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Corso su Contabilità Pubblica e Revisione degli Enti Locali 16 gennaio 2012 Dott. Francesco Catanese Dott. Giuseppe Ninni

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Corso su Contabilità Pubblica e Revisione degli Enti Locali

16 gennaio 2012Dott. Francesco Catanese

Dott. Giuseppe Ninni

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Contabilità Economico-Patrimoniale negli Enti Locali

Il sistema contabile sottostante alla contabilità finanziaria è stato in grado di rispondere alle esigenze informative degli organi amministrativi fin quando gli Enti Locali si sono limitati a svolgere compiti “istituzionali” seguendo una logica di “finanza derivata”, ma ha mostrato i suoi limiti quando gli stessi Enti hanno iniziato a produrre beni e servizi per la collettività.

Il regime della finanza derivata prevedeva che il finanziamento degli Enti Locali così detti “minori” avvenisse attraverso un complesso sistema di trasferimenti dallo Stato alle altre amministrazioni pubbliche.

In tale maniera l’ente beneficiario del trasferimento, in assenza di tributi propri, era limitato nelle scelte in quanto nell’utilizzo delle somme ricevute era strettamente vincolato all’esercizio delle funzioni delegate o a quanto sottostava come causale del trasferimento.

Negli anni 1990 si è assistito a un processo di riordino della Pubblica Amministrazione che ha portato a una vera e propria aziendalizzazione degli enti pubblici.

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Contabilità Economico-Patrimoniale negli Enti Locali

Tale passaggio ha determinato un immediato aumento dei livelli di complessità della gestione rendendo necessario analizzare le operazioni oltre che nell’aspetto finanziario anche negli aspetti economico e patrimoniale.

L’aspetto economico della gestione riguarda il momento in cui l’ente sostiene dei costi per l’acquisizione dei fattori produttivi (investimenti) e quello in cui ottiene dei proventi o ricavi (disinvestimenti) con i quali entra in possesso di risorse da destinare allo svolgimento delle sue attività.

I costi sono quindi sostenuti per creare e mantenere strutture aziendali e per fornire prestazioni e servizi al cittadino; dal punto di vista contabile essi rappresentano gli investimenti e/o gli impieghi dei mezzi finanziari a disposizione dell’ente per realizzare gli obiettivi di politica economica che intende perseguire a favore della collettività amministrata.

I proventi sono le risorse che affluiscono nelle casse dell’ente e che derivano da tributi, dai frutti del patrimonio amministrato, da operazioni collegate alla vendita/erogazione dei servizi pubblici, ecc.

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Contabilità Economico – Patrimoniale negli Enti Locali

• Pur non essendoci una stretta correlazione tra proventi e servizi erogati, è tuttavia importante che la gestione si svolga nel rispetto dell’equilibrio economico, in modo tale che i proventi/ricavi siano tali da assicurare nel periodo amministrativo la copertura dei costi sostenuti dall’ente nello stesso periodo.

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Contabilità Economico – Patrimoniale negli Enti Locali

• L’obiettivo fondamentale della contabilità economico – patrimoniale, attraverso la rilevazione dei costi e dei proventi (ricavi) per natura, è quello quindi di offrire informazioni sull’andamento economico della gestione che viene sintetizzato nel Conto Economico, il quale evidenzia i costi e i proventi di competenza economica dell’esercizio.

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Contabilità Economico – Patrimoniale negli Enti Locali

• Precisazioni:1 – dalla contrapposizione dei proventi/ricavi ai costi scaturisce il risultato economico

che, tuttavia, anche se negativo, a differenza del disavanzo di amministrazione, non deve essere ripianato in quanto nell’ente pubblico la determinazione dell’aspetto economico della gestione ha solo una valenza prettamente conoscitiva, di supporto alle analisi di efficienza e al controllo di gestione;

2 – le rilevazioni economiche, integrate con quelle finanziarie, consentono di evidenziare la composizione degli impieghi (investimenti) e delle fonti di finanziamento a cui l’ente fa ricorso che sono riportate nel Conto del Patrimonio;

3 – il Conto Economico e il Conto del Patrimonio sono però documenti obbligatori solo in sede di “rendicontazione” (art.237 TUEL); pertanto, a differenza della contabilità finanziaria, la contabilità economico – patrimoniale è quindi resa obbligatoria dalle norme solo in sede consuntiva.

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Contabilità Economico – Patrimoniale negli Enti Locali

• L’art. 229 del TUEL precisa i componenti positivi e negativi che devono

essere inclusi nel Conto Economico.

• La rendicontazione economica attraverso la predisposizione del Conto Economico ha lo scopo di evidenziare le quantificazioni monetarie delle risorse impiegate e consumate (costi) e delle risorse acquisite (proventi) nella gestione delle attività;

• La rendicontazione patrimoniale che avviene in maniera sintetica attraverso il Conto del Patrimonio ha lo scopo di evidenziare i valori delle attività e passività patrimoniali.

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Contabilità Economico – Patrimoniale negli Enti Locali

La determinazione del risultato economico e del patrimonio dell’ente può avvenire secondo diversi procedimenti in quanto il TUEL non obbliga a un metodo o a un procedimento particolare. Pertanto, la contabilità economico-patrimoniale può aver luogo:

1) a un livello minimale, utilizzando a fine esercizio un prospetto di conciliazione che consente di trasformare i dati finanziari in dati economici. In questo caso gli accertamenti e gli impegni vengono integrati e rettificati al fine di rappresentare costi e proventi di competenza dell’esercizio. Tale procedura non richiede l’utilizzo di specifiche scritture contabili, restando confinata nell’ambito delle rilevazioni semplici (Metodo maggiormente utilizzato negli EE.LL.)

2) Integrando la tradizionale contabilità finanziaria con la contabilità economico-patrimoniale attraverso il metodo della “partita doppia”, dando vita a un corpo di rilevazioni finalizzate alle conoscenze della composizione quali-quantitativa del reddito e del patrimonio, in analogia a quanto avviene nell’ambito delle aziende di produzione private (Metodo meno utilizzato).

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Contabilità Economico – Patrimoniale negli Enti Locali

1) Livello minimale della contabilità economico-patrimoniale

A questo livello, la contabilità economico-patrimoniale viene tenuta attraverso il prospetto di riconciliazione da allegare al Conto Economico e redatto secondo quanto previsto dagli artt. 229 e 230 del TUEL.

CONTABILITA’ FINANZIARIABilancio finanziario Conto del BilancioPreventivo annuale

Prospetto di Conciliazione

Conto Economico Conto del Patrimonio

CONTABILITA’ ECONOMICO - PATRIMONIALE

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• Seguono slides specifiche……….

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Contabilità Economico – Patrimoniale negli Enti Locali

L’ordinamento contabile impone a tutti gli enti locali almeno un livello minimale di contabilità economica attraverso l’utilizzo del prospetto di conciliazione con il quale solo a fine esercizio avviene il passaggio dai valori finanziari ai valori economici. Tuttavia ciò può essere in contrasto con l’istituzione e l’obbligatorietà generalizzata del controllo di gestione che impone l’analisi economica dettagliata per ciascun servizio o centro di costo.

In alternativa alla soluzione minimale di contabilità economica è sempre più pressante l’esigenza di implementare affianco alla tradizionale contabilità finanziaria una contabilità generale e una contabilità analitica.

La Contabilità Generale è infatti un sistema coordinato di scritture complesse aventi come scopo il controllo continuo, a posteriori, delle variazioni finanziarie ed economiche e la determinazione periodica del risultato economico dell’esercizio e del patrimonio di funzionamento; si basa sulla rilevazione dei fatti esterni di gestione e fornisce informazioni che fanno da supporto alla redazione del Conto Economico e del Conto del Patrimonio.

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• Slides su investimenti, fonti di finanziamento, programma triennale dei lavori pubblici…….

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Programmazione degli Investimenti

• È necessario anzitutto esaminare il significato di due concetti che, sebbene apparentemente equivalenti, hanno assunto nella prassi accezioni diverse:

• - investimenti• - spese in conto capitale

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Investimenti

Si intendono essenzialmente le opere pubbliche, che contemplano le opere di nuova costruzione, di restauro e recupero, le manutenzioni straordinarie e simili.

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Spesa in conto capitale

• Assume, invece, un significato più ampio, comprendendo, oltre alle opere pubbliche, tutte le altre spese che rappresentano costi pluriennali, andando ad incrementare l’attivo immobilizzato, quali acquisti di automezzi, impianti, partecipazioni, conferimenti, trasferimenti in conto capitale (se il trasferimento è effettuato con risorse proprie dell’ente a valere su beni di altri enti; pur essendo iscritto tra le spese in conto capitale, esso rappresenta un costo).

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Spese in Conto Capitale

• Le Spese in Conto Capitale possono essere delimitate concettualmente facendo ricorso a due criteri:

• - la ricorrenza• - l’oggetto della spesa e la sua collocazione in

bilancio

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Spese in Conto Capitale

• La ricorrenza

tale criterio è in genere usato per distinguere sul bilancio la parte corrente da quella in conto capitale. Secondo tale criterio, sono spese in c/capitale quelle che hanno i caratteri della straordinarietà, e quindi scarso grado di ripetibilità, periodicità, permanenza nel tempo.

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Spese in Conto capitale• Oggetto della spesa e sua collocazione in bilancio

Tale criterio, invece, fa riferimento alla tipologia della stessa sulla base degli interventi allocati al Titolo II ed individuati dal Dpr 194/1996:

-acquisizione di beni immobili-espropri e servitù onerose;-acquisto di beni specifici per realizzazioni in economia;-utilizzo di beni di terzi per realizzazioni in economia;-acquisto di beni mobili, macchine ed attrezzature tecnico-scientifiche;-incarichi professionali esterni;-trasferimenti di capitale;-partecipazioni azionarie;-conferimenti di capitale;-concessioni di crediti e anticipazioni.

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Fonti di Finanziamento

Le modalità di finanziamento degli investimenti sono previste dall’art.199 del D.Lgs. 267/2000; in base alla fonte di provenienza, possono essere distinte in quattro principali categorie:

a) finanziamenti con mezzi proprib) contribuzioni esternec) ricorso al creditod) altre forme di finanziamento

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Fonti di Finanziamentoa) Mezzi propriConsiste nell’utilizzo di risorse interne al bilancio dell’ente e quindi:

1 - Avanzi di bilancio, cioè eccedenza di entrate correnti su spese correnti aumentate della quota capitale di ammortamento dei prestiti;

2 - Riscossioni di crediti su prestiti concessi a terzi, privati, aziende consortili e simili, ecc.;3 - Alienazioni patrimoniali che comprendono:

-alienazioni di beni mobili ed immobili del patrimonio disponibile;-alienazione di valori mobiliari (quote azionarie, titoli di credito, partecipazioni, ecc.)- concessioni di diritti reali su aree e fabbricati compresi i diritti di superficie e servitù;-concessioni cimiteriali.

4 – Quote di ammortamento dei beni durevoli (l’Ente può applicare a fini di investimento le quote di avanzo di amministrazione all’uopo accantonate);

5 – Avanzo di Amministrazione dell’anno precedente, previa verifica della sua effettiva realizzazione a rendiconto della gestione approvato, della insussistenza di debiti fuori bilancio e necessità di interventi di salvaguardia degli equilibri di bilancio come previsto dagli artt.31 e 36 del Dlgs 77/1995;

6 – Contributi per il rilascio di concessioni edilizie e relative sanzioni di cui alla legge 10/1997 destinate per legge ad opere di urbanizzazione o a spese correnti di manutenzione ordinaria del patrimonio;

7 – Contributi per il “condono edilizio” da utilizzare per opere di urbanizzazione (80%), per demolizione di edifici abusivi (10%) e per spese istruttoria pratiche condono (10%)

8 – Proventi dell’attività estrattiva previsti da legge regionali e altri proventi destinati agli investimenti;9 – entrate correnti destinate per legge ad investimenti.

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Fonti di Finanziamento

b) Contribuzioni esterne

Comprende trasferimenti in c/capitale da Stato, regioni, altri enti pubblici ed organismi comunitari ed internazionali o da privati finalizzati alla realizzazione di investimenti

(in questa tipologia rientrano anche i lasciti, le donazioni, i beni ex ECA o ex IPAB che hanno quasi sempre un vincolo di destinazione ad investimenti in materia assistenziale)

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Fonti di Finanziamento

c) Ricorso al credito

Contempla le seguenti principali modalità di finanziamento:

- Assunzione di mutui a medio e lungo termine;- Emissione di prestiti obbligazionari (BOC)

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Fonti di Finanziamentod) Altre forme di finanziamento

Principalmente:

- Coinvolgimento dei privati in SpA a capitale non esclusivamente pubblico o in “project financing”;

- Concessione di realizzazione e gestione di lavori pubblici da parte dell’Amministrazione a soggetti imprenditori (art.19 Legge 109/1994);

- Leasing, che permette di acquisire, attraverso l’operazione finanziaria di riscatto, attrezzature e beni strumentali durevoli

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Programmazione delle Opere Pubbliche

• D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267, art.200

In materia di procedura di approvazione degli investimenti, l’art.200 del TUEL, partendo dal concetto di “funzione autorizzatoria” del bilancio pluriennale, dispone che:

a) La delibera di Giunta che approva il progetto od il piano esecutivo dell’investimento quantifichi gli oneri indotti in termini di spese correnti che graveranno sui bilanci futuri ed assuma l’impegno di inserirli nei bilanci pluriennali successivi;

b) Degli “oneri” indotti sia redatto apposito elenco e si dia atto che esiste la copertura finanziaria di cui al punto precedente per ciascun anno contemplato dal bilancio pluriennale;

c) Nel caso di assenza di copertura finanziaria di cui al punto b), sia adottata apposita variazione di bilancio allo scopo di individuare le risorse finanziarie occorrenti.

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Programmazione delle Opere Pubbliche

L’art.128 del D.Lgs. 163/2006 (art.14 legge 109/1994 – Legge Merloni) prevede l’obbligatorietà di un fondamentale strumento di programmazione:

il PROGRAMMA TRIENNALE dei Lavori Pubblici ed i suoi aggiornamenti annuali.

Tale programma deve essere integrato e coerente con gli strumenti di programmazione generale dell’ente quali la relazione previsionale e programmatica, il bilancio pluriennale, il bilancio di previsione ed il piano esecutivo di gestione: esso costituisce un allegato al bilancio di previsione .

Con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti risultano approvati le modalità e gli schemi per la compilazione del programma, dei suoi aggiornamenti annuali e dell’elenco annuale dei lavori ( DPR 207 del 5 ottobre 2010, art.13 c.1 - Regolamento di Attuazione del D.Lgs. 163/2006)

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Programma Triennale dei Lavori Pubblici

L’attività di previsione, finalizzata alla definizione del programma triennale degli investimenti, può essere distinta in cinque fasi:

1 - Fase preliminare2 - Fase di redazione3 – Fase di adozione4 – Fase di pubblicazione5 – Fase di approvazione

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Programma Triennale dei Lavori Pubblici

1 – Fase Preliminare

È diretta all’individuazione di tutti gli elementi necessari per la successiva definizione del programma. A sua volta si articola in tre momenti:

a) analisi, identificazione e quantificazione dei bisogni dell’ente e individuazione degli interventi necessari al loro soddisfacimento; il programma deve individuare un ordine di priorità, nel cui ambito sono da considerare i lavori di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, i progetti esecutivi approvati nonché gli interventi per i quali ricorre la possibilità di finanziamento con capitale privato maggioritario.

b) Quadro delle disponibilità finanziarie nel triennio;

c) Redazione di studi sintetici (per opere di importo inferiore a 10.329.137,98) o di studi di fattibilità per opere di importo superiore alla stessa cifra) finalizzati all’analisi delle caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli interventi da inserire nel programma triennale. Al riguardo è da precisare come sia comunque possibile l’inserimento di interventi per i quali si disponga di progettazione preliminare.

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Programma Triennale dei Lavori Pubblici

2 – Fase di Redazione

In tale fase si ha rilevano:

- La quantificazione delle risorse necessarie per la realizzazione di ciascuna opera;

- L’individuazione delle priorità per ogni categoria di opera e, all’interno di ogni categoria, per ogni intervento;

- Le azioni da intraprendere con riguardo agli aspetti territoriali, ambientali e paesistici;

- La stima dei tempi, espressi in mesi, dal momento di approvazione del programma, per lo svolgimento delle attività di progettazione, esecuzione e collaudo dell’opera (cronoprogramma);

- La lista dei lavori da realizzare nel primo anno (ELENCO ANNUALE). Al riguardo è da evidenziare come, ai fini dell’inserimento di un intervento nell’elenco annuale, è vincolante la realizzazione almeno del “progetto preliminare” per gli interventi singoli di importo superiore ad € 100/mila; tale adempimento non è invece necessario per le “manutenzioni”, per le quali è invece sufficiente l’indicazione degli interventi accompagnati da una stima dei costi. L’approvazione del progetto preliminare deve essere effettuata entro la data di approvazione del bilancio di previsione; pertanto, può accadere che la Giunta adotti uno schema di programma nel quale siano inserite opere prive di questo primo livello di progettazione. S’intende che , qualora alla data di approvazione del bilancio non sia stato approvato il progetto preliminare, l’opera dovrà essere cancellata dall’elenco annuale, con la conseguenza di dover apportare le necessarie correzioni al Bilancio di Previsione in termini di previsioni di spesa e di finanziamento delle stesse. Ciò comporta problematiche di non poco conto in sede di discussione assembleare.

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Programma Triennale dei Lavori Pubblici

3 – Fase di adozione

A norma dell’art.13 c.3 del DPR 207/2010 (Regolamento di Attuazione del D.Lgs. 163/2006), lo schema di programma è redatto entro il 30 settembre di ogni anno ed adottato dall’organo competente entro il 15 ottobre. A tal fine, ciascuna amministrazione individua il dirigente ovvero il responsabile della struttura competente cui è affidata la predisposizione della proposta del programma triennale e dell’elenco annuale.

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Programma Triennale dei Lavori Pubblici

4 – Fase di pubblicazione

Lo schema del programma triennale ed i relativi aggiornamenti annuali, prima dell’approvazione definitiva, sono affissi, per almeno 60 gg consecutivi, all’albo pretorio. Ciò al fine di garantire a terzi una adeguata conoscenza delle scelte adottate e di consentire ai consiglieri di presentare eventuali proposte di modifica. L’Amministrazione può adottare ulteriori modalità di informazione nei confronti dei soggetti comunque interessati al programma, quali la pubblicazione sul sito dell’ente e sulla stampa.

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Programma Triennale dei Lavori Pubblici

5 – Fase di approvazione

Lo schema di programma è approvato in via definitiva dal Consiglio dell’ente al momento dell’approvazione del bilancio di previsione annuale, della relazione previsionale e programmatica e del bilancio pluriennale

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Programma Triennale dei Lavori Pubblici – schema riepilogativo -

Studi di fattibilità – analisi dei bisogni

• Identificazione dei bisogni• Individuazione dei lavori

necessari• Descrizione delle

caratteristiche dei lavori• Analisi dello stato di fatto

Elementi costitutivi/Documenti collegati

- Elenco dei lavori/ RPP- Priorità di intervento/

Bilancio Pluriennale- - Piano Finanziario/ Bilancio

Annuale- Tempi di attuazione/ Piano

economico-finanziario (nei casi indicati dall’art.201 TUEL)

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• Seguono slides su società partecipate

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

• Con la manovra finanziaria DL 98/2011, il Legislatore ha cercato di intervenire sia nel campo dei rischi di elusione, colpendo quindi le società c.d. “inutili” sia, indirettamente, in quello del controllo delle aziende partecipate dagli enti locali, riaprendo quindi l’annosa questione del coordinamento del gruppo ente locale, quale che siano le sue architetture interne.

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

• Sono ormai da anni, essenzialmente dal 2007, che ogni manovra di bilancio dedica attenzione alle oltre 6.000 società partecipate dagli enti locali.

• La strada percorsa, e ad oggi priva di risultati concreti, è stata quella di limitare i fenomeni degenerativi legati alla esternalizzazione dei servizi, peraltro voluti dal Legislatore, con norme tanto coercitive quanto di facciata (limite al numero di consiglieri, riduzione dei compensi, ecc.) senza alcun distinguo tra realtà industriali e aziende meno serie.

• Ogni anno, pertanto, le norme diventano sempre più rigide e penalizzanti per il mondo delle società pubbliche locali, creando vincoli ed ostacoli non solo alle società superflue e dannose ma anche a quelle che effettivamente erogano servizi alla collettività.

• Resta irrisolto, sino ad oggi, il tema di trovare il modo di rappresentare correttamente il Gruppo Ente Locale. La questione non è solo contabile (Bilancio Consolidato) quanto e soprattutto sostanziale: troppo spesso gli enti non riescono a coordinare adeguatamente le sue partecipate, alternando perciò fasi di disinteresse a momenti di vera e propria ingerenza.

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

- L’art.20 del DL 98/2011 è quello che principalmente interviene nella materia. Nel particolare con il suddetto articolo, intitolato “Nuovo Patto di Stabilità: parametri di virtuosità”, si prevede come motivo di premialità la possibile dismissione di partecipazioni societarie nel rispetto della normativa vigente (art.20 c.2).

Al riguardo, quale osservazione, appare veramente difficile credere che l’ente locale possa decidere di dismettere una propria partecipazione a fronte di una premialità, peraltro da definire ancora, ai fini del calcolo del patto di stabilità.

Ma maggiore rilevanza assumono i contenuti di ulteriori commi dell’art.20:

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

1 - l’art.20 , comma 9, interviene sul computo del tetto del 50% (così come novellato dalla recente Manovra Monti L. 211/2012) dell’incidenza del costo del personale sul totale delle spese correnti, estendendone il calcolo alle stesse società partecipate.

2 - L’art.20, commi 10 e 11, introduce un ruolo antielusione della Corte dei Conti.

3 - L’art.20, comma 13, modifica, seppur parzialmente, l’art.14, c.32 del DL 78/2010 e che offre spunto per commentare un effetto dell’abrogazione dell’art.23 bis

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

Art.20, comma 9

Con riferimento al limite del 50% imposto, vi è da rilevare come siano venuti meno, da parte del legislatore, le istruzioni pratiche su come procedere al calcolo materiale dell’indice di rapporto in presenza di società partecipate che rispondono a regole contabili del tutto diverse da quelle dello stesso ente locale.

Al riguardo sono recentemente intervenute diverse Sezioni Regionali di Controllo della Corte dei Conti a seguito di richieste specifiche di pareri pervenute da alcuni enti locali in virtù di quella funzione consultiva propria delle Sezioni e di recente istituzione .

E’ altresì intervenuto in materia la stessa ANCI nazionale, elaborando un documento interpretativo e pratico.

In realtà, ancora oggi si rende necessario un chiarimento in materia.

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

• Art. 20 commi 10 e 11.

Alle Sezioni Regionali delle Corte dei Conti è stato demandato il ruolo di verificare il rispetto del Patto di Stabilità da parte degli Enti Locali.

Questi ultimi, però, hanno posto in essere una serie di operazioni elusive nel tempo, procedendo a raggirare divieti e quant’altro attraverso proprie società ad hoc costituite verso le quali si è provveduto ad esternalizzare servizi con assunzione di personale e conseguente indebitamento.

Al fine di porre rimedio a tale situazione, il Legislatore ha così introdotto due commi all’art.1 della Legge 13 dicembre 2010 n.220:

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

Art.1 Legge 13 dicembre 2010, n.220

a) Comma 111-bis . I contratti di servizio e gli altri posti in essere dalle regioni e dagli enti locali che si configurano elusivi delle regole sul Patto di Stabilità sono nulli.

b) Comma 111-ter. Qualora le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti accertino che il rispetto del patto di stabilità è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione contabile delle entrate e delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle regole del patto di stabilità, la condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile del servizio economico-finanziario, una sanzione pecunaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali.

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

Art.20 comma 13.

La norma “taglia-società” viene rivista. Specialmente dopo il referendum.

“all’articolo 14, comma 32, del decreto legge 31 maggio 2010, n.78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122, l’ultimo periodo è soppresso.”

La norma in questione vieta da subito la costituzione di nuove società da parte dei comuni fino a 30 mila abitanti (e ne ammette una soltanto per quelli tra 30 e 50 mila abitanti), a meno che questi non costituiscano una società a cui partecipino comuni che messi insieme non superino i limiti di cui sopra.

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Le Società Partecipate dagli Enti Locali

Alla luce di tale normativa (art.14, c.32, DL 78/2010) gli enti locali sono chiamati a chiudere le società partecipate solo a partire dal 31 dicembre 2013. In particolare risulteranno interessate le sole società che a tale data non siano collocate con continuità nell’area dell’utile, e quindi a condizione che:

- Abbiano avuto utili negli ultimi tre bilanci;- Non si sia mai proceduto a riduzione di capitale (anche se poi ricostituito)

negli esercizi precedenti.

I problemi di campo di applicazione del comma 32 non nascono perciò dalla manovra finanziaria citata ma, in modo probabilmente inatteso, dal referendum che ha abrogato il 23 bis della manovra estiva del 2008.

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Gli effetti del referendum, infatti, non vanno tutti nella direzione di dare mano libera ai comuni e nel senso di moltiplicarsi delle società partecipate.

Anzi, l’abrogazione della norma rischia di costringere più di un comune alla messa in liquidazione delle sue controllate e comporta il divieto di aprirne di nuove, anche se operanti nell’ambito dei servizi pubblici locali.

In sostanza, il venir meno dell’art 23bis ha l’effetto di ampliare la portata dell’art.14, c.32, del D.L. 78/2010, che vieta ai comuni sotto i 30 mila abitanti di costituire nuove società ( ed una sola per quelli tra 30 e 50 mila abitanti).

Fino ad oggi, però, l’orientamento generale era stato quello di ritenere i servizi a rilevanza economica non rientrassero in questa previsione di legge, perché sottoposti ad una disciplina speciale (Sezione Puglia, Del. 56/PAR/2010) che in alcuni casi obbligava addirittura alla loro istituzione (Sezione Lombardia, Del. Lombardia 861/PAR/2010).

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Pertanto, vittime sacrificali di tale norma sembravano soltanto le società strumentali previste dall’art.14 del decreto Bersani, in quanto frutto di una scelta operata dall’ente locale.

Venute oggi meno le “forme obbligatorie di gestione” previste dall’art.23bis, è però possibile la gestione in economia e, con essa, diventa applicabile il vincolo previsto dal Dl 78/2010.

Pertanto, concludendo, si preannunciano tempi difficili per quelle società di servizi pubblici che non godono di una disciplina speciale (acqua, gas, rifiuti, trasporto pubblico, ecc.).

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Conclusioni.

Se il Legislatore vuole veramente ridurre il numero delle società degli enti locali, dovrà occuparsi di rendere le loro liquidazioni concretamente possibili. E’ infatti necessario introdurre delle agevolazioni fiscali sui trasferimenti degli immobili e, soprattutto, pensare ad una qualche forma di neutralizzazione degli effetti di tali operazioni ai fini del patto almeno per quanto riguarda l’indebitamento e la spesa del personale.

Solo così avremo l’effetto di una concreta riduzione delle società in essere. Diversamente, continueremo ad assistere a costose e spericolate operazioni elusive.