. 26 gennaio 1999, n. 8, nel testo introdotto con la legge di conversione 25 marzo 1999,n. 75, per la sua sicura incidenza sull'esito del ricorso proposto dalle istanti in dipendenza della caducazione, inradice, del potere impositivo esercitato dal comune che deriverebbe dalla declaratoria dell'incostituzionalita© dellenorme di legge di cui trattasi;

Ritenuto quindi che il presente giudizio debba essere sospeso, con conseguente invio degli atti alla Cortecostituzionale.

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P. Q. M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionale dell'articolo unicodella legge 15 luglio 1911, n. 749, come modificata dall'art. 55, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e del-l'art. 2, comma 2-ter, del d.l. 26 gennaio 1999, n. 8, nel testo introdotto dalla legge di conversione 25 marzo 1999,n. 75, in relazione agli artt. 23 e 120 della Costituzione.

Sospende, in conseguenza, il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a curadella segreteria di questo tribunale.

Ordina che, a cura della medesima, segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presi-dente del Consiglio dei ministri, nonche comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente dellaCamera dei deputati.

Cos|© deciso, in Firenze, nella camera di consiglio del 27 maggio 2003.

Il presidente: Vacirca

L'estensore: Lundini

04C0340

n. 272

Ordinanza del 13 febbraio 2004 emessa dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliasul ricorso proposto da Ausonia Servizi Tributari S.p.a. contro Comune di Belmonte Mezzagno ed altra

Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Composizione e funziona-mento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte del Presidente della Regionesiciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Conseguente perma-nenza di una composizione mista di magistrati laici e togati in sede giurisdizionale - Contrasto con lo statutoregionale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegiale diversada quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato - Violazione dei principi costituzionali sulla funzione giu-risdizionale in assenza di deroghe per la Regione Siciliana con norme di rango costituzionale - Ingiustificatadifferenziazione dell'organo giudicante e dell'esercizio della giurisdizione su una parte del territorio nazionale -Incidenza sul diritto di difesa e sul principio di tutela giurisdizionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della Sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 108, primo e secondo comma, 113, secondo comma; statuto Regionesiciliana, art. 23.

Subordinatamente - Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Com-posizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte del Presi-dente della Regione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento -Conseguente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statutoregionale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegiale diversada quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare in Sicilia - Ingiustificata diversa disciplinarispetto alla composizione dell'Alta Corte nonche a quella delle sezioni della Corte dei conti per la Regione sici-liana.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Statuto Regione siciliana, art. 23 in relazione all'art. 24, primo comma, e all'art. 23, terzo comma, del mede-simo statuto e del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e agli artt. 90 e 91, secondo comma, d.P.R. 31 agosto 1972,n. 670.

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In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Composi-zione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte del Presidentedella Regione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Con-seguente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statuto regionaleche non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegiale diversa da quellaordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare nella Regione siciliana - Violazione del divieto direvisione della giurisdizione del Consiglio di Stato.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, VI disposizione transitoria; statuto Regione siciliana, art. 23, primo comma.

In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Composi-zione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte del Presidentedella Regione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Con-seguente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statuto regionaleche non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegiale diversa da quellaordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare nella Regione siciliana - Violazione delle normecostituzionali sull'uniformita© dell'esercizio della giurisdizione e dell'organizzazione della giustizia sul territorionazionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della Sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 5, 117, primo comma, secondo comma, lett. l), e 120, secondo comma; statuto Regionesiciliana, art. 14, primo comma.

IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Ha pronunciato il seguente decreto sul ricorso n. 180/04 proposto da: Ausonia Servizi Tributari S.p.a., inpersona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Salvatore Raimondi con domicilioeletto in Palermo, via Nicolo© Turrisi n. 59 presso lo studio dello stesso;

Contro il Comune di Belmonte Mezzagno, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito ingiudizio, e nei confronti della I.N.P.A. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita ingiudizio, per l'annullamento della sentenza del T.A.R. per la Sicilia sede di Palermo (Sez. II) n. 124/04 relativaal ricorso n. 4173/03 del 19 gennaio 2004 riguardante: gara relativa all'appalto del servizio di riscossione egestione dei tributi;

Visti gli atti e i documenti depositati con l'appello;

Vista l'istanza di concessione provvisoria della misura cautelare;

Visto l'art. 21, comma nono della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, cos|© come introdotto dall'art. 3 della leggen. 205/2000, coordinato con l'art. 1 della legge stessa;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

F a t t o

Con ricorso notificato in data 10 febbraio 2004 la S.p.a. Ausonia Servizi Tributari ha impugnato la sentenzadel T.A.R. Sicilia - Palermo - 19 gennaio 2004, n. 124.

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Esponeva di avere in primo grado richiesto con l'atto introduttivo del giudizio l'annullamento dei seguenti atti:

1) dell'atto del Comune di Belmonte Mezzagno, a firma del responsabile del Servizio Finanziario, 9luglio 2003, prot. n. 9143, con il quale apparentemente si preannunzia, ma in realta© si dispone l'annullamento inautotutela, dell'aggiudicazione della gara relativa all'appalto del servizio di riscossione e gestione dei tributidisposto a favore della ricorrente con determina n. 304 del 28 maggio 2003;

2) ed occorrendo, del bando di gara nella parte in cui non prescrive la presentazione della dichiarazionedi cui all'art. 17, legge n. 68 del 1999.

Impugnava con motivi aggiunti chiedendo altres|© l'annullamento dei seguenti atti:

1) della determina del responsabile del Servizio finanziario del Comune di Belmonte Mezzagno n. 419del 22 luglio 2003, con il quale si ribadisce il provvedimento di annullamento dell'aggiudicazione gia© contenutoemesso nella nota del 9 luglio 2003;

2) della nota del responsabile del Servizio finanziario del Comune di Belmonte Mezzagno, prot. n. 9714,del 23 luglio 2003, con la quale si trasmette la predetta determina ed al contempo si comunica che le operazionidi gara saranno ripetute in data 11 agosto 2003.

In prime cure articolava le seguenti censure:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9, 10 e 11 legge reg. 30 aprile 1991, n. 10.

2) violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del bando di gara.

3) violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del bando di gara.

4) violazione e falsa applicazione dell'art. 17 legge 12 marzo 1999, n. 68.

5) violazione e falsa applicazione dell'art. 17 legge 12 marzo 1999, n. 68, sotto altro profilo.

6) in subordine. Illegittimita© del bando di gara per mancata espressa previsione della dichiarazione di cuiall'art. 17, legge n. 68 del 1999. Violazione dell'art. 17 predetto. Eccesso di potere per manifesta illogicita© .

7) ancora in subordine. Violazione del principio di trasparenza di cui agli artt. 1 e 25, legge reg. 10 aprile1991, n. 10.

8) violazione e falsa applicazione dell'art. 16, d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157 e, in subordine veniva sollevataquestione di costituzionalita© del citato art. 16 in correlazione con l'art. 12 e per contrasto con il principio di ragio-nevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione e veniva chiesto da ultimo il risarcimento dei danni. L'appellanteespone altres|© che nel corso di giudizio di primo grado veniva accolta l'istanza cautelare proposta in quella sedee che l'ordinanza emessa dal T.A.R. veniva appellata dalla controinteressata societa© S.p.a. I.N.P.A. Tuttavia l'ap-pello a questo C.G.A. fissato per la camera di consiglio del 27 novembre 2003, non poteva essere trattato causala astensione di un componente laico di questo Consiglio e la conseguente impossibilita© di formare il collegio.

Con la decisione impugnata il T.A.R. disattendeva tutte le censure e dichiarava manifestamente infondata laquestione di costituzionalita© sollevata in subordine nell'ottavo motivo.

Avverso tale decisione ha proposto appello la S.p.a. Ausonia Servizi Tributari riproponendo espressamentetutte le censure e le domande avanzate in primo grado ed articolando inoltre i seguenti motivi:

1. ö Illegittimita© costituzionale degli artt. 4, commi 1 e 2, 6, commi 3, 4 e 5 e 7, d.lgs. 24 dicembre 2003,n. 373.

Con d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, pubblicato nella G.U. 14 gennaio 2004, n. 10, sono state approvatenuove ûNorme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regionedelle funzioni spettanti al Consiglio di Statoý. Le quali sono entrate in vigore il 29 gennaio 2004.

La disciplina dettata da tali norme ha fatto venire meno soltanto alcune, peraltro le meno rilevanti questionidi costituzionalita© sollevate da codesto Consiglio con ordinanza n. 185 del 13 maggio 2003 e con ordinanze suc-cessive, mentre non ha fatto venire meno quelle piu© importanti.

Infatti e© rimasta ferma la composizione mista. Per quanto concerne la sezione giurisdizionale, il collegioviene composto, come gia© secondo le disposizioni di cui all'abrogato d.lgs. n. 654 del 1948, come modificato cond.P.R. n. 204 del 1978, della sezione giurisdizionale del Consiglio di giustizia amministrativa fanno parte oltreche il presidente dello stesso ed il presidente assegnato alla sezione giurisdizionale ed a quattro consiglieri diStato, quattro componenti designati dal presidente della regione e nominati con d.P.R. su proposta del Presidente

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del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, previa deliberazionedel Consiglio dei ministri (artt. 4, comma 1, e 6, commi 2 e 3). Il collegio giudicante e© composto da uno dei duepresidenti della sezione da due consiglieri di Stato e da due dei membri designati dal presidente della regione.

Non appare dubbio che, sotto tale profilo, le nuove disposizioni sono affette dalle medesime ragioni di inco-stituzionalita© che sono poste a base delle citate ordinanze di codesto Consiglio.

Parafrasando l'ordinanza n. 185/03 si possono avanzare le seguenti questioni di costituzionalita© degli artt. 4,primo e secondo comma, 6, terzo, quarto e quinto comma, 7, d.lgs. n. 373 del 2003:

1) in rapporto all'art. 23, comma 1, dello statuto siciliano ed in rapporto al comma 1 della VI disposi-zione transitoria della Costituzione che esclude dalla revisione la giurisdizione del Consiglio di Stato;

2) in rapporto allo stesso art. 23, comma 1, dello statuto siciliano, nonche in rapporto all'art. 102,comma 2, e 108 commi primo e secondo, della Costituzione, non essendo consentito istituire sezioni specializzatenell'ambito dei giudici speciali;

3) in rapporto all'art. 23 dello statuto siciliano ed all'art. 102, comma primo, e 108, comma primo, Cost.,in quanto l'art. 23 dello statuto non prevede alcuna deroga alla composizione ordinaria delle sezioni del Consigliodi Stato da localizzare in Sicilia, e in rapporto agli artt. 102, comma primo, e 108, comma secondo, Cost., inquanto disciplina materia riservata dalla Costituzione alla legge statale, per cui eventuali deroghe a favore dell'au-tonomia regionale debbono essere supportate da una espressa previsione di pari rango costituzionale che ö comepiu© volte rappresentato ö non e© rinvenibile nell'art. 23 dello statuto siciliano;

4) in rapporto all'art. 23, comma 1, dello statuto siciliano che non prevede ne una sezione specializzatadel giudice speciale ne una composizione collegiale diversa da quella ordinaria e cio© anche in relazione, quale ter-tia comparationis, all'art. 24, comma 1, dello statuto siciliano concernente la composizione dell'Alta Corte, noncheall'art. 23, comma 3, del medesimo statuto, al decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655, concernente l'istituzionedi sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana, ed agli artt. 90 e 91, comma 2, del testo unico delle leggicostituzionali di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.

Conseguentemente in via principale si chiede che il Consiglio ritenga rilevanti e non manifestamente infon-date le predette questioni di costituzionalita© e conseguentemente, dopo avere deciso sull'istanza cautelare,sospenda il giudizio e trasmetta gli atti alla Corte costituzionale.

2. ö Sul primo capo della sentenza.

Il TA.R. ha ritenuto infondato il primo motivo del ricorso e del ricorso per motivi aggiunti con cui era statodenunciato l'omesso avviso di avvio del procedimento. Si assume al riguardo che, sebbene con una formulazioneûnon del tutto appropriataý, con la nota del 9 luglio 2003, il comune avrebbe assicurato all'Ausonia la possibilita©di partecipare al procedimento.

Siffatta conclusione non puo© essere condivisa. Il predetto atto del 9 luglio 2003, lungi dal configurarsi comeavviso di inizio del procedimento, e© da configurare come un vero e proprio provvedimento di annullamento, inquanto il comune ha manifestato in modo inequivoco la volonta© di annullare, tanto che:

1) non ha assegnato nessun termine all'Ausonia per la presentazione di deduzioni e documenti;

2) non ha neppure, prescindendo dal termine, rappresentato all'Ausonia la possibilita© della presentazionidi deduzioni e documenti;

3) ha preannunziato l'invio di un successivo atto il cui centro di gravita© sarebbe stato l'indicazione dellanuova data di ripetizione degli atti di gara.

Cio© posto, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di primo grado, il secondo provvedimento, del22 luglio 2003, si configura come un atto meramente confermativo del primo.

Pertanto la censura dedotta risulta pienamente fondata.

3. ö Sul secondo e sul quinto capo della sentenza (n. 3, riguardante il secondo, terzo, quarto e quinto motivodel ricorso per m.a. e n. 5 riguardante il sesto motivo del ricorso per m.a.).

In relazione alla ûquestione di fondoý, vale a dire la portata dell'art. 17, legge n. 68/1999, il tribunale, ûricon-siderando quanto delibato in sede cautelareý, ha ritenuto ûdi dovere prendere atto che, da ultimo, si e© affermatol'orientamento secondo il quale l'omessa produzione della dichiarazione della certificazione ... non solo e© requisitodi partecipazione ... ma comporta l'esclusione della gara anche in difetto di apposita previsione del bando ...ý.

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L'appellante non pone minimamente in discussione la possibilita© che in sede di merito il giudice amministra-tivo riconsideri quanto delibato in sede cautelare. Tuttavia non puo© fare a meno di osservare che, all'evidenza, ilTA.R., pur non essendo per niente convinto della bonta© dell'orientamento giurisprudenziale al quale fa riferi-mento, come si suole dire ûnon se l'e© sentitaý di assumere una posizione diversa da quella ritenuta corrente.

In proposito e© da osservare preliminarmente che l'orientamento al quale si fa riferimento nella sentenza, enegli atti difensivi di controparte, non e© cos|© solido come nella stessa si sostiene. Diverse sentenze citate non sonoaffatto in termini. Cos|© , per fare un esempio, nella decisione della sez. IV n. 6440/02, si legge della ûclausola sta-bilita con l'art. 11 del disciplinare di gara, che richiedeva, alle imprese partecipanti, apposita certificazione ... dicui all'art. 17 della legge n. 68/1999 ...ý. Nella sentenza si discute pertanto dell'osservanza o meno di tale clausola.

Nel merito l'appellante fa presente di non volere neppure porre in discussione l'importanza, la pregnanza, delprincipio sotteso alla norma di cui al citato art. 1, legge n. 68 del 1999, che e© quello di offrire la massima tutelaai disabili vale a dire a quei soggetti che, essendo colpiti da menomazioni meritano, da parte della societa© , tuttoil sostegno possibile. Eé in tale senso che deve essere intesa la disposizione di cui si discute.

Si permette pero© di osservare che non e© affatto incompatibile con il predetto principio quello della tutela deiconcorrenti a pubbliche gare che hanno il sacrosanto diritto di trovarsi in una situazione nella quale non devonosentirsi in concreto, turlupinati a causa delle conseguenze che dal richiamato principio si pretenderebbe di trarre,vale a dire una sua imperativita© talmente forte da travolgere ogni altro profilo, pur meritevole di considerazionee ö si ripete ö perfettamente conciliabile con lo scopo perseguito dalla norma in oggetto (art. 17, leggen. 68/1999). Talmente forte da farlo assurgere ad una gratuita soperchieria.

A tale riguardo l'appellante richiama l'attenzione del Consiglio su un aspetto della vicenda in oggetto, che,invero, non trova riscontro nei precedenti giurisprudenziali tenuti presenti dal tribunale.

L'Ausonia, oltre ad impugnare il provvedimento di annullamento dell'aggiudicazione, ha anche impugnato ilbando nella parte in cui esso, pur avendo dettato un dettagliato elenco dei documenti che ciascun concorrenteavrebbe dovuto presentare e del contenuto della dichiarazione che ciascun concorrente avrebbe dovuto rendere,tace completamente in ordine alla dichiarazione di cui all'art. 17, legge n. 68 del 1999.

Donde la sua dedotta illegittimita© per violazione dell'art. 17, nonche sotto il profilo dell'eccesso di potere permanifesta illogicita© . Eé indubbio che bando di gara deve essere redatto in modo che risulti chiaro quali documentie quali dichiarazione i concorrenti devono presentare.

Nel caso in esame il bando, all'art. 2 modalita© di partecipazione, dopo avere prescritto che ogni concorrentedeve presentare inserendola nel plico una busta contenente ûtutti i documenti richiestiý, aggiunge: ûDi seguitoriportiamo elenco della documentazione richiestaý.

Al punto A e© prevista la dichiarazione, il cui contenuto e© espressamente indicato: ûcon la quale si attesti ...ý.

Orbene, se si ritenesse esatta l'impostazione seguita dal T.A.R., il bando, in concreto, come si e© denunziatonel sesto motivo si rivelerebbe una trappola in quanto da una parte prescrive tassativamente qual e© il contenutoche deve avere la dichiarazione ö tra l'altro ûche non vi siano in atto cause ostative per la partecipazione a pub-blici incantiý ö dall'altra, dalla mancata presentazione della dichiarazione di cui all'art. 17, legge n. 68/1999 deri-verebbe l'esclusione delle imprese.

Di fronte ad un bando siffatto, l'impresa comprensibilmente puo© ritenere, come ha ritenuto l'Ausonia, che ladichiarazione di insussistenza di cause ostative sia comprensiva anche di quella di cui all'art. 17.

Le conclusioni alle quali il tribunale e© pervenuto non tengono minimante conto del principio di trasparenza(art. 1 e 25, legge reg. n. 10 del 1991), invocato nel settimo motivo. Se fosse esatta la tesi del comune, condivisadal T.A.R., saremmo passati dalla trasparenza al tranello.

Sia consentito al riguardo di rammentare la nota sentenza della Corte cost. n. 364 del 1988, sull'ignoranzadella legge scusabile. Intesa nel modo in cui l'hanno intesa i giudici di primo grado la disposizione di cui all'art. 17comporta l'onere di presentare la dichiarazione presumendo la consapevolezza dell'impresa di essere tenuta a pre-sentarla sebbene il bando non solo non la contempla anzi e© concepito in modo tale da fare ritenere che la dichia-razione specifica sia compresa in quella generale di insussistenza di cause ostative.

4. ö Sul quarto capo della sentenza (ottavo motivo del ricorso per m.a.).

Il T.A.R. ha ritenuto infondata anche la censura relativa all'art. 16, d.lgs. n. 157 del 1995, riguardante l'inte-grazione documentale, assumendo che nel caso in esame non si tratterebbe di integrare qualcosa che si e© gia© pro-dotto, ma di una omissione.

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In contrario si osserva che si trattava di chiarire la portata della dichiarazione di mancanza di cause ostative.

Il T.A.R. ha ritenuto infine manifestamente infondata la questione di costituzionalita© del citato art. 16facendo leva ancora una volta sul carattere imperativo dell'art. 17, legge n. 68/1999.

In proposito si deduce ancora una volta che non si puo© configurare alcuna incompatibilita© tra la tutela deidisabili e la tutela delle imprese che ben potrebbero rendere i chiarimenti comunque prima dell'aggiudicazione.

L'appellante contestualmente chiede disporsi la sospensione della decisione appellata cos|© motivandol'istanza cautelare:

La sentenza appellata comporta per l'Ausonia un grave pregiudizio in quanto le impedisce di svolgere ilservizio che le era stato aggiudicato di guisa che se non fosse disposta la sospensione si vedrebbe costretta, tra l'al-tro a licenziare il personale che aveva destinato al comune di Belmonte. Si chiede pertanto che in sede cautelaresia disposta la sospensione della sentenza e dell'impugnato provvedimento di annullamento dell'aggiudicazione.

L'appellante propone altres|© una istanza cautelare urgente motivandola con le seguenti considerazioni:

Premesso che non sarebbe possibile la trattazione della domanda cautelare relativa all'appello in oggettocausa stante l'astensione per l'incompatibilita© gia© dichiarata in sede di appello cautelare (Cam. Cons. del27 novembre 2003) di un componente laico del Consiglio;

che e© interesse dell'appellante ottenere una pronuncia al riguardo;

che peraltro, la necessaria composizione paritetica del collegio giudicante cos|© formulata nell'art. 4,secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 impedisce di formare l'organo in caso di astensione di piu© componenti laici.

Rilevato altres|© , che la complessita© dei procedimenti di sostituzione e/o rinnovo dei membri laici di codestoConsiglio comporta, come ha comportato, una sostanziale vanificazione della tutela cautelare;

che tutto cio© e© riconducibile alla previsione normativa di una composizione mista di codesto Consigliopoiche, per le sezioni giurisdizionali ordinarie del Consiglio di Stato vige la disposizione di supplenza di cuiall'art. 2, terzo comma della legge n. 186/1982 che consente di integrare ad horas i Collegi giurisdizionali;

che comunque anche la rimessione della causa nella fase di merito ad un Collegio la cui composizionenon sia costituzionalmente corretta altera gravemente l'esercizio della funzione giurisdizionale ed espone comun-que anche la parte che dovesse risultare vittoriosa al rischio di un gravame e di un annullamento per motivi digiurisdizione;

che e© anche nell'interesse degli appellati che siano chiariti i dubbi di legittimita© costituzionale relativi allacomposizione del Collegio cui la causa deve inevitabilmente essere rimessa sia per la decisione definitiva sulladomanda cautelare, sia sul merito;

che, come si e© rappresentato nel primo motivo di appello, i dubbi di costituzionalita© sollevati da codestoConsiglio nella ordinanza n. 185/2003 non sono stati del tutto superati con la emanazione del d.lgs. n. 373/2003,e cio© con riferimento alle questioni concernenti il contrasto con la norma di cui all'art. 23 dello statuto sicilianoche prevede semplicemente una delocalizzazione e la composizione mista gia© prevista dal d.lgs. n. 654/1948 eribadita dal d.lgs. n. 373/2003;

che pertanto le medesime questioni possono proporsi in questa sede;

che le anzidette questioni appaiono rilevanti nel processo in esame sia ai fini della pronuncia cautelared'urgenza sia nella successiva fase cautelare ordinaria ed in quella di merito in quanto attinenti alla composizionedel Collegio che dovra© pronunciarsi ed al quale il giudice monocratico dovra© comunque rimettere la causa;

che il giudice monocratico puo© sollevare questioni di costituzionalita© in via incidentale con riferimento aquestioni riguardanti disposizioni che lo stesso giudice deve applicare per la adozione di provvedimenti di suacompetenza (Corte cost. n. 111/1998);

che peraltro la proposizione di questioni di costituzionalita© non impedisce la adozione di misure caute-lari interinali (Corte cost. nn. 444/1990, 367/1991) e che tale possibilita© deve ritenersi ammessa anche nel casodella adozione di misure cautelari provvisorie ex art. 21, nono comma della legge n. 1034/1971 del testo modifi-cato dall'art. 3 della legge n. 205/2000 (ord. Corte cost. n. 261/2002).

Conclude pertanto chiedendo che si voglia:

preliminarmente pronunziarsi sull'istanza cautelare dapprima in sede monocratica e successivamente insede collegiale;

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gia© in sede cautelare monocratica ritenere rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costi-tuzionalita© di cui al primo (composizione del CGA) ed al quarto motivo di appello (art. 16, d.lgs. n. 157 del1995), e conseguentemente sospendere il giudizio e trasmettere gli atti alla Corte costituzionale;

nel merito ritenere errata la sentenza di primo grado, annullarla ed accogliere il gravame di primogrado;

nell'ipotesi di mancato accoglimento dell'istanza di sospensione, condannare il comune al risarcimentodei danni in via principale in forma specifica ed in subordine per equivalente. Vinte le spese del giudizio.

D i r i t t o

Ai sensi dell'art. 21, nono comma della legge n. 1034/1971 questa presidenza e© chiamata ad emettere una pro-nuncia cautelare provvisoria disponendo nel contempo la rimessione della controversia al Collegio alla primaCamera di Consiglio utile per la pronuncia cautelare definitiva.

L'appellante, peraltro, nel primo motivo di gravame ha sollevato questioni di legittimita© costituzionale con-cernenti la costituzione e la composizione del Collegio cui la causa, ai sensi della normativa succitata, dovrebbeessere rimessa. Nei motivi secondo e terzo ha censurato la decisione appellata e, nel quarto ha altres|© ripropostouna eccezione di costituzionalita© , disattesa dal primo giudice, e concernente l'art. 16 del decreto legislativo17 marzo 1995, n. 157. Nel formulare l'istanza cautelare e la richiesta di provvedimento cautelare urgente, l'appel-lante, dopo avere espressamente richiesto una pronuncia cautelare dapprima in sede monocratica e successiva-mente in sede collegiale, ha insistito affinche, gia© in questa sede monocratica, vengano ritenute rilevanti e nonmanifestamente infondate le questioni di costituzionalita© di cui al primo ed al quarto motivo di appello e, conse-guentemente, che venga sospeso il giudizio e trasmessi gli atti alla Corte costituzionale.

Cio© rende necessario affrontare l'interrogativo se la previa adozione, in questa sede, di una decisione caute-lare provvisoria precluda per cio© solo a questa presidenza la possibilita© di sollevare questioni di costituzionalita©e cio© a causa dell'ûesaurimento del potere cautelareý (Corte cost. n. 444/1990).

Al riguardo si ritiene che la previa adozione di una pronuncia cautelare provvisoria non precluda tale possi-bilita© . Invero, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ripetutamente considerato ammissibile l'eserciziodel potere cautelare da parte del giudice amministrativo purche in via interinale e con separato provvedimentoin attesa della pronuncia della Corte costituzionale medesima (Corte cost. 444/1990 cit., 367/1991, 4/2000). Taleorientamento sembra confermato anche in relazione ai provvedimenti cautelari presidenziali provvisori di cuiall'art. 21, nono comma citato. In analoga fattispecie, la Corte costituzionale, sembra avere implicitamente rico-nosciuto tale possibilita© (ord. 261/2002).

Per di piu© , in questo caso, il dubbio di costituzionalita© sollevato nel primo motivo di appello non investe lenorme che disciplinano il merito della controversia, bens|© , specificatamente, la costituzione e la composizionedel Collegio cui la causa dovrebbe essere rimessa. Pertanto, ove la questione non dovesse apparire manifesta-mente infondata, e dovesse percio© essere sottoposta all'esame della Corte costituzionale, questa fase monocraticanon potrebbe esaurirsi con la fisiologica remissione al Collegio per la decisione cautelare definitiva, ma dovrebbeessere sospesa e ripresa all'esito della pronuncia del Giudice delle leggi.

Cio© dimostra come questo giudice monocratico non potrebbe considerare ûesaurita ogni sua potesta© in quellasedeý (Corte cost. n. 579/1989) e come invece risulterebbe applicabile l'insegnamento della Corte costituzionalesecondo cui ûnel caso di atti urgenti il giudice di merito e© legittimato a sollevare questione di legittimita© costitu-zionale sempre che essi, riferendosi esclusivamente alle norme da applicare per il compimento degli stessi in talelimitato ambito siano rilevantiý (Corte cost. n. 186/1976 e n. 177/1973).

Ritenuta quindi la propria legittimazione, va di seguito affrontato, ma sotto altro profilo, il problema dellarilevanza delle anzidette questioni in questa fase monocratica del giudizio. In proposito, l'appellante, nel primomotivo, solleva eccezioni di costituzionalita© sia con riferimento alla temporanea impossibilita© di costituire il Col-legio, sia, piu© in generale, con riferimento alla inevitabile rimessione della causa ad un Collegio che il ricorrenteassume composto in base a disposizioni incostituzionali.

Al riguardo si osserva che puo© prescindersi dal profilo relativo alla temporanea impossibilita© di costituire ilCollegio con due membri laici. In effetti, tale impossibilita© temporanea sussiste e cio© a causa della concomitanza,

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per quanto attiene ai membri laici di questo Consiglio, di una astensione, di una infermita© e di una mancata desi-gnazione da parte della Regione siciliana, ma va considerato che analoga questione e© stata gia© dichiarata manife-stamente infondata dalla Corte costituzionale con la citata ordinanza n. 261/2002.

Puo© essere invece preso in considerazione il profilo relativo alla inevitabile rimessione della controversia,dapprima in sede cautelare definitiva, e successivamente nel merito, ad un Collegio composto in base a normedella cui costituzionalita© si dubita. Invero, va al riguardo considerato che di tale norma, e cioe© della rimessioneal Collegio, il presidente, ex art. 21, nono comma della legge n. 1034/1971, deve fare immediata applicazioneall'atto stesso in cui pronuncia la decisione cautelare provvisoria.

Trattasi pertanto di norma che dovrebbe essere immediatamente e contestualmente applicata in questa fase e,quindi, ricorre il presupposto di cui all'art. 23 della legge n. 87/1953 il quale ûimplica, di regola, che la rilevanzasia strettamente correlata all'applicabilita© della norma impugnata nel giudizio a quoý (Corte cost. n. 18/1989).Comunque, va altres|© rammentato l'insegnamento della Corte costituzionale secondo cui ûdebbono ritenersiinfluenti sul giudizio anche le norme che, pur non essendo direttamente applicabili nel giudizio a quo, attengonoallo status del giudice, alla sua composizione nonche, in generale alle garanzie e ai doveri che riguardano il suooperare. L'eventuale incostituzionalita© di tali norme e© destinata ad influire su ciascun processo pendente davantial giudice del quale regolano lo status, la composizione, le garanzie e i doveri: in sintesi la ``protezione'' dell'eser-cizio della funzione, nella quale i doveri si accompagnano ai dirittiý (Corte cost. n. 18/1989 cit. e Corte cost.177/1973).

Peraltro, la rilevanza della anzidetta questione in questa fase risulta implicitamente riconosciuta nella stessacitata ordinanza n. 261/2002 in cui analoga questione non e© stata ritenuta inammissibile per difetto di rilevanza,ma e© stata esaminata nel merito ancorche con dichiarazione di manifesta infondatezza.

Deve ritenersi tuttavia la irrilevanza, in questa fase, della eccezione di costituzionalita© sollevata nel quartomotivo di appello atteso che ûla estrema gravita© ed urgenza tale da non consentire neppure la dilazione sino alla datadella Camera di Consiglio puo© essere delibata, nel caso di specie, anche prescindendo dalla anzidetta eccezione.

Tutto cio© premesso, occorre quindi previamente darsi carico delle eccezioni di costituzionalita© sollevate dal-l'appellante e concernenti la composizione del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana comerisulta dal d.lgs. n. 373/2003.

Tali questioni non appaiono manifestamente infondate per quanto di seguito verra© esposto.

1. ö Lo statuto speciale della Regione siciliana, per ragioni storiche, in parte legate al secondo conflittomondiale, e© anteriore alla proclamazione della Repubblica ed alla Costituzione repubblicana in quanto e© statoapprovato nel 1946 con r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455 e con la espressa riserva, contenuta nel secondo commadell'articolo unico, di essere sottoposto all'Assemblea costituente per essere coordinato con la nuova Costituzionedello Stato.

Come e© noto, tale coordinamento non vi e© stato.

Invero, la Costituzione repubblicana e© stata pubblicata il 27 dicembre 1947 ed e© entrata in vigore il 10 gen-naio 1948 ai sensi della XVIII disposizione transitoria e lo statuto siciliano venne convertito in legge costituzio-nale con l'art. 1, primo comma della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 ed e© entrato in vigore, ai sensi del-l'art. 2 della legge anzidetta, il 10 marzo 1948.

Il coordinamento con la Costituzione non avvenne ne in sede di Assemblea costituente e neppure in epocasuccessiva. Il secondo comma dell'art. 1 della legge cost. n. 2/1948 prevedeva bens|© modifiche allo statuto, modi-fiche che avrebbero dovuto essere effettuate entro un biennio con legge ordinaria, d'intesa con la regione, ma,come e© noto, l'Alta Corte per la Regione siciliana dichiaro© incostituzionale tale disposizione con decisione 10 set-tembre 1948, n. 4. Pertanto, lo statuto siciliano e© rimasto nel testo originario ed il mancato coordinamento e© statosovente sottolineato dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche costituzionale (v. Corte cost. nn. 38/1957;6/1970, 115/1972 113/1993 e, da ultimo n. 314/2003).

Per quello che concerne la questione in oggetto l'articolo 23 dello statuto siciliano prevede semplicemente cheûgli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni del Consiglio di Stato e della Corte deiconti per gli affari concernenti la regioneý e che ûLe sezioni svolgeranno, altres|© le funzioni, rispettivamente, con-sultive, e di controllo amministrativo e contabile.

Il decentramento non ha mai avuto attuazione per quanto concerne le sezioni civili e penali della Cassazione,la quale ha sempre respinto le questioni di costituzionalita© in relazione all'articolo 25 Cost. argomentando con

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la natura meramente programmatica della norma statutaria (v. Cass. 12 settembre 1991, n. 9534; 8 aprile 1992,n. 4270). Non sono state decentrate neppure la Commissione tributaria centrale e il Tribunale superiore delleacque pubbliche.

Il decentramento e© stato invece attuato per il Consiglio di Stato e la Corte dei conti con i coevi decreti legisla-tivi del 6 maggio 1948 rispettivamente n. 654 e n. 655.

Questo Consiglio con ordinanza n. 185/2003 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - prima serie speciale - n. 28del 16 luglio 2003 ha sollevato talune questioni di costituzionalita© del d.lgs. n. 654/1948 sotto vari profili in rap-porto a numerose disposizioni sia dello statuto siciliano sia della Costituzione.

Nelle more del giudizio innanzi alla Corte costituzionale e© stato emanato il d.lgs. n. 373/2003 il quale, comerecita l'articolo 14, sostituisce integralmente il d.lgs. n. 645/1948 ed il decreto di modifica dello stesso, e cioe© ild.P.R. n. 204/1978.

Non pochi interrogativi posti nell'anzidetta ordinanza sono stati superati dalle nuove disposizioni. In partico-lare, e© venuto meno un gruppo di questioni concernenti la supposta violazione di principi costituzionali sia intema di delega legislativa sia dell'art. 43 dello statuto siciliano, e cio© poiche il d.lgs. n. 654/1948 sarebbe statoemanato in base a norme di delega a contenuto indeterminato e comunque prescindendo dall'intervento dellacommissione paritetica di cui all'articolo 43 dello statuto siciliano. Un altro gruppo di censure concerneva altrisupposti vizi di costituzionalita© dell'articolo 2 del d.lgs. n. 654/1948 (come sostituito dal d.P.R. n. 204/1978) inrelazione a taluni principi costituzionali per non essere assicurata ai membri laici della sezione giurisdizionaledel Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sufficienti garanzie di indipendenza e di impar-zialita© e per non essere previsto un termine per la loro designazione nonche meccanismi sostitutivi.

Anche tali interrogativi sono stati superati dal d.lgs. n. 373/2003 e, in particolare, dalle previsioni degli arti-coli 6 e 7 che hanno esteso ai membri laici il regime giuridico e disciplinare, nonche il trattamento economicodei togati e ne hanno previsto la cessazione automatica al termine del sessennio di nomina.

Peraltro, ad avviso di questa presidenza, e come rilevato dall'appellante, il d.lgs. n. 373/2003 non ha elimi-nato un dubbio di costituzionalita© , gia© adombrato nella ordinanza n. 185/2003, e concernente, in particolare, lapossibilita© che in sede di norme di attuazione dell'articolo 23 dello statuto siciliano sia possibile prevedere unacomposizione mista di laici e togati del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giu-risdizionale.

Pertanto, gli articoli 4, primo e secondo comma e 6 secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 lasciano inalteratigli stessi dubbi di costituzionalita© che erano stati gia© evidenziati in precedenza nella citata ordinanzan. 185/2003 in relazione all'articolo 2 del d.lgs. n. 654/1948 come sostituito dal d.P.R. n. 204/1978.

2. ö Al riguardo, si premette in via generale che anche le leggi costituzionali (come ad esempio gli statutispeciali regionali) sono soggette al sindacato di legittimita© costituzionale (v. Corte cost. n. 38/1957 sull'Alta Cortesiciliana e n. 6/1970 sulla responsabilita© penale avanti all'Alta Corte del presidente della regione).

A fortiori sono denunciabili per incostituzionalita© le norme di attuazione degli statuti delle regioni a statutospeciale le quali, sotto questo profilo, sono state ritenute sullo stesso piano delle leggi statali (Corte cost. 14 luglio1956, nn. 14, 15, 16; 16 luglio 1956, n. 20; 19 luglio 1956, n. 22; 26 gennaio 1957, n. 15; 18 maggio 1959, n. 30,etc.) e cio© ancorche le norme di attuazione degli statuti speciali si ritiene operino ad un livello superiore a quellodella legge statale (Corte cost. 18 maggio 1959, n. 30, Corte cost. n. 13/1974).

Per quanto poi concerne la natura ed il contenuto delle norme di attuazione, va rilevato che la giurisprudenzadella Corte costituzionale (dec. n. 20/1956 cit.) da un lato ha precisato come queste non siano da qualificare allastregua di norme di mera esecuzione dello statuto regionale, come se si trattasse di semplici regolamenti esecutivi.Al contrario, esse possono contenere norme primarie, ancorche di ûattuazioneý degli statuti, e quindi rivestonocarattere legislativo.

Da tale carattere discende la necessita© che il loro contenuto non sia in contrasto ne con la Costituzione, eneppure con lo statuto speciale, ma debbono, semmai, essere ûin aderenzaý al medesimo.

Il concetto di ûaderenzaý puo© essere poi sottoposto al controllo della Corte costituzionale proprio con riferi-mento al contenuto delle norme di attuazione e cioe© verificando se le stesse siano contrarie o meno allo statuto.

Al di la© delle ipotesi di norme di attuazione contra statutum la Corte costituzionale (sempre nella citata deci-sione n. 20/1956) si e© posta il problema delle norme di attuazione praeter legem, o anche apparentemente secun-dum legem risolvendolo testualmente come segue.

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ûSe poi le norme di attuazione siano praeter legem nel senso che abbiano integrato le disposizioni statutarieod abbiano aggiunto ad esse qualche cosa che le medesime non contenevano, bisogna vedere se queste integra-zioni od aggiunte concordino innanzi tutto con le disposizioni statutarie e col fondamentale principio dell'autono-mia della regione, e se inoltre sia giustificata la loro emanazione dalla finalita© dell'attuazione dello statuto. Lad-dove, infine, si tratti di norme secundum legem, e© ovvio che se esse, nel loro effettivo contenuto e nella loro por-tata, mantengano questo carattere, non e© a parlarsi di illegittimita© costituzionale, ma sarebbe pur sempre dadichiararsene la illegittimita© nel caso che esse, sotto l'apparenza di norme secundum legem, sostanzialmente nonavessero tal carattere, ponendosi in contrasto con le disposizioni statutarie e non essendo dettate dalla necessita©di dare attuazione a queste disposizioniý.

Questo insegnamento e© stato mantenuto fermo fino ad ora e, sullo specifico punto, la decisione 20/1956 e©stata costantemente richiamata dalla successiva giurisprudenza costituzionale (v. da ultimo Corte cost.n. 353/2001).

3. ö Orbene, se si esaminano a confronto le disposizioni dello statuto siciliano e le norme di attuazione inmateria di giurisdizione amministrativa relativamente alla composizione mista del Collegio si evince come questeultime siano di segno contrario rispetto alle previsioni statutarie e comunque non in aderenza con la lettera econ lo spirito delle previsioni statutarie stesse.

L'art. 23 primo comma dello statuto, infatti stabilisce semplicemente che ûgli organi giurisdizionali centraliavranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regioneý.

Nello statuto non e© contenuto alcun accenno, come tutta la dottrina costituzionalistica dell'epoca non hamancato di sottolineare, alla composizione dei Collegi giudicanti e neppure per i Collegi chiamati a decidere insede consultiva e di controllo (art. 23, secondo comma).

Gli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 non si limitano a dettare norme attuative o che comunque costitui-scano la logica e naturale espansione dei principio statutario (decentramento degli uffici e trasferimento di perso-nale per consentire la presenza in loco di sezioni delle giurisdizioni superiori per gli affari regionali), ma modifi-cano la struttura ordinaria dell'organo giurisdizionale introducendo un principio del tutto estraneo allo statuto econtrario, come verra© in seguito chiarito, a precise norme e principi di rango costituzionale.

D'altra parte e© del tutto evidente che la composizione dell'organo giurisdizionale in modo diverso dall'ordi-nario non puo© essere considerata, nel silenzio dello statuto al riguardo, come una necessaria integrazione e speci-ficazione della norma statutaria.

La citata decisione della Corte n. 20 del 1956, e© precisa nell'affermare che la legittimita© costituzionale dellenorme di attuazione e© subordinata alla duplice sussistenza di due requisiti.

Innanzitutto occorre la concordanza tra norme di attuazione e statuti (e nella specie ictu oculi tale concor-danza non esiste); in secondo luogo le norme di attuazione debbono essere giustificate dalla finalita© di date attua-zione allo statuto.

Neppure tale ultimo requisito sussiste nella specie.

A proposito di quest'ultimo la Corte ha affermato che ûl'esigenza delle norme di attuazione si manifesta nelbisogno di dar vita, nell'ambito delle ben definite autonomie regionali, ad una organizzazione dei pubblici ufficie delle pubbliche funzioni che si armonizzi con l'organizzazione dello Stato nell'unita© dell'ordinamento giuridicoý(dec. nn. 14/1962, 30/1968, 136/1969) ed ha ribadito tale convincimento anche nella decisione 12 luglio 1984,n. 212 nella quale ha anche precisato che ûle finalita© della attuazione vanno accertate nel contesto delle autonomieregionali e nei principi costituzionaliý.

Nella citata decisione n. 212/1984 la Corte, nel dichiarare la illegittimita© costituzionale della istituzione diuna sezione giurisdizionale e delle sezioni unite della Corte dei conti in Sardegna, ha argomentato con il fattoche ne dalla lettera dello statuto regionale, ne dal suo spirito, ne dalle sue finalita© era in alcun modo ricavabileche si fosse inteso prevedere, neppure per implicito, sezioni di organi centrali neppure nei limiti degli affari con-cernenti la regione e cio© a differenza di quanto stabilito per altre regioni, richiamando appunto l'art. 23 dello sta-tuto siciliano e l'art. 90 dello statuto del Trentino-Alto Adige.

Al riguardo tuttavia non puo© non sottolinearsi la differenza fondamentale tra lo statuto siciliano e quello delTrentino-Alto Adige i quali, ai fini in esame, non possono porsi sullo stesso piano.

Infatti, mentre lo statuto siciliano si limita alla pura e semplice localizzazione in Sicilia delle sezioni delle giu-risdizioni superiori, lo statuto del Trentino-Alto Adige e© di ben diverso contenuto.

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Innanzitutto, l'art. 90 del testo unico delle leggi costituzionali di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, istituisceespressamente il T.R.G.A. e rinvia espressamente alle norme di attuazione per il suo ordinamento. Inoltre, il suc-cessivo art. 91 disciplina espressamente la composizione della sezione giurisdizionale per la provincia di Bolzanodel T.R.G.A. cos|© come prevede espressamente che la meta© dei componenti la sezione e© nominata dal Consiglioprovinciale di Bolzano (art. 91, secondo comma).

Le norme di attuazione dello statuto del Trentino (d.P.R. 6 aprile 1984, n. 426) di conseguenza, essendo a cio©espressamente delegate dallo statuto, disciplinano le modalita© di scelta dei magistrati cosiddetti laici, indivi-duando le categorie tra cui questi debbono essere scelti, il ruolo in cui debbono essere collocati, le garanzie cheli assistono, lo stato giuridico e il trattamento economico (articoli 2, 4, 5, 6, d.P.R. 6 aprile 1984, n. 426). In pro-posito, nella decisione n. 137/1998 la Corte costituzionale ha espressamente rilevato come la specialita© delT.R.G.A. risieda nella delega contenuta nell'art. 90 dello statuto speciale da cui legittimamente discendono lenorme di attuazione adottate con lo speciale procedimento della commissione paritetica.

Anche il d.lgs. n. 373/2003 di attuazione dello statuto siciliano contiene, agli articoli 4 e 6, norme di conte-nuto analogo alle norme di attuazione dello statuto del Trentino, ma con la fondamentale differenza che lo sta-tuto siciliano ne prevede la istituzione di un organo speciale giurisdizionale a composizione mista e neppure nedelega il suo ordinamento alle norme di attuazione. Nessun accenno ö ripetesi ö ne esplicito ne implicito e© con-tenuto nello statuto siciliano circa la istituzione di un organo giurisdizionale a composizione speciale per laregione siciliana e neppure circa la necessita© che parte del Collegio giudicante sia costituito da magistrati laici didesignazione regionale.

Ne potrebbe sostenersi che la presenza in Collegio di magistrati laici di designazione regionale costituisca lalogica e naturale conseguenza, se non della lettera, almeno dello spirito e delle finalita© autonomistiche dello sta-tuto siciliano.

Un conto infatti e© la localizzazione di una funzione, un altro e© la organizzazione della funzione. Sono dueaspetti del tutto diversi che il legislatore costituzionale puo© disciplinare diversamente a seconda dei casi cos|© comedimostra lo statuto del Trentino-Alto Adige (istituzione espressa dell'organo speciale, delega espressa alle normedi attuazione, localizzazione e previsione di giudici laici), quello della Valle d'Aosta (limitata competenza per gliuffici di conciliazione), quello della regione Sardegna e del Friuli-Venezia Giulia (nessuna disposizione sulla giuri-sdizione) e della Sicilia (solo localizzazione degli organi ordinari). La Corte costituzionale ö come verra© megliochiarito in prosieguo ö ha sempre rifiutato qualsiasi esegesi finalistica anche delle competenze normative statuta-rie primarie, sottolineando la necessita© di attenersi al tenore letterale degli statuti (Corte cost. nn. 124/1957,66/1961, 46/1962, 66/1964, 115/1972).

4. ö D'altra parte, la riprova che le deroghe alla organizzazione giurisdizionale nazionale sono e debbonoessere contenute negli statuti si rinviene nello stesso statuto siciliano.

Innanzitutto va osservato che quando si e© voluta una composizione mista, lo statuto siciliano lo ha espressa-mente sancito, come risulta dal confronto dell'art. 23 con l'art. 24 primo comma, secondo cui i membri dell'AltaCorte dovevano essere nominati ûin pari numero dalle Assemblee legislative dello Stato e della regioneý.

Peraltro, un ulteriore argomento si ricava dal testuale tenore dello stesso art. 23. Invero, l'art. 23 terzocomma dello statuto siciliano si da© carico di precisare che i magistrati della Corte dei conti sono nominati ûd'ac-cordo dai Governi dello Stato e della regioneý.

Il legislatore costituzionale ha talmente avvertito l'effetto derogatorio al normale e limitato assetto organiz-zatorio della designazione del giudice contabile togato, da ritenerne necessaria la specificazione nello statuto.

Orbene, di fronte a tale espressa specificazione dello statuto per una delle magistrature superiori, non si vedecome si possa sostenere che invece l'assoluto silenzio dello stesso legislatore circa le altre possa essere interpretatocome una implicita delega a disciplinare, in sede di attuazione, la nomina, la composizione, la stessa strutturadel giudice amministrativo in una organizzazione giurisdizionale del tutto difforme da quella ordinaria.

La Corte costituzionale ha affermato chiaramente che, anche laddove gli statuti prevedano in via generica laemanazione di norme di attuazione, sarebbe illogico ritenere che queste ultime debbano essere emanate per tuttele materie statutarie perche in tal modo si perverrebbe ûall'assurdo di giudicare che esse sono state previste anchein caso in cui il testo statutario avesse avuto in se piena completezza e non avesse reclamato integrazioni o speci-ficazioni. In tali ipotesi le norme di attuazione non potrebbero mai emanarsi per mancanza di oggettoý (Cortecost. 1� luglio 1969, n. 136).

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5. ö Neppure potrebbe sostenersi, sotto altro profilo, che nella previsione statutaria siciliana, limitata allalocalizzazione, sia implicita la disciplina della organizzazione giurisdizionale.

Al riguardo la Corte costituzionale ha sempre affermato che in materia di ordinamento giudiziario esiste, exart. 108 Cost., una riserva di legge statale (Corte cost. n. 4/1956, n. 76/1995, n. 134/1998, n. 86/1999).

Eé stato anche affermato che il disegno del costituente e© stato ûdi procedere bens|© per determinate materie adun decentramento istituzionale nel campo legislativo ed amministrativo a favore dell'Ente regione, ma di esclu-dere dal decentramento tutto il settore giudiziario e di sottrarlo, quindi, a qualsiasi competenza delle regioni,anche di quelle a statuto speciale dettando cos|© uno di quei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato checostituiscano limite insuperabile all'attivita© legislativa delle regioniý (Corte cost. n. 4/1956, v. anche Corte cost.n. 43/1982).

In questa ottica appare oltremodo significativa la decisione n. 150/1993 in cui si trattava di stabilire la legit-timita© costituzionale della legge statale n. 374/1991 istitutiva del giudice di pace asseritamente lesiva delle compe-tenze statutarie della regione Valle d'Aosta disciplinanti la istituzione degli uffici di conciliazione (art. 41 leggecost. n. 4/1948).

In quella occasione la Corte ha affermato ûIl Titolo VII dello statuto di autonomia della Valle d'Aosta, rubri-cato come ûOrdinamento degli uffici di conciliazioneý, prevede nella sua unica norma (l'art. 41) determinate attri-buzioni, di natura amministrativa, in favore del presidente della giunta, nonche della giunta stessa, attribuzioniconcernenti sia l'istituzione degli uffici d|© conciliazione (che e© disposta con decreto del presidente della giuntadeliberazione di questa); sia la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa dall'ufficio dei giudici conciliatori eviceconciliatori (che e© disposta dal presidente della giunta in virtu© di delegazione del Presidente della Repubblica);sia, infine, l'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere (che e© autorizzato anch'essa dal Presidente dellagiunta).

Orbene, il significato limitativo espresso dal tenore testuale della previsione statutaria riferentesi esclusiva-mente ö sia nella rubrica del titolo, sia nella formulazione della sua unica norma ö al giudice conciliatore edal suo ufficio, e non al ûgiudice onorarioý in generale, trova conforto non solo nella considerazione che la piu©ampia figura, appunto, del ûgiudice onorarioý ö ricomprendente in se quella del ûgiudice conciliatoreý gia© all'e-poca esistente nell'ordinamento giudiziario ö non poteva non essere presente al legislatore costituente, essendola Carta costituzionale (che tale figura ûgeneraleý conosce ed ammette: art. 106, secondo comma, Cost.) antece-dente, sia pure di poco, allo statuto di autonomia, ma trova conferma anche in altre varie e concorrenti ragioni.

La norma statutaria, per il suo contenuto precettivo, incide sull'ordinamento giudiziario e sullo status di ungiudice dell'ordine giudiziario.

Sotto il primo profilo (incidenza sull'ordinamento giudiziario), va innanzi tutto ribadito che in tale materiac'e© riserva di legge (art. 108 Cost.) e questa Corte ha gia© piu© volte puntualizzaro trattarsi di riserva di legge statale,con conseguente esclusione di qualsivoglia interferenza della normativa regionale (sent. n. 767 del 1988, sent.n. 43 del 1982, sent. n. 81 del 1976, sent. n. 4 del 1956).

Deve quindi ripetersi che alla legge statale ûcompete in via esclusiva disciplinare in modo uniforme per l'in-tero territorio nazionale e nei confronti di tutti (art. 3 Cost.) i mezzi e le forme di tutela giurisdizionale dei dirittie degli interessi legittimi (articoli 24, primo comma, e 113 Cost.ý (sent. n. 81 del 1976, citata). Tale riserva abbrac-cia sia la disciplina degli organi giurisdizionali sia la normativa processuale, anch'essa riservata esclusivamentealla legge statale (sent. n. 505 del 1991, sent. n. 489 del 1991).

Come la legge processuale (secondo il disegno costituzionale del nostro ordinamento), cos|© anche la norma-tiva degli organi giurisdizionali non puo© che essere uniforme su tutto il territorio nazionale, dovendo a tutti esseregarantiti pari condizioni e strumenti nel momento di accesso alla fruizione della funzione giurisdizionale, il cuiesercizio e© imprescindibilmente neutro, perche insensibile alla localizzazione in questa o quella regione, oltre cheneutrale, perche svolto in posizione di terzieta© rispetto ai poteri dello Stato, non escluso il potere esecutivo delleregioni.

Pertanto le attribuzioni regionali in materia di giudice conciliatore, in quanto incidenti in materia soggetta ariserva di legge statale, hanno carattere di specialita© sicche l'art. 41 della legge cost. n. 4 del 1948 (statuto) si ponecome deroga a tali principi, consentita soltanto dal rango costituzionale della norma stessa; deroga doppiamenteeccezionale perche contempla un'interferenza regionale in materia di esclusiva competenza statale e perche taleinterferenza nell'ordinamento giudiziario si realizza a livello non gia© di legge regionale bens|© esclusivamente di attidell'esecutivo. Tale connotazione di eccezionalita© non puo© che confinare la norma statutaria nel ristretto, ambito

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del suo tenore letterale sicche in Valle d'Aosta e© solo il ûgiudice conciliatoreý e non anche il ûgiudice onorarioý exart. 106, secondo comma, Cost., ad essere in qualche misura diverso dal giudice conciliatore sul restante territoriodel Paese.

Il rilevato carattere derogatorio si appalesa poi ancora piu© marcato se si considera il contenuto della normastatutaria, che ö seppur su delegazione del Presidente della Repubblica ö prevede una serie di provvedimentidi competenza dell'esecutivo della regione che incidono in radice sullo status di giudice conciliatore, condizionan-done la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa.

Anche sotto questo secondo profilo giova richiamare la giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziatocome la riserva di legge in materia di ordinamento giudiziario e© posta ûa garanzia dell'indipendenza della magi-straturaý (sent. n. 72 del 1991); indipendenza che costituisce valore centrale per uno stato di diritto, sicche l'even-tuale difetto di presidi a sua difesa puo© ridondare in vizio di incostituzionalita© (sent. n. 6 del 1970); indipendenzache e© assicurata in generale, ma anche con specifico riferimento al giudice onorario, dalle competenze del Consi-glio superiore della magistratura, sicche anche per la nomina dei giudici di pace e© in generale prevista la previadeliberazione dello stesso (art. 4 della legge n. 374 del 1991).

Quindi anche sotto questo profilo dell'esigenza di garanzia dell'indipendenza del giudice, la previsione, conte-nuta nell'art. 41 della legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 (statuto Valle d'Aosta), del potere (seppur delegato) delpresidente della giunta di dichiarare la decadenza e la dispensa del giudice conciliatore, e soprattutto il potere direvocarne la nomina, denuncia il suo carattere singolare e del tutto eccezionale, nella specie consentito dal rangocostituzionale della norma stessaý.

Il principio ricavabile dalla anzidetta decisione sembra molto chiaro: innanzitutto nel senso che la deroga allariserva costituzionale di legge statale in materia di giurisdizione e© consentita solo se espressamente prevista dauna norma speciale di pari rango costituzionale e, in secondo luogo, che le disposizioni degli statuti speciali inmateria di giurisdizione hanno carattere eccezionale e che quindi, come si esprime la Corte ûtale connotazionedi eccezionalita© non puo© che confinare la norma statutaria nel suo ristretto ambito del tenore letteraleý. Insostanza la Corte ribadisce per le norme di attuazione il divieto generale di esegesi finalistica delle competenzestatutarie di cui alle citate decisioni nn. 124/1957, 66/1961, 46/1962, 66/1964, 115/1972. Non meno importante,ai fini che qui interessano, e© la affermazione della necessaria uniformita© su tutto il territorio nazionale della ûnor-mativa degli organi giudiziariý che viene ricondotta alla necessita© di garantire a tutti i cittadini pari condizioni estrumenti di accesso alla funzione giurisdizionale di cui viene affermato il carattere neutro ed insensibile alle loca-lizzazioni in una piuttosto che in altra regione. Non puo© non rilevarsi, in proposito, la stringente analogia di taliaffermazioni con quelle concernenti la attuale tematica dei limiti alle potesta© normative regionali derivanti dallecosiddette materie trasversali (Corte cost. nn. 282/2002, 407/2002, 536/2002, 88/2003, 303/2003) e cio© per latutela di esigenze unitarie ed infrazionabili.

6. ö Se cio© e© esatto, se ne deve concludere che le norme di attuazione dello statuto siciliano di cui agliarticoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 hanno introdotto in Sicilia un istituto eccezionale, quale la possibilita© dinomina di magistrati laici, hanno disciplinato il loro status (ed anche, ex art. 8 quello dei togati) in mododiverso da ö quello ordinario e cio© al di fuori di qualsiasi previsione statutaria, in una materia costituzional-mente riservata alla disciplina statale necessariamente uniforme sul punto ö come verra© chiarito in prosieguo,e pertanto derogabile solo per espressa previsione di norma equiordinata e cioe© di rango costituzionale.

Tale natura non e© riconosciuta ö ripetesi ö alle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statutospeciale.

Con riferimento al d.lgs. n. 654/1948 (corrispondente per natura al d.lgs. n. 373/2003) la Corte costituzionaleha affermato ûche il predetto decreto legislativo ha valore di legge ordinariaý (Corte cost. n. 61/1975).

Inoltre, piu© in generale, la Corte ha affermato che le norme di attuazione degli statuti speciali ûhanno dunquevalore di legge, e per alcuni statuti, come per quello sardo, e© prevista la loro compilazione da parte di una com-missione paritetica e occorre sentire il parere di alcuni organi regionali sia per ragioni formali che per ragionisostanziali esse si pongono dunque su un piano diverso e superiore rispetto alle leggi da emanare nelle materieda esse regolate; ma non per questo si puo© ad esse attribuire il carattere di leggi costituzionaliý (v. Corte cost.n. 30/1959 cit.).

Eé stato infatti osservato ûesse sono, per definizione, norme dettate per ``l'attuazione'' di norme costituzionali.Se esse risultano conformi alla norma costituzionale secundum legem, nessuna questione puo© essere sollevata;ma se, al contrario, si dimostrano in contrasto con la norma costituzionale, della quale dovrebbero rendere possi-bile l'attuazione contra legem non si comprende come e perche potrebbero sottrarsi ad una pronuncia di illegitti-

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mita© costituzionale. Piu© delicati possono essere i casi, nei quali, pur non prospettando un manifesto contrasto, lanorma di attuazione ponga un precetto nuovo, non contenuto neppure implicitamente nella norma costituzionalepraeter legem: casi, che mal si prestano ad essere classificati preventivamente in via generale e che possono richie-dere piuttosto decisioni di specie. Eé chiaro, comunque, che ai fini di tali decisioni non si potra© prescindere dal cri-terio fondamentale stabilito dallo stesso costituente (art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1) cheha affidato alla Corte costituzionale il compito di garantire che non avvengano invasioni nella sfera di compe-tenza assegnata alla regione dalla Costituzione. A meno di attribuire alle norme di attuazione natura ed efficaciadi vere e proprie norme costituzionali (il che, in verita© , non e© stato sostenuto neppure dall'Avvocatura generaledello Stato), la competenza della Corte ad esaminarle e a pronunciare sulla legittimita© costituzionale di esse nonpuo© essere posta in dubbioý (v. Corte cost. n. 14/1956).

In relazione alla necessita© che in materia di giurisdizione occorra una deroga espressa di rango costituzionale,va anche ricordato, che la riserva dell'art. 108 della Costituzione concerne ûla disciplina di tutto quanto concernel'Amministrazione della giustizia, sia riguardo alla istituzione dei giudici che alle loro funzioni ed alle modalita©del correlativo esercizioý (v. Corte cost. n. 4/1956).

Tale principio e© stato sempre tenuto fermo dalla giurisprudenza della Corte che ne ha sempre fatto rigorosaapplicazione numerose volte anche in Sicilia sino al punto di affermare la incostituzionalita© anche di norme sol-tanto meramente riproduttive della disciplina nazionale (v. Corte cost. nn. 154/1995, 115/1972), nonche di normeche anche soltanto in via indiretta interferivano con l'esercizio della funzione giurisdizionale (Corte cost.n. 94/1995). In proposito va altres|© ricordato che ö come gia© osservato ö alle censure di costituzionalita©riguardo alla giurisdizione non si e© sottratto neppure lo stesso statuto siciliano di cui sono stati dichiarati incosti-tuzionali gli articoli 26 e 27 sulla giurisdizione penale dell'Alta Corte (Corte cost. n. 6/1970).

Premesso poi che la funzione delle norme di attuazione, in Sicilia, come nelle altre regioni a statuto speciale,consiste nel rendere possibile il trasferimento alle regioni delle funzioni e degli uffici nelle materie di competenza(v. Corte cost. nn. 17/1961, 14/1962, 180/1980). Va poi sottolineato che la giurisprudenza costituzionale ha ricono-sciuto che, nella specie, l'art. 23 dello statuto siciliano, a differenza dello statuto del Trentino-Alto Adige non con-tiene, in materia di composizione dei Collegi e di status dei magistrati, ne una delega alle norme di attuazione,ne alcun accenno alla possibilita© di nomina regionale di giudici laici poiche esso stabilisce soltanto che gli organigiurisdizionali centrali debbano avere in Sicilia le sezioni per gli affari concernenti la regioneý (Corte cost.,n. 189/1992) ed inoltre l'art. 23 del r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455, attiene soltanto al decentramento degli organigiurisdizionali centrali per gli affari concernenti la regioneý (Corte cost. n. 61/1975).

Se tutto cio© e© esatto, l'art. 4, primo comma, lettera d), il successivo secondo comma nonche l'art. 6 del d.lgs.n. 373/2003, laddove prevedono la presenza e la designazione di laici regionali, solo apparentemente rivestono ilcarattere di norme di attuazione ma, in realta© , rientrano in quella categoria individuata dalla Corte costituzionalenelle decisioni nn. 14/1956 e 20/1956 e suscettibili di essere censurate in sede di giudizio incidentale di costituzio-nalita© .

Si tratta di norme che, sotto l'apparenza di norme secundum legem in realta© , in primo luogo contrastano conle disposizioni statutarie e, comunque, non sono dettate dalla necessita© di dare attuazione a queste disposizioni.

Cio© si evince con chiarezza poiche il legislatore costituzionale aveva limitato ö ripetesi ö la autonomiaregionale alla sola localizzazione in Sicilia degli organi delle giurisdizioni superiori, cos|© come evidenziato daltenore letterale dell'articolo 23 e come riconosciuto nelle citate decisioni della Corte costituzionale n. 189/1992 en. 61/1975.

7. ö Il decreto legislativo n. 373/2003 appare quindi contra statutum poiche, al pari del d.lgs. n. 654/1948,istituisce in Sicilia ûun organo di giustizia amministrativa caratterizzato da una propria fisionomia e strutturaý(Corte cost. n. 25/1976), diverso da quello ordinario, composto anche con giudici laici di nomina regionale. Essoquindi ha ampliato enormemente la sfera di autonomia regionale, ma cio© ha fatto vulnerando non solo la lettera,quanto e soprattutto lo spirito della disposizione costituzionale statutaria, che limitava la autonomia regionalenel solo ambito della presenza in Sicilia di sezioni delle magistrature superiori, senza alcuna intenzione di alte-rarne la struttura e le funzioni (v. in questo senso l'ordinanza 6 marzo 1975 con cui l'Adunanza plenaria rimisealla Corte costituzionale la questione su cui poi intervenne la dec. n. 25/1976).

L' incostituzionale ampliamento dell'autonomia regionale, dapprima operato con le norme di attuazione dicui al d.lgs. n. 654/1948, e, attualmente, con gli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003, le ha portate di conseguenzaa collidere con i principi costituzionali sanciti dall'art. 108 per quanto concerne la riserva di legge statale sullaamministrazione della giustizia e, in particolare, sulla nomina di magistrati laici.

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A dimostrazione poi che la materia disciplinata dagli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 rientra nella riservadi legge statale in materia di giurisdizione e© sufficiente rammentare l'insegnamento della Corte costituzionalenelle decisioni nn. 585/1989, 224/1999 e 25/1976.

Nella prima, che si riferiva alla regione Trentino-Alto Adige, si e© affermato che, salvo il principio della pro-porzionale etnica, che non veniva peraltro messo in discussione, spettava allo Stato stabilire le variazioni qualita-tive e quantitative della pianta organica dei magistrati addetti agli uffici giudiziari della Provincia di Bolzano.

Nella seconda, con riferimento alla regione Sicilia, si e© affermato che anche la disciplina degli incarichi extra-istituzionali a magistrati del Consiglio di Stato e della Corte dei conti operanti in Sicilia rientra nella competenzaesclusiva statale in quanto attinente al loro stato giuridico. Ancora piu© significativa la affermazione contenutanella decisione n. 25/1976 in cui, con espresso riferimento alla nomina dei componenti laici del Consiglio di giu-stizia amministrativa per la regione siciliana la Corte costituzionale ha rilevato che trattasi di ûquestione cheincide in modo diretto sulla giurisdizione dell'organo o, quanto meno, sull'esercizio della medesimaý.

Se cio© e© esatto, sembra evidente che con gli articoli 4 e 6 delle norme di attuazione dianzi citate si sia invasauna sfera di competenza riservata al legislatore statale.

8. ö Peraltro, quando anche le disposizioni degli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 volessero qualificarsinon gia© contra legem ma semplicemente praeter legem le conclusioni non muterebbero.

La legittimita© costituzionale delle norme di attuazione degli statuti speciali praeter legem e© infatti subordinataö ripetesi ö alla duplice condizione del dovere concordare con le disposizioni statutarie e con il principio del-l'autonomia regionale e dell'essere giustificate dalla finalita© di dare attuazione allo statuto.

Nessuna di queste condizioni e© ravvisabile nella nomina regionale di giudici laici presso il Consiglio di giusti-zia amministrativa per la regione siciliana.

Tale previsione non concorda affatto con lo statuto (Corte cost. n. 189/1992 e n. 61/1975 cit.) e neppure con-corda con il principio dell'autonomia regionale in quanto, in difetto di apposita deroga di rango costituzionale,la norma di attuazione non puo© impingere su altri principi costituzionali non conferenti con l'autonomia regio-nale (Corte cost. n. 150/1993). La Corte costituzionale in proposito ha sempre affermato che ûla capacita© additivasi esprime pur sempre nell'ambito dello spirito dello statuto e delle sue finalita© e ö come s'e© pure rilevato ö nelrispetto dei principi costituzionaliý (Corte cost. nn. 212/1984, 213/1998).

La nomina dei giudici laici di designazione regionale neppure e© giustificata dalla necessita© di dare attuazioneallo statuto.

Tale necessita© , com'e© costante insegnamento della Corte costituzionale, si concreta nel trasferimento di funzionie uffici (Corte cost. nn. 17/1961, 14/1962, 30/1968, 180/1980) al fine di dar vita ûnell'ambito delle ben definite autono-mie regionali ad una organizzazione degli uffici e delle pubbliche funzioni che si armonizzi con l'organizzazione delloStato nell'unita© dell'ordinamento amministrativo generaleý (Corte cost. nn. 14/1962, 213/1998 cit.).

Orbene, ai fini del mero trasferimento di una sezione del Consiglio di Stato in Sicilia ö poiche tale e© l'og-getto dell'art. 23 dello statuto siciliano (Corte cost. n. 189/1992 e n. 61/1975) ö non si vede perche era necessariocambiare la composizione ordinaria della sezione con l'introduzione nel Collegio giudicante di giudici laici didesignazione regionale. Eé stato infatti affermato che la norma di attuazione, intanto puo© porsi in funzione di inte-grazione dello statuto ûsempreche sia giustificata da un rapporto di strumentalita© logica rispetto all'attuazionedi disposizioni del medesimoý (Corte cost. n. 260/1990). Diversamente, ove il testo statutario sia completo, lenorme di attuazione sarebbero prive di oggetto (Corte cost. n. 136/1969 cit.).

Sotto altro profilo neppure potrebbe sostenersi che lo Stato e la regione, in sede di commissione paritetica,possano d'accordo attribuire alla norma statutaria una portata maggiore di quella risultante dal tenore letteraledella stessa.

In altri termini, non e© possibile che in sede di commissione paritetica lo Stato autorizzi una limitazione deisuoi poteri, in assenza di qualsiasi previsione statutaria, ed al di la© delle finalita© tipiche delle norme di attuazione(decentramento), specie poi se rapportate alla chiara previsione statutaria nel medesimo senso.

Va infatti considerato che a tale abdicazione corrisponderebbe un parallelo ampliamento dei poteri regionalie, quindi, in sostanza, una surrettizia modifica dello statuto speciale.

Gli statuti speciali, poi, sono norme costituzionali (art. 116, primo comma Cost.) approvati e modificabilisecondo il procedimento speciale di cui all'art. 138 Cost.

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Non sarebbe quindi ammissibile che una fonte di rango subordinato, quale le norme di attuazione, potessemodificare una normativa di rango costituzionale.

Neppure sembrerebbe possibile sostenere che nel nuovo assetto costituzionale equiordinato (art. 114, primocomma) i vari enti possano esercitare qualsiasi potere loro attribuito purche in forma di collaborazione e cioe©anche prescindendo dalla ripartizione di competenze normative di cui all'art. 117. In effetti una simile possibilita©non e© prevista neppure negli ordinamenti propriamente federali ed a Costituzione flessibile.

Il nuovo Titolo V prevede in molti casi l'intesa tra Stato e regioni, ma, nessuno di essi, neppure (in forza dellaclausola di maggior favore, di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3/2001, potrebbe sovrapporsi o comunque modifi-care il regime e le caratteristiche del sistema di cooperazione tipico del procedimento delle norme di attuazionedello statuto speciale siciliano in subiecta materia.

L'art. 116 ultimo comma, l'art. 117, quinto comma e l'art. 118, terzo comma della Costituzione riguardanoinfatti materie diverse e presuppongono comunque la preesistenza di una legge ad hoc.

Neppure sarebbe ipotizzabile una intesa Stato-regione ex art. 118, primo comma. Invero, ai sensi di taledisposizione l'intesa fra Stato e regioni puo© solo concorrere a spostare verso l'alto, e cio© in vista di esigenze unita-rie, funzioni amministrative tipicamente locali. Tale principio e© stato esteso dalla giurisprudenza costituzionaleanche alla funzione piu© propriamente legislativa, ma solo a condizione che quest'ultima avesse ad oggetto esclusi-vamente la organizzazione e regolazione di quelle stesse funzioni amministrative assunte dallo Stato in forza delprincipio di sussidiarieta© . La deroga al riparto delle competenze legislative sarebbe quindi piu© apparente che realepresentandosi invece come una logica conseguenza del nuovo principio costituzionale di sussidiarieta© . Peraltro,ove non ricorrano i presupposti della sussidiarieta© e non venga previsto un procedimento di coordinamento oriz-zontale riprenderebbe vigore quanto alla distribuzione di competenze legislative il principio di ûrigidita© dellaCostituzioneý (Corte cost. n. 303/2003, v. anche Corte cost. n. 376/2003).

Nulla di tutto cio© e© ravvisabile nella fattispecie in esame.

Innanzitutto non sembra previsto dall'art. 118, primo comma, che l'attrazione di competenza venga spostataa favore del livello inferiore.

In secondo luogo difetta il presupposto fondamentale del principio di sussidiarieta© e cioe© l'esigenza di assicu-rare un esercizio unitario della funzione giurisdizionale amministrativa, esercizio la cui unitarieta© verrebbe anzipregiudicata.

In terzo luogo la materia de qua (composizione dei Collegi e stato giuridico dei giudici) sotto nessun profilopuo© essere fatta rientrare nella categoria delle funzioni amministrative, ma rientra invece nella funzione giurisdi-zionale (Corte cost. n. 25/1976 e n. 224/1999 cit.).

In conclusione, quindi, il procedimento (e i limiti intrinseci) afferenti la adozione delle norme di attuazionetramite le commissioni paritetiche, continuano ad applicarsi anche nelle ipotesi in cui fosse invocabile (ma non e©questo il caso) la cosiddetta clausola di maggior favore (v. in questo senso testualmente l'art. 11, secondo e terzocomma della legge 5 giugno 2003, n. 131).

A cio© deve aggiungersi anche l'ulteriore considerazione (ripetutamente esaminata nei precedenti punti 5 - 6 -7) secondo cui le deroghe al principio del regime uniforme della organizzazione giurisdizionale su tutto il territo-rio nazionale debbono comunque essere contenute in norme di rango costituzionale e che il carattere eccezionaledi tale deroga non consente di superare il tenore letterale della norma statutaria (Corte cost. n. 150/1993 cit.).

D'altra parte neppure potrebbe ritenersi che la riserva di legge statale possa essere intesa in senso solamenteformale e non anche sostanziale. In altri termini non e© possibile sostenere che, ai fini in esame, sia sufficiente laadozione di una legge da parte dello Stato il quale, assolto cos|© l'onere della riserva di legge, potrebbe ad libitumdettare composizioni degli organi giurisdizionali differenti da regione a regione.

Una simile esegesi sarebbe insostenibile poiche contraria a specifici principi costituzionali ed alla costanteinterpretazione fornitane dalla Corte costituzionale.

Invero, se si affermasse il principio, dianzi soltanto ipotizzato, che nella materia de qua sia ammissibile unariserva di legge in senso soltanto formale, quale ulteriore corollario dovrebbe anche ammettersi che il legislatorestatale potrebbe incidere non solo sulla struttura dei Collegi disciplinandoli diversamente da regione a regione,ma differenziare a livello regionale anche la struttura dei processi (civile, penale, ammmistrativo) e cio© , non soloin relazione alle regioni a statuto speciale, ma anche con riferimento alle regioni a statuto ordinario.

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Verrebbero pregiudicati cos|© i canoni costituzionali di cui agli articoli 3, 24, primo comma, 113, primocomma, 102, primo e secondo comma, 108, primo comma della Costituzione differenziando irragionevolmentel'esercizio della giurisdizione in funzione della residenza e violando cos|© i principi di uguaglianza (art. 3) e dellaparita© di tutela dei diritti ed interessi legittimi (art. 24, primo comma, art. 113, primo comma). Piu© in generale,verrebbe anche vulnerato il principio dell'unita© dell'ordinamento giuridico il cui valore, gia© riconosciuto in pas-sato in forza dell'art. 5 della Costituzione, e© attualmente ribadito, a livello costituzionale, anche dall'art. 120,secondo comma, nel testo introdotto dalla legge costituzionale n. 3/2001. La Corte costituzionale ha infatti sem-pre affermato ribadito che ûle modalita© di esercizio del fondamentale principio della tutela giurisdizionale nonpossono essere diverse in una regione rispetto al restante territorio nazionale (Corte cost. n. 113/1993) e che esisteuna ûesigenza di un'uniformita© di tutela in ordine a situazioni soggettive di identica naturaý (Corte cost.n. 42/1991).

In altri termini va riconosciuto che la unitarieta© della materia giurisdizionale non puo© non ricomprenderetutti i suoi aspetti, ivi compresi quelli concernenti il reclutamento la nomina e lo stato giuridico dei giudici (Cortecost. nn. 224/1999, 25/1976 cit.), che, ovviamente, devono restare identici su tutto il territorio nazionale. Sottoquesto profilo, pertanto, la normativa statale non potrebbe introdurre differenziazioni a livello regionale senzaincorrere in censure e vizi di costituzionalita© . L'unica deroga, come piu© volte sottolineato, e© ammessa solo in basead una disposizione di pari rango costituzionale, da interpretare inoltre, in quanto deroga, in senso strettamenteletterale.

Pertanto, e in conclusione su questo punto, l'art. 23 dello statuto siciliano nella sua chiara previsione, limitataalla sola localizzazione della funzione giurisdizionale, rappresenta un punto fermo e insuperabile di modo che nela commissione paritetica ne lo Stato (autonomamente o in sede di commissione paritetica) potrebbero adottareuna disciplina derogatoria rispetto a quella ordinaria che incida su aspetti della funzione giurisdizionale diversidalla pura e semplice localizzazione.

9. ö Questa presidenza e© consapevole della circostanza che la questione della composizione del Consiglio digiustizia amministrativa per la regione siciliana e© stata ripetutamente affrontata anche dalla Corte costituzionale,ma sempre sotto angoli di valutazione diversi.

Nella decisione n. 25/1976 la Corte costituzionale si e© occupata del problema, con riferimento tuttavia sol-tanto all'art. 5, terzo comma del d.lgs. n. 654/1948 e cioe© all'istituto dell'appello all'adunanza plenaria delle deci-sioni emesse in unico grado del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana allora, prima dellaistituzione dei T.A.R.

In quell'occasione la Corte ha fatto altres|© riferimento alla nota decisione delle Sezioni unite della Cassazione11 ottobre 1955, n. 2994, dichiarando di condividerla. Nella anzidetta decisione la Cassazione, non essendo ancorain funzione la Corte costituzionale, si pose il problema della costituzionalita© in generale della istituzione del Con-siglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana sotto un duplice aspetto: estrinseco ed intrinseco.

Sotto il profilo estrinseco si trattava di accertare l'osservanza o meno del principio di cui all'art. 76 dellaCostituzione e quindi l'esistenza di una norma di delega, nonche la attribuzione o meno di una competenza legi-slativa alla commissione paritetica di cui all'art. 43 dello statuto siciliano anziche al Governo. Tale profilo, dicui si e© trattato nella ordinanza di questo Consiglio 185/2003, non viene in discussione in relazione al d.lgs.n. 373/2003.

Sotto il profilo intrinseco, invece, la costituzionialita© si pose con preciso riferimento alla questione se il Con-siglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana dovesse considerarsi o meno un giudice speciale (la cuiistituzione era ed e© vietata ex art. 102, secondo comma della Costituzione) che i ricorrenti ritenevano offrisseminori garanzie rispetto ad una ordinaria sezione del Consiglio di Stato.

A riprova della specialita© venivano addotte la diversita© del numero dei votanti (5 anziche 7) e la differenza ditalune prerogative: inamovibilita© dei componenti le sezioni del Consiglio di Stato; temporaneita© dei due membri desi-gnati dalla giunta regionale; partecipazione al Collegio esclusa per gli allora referendari del Consiglio di Stato.

La Cassazione, com'e© noto, affermo© che il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana nonpoteva considerarsi quale giudice speciale, ma soltanto una sezione specializzata del Consiglio di Stato superandoin questo modo la eccezione di incostituzionalita© .

Ne in quella occasione ne successivamente e© stato posto ex professo alla Corte costituzionale il profilo delrapporto tra la lettera e lo spirito dell'art. 23 dello statuto e le norme di attuazione che prevedono la designazioneregionale di magistrati laici.

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Tuttavia, pur non essendo stata sollevata una specifica questione in tal senso, se si esaminano i precedenti,emerge chiaramente, nel pensiero e nelle parole della Corte costituzionale, la consapevolezza che il d.lgs.n. 654/1948 era andato ben al di la© della lettera e dello spirito dell'art. 23 dello statuto.

Invero, nella decisione n. 61/1975 la Corte ö come gia© rilevato ö afferma che ûl'art. 23 del r.d.lgs. 15 maggio1946, n. 455, attiene soltanto al decentramento degli organi giurisdizionali centrali per gli affari concernenti laregioneý.

Nella decisione 25/1976 occupandosi della indipendenza dei membri laici del Consiglio di giustizia ammini-strativa per la Regione siciliana, per quanto qui interessa, la Corte ha affermato testualmente che ûcertamentel'art. 23 dello statuto della Regione siciliana prevedeva semplicemente l'istituzione in Sicilia di una sezione giuri-sdizionale del Consiglio di Stato ed e© innegabile che con il d.lgs. n. 654/1948 e© stato invece istituito un organo digiustizia amministrativa caratterizzato da una propria particolare fisionomia e strutturaý.

Nella decisione dianzi citata la Corte ha confermato l'orientamento della Cassazione circa la natura del Con-siglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (sezione specializzata del Consiglio di Stato e non giudicespeciale, anche se la anzidetta definizione fa pensare piu© ad un giudice speciale che ad una sezione specializzata)ma, com'e© noto, cio© non gli ha impedito di dichiarare incostituzionale il d.lgs. n. 654/1948 nella parte in cui(art. 3, terzo comma) prevedeva la possibilita© di rinnovo dei giudici laici. Sotto questo profilo il d.lgs.n. 373/2003 non presenta alcuna differenza rispetto al d.lgs. n. 654/1948 dal momento che entrambi, invece dilimitarsi a localizzare in Sicilia, per quanto qui interessa, una sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, nedisciplinano una composizione diversa da quella ordinaria.

10. ö Possono pertanto proporsi le questioni di legittimita© costituzionale dell'art. 4, primo comma, lettera d),e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6, secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003, limitatamente alleparole ûe all'art. 4, comma uno, lettera d)ý in rapporto agli articoli 23 e 43 dello statuto siciliano, nonche agli arti-coli 3, 24, primo comma, 113, primo comma, 108, primo comma, 102, primo e secondo comma, e al primo commadella VI disposizione transitoria della Costituzione.

I profili relativi al rapporto tra gli anzidetti commi del d.lgs. n. 373/2003 e gli articoli 23 e 43 dello statuto edall'art. 108, primo comma della Costituzione sono stati in precedenza esposti nel senso che le anzidette norme diattuazione disciplinano materie riservate alla competenza esclusiva statale.

11. ö Quanto al rapporto tra il d.lgs. n. 373/2003 e gli articoli 3, 24, primo comma, 113, primo commaCost. va rilevato nell'esercizio della tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi legittimi tutti i cittadinidebbono essere posti nelle medesime condizioni non essendo ammissibile un esercizio della giurisdizione diversifi-cato su alcune parti del territorio nazionale (Corte cost. nn. 4/1956, 43/1982, 113/1993, 150/1993) a meno cheö ripetesi ö cio© non sia legittimato ad una deroga di rango costituzionale, deroga peraltro nella specie insistente.Nel concetto di esercizio diversificato non puo© poi non ricomprendersi anche una composizione collegiale diversada quella ordinaria (in questo senso v. testualmente la citata dec. Corte cost. n. 25/1976) e da cio© la violazionedei parametri costituzionali dianzi indicati.

Circa il rapporto tra il d.lgs. n. 373/2003 e gli articoli 102, primo e secondo comma, e 108, primo e secondocomma della Costituzione occorre sottolineare che anche qualificando il Consiglio di giustizia amministrativaper la regione siciliana come sezione specializzata, la istituzione di sezioni specializzate innanzitutto deve essereprevista da una legge statale, come si evince dall'art. 102, primo comma, per il giudice ordinario e dall'art. 108,primo comma per i giudici speciali.

Esiste, quindi, a livello costituzionale, una ancora piu© speciale riserva esclusiva di legge statale circa la istitu-zione di sezioni specializzate, derogabile quindi solo in presenza di norma espressa di pari rilevanza costituzionale(Corte cost. n. 150/1993 cit.).

Nella specie ö ripetesi ö in nessun comma dell'art. 23 dello statuto siciliano e© contenuto il minimo accenno,ne implicito ne esplicito alla possibilita© che in Sicilia vengano istituite sezioni specializzate ne del Consiglio diStato ne delle altre magistrature superiori.

Il decentramento puro e semplice (Corte cost. n. 61/1975 e n. 25/1976) non implica affatto di per se la crea-zione ex novo di sezioni specializzate tanto piu© che l'unico accenno di specialita© contenuto nell'art. 23 riguarda,come gia© osservato, il concerto tra Stato e regione, sulla nomina soltanto dei magistrati della Corte dei conti.

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Va poi rammentato che la Carta costituzionale prevede la istituzione di sezioni specializzate soltanto nell'am-bito della magistratura ordinaria (art. 102, secondo comma) per cui la sezione specializzata viene considerata

ênon gia© un tertium genus fra la giurisdizione speciale e quella ordinaria, bens|© una species di quest'ultimaý (Cortecost. nn. 76/1961, 394/1998 e ordinanza n. 424/1989).

Eé stato infatti rilevato che, a fronte del divieto di istituire giudici speciali, la deroga costituzionale a favoredelle sole sezioni specializzate, dipende proprio dalla loro compenetrazione istituzionale con il giudice ordinario(Corte cost. nn. 4/1984, 424/1989).

Pertanto, se la istituzione di sezioni specializzate e© consentita dalla Costituzione (ex art. 102, secondocomma) solo nell'ambito della magistratura ordinaria e cio© in ragione del nesso organico con quest'ultima, se nedovrebbe anche inferire che, cos|© come non e© possibile istituire nuovi giudici speciali, alla stessa stregua nonsarebbe possibile istituire sezioni specializzate all'interno dei giudici speciali attualmente esistenti.

La questione non e© stata affrontata e risolta nell'unico caso in cui il problema si e© posto nei confronti di ungiudice speciale gia© esistente o, meglio, gia© previsto dalla Costituzione.

Invero, nella decisione n. 49/1968 esaminando la legittimita© costituzioile delle sezioni dei T.A.R. per il con-tenzioso elettorale ex art. 2, legge 23 dicembre 1966, n. 1147, la Corte costituzionale da un lato ha escluso il lorocarattere di nuovi giudici speciali in quanto ûparte degli istituendi T.A.R.ý ex art. 125 Cost. e non essendo vietataûla gradualita© nell'introduzione di nuovi organi di giustizia amministrativaý. Peraltro, la Corte neppure ha rico-nosciuto alla anzidetta sezione elettorale la natura di sezione specializzata degli istituendi T.A.R. pervenendo adaffermare che si trattava di ûun'articolazione di tribunale amministrativoý e che, in quanto tale non richiede lapresenza di giudici togati cos|© come non sembra che la richieda questo stesso tribunaleý.

In altri termini, nel pensiero della Corte sembrerebbe che mentre si ammetteva che il giudice speciale da isti-tuire ex novo come i T.A.R., potesse anche essere interamente composto da laici (salvo le garanzie di indipen-denza, art. 108, secondo comma Cost.), lasciava impregiudicato il problema se, nell'ambito dell'istituendo giudicespeciale, fosse costituzionale istituire sezioni specializzate in analogia a quanto previsto dall'art. 102, secondocomma per il giudice ordinario.

12. ö In ogni caso, quando anche si pervenisse alla conclusione che l'art. 102, secondo comma el'art. 108, primo comma Cost., non implicano di per se il divieto di istituire sezioni specializzate nell'am-bito del giudice speciale gia© esistente, non sembra possa dubitarsi che tale possibilita© sia coperta da riservadi legge statale ex art. 102, primo comma e 108, primo comma Cost., e che comunque la riserva di leggestatale non potrebbe dettare, in subiecta materia, e in assenza di specifiche disposizioni di deroga di rangocostituzionale, un regime differenziato da regione a regione.

Il vizio di costituzionalita© degli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 verrebbe pertanto a porsi negli stessi ter-mini dianzi enunciati.

Quanto poi al rapporto tra il d.lgs. n. 373/2003 e la VI disposizione transitoria della Costituzione, va ram-mentato che la stessa prevedeva di procedere, entro 5 anni, alla revisione delle giurisdizioni speciali eccettuandoespressamente il Consiglio di Stato, la Corte dei conti e i tribunali militari. In questa espressa eccezione trovaconcordanza la formulazione dell'articolo 23 dello statuto siciliano che si limitava al mero decentramento. Ild.lgs. n. 654/1948 prima, e il d.lgs. n. 373/2003 poi, istituendo una sezione specializzata hanno invece apportatosicuramente una modificazione all'organo giurisdizionale, ponendosi in contrasto oltre che con lo statuto sicilianoanche con il primo comma della VI disposizione transitoria.

A questo proposito l'assenza di coordinamento tra lo statuto siciliano e la Costituzione si avverte in modoancora piu© evidente se si considera che lo statuto (articolo 23, primo comma) prevedeva un decentramento negliorgani giurisdizionali centrali, decentramento peraltro neppure generalizzato, ma limitato ai soli ûaffari concer-nenti la regioneý. Innanzitutto non era e non e© agevole stabilire, in sede di giurisdizione (civile, penale ammini-strativa e contabile) quali siano gli ûaffari concernenti la regioneý dal momento che la giurisdizione e© un valoree una funzione neutra ûinsensibile alla localizzazione in questa o quella regioneý (Corte cost. n. 150/1993 cit.). Lariprova di tale difficolta© e© dimostrata dal fatto che per le giurisdizioni civili, penali, tributarie e delle acque pubbli-che non e© mai stata data attuazione alla previsione statutaria e, che in quella amministrativa si e© reso necessarioestendere la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana anche ad atti emessida autorita© statali (articolo 5, primo comma, d.lgs. n. 654/1948; articolo 4, terzo comma, d.lgs. n. 373/2003) dimodo che attualmente, atteso che la competenza territoriale del giudice amministrativo e© derogabile, e© possibileconoscere in Sicilia anche di ogni sorta di atti da chiunque emanati. Inoltre, per evitare di compromettere l'unita©

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del sistema giuridico della giustizia amministrativa, il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione sicilianavenne configurato, relativamente agli atti statali, come organo sottordinato rispetto al Consiglio di Stato al qualeera previsto la possibilita© di appellarsi (articolo 5, terzo comma, d.lgs. n. 654/1948).

Vale la pena di ricordare, in proposito, la decisione della Corte costituzionale n. 25/1976. In quella occasionel'appello all'Adunanza plenaria avverso pronunce del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione sicilianasu atti statali veniva giustificato con il venir meno, in quel caso, delle ûragioni per cui gli era stata conferita quellaparticolare composizione caratterizzata dalla presenza di due giuristi designati dalla giunta regionale e poteva acio© costituire opportuno rimedio la previsione dell'impugnabilita© delle sue decisioniý. L'appello veniva inoltre giu-stificato non tanto per ûattribuire ai ricorrenti davanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione sici-liana una tutela giurisdizionale maggiore di quella riconosciuta alla generalita© dei cittadini davanti al Consigliodi Stato quanto piuttosto per assicurare una definitiva uniformita© di controllo sugli atti delle amministrazionidello Statoý.

Tale competenza di primo grado e© venuta meno dapprima in forza di una esegesi pretoria (Adunanza plena-ria n. 21/1978 e n. 18/1979) ed ora risulta espressamente sancita dal citato articolo 4, terzo comma del d.lgs.n. 373/2003, ma rimane innegabile il superamento della lettera e dello spirito della norma statutaria che limitavae limita la competenza ai soli ûaffari concernenti la regioneý.

Le anzidette considerazioni dimostrano le difficolta© di adattamento della previsione statutaria anche con rife-rimento al solo e limitato aspetto della localizzazione. Pertanto, estendere la portata dell'articolo 23 sino a modi-ficare la struttura dell'organo giudicante legittima il sospetto di una incostituzionale revisione (sia pure parziale)della giurisdizione del Consiglio di Stato.

13. ö In conclusione sui precedenti punti possono per ora essere avanzate nell'ordine e in subordine leseguenti questioni di costituzionalita© con riserva di successiva integrazione in prosieguo:

A) dell'articolo 4, primo comma, lettera d), e del successivo secondo comma, nonche dell'articolo 6,secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003, limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lettera d), in rap-porto all'articolo 23 dello statuto siciliano ed all'articolo 102, primo comma e 108, primo comma Cost., in quantol'articolo 23 dello statuto non prevede alcuna deroga alla composizione ordinaria delle sezioni del Consiglio diStato da localizzare in Sicilia, e in rapporto agli articoli 102, primo comma e 108, secondo comma Cost., inquanto disciplina materia riservata dalla Costituzione alla legge statale, per cui eventuali deroghe a favore dell'au-tonomia regionale debbono essere supportate da una espressa previsione di pari rango costituzionale che ö comepiu© volte rappresentato ö non e© rinvenibile nell'articolo 23 dello statuto siciliano, nonche, in rapporto agli articoli3, 24 primo comma, 113, primo comma Cost., in quanto introduce una ingiustificata differenziazione dell'organogiudicante, e quindi dell'esercizio della giurisdizione su una parte del territorio nazionale.

A1) in subordine dell'articolo 4, primo comma, lettera d), e del successivo secondo comma, nonche del-l'articolo 6, secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lette-ra d), in rapporto all'articolo 23, primo comma dello statuto siciliano che non prevede ne una sezione specializ-zata, del giudice speciale ne una composizione collegiale diversa da quella ordinaria e cio© anche in relazione,quale tertia comparationis all'articolo 24, primo comma dello statuto siciliano concernente la composizione del-l'Alta Corte, nonche all'articolo 23, terzo comma del medesimo statuto, all'articolo 10, del d.lgs. 6 maggio 1948,n. 655, concernente la istituzione di sezioni della Corte dei conti per la regione siciliana, all'articolo 1, del d.lgs.18 giugno 1999, n. 200, ed all'articolo 90 e 91, secondo comma del t.u. delle leggi costituzionali di cui al d.P.R.31 agosto 1972, n. 670.

A2) in subordine dell'articolo 4, primo comma, lettera d) e del successivo secondo comma, nonche del-l'articolo 6, secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lette-ra d), in rapporto allo stesso articolo 23, primo comma dello statuto siciliano, nonche in rapporto all'articolo102, secondo comma e 108, primo e secondo comma della Costituzione, non essendo consentito istituire sezionispecializzate nell'ambito dei giudici speciali.

A3) in subordine dell'articolo 4, primo comma, lettera d) e del successivo secondo comma, nonche del-l'articolo 6 secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, letterad) in rapporto all'articolo 23, primo comma dello statuto siciliano ed in rapporto al primo comma della VI dispo-sizione transitoria della Costituzione che esclude dalla revisione la giurisdizione del Consiglio di Stato.

14. ö La questione sub A1) consente di porre sotto un diverso angolo di visuale l'affermazione, conte-nuta nella gia© citata decisione delle Sezioni unite della Cassazione n. 2994/1955, circa la aderenza del d.lgs.n. 654/1948 allo spirito dell'articolo 23 dello statuto siciliano.

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In quella occasione la Cassazione si e© preoccupata di chiarire che il Consiglio di giustizia amministrativa perla regione siciliana, per la sua composizione, non e© un giudice capite deminutus quanto a quantita© , qualita© e garan-zia dei suoi membri.

La Cassazione non si e© invece data carico della questione di costituzionalita© a monte e cioe© se lo statuto e laCostituzione legittimavano la istituzione (gia© fortemente criticata dalla dottrina costituzionalistica dell'epoca) diuna sezione, sotto molteplici profili, diversa rispetto a una sezione ordinaria del Consiglio di Stato, ma si e© limi-tata ad affermare apoditticamente che ûle variazioni morfologiche del Consiglio di giustizia amministrativa perla regione siciliana sono in funzione di quella stessa esigenza di decentramento che ha giustificato l'istituzione del-l'Ente regioneý.

A questo proposito e© opportuno segnalare, anche a chiarimento del richiamo che e© stato operato quale ter-tium comparationis, al d.lgs. n. 655/1948, che, nella stessa data del 6 maggio 1948, venne adottato, oltre al decretolegislativo n. 654/1948, anche il d.lgs. n. 655/1948 relativo alla istituzione in Sicilia di una sezione giurisdizionalee di controllo della Corte dei conti. Com'e© noto, il predetto d.lgs. n. 655/1948 non dispone una composizione delleSezioni diversa da quella ordinaria, ma si e© limitato a ribadire (articolo 10, primo comma) la previsione statutaria(articolo 23, terzo comma) della intesa tra Stato e regione sulla nomina dei magistrati. Va ulteriormente rimarcatoche in sede di modifica delle norme di attuazione del predetto d.lgs. n. 655/1948, il d.lgs. 18 giugno 1999, n. 200,adottato questa volta su determinazione della commissione paritetica ex articolo 43, dello statuto siciliano, haintrodotto all'articolo 1, del d.lgs. n. 655/1948, un secondo comma che testualmente dispone che ûla composizionee la competenza delle sezioni sono determinate dalle disposizioni della legge stataleý.

Orbene, nell'unico caso in cui l'articolo 23 dello statuto siciliano prevedeva, al terzo comma, un accenno dispecialita© , ne le prime norme di attuazione (adottate senza la procedura dell'articolo 43 dello statuto), ne le suc-cessive (adottate stavolta con il procedimento speciale) hanno ritenuto possibile e legittimo alterare la composi-zione ordinaria delle sezioni della Corte dei conti.

Sulla base delle argomentazioni addotte dalle sezioni unite della Cassazione nella decisione 2994/1955 inmerito alle ûesigenze del decentramentoý non e© agevole giustificare come mai, in sede di attuazione della stessanorma statutaria, nei confronti della clausola di una qualche maggiore specialita© si sia mantenuta la composi-zione ordinaria della Corte dei conti, mentre, di fronte alla clausola dell'articolo 23, primo comma, del tutto ano-dina sotto questo profilo, si sia ritenuto di poter istituire una sezione specializzata del Consiglio di Stato.

Comunque, le vicende del coevo d.lgs. n. 655/1948 e come pure le successive determinazioni della commis-sione paritetica del 1999 allorche e© stato introdotto il secondo comma all'articolo 1 del predetto d.lgs.n. 655/1948 concernente la Corte dei conti, costituiscono ulteriore riprova del fatto che le norme di attuazionedi cui al d.lgs. n. 373/2003, che riproducono, in parte qua, quelle di cui al d.lgs. n. 654/1948, sono in palese contra-sto con la lettera e lo spirito dello statuto siciliano.

Ne potrebbe addursi, a giustificare il differente regime tra i due decreti legislativi del 6 maggio 1948, e, con-seguentemente, del d.lgs. n. 373/2003, l'argomento secondo cui non sarebbe ammissibile che nell'organo control-lante (Corte dei conti) siano presenti magistrati designati dal soggetto controllato (regione). Va infatti sottolineatoche l'articolo 23 dello statuto siciliano e il d.lgs. n. 655/1948 prevedono anche la localizzazione in Sicilia dellasezione giurisdizionale per i giudizi di conto, responsabilita© e pensionistici e che la composizione di tale sezionenon e© stata mai modificata, neppure dalla recente legge 5 giugno 2003, n. 131. Questa infatti, all'articolo 7, ha pre-visto la mera possibilita© che le sole sezioni regionali di controllo della Corte dei conti siano integrate con duecomponenti di nomina regionale. Non va poi dimenticato che la norma in esame e© contenuta in una legge stataledi portata generale ed uniforme su tutto il territorio nazionale. Pertanto, qualora si volesse riconoscere identicocarattere giurisdizionale anche alla funzione di controllo della Corte dei conti, la norma sarebbe ugualmente inlinea con i principi costituzionali della riserva di legge statale e della uniformita© della giurisdizione su ogni partedel territorio nazionale.

In altri termini, se per effetto dell'art. 7 della legge 131/2003 (ove applicabile alle regioni a statuto speciale) lasezione di controllo della Corte dei conti in Sicilia dovesse essere integrata con consiglieri di designazione regionale,cio© sarebbe dovuto all'efficacia di una legge statale uniforme su tutto il territorio nazionale, e non gia© in forza di unanorma di attuazione dello statuto siciliano che avesse introdotto un regime derogatorio rispetto a quello ordinario.

Circa poi la attuazione dello statuto siciliano va ricordato storicamente che la prima commissione pariteticadel 1946, nelle prime ed uniche norme da essa ûdeliberateý non aveva modificato la composizione delle magistra-ture superiori esistenti e certamente non per superficialita© o per ignoranza delle norme statutarie. Invero, il Presi-

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dente della Commissione, come e© noto, e come aveva lui stesso dichiarato in una nota 24 maggio 1947, indirizzataall'Assemblea regionale siciliana, era stato uno dei redattori dello statuto. Tuttavia, ne lui, ne nessun altro deipadri fondatori dello statuto (Giovanni Salemi, Mario Mineo, lo stesso Movimento per l'Autonomia della Sicilia)pensarono mai ad organi giurisdizionali superiori a composizione mista paritetica.

Com'e© noto lo statuto siciliano e© frutto di una commissione nominata con decreto 1� settembre 1945, dal-l'Alto Commissario per la Sicilia on. Salvatore Aldisio.

La commissione prese a base dei lavori quattro progetti predisposti rispettivamente dal prof. GiovanniSalemi, dall'on. Giovanni Guarino Amella, dal dott. Mario Mineo e dal Movimento per l'autonomia della Sicilia.

Per quanto conceme gli organi giurisdizionali il progetto del prof. Salemi all'articolo 21, primo comma, cos|©recitava: ûl'organizzazione giudiziaria e© stabilita con legge dello Stato ed e© a carico dello Statoý.

Il progetto dell'avv. Guarino Amella all'articolo 30 si limitava a stabilire che: ûTutti gli organi per la defini-zione delle controversie nel campo civile, penale, commerciale, amministrativo, tributario e sindacale e in tutti igradi di giurisdizione, debbono risiedere nella regione, in modo che tutte le controversie abbiano in Sicilia il lorointero e totale svolgimentoý.

Il progetto del dott. Mineo all'articolo 37 prevedeva semplicemente che: lo Stato istituira© in Sicilia sezioniautonome di ciascuno dei suoi supremi organi giurisdizionaliý.

Il progetto del Movimento per l'Autonomia della Sicilia agli articoli 26 e 27 era cos|© formulato: articolo 26ûL'ordinamento giudiziario e© stabilito con legge dello Stato.

La creazione di nuovi uffici giudiziari e le modifiche alle circoscrizioni giudiziarie sono pero© stabilite conprovvedimento del consiglio regionale.

Articolo 27. L'Amministrazione della giustizia nella regione e© a carico del bilancio dello Stato.

Tutti gli organi per la definizione delle controversie nel campo civile, penale, commerciale, amministrativo,tributario e del lavoro, ed in tutti i gradi di giurisdizione, debbono risiedere nella regione, in modo che tutte lecontroversie abbiano in Sicilia il loro intero e totale svolgimentoý.

Se poi si esaminano i resoconti stenografici della commissione (riportati in un volume, dedicato ai lavori pre-paratori dello statuto dal presidente della commissione prof. Giovanni Salemi) e, in particolare quelli delle sedutedel 21 dicembre 1945 e del 22 dicembre 1945 si trova documentato che la formula (inserita nell'art. 20) ûl'organiz-zazione giudiziaria e© stabilita con legge dello Statoý venne eliminata su proposta del consigliere Taormina il qualeûbasandosi sul principio che la funzione giurisdizionale e© riservata allo Stato propone la soppressionedell'art. 20 ....ý ... ûLa Consulta respinge l'articolo. Ne dissente solo il cons. Romano Battagliaý.

In relazione poi alla stesura dell'art. 21 (poi divenuto il definitivo art. 23) i lavori cos|© riportano: ûScartata laproposta del prof. Di Carlo, di votare al riguardo l'art. 27 del progetto del ûMovimento per l'autonomiaý siapprova nei seguenti termini il primo comma dell'art. 21: ûGli organi giurisdizionali aventi oggi la sede soltantoin Roma saranno istituiti anche in Sicilia per gli affari concernenti la regioneý.

Sul secondo comma dello stesso articolo, intervengono il prof. Majorana e il cons. Cartia; l'uno proponendodi non assegnare al Consiglio di Stato in Sicilia la funzione consultiva al fine di soddisfare meglio alle esigenzedell'autonomia; l'altro per dare alla Corte dei conti una composizione mista, con rappresentanti, cioe© dello Statoe della regione, essendo comune ai due enti l'interesse al controllo contabile.

Si invita il relatore a presentare la redazione definitiva del detto comma.ý ...

ûIl relatore presenta un'altra formula, piu© semplice e comprensiva: ``Gli organi giurisdizionali centraliavranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regione''. Essa viene approvata e diventa ilprimo comma dell'art. 21.

Ritornando al secondo comma dello stesso art. 21, il relatore propone di metterlo in armonia col primo,dicendo: ``Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti'' anziche ``Il Consiglio di Stato e la Corte deiconti''. Al fine di attuare la rappresentanza mista dello Stato e della regione in seno alla Corte dei conti, suggeri-sce il seguente nuovo comma: ``I magistrati della Corte dei conti sono nominati di accordo dai Governi delloStato e della regione''.ý (v. all. A pag. 69-70).

Il progetto definitivo venne poi approvato dalla Consulta siciliana, poi dalla Consulta nazionale. Per quantoqui interessa non vennero apportati emendamenti, e venne infine approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455.

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Emerge quindi con chiarezza che mai nessuno, in sede di redazione dello statuto, penso© ad una organizza-zione delle magistrature superiori diversa da quella disciplinata dalla legge statale e che, se vi fu un accenno dispecialita© , esso riguardo© solo il giudice contabile.

Pertanto, la affermazione delle Sezioni unite n. 2994/1955 dianzi citata secondo cui ûle variazioni morfologi-che del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sono in funzione di quella stessa esigenzadi decentramento che ha giustificato l'istituzione dell'Ente Regioneý non solo non trova alcun riscontro, ma anzie© smentita proprio dalle vicende occorse in sede di istituzione dell'Ente Regione e cio© senza considerare che leûvariazioniý non sono solo ûmorfologicheý ma di sostanza.

Anche i lavori preparatori dello statuto confermano quindi testualmente e sul piano storico quanto piu© voltein precedenza osservato circa il carattere contra statutum del d.lgs. n. 654/1948 e, in parte qua del d.lgs.n. 373/2003.

Se poi ci si chiede come mai, nel 1948 in sede di norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 654/1948 sia stata cos|©radicalmente stravolta la lettera e lo spirito, tanto dello statuto, siciliano, quanto della conforme proposta dellaprima commissione paritetica, puo© farsi riferimento a coloro che, in dottrina, attribuiscono storicamente il tenoredel d.lgs. n. 654/1948 ad un accordo personale intercorso tra Ferdinando Rocco e l'on. Luigi Sturzo, del quale,peraltro, sembra non sia rimasta traccia. A questo proposito non varrebbe richiamarsi, come sovente assumetaluna pubblicistica, ad un supposto carattere ûpattizioý dello statuto siciliano che lo differenzierebbe percio© solodagli altri statuti speciali. Anche se fosse possibile assimilare lo Statuto ad un accordo tra entita© equiordinate, alpari cioe© di un trattato internazionale, resterebbe comunque indubbio che ai patti occulti, in ogni caso, nonpotrebbe riconoscersi alcun valore.

A giustificazione della composizione mista del Consiglio di giustizia aniministrativa per la Regione sicilianaconfermata dal d.lgs. n. 373/2003 neppure potrebbe invocarsi una sorta di tacita consuetudine ovvero di convale-scenza per decorso del tempo. Si tratterebbe infatti, in ambedue i casi, di istituti o fonti di integrazioni sconosciuteal livello di norme costituzionali e comunque inammissibili in un sistema a costituzione rigida.

In altri termini non sembrerebbe possibile sostenere (come talvolta adombrato) che la sussistenza della com-posizione mista del C.G.A. per oltre mezzo secolo costituirebbe di per se una riprova della sua costituzionalita© .Innanzitutto, va rammentato che il periodo suindicato non e© decorso senza interrogativi. Invero, taluni aspettidi tale composizione mista non hanno superato il vaglio del giudice delle leggi (Corte cost. n. 25/1976) ovverohanno subito modificazioni, piu© o meno radicali, a seguito o in prospettiva del giudizio della Corte (v. il d.P.R.n. 204/1978 e lo stesso d.lgs. n. 373/2003).

In secondo luogo non puo© ritenersi che la permanenza di una norma nell'ordinamento, per un periodo piu© omeno lungo, costituisca garanzia di costituzionalita© , come dimostrano gli esempi delle giunte provinciali ammini-strative (Corte cost. n. 30/1967) del Tribunale superiore delle acque (Corte cost. n. 305/2002) dei tribunali regio-nali delle acque (Corte cost. n. 353/2002), della giunta speciale presso la Corte di appello di Napoli (Corte cost.n. 393/2002) etc.

Neppure sembrerebbe ostativo a questi fini, il richiamo al mutato quadro istituzionale introdotto dal d.lgs.n. 373/2003 ed alla intervenuta assimilazione del regime giuridico ed economico dei membri laici del C.G.A. aquello dei laici nominati in Consiglio di Stato.

In altri termini, non sembrerebbe possibile sostenere che il superamento delle questioni concernenti sia i pro-fili formali (delega in bianco e mancato intervento della Commissione paritetica) sia taluni di quelli sostanziali(indipendenza, imparzialita© , regime giuridico ed economico nonche meccanismi di rinnovo dei laici del C.G.A.)valga di per se a dimostrare la sopravvenuta manifesta infondatezza della questione concernente il contrasto trala pura localizzazione prevista dall'art. 23, primo comma dello statuto siciliano e la composizione mista di cuiall'art. 4 del d.lgs. n. 373/2003.

In sostanza, non potrebbe sostenersi che la anzidetta questione risultava non manifestamente infondata in unquadro normativo in cui ai laici non erano assicurate imparzialita© ed indipendenza, mentre non apparirebbe piu©tale nell'ambito del d.lgs. n. 373/2003 in cui tali garanzie sono state assicurate.

Tale argomentazione non sembrerebbe convincente per un duplice ordine di considerazioni. Innanzitutto lequestioni dianzi esaminate ed elencate non hanno alcun riferimento alla maggiore o minore indipendenza oimparzialita© dei laici. Invero, la questione che ne occupa, similmente a quanto ritenuto nella ordinanzan. 185/2003 di questo Consiglio, consiste nell'interrogativo se, in assenza di copertura costituzionale, sia possibileintrodurre una forma di giurisdizione differenziata solo su una parte del territorio nazionale.

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Su un piano poi piu© propriamente sostanziale, la circostanza che ai componenti laici sia assicurata, ex d.lgs.n. 373/2003, lo stesso trattamento giuridico ed economico dei laici nominati in Consiglio di Stato, non elimina ildato di fatto della esistenza una giurisdizione differenziata.

Al riguardo e© sufficiente rilevare innanzitutto che il regime giuridico non e© identico poiche, trattandosi dinomine temporanee per un sessennio difetta, ad esempio, quel definitivo allontanamento dalla professione(art. 3, legge n. 303/1998), ovvero dalla amministrazione di provenienza che caratterizza i Consiglieri di Stato edella Corte dei conti di nomina politica.

In secondo luogo, ma non meno decisivo a dimostrazione della esistenza di una differenziata singolarita© , e©sufficiente richiamare il disposto dell'art. 4, secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 secondo cui il collegio giudi-cante e© necessariamente composto con due membri laici di nomina politica regionale, il che comporta una diffe-renziazione, non solo formale, ma anche sostanziale dell'esercizio della giurisdizione (Corte cost. n. 25/1976 cit.).

Nei collegi amministrativi tale tipo di composizione sottintende la necessita© che vengano rappresentate esi-genze, prospettive, e interessi di natura locale, il che, ovviamente, non ha ragione di essere in un collegio giurisdi-zionale tenuto soltanto ad applicare le norme dell'ordinamento quale che ne sia la fonte (internazionale, comuni-taria, nazionale, regionale etc.).

L'unico esempio di collegio giurisdizionale amministrativo in cui e© stata prevista la composizione mista e©rappresentalo dal T.R.G.A., ma con norma di rango costituzionale e in base alla dichiarata e specifica finalita©di tutela delle minoranze etniche e linguistiche presenti nella regione (v. artt. 90, 91, 92, d.P.R. n. 670/1972).

Neppure sembrerebbe possibile, a questi fini, richiamarsi all'inciso di cui all'art. 23, primo comma dello sta-tuto siciliano che fa riferimento agli ûaffari concernenti la regioneý interpretando cioe© la formula come se questaimplicitamente sottintenda che il contenzioso amministrativo tra un qualsiasi privato e le autorita© amministrativelocali siciliane debba essere risolto da un giudice in composizione speciale. Infatti, non sarebbe spiegabile cometale esigenza avesse ragion d'essere solo in Sicilia e, quando anche cos|© fosse, come non sia emersa al livello statu-tario, ed anzi risulti ignorata nei lavori preparatori dello statuto.

Per le suesposte argomentazioni si ritiene che il quadro normativo offerto dal d.lgs. n. 373/2003, ancorchesostanzialmente migliorativo rispetto al precedente, quafito a talune garanzie di imparzialita© ed indipendenzadei membri laici del C.G.A., non abbia risolto (come gia© avvertito dai primi coininentatori) la questione di fondoconcernente la legittimita© della istituzione di una forma di esercizio della giurisdizione amministrativa in Siciliadiversa dal resto del territorio nazionale in assenza ö ripetesi ö di una specifica copertura costituzionale.

Pertanto si ritiene che il nuovo quadro normativo non valga, per cio© solo a rendere manifestamente infondatele anzidette questioni di costituzionalita© che meritano quindi di essere riproposte al vaglio del giudice delle leggi.

Le questioni di costituzionalita© dianzi esposte appaiono poi rilevanti ai fini del presente giudizio in quanto lalegittimita© costituzionale della composizione del Collegio rappresenta un presupposto imprescindibile per l'eserci-zio della funzione giurisdizionale (v. da ultimo Corte cost. n. 353/2002).

Quanto alla non manifesta infondatezza, questa presidenza ritiene che tale requisito sussista sia con riferi-mento all'assetto costituzionale precedente, sia anche con riferimento all'assetto costituzionale quale risulta dopola modifica del Titolo V della Costituzione per effetto della legge costituzionale n. 3/2001.

15. ö A riguardo va innanzitutto ricordato, alla stregua del pacifico insegnamento della Corte costituzio-nale, inaugurato con la sua stessa prima decisione (n. 1/1956), che le norme ordinarie, ancorche nate cosituzional-mente legittime, possono essere affette da illegittimita© costituzionale sopravvenuta per contrasto con nuove normecostituzionali (Corte cost. n. 13/1974).

Cio© vale anche per lo statuto siciliano, approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, prima della Costitu-zione repubblicana, i cui articoli 26 e 27 ö come gia© accennato ö sono stati dichiarati incostituzionali malgradola costituzionalizzazione dello statuto fosse intervenuta successivamente (Corte cost. n. 6/1970 cit.).

In altri termini, non sarebbe possibile una lettura delle norme statutarie in senso non conforme alla Costitu-zione e ai suoi principi fondamentali poiche, in tal caso, le stesse norme statutarie potrebbero risultare affette daincostituzionalita© (Corte cost. numeri 30/1971, 31/1971, 32/1971, 12/1972, 175/1973, 1/1977, 18/1982, 183/1983,170/1984, 1146/1988). Nella specie, peraltro, la norma statutaria in esame, e cioe© l'articolo 23, primo comma,nel suo tenore letterale e nella sua ratio, appare perfettamente coerente, con i principi costituzionali in tema diuguaglianza dei cittadini nella tutela dei propri diritti ed interessi, nonche di uniformita© nell'esercizio della giuri-sdizione limitandosi ö come piu© volte osservato ö al puro e semplice decentramento degli organi giurisdizionalisuperiori nella loro composizione ordinaria. Gli interrogativi non riguardano quindi il disposto statutario, ma sol-

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tanto la sua attuazione, attuazione che, travalicando tale disposto, ne e© stata fornita, dapprima con il decreto legi-slativo n. 654/1948, ed attualmente, sotto il vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, con il decreto legislativon. 373/2003.

Cio© premesso, il nuovo Titolo V della Costituzione, ad avviso di questa presidenza, non solo non fa venirmeno le questioni di costituzionalita© dinanzi prospettate, ma rafforza, se mai, il peso delle argomentazioni di cuisopra.

Mantiene, infatti, identica rilevanza e non manifesta infondatezza la questione rubricata sub A3 concernentela violazione del primo comma della VI disposizione transitoria della Costituzione.

Quanto agli altri profili, puo© ritenersi anche per essi la perdurante rilevanza ed anzi la maggiore fondatezzaper effetto delle disposizioni del rinnovo Titolo V.

Com'e© noto, l'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 dispone che sino all'adeguamento dei rispettivi sta-tuti, le disposizioni del nuovo Titolo V si applicano anche alle regioni a statuto speciale per le parti in cui preve-dono forme di autonomia piu© ampie rispetto a quelle gia© attribuite (cosiddetta clausola di maggior favore).

Peraltro, in precedenza si e© denunciata la incostituzionalita© di talune disposizioni del d.lgs. n. 373/2003 inquanto norme di attuazione statutaria contra legem o comunque, praeter legem in quanto in contrasto con la let-tera e lo spirito dello Statuto siciliano oltreche con principi e precise disposizioni costituzionali.

Tuttavia, tali principi e tali disposizioni sono contenuti nel Titolo IV della Costituzione e non gia© nel Titolo Vle cui modifiche, pertanto, dovrebbero risultare ininfluenti ai fini qui in esame. Peraltro, per indispensabile com-pletezza, dovrebbero esaminarsi taluni aspetti della riforma, aspetti che comunque non incidono sulle conclusionidianzi esposte ma, se mai, le rafforzano.

Innanzitutto va premesso che nella specie si tratta di valutare la costituzionalita© di una normativa emanatasuccessivamente alla entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/2001. Quindi i canoni circa il riparto di com-petenze legislative tra Stato e regioni dovrebbero essere valutati alla stregua del nuovo assetto costituzionalenon essendo applicabile il principio di continuita© dell'ordinamento (Corte cost. n. 422/2002).

Cio© premesso va osservato che, come gia© accennato, nel vigore della distribuzione delle competenze legisla-tive anteriore alla riforma del Titolo V la giurisprudenza costituzionale ha costantemente affermato, sin dalladecisione 124/1957, la necessita© di distinguere lo Stato quale unico ente a fini generali dalle regioni (ordinarie oa statuto speciale) ûenti con fini predeterminati e inderogabilmente fissatiý (Corte cost. n. 66/1964). Da tale esi-genza e© stato ricavato il corollario della impossibilita© di estendere in senso finalistico l'ambito delle materie elen-cate negli statuti. Pertanto, anche se uno statuto speciale avesse attribuito alla competenza esclusiva regionale ilconseguimento di un certo fine, questo avrebbe potuto essere conseguito soltanto nell'ambito delle materie attri-buite alla competenza regionale. E cos|© , esemplificando con riferimento alla Regione siciliana, il fine statutariodi cui all'articolo 14, lettera e) ûincremento della produzione agricola e industrialeý pur attribuendo alla Regionecompetenza legislativa esclusiva in materia, non le consentiva tuttavia di conseguirlo disciplinando il regime delleaccise e dell'I.G.E. poiche la materia dei tributi erariali non risultava attribuita alla Regione (Cortecost. n. 124/1957 cit.). Identiche conclusioni, sempre con riferimento alla Regione siciliana, sono state ribaditecon riguardo alla giurisdizione, rilevandosi come la competenza esclusiva ûe© strettamente limitata alle materiequali sono elencate negli Statuti speciali restando escluso che, rispetto a queste, possano valere criteri finalisticiche non risultino da valutazioni del tutto obiettive del loro contenutoý (Corte cost. n. 66/1964). Ed inoltre chenon sarebbe possibile una esegesi dell'ambito delle varie materie ûnon suffragata dalla formulazione letterale delladisposizione statutariaý (Corte cost. n. 115/1972). La necessita© di tracciare la linea di demarcazione tra le compe-tenze statali e quelle regionali ûche e© necessario tener ferma onde salvaguardare l'interesse all'unita© dell'ordina-mentoý (Corte cost. n. 46/1962) ha portato ad escludere sia una competenza normativa regionale in ambiti con-nessi alle materie attribuite (Corte cost. n. 46/1962 cit.), sia una esegesi finalistica delle materie attribuite poicheûse cos|© non fosse la competenza legislativa delle Regioni si estenderebbe, potenzialmente, a tutto l'ordinamentogiuridico ... e, per converso, tutta la potesta© legislativa dello Stato sarebbe limitata dalla potesta© della Regionedi regolare qualunque rapporto giuridico nel campo delle attivita© attribuite alla competenza regionale, in mododiverso dalla legislazione stataleý (Corte cost. n. 66/1961).

Il quadro e© mutato con il nuovo Titolo V, ma la giurisprudenza costituzionale sembra orientata su una lineadi continuita© .

Nelle sue prime pronuncie sull'argomento la Corte costituzionale infatti, da un lato ha sottolineato le novita©del quadro complessivo dei rapporti tra Stato e nel quale ûsono apparsi particolarmente rilevanti l'articolo 114,

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che pone sullo stesso piano lo Stato e le regioni, come entita© costitutive della Repubblica, accanto ai comuni, allecitta© metropolitane e alle province; l'articolo 117, che ribalta il criterio prima accolto, elencando specificatamentele competenze legislative dello Stato e fissando una clausola residuale in favore delle regioni; e infine l'articolo127, che configura il ricorso del Governo contro le leggi regionali come successivo, e non piu© preventivoý. Peral-tro, pur nel mutato assetto la Corte non ha mancato di sottolineare come, ûnel nuovo assetto costituzionale scatu-rito dalla riforma, allo Stato sia pur sempre riservata, nell'ordinamento generale della Repubblica, una posizionepeculiare desumibile non solo dalla proclamazione di principio di cui all'articolo 5 della Costituzione, ma anchedalla ripetuta evocazione di un'istanza unitaria, manifestata dal richiamo al rispetto della Costituzione, nonchedei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, come limiti di tutte le potesta©legislative (articolo 117 primo comma e dal riconoscimento dell'esigenza di tutelare l'unita© giuridica ed economicadell'ordinamento stesso (articolo 120, secondo comma). E tale istanza postula necessariamente che nel sistema esi-sta un soggetto ö lo Stato, avente il compito di assicurarne il pieno soddisfacimentoý (Corte cost. n. 274/2003).

Come si e© visto, nella ripartizione di competenze stabilita dal nuovo articolo 117 della Costituzione le regioni(anche quelle a statuto speciale) hanno goduto di un significativo ampliamento della loro sfera di competenzalegislativa che, ai sensi del quarto comma dell'attuale articolo 117, e© divenuta generale in via residuale inverten-dosi l'originario criterio. Si discute quindi sul carattere esclusivo generale di tale competenza, e cioe© ci si chiedese una materia non riconducibile al secondo e terzo comma dell'art. 117 rientri, percio© solo, nella competenzagenerale residuale (v. Corte cost. n. 370/2003). Ci si chiede poi se i limiti a tale competenza siano soltanto quelligenerali di cui all'articolo 117, primo comma, o se ve ne siano anche degli altri. Inoltre, con riferimento alleRegioni a statuto speciale, ci si interroga se la precedente competenza legislativa primaria sia transitata o menonella residuale generale dell'articolo 117, quarto comma, e se ad essa debbano applicarsi i vecchi limiti presentinegli statuti speciali ovvero i nuovi ricavabili dall'art. 117, primo conma, e non solo da questo.

In riferimento alle problematiche dianzi rilevate e di non agevole soluzione, che emergono dal nuovo Titolo V,e con riferimento alla questione in esame, sembra opportuno chiedersi, in primo luogo, se, a fronte, dell'amplia-mento delle competenze legislative regionali derivante dalla attribuzione di competenza generale residuale, nondebba contrapporsi, anche per le Regioni a statuto speciale, la riserva di legislazione esclusiva a favore dello Statocos|© come elencata all'articolo 117, secondo comma.

Al riguardo, la Corte ha pronunciato alcune decisioni in cui si afferma che il nuovo Titolo V non si applicaalle Regioni a statuto speciale, se non nelle parti che prevedono forme di autonomie piu© ampie rispetto a quellegia© attribuite (v. Corte cost. ord. n. 377/2002 decisioni nn. 408/2002, 533/2002, 48/2003, 103/2003). Tuttavia, inun'altra decisione, concernente la Regione Sardegna, e in materia di caccia in cui tale Regione gode di potesta©normativa primaria, le argomentazioni della Corte appaiono molto piu© articolate in quanto si e© affermato (conriferimento espresso al nuovo Titolo V) che ûla disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistemapuo© incidere anche sulla materia caccia pur riservata alla potesta© legislativa regionale, ove l'intervento statalesia rivolto a garantire standard minimi e uniformi di tutela della fauna trattandosi di limiti unificanti che rispon-dono ad esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Statoý (Corte cost.n. 536/2002).

Sembrerebbe quindi che la Corte costituzionale abbia riconosciuto che nel nuovo assetto delle competenzelegislative, delineato dal nuovo Titolo V, le materie riservate in via esclusiva allo Stato si impongono anche allecompetenze legislative primarie delle Regioni a statuto speciale, ma non in toto, bens|© nel senso piu© ristretto dipoter fissare a quelle autonomie regionali nuovi limiti prima inesistenti. Tale orientamento e© stato poi ribaditodalla Corte sia nei confronti (come era ovvio) delle Regioni a statuto ordinario (decisione n. 227/2003) sia neiconfronti della provincia autonoma di Trento dotata di competenza esclusiva in materia e cio© con riferimento aipreesistenti limiti statutari all'esercizio della competenza anzidetta (decisione n. 226/2003).

In altri termini, nella esegesi della Corte sembra affermarsi il concetto che le esigenze di unitarieta© ed unifor-mita© dell'ordinamento (v. anche dec. n. 274/2003 cit.) insiste nella elencazione delle competenze esclusive statalie specie in quelle trasversali (e cioe© definibili finalisticamente piu© che per l'oggetto, quali la tutela dell'ambiente,della concorrenza, del risparmio, la determinazione dei livelli essenziali v. Corte cost. nn. 282/2002, 407/2002,88/2003, 303/2003, 376/2003, 14/2004) sono talmente rilevanti da condizionare ex novo anche la operativita© dellaclausola di maggior favore.

Se cio© e© esatto, anche qualora lo statuto siciliano avesse attribuito espressamente alla competenza primariadella Regione la organizzazione, in ambito regionale, della giustizia civile, penale ed amministrativa di ultimaistanza (il che non risulta ne implicitamente ne esplicitamente), ebbene, anche in questo ipotetico caso, la mag-

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giore autonomia statutaria spettante in base alla clausola di maggior favore ne uscirebbe ridimensionata nel sensoche non potrebbe piu© disciplinare, in una forma derogatoria per la sola Regione siciliana, aspetti della organizza-zione giudiziaria che, ex articolo 117, secondo comma, lettera l), debbono restare necessariamente unitari perl'ordinamento generale della giustizia (composizione dei Collegi, stato giuridico dei magistrati laici e togati etc.).Quanto poi al carattere finalistico della materia ûgiurisdizioneý e© sufficiente osservare come questa attenga diret-tamente, ex articolo 24 Cost., ûalla tutela dei propri diritti ed interessi legittimiý e quindi non sembrerebbe dubi-tabile che anche essa appartenga alla stessa categoria trasversale e finalistica al pari della tutela del risparmio,della concorrenza, dell'ambiente ed altres|© (forse anche nel suo contenuto) a quella dei livelli essenziali di presta-zioni, come sembrerebbe gia© adombrato nella citata decisione Corte cost. n. 150/1993.

Potrebbe invece consolidarsi una diversa esegesi nella applicazione dell'articolo 10 della legge costituzionalen. 3/2001, nel senso cioe© che le materie riservate in via esclusiva allo Stato dal nuovo articolo 117, secondocomma, non possono costituire od introdurre nuovi limiti ai piu© ampi poteri normativi primari che, nelle stessematerie, sono previsti negli statuti speciali, e, che debbono, semmai, soltanto applicarsi i vecchi limiti statutarialla normativa primaria. Tuttavia, anche in questo caso, permarrebbe la rilevanza dei dubbi di costituzionalita©dianzi enunciati e la loro non manifesta infondatezza. Invero, la Corte costituzionale, nella decisione n. 48/2003da un lato ha affermato che l'applicazione della clausola di maggior favore (condotta sulla base di un valutazionecomparativa) esclude ovviamente le competenze normative statali, ma ha riconfermato nella specie, per quantoqui interessa, il limite statutario della armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridicodella Repubblica. Lo statuto siciliano, pur anteriore alla Costituzione, prevede similmente (articolo 14, primocomma) che la competenza legislativa primaria si esercita nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato. Non sie© mai dubitato quindi che la competenza primaria della Regione siciliana dovesse osservare i principi della Costi-tuzione (Corte cost. nn. 66/1964, 115/1972) cos|© come anche i principi fondamentali delle leggi di riformaeconomico-sociale (Corte cost. nn. 545/1989, 4/2000, 314/2003). In questo caso i limiti alla possibilita© di legiferarein tema di giurisdizione sarebbero rappresentati, oltre che dall'articolo 14, primo comma dello statuto da quelliricavabili, come sottolinea la Corte costituzionale (dec. n. 274/2003 cit.) dall'articolo 5, dall'articolo 117, primocomma, dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

In conclusione, quindi, i principi unitari, unificanti ed infrazionabili ricavabili dalla Costituzione, tra i qualiva annoverata la uniformita© della disciplina della giurisdizione in ogni suo aspetto su tutto il territorio nazionale,si impongono comunque alle Regioni a statuto speciale in assenza di una espressa deroga statutaria e, dopo lariforma del Titolo V, potrebbero anche limitare la portata di una eventuale espressa deroga statutaria. Tale preva-lenza, che prescinde anche dalla clausola di maggior favore, si applica sia con riferimento ai limiti alla normativaprimaria gia© presenti negli statuti, sia ai nuovi, e cio© sia con riferimento all'assetto antecedente la riforma delTitolo V, sia a quello successivo. In proposito la Corte costituzionale ha affermato che il potere di disciplinarel'esercizio della giurisdizione ûalla Regione Sardegna come alle altre Regioni a statuto speciale od ordinario nonspetta, restando invece riservato alla competenza del legislatore statale (cfr. sentenza 115 del 1972; e v. oggi l'arti-colo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione come sostituito dalla legge costituzionale n. 3 del 2001)ý(Corte cost. n. 29/2003).

Pertanto, sia la riserva di legge statale di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, siail disposto dell'articolo 14, primo comma dello statuto siciliano nonche degli articoli 5, 117, primo comma e 120,secondo comma della Costituzione, inducono tutti a ritenere che i vizi di costituzionalita© in precedenza denunciatisi dovrebbero ritenere ulteriormente confermati. Al limite, qualora i dubbi di costituzionalita© dianzi esposti aves-sero potuto essere superati con riferimento al precedente assetto costituzionale, gli stessi dovrebbero essere inevi-tabilmente riconosciuti con riferimento al nuovo.

Pertanto, il combinato disposto degli articoli 5, 102 primo comma, 108, primo comma, 117, primo e secondocomma, lettera l) e 120, secondo comma della Costituzione dovrebbe ormai dimostrare in modo inconfutabileche le norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 373/2003 sembrano affette da incostituzionalita© anche alla luce dellariforma del Titolo V. In altri termini, l'articolo 117, secondo comma rafforza, se ce ne fosse bisogno, la necessita©di attenersi ad una esegesi strettamente letterale dell'articolo 23 dello statuto siciliano. Invero, nel silenzio totaledello statuto in materia di organizzazione giudiziaria (oltre all'articolo 23, v. anche gli articoli 14 e 17) si osserva,innanzitutto, che non puo© scattare la clausola di maggior favore non essendo tale materia attribuita alla compe-tenza regionale, e, in secondo luogo, che comunque, qualsiasi iniziativa normativa che dovesse essere assunta inproposito, vuoi in sede di commissione paritetica vuoi autonomamente dallo Stato o dalla regione, dovrebbe inogni caso tener conto dell'articolo 117, primo comma, secondo cui la Costituzione (e quindi la competenza esclu-siva statale da esercitare nella materia de qua con caratteri di uniformita© ) costituisce un limite insuperabile a qual-

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siasi categoria di normazione regionale sia essa primaria che concorrente e sia anche in sede si norme di attua-zione che restano pur sempre subordinate alla Costituzione e quindi anche alle esigenze unitarie canonizzate negliarticoli 5 e 120, secondo comma.

16. ö Pertanto in relazione alle questioni elencate sub A), A1), A2), A3), puo© essere posta anche laseguente:

A4) in subordine qualora si potesse ritenere la costituzionalita© dell'articolo 4, primo comma, lettera d) edel successivo secondo comma, nonche dell'articolo 6 secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alleparole ûe all'articolo 4, comma 1, lettera d)ý in relazione alle questioni sollevate ai precedenti punti sub A1),A2), A3), si ripropongono le stesse questioni in rapporto anche al disposto dell'articolo 117, secondo comma, let-tera l) della Costituzione, dell'articolo 14, primo comma dello statuto siciliano, dell'articolo 5, dell'articolo 117primo comma e dell'articolo 120, secondo comma della Costituzione.

In conclusione, quindi, tutte le questioni di cui ai precedenti punti sub A appaiono rilevanti, in quanto, lalegittimita© costituzionale della composizione del Collegio costituisce, di per se© , un presupposto per l'adozione diqualsivoglia decisione (v. da ultimo Corte cost. n. 353/2002).

Peraltro, come in precedenza osservato, mentre e© possibile adottare una esegesi costituzionalmente correttasulla base del tenore letterale dell'articolo 23, primo comma dello statuto siciliano, la tassativita© delle disposizionidi cui sopra non consente di adottare, in subiecta materia una esegesi costituzionale corretta ne sussiste un dirittogiurisprudenziale vivente che la supporti (v. da ultimo Corte cost. ord. 30 gennaio 2003, n. 19).

Questa presidenza peraltro ritiene che il vigente regime transitorio ed anche la futura possibilita© di diversacomposizione del Collegio per effetto di eventuali nuove nomine di laici regionali ex articolo 4, 6, 7 e 15 deld.lgs. n. 373/2003 non influisca sulla rilevabilita© e rilevanza delle questioni sin qui prospettate.

Innanzitutto va osservato che il decreto legislativo n. 373/2003 e© entrato in vigore il 29 gennaio 2004 e che, aisensi dell'art. 14 dello stesso decreto da tale data sono abrogati il d.lgs. n. 654/1948 e il d.P.R. n. 204/1948 percui, nessuna efficacia puo© piu© essere riconosciuta alla anzidetta normativa.

Per quanto invece concerne le nomine effettuate sotto il suo vigore va tuttavia considerato che, con espressoriferimento alle nomine precedenti, la norma transitoria di cui all'art. 15, primo comma del d.lgs. n. 373/2003consente ai laici componenti della Sezione giurisdizionale di rimanere in carica sino al compimento del sessennioa decorrere dal rispettivo giuramento, (sia pure subordinatamente ad una dichiarazione di insussistenza ovverodi intervenuta cessazione delle cause di incompatibilita© ), mentre il successivo secondo comma consente ai mede-simi la permanenza in servizio per sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo, ancorche versinoin situazioni di incompatibilita© o comunque gia© scaduti.

Pertanto, il regime transitorio di cui al primo e secondo comma dell'articolo 15 del d.lgs. n. 373/2003 con-sente l'esercizio della giurisdizione di questo C.G.A. nella composizione mista, atteso che per i membri laici com-ponenti di questo C.G.A. e, quindi, del Collegio cui dovrebbe essere rimessa la controversia il sessennio non e©ancora scaduto [(v. allegati B), B1), C), C1) e D) D1)] e neppure e© scaduto il termine di sessanta giorni dallaentrata in vigore del predetto decreto legislativo (29 gennaio 2004).

Conseguentemente, le anzidette questioni di costituzionalita© possono essere sollevate anche nei confronti delprimo, cos|© come del secondo comma del citato articolo 15 ovviamente, in parte qua, e cioe© con esclusivo riferi-mento ai membri laici della Sezione giurisdizionale.

Peraltro va anche sottolineato che si tratta di questioni che riguardano direttamente, e a regime, il modo diessere e di funzionare di questo Consiglio.

Esse invero prescindono nel modo piu© completo dalla varia posizione che possano rivestire gli attuali membrilaici di questo Consiglio in relazione al regime transitorio e cioe© se proseguano nell'incarico ovvero se venganosostituiti da altri. Invero, le questioni prospettate in precedenza concerne la legittimita© costituzionale in apicibusdi una composizione mista di questo Consiglio, questioni nei confronti della quale e© irrilevante e ininfluente laeventualita© di nuove, norme di membri laici in sostituzione o in aggiunta agli attuali.

Inoltre, e© opportuno richiamare il pacifico e costante insegnamento della Corte costituzionale in tema diautonomia del processo costituzionale secondo cui ûil requisito della rilevanza riguarda solo il momento geneticoin cui il dubbio di costituzionalita© viene sollevato e non anche il periodo successivo alla remissione della questionealla Corte costituzionaleý (v. da ultimo Corte cost. ord. n. 110/2000).

Nella medesima ottica e© stato chiarito che ûla vicenda del processo incidentale di legittimita© costituzionalenon puo© essere influenzata da circostanze di fatto sopravvenute nel procedimento principale: e cio© in quanto, svol-

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gendosi il processo incidentale nell'interesse pubblico, e non in quello privato, una volta che esso si sia valida-mente instaurato a norma dell'articolo 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, acquisisce una autonomia che lo pone alriparo dall'ulteriore atteggiarsi della fattispecie, financo nel caso in cui per qualsiasi causa, fosse venuto a cessareil giudizio rimasto sospeso (articolo 22 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale)ý(Corte cost. ord. nn. 300/1984, 383/2002, e v. anche dec. nn. 135/1963, 701/1988, 52/1986).

Quanto poi alla ammissibilita© delle questioni anzidette questa presidenza si richiama parimenti all'insegna-mento della Corte costituzionale (Corte cost. nn. 177/1973, 25/1976 e 266/1988). La Corte ha infatti affermatoche la possibilita© di una declaratoria di incostituzionalita© della composizione del Collegio non puo© far venir meno,ex ante, la ammissibilita© e rilevanza della questione (Corte cost. n. 177/1973) poiche, in tal caso, siffatte questioninon potrebbero mai venire sollevate (Corte cost. n. 266/1988).

Questa presidenza non puo© non rilevare infine anche la singolarita© della circostanza occorsa in sede di ema-nazione del decreto legislativo n. 373/2003 in esame, la cui norma di copertura finanziaria e© contenuta in un sepa-rato decreto-legge e precisamente nell'articolo 6 del 24 dicembre 2003, n. 354 la cui entrata in vigore, ai sensi delsuccessivo articolo 9, e© stata fissata per il 1� gennaio 2004.

Dalla relazione tecnica allegata, ex articolo 11-ter, legge n. 468/1978, al d.l. n. 354/2003 (v. allegato E),risulta che il maggior onere complessivo a carico dello Stato, pari ad e 697.500,00, veniva ripartito in e 279.000per compensi e indennita© per un presidente di sezione e due consiglieri di Stato fuori ruolo ed in e 418.500 perla meta© a carico dello Stato del compenso iniziale di consigliere di Stato spettante ai nove componenti laici.

In proposito, questa presidenza osserva che la norma di cui sopra non incide sulla rilevabilita© e rilevanzadelle questioni di costituzionalita© dianzi adombrate, in quanto ne rappresenta semplicemente i conseguenziali svi-luppi sul piano della finanza statale, ma condiziona tuttavia la operativita© delle disposizioni della cui costituzio-nalita© si dubita. Di qui la necessita© di denunciarne la incostituzionalita© sia pure in via derivata e in parte qua.

Al riguardo va premessa la possibilita© di dedurre questioni di costituzionalita© anche nei confronti dei d.l. nonancora convertiti e cio© sia per difetto dei presupposti di cui all'articolo 76 della Costituzione (il che non vienequi in discussione) sia per il loro contenuto di merito (Corte cost. nn. 29/1995, 330/1996, 84/1996).

Va altres|© premesso che la mancata definitiva conversione del decreto-legge comporta la improcedibilita© delgiudizio di costituzionalita© instaurato sul decreto-legge medesimo, mentre invece la sua conversione (o anche lareiterazione con la stessa disciplina sostanziale) consentono alla Corte costituzionale di pronunciarsi (Corte cost.nn. 84/1996, 360/1996 cit.).

Va infine ricordato che, ex articolo 27 della legge n. 87/1953 e© possibile una declaratoria di incostituzionalita©derivata.

Pertanto dalle censure rubricate sub A), A1), A2), A3), A4) dovrebbe derivatamente discendere la incostitu-zionalita© anche dell'articolo 6 del d.l. n. 354/2003 peraltro limitatamente alla parte in cui assicura la coperturafinanziaria dello Stato in misura pari alla meta© dello stipendio iniziale di consigliere di Stato per quattro compo-nenti togati e quindi per e 186.000.

Da ultimo, in relazione ai possibili effetti delle pronuncie di incostituzionalita© va rammentato che ûl'eventua-le vuoto di disciplina che verrebbe a prodursi in conseguenza della dichiarazione d'illegittimita© costituzionale ...(vuoto di disciplina che spetterebbe in ogni caso al legislatore colmare)ý non puo© incidere sulla ammissibilita© dellequestioni di costinuzionalita© (Corte cost. n. 266/1988 cit.).

A tale proposito va conclusivamente sottolineato che dall'eventuale accoglimento di taluna delle questioni dicostituzionalita© dianzi esposte non discenderebbe la eliminazione della presenza in Sicilia del giudice amministra-tivo di appello ma, come gia© sottolineato nella ordinanza n. 185/2003, solamente la sostituzione della sezione giu-risdizionale del C.G.A. a composizione mista con una sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato a composi-zione ordinaria.

Ritenuto pertanto che la pronuncia cautelare provvisoria non possa essere esaurita con la rimessione dellacausa al Collegio prescindendo dalla risoluzione delle anzidette questioni di costituzionalita© .

Ritenuto inoltre che il giudice monocratico puo© sollevare questioni di costituzionalita© in via incidentale conriferimento a disposizioni che lo stesso giudice deve applicare per la adozione di provvedimenti di sua competenza(Corte cost. n. 111/1998).

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P. Q. M.

Provvede interinalmente con separato provvedimento sulla istanza cautelare in epigrafe.

Visto l'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il Presidente, ritenute rilevanti e non manifestamente infon-date le seguenti questioni di costituzionalita© :

A) dell'articolo 4, primo comma, lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'articolo 6 secondocomma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lettera d)ý nonche, in partequa, dell'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della Sezione giu-risdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'articolo 6 del d.lgs. n. 354/2003 in rapporto all'articolo 23 dello sta-tuto siciliano ed all'articolo 102, primo comma e 108, primo comma Cost. in quanto l'articolo 23 dello statuto non pre-vede alcuna deroga alla composizione ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare in Sicilia, e in rap-porto agli articoli 102, primo comma e 108, secondo comma Cost. in quanto disciplina materia riservata dallaCostituzione alla legge statale, per cui eventuali deroghe a favore dell'autonomia regionale debbono essere supportateda una espressa previsione di pari rango costituzionale; nonche, in rapporto agli articoli 3, 24 primo comma, 113 primocomma Cost., in quanto introduce una ingiustificata differenziazione dell'organo giudicante e quindi anche dell'eserci-zio della giurisdizione su una parte del territorio nazionale;

A1) in subordine dell'articolo 4, primo comma, lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'arti-colo 6, secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma 1, lettera d)ý nonche,in parte qua, dell'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici dellaSezione giurisdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'articolo 6 del d.l. n. 354/2003 in rapporto all'articolo 23,primo comma dello statuto siciliano che non prevede ne una sezione specializzata del giudice speciale ne una composi-zione collegiale diversa da quella ordinaria e cio© anche in relazione, quale tertia comparationis, all'articolo 24, primocomma dello statuto concernente la composizione dell'Alta Corte, nonche all'articolo 23, terzo comma del medesimostatuto, d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, concernente l'istituzione di sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana,ed all'articolo 90 e 91 secondo comma del t.u. delle leggi costituzionali di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670;

A2) in subordine dell'articolo 4, primo comma, lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'arti-colo 6, secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma 1, lettera d)ý nonche,in parte qua, dell'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici dellaSezione giurisdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'articolo 6 del d.l. n. 354/2003 in rapporto allo stesso articolo23, primo comma, dello Statuto siciliano, nonche in rapporto all'articolo 102, secondo comma, e 108 primo e secondocomma della Costituzione, non essendo consentito istituire sezioni specializzate nell'ambito dei giudici speciali;

A3) in subordine dell'articolo 4, primo comma, lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'arti-colo 6, secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma 1, lettera d)ý nonche,in parte qua, dell'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici dellaSezione giurisdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'articolo 6 del d.l. n. 354/2003 in rapporto all'articolo 23,primo comma, dello statuto siciliano ed in rapporto al primo comma della VI disposizione transitoria della Costitu-zione che esclude dalla revisione la giurisdizione del Consiglio di Stato;

A4) in subordine qualora si potesse ritenere la costituzionalita© dell'articolo 4, primo comma, lettera d) e delsuccessivo secondo comma, nonche dell'articolo 6, secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle paroleûe all'articolo 4, comma 1, lettera d)ý nonche, in parte qua, dell'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente allapossibile permanenza dei membri laici della Sezione giurisdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'articolo 6del d.l. n. 354/2003 in relazione alle questioni sollevate ai precedenti punti sub A1), A2), A3), si ripropongono le stessequestioni in rapporto anche al disposto dell'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, dell'articolo 14,primo comma, dello statuto siciliano, dell'articolo 5, dell'articolo 117, primo comma e dell'articolo 120, secondocomma, della Costituzione;

Sospende ogni ulteriore pronuncia e dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Ordina che a cura della segreteria il presente decreto sia notificato alle parti in giudizio, al Presidente del Consi-glio dei ministri, nonche ai Presidenti della Camera e del Senato e sia altres|© notificato al Presidente della giuntaregionale siciliana e al Presidente dell'assemblea regionale siciliana.

Palermo, add|© 13 febbraio 2004

Il Presidente: Virgilio

04C0373

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n. 273

Ordinanza del 26 febbraio 2004 emessa dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia sul ricorsoproposto da Sorce Giuseppe in proprio e n.q. di legale rappresentante della Sorce Giovanni S.r.l. e contro Mini-stero delle infrastrutture e dei trasporti ed altri.

Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Composizione e fun-zionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte del Presidente dellaRegione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Con-seguente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati in sede giurisdizionale - Con-trasto con lo statuto regionale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una com-posizione collegiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato - Violazione dei prin-cipi costituzionali sulla funzione giurisdizionale in assenza di deroghe per la Regione siciliana con normedi rango costituzionale - Ingiustificata differenziazione dell'organo giudicante e dell'esercizio della giuri-sdizione su una parte del territorio nazionale - Incidenza sul diritto di difesa e sul principio di tutela giu-risdizionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della Sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 108, primo e secondo comma, 113, secondo comma; statuto Regionesiciliana, art. 23.

Subordinatamente - Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana -Composizione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte delPresidente della Regione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giu-ramento - Conseguente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto conlo Statuto regionale che non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione col-legiale diversa da quella ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare in Sicilia - Ingiustifi-cata diversa disciplina rispetto alla composizione dell'Alta Corte nonche a quella delle sezioni della Cortedei conti per la Regione siciliana e del Tribunale regionale di giustizia amministrativa della Regione Tren-tino-Alto Adige.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Statuto Regione siciliana, art. 23 in relazione all'art. 24, primo comma, e all'art. 23, terzo comma, delmedesimo Statuto e del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e agli artt. 90 e 91, secondo comma, d.P.R. 31 ago-sto 1972, n. 670.

In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Composi-zione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte del Presidentedella Regione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Con-seguente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statuto regionaleche non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegiale diversa da quellaordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare nella Regione siciliana - Violazione del divieto direvisione della giurisdizione del Consiglio di Stato.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, VI disposizione transitoria; statuto Regione siciliana, art. 23, primo comma.

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In subordine: Giustizia amministrativa - Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana - Composi-zione e funzionamento - Componenti laici della sezione giurisdizionale - Designazione da parte del Presidentedella Regione siciliana - Possibilita© di permanenza in carica per un sessennio dalla data del giuramento - Con-seguente permanenza di una composizione mista di magistrati laici e togati - Contrasto con lo statuto regionaleche non prevede una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegiale diversa da quellaordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare nella Regione siciliana - Violazione delle normecostituzionali sull'uniformita© dell'esercizio delle giurisdizioni e dell'organizzazione della giustizia sul territorionazionale.

^ D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, artt. 4, primo comma, lett. d), e secondo comma, 6, secondo comma, limi-tatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lett. d)ý, nonche, in parte qua, art. 15, primo e secondocomma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivata-mente, in parte qua, decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, art. 6.

^ Costituzione, artt. 5, 117, primo comma, secondo comma, lett. l), e 120, secondo comma; statuto Regionesiciliana, art. 14, primo comma.

IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Ha pronunciato il seguente decreto sul ricorso n. 192/04 da: Sorce Giuseppe in nome proprio e quale legalerappresentante dell'impresa Sorce Giovanni S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Caterina Giunta, SalvatoreLeone Giunta e Maria Diliberto con domicilio eletto in Palermo, via Nunzio Morello n. 20, presso lo studio deglistessi;

Contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, non costituito ingiudizio; il Provveditorato regionale per le opere pubbliche per la Sicilia di Palermo, in persona del legale rappre-sentante pro tempore, non costituito in giudizio; e nei confronti della Sipa S.p.A., in persona del legale rappresen-tante pro tempore, insieme con la societa© Cogip S.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, cessionariadel ramo di azienda della Sipa S.p.A., rappresentate e difese dall'avv. Andrea Scuderi con domicilio eletto inPalermo, via Domenico Trentacoste n. 89, presso lo studio dell' avv. Pietro Allotta; per l'annullamento della ordi-nanza del T.A.R. per la Sicilia sede di Palermo (Sez. I) n. 142/04 del 21 gennaio 2004 relativa al ricorson. 6246/03 riguardante: riaggiudicazione di gara di pubblico incanto relativo ai lavori di costruzione di un edificiopolifunzionale, centro sociale, A.S.L. e mercato coperto in Gibellina;

Visti gli atti e i documenti depositati con l'appello;

Visto il controricorso della Sipa S.p.A. e della Cogip S.r.l.;

Vista la separata istanza, debitamente notificata, e prodotta dall'appellante al fine di ottenere con provvedi-mento monocratico una misura cautelare provvisoria;

Vista la memoria prodotta dalle controricorrenti avverso la anzidetta richiesta di provvedimento monocra-tico;

Visto l'art. 21, nono comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, cos|© come introdotto dall'art. 3 della leggen. 205/2000, coordinato con l'art. 1 della legge stessa;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue.

F a t t o

Con appello notificato l'11 febbraio 2004 al Ministero delle infrastrutture, al Provveditorato regionale operepubbliche per la Sicilia di Palermo, alla S.I.P.A. S.p.A. ed alla Cogip S.r.l., il sig. Sorce Giuseppe in proprio equale legale rappresentante della S.r.l. Sorce Giovanni impugnava l'ordinanza n. 142/2004 con la quale il T.A.R.Sicilia Palermo sezione I respingeva: l'istanza cautelare proposta con il ricorso n. 6246/03 dall'Impresa Sorceper l'annullamento ö previa sospensione ö del verbale del 22 agosto 2003 di riaggiudicazione della gara di pub-blico incanto, relativo ai ûLavori di costruzione di un edificio polifunzionale, centro sociale, ASL e mercatocoperto in Gibellina (Trapani)ý, nella parte in cui, in sede di riapertura del precedente verbale del 5 dicembre,2002 a seguito della sentenza del TARS Palermo I Sez. n. 563 dell'8 aprile 2003, il Provveditorato alle opere pub-

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bliche della Sicilia ha riammesso illegittimamente alla gara le imprese S.I.P.A. S.p.A., Alaimo Costruzioni S.r.l.,Al.Pa Costruzioni S.r.l. ed Iacolino Francesco S.r.l. ed ha aggiudicato l'appalto alla S.I.P.A. S.p.A. con sede a Tre-mestieri Etneo.

L'appellante espone i fatti come segue:

1. ö Con verbale di gara del 5 dicembre 2002 il Provveditorato alle opere pubbliche per la Sicilia aggiudicavaall'impresa Sorce Giovanni S.r.l. l'appalto dei lavori di costruzione di un edificio polifunzionale, centro sociale,A.S.L. e mercato coperto in Gibellina (Trapani).

2. ö Con ricorso notificato in data 10 febbraio 2003 l'Impresa S.I.P.A. S.p.A. impugnava il succitato verbalee la conseguente aggiudicazione all'impresa Sorce per avere il seggio di gara ammesso all'appalto la societa©C.I.E.T. S.p.A., che non aveva sottoscritto alcune correzioni tanto dei prezzi unitari della lista della categoriadei lavori, quanto della dichiarazione relativa al ribasso percentuale.

3. ö Con sentenza n. 536 dell'8 aprile 2003 il TARS - Palermo accoglieva il ricorso ed annullava i provvedi-menti impugnati.

4. ö La suddetta sentenza veniva impugnata dall'impresa Sorce S.r.l. dinanzi codesto ecc.mo Consiglio che,con ordinanza n. 306 del 27 giugno 2003, respingeva l'istanza cautelare.

5. ö Il Provveditorato alle opere pubbliche per la Sicilia, ritenendo, a tal punto, esecutiva la sentenza delT.A.R. - Palermo, con provvedimento 7 agosto 2003, deliberava di riaprire la gara, e con verbale del 22 agosto2003, dopo avere riammesso alla gara le Imprese S.I.P.A. S.p.A., Alaimo Costruzioni S.r.l., Al.Pa CostruzioniS.r.l. aggiudicava l'appalto alla societa© S.I.P.A. S.p.A.

6. ö Avverso i suddetti provvedimenti l'impresa Sorce Giovanni proponeva al TARS - Palermo il ricorsoiscritto al n. 6246/03, evidenziando preliminarmente che in data 17 luglio 2003 era venuto a conoscenza, a seguitodi pubblicazione sul casellario informatico presso l'Assessorato lavori pubblici (art. 27 d.P.R. n. 34/2000), cheûLa stazione appaltante ANAS Compartimento della viabilita© per la Sardegna, con nota 44322 del 13 novembre2002 (prot. Autorita© n. 68114 del 18 novembre 2002), aveva comunicato di avere escluso, l'impresa S.I.P.A. dallaûGara n. 12A2002ý per situazione di collegamento sostanziale con altra ditta, anch'essa partecipante alla gara.

La stazione appaltante, con sucessiva nota n. 21775 del 25 giugno 2003 (prot. Autorita© n. 39235 del 10 luglio2003), aveva altres|© comunicato che non era risultato veritiero quanto dichiarato dall'impresa in sede di garaý.

La stazione appaltante, quindi, non avrebbe potuto aggiudicare, in data 22 agosto 2003, in sede di riaperturadi gara, l'appalto alla S.I.P.A. S.p.A. esclusa dalla partecipazione agli appalti per situazione di collegamentosostanziale con altre ditte e per dichiarazioni non veritiere, fatti annotati nell'Osservatorio dei lavori pubblici findal 17 luglio 2003.

7. ö Eccepiva, altres|© , che non potevano essere riammesse, in sede di riapertura di gara, le imprese AlaimoCostruzioni S.r.l., Al.Pa Costruzioni S.r.l. ed Iacolino Francesco S.r.l., risultando dallo stesso casellario informa-tico, alla data del 17 luglio 2003, annotazioni di esclusione delle suddette imprese per motivi di collegamento fraimprese e di dichiarazioni non veritiere.

Evidenziava, infine, il proprio interesse al ricorso, in quanto l'esclusione dalla gara delle imprese S.I.P.A.,Alaimo Costruzioni S.r.l., Al.Pa Costruzioni S.r.l. ed Iacolino Francesco S.r.l. avrebbe comportato il formarsi diuna nuova media ed essa l'impresa Sorce sarebbe risultata aggiudicataria.

8. ö Il ricorso era affidato ai seguenti motivi: violazione e falsa applicazione dell'art. 75 lett. h) del d.P.R.n. 554/1999 - Eccesso di potere - Ingiustizia ed illogicita© manifesta.

9. ö Con memoria del 2 dicembre 2003, l'impresa Sorce dava atto che in data 3 novembre 2003 era statapubblicato tra le ûAnnotazioniý del casellario informatico presso l'Osservatorio lavori pubblici, in calce all'esclu-sione relativa alla S.I.P.A. S.p.A., la seguente nota ûCon ordinanza n. 1741 del 22 ottobre 2003 il T.A.R. della

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Sicilia - Sezione staccata di Catania ha accolto la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento, chee© stato impugnato dall'impresa, adottato dall'ANAS in data 25 giugno 2003 a conclusione della procedura voltaad accertare la situazione di collegamento sostanziale sopra evidenziata, a causa dell'insufficienza degli indizi rac-colti dalla stazione appaltante a fornire prova della fattispecie legale di collegamento sostanziale tra le impreseconcorrenti alla garaý, ma precisava che anche con l'ammissione della S.I.P.A. sarebbe rimasta aggiudicataria.

10. ö Alla camera di consiglio del 4 dicembre 2002 si costituiva il Proveditore alle opere pubbliche dellaSicilia e la S.I.P.A. che richiedeva il rinvio della discussione della istanza cautelare, dovendo proporre ricorsoincidentale.

La causa, pertanto, veniva rinviata alla Camera di Consiglio del 20 gennaio 2004.

11. ö Con controricorso e ricorso incidentale, notificato in data 5 dicembre 2003, la soc. CO.GIP. S.r.l. ces-sionaria del ramo di azienda della S.I.P.A S.p.A., deduceva che anche le imprese Di Piazza Giovanni, Aven edIcored dovevano essere escluse, al pari delle Imprese Alaimo Costruzioni, Al.Pa Costruzioni ed Iacolino France-sco, in quanto nel casellario informatico del 2 agosto 2003 risultava per le stesse uguale attestazione di esclusionedagli appalti. L'esclusione di tutte le sopraindicate imprese avrebbe comportato ö ad avviso di controparte öl'aggiudicazione dell'appalto in favore di essa Impresa S.I.P.A., che, con ordinanza n. 1741 del 22 ottobre 2003del TARS Catania aveva avuto sospeso il provvedimento di esclusione dalla gara di appalto.

12. ö Con ricorso per motivi aggiunti del 9 gennaio 2004 l'impresa Sorce, avendo avuto conoscenza dallanotifica del ricorso incidentale che la S.I.P.A. aveva ceduto il proprio ramo di azienda alla COGIP, deduceva:Mancanza di legittimazione attiva ad agire da parte della COGIP S.r.l. - Violazione e falsa applicazione del-l'art. 35, legge 11 febbraio 1994, n. 109 - Carenza assoluta dei requisiti da parte della Cogip S.r.l.

13. ö Alla camera di consiglio del 20 gennaio 2004 il ricorso veniva posto in decisione per l'esame dell'i-stanza cautelare.

14. ö Con ordinanza n. 142/04 del 20 gennaio 2004, depositata in data 21 gennaio 2004, il TAR - SiciliaPalermo - I Sez. rigettava l'istanza cautelare di sospensione con la seguente motivazione:

ûConsiderato che l'annotazione a carico dell'Impresa S.I.P.A. nel casellario informatico risulta sospesain esecuzione del provvedimento cautelare emesso dal TAR - Catania in data 21 ottobre 2003, n. 1741 anch'essaannotata nel medesimo, casellario;

Considerato che, pertanto, l'aggiudicazione alla S.I.P.A. non risulta illegittima sotto detto profilo;

Ritenuto, altres|© che appare in questa sede irrilevante il profilo, dedotto dall'impresa ricorrente con ilricorso per motivi aggiunti, relativo all'intervenuta cessione del ramo di azienda dalla S.I.P.A. alla COGIP, attesoche non risulta che allo stato l'amministrazione abbia adottato alcun provvedimento in merito;

Considerato che, pertanto, la ritenuta legittimita© ö allo stato ö della persistenza in gara dell'ImpresaS.I.P.A., determina il venir meno dell'interesse di parte ricorrente rispetto all'ulteriore profilo di illegittimita©dedotti in ricorso e relative all'imprese terze, attese le rifluenze sul calcolo della media di aggiudicazioneý.

L'impresa Sorce impugna l'ordinanza suddetta articolando i seguenti motivi:

1) Erroneita© dell'ordinanza n. 142/04 resa dal T.A.R. Sicilia Palermo in relazione alla mancata pronun-cia sui motivi aggiunti - Violazione dell'art. 33, comma 2, lett. d), della legge 21 luglio 2000, n. 205.

2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 35, legge 11 febbraio 1994, n.109 - Carenza assoluta dei requi-siti da parte della COGIP S.r.l.

L'appellante confuta inoltre il ricorso incidentale proposto in prime cure dall'impresa controinteressata. Evi-denzia di seguito il pregiudizio che, a suo dire, avrebbe subito e starebbe subendo. Insiste infine per l'accoglimentodell'appello e, per l'effetto, chiede accogliersi l'istanza cautelare formulata in prime cure intesa alla sospensionedell'efficacia degli atti impugnati.

Con controricorso depositato in data 21 febbraio 2004 si sono costituite la S.I.P.A. S.p.A. e la COGIP S.r.l. lequali hanno puntualmente controdedotto, insistendo per il rigetto dell'appello anche per i motivi dedotti nel pro-prio ricorso incidentale proposto in prime cure.

Con memoria notificata in data 19 febbraio 2004 l'impresa Sorce ha richiesto provvedimento cautelareurgente ex art. 3 della legge n. 205/2000 e, contestualmente, ha sollevato questione di legittimita© costituzionaledel decreto legislativo n. 373/2003 nella parte in cui prevede la composizione mista della sezione giurisdizionaledi questo Consiglio.

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Deduce in proposito quanto segue: Illegittimita© costituzionale degli artt. 4, primo e secondo comma, 6, terzo,quarto e quinto comma, 7, d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373.

Con d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, pubblicato nella G.U. 14 gennaio, 2004, n. 10, sono state approvatenuove ûNorme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regionedelle funzioni spettanti al Consiglio di Statoý, che sono entrate in vigore il 29 gennaio 2004.

La disciplina dettata da tali norme ha fatto venire meno soltanto alcune, peraltro le meno rilevanti, questionidi costituzionalita© sollevate da codesto Consiglio con ordinanza n. 185 del 13 maggio 2003 e con ordinanze suc-cessive, mentre non ha fatto venire meno quelle piu© importanti.

Infatti e© rimasta ferma 1a composizione mista. Per quanto concerne la Sezione giurisdizionale, il Collegioviene composto, come gia© secondo le disposizioni di cui all'abrogato d.lgs. n. 654 del 1948, come modificato cond.P.R. n. 204 del 1978, della Sezione giurisdizionale del Consiglio di Giustizia Amministrativa fanno parte oltreche il Presidente dello stesso ed il Presidente assegnato alla Sezione giurisdizionale ed a quattro consiglieri diStato, quattro componenti designati dal Presidente della Regione e nominati con d.P.R. su proposta del Presi-dente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, previa delibera-zione del Consiglio dei ministri (artt. 4, primo comma, e 6, secondo e terzo comma). Il Collegio giudicante e© com-posto da uno dei due Presidenti della Sezione, da due Consiglieri di Stato e da due dei membri designati dal Pre-sidente della Regione.

Non appare dubbio che, sotto tale profilo, le nuove disposizioni sono affette dalle medesime ragioni di inco-stituzionalita© che sono poste a base delle citate ordinanze di codesto Consiglio. Ed in tale senso si e© pronunziatoil Presidente di codesto Consiglio con decreto n. 77 del 13 febbraio 2004, emesso in sede di richiesta di cautelaurgente.

Alla stregua delle precedenti pronunzie di codesto Consiglio, si possono avanzare le seguenti questioni dicostituzionalita© degli artt. 4, primo e secondo comma, 6, terzo, quarto e quinto comma, d.lgs. n. 373 del 2003:

1) in rapporto all'art. 23, comma 1, dello statuto siciliano ed in rapporto al comma 1 della VI disposi-zione transitoria della Costituzione che esclude dalla revisione la giurisdizione del Consiglio di Stato;

2) in rapporto allo stesso art. 23, comma 1 dello Statuto siciliano, nonche in rapporto all'art. 102,comma 2, e 108 commi 1 e 2, della Costituzione, non essendo consentito istituire sezioni specializzate nell'ambitodei giudici speciali;

3) in rapporto all'art. 23 dello Statuto siciliano ed all'art. 102, comma 1, e 108, comma 1, Cost., inquanto l'art. 23 dello Statuto non prevede alcuna deroga alla composizione ordinaria delle sezioni del Consigliodi Stato da localizzare in Sicilia, e in rapporto agli artt. 102, comma 1, e 108 comma 2, Cost., in quanto disciplinamateria riservata dalla Costituzione alla legge statale, per cui eventuali deroghe a favore dell'autonomia regionaledebbono essere supportate da una espressa previsione di pari rango costituzionale che ö come piu© volte rappre-sentato ö non e© rinvenibile nell'art. 23 dello Statuto siciliano;

4) in rapporto all'art. 23, comma l, dello Statuto siciliano che non prevede ne una sezione specializzatadel giudice speciale ne una composizione collegiale diversa da quella ordinaria e cio© anche in relazione, quale ter-tia comparationis, all'art. 24, comma 1, dello Statuto siciliano concernente la composizione dell'Alta Corte, non-che all'art. 23, comma 3, del medesimo Statuto, al decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 concernente l'istitu-zione di sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana, ed agli artt. 90 e 91, comma 2, del Testo unico delleleggi costituzionali di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.

Conseguentemente, in via principale, si chiede che il Consiglio ritenga rilevanti e non manifestamente infon-date le predette questioni di costituzionalita© e conseguentemente, dopo avere deciso sull'istanza cautelare,sospenda il giudizio e trasmetta gli atti alla Corte costituzionale.

Istanza cautelare urgente

Premesso che non e© stato possibile tenere l'udienza camerale e quella pubblica del 29 gennaio 2004, nonchequelle immediatamente successive del 18 e del 19 febbraio 2004 stante l'indisponibilita© di un componente laico diquesto Consiglio (e stante che il terzo componente laico e© da tempo ammalato);

che e© interesse dell'appellante ottenere una pronuncia al riguardo;

che, peraltro, la necessaria composizione paritetica del collegio giudicante cos|© formulata nell'art. 4secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 impedisce di formare l'organo in caso di astensione di piu© componenti laici.

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Rilevato altres|© : che la complessita© dei procedimenti di sostituzione e/o rinnovo dei membri laici di codestoConsiglio comporta, come ha comportato, una sostanziale vanificazione della tutela cautelare;

che tutto cio© e© riconducibile alla previsione normativa di una composizione mista di codesto Consigliopoiche, per le Sezioni giurisdizionali ordinarie del Consiglio di Stato, vige la disposizione di supplenza di cuiall'art. 2, terzo comma della legge n. 186/1982 che consente di integrare ad horas i Collegi giurisdizionali;

che comunque anche la rimessione della causa nella fase di merito ad un Collegio la cui composizionenon sia costituzionalmente corretta altera gravemente l'esercizio della funzione giurisdizionale ed espone comun-que anche la parte che dovesse risultare vittoriosa al rischio di un gravame e di un annullamento per motivi digiurisdizione;

che e© interesse anche dell'appellante chiarire i dubbi di legittimita© costituzionale relativi alla composi-zione del Collegio cui la causa deve inevitabilmente essere rimessa sia per la decisione definitiva sulla domandacautelare, sia sul merito;

che i dubbi di costituzionalita© sollevati da codesto Consiglio, nella ordinanza n. 185/2003, solo in partesono stati superati con la emanazione del d.lgs. n. 373/2003, e cio© con riferimento alle questioni concernenti ilcontrasto con la norma di cui all'art. 23 dello Statuto siciliano, che prevede semplicemente un decentramento ter-ritoriale, della composizione mista gia© prevista dal d.lgs. n. 654/1948 e ribadita dal d.lgs. n. 373/2003;

che ö ed e© cio© che maggiormente rileva ö le medesime questioni sono state proposte (anche con profiliin parte nuovi) con decreto Presidenziale n. 77 del 13 febbraio 2004, in sede di richiesta di cautela urgente;

che le anzidette questioni appaiono rilevanti nel processo in esame sia ai fini della pronuncia cautelared'urgenza, sia nella successiva fase cautelare ordinaria ed in quella di merito in quanto attinenti alla composizionedel Collegio che dovra© pronunciarsi, ed al quale il giudice monocratico dovra© comunque rimettere la causa;

che il giudice monocratico puo© sollevare questioni di costituzionalita© in via incidentale con riferimento aquestioni riguardanti disposizioni che lo stesso giudice deve applicare per la adozione di provvedimenti di suacompetenza (Corte cost. n. 111/1998);

che peraltro la proposizione di questioni di costituzionalita© non impedisce la adozione di misure caute-lari interinali (Corte cost. nn. 444/1990, 367/1991, 4/2000) e che tale possibilita© deve ritenersi ammessa anchenel caso della adozione di misure cautelari provvisorie ex art. 21, nono comma della legge n. 1034/1971 nel testomodificato dall'art. 3 della legge n. 205/2000 (arg. ex ord. Corte cost. n. 261/2002);

Tutto cio© premesso

L'istante chiede che il Presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa voglia:

1) previamente sospendere interinalmente la decisione appellata;

2) rimettere alla Corte costituzionale la decisione sulle questioni di costituzionalita© di cui sopra sotto iprofili sopra indicati e comunque sotto quelli individuati con decreto presidenziale n. 77 del 13 febbraio 2004.

Con memoria depositata in data 21 febbraio 2004 la S.I.P.A. S.p.A. e la COGIP S.r.l. hanno contestato chenella specie ricorrano i presupposti per la emissione di un provvedimento monocratico urgente e cio© per leseguenti considerazioni:

A) Il fumus boni iuris in primo luogo e© inesistente, come puo© dedursi dalle ragioni esposte nel controricorso.

B) Il danno grave ed irreparabile altres|© , non puo© fondarsi sull'affermazione dell'appellante secondo cuil'amministrazione starebbe û... per procedere alla stipula del contratto con l'impresa Cogip ed alla consegna deilavori addirittura senza istruttoria alcuna nei riguardi della Cogip ...ý.

L'amministrazione al contrario, sta tuttora verificando se sussistano i requisiti per il subentro della Cogip nelrapporto contrattuale.

C) L'emanazione del provvedimento monocratico inoltre, trova un insormontabile e per molti versi pre-giudiziale ostacolo, proprio in quei profili di paventata illegittimita© costituzionale del decreto legislativo n. 373/2003 che vengono ex adverso suscitati.

L'art. 21 della legge n. 1034/71 invero, prevede che il decreto monocratico sia û... efficace sino alla pronunciadel collegio, cui l'istanza cautelare e© sottoposta nella prima camera di consiglio utile ...ý.

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Sicche, condizione pregiudiziale ed essenziale per l'emanazione del provvedimento cautelare monocratico, e©quella che l'istanza cautelare possa essere immediatamente e legittimamente sottoposta od uno scrutinio colle-giale (allo scopo di evitare che gli effetti della decisione monocratica si protraggano ultra vires con una conse-guente lesione del pieno diritto di difesa e delle regole di collegialita© ).

Da cio© discende la pregiudiziale rilevanza delle questioni di legittimita© costituzionale del decreto legislativon. 373/2003 che laddove fondate, sono di evidente ostacolo alla legittima ed immediata costituzione del giudicecollegiale cui e© affidato il riesame (e percio© , alla stessa emanazione del provvedimento monocratico, che inassenza di tale diretta ed immediata verifica processuale non puo© venire in essere). Cio© posto, in relazione ai puntidi legittimita© costituzionale in questione si deduce:

C1) Illegittimita© costituzionale degli articoli 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 15 del decreto legislativo24 dicembre 2003, n. 373, per violazione degli articoli 23, comma 1 e 43 dello Statuto siciliano, nonche degli arti-coli 102, commi 1 e 2 e 108, comma 2 della Costituzione e del comma 1 della VI disposizione transitoria dellaCostituzione.

L'art. 23 dello Statuto regionale, secondo cui û... gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispet-tive sezioni per gli affari concernenti la Regione ...ý, prevede l'istituzione in Sicilia di sezioni staccate delle giuri-sdizioni centrali non gia© di organi giurisdizionali speciali.

Il decreto legislativo n. 373/2003 al contrario, allo stesso modo dell'abrogato decreto n. 654/1948 modificatoed integrato dal decreto n. 204/1978, eccede la delega conferita al legislatore delegato dall'art. 43 dello Statuto(che e© semplicemente, quella di dare attuazione alle norme statutarie).

Esso infatti non si limita a dettare norme attuative dell'art. 23 dello Statuto disciplinando l'organizzazionedegli uffici ed il trasferimento di personale al fine di consentire l'istituzione ed il funzionamento di una Sezionesiciliana del Consiglio di Stato, modificando bens|© la struttura ordinaria dell'organo giurisdizionale e preveden-done una particolare composizione.

Da cio© discenderebbe il possibile contrasto tanto con le disposizioni statutarie sopra citate, quanto conl'art. 108 della Costituzione nel quale si prevede che ûle norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistraturasono stabilite con legge ...ý.

Orbene, guardando al caso concreto ed essendo evidente come il vincolo della ûriserva di leggeý introdottocon l'art. 108 della Costituzione tenda ad evitare che la composizione ed il funzionamento degli organi giurisdi-zionali siano definiti in contrasto o comunque in assenza d'una specifica manifestazione di volonta© legislativa pri-maria che ne garantisca l'indipendenza ed imparzialita© , il dubbio di legittimita© costituzionale appare fondato.

Il decreto legislativo n. 373/2003 invero non ha valore di legge primaria, ne puo© trarre conferimento allepeculiari modalita© di composizione e funzionamento dell'organo giurisdizionale, legittimazione alcuna da unanorma delegante; trattandosi solamente di un atto emanato in relazione alle determinazioni assunte dalla Com-missione paritetica prevista dall'art. 43 dello Statuto siciliano, idoneo ad innovare l'ordinamento anche in contra-sto con le norme di legge ordinarie, nella sola ipotesi in cui cio© sia espressamente previsto dalla norma statutariadella cui attuazione si tratti.

Al contrario, come si e© appena detto, l'art. 23 dello Statuto regionale si limita a prevedere che nella Regionesiciliana si istituisca, al pari degli altri organi giurisdizionali centrali, una semplice ûsezioneý del Consiglio diStato (senza indicare alcuna peculiare modalita© di composizione e funzionamento della stessa).

Il dubbio di legittimita© costituzionale peraltro permane, anche ove si volesse qualificare il Consiglio di Giu-stizia amministrativa come Sezione specializzata del Consiglio di Stato.

Cio© , non solo perche l'art. 23 dello Statuto siciliano non fa riferimento, neppure implicito, all'istituzione inSicilia di sezioni specializzate del Consiglio di Stato (limitandosi a prevedere sezioni staccate).

Ma anche perche, lo stesso art. 162 della Costituzione e© chiaro nel prevedere che le Sezioni specializzate ven-gano istituite solamente presso gli organi della Giustizia ordinaria e non della Giustizia amministrativa ed inrelazione a determinate materie (non gia© , con riferimento ad una vera e propria attribuzione di competenzaterritoriale).

C2) Illegittimita© costuzionale dell'art. 4 e derivatamente degli artt. 6, commi terzo, quarto e quinto e 7,commi primo e secondo del decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373, per violazione degli artt. 3, 24, 101,comma secondo, 108, comma secondo, 111, comma secondo della Costituzione.

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Il dubbio di legittimita© costituzionale si pone altres|© in relazione all'art. 4 del decreto legislativo n. 373/2003,laddove manca l'espressa previsione dell'incompatibilita© tra le funzioni di componente laico del Consiglio e losvolgimento della professione legale (cio© che rischierebbe di tradursi in un effetto di imparzialita© del giudice edin una sostanziale disuguaglianza delle parti rispetto al potere giudicante, vulnerando i diritti di azione e difesacostituzionalmente affermati e garantiti).

Sul punto invero, l'art. 4 del decreto legislativo n. 373/2003 prevede che û... la Sezione giurisdizionale delConsiglio di giustizia amministrativa e© composta da: a) il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa,che la presiede; b) il presidente assegnato alla Sezione giurisdizionale; c) quattro consiglieri di Stato; d) quattrocomponenti in possesso dei requisiti di cui all'art. 106, terzo comma, della Costituzione per la nomina a consi-gliere di Cassazione ovvero di cui all'art. 19, primo comma, n. 2), della legge 27 aprile 1982, n. 186. Il collegio giu-dicante e© composto da uno dei due presidenti della Sezione, da due consiglieri di Stato e da due dei membri indi-cati nella lettera d) del comma 1. In sede giurisdizionale il Consiglio di giustizia amministrativa esercita le fun-zioni di giudice di appello contro le pronunce del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ...ý.

Orbene, il richiamo contenuto nell'art. 4 all'art. 106 della Costituzione ed all'art. 19 dell'Ordinamento dellaGiurisdizione Amministrativa, concerne esclusivamente i requisiti previsti per la nomina dei giudici non togatipresso la Corte di cassazione e presso il Consiglio di Stato, non gia© le cause d'incompatibilita© per gli stessi previ-ste (ed in particolare il divieto di svolgere durante il mandato la professione legale, che e© espressamente contenutoin ulteriori disposizioni che dall'art. 4 del decreto legislativo n. 373/2003 non vengono al contrario richiamate).

La questione merita, per la sua rilevanza, un sicuro e definitivo approfondimento, in relazione al quale va©osservato come:

a) un primo elemento di perplessita© , deriva dal fatto che i requisiti per la nomina quale consigliereûlaicoý della Corte di cassazione previsti dall'art. 106 della Costituzione vengano ulteriormente definiti e preci-sati dall'art. 2 della legge n. 303/1998, che ne costituisce attuazione e nel quale soltanto viene fatto riferimentoal vincolo di incompatibilita© fra tale funzione e la permanente iscrizione agli albi professionali forensi ovvero airuoli della docenza universitaria pubblica.

Sicche, laddove il richiamo contenuto nell'art. 4 del decreto legislativo n. 373/2003 dovesse interpretarsi sic-come statico e limitato ai soli requisiti indicati dalla norma costituzionale, rimarrebbe esclusa l'applicazione delvincolo di incompatibilita© di cui si discute.

b) il profilo e© ancor piu© rilevante, in relazione al richiamo contenuto nell'art. 4 del decreto legislativoall'art. 19 della legge n. 186/1982 recante l'ordinamento della giustizia amministrativa poiche tale disposizione,limitandosi ad individuare i requisiti per la nomina a consigliere ûlaicoý del Consiglio di Stato, non fa alcun rife-rimento alle cennate condizioni di incompatibilita© .

Il regime delle incompatibilita© , che vengono espressamente definite come tali e non classificate quali requisitiper la nomina, trova invece la propria disciplina all'art. 28 della legge n. 186/1982 (del quale, nell'art. 4 deldecreto legislativo n. 373/2003 non si fa menzione alcuna).

Il dubbio, interpretativo che discende dalla lacunosita© di tali disposizioni peraltro, rischia di permanere anchefacendo riferimento alla disciplina transitoria prevista dall'art. 15 dello stesso decreto n. 373/2003 che prevede larimozione di alcune cause di incompatibilita© ma limitatamente ai membri laici attualmente in carica; la lacunosita©del testo normativo invero, considerata la rilevanza fondamentale del principio dell'imparzialita© dei giudici nelnostro ordinamento costituzionale, va© invero definitivamente ed incontrovertibilmente superata con riferimentoanche ai membri laici diversi da quelli attualmente in carica e che vengono nominati in futuro, mediante unaespressa norma di legge ovvero una autorevole interpretazione secundum costitutionemý.

Con l'ulteriore rilievo che, laddove sussistessero i profili di illegittimita© costituzionale appena rilevati da essidiscenderebbe l'illegittimita© costituzionale derivata degli artt. 6, commi terzo, quarto e quinto e 7, commi primoe secondo, i quali la presuppongono.

C3) Illegittimita© costituzionale dell'art. 6, commi terzo, quarto e quinto e derivatamente degli artt. 7,commi primo e secondo e 15, commi primo e scondo del decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373, per viola-zione degli artt. 3, 24, 27, 100, 101, 108, comma secondo, 111 comma secondo, ovvero in subordine per violazionedegli artt. 24, 103, comma primo e 113 della Costituzione.

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Un ulteriore profilo di perplessita© , con riguardo alle norme costituzionali appena calendate, discende dallaprevisione contenuta all'art. 6 del decreto legislativo in esame secondo cui i componenti ûlaiciý del Consiglio diGiustizia, alla scadenza del sessennio, non possono essere confermati e ûcessano dalla carica e dall'esercizio dellefunzioniý.

La norma invero, evidentemente posta al fine di escludere qualunque ipotesi di ûprorogatioý attraverso laprevisione dell'immediata decadenza delle funzioni, rimane lacunosa rispetto alla ipotesi ö che le recenti espe-rienze indicano come tutt'altro che teorica ö in cui alla data di cessazione delle funzioni dei componenti in caricanon sia stato gia© compiutamente e formalmente definito il procedimento relativo alla loro sostituzione.

In tal caso invero, l'unica conseguenza paradossalmente desumibile dal testo normativo in esame sarebbequella della paralisi temporanea, ovvero addirittura definitiva, delle attivita© dell'organo giurisdizionale.

Siffatta conseguenza, vulnererebbe in modo intollerabile principi costituzionali fondamentali quali quelli del-l'effettivita© della tutela giurisdizionale e del buon andamento delle attivita© pubbliche (la cui applicazione, va© intesaanche con riguardo al corretto ed efficace funzionamento degli organi giurisdizionali.

Orbene, rispetto a siffatta paradossale conseguenza, l'evidente lacunosita© della norma richiede, allo scopo dievitare il riproporsi di inammissibili situazioni di paralisi dell'organo giurisdizionale, un intervento integrativo dinatura legislativa ovvero interpretativa, che ne renda legittimo il funzionamento con la sola partecipazione deicomponenti togati sino a quando l'amministrazione regionale non abbia provveduto alla sostituzione dei compo-nenti laici ormai decaduti (in tal modo sanzionando l'inadempimento dell'onere di nomina del quale l'amministra-zione regionale medesima e© investita, ed evitando che tale inadempimento si converta in una inammissibile lesionedei diritti costituzionali dei cittadini).

Va© infine osservato, quanto alla indubbia e preliminare rilevanza rispetto all'odierna richiesta di cautelamonocratica, come tutti i profili appena dedotti attengano all'accertamento della costituzionalita© della nominadei componenti laici del Consiglio di Giustizia ed al conseguente corretto funzionamento dello stesso, incidendoquindi direttamente sulla legittima costituzione del Giudice Collegiale.

Sicche, vale il principio secondo cui û... la rilevanza appare incontestabile dal momento che trattasi precisa-mente di accertare la costituzionalita© della normativa vigente per la nomina di parte dei componenti del Consigliodi Giustizia Amministrativa in sede giurisdizionale, questione che incide in modo diretto sulla giurisdizione del-l'organo o quanto meno sull'esercizio della medesima ...ý (cos|© , in punto di rilevanza, Corte costituzionale n. 25/1976, che ritenne costituzionalmente illegittima la riconferma dei componenti laici).

Conclude chiedendo: il rigetto dell'istanza di cautelare monocratico, previa decisione occorrendo, in ordine aiprofili di legittimita© costituzionale del decreto legislativo n. 373/2003 sopra dedotti.

D i r i t t o

Ai sensi dell'art. 21, nono comma, della legge n. 1034/1971 questa presidenza e© chiamata ad emettere unapronuncia cautelare provvisoria disponendo nel contempo la rimessione della controversia al Collegio alla primaCamera di Consiglio utile per la pronuncia cautelare definitiva.

L'appellante, peraltro, nella separata istanza di cautela urgente ha sollevato questioni di legittimita© costitu-zionale concernenti la composizione del Collegio cui la causa, ai sensi della normativa succitata, dovrebbe essererimessa. Nel formulare la richiesta di provvedimento cautelare urgente, l'appellante ha insistito affinche, gia© inquesta sede monocratica, vengano ritenute rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituziona-lita© prospettate nella propria memoria e, conseguentemente, che, previa sospensione interinale della decisioneappellata, venga sospeso il giudizio e trasmessi gli atti alla Corte costituzionale.

Cio© rende necessario affrontare l'interrogativo se, in questa sede, in cui vengono richieste soltanto misurecautelari provvisorie, il Presidente sia legittimato a sollevare questioni di costituzionalita© .

Al riguardo, questa presidenza e© consapevole dell'orientamento della Corte costituzionale secondo cui il giu-dice dell'urgenza, una volta che abbia deciso, ha esaurito il suo potere e ûviene meno in sostanza la pendenza diun giudizio con un suo proprio contenutoý (Corte cost. n. 186/1976). Va tuttavia anche considerato che tale orien-tamento e© stato successivamente temperato con le note decisioni della Corte costituzionale nn. 444/1990, 367/1991, 4/2000, ritenendo ammissibile l'esercizio del potere cautelare purche in via interinale fino alla pronunciadella Corte costituzionale sulla questione sollevata.

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Nella specie, peraltro, questa presidenza non ritiene di pronunciare una siffatta decisione interinale, ma didovere previamente rimettere alla Corte costituzionale le questioni sulle quali sostanzialmente concordano sial'impresa appellante sia le imprese controinteressate riservando quindi ogni pronuncia all'esito del giudizio dicostituzionalita© .

Cio© premesso circa la legittimazione a sollevare in questa sede questioni di costituzionalita© , quanto al profilodella rilevanza si osserva che, in questo caso, il dubbio di costituzionalita© sollevato hic hinde non investe le normeche disciplinano il merito della controversia, bens|© , specificatamente, la composizione del Collegio cui la causadovrebbe essere rimessa. Pertanto, ove la questione non dovesse apparire manifestamente infondata, e dovessepercio© essere sottoposta all'esame della Corte costituzionale, questa fase monocratica non potrebbe esaurirsi conla fisiologica remissione al Collegio per la decisione cautelare definitiva, ma dovrebbe essere sospesa e ripresaall'esito della pronuncia del giudice delle leggi.

Cio© dimostra come questo giudice monocratico in nessun caso potrebbe considerare ûesaurita ogni sua pote-sta© in quella sedeý (Corte cost. n. 579/1989) e come invece risulterebbe applicabile l'insegnamento della Cortecostituzionale secondo cui ûnel caso di atti urgenti il giudice di merito e© legittimato a sollevare questione di legit-timita© costituzionale sempre che essi riferendosi esclusivamente alle norme da applicare per il compimento deglistessi, in tale limitato ambito siano rilevantiý (Corte cost. n. 186/1976 e n. 177/1973).

Ai fini della rilevanza puo© quindi essere preso in considerazione il profilo relativo alla inevitabile rimessionedella controversia, dapprima in sede cautelare definitiva, e successivamente nel merito, ad un Collegio compostoin base a norme della cui costituzionalita© si dubita. Invero, va al riguardo considerato che di tale norma, e cioe©della rimessione al Collegio, il Presidente, ex art. 21, nono comma della legge n. 1034/1971, deve fare immediataapplicazione all'atto stesso in cui pronuncia la decisione cautelare provvisoria.

Trattasi pertanto di norma che dovrebbe essere immediatamente e contestualmente applicata in questa fase e,pertanto, ricorre il presupposto di cui all'art. 23 della legge n. 87/1953 il quale ûimplica, di regola che la rilevanzasia strettamenre correlata all'applicabilita© della norma impugnata nel giudizio a quoý (Corte cost. n. 18/1989).Comunque, va altres|© rammentato l'insegnamento della Corte costituzionale secondo cui ûdebbono ritenersiinfluenti sul giudizio anche le norme che, pur non essendo direttamente applicabili nel giudizio a quo, attengonoallo status del giudice, alla sua composizione nonche, in generale, alle garanzie e ai doveri che riguardano il suooperare. L'eventuale incostituzionalita© di tali norme e© destinata ad influire su ciascun processo pendente davantial giudice del quale regolano lo status, la composizione, le garanzie e i doveri: in sintesi, la ``protezione'' dell'eser-cizio della funzione, nella quale i doveri si accompagnano ai dirittiý (Corte cost. n. 18/1989 cit. e Corte cost.n. 177/1973).

Peraltro, la rilevanza della anzidetta questione in questa fase risulta implicitamente riconosciuta dalla Cortecostituzionale nella ordinanza n. 261/2002 in cui analoga questione non e© stata ritenuta inammissibile per difettodi rilevanza, ma e© stata esaminata nel merito ancorche con dichiarazione di manifesta infondatezza.

Tutto cio© premesso, occorre quindi previamente darsi carico delle eccezioni di costituzionalita© sollevate dal-l'appellante, e su cui concorda anche la difesa delle imprese controinteressate, e concernenti la composizione delConsiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana come risulta dal decreto legisaltivo n. 373/2003.

Tali questioni non appaiono manifestamente infondate per quanto di seguito verra© esposto.

1. ö Lo Statuto speciale della Regione siciliana, per ragioni storiche, in parte legate al secondo conflittomondiale, e© anteriore alla proclamazione della Repubblica ed alla Costituzione repubblicana in quanto e© statoapprovato nel 1946 con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 e con la espressa riserva, contenuta nel secondo commadell'articolo unico, di essere sottoposto all'Assemblea costituente per essere coordinato con la nuova Costituzionedello Stato.

Come e© noto, tale coordinamento non vi e© stato.

Invero, la Costituzione rpubblicana e© stata pubblicata il 27 dicembre 1947 ed e© entrata in vigore il 1� gennaio1948 ai sensi della XVIII disposizione transitoria e lo Statuto siciliano venne corvertito in legge costituzionalecon l'articolo 1, primo comma della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 ed e© entrato in vigore, ai sensi del-l'articolo 2 della legge anzidetta, il 10 marzo 1948.

Il coordinamento con la Costituzione non avvenne ne in sede di Assemblea costituente e neppure in epocasuccessiva. Il secondo comma dell'articolo 1 della legge costituzionale n. 2/1948 prevedeva bens|© modifiche alloStatuto, modifiche che avrebbero dovuto essere effettuate entro un biennio con legge ordinaria, d'intesa con laRegione, ma, come e© noto, l'Alta Corte per la Regione siciliana dichiaro© incostituzionale tale disposizione con

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decisione 10 settembre 1948, n. 4. Pertanto, lo Statuto siciliano e© rimasto nel testo originario ed il mancato coor-dinamento e© stato sovente sottolineato dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche costituzionale (v. Corte cost.nn. 38/1957, 6/1970, 115/1972, 113/1993 e, da ultimo n. 314/2003).

Per quello che concerne la questione in oggetto l'articolo 23 dello Statuto siciliano prevede semplicementeche ûgli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni del Consiglio di Stato e della Cortedei conti per gli affari concernenti la Regioneý e che ûLe sezioni svolgeranno, altres|© le funzioni, rispettivamente,consultive, e di controllo amministrativo e contabileý.

Il decentramento non ha mai avuto attuazione per quanto concerne le sezioni civili e penali della Cassazione,la quale ha sempre respinto le questioni di costituzionalita© in relazione all'articolo 25 Cost. argomentando conla natura meramente programmatica della norma statutaria (v. Cass. 12 settembre 1991, n. 9534; 8 aprile 1992,n. 4270). Non sono state decentrate neppure la Commissione tributaria centrale e il Tribunale superiore delleacque pubbliche.

Il decentramento e© stato invece attuato per il Consiglio di Stato e la Corte dei conti con i coevi decreti legisla-tivi del 6 maggio 1948, rispettivamente n. 654 e n. 655.

Questo Consiglio con ordinanza n. 185/2003 pubblicata nella G.U. prima serie speciale n. 28 del 16 luglio2003 ha sollevato talune questioni di costituzionalita© del d.lgs. n. 654/1948 sotto vari profili in rapporto a nume-rose disposizioni sia dello Statuto siciliano sia della Costituzione.

Nelle more del giudizio innanzi alla Corte costituzionale e© stato emanato il d.lgs. n. 373/2003 il quale, comerecita l'articolo 14, sostituisce integralmente il d.lgs. n. 645/1948 ed il decreto di modifica dello stesso, e cioe© ild.P.R. n. 204/1978.

Non pochi interrogativi posti nell' anzidetta ordinanza sono stati superati dalle nuove disposizioni. In parti-colare, e© venuto meno un gruppo di questioni concernenti la supposta violazione di principi costituzionali sia intema di delega legislativa sia dell'articolo 43 dello Statuto siciliano, e cio© poiche il d.lgs. n. 654/1948 sarebbe statoemanato in base a norme di delega a contenuto indeterminato e comunque prescindendo dall'intervento dellacommissione paritetica di cui all'articolo 43 dello Statuto siciliano. Un altro gruppo di censure concerneva altrisupposti vizi di costituzionalita© dell'articolo 2 del d.lgs. n. 654/1948 (come sostituito dal d.P.R. n. 204/1978) inrelazione a taluni principi costituzionali per non essere assicurata ai membri laici della sezione giurisdizionaledel Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sufficienti garanzie di indipendenza e di impar-zialita© e per non essere previsto un termine per la loro designazione nonche meccanismi sostitutivi.

Anche tali interrogativi sono stati superati dal d.lgs. n. 373/2003 e, in particolare, dalle previsioni degli arti-coli 6 e 7 che hanno esteso ai membri laici il regime giuridico e disciplinare, nonche il trattamento economicodei togati e ne hanno previsto la cessazione automatica al termine del sessennio di nomina.

Peraltro, ad avviso di questa presidenza, e come rilevato dall'appellante, il d.lgs. n. 373/2003 non ha elimi-nato un dubbio di costituzionalita© , gia© adombrato nella ordinanza n. 185/2003, e concernente, in particolare, lapossibilita© che in sede di norme di attuazione dell'articolo 23 dello Statuto siciliano sia possibile prevedere unacomposizione mista di laici e togati del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sedegiurisdizionale.

Pertanto, gli articoli 4, primo e secondo comma e 6 secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 lasciano inalteratigli stessi dubbi di costituzionalita© che erano stati gia© evidenziati in precedenza nella citata ordinanza n. 185/2003 in relazione all'articolo 2 del d.lgs. n. 654/1948 come sostituito dal d.P.R. n. 204/1978.

2. ö Al riguardo, si premette in via generale che anche le leggi costituzionali (come ad esempio gli Statutispeciali regionali) sono soggette al sindacato di legittimita© costituzionale (v. Corte cost. n. 38/1957 sull'Alta Cortesiciliana e n. 6/1970 sulla responsabilita© penale avanti all'Alta Corte del Presidente della Regione).

A fortiori sono denunciabili per incostituzionalita© le norme di attuazione degli Statuti delle Regioni a Statutospeciale le quali, sotto questo profilo, sono state ritenute sullo stesso piano delle leggi statali (Corte cost. 14 luglio1956, nn. 14, 15, 16; 16 luglio 1956, n. 20; 19 luglio 1956, n. 22; 26 gennaio 1957, n. 15; 18 maggio 1959, n. 30,etc.) e cio© ancorche le norme di attuazione degli Statuti speciali si ritiene operino ad un livello superiore a quellodella legge statale (Corte cost. 18 maggio 1959, n. 30, Corte cost. n. 13/1974).

Per quanto poi concerne la natura ed il contenuto delle norme di attuazione, va rilevato che la giurisprudenzadella Corte costituzionale (dec. n. 20/1956 cit.) da un lato ha precisato come queste non siano da qualificare alla

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stregua di norme di mera esecuzione dello Statuto regionale, come se si trattasse di semplici regolamenti esecutivi.Al contrario, esse possono contenere norme primarie, ancorche di ûattuazioneý degli Statuti, e quindi rivestonocarattere legislativo.

Da tale carattere discende la necessita© che il loro contenuto non sia in contrasto ne con la Costituzione, eneppure con lo Statuto speciale, ma debbono, semmai, essere ûin aderenzaý al medesimo.

Il concetto di ûaderenzaý puo© essere poi sottoposto al controllo della Corte costituzionale proprio con riferi-mento al contenuto delle norme di attuazione e cioe© verificando se le stesse siano contrarie o meno allo Statuto.

Al di la© delle ipotesi di norme di attuazione contra statutum la Corte costituzionale (sempre nella citata deci-sione n. 20/1956) si e© posta il problema delle norme di attuazione praeter legem, o anche apparentemente secun-dum legem, risolvendolo testualmente come segue.

ûSe poi le norme di attuazione siano praeter legem, nel senso che abbiano integrato le disposizioni statutarieod abbiano aggiunto ad esse qualche cosa che le medesime non contenevano, bisogna vedere se queste integra-zioni od aggiunte concordino innanzi tutto con le disposizioni statutarie e col fondamentale principio dell'autono-mia della regione, e se inoltre sia giustificata la loro emanazione dalla finalita© dell'attuazione dello Statuto. Lad-dove, infine, si tratti di norme secundum legem, e© ovvio che se esse, nel loro effettivo contenuto e nella loro por-tata, mantengano questo carattere, non e© a parlarsi di illegittimita© costituzionale, ma sarebbe pur sempre dadichiararsene la illegittimita© nel caso che esse, sotto l'apparenza di norme secundum legem, sostanzialmente nonavessero tal carattere, ponendosi in contrasto con le disposizioni statutarie e non essendo dettate dalla necessita©di dare attuazione a queste disposizioniý.

Questo insegnamento e© stato mantenuto fermo fino ad ora e, sullo specifico punto, la decisione 20/1956 e©stata costantemente richiamata dalla successiva giurisprudenza costituzionale (v. da ultimo Corte cost. n. 353/2001).

3. ö Orbene, se si esaminano a confronto le disposizioni dello Statuto siciliano e le norme di attuazione inmateria di giurisdizione amministrativa relativamente alla composizione mista del Collegio si evince come questeultime siano di segno contrario rispetto alle previsioni statutarie e comunque non in aderenza con la lettera econ lo spirito delle previsioni statutarie stesse.

L'articolo 23 primo comma dello Statuto, infatti stabilisce semplicemente che ûgli organi giurisdizionali cen-trali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regioneý.

Nello Statuto non e© contenuto alcun accenno, come tutta la dottrina costituzionalistica dell'epoca non hamancato di sottolineare, alla composizione dei Collegi giudicanti e neppure per i Collegi chiamati a decidere insede consultiva e di controllo (articolo 23 secondo comma).

Gli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 non si limitano a dettare norme attuative o che comunque costitui-scano la logica e naturale espansione del principio statutario (decentramento degli uffici e trasferimento di perso-nale per consentire la presenza in loco di sezioni delle giurisdizioni superiori per gli affari regionali), ma modifi-cano la struttura ordinaria dell'organo giurisdizionale introducendo un principio del tutto estraneo allo Statutoe contrario, come verra© in seguito chiarito, a precise norme e principi di rango costituzionale.

D'altra parte e© del tutto evidente che la composizione dell'organo giurisdizionale in modo diverso dall'ordi-nario non puo© essere considerata, nel silenzio dello Statuto al riguardo, come una necessaria integrazione e speci-ficazione della norma statutaria.

La citata decisione della Corte n. 20 del 1956, e© precisa nell'affermare che la legittimita© costituzionale dellenorme di attuazione e© subordinata alla duplice sussistenza di due requisiti.

Innanzitutto occorre la concordanza tra norme di attuazione e Statuti (e nella specie ictu oculi tale concor-danza non esiste); in secondo luogo le norme di attuazione debbono essere giustificate dalla finalita© di dare attua-zione allo Statuto.

Neppure tale ultimo requisito sussiste nella specie.

A proposito di quest'ultimo la Corte ha affermato che ûl'esigenza delle norme di attuazione si manifesta nelbisogno di dar vita, nell'ambito delle ben definite autonomie regionali, ad una organizzazione dei pubblici ufficie delle pubbliche funzioni che si armonizzi con l'organizzazione dello Stato nell'unita© dell'ordinamento giuridicoý(dec. nn. 14/1962, 30/1968, 136/1969) ed ha ribadito tale convincimento anche nella decisione 12 luglio 1984,n. 212 nella quale ha anche precisato che ûle finalita© della attuazione vanno accertate nel contesto delle autonomieregionali e nei principi costituzionaliý.

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Nella citata decisione n. 212/1984 la Corte, nel dichiarare la illegittimita© costituzionale della istituzione diuna sezione giurisdizionale e delle Sezioni unite della Corte dei conti in Sardegna, ha argomentato con il fattoche ne dalla lettera dello Statuto regionale, ne dal suo spirito, ne dalle sue finalita© era in alcun modo ricavabileche si fosse inteso prevedere, neppure per implicito, Sezioni di organi centrali neppure nei limiti degli affari con-cernenti la Regione e cio© a differenza di quanto stabilito per altre regioni, richiamando appunto l'articolo 23 delloStatuto siciliano e l'articolo 90 dello Statuto del Trentino Alto Adige.

Al riguardo tuttavia non puo© non sottolinearsi la differenza fondamentale tra lo Statuto siciliano e quello delTrentino Alto Adige i quali, ai fini in esame, non possono porsi sullo stesso piano.

Infatti, mentre lo Statuto siciliano si limita alla pura e semplice localizzazione in Sicilia delle sezioni dellegiurisdizioni superiori, lo Statuto del Trentino Alto Adige e© di ben diverso contenuto.

Innanzitutto, l'articolo 90 del Testo Unico delle leggi costituzionali di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 isti-tuisce espressamente il T.R.G.A. e rinvia espressamente alle norme di attuazione per il suo ordinamento. Inoltre,il successivo articolo 91 disciplina espressamente la composizione della sezione giurisdizionale per la provinciadi Bolzano del T.R.G.A. cos|© come prevede espressamente che la meta© dei componenti la Sezione e© nominatadal Consiglio provinciale di Bolzano (articolo 91 secondo comma).

Le norme di attuazione dello Statuto del Trentino (d.P.R. 6 aprile 1984, n. 426) di conseguenza, essendo a cio©espressamente delegate dallo Statuto, disciplinano le modalita© di scelta dei magistrati cosiddetti laici, indivi-duando le categorie tra cui questi debbono essere scelti, il ruolo in cui debbono essere collocati, le garanzie cheli assistono, lo stato giuridico e il trattamento economico (articoli 2, 4, 5, d.P.R. 6 aprile 1984, n. 426). In propo-sito, nella decisione 137/1998 la Corte costituzionale ha espressamente rilevato come la specialita© del T.R.G.A.risieda nella delega contenuta nell'articolo 90 dello Statuto speciale da cui legittimamente discendono le normedi attuazione adottate con lo speciale procedimento della commissione paritetica.

Anche il d.lgs. n. 373/2003 di attuazione dello Statuto siciliano contiene, agli articoli 4 e 6, norme di conte-nuto analogo alle norme di attuazione dello Statuto del Trentino, ma con la fondamentale differenza che lo Sta-tuto siciliano ne prevede la istituzione di un organo speciale giurisdizionale a composizione mista e neppure nedelega il suo ordinamento alle norme di attuazione. Nessun accenno ö ripetesi ö ne esplicito ne implicito e© con-tenuto nello Statuto siciliano circa la istituzione di un organo giurisdizionale a composizione speciale per laRegione siciliana e neppure circa la necessita© che parte del Collegio giudicante sia costituito da magistrati laicidi designazione regionale.

Ne potrebbe sostenersi che la presenza in Collegio di magistrati laici di designazione regionale costituisca lalogica e naturale conseguenza, se non della lettera, almeno dello spirito e delle finalita© autonomistiche dello Sta-tuto siciliano.

Un conto infatti e© la localizzazione di una funzione, un altro e© la organizzazione della funzione. Sono dueaspetti del tutto diversi che il legislatore costituzionale puo© disciplinare diversamente a seconda dei casi cos|© comedimostra lo Statuto del Trentino Alto Adige (istituzione espressa dell'organo speciale, delega espressa alle normedi attuazione, localizzazione e previsione di giudici laici), quello della Valle d'Aosta (limitata competenza per gliuffici di conciliazione), quello della Regione Sardegna e del Friuli-Venezia Giulia (nessuna disposizione sulla giu-risdizione) e della Sicilia (solo localizzazione degli organi ordinari). La Corte costituzionale ö come verra© megliochiarito in prosieguo ö ha sempre rifiutato qualsiasi esegesi finalistica anche delle competenze normative statuta-rie primarie, sottolineando la necessita© di attenersi al tenore letterale degli Statuti (Corte cost. nn. 124/1957, 66/1961, 46/1962, 66/1964, 115/1972).

4. ö D'altra parte, la riprova che le deroghe alla organizzazione giurisdizionale nazionale sono e debbonoessere contenute negli Statuti si rinviene nello stesso Statuto siciliano.

Innanzitutto va osservato che quando si e© voluta una composizione mista, lo Statuto siciliano lo ha espressa-mente sancito, come risulta dal confronto dell'articolo 23 con l'articolo 24 primo comma secondo cui i membridell'Alta Corte dovevano essere nominati ûin pari numero dalle Assemblee legislative dello Stato e dellaRegioneý.

Peraltro, un ulteriore argomento si ricava dal testuale tenore dello stesso articolo 23. Invero, l'articolo 23terzo comma dello Statuto siciliano si da© carico di precisare che i magistrati della Corte dei conti sono nominatiûd'accordo dai Governi dello Stato e della Regioneý.

Il legislatore costituzionale ha talmente avvertito l'effetto derogatorio al normale e limitato assetto organiz-zatorio della designazione del giudice contabile togato, da ritenerne necessaria la specificazione nello Statuto.

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Orbene, di fronte a tale espressa specificazione dello Statuto per una delle magistrature superiori, non si vedecome si possa sostenere che invece l'assoluto silenzio dello stesso legislatore circa le altre possa essere interpretatocome una implicita delega a disciplinare, in sede di attuazione, la nomina, la composizione, la stessa strutturadel giudice amministrativo in una organizzazione giurisdizionale del tutto difforme da quella ordinaria.

La Corte costituzionale ha affermato chiaramente che, anche laddove gli Statuti prevedano in via genetica laemanazione di norme di attuazione, sarebbe illogico ritenere che queste ultime debbano essere emanate per tuttele materie statutarie perche in tal modo si perverrebbe ûall'assurdo di giudicare che esse sono state previste anchein caso in cui il testo statutario avesse avuto in se piena completezza e non avesse reclamato integrazioni o speci-ficazioni. In tali ipotesi le norme di attuazione non potrebbero mai emanarsi per mancanza di oggettoý (Cortecost. 1� luglio 1969, n. 136).

5. ö Neppure potrebbe sostenersi, sotto altro profilo, che nella previsione statutaria siciliana, limitata allalocalizzazione, sia implicita la disciplina della organizzazione giurisdizionale.

Al riguardo la Corte costituzionale ha sempre affermato che in materia di ordinamento giudiziario esiste,ex articolo 108 Cost., una riserva di legge statale (Corte cost. n. 4/1956, n. 76/1995, n. 134/1998, n. 86/1999).

Eé stato anche affermato che il disegno del costituente e© stato ûdi procedere bens|© per determinate materie adun decentramento istituzionale nel campo legislativo ed amministrativo a favore dell'Ente Regione, ma di esclu-dere dal decentramento tutto il settore giudiziario e di sottrarlo, quindi, a qualsiasi competenza delle Regionianche di quelle a Statuto speciale dettando cos|© uno di quei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato checostituiscano limite insuperabile all'attivita© legislativa delle regioniý (Corte cost. n. 4/1956, v. anche Corte cost.n. 43/1982).

In questa ottica appare oltremodo significativa la decisione n. 150/1993 in cui si trattava di stabilire la legit-timita© costituzionale della legge statale n. 374/1991 istitutiva del giudice di pace asseritamente lesiva delle compe-tenze statutarie della Regione Valle d'Aosta disciplinanti la istituzione degli uffici di conciliazione (articolo 41legge cost. n. 4/1948).

In quella occasione la Corte ha affermato ûIl Titolo VII dello Statuto di autonomia della Valle d'Aosta, rubri-cato come ``Ordinamento degli uffici di conciliazione'', prevede nella sua unica norma (l'articolo 41) determinateattribuzioni, di natura amministrativa, in favore del Presidente della Giunta, nonche della Giunta stessa, attribu-zioni concernenti sia l'istituzione degli uffici di conciliazione (che e© disposta con decreto del Presidente dellaGiunta deliberazione di questa); sia la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa dall'ufficio dei giudici conci-liatori e viceconciliatori (che e© disposta dal Presidente della Giunta in virtu© di delegazione del Presidente dellaRepubblica); sia, infine, l'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere (che e© autorizzato anch'essa dal Presi-dente della Giunta).

Orbene, il significato limitativo espresso dal tenore testuale della previsione statutaria riferentesi esclusiva-mente ö sia nella rubrica del titolo, sia nella formulazione della sua unica norma ö al giudice conciliatore edal suo ufficio, e non al ûgiudice onorarioý in generale, trova conforto non solo nella considerazione che la piu©ampia figura, appunto, del ûgiudice onorarioý ö ricomprendente in se quella del ûgiudice conciliatoreý gia© all'e-poca esistente nell'ordinamento giudiziario ö non poteva non essere presente al legislatore costituente, essendola Carta costituzionale (che tale figura ûgeneraleý conosce ed ammette: articolo 106, secondo comma Cost.) ante-cedente, sia pure di poco, allo Statuto di autonomia, ma trova conferma anche in altre varie e concorrenti ragioni.

La norma statutaria, per il suo contenuto precettivo, incide sull'ordinamento giudiziario e sullo ûstatusý diun giudice dell'ordine giudiziario.

Sotto il primo profilo (incidenza sull'ordinamento giudiziario), va innanzi tutto ribadito che in tale materiac'e© riserva di legge (articolo 108 Cost.) e questa Corte ha gia© piu© volte puntualizzato trattarsi di riserva di leggestatale, con conseguente esclusione di qualsivoglia interferenza della normativa regionale (sent. n. 767 del 1988,sent. n. 43 del 1982, sent. n. 81 del 1976, sent. n. 4 del 1956). Deve quindi ripetersi che alla legge statale ûcompetein via esclusiva disciplinare in modo uniforme per l'intero territorio nazionale e nei confronti di tutti (articolo 3Cost.) i mezzi e le forme di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (articoli 24, primo comma,e 113 Cost.)ý (sent. n. 81 del 1976, citata). Tale riserva abbraccia sia la disciplina degli organi giurisdizionali, siala normativa processuale, anch'essa riservata esclusivamente alla legge statale (sent. n. 505 del 1991, sent. n. 489del 1991).

Come la legge processuale (secondo il disegno costituzionale del nostro ordinamento), cos|© anche la norma-tiva degli organi giurisdizionali non puo© che essere uniforme su tutto il territorio nazionale, dovendo a tutti essere

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garantiti pari condizioni e strumenti nel momento di accesso alla fruizione della funzione giurisdizionale, il cuiesercizio e© imprescindibilmente neutro, perche insensibile alla localizzazione in questa o quella regione, oltre cheneutrale, perche svolto in posizione di terzieta© rispetto ai poteri dello Stato, non escluso il potere esecutivo delleRegioni.

Pertanto le attribuzioni regionali in materia di giudice conciliatore, in quanto incidenti in materia soggetta ariserva di legge statale, hanno carattere di specialita© sicche l'articolo 41 della legge costituzionale n. 4 del 1948(Statuto) si pone come deroga a tali principi, consentita soltanto dal rango costituzionale della norma stessa;deroga doppiamente eccezionale perche contempla un'interferenza regionale in materia di esclusiva competenzastatale e perche tale interferenza nell'ordinamento giudiziario si realizza a livello non gia© di legge regionale, bens|©esclusivamente di atti dell'esecutivo. Tale connotazione di eccezionalita© non puo© che confinare la norma statutarianel ristretto ambito del suo tenore letterale sicche in Valle d'Aosta e© solo il ûgiudice conciliatoreý, e non anche ilûgiudice onorarioý ex articolo 106, secondo comma, Cost., ad essere in qualche misura diverso dal giudice conci-liatore sul restante territorio del Paese.

Il rilevato carattere derogatorio si appalesa poi ancora piu© marcato se si considera il contenuto della normastatutaria, che ö seppur su delegazione del Presidente della Repubblica ö prevede una serie di provvedimentidi competenza dell'esecutivo della Regione che incidono in radice sullo status di giudice conciliatore, condizionan-done la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa. Anche sotto questo secondo profilo giova richiamare lagiurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato come la riserva di legge in materia di ordinamento giudiziarioe© posta ûa garanzia dell'indipendenza della magistraturaý (sent. n. 72 del 1991); indipendenza che costituiscevalore centrale per uno stato di diritto, sicche l'eventuale difetto di presidi a sua difesa puo© ridondare in vizio diincostituzionalita© (sent. n. 6 del 1970); indipendenza che e© assicurata in generale, ma anche con specifico riferi-mento al giudice onorario, dalle competenze del Consiglio superiore della Magistratura, sicche anche per lanomina dei giudici di pace e© in generale prevista la previa deliberazione dello stesso (articolo 4 della legge n. 374del 1991).

Quindi, anche sotto questo profilo dell'esigenza di garanzia dell'indipendenza del giudice, la previsione, con-tenuta nell'art. 41 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto Valle d'Aosta), del potere (seppur dele-gato) del Presidente della giunta di dichiarare la decadenza e la dispensa del giudice conciliatore, e soprattutto ilpotere di revocarne la nomina, denuncia il suo carattere singolare e del tutto eccezionale, nella specie consentitodal rango costituzionale della norma stessaý.

Il principio ricavabile dalla anzidetta decisione sembra molto chiaro: innanzitutto nel senso che la deroga allariserva costituzionale di legge statale in materia di giurisdizione e© consentita solo se espressamente prevista dauna norma speciale di pari rango costituzionale e, in secondo luogo, che le disposizioni degli Statuti speciali inmateria di giurisdizione hanno carattere eccezionale e che quindi, come si esprime la Corte ûtale connotazionedi eccezionalita© non puo© che confinare la norma statutaria nel suo ristretto ambito del tenore letteraleý. Insostanza la Corte ribadisce per le norme di attuazione il divieto generale di esegesi finalistica delle competenzestatutarie di cui alle citate decisioni 124/1957, 66/1961, 46/1962, 66/1964, 115/1972. Non meno importante, ai finiche qui interessano, e© la affermazione della necessaria uniformita© su tutto il territorio nazionale della ûnormativadegli organi giudiziariý che viene ricondotta alla necessita© di garantire a tutti i cittadini pari condizioni e stru-menti di accesso alla funzione giurisdizionale di cui viene affermato il carattere neutro ed insensibile alle localiz-zazioni in una piuttosto che in altra regione. Non puo© non rilevarsi, in proposito, la stringente analogia di taliaffermazioni con quelle concernenti la attuale tematica dei limiti alle potesta© normative regionali derivanti dallecosiddette materie trasversali (Corte cost. nn. 282/2002, 407/2002, 536/2002, 88/2003, 303/2003) e cio© per latutela di esigenze unitarie ed infrazionabili.

6. ö Se cio© e© esatto, se ne deve concludere che le norme di attuazione dello Statuto siciliano di cui agli arti-coli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 hanno introdotto in Sicilia un istituto eccezionale, quale la possibilita© di nominadi magistrati laici, hanno disciplinato il loro status (ed anche, ex articolo 8 quello dei togati) in modo diverso daquello ordinario e cio© al di fuori di qualsiasi previsione statutaria, in una materia costituzionalmente riservata alladisciplina statale necessariamente uniforme sul punto ö come verra© chiarito in prosieguo ö e pertanto deroga-bile solo per espressa previsione di norma equiordinata e cioe© di rango costituzionale.

Tale natura non e© riconosciuta ö ripetesi ö alle norme di attuazione degli Statuti delle Regioni a Statuto spe-ciale.

Con riferimento al d.lgs. n. 654/1948 (corrispondente per natura al d.lgs. n. 373/2003) la Corte costituzionaleha affermato ûche il predetto decreto legislativo ha valore di legge ordinariaý (Corte cost. n. 61/1975).

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Inoltre, piu© in generale, la Corte ha affermato che le norme di attuazione degli Statuti speciali ûhanno dun-que valore di legge, e per alcuni Statuti, come per quello sardo, e© prevista la loro compilazione da parte di unacommissione paritetica e occorre sentire il parere di alcuni organi regionali. Sia per ragioni formali che perragioni sostanziali, esse si pongono dunque su un piano diverso e superiore rispetto alle leggi da emanare nellematerie da esse regolate; ma non per questo si puo© ad esse attribuire il carattere di leggi costituzionaliý (v. Cortecost. n. 30/1959 cit.).

Eé stato infatti osservato ûesse sono, per definizione, norme dettate per ``l'attuazione'' di norme costituzionali.Se esse risultano conformi alla norma costituzionale (secundum legem), nessuna questione puo© essere sollevata;ma se, al contrario, si dimostrano in contrasto con la norma costituzionale, della quale dovrebbero rendere possi-bile l'attuazione contra legem non si comprende come e perche potrebbero sottrarsi ad una pronuncia di illegitti-mita© costituzionale. Piu© delicati possono essere i casi nei quali, pur non prospettando un manifesto contrasto, lanorma di attuazione ponga un precetto nuovo, non contenuto neppure implicitamente nella norma costituzionalepraeter legem: casi, che mal si prestano ad essere classificati preventivamente in via generale e che possono richie-dere piuttosto decisioni di specie. Eé chiaro, comunque, che ai fini di tali decisioni, non si potra© prescindere dal cri-terio fondamentale stabilito dallo stesso costituente (art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1), cheha affidato alla Corte costituzionale il compito di garantire che non avvengano invasioni nella sfera di compe-tenza assegnata alla regione dalla Costituzione. A meno di attribuire alle norme di attuazione natura ed efficaciadi vere e proprie, norme costituzionali (il che, in verita© , non e© stato sostenuto neppure dall'Avvocatura generaledello Stato); la competenza della Corte ad esaminarle e a pronunciare sulla legittimita© costituzionale di esse nonpuo© essere posta in dubbio (v. Corte cost. n. 14/1956).

In relazione alla necessita© che in materia di giurisdizione occorra una deroga espressa di rango costituzionale,va anche ricordato, che la riserva dell'art. 108 della Costituzione concerne ûla disciplina di tutto quanto concernel'amministrazione della giustizia, sia riguardo alla istituzione dei giudici, che alle loro funzioni ed alle modalita©del correlativo esercizioý (v. Corte cost. n. 4/1956).

Tale principio e© stato sempre tenuto fermo dalla giurisprudenza della Corte che ne ha sempre fatto rigorosaapplicazione numerose volte anche in Sicilia sino al punto di affermare la incostituzionalita© anche di norme sol-tanto meramente riproduttive della disciplina nazionale (v. Corte cost. nn. 154/1995, 115/1972), nonche di normeche anche soltanto in via indiretta interferivano con l'esercizio della funzione giurisdizionale (Corte cost. n. 94/1995). In proposito va altres|© ricordato che ö come gia© osservato ö alle censure di costituzionalita© riguardo allagiurisdizione non si e© sottratto neppure lo stesso Statuto siciliano di cui sono stati dichiarati incostituzionali gliarticoli 26 e 27 sulla giurisdizione penale dell'Alta Corte (Corte cost. n. 6/1970).

Premesso poi che la funzione delle norme di attuazione, in Sicilia, come nelle altre Regioni a Statuto speciale,consiste nel rendere possibile il trasferimento alle Regioni delle funzioni e degli uffici nelle materie di competenza(v. Corte cost. nn. 17/1961, 14/1962, 180/1980). Va poi sottolineato che la giurisprudenza costituzionale ha ricono-sciuto che, nella specie, l'art. 23 dello Statuto siciliano, a differenza dello Statuto del Trentino Alto Adige noncontiene, in materia di composizione dei collegi e di status dei magistrati, ne una delega alle norme di attuazione,ne alcun accenno alla possibilita© di nomina regionale di giudici laici ûpoiche esso stabilisce soltanto che gli organigiurisdizionali centrali debbano avere in Sicilia le Sezioni per gli affari concernenti la Regioneý (Corte cost.n. 189/1992) ed inoltre ûl'art. 23 del r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455, attiene soltanto il decentramento degli organigiurisdizionali centrali per gli affari concernenti la regioneý (Corte cost. n. 61/1975).

Se tutto cio© e© esatto, l'art. 4, primo comma, lettera d), il successivo secondo comma nonche l'art. 6 del d.lgs.n. 373/2003, laddove prevedono la presenza e la designazione di laici regionali, solo apparentemente rivestono ilcarattere di norme di attuazione, ma, in realta© , rientrano in quella categoria individuata dalla Corte costituzio-nale nelle decisioni 14/1956 e 20/1956 e suscettibili di essere censurate in sede di giudizio incidentale di costituzionalita© .

Si tratta di norme che, sotto l'apparenza di norme secundum legem, in realta© , in primo luogo contrastano conle disposizioni statutarie e, comunque, non sono dettate dalla necessita© di dare attuazione a queste disposizioni.

Cio© si evince con chiarezza poiche il legislatore costituzionale aveva limitato ö ripetesi ö la autonomiaregionale alla sola localizzazione in Sicilia degli organi delle giurisdizioni superiori, cos|© come evidenziato daltenore letterale dell'art. 23 e come riconosciuto nelle citate decisioni della Corte costituzionale n. 189/1992 en. 61/1975.

7. ö Il decreto legislativo n. 373/2003 appare quindi contra statutum poiche, al pari del d.lgs. n. 654/1948,istituisce in Sicilia ûun organo di giustizia amministrativa caratterizzato da una propria fisionomia e strutturaý

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(Corte cost. n. 25/1976), diverso da quello ordinario, composto anche con giudici laici di nomina regionale. Essoquindi ha ampliato enormemente la sfera di autonomia regionale, ma cio© ha fatto vulnerando non solo la lettera,quanto e soprattutto lo spirito della disposizione costituzionale statutaria, che limitava la autonomia regionalenel solo ambito della presenza in Sicilia di sezioni delle magistrature superiori, senza alcuna intenzione di alte-rarne la struttura e le funzioni (v. in questo senso l'ordinanza 6 marzo 1975 con cui l'Adunanza Plenaria rimisealla Corte costituzionale la questione su cui poi intervenne la dec. 25/1976).

L'incostituzionale ampliamento dell'autonomia regionale, dapprima operato con le norme di attuazione dicui al d.lgs. n. 654/1948, e, attualmente, con gli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003, le ha portate di conseguenzaa collidere con i principi costituzionali sanciti dall'art. 108 per quanto concerne la riserva di legge statale sullaamministrazione della giustizia e, in particolare, sulla nomina di magistrati laici.

A dimostrazione poi che la materia disciplinata dagli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 rientra nella riservadi legge statale in materia di giurisdizione e© sufficiente rammentare l'insegnamento della Corte costituzionalenelle decisioni 585/1989, 224/1999 e 25/1976.

Nella prima, che si riferiva alla Regione Trentino Alto Adige, si e© affermato che, salvo il principio della pro-porzionale etnica, che non veniva peraltro messo in discussione, spettava allo Stato stabilire le variazioni qualita-tive e quantitative della pianta organica dei magistrati addetti agli uffici giudiziari della Provincia di Bolzano.

Nella seconda, con riferimento alla Regione Sicilia, si e© affermato che anche la disciplina degli incarichiextraistituzionali a magistrati del Consiglio di Stato e della Corte dei conti operanti in Sicilia rientra nella compe-tenza esclusiva statale in quatto attinente al loro stato giuridico. Ancora piu© significativa la affermazione conte-nuta nella decisione 25/1976 in cui, con espresso riferimento alla nomina dei componenti laici del Consiglio digiustizia amministrativa per la Regione siciliana la Corte costituzionale ha rilevato che trattasi di ûquestione cheincide in modo diretto sulla giurisdizione dell'organo o, quanto meno, sull'esercizio della medesimaý.

Se cio© e© esatto, sembra evidente che con gli articoli 4 e 6 delle norme di attuazione dianzi citate si sia invasauna sfera di competenza riservata al legislatore statale.

8. ö Peraltro, quando anche le disposizioni degli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 volessero qualificarsinon gia© contra legem, ma semplicemente praeter legem, le conclusioni non muterebbero.

La legittimita© costituzionale delle norme di attuazione degli Statuti speciali praeter legem e© infatti subordi-nata ö ripetesi ö alla duplice condizione del dovere concordare con le disposizioni statutarie e con il principiodell'autonomia regionale e dell'essere giustificate dalla finalita© di dare attuazione allo Statuto.

Nessuna di queste condizioni e© ravvisabile nella nomina regionale di giudici laici presso il Consiglio di giusti-zia amministrativa per la Regione siciliana.

Tale previsione non concorda affatto con lo Statuto (Corte cost. n. 189/1992 e n. 61/1975 cit.) e neppure con-corda con il principio dell'autonomia regionale in quanto, in difetto di apposita deroga di rango costituzionale,la norma di attuazione non puo© impingere su altri principi costituzionali non conferenti con l'autonomia regio-nale (Corte cost. n. 150/1993). La Corte costituzionale in proposito ha sempre affermato che ûla capacita© additivasi esprime pur sempre nell'ambito dello spirito dello Statuto e delle sue finalita© e ö come s'e© pure rilevato ö nelrispetto dei principi costituzionaliý (Corte cost. nn. 212/1984, 213/1998).

La nomina dei giudici laici di designazione regionale neppure e© giustificata dalla necessita© di dare attuazioneallo Statuto.

Tale necessita© , com'e© costante insegnamento della Corte costituzionale, si concreta nel trasferimento di fun-zioni e uffici (Corte cost. nn. 17/1961, 14/1962, 30/1968, 180/1980) al fine di dar vita ûnell'ambito delle ben defi-nite autonomie regionali ad una organizzazione degli uffici e delle pubbliche funzioni che si armonizzi con l'orga-nizzazione dello Stato nell'unita© dell'ordinamento amministrativo generaleý (Corte cost. nn. 14/1962, 213/1998 cit.).

Orbene, ai fini del mero trasferimento di una sezione del Consiglio di Stato in Sicilia ö poiche tale e© l'og-getto dell'art. 23 dello Statuto siciliano (Corte cost. n. 189/1992 e n. 61/1975) ö non si vede perche era necessariocambiare la composizione ordinaria della sezione con l'introduzione nel collegio giudicante di giudici laici di desi-gnazione regionale. Eé stato infatti affermato che la norma di attuazione, intanto puo© porsi in funzione di integra-zione dello statuto ûsempreche sia giustificata da un rapporto di strumentalita© logica rispetto all'attuazione didisposizioni del medesimoý (Corte cost. n. 260/1990). Diversamente, ove il testo statutario sia completo, le normedi attuazione sarebbero prive di oggetto (Corte cost. n. 136/1969 cit.).

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Sotto altro profilo neppure potrebbe sostenersi che lo Stato e la Regione, in sede di commissione paritetica,possano d'accordo attribuire alla norma statutaria una portata maggiore di quella risultante dal tenore letteraledella stessa.

In altri termini, non e© possibile che in sede di commissione paritetica lo Stato autorizzi una limitazione deisuoi poteri, in assenza di qualsiasi previsione statutaria, ed al di la© delle finalita© tipiche delle norme di attuazione(decentramento), specie poi se rapportate alla chiara previsione statutaria nel medesimo senso.

Va infatti considerato che a tale abdicazione corrisponderebbe un parallelo ampliamento dei poteri regionalie, quindi, in sostanza, una surrettizia modifica dello Statuto speciale.

Gli Statuti speciali, poi, sono norme costituzionali (art. 116 primo comma Cost.) approvati e modificabilisecondo il procedimento speciale di cui all'art. 138 Cost.

Non sarebbe quindi ammissibile che una fonte di rango subordinato, quale le norme di attuazione, potessemodificare una normativa di rango costituzionale.

Neppure sembrerebbe possibile sostenere che nel nuovo assetto costituzionale equiordinato (art. 114 primocomma) i vari enti possano esercitare qualsiasi potere loro attribuito purche in forma di collaborazione e cioe©anche prescindendo dalla ripartizione di competenze normative di cui all'art. 117. In effetti una simile possibilita©non e© prevista neppure negli ordinamenti propriamente federali ed a Costituzione flessibile.

Il nuovo Titolo V prevede in molti casi l'intesa tra Stato e Regioni, ma, nessuno di essi, neppure forza dellaclausola di maggior favore, di cui all'art. 10 della legge Cost. 3/2001, potrebbe sovrapporsi o comunque modifi-care il regime e le caratteristiche del sistema di cooperazione tipico del procedimento delle norme di attuazionedello Statuto speciale siciliano in subiecta materia.

L'art. 116 ultimo comma, l'art. 117 quinto comma e l'art. 118 terzo comma della Costituzione riguardanoinfatti materie diverse e presuppongono comunque la preesistenza di una legge ad hoc.

Neppure sarebbe ipotizzabile una intesa Stato-Regione ex art. 118 primo comma. Invero, ai sensi di taledisposizione l'intesa tra Stato e regioni puo© solo concorrere a spostare verso l'alto, e cio© in vista di esigenze unita-rie, funzioni amministrative tipicamente locali. Tale principio e© stato esteso dalla giurisprudenza costituzionaleanche alla funzione piu© propriamente legislativa, ma solo a condizione che quest'ultima avesse ad oggetto esclusi-vamente la organizzazione e regolazione di quelle stesse funzioni amministrative assunte dallo Stato in forza delprincipio di sussidiarieta© . La deroga al riparto delle competenze legislative sarebbe quindi piu© apparente che realepresentandosi invece come una logica conseguenza del nuovo principio costituzionale di sussidiarieta© . Peraltro,ove non ricorrano i presupposti della sussidiarieta© e non venga previsto un procedimento di coordinamento oriz-zontale riprenderebbe vigore quanto alla distribuzione di competenze legislative il principio di ûrigidita© dellaCostituzioneý (Corte cost. n. 303/2003, v. anche Corte cost. n. 376/2003).

Nulla di tutto cio© e© ravvisabile nella fattispecie in esame.

Innanzitutto non sembra previsto dall'art. 118 primo comma che l'attrazione di competenza venga spostata afavore del livello inferiore.

In secondo luogo difetta il presupposto fondamentale del principio di sussidiarieta© e cioe© l'esigenza di assicu-rare un esercizio unitario della funzione giurisdizionale amministrativa, esercizio la cui unitarieta© verrebbe anzipregiudicata.

In terzo luogo la materia de qua (composizione dei Collegi e stato giuridico dei giudici) sotto nessun profilopuo© essere fatta rientrare nella categoria delle funzioni amministrative, ma rientra invece nella funzione giurisdi-zionale (Corte cost. n. 25/1976 e n. 224/1999 cit.).

In conclusione, quindi, il procedimento (e i limiti intrinseci) afferenti la adozione delle norme di attuazionetramite le commissioni paritetiche, continuano ad applicarsi anche nelle ipotesi in cui fosse invocabile (ma non e©questo il caso) la cosiddetta clausola di maggior favore (v. in questo senso testualmente l'art. 11 secondo e terzocomma della legge 5 giugno 2003 n. 131).

A cio© deve aggiungersi anche l'ulteriore considerazione (ripetutamente esaminata nei precedenti punti 5 - 6 - 7)secondo cui le deroghe al principio del regime uniforme della organizzazione giurisdizionale su tutto il territorionazionale debbono comunque essere contenute in norme di rango costituzionale e che il carattere eccezionale di talederoga non consente di superare il tenore letterale della norma statutaria (Corte cost. n. 150/1993 cit.).

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D'altra parte neppure potrebbe ritenersi che la riserva di legge statale possa essere intesa in senso solamenteformale e non anche sostanziale. In altri termini non e© possibile sostenere che, ai fini in esame, sia sufficiente laadozione di una legge da parte dello Stato il quale, assolto cos|© l'onere della riserva di legge, potrebbe ad libitumdettare composizioni degli organi giurisdizionali differenti da Regione a Regione.

Una simile esegesi sarebbe insostenibile poiche contraria a specifici principi costituzionali ed alla costanteinterpretazione fornitane dalla Corte costituzionale.

Invero, se si affermasse il princ|© pio, dianzi soltanto ipotizzato, che nella materia de qua sia ammissibile unariserva di legge in senso soltanto formale, quale ulteriore corollario dovrebbe anche ammettersi che il legislatorestatale potrebbe incidere non solo sulla struttura dei Collegi, disciplinandoli diversamente da Regione a Regionema potrebbe differenziare a livello regionale anche la struttura dei processi (civile, penale, amministrativo) e cio© ,non solo in relazione alle Regioni a Statuto speciale, ma anche con riferimento alle regioni a statuto ordinario.

Verrebbero pregiudicati cos|© i scanoni costituzionali di cui agli articoli 3, 24 primo comma, 113 primocomma, 102 primo e secondo comma, 108 primo comma della Costituzione differenziando irragionevolmentel'esercizio della giurisdizione in funzione della residenza e violando cos|© i principi di uguaglianza (art. 3) e dellaparita© di tutela dei diritti ed interessi legittimi (art. 24 primo comma art. 113 primo comma). Piu© in generale, ver-rebbe anche vulnerato il principio dell'unita© dell'ordinamento giuridico il cui valore, gia© riconosciuto in passatoin forza dell'art. 5 della Costituzione, e© attualmente ribadito, a livello costituzionale, anche dall'art. 120 secondocomma nel testo introdotto dalla Legge costituzionale n. 3/2001. La Corte costituzionale ha infatti sempre affer-mato ribadito che ûle modalita© di esercizio del fondamentale principio della tutela giurisdizionale non possonoessere diverse in una Regione rispetto al restante territorio nazionaleý (Corte cost. n. 113/1993) e che esiste unaûesigenza di uniformita© di tutela in ordine a situazioni soggettive di identica naturaý (Corte cost. n. 42/1991).

In altri termini va riconosciuto che la unitarieta© della materia giurisdizionale non puo© non ricomprenderetutti i suoi aspetti, ivi compresi quelli concernenti il reclutamento la nomina e lo stato giuridico dei giudici (Cortecost. nn. 224/1999, 25/1976 cit.), che, ovviamente, devono restare identici su tutto il territorio nazionale. Sottoquesto profilo, pertanto, la normativa statale non potrebbe introdurre differenziazioni a livello regionale senzaincorrere in censure e vizi di costituzionalita© . L'unica deroga, come piu© volte sottolineato, e© ammessa solo in basead una disposizione di pari rango costituzionale, da interpretare inoltre, in quanto deroga, in senso strettamenteletterale.

Pertanto, e in donclusione su questo punto, l'art. 23 dello Statuto siciliano nella sua chiara previsione, limi-tata alla sola localizzazione della funzione giurisdizionale, rappresenta un punto fermo e insuperabile di modoche ne la commissione paritetica ne lo Stato (autonomamente o in sede di commissione paritetica) potrebberoadottare una disciplina derogatoria rispetto a quella ordinaria che incida su aspetti della funzione giurisdizionalediversi dalla pura e semplice localizzazione.

9. ö Questa presidenza e© consapevole della circostanza che la questione della composizione del Consiglio digiustizia amministrativa per la Regione siciliana e© stata ripetutamente affrontata anche dalla Corte costituzionale,ma sempre sotto angoli di valutazione diversi.

Nella decisione n. 25/1976 la Corte costituzionale si e© occupata del problema, con riferimento tuttavia sol-tanto all'art. 5 terzo comma del d.lgs. n. 654/1948 e cioe© all'istituto dell'appello all'Adunanza Plenaria delle deci-sioni emesse in unico grado del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana allora, prima dellaistituzione dei T.A.R.

In quell'occasione la Corte ha fatto altres|© riferimento alla nota decisione delle Sezioni Unite della Cassa-zione 11 ottobre 1955 n. 2994 dichiarando di condividerla. Nella anzidetta decisione la Cassazione, non essendoancora in funzione la Corte costituzionale, si pose il problema della costituzionalita© in generale della istituzionedel Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sotto un duplice aspetto: estrinseco ed intrinseco.

Sotto il profilo estrinseco si trattata di accertare l'osservanza o meno del principio di cui all'art. 76 dellaCostituzione e quindi l'esistenza di una norma di delega, nonche la attribuzione o meno di una competenzalegislativa alla commissione paritetica di cui all'art. 43 dello Statuto siciliano anziche al Governo. Tale profilo,di cui si e© trattato nella ordinanza di questo Consiglio 185/2003, non viene in discussione in relazione ald.lgs. n. 373/2003.

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Sotto il profilo intrinseco, invece, la costituzionalita© si pose con il preciso riferimento alla questione se il Con-siglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana dovesse considerarsi o meno un giudice speciale (la cuiistituzione era ed e© vietata ex art. 102 secondo comma della Costituzione) che i ricorrenti ritenevano offrisseminori garanzie rispetto ad una ordinaria sezione del Consiglio di Stato.

A riprova della specialita© venivano addotte la diversita© del numero dei votanti (5 anziche 7) e la differenza ditalune prerogative: inamovibilita© dei componenti le sezioni del Consiglio di Stato; temporaneita© dei due membridesignati dalla Giunta regionale; partecipazione al Collegio esclusa per gli allora referendari del Consiglio diStato.

La Cassazione, com'e© noto, affermo© che il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana nonpoteva considerarsi quale giudice speciale, ma soltanto una sezione specializzata del Consiglio di Stato superandoin questo modo la eccezione di incostituzionalita© .

Ne in quella occasione ne successivamente e© stato posto ex professo alla Corte costituzionale il profilo delrapporto tra la lettera e lo spirito dell'art. 23 dello Statuto e le norme di attuazione che prevedono la designazioneregionale di magistrati laici.

Tuttavia, pur non essendo stata sollevata una specifica questione in tal senso, se si esaminano i precedenti,emerge chiaramente, nel pensiero e nelle parole della Corte costituzionale, la consapevolezza che il d.lgs. n. 645/1948 era andato ben al di la© della lettera e dello spirito dell'art. 23 dello Statuto.

Invero, nella decisione n. 61/1975 la Corte ö come gia© rilevato ö afferma che ûl'art. 23 del r.d.lgs. 15 maggio1946 n. 455 attiene soltanto al decentramento degli organi giurisdizionali centrali per gli affari concernenti laregioneý.

Nella decisione 25/1976 occupandosi della indipendenza dei membri laici del Consiglio di giustizia ammini-strativa per la Regione siciliana, per quanto qui interessa, la Corte ha affermato testualmente che ûcertamentel'art. 23 dello Statuto della Regione siciliana prevedeva semplicemente l'istituzione in Sicilia di una sezione giuri-sdizionale del Consiglio di Stato ed e© innegabile che con il d.lgs. n. 654/1948 e© stato invece istituito un organo digiustizia amministrativa caratterizzato da una propria particolare fisionomia e strutturaý.

Nella decisione dianzi citata la Corte ha confermato l'orientamento della Cassazione circa la natura del Con-siglio di giustizia aniministrativa per la Regione siciliana (sezione specializzata del Consiglio di Stato e non giu-dice speciale, anche se la anzidetta definizione fa pensare piu© ad un giudice speciale che ad una sezione specializ-zata) ma, com'e© noto, cio© non gli ha impedito di dichiarare incostituzionale il d.lgs. n. 654/1948 nella parte incui (art. 3 terzo comma) prevedeva la possibilita© di rinnovo dei giudici laici. Sotto questo profilo il d.lgs. n. 373/2003 non presenta alcuna differenza rispetto al d.lgs. n. 654/1948 dal momento che entrambi, invece di limitarsia localizzare in Sicilia, per quanto qui interessa, una sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, ne disciplinanouna composizione diversa da quella ordinaria.

10. ö Possono pertanto proporsi le questioni di legittimita© costituzionale dell'art. 4 primo comma lettera d)e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6 secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alleparole ûe all'art. 4 comma 1, lettera d)ý in rapporto agli articoli 23 e 43 dello Statuto siciliano nonche agli articoli3, 24 primo comma, 113 primo comma, 108 primo comma, 102 primo e secondo comma e al primo comma dellaVI disposizione transitoria della Costituzione.

I profili relativi al rapporto tra gli anzidetti commi del decreto legislativo n. 373/2003 e gli articoli 23 e 43dello Statuto ed all'art. 108 primo comma della Costituzione sono stati in precedenza esposti nel senso che le anzi-dette norme di attuazione disciplinano materie riservate alla competenza esclusiva statale.

11. ö Quanto al rapporto tra il decreto legislativo n. 373/2003 e gli articoli 3, 24 primo comma, 113 primocomma Cost. va rilevato che nell'esercizio della tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi legittimi tuttii cittadini debbono essere posti nelle medesime condizioni non essendo ammissibile un esercizio della giurisdi-zione diversificato su alcune parti del territorio nazionale (Corte cost. nn. 4/1956, 43/1982, 113/1993, 150/1993)a meno che ö ripetesi ö cio© non sia legittimato ad una deroga di rango costituzionale, deroga peraltro nella spe-cie inesistente. Nel concetto di esercizio diversificato non puo© poi non ricomprendersi anche una composizionecollegiale diversa da quella ordinaria (in questo senso v. testualmente la citata dec. Corte cost. n. 25/1976) e dacio© la violazione dei parametri costituzionali dianzi indicati.

Circa il rapporto tra il decreto legislativo n. 373/2003 e gli articoli 102 primo e secondo comma e 108 primo esecondo comma della Costituzione occorre sottolineare che anche qualificando il Consiglio di giustizia ammini-

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strativa per la Regione siciliana come sezione specializzata, la istituzione di sezioni specializzate innanzitutto deveessere prevista da una legge statale, come si evince dall'art. 102, primo comma per il giudice ordinario e dal-l'art. 108 primo comma per i giudici speciali.

Esiste, quindi, a livello costituzionale, una ancora piu© speciale riserva esclusiva di legge statale circa la istitu-zione di sezioni specializzate, derogabile quindi solo in presenza di norma espressa di pari rilevanza costituzionale(Corte cost. n. 150/1993 cit.).

Nella specie ö ripetesi ö in nessun comma dell'art. 23 dello Statuto siciliano e© contenuto il minimo accenno,ne implicito ne esplicito alla possibilita© che in Sicilia vengano istituite sezioni specializzate ne del Consiglio diStato ne delle altre magistrature superiori.

Il decentramento puro e semplice (Corte cost. n. 61/1975 e n. 25/1976) non implica affatto di per se la crea-zione ex novo di sezioni specializzate tanto piu© che l'unico accenno di specialita© contenuto nell'art. 23 riguarda,come gia© osservato, il concerto tra Stato e Regione, sulla nomina soltanto dei magistrati della Corte dei conti.

Va poi rammentato che la Carta costituzionale prevede la istituzione di sezioni specializzate soltanto nel-l'ambito della magistratura ordinaria (art. 102 secondo comma) per cui la sezione specializzata viene considerataûnon gia© un tertium genus fra la giurisdizione speciale e quella ordinaria, bens|© una species di quest'ultimaý (Cortecost. nn. 76/1961, 394/1998 e ordinanza n. 424/1989).

Eé stato infatti rilevato che, a fronte del divieto di istituire giudici speciali, la deroga costituzionale a favoredelle sole Sezioni specializzate, dipende proprio dalla loro compenetrazione istituzionale con il giudice ordinario(Corte cost. nn. 4/1984, 424/1989).

Pertanto, se la istituzione di sezioni specializzate e© consentita dalla Costituzione (ex art. 102 secondo comma)solo nell'ambito della magistratura ordinaria e cio© in ragione del nesso organico con quest'ultima, se ne dovrebbeanche inferire che, cos|© come non e© possibile istituire nuovi giudici speciali, alla stessa stregua non sarebbe possi-bile istituire sezioni specializzate all'interno dei giudici speciali attualmente esistenti.

La questione non e© stata affrontata e risolta nell'unico caso in cui il problema si e© posto nei confronti di ungiudice speciale gia© esistente o, meglio, gia© previsto dalla Costituzione.

Invero, nella decisione n. 49/1968 esaminando la legittimita© costituzionale delle sezioni dei T.A.R. per il con-tenzioso elettorale ex art. 2 legge 23 dicembre 1966 n. 1147, la Corte costituzionale da un lato ha escluso il lorocarattere di nuovi giudici speciali in quanto ûparte degli istituendi T.A.R.ý ex art. 125 Cost. e non essendo vietataûla gradualita© nell'introduzione di nuovi organi di giustizia amministrativaý. Peraltro, la Corte neppure hariconosciuto alla anzidetta sezione elettorale la natura di sezione specializzata degli istituendi T.A.R. pervenendoad affermare che si trattava di ûun'articolazione di tribunale amministrativoý e che, in quanto tale ûnon richiedela presenza di giudici togati cos|© come non sembra che la richieda questo stesso tribunaleý.

In altri termini, nel pensiero della Corte sembrerebbe che mentre si ammetteva che il giudice speciale da isti-tuire ex novo, come i T.A.R., potesse anche essere interamente composto da laici (salvo le garanzie di indipen-denza ex art. 108 secondo comma Cost.), lasciava impregiudicato il problema se, nell'ambito dell'istituendo giu-dice speciale, fosse costituzionale istituire sezioni specializzate in analogia a quanto previsto dall'art. 102 secondocomma per il giudice ordinario.

12. ö In ogni caso, quando anche si pervenisse alla conclusione che l'art. 102 secondo comma e l'art. 108,primo comma Cost. non implicano di per se il divieto di istituire sezioni specializzate nell'ambito del giudicespeciale gia© esistente, non sembra possa dubitarsi che tale possibilita© sia coperta da riserva di legge statale exart. 102 primo comma e 108 primo comma Cost. e che comunque la riserva di legge statale non potrebbe dettare,in subiecta materia, e in assenza di specifiche disposizioni di deroga di rango costituzionale, un regime differen-ziato da, regione a regione.

Il vizio di costituzionalita© degli articoli 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2003 verrebbe pertanto a porsi negli stessi ter-mini dianzi enunciati.

Quanto poi al rapporto tra il d.lgs. n. 373/2003 e la VI disposizione transitoria della Costituzione, va ram-mentato che la stessa prevedeva di procedere, entro 5 anni, alla revisione delle giurisdizioni speciali eccettuandoespressamente il Consiglio di Stato, la Corte dei conti e i tribunali militari. In questa espressa eccezione trovaconcordanza la formulazione dell'art. 23 dello Statuto siciliano che si limitava al mero decentramento. Il d.lgs.n. 654/1948 prima, e il d.lgs. n. 373/2003 poi, istituendo una sezione specializzata hanno invece apportato sicura-mente una modificazione all'organo giurisdizionale, ponendosi in contrasto oltre che con lo Statuto sicilianoanche con il primo comma della VI disposizione transitoria.

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A questo proposito l'assenza di coordinamento tra lo Statuto siciliano e la Costituzione si avverte in modoancora piu© evidente se si considera che lo Statuto (art. 23 primo comma) prevedeva un decentramento negliorgani giurisdizionali centrali, decentramento peraltro neppure generalizzato, ma limitato ai soli ûaffari concer-nenti la regioneý. Innanzitutto non era e non e© agevole stabilire, in sede di giurisdizione (civile, penale ammini-strativa e contabile) quali siano gli ûaffari concernenti la regioneý dal momento che la giurisdizione e© un valoree una funzione neutra ûinsensibile alla localizzazione in questa o quella regioneý (Corte cost. n. 150/1993 cit.).La riprova di tale difficolta© e© dimostrata dal fatto che per le giurisdizioni civili, penali, tributarie e delle acquepubbliche non e© mai stata data attuazione alla previsione statutaria e, che in quella amministrativa si e© reso neces-sario estendere la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana anche ad attiemessi da autorita© statali (art. 5, primo comma d.lgs. n. 654/1948; art. 4 terzo comma d.lgs. n. 373/2003) di modoche attualmente, atteso che la competenza territoriale del giudice amministrativo e© derogabile, e© possibile cono-scere in Sicilia anche di ogni sorta di atti da chiunque emanati. Inoltre, per evitare di compromettere l'unita© delsistema giuridico della giustizia amministrativa, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione sicilianavenne configurato, relativamente agli atti statali, come organo sottordinato rispetto al Consiglio di Stato al qualeera prevista la possibilita© di appellarsi (art. 5 terzo comma d.lgs. n. 654/1948).

Vale la pena di ricordare, in proposito, la decisione della Corte costituzionale n. 25/1976. In quella occasionel'appello all'Adunanza Plenaria avverso pronunce del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione sici-liana su atti statali veniva giustificato con il venir meno, in quel caso, delle ûragioni per cui gli era stata conferitaquella particolare composizione caratterizzata dalla presenza di due giuristi designati dalla giunta regionale epoteva a cio© costituire opportuno rimedio la previsione dell'impugnabilita© delle sue decisioniý. L'appello venivainoltre giustificato non tanto per ûattribuire ai ricorrenti davanti al Consiglio di giustizia amministrativa per laRegione siciliana una tutela giurisdizionale maggiore di quella riconosciuta alla generalita© dei cittadini davantial Consiglio di Stato quanto piuttosto per assicurare una definitiva uniformita© di controllo sugli atti delle ammi-nistrazioni dello Statoý.

Tale competenza di primo grado e© venuta meno dapprima in forza di una esegesi pretoria (Adunanza Plena-ria n. 21/1978 e n. 18/1979) ed ora risulta espressamente sancita dal citato art. 4 terzo comma del d.lgs. n. 373/2003, ma rimane innegabile il superamento della lettera e dello spirito della norma statutaria che limitava e limitala competenza ai soli ûaffari concernenti la regioneý.

Le anzidette considerazioni dimostrano le difficolta© di adattamento della previsione statutaria anche con rife-rimento al solo e limitato aspetto della localizzazione. Pertanto, estendere la portata dell'art. 23 sino a modificarela struttura dell'organo giudicante legittima il sospetto di una incostituzionale revisione (sia pure parziale) dellagiurisdizione del Consiglio di Stato.

13. ö In conclusione sui precedenti punti possono per ora essere avanzate nell'ordine e in subordine leseguenti questioni di costituzionalita© con riserva di successiva integrazione in prosieguo:

A) dell'art. 4 primo comma lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6, secondocomma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'art. 4, comma 1, lettera d)ý in rapporto all'art. 23dello Statuto siciliano ed all'art. 102 primo comma e 108 primo comma Cost. in quanto l'art. 23 dello Statutonon prevede alcuna deroga alla composizione ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare in Sici-lia, e in rapporto agli articoli 102 primo comma e 108 secondo comma Cost. in quanto disciplina materia riservatadalla Costituzione alla legge statale, per cui eventuali deroghe a favore dell'autonomia regionale debbono esseresupportate da una espressa previsione di pari rango costituzionale che ö come piu© volte rappresentato ö non e©rinvenibile nell'art. 23 dello Statuto siciliano, nonche, in rapporto agli articoli 3, 24 primo comma, 113 primocomma Cost., in quanto introduce una ingiustificata differenziazione dell'organo giudicante, e quindi dell'eserci-zio della giurisdizione su una parte del territorio nazionale;

A.1) in subordine dell'art. 4 primo comma lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'art. 4 comma 1 lettera d)ý in rapportoall'art. 23 primo comma dello Statuto siciliano che non prevede ne una sezione specializzata del giudice specialene una composizione collegiale diversa da quella ordinaria e cio© anche in relazione, quale tertia comparationis,all'art. 24 primo comma dello Statuto siciliano concernente la composizione dell'Alta Corte, nonche all'art. 23terzo comma del medesimo Statuto, all'art. 10 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655 concernente la istituzione di sezionidella Corte dei conti per la Regione siciliana, all'art. 1 del d.lgs. 18 giugno 1999 n. 200 ed all'art. 90 e 91 secondocomma del T.U. delle leggi costituzionali di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670;

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A2) in subordine dell'art. 4 primo comma lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'art. 4 comma 1 lettera d)ý in rapporto allostesso art. 23 primo comma dello Statuto siciliano, nonche in rapporto all'art. 102 secondo comma e 108 primoe secondo comma della Costituzione, non essendo consentito istituire sezioni specializzate nell'ambito dei giudicispeciali;

A3) in subordine dell'art. 4 primo comma lettera d) e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'art. 4 comma 1 lettera d)ý in rapportoall'art. 23 primo comma dello Statuto siciliano ed in rapporto al primo comma della VI disposizione transitoriadella Costituzione che esclude dalla revisione la giurisdizione del Consiglio di Stato.

14. ö La questione sub A1 consente di porre sotto un diverso angolo di visuale l'affermazione, contenutanella gia© citata decisione delle Sezioni Unite della Cassazione n. 2994/1955, circa la aderenza del d.lgs. n. 654/1948 allo spirito dell'art. 23 dello Statuto sici1iano.

In quella occasione la Cassazione si e© preoccupata di chiarire che il Consiglio di giustizia amministrativa perla Regione siciliana, per la sua composizione, non e© un giudice capite deminutus quanto a quantita© , qualita© egaranzia dei suoi membri.

La Cassazione non si e© invece data carico della questione di costituzionalita© a monte e cioe© se lo Statuto e laCostituzione legittimavano la istituzione (gia© fortemente criticata dalla dottrina costituzionalistica dell'epoca) diuna sezione, sotto molteplici profili, diversa rispetto a una sezione ordinaria del Consiglio di Stato, ma si e© limi-tata ad affermare apoditticamente che ûle variazioni morfologiche del Consiglio di giustizia amministrativa perla Regione siciliana sono in funzione di quella stessa esigenza di decentramento che ha giustificato l'istituzionedell'Ente Regioneý.

A questo proposito e© opportuno segnalare, anche a chiarimento del richiamo che e© stato operato qualetertium comparationis, al d.lgs. n. 655/1948, che, nella stessa data del 6 maggio 1948, venne adottato, oltre aldecreto legislativo n. 654/1948, anche il d.lgs. n. 655/1948 relativo alla istituzione in Sicilia di una sezione giuri-sdizionale e di controllo della Corte dei conti. Com'e© noto, il predetto d.lgs. n. 655/1948 non dispone una compo-sizione delle Sezioni diversa da quella ordinaria, ma si e© limitato a ribadire (art. 10 primo comma) la previsionestatutaria (art. 23 terzo comma) della intesa tra Stato e regione sulla nomina dei magistrati. Va ulteriormenterimarcato che in sede di modifica delle norme di attuazione del predetto d.lgs. n. 655/1948, il d.lgs. 18 giugno1999 n. 200, adottato questa volta su determinazione della commissione paritetica ex art. 43 dello Statuto sici-liano, ha introdotto all'art. 1 del d.lgs. n. 655/1948 un secondo comma che testualmente dispone che ûla composi-zione e la competenza delle sezioni sono determinate dalle disposizioni della legge stataleý.

Orbene, nell'unico caso in cui l'art. 23 dello Statuto siciliano prevedeva, al terzo comma, un accenno di spe-cialita© , ne le prime norme di attuazione (adottate senza la procedura dell'art. 43 dello Statuto), ne le successive(adottate stavolta con il procedimento speciale) hanno ritenuto possibile e legittimo alterare la composizione ordi-naria delle sezioni della Corte dei conti.

Sulla base delle argomentazioni addotte dalle Sezioni Unite della Cassazione nella decisione 2994/1955 inmerito alle ûesigenze del decentramentoý non e© agevole giustificare come mai, in sede di attuazione della stessanorma statutaria, nei confronti della clausola di una qualche maggiore specialita© si sia mantenuta la composi-zione ordinaria della Corte dei conti, mentre, di fronte alla clausola dell'art. 23 primo comma, del tutto anodinasotto questo profilo, si sia ritenuto di poter istituire una sezione specializzata del Consiglio di Stato.

Comunque, le vicende del coevo d.lgs. n. 655/1948 e come pure le successive determinazioni della commis-sione paritetica del 1999 allorche e© stato introdotto il secondo comma all'art. 1 del predetto d.lgs. n. 655/1948concernente la Corte dei conti, costituiscono ulteriore riprova del fatto che le norme di attuazione di cui ald.lgs. n. 373/2003, che riproducono, in parte qua, quelle di cui al d.lgs. n. 654/1948, sono in palese contrasto conla lettera e lo spirito dello Statuto siciliano.

Ne potrebbe addursi, a giustificare il differente regime tra i due decreti legislativi del 6 maggio 1948, e, con-seguentemente, del d.lgs. n. 373/2003, l'argomento secondo cui non sarebbe ammissibile che nell'organo control-lante (Corte dei conti) siano presenti magistrati designati dal soggetto controllato (Regione). Va infatti sottoli-neato che l'art. 23 dello Statuto siciliano e il d.lgs. n. 655/1948 prevedono anche la localizzazione in Sicilia dellasezione giurisdizionale per i giudizi di conto, responsabilita© e pensionistici e che la composizione di tale sezionenon e© stata mai modificata, neppure dalla recente legge 5 giugno 2003 n. 131. Questa infatti, all'art. 7, ha previstola mera possibilita© che le sole sezioni regionali di controllo della Corte dei conti siano integrate con due compo-

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nenti di nomina regionale. Non va poi dimenticato che la norma in esame e© contenuta in una legge statale di por-tata generale ed uniforme su tutto il territorio nazionale. Pertanto, qualora si volesse riconoscere identico carat-tere giurisdizionale anche alla funzione di controllo della Corte dei conti, la norma sarebbe ugualmente in lineacon i principi costituzionali della riserva di legge statale e della uniformita© della giurisdizione su ogni parte delterritorio nazionale.

In altri termini, se per effetto dell'art. 7 della legge n. 131/2003 (ove applicabile alle Regioni a Statuto spe-ciale) la sezione di controllo della Corte dei conti in Sicilia dovesse essere integrata con consiglieri di designazioneregionale, cio© sarebbe dovuto all'efficacia di una legge statale uniforme su tutto il territorio nazionale, e non gia©in forza di una norma di attuazione dello Statuto siciliano che avesse introdotto un regime derogatorio rispettoa quello ordinario.

Circa poi la attuazione dello Statuto siciliano va ricordato storicamente che la prima commissione pariteticadel 1946, nelle prime ed uniche norme da essa ûdeliberateý non aveva modificato la composizione delle magistra-ture superiori esistenti e certamente non per superficialita© o per ignoranza delle norme statutarie. Invero, il Presi-dente della Commissione, come e© noto, e come aveva lui stesso dichiarato in una nota 24 maggio 1947, indirizzataall'Assemblea regionale siciliana, era stato uno dei redattori dello Statuto. Tuttavia, ne lui, ne nessun altro deipadri fondatori dello Statuto (Giovanni Salemi, Mario Mineo, lo stesso Movimento per l'Autonomia della Sicilia)pensarono mai ad organi giurisdizionali superiori a composizione mista paritetica.

Com'e© noto lo Statuto siciliano e© frutto di una commissione nominata con decreto 1� settembre 1945 dal-l'Alto Commissario per la Sicilia on. Salvatore Aldisio.

La commissione prese a base dei lavori quattro progetti predisposti rispettivamente dal prof. GiovanniSalemi, dall'on. Giovanni Guarino Amella, dal dott. Mario Mineo e dal Movimento per l'Autonomia della Sicilia.

Per quanto concerne gli organi giurisdizionali il progetto del prof. Salemi all'art. 21 primo comma cos|© reci-tava: ûl'organizzazione giudiziaria e© stabilita con legge dello Stato ed e© a carico dello Statoý.

Il progetto dell'avv. Guarino Amella all'art. 30 si limitava a stabilire che: ûTutti gli organi per la definizionedelle controversie nel campo civile, penale, commerciale, amministrativo, tributario e sindacale e in tutti i gradidi giurisdizione, debbono risiedere nella Regione, in modo che tutte le controversie abbiano in Sicilia il loro interoe totale svolgimentoý.

Il progetto del dott. Mineo all'art. 37 prevedeva semplicemente che: ûlo Stato istituira© in Sicilia sezioni auto-nome di ciascuno dei suoi supremi organi giurisdizionaliý.

Il progetto del Movimento per l'Autonomia della Sicilia agli articoli 26 e 27 era cos|© formulato: art. 26 ûL'or-dinamento giudiziario e© stabilito con legge dello Stato.

La creazione di nuovi uffici giudiziari e le modifiche alle circoscrizioni giudiziarie sono pero© stabilite conprovvedimento del Consiglio Regionale.

Art. 27. ö L'Amministrazione della giustizia nella Regione e© a carico del bilancio dello Stato.

Tutti gli Organi per la definizione delle controversie nel campo civile, penale, commerciale, amministrativo,tributario e del lavoro, ed in tutti i gradi di giurisdizione, debbono risiedere nella Regione, in modo che tutte lecontroversie abbiano in Sicilia il loro intero e totale svolgimentoý.

Se poi si esaminano i resoconti stenografici della commissione (riportati in un volume, dedicato ai lavori pre-paratori dello Statuto dal presidente della commissione prof. Giovanni Salemi) e, in particolare quelli delle sedutedel 21 dicembre 1945 e del 22 dicembre 1945 si trova documentato che la formula (inserita nell'art. 20) ûl'organiz-zazione giudiziaria e© stabilita con legge dello Statoý venne eliminata su proposta del consigliere Taormina ilquale ûbasandosi sul principio che la funzione giurisdizionale e© riservata allo Stato propone la soppressione del-l'art. 20 ...ý ..... ûLa Consulta respinge l'articolo. Ne dissente solo il cons. Romano Battagliaý.

In relazione poi alla stesura dell'art. 21 (poi divenuto il definitivo art. 23) i lavori cos|© riportano: ûScartata laproposta del prof. Di Carlo, di votare al riguardo l'art. 27 del progetto del ûMovimento per l'autonomiaý, siapprova nei seguenti termini il primo comma dell'art. 21: ûGli organi giurisdizionali aventi oggi la sede soltantoin Roma saranno istituiti anche in Sicilia per gli affari concernenti la Regioneý.

Sul secondo comma dello stesso articolo, intervengono il prof. Majorana e il cons. Cartia; l'uno proponendodi non assegnare al Consiglio di Stato in Sicilia la funzione consultiva, al fine di soddisfare meglio alle esigenzedell'autonomia; l'altro per dare alla Corte dei conti una composizione mista, con rappresentanti, cioe© dello Statoe della Regione, essendo comune ai due enti l'interesse al controllo contabile.

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Si invita il relatore a presentare la redazione definitiva del detto comma.ý ...

ûIl relatore presenta un'altra formula, piu© semplice e comprensiva: ``Gli organi giurisdizionali centraliavranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regione''. Essa viene approvata e diventa ilprimo comma dell'art. 21.

Ritornando al secondo comma dello stesso art. 21, il relatore propone di metterlo in armonia col primo,dicendo: ``Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti'' anziche ``Il Consiglio di Stato e la Corte deiconti''. Al fine di attuare la rappresentanza mista dello Stato e della Regione in seno alla Corte dei conti, suggeri-sce il seguente nuovo comma: ``I magistrati della Corte dei conti sono nominati di accordo dai Governi delloStato e della Regione''ý. (v. all. A pag. 69-70).

Il progetto definitivo venne poi approvato dalla Consulta siciliana, poi dalla Consulta nazionale. Per quantoqui interessa non vennero apportati emendamenti, e venne infine approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946 n. 455.

Emerge quindi con chiarezza che mai nessuno, in sede di redazione dello Statuto, penso© ad una organizza-zione delle magistrature superiori diversa da quella disciplinata dalla legge statale e che, se vi fu un accenno dispecialita© , esso riguardo© solo il giudice contabile.

Pertanto, la affermazione delle Sezioni unite 2994/1955 dianzi citata secondo cui ûle variazioni morfologichedel Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sono in funzione di quella stessa esigenza didecentramento che ha giustificato l'istituzione dell'Ente Regioneý non solo non trova alcun riscontro, ma anzi e©smentita proprio dalle vicende occorse in sede di istituzione dell'Ente Regione e cio© senza considerare che leûvariazioniý non sono solo ûmorfologicheý ma di sostanza.

Anche i lavori preparatori dello Statuto confermano quindi testualmente e sul piano storico quanto piu© volte inprecedenza osservato circa il carattere contra statutum del d.lgs. n. 654/1948 e, in parte qua, del d.lgs. n. 373/2003.

Se poi ci si chiede come mai, nel 1948 in sede di norme di attuazione di cui al decreto legislativo n. 654/1948sia stata cos|© radicalmente stravolta la lettera e lo spirito, tanto dello Statuto siciliano, quanto della conformeproposta della prima commissione paritetica, puo© farsi riferimento a coloro che, in dottrina, attribuiscono storica-mente il tenore del decreto legislativo n. 654/1948 ad un accordo personale intercorso tra Ferdinando Rocco el'on. Luigi Sturzo, del quale, peraltro, sembra non sia rimasta traccia. A questo proposito non varrebbe richia-marsi, come sovente assume taluna pubblicistica, ad un supposto carattere ûpattizioý dello Statuto siciliano chelo differenzierebbe percio© solo dagli altri Statuti speciali. Anche se fosse possibile assimilare lo Statuto ad unaccordo tra entita© equiordinate, al pari cioe© di un trattato internazionale, resterebbe comunque indubbio che aipatti occulti, in ogni caso, non potrebbe riconoscersi alcun valore.

A giustificazione della composizione mista del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione sici-liana confermata dal decreto legislativo n. 373/2003 neppure potrebbe invocarsi una sorta di tacita consuetu-dine ovvero di convalescenza per decorso del tempo. Si tratterebbe infatti, in ambedue i casi, di istituti o fontidi integrazioni sconosciute al livello di norme costituzionali e comunque inammissibili in un sistema a costitu-zione rigida.

In altri termini non sembrerebbe possibile sostenere (come talvolta adombrato) che la sussistenza della com-posizione mista del C.G.A. per oltre mezzo secolo costituirebbe di per se una riprova della sua costituzionalita© .Innanzitutto, va rammentato che il periodo suindicato non e© decorso senza interrogativi. Invero, taluni aspettidi tale composizione mista non hanno superato il vaglio del giudice delle leggi (Corte cost. 25/1976) ovvero hannosubito modificazioni, piu© o meno radicali, a seguito o in prospettiva del giudizio della Corte (v. il d.P.R. n. 204/1978 e lo stesso decreto legislativo n. 373/2003).

In secondo luogo non puo© ritenersi che la permanenza di una norma nell'ordinamento, per un periodo piu© omeno lungo, costituisca garanzia di costituzionalita© , come dimostrano gli esempi dei Consigli comunali e provin-ciali in tema di contenzioso elettorale amministrativo (Corte cost. n. 93/l965), dei Consigli di prefettura (Cortecost. n. 55/1966), delle giunte provinciali amministrative (Corte cost. n. 30/1967), della giunta giurisdizionaleamministrativa della Valle d'Aosta (Corte cost. n. 33/1968), del Tribunale superiore delle acque (Corte cost.n. 305/2002) dei Tribunali regionali delle acque (Corte cost. n. 353/2002), della Giunta speciale presso la Cortedi appello di Napoli (Corte cost. n. 393/2002) etc.

Neppure sembrerebbe ostativo a questi fini, il richiamo al mutato quadro istituzionale introdotto dal decretolegislativo n. 373/2003 ed alla intervenuta assimilazione del regime giuridico ed economico dei membri laici delC.G.A. a quello dei laici nominati in Consiglio di Stato.

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In altri termini, non sembrerebbe possibile sostenere che il superamento delle questioni concernenti sia i pro-fili formali (delega in bianco e mancato intervento della Conimissione paritetica) sia taluni di quelli sostanziali(indipendenza, imparzialita© , regime giuridico ed economico nonche meccanismi di rinnovo dei laici del C.G.A.)valga di per se a dimostrare la sopravvenuta manifesta infondatezza della questione concernente il contrasto frala pura localizzazione prevista dall'art. 23 primo comma dello Statuto siciliano e la composizione mista di cuiall'art. 4 del decreto legislativo n. 373/2003.

In sostanza, non potrebbe sostenersi che la anzidetta questione risultava non manifestamente infondata in unquadro normativo in cui ai laici non erano assicurate imparzialita© ed indipendenza, mentre non apparirebbe piu©tale nell'ambito del decreto legislativo n. 373/2003 in cui tali garanzie sono state assicurate.

Tale argomentazione non sembrerebbe convincente per un duplice ordine di considerazioni.

Innanzitutto le questioni dianzi esaminate ed elencate non hanno alcun riferimento alla maggiore o minoreindipendenza o imparzialita© dei laici. Invero, la questione che ne occupa, similmente a quanto ritenuto nella ordi-nanza 185/2003 di questo Consiglio, consiste nell'interrogativo se, in assenza di copertura costituzionale, sia pos-sibile introdurre una forma di giurisdizione differenziata solo su una parte del territorio nazionale.

Su un piano poi piu© propriamente sostanziale, la circostanza che ai componenti laici sia assicurata, exdecreto legislativo n. 373/2003, lo stesso trattamento giuridico ed economico dei laici nominati in Consiglio diStato, non elimina il dato di fatto della esistenza di una giurisdizione differenziata.

Al riguardo e© sufficiente rilevare innanzitutto che il regime giuridico non e© identico poiche, trattandosi dinomine temporanee per un sessennio difetta, ad esempio, quel definitivo allontanamento dalla professione(art. 3 legge n. 303/1998), ovvero dalla amministrazione di provenienza che caratterizza i Consiglieri di Stato edella Corte dei conti di nomina politica.

In secondo luogo, ma non meno decisivo a dimostrazione della esistenza di una differenziata singolarita© , e© suf-ficiente richiamare il disposto dell'art. 4 secondo comma del decreto legislativo n. 373/2003 secondo cui il collegiogiudicante e© necessariamente composto con due membri laici di nomina politica regionale, il che comporta una dif-ferenziazione, non solo formale, ma anche sostanziale dell'esercizio della giurisdizione (Corte cost. n. 25/1976 cit.).

Nei collegi amministrativi tale tipo di composizione sottintende la necessita© che vengano rappresentate esi-genze, prospettive, e interessi di natura locale, il che, ovviamente, non ha ragione di essere in un collegio giurisdi-zionale tenuto soltanto ad applicare le norme dell'ordinamento quale che ne sia la fonte (internazionale, comuni-taria, nazionale, regionale, etc.).

L'unico esempio di collegio giurisdizionale amministrativo in cui e© stata prevista la composizione mista e©rappresentato dal T.R.G.A., ma con norma di rango costituzionale e in base alla dichiarata e specifica finalita©di tutela delle minoranze etniche e linguistiche presenti nella regione (v. articoli 90, 91, 92 d.P.R. n. 670/1972).

Neppure sembrerebbe possibile, a questi fini, richiamarsi all'inciso di cui all'art. 23 primo comma dello Sta-tuto siciliano che fa riferimento agli ûaffari concernente la regioneý interpretando cioe© la formula come se questaimplicitamente sottintenda che il contenzioso amministrativo tra un qualsiasi privato e le autorita© amministrativelocali siciliane debba essere risolto da un giudice in composizione speciale. Infatti, non sarebbe spiegabile cometale esigenza avesse ragion d'essere solo in Sicilia e, quando anche cos|© fosse, come non sia emersa al livello statu-tario, ed anzi risulti ignorata nei lavori preparatori dello Statuto.

In proposito neppure sembra probante la argomentazione secondo cui la composizione mista di cui aldecreto legislativo n. 654/1948 prima, ed al decreto legislativo n. 373/2003 poi, potrebbe giustificarsi in funzionedella autonomia regionale e della intima connessione della giustizia amministrativa con l'amministrazione attiva.

Invero, per quanto concerne la autonomia regionale possono richiamarsi le considerazioni dianzi esposte inmerito alla necessita© di una esegesi letterale delle norme statutarie concernenti la funzione giurisdizionale (Cortecost. nn. 124/1957, 66/1964, 115/1972, 150/1993 cit.), e quelle circa la funzione delle norme di attuazione degli sta-tuti speciali (Corte cost. nn. 14/1956, 20/1956, 212/1984, 353/2001 cit.).

Quanto alla supposta connessione della giustizia amministrativa con la amministrazione attiva non e© datoravvisare, almeno allo stato attuale della legislazione, una connessione tra il ruolo e la funzione del giudice ammi-nistrativo e quello del pubblico amministratore. Se invece la affermazione sottintende che la giustizia amministra-tiva tocca prevalentemente interessi circoscritti e territorialmente localizzati, sembra evidente che cio© si verificacon la stessa frequenza nei giudizi ordinari civili e penali che traggono causa o presupposto dagli stessi atti ammi-nistrativi direttamente impugnabili davanti al giudice amministrativo, ma per questi, come e© noto, l'art. 23 delloStatuto siciliano non e© mai stato attuato neppure nella forma di semplice delocalizzazione.

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Del pari ininfluente appare la argomentazione, spesso da piu© parti prospettata, secondo cui l'attuale generaletendenza al federalismo potrebbe supportare, sul piano costituzionale, la disciplina di cui al decreto legislativon. 373/2003.

Al riguardo va innanzitutto sottolineata la inattualita© , al livello costituzionale, di una scelta propriamentefederalistica e, in secondo luogo, come la disciplina del decreto legislativo n. 373/2003 non sarebbe del tutto coe-rente neppure con tale impostazione.

Potrebbe infatti predicarsi, anche in questo caso, quanto gia© dianzi osservato in relazione alla portata gene-rale ed uniforme dell'art. 7 della legge n. 131/2003. Invero, anche ammettendo, in ipotesi, una scelta federalisticagia© in atto, non si comprenderebbe perche questa scelta debba giustificare un esercizio differenziato della giurisdi-zione che debba valere solo per la giustizia amministrativa, solo per la Regione siciliana, e solo per l'ultimo gradodi giudizio.

In altri termini, anche volendo ipotizzare, de jure condendo ed in una visione federalistica, una giurisdizioneamministrativa diversa da quella attuale, e cio© , in una ottica di collegamento con le autonomie locali, sembre-rebbe evidente che tale riforma dovrebbe trovare specifica disciplina in una legge statale ex art. 117 secondocomma lettera l) della Costituzione (Corte cost. n. 29/2003 cit.). Inoltre, in base ai principi costituzionali sullauniformita© della giurisdizione su tutto il territorio nazionale, siffatta riforma dovrebbe avere portata generalesenza differenziazioni di regime da regione a regione (Corte cost. nn. 42/1991, 113/1993, 150/1993 cit).

Non meno irrilevante e© la argomentazione, peraltro meta giuridica, secondo cui sul decreto legislativon. 377/2003 si sarebbe espresso favorevolmente, nel senso della sua costituzionalita© , il Consiglio di Stato nellaAdunanza Generale del 2 ottobre 2003. In proposito va evidenziato che in quella occasione il Consiglio di Statopreso atto della pendenza della questione di costituzionalita© sollevata dall'ordinanza di questo Consiglio n. 185/2003 ha espressamente rilevato ûcome l'Adunanza Generale non abbia titolo ad interloquire in ordine all'ampiaserie di censure sollevate dal C.G.A., anche per un doveroso rispetto istituzionale nei confronti della Corte costi-tuzionaleý (allegato B).

Una assicurazione in questo senso venne invece fornita, come da procedura, dall'Ufficio legislativo del Mini-stero di grazia e giustizia con nota 11 luglio 2003 prot. n. 1499/-30/21-113. Il Ministero infatti ha testualmente affer-mato che lo schema trasmessogli ûappare complessivamente idoneo a superare le censure di cosfituzionalita© che ilC.G.A. ha mosso alla vigente normativa, sia per cio© che attiene ad eventuali eccessi di delega, sia per cio© che attienealla composizione dell'organo giurisdizionaleý (allegato C). Trattasi di formula apodittica alla quale, comunque,non potrebbe essere riconosciuta alcuna efficacia preclusiva dell'attuale giudizio di costituzionalita© .

Per le suesposte argomentazioni si ritiene che il quadro normativo offerto dal decreto legislativo n. 373/2003,ancorche sostanzialmente migliorativo rispetto al precedente, quanto a talune garanzie di imparzialita© ed indipen-denza dei membri laici del C.G.A., non abbia risolto (come gia© avvertito dai primi commentatori) la questione difondo concernente la legittimita© della istituzione di una forma di esercizio della giurisdizione amministrativa in Sici-lia diversa dal resto del territorio nazionale in assenza ö ripetesi ö di una specifica copertura costituzionale.

Pertanto si ritiene che il nuovo quadro normativo non valga, per cio© solo a rendere manifestamente infondatele anzidette questioni di costituzionalita© che meritano quindi di essere riproposte al vaglio del giudice delle leggi.

Le questioni di costituzionalita© dianzi esposte appaiono poi rilevanti ai fini del presente giudizio in quanto lalegittimita© costituzionale della composizione del Collegio rappresenta un presupposto imprescindibile per l'eserci-zio della funzione giurisdizionale (v. da ultimo Corte cost. n. 353/2002).

Quanto alla non manifesta infondatezza, questa presidenza ritiene che tale requisito sussista sia con riferi-mento all'assetto costituzionale precedente, sia anche con riferimento all'assetto costituzionale quale risulta (dopola modifica del Titolo V della Costituzione per effetto della legge costituzionale n. 3/2001.

15. ö Al riguardo va innanzitutto ricordato, alla stregua del pacifico insegnamento della Corte costituzio-nale, inaugurato con la sua stessa prima decisione (n. 1/1956), che le norme ordinarie, ancorche nate costituzio-nalmente legittime, possono essere affette da illegittimita© costituzionale sopravvenuta per contrasto con nuovenorme costituzionali (Corte cost. n. 13/1974).

Cio© vale anche per lo Statuto siciliano, approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946 n. 455 prima della Costituzionerepubblicana, i cui articoli 26 e 27 ö come gia© accennato ö sono stati dichiarati incostituzionali malgrado lacostituzionalizzazione dello Statuto fosse intervenuta successivamente (Corte cost. n. 6/1970 cit.).

In altri termini, non sarebbe possibile una lettura delle norme statutarie in senso non conforme alla Costitu-zione e ai suoi principi fondamentali poiche, in tal caso, le stesse norme statutarie potrebbero risultare affette da

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incostituzionalita© (Corte cost. nn. 30/1971, 31/1971, 32/1971, 12/1972, 175/1973, 1/1977, 18/1982, 183/1983, 170/1984, 1146/1988). Nella specie, peraltro, la norma statutaria in esame, e cioe© l'art. 23 primo comma, nel suotenore letterale e nella sua ratio, appare perfettamente coerente con i principi costituzionali in tema di ugua-glianza dei cittadini nella tutela dei propri diritti ed interessi, nonche di uniformita© nell'esercizio della giurisdi-zione limitandosi ö come piu© volte osservato ö al puro e semplice decentramento degli organi giurisdizionalisuperiori nella loro composizione ordinaria. Gli interrogativi non riguardano quindi il disposto statutario, ma sol-tanto la sua attuazione, attuazione che, travalicando tale disposto, ne e© stata fornita, dapprima con il decreto legi-slativo n. 654/1948, ed attualmente, sotto il vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, con il decreto legislativon. 373/2003.

Cio© premesso, il nuovo Titolo V della Costituzione, ad avviso di questa presidenza, non solo non fa venirmeno le questioni di costituzionalita© dianzi prospettate, ma rafforza, se mai, il peso delle argomentazioni di cuisopra.

Mantiene, infatti, identica rilevanza e non manifesta infondatezza la questia© ne rubricata sub A3 concernentela violazione del primo comma della VI disposizione transitoria della Costituzione.

Quanto agli altri profili, puo© ritenersi anche per essi la perdurante rilevanza ed anzi la maggiore fondatezzaper effetto delle disposizioni del nuovo Titolo V.

Com'e© noto, l'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 dispone che sino all'adeguamento dei rispettivi Sta-tuti, le disposizioni del nuovo Titolo V si applicano anche alle Regioni a Statuto speciale per le parti in cui preve-dono forme di autonomia piu© ampie rispetto a quelle gia© attribuite (cosiddetta clausola di maggior favore).

Peraltro, in precedenza si e© denunciata la incostituzionalita© di talune disposizioni del d.lgs. n. 373/2003 inquanto norme di attuazione statutaria contra legem, o comunque, praeter legem in quanto in contrasto con la let-tera e lo spirito dello Statuto siciliano oltreche con principi e precise disposizioni costituzionali.

Tuttavia, tali principi e tali disposizioni sono contenuti nel Titolo IV della Costituzione e non gia© nel Titolo Vle cui modifiche, pertanto, dovrebbero risultare ininfluenti ai fini qui in esame. Peraltro, per indispensabile com-pletezza, dovrebbero esaminarsi taluni aspetti della riforma, aspetti che comunque non incidono sulle conclusionidianzi esposte ma, se mai, le rafforzano.

Innanzitutto va premesso che nella specie si tratta di valutare la costituzionalita© di una normativa emanatasuccessivamente alla entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/2001. Quindi i canoni circa il riparto di com-petenze legislative tra Stato e regioni dovrebbero essere valutati alla stregua del nuovo assetto costituzionalenon essendo applicabile il principio di continuita© dell'ordinamento (Corte cost. n. 422/2002).

Cio© premesso va osservato che, come gia© accennato, nel vigore della distribuzione delle competenze legisla-tive anteriore alla riforma del Titolo V la giurisprudenza costituzionale ha costantemente affermato, sin dalladecisione 124/1957, la necessita© di distinguere lo Stato quale unico ente a fini generali dalle regioni (ordinarie oa Statuto speciale) ûenti con fini predeterminati e inderogabilmente fissatiý (Corte cost. n. 66/1964). Da tale esi-genza e© stato ricavato il corollario della impossibilita© di estendere in senso finalistico l'ambito delle materie elen-cate negli Statuti. Pertanto, anche se uno Statuto speciale avesse attribuito alla competenza esclusiva regionale ilconseguimento di un certo fine, questo avrebbe potuto essere conseguito soltanto nell'ambito delle materie attri-buite alla competenza regionale. E cos|© , esemplificando con riferimento alla Regione siciliana, il fine statutariodi cui all'art. 14 lettera e) ûincremento della produzione agricola e industrialeý pur attribuendo alla Regione com-petenza legislativa esclusiva in materia, non le consentiva tuttavia di conseguirlo disciplinando il regime delleaccise e dell'I.G.E. poiche la materia dei tributi erariali non risultava attribuita alla Regione (Corte cost. n. 124/1957 cit.). Identiche conclusioni, sempre con riferimento alla Regione siciliana, sono state ribadite con riguardoalla giurisdizione, rilevandosi come la competenza esclusiva ûe© strettamente limitata alle materie quali sono elen-cate negli Statuti speciali restando escluso che, rispetto a queste, possano valere criteri finalistici che non risultinoda valutazioni del tutto obiettive del loro contenutoý (Corte cost. n. 66/1964). Ed inoltre che non sarebbe possi-bile una esegesi dell'ambito delle varie materie ûnon suffragata dalla formulazione letterale della disposizione sta-tutariaý (Corte cost. n. 115/1972). La necessita© di tracciare la linea di demarcazione tra le competenze statali equelle regionali ûche e© necessario tener ferma onde salvaguardare l'interesse all'unita© dell'ordinamentoý (Cortecost. n. 46/1962) ha portato ad escludere sia una competenza normativa regionale in ambiti connessi alle materieattribuite (Corte cost. n. 46/1962 cit.), sia una esegesi finalistica delle materie attribuite poiche ûse cos|© non fossela competenza legislativa delle Regioni si estenderebbe, potenzialmente, a tutto l'ordinamento giuridico ... e, perconverso, tutta la potesta© legislativa dello Stato sarebbe limitata dalla potesta© della Regione di regolare qualun-que rapporto giuridico nel campo delle attivita© attribuite alla competenza regionale, in modo diverso dalla legisla-zione stataleý (Corte cost. n. 66/1961).

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Il quadro e© mutato con il nuovo Titolo V, ma la giurisprudenza costituzionale sembra orientata su una lineadi continuita© .

Nelle sue prime pronuncie sull'argomento la Corte costituzionale infatti, da un lato ha sottolineato le novita©del quadro complessivo dei rapporti tra Stato e regioni nel quale ûsono apparsi particolarmente rilevantil'art. 114, che pone sullo stesso piano lo Stato e regioni, come entita© costitutive della Repubblica, accanto aicomuni, alle citta© metropolitane e alle province; l'art. 117, che ribalta il criterio prima accolto, elencando specifica-tamente le competenze legislative dello Stato e fissando una clausola residuale in favore delle regioni; e infinel'art. 127, che configura il ricorso del Governo contro le leggi regionali come successivo, e non piu© preventivoý.Peraltro, pur nel mutato assetto la Corte non ha mancato di sottolineare come ûnel nuovo assetto costituzionalescaturito dalla riforma, allo Stato sia pur sempre riservata, nell'ordinamento generale della Repubblica, una posi-zione peculiare desumibile non solo dalla proclamazione di principio di cui all'art. 5 della Costituzione, ma anchedalla ripetuta evocazione di un'istanza unitaria, manifestata dal richiamo al rispetto della Costituzione, nonchedei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali come limiti di tutte le potesta©legislative (art. 117, primo comma) e dal riconoscimento dell'esigenza di tutelare l'unita© giuridica ed economicadell'ordinamento stesso (art. 120, secondo comma). E tale istanza postula necessariamente che nel sistema esistaun soggetto ö lo Stato, avente il compito di assicurarne il pieno soddisfacimentoý (Corte cost. n. 274/2003).

Come si e© visto, nella ripartizione di competenze stabilita dal nuovo art. 117 della Costituzione le regioni(anche quelle a Statuto speciale) hanno goduto di un significativo ampliamento della loro sfera di competenzalegislativa che, ai sensi del quarto comma dell'attuale art. 117, e© divenuta generale in via residuale invertendosil'originario criterio. Si discute quindi sul carattere esclusivo generale di tale competenza, e cioe© ci si chiede seuna materia non riconducibile al secondo e terzo comma dell'art. 117 rientri, percio© solo, nella competenza gene-rale residuale (v. Corte cost. 370/03). Ci si chiede poi se i limiti a tale competenza siano soltanto quelli generalidi cui all'art. 117 primo comma o se ve ne siano anche degli altri. Inoltre, con riferimento alle regioni a Statutospeciale, ci si interroga se la precedente competenza legislativa primaria sia transitata o meno nella residualegenerale dell'art. 117 quarto comma e se ad essa debbano applicarsi i vecchi limiti presenti negli Statuti specialiovvero i nuovi ricavabili dall'art. 117 primo comma, e non solo da questo.

In riferimento alle problematiche dianzi rilevate e di non agevole soluzione, che emergono dal nuovo TitoloV, e con riferimento alla questione in esame, sembra opportuno chiedersi, in primo luogo, se, a fronte, dell'am-pliamento delle competenze legislative regionali derivante dalla attribuzione di competenza generale residuale,non debba contrapporsi, anche per le regioni a statuto speciale, la riserva di legislazione esclusiva a favore delloStato cos|© come elencata all'art. 117 secondo comma.

Al riguardo, la Corte ha pronunciato alcune decisioni in cui si afferma che il nuovo Titolo V non si applicaalle Regioni a Statuto speciale, se non nelle parti che prevedono forme di autonomie piu© ampie rispetto a quellegia© attribuite (v. Corte cost. ord. n. 377/2002 decisioni nn. 408/2002, 533/2002, 48/2003, 103/2003). Tuttavia, inun'altra decisione, concernente la Regione Sardegna, e in materia di caccia in cui tale Regione gode di potesta©normativa primaria, le argomentazioni della Corte appaiono molto piu© articolate in quanto si e© affermato(con riferimento espressa al nuovo Titolo V) che ûla disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell'ecosi-stema puo© incidere anche sulla materia caccia pur riservata alla potesta© legislativa regionale, ove l'interventostatale sia rivolto a garantire standard minimi e uniformi di tutela della fauna trattandosi di limiti unificanti cherispondono ad esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Statoý (Corte cost.n. 536/2002).

Sembrerebbe quindi che la Corte costituzionale abbia riconosciuto che nel nuovo assetto delle competenzelegislative, delineato dal nuovo Titolo V, le materie riservate in via esclusiva allo Stato si impongono anche allecompetenze legislative primarie delle Regioni a Statuto speciale, ma non in toto, bens|© nel senso piu© ristretto dipoter fissare a quelle autonomie regionali nuovi limiti prima inesistenti. Tale orientamento e© stato poi ribaditodalla Corte sia nei confronti (come era ovvio) delle Regioni a Statuto ordinario (decisione 227/2003) sia neiconfronti della provincia autonoma di Trento dotata di competenza esclusiva in materia e cio© con riferimento aipreesistenti limiti statutari all'esercizio della competenza anzidetta (decisione 226/2003).

In altri termini, nella esegesi della Corte sembra affermarsi il concetto che le esigenze di unitarieta© ed unifor-mita© dell'ordinamento (v. anche dec. 274/2003 cit.) insite nella elencazione delle competenze esclusive statali especie in quelle trasversali (e cioe© definibili finalisticamente piu© che per l'oggetto, quali la tutela dell'ambiente,della concorrenza, del risparmio, la determinazione dei livelli essenziali v. Corte cost. nn. 282/2002, 407/2002,88/2003, 303/2003, 376/2003, 14/2004) sono talmente rilevanti da condizionare ex novo anche la operativita© dellaclausola di maggior favore.

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Se cio© e© esatto, anche qualora lo Statuto siciliano avesse attribuito espressamente alla competenza primariadella Regione la organizzazione, in ambito regionale, della giustizia civile, penale ed amministrativa di ultimaistanza (il che non risulta ne implicitamente ne esplicitamente), ebbene, anche in questo ipotetico caso, la mag-giore autonomia statutaria spettante in base alla clausola di maggior favore ne uscirebbe ridimensionata nel sensoche non potrebbe piu© disciplinare, in una forma derogatoria per la sola Regione siciliana, aspetti della organizza-zione giudiziaria che, ex art. 117 secondo comma lettera l), debbono restare necessariamente unitari per l'ordina-mento generale della giustizia (composizione dei Collegi, stato giuridico dei magistrati laici e togati etc.). Quantopoi, al carattere finalistico della materia ûgiurisdizioneý e© sufficiente osservare come questa attenga direttamente,ex art. 24 Cost., ûalla tutela dei propri diritti ed interessi legittimiý e quindi non sembrerebbe dubitabile che ancheessa appartenga alla stessa categoria trasversale e finalistica al pari della tutela del risparmio, della concorrenza,dell'ambiente ed altres|© (forse anche nel suo contenuto) a quella dei livelli essenziali di prestazioni, come sembre-rebbe gia© adombrato nella citata decisione Corte cost. 150/1993.

Potrebbe invece consolidarsi una diversa esegesi nella applicazione dell'art. 10 della legge costituzionalen. 3/2001, nel senso cioe© che le materie riservate in via esclusiva allo Stato dal nuovo art. 117 secondo commanon possono costituire od introdurne nuovi limiti ai piu© ampi poteri normativi primari che, nelle stesse materie,sono previsti negli Statuti speciali, e, che debbono, semmai, soltanto applicarsi i vecchi limiti statutari alla norma-tiva primaria. Tuttavia, anche in questo caso, permarrebbe la rilevanza dei dubbi di costituzionalita© dianzi enun-ciati e la loro non manifesta infondatezza. Invero, la Corte costituzionale, nella decisione 48/2003 da un lato haaffermato che l'applicazione della clausola di maggior favore (condotta sulla base di un valutazione comparativa)esclude ovviamente le competenze normative statali, ma ha riconfermato nella specie, per quanto qui interessa,il limite statutario della armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica.Lo Statuto siciliano, pur anteriore alla Costituzione, prevede similmente (art. 14 primo comma) che la compe-tenza legislativa primaria si esercita nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato. Non si e© mai dubitato quindiche la competenza primaria della Regione siciliana dovesse osservare i principi della Costituzione (Corte cost.nn. 66/1964, 115/1972) cos|© come anche i principi fondamentali delle leggi di riforma economico-sociale (Cortecost. nn. 545/1989, 4/2000, 314/2003). In questo caso i limiti alla possibilita© di legiferare in tema di giurisdizionesarebbero rappresentati, oltre che dall'art. 14 primo comma dello Statuto da quelli ricavabili, come sottolinea laCorte costituzionale (dec. 274/2093 cit.) dall'art. 5, dall'art. 117 primo comma, dall'art. 120 secondo comma dellaCostituzione.

In conclusione, quindi, i principi unitari, unificanti ed infrazionabili ricavabili dalla Costituzione, tra i qualiva annoverata la uniformita© della disciplina della giurisdizione in ogni suo aspetto su tutto il territorio nazionale,si impongono comunque alle Regioni a Statuto speciale in assenza di una espressa deroga statutaria e, dopo lariforma del Titolo V, potrebbero anche limitare la portata di una eventuale espressa deroga statutaria. Tale preva-lenza, che prescinde anche dalla clausola di maggior favore, si applica sia con riferimento ai limiti alla normativaprimaria gia© presenti negli Statuti, sia ai nuovi, e cio© sia con riferimento all'assetto antecedente la riforma delTitolo V, sia a quello successivo. In proposito la Corte costituzionale ha affermato che il potere di disciplinarel'esercizio della giurisdizione ûalla Regione Sardegna come alle altre Regioni a Statuto speciale od ordinarionon spetta, restando invece riservato alla competenza del legislatore statale (cfr. sentenza 115 del 1972; e v. oggil'art. 117, secondo comma lettera l) della Costituzione come sostituito dalla legge costituzionale n. 3 del 2001)ý(Corte cost. n. 29/2003).

Pertanto, sia la riserva di legge statale di cui all'art. 117 secondo comma lettera l) della Costituzione, sia ildisposto dell'art. 14 primo comma dello Statuto siciliano nonche degli articoli 5, 117 primo comma e 120 secondocomma della Costituzione inducono tutti a ritenere che i vizi di costituzionalita© in precedenza denunciati sidovrebbero ritenere ulteriormente confermati. Al limite, qualora i dubbi di costituzionalita© dianzi esposti avesseropotuto essere superati con riferimento al precedente assetto costituzionale, gli stessi dovrebbero essere inevitabil-mente riconosciuti con riferimento al nuovo.

Pertanto, il combinato disposto degli articoli 5, 102 primo comma, 108 primo comma, 117 primo e secondocomma, lettera l) e 120 secondo comma della Costituzione dovrebbe ormai dimostrare in modo inconfutabileche le norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 373/2003 sembrano affette da incostituzionalita© anche alla luce dellariforma del Titolo V. In altri termini, l'art. 117 secondo comma rafforza, se ce ne fosse bisogno, la necessita© diattenersi ad una esegesi strettamente letterale dell'art. 23 dello Statuto siciliano. Invero, nel silenzio totale delloStatuto in materia di organizzazione giudiziaria (oltre all'art. 23 v. anche gli articoli 14 e 17) si osserva, innanzi-tutto, che non puo© scattare la clausola di maggior favore non essendo tale materia attribuita alla competenzaregionale, e, in secondo luogo, che comunque, qualsiasi iniziativa normativa che dovesse essere assunta in propo-sito, vuoi in sede di commissione paritetica vuoi autonomamente dallo Stato o dalla regione, dovrebbe in ognicaso tener conto dell'art. 117 primo comma secondo cui la Costituzione (e quindi la competenza esclusiva statale

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da esercitare nella materia de qua con caratteri di uniformita© ) costituisce un limite insuperabile a qualsiasi catego-ria di normazione regionale sia essa primaria che concorrente e sia anche in sede si norme di attuazione cherestano pur sempre subordinate alla Costituzione e quindi anche alle esigenze unitarie canonizzate negli artt. 5 e120, secondo comma.

16. ö Pertanto in relazione alle questioni elencate sub A), A1), A2), A3), puo© essere posta anche la seguente:

A4) in subordine qualora si potesse ritenere la costituzionalita© dell'art. 4, primo comma, lettera d), e delsuccessivo secondo comma, nonche dell'art. 6, secondo comma del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle paroleûe all'art. 4, comma uno, lettera d)ý in relazione alle questioni sollevate ai precedenti punti sub A1), A2), A3),si ripropongono le stesse questioni in rapporto anche al disposto dell'art. 117, secondo comma, lettera l),della Costituzione, dell'art. 14, primo comma, dello statuto siciliano, dell'art. 5, dell'art. 117, primo comma,e dell'art. 120, secondo comma della Costituzione.

In conclusione, quindi, tutte le questioni di cui ai precedenti punti sub A appaiono rilevanti, in quanto, lalegittimita© costituzionale della composizione del collegio costituisce, di per se© , un presupposto per l'adozione diqualsivoglia decisione (v. da ultimo Corte cost. n. 353/2002).

Peraltro, come in precedenza osservato, mentre e© possibile adottare una esegesi costituzionalmente correttasulla base del tenore letterale dell'art. 23, primo comma, dello statuto siciliano, la tassativita© delle disposizioni dicui sopra non consente di adottare, in subiecta materia, una esegesi costituzionale corretta ne sussiste un dirittogiurisprudenziale vivente che la supporti (v. da ultimo Corte cost. ord. 30 gennaio 2003, n. 19).

Questa presidenza peraltro ritiene che il vigente regime transitorio ed anche la futura possibilita© di diversacomposizione del collegio per effetto di eventuali nuove nomine di laici regionali ex artt. 4, 6, 7 e 15 del d.lgs.n. 373/2003 non influisca sulla rilevabilita© e rilevanza delle questioni sin qui prospettate.

Innanzitutto va osservato che il decreto legislativo n. 373/2003 e© entrato in vigore il 29 gennaio 2004 e che, aisensi dell'art. 14 dello stesso decreto da tale data sono abrogati il d.lgs. n. 654/1948 e il d.P.R. n. 204/1948 percui, nessuna efficacia puo© piu© essere riconosciuta alla anzidetta normativa.

Per quanto invece concerne le nomine effettuate sotto il suo vigore va tuttavia considerato che, con espressoriferimento alle nomine precedenti, la norma transitoria di cui all'art. 15, primo comma, del d.lgs. n. 373/2003consente ai laici componenti della sezione giurisdizionale di rimanere in carica sino al compimento, del sessennioa decorrere dal rispettivo giuramento, (sia pure subordinatamente ad una dichiarazione di insussistenza ovverodi intervenuta cessazione delle cause di incompatibilita© ), mentre il successivo secondo comma consente ai mede-simi la permanenza in servizio per sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo, ancorche versinoin situazioni di incompatibilita© o comunque gia© scaduti.

Pertanto, il regime transitorio di cui al primo e secondo comma dell'art. 15 del d.lgs. n. 373/2003 consentel'esercizio della giurisdizione di questo C.G.A. nella composizione mista, atteso che per i membri laici componentidi questo C.G.A. e, quindi, del collegio cui dovrebbe essere rimessa la controversia il sessennio non e© ancora sca-duto [v. allegati D), D1), E), E1) e F) F1)] e neppure e© scaduto il termine di sessanta giorni dalla entrata in vigoredel predetto decreto legislativo (29 gennaio 2004).

Conseguentemente, le anzidette questioni di costituzionalita© possono essere sollevate anche nei confronti delprimo, cos|© come del secondo comma del citato art. 15 ovviamente, in parte qua, e cioe© con esclusivo riferimentoai membri laici della sezione giurisdizionale.

Peraltro va anche sottolineato che si tratta di questioni che riguardano direttamente, e a regime, il modo diessere e di funzionare di questo consiglio.

Esse invero prescindono nel modo piu© completo dalla varia posizione che possano rivestire gli attuali membrilaici di questo consiglio in relazione al regime transitorio e cioe© se proseguano nell'incarico ovvero se venganosostituiti da altri. Invero, le questioni prospettate in precedenza concernono la legittimita© costituzionale in apici-bus di una composizione mista di questo consiglio, questioni nei confronti delle quali e© irrilevante e ininfluentela eventualita© di nuove nomine di membri laici in sostituzione o in aggiunta agli attuali.

Inoltre, e© opportuno richiamare il pacifico e costante insegnamento della Corte costituzionale in tema diautonomia del processo costituzionale secondo cui ûil requisito della rilevanza riguarda solo il momento geneticoin cui il dubbio di costituzionalita© viene sollevato e non anche il periodo successivo alla remissione della questionealla Corte costituzionaleý (v. da ultimo Corte cost. ord. n. 110/2000).

Nella medesima ottica e© stato chiarito che ûla vicenda del processo incidentale di legittimita© costituzionalenon puo© essere influenzata da circostanze di fatto sopravvenute nel procedimento principale: e cio© in quanto, svol-gendosi il processo incidentale nell'interesse pubblico, e non in quello privato, una volta che esso si sia valida-

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mente instaurato a norma dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, acquisisce una autonomia che lo pone al riparodall'ulteriore atteggiarsi della fattispecie, financo nel caso in cui per qualsiasi causa, fosse venuto a cessare il giu-dizio rimasto sospeso (art. 22 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale)ý (Corte cost.ord. nn. 300/1984, 383/2002, e v. anche dec. nn. 135/1963, 701/1988, 52/1986).

Quanto poi alla ammissibilita© delle questioni anzidette questa presidenza si richiama parimenti all'insegna-mento della Corte costituzionale (Corte cost. nn. 177/1973, 25/1976 e 266/1988). La Corte ha infatti affermatoche la possibilita© di una declaratoria di incostituzionalita© della composizione del collegio non puo© far venir meno,ex ante la animissibilita© e rilevanza della questione (Corte cost. n. 177/1973) poiche, in tal caso, siffatte questioninon potrebbero mai venire sollevate (Corte cost. n. 266/1988).

Questa presidenza non puo© non rilevare infine anche la singolarita© della circostanza occorsa in sede di ema-nazione del decreto legislativo n. 373/2003 in esame, la cui norma di copertura finanziaria e© contenuta in un sepa-rato decreto-legge e precisamente nell'art. 6 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, la cui entrata in vigore,ai sensi del successivo art. 9, e© stata fissata per il 1� gennaio 2004.

Dalla relazione tecnica allegata, ex art. 11-ter legge n. 468/1978, al decreto-legge n. 354/2003 (v. allegato G)risulta che il maggior onere complessivo a carico dello Stato, pari ad e 697.500,00, veniva ripartito in e 279.000per compensi e indennita© per un presidente di sezione e due consiglieri di Stato fuori ruolo ed in e 418.500 perla meta© a carico dello Stato del compenso iniziale di consigliere di Stato spettante ai nove componenti laici.

In proposito, questa presidenza osserva che la norma di cui sopra non incide sulla rilevabilita© e rilevanzadelle questioni di costituzionalita© dianzi adombrate, in quanto ne rappresenta semplicemente i conseguenzialisviluppi sul piano della finanza statale, ma condiziona tuttavia la operativita© delle disposizioni della cui costitu-zionalita© si dubita. Di qui la necessita© di denunciarne la incostituzionalita© sia pure in via derivata e in parte qua.

Al riguardo va premessa la possibilita© di dedurre questioni di costituzionalita© anche nei confronti dei decreti-legge non ancora convertiti e cio© sia per difetto dei presupposti di cui all'art. 76 della Costituzione (il che nonviene qui in discussione) sia per il loro contenuto di merito (Corte cost. nn. 29/1995, 330/1996, 84/1996).

Va altres|© premesso che la mancata definitiva conversione del decreto-legge comporta la improcedibilita© delgiudizio di costituzionalita© instaurato sul decreto-legge medesimo, mentre invece la sua conversione (o anche lareiterazione con la stessa disciplina sostanziale) consentono alla Corte costituzionale di pronunciarsi (Corte cost.nn. 84/1996, 360/1996 cit.).

Va infine ricordato che, ex art. 27 della legge n. 87/1953 e© possibile una declaratoria di incostituzionalita©derivata.

Pertanto dalle censure rubricate sub A), A1), A2), A3), A4) dovrebbe derivatamente discendere la incostitu-zionalita© anche dell'art. 6 del decreto-legge n. 354/2003 peraltro limitatamente alla parte in cui assicura la coper-tura finanziaria dello Stato in misura pari alla meta© dello stipendio iniziale di consigliere di Stato per quattrocomponenti togati e quindi per e 186.000.

Tutto cio© premesso per quanto concerne le questioni di costituzionalita© sollevate sia dall'appellante che dallecontrointeressate [per queste ultime relativamente al punto sub C1) della loro memoria 21 febbraio 2004) vannodi seguito esaminate le questioni sollevate dalle stesse controinteressate e rubricate di seguito, nella stessa memo-ria del 21 febbraio 2004, sub C2) e C3)].

Per quanto concerne la questione sub C2) questa presidenza ritiene possibile una esegesi del d.lgs. n. 373/2003che lo ponga in linea con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 101, 108 e 111 della Costituzione.

Invero, e© esatto che il disposto dell'art. 28 della legge n. 186/1982 non e© stato esplicitamente richiamatonell'art. 4 del d.lgs. n. 373/2003, ma appare tuttavia possibile e legittima una esegesi che ritenga applicabile, ancheai membri laici del C.G.A., tutte le incompatibilita© previste in via generale per i magistrati amministrativi dalpredetto art. 28 della legge n. 186/1982.

Il primo comma dell'art. 7 del d.lgs. n. 373/2003 dispone infatti che ûai componenti del C.G.A. designati dalpresidente della regione e dal prefetto, durante il periodo di durata in carica si applicano le norme concernentilo stato giuridico e il regime disciplinare dei magistrati del Consiglio di Statoý. Pertanto, non sembrerebbe potersidubitare che, ai componenti di cui sopra debba applicarsi altres|© il regime delle incompatibilita© di cui al citatoart. 28. Tale conclusione e© avvalorata anche dal successivo terzo comma dell'art. 7, secondo cui i poteri divigilanza di cui all'art. 31, secondo e terzo comma, della legge n. 186/1982 ûsi applicano nei confronti di tutti imembri del consiglio di giustizia amministrativaý. Sembrerebbe quindi indubitabile che l'eventuale sussistenza osopravvenienza di cause di incompatibilita© ex art. 28 della legge n. 186/1982 potrebbero dar luogo a responsabilita©disciplinare.

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Per le medesime considerazioni si ritiene possibile una esegesi costituzionalmente corretta dell'art. 15 deld.lgs. n. 373/2003 il quale puo© essere anch'esso interpretato nel senso che la rimozione delle cause di incompatibi-lita© faccia carico non solo ai membri laici attualmente in carica ma altres|© a quanti altri venissero in prosieguonominati.

Occorre ora esaminare la censura sub C3) in cui le controricorrenti deducono la illegittimita© costituzionaledell'art. 6 del d.lgs. n. 373/2003 in quanto non sarebbe stato previsto un meccanismo che consenta, alla scadenzadel sessennio, ed alla conseguente automatica cessazione dei laici dalla carica e dall'esercizio delle funzioni, dievitare una paralisi, sia pure temporanea, dell' attivita© dell'organo giurisdizionale.

Al riguardo questa presidenza, richiama l'insegnamento della Corte costituzionale secondo cui gli eventualiinconvenienti cui potrebbe dar luogo l'applicazione di una normativa non valgono, di per se a dimostrane laincostituzionalita© (Corte cost. nn. 377/1993, 101/1995).

Sotto altro profilo ricorda altres|© l'insegnamento secondo cui le difficolta© nella formazione dei collegi giudi-canti costituiscono inconvenienti di mero fatto, come tali irrilevanti nel giudizio di costituzionalita© (Corte cost.nn. 224/1999, 172/2001, 261/2002).

Peraltro, va inoltre considerato, che attualmente, l'art. 120, secondo comma, della Costituzione prevedeespressamente l'intervento sostitutivo del Governo, intervento che ha trovato una compiuta disciplina nell'art. 8della legge 5 giugno 2003, n. 131 il cui quarto comma contempla anche i casi di assoluta urgenza.

Per le suesposte considerazioni questa presidenza ritiene manifestamente infondate le questioni sollevatenella memoria prodotta in data 21 febbraio 2004 dalle controinteressate societa© S.I.P.A. S.p.a. e Cogip S.r.l. edivi rubricate sub C2) e C3).

Con riferimento, peraltro, alle questioni in precedenza ritenute rilevanti e non manifestamente infondate, varammentato in relazione ai possibili effetti delle pronuncie di incostituzionalita© che ûl'eventuale vuoto di disci-plina che verrebbe a prodursi in conseguenza della dichiarazione d'illegittimita© costituzionale ... (vuoto di disci-plina che spetterebbe in ogni caso al legislatore colmare)ý non puo© incidere sulla ammissibilita© delle questioni dicostituzionalita© (Corte cost. n. 266/1988 cit.).

A tale proposito va conclusivamente sottolineato che dall'eventuale accoglimento di taluna delle questioni dicostituzionalita© dianzi esposte, e ritenute rilevanti e non manifestamente infondate, non discenderebbe la elimina-zione della presenza in Sicilia del giudice amministrativo di appello ma, come gia© sottolineato nella ordinanzan. 185/2003, solamente la sostituzione della sezione giurisdizionale del C.G.A. a composizione mista con unasezione giurisdizionale del Consiglio di Stato a composizione ordinaria.

Ritenuto pertanto di non adottare allo stato alcuna pronuncia cautelare provvisoria, riservandola all'esitodella risoluzione delle anzidette questioni di costituzionalita© .

Ritenuto inoltre che il giudice monocratico puo© sollevare questioni di costituzionalita© in via incidentale conriferimento a disposizioni che lo stesso giudice deve applicare per la adozione di provvedimenti di sua compe-tenza (Corte cost. n. 111/1998).

P. Q. M.

Visto l'art. 23 della legge n. 11 marzo 1953, n. 87 il presidente ritenute rilevanti e non manifestamente infondate leseguenti questioni di costituzionalita© :

A) dell'art. 4, primo comma, lettera d), e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6, secondo comma,del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'articolo 4, comma uno, lettera d)ý nonche, in parte qua del-l'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giurisdizio-nale e, derivatamente, in parte qua, dell'art. 6, del d.l. n. 354/2003 in rapporto all'art. 23 dello statuto siciliano edall'art. 102 primo comma, e 108, primo comma, della Costituzione in quanto l'art. 23 dello statuto non prevede alcunaderoga alla composizione ordinaria delle sezioni del Consiglio di Stato da localizzare in Sicilia, e in rapporto agli arti-coli 102, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione in quanto disciplina materia riservata dalla Costitu-zione alla legge statale, per cui eventuali deroghe a favore dell'autonomia regionale debbono essere supportate dauna espressa previsione di pari rango costituzionale; nonche, in rapporto agli artt. 3, 24, primo comma, 113, primocomma, della Costituzione, in quanto introduce una ingiustificata differenziazione dell'organo giudicante e quindianche dell'esercizio della giurisdizione su una parte del territorio nazionale;

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A1) in subordine dell'art. 4, primo comma, lettera d), e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6,secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'art. 4, comma uno, lettera d)ý nonche, in partequa dell'art. 15 primo e secondo comma limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giuri-sdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'art. 6 del d.l. n. 354/2003 in rapporto all'art. 23, primo comma, dellostatuto siciliano che non prevede ne una sezione specializzata del giudice speciale ne una composizione collegialediversa da quella ordinaria e cio© anche in relazione, quale tertia comparationis all'art. 24, primo comma, dello statutoconcernente la composizione dell'Alta Corte, nonche all'art. 23, terzo comma, del medesimo statuto, d.lgs. 6 maggio1948, n. 655, concernente la istituzione di sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana, ed all'art. 90 e 91,secondo comma, del t.u. delle leggi costituzionali di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670;

A2) in subordine dell'art. 4, primo comma, lettera d), e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6,secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'art. 4, comma uno, lettera d)ý nonche, in partequa dell'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della Sezione giu-risdizionale e, derivatamente in parte qua, dell'art. 6 del d.l. n. 354/2003 in rapporto allo stesso art. 23, primo comma,dello statuto siciliano, nonche in rapporto all'art. 102, secondo comma, e 108, primo e secondo comma, della Costitu-zione, non essendo consentito istituire sezioni specializzate nell'ambito dei giudici speciali;

A3) in subordine dell'art. 4, primo comma, lettera d), e del successivo secondo comma, nonche dell'art. 6,secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe all'art. 4, comma uno, lettera d)ý nonche, in partequa dell'art. 15 primo e secondo comma limitatamente alla possibile permanenza dei membri laici della sezione giuri-sdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'art. 6 del d.l. n. 354/2003 in rapporto all'art. 23, primo comma, dellostatuto siciliano ed in rapporto al primo comma della VI disposizione transitoria della Costituzione che esclude dallarevisione la giurisdizione del Consiglio di Stato;

A4) in subordine qualora si potesse ritenere la costituzionalita© dell'art. 4, primo comma, lettera d), e del suc-cessivo secondo comma, nonche dell'art. 6, secondo comma, del d.lgs. n. 373/2003 limitatamente alle parole ûe al-l'art. 4, comma uno, lettera d)ý nonche, in parte qua dell'art. 15, primo e secondo comma, limitatamente alla possibilepermanenza dei membri laici della sezione giurisdizionale e, derivatamente, in parte qua, dell'art. 6 del d.l. n. 354/2003 in relazione alle questioni sollevate ai precedenti punti sub A1), A2), A3), si ripropongono le stesse questioni inrapporto anche al disposto dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dell'art. 14, primo comma, dellostatuto siciliano, dell'art. 5, dell'art. 117, primo comma, e dell'art. 120, secondo comma, della Costituzione.

Sospende allo stato ogni pronuncia sulla misura cautelare provvisoria richiesta e dispone la immediata trasmis-sione degli atti alla Corte costituzionale.

Ordina che a cura della segreteria il presente decreto sia notificato alle parti in giudizio, al Presidente del Consi-glio dei ministri, nonche ai Presidenti della Camera e del Senato e sia altres|© notificato al presidente della giuntaregionale siciliana e al presidente dell'assemblea regionale siciliana.

Palermo, add|© 26 febbraio 2004

Il Presidente: Virgilio

04C0374

Francesco Nocita, redattoreGIANFRANCO TATOZZI, direttore

(G405012/1) Roma, 2004 - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. - S.

Page 198: CORTE COSTITUZIONALE - Gazzetta Ufficiale

I S T I T U T O P O L I G R A F I C O E Z E C C A D E L L O S T A T OLIBRERIE CONCESSIONARIE PRESSO LE QUALI Eé IN VENDITA LA GAZZETTA UFFICIALE

cap localitaé libreria indirizzo pref. tel. fax

95024 ACIREALE (CT) CARTOLIBRERIA LEGISLATIVA S.G.C. ESSEGICI Via Caronda, 8-10 095 7647982 7647982

00041 ALBANO LAZIALE (RM) LIBRERIA CARACUZZO Corso Matteotti, 201 06 9320073 93260286

60121 ANCONA LIBRERIA FOGOLA Piazza Cavour, 4-5-6 071 2074606 2060205

84012 ANGRI (SA) CARTOLIBRERIA AMATO Via dei Goti, 4 081 5132708 5132708

04011 APRILIA (LT) CARTOLERIA SNIDARO Via G. Verdi, 7 06 9258038 9258038

52100 AREZZO LIBRERIA PELLEGRINI Piazza S. Francesco, 7 0575 22722 352986

83100 AVELLINO LIBRERIA PIROLA MAGGIOLI Via Matteotti, 30/32 0825 30597 248957

81031 AVERSA (CE) LIBRERIA CLA.ROS Via L. Da Vinci, 18 081 8902431 8902431

70124 BARI CARTOLIBRERIA QUINTILIANO Via Arcidiacono Giovanni, 9 080 5042665 5610818

70122 BARI LIBRERIA BRAIN STORMING Via Nicolai, 10 080 5212845 5235470

70121 BARI LIBRERIA UNIVERSITAé E PROFESSIONI Via Crisanzio, 16 080 5212142 5243613

13900 BIELLA LIBRERIA GIOVANNACCI Via Italia, 14 015 2522313 34983

40132 BOLOGNA LIBRERIA GIURIDICA EDINFORM Via Ercole Nani, 2/A 051 4218740 4210565

40124 BOLOGNA LIBRERIA GIURIDICA - LE NOVITAé DEL DIRITTO Via delle Tovaglie, 35/A 051 3399048 3394340

20091 BRESSO (MI) CARTOLIBRERIA CORRIDONI Via Corridoni, 11 02 66501325 66501325

21052 BUSTO ARSIZIO (VA) CARTOLIBRERIA CENTRALE BORAGNO Via Milano, 4 0331 626752 626752

93100 CALTANISETTA LIBRERIA SCIASCIA Corso Umberto I, 111 0934 21946 551366

91022 CASTELVETRANO (TP) CARTOLIBRERIA MAROTTA & CALIA Via Q. Sella, 106/108 0924 45714 45714

95128 CATANIA CARTOLIBRERIA LEGISLATIVA S.G.C. ESSEGICI Via F. Riso, 56/60 095 430590 508529

88100 CATANZARO LIBRERIA NISTICOé Via A. Daniele, 27 0961 725811 725811

66100 CHIETI LIBRERIA PIROLA MAGGIOLI Via Asinio Herio, 21 0871 330261 322070

22100 COMO LIBRERIA GIURIDICA BERNASCONI - DECA Via Mentana, 15 031 262324 262324

87100 COSENZA LIBRERIA DOMUS Via Monte Santo, 70/A 0984 23110 23110

50129 FIRENZE LIBRERIA PIROLA gia© ETRURIA Via Cavour 44-46/R 055 2396320 288909

71100 FOGGIA LIBRERIA PATIERNO Via Dante, 21 0881 722064 722064

06034 FOLIGNO (PG) LIBRERIA LUNA Via Gramsci, 41 0742 344968 344968

03100 FROSINONE L'EDICOLA Via Tiburtina, 224 0775 270161 270161

16121 GENOVA LIBRERIA GIURIDICA Galleria E. Martino, 9 010 565178 5705693

95014 GIARRE (CT) LIBRERIA LA SENì ORITA Via Trieste angolo Corso Europa 095 7799877 7799877

73100 LECCE LIBRERIA LECCE SPAZIO VIVO Via Palmieri, 30 0832 241131 303057

74015 MARTINA FRANCA (TA) TUTTOUFFICIO Via C. Battisti, 14/20 080 4839784 4839785

98122 MESSINA LIBRERIA PIROLA MESSINA Corso Cavour, 55 090 710487 662174

20100 MILANO LIBRERIA CONCESSIONARIA I.P.Z.S. Galleria Vitt. Emanuele II, 11/15 02 865236 863684

20121 MILANO FOROBONAPARTE Foro Buonaparte, 53 02 8635971 874420

70056 MOLFETTA (BA) LIBRERIA IL GHIGNO Via Campanella, 24 080 3971365 3971365

Page 199: CORTE COSTITUZIONALE - Gazzetta Ufficiale

Segue: LIBRERIE CONCESSIONARIE PRESSO LE QUALI Eé IN VENDITA LA GAZZETTA UFFICIALE

cap localitaé libreria indirizzo pref. tel. fax

80139 NAPOLI LIBRERIA MAJOLO PAOLO Via C. Muzy, 7 081 282543 269898

80134 NAPOLI LIBRERIA LEGISLATIVA MAJOLO Via Tommaso Caravita, 30 081 5800765 5521954

84014 NOCERA INF. (SA) LIBRERIA LEGISLATIVA CRISCUOLO Via Fava, 51 081 5177752 5152270

28100 NOVARA EDIZIONI PIROLA E MODULISTICA Via Costa, 32/34 0321 626764 626764

35122 PADOVA LIBRERIA DIEGO VALERI Via dell'Arco, 9 049 8760011 8760011

90138 PALERMO LA LIBRERIA DEL TRIBUNALE P.za V.E. Orlando, 44/45 091 6118225 552172

90138 PALERMO LIBRERIA S.F. FLACCOVIO Piazza E. Orlando, 15/19 091 334323 6112750

90128 PALERMO LIBRERIA S.F. FLACCOVIO Via Ruggero Settimo, 37 091 589442 331992

90145 PALERMO LIBRERIA COMMISSIONARIA G. CICALA INGUAGGIATO Via Galileo Galilei, 9 091 6828169 6822577

90133 PALERMO LIBRERIA FORENSE Via Maqueda, 185 091 6168475 6172483

43100 PARMA LIBRERIA MAIOLI Via Farini, 34/D 0521 286226 284922

06121 PERUGIA LIBRERIA NATALE SIMONELLI Corso Vannucci, 82 075 5723744 5734310

29100 PIACENZA NUOVA TIPOGRAFIA DEL MAINO Via Quattro Novembre, 160 0523 452342 461203

59100 PRATO LIBRERIA CARTOLERIA GORI Via Ricasoli, 26 0574 22061 610353

00192 ROMA LIBRERIA DE MIRANDA Viale G. Cesare, 51/E/F/G 06 3213303 3216695

00195 ROMA COMMISSIONARIA CIAMPI Viale Carso, 55-57 06 37514396 37353442

00161 ROMA L'UNIVERSITARIA Viale Ippocrate, 99 06 4441229 4450613

00187 ROMA LIBRERIA GODEL Via Poli, 46 06 6798716 6790331

00187 ROMA STAMPERIA REALE DI ROMA Via Due Macelli, 12 06 6793268 69940034

45100 ROVIGO CARTOLIBRERIA PAVANELLO Piazza Vittorio Emanuele, 2 0425 24056 24056

63039 SANBENEDETTOD/T (AP) LIBRERIA LA BIBLIOFILA Via Ugo Bassi, 38 0735 587513 576134

07100 SASSARI MESSAGGERIE SARDE LIBRI & COSE Piazza Castello, 11 079 230028 238183

96100 SIRACUSA LA LIBRERIA Piazza Euripide, 22 0931 22706 22706

10122 TORINO LIBRERIA GIURIDICA Via S. Agostino, 8 011 4367076 4367076

21100 VARESE LIBRERIA PIROLA Via Albuzzi, 8 0332 231386 830762

37122 VERONA LIBRERIA L.E.G.I.S. Via Pallone 20/c 045 8009525 8038392

36100 VICENZA LIBRERIA GALLA 1880 Viale Roma, 14 0444 225225 225238

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MODALITAé PER LA VENDITA

La ûGazzetta Ufficialeý e tutte le altre pubblicazioni ufficiali sono in vendita al pubblico:

ö presso l'Agenzia dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in ROMA: piazza G. Verdi, 10 - } 06 85082147;

ö presso le Librerie concessionarie indicate.

Le richieste per corrispondenza devono essere inviate all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Gestione Gazzetta Ufficiale - Piazza G. Verdi,10 - 00100 Roma, versando l'importo, maggiorato delle spese di spedizione, a mezzo del c/c postale n. 16716029.

Le inserzioni, come da norme riportate nella testata della parte seconda, si ricevono con pagamento anticipato, presso le agenzie in Roma epresso le librerie concessionarie.

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Per informazioni, prenotazioni o reclami attinenti agli abbonamenti oppure alla vendita della Gazzetta Ufficiale bisogna rivolgersi direttamenteall'Amministrazione, presso l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Piazza G. Verdi, 10 - 00100 ROMA

Gazzetta Ufficiale Abbonamenti} 800-864035 - Fax 06-85082520

Vendite} 800-864035 - Fax 06-85084117

Ufficio inserzioni} 800-864035 - Fax 06-85082242

Numeroverde} 800-864035

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GAZZETTA UFFICIALEDELLA REPUBBLICA ITALIANA

CANONI DI ABBONAMENTO ANNO 2004 (* )Ministero dell'Economia e delle Finanze - Decreto 24 dicembre 2003 (G.U. n. 36 del 13 febbraio 2004)

GAZZETTA UFFICIALE - PARTE I (legislativa)

CANONE DI ABBONAMENTO

Tipo A Abbonamento ai fascicoli della serie generale, inclusi tutti i supplementi ordinari:(di cui spese di spedizione e 219,04)(di cui spese di spedizione e 109,52)

- annuale- semestrale

e 397,47e 217,24

Tipo A1 Abbonamento ai fascicoli della serie generale, inclusi i soli supplementi ordinari contenenti i provvedimenti legislativi:(di cui spese di spedizione e 108,57)(di cui spese di spedizione e 54,28)

- annuale- semestrale

e 284,65e 154,32

Tipo B Abbonamento ai fascicoli della serie speciale destinata agli atti dei giudizi davanti alla Corte Costituzionale:(di cui spese di spedizione e 19,29)(di cui spese di spedizione e 9,64)

- annuale- semestrale

e 67,12e 42,06

Tipo C Abbonamento ai fascicoli della serie speciale destinata agli atti dellaCE:(di cui spese di spedizione e 41,27)(di cui spese di spedizione e 20,63)

- annuale- semestrale

e 166,66e 90,83

Tipo D Abbonamento ai fascicoli della serie destinata alle leggi e regolamenti regionali:(di cui spese di spedizione e 15,31)(di cui spese di spedizione e 7,65)

- annuale- semestrale

e 64,03e 39,01

Tipo E Abbonamentoai fascicoli dellaseriespeciale destinataai concorsi indetti dalloStatoedallealtrepubblicheamministrazioni:(di cui spese di spedizione e 50,02)(di cui spese di spedizione e 25,01)

- annuale- semestrale

e 166,38e 89,19

Tipo F Abbonamentoai fascicolidellaseriegenerale, inclusi tutti isupplementiordinari,edai fascicolidellequattroseriespeciali:(di cui spese di spedizione e 344,93)(di cui spese di spedizione e 172,46)

- annuale- semestrale

e 776,66e 411,33

Tipo F1 Abbonamento ai fascicoli della serie generale inclusi i supplementi ordinari con i provvedimenti legislativi e ai fascicolidelle quattro serie speciali:

(di cui spese di spedizione e 234,45)(di cui spese di spedizione e 117,22)

- annuale- semestrale

e 650,83e 340,41

N.B.: L'abbonamento alla GURI tipo A, A1, F, F1 comprende gli indici mensiliIntegrando con la somma di e 80,00 il versamento relativo al tipo di abbonamento alla Gazzetta Ufficiale - parte prima -prescelto, si ricevera© anche l'Indice Repertorio Annuale Cronologico per materie anno 2004.

BOLLETTINO DELLE ESTRAZIONI

Abbonamento annuo (incluse spese di spedizione) e 86,00

CONTO RIASSUNTIVO DEL TESORO

Abbonamento annuo (incluse spese di spedizione) e 55,00

PREZZI DI VENDITA A FASCICOLI(Oltre le spese di spedizione)

Prezzi di vendita: serie generale e 0,77serie speciali (escluso concorsi), ogni 16 pagine o frazione e 0,80fascicolo serie speciale, concorsi, prezzo unico e 1,50supplementi (ordinari e straordinari), ogni 16 pagine o frazione e 0,80fascicolo Bollettino Estrazioni, ogni 16 pagine o frazione e 0,80fascicolo Conto Riassuntivo del Tesoro, prezzo unico e 5,00

I.V.A. 4% a carico dell'Editore

GAZZETTA UFFICIALE - PARTE II (inserzioni)

Abbonamento annuo (di cui spese di spedizione e 120,00) e 318,00Abbonamento semestrale (di cui spese di spedizione e 60,00) e 183,50Prezzo di vendita di un fascicolo, ogni 16 pagine o frazione (oltre le spese di spedizione) e 0,85I.V.A. 20% inclusa

RACCOLTA UFFICIALE DEGLI ATTI NORMATIVI

Abbonamento annuo e 188,00Abbonamento annuo per regioni, province e comuni e 175,00

Volume separato (oltre le spese di spedizione) e 17,50I.V.A. 4% a carico dell'Editore

Per l'estero i prezzi di vendita, in abbonamento ed a fascicoli separati, anche per le annate arretrate, compresi i fascicoli dei supplementi ordinari estraordinari, devono intendersi raddoppiati. Per il territorio nazionale i prezzi di vendita dei fascicoli separati, compresi i supplementi ordinari estraordinari, relativi ad anni precedenti, devono intendersi raddoppiati. Per intere annate e© raddoppiato il prezzo dell'abbonamento in corso.Le spese di spedizione relative alle richieste di invio per corrispondenza di singoli fascicoli, vengono stabilite, di volta in volta, in base alle copie richieste.

N.B. - Gli abbonamenti annui decorrono dal 1o gennaio al 31 dicembre, i semestrali dal 1o gennaio al 30 giugno e dal 1o luglio al 31 dicembre.

Restano confermati gli sconti in uso applicati ai soli costi di abbonamento

ABBONAMENTI UFFICI STATALIResta confermata la riduzione del 52% applicata sul solo costo di abbonamento

* tariffe postali di cui al Decreto 13 novembre 2002 (G.U. n. 289/2002) e D.P.C.M. 27 novembre 2002 n. 294 (G.U. 1/2003) per soggetti iscritti al R.O.C.

* 4 5 - 4 1 0 5 0 0 0 4 0 3 2 4 *e 10,40