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Corso di MISURE E CONTROLLI IDRAULICI STRUMENTI PER LA MISURA DELLE VELOCITÀ CHE SI BASANO SULL’EFFETTO DOPPLER a cura di Andrea DEFINA Luca CARNIELLO

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Corso di

MISURE E CONTROLLI IDRAULICI

STRUMENTI PER LA MISURA DELLE VELOCITÀ

CHE SI BASANO SULL’EFFETTO DOPPLER

a cura di

Andrea DEFINA

Luca CARNIELLO

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EFFETTO DOPPLER 3

1 Effetto Doppler

L’effetto Doppler (J.C.A. Doppler 1803-1853) è l’apparente variazione della frequenza di

un’onda percepita da un osservatore in moto relativo rispetto alla sorgente. Nel caso di onde

sonore, che necessitano di un mezzo nel quale propagarsi (aria, acqua), è importante

distinguere se è la sorgente o l’osservatore a spostarsi. Nel caso di onde che non richiedano un

mezzo per propagarsi (luce) tale distinzione non è più necessaria ma insorgono alcune

complicazioni legate alla relatività del tempo.

Onde acustiche. Nel caso in cui sia la sorgente S che l’osservatore R sono fermi rispetto al

mezzo di trasmissione dell’onda acustica (Figura 1.1a), le caratteristiche dell’onda emessa:

lunghezza S, celerità di propagazione c, e frequenza fS=c/S, vengono percepite immutate

dall’osservatore.

Figura 1.1

Consideriamo il caso in cui sia la sorgente S a muoversi con velocità v0 verso l’osservatore

R come illustrato in Figura 1.1b. L’osservatore percepirà un’onda sonora che viaggia ancora

con celerità c ma è caratterizzata da una lunghezza d’onda ridotta R=S-v0/fS. Ovvero

percepirà l’onda sonora con una frequenza apparente fR data da:

c

v1

1f

f

v

f

cc

f

vcc

f0

S

S

0

SS

0S

RR

(1)

Quando invece è l’osservatore a muoversi con velocità v0 verso la sorgente la situazione

risulta del tutto analoga a quella illustrata in Figura 1.1a e l’osservatore percepisce immutata

la lunghezza d’onda (R=S). In tal caso, però, vi è un’apparente variazione della celerità di

propagazione che diventa c’=c+v0. La frequenza percepita dall’osservatore sarà quindi:

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EFFETTO DOPPLER 4

c

v1f

f/c

vcvc'cf 0

SS

0

S

0

SR (2)

Nel caso in cui sia v0«c, le due precedenti espressioni tendono a coincidere. In particolare

la (1) può essere sviluppata come segue:

c

v1f

c

v1

c

v1

f

c

v1

c

v1

c

v1

1ff 0

S2

0

0

S0

0

0SR (3)

Nel seguito, faremo uso di questa forma approssimata che consente di evitare la

distinzione tra il moto della sorgente da quello dell’osservatore.

Onde elettromagnetiche. Nel caso di un’onda elettromagnetica (luce) che viaggia con

celerità indipendente dal mezzo al contrario di un’onda acustica, la precedente distinzione non

è più necessaria ma è necessario considerare gli effetti della dilatazione del tempo descritti

dalla teoria della relatività (effetto Doppler relativistico). Per le onde acustiche, infatti,

abbiamo tacitamente assunto che il tempo misurato da un orologio solidale con la sorgente

scorra con la stessa velocità del tempo misurato dall’orologio in possesso dell’osservatore. La

teoria della relatività ci dice che questo non è vero, e che in realtà per l’osservatore le lancette

dell’orologio associato alla sorgente sembrano ruotare più lentamente. Una volta che questo

effetto sia tenuto in considerazione, otteniamo la formula relativistica per l’effetto Doppler.

Dalle precedenti relazioni, in particolare dall’equazione (2), il periodo TR=1/fR dell’onda

percepita dall’osservatore vale:

S0R fc/v1

1T

(4)

Per effetto della dilatazione temporale, però, l’osservatore misurerà un periodo T’=TR/,

essendo:

20 c/v1

1

(5)

Si avrà quindi:

c/v1

c/v1f

c/v1

fc/v1

'T

1f

0

0S

20

S0R

(6)

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EFFETTO DOPPLER 5

Sviluppando la precedente espressione in serie di Taylor in un intorno di v0/c=0, la stessa,

comunque, si riduce alla precedente equazione (2).

1.1 Principio di funzionamento degli strumenti per la misura delle velocità

nei fluidi

Generalità. Gli strumenti per la misura della velocità in un fluido che si basano

sull’effetto Doppler, sfruttano la presenza, nel fluido, di particelle (limi, microalghe, ecc.) che

vengono trasportati in sospensione dalla corrente e sono animati praticamente dalla stessa

velocità del fluido. Gli strumenti, infatti, misurano la velocità di queste particelle e non quella

del fluido.

Consideriamo la situazione illustrata in Figura 1.2: un sorgente S emette un’onda di

frequenza fs e lunghezza s verso una particella P, immersa in un campo fluido animato da

velocità vP diretta verso la sorgente.

Figura 1.2

In base all’equazione (2), la frequenza fP percepita dalla particella vale:

c

v1ff P

SP (7)

Il segnale che raggiunge la particella viene in parte riflesso verso la sorgente. In altre

parole la particella diventa a sua volta una sorgente che emette un segnale di frequenza fP

diretto verso S. Se la sorgente S funge anche da ricevitore R (Figura 1.2, in basso), in base

all’equazione (3), la frequenza percepita da R vale:

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EFFETTO DOPPLER 6

2

PS

PPR c

v1f

c

v1ff

(8)

La differenza tra le frequenze del segnale ricevuto fR ed emesso fS è detta frequenza

Doppler e, utilizzando ancora l’ipotesi: v«c, vale:

S

PPS

PPSS

2

PSSRD

v2

c

vf2

c

v

2

11

c

vf2f

c

v1ffff

(9)

Dalla precedente relazione si evince immediatamente che, nota la lunghezza d’onda del

segnale emesso e misurata la frequenza Doppler fD, è possibile determinare la velocità della

particella P e quindi la velocità del fluido.

Figura 1.3

Immaginiamo ora che la particella P si sposti lungo una direzione normale a quella del

segnale emesso (Figura 1.3, a sinistra). In tal caso la frequenza fP percepita dalla particella

coincide con la frequenza fS del segnale originario. Ne consegue che anche fR=fS e la

frequenza Doppler è nulla. In base alla (9), questo strumento segnala quindi una velocità nulla

della particella. In altre parole, questo strumento (costituito da una sola sorgente S e da una

sola ricevente R coincidenti) è in grado di misurare solo la componente della velocità nella

direzione della congiungente la particella alla stazione sorgente/ricevente. In particolare, con

riferimento alle indicazioni riportate in Figura 1.3, si ha:

S

PD

)cos(v2f

(10)

Un ulteriore problema legato al posizionamento della ricevente in coincidenza della

sorgente (SR) è determinato dal fatto che lungo il percorso del segnale emesso dalla sorgente

S sono presenti diverse particelle, poste a differenti distanze dalla sorgente, ognuna delle quali

riflette parzialmente il segnale. In tal modo resta indeterminato il punto in cui si effettua la

misura (Figura 1.4, a sinistra).

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EFFETTO DOPPLER 7

Figura 1.4

Infine, un’altra complicazione è data dal fatto che il segnale emesso, raggiunta una

particella, viene in parte trasmesso, in parte rifratto e solo una modesta frazione viene riflessa

(Figura 1.4, a destra).

Prima di vedere come sono risolti nella pratica i problemi su menzionati, formuliamo il

legame tra la velocità del fluido e la frequenza Doppler in modo più generale assumendo che

la sorgente S e il ricevitore R non siano coincidenti.

Con riferimento alle indicazioni riportate in Figura 1.5, la frequenza percepita dalla

particella P, in base all’equazione (2), vale:

c1ff SP

SPnv

(11)

in cui nS è il versore che individua la direzione della congiungente la sorgente S e il punto

di misura P. Si fa notare che il segno meno che compare nella (11) a differenza della (2) è

legato all’uso della notazione vettoriale. Essendo vP e nS non equiversi, secondo lo schema di

Figura 1.5 il loro prodotto scalare risulta infatti negativo.

Analogamente, la frequenza del segnale riflesso dalla particella P e percepita dal ricevente

R, in base alla (3) vale:

c1ff RP

PRnv

(12)

in cui nR è il versore che individua la direzione della congiungente il ricevente R e il punto

di misura P.

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EFFETTO DOPPLER 8

Figura 1.5

Nel complesso, quindi, la frequenza Doppler vale:

c

)(f

ccccf

fc

1c

1ffff

RSPS

RPSPRPSPS

SRPSP

SSRD

nnv

nvnvnvnv

nvnv

(13)

Essendo

inn )2

(sen2RS

(14)

l’equazione (13) può essere scritta nella seguente forma

iv

PS

D

)2

(sen2f (15)

in cui i è il versore che individua la direzione bisettrice dell’angolo SPR.

Lo strumento illustrato in Figura 1.5 è quindi in grado di misurare la componente della

velocità nella direzione individuata dal versore i.

E’ da osservare che il ricevitore R è predisposto per percepire solo il segnale proveniente

da una specifica direzione (nR) diversa da quella del segnale emesso (nS). In tal caso è

univocamente individuato il punto (volume) di misura.

Alla luce di quanto appena visto appare evidente come il problema relativo alla

indeterminatezza del punto di misura risulta risolto mantenendo distinte la sorgente S e la

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EFFETTO DOPPLER 9

rice

1.4, a destra)

può

vente R. Si osservi tuttavia come, nella pratica, il segnale elaborato dal ricevente R è

quello riflesso non da una sola particella ma da tutte le particelle contenute nel cosiddetto

volume di misura (Figura 1.4, a destra). Tale volume, tuttavia, è normalmente piccolo e tale

da poter assumere uniforme la velocità del fluido al suo interno. Come vedremo meglio in

seguito, l’aggiunta di ulteriori riceventi consentirà di determinare non più solo una

componente della velocità (i.e. lungo il versore i di Figura 1.5) ma le due componenti in un

piano (usando 2 riceventi) o le tre componenti nello spazio (usando 3 riceventi).

Rimane ancora da commentare il problema legato all’intensità del segnale che raggiunge

la singola ricevente che, per quanto messo in luce in precedenza (vedi Figura

risultare, in generale, sensibilmente attenuato rispetto al segnale emesso dalla sorgente in

funzione anche dalla densità di particelle trasportate in sospensione dalla corrente. Questo

problema viene usualmente risolto amplificando con opportuni dispositivi il segnale di

ritorno.

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STRUMENTI DI MISURA 10

2 Strumenti di misura basati sull’effetto Doppler

2.1 Anemometro laser Doppler (LDA: Laser Doppler Anemometer).

L’anemometro laser Doppler (LDA dall’inglese Laser Doppler Anemometer) è, a volte

indicato anche con il nome di velocimetro laser Doppler (LDV dall’inglese Laser Doppler

Velocimeter).

Lo schema dell’anemometro laser Doppler per la misura di una componente della velocità

è illustrato in Figura 2.1.

Figura 2.1

Una sorgente di luce laser emette un’onda di frequenza nota. Il raggio luminoso viene

diviso in due raggi paralleli che sono successivamente deviati verso il punto focale di una

lente che viene a rappresentare il volume di misura. Di fatto, in corrispondenza a quest’ultima

è come se fossero presenti due distinte sorgenti S1 e S2. La frequenza Doppler relativa al

segnale emesso dalla sorgente S1, letta al fotomoltiplicatore R, in base all’equazione (13), vale

c

)(ff R1SP

S1D

nnv (16)

Analogamente, la frequenza Doppler relativa al segnale emesso dalla sorgente S2 e letta al

fotomoltiplicatore R vale

c

)(ff R2SP

S2D

nnv (17)

La differenza tra le due frequenze Doppler può essere espressa come segue

iv)

iv)nnv

PS

PS2S1SP

S2D1D2

sin(2

2sin(2

c

f

c

)(fff (18)

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STRUMENTI DI MISURA 11

Esiste quindi un legame lineare tra la frequenza fD1-fD2 letta al fotomoltiplicatore e la

componente della velocità in direzione perpendicolare a quella del fascio luminoso emesso

dalla sorgente laser. Tale legame non dipende dalla posizione del fotomoltplicatore.

rossimi a

zer

nte una funzione armonica semplice

Analogamente, il segnale determinato dal fascio luminoso proveniente dalla sorgente S2,

caratterizzato da una frequenza leggermente diversa sia

(20)

In cui le pulsazioni sono legate alle frequenze fR dalla relazione: =2fR, risulta pertanto

Nella pratica, però, sussistono due problemi. Il primo è che il ricevente R non è in grado di

distinguere il segno della differenza fD1-fD2. Il secondo è legato al fatto che non è agevole

misurare velocità prossime allo zero cui corrispondono valori di fD1-fD2 anch’essi p

o.

Per illustrare il primo problema assumiamo che il segnale rilevato dal fotomoltiplicatore e

proveniente dalla sorgente S1 dopo la riflessione prodotta dalle particelle sia esprimibile

media

)tsin(as 11 (19)

)tsin(as 22

)ff(2)ffff(2)ff(2 2D1DS2RS1R2R1R21 (21)

Il segnale sR che giunge al fotomoltiplicatore è la sovrapposizione dei due precedenti,

ovvero

)t2

cos()t2

sin(a2sss 212121R (22)

Si tratta di un segnale modulato (vedi Figura 2.2) che viene rilevato dal fotomoltiplicatore

ed elaborato per determinarne le caratteristiche

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STRUMENTI DI MISURA 12

Figura 2.2

E’ da osservare, per la proprietà della funzione coseno, che se nella (22) si sostituisce 2-

1 a 1-2, il segnale resta invariato. In altre parole non è possibile riconoscere il segno di

fD1-fD2 (vedi Figura 2.3a sinistra).

Inoltre per velocità prossime a zero (e quindi per differenze di frequenza fD1-fD2 prossime a

zero) è necessario attendere un tempo T0 estremamente lungo per riconoscere il segnale e

determinarne le caratteristiche.

Figura 2.3

Per ovviare a questi inconvenienti viene introdotto un ritardo di fase f mediante la cella

di Bragg. Mediante questa traslazione nelle frequenze lette dal fotomoltiplicatore è possibile

sia distinguere il segno della velocità, sia misurare velocità nulle. In tal caso il legame tra la

frequenza f letta a fotomoltiplicatore e la velocità vP è indicato in Figura 2.3 (a destra). La

differenza fD1-fD2 da utilizzare nell’equazione (18) è data dalla differenza f–f. In questo

modo, quando la frequenza del segnale coincide con lo sfasamento f la velocità è nulla. Per

frequenze superiori la velocità è positiva mentre per frequenze inferiori la velocità è negativa.

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STRUMENTI DI MISURA 13

2.2 Anemometro ad ultrasuoni (ADV: Acoustic Doppler Velocimeter).

Lo schema dell’anemometro ad ultrasuoni per la misura di due componenti della velocità è

illustrato in Figura 2.4.

Lo strumento è dotato di una stazione emittente (S) centrale e di alcune stazioni riceventi

(Ri), tante quante sono le componenti di velocità da misurare.

Utilizzando l’equazione (15) con riferimento alla generica coppia S-Ri è possibile valutare

la componente della velocità nella direzione individuata dal versore ii. Essendo fisse e note le

posizioni delle diverse stazioni, mediante semplici relazioni trigonometriche è possibile

proiettare le componenti di velocità così determinate lungo prefissati assi ortogonali.

Figura 2.4

Nel caso di due riceventi (vedi Figura 2.4) è possibile pertanto ottenere della velocità in un

piano individuato dalla sorgente e dalle due riceventi. Nel caso di tre riceventi è invece

possibile ottenere le tre componenti della velocità nello spazio (Figura 2.5).

Figura 2.5

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STRUMENTI DI MISURA 14

2.3 Profilatore di velocità ad ultrasuoni (ADCP: Acoustic Doppler Current

Profiler)

Un ADCP tridimensionale usa quattro raggi (beams) per ricostruire le tre componenti della

velocità più un’informazione addizionale “ridondante” ma non per questo inutile. Prima di

passare a descrivere il principio di funzionamento di questo dispositivo è opportuno

sottolineare l’assunzione fondamentale che sta alla base della misura tramite ADCP, ovvero

che la corrente deve potersi ritenere uniforme per strati di profondità costante.

Figura 2.6

In Figura 2.6 è riportata la foto di un ADCP. Gli elementi sensibili del dispositivo

(sorgenti S e riceventi R) sono posti in corrispondenza dei dischi visibili nella parte alta del

dispositivo così come mostrato nella foto. Per effettuare la misura lo strumento viene immerso

nel fluido con gli elementi sensibili posti generalmente verso il basso (anche se possono

realizzarsi installazioni in cui lo strumento, completamente immerso, viene posto

orizzontalmente al fine di misurare il profilo trasversale della corrente, o posizionato sul

fondo e rivolto verso l’alto).

Oltre alle installazioni fisse è molto frequente, per l’uso durante campagne saltuarie e

itineranti, montare l’ADCP su imbarcazioni dotate di motore (Figura 2.7) o su piccoli

catamarani che vengono mossi a mano (Figura 2.10). In tali casi il dispositivo è corredato

anche di un GPS che consente di collocare geograficamente in modo preciso le misure

effettuate. Opportuni software consentono di valutare il moto dell’imbarcazione e, pertanto, di

correggere la misura da tale disturbo.

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STRUMENTI DI MISURA 15

Figura 2.7

Figura 2.8

Ogni singolo raggio (beam) orientato in una specifica direzione risulta sensibile ad una

diversa componente della velocità. Secondo quanto visto in precedenza relativamente ad uno

strumento costituito da una sola sorgente S e da una sola ricevente R coincidenti (vedi Figura

1.2 e Figura 1.3) esso è, infatti, in grado di misurare solo la componente della velocità nella

direzione della congiungente la particella con la sorgente/ricevente.

Figura 2.9

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STRUMENTI DI MISURA 16

In Figura 2.9 è riportato lo schema che permette di capire come, utilizzando un ACDP a

due raggi, si possano ricostruire le due componenti della velocità nel piano individuato dai

raggi stessi: lo strumento misura le due componenti della velocità vP lungo i due raggi (v1P e

v2P rispettivamente – vedi Figura 2.9a); essendo nota l’inclinazione dei due raggi è possibile

ricostruire il vettore velocità vP (Figura 2.9b); è possibile ricavare, infine, le due componenti

della velocità (vPx , vPz) secondo le direzioni degli assi ortonormali di riferimento (Figura

2.9c).

Dallo schema di Figura 2.9 permette di evidenziare come le due componenti di velocità

misurate dallo strumento si riferiscano a due punti distinti nello spazio (P1 e P2 in Figura 2.9)

che hanno in comune solo la distanza dallo strumento, ovvero la medesima profondità

all’interno del campo fluido se, come solitamente accade, lo strumento è immerso

verticalmente poco al di sotto della superficie libera. Da ciò risulta chiaro il motivo per cui è

necessario introdurre l’assunzione fondamentale riportata in precedenza ovvero che la

corrente deve potersi ritenere uniforme per strati di profondità costante.

Tornando al caso più generale dell’ADCP tridimensionale (Figura 2.6) tre coppie di

sensori sarebbero strettamente necessari per ricostruire le tre componenti della velocità nello

spazio. L’uso di un quarto sensore, come accentato in precedenza, consente di aggiungere

un’informazione addizionale “ridondante” ovvero consente di stimare la cosiddetta “error

velocity” come differenza tra due diverse stime della componete verticale della velocità. La

stima della “error velocity” consente di verificare la correttezza dell’assunzione relativa

all’uniformità della velocità nello spazio campionato con le misure.

Qualora “error velocity” non sia trascurabilmente piccola la misura è da considerarsi non

valida. Si noti che una “error velocity” non trascurabile potrebbe nascere non solo a seguito di

una non uniforme distribuzione della velocità ma anche a causa di un mal funzionamento

della strumentazione.

La più importante delle caratteristiche di un ADCP è la possibilità di valutare l’andamento

della corrente in una determinata direzione (molto spesso, ma non necessariamente, la

verticale) dividendo il profilo di velocità in segmenti di spessore uniforme chiamati celle. Il

valore di velocità fornito per la singola cella è confrontabile con la misura effettuata con un

singolo correntometro e, pertanto, un ADCP può essere pensato come equivalente ad una serie

di correntometri uniformante distanziati lungo una direzione (vedi Figura 2.10). Le differenze

sostanziali tra i due dispositivi (ADCP e serie di correntometri) sono le seguenti: i) la

dimensione delle celle dell’ADCP è necessariamente costante mentre i correntometri possono

essere posti a interassi variabili e ii) la velocità misurata dall’ADCP è la velocità media

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STRUMENTI DI MISURA 17

all’interno della singola cella (come vedremo meglio nel seguito) mentre il singolo

correntometro misura una velocità puntuale (si pensi ad esempio ad un ADV).

Figura 2.10

Mentre nel caso degli strumenti caratterizzati da sorgente e ricevente distinti il segnale può

essere emesso dalla sorgente in continuo nel caso dell’ADCP si susseguono fasi (più brevi) di

emissione e fasi (relativamente più lunghe) di ricezione/ascolto dell’eco del segnale emesso.

Tra esse è interposto un periodo (blank period), più o meno lungo, durante il quale

l’emettitore è in silenzio e il ricevitore non è ancora in ascolto.

Figura 2.11

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STRUMENTI DI MISURA 18

L’eco di ritorno è poi suddiviso in intervalli analizzati separatamente. Gli echi delle

riflessioni che avvengono da particelle via via più lontane dalla sorgente impiegano, infatti,

più tempo per tornare all’ADCP e pertanto gli intervalli successivi in cui viene suddiviso il

segnale di ritorno corrispondono alle celle progressivamente più distanti (vedi Figura 2.11)

Figura 2.12

L’ADCP fornisce un valore medio della velocità per ciascuna delle celle in cui viene

suddiviso il transetto analizzato. L’operazione di media, tuttavia, non è uniforme all’interno

della singola cella: essa risulta maggiormente influenzata dai valori di velocità che

caratterizzano le particelle poste ad una distanza pari a quella del centro della cella e meno

influenzata dalla velocità agli estremi della cella stessa. Ciò risulta piuttosto evidente

analizzando la Figura 2.12 in cui è riportato uno schema di funzionamento dell’ADCP nel

piano Tempo-Distanza dallo strumento (si noti come in questo tipo di rappresentazione la

singola cella presenti forma romboidale).

È opportuno sottolineare che due celle contigue risultano parzialmente sovrapposte e che

tale sovrapposizione induce un certo grado di correlazione tra le velocità relative alle celle

stesse. In Figura 2.13 è chiarito schematicamente il motivo di tale parziale sovrapposizione: a

parte gli echi provenienti dal baricentro della singola cella, tutti gli echi relativi a distanze

intermedie tra i baricentri di due celle successive risultano influenzare, proporzionalmente alla

vicinanza ai due baricentri stessi, la stima della velocità di entrambe le celle.

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STRUMENTI DI MISURA 19

Figura 2.13

Il grado di sovrapposizione, e pertanto la correlazione tra le velocità relative alle singole

celle, è funzione del rapporto tra: la durata dell’impulso di emissione del segnale; il silenzio

che precede l’inizio della ricezione e l’ampiezza degli intervalli di analisi dell’eco (vedi

Figura 2.14).

Figura 2.14

Concludendo si ritiene opportuno accennare al fatto che, se necessario, l’ADCP può essere

utilizzato anche come misuratore di torbidità ovvero di concentrazione di solidi sospesi. A

seguito di un’opportuna procedura di calibrazione (ottenibile, ad esempio, prelevando diversi

campioni di fluido e analizzandone la composizione in termini di solidi sospesi) è possibile

individuare la relazione tra la torbidità del fluido e l’intensità del segnale riflesso. Risulta

intuitivo, infatti, da quanto visto relativamente al principio di funzionamento degli strumenti

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STRUMENTI DI MISURA 20

basati sull’effetto Doppler (che sfruttano proprio la riflessione di un segnale sonoro da parte

delle particelle in sospensione nel fluido) che una maggiore la concentrazione di materiale in

sospensione produce una maggiore intensità del segnale riflesso e viceversa.

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INDICE 21

INDICE

1 Effetto Doppler 1

1.1 Principio di funzionamento degli strumenti per la misura delle velocità nei

fluidi 5

2 Strumenti di misura basati sull’effetto Doppler 10

2.1 Anemometro laser Doppler (LDA). 10

2.2 Anemometro ad ultrasuoni (ADV). 13

2.3 Profilatore di velocità ad ultrasuoni (ADCP) 14